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Storia della lingua Italiana

Sviluppo della lingua fin dalle sue


origini

La lingua italiana EVOLVERSI nel corso del


tempo secondo un processo lungo e graduale,
che inizia alla fine della caduta dell’Impero
Romano, nel quinto secolo.

Fino ad allora, il latino DIFFONDERE e imposto


lungo tutto l’Impero come “madre franca”, o
come lingua condivisa.

In seguito alla caduta dell’Impero Romano, le


forme vernacolare e locale della lingua AVERE
un ruolo importante della società e nella vita di
tutti i giorni dell’intera popolazione.

Per qualche secolo, e specialmente durante il


Medioevo, la lingua dominante nel linguaggio
culturale ESSERE il latino, usato nelle
università europee, in tutti gli atti ufficiali e in
varie procedure ecclesiastiche
I primi documenti scritti in italiano
I primi documenti scritti in vernacolare (lingua
prediletta dalla maggior parte della popolazione del
tempo) risalgono al 960.

Erano chiamati Placiti Cassinesi, perché alcuni


territori situati nei pressi della città di Capua, in
Campania, appartenevano al monastero dei
monaci Benedettini.

Dall’inizio del XIII secolo, buona parte della


letteratura (in particolare le poesie) inizia ad essere
pubblicata in italiano regionale. I Poeti Siciliani, con
il loro contributo significativo, ne furono i maggiori
promotori nel XIII secolo, seguiti successivamente
dai toscani, di cui Dante Alighieri, Giovanni
Boccaccio e Francesco Petrarca furono gli
esponenti principali.
La fondazione dell’italiano moderno
Dal punto di vista storico, possiamo affermare che il Dialetto Toscano, alto o colto, in cui hanno
scritto tre dei più importanti poeti del XIII secolo (Alighieri, Boccaccio e Petrarca) può essere
considerato come la base dell’italiano moderno.

La lingua italiana, come la conosciamo oggi, è il risultato di un lungo processo di evoluzione e


dibattito iniziato nel 1600, circa la forma corretta della lingua da utilizzare, sia nello scritto che nel
parlato.
Quest’ultima questione rimase in sospeso per qualche tempo.
Alla fine del 1900, molti scrittori e personaggi culturali del tempo applicarono il modello Toscano in
molti aspetti della lingua.

Quando parliamo di fondazione dell’italiano moderno, dobbiamo tenere in considerazione diversi


aspetti storico-sociali che hanno da sempre caratterizzato l’Italia e la sua lingua.
Per secoli, prima dell’Unità d’Italia nel 1861, il Paese era diviso in un certo numero di stati diversi,
solitamente governati da domini stranieri.
Quando l’Italia fu riunita nel 1861, il Toscano fu reso la lingua ufficiale del Paese.

All’interno della popolazione italiana, comunque, c’erano (e sempre ci sono stati) alti tassi di
analfabetismo.
Tale analfabetismo continuò, in maniera predominante, nelle regioni rurali, fino al 1950.

I dialetti furono utilizzati come lingua parlata di tutti i giorni per secoli, chiunque fosse in grado di
esprimersi e comunicare in italiano, lo faceva usando aspetti grammaticali, lessicali e fonetici
influenzati direttamente dai dialetti locali e regionali.
L’uso del dialetto in Italia
L’uso dei dialetti in Italia rappresenta un caso unico, comparato con il resto dell’Europa.
Anche oggi, in molte parti d’Italia, i dialetti sono utilizzati come forma informale di
comunicazione in diverse situazioni sociali e tra familiari.

Contrariamente alla concezione comune, in alcune regioni italiane, i dialetti sono


abbondantemente utilizzati e non solamente tra le generazioni più anziane. Tra le
generazioni più giovani l’italiano standard ha la prevalenza, tuttavia molti giovani
riescono facilmente ad esprimersi nel proprio dialetto, o almeno a comprenderlo, in
situazioni informali.

Vale la pena anche ricordare che i dialetti, così come gli accenti, possono cambiare
anche all’interno della stessa regione.

Prendiamo come esempio il caso della Toscana: non esistono veri e propri dialetti ma
l’accento fiorentino è notevolmente differente da quello di Pisa o Livorno, o da quello di
Lucca o Arezzo.

Nelle altre regioni, è facile rilevare le differenze dialettali tra località diverse nella stessa
provincia, o anche, addirittura a qualche chilometro di distanza.
Dialetti e Italiano regionale
Per molto tempo, i dialetti (sviluppatisi dal dialetto toscano) sono stati
considerati i “parenti poveri ed impoveriti” dell’italiano standard. Tale
considerazione, in realtà, è da considerarsi completamente errata, poiché i
dialetti rappresentano vere e proprie realtà culturali.

