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ROSA FRESCA AULENTISSIMA

IL CONTRASTO
d

CIELO D'ALCAMO
A cura di Santi Mario Gebbia

ROSA FRESCA AULENTISSIMA

IL C O N T R A S T O
d i

CIELO D'ALCAMO

cura di

Santi M a r i o G e b b i a

Qualcuno, ma per fortuna solo qualcuno, scrivendo del Contrasto, ha affermato, senza mezzi termini, che lo stesso sia un testo "osceno, completamente osceno ". Ma non cos. Anche se non va certamente inteso come sicuro esempio di candore ed ingenuit.

CIELO

D ' A L C A M O

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Poeta e giullare

^>o!,,j

Il genere poetico conosciuto come contrasto, tipico della letteratura degli inizi, con derivazione diretta dalla provenzale, non fu un genere largamente in uso n durante i l secolo Tredicesimo n pi tardi. D e i pochi testi pervenutici (tra essi un paio di ballate di autore bolognese) i l pi famoso , senza alcun dubbio, quello di C i e l o d ' A l camo, Rosa fresca aulentissima, scritto fra i l 1231, l'anno della pubblicazione delle Costituzioni melfitane, e i l 1250, data di morte di Federico U . , L'opera, scritta in forma di dialogo, costituita da 160 versi ed suddivisa in 32 stanze. Ciascuna di esse parte di un lungo dialogo che si svolge tra un giullare (molto probabilmente lo stesso autore) e una ragazza priva d i un qualsiasi elemento identificativo. lfJi &/. ic-su.-n o J K A . . L a composizione, al pari di altre dello stesso genere, veniva recitata nelle piazze, nelle corti, nei castelli dall'autore o da un qualsiasi altro giullare che l'avesse inserito nel suo repertorio, -r^ti -ifTrhitHiRfio' t't firnv/ Ogni strofa composta da cinque versi: tre alessandrini di settenari doppi a rima baciata e due endecasillabi, anch'essi a rima baciata, secondo l o schema A A A B B .

7H

Il Contrasto di C i e l o d ' A l c a m o si apre con una invocazione alla rosa, la regina dei giardini, i l fiore prediletto dalle donne. 11 giullare, uno dei due dialoganti, confessa che, a causa di essa, non ha pace n giorno n notte. E ci per un motivo semplicissimo: quel fiore gli ricorda tanto l a donna amata, indiscutibilmente bella come una rosa. L a composizione v a avanti tra le profferte d'amore del giullare e l'ostinato rifiuto della donna. M a l'ostinazione di questa si attenua man mano che i l dialogo procede, fino alla risoluzione finale, allorch la ragazza, certa ormai della sincerit dell'uomo, accetta d i ricambiare i l suo amore. Il Contrasto appartiene ad un genere poetico che fa da tramite tra la poesia del popolo e quella delle classi colte. L e peculiarit e i pregi dell'opera si identificano con la vivacit del dialogo, la naturalezza, l'arguzia, una misurata comicit, un'ingenua freschezza popolaresca. L ' a u tore sicuramente in possesso di uno spiccato gusto artistico, e, da quel raffinato poeta qual , manifesta d i essere anche dotato di buona cultura. Sembra altres che sia i n possesso di tutte le doti necessarie all'osservazione e alla manipolazione della realt che lo circonda. Poco o nulla si sa dell'autore del Contrasto. Incertezze si hanno perfino riguardo al suo nome d i battesimo, fi"equentemente attestato i n Cielo, raramente i n C i u l l o . Sia l'uno che l'altro deriverebbero da Michele, che i n Sicilia viene, per consuetudine, aferetizzato i n C e l i o Cheli. M a non azzardato supporre che qualcuno, amico o parente, abbia potuto alterarlo ulteriormente i n Ciullo. Si suppone che C e l i , l'ipocoristico aferetico di M i c h e le, proprio della tradizione siciliana, si sia potuto stabiliz-

