Sei sulla pagina 1di 14

Scuola di Studi Superiori “Ferdinando Rossi”

Università degli Studi di Torino

L’evoluzione del linguaggio


Tesina di evoluzionismo

A cura di: Relatore:


Joulen Ben Lazreg Marco Del Giudice

Anno Accademico 2020/2021


Abstract: in questa tesina verranno peresi in esame elementi di anatomia topografica, neuroanatomia
funzionale e anatomia comparata, con il fine ultimo di mettere in luce eventuali similitudini e
differenze tra l’uomo e l’animale. L’indagine è improntata sul linguaggio.

La fonazione: cenni di anatomia topografica e funzionale.

La fonazione è un processo fisiologico che si compie con l’ausilio di diversi organi. La prima azione
è svolta dai polmoni con l’emissione di aria espiratoria, di cui sono regolate le quantità e la pressione.
L’aria immessa in corrispondenza della laringe fa vibrare le pieghe vocali, costituite a loro volta da
tessuti molli; se viene esercitata una forza sufficiente sulle pieghe vocali, esse vengono messe in
movimento e la loro vibrazione genera onde sonore.

Laringe osservata con il laringoscopio in vivo

L’azione fonatoria della laringe è legata all’azione coordinata di elementi muscolari, membranosi,
legamentosi e cartilaginei. In primo luogo la laringe può assumere tre conformazioni morfologiche
differenti: aperta, aperta in misura massima durante l’inspirazione forzata e chiusa durante la
fonazione.
Questi cambiamenti morfologici sono legati principalmente all’azione di muscoli intrinseci ed
estrinseci della laringe. La fonazione consiste nel ciclico alternarsi di movimenti di allontanamento
(abduzione) e di movimenti di riavvicinamento (adduzione) delle pieghe vocali; entrambi questi
movimenti avvengono in seguito alla contrazione di muscoli specifici. I muscoli coinvolti nel
processo sono numerosi, soprattutto se si fa riferimento alla complessità dell'organo interessato. Tra
questi, il muscolo intrinseco più importante della laringe è il cricoaritenoideo posteriore.
Comportando l'abduzione delle corde vocali, esso è l'unico muscolo in grado di permettere il
passaggio di aria in entrata e in uscita dai polmoni. Occorre ricordare che nel momento in cui le corde
vocali sono aperte non si verifica la fonazione. Il processo di fonazione termina dunque con
l'allargamento delle pieghe vocali fino ad ottenere il passaggio del flusso d'aria a turbolenza ridotta;
quando si verifica tale evento le pieghe vocali smettono di vibrare (Anastasi, 2021, p. 274).
Dopo aver attraversato la laringe le onde sonore transitano in una struttura cava, la faringe, per poi
fuoriuscire o dall’apertura piriforme del naso o dall’orifizio buccale.
In questo tragitto altre strutture anatomiche entrano in gioco per perfezionare il linguaggio articolato;
tra queste ci sono: la lingua, le labbra, i denti (in particolare gli incisivi) e i seni paranasali.
I seni paranasali sono delle cavità scavate all’interno di alcune delle ossa che circoscrivono le cavità
nasali. Queste strutture sono definite ossa pneumatiche e una delle loro funzioni è quella di contribuire
alla cassa armonica nell’emissione del linguaggio articolato.

