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CHE COS’E’ IL LINGUAGGIO?

Il linguaggio1 e le lingue2.

La linguistica è una disciplina descrittiva e non normativa, non ha la pretesa di stilare delle regole
da seguire per scrivere/parlare correttamente, bensì si limita a spiegare in base a leggi quanto più generali
ciò che effettivamente si dice, il comportamento linguistico degli esseri umani e investigare i meccanismi
che stanno alla base di questo comportamento.
La linguistica è lo studio scientifico del linguaggio umano, naturale. La linguistica studia diversi
ambiti:
- i suoni (fonologia)
- la formazione di parole (morfologia),
- la combinazione delle parole all’interno delle frasi (sintassi),
- il significato delle parole (semantica).

La linguistica procede nella sua investigazione attraverso lo studio scientifico con il quale
1) si pretende formulare il minor numero possibile di ipotesi generali che rendano ragione al maggior
numero possibile di fenomeni.
2) La formulazione di tali ipotesi in modo chiaro e controllabile, quindi in termini definiti in modo
espliciti e fondandosi su esperimenti ripetibili.

Le lingue sono dei sistemi di comunicazione, servono cioè a trasmettere informazioni da un individuo A,
emittente, a un individuo B, ricevente o destinatario. Le lingue si possono suddividere in:
- Lingue animali
- Lingue artificiali
- Lingue naturali

Le lingue naturali sono lingue umane apprese in contesti naturali e in modo spontaneo. tutti linguaggi
hanno una stessa funzione, ma questo accade attraverso strutture diverse e specifiche a seconda del
linguaggio.

Le lingue naturali vantano alcune caratteristiche che le distingue dalle altre:


- La DISCRETEZZA, a differenza delle lingue animali quelle naturali non sono continue (la danza delle
api ma anche il modo in cui i gatti rizzano il pelo, sono sistemi di comunicazione continue, ovvero
che possono procedere per gradi, le api operaie con la loro danza indicano la presenza di una fonte
di cibo e lo fanno con una velocità differente in base alla vicinanza o la quantità della fonte stessa).
Il cervello umano, invece, procede per unità e quindi riconosce solo alcuni input DISCRIMINANDO
tutti gli altri. ( può riconoscere mano e meno, ma non ‘mæno’) gli elementi del linguaggio umano si
distinguono gli uni dagli altri per l’esistenza di limiti ben definiti. Ad esempio, i fonemi [p] e [b] pur
essendo molto simili (labiali occlusive) esistono nella mente (tanto del parlante quando
dell’ascoltatore) entità di contrasto netto, senza possibilità intermedie, o percepisce [p] o [b].
- La DOPPIA ARTICOLAZIONE, con un numero limitato di fonemi (suoni distintivi) si possono formare
illimitate combinazioni sia in termini di parole che di frasi. (30 fonemi (suoni) (26 lettere (segni
scritti)
- La RICORSIVITA’ che consiste nella possibilità di poter prendere un oggetto linguistico e metterlo in
un altro più grande che lo contenga (Gianni è bello. Tutti dicono /che Gianni è bello/. Maria pensa
che tutti dicono che /Gianni è bello/.) Una caratteristica che, come provato da alcuni scienziati,

1
Con il linguaggio intendiamo la capacità comune a tutti gli esseri viventi di sviluppare un sistema di comunicazione.
2
Con lingua, invece, la forma specifica che questo sistema assume nelle varie comunità.
rimane particolarmente ostica nell’apprendimento della lingua dei segni da parte di un gruppo di
scimpanzé, andando a sottolineare la peculiarità rispetto alle lingue animali. (apparato fonatorio
delle due specie diverso dal punto di vista dell’esecuzione oltre a qualche elemento di competenza
che glielo impedisce)
- La DIPENDENZA DELLE STRUTTURE, questo significa che per comprendere una frase si devono
analizzare i rapporti fra le parole che non necessariamente rispetta un ordine lineare. (il segretario
del re si pettina) (per contrasto ai linguaggi dell’informatica) I parlanti nativi godono dal punto di
vista della competenza di un senso intuitivo di grammaticalità3 delle espressioni, che gli permette di
riconoscere la dipendenza delle strutture in una frase in modo innato, e non è un effetto della
grammatica normativa.

CHE COS’E’ UNA LINGUA?


Le lingue sono sistemi articolati su più livelli:
- Il livello dei suoni (fonologia)
- Delle parole (morfologia)
- Delle frasi (sintassi)
- Dei significati (semantica)

La linguistica privilegia la lingua come espressione orale per diversi motivi:


- In primo luogo, bisogna sottolineare come alcune lingue (somalo, diverse lingue indie, ma anche
dialetti) esistono solo a livello orale.
- In secondo luogo, il bambino impara prima a parlare che a scrivere, il bambino per parlare fa
riferimento ad una realtà orale e non scritta.
- Le lingue cambiano nel corso del tempo e la lingua scritta rimane sempre indietro rispetto
all’avanzamento di questa.

Partendo dal presupposto che sia necessario fare una distinzione fra atto linguistico4 e capacità distintiva
dei suoni5. Questo si può riassumere dicendo che vi è un livello astratto dove vi è una ed una sola [a],la
quale si può realizzare in n modi diversi.

Livello astratto [a] [e] …

Livello concreto /a1/ /a2/ /a3/ /a4/ /e1/ /e2/ /e3/ /e4/

Su questo tema si sono susseguiti diversi linguisti:

CHOMSKY, competenza ed esecuzione

La competizione è quella che si pone sul piano astratto e mentale, tutto quello che l’individuo sa
della propria lingua per poter parlare. L’esecuzione è tutto ciò che l’individuo fa, l’atto di realizzazione e che
quindi si pone sul livello concreto e fisico.
Nel caso di un parlante nativo la competenza è perfetta ma non per questo è immune ad errori sporadici,
lapsus o false partenze (frasi inconcluse) e che spesso vengono autocorretti, questo sottolinea il divario che
si trova fra competenza ed esecuzione. Un altro esempio di questa distanza sono le AFASIE, quei casi in cui

3
Agrammaticale = mal formato per il parlante nativo di una determinata lingua.
4
Ogni atto linguistico è un fatto a sé ed irripetibile.
5
L’immagine mentale che si produce nella mente di chi ascolta che prescinde dalla variazione di ogni atto linguistico,
nella misura in cui si produca la stessa immagine. (è diverso dire mano da meno ma non ma 1no da ma2no)
a seguito di un forte trauma (tumori, operazioni, ictus) il parlante perde la competenza linguistica. (la
competenza si manifesta con i cosiddetti ‘giudizi di grammaticalità’ che nel caso dei nativi sono intrinsechi.)

DE SAUSSURE, langue et parole

Quello che Chomsky chiama, appunto, ‘competenza’ ed ‘esecuzione’, De Saussure le chiama


‘Langue’ et ‘parole’. Bisogna però fare una distinzione. Infatti, con ‘langue’ De Saussurre indica una realtà
collettiva, la lingua di una comunità che continua a vivere anche dopo la morte di un parlante diverso dalla
competenza chomskyana che invece si riferisce al singolo individuo e alla sua capacità. La ‘parole’, quindi, è
un’esecuzione linguistica realizzata da un individuo e per questo si pone sul piano concreto. La ‘langue’,
invece, è da posizionare su un livello astratto ed è un sistema di riferimento collettivo.

JACOBSON, codice e messaggio

Jacobson, infine, divide fra codice, ovvero le unità astratte le quali possono combinarsi per formare
dei messaggi, o dei non messaggi. È il caso dei singoli fonemi, che se uniti possono creare messaggi come
‘mangiare’ ma anche ‘bduwbc’.

Parlando della ‘competenza’ chomskyana è necessario ricordare come il linguista negli anni ’50
avesse formulato queste ipotesi, e sostenuto l’esistenza di un Language Adquisition Device (di cui si parlerà
dopo) a partire da dati empirici.
Questa sua ipotesi sarà poi confutata negli anni ’90 grazie all’utilizzo di nuovi tecnologie come le
TAC e le risonanze magnetiche, attraverso le quali si individuarono, in particolare, due aree cerebrali che
hanno un ruolo fondamentale nella competenza linguistica di un individuo. La prima è l’area di Broca,
responsabile della regolazione dei rapporti sintattici, e l’altra l’area di Wernicke, che invece regola i rapporti
tra sintassi e semantica.
Queste due aree, si trovano su due emisferi diversi, e se colpite da qualche trauma, portano a dei
problemi del linguaggio: gli afasici6 di Broca saranno, date le funzioni dell’area danneggiata, balbuzienti ma
coerenti, mentre gli afasici di Wernicke fluidi ma incoerenti. Inoltre, come analizzato da Jacobson in ‘il farsi
e il disfarsi del linguaggio’, gli afasici ricordano come ultime parole quelle imparate da bambino e nella sua
sintassi è come se assistessimo ad una regressione ad uno stato telegrafico del linguaggio.

6
L’afasia è un disturbo della competenza, quindi un danneggiamento a livello cerebrale. Quelli dell’esecuzione invece
sono conseguenza di un danneggiamento dell’apparato fonatorio, perdita della voce, noduli alle corde vocali….
L’ACQUISIZIONE DELLA LINGUA L1
L’acquisizione della prima lingua avviene in modo spontaneo generalmente nel periodo che va dai 2
ai 4 anni ed è molto diversa rispetto l’acquisizione di una seconda lingua. Parliamo di acquisizione piuttosto
che di apprendimento per sottolineare la sostanziale estraneità del fenomeno da altre forme di
apprendimento (basate su tentativi ed errori). Infatti, sembrerebbe esserci una predisposizione innata e
generica all’apprendimento, di un vero e proprio istinto del linguaggio a elaborare in una grammatica gli
stimoli linguistici a cui si è esposti.

La linguistica ha un valore descrittivo e non normativo: il compito di un linguista non è quello di


insegnare una lingua, ma di descrivere l’innata e non insegnabile competenza del madrelingua come anche
quello di cercare di spiegare il fenomeno dell’acquisizione della lingua L1 nei bambini. A questo proposito si
sono formulate varie teorie:
- Alcuni dei primi studi sull’acquisizione linguistica si basano sull’osservazione del bambino e
l’annotazione di dati da parte di un genitore sullo sviluppo linguistico del figlio. Questo tipo di
analisi presenta però due limiti: da una parte i dati non sono puri, ma vengono selezionati dal
genitore secondo il suo punto di vista e anche deformati dall’ipotesi di partenza. D’altra parte, le
conclusioni a cui si può giungere da queste annotazioni avranno valore individuale del bambino
analizzato.
- Per ovviare a questo problema negli anni 1960, intere equipe di ricercatori cominciarono ad audio
registrare dei campioni di bambini, cercando di compiere uno studio longitudinale ( registrando un
numero limitato di bambini per un largo arco di tempo). Ma anche questo approccio si rivelò presto
essere impreciso, soprattutto da un punto di vista del coordinamento e la comparazione dei vari
studi.
- La situazione cambia a partire dai primi anni ’80 con il sistema CHILDES ( Child Language Data
Exchange) una piattaforma che permette ai ricercatori di condividere i propri dati. Nonostante la
vastità dei dati però la sola osservazione non può essere sufficiente, è ancora necessario integrare i
dati di osservazione con dati sperimentali, che con varie tecniche inducono il bambino a produrre
una data forma. Si parla in questo caso di elicitazione. Un esempio storico di queste tecniche è il
cosidetto test di wug7 elaborato da Jean Berko.

