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La fonologia della lingua italiana indica in che modo si combinano i fonemi nella lingua
italiana. Il modo in cui si combinano gli allofoni pi propriamente detto tassofonica. Per le
trascrizioni oggi si usa di solito l'alfabeto fonetico internazionale (IPA).
Indice
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1 Note
2 Trascrizione fonetica (stretta e larga) e trascrizione fonemica
3 Varianti libere e variet locali
4 Bibliografia
5 Voci correlate
6 Collegamenti esterni
Consonanti
IPA
Esempi
pp o p
bb o b
babbo, fabbro
tt o t
fatto, attraverso
Vocali
IPA
alto, padre,
sar
edicola, pera,
perch
elica, membro,
c'
imposta, prima,
colibr
ombra, come,
posso
otto, posso,
com
ultimo, pure,
caucci
dd o d
cadde, addirittura
Dittonghi
IPA
ai
Esempi
avrai,
Giamaica
Esempi
dei
(preposizione),
quei
andrei, sei
oi
noi, voivoda
suoi, poi
kk o k
peccato, piccolo
au
pausa, rauco
eu
Europa,
feudale
aggredire
u
ermeneutico,
reuma
ja
piano, chiarore
je
ateniese,
pensieroso
f
f o f
vv o v
ieri, siepe
jo
fiore, secchio
ss o s
pioggia, ionico
asma, sbavare
ju
pi, iucca
wa guado, quando
we quello,
mm o m
nn o n
gnomo, gnocco
guerreggiare
w guerra, gueffa
wi
qui, acquitrino
wo
vuotare,
quotidiano
ll o l
gli, glielo
rr o r
Altri simboli
IPA
Spiegazione
Esempi
primo [pri.mo]
Accento secondario
mangiatoia [man.da.
to.ja]
Separatore di sillabe
chiamata [kja.ma.ta]
andare [an.da.re]
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Note
Una sillaba contiene sempre o una sola vocale (lunga o breve) o un dittongo: se nella
grafia due vocali che non formano dittongo si toccano, esse apparterranno a due
sillabe diverse (paese [pa.'e.ze]).
Vengono di solito (ma non sempre) considerati dittonghi anche i nessi formati da una
consonante approssimante e una vocale, come /w, j/: (uomo [w.mo], ieri
[j.ri]).
Esistono due possibili trascrizioni che usano l'alfabeto fonetico internazionale: si tratta
rispettivamente della trascrizione fonetica e di quella fonemica (o fonematica o fonologica).
La prima si basa sulla rappresentazione dell'elemento fisico-acustico e pu essere stretta o
larga a seconda del numero di parametri fonetici considerati; la seconda si basa sull'elemento
psicologico della pertinenza linguistica. In termini pi semplici, la trascrizione fonetica
trascrive i foni, segnandone ogni caratteristica e non tralasciando nessuna variante di
pronuncia; la trascrizione fonemica trascrive i fonemi, cio solo quei foni che hanno
pertinenza in base alla lingua di appartenenza: in caso di varianti combinatorie, quindi, non
viene segnata alcuna differenza. Le differenze sono:
In caso di trascrizione fonetica (sia stretta che larga), si usa racchiudere i segni tra
parentesi quadre [...] (talvolta la trascrizione fonetica stretta posta tra doppie
parentesi quadre [[...]]); in caso di trascrizione fonemica, si racchiudono i segni tra
parentesi oblique /.../ (in sede di fonetica, la grafia, cio l'ortografia, viene racchiusa
tra parentesi angolari <...>).
Molte delle note segnalate nel paragrafo precedente^ non vengono segnate in caso di
trascrizione fonemica, perch non hanno pertinenza fonologica in italiano: in altre
parole sono indicazioni che non necessario segnare perch, a patto ovviamente di
conoscere la corretta pronuncia in italiano, quelle realizzazioni saranno obbligatorie e
la loro variazione non dar luogo a differenze di significato; per esempio: i foni che
costituiscono varianti combinatorie (cio determinate dal contesto) del fonema /n/ non
vengono usati, in quanto la velarizzazione o labializzazione della <n> obbligata
dalla consonante successiva, e sar quindi sufficiente scrivere /in.ve.e/ e /
Abbiamo introdotto il concetto di variante: si dice variante combinatoria una variante che
determinata da un dato contesto, mentre la variante libera non lo . In italiano le varianti
libere possono essere variazioni individuali, come quella detta della "erre moscia", nella
quale il fonema /r/ pu essere realizzato mediante diversi foni detti allofoni (vedi sotto la
relativa voce). Esistono inoltre numerosi foni che non fanno parte dell'italiano standard, ma
che vengono usati nelle variet regionali dell'italiano e che corrispondono a pronunce che
divergono da quella modello: esempi di variazioni regionali sono le consonanti retroflesse
usate per esempio in Sicilia e Sardegna, oppure la vocale centrale medio-alta, anche detta
atona, [], che si sente a Napoli in fine di parola (per esempio [na.pu.l]). Non si
confondano le variet regionali dell'italiano con i diversi dialetti parlati nella penisola.
Per approfondire, vedi la voce Varianti regionali della lingua italiana.
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Bibliografia
Federico Albano Leoni, Pietro Maturi Manuale di fonetica, 2002, Roma, Carocci.
Pietro Maturi I suoni delle lingue, i suoni dell'italiano, 2006 , Bologna, Il Mulino.
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Voci correlate
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Collegamenti esterni
L'alfabeto italiano dall'A alla Z: una sintesi della fonetica e fonologia italiana, messa
in rapporto con l'ortografia, nel DOP
C C
G
GL(
GN(
GI
SC(I)
H I
H
I)
I)
Fonemi / /
/ / / / /
/ / / /
/ /
/ / / / / /
/ / / / / /
/k/
/g/
//
//
//
italiani: a/ b/
/ d/ e/ / f/
/ i/ j/ l/
m/ n/
o/ / p/ r/ s/ z/
t/ u/ w/ v/ / /
(Q)
Lettere A B
D E F G
I L
MN
O PR S
T U V Z
C
tri/digra
mmi
Grammatica italiana
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Indice
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1 L'articolo
2 Nome ed aggettivo
o
2.1 Il nome
2.2 L'aggettivo
L'articolo
Articolo indeterminativo
maschile singolare: un, uno (davanti a parole che iniziano per z, gn, x, pn, ps, s
impura, cio s seguita da una consonante, e i semiconsonante nei dittonghi ia, ie, io,
iu)
femminile singolare: una, un' (davanti a parole che iniziano per vocale)
Non esiste una forma plurale vera e propria; per essa si ricorre all'articolo partitivo maschile
(dei, degli) o femminile (delle).
Articolo determinativo
maschile singolare: il, lo (davanti a parole che iniziano per z, gn, x, pn, ps, s impura
ed i semiconsonante; eliso in l' davanti a parole che iniziano per vocale)[1]
femminile singolare: la (eliso in l' davanti a parole che iniziano per vocale)
maschile plurale: i, gli (davanti a parole che iniziano per z,x, gn, ps, s impura o
vocale)
femminile plurale: le
L'elisione di gli davanti a parola che inizia per i, e di le davanti a parola che inizi per e
("gl'individui", "l'erbe") ormai considerata arcaica. Viceversa, nell'uso formale/burocratico,
quanto l'elisione facoltativa, si tende a evitarla, specie se l'articolo l'unica spia del genere
del soggetto (la autista, femminile); tuttavia viene ritenuto innaturale l'uso della forma piena
dell'articolo nello scritto, quando contrasta con l'uso orale.
La scelta dell'articolo effettuata in base al suono iniziale del nome della parola
immediatamente successiva, anche se questa non il sostantivo cui si riferisce, ma un'altra
parte del discorso. La variet di forme di articoli in italiano data dalle caratteristiche di
questa lingua, che pi di altre tende ad evitare il formarsi di gruppi consonantici e vocalici,
per preferire invece una struttura alternata (consonante-vocale-consonante).[2]
Alcuni esempi:
la nostra amica
l'amica
il bello specchio
lo specchio
lo strano comportamento
il comportamento
i piccoli gnomi
gli gnomi
i problemi
un inconveniente
lo (spento) zolfo
il suo zaino
lo zaino
Nome ed aggettivo
In italiano, l'ordine tra l'aggettivo e il sostantivo non fisso, tuttavia la tendenza quella di
mettere l'aggettivo dopo il nome se questo indica una qualit che caratterizza una cosa
rispetto ad altre. Alcune categorie di aggettivi hanno per un ordine fisso: i colori e le
nazionalit seguono sempre il nome, mentre gli aggettivi possessivi sono posti quasi sempre
prima del nome (tranne che per motivi di enfasi).
Quando c' possibilit di scelta, si mette al secondo posto l'aggettivo se gli si vuole una
funzione distintiva:
A parit di genere, gli aggettivi e i sostantivi seguono le stesse regole generali per la
formazione del numero. Ovviamente, andando pi in dettaglio ci sono delle differenze, ma in
linea di massima tali regole possono essere riassunte come segue:
Tabella riassuntiva delle desinenze di nomi ed aggettivi
Genere
Singolare
Plurale
Esempio
Maschile
-o
-i
Femminile
-a
-e
Maschile e femminile
-e
-i
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Il nome
Per approfondire, vedi le voci Plurale dei sostantivi nella lingua italiana e Genere dei
sostantivi nella lingua italiana.
maschili in -o, plurale in -i: libro, libri (per lo pi parole maschile della seconda o
della quarta declinazione latina)
maschili in -e, plurale in -i: fiore, fiori (per lo pi parole maschile della terza
declinazione latina)
femminili in -a, plurale in -e: scala, scale (per lo pi parole femminile della prima
declinazione latina)
femminili in -e, plurale in -i: luce, luci (per lo pi parole femminile della terza o della
quinta declinazione latina)
Tra le varie forme che si comportano altrimenti, si ricordano quelle maschili in -a, con plurale
in -i: poeta, poeti (per lo pi parole maschile della prima declinazione latina). Sono
invariabili in italiano i sostantivi che terminano in vocale accentata e quelli di una sola sillaba
(la virt / le virt, il re / i re), i sostantivi (quasi tutti di origine straniera) che terminano in
consonante (il bar / i bar), i sostantivi che terminano in -i non accentata (il bikini / i bikini, la
crisi / le crisi), e diversi altri.[3]
Generalmente, il genere del sostantivo non determinato dal suo significato. Fanno eccezione
a questa regola soprattutto i nomi di persona:
Francesco, Francesca
Il ragazzino, la ragazzina
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L'aggettivo
Gli aggettivi sono le parti del discorso che servono a modificare in qualche modo il
significato di un sostantivo.[4]
[modifica] Aggettivi
qualificativi
L'aggettivo pi comune quello qualificativo, il quale serve a definire la qualit di una cosa o
persona. In italiano, gli aggettivi hanno due generi (maschile e femminile) e due numeri
(singolare e plurale). Concordano per genere e numero col sostantivo a cui si riferiscono. Le
desinenze pi frequenti, molto somiglianti a quelle dei sostantivi, sono raggruppabili in due
classi (derivate direttamente dalle due classi di aggettivi latini):
Classe
genere
desinenza singolare
desinenza plurale
1a
maschile
-o (rosso)
-i (rossi)
1a
femminile
-a (rossa)
-e (rosse)
2a
maschile
femminile
-e (verde)
-i (verdi)
Esistono anche aggettivi invariabili che cio non variano per genere e numero, come ad
esempio alcuni aggettivi di colore (la penna rosa - le penne rosa - il pastello rosa - i pastelli
rosa; idem per "blu"), e le parole straniere (atteggiamento dandy - un gruppo di persone
dandy). Valgono in linea di massima le stesse irregolarit che si riscontrano tra i sostantivi
(cfr. Plurale dei sostantivi nella lingua italiana).
[modifica] Aggettivi
possessivi
persona
maschile
singolare
femminile
singolare
maschile
plurale
femminile
plurale
1a
singolare
mio
mia
miei
mie
2a
singolare
tuo
tua
tuoi
tue
3a
singolare
1a plurale
nostro
nostra
nostri
nostre
2a plurale
vostro
vostra
vostri
vostre
3a plurale
La 3a persona singolare anche quella usata nelle forme di cortesia, talvolta scritta usando
l'iniziale maiuscola: "Le consegno il Suo pacco".
A differenza di quanto accade in altre lingue, in italiano l'aggettivo possessivo normalmente
accompagnato da un articolo; tale articolo manca, invece, laddove mancherebbe anche in
assenza del possessivo ( sua abitudine corrisponde quindi a abitudine di X;
diversamente, la sua abitudine corrisponde a l'abitudine di X)
Larticolo si omette davanti ai nomi di parentela preceduti da un aggettivo possessivo che non
sia "loro": (mio padre, tua madre, suo fratello, nostra zia, vostro nipote, ma: il loro padre, la
loro madre ecc.). Vi sono per alcuni nomi di parentela che ammettono larticolo, come per
esempio mamma e pap, che vengono considerati come vezzeggiativi; inoltre, larticolo si
usa quando i nomi di parentela sono al plurale (le mie sorelle), o sono accompagnati da un
attributo (la mia cara moglie), oppure se vengono seguiti dal possessivo ( colpa tua).
Non hanno larticolo alcuni appellativi onorifici quando sono preceduti da forme di cortesia
come sua e vostro (-a): Sua Eccellenza, Sua Maest, Sua Santit, Vostro Onore, Vostra
Altezza, Vostra Signoria...
[modifica] Altri
aggettivi
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Il pronome
Il pronome sostituisce un sostantivo quando si preferisce evitare una ripetizione nella frase.
Inoltre, pu indicare un oggetto o una persona facilmente identificabile nel contesto (ad
esempio, io). In tal caso, la funzione del pronome deittica.
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Pronomi personali
I pi noti sono i pronomi personali come soggetto (io, tu, egli ecc.); i pronomi personali
complemento si dividono in atoni (primo esempio) e tonici (secondo):
I pronomi atoni sono strettamente legati al verbo e vengono generalmente anteposti ad esso
(mi piace) come clitici. Del resto, senza verbo non vengono mai usati. I pronomi tonici (me)
hanno invece una posizione pi libera all'interno della frase e possono essere combinati ad
una preposizione.
Per quanto riguarda la differenza di significato tra pronome atono e tonico, possiamo notare
come regalo a te un libro oppure a te regalo un libro concentrano l'enfasi sul complemento
rispetto a quanto avviene nella struttura pi frequente, ottenuta con l'uso del pronome atono
(ti regalo un libro).[5]
persona soggetto
1a
singolare
io
me
mi
mi
me lo
2a
singolare
tu
te
ti
ti
te lo
3a
egli, lui
singolare (2), esso
(3)
maschile
lui, s (4)
lo, si (4)
gli, si (4)
glielo, se lo(4)
3a
ella, lei
singolare (2), essa
(3)
femminile
lei, s (4)
la, si (4)
le, si (4)
glielo, se lo(4)
1a plurale
noi
noi
ci
ci
ce lo
2a plurale
voi
voi
vi
vi
ve lo
3a plurale
maschile
essi,
loro (2)
loro, s (4)
li, si (4)
3a plurale esse,
femminile loro (2)
loro, s (4)
le, si (4)
(1) La forma combinata prevede prima la forma del complemento di termine, e poi quella del
complemento oggetto, accordata per numero e genere: me lo, me la, me li, me le; te lo, te la, te li, te le
eccetera. Si ricorda inoltre che il pronome impersonale si, insieme a quello riflessivo, d ci si: ci si
vede domani, va bene?
(2) forma comunemente usata nella lingua parlata
(3) usato per soggetti inanimati
(4) forma riflessiva: cfr "lo vede" = vede un altro / "si vede" = vede s stesso/a
Altri pronomi
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L'avverbio
Gli avverbi hanno la stessa funzione degli aggettivi ma non si riferiscono ai nomi. Sono legati
primariamente ai verbi (di qui il loro nome), ma possono riferirsi anche ad un aggettivo
oppure ad un altro avverbio. Gli avverbi sono invariabili rispetto al genere ed al numero:
(esempi: presto, prima, male).
Molti avverbi vengono derivati dagli aggettivi (stranostranamente). Altri costituiscono
parole a s stanti (presto, qui, adesso, avanti, poco, forse). Alcuni avverbi hanno la stessa
funzione sintattica delle preposizioni: durante la cena; davanti all'automobile; prima di
pranzo).
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La preposizione
Le preposizioni sono una parte del discorso che serve a chiarire la natura di un complemento
nella frase semplice o, talvolta, di una subordinata all'interno del periodo. Sono normalmente
considerate come preposizioni in italiano di, a, da, in, con, su, per, tra, fra; anche degli
avverbi come sopra e sotto possono fare da preposizioni in alcuni casi.
Le preposizioni possono anche essere unite agli articoli determinativi, e formare le
preposizioni articolate (le altre si dicono anche semplici). Non tutte le combinazioni tra
preposizione e articolo sono ammesse, come si pu vedere dalla tabella sottostante (le forme
in corsivo sono di uso raro):
il
lo
la
gli
le
di
del
dello
della
dei
degli
delle
al
allo
alla
ai
agli
alle
da
dal
dallo
dalla
dai
dagli
dalle
in
nel
nello
nella
nei
negli
nelle
con
col
collo
colla
coi
cogli
colle
su
sul
sullo
sulla
sui
sugli
sulle
per
pel
pei
Combinazioni come pel, pei, frai e simili non sono pi in uso dalla prima met del 1900;
anche l'uso delle preposizioni articolate formate da con e articolo desueto e considerato dai
pi un errore.
il
lo
la
gli
le
di
del
dello
della
dei
degli
delle
al
allo
alla
ai
agli
alle
da
dal
dallo
dalla
dai
dagli
dalle
in
nel
nello
nella
nei
negli
nelle
con
col
su
sul
sugli
sulle
coi
sullo
sulla
sui
per
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Il verbo
I verbi in italiano si coniugano per persona (1a, 2a o 3a) e per numero (singolare o plurale) del
soggetto, per tempo (presente, passato, futuro), per modo (indicativo, congiuntivo,
condizionale, imperativo, infinito, gerundio e participio) e talvolta per genere (maschile o
femminile) del soggetto o dell'oggetto. A differenza di altre lingue (ad esempio dell'inglese o
del francese) non obbligatorio porre prima del verbo il pronome personale soggetto dato che
le desinenze tra le diverse persone utilizzate nella coniugazione solo raramente permettono
ambiguit.
I verbi italiani si raggruppano in tre gruppi principali per quanto riguarda la coniugazione.
I tempi possono essere semplici o composti, questi ultimi sono tempi formati da un verbo
ausiliare (coniugato per persona, numero e modo) seguito dal participio passato del verbo.
Il verbo ausiliare avere nelle frasi attive quando il verbo transitivo, e per molti
verbi intransitivi.
Infine, l'ausiliare essere si usa per i tempi composti delle frasi al riflessivo.
negli altri casi in cui l'ausiliare essere, con il genere e il numero del soggetto. (es.
La cena stata servita alle otto in punto; Mi sono lavata le mani);
mentre invariante negli altri casi (es. Hanno servito la cena alle otto in punto).
La forma di cortesia quella della 3a persona singolare; la stessa forma usata per il pronome
impersonale si.
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Modo infinito
L'infinito la forma del verbo che si trova nei dizionari, e ne distingue l'appartenenza ad una
delle tre coniugazioni a seconda della desinenza:
1a coniugazione: -are
2a coniugazione: -ere
3a coniugazione: -ire
presente
usato in forma sostantivata per esprimere l'azione descritta dal verbo: "leggere bello"
spesso usato nelle proposizioni subordinate (causali, finali, relative) quando il soggetto lo
stesso della proposizione principale: "ho corso per arrivare in tempo" = ho corso affinch io
arrivassi in tempo (non usata), ma "ho corso affinch tu arrivassi in tempo".
Si pu usare per sostituire una proposizione relativa con un'oggettiva: "vedo gli uccelli
volare" = "vedo gli uccelli che volano"; in tal caso il soggetto della subordinata viene
declinato all'accusativo "vedo lui che vola" = "lo vedo volare".
In tutti questi casi, il tempo utilizzato dipende se si vuole esprimere un'azione contemporanea
(infinito presente) o anteriore (infinito passato) rispetto alla proposizione principale.
Si usa inoltre come alternativa all'imperativo nel dare istruzioni.
Si usa infine, preceduto da non, come negazione della seconda persona singolare
dell'imperativo presente.
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Modo indicativo
L'indicativo si usa per esprimere condizioni oggettive, stati di fatto, affermazioni. Prevede
quattro tempi semplici:
presente, usato per un'azione contemporanea isolata o abituale, o per un'intenzione per
l'immediato futuro;
passato remoto, usato per un'azione in un tempo passato solitamente lontano nel
tempo e genericamente terminata
futuro semplice, usato per un'azione spesso situata un futuro generico o comunque
come forma che indica delle supposizioni, anche sul presente[6]
ciascuno dei quali d vita ad un tempo composto mediante ausiliare coniugato + participio
passato (pp): e quattro tempi composti:
futuro anteriore (futuro semplice+pp), usato per un'azione generica in un tempo futuro
antecedente ad un'azione futura, oppure per indicare una supposizione su un evento
gi compiuto al momento dell'enunciazione.
Tempo presente
-are
-ere
-ire
es. parlare es. vendere es. dormire / capire*
io
-o
-o
-o / -isco
tu
-i
-i
-i / -isci
lui, lei
-a
-e
-e / -isce
noi
-iamo
-iamo
-iamo
voi
-ate
-ete
-ite
loro
-ano
-ono
-ono / -iscono
* I verbi delle terza coniugazione che ammettono, tra radice e desinenza, l'interfisso -iscvengono detti, forse impropriamente, verbi incoativi per analogia coi verbi latini che
ammettevano il suffisso -sco con, invece, effettivo valore incoativo, ovvero d'indicare lo stato
d'inizio o d'avvio dell'azione suggerita dalla radice verbale. Nei verbi italiani che ammettono
l'aggiunta di -isc-, tale infisso non ha alcun valore semantico, e non modifica quindi il
significato originario del verbo che rimane sempre lo stesso, anche quando ammette entrambe
le forme con e senza; dire, infatti, io nutro o io nutrisco assolutamente equivalente, e la
forma io nutrisco non assume affatto il valore incoativo di "io inizio a nutrire", valore che
deve essere, infatti, suggerito attraverso il ricorso di un verbo fraseologico "... inizio a ...".
Tempo imperfetto
-are
-ere
-ire
es. parlare es. vendere es. dormire / capire
io
-avo
-evo
-ivo
tu
-avi
-evi
-ivi
lui, lei
-ava
-eva
-iva
noi
-avamo
-evamo
-ivamo
voi
-avate
-evate
-ivate
loro
-avano
-evano
-ivano
-ere
es. vendere
-ire
es. dormire /
capire
io
-ai
-ei, -etti(1)
-ii
tu
-asti
-esti
-isti
lui,
lei
-, -ette(2)
noi
-ammo
-emmo
-immo
voi
-aste
-este
-iste
loro
-arono
-erono, -ettero(3)
-irono
(1) per molti verbi della seconda coniugazione la desinenza -i, ma cambia la radice del
verbo. (cadere > caddi; scrivere > scrissi; tenere > tenni; etc.)
(2) per molti verbi della seconda coniugazione la desinenza -e, ma cambia la radice del
verbo. (cadere > cadde; scrivere > scrisse; tenere > tenne; etc.)
(3) per molti verbi della seconda coniugazione la desinenza -ero, ma cambia la radice del
verbo. (cadere > caddero; scrivere > scrissero; tenere > tennero; etc.)
Tempo futuro semplice
-are
-ere
-ire
es. parlare es. vendere es. dormire / capire
io
-er
-(e) r
-ir
tu
-erai
-(e) rai
-irai
lui, lei
-er
-(e) r
-ir
noi
-eremo
-(e) remo
-iremo
voi
-erete
-(e) rete
-irete
loro
-eranno
-(e) ranno
-iranno
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Modo condizionale
-erei
-erei
-irei
tu
-eresti
-eresti
-iresti
lui, lei
-erebbe
-erebbe
-irebbe
noi
-eremmo
-eremmo
-iremmo
voi
-ereste
-ereste
-ireste
loro
-erebbero
-erebbero
-irebbero
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Modo congiuntivo
Il congiuntivo si usa solitamente nelle proposizioni subordinate per esprimere ipotesi o dubbi
nei casi in cui la subordinata retta da congiunzioni quali "che", "se", "perch", "affinch".
Ci sono due forme semplici di tempo:
che danno forma a due ulteriori tempi composti con l'ausiliare coniugato e il participio
passato:
passato (presente+pp), usato per un'azione passata e terminata rispetto ad una espressa
dall'indicativo presente o futuro
Tempo presente
-are
-ere
-ire
es. parlare es. vendere es. dormire / capire
io
-i
-a
-a / -isca
tu
-i
-a
-a / -isca
lui, lei
-i
-a
-a / -isca
noi
-iamo
-iamo
-iamo
voi
-iate
-iate
-iate
loro
-ino
-ano
-ano / -iscano
Tempo imperfetto
-are
-ere
-ire
es. parlare es. vendere es. dormire / capire
io
-assi
-essi
-issi
tu
-assi
-essi
-issi
lui, lei
-asse
-esse
-isse
noi
-assimo
-essimo
-issimo
voi
-aste
-este
-iste
loro
-assero
-essero
-issero
La grammatica ha ereditato dalla grammatica latina, sia pure con delle differenze, la
consectio tmporum, cio un insieme di norme che regolano il rapporto tra i tempi e i modi
di una frase principale (o sovraordinata) e della frase subordinata per esprimere il rapporto di
contemporaneit, anteriorit, e posteriorit. Questo sistema di regole viene descritto qui con
l'esempio della subordinata al congiuntivo.
Per esprimere contemporaneit nel presente (la frase principale usa un tempo presente o
futuro) si usa il congiuntivo presente:
Per esprimere contemporaneit nel passato (la frase principale usa il tempo imperfetto o
passato remoto) si usa il congiuntivo imperfetto:
Per esprimere anteriorit al presente la frase subordinata deve avere il verbo al congiuntivo
passato:
Per esprimere anteriorit al passato la frase subordinata deve avere il verbo al congiuntivo
trapassato:
Per esprimere posteriorit, dato che il congiuntivo non ha tempo futuro, si utilizza il futuro
dell'indicativo:
La posteriorit pu essere indicata anche con il condizionale passato nel caso che il tempo
principale sia all'imperfetto:
Analoghe regole valgono per la scelta dei tempi dell'indicativo nella frase subordinata.
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Modo imperativo
L'imperativo si usa per formulare esortazioni. Rifiuta sempre il pronome personale soggetto.
-are
es.
parlare
-ere
es.
vendere
-ire
es. partire /
capire
tu pers. sing.
-a
-i
-i /-isci
egli pers.
sing.
-i
-a
-a/ -isca
noi pers.
plur.
-iamo
-iamo
-iamo
voi plur.
-ate
-ete
-ite
loro.
-ino
-ano
-ano / -iscano
Per la prima persona plurale (noi), le forme coincidono con quelle del presente indicativo e
vengono di solito considerate a tutti gli effetti come forme dell'imperativo.[3] Per la terza
persona, invece, viene usata la corrispondente voce del congiuntivo (congiuntivo esortativo).