Questa struttura è particolarmente interessante


per quanto riguarda la sua evoluzione con il
progredire dell’età; infatti, i seni paranasali
tendono a dilatarsi con l’età, ed è molto
frequente che in individui anziani il seno
mascellare si atrofizzi a tal punto da lasciare
scoperte le radici dei denti molari. Questo è un esempio di come cambiamenti morfologici possano
avvenire anche senza modificazioni genetiche.
Neuroanatomia e Neurofisiologia del linguaggio.
Le aree del linguaggio hanno la peculiarità di essere unilateralizzate, in quanto durante lo sviluppo si
insediano in uno dei due emisferi, spesso quello sinistro. Se, nell’infanzia l’emisfero in cui sono
presenti le aree del linguaggio viene danneggiato da una lesione molto precoce, la plasticità corticale
permette di trasferire la funzionalità nell’emisfero controlaterale, mentre nell’adulto questo non può
avvenire perché la plasticità diminuisce notevolmente (Steinmetz, 1996, pp. 589–590).
Le funzioni principali dell’emisfero sinistro sono di tipo analitico, quali: espressione e comprensione
del linguaggio, analisi di dettagli, ragionamento simbolico e temporale. Le funzioni principali
dell’emisfero destro sono di tipo sintetico, tra queste si hanno: orientamento spaziale, esecuzione
disegni geometrici, riconoscimento dei volti e la sintesi temporale e il senso musicale.
Le aree del linguaggio si trovano sulla faccia laterale degli emisferi; anteriormente è presente l’area
di Broca, mentre postero-lateralmente si incontrano l’area di Wernicke e il giro angolare, in stretto
contatto con l’area visiva associativa.

L’area di Broca è l’area motoria del linguaggio. I pazienti colpiti da una lesione in quest’area si
possono esprimere ma in un modo non fluente (tipicamente con un linguaggio semplice), inoltre,
possono essere incapaci di comprendere o formulare frasi con una complessa struttura grammaticale.

L’area di Wernicke è la regione adibita alla comprensione del linguaggio; per questo motivo nei
pazienti affetti da afasia di Wernicke il linguaggio risulta essere scorrevole ma illogico, in quanto la
componente motoria è intatta ma manca la comprensione del linguaggio.
Il giro angolare è l’area associata a funzioni linguistiche
complesse come la lettura, la scrittura e l’interpretazione di
testi scritti. Inoltre, riceve stimoli visivi dalla corteccia
visiva e uditivi dalla corteccia uditiva primaria.
Gli stimoli visivi sono di fondamentale importanza, dal
momento che avendo perso la funzione uditiva è possibile
comprendere il significato semantico di una parola con il
linguaggio dei segni.
Essendo il giro angolare legato alla formulazione di
risposte più complesse, evidenze sperimentali confermano
l’implicazione di questa regione nei disturbi
dell’apprendimento quali dislessia, discalculia e disgrafia.
Le aree principali del linguaggio, ovvero l’area di Broca e
di Wernicke, sono messe in comunicazione dal fascicolo
arcuato.

Differenze tra linguaggio umano e animale

Il linguaggio costituisce un esempio di funzione lateralizzata (che si trova in un solo emisfero,


solitamente a sinistra), nonché di funzione cerebrale superiore, una delle tante che ci differenzia dagli
animali.
Tra i primati non umani, le scimmie antropomorfe (quelle appunto più vicine all'uomo nel processo
evolutivo, come scimpanzé, gorilla, orango) condividono con l'essere umano il 98% del loro
patrimonio genetico. In passato si è ritenuto che questi primati non potessero parlare perché non dotati
di muscoli fonatori adatti; si cercò quindi di insegnar loro ad esprimersi attraverso l'uso della
gestualità, ma il risultato fu insoddisfacente. Oggigiorno, invece, si è raggiunta la consapevolezza
dell'esistenza dei centri del linguaggio, i quali si trovano solo nella specie umana, essendo specificati
geneticamente.
Il motivo per cui non si è mai riusciti ad insegnare a parlare alle scimmie antropomorfe è dettato da
tre aspetti che differenziano il linguaggio umano da quello animale.
Il primo elemento differenziativo risiede nella ricchezza del vocabolario, ovvero la quantità di simboli
immagazzinati a livello cerebrale. La differenza della capacità di immagazzinare parole o simboli è
evidente fin dai primi anni di vita. Infatti, un bambino di 4 anni è capace di immagazzinare fino a
3000 parole, mentre uno scimpanzè avente la stessa età impara fino a 160 parole/simboli associati a
oggetti materiali. Con l’avanzare dell’età una persona colta adulta usa mediamente 15000/20000
parole al giorno, mentre per lo scimpanzè il numero è molto più ristretto.
Il secondo elemento differenziativo è l’identificazione e l’interpretazione dei simboli, ovvero la
semantica. Nello scimpanzé i simboli sono “rigidi”,
invece nella specie umana si ha una maggiore elasticità
e flessibilità, quindi un maggior adattamento al contesto
in cui essi vengono presentati. In sintesi siamo in grado
di riconoscere le parole in base al contesto e non solo
alla parola in sé, a patto che la prima e l’ultima lettera Immagine tratta da una diapositiva di una lezione del prof.
Fabrizio Benedetti
rimangano immodificate.
Le tre parole casuali della prima foto senza contesto non hanno significato, ma risultano invece
comprensibili quando lette all’interno del testo. In conclusione, nel contesto adeguato il simbolo ha
una flessibilità molto grande nella specie umana. Lo scimpanzè al contrario rimane ancorato
all’analisi e alla forma del simbolo, e se questa cambia non è più in grado di riconoscerlo.
Test di Stroop
Nella nostra specie, le funzioni linguistiche sono prevalenti e preponderanti dal punto di vista
percettivo su tutti gli altri sensi e modalità sensoriali. Il linguaggio supera anche la percezione visiva,
ed è questo il motivo per cui ragioniamo più in termini linguistici che visivi.
In psicologia cognitiva, l'effetto Stroop è un esempio di variazione nei tempi di reazione durante
l'esecuzione di uno specifico compito.