All’interno di questo dibattito è importante nominare in particolare due teorie:

- il COMPORTAMENTISMO, una teoria americana dei primi decenni del 1900 che vede i suoi massimi
esponenti in Bloomfield (‘language’ 1933) e Burrhus Skinner (con ‘Verbal Behaviour’ 1957). Questa
teoria si colloca in un periodo di sperimentalismo secondo cui ad ogni stimolo (input) corrisponde
un rinforzo (output) che può essere positivo o negativo.
Stimolo > risposta > rinforzo (positivo o negativo) > habit formation
(per esempio, se in un percorso un topo fosse messo di fronte ad un bivio, dove a destra si trova del
cibo e a sinistra nulla, il topo dopo aver visto che a destra si trova il cibo andrà sempre a destra, allo
stesso modo un bambino che ha fame al posto di dire ‘pappa’ dice ‘palla’ e non riceve il cibo, alla
volta dopo dirà ‘pappa’ rinforzo negativo) Il comportamentismo affida all’input un ruolo
fondamentale (basti pensare ai muti, che in assenza di stimolo diventano sordo-muti, ma anche les
enfants sauvages, bambini isolati rispetto al contesto) e riduce il fenomeno dell’acquisizione della
lingua ad un esercizio di imitazione. Chomsky però critica la visione comportamentista dando anche
inizio ad una discussione con lo stesso Skinner. La teoria comportamentista sostiene che il bambino

7
1958, in questo test veniva chiesto a gruppi di bambini di diverse età di formare il plurale di animali sconosciuti dal
nome inventato come appunto il wug. Grazie a questo esperimento, a cui i bambini hanno risposto positivamente, si è
scoperto che i bambini conoscono e seguono regole per la formazione dei plurali e altro ben prima di aver messo
piede in una scuola.
non elabori l’input ma semplicemente ripete in modo sterile ciò che sente. Chomsky con la sua teoria
però chiamata
- COGNITIVISMO (o mentalismo o innatismo) sostiene che la creatività del bambino non viene presa
in considerazione e che lo stimolo sia importante ma non sufficiente, formulando ‘la teoria della
povertà dello stimolo ’ o ‘problema di Platone’ per cui non si spiegherebbe come facciamo a
sapere così tanto data la limitatezza della nostra esperienza, in particolare parlando di bambini di
pochi anni.
Lo stimolo, secondo Chomsky, sarebbe ‘povero’ sia in
- In quantità, perché la creatività del bambino supera in quantità gli input. Infatti, è capace di
rielaborare gli input in diversi modi: che sia utilizzare parole sentite in diverse frasi per creare una
nuova frase (che non sarebbe possibile per la teoria comportamentista) ma anche grazie alla
chiamata ‘grammatica generatrice’ (magari il bambino sente per la prima volta la parola ‘giraffa’ e
subito dopo chiede ‘e dove vivono le giraffe?’, magari non ci si fa caso ma ha rielaborato l’input e
ha riformulato il plurale corretto senza saperlo. Test di wug) In questa grammatica generatrice si
trovano il lessico e un sistema computazionale. Il lessico, secondo una recente ipotesi (lexicalist
hypothesis) comprende tutte le parole anche le forme flesse, il che si rivela più funzionale per tutti i
casi irregolari, in altre parole il cervello non memorizza la radice e tutti i suffissi e prefissi
accordabili ma direttamente tutte le parole flesse come parole diverse. Il sistema computazionale è
invece responsabile della comprensione delle frasi in accordo con il loro ordine non solo lineare ma
anche gerarchico.
- in qualità, infatti, essendo gli input risultato dell’esecuzione di un soggetto terzo questa può anche
essere errata.

Chomsky, inoltre, sostiene che il bambino, per l’acquisizione della sua L1, non parta da 0 e divide fra
‘innato’ e ‘da acquisire’.

(INNATO) Chomsky nella sua teoria giustifica la rapidità e la facilità con cui il bambino acquisisce la sua L1
attraverso quello che lui chiama ‘Language Acquisition Device’, un dispositivo cerebrale che contiene
informazioni e regole generali che aiutano il bambino a generare nuove frasi nonostante la scarsità dello
stimolo, una grammatica universale (U.G.).
Questa Grammatica Universale che si compone di :
- PRINCIPI, o universali linguistici, ovvero regole seguite da tutte le lingue del mondo (relazione
soggetto/predicato, interrogativa e affermativa)
- PARAMETRI, ovvero regole specifiche di ogni lingua, i quali giustificano il fatto che per tradurre a
una lingua all’altra non basti tradurre in modo letterale. (parametro del soggetto nullo (vado vs I
go), parametro dell’ordine delle parole (S.V.O. lingua italiana, S.O.V. lingua latina, tedesco e
olandese V.S.O lingue celtiche e araba)
In base al contesto che circondo il bambino e quindi i dati raccolti dal bambino, questo Language
Acquisition Device sceglierà il parametro adatto.

(DA ACQUISIRE) dove troviamo:


- IL LESSICO
- LE PROPRIETA’ IDIOSINCRATICHE, ovvero le proprietà specifiche delle singole parole, per esempio
in inglese si sa che il verbo listen è sempre accompagnato dalla particelle to, non esiste listen se
non listen to.
- USI PRAGMATICI, come per esempio si sa che in italiano si usa dare del lei.
- PARAMETRI, perché hanno una doppia natura sia generale che specifica.
FASI DELL’ACQUISIZIONE

 0-6 mesi, fase del BALBETTIO, l’emissione di suoni


inarticolati come prova dell’apparato fonatorio. Questa
fase è definita anche fase del silenzio, per quanto silenzio
Fase prelinguistica, /a/ è il primo non sia, in questa fase è interessante capire che cosa
suono emesso dal bambino, in percepisca il bambino. A questo proposito attraverso la
quanto il più aperto e per questo il tecnica HASP (High Amplitude Sucking Paradigm), che
più semplice. A questo seguono la m, prevede l’uso di uno speciale succhiotto collegato a sensori
n, l e le occlusive che vengono che misurano l’intensità e la frequenza di sunzione, è
imparate per contrasto alla /a/ e risultato che i neonati rispondono in modo diverso
sono la b,p,t e d all’ascolto della loro lingua madre piuttosto che una
straniera.
 7-8 mesi, fase della LALLAZIONE (infantile), ovvero la
costruzione da parte del bambino di collane di sillabe che
seguono lo schema consonante + vocale (da qui la parola
con valore onomatopeico lallazione).

- Intorno ai 10 mesi si colgono i primi segni di apprendimento lessicale, attraversi quella che si
chiama ‘segmentazione’, ovvero il riconoscimento delle singole parole all’interno dei suoni che
percepisce, nonostante la difficoltà dato il fatto che si parli attraverso un’unica emissione di voce
esprimendo più di una parola. In particolare, in questa fase svolge un ruolo importantissimo
l’indicare (pointing), c’è infatti una relazione fra l’età in cui un determinato bambino comincia a
indicare e la comparsa delle sue prime parole.

- 15-18 mesi, fase OLOFRASTICA, in questa fase il bambino compone singole parole con valore di
frase. Parole, generalmente, bisillabiche (all’inizio di sillabe ripetute come mamma, pappa e poi
diverse come palla, mano). Da un punto di vista morfologico la maggior parte di queste parole sono
sostantivi e in minor parte si trovano anche aggettivi e verbi (corre, rosso, più, mio). Da un punto di
vista semantico invece in questa fase assistiamo al fenomeno della sovra-estensione (o
iperestensione), ovvero il bambino utilizza le poche parole che sa in diversi contesti (chiama tutti
mamma, qualsiasi animale può essere bubu e qualsiasi veicolo brum). Al contrario in alcuni casi si
può assistere ad un fenomeno di ipo-estensione per cui ‘bubu’ potrebbe rappresentare solo il suo
cane, usato con valore di nome proprio, queste parole prendono il nome di ‘protoparole’,
associazioni stabili tra suono e significato del tutto personali e comprese solo dalle persone a più
stretto contatto con il bambino.

Premessa alla seguente fase,


all’interno di una parola distinguiamo fra
- Significato, l’oggetto o concetto che indica quella parola
- E il significante, ovvero l’insieme di suoni che compongono la parola.
Ma, come sostiene De Saussure nella teoria ‘dell’arbitrarietà del segno’, l’unione fra significato e
significante è arbitraria, convenzionale. A sostegno di questo basti pensare che nel tradurre da una lingua
all’altra non cambia solo il significante ma spesso anche il significato, tale per cui tante parole si definiscono
‘intraducibili’ o esistono varie parole per indicarne una, è l’esempio di ‘tempo’ che in inglese si traduce
weather, ma anche time, ma anche tense.
- 20-24 mesi, fase TELEGRAFICA, la prima fase sintattica. Questa è la fase delle due parole, il
bambino comincia a combinare le parole e lo fa seguendo lo schema soggetto e predicato e lo fa
eliminando le parole funzionali8 in favore di quelle lessicali9. Già a partire dalla fase telegrafica il
bambino associa due parole in ordine corretto (mamma bella, bimbo corre, tazza rotta) sintomo del
fatto che i il bambino abbia già acquisito i parametri durante la fase precedente attraverso
l’ascolto. I verbi che sono utilizzati dal bambino in questa fase sono:
o LA 3° PERSONA DEL SINGOLARE PRESENTE, questo per indicare spesso l’imperativo ed
infatti usato con valore imperativo, dal momento che il bambino è abituato a sentire ordini
(mangia!). inoltre, questa forma la si può considerare una FORMA DI DEFAULT se non una
vera e propria NON PERSONA, essendo la meno caratterizzata e che può riferirsi ad oggetti
inanimati e a quei verbi che no hanno una persona (piove) inoltre il bambino parla spesso
di sé stesso e di chi gli sta intorno in 3° persona (mamma bella, bimbo fame…)
o il tempo INFINITO.
queste prime due fasi rappresentano l’aspetto imperfettivo dell’espressione del bambino. che
indica l’assenza del tempo, dal momento che il bambino ha difficoltà nel codificare il tempo,
vive in un eterno hic et nunc , quindi l’azione che vuole esprimere il bambino o non è conclusa
o è futura.
o Il bambino usa il PARTICIPIO PASSATO, invece, per riferirsi ad azioni avvenute passate che
abbiano conseguenze nel presente (tazza rotta) utilizzando verbi risultativi con aspetto
perfettivo.

8
parole funzionali, quelle parole che non hanno un significato di tipo semantico ma grammaticale, sono le
congiunzioni, gli articoli, i pronomi...e rappresenta una classe chiusa.
9
parole lessicali, una classe aperta ovvero infinta, sono quelle parole con un significato pieno che corrispondono a un
concetto.
I SUONI DELLE LINGUE: FONOLOGIA E FONETICA 10
L’apparato fonatorio

Un suono è prodotto dall’aria che viene emessa dai polmoni, questa sale lungo la trachea,
attraversa la laringe, sede delle corde vocali. Il flusso d’aria supera la faringe e giunge alla cavità orale
fuoriuscendo dalla bocca (o dalla cavità nasale dando vita ai suoni nasali).

La FONETICA si occupa dell’aspetto fisico dei suoni, i foni11. I foni sono diversi dai rumori, infatti i
foni sono tutti quei suoni prodotti dal nostro apparato fonatorio con valore linguistico 12. Questo però non
esclude il fatto che quelli che in una lingua vengono considerati rumori, in un’altra possono essere dei foni,
vedi il caso delle lingue a click13.