Quando seguito da pronome complemento oggetto, questo pu assumere la forma enclitica
atona -mi, -ti, -lo, -la, -ci, -vi, -li, -le (es. "guardami!" = "guarda me!"); quando seguito da
pronome complemento di termine, questo pu assumere la forma enclitica atona -mi, -ti, -gli,
-le, -ci, -vi (es. "consegnami il libro!" = "consegna a me il libro!").
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Modo gerundio
Il gerundio si usa con il verbo "stare" per la costruzione di frasi progressive ("sto andando a
Roma", quindi sono in viaggio), oppure al posto di una frase subordinata temporale o causale
("vedendo il sole, usc). Esiste il gerundio presente, un tempo semplice, e il gerundio
passato, tempo composto formato dal gerundio presente dell'ausiliare e dal participio passato
del verbo: "avendo parlato - essendo caduto".
A volte nel gerundio passato l'ausiliare omesso, e rimane il solo participio passato con la
stessa funzione del gerundio, ed impersonale come l'infinito.
-are
es. parlare
-ere
es. vendere
-ire
es. partire / capire
-ando
-endo
-endo
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Modo participio
Il participio presente la forma che esprime un soggetto nell'atto o nella qualifica di chi
compie l'azione: "il quorum raggiunto se si recano a votare la maggioranza degli aventi
diritto al voto". variabile per numero.
indicata come participio passato la forma usata principalmente per la costruzione dei tempi
composti.[3] Viene inoltre usato come aggettivo per descrivere la persona o la cosa avente
ricevuto un'azione: "i piatti lavati vengono quindi asciugati" = "i piatti che sono stati lavati
vengono quindi asciugati" o "i piatti, dopo essere stati lavati, vengono quindi asciugati"; in
quest'ultimo caso declinato come un aggettivo.
-are
-ere
-ire
es. parlare es. vendere es. dormire / capire
presente
-ante
-ente
-ente / -iente
passato
-ato
-uto
-ito
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La congiunzione
Le congiunzioni uniscono tra di loro due parti di una stessa proposizione (io e te), oppure due
frasi (vado e torno), spesso la frase principale e la subordinata. Si tratta di parti invariabili del
discorso, come anche gli avverbi.[7]
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L'interiezione
Le interiezioni, che denotano l'espressione affettiva del parlante nel contesto, sono parti
invariabili del discorso che spesso variano per sfumature di significato, e che non svolgono
un particolare ruolo nel costrutto della frase (ah, oh, ahi, ehi...). Spesso sono derivate da altre
parti del discorso (povero me!).
S complicata
dubbio, invece, se sia legittimo parlare di s complicata, nei casi in cui, oltre a precedere una
consonante, appartiene addirittura a gruppo grafemico ben preciso, dove perde il suo valore
fonologico originario ([s] o [z]) per concorrere a indicare il suono [], nei casi SC e SCI,
infatti in questo caso il valore "autonomo" della lettera s scompare del tutto.
[modifica]
Il concetto della s impura piuttosto aspecifico, non ha fondamento su basi teoriche che non
siano prettamente consuetudinarie.
In fonologia non corrisponde ad alcun fenomeno fonetico [1]ed quindi un concetto
prettamente grammaticale, individuato su basi puramente grafiche, utilizzato per sintetizzare
diverse convenzioni e regole grammaticali o ortografiche, pur trovando in alcune di esse una
giustificazione a livello fonologico. Contrariamente agli insegnamenti scolastici, la S di
questi casi appartiene fonologicamente alla sillaba che la precede:
[s]
scoglio si pronuncia /s.k.o/
maestra si pronuncia /ma.s.tra/
e questo in parte giustifica anche la regola grammaticale che vuole che prima della esse
impura gli articoli maschili debbano essere non il e un, ma lo e uno per non violare la
naturale ritmica dell'italiano.
lo scoglio /lo_s.k.o/
uno scoglio /u.no_s.k.o/
Anticamente, non potendosi modificare sempre la parola precedente, si usava lo stratagemma
stilistico della i prostetica.
Da un punto di vista grammaticale invece, la s impura rappresenta un concetto chiave per
semplificare e sintetizzare determinate regole ortografiche; nella sillabazione per l'"andare a
capo" la regola usata, per esempio, affermando che appunto la s impura fa sempre parte
della sillaba che segue, ragion per cui si possono avere divisioni del tipo sco-glio o ma-estra con la s che deve sempre essere messa a capo.[2].
In questo caso la regola non pone problemi neanche quando indica il fono [] nei composti
SC e SCI in quanto, sempre per un'altra convenzione ortografica, i digrammi e trigrammi non
si dividono. La regola della s impura quindi si rivela come un mezzo di sintesi per la
sillabazione senza dover specificare troppi casi particolari.
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Note
1. ^ Ad esso non corrisponde neppure un fonema specifico in quanto la lettera S individua due
fonemi solitamente complementari: la s sorda e quella sonora, in quanto in italiano la
consonante fricativa alveolare tende ad acquisire il tratto sonoro del fonema che segue
2. ^ Fa eccezione il caso della doppia ss, dove, per un'altra regola della sillabazione italiana,
le doppie si dividono tra le sue sillabe. Cos, per esempio, sasso si sillaba in sas-so
Prima coniugazione
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
In italiano, la prima coniugazione verbale quella dei verbi aventi l'infinito in -are, erede
della prima coniugazione latina. la coniugazione col maggior numero di verbi e col minor
numero di irregolari (soltanto quattro di base: andare, dare, fare, stare, e i derivati), e l'unica
tuttora produttiva per la formattazione dei neologismi.
Indice
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1 Coniugazione
1.1 Particolarit della coniugazione
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Coniugazione
Indicativo
Present Imperfett
e
o
Condizional Imperativ
e
o
Congiuntivo
Passat Futuro
Present Imperfett
o
semplic
e
o
remoto
e
Presente
io parl-o*
parl-vo
parl-ssi
parl-eri
tu parl-i*
parl-vi
parlsti
parl-eri parl-i*
parl-ssi
parl-ersti
parl-a*
egl
parl-a*
i
parl-va
parl-
parl-er parl-i*
parl-sse
parl-erbbe
parl-i*
parlavmo
parlmmo
parlermo
parlimo
parlssimo
parl-ermmo parl-imo
parlste
parlerte
parl-ite parl-ste
parlrono
parlernno
parlino*
noi
parlimo
parl-vano
parl-erste
parl-te
* Sulle voci rizotoniche non stato segnalato l'accento poich impredicibile, potendo cadere su qualsiasi sillaba
della radice a seconda del verbo.
Infinito
Participio
Gerundio
Presente
parl-re
parl-nte
parl-ndo
Passato
avere parlato
parl-to
avendo parlato
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Per i verbi in -gnare (sognare), la tradizione grammaticale ammette una doppia grafia
nelle voci rizoatone con desinenze inizianti per i- (4^ persona dell'ind. pres., e 4^ e 5^
del cong. pres.): una con -i- (sognimo), e una senza (sognmo); anche se la prima
rimane la scelta pi caldeggiata dalle grammatiche e dai linguisti per una questioni di
omogeneit delle desinenze, pur essendo la -i-, in questo caso, un semplice segno
diacritico.
I verbi in -care (stancare) a -gare (negare) mantengono il valore velare (/k/ e /g/)
della loro consonante radicale per tutta la coniugazione, perci prendono il diacritico
-h- davanti alle desinenze inizianti per i- (stanchiamo) e per e- (negher).
I verbi in -ciare (cacciare) a -giare (mangiare) perdono di regola la -i-, che abbia
soltanto valore diacritico, davanti alle desinenze inizianti per e- (cacc-er; mangerebbe)[1]; l'unica reale eccezione il verbo sciare, dove la i sempre valore fonologico,
venendo effettivamente pronunciata in tutta la coniugazione: scier (/ie'r/), scierai
(/ie'rai/), ecc.
I verbi in -gliare perdono la -i- della radice con le con desinenze inizianti per i-.
I verbi in -iare (inviare; annaffiare) davanti a desinenze inizianti per i-, perdono
sempre la -i- radicale nelle voci rizoatone (4^ persona dell'ind. pres., e 4^ e 5^ del
cong. pres.): inv-imo, (che) voi iniz-ite .
Nelle voci rizotoniche (2^ persona dell'ind. pres., e 1^, 2^, 3^ e 6^ del cong. pres.) il
comportamento varia: se la -i- tonica si mantiene (invi, che egli invi, che essi
invino), se atona si perde (tu annff-i, che egli annff-i, che essi innff-ino)[2].
I verbi in -eare (creare) presentano una doppia -ee- in tutte le voci del futuro semplice
e del condizionale presente, per la compresenza della e radicale a fianco di quella
desinenziale: creer, creerebbe.
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Indicativo
Passato remoto: diffuso in poesia fino all'Ottocento l'arcaico (essi) amaro; arcaici
(egli) amoe o amae .
Futuro: antiche le desinenze con vocale tematica: amar, -arai, -ar, ecc; arcaiche e
rare le forme: (io) ameroe o ameraggio o amerabbo, (egli) amerae.
Congiuntivo
Imperfetto: antica la forma poetica (io) amasse; e solo antiche le forme (egli) amasse,
(essi) amassono o amassino o amasseno.
Condizionale
Presente: antiche le desinenze con vocale tematica amarei, -aresti -arebbe; arcaico:
(essi) amerebbono anche poetico amerieno (-arieno); poetiche le forme (io) ameria,
(egli) ameria, (essi) ameriano.
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Note
1. ^ Esiste, teoricamente, la possibilit che la -i- venga mantenuta nelle scritture pi sofisticate,
nei verbi dove ha fondamento etimologico:
annunciare, associare, commerciare, consociare, contagiare, cruciare, denunciare,
dissociare, effigiare, elogiare, emaciare, enunciare, inficiare, officiare, plagiare, prestigiare,
privilegiare, rinunciare, sfiduciare.
(Ricerca termini con *[cg]iero sul DOP)
2. ^ Nelle scritture pi sofisticate, la -i- radicale, se ha fondamento etimologico, pu essere
mantenuta a fianco di quella desinenziale in una grafia latineggiante (tu stdii), nei seguenti
verbi:
abbreviare, affiliare, aliare, alleviare, alluminiare, ammaliare, amnistiare, ampliare,
angariare, angustiare, ansiare, appodiare, appropriare, asfissiare, assediare, attediare,
avariare, calunniare, cariare, centuriare, commissariare, compendiare, conciliare, coniare,
contrariare, copiare, decuriare, defeliare, dilaniare, diluviare, domiciliare, encomiare,
escomiare, escoriare, esfogliare, esiliare, espatriare, espropriare, estasiare, falcidiare,
fastidiare, fotocopiare, gloriare, incendiare, incipriare, indemaniare, indemoniare, inebriare,
infuriare, ingiuriare, insediare, insidiare, intarsiare, inventariare, invidiare, irradiare,
istoriare, materiare, mediare, miniare, mobiliare, odiare, palliare, parodiare, perfidiare,
preludiare, premiare, presidiare, principiare, proemiare, provebiare, radiare, raumiliare,
riconciliare, rimediare, rimpatriare, ripudiare, salariare, salmodiare, seriare, spropriare,
stipendiare, studiare, sussidiare, tediare, testimoniare, tripudiare, umiliare, variare. (vedi sul
DOP)
La doppia -ii atona della grafia latineggiante con in fine di parola pu essere contratta, come
avviene per nei sostantivi, e sostituita quindi da un circonflesso -
Seconda coniugazione
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
In italiano, la seconda coniugazione verbale quella dei verbi aventi l'infinito in -ere e -rre
(per sincope delle penultima vocale), erede della seconda e terza coniugazione latina.
Contiene all'incirca un migliaio di verbi a lemma nei dizionari, nonch la stragrande
maggioranza dei verbi irregolari.
Indice
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1 Coniugazione
1.1 Particolarit della coniugazione
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Coniugazione
Indicativo
Present Imperfett
e
o
Passato
remoto
Congiuntivo
Futuro
Present Imperfett
semplic
e
o
e
Condiziona Imperativ
le
o
Presente
io tem-o* tem-vo
tem-eri
tu tem-i*
tem-vi
tem-sti
tem-ersti
tem-i*
egl
tem-e*
i
tem-va
tem-erbbe
tem-a*
temevmo
tem-mmo
noi
temimo
temermo
temimo
temerte
tem-ite tem-ste
tem-erste
tem-te
temano*
temerbbero
tem-ano*
temtemtem-vano rono/tter
ernno
o
temssimo
temssero
tem-ermmo tem-imo
* Sulle voci rizotoniche non stato segnalato l'accento poich impredicibile, potendo cadere su qualsiasi sillaba
della radice a seconda del verbo.
Infinito
Participio
Gerundio
Presente
tem-re
tem-nte
tem-ndo
Passato
avere temuto
tem-to
avendo temuto
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I verbi in -(s)cere e -gere mutano il valore fonologico della -c- e della -g- a seconda
dalla vocale desinenziale in conformit con le regole ortografiche, quindi con
pronuncia // (o //) e // davanti a i- e e-, e /k/ (o /sk/) e /g/ (vinc-o, cresc-a, piangono)davanti a a- e o-; ma non davanti a u- perch in -(s)cere prendono il diacritico -imantenendo intatta pronuncia (cresc-i-uto).
Tutti i verbi in -ngere ammettano una variante antica e/o popolareggiante in -gn- //
(permutazione del -ng-) nelle voci con desinenze inizianti in e- e i- (piagn-erai,
dipign-iamo).
Per tutti i verbi in -gnere (ormai soltanto il verbo spegnere) o tutti quelli che nella
coniugazione possono mutare in -gn- // la tradizione grammaticale ammette una
doppia grafia con le desinenze inizianti per i- (4^ persona dell'indicativo presente, e
4^ e 5^ del congiuntivo presente): una con -i- (spegn-iamo), e una senza (spegn-amo).
Tuttavia la prima scelta rimane la pi caldeggiata dalle grammatiche e dai linguisti per
questioni di omogeneit con le altre coniugazioni e soprattutto per la possibilit di
permutazione del -gn-, pur essendo la -i- un semplice segno diacritico.
I verbi in -iere perdono sempre la -i- davanti alle desinenze inizianti per i- (compiamo).
Il passato remoto alla 1^, 3^ e 6^ persona vede concorrere due desinenze -ei e -etti, le
quali possono essere entrambe in uso, magari con una maggiore preferenza per una
forma sola, oppure mutuamente escludentisi. In genere si notato che i verbi con -t
nella radice si coniugano preferibilmente con la desinenza in -ei, mentre gli altri con
-etti, ma non una regola assoluta, vedi il passato insistetti; inoltre, a fianco di queste
forme deboli (definite deboli perch rizoatone), nei verbi irregolari esistono spesso
delle forme forti (rizotoniche) largamente pi in uso e diffuse.
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Indicativo
Imperfetto: antica e in uso fino all'Ottocento (io) temeva, da cui sincope poetica (io)
temea parimente alle altre: (tu) temei, (egli) temea, (noi) temeamo, (essi) temeano
(arcaica (essi) temieno), non tutte egualmente frequenti.
Passato remoto: in poesia: (io) teme' elisione di temei, (egli) temeo per tem, temero
per temerono; arcaico (egli) temettono per temettero.
Congiuntivo
Presente: arcaiche le forme originarie: (tu) teme; antico e in uso sino all'Ottocento (tu)
temi, (essi) temino;
Imperfetto: antica la forma poetica (io) temesse; e solo antiche le forme (egli) temessi,
(essi) temessono o temessino o temesseno.
Condizionale
Presente: arcaico: (essi) temerebbono anche poetico tenerieno; poetiche le forme (io)
temeria, (egli) temeria, (essi) temeriano.
Terza coniugazione
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
In italiano, la terza coniugazione verbale quella dei verbi aventi l'infinito in -ire, erede
della quarta coniugazione latina. Contiene all'incirca un migliaio di verbi a lemma nei
dizionari di cui la stragrande maggioranza incoativi, cio verbi che formano regolarmente la
coniugazione con l'aggiunta dai un infisso in alcune voci verbali.
Indice
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1 Coniugazione
o
3 Note
4 Bibliografia
5 Voci correlate
6 Collegamenti esterni
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Coniugazione
Indicativo
Present Imperfett
e
o
Condizional Imperativ
e
o
Congiuntivo
Passat Futuro
Present Imperfett
o
semplic
e
o
remoto
e
Presente
io serv-o* serv-vo
serv-iri
tu serv-i*
serv-vi
servsti
serv-irsti
serv-i*
egl
serv-e* serv-va
i
serv-
serv-irbbe
serv-a*
servmmo
servirmo
servimo
serv-irmmo serv-imo
servste
servirte
serv-ite serv-ste
servrono
servirnno
servano*
noi
servimo
servivmo
serv-vano
servssimo
serv-irste
serv-te
* Sulle voci rizotoniche non stato segnalato l'accento poich impredicibile, potendo cadere su qualsiasi sillaba
della radice a seconda del verbo.
Infinito
Participio
Gerundio
Presente
serv-re
serv-nte
serv-ndo
Passato
avere servito
serv-to
avendo servito
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Buona parte dei verbi della terza coniugazione, chiamati tradizionalmente verbi
incoativi sono verbi che nelle voci altrimenti rizoatone (1^,2^, 3^ e 4^ persone del
presente indicativo e congiuntivo) presentano l'infisso -isc- tra radice e desinenza
verbale (ader-isc-o, ammorbid-isc-ano); alcuni verbi presentano regolarmente
entrambe le forme (ment-o e ment-isc-o), ambedue regolari, generalmente con
dominanza nell'uso di una delle due, o talvolta con specializzazione nel significato
(parto (mi allontano); partisco (divido)).
Non esiste una regola per stabilire quali verbi richiedano l'infisso -isc-, tuttavia i verbi
in -(c)hire, -cire, -gire e -glire (gli unici che presenterebbero problemi nel coniugare
le voci rizoatone avendo vocali diverse da i- e e-) sono incoativi, ad eccezione di
cucire, fuggire, (ri)uscire, e i rispettivi derivati:
- cucire mantiene inalterato il valore della -c- ([]) in tutta la coniugazione,
aggiungendo una -i- diacritica nelle voci rizoatone (cuc-i-o, cuc-i-ano).
- fuggire muta la pronuncia della -g- in [g] nelle voci rizoatone (fugg-o, fugg-ano),
adattandola secondo le regole ortografiche.
- (ri)uscire verbo irregolare.
Per i verbi in -gnire la tradizione grammaticale ammette una doppia grafia nelle voci
rizoatone con desinenze inizianti per i- (4^ persona dell'indicativo presente, e 4^ e 5^
del congiuntivo presente): una con -i- (insignimo), e una senza (insignmo); anche se
la prima rimane la scelta pi caldeggiata dalle grammatiche e dai linguisti per una
questione d'omogeneit delle desinenze, pur essendo la -i-, in questo caso, un
semplice segno diacritico.
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Verbo
Participi in -iente
Participio
latineggiante
participio
regolare
adempire adempiente
dormire
dormiente
empire
empiente
Note
dormente
Esistendo anche la variante empiere, il
participio pu essere anche considerato come
una forma regolare di quest'ultimo
esaurire
esauriente
finire
finiente
finente
impedire impediente
impedente
lenire
leniente
lenente
nutrire
nutriente
nutrente
partorire
partoriente
percepire percepiente
percepente
progredir
progrediente
e
progredente
riempire
riempiente
salire
saliente
salente
scaturire
scaturiente
scaturente
seppellire seppelliente
ubbidire
ubbidiente
udire
udiente
venire
veniente
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seppellente
Anche obbediente < obbedire
udente
Presente anche in tutti i verbi derivati
Indicativo
Imperfetto: antica e in uso fino all'Ottocento (io) serviva, da cui sincope poetica (io)
servia , (egli) servia, (essi) serviano (arcaica (essi) servieno).
Passato remoto: in poesia: (io) serv, (egli) servio per tem, (essi) serviro.
Congiuntivo
Presente: arcaiche le forme originarie: (tu) serve; antichi e in uso sino all'Ottocento
(tu) servi, (essi) servino;
Imperfetto: antica la forma poetica (io) servisse; e solo antiche le forme (egli) servissi,
(essi) servissono o servissino o servisseno.
Condizionale
Proposizione subordinata
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Una proposizione subordinata una proposizione che dipende da un'altra proposizione.
Non ha un'autonomia sintattica (se considerata da sola), ed retta da preposizioni, locuzioni
avverbiali o congiunzioni. Pu essere esplicita (verbo coniugato in un modo finito) o
implicita (il verbo coniugato in un modo indefinito).
Ad esempio, nella frase Il cane insegue il gatto che scappa, la proposizione subordinata
(proposizione relativa) che scappa, mentre Il cane insegue il gatto la proposizione
reggente, che in tal caso anche la proposizione principale.
All'interno di un periodo complesso, essa ha la stessa funzione di un complemento, come
nella seguente coppia di enunciati:
Senza di te morirei
Il secondo esempio mostra chiaramente come la subordinata (se tu non ci fossi) assuma lo
stesso ruolo (in questo caso ipotetico) di un'espressione priva di verbo, appunto il
complemento di privazione senza di te.
Indice
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[modifica]
A seconda della loro funzione, quindi, le proposizioni subordinate si suddividono in tre tipi:
[modifica]
Subordinazione esplicita
Il tempo usato nella proposizione subordinata istituisce rispetto alla principale un rapporto di
contemporaneit, anteriorit o posteriorit.
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Subordinazione implicita
quella ottenuta con l'uso dei modi infinito, gerundio e participio, non coniugabili a seconda
della persona.
Pu succedere che il soggetto della principale coincida con quello della secondaria. questo
il caso dell'ultimo esempio riportato (Rita dice che a casa). A questo punto, vale la pena di
semplificare l'enunciato nel modo che segue:
Il soggetto della subordinata non indicato, dato che l'infinito non coniugabile secondo la
persona. Comunque, esso sar recuperabile dalla principale. Simili considerazioni riguardano
gli esempi seguenti, introdotti dalla subordinata con l'uso del gerundio e del participio:
L'esempio corrisponde alla costruzione con l'esplicita dopo che era partita da Senigallia,
Maria si diretta verso Ancona)
In quest'ultimo esempio si nota la corrispondenza con un costrutto tipico della lingua latina,
ovvero l'ablativo assoluto, chiamato "assoluto" (absolutus) in quanto privo di qualsiasi
legame grammaticale con la proposizione reggente. Il legame solo sul piano del significato.
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Presente indicativo
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Il presente indicativo la forma verbale coniugabile pi usata della lingua italiana e trova un
suo corrispondente in tutte le lingue ad essa vicine. Come tempo pi usato dell'italiano,
anche quello che mostra il maggior numero di usi e di forme irregolari.
Secondo le grammatiche tradizionali, indica uno stato o avvenimento presente. Si osservi ad
esempio il seguente enunciato:
chiaro che il momento dell'azione viene visto come contemporaneo al momento in cui si
parla: per meglio specificare, si dir che il presente indica generalmente un'azione o
situazione che si svolge al momento dell'enunciazione.[1]
Indice
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6.1 Francese
6.2 Spagnolo
6.3 Portoghese
6.4 Inglese
6.5 Tedesco
7 Note
8 Bibliografia
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Questa forma verbale si coniuga sostituendo le desinenze dell'infinito (-are, -ere, -ire) con
quelle previste nel sistema verbale italiano per il presente nelle tre coniugazioni:
1a persona 2a persona 3a persona 1a persona 2a persona 3a persona
io
tu
egli, ella
noi
voi
essi, esse
1a coniugazione
am-are
am-o
am-i
am-a
am-iamo
am-ate
am-ano
2a coniugazione
tem-ere
tem-o
tem-i
tem-e
tem-iamo
tem-ete
tem-ono
3a coniugazione
serv-ire
serv-o
serv-i
serv-e
serv-iamo
serv-ite
serv-ono
Spesso, i verbi della coniugazione in -ire prevedono l'ampliamento della radice tramite un
suffisso (-isc-):
3a coniugazione
cap-ire
cap-isco
cap-isci
cap-isce
cap-iamo
cap-ite
cap-iscono
Non esiste comunque una regola che possa stabilire quali verbi prevedono questa particolarit
di coniugazione; per questo, si consulti la voce sui cosiddetti verbi incoativi. Per quanto
riguarda l'accento, esso cade talvolta sulla radice, qualche altra sulla desinenza. Esempio
tipico: mo, mi, ma, amimo, amte, mano.
Si ricordano inoltre le seguenti caratteristiche nella formazione del presente:
Questo tempo presenta pochissimi verbi irregolari nella coniugazione in -are (si tratta
dei verbi stare, fare, dare ed andare); le altre coniugazioni ne sono invece ricche.
I verbi che terminano in -care e -gare (come cercare e pagare) mantengono il suono
velare di /k/ e /g/ in tutte le forme, il che rende necessario un adattamento ortografico:
pago, paghi, paga, paghiamo.
Vale esattamente il discorso opposto per le altre due coniugazioni, cio per i verbi che
terminano in -cere e -gere, come vincere o piangere: il suono di -c- e -g- pu infatti
cambiare a seconda della vocale che introduce la desinenza: vinco, vinci, vince,
vinciamo, vincente, vincono ed quindi velare davanti a o, ma palatale davanti ad e
oppure i. In questo caso, non si rende necessario alcun adattamento ortografico. Si
noti inoltre che in questi verbi la i nella desinenza della forma in noi (vinciamo) non
sar pi pronunciata.
Per i verbi che terminano in -ciare e -giare si avr: mangio, mangi, mangia,
mangiamo, mangiate, mangiano. Neanche in questo caso, la desinenza della forma in
noi (mangiamo) viene pronunciata.
Un verbo che risulta regolare nella coniugazione di un tempo non deve necessariamente
esserlo in un altro tempo. Ad esempio il verbo uscire irregolare al presente, ma non al
participio. Al contrario, scrivere irregolare al participio, ma non al presente. Per il resto, si
rimanda alle tabelle di coniugazione.[2]
[modifica]
Cenni storici
Si tratta di una diretta eredit dalla lingua latina. Gli sviluppi che hanno portato al
cambiamento delle desinenze originarie nelle forme flesse (laudo, laudas, laudat, laudamus
laudatis, laudant) non sono del tutto chiari.[3]
Tra i vari mutamenti linguistici che caratterizzano il passaggio dal latino classico all'italiano,
la caduta della consonante finale senza dubbio uno dei fenomeni pi vistosi (da laudat
proviene loda, da laudamus proviene lodiamo, con caduta rispettivamente di -t e di -s).[4]
[modifica]
Le caratteristiche del presente possono essere illustrate tramite un confronto con alcune altre
forme dell'indicativo.[5] Dal paragone emerge una forma verbale caratterizzata dalla sua
attualit e fattualit.