Ciò si riscontra nel fatto che, negli ultimi 50 anni, molti dei termini regionali
toscani, lombardi, veneti, napoletani e siciliani, sono entrati a far parte
nell’uso della lingua nazionale. Così, i dialetti sono diventati argomento di
interesse per i linguisti e sono utilizzati sia in letteratura che nella poesia.

In passato, molti erano i pregiudizi riguardo l’uso del dialetto. La popolazione


credeva che l’italiano standard fosse la lingua della borghesia, dell’alta
società, mentre i dialetti appartenevano alla terza classe: contadini e/o
classe operaia. Oggi, però, questo pregiudizio è quasi del tutto scomparso.
Per esempio, recenti statistiche hanno rivelato che in Veneto, una delle
regioni italiane più economicamente sviluppate, circa la metà della
popolazione parla in dialetto sia con i familiari che con gli amici.

Basta recarsi nelle bellissime città venete, ricche di storia, come Venezia,
Padua, Treviso, Verona o Vicenza, per realizzare quanto il dialetto sia
presente nei centri urbani.
La diffusione dell’italiano standard
Nel 1950, il Paese affronta un periodo di completa ricostruzione politica, sociale, economica e delle
infrastrutture. Meno del 20% della popolazione italiana parlava un italiano fluente nella vita di tutti i
giorni.

Analfabetismo totale e parziale erano ampliamente diffusi in vari gruppi della popolazione. La
Costituzione Italiana(https://it.wikipedia.org/wiki/Costituzione_della_Repubblica_Italiana), fondata
nel 1948, fornì a tutti il diritto all’educazione scolastica di base.
Certo, in alcune situazioni, tale diritto allo studio non era completamente garantito. L’accesso
all’educazione più alta o alle università era quasi del tutto riservato a bambini appartenenti a
famiglie ricche e benestanti, mentre i bambini appartenenti a famiglie della classe operaia, o
contadini, finivano per diventare una risorsa economica per la famiglia.

Questo comportava che molti bambini non avevano la possibilità di terminare la scuola primaria,
anche se la legge prevedeva una permanenza nella scuola fino ai 18 o 20 anni, prima di prendere
parte al servizio militare.

Forse, anche piuttosto stranamente, l’evento che ha avuto maggiore impatto, avviando
l’unificazione della lingua, fu l’introduzione della
televisione(https://it.wikipedia.org/wiki/Televisione_in_Italia) .
I programmi TV iniziano ad essere trasmessi dalla RAI (https://it.wikipedia.org/wiki/Rai).
Nel 1954, l’emittente trasmetteva solo un canale. Negli anni successivi, negli anni del boom
economico, 1958 e 1962, la televisione non era solo un modo per riunire le persone (solo una
minima parte della popolazione possedeva un televisore), ma fu anche un modo per trasmettere
programmi culturali e modelli linguistici.

Tra il 1960 e il 1968, la RAI trasmetteva, nel tardo pomeriggio, uno show chiamato “Non è mai
troppo tardi”, or “It’s never too late”, presentato dal professore Alberto Manzi. Grazie a questo
programma, molte persone analfabeti o parzialmente analfabeti, impararono a leggere e scrivere.
Una stima rileva che, in questo periodo, circa un milione e mezzo di italiani ottenne il certificato di
educazione primaria.

Così, crescita economica, migliori condizioni di vita, graduale diffusione dell’educazione e i


programmi linguistici in TV incrementarono la diffusione dell’italiano standard.
TV e italiano standard: una relazione interessante
Le trasmissioni TV di Stato hanno avuto una funzione educativa, almeno nei primi 20 anni della sua
esistenza, insieme ad altri effetti.

Dal 1980, più la televisione diventava economicamente proficua, più gli show diventavano solo
intrattenimento e molto più banali, talvolta anche volgari e ordinari. I comportamenti mostrati erano
notevolmente al di fuori della realtà quotidiana.

Con il passare del tempo, questo ha avuto un impatto negativo nell’educazione culturale delle
generazioni più giovani. La televisione introdusse un linguaggio molto più semplice, pieno di
espressioni gergali, prive di sintassi e a volte anche incorrette. In altre parole, una forma di
“populismo linguistico”, progettato per attrarre i giovani e la popolazione che mancava di una
corretta educazione culturale.
Impoverimento della lingua
L’italiano è una lingua caratterizzata DI/DA un ricchissimo vocabolario, espressioni idiomatiche e
sfumature semantiche. Un dizionario completo DI/DA italiano può contenere dalle 80,000
SULLE/ALLE 250,000 voci.