La FONOLOGIA, si occupa dello studio dei fonemi14, i quali sono un fattore mentale, ovvero quei suoni
linguistici con capacità distintiva. Nonostante l’esecuzione di una stessa parola sarà sempre diversa, il
fonema ti permette di distinguere una a da una e. Torna l’esempio di mano e meno, due parole dette
coppie minime, essendo due parole con tutti i segni nella stessa posizione tranne 1 e con significato
diverso. La fonologia si propone di scoprire

- Quali sono i fonemi di una data lingua, e quindi se una differenza di suono equivale a una differenza
di significato (vd. Prima legge di Trubeckoj* pag. 12).
Es. [kalo] e [karo] /l/ ed /r/ in questo caso vi è una differenza di significato.
[karo] e [ kaRo] - dove [R] sta per la /r/ uvulare francese – qui non si tratta di una coppia
minima, perché le due realizzazioni rimandano allo stesso concetto, [R], si dice, non è pertinente 15
(vd. Seconda legge di Trubeckoj** pag. 12).
- Come i suoni si combinano insieme, essendo alcune combinazioni possibili (vd. [tr] [rt]) e altre
impossibili (vd. *[ʃr] e *[ʃt])
- Come i suoni si modificano in combinazione. Per esempio, il prefisso negativo s- diventa sonoro se
seguito da un fonema sonoro.
Es. s-fortunato , dove -f è un suono sordo. [s-fortunato]
Mentre s-regolato, dove -r è un suono sonoro [z-regolato]

Oltre a questo, in fonologia è da considerare il fatto che ogni suono ha una sua distribuzione, il che implica
il fatto che può comparire in alcuni contesti e posizioni, e in altri no.
Es. il suono [r] in italiano, può comparire tra due vocali, dopo [t], dopo [p], in posizione finale,
etc…e non può comparire dopo [m], all’inizio di parola prima di consonante, tra due consonanti,
etc…

10
Indichiamo con [f] i fonemi e con /f/ i foni.
11
Il fono è la più piccola unità di suono con valore linguistico.
12
Con valore linguistico è diverso da con capacità distintiva. Nell’esecuzione della parola mano, come detto, ogni
esecuzione anche dello stesso parlante è ogni volta diversa pur anche minimamente. Il suono ‘a’ all’interno di ‘mano’
che ogni volta è diverso sarà il fono, mentre il suono ‘a’ diciamo standard che viene riconosciuto dai parlanti è il
fonema.
13
le lingue chiamate ‘a click’ sono lingue parlate in alcune zone dell’Africa chiamate anche ingressive, dal momento
che per emettere determinati suoni l’aria deve essere immessa e non emessa. Un esempio di queste lingue è la lingua
xhosa (dove la scrittura xh sta per un suono a click).
14
Il fonema è l’unità più piccola di suono con capacità distintiva.
15
Quelle che in una lingua possono essere considerate varianti senza valore linguistico (basti pensare a tutte le
varianti regionali come una leggera aspirazione della [p] nella parola [p hane]) in altre lingue come l’hindi l’aspirazione
è pertinente e può produrre coppie minime.
I fonemi si possono dividere in:

fonemi vocalici Fonemi consonantici


- 7 fonemi vocalici (sistema eptavocalico) - circa una trentina di fonemi consonantici
- sonori16 - possono essere sia sordi che sonori
- permettono il libero passaggio dell’aria - il passaggio dell’aria viene ostacolato, pur
- continui anche se in misura diversa
- con valore sillabico17 - sia continui che momentanei
- senza valore sillabico18
*possiamo considerare i fonemi approssimanti/semiconsonantici una classe a parte o consonanti.

I FONEMI VOCALICI19
Anteriori (palatali) Centrali (velari)
Posteriori

Vocali chiuse, o alte (la lingua)

Vocali medio-alte

ə20

Vocali medio-basse

Vocale aperta o bassa (la lingua)


Italiano
Fonologia generale (vocali miste)

Vocali aperte e chiuse21


- ɛ vs e: [pesca] attività sportiva e [pɛsca] frutto estivo.
- ɔ vs o : [botte] contenitore in legno [bɔtte] percosse.
Queste differenze si trova solo quando la [e] o la [o] si trovano nella sillaba tonica, in quella atona si usa
sempre la versione chiusa.
- [‘vɛnto] ma [venti’cello] (casomai [venti’cɛllo] )

16
Questo implica il fatto che le corde vocali vibrino perché vengano emessi.
17
Ovvero può fungere da nucleo della sillaba, in italiano solo le vocali possono portare l’accento e quindi sostenere il
picco di intensità della sillaba.
18
Le consonanti non hanno valore sillabico in italiano, anche se poi in realtà in altre lingue come il serbo-croato, ma
anche l’inglese. Tŕst (Trieste, in serbo-croato) o ˈɡɑɹdn̩ (eng, l’accento secondario cade sulla n finale.)
19
I parametri per distinguere i fonemi vocalici sono l’altezza della lingua, il suo avanzamento arretramento e la
posizione delle labbra. /a/ bassa, centrale, non arrotondata.
20
ə = schwa, la vocale indefinita di bird.
21
I meridionali spesso non notano la differenza perché nel loro dialetto usano un sistema pentavocalico di influenza
spagnola.
I FONEMI CONSONANTICI 22
I parametri per distinguere i fonemi consonantici sono il modo di articolazione*, il luogo di articolazione**
e la sonorità+. Es. /p/ occlusiva, bilabiale, sorda.

* Bilabiali 23 Labio-dentali 24 Dentali/alveolari 25 palatali26 Velari 27


**
OSTRUENTI, il flusso d’aria per produrre questi fonemi incontra ostacoli di varia natura.
28
Occlusive p-b t-d k-g
Fricative 29 f-v s-z ʃ -ʒ
Affricate 30 ts-dz tʃ -dʒ
SONORANTI, sono tutte sonore e il flusso d’aria fuoriesce dalla cavità orale piuttosto
liberamente
Nasali 31 m (ɱ) n ɲ (ŋ)
Liquide l (laterale) - ʎ
r (vibrante)
Approssimanti 32 j w

+ (sonorità) in una stella casella si trovano a sinistra i fonemi sordi, e a destra quelli sonori. Se in una casella
si trova un solo fonema, questo è sonoro.
z-s
- z=s sonore [roza]
- s = s sorda che si trova sempre all’inizio delle parole e nelle geminate.
ʃ -ʒ
- ʃ = scena [ ʃena ]
- ʒ = garage [ garaʒ ]
g-dʒ
- g = ghiro [giro]
- dʒ = giro [dʒiro]
ts-dz
- ts = razza (di cane) [ratsa]
- dz= radza (pesce) [radza]
tʃ -k
- tʃ = Cina [tʃina]
- k = china [kina]
ɲ-ʎ
- ɲ = gnomo [ɲomo]
- ʎ = conchiglia [conchiʎa]
j-w
- j= ieri [jeri]
- w= uovo [wuovo] (k + w + vocale, sempre. [Skwola], [skwadra])

22
esistono poi altre consonanti non proprie della fonologia italiana come le faringali, le glottivali (horse) o le uvulari
(richesse), inoltre in spagnolo le occlusive si pronunciano come fricative quando si trovano fra due vocali, dedo, lago.
(legge di minimo sforzo)
23
Le due labbra si avvicinano
24
Il labbro superiore si avvicina ai denti
25
La lingua va a toccare i denti, o i suoi alveoli.
26
La lingua va a toccare il palato duro.
27
La lingua va a toccare il palato molle o palatino.
28
Occlusive, o momentanee o esplosive, dal momento che per pronunciare si genera una sorta di esplosione dell’aria.
Occlusione della cavità orale.
29
Fricative o sibilanti, l’aria è molto ostacolata e per questo si genera una sorta di frizione, questi fonemi sono
continui, a differenza delle occlusive.
30
Sono suoni che iniziano con un’articolazione di tipo occlusivo e terminano con una di tipo fricativo.
31
Il velo palatino si posiziona in modo sì da permettere la fuoriuscita del flusso d’aria dalla cavità nasale.
32
Le vocali deboli che fanno parte di un dittongo, sono pronunciate talmente velocemente da essere considerate
semi-consonanti
LE REGOLO FONOLOGICHE 33

Le regole fonologiche giustificano la distribuzione degli allofoni in una lingua. Gli allofoni sono
quelle varianti combinatorie dovute al contesto (vd. Terza legge di Trubeckoj*** a seguire).
A →B/___C che si legge A diventa B nel contesto C
Alcuni esempi:
 in italiano la nasale dentale [n] quando precede una consonante articolata in un altro luogo, cambia
luogo di articolazione assumendo quello della successiva.
n → m/ ___+ p,b,m in + possibile/battibile/mangiabile → iMpossibile, iMbattibile,
iMmangiabile34
n → ɱ/___ + f,v anfiteatro, inverno → [aɱfiteatro] [iɱvɛrno] 35
n→ ŋ/____+ k,g Fungo → [fuŋgo]36

 In spagnolo le occlusive sonore diventano fricative quando si trovano fra due vocali.
b → β/___v_v acabar → [akaβar]
d → ð/___ v_v dado →[ˈdaðo]
g → ɣ/___ v_v fuego→ [fweɣo]

 La stessa cosa dello spagnolo succede nel dialetto fiorentino con le occlusive sorde. Ovvero,
l’occlusiva sorda diventa fricativa fra due vocali.
p→ ɸ/___ v_v la palla → [laɸalla]
t →θ/___ v_v dito → [diθo]
k →x/___ v_v la casa → [laxasa]

 In italiano la fricativa dentale sorda [s] diventa sonora in inizio di parola quando precede una
consonante sonora.
s→z/___#Cson. Sbaglio→ [zbaʎo]

 La velare sonora [g] diventa una affricata palato-alveolare davanti alle vocali [i] ed [e]
g→dʒ/___+i,e dirigi/e →[diridʒi/e] dirigo →[dirigo]

LE VARIANTI LIBERE

33
Una regola fonologica collega una rappresentazione astratta (fonematica) ad una concreta (fonetica).
34
La nasale alveolare /n/ diventa una nasale bilabiale davanti a /p/ /b/ ed /m/ (tre suoni bilabiali).
35
Per un fenomeno di assimilazione gli incisivi dell'arcata dentaria superiore toccano il labbro inferiore convertendo la
/n/ alveolare in, appunto, labio-dentale.
36
la n cambia luogo di articolazione e diventa velare come la [g] che la succede.
REGOLE DI ASSIMILAZIONE

Le assimilazioni possono essere totali o parziali, progressive o regressive. Totali, quando il segmento che
causa l’assimilazione rende il segmento assimilato totalmente uguale a sé stesso. Parziali, se il segmento che
causa l’assimilazione cambia l’altro segmento solo parzialmente. Progressiva, quando il segmento che causa
l’assimilazione si trova prima del segmento che si assimila, e regressivo quando il segmento che causa
l’assimilazione si trova dopo quello che si assimila.