1) Il presente si trova in opposizione con il passato prossimo. La differenza tra le due forme
sta principalmente nell'aspetto. Mentre il presente una forma fondamentalmente
imperfettiva (e presenta quindi gli avvenimenti considerati durante il loro svolgimento), il
passato prossimo esclusivamente perfettivo (e presenta dunque l'azione nella sua pienezza,
fino al momento del loro compimento):
dunque un enunciato che presenta una situazione in corso in un dato momento. Al contrario,
l'enunciato
considera e presenta la situazione durante tutto l'arco del suo svolgimento. La frase descrive
quindi anche il momento in cui la situazione giunge a compimento o alla fine. Se nel primo
enunciato il malessere viene visto come uno stato, il secondo lo vede piuttosto come un
evento.[6]
2) L'imperfetto descrive infatti una situazione in corso che viene focalizzata nel passato
(quando essa non giunge ancora a compimento o alla fine):
Si deve comunque dire le due forme verbali hanno una certa somiglianza tra di loro, dato che
sono entrambe imperfettive.
Come forma del passato, anche il passato remoto si distingue chiaramente dal presente, anche
se quest'ultimo pu sostituirlo (si parla in questo caso di presente storico).
3) Il presente si trova in rapporto di opposizione con il futuro. Se il primo, rispetto al secondo
indica una azione o situazione sicura, il secondo la pone solo come possibile:
Si dir a questo punto che il futuro indica la posteriorit temporale, rispetto alla
contemporaneit indicata dal presente. Questa teoria viene sostenuta da diversi studiosi, ma
non del tutto pacifica (cfr. Bertinetto). Dopo tutto, entrambe le forme hanno la possibilit di
riferirsi tanto ad avvenimenti presenti quanto ad avvenimenti futuri (anche se per indicare un
avvenire chiaramente lontano dal momento dell'enunciazione si preferir senza dubbio il
futuro).
Concludendo, diremo che fondamentalmente il presente indica contemporaneit rispetto al
momento dell'enunciazione. Questo non significa necessariamente che nell'uso della lingua
questa caratteristica venga rigidamente applicata, perch esistono molti usi del presente, il
quale pu arrivare a sostituire forme verbali come quelle appena ricordate a titolo di
paragone.
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Il presente conosce dunque usi che non rispecchiano il suo nome o le sue caratteristiche
principali.[7] Si tratta infatti della forma verbale non marcata, dunque di quella che in teoria
potrebbe sostituire le altre forme verbali (Coseriu). Il presente viene spesso usato
indipendentemente dal momento di enunciazione, indicando azioni anteriori o posteriori ad
esso:
Inoltre, questo tempo talmente flessibile che pu sostituire le forme verbali di altri modi:
Non credo che vero al posto di Non credo che sia vero.
Nonostante tali semplificazioni possano essere in conflitto con le regole dell'italiano standard
e quindi essere considerate errate, usando il presente facile produrre degli enunciati
indiscutibilmente logici, efficaci e spesso assai correnti grazie ai vari usi della lingua parlata e
scritta.
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Presente storico
Si parla in questo caso dell'uso storico del presente, che pu avere due ragioni.
La prima pu essere quella di semplificare l'enunciato. Ad esempio, un intero racconto pu
essere, tramite un semplice procedimento retorico, ancorato nel presente: questo avviene
molto spesso, quando per una qualsiasi ragione si preferisce rinunciare all'uso del passato
prossimo o del passato remoto.
La seconda ragione che il presente storico pu dare maggiore efficacia espressiva ad una
parte dell'enunciato, il che particolarmente chiaro quando il presente si alterna alle forme
del passato senza che vi sia la minima giustificazione temporale per un cambio da una forma
all'altra:
Nessuno voleva aiutarmi, ero veramente nei guai, ma all'improvviso ecco che arriva
un poliziotto.
L'uso del presente indica qui un maggior coinvolgimento emotivo oppure l'intenzione di
mettere in evidenza un processo verbale piuttosto che un altro. Dal punto di vista retorico, si
tratta di un processo di sostituzione (enallage).
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Similmente al futuro, questa forma verbale pu essere usata come alternativa all'imperativo,
dunque non per descrivere uno stato di cose reale, ma desiderato o prescritto. La frase sar
espressa sotto forma di dichiarazione:
Questo uso del presente ha il vantaggio di poter riferirsi anche alla prima persona singolare.
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Presente gnomico
In alcuni casi, inoltre, si indicano stati di cose che prescindono dal momento in cui
avvengono:
Il senso dell'enunciato infatti che Dio vedeva, vede e vedr tutto. L'uso gnomico frequente
soprattutto nei proverbi, dove si conoscono soprattutto il presente gnomico ed il suo
corrispondente uso del passato remoto (Chi rompe paga; la superbia and a cavallo e torn
a piedi).
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Presente riportivo
Pu benissimo accadere che il locutore voglia riportare ci che sta vedendo a chi non ne ha la
possibilit. normale, in questo caso, che le diverse forme dal presente indichino momenti
diversi anche se esse si trovano nello stesso enunciato. Si tratta di eventi vicini tra di loro ma
organizzati in una catena temporale. Un esempio classico si osserva quando un giornalista
sportivo riporta le azioni di una partita di calcio:[8]
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Valgono per questo uso gli stessi principi che caratterizzano il presente storico: rispetto ai
tempi del passato e del futuro, il presente d in ogni caso maggiore enfasi all'enunciato,
sicch l'atto linguistico di chi parla avr maggior impatto su chi ascolta o legge. Dire
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Alcune forme alla prima persona del presente latino, simile a quello italiano, sono state
utilizzate nella formazione di sostantivi. Si ricorda ad esempio il credo, sostantivo latino
derivato dalla forma verbale e poi ereditato dall'italiano; si tratta di parola ancora ben
riconoscibile nel suo etimo.
Meno lineare stata la formazione del sostantivo video, un prestito linguistico dal latino
come lingua morta, per la precisione dal verbo vidre ('vedere': video, io vedo). Non da
ultimo grazie all'espansione dell'inglese come linguaggio della tecnica, la parola ritornata in
Italia e negli altri paesi di lingua romanza, ma con un'accezione completamente nuova.
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Francese
Anche se per ciascuna delle forme del presente francese prevista una grafia diversa, nella
catena di suoni della lingua parlata non sono riscontrabili grosse differenze tra le varie forme
coniugate del presente. Infatti, la maggior parte delle forme di questo tempo si distinguono
solo grazie alle consonanti finali ereditate dal latino: queste ultime vengono s scritte, ma di
solito non vengono pronunciate. Le forme che nel parlato si distinguono maggiormente dalle
altre sono quelle in noi e voi.[9]
parler
finir
partir
prendre
recevoir
(parlare) (finire) (partire) (prendere) (ricevere)
je
parle
finis
pars
prends
reois
tu
parles
finis
pars
prends
reois
il/elle/o
parle
n
finit
part
prend
reoit
nous
parlons
finissons partons
prenons
recevons
vous
parlez
finissez partez
prenez
recevez
finissent partent
prennent
reoivent
ils/elles parlent
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Spagnolo
Le coniugazioni spagnole in -ar -er ed -ir ricordano quelle del latino. Usted-ustedes sta per la
forma di cortesia (lei, loro).
hablar
(parlare)
comer
(mangiare)
insistir
(insistere)
yo
hablo
como
insisto
hablas
comes
insistes
l /ella /usted
habla
come
insiste
nosotros
hablamos
comemos
insistimos
vosotros
hablis
comis
insists
ellos
/ellas/ustedes
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hablan
comen
insisten
Portoghese
comer
(mangiare)
partir
(andare via)
eu
acabo
como
parto
tu
acabas
comes
partes
ele/ela/voc
acaba
come
parte
ns
acabamos
comemos
partimos
vs
acabais
comeis
partis
eles/elas/voc
acabam
s
comem
partem
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Inglese
Nella lingua inglese, come nel francese parlato, le forme del presente tendono a coincidere tra
di loro. A maggior ragione, in questa lingua sar obbligatorio specificare sempre il soggetto.
Solo la terza persona singolare di distingue dalle altre per la desinenza -s. Il verbo to be
('essere') irregolare.
to walk
(camminare)
to be
(essere)
walk
am
you
walk
are
he/she/i
walks
t
is
we
are
walk
you
walk
are
they
walk
are
Alcuni casi particolari si presentano se il verbo termina con -o ,-ss, -x, -ch, -sh, alla terza
persona finir in -es per facilitare l'articolazione, rendendo quindi la pronuncia pi
scorrevole. Se l'infinito termina con una consonante + y, la y viene sostituita da -ies. L'uso
della desinenza verbale -s ricorda dunque la formazione del plurale dei sostantivi.
La divisione in coniugazioni, tipica invece delle lingue romanze, manca del tutto in inglese.
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Tedesco
In tedesco, i verbi all'infinito terminano per -en o per -n, senza distinzione tra coniugazioni.
Questa terminazione viene scambiata con le desinenze delle diverse persone. Da geh-en
('andare') avremo dunque le forme geh-e, geh-st ('vado, vai') eccetera. Come in inglese, sar
necessario specificare il soggetto, anche le le desinenze del presente rendono abbastanza ben
riconoscibile la persona. I verbi irregolari presentano solitamente cambiamenti solo alla
seconda e alla terza persona singolare.
gehen,
andare
(reg.)
sprechen ,
parlare (irr.)
ich
gehe
spreche
du
gehst
sprichst
er/sie/e
geht
s
spricht
wir
gehen
sprechen
ihr
geht
sprecht
sie
gehen
sprechen
Imperfetto indicativo
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
L'imperfetto indicativo la forma verbale della lingua italiana e delle lingue romanze che si
adatta principalmente ad indicare situazioni ed abitudini considerate in un momento passato.
quindi la forma pi adatta, all'interno del passato, per le descrizioni o per l'enunciazione di
eventi ripetuti.
Indice
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1 Coniugazione dell'imperfetto
2 Cenni storici
3 Usi basilari dell'imperfetto in italiano
o
5.4 Greco
6 Note
7 Bibliografia
8 Altri progetti
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Coniugazione dell'imperfetto
Questa forma verbale si coniuga aggiungendo alla radice del verbo le desinenze previste della
grammatica italiana. Sono simili a quelle del presente, dalle quali si distinguono per la
presenza di v insieme alla vocale tematica che caratterizza ciascuna delle tre coniugazioni: (av- -ev- -iv-):
1a persona 2a persona 3a persona 1a persona 2a persona 3a persona
io
tu
egli, ella
noi
voi
essi, esse
1a coniugazione
am-are
am-avo
am-avi
am-ava
2a coniugazione
tem-ere
tem-evo
tem-evi
tem-eva
3a coniugazione
serv-ire
serv-ivo
serv-ivi
serv-iva
Alcuni verbi che in lingua moderna hanno delle forme abbreviate si coniugano in
maniera particolare. Ad esempio, il verbo fare si coniuga secondo la vecchia forma
facere: facevo, facevi, faceva. Similmente, per il verbo dire: dicevo; bere: bevevo;
produrre: producevo; proporre: proponevo; trarre: traevo.
Il verbo essere segue un meccanismo particolare: ero, eri, era, eravamo, eravate,
erano.
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Cenni storici
Si tratta di un tempo ereditato direttamente dal latino, in cui si chiamava imperfectum, mentre
il perfectum corrispondeva all'attuale passato remoto.[1] Esempio di imperfetto latino per il
Fu lor dato un frate antico (...) e molto venerabile uomo, nel quale
Giovanni Boccaccio, Decameron, Prima giornata, prima novella.
Pi complicato si fa il discorso per il cambio delle desinenze dal latino all'italiano. Dato che
normale per l'italiano la caduta della consonante finale latina, le tre forme del singolare
(cantabam, cantabas, cantabat) avrebbero in teoria finito tutte per diventare uguali: io
cantava, tu cantava, egli cantava. Le cose in realt non sono andate cos: le nuove desinenze
che hanno effettivamente originato le tre forme dell'imperfetto al singolare (cantavo, cantavi,
cantava) sono sviluppate in analogia con le desinenze del presente (-o, -i, -a).[2] A dispetto di
tutto ci, la forma latineggiante io cantava/io cercava ha continuato ad affermarsi piuttosto a
lungo, sopravvivendo accanto a quella pi propriamente italiana (cantavo/cercavo):
Questa forma arcaica fin poi per cadere in disuso verso l'Ottocento.
Si ricorda infine, sempre a proposito di latino, che in questa lingua l'imperfetto conosceva un
ampio e particolare uso nella stesura delle lettere: infatti, gli eventi contemporanei al
momento della scrittura venivano spesso indicati all'imperfetto. Ci accadeva dato che per
ragioni di cortesia il mittente assumeva artificialmente il punto di vista temporale del
destinatario, il quale leggeva la lettera solo in un momento successivo a quello dell'atto di
scrittura. Si parla in questo caso di imperfetto epistolare.[3]
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Le propriet dell'imperfetto possono essere messe in evidenza con un confronto con il passato
prossimo. La differenza tra le due forme sta principalmente nell'aspetto,[4] che ci indica se
l'azione viene vista come conclusa. Si prenda in considerazione la seguente coppia di
enunciati.
La prima frase, quella all'imperfetto, descrive quali avvenimenti erano in corso ad un dato
momento (le sette). La seconda contiene un'informazione diversa, mostrandoci tutto l'arco
dell'azione (quella dello scrivere): essa presenta la situazione considerata come un evento che
Mentre l'uso dell'imperfetto si limita a fornire una descrizione focalizzata in un dato momento
(Al momento del suo pensionamento), con il passato prossimo il secondo enunciato presenta
degli avvenimenti visti nella loro pienezza e nel loro succedersi.
Inoltre, il passato prossimo presenta una successione temporale di eventi che generalmente
rispetta l'ordine delle parole esposte nella frase (Raffaella si lavata il viso, poi si truccata
e si pettinata), mentre di solito i processi verbali indicati all'imperfetto sono contemporanei
tra di loro (almeno nel caso delle descrizioni: Raffaella aveva il viso ovale, gli occhi erano
verdi ed i capelli rossi).
Per concludere, si ricorda che la differenza che si ritrova tra imperfetto e passato prossimo
la stessa che caratterizza quella tra imperfetto e passato remoto, dato che questa la forma
pi simile al passato prossimo.
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Se l'imperfetto indica delle caratteristiche o in un certo modo una situazione, il suo uso
detto di solito descrittivo:[6]
quando invece viene indicata un'abitudine, si parla di solito di imperfetto iterativo (si noti la
differenza tra i due esempi):
Sono questi i due usi principali dell'imperfetto, che comunque conosce un'ampia gamma di
sfaccettature.
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Imperfetto narrativo
Con enorme sprezzo del pericolo, l'ufficiale entrava nello stabile, poi catturava i
nemici e rientrava alla nostra postazione.
Gli enunciati non vengono sempre riconosciuti come grammaticalmente esatti e sono stati
oggetto di dure critiche da parte dei puristi. [7] In ogni caso, tali strutture hanno lo scopo di
creare uno effetto stilistico speciale. Si pu spiegare questo uso con l'intenzione, da parte di
chi scrive, di fare scorrere lentamente le immagini davanti al lettore (si tratta infatti di un uso
della lingua scritta).[8] Effettivamente, le propriet fondamentalmente imperfettive di questo
tempo creano nel lettore la vaga impressione di una documentazione fotografica. Questo uso
dell'imperfetto era particolarmente di moda nell'Ottocento e nel primo Novecento ed
chiamato imperfetto narrativo.[9] Oggi questo uso pare diventare sempre pi sporadico.
Va detto infine che l'imperfetto narrativo pu riscontrarsi anche in enunciati che si limitano
ad un solo avvenimento, oppure pu caratterizzare solo una parte di una narrazione
(soprattutto alla fine di un testo):[10]
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Si tratta di un uso (chiamato imperfetto ipotetico) che non corrisponde allo standard, ma
piuttosto apprezzato, a seconda del contesto, anche da persone colte. Corrisponde oramai,
almeno nella protasi (frase secondaria che indica la condizione) all'uso standard nella lingua
francese:
Del resto, non si tratta di una semplificazione tipica dell'italiano parlato moderno, ma di un
fenomeno sempre esistito in questa lingua:
Se io credevo non avere figlioli, arei preso pi tosto per moglie una contadina che
non te
Dico che, se io non ci veniva, non arei mai, mai creduto ch'ella (questa citt) fosse
stata pi bella di Siena.
(Pietro Aretino, La Cortigiana, primo atto, prima scena.)
al posto di
In questo caso, pare che l'imperfetto abbia la propriet di indicare un evento come non
effettivo. Parleremo in tal caso di imperfetto potenziale. Nel complesso l'imperfetto potrebbe
essere, tra tutti i tempi dell'indicativo, quello pi adatto ad indicare una semplice possibilit.
Le sue caratteristiche lo rendano adatto come tempo dell'irrealt, atto ad indicare anche gli
eventi di un sogno:[12]
Ho sognato che ero Liz Taylor, che uscivo di casa e poi andavo a fare una crociera.
Si pu senz'altro asserire che l'imperfetto costituisce una forma verbale estremamente ricca di
usi; esso in grado di indicare anche il futuro nel passato:[13]
al posto di
Questo uso, che ricorda molto da vicino quello del presente per indicare gli eventi futuri,
tipico dell'italiano colloquiale.
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Imperfetto di modestia
Usato al posto del presente, l'imperfetto pu avere la funzione di rendere pi cortese una
richiesta o il contributo di chi sta prendendo la parola in una conversazione.[14] Si parla in
questo caso di imperfetto di modestia (o desiderativo, o ancora imperfetto di cortesia):
In questi casi, il locutore vuole rendere nota, usando l'imperfetto, un'intenzione che persiste
anche al momento in cui egli sta parlando. Sta all'interlocutore capire che questa intenzione
ancora attuale. In questo modo egli pu dare o meno conferma della sua disponibilit (almeno
in teoria). L'uso esiste in tutte le lingue romanze, ma dato che si basa su procedimenti retorici
molto diffusi e comprensibili, esso conosce dei corrispondenti anche in altri ceppi linguistici.
Si riportano qui degli esempi tratti dall'inglese e dal tedesco:[15]
Per dire in italiano volevo chiedere qualcosa. Le frasi riportate prevedono l'uso dei principali
tempi del passato delle due lingue, rispettivamente il simple past ed il Prteritum. Siccome in
questi contesti l'imperfetto ricorda il condizionale, il fenomeno viene, da diversi studiosi,
considerato come un particolare uso modale.[16]
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Lingue romanze
manger
mangiare
choisir
scegliere
vendre
vendere
tre
essere
voir
vedere
je
parlais
mangeais
choisissais
vendais
tais
voyais
tu
parlais
mangeais
choisissais
vendais
tais
voyais
il
parlait
mangeait
choisissait
vendait
tait
voyait
nous
parlions
mangions
choisissions
vendions
tions
voyions
vous
parliez
mangiez
choisissiez
vendiez
tiez
voyiez
ils
parlaient
mangaient
choisissaient
vendaient
taient
voyaient
comer
mangiare
insistir
insistere
ir
andare
ser
essere
ver
vedere
yo
hablaba
coma
insista
iba
era
vea
hablabas
comas
insistas
ibas
eras
veas
hablaba
coma
insista
iba
era
vea
nosotros
hablbamos
comamos
insistamos
bamos
ramos
veamos
vosotros
hablabais
comais
insistais
ibais
erais
veais
ellos
hablaban
coman
insistan
iban
eran
vean
Lingue germaniche
L'imperfetto italiano trova corrispondenti nelle altre lingue romanze, ma non nelle lingue
germaniche. Il simple past dell'inglese ed il Prteritum del tedesco (talvolta chiamato
Imperfekt) riuniscono infatti in s la funzione perfettiva e imperfettiva rispettivamente di
passato remoto e imperfetto italiani. In queste due lingue l'aspetto verbale non pertanto
morfologizzato, ma per indicare la compiutezza o meno di un'azione si ricorre a perifrasi
progressive, particolarmente frequenti in inglese, ma presenti anche in tedesco:
I was sleeping
Stavo dormendo.
Lingue slave
Diverse lingue slave, almeno nella loro grammatica moderna, dispongono di pochi tempi
verbali. Alcune utilizzano solo il passato, il presente ed il futuro: dunque, in questi tempi non
prevista una distinzione tra perfetto ed imperfetto. Per caratterizzare l'azione in maniera
perfettiva o meno, si coniugano semplicemente dei verbi diversi tra di loro.
Lingue come il polacco distinguono infatti tra i verbi perfettivi (dokonane), che designano
un'azione compiuta, e imperfettivi (niedokonane), che indicano un'azione incompiuta, in via
di svolgimento, abituale o ripetuta nel tempo. La differenza tra questi verbi sta in genere nel
prefisso ed quindi piuttosto una questione di lessico che di coniugazione. Si noti anche
l'esempio in russo (conoscere), imperfettivo; , perfettivo.
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Greco
L'imperfetto era un tempo molto usato e dall'uso ancora pi esteso anche nella lingua greca,
nella quale per ha un funzionamento ed una costruzione molto diversi. Il segno distintivo
dell'imperfetto greco infatti l'aumento, che consiste nell'anteporre al tema verbale (T.v) del
verbo il prefisso: -, che porta ad un allungamento quantitativo della vocale quando il T.v
inizia per vocale (E.S: imperfetto di (go): + = (gon), ossia: + si
contraggono in "" dando cos origine al T.v dell'imperfetto: -, a cui poi si aggiunge la
desinenza storica: -o, = : "io conducevo") o alla preposizione della vocale rispetto al
verbo quando questo inizia in consonante, in tal caso non si ha alcun fenomeno di contrazione
ma solo di semplice allungmento silliabico (per il motivo che il prefisso: - aggiungendosi al
T.v ne va ad aumentare il numero di sillabe). Si pu infatti osservare la tipica espressione
, "faceva", che corrisponde al latino facebam, nel senso di "costruiva", "faceva"; alcune
volte l'imperfetto greco per pu esprimere maggiore anteriorit, pu essere talune volte,
infatti, tradotto come un passato remoto (tradoto in greco solitamente con l'aoristo) "fece",
"costru".
Passato remoto
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Il passato remoto una forma verbale del modo indicativo. Normalmente, il passato remoto
viene usato per indicare avvenimenti considerati come compiuti in un passato considerato
psicologicamente come lontano e povero di rapporti espliciti con il presente (inteso come il
momento dell'enunciazione), il che lo distingue dal passato prossimo.
Indice
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5.1 Francese
5.2 Spagnolo
5.3 Portoghese
6 Note
7 Bibliografia
8 Voci correlate
9 Altri progetti
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Questa forma verbale si coniuga sostituendo le desinenze dell'infinito (-are, -ere, -ire) con
quelle previste nel sistema verbale italiano per il presente nelle tre coniugazioni:
1a persona 2a persona 3a persona 1a persona 2a persona 3a persona
io
tu
egli, ella
noi
voi
essi, esse
1a coniugazione
parlare
parlai
parlasti
parl
parlammo
2a coniugazione
ricevei
ricevesti
ricev
parlaste
parlarono
ricevere
3a coniugazione
dormire
dormii
dormisti
dorm
2a coniugazione
ricevetti ricevesti ricevette ricevemmo riceveste ricevettero
ricevere
I verbi della prima e della terza coniugazione (-are e -ire) sono in genere regolari,
mentre quelli della seconda sono in genere irregolari.
Ad esempio, per i verbi che terminano in -cere (vincere) si ha: vinsi, vincesti,
vinse, vincemmo, vinceste, vinsero. Similmente, per i verbi in -gere, come
piangere avremo: piansi, piangesti, pianse, piangemmo, piangeste, piansero; i
verbi in -ggere (reggere) si coniugano cos: ressi , reggesti, resse, reggemmo,
reggeste, ressero.
I verbi che terminano in -dere daranno risi, ridesti, rise, ridemmo, rideste,
risero; per i verbi che terminano in -ndere si ha normalmente: spesi, spendesti,
spese, spendemmo, spendeste, spesero.
Per il verbo spegnere e gli altri che terminano in -gnere le forme sono: spensi,
spegnesti, spense, spegnemmo, spegneste, spensero; analogamente, per i verbi
in -gliere si ha: scelsi, scegliesti, scelse, scegliemmo, sceglieste, scelsero.
Tra gli altri fenomeni, uno dei pi vistosi quello del raddoppiamento della
consonante finale della radice: volli, caddi, bevvi, tenni, ruppi, seppi, eccetera.
Il verbo essere caratterizzato da un meccanismo proprio: fui, fosti, fu, fummo, foste,
furono.
Si ricorda, per gli altri casi, l'uso dei coniugatori automatici [1]; [2]; [3].
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Cenni storici
Il passato remoto corrisponde alle varie forme di perfectum semplice che le lingue romanze
hanno ereditato dal latino. Dato che in latino classico la forma concorrente, ossia il passato
prossimo, non esisteva ancora, era un tempo di largo uso.
Tra i mutamenti fonologici che hanno caratterizzato il passaggio dal perfectum latino alla
forma del passato remoto italiano, si ricordano i seguenti:
La forma latina cantavi alla prima persona ha subito la caduta della -v- intervocalica,
un fenomeno abbastanza diffuso: il risultato stato cantai. Vale un discorso analogo
per le altre persone (per esempio da cantavisti risultato cantasti).
La terza persona cant deriva da cantaut ed un'assimilazione tra le due vocali della
desinenza, a e u (Bruni). Anche la caduta della consonante finale -t un fenomeno
normalissimo per gli sviluppi dell'italiano.
La tendenza del passato remoto ad essere usato meno durante il passare dei secoli un
fenomeno controverso. A questo proposito si ricorda soltanto il fatto che ancora nel
Medioevo, il passato remoto conosceva degli usi che risulterebbero inaccettabili nella
grammatica dell'italiano moderno:
Una montagn
d'acqua e di fro
or diserta com
(Dante, Inferno, Canto XIV)
Uno (...) che si chiam Fresco da Celatico, aveva una sua nepote
(Giovanni Boccaccio, Decameron, sesta giornata, ottava novella)
In esempi simili a quelli qui proposti, che illustrano un uso particolare del verbo chiamarsi, la
lingua standard prevede infatti l'uso dell'imperfetto (si chiamava). Questo fenomeno, un
tempo assai frequente, non mai stato completamente chiarito.
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Si illustra in quanto segue l'uso del passato remoto in relazione al passato prossimo. Per
quanto riguarda le questioni inerenti all'imperfetto, si rimanda alla voce dedicata a questa
forma verbale.
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La differenza tra queste due forme verbali sottile e quasi sempre il passato remoto pu
essere sostituito dal passato prossimo senza il pericolo di produrre enunciati veramente
inaccettabili.[1] Non vale necessariamente il discorso contrario, dato che eventi che hanno un
rapporto specifico con il presente non possono essere descritti usando il passato remoto. Per
questo, l'enunciato
non considerato come accettabile nella grammatica dell'italiano standard: infatti l'effetto
dell'azione sta ancora perdurando nel presente, mentre il passato remoto indica in qualche
modo una sorta di lontananza dell'evento.
Non sar mai possibile stabilire una regola generale che stabilisca la quantit di tempo
trascorsa per poter definire se l'evento da considerarsi come "prossimo" o "remoto", dato
che ci dipende dalla distanza psicologicamente percepita. Come ricordano alcuni studiosi
(vedi Weinrich), in passato diversi grammatici si illudevano che fosse possibile attenersi alla
cosiddetta regola delle 24 ore. Secondo questo principio, gli eventi antecedenti per pi di
ventiquattro ore dovevano essere indicati con il passato remoto, gli altri con il passato
prossimo. In realt, la teoria era destinata a fallire.