zare in Cielo tra g l i estimatori toscani del poeta. Qualcuno, tuttavia, ha avanzato l'ipotesi, non si sa quanto attendibile, che Ciullo possa essere derivato da Vincenzullo. Come vuole i l cognome, di tipo etnico, del nostro autore, si suppone che egli sia nato ad Alcamo. M a non si sa quando n da chi. Il Contrasto, come attestato dai riferimenti dei versi 21-25 alle Costituzioni melfitane e a Federico 11, sarebbe stato scritto in un periodo compreso tra i l 1231 e i l 1250. Il 1240 circa potrebbe essere una data plausibile. Se si considera che un giullare potesse essere nel pieno della sua attivit verso i venticinque anni, e che i l nostro autore-giullare abbia scritto la sua opera all'incirca a quell'et, consentito supporre che egli abbia potuto avere i suoi natah tra il 1205 e i l 1210. ipotizzabile che Cielo d ' A l c a m o sia vissuto a lungo a Palermo e che i v i abbia potuto fi"equentare la corte di Federico II. Le sue ottime qualit di poeta e di uomo di cultura gli avrebbero consentito di far parte del sodalizio di letterati e poeti che si aggiravano per la Magna Curia palermitana. Sembra che Cielo d ' A l c a m o abbia soggiornato anche a Messina. Ivi avrebbe scritto materialmente i l Contrasto. Tale ipotesi suffragata dagli elementi dialettali messinesi e calabresi che v i si riscontrano. N o n si conoscono altre opere di Cielo d ' A l c a m o oltre al Contrasto. Questo conservato adespoto nel Codice vaticano latino n. 3793. M a l'opera g l i stata attribuita largamente dalla critica, e ad essa e al suo autore accenna Dante nel De vulgari eloquentia.

LA LINGUA DEL CONTRASTO

Il testo originario del Contrasto dovette subire profonde modifiche ortografico-lessicali prima ancora che venisse trascritto nel codice vaticano 3793. A modificarlo contribuirono, magari involontariamente, non pochi giullari che, portandolo i n giro per le piazze e le corti dTtalia, l'avrebbero adattato, ciascuno, alle proprie esigenze l i n guistiche. Uno di essi, certamente d i lingua toscana, i m provvisatosi scriba, lo mise per iscritto cos come se lo ricordava da quando l'aveva mandato a memoria, nella versione conservata nel Codice vaticano, e con tutte le lacune ortografiche e lessicali che gli erano proprie. C i accadeva verso la fine del Duecento. M a quale potrebbe essere stata la lingua del Contrasto, quella adoperata dall'autore? Molto verosimilmente sarebbe stata un volgare siciliano nobilitato, quello allora largamente i n uso nella corte di Federico II, dove intensi erano gli influssi d i altre parlate regionali d'Italia, dalla pugliese alla campana alla laziale alla toscana alla ligure. Parecchi dei poeti, dei letterati, dei funzionari che popolavano la corte palermitana dell'imperatore svevo, provenivano da regioni diverse da quella che l i ospitava. Le differenze tra i l volgare nobilitato e quello comunemente parlato dal popolo non erano tante. In " o " si facevano sicuramente uscire i nomi e gli aggettivi maschili, quelli che nel volgare popolare avevano desinenza in " u " . In "e" si modificava a volte la desinenza dei nomi e degli 11

aggettivi che i n dialetto terminavano i n " i " . L'articolo " l u " si mutava sovente i n "lo". E d anche probabile che la gente di corte si rifiutasse di adoperare vocaboli come iddu, chiddu, cca, dda, i quali si sostituivano con i nobilitati ilio, chillo, qua, l. M a non tutte le modifiche del volgare siciliano presenti nel Contrasto sono attribuibili all'autore: molte si devono al copista che si prese l a briga di trascriverlo. Alcune di queste possibile individuare in alquante rime gravemente compromesse dalla traduzione toscana, altre nell'arbitraria interpretazione e traduzione d i vocaboli siciliani d i difficile comprensione. E c c o alcuni esempi: -.^,^t ^^omi ^r^-^,- i n i .
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jy,^

Versi 9 10

/'^^^iC^r^, ,;jrjriw,ft

9) Avere me non poteri a esto monno: IO) avanti li cavelli m'arritonno.