L'effetto Stroop consiste nel ritardo di elaborazione del colore della parola, che si riflette in un
rallentamento dei tempi di reazione e nell'aumento degli errori nella condizione incongruente
(parola verde scritta in nero) rispetto a quella congruente (parola verde scritta in verde). (Wikipedia,
2021, Effetto Stroop)
In questo test, quando occorre dire il colore delle parole piuttosto che leggerle, siamo lenti e abbiamo
alcune difficoltà, dal momento che l’immagine linguistica prevale sulla percezione visiva.
Il nostro pensiero è fondamentalmente linguistico, ed è questo il motivo per cui quando pensiamo
attiviamo le aree del linguaggio, ed è come se parlassimo a noi stessi.
Questo stesso test può essere utilizzato in neuropsicologia o psichiatria per definire un conflitto
linguaggio-visione.
Il linguaggio è innato o acquisito? Determinato geneticamente oppure no?
Si può rispondere a questa domanda per mezzo di un’indagine comparata del DNA dell’uomo e dello
scimpanzè; seppure i due condividano gran parte del genoma (98%), i geni preposti alle aree del
linguaggio sono presenti in quel 2% di DNA che ci differenzia.
La natura innata del linguaggio può essere giustificata anche da altri tre elementi, ovvero:
l’asimmetria del Planum temporale già durante la gestazione, la capacità di discriminare i suoni a
partire dalla nascita e l’uguale sviluppo in culture diverse.
Il Planum temporale è una zona importante per il linguaggio: si tratta di una grossa area tra lobo
occipitale, parietale inferiore e temporale posteriore. Esso è presente e asimmetrico già alla 31^
settimana di gestazione, quindi anche durante la vita fetale in cui il bambino non ha ancora avuto
alcuna esperienza linguistica. La risonanza magnetica funzionale e la tac permettono di rilevare
un’asimmetria nel cervello già nella vita fetale, in quanto il Planum temporale (importante per il
linguaggio) è presente solo in un emisfero.
La discriminazione dei suoni è già possibile alla nascita, in particolare è possibile discriminare a
livello uditivo suoni emessi in lingue diverse e da popolazioni diverse. Ad esempio se alla nascita
qualsiasi bambino in quanto tale è in grado di distinguere il fono “r” dal fono “l”, crescendo nella
cultura cinese non sarà più in grado di farlo.
L’uguale sviluppo in culture diverse si manifesta nella capacità di acquisire il linguaggio
indipendentemente dal linguaggio stesso.
L’acquisizione del linguaggio
In tutte le culture e le lingue l’acquisizione del linguaggio segue lo stesso percorso di ricchezza di
vocabolario, semantica e sintassi. Per questo motivo l’acquisizione del linguaggio costituisce un forte
indicatore della componente innata e genetica delle funzioni linguistiche.
Nel primo anno di vita un neonato è capace di esprimersi in maniera estremamente semplice,
utilizzando una sola parola. Arrivato a 18 mesi l’infante arriva a possedere un vocabolario di circa 50
parole, che verranno usate a loro volta senza sintassi. A due anni di vita si inizieranno a comporre
delle frasi a sole due parole ma con sintassi. A due anni e mezzo si inizieranno a formulare frasi aventi
tre o più parole. All’età di tre anni l’infante potrà formulare delle frasi complete e avere un
vocabolario di circa mille parole. Già all’età di 4 anni la sua capacità espressiva sarà quasi
paragonabile a quella dell’adulto, con l’unico limite dei vocaboli conosciuti, circa 3000.
Un ulteriore indicatore della predisposizione genetica al linguaggio è il periodo della pubertà. Si tratta
di un periodo della vita dell'individuo particolarmente critico, in quanto se nel periodo prepuberale il
soggetto va incontro a lesioni delle aree del linguaggio, a causa della plasticità corticale, queste
verranno spostate nell'emisfero controlaterale. Nel caso in cui ci sia una lesione dopo la pubertà, il
paziente rimane afasico, incapace di parlare.