Tenendo sempre conto del contesto, si preferisce il passato prossimo per eventi considerati in
qualche modo ancora attuali. In un altro contesto, il passato remoto pu caratterizzare i
medesimi eventi in maniera diversa: essi possono avere un qualche riferimento al presente,
ma un tale riferimento non viene in nessun modo indicato (come si pu osservare nella
seguente coppia di enunciati):
La guerra del golfo stata un evento che anche oggi fa parlare molto di s.
Il nome delle due forme verbali continua comunque a suggerire la differenza principale che le
caratterizza: mentre il passato prossimo si riferisce piuttosto ad eventi considerati
psicologicamente come vicini, il passato remoto la forma del passato percepito come
psicologicamente lontano.
L'opposizione tra vicino e lontano pu peraltro comparire in enunciati in cui vengono usati
tutti e due i tempi:
Ieri, il parlamento ha abolito la legge che fece parlare tanto di s prima della guerra.
[modifica]
Tra le due forme verbali intercorrono comunque differenze di varia natura, che vanno ben
oltre la distinzione tra vicino e lontano:
che in quella parlata, a meno che il contributo orale non sia accuratamente pianificato
o formale.
Fattori storici: Il passato prossimo, nel corso dei secoli, ha finora mostrato una certa
tendenza a sostituire il passato remoto, per cui quest'ultimo pu avere connotati,
anche negativi, di vetust o antichit. Il suo uso pu quindi non essere adeguato al
contesto della vita quotidiana. Nel parlato, soprattutto alla seconda persona, pu
accadere che lo si usi solamente per scherzare. D'altro canto il passato remoto alla
prima ed alla terza persona nella lingua scritta di registro sostenuto (si pensi ad un
articolo giornalistico, lavoro scolastico o alla lingua parlata ben pianificata) non mai
stato seriamente messo in discussione.
Variet regionali: Il passato prossimo viene usato pi spesso in Italia del Nord, dove
accade che il parlante usi il passato prossimo in contesti dove le grammatiche
tradizionali prescrivevano l'uso del passato remoto. Nell'Italia del Sud accade assai
spesso il contrario.
La molteplicit di differenze tra i due tempi, considerabili sotto diverse prospettive, lascia al
parlante un certo margine di scelta.
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Il passato remoto non si presta particolarmente alla formazione di parole, sicch il fenomeno
si presenta soltanto in contesti assai particolari. Si ricorda nell'italiano burocratico il sempre
pi desueto attributo fu, anteposto ad un nome per indicare una persona deceduta (ad
esempio, Il fu Mattia Pascal). In questo caso, le caratteristiche grammaticali del passato
remoto (tempo, aspetto) permettono evidentemente di considerare la vita di una persona come
evento inequivocabilmente concluso. Fu compare nei dizionari come aggettivo invariabile.
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Nelle lingue imparentate all'italiano, il passato remoto (perfetto semplice) mostra evidenti
somiglianze nelle forme e nella funzione basilare, ma non ha sempre avuto la stessa fortuna.
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Francese
Nella lingua francese, il passato remoto noto come pass simple. Come in italiano ed in
tutte le lingue romanze, indica un avvenimento da considerarsi come compiuto (a differenza
dell'imperfetto) e lontano (al contrario del passato prossimo). Nell'uso quotidiano della lingua
parlata, questo tempo non viene pi usato, e spesso viene anche trascurato nei testi letterari
pi curati, anche se non ancora veramente raro. Nel complesso, viene usato molto meno che
in italiano.
La tipica coniugazione pu essere riassunta cos:
je
-ai (aimai)
-is (finis)
tu
-as (aimas)
-is (finis)
il
-a (aima)
-it (finit)
-mes (finmes)
-tes (fintes)
ils
-irent (finirent)
-rent (aimrent)
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Spagnolo
In spagnolo, il passato remoto (pretrito perfecto simple), o indefinido viene usato pi che in
italiano o in francese. Il passato prossimo viene rigidamente limitato, nel suo uso, a contesti
in cui l'azione svolta si ritrova in un chiaro ed indiscutibile rapporto con il momento
dell'enunciazione. Un racconto, al contrario, sar formulato con l'uso dell'indefinido e
dell'imperfetto. La coniugazione regolare del pretrito perfecto simple la seguente:
verbi in -ar (hablar)
yo
- (habl)
- (com) (viv)
-aste (hablaste)
- (habl)
-i (comi) (vivi)
nosotros
-amos (hablamos)
vosotros
-asteis (hablasteis)
ellos
-aron (hablaron)
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Portoghese
Nella lingua portoghese, viene chiamato pretrito perfeito. la forma pi frequente per
indicare un'azione iniziata e compiuta nel passato, sicch assai pi frequente che in italiano.
In quanto segue, se ne descrive la coniugazione dei casi pi tipici:
verbi in -ar (amar)
eu
-ei (amei)
-i (corri)
-i (parti)
tu
-aste (amaste)
-este (correste)
-iste (partiste)
ele
-ou (amou)
-eu (correu)
-iu (partiu)
ns
-mos (ammos)[2]
-emos (corremos)
-imos (partimos)
vs
-astes (amastes)
-estes (correstes)
-istes (partistes)
eles
-aram (amaram)
-eram (correram)
-iram (partiram)
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Note
1. ^ Con alcune eccezioni; si consideri l'esempio Nel giro di un paio d'ore fummo a casa sani e
salvi. chiaro che in questo enunciato non assolutamente possibile sostituire il passato
remoto con il passato prossimo; sarebbe semmai possibile sostituirlo con l'imperfetto, ma non
senza modificare la visione aspettuale dell'evento. Per le particolarit aspettuali del passato
remoto, vedi Bertinetto.
2. ^ senza l'accento acuto in brasiliano.
Futuro semplice
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Il futuro semplice una forma verbale del modo indicativo. Indica situazioni ed eventi
presenti e futuri che risultano in qualche modo incerti; il futuro viene spesso preferito al
presente per indicare eventi futuri quando l'evento situato a notevole distanza di tempo
nell'avvenire:
Indice
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1 Cenni storici
2 Coniugazione del futuro semplice
3 Uso del futuro
o
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Cenni storici
Il futuro italiano nella sua forma attuale non un'eredit diretta del latino classico. Questa
lingua utilizzava infatti una variante di futuro completamente diversa da quella che usiamo
oggi. Per amare, si aveva:
Con il tempo, questa forma antica caduta in disuso, anche perch con il tempo e con i vari
mutamenti linguistici in corso, essa iniziava a rassomigliare troppo a quella dell'imperfetto.[1]
Fin cos per fare gradualmente posto ad un'altra: questa era formata dall'infinito del verbo,
seguito dalle forme coniugate dell'ausiliare avere: amare habeo ecc. (amare + ho). Col
tempo, le forme del verbo all'infinito si sono fuse in un'unica parola con quelle del verbo
avere, che restano ancor oggi riconoscibili nelle desinenze del futuro dell'italiano (o di altre
lingue romanze):
Per l'italiano: io amer amare + ho; tu amerai amare + hai; egli amer amare +
ha.
Per il francese: j'aimerai aimer + ai; tu aimeras aimer + as; il aimera aimer + a.
Per lo spagnolo: yo amar amar + he; t amars amar + has; l amar amar +
ha.
Per il portoghese: eu amarei amar + hei; tu amars amar + hs; ele amar amar
+ h.
Nella coniugazione in -are, il mutamento fonetico da -ar- atono in -er- tipico della
Toscana[2]. In origine, il significato di queste forme era modale (la forma amare habeo
significava 'ho da amare', oppure 'devo amare'). Del resto, ancor oggi il futuro pu indicare un
dovere
Questa forma verbale si coniuga sostituendo le desinenze dell'infinito (-are, -ere, -ire) con
quelle previste nel sistema verbale italiano per il presente nelle tre coniugazioni:
1a persona 2a persona 3a persona 1a persona 2a persona 3a persona
io
tu
egli, ella
noi
voi
essi, esse
1a coniugazione
parlare
parler
parlerai
parler
2a coniugazione
ricever
ricevere
riceverai
3a coniugazione
dormir
dormire
dormirai
Come detto, le forme del verbo avere restano abbastanza riconoscibili soprattutto nelle
desinenze del singolare. Per le maggiori particolarit, ad esempio verbi irregolari, si possono
riassumere cos le principali linee di tendenza:
In alcune forme verbali pu verificarsi una caduta della e: il risultato sar avr al
posto di aver. Per questi verbi le forme saranno quindi avr, avrai, avr, avremo,
avrete, avranno. Le ragioni di questo mutamento fonologico sono semplici: la e si
trova nelle immediate vicinanze di una sillaba accentata e viene facilmente indebolita.
Similmente si avranno delle forme come cadr, dovr, potr, sapr, vedr, vivr per
citare le pi frequenti.
Il fenomeno della caduta di -e- un'irregolarit che si ritrova quasi esclusivamente tra
i verbi in -ere, dunque quelli della seconda coniugazione. In genere, il fenomeno ha
luogo tra i verbi con l'accento sulla -e- della desinenza -ere (avre, potre, dovre,
godre ecc.). Al contrario, non cade di norma la -e- atona che ritroviamo nei verbi
accentati sulla radice (come prndere, vndere, lggere, scrvere o muvere).
Si ricordi lo stesso fenomeno anche nel verbo andare (andr invece di ander), della
prima coniugazione. Sporadicamente si riscontra la stessa caduta della vocale anche
nella terza coniugazione, quella in -ire (verr).
Per approfondire il caso della caduta della -e- in verr: per evitare problemi di
articolazione della pronuncia, spesso le due consonanti si assimilano: avremo dunque
rimarr al posto di rimanr, oppure vorr al posto di volr. Similmente: berr e
terr.
Si distinguono per la conservazione della vocale tematica a tre verbi irregolari della
prima coniugazione, la cui forma all'infinito molto breve: fare, dare e stare (far,
dar, star). Similmente, per il verbo essere, si ha sar, sarai, sar, saremo, sarete,
saranno.
Il suono velare di /k/ e /g/ dei verbi che terminano in -care oppure -gare resta
inalterato anche davanti ad -e-, sicch si nota la comparsa di un adattamento
ortografico (h): cercher, cercherai ecc. L'ortografia delle forme il cui infinito
termina in -ciare oppure -giare segue una regola particolare (omissione della i:
comincer, comincerai ecc.).
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L'uso temporale
quello di indicare avvenimenti situati nell'avvenire, soprattutto se assai lontani nel tempo
(fra un paio di anni, andr in America).
Del resto, il nome stesso della forma suggerisce questa interpretazione. Ciononostante, essa
ancor oggi oggetto di discussione.
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Cinzia non c', adesso sar a Roma o a Civitavecchia (la forma sar sta per 'pu
essere' a Roma).[4]
Nell'enunciato
Stanno suonando, sar sicuramente Gabriele (la forma sar sta per 'deve essere').
3) L'uso concessivo,[5]
Tali usi portano alcuni studiosi ad interpretarlo come forma futura dell'imperativo. Il futuro
indica comunque un dovere anche in altri contesti:
Gli oggetti lasciati indebitamente in questo scaffale saranno rimossi dal personale
addetto
osservare come esso sia di gran lunga pi frequente di quello temporale (che al contrario
tende a diventare sempre pi raro[6]).
Contemporaneamente, nei secoli passati sempre diventato meno frequente l'uso del futuro
in genere, che comunque resta (dopo il presente ed il passato prossimo) una delle forme
verbali italiane pi usate nella maggior parte dei contesti.
Diversi autori sostengono con convinzione che la natura del futuro sia modale, cio che la
forma serva ad indicare una forma di insicurezza o di potenzialit nel presente, e non una
forma di sicurezza nell'avvenire.[7] Comunque stiano queste cose, per le sue particolarit
storiche, morfologiche e semantiche, il futuro assume una posizione periferica nel sistema del
modo indicativo per avvicinarsi invece a quella del condizionale.
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In genere, in una lingua si ritrova una dissimmetria tra passato e futuro. Viene infatti
privilegiato il dominio referenziale del passato, mentre quello del futuro, situato nel mondo
dell'insicurezza, non trova sempre un sicuro posto nella grammatica. L'opposizione
fondamentale sar quindi quella tra passato e presente, oppure tra passato o non-passato.
Il futuro una forma verbale che manca in innumerevoli lingue (vedi lingua ebraica, lingua
giapponese, lingua hadiya). In altre caratterizzato, con il passare dei secoli, da una spiccata
instabilit per forma e significato. Da una parte, spesso il futuro pu essere sostituito dal
presente come avviene peraltro nelle lingue che non lo conoscono; inoltre, si registra nella
storia di molte lingue l'alternanza tra due forme diverse, come si pu osservare anche
nell'italiano moderno:
Finir
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Lingue romanze
Come accennato, per le lingue romanze, il verbo ausiliare per la forma analitica era avere, il
che accomuna ancora le lingue imparentate all'italiano. In passato, la forma che ha dato
origine al futuro moderno veniva usata in concorrenza al vecchio futuro latino. Per il verbo
mangiare avremo nella lingua spagnola ed in quella francese, le forme seguenti:
italiano
francese
spagnolo
io manger
je mangerai
yo comer
tu mangerai
tu mangeras
t comers
egli manger
il mangera
l comer
noi mangeremo
nous mangerons
nosotros comeremos
voi mangerete
vous mangerez
vosotros comeris
essi mangeranno
ils mangeront
ellos comern
Lingue germaniche
Per la formazione del futuro, i sistemi verbali delle lingue germaniche preferiscono le forme
analitiche.
Per l'inglese, si usano gli ausiliari to shall e to will, che restano invariati durante la
coniugazione. Mentre shall riservato all'uso nella prima persona, will utilizzabile in tutta
la coniugazione. Entrambe le forme possono essere contratte, sicch I shall drink e I will
drink si confondono in I'll drink (che corrisponde a berr).[8]
In tedesco si usa il verbo ausiliare werden, letteralmente traducibile con la parola diventare.
Quest'ultimo varia continuamente a seconda della persona. Per i verbi to eat e essen, che
corrispondono a mangiare, avremo dunque le seguenti forme:
inglese
tedesco
du wirst essen
I verbi ausiliari usati in inglese e tedesco per il futuro sono essenzialmente gli stessi da
coniugare in altro modo per la formazione del condizionale.
La funzione epistemica del futuro (quella di indicare una supposizione) non riscontrabile
solo nelle forme del futuro di diverse lingue romanze, ma anche in tedesco.[9]
Passato prossimo
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Disambiguazione Se stai cercando l'omonimo film di Maria Sole Tognazzi, vedi Passato
prossimo (film).
Il passato prossimo una forma verbale che indica eventi, esperienze e fatti conclusi,
considerati secondo l'aspetto perfettivo:
Es.: Ieri sono andato all'ufficio postale.
Questo significa che mentre l'imperfetto indica una situazione, uno stato o comunque un
evento durante il suo svolgimento nel passato, il passato prossimo considera l'azione come un
evento o un avvenimento compiuto.[1]
Indice
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Questo tempo si forma combinando le forme del presente indicativo degli ausiliari avere (a) o
essere (b) con il participio passato del verbo in da coniugare:
a. ho cantato, hai cantato, ha cantato,
abbiamo cantato, avete cantato, hanno cantato.
b. sono andato/a, sei andato/a, andato/a,
siamo andati/e, siete andati/e, sono andati/e.
Per il resto, questo tempo segue le regole che valgono per tutte le forme composte del sistema
verbale:
Una delle questioni di maggiore importanza riguarda la scelta tra avere ed essere: per
i verbi transitivi, cio quelli che reggono il complemento senza intermediario
(preposizione), si sceglie sempre il verbo avere: ho comprato gli orecchini. I verbi
intransitivi, quelli che non possono avere il complemento oggetto, vengono il pi
delle volte coniugati con essere: sono uscito/a, sono andato/a. Nonostante i numerosi
testi che hanno cercato di spiegarne la logica, in questi casi la scelta dell'ausiliare
questione ancora discussa.
Soprattutto nella coniugazione in -ere, le forme del participio passato possono essere
irregolari.
In Italia del Sud, soprattutto in passato, si tendeva a sovrautilizzare il verbo avere (io ho
andato).
Per il resto, si rimanda alle tabelle di coniugazione.[4]
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Cenni storici
Il passato prossimo una forma verbale che nella lingua latina non esisteva. Al suo posto
veniva utililizzato il perfetto, che corrisponde all'incirca al passato remoto. L'origine del
passato prossimo risale all'epoca tarda del latino, sulla base di locuzioni come habeo litteram
scriptam: in origine, questo enunciato significava semplicemente 'ho una lettera scritta': il
participio aveva dunque la funzione di aggettivo. Questa costruzione, cambiando
gradualmente di significato, ha assunto le veci di una vera e propria forma verbale del
passato, per divenire sempre pi comune tanto in italiano quanto nelle altre lingue romanze.
In tal modo, il passato prossimo si affiancato alla forma semplice del perfetto (passato
remoto), senza tuttavia soppiantarlo.
Il meccanismo basato su habeo litteram scriptam si inoltre esteso ad altri contesti, per cui si
sono sviluppati nelle lingue romanze dei tempi come il trapassato prossimo, il futuro
anteriore, il congiuntivo passato e tutte le altre forme composte del sistema verbale.
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Il passato prossimo pu inoltre indicare fatti ed eventi con la funzione temporale di tempo del
passato, per esempio nelle narrazioni. Nell'esposizione di fatti passati, il passato prossimo si
distingue con gran chiarezza dall'imperfetto, ma non dal passato remoto. Le funzioni di
questo tempo possono emergere abbastanza chiaramente da un confronto tra le tre forme
verbali.
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Per quanto riguarda la differenza tra passato prossimo e passato remoto, questa basata su
criteri di rilevanza rispetto al presente. Psicologicamente, l'avvenimento pu essere
considerato come vicino (sicch si user il passato prossimo) o lontano (allora sar preferito il
passato remoto).
Nella scelta, non comunque possibile basarsi soltanto su criteri cronologici. Se vero, da un
lato, che gli avvenimenti avvenuti in un passato recente verranno coniugati al passato
prossimo pi spesso di altri, ci non pu in alcun modo costituire una regola generale. Conta
invece la distanza psicologicamente percepita,[6] anche se il pi delle volte gli enunciati
riferiti a tempi vicini finiscono per essere formati con il passato prossimo: logico che gli
eventi accaduti in un passato recente vengano normalmente rivissuti con pi intensit rispetto
ad altri accaduti in vecchia data, e che quindi vengano indicati con il passato prossimo.[7]
Viceversa, gli eventi lontani nel tempo saranno spesso percepiti come psicologicamente
distanti, per cui sar alta la probabilit vengano indicati con il passato remoto. Non per questo
si deve cadere nell'illusione di poter stabilire criteri puramente temporali per stabilire quando
usare l'una o l'altra forma. In altre parole, un fatto accaduto in tempi lontani:
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Il passato prossimo una classica forma di perfetto composto. Spesso, viene chiamato con
questo nome o con nomi simili da alcuni studiosi (cfr. Bertinetto). In quanto segue, si
presentano le forme di composte del perfetto in alcune lingue romanze e non.
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Francese e spagnolo
Forme veramente corrispondenti al passato prossimo sono quelle composte del perfetto nelle
lingue romanze, come ad esempio il pass compos in francese, molto simile al passato
prossimo italiano.
Una differenza che si trova sporadicamente tra la forma italiana e quella francese sta nel fatto
che esistono in francese dei verbi che si coniugano con il verbo avere, ossia avoir, mentre in
italiano richiedono essere.
Genere
Suffisso
Esempio
Singolare
maschile
Singolare
femminile
-e
Plurale
maschile
-s
Plurale
femminile
-es
Una differenza fondamentale tra il francese e l'italiano, sempre per quanto riguarda l'accordo,
sta nel fatto che spesso in francese le forme accordate del participio conservano il suono della
forma al maschile singolare, sicch non si sente alcuna differenza tra all, alle, alls ed
alles: solo nella lingua scritta che emerge - almeno il pi delle volte - la differenza tra
forme di vario genere e numero.
Il perfecto dello spagnolo (Presente Perfecto) si distingue da quelli dell'italiano e del francese
per utilizzare soltanto il verbo avere come ausiliare
Inglese e tedesco
L'inglese ed il tedesco, come lingue germaniche, usano le forme composte del passato
seguendo regole proprie. Queste sono essenzialmente basate sul concetto di un passato pi o
meno attuale.
La forma composta del passato in inglese, il Present perfect simple, usa unicamente l'ausiliare
to have per poi combinarlo al participio del verbo da coniugare:
Questo tempo compatibile con la forma progressiva basata sul gerundio: He has been
talking, a differenza di quanto non avvenga in molte altre lingue.
Nella lingua tedesca, il perfetto (Perfekt) usa come ausiliari sia essere che avere, a differenza
dell'inglese: Er hat gesprochen - Er ist gegangen (Ha parlato - andato). Una differenza
notevole rispetto a molte altre lingue il fatto che in genere il participio va posto alla fine
della frase, sicch la forma verbale del perfetto viene spesso interrotta da una parte
dell'enunciato:
A tale proposito, vale la pena di ricordare che in italiano sono piuttosto rare le espressioni che
possono frapporsi tra l'ausiliare ed il participio (si tratta soprattutto di brevi specificazioni
temporali): sempre venuto; gi venuto; non mai pi arrivato; non ancora arrivato).
invece molto pi comune che il passato prossimo italiano venga formato senza soluzione di
continuit.
Trapassato prossimo
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Il trapassato prossimo, spesso chiamato anche piucheperfetto o piuccheperfetto, una forma
verbale che indica la compiutezza oppure l'anteriorit temporale di un evento rispetto ad un
momento passato: Ieri ho ricevuto quello che avevo chiesto il giorno prima.
Indice
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5 Note
6 Bibliografia
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Per l'uso del trapassato prossimo viene definito un momento passato a partire dal quale
l'avvenimento viene osservato. Ogni costruzione si riferir a questo momento:
In questo caso, il momento viene specificato esattamente nella frase (ieri all'una). La
funzione del trapassato nell'esempio quella di indicare che, in quel momento, l'azione era
compiuta (vedi aspetto).[2]
Il momento di osservazione pu essere anche indicato da altre forme verbali del periodo,
come il passato prossimo, il passato remoto o l'imperfetto:
Non abbiamo voluto leggere il libro che la nonna ci aveva regalato a Natale.
Le forme del trapassato indicano in questo esempio una esplicita anteriorit temporale
rispetto al momento indicato dalle altre forme verbali (spesso, esse si ritrovano nella frase
principale).
L'uso del trapassato prossimo non raro in concomitanza con quello del presente storico:
Nel 1616, Galileo riceve aspre critiche per il contenuto dei libri che aveva
pubblicato.
Anche in questo caso, l'enunciato specifica il momento passato (Nel 1616), anche se non deve
essere necessariamente cos. Infatti, il momento al quale ci si riferisce spesso del tutto
implicito e deve essere recuperato nel contesto (in un altro enunciato oppure tramite un
ragionamento, come accade anche nell'esempio seguente):
Guarda com' sporca la tua maglietta, eppure ti avevo detto di fare attenzione!
In questo caso, l'azione indicata dal verbo dire sar anteriore rispetto ad un momento non
direttamente specificato. Nell'esempio, si tratta forse di quello in cui la raccomandazione
(fare attenzione) stata trascurata.
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Similmente all'imperfetto, pu indicare irrealt (ma solo nella lingua parlata con sintassi non
sorvegliata):
Ora stiamo qui bloccati in questo treno lentissimo, ed invece con l'aereo, a quest'ora,
avevamo gi finito il viaggio.
Normalmente, questi usi non sono considerati come accettabili nella lingua standard.
Esiste inoltre anche un uso di cortesia del trapassato,[3]: in pratica, comunque, esso
applicabile soprattutto al verbo venire:
In questo caso il trapassato sostituisce il passato prossimo (sono venuto), che descriverebbe
con maggior precisione la costellazione temporale degli eventi. Per ragioni di cortesia,
comunque, il locutore trasporta artificialmente quelle che sono le sue intenzioni nel mondo
del passato (si tratta dell'uso corrispondente all'imperfetto di modestia): l'espediente serve
dunque ad evitare un enunciato troppo invadente o comunque troppo diretto.
A differenza degli usi corrispondenti dell'imperfetto, anche essi in un qualche modo collegati
all'irrealt, il trapassato indica dei processi verbali conclusi.
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Il trapassato prossimo abbastanza corrente nella maggior parte delle lingue indoeuropee. La
sua complessit di significato si riflette nella ricchezza di forme che si ritrova nei vari idiomi,
il che giustifica un confronto. La forma usata in latino, non ereditata dall'italiano, rinunciava
all'ausiliare e prevedeva un'unica forma verbale (detta forma sintetica):
Le dinamiche che hanno portato alla formazione del trapassato prossimo nella lingua italiana
di oggi sono le stesse che hanno causato la nascita delle altre forme composte (vedi passato
prossimo).
La forma sintetica sopravvive ancora in lingua portoghese, ma solo come forma scritta e
quindi di uso meno frequente (ouvira, avevo sentito). Pi spesso si usa in portoghese il verbo
ter come ausiliare, per poi aggiungere il participio ottenendo la forma tinha ouvido. questa
la cosiddetta forma analitica che conosciamo dall'italiano. Lo stesso meccanismo caratterizza
il trapassato in inglese:
Si comportano similmente, oltre all'italiano, il tedesco ed il francese (ich hatte gehrt; j'avais
entendu). D'altro canto, in alcune variet meridionali sia del tedesco sia del francese esiste
una forma ottenuta con il perfetto composto (passato prossimo) dell'ausiliare, cui viene poi
ancora aggiunto il participio passato del verbo da coniugare: dalla combinazione risulter il
verbo coniugato, che includer due forme del participio passato e sar cos composto da tre
forme verbali in tutto:
Tradotti letteralmente, gli enunciati andrebbero resi in un italiano agrammaticale (io ho avuto
sentito al posto di io avevo sentito). In francese, si parla di pass surcompos, in tedesco di
doppeltes perfekt.[4] In sintesi, si avranno allo scritto le seguenti forme corrispondenti
all'italiano sentire-udire. Le forme con il doppio participio nelle variet di tedesco e francese
sono riservate ad contesti speciali (linguaggio poetico, dialettale o antiquato), sicch non
vengono incluse nell'elenco.
Inglese Tedesco
I had
heard
Latino
ich hatte
audiveram
gehrt
auzisem
j'avais
entendu
avevo
sentito
du
you had
hattest
heard
gehrt
audivers
auzisei
ouviras /
habas
tinhas ouvido odo
tu avais
entendu
avevi
sentito
he/she
had
heard
audiverat
auzise
il/elle
avait
entendu
aveva
sentito
er/sie
hatte
gehrt
we had
heard
wir
hatten
gehrt
ouvramos /
tnhamos
ouvido
audivermu auziser
s
m
nous
habamos
avions
odo
entendu
avevamo
sentito
ouvreis /
auziseri tnheis
ouvido
habais
odo
auziser
ouviram /
tinham
ouvido
haban
odo
Nelle lingue romanze come l'italiano, il trapassato prossimo di solito affiancato da una
seconda forma, il trapassato remoto. Con il passare dei secoli, quest'ultimo ha ceduto gran
parte del suo ambito di uso al primo (per quanto riguarda l'Italia, soprattutto al nord).