Cielo d ' A l c a m o , come qualsiasi altro poeta siciliano, non avrebbe potuto scrivere che munno e arritunno.

rr.-. ^fyuii. Versili

22 23

-.Tnr.

21) Se i tuoi parenti trovanmi e che mipozzon fare? 22) Una defensa mettoci di dumilia agostari: 23) non mi toccaria padreto per quanto avere ha 'n Bari. 12.

Il verbo fare non fa rima n con agostari n con Bari. Cielo d'Alcamo dovette adoperare l'infinito presente del volgare siciliano fari. Verso 41 41) Quante sono le schiantora che m'hai mise a lo core l sostantivo schiantora sarebbe stato originariamente scntira (paure), un termine siciliano che i l copista toscano non avrebbe mai capito. Il verso sopra riportato v a ritoccato come segue: Quanti sono li scntira, che m'hai misi a lo core. . t :SX\

Versi 69

70 v?:v'\

^\^UVV

^.A

69) E sposami davanti de la jente: 70) e poi far li tuo comannamente.

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probabile che i versi originali siano stati: ^:>^^it E sposami davanti de lajenti: ^kld*; e poi far li tuo comannamenti. . .fO-;:^ ?>!iB3rt 13

Versi 89

90

89) Intendi bene ci che bolio dire? -iir^t r oh-i J 90) Men'este di miU'onze lo tuo abere (svere). i f a i o v Il verbo dire e i l sostantivo abere non rimano fra loro. Originariamente furono dire e abire.

Versi 151

152

153

J5J) Le Vangele, crama, eh Ho le porto in seno? 152) A lo monstero presile (non ci era lopatrino). 153) Sovr'esto libro jroti mai non ti vegno meno. L ' u l t i m o vocabolo del verso 152, arbitrariamente tradotto in patrino, era certamente parrino (sacerdote). I tre versi vanno corretti come segue: Quali Vangele, carama, quelle eh 'io porto in sino? A lo monstero presile (non ci era lo parrino): sovr 'esto libro jroti mai non ti vegno mino.

A i versi 145 e 155 si legge la parola arma (anima). S i r i tiene che l'autore del Contrasto, nobilitando i l suo volgare, abbia scritto alma. N o n si capisce perch i l copista toscano abbia riportato arma. Forse per lo stesso motivo 14

per i l quale al verso 77 abbia scritto groria e non gloria e al 142 corti anzich coltl. taot?-; r^. HJ;^ O iia^cq ir non probabile che egli sapesse che i Siciliani, i n certe parole che avevano i n comune con i Toscani, fossero soliti sostituire la elle con la erre. A v r creduto, riportando arma, groria, corti, di riprodurre fedelmente la parlata siciliana? probabile. ^ .-^U': 11 testo originale del Contrasto, quello scritto da Cielo d'Alcamo, lo lessero, molto probabilmente, solo pochi amici dell'autore. E nessuno d i coloro che lo ebbero tra le mani fu in grado di tramandarcelo. L a sua diffusione si ebbe unicamente tramite i giullari, che lo recitavano nelle vie e nelle piazze. Essi se lo passavano l ' u n l'altro oralmente, spesso modificandolo, ciascuno secondo i l pr--; prio modo di sentire e secondo la lingua che parlava. Quello di loro che alla fine del Duecento decise di metterlo per iscritto, rendendolo di pubblico dominio tra co-' loro che erano i n grado di leggere, fece opera meritoria. M a ebbe i l torto d i storpiarlo in pi punti sia nell'ortografia che nel lessico. S i capisce che non avrebbe potuto fare di meglio. N o n doveva essere sufficientemente istruito e non conosceva il volgare siciliano. Nel testo qui riportato si cercher di ripristinare le antiche rime (quelle volute dall'autore) e d i restituire i l giusto significato e l'ortografia originaria a qualche vocabolo. Si far di tutto per colmare, ove ci fosse, qualche lacuna, e per restituire all'opera una punteggiatura pi razionale e funzionale di quella voluta dal copista. M a anche possibile che Cielo d ' A l c a m o abbia scritto il suo Contrasto i n siciliano stretto. S i tratta di una sem-