Organizzazione linguistica
L’immagazzinamento di simboli avviene con un ordine ben preciso e lo si vede bene nei pazienti che
hanno imparato più lingue, dato che si tratta fondamentalmente di simboli diversi.
In un paziente trilingue che parla italiano come lingua madre, inglese come seconda lingua e francese
come terza, se si stimola la parte anteriore dell’area adibita alla comprensione del linguaggio (area di
Wernicke) si ha interferenza del linguaggio solo se parla in italiano; se ci si sposta leggermente più
indietro ha delle interferenze nel linguaggio solo se parla in inglese e se ci si sposta posteriormente
ha delle interferenze del linguaggio solo se parla in francese.
La progressione dell’immagazzinamento dei simboli nelle diverse lingue avviene in senso
anteroposteriore. Quello relativo alla lingua madre si trova anteriormente nel Planum temporale, ed è
più flessibile e plastico, la seconda lingua più posteriormente e così via. Non esistono soggetti che
parlano fluentemente più di 7\8 lingue poiché esiste un limite di spazio disponibile per
l’immagazzinamento di simboli, anche se è comunque molto grande (1000 volte maggiore degli
scimpanzè).

Lettura e scrittura
L’incapacità di leggere e di scrivere sono rispettivamente note come alessìa e agrafia. Entrambe sono
patologie acquisite a causa di tumori, emorragie o ischemie nel Planum temporale. È possibile avere
delle sintomatologie miste quando si ha una lesione a livello di tutto il Planum temporale.
Si ha alessìa pura in caso di lesione dello splenio del copro calloso (parte posteriore che unisce le due
cortecce visive, ovvero la scissura calcarina di destra e sinistra).
È possibile studiare le conseguenze di danni nelle varie porzioni del Planum temporale attraverso
pazienti giapponesi. Il linguaggio giapponese ha
due forme di lettura: il kanji, ovvero la lettura
ideografica, e il kana, la lettura sillabica.
Una lesione a livello posteriore e anteriore nel
Planum temporale causa diverse interferenze nella
lettura in kanji e kana: una lesione nella parte
posteriore causa problemi nella lettura del kana,
una lesione nella parte anteriore causa problemi
con la lettura del kanji. Si tratta di una super
organizzazione delle funzioni complesse.
Patologie di tipo diverso sono invece dislessia e disgrafia, rispettivamente incapacità di leggere e di
scrivere. Entrambe sono congenite, causate da una sconnessione tra la corteccia visiva nel lobo
occipitale e il Planum temporale.

