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Mara Aschei
Obbiettivo Fornire un percorso di riferimento per lo studio del verbo latino, dal punto di vista
della derivazione; apprendere i paradigmi nella prospettiva dell’acquisizione del
lessico latino
Metodo Osservazione del paradigma del verbo dal punto di vista dei processi di derivazione
dalla radice
Tempi Il contributo non si propone prioritariamente come materiale per un modulo didattico,
bensì come traccia per un lavoro sistematico; esso suggerisce un metodo, una struttura
per l’analisi del materiale linguistico proposto in classe. Come modulo di lavoro esso
può offrire al docente spunti per riorganizzare e ridiscutere nozioni già acquisite dagli
allievi in ordine sparso.
PREMESSA DIDATTICA
Il contributo origina da un’osservazione maturata sul campo: di norma nella prassi scolastica da
anni ormai viene dedicata scarsa attenzione allo studio e all’apprendimento mnemonico del
paradigma dei verbi latini, forse per la persuasione che esso costituisca un dispendio gravoso di
energie, peraltro reso inutile dal fatto che i dizionari bilingui di maggior diffusione forniscono allo
studente come lessema sia la prima persona singolare del perfetto indicativo sia il participio
perfetto, corredandoli del rimando al lessema-base.
L’esperienza attesta però nel contempo che all’atto del lavoro autonomo di traduzione gli studenti si
disperdono in una frequentazione eccessiva del dizionario, distraendosi dal contenuto di
comunicazione del testo.
Inoltre, accostandosi al testo con un patrimonio lessicale troppo esiguo, durante la lettura non
riescono a configurarsi la linea generale della narrazione o dell’argomentazione, e si trovano così a
dover operare con troppe variabili, incorrendo di conseguenza in numerosi errori.
Inoltre, quando studiano i testi più impegnativi che eventualmente il docente traduce loro o assieme
a loro in classe, i ragazzi di solito non sfruttano l’opportunità di apprendimento lessicale, perché
non hanno l’abitudine a raccogliere il lessico che incontrano per campi semantici o famiglie di
parole, o per semplici liste.
Il contesto particolare della tradizione italiana, invero con importanti eccezioni, non considera
imprescindibile l’apprendimento progressivo del lessico di base delle lingue antiche.
Viceversa, apprendere il lessico di una lingua costituisce di per sé un’acquisizione culturale di
grandissimo rilievo: l’immaginario di un popolo e la sua esperienza antropologica si esprimono nel
lessico con cui esso costruisce le proprie narrazioni e i vari testi che rappresentano la realtà o la
analizzano e la valutano. La cosa vale in modo particolare per i popoli che si siano dati una
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letteratura tradizionale di riferimento, nella quale rispecchiarsi e riconoscersi e rispetto alla quale
reinterpretarsi. Siano essi i popoli del Libro o i Greci e i Latini dell’antichità.
A cosa serve imparare a memoria il cosiddetto paradigma del verbo? Il ricorso al dizionario
bilingue induce gli studenti adolescenti a sottrarsi alla fatica di memorizzare la sequenza delle
forme e anche il significato di base del lessema.
Ad esempio, il supino è una sorta di fossile linguistico e certo la sua occorrenza nei testi non è
particolarmente elevata; esso figura nel paradigma prioritariamente perché condivide il tema con il
participio perfetto, se il verbo è transitivo. Pertanto è molto meno significativo nel caso dei verbi
intransitivi, ove conserva solo il suo valore di finale implicita. Apparentemente è quindi quasi
trascurabile ai fini dell’esercizio della traduzione.
Il supino di un paradigma però aiuta molto a riconoscere il valore semantico del verbo cui
appartiene e quindi consente di ricordarlo più agevolmente.
La storia dell’evoluzione del Latino in direzione dell’Italiano ha spesso oscurato al presente
indicativo la discendenza del verbo italiano da quello latino o ha comunque reso irriconoscibile il
semantema. Viceversa il participio perfetto è risultato essere forma molto più stabile foneticamente.