Alcune ricerche portate avanti qualche anno dopo la morte del linguista Tullio De Mauro (1932-
2017), confermano che, ALLA/NELLA conversazione di tutti i giorni, circa la metà della
popolazione utilizza soltanto 3000 parole.

In più, alcune ricerche simili confermarono che IN/A certi gruppi della popolazione (non
necessariamente le più svantaggiate), l’uso di determinati aspetti grammaticali fondamentali,
come il congiuntivo, è incorretto, o a volte completamente tralasciato e ignorato.
Grazie al decreto di Stato del 2007, l’obbligo scolastico è stato esteso fino DALL’/ALL’età di 14/16
anni.
Ciò significa che ora gli studenti devono completare, almeno, 10 anni di educazione scolastica,
formata DA/A 5 anni DA/DI scuola primaria, 3 anni di scuola media e almeno 2 anni AL/DEL liceo.

Il compito della scuola, così come della famiglia, è quello di provvedere ad una educazione
adeguata, culturale e linguistica PER/CON i bambini.
In qualche caso, questo non accade o
non accade completamente, a causa
di diversi fattori: la scuola e le lezioni
non sono coinvolgenti, il che porta gli
studenti a non sviluppare un pensiero
critico; la crescente invasione della
tecnologia, come smartphone, tablet e
social media; il numero sempre minore
di lettori; le abilità di scrittura meno
accurata o minacciata dai motivi
sopracitati.

Il risultato è che, in alcune facoltà


scientifiche universitarie, sono state
introdotte prove scritte di italiano per
testare le capacità degli studenti.
L’Accademia della Crusca
(l’accademia linguistica italiana), con
sede in Villa del Castello de Medici a
Firenze, è l’organismo responsabile di
controllare e registrare tutti i fenomeni
e cambiamenti linguistici.
Prestiti linguistici
Fin dalla nascita della Repubblica nel 1946, la lingua italiana ha accolto numerosi termini stranieri.

Anche negli anni appena passati, la lingua italiana è stata invasa da parole francesi del mondo della
moda; inglesi, dello sport; tedesche di filosofia e psicoanalisi.

Il regime Fascista mirava ad eliminare queste “contaminazioni” e a controllare la lingua. Per


verificare tali effetti, basta pensare allo sport nazionale italiano. Il calcio è stato introdotto in Italia
verso la fine del XIX secolo da alcuni inglesi, insieme ad alcuni termini inglesi, che furono di
conseguenza rimossi e modificati durante il regime Fascista.

Per esempio, goal è diventato rete, penality è diventato rigore, offside è diventato fuorigioco e
corner è diventato calcio d’angolo. Nel 1934 e 1938 l’Italia ha vinto la Coppa del Mondo per due
volte consecutive, il che ha contribuito a far crescere il ridicolo orgoglio nazionale fascista.
Capita che questa nazionalizzazione della lingua diventi leggermente esagerata, come per esempio
nel doppiaggio italiano dei film di Hollywood. Scarlett O’Hara in Gone with the Wind diventò
l’italianissima Rossella.

Dopo la Guerra e fino al 1970, il francese era la lingua straniera insegnata nelle scuole pubbliche.
Allo stesso tempo, però, l’inglese decollava grazie alla musica e alla cultura. In Italia l’inglese, da
più di 40 anni ormai, è diventata la prima lingua straniera studiata nelle scuole, acquisendo anche
un ruolo sempre più rilevante in alcuni settori professionali (turismo, IT, pubbliche relazioni ecc.).

L’influenza dell’inglese porta talvolta delle contraddizioni: nella lingua parlata nel quotidiano, si
tende spesso a sostituire una normale parola italiana con un’alternativa inglese. Ad esempio, gli
italiani spesso dicono “Andiamo a fare shopping” (Let’s go shopping) invece di usare le parole
italiane “spese” o “acquisti”.
L’italiano come lingua della cultura all’estero
Parlata solo nel Canton Ticino in Svizzera e poche altre comunità di Istria (tra la
Slovenia e la Croazia), l’italiano attira persone di ogni età provenienti da tutto il
mondo. Ciò ha portato alla nascita di numerose scuole di lingua italiana in Italia
e alla creazione di corsi all’estero, nelle università, di scuole di lingua e di Istituti
Italiani di Cultura.

La motivazione principale che ha portato molti stranieri a scegliere l’italiano è


l’amore per il Paese e per la sua storia e cultura.

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