L’affetto e il linguaggio
Nell’ emisfero destro, al posto dell’area di Broca, si trova
l’area della prosodia motoria. Al posto di quella di Wernicke,
l’area della prosodia sensoriale.
La prosodia è la capacità di esprimere emotivamente e
affettivamente il linguaggio; di conferire un tono emotivo alle
parole. In caso di una lesione in queste aree si avranno
rispettivamente l’aprosodia motoria e l’aprosodia sensoriale.
La prima si presenta con una voce metallica, senza
intonazione emotiva, nella seconda si ha l’incapacità di riconoscere il tono emotivo.

Coevoluzione del linguaggio e cognizione simbolica


Datare la corretta origine del linguaggio è stata una sfida che ha coinvolto diversi studiosi. Non esiste
una datazione certa, e spesso le date teorizzate tendono ad avere uno scarto molto ampio le une dalle
altre. Nel tentativo di datare con esattezza l'origine del linguaggio si è fatto riferimento principalmente
a criteri di tipo genetico e di anatomia comparata, tenendo conto anche delle possibili interazioni
sociali.
L’indagine genetica pone come elemento cardine l’analisi delle varianti del gene FOXP2, un gene
che se mutato risulta correlato a delle menomazioni che colpiscono lo sviluppo del linguaggio
nell’uomo. Il sequenziamento del gene FOXP2 ha dimostrato come nel corso dell’evoluzione, dei
nucleotidi codificanti per due specifici amminoacidi si siano fissati nella struttura definitiva del gene;
data la loro importanza evolutiva, questi sono rimasti pressoché inalterati per l’intera discendenza
della specie umana (successivamente alla divergenza evolutiva con lo scimpanzè).
Alcune analisi di ricombinazione genica hanno permesso di studiare gli effetti di questo gene sul topo,
mostrando come questo gene sia responsabile dell’apprendimento dopamino dipendente in specifiche
regioni dello striato. Altri studi hanno dimostrato come l’innervazione dopaminergica sia cambiata
specificamente nel linguaggio umano, in particolar modo in una regione dello striato (Raghanti et al.,
2016).
Analisi di tipo genetico fanno risalire l’origine del linguaggio a circa 500.000 anni fa, ancora prima
del primo reperto di Homo Sapiens. A questo periodo viene associata la presenza dell’Homo
Heidelbergensis. Questi dati sono in conflitto con quelli che provengono dall’anatomia comparata;
infatti il volume e le caratteristiche neuroanatomiche dell’encefalo dell’Homo Heidelbergensis non
corrispondono con le caratteristiche ipotizzate per una funzione così complessa come il linguaggio
umano.
A livello di anatomia comparata si tende ad associare la comparsa del linguaggio con l’Homo Sapiens,
per la complessità del suo sistema nervoso, per questo motivo la comparsa del linguaggio umano
viene fatto risalire a circa 350.000 anni fa, stando al reperto di Homo Sapiens più arcaico mai
ritrovato.
Contrariamente a quanto dimostrato da alcuni studi, i primi reperti archeologici che testimoniano la
comparsa del linguaggio (quali incisioni non figurative e linee approssimabili a figure geometriche)
risalgono a circa 100.000-73000 anni fa.
Dopo aver dimostrato la natura innata del linguaggio nell’uomo moderno, la tesi più plausibile è
quella portata avanti dall’anatomia comparata. Infatti, ragionando in termini di anatomia comparata,
con la comparsa dell’Homo Sapiens moderno (195.000 anni fa) si può ritrovare una corrispondenza
con le dimensioni del sistema nervoso centrale dell’uomo moderno.

Il linguaggio umano e gli elementi ereditati dagli animali.