Trapassato remoto
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Il trapassato remoto una forma verbale che indica fatti che si sono svolti poco prima di un
momento indicato dal passato remoto.
Esempio: nell'enunciato
l'azione indicata dal verbo scendere (coniugata al trapassato remoto) anteriore a quella di
uscire (passato remoto).
Se alcuni secoli fa compariva anche nella proposizione principale, oggi si usa solo nella
secondaria. Nel complesso, questa forma verbale ha un certo ruolo, seppur modesto,
soprattutto nella lingua scritta di stile particolarmente elevato (es.: testo letterario). ancor
meno diffuso nelle variet settentrionali italiane.
Indice
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Come accennato, questa forma viene usata soltanto nella proposizione subordinata (frase
secondaria), introdotta da congiunzioni come dopo che, non appena, finch e simili:
Io non dissi nulla finch gli altri non ebbero finito di parlare;
Giovanna and a raccontare in giro la notizia solo una settimana dopo che l'aveva
sentita.
Giovanni corse a parlare con tutti perch aveva sentito quella notizia incredibile.
Giovanni corse a parlare con tutti dopo che ebbe sentito quella notizia incredibile.
se ne potranno utilizzare altre, il che limita ancora una volta l'uso del trapassato remoto:
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Sono diverse le lingue romanze a disporre di una seconda forma verbale del trapassato, basata
sull'ausiliare coniugato in una forma semplice del perfetto (passato remoto). Come in italiano,
anche in francese ed in spagnolo si tratta di una forma meno usata e soprattutto in francese
spesso si preferisce il trapassato prossimo: nella lingua pi letteraria, il trapassato remoto
indica un avvenimento accaduto prima di un secondo evento indicato dal perfetto semplice
(vale a dire dal passato remoto). La costruzione con la subordinata anteposta quella pi
comune:
A differenza di quanto accade in italiano o in francese, tutte le forme composte dei verbi
spagnoli utilizzeranno solo il verbo ausiliare haber:
En cuanto el delincuente hubo salido del cuarto, la vctima se ech a llorar (ES)
A titolo di paragone, si propone nella tabella la coniugazione del verbo dormire. Al passato
remoto dell'ausiliare italiano, corrisponderanno il pass simple francese e l'indefinido
spagnolo. Gli ausiliari verranno usati per formare rispettivamente il pass antrieur[4] ed il
pretrito anterior[5]:
Italiano: trapassato remoto Francese: pass antrieur Spagnolo: pretrito anterior
io ebbi dormito
j'eus dormi
yo hube dormido
tu avesti dormito
tu eus dormi
t hubiste dormido
il eut dormi
l hubo dormido
Futuro anteriore
Indice
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Questa forma verbale si coniuga combinando le forme del futuro semplice degli ausiliari
avere o essere con il participio passato del verbo in questione:
avr cantato, avrai cantato, avr cantato,
avremo cantato, avrete cantato, avranno cantato;
oppure:
sar andato/a, sarai andato/a, sar andato/a,
saremo andati/e, sarete andati/e, saranno andati/e.
Per il resto, la coniugazione del futuro anteriore segue le particolarit del passato prossimo.
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Cenni storici
utilizzano una forma del participio combinata al verbo ausiliare). Il futuro anteriore latino ha
ceduto quindi il passo alle forme come le conosciamo oggi.
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Uso temporale
Usi epistemici
Gli usi pi frequenti di questa forma verbale sono comunque altri, soprattutto quelli
epistemici. Analogamente al futuro semplice, il futuro anteriore pu infatti indicare una
supposizione su un avvenimento:
Anche in altre lingue europee, si ha una forma di futuro ottenuta coniugando il verbo ausiliare
al futuro semplice per poi aggiungervi un participio passato.
Per quanto riguarda la forma, dato che in tedesco ed in inglese non ci sono forme sintetiche, il
futuro anteriore sar formato dalla successione di tre forme: per esempio, in inglese la forma
del presente dell'ausiliare will seguita dall'infinito di have e dal participio passato del verbo
da coniugare.
Si propongono come termine di confronto le varie forme corrispondenti all'italiano egli avr
dormito.
Francese
Futur antrieur
Spagnolo
Futuro perfecto
Inglese
Future perfect
Tedesco
Futur II
il aura dormi
l habr dormido
Estara enfermo?
Una lingua che prevede largo uso del futuro anteriore per indicare una supposizione sul
passato indubbiamente il tedesco.
Verbi incoativi
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Nella lingua italiana, vengono detti verbi incoativi - impropriamente, per analogia col latino
- quei verbi della terza coniugazione (-ire) che ampliano, o che possono ampliare, il
paradigma desinenziale ordinario con l'interfisso -isc- tra radice e desinenza, alla 1^, 2^, 3^ e
6^ persona dell'indicativo presente, del congiuntivo presente e dell'imperativo. Si tratta di
fenomeno caratteristico solo della terza coniugazione, e presente nella stragrande
maggioranza[1] dei suoi verbi.
La denominazione, affermatasi nella grammatica tradizionale, per impropria perch in
italiano l'interfisso -isc- non portatore di alcun significato proprio, in grado di conferire
all'azione espressa da verbo un aspetto incoativo (cio di inizio dell'azione). Si tratta di una
funzione che in latino aveva l'interfisso -sc-, di cui -isc- l"erede" e da cui si trae tale
denominazione, ma che in italiano non conserva valore semantico proprio: infatti, non vi
alcuna differenza tra nutro e nutrisco. Esistono soltanto, in rarissimi casi, alcune sfumature di
significato che la tradizione letteraria ha assegnato in via preferenziale al paradigma in -iscpiuttosto che a quello ordinario, nei verbi che li ammettono entrambi, ma si tratta comunque
di variazioni che non conferiscono all'interfisso un valore semantico proprio.
Indice
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1 Morfologia e origine
2.1 A-G
2.2 I
2.3 L - Z
3 Casi particolari
3.1 Errori frequenti
4 Note
5 Bibliografia
6 Voci correlate
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Morfologia e origine
L'interfisso -sc- compare esclusivamente nelle 1^, 2^, 3^ e 6^ persone del presente
indicativo, del presente congiuntivo e dell'imperativo. Essendo portatore di accento primario
rende ciascuna di queste voci rizoatone - cio accento non sulla radice - e acquisiscono perci
cadenza piana le prime tre e sdrucciola l'ultima.
Inoltre l'interfisso adegua la sua resa fonetica a seconda della vocale iniziale della desinenza
assumendo ora suono duro della C (/-'isk-/), se seguita da -a o -o, ora, invece, il suono dolce
del digramma SC (/-'i-/) se seguito da -e o -i.
Indicativo presente
Congiuntivo presente
Imperativo
fin-sc-o
fin-sc-a
fin-sc-i
fin-sc-a
fin-sc-i
fin-sc-e
fin-sc-a
fin-sc-a
fin-imo
fin-imo
fin-imo
fin-te
fin-te
fin-te
fin-sc-ono
fin-sc-ano
fin-sc-ano
All'origine dell'affisso -isc-, che ha creato un sistema desinenziale parallelo a quello standard
gi presente nella terza coniugazione, dev'esserci stato un uso imitativo del suffisso latino
-sco in verbi che gi avevano implicito un valore incoativo nel solo significato - che
ovviamente da rintracciare nella radice e non nella desinenza - come fiorire, guarire, marcire
che indicano tutti un processo progressivo. Tale valore anche possibile rintracciarlo in
numerosi altri casi di verbi parasintetici, appartenenti alla stessa coniugazione, come indurire,
arrossire, dove il valore incoativo pu essere percepito in maniera ancora pi marcata che nei
precedenti.
Col tempo, poi, il legame iniziale col suffisso -sco deve essere venuto meno, sino a far
diventare tale sistema desinenziale accessorio, una particolarit della terza coniugazione,
favorendone cos la diffusione in altri verbi che nulla avevano a che fare con un concetto di
inizio o di principio, ma anche pi genericamente di progressione. Secondo numerosi
studiosi[2] la sua diffusione darebbe da addebitarsi a una generale "tendenza livellatrice"
dell'accento su tutto il paradigma verbale che infatti presenta una netta prevalenza delle forme
rizoatone; non a caso l'interfisso -isc- presente soltanto in quei modi e in quei tempi e in
quelle voci, che altrimenti avrebbero accento primario sulla radice del verbo.
Vi inoltre da aggiungere che spesso parallelamente alle forme in -ire, si sono sviluppati dei
verbi partendo dalla medesima radice con la desinenza -are. Queste coppie di verbi
corradicali, possono essere sinonimi perfetti equamente distribuiti, oppure rappresentare una
la variante meno comune dell'altro, magari d'uso solo letterale o antiquato; talvolta invece i
verbi condividono soltanto alcune sfumature dei loro significati, mentre altre volte sono quasi
contigui come significati ma fondamentalmente diversi; altre volte invece per processi storici
hanno significati completamente slegali seppure uniti nell'etimo. L'aspetto fondamentale di
queste coppie che le prime due voci dell'indicativo presente possono confondersi se non si
sa che il verbo in -ire ha l'estensione in -isco e -isci.
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Una lista dei verbi incoativi presente sulla Grammatica italiana di Moretti-Orvieto[3] con
482 verbi segnalati. La seguente lista, per, stata ricavata dal Vocabolario della lingua
italiana Devoto-Oli contenente circa 740 verbi fra cui antiquati e anche semplici varianti di
verbi non presenti nella lista perch appartenente ad altre coniugazioni.
Per ragioni di maggiore fruibilit, sono stati omessi quei prefissi da cui facile risalire alla
forma base, della quale seguono la coniugazione; sono stati mantenuti, invece, quei verbi con
forte indipendenza semantica dal verbo base e tutti quelli generalmente marcati come "non
comuni" dai dizionari per ragioni di completezza.
> e < nelle colonne "verbi" e "corradicali" indicano che quella forma una variante del verbo presente
nella colonna pi a destra (>) significato o in corradicale, o a sinistra (<).
1, 2 nella colonna "tipo" indicano invece i verbi per cui correntemente possibile usare sia la
coniugazione regolare (1), sia quella incoativa (2), indicando quale della due viene segnalata dai
dizionari come predominante o preferibile; * indica la presenza di limitazione della una doppia
coniugazione, indicate nelle note.
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A-G
Verbo
Significato
Tipo
Corradicali
abbellire
abbellare
abbonire
abbonare
abbrividire
abbrividare
abbrunire
abbrunare
abbrustolire
< abbrustolare
Note
abbrutire
abbruttire
abolire
aborrire
abortire
accalorire >
accalorare
Esiste un verbo non
corradicale in -are 'accanare'
accanirsi
accestire
acciocchire
intorpidire
acciucchire
istupidire
accorcire >
accudire
acetire
accorciare
acquisire
acuire
addocilire
ammorbidire; indocilire
addolcire
adempire >
addolciare
adempiere
aderire
adibire
adire
adsorbire
produrre un
adsorbimento
afferire
essere afferente
affertilire
affienire
affievolire
affiochire
affienare
affievolare
[4]
< affiocare
Esiste un verbo non
corradicale in -are 'affittare'
affittire
affloscire >
affluire
aggentilire
aggobbire
afflosciare
aggranchire
aggranchiare
aggrandire
aggrandare[5]
aggredire
aggrinzire
aggrinzare
agguerrire
Esiste un verbo non
corradicale in -are 'agiare'
agire
alleggerare [6]
alleggerire
allenire
lenire, diminuire
allestire
Esiste un verbo non
corradicale in -are 'allibare'
allibire
allividire
allocchire
istupidire
ambire
ammalinconir
e
ammalizzire
smaliziare
ammannire
Preparare
ammansire
ammattare[7]
ammattire
ammencire
inflacidire
ammezzire
infracidire
ammiserare[8]
ammiserire
ammollire
ammorbidire; indebolire;
lenire
ammollare
ammonire
ammorbidire
<
ammorbidare
ammortire
ammortare
ammoscire >
ammosciare
ammuffire
<ammuffare
ammusire
ammusare
ammutire
ammutare
ammutolire
ammutolare[9]
annerire
annerare
annichilire
annichilare
annobilire
annuire
apparire
appassare[11]
appassire
appesantire
appetire
appetare[12]
appiattire
appiattare
appiccolire
applaudire
appratire
appiccolare[13]
rimpiccolire
1
Mettere un terreno a
prato
approfondire
approfondare
appuntire
appuntare
ardire
arguire
arriccare[14]
arricchire
arrochire
arrossire
rendere rauco
< arrocare
arrossare
Esiste un verbo non
corradicale in -are 'arrostare'
arrostire
arrugginire
arruvidire
arruvidare[15]
arsire
inaridirsi
assalire
assaporire
1
insaporire
assaporare
asserire
asservare[16]
asservire
assopire
assorbire
assordire
assordare
assonnirsi
assonnare
assortire
Esiste un verbo non
corradicale il -are
'attecchiare'[17]
attecchire
atterrire
atterrare
attribuire
attristire
attristare
attutire
attutare
aulire
avvertire
Emanare profumo
Le forme in -isc- sono
considerate antiquate
avvilire
avvilare[18]
avvizzire
avvizzare[19]
azzittire
azzittare
azzoppire
azzoppare
bandire
barrire
bastire
costruire
bianchire
biancare
bipartire
blandire
bombire
rimbombare
borire
bramire
emettere bramiti
brandire
brunire
sottoporre a brunitura;
levigare
brusire
campire
Stendere il colore di
fondo di un dipinto
candire
capire
carpire
carpare
censire
cernire
cernere
cestire
Confesionare un cesto
chiarare[21]
chiarire
circuire
coire
compiere un coito
collabire
colorire
colorare
Esiste un verbo non
corradicale in -are 'colpare'
colpire
comparire
compartire
compatire
compire
complire
concepire
concupire
compiere
complimentarsi;
compiere
1
< concepere
condire
conferire
confluire
contribuire
convertire
1*
costituire
costruire
custodire
deferire
Esiste un verbo non
corradicale in -are 'Definare'
[22]
definire
defluire
deglutire
demolire
deperire
destituire
differire
diffinire
definire
digerire
digredire
Compiere una
digressione
diluire
dimagrire
dimagrare
diminuire
dipartire
disagrire
sottoporre il vino a
disagrimento
disasprire
disparire
sparire
dispartire
dividere
disquisire
distribuire
divertire
ebollire
eccepire
eccerpire
estrarre citazioni da un
testo
effluire
elargire
eluire
sottoporre a eluizione
erudire
esaudire
esaurire
eseguire
esercire
2
Esercitare unattivit
professionale
esibire
esinanire
annichilire
esordire
espedire
sveltire, sgombrare,
sbrigrare
esperire
intraprendere
evoluire
eseguire evoluzioni
fallire
fallare
farcire
fastidire
favorire
fedire
ferire
feltrire
infeltrire
ferire
2*
finire
2
feltrare
*Solo nella terza persona
anticamente senza -isc-:
ferie o fere
finare
fiorire
fiorare
fluire
forbire
pulire, raffinare
fornire
fremire
fremere
frinire
fruire
gannire
guaire
garantire
garrire
gecchire
umiliare
gerire
gestire, amministrare
gestire
ghermire
gioire
Esiste un verbo non
corradicale in -are 'gradare'
gradire
graffire
granire
ridurre in grani
gremire
grugnire
graffare
guaire
gualcire
guarentire
garantire
guarire
guarnire
guattire
[modifica]
abbaiare
Verbo
Significato
Tipo
Corradicali
illanguidire
illeggiadrire
illimpidire
rendere limpido
illiquidire
liquefarsi
illividire
imbachire
marcire; corrompersi
moralmente
imbaldanzire
imbalordire
imbambinire
imbandire
imbarbarire
stordire, confondere
imbacare
Note
imbarbogire
ribambire
imbastardire
Esiste un verbo non
corradicale in -are
'imbastare'
imbastire
imbecillire
imbellire
imbertonire
Innamorarsi pazzamente
imbestialire
imbianchire
imbiancare
imbibire
imbietolire
rincretinire
imbiondire
imbiondare
imbirbonire
imbizzarrire
imbizzire
imbolsire
imbonire
imbonare
imborghesire
imboschire
imboscare
imbottire
imbottare
bozzacchio; svilupparsi
male
imbrandire
impugnare
imbricconire
rendere briccone
imbroncire >
imbronciare
imbrunire
imbrunare
imbruschire
[24]
rendere brusco
imbrutire
imbruttare[25]
imbruttire
imbufalirsi
adirarsi
imbuire
imbutire
sottoporre a imbutirura
immalignire
immalinconire
immalizzire
rendere malizioso
immelanconire
immalinconire
>
immelensire
immeschinire
imminchionire
immiserire
rendere melenso
immorbidire
immucidire
immusire
immusonirsi
immusonirsi
impadronirsi
impallidire
impartire
impassire
appassire
impaurire
< impaurare
impazientire
< impazientare
impazzire
impazzare
impecorire
impedantire
impedire
impensierire
impermalire
indispettire
impetire
citare in giudizio
impetrire
impietrire
impetrare
impettirsi
impettarsi
impiantire
impiantare
impiccinire
rendere piccino
impicciolire
impiccolire
impidocchire
impietosire
impietrire
impietrare
impigrire
impinguire
impinguare
impoltronire
imporrire >
imporrare
impoverire
impratichire
impreziosire
improsciuttire dimagrire
impuntire
impuntare
imputridire
impuzzire
impuzzare
impuzzolentire
impuzzolire
inacerbire
inacerbare
inacetire
inacidire
inacutire
inasprire
inagrestire
inagrire
rendere agro
inamarire
amareggiare
inanimire
incoraggiare
inanimare
inardire
inaridire
inasinire
instupidire
inasprire
inasprare
incadaverire
incagnire
arrabbiarsi
incallire
incalorire
procurare infiammazione
incanaglire
incancherire
incanagliarsi
incancrenire
incancrenire
incanire
incanutire
imbestialire
incancherare
incaparbire
incaponirsi
incapriccirsi >
incarbonchire
incapricciarsi
ammalarsi di carbonchio
incarbonire
incarnire
incarnare
incarognire
incartapecorire
incatorzolire
inbazzicchire
incattivire
incattivare
incenerire
incenerare
incerconire
incimurrire
ammalarsi di cimurro
inciocchire
inciucchire
incipollire
inciprignire
irritare
incitrullire
inciuchire
istupidire
incivettire
incivilire
incodardire
incollerire
incretinire
incrudelire
incrudire
incupire
incuriosire
incurvire
indebilire
incurvare
indebolire
indebolire
indiavolire
indiavolare
indispettire
indocilire
indolcire
indolenzire
indolire
indolenzire
indormentire
intorpidire
indurire
indurare
inebetire
inerbire
rendere erboso
inerbare
inerire
essere inerente
infanatichire
infantastichire
infarcire
infastidire
infellonire
infeltrire
infemminire
inferire
inferocire
infertilire
infervorire >
infervorare
infetidire
infiacchire
infierire
infievolire
infingardire
infiochire
rendere fioco
infiorentinire
rendere fiorentino
infiscalire
rendere eccessivamente
fiscale
infistolire
infittire
influire
infoltire
inforestierire
<
inforestierare
informicolirsi
informincolars
i
infortire
infoschirsi
infoscare
infracidire
infracidare
infralire
indebolire
infranchirsi
rendere franco
infratire
infreddolire
infrenesire
indurre frenesia
infrigidire
infrigidare
infrollire
infrondire
rendere frondoso
infurbire
infustire
infrondare
ingagliardire
ingaglioffire
ingaglioffare
ingelosire
ingentilire
ingerire
inghiottire
inghiottonire
ingiallire
ingigantire
ingiovanire
ingobbire
ingoffire
ingoffare
ingolosire
ingracilire
ingranchire
rattrappire
ingrandire
ingrigire
ingrinzire
ingrugnire
ingrullire
ingrugnare
inibire
inlividire
illividire
innervosire
inorgoglire
inorridire
inottusire
rendere intellettualmente
limitato
inquisire
insanire
insaporire
insatirire
insaporare
diventare lascivo
insecchire
inselvatichire
inserire
inseverire
insignire
insignorire
insipidire
insoggettire
insolentire
insordire
Indurre soggezione
insospettire
insperanzire
inspessire >
inspessire
instolidire
insuperbire
intenerire
interagire
interferire
interloquire
intestardirsi
intiepidire
intimidire
intimorire
intirannire
intirizzire
intirizzare
intisichire
intontire
intorbidire
intormentire
intorpidire
intorbidare
intorpidire un arto
intoscanire
intozzire
intozzare
intristire
intuire
intumidire
inturgidire
inumidire
invacchire
imbolsire
invaghire
invanire
inveire
invelenire
invelocire
accelerare
inverdire
inverminire
invertire
invetrire
invigliacchire
invigorire
invilire
invillanire
inviperire
invispire
rendere vispo
invizzire
avvizzire
involgarire
involpire
inzotichire
irrancidire
irretire
irrigidire
irritrosire
irrobustire
irrochirsi
rendere rauco
irrugginire
irruvidire
isterilire
istituire
istruire
[modifica]
L- Z
Verbo
Significato
Tipo Corradicali
Note
lambire
languire
largire
lascivire
lenire
Esiste un verbo non
corradicale in -are 'marciare'
marcire
mentire
minuire
mollire
rendere mollo
muffire
mollare
muffare
muggire
2*
munire
Esiste un verbo non
corradicale in -are 'nitrare'
nitrire
nutrire
obbedire
offerire
offrire
olire
profumare
ordire
offerere
orrire
Provare orrore,
inorridire
[26]
2*
2*
2*
ostruire
partire
partorire
patire
pattovire
pattuire
pattuire
percepire
perire
perquisire
piatire
muovere in giudizio;
lamentarsi, impietosire
polire
levigare
poltrire
preferire
premonire
premunire
pervertire
presagire
preterire
tralasciare; trasgredire
proferire
progredire
proibire
prostituire
prurire
[27]
prudere
pulire
punire
putire
puzzare
putrire
imputridire
2*
rabbonire
rabbrividire
raccapriccire >
raccapricciare
raccorcire >
raccorciare
raggentilire
raggrandire
rammeschinire immeschinire
rammollire
rancidire
rapire
irrancidire
Esiste un verbo non
corradicale in -are 'rapare'
rattiepidire
rattrappire
rattrappare
rattristire
rattristare
ravvigorire
reagire
recensire
recepire
redarguire
redolire
profumare
refluire
regredire
rimbambolire
reperire
requisire
restituire
retentire
risuonare
retribuire
ribadire
rifedire
ferire di nuovo
riferire
rifinire
rifinare
rifronzire
rimettere fronde
rimbaldanzire
rimbambire
rimbecillire
rimbischerire
rimedire
racimolare soldi
rimminchionir
e
rimpicciolire
rimpiccolire
rincitrullire
rinciuchire
inciuchire di nuovo
rincoglionire
rincorbellire
rincoglionire
rincretinire
ringalluzzire
ringiovanire
ringrullire
rinsavire
rinsecchire
rinseccolire
<
ringalluzzare
rintontire
rinvigorire
rinvivire
ripartire
ripire
salire
risarcire
risbaldire
ralleggrare
rischiarire
rischiarare
riunire
riverire
rostire
arrostire
rugginire
arrugginire
ruggire
2*
salire
sancire
saporire
sbadire
togliere la ribattitura
sbalordire
sbandire
sbarbarire
incivilire
sbasire
svenire
sbastire
privare dell'imbrastiture
sbiadire
sbianchire
sbiancare
sbigottire
sbizzarrire
sbizzire
sbollire
sbozzacchire
2
rinvigorirsi
scalfire
scaltrire
scandire
scandere
scarnire
scarnare
scarognire
smettere di fare la
carogna
scaturire
scernire
scernere
scheletrire
schermire
tirare di scherma;
proteggere
schermare
schernire
schiarire
schiarare
schiattire
guaire
scipidire
insipidire
scolorire
scolorare
Esiste un verbo non
corradicale in -are 'scolpare'
scolpire
scomparire
Nel significato di
"sfigurare" solo forme
in -isc-.
scompartire
dividere
scoraggire >
scoraggiare
scorcire >
scorciare
scurire
scurare
sdilinquire
indebolire
sdolenzire
sdrucire
scucire, lacerare
seguire
1*
seppellire
sferire
sfinire
in marina: staccare da
un sostegno
2
* solo antiche le forme in
-isc-.
sfittire
sfoltire
sfranchire
rendere pi disinvolto
sgagliardire
privare di gagliardira
sgranchire
sgualcire
sguarnire
sguernire
singultire
piangere singiozzando
sitire
avere sete
smagrire
smalizzire
< smagrare
smaliziare
smaltire
smarrire
smentire
sminuire
snellire
sopire
sopperire
sorbire
sorseggiare
sortire
Estrarre a sorte;
destinare; ottenere
sostituire
Esiste un verbo non
corradicale in -are 'sparare'
sparire
spartire
spaurire
spaurare
spazientire
spedantire
Esiste un verbo non
corradicale in -are 'spedare'
spedire
spessire
ispessire
spessare
spigrire
spoltronire
squittire
stabilire
staggire
starnutire
statuire
sequestrare
< starnutare
stecchire
steccare
sterilire
stiepidire
stirizzire
liberare l'intorpidimento
stizzire
< stordare[30]
stordire
stormire
stranire
innervosire
strepire
fare fracasso
stridire
stridere
strepere
striminzire
stupidire
stupire
subire
suggerire
superbire
insuperbire
supplire
svampire
svampare
svanire
svelenire
svelenare
sveltire
svigorire
svilire
tallire
accestire
tinnire
tintinnare
tintinnire
tintinnare
tornire
tornare
tortire
procedere
tortuosamente
tossire
tradire
tramortire
transfluire
transire
passare
trasalire
trasferire
trasfigurire >
trasfigurare
trasgredire
trasparire
trasricchire
1
diventare straricco
tribuire
attribuire
tripartire
ubbidire
uggire
ombreggiare; tediare
umidire
unire
usucapire
usufruire
Esiste un verbo non
corradicale in -are 'vagare'
vagire
vanire
svanire
vanare
verdire
vomire
vomitare
zittire
zittare
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Casi particolari
Verbi in -partire: compartire, dipartire, dispartire, partire (bi-, tri, quadri-), ripartire,
scompartire, spartire
[modifica]
Errori frequenti
Rappresentando la maggior parte dei verbi della terza coniugazione, capita che anche verbi
coniugabili solo col paradigma tradizionale, vengano, per errore, coniugati con quello
incoativo; casi frequenti sono:
L'errore opposto capita invece frequentemente, col verbo adire (agire in giudizio),
erroneamente scambiato come composto del verbo dire[32] - forse per l'influenza, anche, di
addire/addirsi - e quindi coniugato come esso. Si tratta invece di un verbo di origine latina
'ad ire', usato nelle giurisprudenza nel senso figurato di 'andare verso', e quindi coniugato,
secondo tradizione, come un normale verbo incoativo.
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Modo congiuntivo
Il congiuntivo si usa solitamente nelle proposizioni subordinate per esprimere ipotesi o dubbi
nei casi in cui la subordinata retta da congiunzioni quali "che", "se", "perch", "affinch".