Uno studente che non conosca il significato dei seguenti lessemi non è in grado di rintracciare nella
lingua italiana la parola che ne è discesa:
(aperio) - caedo - colo - frango - fundo - pello - tego - quaero - sterno- torqueo
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tego - texi - TECTUM - tegĕre
torqueo - torsi -TORTUM - torquēre
Alcuni temi di supino rimandano con una certa immediatezza a parole italiane:
APERTUM a APERTO
CANTUM a CANTO
CULTUM a CULTO (ma anche a CÓLTO)
TACTUM a TATTO
TECTUM a TETTO (inteso come COPERTURA)
QUAESITUM a QUESITO
STRATUM a STRATO (ma anche a STRADA)
TORTUM a TÒRTO (nel senso di RITORTO) e a TORTURA
Il caso di STRATO vs STRADA e di CULTO vs CÓLTO consente anche di far osservare ai ragazzi
come esistano continuazioni dirette di antiche parole latine, con le inevitabili modificazioni
fonetiche, e accanto ad esse parole riprese direttamente dal latino o mantenute consapevolmente più
prossime alla loro origine – come avvenne per CULTO – per l’ambito speciale in cui esse
viaggiavano. È una via importante per ragionare con consapevolezza critica sulla lingua madre e
sullo sviluppo dei suoi differenti registri.
Alcuni temi di supino si rintracciano nelle parole italiane con qualche accorgimento in più, ma sono
altrettanto interessanti per i ragazzi:
CAESUM riconduce all’Italiano CESOIE e INCISIONE (soprattutto se si pensa all’ambito medico)
FRACTUM si rintraccia nell’Italiano FRATTURA
PULSUM si rintraccia nell’Italiano IMPULSO ma anche in PULSIONE
FUSUM rimanda a FUSO e a FUSIONE (in questo caso è imprescindibile che il docente commenti
lo slittamento di significato).
È opportuno apprendere i paradigmi raccogliendo i verbi derivati sotto il verbo semplice che li ha
per così dire generati, non solo per amore di sistematicità fine a se stessa, ma anche perché il verbo
derivato è in più casi giunto in Italiano con il significato del verbo semplice latino:
CONDUCO rende uno dei valori di DUCO (risulta così chiara anche l’originaria etimologia di
INDUCO)
ADERIRE fa riconoscere il latino ADHAERERE e anche il verbo semplice HAEREO (e fa
comprendere il valore etimologico di ADESIVO e di ADERENTE)
INFIGGERE restituisce uno dei significati di FIGĔRE (e fa comprendere il valore di FICTUS come
INFITTO)
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Il modello di LAUDO e di DOMO o di DELEO e di MONEO o di AUDIO e di APERIO diventa
rapidamente famigliare agli studenti, che non faticano a risalire al lessema da una delle forme flesse
dei verbi di questo tipo.
Molto più complessa è la situazione dei verbi della III coniugazione, il cui tema termina in
consonante: il presente di tali verbi fa spesso ricorso a suffissi di formazione (per esempio con la
consonate -N) oppure ha un infisso con la consonante nasale, e il perfetto segue antichi modelli
differenziati fra loro: a suffisso -SI, a suffisso 0 ma con alterazione della componente vocalica
(apofonia), con raddoppiamento.
Per tali verbi gli studenti trovano difficoltà a risalire correttamente dalla forma flessa al lessema e
finiscono col dipendere passivamente dal dizionario bilingue. Così però non comprendono il valore
semantico della radice e conseguentemente non si abituano a fare ipotesi sul significato dei verbi
derivati rispetto al verbo semplice e non elaborano un patrimonio di immagini mentali connesse al
lessico latino.
I verbi della III coniugazione, che sono una cospicua quantità e raccolgono parole semanticamente
importanti, devono pertanto essere imparati, con il loro paradigma e con il loro significato.