Molteplici sottosistemi del linguaggio umano risalgono a centinaia di milioni di anni fa, comprese le
radici del significato simbolico. Alcuni di questi elementi sono stati ritrovati in primati non umani,
delfini, balene e uccelli.
Le radici del linguaggio, quali temporalità, prosodia e tonalità possono essere collegati ai suoni
utilizzati da altre specie quali lemuri, scimmie, foche, pappagalli e granchi violinisti. Sebbene queste
specie a livello evolutivo siano molto distanti dal lignaggio ominide, la presenza di queste
caratteristiche comuni suggerisce l’importanza di questi sistemi comunicativi per la sopravvivenza.
L’elemento distintivo del linguaggio verbale umano è la sintassi. Le funzioni gerarchiche e ricorsive
del linguaggio umano sono gli elementi che permettono un’ampia flessibilità nella trasmissione del
significato; in particolare si possono creare infinite combinazioni nella formulazione di un concetto,
cosa che in altre specie risulta assai limitata. Tuttavia, analizzando la graduale evoluzione del
linguaggio partendo dalle sue prime forme come il protolinguaggio, possiamo notare come in specie
diverse da quella umana esistano forme di sintassi arcaiche. Diversamente da quella umana, la sintassi
analizzata non è legata alla componente fonetica bensì ai movimenti manuali (ad esempio nei primati
non umani) e posizioni corporee.
Pressioni ambientali e l’evoluzione del linguaggio.
L’evoluzione gioca un ruolo dominante sulla selezione naturale e sul comportamento adattativo
quando gli organismi sono sottoposti a stress ambientali. Circa 300.000 anni fa, prima della comparsa
dei primi Homines Sapientes, il continente africano fu assoggettato a condizioni ambientali avverse
e da un clima instabile. In queste condizioni di vita malevoli la cooperazione e la coesione tra gruppi
furono messe a dura prova; tuttavia, per garantire la sopravvivenza dei gruppi già costituiti fu
necessario adottare delle strategie tipicamente umane, che con il tempo portarono all’evoluzione del
linguaggio come lo conosciamo oggi.
In origine per superare queste condizioni ambientali vi fu la necessità di rinsaldare i legami sociali,
non solo con un linguaggio arcaico legato a pochi versi privi di sintassi, ma anche tramite espressioni
simboliche extra-linguistiche.
Da un’analisi puramente biologica, l’elemento iniziatore fu la ritmica, esplicata tramite il movimento
ripetitivo, il tatto in senso ampio, l’afferrare dei simili e il contatto fisico. Questi eventi evolveranno
verso una primitiva forma d’arte, legata alla coordinazione ritmica paragonabile a danze
accompagnate da emissioni vocali, che per il momento identifichiamo come suoni e non parole.
Questa arcaica forma d’arte anziché avere una base competitiva ha come obbiettivo la coesione
sociale. Al giorno d’oggi questi eventi comunitari esistono, e in alcune aree geografiche dell’Africa
vengono usati per dirimere le controversie. È il caso della popolazione dei Pigmei, in cui i litigi e i
conflitti vengono risolti con la danza.
Il ritmo può essere generato a livello vocale (cantando e fischiando), battendo le mani, o
tamburellando sul proprio corpo. Le fondamenta fisiologiche di questo comportamento furono
passate dai primati non umani all’uomo. Le scimmie bonobo, i gorilla e gli scimpanzé generano suoni
ritmici accompagnati da movimenti improntati alla comunicazione sociale, quali: tamburellare con le
mani sul proprio corpo, applaudire, e la percussione di oggetti. L'efficacia di queste forme d'arte è
testimoniata dal fatto che sino ad oggi le società umane abbracciano la diversità di espressione in
danze di gruppo spontanee, comunitarie e non competitive.
L’attrazione verso questa forma d’arte (che originariamente è emersa come strategia evolutiva per la
sopravvivenza) è sostenuta da elementi fisiologici. Infatti, in risposta a movimenti e suoni ripetitivi
vengono secrete le endorfine, dei neurotrasmettitori implicati nella riduzione dello stress e a una
sensazione di euforia generalizzata. Il ritmo e la percezione temporale attivano dei pathways audio-
motori coinvolgenti i gangli della base e il cervelletto. Queste strutture neuroanatomiche sono
correlate principalmente al controllo dei movimenti sia volontari sia involontari. Questi fenomeni
sono stati osservati in neonati e in numerose specie animali. La sincronia sonora innata è evidente in
particolar modo nei neonati, i quali rispondono ai ritmi musicali tramite output spontanei di tipo
motorio ed emotivo.
A livello archeologico questi eventi comportamentali non lasciano reperti, tuttavia è possibile risalire
ad essi tramite una forma inusuale di reperto: la genetica.