Ci sono due forme semplici di tempo:
che danno forma a due ulteriori tempi composti con l'ausiliare coniugato e il participio
passato:
passato (presente+pp), usato per un'azione passata e terminata rispetto ad una espressa
dall'indicativo presente o futuro
Proposizione subordinata
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Una proposizione subordinata una proposizione che dipende da un'altra proposizione.
Non ha un'autonomia sintattica (se considerata da sola), ed retta da preposizioni, locuzioni
avverbiali o congiunzioni. Pu essere esplicita (verbo coniugato in un modo finito) o
implicita (il verbo coniugato in un modo indefinito).
Ad esempio, nella frase Il cane insegue il gatto che scappa, la proposizione subordinata
(proposizione relativa) che scappa, mentre Il cane insegue il gatto la proposizione
reggente, che in tal caso anche la proposizione principale.
All'interno di un periodo complesso, essa ha la stessa funzione di un complemento, come
nella seguente coppia di enunciati:
Senza di te morirei
Il secondo esempio mostra chiaramente come la subordinata (se tu non ci fossi) assuma lo
stesso ruolo (in questo caso ipotetico) di un'espressione priva di verbo, appunto il
complemento di privazione senza di te.
Indice
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A seconda della loro funzione, quindi, le proposizioni subordinate si suddividono in tre tipi:
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Subordinazione esplicita
Il tempo usato nella proposizione subordinata istituisce rispetto alla principale un rapporto di
contemporaneit, anteriorit o posteriorit.
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Subordinazione implicita
quella ottenuta con l'uso dei modi infinito, gerundio e participio, non coniugabili a seconda
della persona.
Pu succedere che il soggetto della principale coincida con quello della secondaria. questo
il caso dell'ultimo esempio riportato (Rita dice che a casa). A questo punto, vale la pena di
semplificare l'enunciato nel modo che segue:
Il soggetto della subordinata non indicato, dato che l'infinito non coniugabile secondo la
persona. Comunque, esso sar recuperabile dalla principale. Simili considerazioni riguardano
gli esempi seguenti, introdotti dalla subordinata con l'uso del gerundio e del participio:
L'esempio corrisponde alla costruzione con l'esplicita dopo che era partita da Senigallia,
Maria si diretta verso Ancona)
In quest'ultimo esempio si nota la corrispondenza con un costrutto tipico della lingua latina,
ovvero l'ablativo assoluto, chiamato "assoluto" (absolutus) in quanto privo di qualsiasi
legame grammaticale con la proposizione reggente. Il legame solo sul piano del significato.
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Congiuntivo presente
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Il congiuntivo presente la forma verbale della lingua italiana generalmente usata nella
frase secondaria per indicare eventi visti come non reali o non obiettivi (Spero che voi siate
sinceri) oppure non rilevanti.
Indice
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4.1 Latino
4.3 Inglese
4.4 Tedesco
5 Note
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Questa forma verbale si coniuga aggiungendo alla radice del verbo le desinenze previste nella
grammatica italiana nelle tre coniugazioni. Dato che il congiuntivo occorre generalmente
dopo la congiunzione che, questa viene spesso ripetuta.
1a
persona
che io
2a
persona
che tu
3a persona a
2a
1 persona
che egli,
persona
che noi
ella
che voi
1a
coniugazione
parlare
parli
parli
parli
2a
coniugazione
ricevere
riceva
riceva
riceva
riceviamo riceviate
ricevano
3a
dorma
dorma
dorma
dormiam dormiate
dormano
parliamo
parliate
3a persona
che essi,
esse
parlino
coniugazione
dormire
Come accade per la coniugazione del presente indicativo, alcuni verbi della terza
coniugazione prevedo l'utilizzo del suffisso isc: Che io finisca, che tu finisca, che egli
finisca, che noi finiamo, che voi finiate, che essi finiscano.
Quasi tutte le forme irregolari possono essere, a mo' di ricetta, derivate dalla prima
persona del verbo al presente indicativo:
Similmente: che io dica, vada, voglia, possa eccetera. La coniugazione del verbo
dovere si basa sul presente indicativo nella sua forma meno usata (io debbo; che io
debba). Sono pochissime le forme verbali che presentano meccanismi di coniugazione
devianti: che io sia (da essere), che io abbia (da avere), che io dia (da dare), che io
sappia (sapere), che io stia (stare).
Le forme della prima e seconda persona plurale sono quelle che presentano in genere
le minori irregolarit (fra l'altro, la forma in noi coincide sempre con quella
dell'indicativo).
Per i verbi che terminano in -care, -ciare, cere, -gare, -giare, gere e simili, valgono
meccanismi analoghi a quelli della formazione del presente indicativo (alcuni esempi:
che io cerchi, cominci, vinca).
Le tabelle di coniugazione in rete forniscono in genere risultati affidabili: [1]; [2]; [3].
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Viene di solito usato nella frase secondaria introdotta da forme verbali come credere,
pensare, sperare, supporre, ritenere, volere:
Viene anche introdotto, tra l'altro, dalle congiunzioni senza che, prima che, nonostante,
malgrado, a meno che, a condizione che, affinch:
Ti prego di iniziare quel lavoro, a meno che tu non sia gi troppo occupato con altre
cose.
In alcuni di questi casi, nel parlato pi spontaneo, facile osservare come il presente
dell'indicativo arrivi a sostituire quello del congiuntivo. Da una parte, fenomeni del genere
sono attestabili gi dal Medioevo, dall'altra l'uso del congiuntivo, in alcuni dialetti
centromeridionali, sempre stato leggermente limitato rispetto a quello della lingua standard.
[2]
La sostituzione con il presente indicativo frequente soprattutto il caso della seconda persona
del singolare: Penso che sei qui al posto di penso che (tu) sia qui: il fenomeno in parte
giustificato dal fatto che la coniugazione del congiuntivo al singolare la stessa per le diverse
persone (sia, sia, sia): data la possibilit di un enunciato ambiguo chiaro come l'uso
dell'indicativo possa in qualche modo specificare meglio a chi si riferisce.[3]
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Si noti come questo tempo possa, in secondo luogo, occorrere anche nella principale.
1) Si pu ricordare in questo capitolo, come introduzione, l'uso dell'imperativo alla terza
persona, anche se per la forma di cortesia, l'allocuzione loro ha un uso molto limitato:
In questi casi, infatti, le voci dell'imperativo si confondono con quelle del congiuntivo.
Quelle persone vogliono pulire? Bene, allora comincino subito invece di stare tanto a
chiacchierare.
L'uso del tempo presente (sia) indica qui un'azione possibile, mentre in contesti analoghi il
congiuntivo imperfetto indicherebbe irrealt (che ti portassero via!). In altre parole, la
differenza tra il presente e l'imperfetto non , in questo caso, di natura temporale.
3) Il congiuntivo presente pu inoltre indicare un dubbio, una supposizione
Altre lingue
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Latino
In latino il congiuntivo si usa pi regolarmente che in italiano ogni qual volta si presenti
un'azione non reale o un'opinione. Inoltre si utilizza nelle proposizioni interrogative indirette
(es. Nescio quis sit = Non so chi sia) ed anche quando il verbo in questione preceduto da un
pronome interrogativo, caso in cui l'italiano vuole l'indicativo (es. Scio quis sit = So chi
[lett. "So chi sia"]).
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Francese e spagnolo
La coniugazione per il francese e per lo spagnolo assai complessa, come del resto anche
quella italiana. Si propone qui una tabella di confronto per i verbi regolari corrispondenti a
lavorare e dormire, partendo dunque dalla prima e dalla terza coniugazione italiana, assai pi
semplici della seconda (il verbo dormir in spagnolo leggermente irregolare):
italiano
che io lavori
francese
que je travaille
spagnolo
que yo trabaje
che tu lavori
que tu travailles
que t trabajes
qu'il travaille
qu'ils travaillent
italiano
francese
spagnolo
che io dorma
que je dorme
que yo duerma
che tu dorma
que tu dormes
qu'il dorme
qu'ils dorment
La scelta tra indicativo presente e congiuntivo presente, in italiano, rispecchia a grandi linee i
criteri osservabili nelle altre lingue romanze come il francese o lo spagnolo:
Una delle maggiori peculiarit del congiuntivo italiano riguarda i costrutti che indicano
un'insicurezza o un'opionione, dunque quelli introdotti dai verbi del pensiero (pensare,
supporre, credere ecc.). In italiano, la scelta dell'indicativo o del congiuntivo condizionata,
oltre che dal registro, anche dalla maggiore o minore sicurezza che caratterizza l'enunciato.
Dunque, la differenza tra questi due esempi:
pu essere spiegata da un uso pi o meno accurato dei modi, ma anche anche da una
differenza a livello di intenzione comunicativa (asserzione pi o meno perentoria).
Diverso il discorso per il francese o lo spagnolo. In sintesi, i verbi di opinione alla forma
affermativa vengono seguiti dall'indicativo, alla forma negativa sono invece seguiti dal
congiuntivo.
Costrutti come je pense que oppure pienso que da soli non bastano a giustificare l'uso del
congiuntivo. Esso comunque previsto insieme alla negazione:[4]
Similmente, avremo
Infine, una particolarit francese l'uso del congiuntivo presente nella secondaria retta da una
principale al passato; questo fenomeno dovuto al fatto che il congiuntivo imperfetto
(subjonctif imparfait) oramai caduto in disuso: Je ne pensais pas qu'elle soit Rome ('non
pensavo che lei fosse a Roma').
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Inglese
In inglese, le forme del congiuntivo presente si adattano soprattutto ad indicare una richiesta.
A differenza del presente indicativo, non cambia mai a seconda della persona. Per i verbi
essere ed avere avremo infatti:
Manca dunque la desinenza -s tipica della terza persona, come mostrano gli esempi:
I demanded that John leave us. ('ho richiesto che John ci lasci')
She asked that he not be told. ('lei chiese che non gli si dicesse/venisse
detto/dicessero')
I insist that he come when I call. ('insisto che lui venga quando chiamo')
La forma presente si distingue da quella passata, usata invece per eventi coloriti di modalit
irreale o comunque improbabili:
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Tedesco
Il congiuntivo presente corrente anche in tedesco, lingua in cui l'ambito d'uso di questo
modo non coincide con quello delle lingue romanze: infatti limitato soprattutto alla
formazione del discorso indiretto nella frase secondaria. In altre parole, un evento viene
considerato come soltanto detto, e quindi in un certo modo non necessariamente fattuale.
La coniugazione del Konjunktiv I (la forma che ricorda il congiuntivo prestente) prevede che
la desinenza -en dell'infinito venga sostituita da quelle del congiuntivo. Si avr quindi per il
verbo gehen:
Ich gehe, du gehest, er gehe, wir gehen, ihr gehet, sie gehen.
Il discorso indiretto viene formato nello stesso modo indipendentemente dal tempo nella
principale:
Come nelle altre lingue, c' il pericolo che le forme coincidano con quelle corrispondenti
dell'indicativo. In questo caso, si preferir la forma del Konjunktiv II (ossia della forma
vicina al congiuntivo imperfetto). Per dire: Dice che vanno a casa si dir ad esempio Er sagt,
sie gingen nach Hause per non dire Er sagt, sie gehen nach Hause, dato che gehen pu essere
interpretato tanto come congiuntivo, quanto come indicativo.
Congiuntivo imperfetto
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Il congiuntivo imperfetto la forma verbale della lingua italiana generalmente usata nella
proposizione subordinata retta da una principale al passato (Speravo che tu fossi sincero).
Indicando una sorta di irrealt, gioca un ruolo di primo piano nella formazione del periodo
ipotetico: se tu fossi sincero, lo sarei anch'io.
Indice
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5.1 Francese
5.2 Spagnolo
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Questa forma verbale si coniuga aggiungendo alla radice del verbo delle desinenze previste
nella grammatica italiana nelle tre coniugazioni:
1a
persona
che io
2a
persona
che tu
3a persona a
1 persona
che egli,
che noi
ella
2a
persona
che voi
3a persona
che essi,
esse
1a
coniugazione
am-are
am-assi
am-assi
am-asse
am-assimo am-aste
am-assero
2a
coniugazione
tem-ere
tem-essi
tem-essi
tem-esse
temessimo
tem-este
tem-essero
3a
coniugazione
serv-ire
serv-issi
serv-issi
serv-isse
servissimo
serv-iste
serv-issero
La forma della seconda persona plurale coincide con quella del passato remoto
(cantaste).
I verbi dare e stare sono molto irregolari: dessi, dessi, desse eccetera; oppure stessi e
cos via.
Per il verbo essere si ha: fossi, fossi, fosse, fossimo, foste, fossero.
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Cenni storici
Il congiuntivo imperfetto nella sua forma attuale ha sostituito quello originariamente presente
in latino. In questa lingua, per il verbo laudare, si aveva laudarem, ma questa forma oggi
estinta. Con la serie di spostamenti avvenuti nel passaggio dalla lingua latina alle lingue
romanze, il posto del congiuntivo imperfetto originario stato preso da quello che in origine
era il congiuntivo piuccheperfetto latino (laudavissem).[1]
Nell'italiano parlato di tutti i giorni, il congiuntivo imperfetto tende ad essere sostituito dalla
forma corrispondente dell'indicativo, soprattutto nel periodo ipotetico. Comunque, non si
tratta di fenomeni necessariamente recenti, ma di semplificazioni dovute ad un registro pi o
meno formale; almeno in italiano (ma non in francese) il congiuntivo imperfetto tuttora da
considerarsi come forma pienamente vitale.[2]
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1) Viene di solito usato nella frase secondaria introdotta da forme verbali all'indicativo
(soprattutto forme del passato) di verbi come credere, pensare, sperare, supporre, volere:
Le forme verbali della principale sono spesso coniugate in tempi del passato, ma non deve
necessariamente essere cos; il verbo della frase principale pu benissimo essere coniugato
anche al presente:
I miei amici erano sempre suscettibili, penso proprio che avessero grossi problemi,
I miei amici erano sempre suscettibili, penso proprio che in quel periodo ne abbiano
viste di cotte e di crude.
In questo caso, la differenza tra queste due forme sta nell'aspetto: nel primo enunciato si
indica uno stato o un'abitudine, mentre nel secondo vengono illustrati degli eventi. Va inoltre
detto che se la frase principale al passato, l'uso del congiuntivo passato escluso; se la
principale invece al presente, scegliendo la forma del congiuntivo passato si avranno
sempre buoni risultati.
2) L'imperfetto del congiuntivo viene usato, tra l'altro, nelle secondarie introdotte dalle
congiunzioni senza che, prima che, nonostante, malgrado, a meno che, a condizione che,
affinch:
Ti pregavo sempre di lavorare, a meno che tu non fossi gi troppo occupato con altre
cose.
3) Secondo le regole della concordanza dei tempi in questi casi, se nella frase principale si
usa il condizionale, la contemporaneit temporale viene in genere indicata dal congiuntivo
imperfetto:
Si dir in questo caso che il condizionale della principale ha funzioni paragonabili a quelle di
una forma verbale del passato.
4) Per la stessa ragione, il congiuntivo imperfetto viene usato nel periodo ipotetico
dell'impossibilit con riferimento al presente:
Infatti, anche in questo caso la frase principale al condizionale presente (mi piacerebbe).
Sono inoltre possibili costrutti con il condizionale passato o misti ad altri modi (imperativo,
indicativo):
Se tu ne dovessi aver voglia, in cucina ci sono delle birre (costrutto pragmatico tipico
della lingua parlata)
Strettamente correlati al periodo ipotetico sono diversi usi del congiuntivo imperfetto,
introdotti ad esempio dalle congiunzioni caso mai e come se:
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L'uso di questo tempo nella proposizione reggente (frase principale) abbastanza raro. Esso
pu indicare un desiderio oppure un dubbio. Nel primo caso
l'uso tempo imperfetto indica irrealt, in opposizione al congiuntivo presente (che tu possa
riuscire!), il quale indica una possibilit.
Nel secondo caso (quello di un dubbio, di una supposizione)
l'uso del congiuntivo imperfetto ha valore temporale. In questo caso, si oppone a quello del
congiuntivo presente, che indica invece l'attualit del momento dell'enunciazione (che adesso
sia morta?).
In dialetto napoletano o nell'italiano regionale del luogo, il congiuntivo imperfetto tende a
prendere le veci del condizionale presente:
Altre lingue
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Francese
Il congiuntivo imperfetto del francese, si chiama subjonctif imparfait e deriva, come quello
italiano, dal congiuntivo piuccheperfetto latino. Per le tre forme regolari, si riporta la
coniuigazione di alcuni verbi (corrispondono all'italiano cantare, finire, rompere, concepire):
chanter
finir
rompre
concevoir
que je chantasse
que je finisse
que je rompisse
que je conusse
que tu chantasses
que tu finisses
que tu rompisses
que tu conusses
qu'il chantt
qu'il fint
qu'il rompt
qu'il cont
qu'il chantassent
qu'ils finissent
qu'ils rompissent
qu'ils conussent
Il suo uso nella lingua parlata morto. Compare, abbastanza di rado, nella lingua scritta alla
terza persona; si tratta di testi di natura assai formale. Anche in questi casi, comunque,
facile che venga sostituito dal congiuntivo presente oppure dall'imperfetto indicativo:
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Spagnolo
Nella lingua spagnola, al nome di subjuntivo imperfecto rispondono oggi due diverse forme
verbali. Il loro uso di solito interscambiabile, almeno nell'ambito geografico del castigliano
in Spagna. La prima proviene dal piucheperfetto indicativo del latino ed pi usata. Se ne
presentano le forme dei verbi cantar, ('cantare'), comer, ('mangiare') e salir, ('uscire'):
cantar
comer
salir
que yo cantara
que yo comiera
que yo saliera
que t cantaras
que t comieras
que t salieras
que l cantara
que l comiera
que l saliera
comer
salir
que yo cantase
que yo comiese
que yo saliese
que t cantases
que t comieses
que t salieses
que l cantase
que l comiese
que l saliese
malgrado alcune differenze. La prima tra le due seguenti coppie di enunciati indica che il
verbo pensare in italiano richiede il congiuntivo anche senza la negazione (a differenza di
quanto accade in spagnolo); il secondo esempio illustra invece un uso del congiuntivo
spagnolo per formare una domanda cortese:
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Lingue germaniche
Le lingue germaniche non hanno forme veramente corrispondenti a quelle del congiuntivo
imperfetto romanzo. Un confronto pu al massimo basarsi sul fatto che anche queste lingue
dispongono di una forma analitica del congiuntivo con riferimento a domini referenziali come
quelli dell'irrealt con riferimento al presente. Malgrado ci ben riconoscibile, proprio nel
caso del Past Subjunctive inglese e del Konjunktiv II tedesco, una forte parentela morfologica
tra le loro forme e quelle passate dell'indicativo.
In sintesi, le loro funzioni tendono a coincidere con quelle del congiuntivo imperfetto
romanzo soprattutto nel caso del periodo ipotetico.
In inglese, le forme del Past Subjunctive coincidono con quelle del Simple past, eccezion
fatta per to be ('essere'): I were, you were, he (she, it) were, we were, you were, they were.
L'uso del Past Subjunctive, assai diverso da quello del congiuntivo imperfetto nelle lingue
romanze. Introdotto dal verbo wish, indica un desiderio collocato piuttosto nel mondo
dell'irreale:
If I had a million, I would buy everything. ('se avessi un milione comprerei tutto')
If that were true, I'd know it. ('se fosse vero, lo saprei')
In contesti informali, la forma were del verbo essere viene spesso sostituita da was:
If he wasn't so stupid, he would help us ('se non fosse cos stupido ci aiuterebbe')
In conclusione, si tratta di una forma il cui nome, Past Subjunctive, congiuntivo passato, non
rende giustizia alle funzioni della voce verbale, ma al massimo alla sua forma.
Per quanto riguara invece la lingua tedesca, le forme del forme del Konjunktiv II sono di
solito interscambiabili con quelle del Konditional. L'uso di queste forme ricopre - all'incirca gli ambiti riservati in italiano al congiuntivo imperfetto nella principale,
Wenn ich eine Million htte, wrde ich nach Afrika gehen
Wenn ich eine Million htte, ginge ich nach Afrika ('se avessi un milione andrei in
Africa'),
Congiuntivo passato
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Il congiuntivo passato una forma verbale della lingua italiana generalmente usata per
indicare passati o conclusi, visti come non reali o non obiettivi o non rilevanti (Tutti pensano
che io sia andata via).
Indice
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Questa forma verbale si coniuga combinando le forme del congiuntivo presente degli ausiliari
avere (a) o essere (b) con il participio passato del verbo in questione:
a. che io abbia cantato, che tu abbia cantato, che lei/lui abbia cantato,
che noi abbiamo cantato, che voi abbiate cantato, che loro abbiano cantato.
b. che sia andato/a, che sia andato/a, che sia andato/a,
che siamo andati/e, che siate andati/e, che siano andati/e.
Per quanto riguarda il resto, la coniugazione segue le particolarit del passato prossimo (vedi
anche questa forma). Per qualsiasi dettaglio, si rimanda alle tavole automatiche di
coniugazione, che danno in genere risultati abbastanza affidabili [1]; [2].
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Viene di solito usato nella frase secondaria introdotta dal presente indicativo delle forme
verbali come credere, pensare, sperare, supporre:
Si accettano tutti i cani, a condizione che siano stati vaccinati almeno un mese prima
del loro arrivo.
Il congiuntivo passato si distingue dal congiuntivo imperfetto per il fatto di non poter essere
usato in costruzioni dove il verbo della principale al passato. Un costrutto introdotto con
pensavo che oppure speravo che richiede infatti il congiuntivo imperfetto (o trapassato).
Nel complesso, l'uso del congiuntivo passato rispecchia quello degli altri tempi di questo
modo (in base alle regole della concordanza dei tempi), anche se con singole restrizioni
dovute alle sue caratteristiche temporali. Ad esempio, assai difficile che occora nelle
subordinate finali (introdotte da perch oppure affinch), o in quelle consecutive (introdotte
da in modo che). Tra le varie forme del congiuntivo, quella che meno si presta ad indicare
una volont o desiderio.
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Nella frase principale, l'uso di questa forma assai raro e si limita soprattutto all'espressione
di un dubbio formulato sotto forma di domanda:
L'espressione di una volont invece, con l'uso del congiuntivo passato, assai improbabile.
Nei toni spenti del costrutto irreale, perfino il congiuntivo trapassato ed il congiuntivo
imperfetto si adattano meglio del congiuntivo passato ad indicare una volont o desiderio:
Se tu fossi gi arrivato!
Se tu fossi gi qui!
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Altre lingue
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Francese e spagnolo
Nelle lingue romanze, la forma del congiuntivo passato ha funzioni analoghe, che solitamente
emergono nella secondaria introdotta dalla principale al presente. In francese, avremo come
in italiano due ausiliari, avoir e tre. Per il verbo aller, il subjonctif pass sar questo:
Dato che l'ausiliare essere, le forme del participio vanno accordate. Ad esempio, si dir:
Per quanto riguarda lo spagnolo, la forma il pretrito perfecto del subjuntivo si forma con il
verbo avere come tutti i tempi composti. Per il verbo il verbo andare, in spagnolo ir, si avr:
Ad esempio:
Tedesco ed inglese
Nella lingua tedesca, si usano due ausiliari per ottenere la forma composta del Konjunktiv I.
Per gehen, che corrisponde ad andare, abbiamo
du seiest gegangen
er sei gegangen
La forma si usa nella secondaria per formare il discorso indiretto con anteriorit temporale
rispetto alla principale. Ad esempio, si veda il seguente esempio di discorso diretto
(pronunciato da Tom):
Tom erzhlt, dass sie gestern im Schwimmbad gewesen seien ('Tom dice che loro sono
stati in piscina').
La costruzione non cambia se la principale al passato, che sia essa al presente oppure al
passato:
Tom erzhlte, dass sie gestern im Schwimmbad gewesen seien ('Tom ha detto che loro
erano stati in piscina').
Per quanto riguarda la lingua inglese, il present perfect subjunctive si distingue dalla forma
corrispondente dell'indicativo soltanto alla terza persona: (that he have done al posto di that
he has done). Questo tempo verbale logicamente e grammaticalmente possibile, ma raro
nell'inglese moderno, sicch viene in genere ignorato.
Congiuntivo trapassato
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Il congiuntivo trapassato (o congiuntivo piuccheperfetto) una forma verbale della lingua
italiana generalmente usata per descrivere un fatto visto come non reale o non obiettivo, che
si distingue per l'anteriorit temporale rispetto ad un momento passato (io credevo che a
mezzanotte tutti fossero arrivati da parecchio).
Questa forma verbale viene inoltre utilizzata nella formazione del periodo ipotetico
dell'irrealt con riferimento al passato (Se avessimo fatto attenzione, avremmo potuto evitare
l'errore).
Indice
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5.1 Spagnolo
5.2 Francese
5.3 Tedesco
5.4 Inglese
6 Bibliografia
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Questa forma verbale si coniuga combinando le forme del congiuntivo imperfetto degli
ausiliari avere (a) o essere (b) con il participio passato del verbo in questione:
a. che io avessi cantato, che tu avessi cantato, che egli avesse cantato,
che noi avessimo cantato, che voi aveste cantato, che essi avessero cantato.
b. che fossi andato/a, che fossi andato/a, che fosse andato/a,
che fossimo andati/e, che foste andati/e, che fossero andati/e.
Per quanto riguarda il resto, la coniugazione segue le particolarit del passato prossimo (vedi
anche questa forma).
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Cenni storici
La forma latina cantavissem, che ricorda da vicino il congiuntivo imperfetto, aveva in origine
il ruolo di congiuntivo trapassato. Con la catena di sostanziali cambiamenti che ha
caratterizzato il passaggio dal sistema verbale latino a quello delle lingue romanze, la forma
Si tratta di una delle forme verbali pi complesse dell'italiano (dato che indica
contemporaneamente anteriorit temporale rispetto ad un momento passato e poi ancora una
qualche forma di irrealt). La forma verbale viene utilizzata secondo le regole della
concordanza dei tempi e viene di solito usato nella frase secondaria introdotta da forme
verbali al passato di verbi come credere, pensare, sperare, supporre. In questo caso, ha la
caratteristica di indicare anteriorit temporale rispetto al momento indicato dalle forme di
questi verbi:
Il suo uso nella subordinata retta da una principale al presente indicativo abbastanza raro,
ma senz'altro adeguato quando sia possibile immaginare l'anteriorit temporale rispetto ad un
momento passato (penso che all'et di sedici anni mio nonno avesse gi imparato l'inglese).
Il congiuntivo trapassato pu inoltre esprimere un desiderio nei costrutti introdotti da verbi
dal significato volitivo (come volere e preferire), purch siano coniugati al condizionale:
In questo caso, il congiuntivo perde il suo significato basilare di trapassato, cio di 'passato
nel passato': infatti, la sua funzione quella di indicare la compiutezza o la semplice
anteriorit temporale di un evento situato nel mondo dell'irreale.
Il congiuntivo trapassato prende anche il posto del trapassato prossimo nelle subordinate
introdotte da congiunzioni come senza che, prima che, nonostante, malgrado, a meno che, a
condizione che:
Si accettavano tutti i cani, a condizione che fossero stati vaccinati almeno un mese
prima del loro arrivo.