- Assimilazione totale regressiva


Es. in+ragionevole → irragionevole.
In+ logico → illogico.
- Assimilazione totale progressiva
Es. mondo → monno (romanesco)
Want to → wanna (inglese)
Ma anche assimilazioni di tipo diacronico37 che caratterizzano il passaggio dal latino all’italiano
Factum → fatto
Aptum → atto.
- Assimilazione parziale regressiva
Es. in+probabile → improbabile
In+bevuto → imbevuto
- Assimilazione parziale progressiva
Es. dog+s → [dogz]
Head+s → [headz]

Infine, esistono un tipo di regole dette regole sandhi (dall’indiano antico ‘fusione’). Una di queste è
il raddoppiamento fonosintattico che caratterizza il dialetto romanesco e che consiste nel raddoppiamento
della consonante della parola seguente a fronte di una vocale tonica finale nella parola precedente (che
ffai?). un’altra di queste regole è la liaison francese, che consiste nella realizzazione sonora della sibilante
davanti ad una parola che inizi per vocale (les amis →[lezami])

LE LEGGI DI TRUBECKOJ

Prima legge di Trubeckoj*:


“Quando due suoni ricorrono nelle medesime posizioni e non possono essere scambiati fra loro
senza con ciò mutare il significato delle parole o renderle irriconoscibili, allora questi due suoni
sono realizzazioni fonetiche di due fonemi diversi. ”
- Es. varo-faro, se scambiamo [v] ed [f] otteniamo due parole diverse, per questo sono due fonemi
dell’italiano.
Seconda legge di Trubeckoj**:
“Quando due suoni della stessa lingua compaiono nelle medesimi posizioni e si possono scambiare
fra loro senza causare variazione di significato della parla, questi due suoni sono soltanto varianti
fonetiche libere di un unico fonema.”
- Es. abbiamo visto l’esempio di [karo] e [kaRo].
Terza legge di Trubeckoj***:
“Quando due suoni di una lingua, simili dal punto di vista articolatorio, non ricorrono mai nelle
stesse posizioni, essi sono due varianti combinatorie dello stesso fonema.”
- Es. naso – ancora [nazo] e [aŋcora] dove [n] e [ŋ] non possono ricorrere nelle medesime posizioni,
infatti la [ŋ] velare si trova solo prima di una consonante velare mentre la [n] dentale alveolare mai.

37
Uno studio diacronico studia un fenomeno attraverso il tempo. Uno studio sincronico, invece, non considera la
variabile tempo. Un fenomeno sincronico è un rapporto tra elementi simultanei mentre uno diacronico è la
sostituzione di un elemento con un altro nel corso del tempo. Lo studio del cambiamento linguistico è detto
diacronico.
FATTORI SOPRASEGMENTALI

Questi fattori in alcune parole hanno il potere di cambiare il significato semantico.


1) L’accento38, partendo dal presupposto che l’italiano è una lingua ad accento mobile (a differenza
per esempio del francese dove la sillaba tonica è sempre l’ultima. L’accento in scrittura IPA 39 si
indica con [‘] all’inizio della sillaba tonica, sui monosillabi non è necessario segnalare l’accento.
- Alcuni esempi dove l’accento cambia il significato della frase,
[‘aŋkora] ovvero l’oggetto che si getta dalla barca e [aŋ’kora] l’avverbio che esprime continuità.
[‘printʃipi] ovvero i figli del re e [prin’tʃipi] basi di una teoria o valori morali.
2) Il tono38, è l’altezza musicale con cui si pronunciano le vocali, non è una caratteristica della lingua
italiana ma, per esempio, del cinese mandarino, dove una stessa parola ‘ma’ pronunciata in 4 toni
diversi equivale a 4 significati diversi: madre, lino, cavallo, insultare.
3) Con intonazione si intende la curva melodica che accompagna la parola ma anche la frase, in
italiano l’esempio più evidente è la differenza di intonazione fra una frase affermativa e una
negativa, che determina una differenza di significato.
4) Con lunghezza, invece, indichiamo la durata di un fonema. La lunghezza, in italiano, ha valore
fonologico solo nelle consonanti geminate, dal momento che queste influiscono anche sulla
lunghezza della vocale e queste risultano di conseguenza prevedibili e senza funzione distintiva.
Questo anche perché in italiano non esistono parole che abbiano consonanti e vocali lunghe.
- Pǎlla e pāla.
La presenza della geminata fa sì che la pronuncia della vocale sia breve, in scrittura IPA la geminata
si indica con [:] es. [pal:a].

LA SILLABA

Una sillaba è un’unità fonologica che consta almeno di un elemento sillabico, detto nucleo, che in
italiano è sempre una vocale. Il più delle volte una sillaba contiene anche degli elementi consonantici: le
consonanti che fanno parte di una sillaba non possono apparire in qualsiasi ordine, ma sono organizzate
secondo una gerarchia di forza, o scala di sonorità di valore universale: le consonanti che fanno un valore di
sonorità più alto in questa scala devono stare più vicine al nucleo rispetto alle consonati di sonorità minore:

 la sonorità massima si ha nel nucleo e da qui si può solo discendere in ambedue le direzioni.

Le sillabe che finiscono in vocale sono dette aperte e il nucleo si allunga, mentre quelle che
finiscono per consonante sono dette chiuse e il nucleo è breve.
Es. torna l’esempio di Pǎl/la e pā/la.
Dal punto di vista della struttura distinguiamo fra:

La rima determina il peso sillabico, infatti una rima si dice pesante se


contiene una vocale lunga, e quindi se termina per vocale, mentre la
vocale del nucleo è corta, quindi se termina in consonante la sillaba sarà
leggera. Quando le rime di due sillabe sono uguali, non a caso si dicono
essere in rima.

38
In inglese l’accento in genere distingue i sostantivi dal verbo [‘rekord] (nome) e [re’kord] (verbo)
39
Internationa Phonetic Alphabet, inventato da Chomsky e Helle.
38
l’unico fattore soprasegmentale che non appartiene alla lingua italiana.
Considerando i singoli elementi della sillaba:
- in posizione di attacco possiamo avere qualsiasi consonante o semi consonante se è formata da un
unico segmento, mentre se abbiamo due segmenti il primo può essere qualsiasi consonante o
semiconsonante mentre il secondo per forza una liquida o una semiconsonante.
- la coda può essere solo sonorante.

Il fonema [s] è particolare, perché esso può trovarsi:


- in coda (rebus)
- in attacco (salpare)
- in attacco seguito da una consonante (#sc) (sbaglio)
- in attacco seguito da due consonanti (#scc) (strada)

In posizione di attacco la presenza della -s sembra non rispettare la scala di sonorità, ma se si fa caso,
tutte queste parole prendono come articolo ‘lo’, ‘la’, e quindi la -s è da considerare coda della sillaba
precedente.
-los/ta/dio las/tra/da

MORFOLOGIA
La parola e il morfema

La morfologia studia la formazione delle parole e le forme che queste acquisiscono. L’unità di base
in morfologia è il morfema, che è diverso dalla parola.

LA PAROLA
La parola è un concetto particolarmente difficile da definire in modo univoco, a partire dal fatto che
una frase che in un lingua conta un certo numero di parole (il ragazzo ha dato una rosa a Maria) non è
scontato che in un’altra abbia lo stesso numero di parole (lat. Puer dedit rosam Mariae).
Oltre a questo, non si può limitare il concetto di parola a ciò che è compreso tra due spazi bianchi
(da una parte perché esistono lingue di tradizione totalmente orale, vd il somalo, e dall’altra perché il
bambino non sa scrivere) d’altro canto non si può nemmeno ridurre a suono fra due pause perché
realmente le frasi si pronunciano attraverso un’unica emissione di voce.
Una definizione abbastanza convincente è ‘unità che non si può interrompere , ovvero all’interno
della quale non si può inserire ulteriore materiale linguistico.’ Le parole possono essere semplici o
complesse, derivate (prefissate/suffissate) e a loro volta queste possono essere flesse (per genere,
numero…).
Es. ragazzo (parola) Ragazz-(morfema semantico) -o (morfema grammaticale).
Questa è una parola bi-morfemica semplice40.

Le parole di una lingua sono state raggruppate in classi o categorie lessicali, fra queste
distinguiamo: il nome, il verbo, l’aggettivo, il pronome, l’articolo e l’interiezione.
Fra queste classi dividiamo fra le classi di parole che assumono forme diverse (che in italiano sono i
nomi, i verbi, gli aggettivi, gli articoli e i pronomi) che sono dette parti del discorso variabili. Le altre parti
del discorso (avverbi, preposizioni, congiunzioni e interiezioni) sono dette parti invariabili.
Un'altra distinzione è quella tra classi di parole aperte e chiuse. Le prime sono quelle a cui si
possono sempre aggiungere nuovi membri (nomi, aggettivi, avverbi…), mentre le seconde quelle formate
da un numero finito di membri che non può essere aumentato (preposizioni, congiunzioni…). Quindi

40
Le parole semplici, possono essere monomorfemiche, o morfemi liberi (oggi) o bimorfemiche (formate da radice più
flessione, dove la prima assegna l’informazione semantica e la seconda quella grammatica).
l’inventario delle parti del discorso non può essere lo stesso per tutte le lingue, ma questo non significa
nemmeno che non esistono parte del discorso universali quali il verbo è il nome.
Per riconoscere la classe a cui appartiene una singola parola non ci si può affidare al tipo semantico,
dal momento che ridurre un nome a ‘designatore di entità’ o i verbi a ‘designatore di azione’ risulterebbe
inesatto.

IL MORFEMA
Il morfema è la più piccola parte di una lingua dotata di significato. Un morfema è un segno
linguistico ed è quindi costituito da un significante e un significato.
Es. - boy-s
- libr-i

Il significato di boy è: essere umano, non adulto, di sesso maschile mentre il significato di -s plurale.
allo stesso modo il significato di libro è insieme di Fogli stampati mentre quello di -i è maschile plurale.
boys e libri sono quindi morfemi lessicali mentre -s ed -i sono morfemi grammaticali.

I morfemi possono essere


- liberi
- legati

sono morfemi liberi quelli che possono ricorrere da soli in una frase
es. bar, ieri, virtù

sono morfemi legati quelli che non possono ricorrere da soli in una frase e che per poterlo fare si
devono legare a qualche altra unità
es. -s (dell'inglese in books) o -i (dall'italiano in libri)

i morfemi liberi in italiano sono parole mentre quelli legati sono flessivi. Quella che in fonologia è la
distinzione fra fonema e allofono. In morfologia è fra morfema e allomorfo. Esistono quindi varianti che
derivano dal contesto dei morfemi. Vedi per esempio l’utilizzo di i piuttosto che gli, di il piuttosto che lo o in
inglese -s (dopo le consonanti -k, -t, -p- f e -b, -g, -d -v, -l, -m, -n, -r e le vocali)41 o -es (dopo le consonanti
stridenti -s, -z, -ʃ, -tʃ, -dʒ) per formare il plurale.

Le lingue del mondo possono distinguersi secondo la loro tipologia morfologica. Secondo questo criterio
distinguiamo:
- Le lingue isolanti (segnaliamo il vietnamita). Le lingue di questa tipologia sono formate da un gran
numero di morfemi liberi che vengono combinati per creare le parole.
Es. andai – suonerebbe qualcosa come. Io andare prima.
Per questo motivo queste lingue si caratterizzano per avere un rigido ordine delle parole.
- Lingue agglutinanti (turco), in queste lingue le informazioni vengono fornite da più morfemi uniti
fra loro.
Es. kuŞlari. Dove -kus assegna il valore semantico alla parola (uccello), il morfema -lar indica il numero
plurale e la -i assegna alla parola il caso dativo.
- Lingue flessive o flessionali (italiano). Lingue dove uno stesso affisso può dare varie informazioni.
Es. amo. Dove la -o mi indica il numero, il genere e il modo.

41
In effetti a livello fonetico e morfologico c’è anche una differenza anche fra le consonanti sorde k,p,t,f dopo le quali
la desinenza plurale è -s e le consonanti sonore b,g,d,v,l,m,n,r, e vocali dopo le quali la s del plurale si pronuncia
sonora e quindi -z.
- Lingue incorporanti polisintetiche (lingue dei nativi americani), agli antipodi delle isolanti, dove si
uniscono molti morfemi a dare un significato diverso alla parola.
Es. Angyaghelangyngtuq
Lingue talmente particolari che vennero usate dagli americani per comunicare in codice durante la
Seconda guerra mondiale.