plice m a non improbabile supposizione e non detto che non si possa o non si debba prendere i n considerazione. D e l resto la maggior parte dei testi dei poeti siciliani del Duecento c i pervenuta nella versione che ne hanno fatto poeti e copisti toscani. L'autore del Contrasto non i l popolo, come vorrebbe qualcuno, m a un poeta vero ed anche abbastanza colto ed ispirato. U n poeta dalla tecnica letteraria raffinatissima, nella cui opera non si riscontta alcuna delle irregolarit metriche tanto frequenti nella poesia incolta. I provenzalismi di cui i l Contrasto costellato, i tanti latinismi che v i si incontrano, qualche vocabolo di sicura origine greca non possono essere preziosit di dominio popolare. Inoltre l'autore v i sfoggia un'erudizione che i l volgo non possiede. S i pensi ai paesi e alle citt che v i si menzionano, alla conoscenza che i l poeta mostra di avere delle leggi delle Costituzioni melfitane, ai riferimenti che egli fa alle monetazioni bizantina e araba, ^i^ mitri" ---^1 oHii^m - ? V?;u:>

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ROSA FRESCA AULENTISSIMA

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IL TESTO
quello del Codice vaticano latino 3973. Lo stesso trascritto a memoria, verso la fine del Duecento, da un giullare improvvisatosi copista. Qui viene in parte ricostruito nel lessico, nell'ortografia e nella punteggiatura, ed il solo, si pensa, che possa considerarsi abbastanza vicino a quello uscito dalla penna di Cielo d'Alcamo.

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1 Rosa fresca aulentissima' - c'apari i n ver la state, y'c le donne ti disiano - pulzelle e maritate: ti tragimi d'este fcora - se t'este a bolontate. i r. '_*I:0 Per te non haio abento notte e dia^... ^n^^ib im^Aii^^j u^ro'^ Pensando pur d i v o i , madonna mia. f-'^Up. > ^xo i.^iffemoH 2 f Se di meve trabagliti, - follia lo ti fa fare, nu.-, n^i^uu ' L o mar potresti rompere, - a' venti semenare, : ^ \t G ? L'avere d'esto secolo - tutto quanto asembrare'^: IIXU.\JIJ avere me non poteri a esto munno; . C oaru ) avanti l i capelli m'aritunno^ ..^ QI a ihi^u^ h ^3 oMauorj

^ Rosa fresca aulentissima: La prima strofa del Contrasto, fatta eccezione per l'ultimo verso, una stupenda invocazione alla rosa. Chi la pronuncia, un giovane giullare innamorato, sta cercando di premettere un'efficacissima introduzione alla sua dichiarazione d'amore ad una donna. Con l'ultimo verso il giullare si rivolge direttamente a lei: pensando pur di voi, madonna mia. ^ Tragimi d'este fcora: Liberami dal fiioco d'amore. Fcora plurale arcaico di fuoco; ma lo anche del dialetto siciliano (fchira). ^ Per te non haio abento notte edd.: Per te non ho pace n notte n iomo. Abento vocabolo siciliano. Se di meve trabagliti ecc.: Se ti tormenti a causa mia, perdi inutilmente il tuo tempo; per te sarebbe come arare il mare e seminare al vento. Meve (me), pronome rafforzato. Lo stesso dicasi di teve (te). ^ Avere me non poteri a esto munno ecc.: Non mi potrai mai avere a questo mondo, perch prima che mi accada ci mi taglio i capelli, ossia mi faccio suora. Poteri tempo futuro. Equivale a poterai (potrai). Aritmmo termine del dialetto siciliano. Dal verbo aritimniri o timniri, tosare o tagliare i capelli a zero. , _ 21