Raggrupparli per modalità di formazione del perfetto e del presente è operazione cognitivamente di
rilievo, oltre che utile spesso, come sopra si è illustrato con alcuni esempi, per riconoscere gli esiti
della parola latina nella lingua italiana.
che risultano anch’essi abbastanza prevedibili, è utile raccogliere i tipi che seguono, per i quali si
fornisce una tabella che registra, in alcuni casi particolarmente semplici e chiari, la radice e qualche
parola della famiglia, escludendo i verbi costruiti con prefisso:
- verbi senza suffisso nel presente e con perfetto a suffisso -SI, del tipo:
tali verbi consentono anche alcune osservazioni non estemporanee sulle modificazioni fonetiche.
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- verbi senza suffisso nel presente e con perfetto con modificazione (allungamento o
apofonia) della componente vocalica del radicale e a suffisso 0:
* (in composizione con l’antico avverbio CUM, utilizzatop come preverbio ne deriva, in modo non
immediatamente riconoscibile, cogo - coegi - coactum - cogĕre)
- verbi senza suffisso nel presente e con perfetto con raddoppiamento e a suffisso 0:
- verbi con nasale -N infissa nel presente e con varia formazione del perfetto:
Apprendere i paradigmi dei verbi così organizzati consente agli allievi di cogliere la fisionomia
delle loro radici e pertanto di ricondurre ad esse le famiglie di parole che tali radici hanno generato,
rintracciando qualche semplice linea della fisionomia del lessico latino.
La modificazione del verbo semplice quando entra in composizione con i preverbi può essere
ipotizzata dagli allievi prima di controllare il lessema sul dizionario bilingue. I preverbi più comuni
sono infatti antichi avverbi spaziali utilizzati poi come preposizioni nei sintagmi nominali con
valore circostanziale.
La via più agevole per comprendere il valore dei preverbi è osservare e studiare i verbi che derivano
da SUM e da FERO, perché essi ne offrono l’esemplificazione più trasparente e in un paio di casi al
perfetto appaiono addirittura scissi nelle due componenti semantiche (fui in da insum e fui sub da
subsum):
composti di sum:
composti di fero:
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REPERTORIO DI VERBI NELLA PRIMA FASCIA DI FREQUENZA (ordine alfabetico)
Per utilità del docente sono qui di seguito raccolti i verbi di maggior frequenza secondo le tavole del
lessico di Cauquil G. - Guillaumin J. Y. 1984.
La prima fascia di frequenza raggruppa le 400 parole di maggior occorrenza nei testi di riferimento
(Catullo, Cesare, Cicerone, Giovenale, Orazio, Ovidio, Persio, Properzio, Curzio Rufo, Sallustio,
Seneca, Tacito, Tibullo, Tito Livio, Virgilio, Vitruvio).
La seconda fascia di frequenza raggruppa le successive 400 parole. Qui se ne estraggono solo i
verbi di più alta occorrenza. Sono evidenziati in grassetto i verbi semplici di III coniugazione.
abeo - absum - accedo - accido - addo - adeo - adicio - admoveo - aestimo - affero - agito - amitto -
appareo - appello - aspicio - aufero - augeo - caedo - cano - careo - claudo - committo - compono -
concedo - condo - confero - consisto - constituo - consto - consulo - contemno - contineo - contingo
- convenio - cresco - cupio - damno - decerno - deduco - defendo - defero - deficio - deligo - desero
- desino - dimitto - discedo - divido - dono - dubito - edo - efficio - erro - exeo - exerceo - exigo -
experior - fallo - fleo - frango - fundo - gaudeo - gigno - haereo -iacto - impello - impero - impono -
incipio - infero - interficio - intersum - irascor - iungo - iuvo
lego - malo - maneo - memini - metuo - miror - moneo - moror - multo - nescio - noceo - obicio -
occido (da caedo) - occurro - offero - omitto - oportet - opto - orior - parco - pateo - pello - perdo -
permitto - pertineo - posco - praebeo - precor - probo - procedo - proficiscor - prohibeo - promitto -
propero - pugno - queror - rego - reor - reperio - repeto - retineo - rogo - scribo - sedeo - spargo -
specto - spero - statuo - subeo - sumo - supero - supersum - sustineo -tego - tempto - tendo - terreo -
torqueo - tueor - valeo - veho
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ESEMPI DI SCHEDE LESSICALI SEMANTICHE
L’apprendimento del sistema verbale latino è un percorso nello spazio non soltanto della morfologia
ma anche e soprattutto del lessico. Imparare e capire il lessico di una lingua consente di entrare
nell’immaginario di una civiltà e di una esperienza antropologica altra rispetto alla nostra.