A differenza delle forme semplici di questo modo, il congiuntivo trapassato non si presta bene
all'uso nelle finali (introdotte da perch oppure affinch), n in quelle consecutive (introdotte
da in modo che).
Uno dei principali usi del congiuntivo trapassato si incontra nella frase secondaria del periodo
ipotetico dell'impossibilit con riferimento al passato (protasi):
Se tu ieri non mi avessi aiutato adesso non saprei che cosa fare.
Nel periodo ipotetico, la funzione del congiuntivo trapassato non quella di indicare
anteriorit rispetto ad un momento passato, bens quella di indicare un passato irreale.
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L'uso di questo tempo nella frase principale raro. Il trapassato indica talvolta un dubbio in
una domanda:
Non sentivo nessuna voce e mi guardai intorno: che Luciana mi avesse lasciato solo?
In questo caso, la funzione temporale del congiuntivo trapassato non quella di esprimere il
passato nel passato: ci si limita invece ad indicare che il desiderio arriva a compimento
soltanto nel mondo di un passato immaginario. L'esempio si avvicina alla struttura di una
frase subordinata con omissione della principale (come sarebbe bello se avessi giocato quei
numeri).
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Spagnolo
oppure:
Il congiuntivo trapassato utilizzato come verbo della possibilit o dellirrealt dopo le forme
al passato di diversi verbi che indicano una sorta di dubbio o impossibilit:
anche molto usato tanto nella principale che nella secondaria del periodo ipotetico irreale al
passato accompagnato dalle forme del condizionale:
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Francese
tuttavia essenziale ricordare che in francese si tratta di una forma ormai desueta. Per
indicare anteriorit temporale rispetto alla frase principale al passato, infatti possibile usare
il congiuntivo passato. Invece di dire
Il ne pensait pas que tu eusses commis cette btise. ('non pensava che tu avessi
commesso questa sciocchezza')
si dir di solito:
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Tedesco
Per quanto riguarda la lingua tedesca si propone la forma composta del Konjunktiv II, per
molti versi paragonabile a quella del congiuntivo trapassato. Per il verbo singen, che
corrisponde a cantare, si ha:
du httest gesungen
Come in molte altre lingue, si utilizzano i verbi essere ed avere per la formazione del tempo
composto. Il tempo indica soprattutto irrealt nel passato:
Nella costruzione del periodo ipotetico irreale con il riferimento al passato, viene usato sia
nella protasi che nell'apodosi:
Infatti, la forma composta del Konjunkiv II fa anche le veci del condizionale passato:
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Inglese
Il pluperfect subjunctive inglese prende il posto del trapassato prossimo nei costrutti irreali.
Tuttavia, le sue forme coincidono con quelle del corrispondente indicativo: to sing, 'cantare',
si forma infatti con le stesse identiche forme dell'ausiliare.
I had sung,
he had sung
we had sung
il che ben visibile nella protasi del periodo ipotetico irreale al passato:
Periodo ipotetico
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da una pi generale.
Il periodo ipotetico un'unit logica della sintassi composta da una proposizione subordinata
condizionale e dalla sua reggente.
Indice
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1 Lingua italiana
o
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Lingua italiana
Nella lingua italiana, il periodo ipotetico, a seconda del grado di probabilit dei fatti indicati
nella prtasi, viene tradizionalmente suddiviso in tre tipi:
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Periodo ipotetico della realt: l'ipotesi presentata come un fatto reale o comunque
probabile. Il verbo all'indicativo sia nella prtasi sia nell'apdosi (in quest'ultima
pu essere anche all'imperativo).
Se non partiamo subito (prtasi), non arriveremo in tempo. (apdosi)
Se passeremo di l (prtasi), verremo di sicuro a trovarti. (apdosi)
Se il raccolto era buono (prtasi), tutti i contadini facevano festa. (apdosi)
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Periodo ipotetico dell'irrealt: l'ipotesi nella prtasi non vera o impossibile, non pu
realizzarsi o avrebbe potuto ma non mai accaduta. Se l'ipotesi irrealizzabile si
riferisce al presente, il verbo al congiuntivo imperfetto nella prtasi, al condizionale
presente nell'apdosi; se l'ipotesi irrealizzabile si riferisce al passato, il verbo al
congiuntivo trapassato nella prtasi e al condizionale passato nell'apdosi.
Se fossi stato in te (prtasi), non mi sarei comportato cos. (apdosi)
Se l'avessi saputo (prtasi), sarei venuto immediatamente. (apdosi)
Il secondo un chiaro esempio di italiano colloquiale, laddove l'uso del presente indicativo
ha la funzione di dare maggiore enfasi all'enunciato, anche se non da considerarsi corretto.
In questo caso, l'anteriorit si riferisce al momento indicato dalla forma dell'imperfetto nella
principale (ero tristissima).
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Queste regole stabiliscono l'uso dei tempi all'indicativo nella frase subordinata e rispecchiano
le caratteristiche fondamentali dei tempi (ad esempio, il trapassato indica un passato nel
passato, oppure il condizionale passato pu indicare il futuro nel presente). L'insieme di
queste regole tra l'altro fondamentale per la formazione del discorso indiretto.
Nonostante la rigidit logica della concordanza dei tempi, possibile una vasta gamma di
variazioni, dovuta alle diverse funzioni che possono assumere i vari tempi e modi a seconda
del contesto. Ci sono inoltre variazioni dovute al registro linguistico, che pu essere pi o
meno sorvegliato: logicamente, si avranno delle differenze tra parlato di tutti i giorni e lingua
scritta. Tutto ci fa s che la concordanza dei tempi in italiano, come costrutto di regole, ha un
valore descrittivo e normativo notevolmente inferiore rispetto a quello che caratterizzava la
consecutio temporum in latino.
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Frase principale
frase subordinata
rapporto temporale
Luisa sa (presente) che ieri sono andato a Roma (passato prossimo) anteriorit
che adesso vado a Roma (presente)
contemporaneit
posteriorit
La tabella indica gli usi pi frequenti. In quanto segue, si propongono alcune precisazioni ed
approfondimenti:
Anche il condizionale semplice nella principale vale in questi costrutti come forma
del presente (Luisa spiegherebbe agli altri come mai sono andato/vado/andr a
Roma); essi seguiranno dunque questo schema.
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Frase principale
Luisa sapeva
(imperfetto)
frase subordinata
rapporto
temporale
anteriorit
contemporaneit
posteriorit
Un processo attualmente in corso pu in ogni caso essere indicato con l'uso del
presente (Luisa sapeva che Roma la capitale) anche se, ad esser precisi, si trova in
rapporto di contemporaneit con momento indicato dalla forma verbale della reggente
(sapeva).
Il passato prossimo nella principale pu essere interpretato tanto come forma del
passato quanto come forma del presente, a seconda del contesto (Poco tempo fa,
Luisa ha saputo spiegare come mai vado a Roma; parecchio tempo fa, Luisa ha
saputo spiegare come mai andavo a Roma).
Il futuro nel passato pu essere indicato dall'imperfetto (Ieri, Luisa ha spiegato agli
altri che partivo per Roma pi tardi.), soprattutto se il registro linguistico non
particolarmente alto.
Per quanto riguarda il condizionale presente della secondaria retta da una frase al
presente: so che senza il denaro avresti problemi diventa al passato condizionale
passato: sapevo che senza il denaro avresti avuto problemi. Simili considerazioni
valgono per il periodo ipotetico: So che se tu non ricevessi il denaro, avresti problemi
diventa al passato Sapevo che se tu non avessi ricevuto il denaro, avresti avuto
problemi.
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Spesso, la frase principale contiene un verbo che richiede l'uso del congiuntivo nella
secondaria:
Altre volte, l'uso del congiuntivo dettato dal tipo di frase secondaria, spesso indicato da una
congiunzione (nell'esempio che segue, si tratta di una proposizione concessiva):
Nonostante l'uso del congiuntivo, la scelta del tempo verbale segue regole simili a quelle
finora descritte. Il presente indicativo della subordinata sar sostituito dal congiuntivo
presente; il passato prossimo, dal canto suo, verr sostituito dalla forma corrispondente,
quella del congiuntivo passato; al trapassato prossimo subentrer il congiuntivo trapassato.
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Frase principale
frase subordinata
rapporto
temporale
Luisa pensa
(presente)
anteriorit
contemporaneit
posteriorit
Il futuro nella principale vale di norma come tempo del presente (Luisa non
permetter che io vada a Roma).
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Se il verbo della frase principale al passato, le forme verbali della secondaria andranno
adattate a quella della principale:
Frase principale
Luisa pensava
(imperfetto)
frase subordinata
rapporto
temporale
anteriorit
contemporaneit
posteriorit
Vorrei tanto che Luisa avesse studiato abbastanza prima dell'esame (anteriorit nel
passato).
Questa particolarit del condizionale spiega l'uso (poco trasparente) dei tempi nel periodo
ipotetico dell'irrealt o della possibilit:
Fra l'altro, anche il periodo ipotetico reale si forma con le stesse regole che determinano l'uso
dei tempi nella concordanza dei tempi.
Spesso si pu sostituire il congiuntivo con il tempo infinito, allora esso posizionato e
strutturato correttamente (subordinazione implicita):
Luisa mi guardava fissamente, sembrava vedere attraverso i miei occhi la verit dei
fatti alle bugie delle mie parole.
Luisa mi guardava fissamente, sembrava intuire attraverso i miei occhi la verit dei
fatti alle bugie delle mie parole.
Luisa mi guardava fissamente, sembrava sapere attraverso i miei occhi la verit dei
fatti alle bugie delle mie parole.
Imperativo
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L'imperativo un modo verbale della lingua italiana e di molte altre lingue. usato per
esprimere esortazioni e si distingue in questo dagli altri modi: se infatti l'indicativo o il
condizionale (e normalmente il congiuntivo) vengono generalmente usati per le asserzioni,
con l'imperativo si possono formulare divieti, preghiere o consigli in maniera pi o meno
perentoria (vieni qui!).
Sono peraltro frequenti i casi in cui le esortazioni vengono formulate usando altri modi
verbali, oppure le forme di imperativo nelle quali la funzione di esprimere un'esortazione
appena riconoscibile.
Si tratta di un modo fondamentalmente difettivo: nelle varie lingue mancano infatti le forme
coniugate di una o pi persone.
Indice
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1.3 Sintesi
2 L'uso dell'imperativo
4.1 Francese
4.2 Inglese
4.3 Tedesco
4.4 Spagnolo
5 Note
6 Bibliografia
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Le forme dell'imperativo in senso stretto sono quelle alla seconda persona singolare e
plurale e (almeno in italiano) alla prima persona plurale: tu, noi, voi. Il pi delle volte,
esse coincidono con quelle del presente indicativo (esempi: esci, vai, prendi;
usciamo; andiamo, prendiamo; uscite, andate, prendete). La maggiore eccezione
riguarda le forme regolari della coniugazione in -are: infatti, la seconda persona
singolare ha la desinenza -a al posto di i (mangia, ricorda, dimentica): si tratta di una
diretta eredit dalla lingua latina.
Le forme irregolari della seconda persona singolare dei verbi in -are, sono dai, fai,
stai, vai, come al presente indicativo. Vengono spesso abbreviate: da', fa', sta', va'.
Le forme di essere ed avere sono molto irregolari (sii, siamo, siate; abbi, abbiamo,
abbiate). Per sapere, si ha sappi, sappiate.
L'imperativo della forma in tu, combinato con la negazione, si forma usando l'infinito:
non fumare, non bere, non partire!
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Esiste inoltre l'imperativo alla terza persona, che acquist una certa importanza
quando, in epoca moderna, il lei cominci a soppiantare il voi come forma di cortesia.
La terza persona prende in prestito le sue forme (regolari e irregolari) dal congiuntivo
presente: canti, cantino; prenda, prendano; dorma, dormano.
tu
canta, scusa
lei
canti, scusi
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Sintesi
L'imperativo per natura un modo difettivo, dato che non prevede la forma della prima
persona singolare; al suo posto si pu utilizzare il presente indicativo con funzione iussiva o
deontica: adesso mi concentro!. In alternativa, si pu creare, retoricamente, un alter ego
virtuale, un "altro io": Adesso concentrati!'Riassumendo, si avranno queste forme regolari
per tre coniugazioni.
1a coniugazione
cant-are
2a persona
tu
3a persona
egli, ella
1a persona
noi
2a persona
voi
3a persona
essi, esse
cant-a
cant-i
cant-iamo
cant-ate
cant-ino
2a coniugazione
scriv-ere
scriv-i
scriv-a
scriv-iamo
scriv-ete
scriv-ano
3a coniugazione
sent-ire
sent-i
sent-a
sent-iamo
sent-ite
sent-ano
3a coniugazione
pul-ire
pul-isci
pul-isca
pul-iamo
pul-ite
pul-iscano
Per i verbi ausiliari si avr invece: sii, sia, siamo, siate, siano e abbi, abbia, abbiamo,
abbiate, abbiano. normale che il soggetto non venga specificato.
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L'uso dell'imperativo
Non sempre l'atto linguistico riesce bene con l'uso dell'imperativo, che pu dare l'effetto
sgradito di un'imposizione.[1] Infatti, le regole sociali impongono determinati comportamenti
di cortesia, per cui spesso un'esortazione non viene espressa con l'uso dell'imperativo ma
seguendo vie alternative: si tratta degli atti linguistici indiretti.[2] Per esempio, l'esortazione
vieni domani!
talvolta addirittura con l'uso di altre forme modali come il congiuntivo ed il condizionale. Pi
categorico invece l'uso delle forme dell'indicativo (domani tu vieni/verrai).
Nonostante tutto, esprimere un'esortazione in maniera diretta non significa necessariamente
infrangere le regole di cortesia: infatti, sotto questa forma si possono esprimere senza alcun
problema degli inviti, le scuse, gli auguri, le offerte o semplicemente un consiglio.[3]
soprattutto in questi casi che - mancando l'intenzione di esprimere un ordine vero e proprio all'uso dell'imperativo non posta alcuna restrizione:
Mi scusi tanto...
Si figuri!
Dato che l'intenzione primaria del locutore (vedi illocuzione) non quella di far fare qualcosa
a qualcuno, il rischio di minacciarne in qualche modo il territorio e l'autodeterminazione[4]
non dato. Per questo l'uso dell'imperativo risulter diretto, ma senz'altro cortese ed adeguato
al contesto. Simili considerazioni, anche se per le ragioni opposte, valgono per le offese ed
invettive in genere:
Vada al diavolo!
Infatti, neanche in questi casi il locutore ritiene opportuno dover adottare misure particolari
per evitare una sorta di minaccia o aggressione.
Data la variet di usi non stupisce che talvolta le forme verbali perdano - del tutto oppure in
parte - la loro funzione di impartire ordini. Il fenomeno si riscontra soprattutto in forme
ripetute nei rituali, come i saluti in latino vale e valete (rivolti rispettivamente a una o pi
persone): esse hanno in parte perso il loro senso letterale. A questo proposito si noti come
anche in alcuni segnali discorsivi il significato della forma verbale all'imperativo rischia di
diventare quasi irriconoscibile, come si pu constatare nel seguente esempio di lingua parlata:
L'interazione faccia a faccia viene regolata da un segnale che ha in buona parte perso sia il
senso di 'guardare', sia quello di un'esortazione vera e propria. Similmente: E dai, lasciatemi
uscire!, laddove la forma verbale non viene neanche pi adattata al soggetto della frase.
Per finire, si noti come le forme dell'imperativo in tu possono, a volte, indicare un'azione
ripetuta[5] soprattutto quando le forme dello stesso verbo vengono ripetute:
Quella giara era stretta di collo. Z Dima, nella rabbia, non ci avev
(Luigi Pirandello, La giara)
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In diverse lingue come in italiano, l'imperativo una forma difettiva. A seconda dell'idioma,
mancheranno dalla sua coniugazione determinate persone grammaticali. Del resto, anche in
italiano l'imperativo della terza persona viene espresso utilizzando una struttura sostitutiva
come quella del congiuntivo presente.
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Francese
Nella lingua francese, come in italiano, le forme dell'imperativo sono molto vicine a quelle
del presente indicativo, e comprendono anche la forma in noi:
Mangeons! - mangiamo!
Come in italiano, comunque, le forme della prima coniugazione (verbi in are oppure in er
come fumare e fumer) al tu coincidono con quelle del presente alla terza persona:
Pardonne-moi - scusami
Inglese
Nelle lingue germaniche, facile che le forme mancanti dell'imperativo possano essere
sostituite da un intero costrutto frasale chiamato perifrasi.
In inglese, la formazione dell'imperativo assai semplice, dato che le varie forme di questo
modo coincidono in genere con quelle dell'infinito, tanto al plurale quanto al singolare. La
dicotomia tra il tu e la forma di cortesia inoltre scomparsa:
La combinazione tra la prima persona singolare ed il plurale (noi) viene per ottenuta
utilizzando una perifrasi speciale. Si usa infatti una specie di verbo ausiliare (to let),
combinato al pronome complemento us (simile all'italiano noi) ed il verbo da coniugare. Dato
che il pronome us viene di solito abbreviato (aferesi), si usa un apostrofo:
Per quanto riguarda la forma excuse me va peraltro ricordato che questa ha perso, nel
linguaggio moderno, parte del suo signficato di richiesta di scuse: spesso viene infatti usata
semplicemente per attirare l'attenzione.
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Tedesco
In tedesco, per la forma in tu i verbi regolari prevedono la desinenza -st, che per pu cadere
(troncamento); la forma al voi coincide con quella del presente. In entrambi i casi, mancher
la specificazione del soggetto:
Geht! - andate
Per la forma di cortesia (Sie), viene usata al posto dell'imperativo la voce del presente
indicativo. Dunque non vi sar omissione del soggetto, che per viene posposto:
Un uso simile di un ausiliare come quello inglese per la forma in noi si ritrova anche nella
lingua tedesca. Il verbo, come l'inglese to let, corrisponde all'incirca all'italiano lasciare ed
lassen: Lat uns gehen! - andiamo. Neanche questa perifrasi considerata una forma
dell'imperativo.
Come facilmente intuibile dagli esempi, il punto esclamativo obbligatorio ed ha la funzione
di marcare, dunque di rendere riconoscibili le forme dell'imperativo (pi che quella di dare
enfasi all'esortazione).
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Spagnolo
Come - mangia
Comed - mangiate
Coma - mangi
Coman - mangino
Nelle forme di negazione invece, per tutte le persone si usano le forme del congiuntivo
presente.
Articolo (grammatica)
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1 Articoli determinativi
1.1 Italiano
1.1.1 Uso
1.2 Altre lingue
2 Articoli indeterminativi
2.1 Italiano
2.1.1 Uso
2.2 Altre lingue
3 Articoli partitivi
4 Voci correlate
5 Note
6 Collegamenti esterni
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Articoli determinativi
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Italiano
femminil
e
maschile
z, pn, gn, ps,
x, y
davanti a:
s+cons.,
vocale
tutti gli
altri
tutti i casi
casi
singolar
e
lo (l'(1))
il
la (l'(1))
plurale
gli (gl'(2))
le (l'(2))
(1) Davanti a vocale o alla lettera "h" seguita da vocale, non davanti ad una "i" semiconsonantica (es. ione,
iena).
(2) Gli articoli "le" e "gli" si elidono raramente e solo se le due vocali, specialmente le "e", sono uguali.
Unica eccezione: "il dio" ha plurale "gli dei" a causa del processo di deglutinazione.
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Uso
davanti a nomi di persone famose (alla latina, come a dire "il famoso" o "proprio
quello")
pu essere usato davanti ai nomi propri femminili, quando sono adoperati in registro
familiare-affettivo, ma non davanti ai nomi propri maschili[1]
nelle apposizioni
o per ragioni di brevit, nel linguaggio telegrafico e nella piccola pubblicit dei
giornali (partecipiamo vostra gioia, vendo appartamento zona centrale)
o con la preposizione senza, l'articolo indeterminativo si pu esprimere o meno
(girare senza (una) meta, offendersi senza (un) motivo apparente)
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Altre lingue
Le lingue romanze sono quelle con un uso dell'articolo pi simile a quello italiano:
italiano
maschile
singolare
il, lo (l'
(1)
)
maschile plurale
i, gli
femminile
singolare
la (l' (1))
femminile
plurale
le
el
los
els
las
les
os
as
Articoli indeterminativi
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Italiano
maschile
femminile
uno
un
una
rumeno
le (l' (1))
-l, -ul
caso obl.lui
les
-i
caso obl.lor
-a, -ua
la (l' (1)) caso obl.ei
les
-le
caso obl.lor
(un' (1))
e
plurale
--
--
--
In italiano non esiste l'articolo indeterminativo plurale, dato che in espressioni come gli uni e
gli altri ha il ruolo di pronome.
Dove si userebbe l'articolo inderminativo plurale, l'italiano utilizza l'articolo partitivo o
aggettivi indefiniti come alcuni o qualche ("alcuni libri", "qualche libro").
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Uso
nell'espressione un po'
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Altre lingue
Come per l'articolo determinativo, anche per quello indeterminativo le maggiori somiglianze
si hanno con le lingue romanze:
italiano
rumeno
maschile
singolare
un, uno
un
un
um
un
un
caso obl.
unui
maschile
plurale
-- (2)
unos
uns
uns
-- (2)
nite
caso obl.
unor
femminile
singolare
una (un'
(1)
)
una
una
uma
une
o
caso obl.
unei
femminile
plurale
--
(2)
unas
unes
umas
--
(2)
nite
caso obl.
unor
Articoli partitivi
Come accennato, le sue forme plurali fungono anche da forma plurale dell'articolo
indeterminativo. Si tratta del resto dell'uso pi comune del partitivo in italiano.
Sostantivo
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Il sostantivo la parte variabile del discorso che indica una persona, un luogo, una cosa o,
pi in generale, qualsiasi entit animata, inanimata o pensata. I sostantivi sono anche detti
nomi, anche se il primo termine viene preferito in ambito linguistico per il suo significato
maggiormente pregnante: significa infatti provvisto di una propria sostanza, di una realt di
cui possiamo parlare, sia essa tangibile, sotto i nostri occhi (tavolo), sia che esista solo nella
nostra mente (virt). I nomi, insieme ai verbi sono gli elementi primari di una lingua e
costituiscono il pilastro su cui la frase si costruisce.
Indice
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1 Analisi linguistica
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Analisi linguistica
Analizzati in base alle loro caratteristiche semantiche, morfologiche e in base alla formazione
di nuove parole.
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I nomi comuni indicano persone, animali, cose, luoghi, ecc. in modo generico come
appartenenti ad una classe; il nome libro pu indicare uno qualsiasi dei possibili libri
esistenti, se non viene a esso aggiunto qualche maggiore elemento di identificazione:
il mio libro
I nomi propri, invece, sono nomi o cognomi di persone, appellativi geografici, storici,
letterari, culturali e sociali; indicano non ci che generico ma ci che individuale, non la
classe ma l'elemento singolo, e questa singolarit viene evidenziata tramite l'uso della lettera
maiuscola:
Parigi
Lombardia
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I nomi concreti sono quei nomi che si utilizzano per indicare elementi tangibili come:
I nomi astratti sono quei nomi che esprimono elementi intangibili come:
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Il nome individuale designa un'entit singola che pu essere una persona, un animale, una
cosa o un concetto, indicandola con il nome proprio o con il nome comune della classe a cui
questo appartiene. Questa categoria comprende la maggior parte dei nomi:
Per indicare una pluralit di individui, questi nomi devono essere usati al plurale.
Il nome collettivo, invece, pur essendo al singolare designa gruppi o insiemi di persone
(folla), cose (fogliame) o animali (mandria). Quando il nome collettivo in funzione di
soggetto, il verbo di solito va al singolare; si potrebbe considerare corretto l'uso del plurale
nel solo caso in cui il nome collettivo sia seguito da un complemento di specificazione:
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Si dicono non numerabili i nomi che indicano quantit indistinte di una certa sostanza
(acqua, miele); questa quantit indistinta infatti non pu essere contata: in genere non
possiamo dire un'acqua, due acque, ecc. I nomi non numerabili richiedono, per indicare una
quantit, l'articolo partitivo o una locuzione:
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Nomi difettivi
Si dicono nomi difettivi quei sostantivi usati solo al singolare o solo al plurale.
Ad esempio, hanno solo la forma singolare:
Nomi sovrabbondanti
due singolari e un plurale (per es. singolari arma / arme, plurale armi;singolari
nocchiero / nocchiere plurale nocchieri;singolari scudiero / scudiere, plurale scudieri)
due singolari e due plurali (per es. singolari orecchio / orecchia, plurali orecchi /
orecchie)
un singolare e due plurali (per es. singolare braccio, plurale bracci / braccia ;
singolare corno, plurali corni / corna ; singolare filo , plurali fili / fila)
L'ultima categoria la pi importante perch le due forme del plurale hanno spesso un
significato diverso: le due forme non sono interscambiabili in tutti i contesti. In genere una
delle due viene utilizzata maggiormente per indicare un oggetto concreto, l'altra viene
prediletta per il senso figurato (per es. i gesti / le gesta).
Quasi tutti i nomi di questo tipo derivano da sostantivi neutri della seconda declinazione
latina.
Aggettivo qualificativo
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Voce principale: Aggettivo.
Per approfondire, vedi la voce Gradi dell'aggettivo e la comparazione.
Gli aggettivi qualificativi indicano una qualit del nome. Grazie ad essi il nome viene
descritto con maggior precisione ed accuratezza.
senza aggettivo
con aggettivo
Come si pu notare, l'aggiunta degli aggettivi qualificativi modifica il senso delle frasi. A dire
il vero, non sempre gli aggettivi sono necessari; sono, per, sempre importanti, perch ci
permettono di precisare il nostro pensiero, di renderlo pi efficace e di esprimere sfumature
rilevanti. Di un'auto, ad esempio, possiamo dire che bella, ma possiamo anche aggiungere
che metallizzata, scattante, rossa, nuova, comoda, sciccosa, slanciata, ecc. Non c' limite al
numero degli aggettivi qualificativi, perch essi possono riguardare qualsiasi aspetto della
realt o della fantasia.
forma
tempo
colore
sensazioni fisiche
stati d'animo
valutazioni morali
dimensioni
modi di essere
materia
aspetto
Possono funzionare da aggettivi qualificativi anche i participi dei verbi, quando sono legati ad
un nome:
Le fabbriche emettevano scarichi inquinanti.
Fa piacere passeggiare nei prati puliti.
Indice
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3 La concordanza
4 La posizione dell'aggettivo qualificativo
5 L'aggettivo sostantivato e con valore avverbiale
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In riferimento alla loro struttura, gli aggettivi qualificativi si possono distinguere in quattro
gruppi.