Il linguaggio vocale e dei segni nei primati non umani.


Diversi studi furono condotti per capire se i primati fossero capaci di esercitare la loro volontà sul
linguaggio, sia in cattività sia in natura.
In natura le scimmie sono capaci di modulare il loro comportamento vocale, in particolare nel
fenomeno della soppressione delle chiamate. Questo fenomeno è tipico del Cercopiteco verde, che in
assenza di un predatore sopprime le chiamate predatore-specifiche.
In cattività furono presi in esame diversi animali, in particolare dei gorilla, e si è visto come nella
maggior parte dei casi questi animali fossero capaci di esercitare un controllo sul loro linguaggio; ma
questa tattica era principalmente mirata a stimolare l’attenzione degli educatori, per ricevere come
ricompensa del cibo. Nel secondo caso le scimmie sono maggiormente spinte a seguire gli stimoli
degli educatori. Diversi studiosi ritengono che questo comportamento più disponibile sia legato alla
possibilità di avere accesso a del cibo che non possono fisicamente raggiungere.
Le scimmie, dopo aver confermato la capacità di poter esercitare la propria volontà sul linguaggio,
furono oggetto di altri studi mirati ad insegnar loro il linguaggio umano. Uno degli studi più
emblematici fu quello condotto da Hayes nel 1951 sul giovane scimpanzè femmina Viki. In questo
studio l’animale fu capace di articolare circa tre parole “Papa”, “Mamma” e “cup”. Venne dimostrata
l’esistenza della volontà dell’animale, ad esempio tramite variazioni inusuali del volume corrente a
livello polmonare e nella frequenza degli atti respiratori. Tuttavia, gli obbiettivi raggiunti furono
scarsi e imputabili al disegno dell’esperimento, infatti l’animale non è dotato per natura di una laringe
fluente. Secondo Steven Pinker lo scimpanzè era in una condizione svantaggiosa, poiché obbligata a
utilizzare il proprio apparato vocale, il quale non era strutturato per parlare e che non poteva nemmeno
controllare volontariamente.
Uno dei maggiori risultati nel campo del linguaggio dei primati non umani fu ottenuto
nell’esperimento che ebbe come protagonista un gorilla femmina di nome Koko.
In questo esperimento al gorilla fu insegnato il linguaggio dei segni; questo fu studiato quindi nella
sua componente più simbolica. Uno dei maggiori traguardi di questo studio fu il successo
nell’insegnare al gorilla a coordinare i suoni e i comportamenti tipicamente umani con i gesti.
Questo studio ottenne dei risultati superiori di quelli ipotizzati, infatti l’animale dopo sole due
settimane aveva iniziato ad utilizzare il linguaggio dei segni, e al termine dello studio il suo
vocabolario ammontava a circa 2000 vocaboli, e il quoziente intellettivo attribuito al gorilla era di
circa 85. Un altro traguardo raggiunto dallo studio di Penny Patterson fu l’insegnare a Koko ad
esprimere le proprie emozioni con il linguaggio dei segni.
Il repertorio di conoscenza di Koko è inusuale per gli animali della sua specie, e ciò è legato alle
circostanze ambientali altamente selezionate da parte degli ideatori dello studio. Nonostante ciò,
l’animale non imparò il linguaggio vocale, e questo è legato ad una barriera di tipo anatomico non
sufficientemente sviluppata: la laringe.

Bibliografia:
Anastasi, g. (2021). Trattato di ANATOMIA UMANA sistemica e funzionale—Volume 2 (5o ed.).
Milano : Edi. Ermes. (Original work published 2021), 256-257.