FLESSIONE, DERIVAZIONE E COMPOSIZIONE


La forma delle parole che troviamo sui vocabolari è chiamata lemma, i lemmi non sono forme flesse, sono
forme di citazione. Per esempio, convenzionalmente per l'italiano la forma di citazione del verbo è la forma
dell'infinito. Per quel che riguarda il verbo bisogna anche distinguere tra tema e radice, se ad un verbo
regolare come amare si toglie la desinenza flessiva -re resta -ama: il tema del verbo.
il tema Si può analizzare a sua volta come l’unione di una radice -am più una vocale tematica -a.
Le vocali tematiche dell'infinito italiano sono tre -a -e e -i, che corrispondono alla prima alla seconda e alla
terza coniugazione.
Da questo presupposto noi possiamo distinguere fra
- FLESSIONE.
Le forme flesse sono forme che esprimono oltre ad un significato lessicale anche uno o più significati
grammaticali. La flessione è realizzata tramite morfemi legati che si aggiungono a basi che necessitano
marchi grammaticali di qualche tipo. Le informazioni grammaticali, detto morfo-sintattiche, si distinguono
tramite diverse categorie: le categorie morfosintattiche. Tra queste ricordiamo il numero, genere, il caso, il
modo, il tempo, l'aspetto... ogni categoria morfosintattica ha dei possibili tratti morfosintattici, che sono
invece i valori che ogni categoria può assumere. Ad esempio, nella parola
Es. libr-o
-o esprime la categoria morfosintattica numero del nome la quale, in italiano42, ha due possibili tratti cioè il
plurale e il singolare.
I tratti che le varie categorie morfo-sintattiche possono assumere sono di due tipi:
- Inerenti
- Contestuali
I tratti inerenti sono quelli insiti nella parola. Tali tratti non vengono cambiati in alcun contesto (donna,
cane). I tratti contestuali invece sono legati la contesto sintattico in cui la parola viene a trovarsi. L’uomo
bell-o, la donna bell-a, gli uomini bell-i…
in italiano anche il verbo si può flettere e le categorie sono: il tempo, l'aspetto, il modo e la diatesi. A loro
volta queste categorie avranno dei tratti che in italiano nella categoria tempo ad esempio sono i tratti di
presente futuro...

- DERIVAZIONE

la derivazione raggruppa diversi processi e consta dell'aggiunta di una forma legata, affisso43, ad una forma
libera. Quando si mettono insieme più costituenti per formare una costruzione linguistica più complessa i
costituenti non sono sullo stesso piano; uno è, per così dire, più importante dell'altro, per esempio è quello
che attribuisce a tutta la costruzione la categoria lessicale, le proprietà e quindi la sua distribuzione. Le
categorie di arrivo in questi casi sono date dai suffissi, i quali, si dice, fungono da testa.
Es. fama  fam-oso
Veloce  veloc-izzare
Amministrare  amministra-zione
Ma non sempre il suffisso cambia la categoria della parola, in questi casi per esempio non cambia la
categoria ma comunque altre informazioni, altri tratti della parola base (animato/inanimato;

42
Specifichiamo in italiano dal momento che in altre lingue, vedi lo sloveno, presente il numero duale (volk lupo,
volkova due lupi). In altre lingue ancora possiamo trovare il triale, il paucale (di pochi), etc…
43
L’affisso se viene aggiunto a sinistra della parola prende il nome di prefisso, se aggiunto a destra di suffisso e se nel
mezzo della parola di infisso. L’affisso è un morfema legato con valore sintattico.
concreto/astratto). Per questo in questi esempi a fungere da testa sarà comunque il suffisso che ha
cambiato il tratto della parola base.
Es. giorn-o  Giorn-al-e  Giorn-al-ai-o
Bar  bar-ista
Magistrato  magistrat-ura
Infine, esistono i suffissi cosiddetti valutativi44 che non cambiano mai la categoria, né alcun tratto della
forma base, e per questo non fungeranno da testa, che sarà invece la base.
Es. tavolo tavol-ino
Libro libro-ne
Ragazzo ragazz-accio
Mentre la suffissazione, con le eccezioni viste, cambia quasi sempre la categoria della base e sempre i suoi
tratti sintattico semantici, la prefissazione non cambia le categorie della base (moglie ex moglie,
elegante inelegante). Dato che in una parola prefissata la testa è la base e non il prefisso e dato che in
una parola suffissata la testa è il suffisso si può dire che: in derivazione la testa si trova a destra.

- COMPOSIZIONE

La composizione consiste nell'unione di due forme libere, di due parole nella stragrande maggioranza dei
casi. Ciò che è peculiare della composizione è il fatto che le due parole che vengono combinate esprimono
una relazione grammaticale che è nascosta, non è fisicamente presente, ma che tuttavia è recuperabile.
Capo (della) stazione
pesce (a forma di) spada
divano (che è anche) letto
Le regole del composizione possono combinare diverse categorie lessicali ma l'uscita è di norma un nome,
come si vede qui di seguito:

N+N=N capostazione
A+N=N gentildonna
V+N=N portabagagli
P+N=N sottoscala
V+P=N buttafuori
V+V=N saliscendi

Con le eccezioni di A+A=A (agrodolce, grigioverde) e A(aggettivo di colore) +N= A (rosso mattone)
Possiamo distinguere i nomi composti in base al grado di unione
- Composti lessicalizzati (pomodoro)
- Composti stretti (portachiavi)
- Composti larghi (divano letto)
O per la testa
- Composti endocentrici (o a testa interna) (ferrovia; capostazione; pescecane)
- Composti esocentrici (o a testa esterna) (portachiavi*; pellerossa* )
- Dvandva (divano letto; cassapanca)

1) Partendo dalla prima distinzione i composti lessicalizzati sono parole molto antiche che hanno avuto
molta fortuna nella lingua d’uso, i composti stretti sono quei composti molto utilizzati ma non ancora
lessicalizzati mentre i composti larghi sono quelli di più recente nascita. La differenza fra i composti
stretti e quelli larghi è che quelli stretti si scrivono tutto insieme, ma non per questo quelli larghi non
sono da considerare una parola unica, infatti la definizione stessa di parola (un insieme di suoni con
significato ininterrompibile) me lo giustifica, non posso dire pesce grosso martello.

44
Chiamati a seconda della semantica vezzeggiativi, diminutivi, accrescitivi, alterativi…
2) Per quanto riguarda la seconda distinzione bisogna Innanzitutto dire che la testa è quella parte del
composto che risponde alla domanda è un...? la testa a questa domanda risponde sia con la categoria
lessicale (è un nome), sia per quel che riguarda la semantica (è un campo). Con esempio camposanto.

- Sulla testa dei composti


A partire da alcuni dati empirici ovvero gli esempi di
Pescecane
Camposanto
Gentiluomo
Terremoto
Scuolabus
in italiano45 sembrerebbe che la testa di un composto può essere sia a destra che a sinistra. Analizzando i
dati più da vicino, si noterà che i composti come
- gentiluomo presentano un ordine marcato, si dice normalmente un uomo gentile non un gentile
uomo, e non sono più produttivi in italiano.
- Per quelli come terremoto si constaterà facilmente che si tratta di composti di origine latina ed
infine
- per quelli come scuolabus si può facilmente vedere che si tratta di un calco dall'inglese.
Ne concluderemo pertanto che la regola sincronica produttiva per la formazione dei composti in
italiano contemporaneo genera composti con testa a sinistra come quelli come
- pescecane, camposanto

LA FORMAZIONE DEI PLURALI NEI COMPOSTI

- I composti lessicalizzati generalmente vengono considerati parole semplici che vengono


pluralizzate come tali  pomodoro; pomodori.
- I composti larghi generalmente pluralizzano la testa  pesce martello; pesci martello, vagone
letto, vagoni letto.
- La categoria più ambigua di solito resta quella dei composti stretti, la formazione del plurale
dipende dalla considerazione del parlante sul composto, il processo di lessicalizzazione, le parole
che compongono il composto e l’uso che se ne fa. Infatti, è corretto dire pescecane pescicani;
pescecani o pescecani.

ALTRI TIPI DI COMPOSTI


- I composti di semi parole sono a metà strada fra gli affissi e le parole. Per questo si chiamano
anche Affissoidi. Questi sono morfemi liberi, affissi, che però danno un significato semantico al
composto e godono un grado di autonomia più alto. Questo vuol dire che può spostarsi all'interno
della parola in modo più libero. Alcuni affissoidi o semi parole, sono -zione, che sarà sempre in
coda (operazione) e -in che sarà sempre in testa (inadatto), -fono può andare sia in testa (fonologia)
che in coda (telefono).
- I composti neoclassici formati da due forme legate di origine perlopiù greca o Latina
 Antropo-fago, dieto-logo.
- I composti incorporanti, che derivano da un sintagma costituito da un verbo seguito da un
complemento oggetto. Per esempio nella lingua nahuatl (lingua uto-azteca parlata in Messico).
 Per dire io mangio carne si usa ni-naca-qua, si forma così un verbo che potrebbe corrispondere
a
qualcosa come carnemangiare. Un processo non è estraneo all'inglese, che ha formazioni come
 to babysit e to horseride.

45
Vi sono Infatti lingue in cui la testa dei composti può essere identificata posizionalmente, per esempio in inglese si
dice che la testa è a destra come si può verificare degli esempi blackboard, overdose, rattlesnake, Honey sweet, Icy
Cold.
- I composti sintagmatici, un altro tipo di composto che si trova in inglese, si tratta di costruzioni più
sintattiche che morfologiche del tipo
 A pipe and slipper husband.
Che si tratti di composti più di matrice sintattica è suggerito dal fatto che nelle corrispondenti
costruzioni dell'italiano si può inserire materiale lessicale come
un marito pipa e pantofole; un marito tutto pipa e pantofole, un marito tutto casa, pipa e
pantofole...
- I composti reduplicati, si tratta di composti costituiti dalla stessa parola ripetuta ed hanno in genere
il significato intensivo o iterativo.
 picapica, correcorre…(esp)
Anche italiano vi sono occasionali composti questo tipo come
 lecca-lecca, fuggi fuggi.
- composti troncati, in russo ci sono composti che vengono formati per troncamento o del primo
costituente o di entrambi come si vede nell'esempio
 Zarabotnaja plata (guadagno pagamento) che diventa zar-plata (salario).
LA SINTASSI
Frase minima, periodo, sintagma e parola.

A partire da un testo questo può essere diviso in unità più piccole, fra queste distinguiamo fra:
frasi minime e periodi. La frase minima è sorretta da un solo verbo:
Giovanni ha incontrato Maria.
Con periodo46, invece, indichiamo un insieme di frasi minime unite:
Sono certo del fatto che Giovanni abbia incontrato Maria.
A sua volta ogni periodo è divisibile in costituenti ancora più piccoli: i sintagmi.
Il sintagma è l’unità base della sintassi, ovvero un costituente con cui vengono costruite le frasi. Un
sintagma può essere composto da una o più parole, le quali sono accomunate da una stessa funzione
sintattica, esse rappresentano una relazione grammatica all’interno della frase, come per esempio quella di
soggetto (vd. ‘Gianni’ nell’es. a seguire).
Es. Gianni incontrò suo padre per la strada.
Gianni47, sintagma nominale, NP
Incontrò, sintagma verbale, VP
Suo padre, sintagma nominale, NP
Per la strada, sintagma preposizionale, PP.