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Aggettivi primitivi
Gli aggettivi primitivi hanno una forma propria che non deriva da altre parole (utile, alto,
rosso, onesto) e sono formati soltanto dalla radice e dalla desinenza.
radice
desinenza
aggettivo primitivo
util-
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-e
utile
Aggettivi derivati
Gli aggettivi derivati hanno origine da altri aggettivi, nomi o verbi, con l'aggiunta di un
prefisso, di un suffisso o di entrambi.
prefisso
radice
suffisso
desinenza
deriva da
im-
moral
-e
un aggettivo
in-
capac
-e
un aggettivo
lun
-ar
-e
un nome
poet
-ic
-o
un nome
tem
-ibil
-e
un verbo
ced
-evol
-e
un verbo
cred
-ibil
-e
un verbo
in-
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Aggettivi alterati
Gli aggettivi alterati si hanno quando la forma base dell'aggettivo viene alterata con i suffissi
-ello, -ino, -etto, -uccio, -astro, -one, -accio, -acchione, ecc; l'alterazione pu essere
diminutiva, vezzeggiativa, accrescitiva, dispregiativa e serve per esprimere delle sfumature
di qualit:
furbetto e furbino indicano un modo simpatico di essere furbi;
furbone e furbacchione indicano un modo negativo di essere furbi;
furbastro indica una furbizia condannabile.
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Aggettivi composti
Gli aggettivi composti sono formati dall'unione di due elementi che possono essere:
Gli aggettivi composti, anche quando sono formati da elementi accostati da un trattino
(didattico-educativo, russo-afgano, ecc.) si comportano come una parola unica e formano il
femminile e il plurale cambiando soltanto la desinenza del secondo elemento.
maschile sing.
femminile sing.
maschile plur.
femminile plur.
sordomuto
sordomuta
sordomuti
sordomute
fotostatico
fotostatica
fotostatici
fotostatiche
esterofilo
esterofila
esterofili
esterofile
Genere e numero
L'aggettivo una parte variabile del discorso, in quanto, come fa il nome, cambia la
desinenza in rapporto al genere (maschile e femminile) e al numero (singolare e plurale). Gli
aggettivi variabili e declinabili si raggruppano secondo il modo in cui formano il femminile e
il plurale.
Gli aggettivi della prima classe terminano al maschile singolare in -o, variano sia nel
genere sia nel numero e presentano, perci, quattro diverse desinenze:
singolare
plurale
maschile
buon-o
buon-i
femminile
buon-a
buon-e
Gli aggettivi della seconda classe hanno due sole desinenze, una per il singolare e una
per il plurale, senza distinguere tra maschile e femminile
maschile
femminile
singolare
plurale
vivac-e
vivac-i
Esistono poi aggettivi che terminano in -a, i quali hanno una forma per il singolare e
due per il plurale:
singolare
plurale
maschile
entusiast-a
entusiast-i
femminile
entusiast-a
entusiast-e
-asta: iconoclasta...
C' infine un gruppo di aggettivi con la desinenza invariabile, che hanno cio una
sola forma per entrambi i generi e i numeri. A questo gruppo appartengono:
o gli aggettivi in -i (pari, impari, dispari...);
o gli aggettivi indicanti colori, derivati da nomi (rosa, viola, ciclamino,
indaco...);
o gli aggettivi usati in coppia o uniti a un nome, per indicare sfumature di colore
(verde pastello, giallo limone, rosa pallido, verde bottiglia, grigio ferro...);
Approfondimento
Per la formazione del plurale, generalmente, gli aggettivi seguono le stesse regole valide per i
nomi, ma necessario considerare alcune particolarit.
Gli aggettivi che finiscono in -co (femm. -ca) formano il plurale in:
-chi (femm. -che) se sono piani: bianco/bianchi/bianche, sporco/sporchi/sporche
eccezioni: amico/amici/amiche, nemico/nemici/nemiche, greco/greci/greche;
-ci (femm. -che) se sono sdruccioli: magico/magici/magiche,
politico/politici/politiche
eccezioni: carico/carichi/cariche, dimentico/dimentichi/dimentiche.
Gli aggettivi che finiscono in -go (femm. -ga) formano sempre il plurale in -ghi
(femm. -ghe): largo/larghi/larghe, analogo/analoghi/analoghe.
Eccezioni gli aggettivi che finiscono in -logo e -fago (femm. -loga e -faga), i quali hanno il
plurale maschile in -gi (monaco teologo/monaci teologi; popolo antropofago/popoli
antropofagi), hanno il plurale femminile regolare in -loghe e -faghe.
Gli aggettivi in -io (femm. -ia) con la i accentata formano il plurale maschile in -ii:
restio/restii, pio/pii; se la i non accentata, formano il plurale maschile con una sola -i
(savio/savi, proprio/propri, serio/seri); il plurale femminile regolare in -ie:
restia/restio, seria/serie.
Bello, grande, santo e buono hanno pi forme di singolare e di plurale, che dipendono
dalla lettera iniziale del nome cui si riferiscono.
davanti alle
altre
consonanti
davanti a
vocale
davanti al
femminile
dopo il
sostantivo
bello
sing.
plur.
-
grande
sing.
plur.
-
bello zaino,
psicologo, scoglio
begli zaini
psicologi, scogli
grande zaino,
specchio,gnu
grandi zaini
specchi, gnu
gran o
gran o grande
grande
grande'
sogno,
donna,
amico,
pranzo, fascino
amica, storia
amore
grandi o gran
grandi
grandi
sogni, pranzi,
donne,
amici, amori
fascini
amiche,
storie
buono
sing.
plur.
-
buono o buon
zelo, psichiatra,
scherzo
buoni
scherzi
santo
sing.
plur.
-
santi
Stefano e Luigi
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buon padre,
biscotto, gatto
buoni padri,
biscotti, gatti
san Giulio,
Francesco
Saverio
santi Pietro e
Paolo
bell' uomo,
armadio,
emporio
begli uomini
armadi,
empori
buon'
amico,
umore,
ancoraggio
buoni amici,
umori,
ancoraggi
bella donna,
amica,
stagione
cane,viso,,
belle donne libro bello
amiche,
stagioni
buona
(buon')
amica,
buona zia,
torta
buone
amiche,
zie, torte
sogno,pranzo,
fascino
grande
sogni, pranzi,
fascini grandi
padre,
biscotto,
gatto buono
padri, biscotti,
gatti buoni
santa Paola
o
sant' Adele ======
santi Aimo e
sante Teresa
Vermondo
e Maria
sant Antioco
La concordanza
Un aggettivo qualificativo non pu mai essere usato da solo, deve essere sempre legato a un
sostantivo, direttamente o indirettamente, per esempio tramite un verbo. Per questo motivo,
l'aggettivo deve concordare in genere e numero con il nome cui si riferisce:
gatto grigio, gatta grigia, gatti grigi, gatte grigie
ragazzo felice, ragazza felice, ragazzi felici, ragazze felici
Quando l'aggettivo accompagna un solo nome, l'applicazione della regola risulta semplice;
quando, invece, l'aggettivo si riferisce a pi sostantivi, bisogna distinguere:
Se i nomi di genere diverso sono entrambi plurali, la concordanza pu avvenire anche col
nome pi vicino (Ho comprato maglioni e camicie nuove); siccome questa soluzione pu
generare confusione, preferibile usare l'aggettivo al plurale maschile (Ho comprato
maglioni e camicie nuovi). Se l'aggettivo preceduto da un articolo si dice aggettivo
sonstantivato ad esempio:gli antichi
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L'aggettivo qualificativo pi essere posto sia prima sia dopo il nome cui si riferisce. In
generale, l'aggettivo posto prima del nome esprime una maggiore soggettivit, una certa
enfasi emotiva o una ricercatezza stilistica; quello posto dopo il nome ha rilievo particolare:
Apparvero in lontananza riarsi terreni.
Apparvero in lontananza terreni riarsi.
L'aggettivo riarsi indica in entrambe le frasi una qualit di terreni: nella prima frase d
maggior risalto al nome, nella seconda assume esso stesso un rilievo maggiore.
A volte, posto prima del nome, l'aggettivo ha un valore puramente descrittivo; posto dopo
assume un valore restrittivo:
Usa di preferenza i vecchi giocattoli;
Usa di preferenza i giocattoli vecchi. (non quelli nuovi)
In alcuni casi, per, la diversa posizione dell'aggettivo determina un totale cambiamento di
significato; questo accade in espressioni come quelle che seguono e in parecchie altre simili:
pover'uomo = uomo meschino, di basso livello morale;
uomo povero = uomo non ricco, privo di mezzi;
diverse occasioni = numerose occasioni;
occasioni diverse = occasioni di vario tipo.
Ci sono, inoltre, alcuni aggettivi per i quali la posizione fissa, essi vanno cio collocati dopo
il nome; sono quelli che indicano:
Fanno parte di questa categoria anche gli aggettivi alterati: una bimba grassottella, un uomo
magrolino ... e quelli seguiti da un complemento: un testo ricco di spiegazioni, un piano
opaco di polvere ...
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Il plurale dei sostantivi nella lingua italiana differisce per formazione da quello di diverse
altre lingue europee: se in spagnolo e in inglese si aggiunge una s al sostantivo, in italiano si
cambiano le desinenze. Albero al singolare diventa quindi alberi al plurale: con il
cambiamento da o in i la lunghezza del nome resta invariata. Analoghe regole valgono per
sostantivi ed aggettivi.
Le principali desinenze dei nomi italiani sono le seguenti:
genere
desinenza singolare
desinenza plurale
maschile
-o (gelato)
-i (gelati)
femminile
-a (oliva)
-e (olive)
maschile
-e (pesce)
-i (pesci)
femminile
-e (noce)
-i (noci)
desinenza singolare
desinenza plurale
maschile
-a (problema)
-i (problemi)
maschile
-i (l'alibi)
-i (gli alibi)
femminile
-i (l'oasi)
-i (le oasi)
Indice
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1 Casi particolari
2 Plurale degli aggettivi
3 Note
4 Bibliografia
5 Voci correlate
6 Collegamenti esterni
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Casi particolari
Un'altra caratteristica della lingua italiana la complessit nella formazione del plurale del
nome. Esistono infatti diversi casi particolari di formazione del plurale, di cui si riportano i
principali (che corrispondono alla grande maggioranza sia dei sostantivi, sia degli aggettivi
che presentano un comportamento deviante):
Diverse parole maschili che terminano per -a (generalmente termini astratti) formano
il plurale in -i: il problema, i problemi; il dilemma, i dilemmi. Si tratta soprattutto di
parole di origine greca. Restano invariate le parole boa e boia.
Sono invariabili in italiano i sostantivi che terminano in vocale accentata (la virt / le
virt), i sostantivi (quasi tutti di origine straniera) che terminano in consonante (il bar
/ i bar), i sostantivi che terminano in -i (il bikini / i bikini, la crisi / le crisi).
La coppia uomo, uomini si distingue da altre per la variazione del numero di sillabe. Il
fenomeno si spiega con i diversi etimi: mentre la forma singolare deriva da homo,
quella plurale viene da homines.
Le parole in -co e -go hanno il plurale in -ci e -gi oppure in -chi e -ghi in funzione di
diversi fattori, fra i quali il pi importante la posizione dell'accento. Se la parola ha
l'accento sulla penultima sillaba, come la maggior parte dei sostantivi italiani, si avr
il pi delle volte -chi e -ghi: sacco, sacchi, lago, laghi. In caso contrario, il plurale di
solito in -ci e -gi: medico, medici, psicologo, psicologi. Restano in ogni caso diverse
eccezioni (es. amico, amici). Spesso si usa spiegare, ma solo a titolo di ricetta, che i
nomi di persone hanno normalmente il plurale in -ci e -gi, e gli altri (nomi di cosa ed
animale) in -chi e -ghi. (v. Plurale delle parole in -co e -go)
Le parole in -cia, -gia formano il plurale mantenendo la 'i' se l'ultima lettera prima
della desinenza una vocale (la camicia, le camicie), e perdendola se una
consonante (la frangia, le frange; la roccia, le rocce). La regola ha validit solo per la
-i- non accentata. Nel caso di parole come allerga, chiaro che la i sar conservata:
allerge. Fra le eccezioni principali, ricordiamo ciliegia e valigia, per le quali sono
diffuse e accettate entrambe le forme[1] (anche se le varianti conformi alla regola sono
di gran lunga pi frequenti;[2] studiosi conservatori preferiscono attenersi a criteri di
natura etimologica).(v. Plurale delle parole in -cia e -gia)
Le parole in -cie, -gie o -glie sono variabili al plurale (la superficie, le superfici;
l'effigie, le effigi; la moglie, le mogli), con l'eccezione di specie (le specie).
Le parole che finiscono per -ista sono sia maschili che femminili: il turista, la turista;
le forme del plurale sono comunque diverse a seconda del genere: i turisti, le turiste
I sostantivi che indicano le parti del corpo non seguono regole precise.
Oppure, nel caso del sostantivo osso, la forma plurale femminile (le ossa) si
riferisce ad un insieme specifico di una parte del corpo (le ossa del cranio, le
ossa di una gamba), mentre la forma plurale maschile (gli ossi) si riferisce a
gruppi non appartenenti ad una sezione specifica del corpo (la clavicola e il
femore sono due ossi).
Per il sostantivo orecchio esiste anche una forma femminile: orecchia; mentre
al singolare si usa soprattutto quella maschile, al plurale si preferisce quella
femminile (le orecchie).
Buona parte dei nomi che indicano le parti del corpo prevedono solo forme
regolari: il gomito, i gomiti; la fronte, le fronti.
Costituiscono un caso a parte i sostantivi arma (le armi) ed ala (le ali).
Anche alcune parole non indicanti parti del corpo sono sovrabbondanti, ossia hanno
pi di un plurale (per esempio legno, che al plurale fa legna quando riferito a un
quantitativo di legname, legni se s'intendono gli strumenti orchestrali); un sostantivo
(pomodoro) ha addirittura tre possibili plurali: pomidoro, pomidori e pomodori
(quest'ultimo oggigiorno di gran lunga il pi usato).
Vi sono delle parole con due forme plurali: maschile e femminile. In tal caso, ai
diversi generi corrisponder in genere un diverso significato: Braccio: i bracci (del
mare, del fiume, di una croce), le braccia (del corpo). Si tratta di un caso
abbastanza diffuso (v. Plurali sovrabbondanti).
Alcune forme sono difettive, vale a dire dispongono di una sola forma basilare (anche
se possibile, in determinati casi, riscontrare anche l'altra forma): i pantaloni, gli
occhiali, la peste, il ferro.
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Valgono regole del tutto analoghe, anche se con minore variet di forme, per la formazione
del plurale nell'aggettivo.
I pronomi personali sono quei pronomi che rappresentano, in funzione deittica, la persona
che parla, la persona che ascolta oppure la persona, l'animale o la cosa di cui si parla, senza
specificarne o ripeterne il nome.
Io sono pronto per la partenza, tu no;
Abbiamo discusso con loro dei risultati elettorali.
Indice
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2.1 Approfondimento
3 Pronomi personali complemento
3.1 Approfondimento
4 Influenze dialettali
5 Pronomi personali riflessivi
6 I pronomi allocutivi di cortesia
6.1 Uso dei diversi sistemi
7 Note
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io e noi indicano la persona che parla o il gruppo di persone al quale appartiene chi
parla (prima persona);
funzione soggetto
forma tonica
forma atona
1 singolare
io
me
mi
2 singolare
tu
te
ti
maschile
lui, s (stesso)
lo, gli, si
femminile
lei, s (stessa)
la, le, si
noi
noi
ci
3 singolare
1 plurale
2 plurale
voi
voi
vi
maschile
loro, essi[1]
loro, s (stessi)
li, ne, si
femminile
loro, esse[1]
loro, s (stesse)
le, ne, si
3 plurale
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I pronomi personali soggetto indicano la persona che protagonista dell'azione o che effettua
la comunicazione.
Lui ascolta la musica rock.
In italiano, a differenza di quanto accade in altre lingue, il pronome personale soggetto
normalmente sottinteso a causa della sua ridondanza. La desinenza del verbo, infatti, gi di
per s sufficiente ad indicare chi compie o subisce l'azione espressa dal verbo stesso, ragion
per cui il pronome soggetto diventa superfluo:
dormo = io dormo;
mangi = tu mangi;
vede = egli vede.
Ci sono casi particolari, tuttavia, in cui il pronome deve essere espresso. Ci avviene:
quando il verbo presenta la stessa forma per pi persone, ad esempio nel congiuntivo
presente:
Bisogna che io sappia la novit; Bisogna che tu sappia la novit;
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Approfondimento
Il pronome di terza persona singolare e plurale presenta forme diverse in concorrenza tra loro:
lui e lei
si usano nel linguaggio comune parlato e scritto per indicare persone e animali:
Chi stato? stato lui;
egli e ella
si usano nel linguaggio parlato e scritto di alto registro per indicare persone:
Dante uno dei pi importanti poeti italiani. Egli ha scritto la "Divina Commedia";
esso e essa
si usano nel linguaggio parlato e scritto di alto registro per indicare animali o cose:
Il leone un felino. Esso trova il suo habitat preferenziale nelle savane africane;
possono riferirsi tuttavia anche a persona:
uno scrittore colto e sensibile, ma anch' esso legato a una forma letteraria
superata;
loro
si usa nel linguaggio comune parlato e scritto per indicare persone o animali:
Loro sono andati al mare;
essi e esse
si usano nel linguaggio parlato e scritto di alto registro per indicare persone, animali o
cose.
Quando ci rivolgiamo a persone con cui siamo in confidenza, si usa generalmente il tu. Con
le persone con cui non siamo in rapporti di familiarit, invece, usiamo i pronomi di terza
persona Lei e (molto pi raramente trattandosi di una forma ormai in disuso) Loro, validi sia
per il maschile sia per il femminile:
Venga anche Lei a controllare i risultati dell'esperimento;
Ascoltino anche Loro.
Nel Meridione ancora diffusa la forma di cortesia con il pronome di seconda persona
plurale Voi. Esso viene usato anche nella corrispondenza commerciale quando ci si riferisce
non ad una persona fisica, ma ad una azienda, societ, ufficio:
Rispondiamo alla Vostra lettera del 4/7 per comunicarVi che accettiamo la proposta.
Queste forme, dette pronomi di cortesia, si scrivono di solito con la maiuscola.
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I pronomi personali complemento si usano quando nella frase il pronome svolge una funzione
diversa da quella di soggetto e cio:
complemento di termine: Le (a lei) regaler delle rose. Ti (a te) regalo una rosa.
gli altri complementi indiretti: Vieni con me (c. compagnia) a mangiare un gelato?
Lavoro per lui.
se si vuole dare rilievo al pronome si usa la forma forte: Per quella partita hanno
scelto me (la forma forte me ha un valore esclusivo: chi parla sottolinea che stato
preferito ad altri);
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Approfondimento
Esso, essa, essi, esse si usano al posto di lui, lei, loro quando si tratta di animali o
cose:
Le mie galline non mi danno uova, eppure dedico a esse tante cure.
Questo zaino eccezionale, con esso ho effettuato molte escursioni.
Ci, vi, forme deboli di pronomi personali complemento di prima e seconda persona
plurale, equivalgono a: noi, a noi, voi, a voi:
Quel pescatore ci porter (porter noi) fino a Panarea.
Ci (a noi) piace la tua cucina.
Vi vedr (vedr voi) dopo cena.
Vi (a voi) restituir le racchette stasera.
o Queste forme possono avere una funzione avverbiale col significato di: l, di
l, qua, di qua, l, di l:
Ci (=l) andr domani.
Il posto gli piaceva e decise di rimanervi (=l).
me lo
te lo
se lo
ce lo
ve lo
me la
te la
se la
ce la
ve la
me li
te li
se li
ce li
ve li
me le
te le
se le
ce le
ve le
me ne
te ne
se ne
ce ne
ve ne
Mi, ti, ci, vi, si possono essere usati in coppia con gli altri pronomi lo, la, li, le, ne,
dando vita a forma come quelle riportate nello schema, in cui il primo pronome
assume una forma un po' diversa (mi -> me; ti -> te; ci -> ce...).
In queste sequenze il primo elemento un complemento di termine, il secondo un
complemento oggetto, salvo nel caso di ne, che costituisce di solito un complemento
di specificazione:
Me lo disse (a me disse questo).
Te lo rese (a te rese questo).
Ce ne dia dieci (a noi dia dieci di questi).
Gli unito con i pronomi personali lo, la, li, ne forma un'unica parola: glielo, gliela,
glieli, gliele, gliene: Glielo spiegher di nuovo; Non gliene voglio anche se pi
corretto dal punto di vista grammaticale la scrittura staccata glie lo (vedi nota a
fondo pagina).
In genere la coppia di pronomi precede il verbo; lo segue quando all'infinito, al
gerundio o all'imperativo e pu formare con esso un'unica parola:
Se vuoi il pollo arrosto, vado a comprartelo.
Si convinto parlandogliene.
Se hai bisogno della spesa, dimmelo.
Nel linguaggio familiare gli (=a lui) tende a sostituire le, il corrispondente pronome
femminile, ma bene evitare questo errore e usare la forma corretta:
Ho visto Mara e gli ho dato tue notizie Ho visto Mara e le ho dato tue notizie.
o Ricorda quindi che:
Influenze dialettali
L'uso dei pronomi personali induce spesso in errore, a volte per influenza di usi dialettali. In
questa sezione sono riportati gli errori pi frequenti.
Espressioni come:
sono sbagliate, perch nello standard si usa te solo come complemento. , dunque, pi
corretto dire:
Per lo stesso motivo (te la forma forte del pronome in funzione di complemento) errato
dire Io e te in luogo del pi corretto Tu ed io.
Questo uso del pronome te anche in funzione di soggetto, diffuso in passato solo in alcune
zone del Centro e Nord Italia tra le fasce di popolazione meno acculturate, viene incentivato
da alcuni anni a questa parte dalla musica leggera. Se in passato se ne facevano degli usi
sporadici per esigenze di rima (in italiano sono rarissime le parole terminanti in -u che
possono far rima con tu), oggi alcuni autori sostituiscono regolarmente il tu con il te. Questo
innaturale "bombardamento" mediatico ha contribuito a cambiare la percezione di questo
errore, seminando dubbi o addirittura facendo credere che l'uso del "te" come soggetto sia
corretto. Confronto: esempi di uso corretto e scorretto di tu/te in note canzoni di musica
leggera:
Che cosa c'
c' che mi sono innamorato di te
c' che ora non mi importa niente
di tutta l'altra gente
di tutta quella gente che non sei tu
(Ornella Vanoni, Gino Paoli: Che cosa c')
Le espressioni a me mi, a te ti, a lui gli sono considerate sbagliate dai normativisti perch le
forme atone mi, ti, gli, ci sono ritenute ripetizioni ridondanti. Si tratta, tuttavia, di forme
comunemente usate nella lingua parlata, le quali possono essere collegate nell'ambito della
cosiddetta dislocazione a sinistra, la quale comprende anche forme del tipo Il giornale l'ho
La forma esatta :
Ugualmente sbagliate sono le espressioni diccelo, faccelo, daccelo in casi in cui il significato
diglielo, faglielo, daglielo.
Alcuni impieghi non standard dei pronomi, diffusi nel parlato e nello scritto in tutta Italia,
sono stati recentemente inquadrati nella categoria dell'italiano neostandard.
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I pronomi personali riflessivi indicano che l'azione compiuta dal soggetto "si riflette" sul
soggetto stesso:
Marco si veste = Marco veste s stesso;
Leonardo pensa solo a s = Leonardo pensa solo a s stesso.
I pronomi riflessivi' sono:
singolare
plurale
1 persona
mi
ci
2 persona
ti
vi
3 persona
si, s
si, s (loro)
Alcuni verbi, detti pronominali, sono sempre accompagnati dalle particelle mi, ti, ci,
vi, si che, in questo caso, non hanno un valore riflessivo, ma costituiscono parte
integrante del verbo.
I pronomi personali sono usati in italiano anche per indicare un registro formale con chi si
parla, anche se in contrasto col loro significato letterale. Tali pronomi sono detti pronomi
allocutivi di cortesia, e si scrivono in maiuscolo. Il pi antico sistema, che trae origine dalla
Roma imperiale, il "dare del Voi". Tale sistema, oggi meno usato che in passato, consiste
appunto nel rivolgersi all'interlocutore indicandolo con "Voi" piuttosto che con "tu", ed
accordando i verbi alla seconda persona plurale:
Da notare che per una lunga parte della storia antica, Roma inclusa, non si sentito alcun
bisogno di tali registri formali, affidando ai titoli il rispetto ed il livello sociale. Praticamente
si dava del tu anche all'imperatore ("Tu, nostro imperatore ..."). Dopo il primo uso del "Voi"
per l'imperatore, la forma si estesa come segno di rispetto. Praticamente nessuna lingua o
dialetto derivato dal latino ha fatto a meno di tali forme, sebbene contrarie alla logica;
ovviamente il fenomeno non si fermato a questo gruppo di lingue: addirittura l'introduzione
del "Voi"da parte dei normanni in Gran Bretagna ha causato il disuso di "thou", ovvero la
traduzione letterale di "tu" in inglese[2].
Un altro sistema quello di "dare del Lei" all'interlocutore, indifferentemente dal suo sesso:
Tale sistema sembra derivare dal '500[3]. Infine, si pu dare della terza persona utilizzando un
titolo:
Dall'altro lato chi parla pu darsi del "noi" o ("Noi"). A seconda del contesto, si distingue tra
plurale di modestia (pluralis modestiae, generalmente scritto in lettera minuscola) e plurale
maiestatico (plurale maiestatis, scritto in lettera maiuscola). Il plurale di modestia viene
spesso usato nella lingua scritta per il narratore di un racconto, volendo limitare
l'individualit di quanto scritto. Dall'altro lato il plurale maiestatico una vera e propria
dimostrazione del proprio status, e generalmente usato da papi, sovrani o persone di potere,
dato che altrimenti potrebbe essere considerato indice di scarsa umilt.
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Come detto, in passato l'uso del "Voi" era molto pi diffuso di oggi. Durante il fascismo
infatti si tentato di vietare l'uso del "Lei"[4], scelta ai tempi criticata addirittura da alcuni
fascisti; questa scelta ha fatto associare il "Voi" al regime fascista, per cui alla fine del regime
si avuto il declino di tale forma (da alcuni addirittura e ingiustamente considerata di
invenzione fascista). Ad esempio Benedetto Croce, che da sempre usava il "Voi" essendo
campano, inizi a dare del "Lei". Comparando le due forme, quella in "Voi" viene percepita
come formale ma non indiretta, per cui crea meno distaccamento tra gli interlocutori.
Importante anche il fatto che nei dialetti generalmente non si pu tradurre la forma in "Lei"
(la cui traduzione in molti dialetti solo letterale: terza persona di genere femminile) mentre
spesso gi usata da secoli la forma in "Voi", fatto che contribuisce a mantenere quest'ultima
forma anche in italiano.
Attualmente, il "Voi" in Italia ancora comunemente usato nel meridione, dove lo si usa
normalmente, ad esempio, nelle scuole per il dialogo alunno-professore (e quindi in dialoghi
in lingua italiana e non in dialetti). Altre differenze tra le diverse zone d'Italia possono essere
trovate nell'uso dei pronomi di cortesia. Nell'Italia settentrionale, la recente tendenza quella
di usare largamente il "tu" nel parlato. Questa potrebbe essere una sorta di "reazione
psicologica" verso l'uso della seconda persona contro l'uso della terza persona (almeno nel
parlato, mentre nello scritto l'assenza dell'interlocutore permette pi liberamente il "Lei"), ed
infatti molto limitato nelle zone in cui il "Voi" viene molto usato.