3 Se l i capelli artnniti, - avanti foss'io morto, c a ' n isi mi si p r d e r - Io sollacci e '1 diporto', Quando ci passo e vejoti, - rosa fresca de l'orto, bono conforto donimi a tutt'ore^. Poniamo che s'ajunga i l nostro amore^. 4 l ; r nnob

' 'J r-:o55 irri^sil ^i^'' oiilSyrr 1

K e '1 nostro amore ajngasi - non boglio m ' a talenti'^. ' 93 Se ti c i trova p r e m o - cogli altri mei parenti, guarda non t'aricolgano - questi forti correnti^. C o m o ti seppe bona la venuta consiglio che ti guardi a la partuta^. ' 20 o I f- ;

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^ Se li capelli artnniti, avanti foss^io morto ecc.: Se ti tagli i capelli, per me finita. Sarebbe meglio che io muoia prima che tu faccia una tale pazzia, perch con essi perderei gioia (sollacci) e consolazione (diporto). Isi equivale ad essi. ^ Quando ci passo e vejoti ecc.: A qualunque ora, quando passo davanti casa tua e ti vedo, mi dai gran sollievo ^ Poniamo che s'ajunga il nostro amore: Facciamo in modo che il nostro amore sia reciproco. Ke 'I nostro amore ajngasi, non boglio m'a talenti: Che il nostro amore possa essere reciproco non cosa che mi piaccia. ^ Se ti ci trova premo ecc.: Se mio padre e gli altri miei parenti ti sorprendono qui a parlare con me, potresti passare un brutto guaio. Sono cosi veloci che non avresti scampo. Il tipo di possessivo enclitico di premo (mio padre) un calabresismo. ^ Como ti seppe bona la venuta ecc.: Andando via ti consiglio d fare in modo che ti vada altrettanto bene come quando sei venuto. 22 .- .

5 Se i tuoi parenti trovanmi - e che m i pozzon fari? U n a defensa mettoci - di dumiha agostari: non mi toccara pdreto - per quanto avere ha ' n B a r i . V i v a lo 'mperadore, grazie a Deo! Intendi, bella, quel che dico eo^? 6 T u me non lasci vivere - n sera n maitino. ^^ '^"^ Donna m i so' di prperi - d'auro massamotino . Se tanto aver donassimi - quant'ha lo Saladino, e per ajunta quant'ha lo Soidano, tocare me non poteri a la mano^. ^ 30 25 "

^ Se i tuoi parenti ecc.: I tuoi parenti, sorprendendomi qui a parlare con te, non possono farmi nulla. Se mi dovessero aggredire, io chiederei una defensa, ossia un risarcimento in denaro di duemila agostari. E la somma che pretenderei cosi alta che tuo padre non potrebbe mai pagarla. E se poi invocassi il nome dell'imperatore {viva lo 'mperadore, grazie a Deo), tu capisci benissimo cosa succederebba; i tuoi dovrebbero necessariamente desistere dall'aggressione, altrimenti sarebbe come colpire l'imperatore in persona. In tal caso i guai per loro sarebbero seri. ^ Donna mi so' di perperi d'auro massamotino: Sono una donna benestante. Perperi, monete bizantine. Con auro massamotino si intendevano le monete coniate dalla dinastia araba degli Almoadi, detti Massamuti. Gli Almoadi avevano giurisdizione in Africa e in Andalusia. Dicendo di essere ricca, la donna, intende mantenere le distanze fra lei e lo spasimante? Forse desidera darsi un contegno e farsi ancora pregare. ^ Se tanto aver donassimi ecc.: N o n potresti sfiorarmi la mano neppure se mi offrissi le ricchezze {aver) del Saladino e del Soidano messe insieme. Saladino e Soidano erano lo stesso titolo; il primo si dava ai sultano d'Egitto, il secondo a quello di Siria. 23