Si forniscono qui di seguito appunti sullessico lessico latino, a titolo di esempio, per un lavoro che è
sempre in itinere.
Si tratta solo suggerimenti, che sondano alcuni ambiti del lessico delle azioni o delle condizioni
umane, appunto il campo semantico rappresentato dai verbi di una lingua.
Le descrizioni in Latino del significato dei lessemi sono tratte dal lessico del Forcellini e possono
costituisre un esempio di dizionario monolingue di Latino.
La prima tabella raccoglie alcuni verbi di alta occorrenza nei testi latini oppure presenti anche nella
lingua italiana, come itero; glubo è viceversa raro nei testi ma noto agli studenti per il celebre carme
58 di Catullo Caeli, Lesbia nostra, Lesbia illa.
La seconda tabella propone invece le descrizioni dell’area semantica di base di verbi molto noti
direttamente traendole dal Forcellini: un esempio non difficile e interessante di come una parola
vada compresa, prima di cercarne un possibile traducente nella lingua italiana
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mitto est idem ac facio vel jubeo, aut permitto, ut quis vel quid eat vel currat aliquo
(ove si nota che il valore non è tanto quello di "mandare" bensì piuttosto quello di
"dare un incarico")
peto universim est versus locum aliquem tendere, aliquo iter dirigere ad aliquid
assequendum vel obtinendum. Translate est ducere, sumere, capere (qui è
interessante far rilevare agli allievi che il significato comunemente assegnato al
verbo di "chiedere per avere" è un valore traslato e interpretato in precisi contesti,
a partire da quello originario di "muoversi verso qualcosa per cercare di
ottenerla")
ago proprie et primo significat ante se pellere (pecora seu armenta); de venatione, de
navibus, curribus; in re militari. Transl. latissime patet: impellere sensu
intellectuali et morali; transigere praesertim de tempore; facere, gerere.
duco est trahere, facere ut aliquis aut aliquid moveatur. Quum de mercatura et
similibus agitur ducere rationes vel ducere est supputare. Hinc ducere
frequentissime significat putare, existimare.
gero est agere, ferre, portare, secum habere, quod postremum quum significat, dicitur
fere de iis quae ita habentur ut ab aliis conspiciantur. Speciatim cum accusativo
rei saepe est facere, de iis quae animi facultate, ingenio administrantur.
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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Ernout A. - Meillet A., Dictionnaire étimologique de la langue Latine; histoire des mots, Paris:
Klincksieck, 1994
Forcellinus Aegidius, Lexicon totius Latinitatis, Patavii; Typis Seminarii, 1854 (nova editio quam
curaverunt Corradinus ac Perin. Prisca fuit anno 1761)
Guillaumin J.-H., "Nuove proposte per il Latino: l’apprendimento del lessico", Aufidus 20 1993
101-110
Kintsch W., Text comprehension, memory and learning, "American Psychologist" 1994 49 p.294-303
Rohlfs G., Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, Torino: PBE, 1968
Stupazzini L., "I nuclei fondanti dell’insegnamento di Latino", Aufidus 35 1998 55-79
Stupazzini L. - Benedetti G. P., Stilus Romanus. Grammatica e lessico della lingua latina.
Manuale, Bologna: Zanichelli, 2005
Tedeschi G. - Borelli A., Corso di lingua latina. Morfologia ed elementi di sintassi, Torino:
Petrini. 1968
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