Il sintagma, a differenza della parola, ci fornisce informazioni sulla struttura interna del periodo e quindi su
come al suo interno le singole parole si relazionino per formare il periodo. Ciascun sintagma rappresenta un
blocco di informazioni.

Alberi sintagmatici

Gli alberi sintattici, o diagrammi ad alberi, hanno lo scopo di rappresentare come i sintagmi siano
gerarchicamente organizzati all’interno del periodo. A questo scopo è necessario ricordare la teoria di
Kayne della ramificazione binaria (binary branching). I sintagmi all’interno di una frase non ricoprono tutti
una stessa importanza e ruolo: per questo si parla di organizzazione gerarchica. A sostegno di questa teoria
abbiamo:
Il fatto che l’operazione di merging messa in atto dal bambino per comporre le prime frasi è un’operazione
intrinsecamente binaria

Test di costituenza.
Per capire quante e quali parole appartengono ad un sintagma esistono diversi test:
- Test del movimento o della frase scissa (è…che…), se voglio spostare un elemento per ragioni
pragmatiche48 il sintagma si muove tutto insieme.
Es. Gianni incontrò suo padre per la strada Per la strada Gianni incontrò suo padre.
*la strada Gianni incontrò suo padre per.

- Test della domanda, o della pronunciabilità in isolamento come risposta a una domanda di tipo
aperto o a costituente o a WH.
Es. Dove incontrò Gianni suo padre? Per la strada.

- Test della coordinabilità. Io posso coordinare con le congiunzioni e/o due sintagmi.
Es. Gianni e suo padre andarono per la strada. *Gianni e padre…

46
È da rimarcare comunque il fatto che con periodo si può anche indicare una frase minima (ma non viceversa).
47
Sono in grassetto le teste dei sintagmi.
48
Un esempio di ragione pragmatica per cui dovrei spostare un sintagma è voler enfatizzare una parola: io ho scritto la
lettera vs la lettera l’ho scritta io. (il focus sintattico ricade su ‘io’ che assume una posizione marcata.)
All’interno di una frase (S, sentence) abbiamo già appurato l’esistenza di costituenti chiamati sintagma. Fra
questi dobbiamo adesso distinguere fra sintagmi obbligatori e sintagmi facoltativi. Tra quelli obbligatori
sono da menzionare:
- Il soggetto49, generalmente svolto da un NP (Noun Phrase)
- E il predicato, che spesso coincide con un VP (Verbal Phrase)

(1.) NP VP

IL SINTAGMA VERBALE

Il sintagma verbale è composto dalla testa50 più i modificatori. I modificatori del sintagma sono le singole
parole che compongono il sintagma che modificano la testa. Possono essere:
- obbligatori  gli argomenti
- e opzionali gli aggiunti51

Il soggetto è una definizione sintattica, ma qui parliamo di soggetto sintattico, il quale non è ‘colui che
compie l’azione’ bensì è ciò di cui si parla. La struttura tematica determina la relazione semantica tra il
predicato e gli argomenti. Da queste premessa e come anticipato, distinguiamo fra:

- Soggetto paziente, il soggetto che subisce l’azione e ne rimane modificato, cambia nella sua
essenza.
Es. i romani distrussero Cartagine  Cartagine cambia nella sua essenza.

- Parliamo invece di tema quando il punto d’arrivo dell’azione non la subisce nel vero senso della
parola,
es. Gianni ha visto Maria.  Maria non viene minimamente modificata dall’essere vista da Gianni.

Analogamente parliamo di:


- Soggetto agente, per indicare l’entità che volontariamente dà inizio all’azione espressa dal
predicato.
Es. i romani distrussero Cartaginei romani lo fanno volontariamente.
- Esperiente, per riferirci all’entità che esperimenta uno stato fisico o psicologico espresso dal
predicato.
Es. Gianni ha visto Maria.  Gianni, non è cieco e si ritrova nella condizione di vedere
Maria.

Ci sono dei casi in cui è importante distinguere se chi dà inizio all’azione e chi rappresenta la fine
dell’azione è un paziente o un tema. Però certe volte non è importante né facile comprendere la distinzione
Es. Gianni ha comprato un libro.
Gianni ha chiuso la porta.

49
La presenza del soggetto obbligatoria è un principio della Grammatica Universale, tutte le frasi, anche
quelle di lingue a soggetto nullo (vd. Ita ‘incontrò il suo amico a scuola’) hanno un soggetto, pur anche se
inespresso direttamente. Il quale indicheremo con ‘pro’, negli alberi sintattici.
50
Ogni sintagma ha una testa, ovvero una parola più importante che assegna la categoria e tutte le proprietà
al sintagma.
Quello che ci interessa realmente è capire chi ha dato inizio all’azione e chi rappresenta il punto d’arrivo
dell’azione espressa dal verbo; parliamo di argomento esterno (per quelli che danno inizio all’azione ) e
argomento interno (per quelli che rappresentano il punto d’arrivo dell’azione).
La struttura di un sintagma verbale
La struttura del sintagma verbale deve essere asimmetrica. Il VP è composto da Testa+ argomento/i (+
aggiunti). Il numero degli argomenti dipende dalla transitività del verbo.

(1) Es. Gianni mangia la mela.


VP * specificatore/ specifier (posizione occupata
NP V’ dall’ argomento esterno: Gianni) Complemento/
Gianni complement (posizione occupata dall’argomento
V NP interno: la mela).
mangia la mela

Ma non tutti i verbi sono transitivi come nell’esempio.

- Verbi senza nessun argomento, verbi impersonali o zero argomentali.


Es. piove.

VP
V’

V Ø
piove

- Verbi intransitivi o mono argomentali.


Es. Maria cammina.
VP

NP V’
Maria
V Ø
cammina
Non tutti i verbi intransitivi sono però di questo tipo. Esistono infatti verbi come morire, nascere,
invecchiare...dove il verbo è sì mono argomentale, ma il soggetto non si configura come agente bensì
come paziente.

Es. Maria52 è ingrassata.

VP

Ø V’

V NP
È ingrassata Maria

Per capire se i verbi si comportano in uno o l’altro modo. L’argomento interno è proprio di quei verbi
intransitivi che utilizzano l’ausiliare perfettivo essere (verbi inergativi). L’argomento esterno è proprio di
quei verbi intransitivi che utilizzano l’ausiliare perfettivo avere (verbi inaccusativi).

52
Maria è soggetto paziente.
- Verbi transitivi o bi argomentali, quando abbiamo un sintagma verbale, con un verbo
obbligatoriamente transitivo (Gianni rompe un bicchiere; Gianni mangia la mela). Un verbo
transitivo ha obbligatoriamente due argomenti53, tra questi bisogna capire quale sia più
strettamente legato al verbo. (o meglio in base ai dati empirici che mi giustificano questa tesi è nata
la teoria della ramificazione binaria). Noi sappiamo che è l’argomento interno (o soggetto paziente)
ad essere più strettamente legato al verbo, per dimostrarlo abbiamo due ordini di dati.
o L’acquisizione di l1. Partendo dal presupposto che l’operazione di assemblaggio delle
parole, che Chomsky chiama merging, è un’operazione intrinsecamente binaria, il bambino,
così come l’adulto prende due oggetti linguistici e li unisce. Prendendo una lingua non a
soggetto nullo come l’inglese (perché se ne prendessimo una come l’italiano l’operazione
diventerebbe banale) vediamo come il bambino per esprimere la frase ‘baby wants milk’
direbbe ‘want milk’ quasi nella totalità dei casi.
o Il secondo ordine di dati sono le frasi idiomatiche, le quali sono molto interessanti perché
esistono in tutte le lingue e danno una lettura particolare del verbo in relazione al soggetto
interno. (Gianni tira un sasso) Gianni, agente, prende un sasso, paziente, e lo scaglia da
qualche parte.) Gianni tira le cuoia.) in questo caso Gianni non è più un soggetto agente,
ma paziente, subisce l’azione in maniera involontaria (morire, nascere, invecchiare,
ingrassare). Eppure, il verbo non è cambiato, non è lui la causa di questa modifica nel ruolo
tematico al soggetto esterno. Lo è questo costituente fra verbo e argomento interno.

Es. (1) Gianni mangia la mela.

- Esistono inoltre verbi tri argomentali. Per esempio ‘ho messo la borsa’ non ha molto senza se non
indico il dove. Sono dei casi particolari.
Es. ho messo la borsa sul tavolo.
VP

NP V’ PP
Pro (io) Sul tavolo
V’
V NP
Ho messo la borsa

La transitività è un principio che si può applicare anche ad altre categorie lessicali, oltre il verbo:
- Le preposizioni, basti considerare due sintagmi preposizionali come
Es. the book is on the table.
The movie is over.
Nel primo esempio devo necessariamente associare la preposizione ad un altro NP, quale ‘the table’ a
differenza del secondo che invece può reggersi da solo.
Lo stesso vale per i nomi :
IL SINTAGMA NOMINALE.

53
La teoria della ramificazione binaria non mi permette di disegnare una struttura simmetrica fra verbo e i due
argomenti questa infatti stabilisce che un ramo può unire solo due elementi alla volta
GLI AGGIUNTI
Gli aggiunti servono per inserire tutti gli altri complementi, che possono essere in linea teorica illimitati.
Es. Maria cammina per la strada.
VP

NP V’ PP
Maria Per la strada *per rappresentare gli aggiunti nel diagramma ad
V’
albero, questo va inserito come duplicazione del
V Ø nodo intermedio, il livello v’.
cammina

Come detto l’unico limite al numero di aggiunti è di natura pragmatica:


es. Gianni incontrò suo padre alle 5 in piazza di venerdì.
VP
NP V’ PP
Gianni di venerdì
V’ PP
In piazza
V’ PP
Alle 5
V’
V NP
Incontrò suo padre
di venerdì

Gli aggiunti saranno posizionati a destra o a sinsistra del nodo duplicato (che può essere N’,V’…) a seconda
di dove si trova nella frase: N’ (N+Complemento) + aggiunto
- N’ + aggiunto  l’aggiunto sarà a destra
- Aggiunto + N’  l’aggiunto sarà a sinistra the destruction/ of Carthage/ in ancient times/.

SINTAGMA PREPOSIZIONALE
La transitività è un principio che si può applicare anche ad altre categorie lessicali, oltre il verbo:
- Le preposizioni, basti considerare due sintagmi preposizionali come
Es. the book is on the table.
The movie is over.
Nel primo esempio devo necessariamente associare la preposizione ad un altro NP, quale ‘the table’ a
differenza del secondo che invece può reggersi da solo.

La struttura del sintagma preposizionale


Es. The book is on the table. The movie is over.
IL SINTAGMA NOMINALE
Un sintagma nominale è un sintagma dove il ruolo di testa è svolto da un sostantivo, un nome.
Questi sintagmi hanno tutti una stessa struttura base che è (NP> N’ > N):
- Per i sintagmi nominali formati solo dalla testa sarà
es. Gianni.  solo testa

NP

N’

N
Gianni

- Per i sintagmi formati da la testa (N)+ Determinante (DP).


Es. la macchina

NP

DP N’
la
N
Macchina

dal momento che La transitività è un principio che si può applicare anche ad altre categorie lessicali, oltre il
verbo:
nel caso dei nomi, la maggior parte sono intransitivi: tavolo, albero, Gianni. Comunque,
considerando i sostantivi verbali, che derivano da verbi transitivi, questi conservano la loro transitività.
- Per questo tipo di sintagmi formati da DP + N + Complemento

Es. the Romans destroyed Carthage in ancient times.


the Romans' destruction of Carthage in ancient times.