7 f; M o l t e sono le femine - c'hanno dura l a testa - ^ r v E l ' o m o con parbole - l ' a l d i m n a e amonesta': tanto intomo proczzale,- fin che l ' h a in sua podest^. o Femina d'omo non si p u tenere. Guardati, bella, di te ripentere^ 8 K e eo ne ripentsseme? - davanti foss'io aucisa, ca nulla bona femina - per me fosse riprisa'^! Aersera passstici, - corenno a la distisa^. Aquistati riposa, canzoneri: le tue parole a me non piacion gueri^. u^y: , yT -v? ?y-rfG; : f'- s :f40- ^ 1/ ^ v-hr ^ ^

' Molte sono le fentine c'hanno dura la testa ecc.: Scr.c molte le donne con la testa dura, ma l'uomo con le sue argomentazioni (parabole) le domina e sottomette. Parabole {parole, ragionamenti). "v4monesta'\l provenzale "admonesiar", ammonire, persuadere. .-,t ^ Tanto intorno proczzale, fin che l'ha in sua podest: Tanto gira loro intomo tinche non le ha in suo potere. ''Proczzale'' dal provenzale percassar, dare la caccia. ^ Femina d'omo non si p u tenere ecc.: Nessuna donna pu resstere ad un uomo. Guardati, bella, di te ripentere, guardati dal doverti pentire. K e eo ne ripentsseme ecc.: Che io mi penta delle mie decisioni? Preferisco che venga uccisa prima che qualunque donna onesta possa essere ripresa a causa del mio comportamento. Davanti, dal provenzale davant, ( prima, piuttosto), ^ Aersera passstici corenno a la dstsa: Ieri sera sei passato davanti casa mia ad andatura abbastanza sostenuta. ^ Aquistati riposa, canzoneri: Prenditi momenti di riposo, giullare.GHer/, dal francese ^ r e ,(affatto), a u x-'-' f-^ 24 "

9 Quanti sono l i scntira - che m ' h a i m i s i a lo core, e solo pur pensannome - la dia quanno v a ' foreM remina d'esto secolo - tanto non amai ancore quant'amoteve, rosa invidiata. Ben credo che mi fosti distinata^. 10 Se distinata fossiti, - cadrla de l'altezze, che male messe forano - i n teve mie bellezze. Se tutto adivenissemi, - taglirami le trezze, e coiSOFc u'arenrio a una niagione, avanti che m ' a r t o c c h i ' n la persone'*. . 50 . J ^ts fhj

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Quanti sono li scntira che m'hai misi a lo core ecc.: Le me trepidazioni divengono insostenibili quando mi ricordo delle volte in cui esci da casa. Pensannome (ricordandomi). La dia (il giorno, le volte in cui esci). Il Codice vaticano riporta la voce schiitora. certo che Cielo d'Alcamo abbia adoperato il termine siciliano scntira (paure) e che schintora si debba al copista toscano che non capiva il significato di quel vocabolo. Scantu (paura), scntira (paure). Donde le paure e le preoccupazioni del giullare? Certo se egli si fosse soltanto intestardito a far violenza a quella donna, come si vuole erroneamente da qualche parte, non ne avrebbe avuta alcuna. ^ Femina d'esto secolo: Donna di questo mondo. ^ Ben credo che mi fosti distinata: Credo che mi sia stata proprio riservata dal destino, . :.. :^u-D - K - I C ^ J ; * ; ' ; IX''J ^ Se distinata fossiti ecc. : Se per disavventura mi accadesse di doverti sposare, cadrei troppo in basso. Sarebbe meglio che mi ritirassi in un convento (magione). / S ^ M V V^U o^i^- y <\J'6^ 25