Anastasi, g. (2021). Trattato di ANATOMIA UMANA sistemica e funzionale—Volume 2 (5o ed.).


Milano : Edi. Ermes. (Original work published 2021), 271-274

Gilroy, A. M., MacPherson, B. R., Voll, M. M., Wesker, K., & Schünke, M. (A c. Di). (2016). Atlas
of anatomy (Third edition). New York: Thieme.

Hall, J. E. (2020). Guyton and hall textbook of medical physiology (14o ed.). Philadelphia: Elsevier.

Champney, T. (2015). Essential clinical neuroanatomy. Chichester, West Sussex ; Hoboken, NJ:
John Wiley & Sons Inc.

Steinmetz H. (1996). Structure, functional and cerebral asymmetry: in vivo morphometry of the
planum temporale. Neuroscience and biobehavioral reviews, 20(4), 587–591.

Scarpina, F., & Tagini, S. (2017). The Stroop Color and Word Test. Frontiers in psychology, 8, 557.

Raghanti, M. A., Edler, M. K., Stephenson, A. R., Wilson, L. J., Hopkins, W. D., Ely, J. J., …
Sherwood, C. C. (2016). Human-specific increase of dopaminergic innervation in a striatal region
associated with speech and language: A comparative analysis of the primate basal ganglia: Increased
Dopamine in the Human Caudate Nucleus. Journal of Comparative Neurology, 524(10), 2117–2129.

Zaidel D. W. (2020). Coevolution of language and symbolic meaning: Co-opting meaning underlying
the initial arts in early human culture. Wiley interdisciplinary reviews. Cognitive science, 11(2),
e1520.

Corballis M. C. (2009). Language as gesture. Human movement science, 28(5), 556–565.


Noordzij JP, Ossoff RH. Anatomy and physiology of the larynx. Otolaryngol Clin North Am. 2006
Feb;39(1):1-10.

Ardila A. A Proposed Neurological Interpretation of Language Evolution. Behav Neurol.


2015;2015:872487.

Scheppele M, Evans JL, Brown TT. Patterns of structural lateralization in cortical language areas of
older adolescents. Laterality. 2019 Jul;24(4):450-481.

Brown TT, Lugar HM, Coalson RS, Miezin FM, Petersen SE, Schlaggar BL. Developmental changes
in human cerebral functional organization for word generation. Cereb Cortex. 2005 Mar;15(3):275-
90.

Tattersall I. How can we detect when language emerged? Psychon Bull Rev. 2017 Feb;24(1):64-67.

Corballis MC. Mirror neurons and the evolution of language. Brain Lang. 2010 Jan;112(1):25-35.

Enard W. The Molecular Basis of Human Brain Evolution. Curr Biol. 2016 Oct 24;26(20):R1109-
R1117.

Collier K, Bickel B, van Schaik CP, Manser MB, Townsend SW. Language evolution: syntax before
phonology? Proc Biol Sci. 2014 Aug 7;281(1788):20140263.

Okanoya K. Language evolution and an emergent property. Curr Opin Neurobiol. 2007
Apr;17(2):271-6.

Longa VM. The evolution of the Faculty of Language from a Chomskyan perspective: bridging
linguistics and biology. J Anthropol Sci. 2013;91:15-62.

Ardila A. Interaction between lexical and grammatical language systems in the brain. Phys Life Rev.
2012 Jun;9(2):198-214.

Simonyan K. The laryngeal motor cortex: its organization and connectivity. Curr Opin Neurobiol.
2014 Oct;28:15-21.

Coderre EL, Filippi CG, Newhouse PA, Dumas JA. The Stroop effect in kana and kanji scripts in
native Japanese speakers: an fMRI study. Brain Lang. 2008 Nov;107(2):124-32.

Perlman, M., & Clark, N. (2015). Learned vocal and breathing behavior in an enculturated
gorilla. Animal cognition, 18(5), 1165–1179.

Potrebbero piacerti anche