La relazione semantica e tematica esistente fra il verbo destroy e il sintagma nominale Carthage coincide
perfettamente con la relazione esistente fra il nome destruction e il sintagma nominale Carthage.
- Carthage in entrambi i casi si qualifica Infatti come paziente dell'azione espressa da Destroy,
Destruction, E dal momento che Carthage è l'argomento interno del verbo transitivo destroy allo
stesso modo è l'argomento interno del nome transitivo Destruction.
- Questo stesso ragionamento si può applicare al Nominal Phrase ‘ the Romans’ che in entrambi glie
esempi si qualificano come agente dell'azione espressa dal verbo Destroy Destruction e per questo
rappresentano l'argomento esterno sia del verbo che del nome.

Quindi il diagramma ad albero di un sintagma nominale di un sostantivo transitivo sarà del tipo:
Nella posizione di specificatore si posizionano tutti i modificatori che si trovano
NP prima della testa, chiamati anche determinanti (DP) (possessivi, dimostrativi,
quantificativi…). nella posizione N si posiziona la testa e infine nella posizione
DP N
di Complemento, l’argomento interno di quello che sarebbe il sintagma verbale
Specificatore
N … del verbo a cui fa riferimento il sostantivo verbale transitivo.
Complemento
Es. di VP  The romans destroyed Carthage in ancient times.

VP

NP V’ PP

DP N P N
The romans V’ in (ancient) times

V N
Destroyed Carthage

Es. di NP  The romans’ destruction of Carthage in ancient times.


NP

NP N’ PP

DP N P N
The romans’ N’ in (ancient) times

N PP
destruction
P N
of Carthage.

IL SINTAGMA AGGETTIVALI
La testa di questi sintagmi è rappresentata da un aggettivo.

La struttura di un sintagma aggettivale


AP

(SPEC.) A’

A’ (AGGIUNTO)

A (COMPL.)

Parlando di transitività degli aggettivi, questi sono per la maggior parte intransitivi. Però esistono
comunque degli aggettivi transitivi: consideriamo l'aggettivo ‘invidioso’.
Es. Gianni (è) invidioso di suo fratello.

AP
+ Il verbo essere nella forma ‘è’ non è rappresentato perché
NP A’
non fa parte del sintagma aggettivale.
Gianni
A PP + l'aggettivo è accompagnato da un argomento interno che si
invidioso trova in posizione di complemento ed è espresso da un
P N sintagma preposizionale introdotto da ‘di’.
Di Piero

nel caso degli aggettivi intransitivi la posizione di Complemento rimane vuota:


es. la borsa (è) rossa.

AP
la posizione di specificatore è
NP A’ piena quando l'aggettivo è
predicato aggettivale*.
DP N A Ø
La borsa rossa

*l'aggettivo può avere funzione


- predicativa
- attributiva.
È predicativa quando non lo posso eliminare perché esprime il predicato
Es. La borsa è rossa.
È attributiva quando lo posso eliminare
Es. Maria compra una borsa rossa.

Quando ha funzione attributiva l’aggettivo ha la seguente struttura


The tall boy.

NP

DP N’
the
AP N’

A’ N
boy
A
Tall

TEORIA X-BARRA

Per le quattro categorie più importanti abbiamo individuato delle strutture dei sintagmi, che sono
equivalenti che consta di tre livelli di proiezione, conseguenza della struttura gerarchica degli elementi che
compongono il sintagma. Per questo possiamo riunire i quattro casi sotto un’unica regola, chiamata ‘teoria
x-barra’ :

XP

Spec X’

(Adj) X’

X’ (Adj)

X Compl

X + Complemento = X’ aggiunto + X’ = X’
Specificatore + X’ = XP X’ + aggiunto = X’
MOVIMENTO

Quella del movimento è un'altra teoria sintattica per la quale noi possiamo prendere un pezzo dell'albero e
spostarlo in un'altra posizione. Ovviamente questo movimento non può essere realizzato per qualsiasi
elemento e qualsiasi posizione. Di seguito le regole da seguire per muovere gli elementi di una frase:
- possiamo muovere solo una testa o una proiezione massima (XP) ma mai una proiezione
intermedia (X’).
- Le teste vengono sempre spostate in posizione di testa, i sintagmi sempre in posizione di
specificatore o aggiunto. Ogni elemento si può muovere solo in una posizione appropriata ad
ospitarla, questa si chiama principio di conservazione della struttura.
- noi non possiamo muovere un elemento in una posizione che è già occupata da un altro elemento
o da un elemento che è stato spostato e quindi cancellato.*
- il movimento si realizza sempre dal basso verso l'altro, parlando di alberi.
- il movimento si realizza sempre verso la posizione più vicina appropriata. Questo si chiama
principio di località.

*a livello pratico per realizzare un movimento questo consta di tre passaggi, prima noi copiamo il
costituente e lo spostiamo in un'altra posizione e in fine cancelliamo la copia originale.

DI NUOVO SULLA STRUTTURA DELLA FRASE

Alla luce di quanto detto fin ora ci rendiamo conto che la struttura di frase così come pensata in (1. Pag 20.)
non è sufficiente. S

(1.) NP VP

Ci rendiamo infatti subito conto del fatto che il soggetto di frase , indicato in (1.) come NP è parte della
struttura argomentale del VP, e non è scisso da questo come erroneamente suggerito in (1.).

Consideriamo una frase che abbia un verbo composto invece che semplice:
(2.) es. Jhon will drink a beer.

In una frase come questa sembrerebbe non esserci posto per l’ausiliare54 ‘will’ in una struttura del tipo (1.).
Es. (2.)
TP

NP T’
Jhon
T VP
will
NP V’
Jhon
V NP
Drink a beer

54
Gli ausiliari non rappresentano un contenuto semantico, né un’ azione, uno stato... Gli ausiliari non hanno una
struttura argomentale tanto che la presenza degli ausiliari in una frase non modifica il numero di argomenti del verbo.
Es. Paul drank a beer.
Paul has drunk a beer.
gli ausiliari forniscono in particolare due tipi di informazioni: il tempo e l'accordo.
Con il tempo intendiamo la relazione fra il tempo e l'evento espresso dal predicato ( presente, passato, futuro).
Con accordo invece la relazione fra il soggetto e il predicato che devono essere della stessa persona e numero.
Per queste ragioni possiamo dire che una frase non è altro che la massimo proiezione (TP) della flessione
(T).
S=TP
Struttura del TP (e quindi della frase)

TP

NP T’
Specificatore
T VP

NP V’
Argomento esterno
V NP
Argomento interno

Nel caso in cui in una frase abbiamo un verbo semplice, questo non vuol dire che la flessione non ci sia,
bensì che la forma verbale sia già flessa in se. In un caso simile noi scriviamo:
es. Jhon drank a beer.

TP

NP T’
Jhon
T55 VP
drank
NP V’
Jhon
V NP
drank a beer

frasi complesse.
Fin adesso abbiamo analizzato frasi semplici, ma noi sappiamo che esistono anche frasi complesse.
Partendo dalle subordinate noi ci renderemo conto di come la frase principale prenderà la posizione di
specificatore mentre la frase subordinata quella di complemento, argomento interno.
es. Paul knows that Mary ate an apple.

[that mary ate an apple] potrebbe benissimo essere sostituito da un NP, vd. Pauk knows [the truth.]
La frase subordinata è tipicamente introdotta da una congiunzione, spesso ‘che’ (‘that’). Il ‘che’ mette in
relazione due frasi, una delle quali sceglie l'altra come suo argomento, questo significa che la congiunzione
rende una frase complemento di un'altra. Ed è questa la ragione per cui noi chiameremo la congiunzione
complementatore, o C. Non resta che capire quale posizione occuperà il ‘che’ (‘that’).
Una subordinata non è altro che la massima proiezione della testa C. il complementatore può essere
analizzato come la testa di questo sintagma, essendo l'elemento cruciale che rende una frase indipendente
subordinata ad un’ altra. Di conseguenza una frase subordinata sarà chiamata sintagma complementatore,
CP.
Il complementatore in questa sua operazione specifica la modalità della frase che introduce ossia che tipo
di frase è: dichiarativa, interrogativa, temporale, causale…

55
Inizialmente si preferiva scrivere sotto T [tense and agreement] ma con l’avvento della lexicalist hypotesis, per cui
l’uomo registra ogni forma flessa come parola a sé e non come unione di una radice + una desinenza, si preferisce
muovere tutto il verbo.
La struttura del sintagma complementatore, CP
CP

Specifier (wh-) C’ C+ Complement = C’

C (che/se) complement Specifier + C’ = CP

Es. Paul knows that Mary ate an apple.

Paul
Knows
Paul
knows
Ø

that
Mary
ate

Mary
ate An apple
Categorie lessicali e funzionali

fra le categorie viste finora Bisogna fare una differenziazione:


a. da una parte troviamo il sintagma nominale (NP), verbale (VP), aggettivale(AP) e
preposizionale (PP).
b. dall'altra il sintagma flessionale (TP) e il sintagma complementatore (CP).

Le categorie comprese in (a.) sono caratterizzate da: un significato semantico, proprietà denotative, una
struttura tematica e una struttura argomentale, la loro testa è sempre foneticamente espressa e sono classi
aperte. A differenza del sintagma in (b.) i quali non vantano queste proprietà.

Per queste differenze useremo termini diversi per riferirci alle categorie in a.  CATEGORIE LESSICALI
E le categorie in b.  CATEGORIE FUNZIONALI
Fra le categorie lessicali troviamo inoltre:
GLI AVVERBI
Gli avverbi è vero che da una parte:
- Hanno un loro significato semantico, proprietà denotative, la loro testa è sempre espressa.
- Ma è anche vero che non hanno una struttura argomentale e tematica.
Gli avverbi sono sempre aggiunti e la loro struttura è:
Es. molto lentamente.
AdvP AdvP

(Adv’) Adv’

(AdvP) Adv’ AdvP Adv’


molto
Adv Adv
Lentamente
I DETERMINANTI
Articoli, possessivi, dimostrativi…

All’interno delle categorie funzionali troviamo invece i determinanti. Li posizioniamo all’interno di questa
categoria dal momento che sono una classe chiusa, la testa può rimanere inespressa, non hanno proprietà
denotative né un significato semantico. Come detto la loro funziona è sintattica e non semantica. I
determinanti apportano le informazioni di determinatezza e di specificità.

Struttura dei determinanti


Fin adesso abbiamo analizzato e considerato i DP come specificatore di un NP, ma con la così chiamata DP-
hypotesis (Abney, 1987) ci rendiamo conto che è il determinante a svolgere il ruolo sintattico principale.
D’accordo con questa teoria il determinante non è più lo specificatore di NP ma piuttosto ogni espressione
nominale deriva dal DP, e in quanto tale si configura come complemento della testa D:

D+ Complemento (NP)  D’ DP
Specificatore + D’ DP
Specificatore D’

D Complemento (NP)
56
Jhon’s book il libro

In questo modo il DP rappresenta la proiezione estesa dell’NP, proprio come il TP lo è per il VP. Questo ci
suggerisce come tanto l’NP come il VP, gli elementi principali di una frase, abbiano una proiezione sintattica
(rispettivamente DP e TP) oltre quella semantica (NP e VP stessi.)

Questo tipo di struttura inoltre ci viene in aiuto in casi del tipo:


es. il mio libro.
Non sarebbe stato possibile inserire il determinante ‘il’, all’interno della struttura dell’NP.
N (libro)+ Ø  N’
N’ + DP (mio)  NP

56
Il genitivo sassone, proprio dell’inglese, è uno dei pochi casi che riempie la posizione di specificatore di DP
L’articolo ‘il’ non avrebbe posizione all’interno di uno schema così redatto perché non è argomento
dell’ NP, ma apporta solo informazioni sintattiche, per questo e per quanto detto in precedenza la struttura
sarà:

DP

D’

D NP
Il
D N’
mio
N
Libro

I pronomi personali (io, tu, lui, lei, noi, voi, essi) sono considerati DP.Il soggetto di frase, in italiano57, può
rimanere inespresso, in questi casi però non vuol dire che la sua posizione rimanga vuota, bensì viene
occupata da PRO, che sta per pronome.
LE FRASI PASSIVE
Vediamo il movimento di NP in una frase passiva.
Es. la porta fu aperta da Gianni.
È interessante come ‘Gianni’, che nella
TP versione attiva della frase sarebbe
soggetto di frase (argomento esterno),
NP T’ nella sua forma passiva si riduca ad
La porta aggiunto senza alcuna rilevanza sintattica
T VP e di come invece sia ‘la porta’ ad
fu occupare la sua posizione in quanto è
Ø V’ l’unico argomento (e quindi l’unico
elemento appropriato) a riempire la
V’ PP posizione di soggetto (specificatore di TP)
Da Gianni. che deve sempre essere piena secondo il
V NP principio di proiezione estesa (EPP).
Aperta la porta

La forma passiva priva il verbo della capacità di assegnare il complemento oggetto, la passivazione
detransitivizza il verbo attivo, l'oggetto del verbo è quindi costretto a muoversi allo specificatore di
TP.
La caratteristica fondamentale del verbo passivo è quella di non avere argomento esterno,
nelle frasi passive l'agente è omesso o realizzato come aggiunto a destra del verbo.

LE FRASI INTERROGATIVE
Esistono due tipi di frasi interrogative:
- Dirette, che possono essere:
 Le domande a risposta aperta (wh-questions)
 Le domande a risposta chiusa (yes/no questions)
o Le domande ad eco.
- Indirette

57
Essendo l’italiano una lingua a soggetto nullo.
Struttura interrogativa diretta a risposta aperta
Per prima cosa è sempre utile rispondere alla domanda per individuare dove viene generato il costituente:
es. Dove hai comprato il libro?
*ho comprato il libro a Urbino. ‘ a Urbino’ sarebbe aggiunto di V, e così ‘dove’.

CP

WHP C’
Dove
Ø TP

Pro T’

T VP
hai
Pro V’

V’ WHP
Dove
V NP
Comprato il libro

Cosa succede quando interrogo il soggetto?


Es. chi è venuto alla festa?

CP WHP nasce argomento interno di venire e per


questo farà due movimenti per arrivare a
WHP C’
Specificatore di CP, perché è anche soggetto di
Chi
Ø TP frase e quindi specificatore di TP.

WHP T’
Chi
T VP
è
Ø V’ PP
Alla festa
V’

V WHP
Venuto chi
Struttura delle domande ad eco
Le domande ad eco vengono usate per esprimere stupore, non sono vere domande, sono più che altro
retoriche legate allo scambio dialogico. A differenza di quelle appena viste il complemento wh non si
sposta.
Es. hai comprato cosa?

TP

Pro T’

T VP
hai
Pro V’

V WHP
Comprato cosa

Struttura della domanda diretta a risposta chiusa (si/no)


In italiano, essendo la domanda espressa attraverso il tono, che è un fattore soprasegmentale che non
influisce sulla sintassi, questo tipo di frasi si rappresentano come quelle affermative.
Es. hai comprato un libro?

TP

Pro T’

T VP
Hai
Pro V’

V NP
Comprato un libro

Struttura delle interrogative indirette


Possono essere di due tipi.
- Ho chiesto se il treno è arrivato.
- Ho chiesto quando il treno è arrivato.
Nel primo caso ‘se’ è un complementatore che segnala la modalità della frase perciò prenderà la posizione
di C.


CP

Ø C’

C …
se
al contrario nel secondo caso il ‘quando’ prende la posizione di specificatore di CP.


CP

WHP C’
quando
C …
Ø

Struttura interrogative agrammaticali a due variabili


Es. cosa hai chiesto chi ha comprato?
In questa frase il fatto di avere due variabili WHP inizialmente generate all’interno della stessa frase non
può avvenire avendo una sola posizione in specificatore di CP. Per risolvere questo tipo di frase, nell’albero
rappresentiamo tutti e due i WHP come aggiunti e poi in posizione di specificatore di CP ci mettiamo il WHP
più esterno.
Oltre a queste frasi ovviamente ci sono quelle grammaticali a due variabili, per cui ogni variabile è
specificatore di CP di una frase diversa.
Es. perché hai chiesto chi è stato licenziato?
E frasi ambigue.
Es. perché pensi che piero sia stato licenziato?
Dove il WHP ‘perché’ può essere considerato aggiunto tanto di ‘pensi’ che di ‘sia stato’.
BILINGUISMO E CODE SWITCHING
Di solito per bilingue si intende un individuo che vanta un'ottima competenza di due lingue. Esistono diversi
gradi di bilinguismo a seconda dei criteri considerati.
Secondo il criterio dell'età distinguiamo fra:
- bilinguismo simultaneo, che si sviluppa fin dalla nascita.
- bilinguismo successivo o sequenziale se il secondo input si integra successivamente.
A sua volta il bilinguismo successivo si divide fra
 bilinguismo preococe (se la seconda lingua si inserisce nel periodo che fa
dall'infanzia all'età critica58)
 bilinguismo tardivo (dopo i 12 anni).
Criterio della fluenza secondo cui distinguiamo fra :
- bilinguismo bilanciato, per cui le due lingue hanno uno stesso livello di competenza.
- bilinguismo sbilanciati, se una delle due lingue è dominante rispetto all'altra.

Criterio per prestigio.


- bilinguismo elitario quando la seconda lingua viene incoraggiata. Metodo OPOL (one parent one
language)
- bilinguismo popolare, quando invece la lingua viene imparata per necessità /sopravvivenza.

Si parla invece di DIGLOSSIA e non di bilinguismo (il quale considera i due repertori linguistici prestigiosi allo
stesso modo) quando uno dei due registri lessicali del parlante viene considerato inferiore (italiano-
dialetto) e che viene utilizzato in funzione del contesto a differenza del bilinguismo.

Nel 1978 Volterra e Taeschner elaborano un’ipotesi, l’ipotesi del sistema unico, secondo la quale lo
sviluppo del bilinguismo avverrebbe attraverso 3 fasi:
- una prima fase durante la quale il parlante possiede un unico lessico che contiene parole di
entrambe le lingue senza relativi corrispondenti.
- Una seconda fase durante la quale si vengono a creare degli equivalenti per ogni parola ma
mantenendo un’unica grammatica.
- Una terza fase durante la quale anche la grammatica si differenza a seconda della lingua.
In contrasto con questa ipotesi si trova Guasti e la sua ipotesi dei due sistemi secondo la quale il bambino
separerebbe fin da subito le due grammatiche.

Prestiti linguistici
i prestiti possono essere
- Stabili, quando una parola entra in una lingua e ci rimane (vd. Sport, bar, computer, mouse…) fra i
prestiti stabili distinguiamo fra
 Prestiti di necessità, ovvero quelle parole di una lingua che esprimono un
concetto o un oggetto che non esiste in un’altra e per questo viene
adottata così come è. (vd. Kiwi, mango…)59
 Prestiti di lusso, quando il corrispettivo per indicare tale oggetto/concetto
in una lingua c’è, ma per una ragione o un’altra si preferisce utilizzarlo in
un’altra lingua (vd. Week-end, performance…)

- Il transfert invece è un altro fenomeno che consiste nell’interferenza fra due lingue: la trasposizione
di una parola di L1 in L2, che è indice dell’influenza che L1 ha su L2 sia da un punto di vista lessicale
che strutturale.

58
Con età critica si intende un periodo della vita durante il quale l'individuo si trovi in un momento ottimale per
acquisire la lingua. Ma bisogna riconoscere che concretamente per ogni competenza esiste un momento ottimale che
si colloca in periodi diversi. (primo fra tutti è la competenza fonologica intorno ai 7 anni).
59
Il kiwi, originario della Nuova Zelanda e il mango del sud America, mantennero il loro nome di origine una volta
importati.
Code switching
Con questo termine si definisce l’alternanza di codici, ovvero la realizzazione di una conversazione in parte
in una lingua e in parte in un’altra. Distinguiamo fra:
- Code switching interfrasale: nel caso in cui per esempio un parlante parla in una lingua e l’altro
risponde in un’altra oppure quando lo stesso parlante alterna una frase in una lingua e un’altra in
un’altra.
Es. ayer fui al supermercado. I bought some apples.
- Code switching intrafrasale: quando all’interno di una stessa frase il parlante alterna parole di una
lingue con altre dell’altra.
Es. el chico està reading the book.

Secondo l’ipotesi di partenza sul code switching, (null hypotesis, Chan) non esisterebbe una terza
grammatica propria del code switching ma nell’espressione il parlante farebbe ricorso ai parametri della
lingua in uso, ed è per questo per esempio che non è possibile il code switching fra due lingue di ordine
delle parole diverse.

Del code switching Gumperz identifica 6 ragioni di utilizzo:


- Specificazione del destinatario
Es. per rivolgersi solo alle persone di una data lingua all’interno di un gruppo si parla in
quella lingua.
- Citazione
Es. he said ‘ con amor’.
- Interiezione
Es. le interiezioni di solito si fanno nella propria lingua madre. Es. oddio, what are you
doing?
- La qualificazione del messaggio
Es. she needs things for the college. Toallas, una lampa y mantas.
- Personalizzazione del messaggio, we code vs they code.
- Reiterazione
Es. no lo necesito. I don’t need it.

Teorie del code switching


Secondo una teoria della Myers Scotton nel code switching una delle due lingue dà l’ordine delle parole (la
matrix language) mentre l’altra apporta solo contenuto lessicale (embedded language). Secondo il free
morpheme costraint non si può switchare sotto il livello di parola e invece secondo la borrowing hypotesis
(McSwan) non esistono regole specifiche del code switching ma è uguale al codice mono lingua con la
differenza che si attingono le parole da due lessici.
Infine, c’è da distingue fra un code switching individuale e sociale (alto adige, spanglish…)

Più in dettaglio
1) Poplack ‘free morpheme costraint’ secondo cui la commutazione di codici è una forma di
interazione bilingue e il tipo di alternanza intrafrasale non è distribuito in modo casuale ma avviene
in determinati punti, dove le strutture delle due lingue coincidono.
2) Myers-Scotton, ‘Matrix Language Framework’, questo modello fa una distinzione fra lingua
dominante (matrix language) la quale assegna l’ordine delle parole e lingua incassata (embadded
language) la quale apporta solo materiale lessicale, detto alien.
3) Poplack e Meechan, ‘borrowing hypothesis’ sostengono che tutti i casi di inserimento di una parola
all’interno di una frase in un’altra lingua dovrebbero essere analizzati come prestiti temporanei.
4) Minimalist program, fra cui ‘null hypothesis’ di Mc Swan, secondo cui non esistono regole proprie
del code switching , una terza grammatica, ma sono le stesse regole di un codice monolingua con la
differenza che il materiale lessicale viene attinto da due diversi registri.

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