11 Se tu con sore arnniti - donna col viso cleri, a lo monstero vnoci - e rnnomi confreri: per tanta prova vencerti - farolo volonten. C o n teco stao la sera e lo maitino: b i s o g n ' ch'eo te tenga al mio d i m i n o \ V

y rio i ^m^jQ r: ri:'; oo? 3 O^ D r.'si/n^? ^ y^-! r- SM ; -j^v^rp 'J :55 rvH

B o i m , tapina misera - che distino m ' dato? G e s Cristo l'altissimo - del tutto m ' airato^. Concepistimi a 'mmttiri - in omo blestiemato^? Cerca la terra ch'este granne assai, chi bella donna di me troverai

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Se tu eoo sore arnniti ecc.: Se tu ti fai suora, al monastero ci vengo anch'io e mi faccio frate. Ci far volentieri per superarti in una prova tanto difficile e per stare notte e giorno accanto a te. Nonostante 1 affermazione del giullare, e certo che i uU, LaiLiSi suora e naie, non sarebbero mai stati vicini. Confreri (confratello) provenzalismo. ^ Boim tapina misera ecc.: Povera me, quale destino mi riservato? L'altissimo Ges Cristo del tutto adirato contro di me. iT;n ^ Concepistimi a 'mmttiri in omo blestiemato?: L a ragazza teme che l'altissimo Ges Cristo sia del tutto adirato contro di lei e G l i chiede se l'abbia fatta venire al mondo perch si imbattesse in un uomo blasfemo. 'Mmttiri o ammttiri (imbattersi, incontrare per caso) verbo del volgare siciliano. 26

13 c Cercat'haio Calabria, - Toscana e Lombardia, rj-. c>;c- :0 Paglia, Costantinopoli, - Genoa, Pisa e Sona O^J
j_,ciiiagiia t uauiJuma. - c luiia u o i u c i i a ' j ^iiiij-

donna non ci trovai tanto cortesi, perch sovrana d i meve te presi. '
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IH %ji Poi tanto trabaglistiti, - fcioti un meo pregheri ^ - q n3" perch tu v ' a d d o m n n i m i - a m i a mare e a mon peri^. im Se dare me ti degnano - menami a lo monsteri, 3 u^^iiq c sposari davanti de lajenti;
e poi far l i tuo comandamenti rudi. 70.

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Cercat'haio ecc.: Scra, Lemagna e Barbera sono, rispettivamente, la Sria, l'Alemagna e la fascia dell'Africa mediterranea. ^ Poi tanto trabaglistiti ecc.: Questo il senso della strofa: poich hai tanto sofferto {t-abaglistUi) per me, ti prego {facioti un meo pregheri) di andare a chiedere la mia mano a mia madre (mare) e a mio padre (peri). Se essi decidono di darmi in sposa a te, portami in chiesa (monsteri) e sposami dinanzi agli occhi della gente. Dopo far ci che mi comanderai. Mare, peri (madre, padre) sono provenzalismi. 27

15 D i c i che d i c i , v t a m a , - neiente non ti baie, Penne pensasti rnettere, - sonti cauute aie ; e dato t'hajio la botta sottana. Dunque, se puoi, tieniti villana. - a^-^m m ^^T-^ ca de le tuo parabole - fatto n'ho ponti e scale^

Vi

^ " Sff jiiyr^'J Bb-fu'^? rf;-m3-^ > ^ ^ ^ f ^ rrfutob

E n paura non mettermi - di nullo manganello: gii-^tiet H}<{ istmi i n est gloria - d'esto forte castello; prezzo le tuo p a r b o l e - meno che d ' u n zitello . Se tu non levi e vaitene di quaci, che tu c i fossi morto ben m i piaci. 80 m t^nV:-<| : steb o<:-

^ Di ci che dici, vtama, ecc.: Ci che dici, vita mia, non ti serve a nulla, e non ho voglia di ascoltarti ulteriormente. le tuo parabole fatto n'ho ponti e scale" frase idiomatica e significa non ho pi voglia di ascoltare le tue parole. ^ Penne pensasti mettere ecc.: Tu ti sei montata troppo la testa, ma sei caduta proprio in basso. Cosi dicendo il giullare convinto di averle sferrato il colpo definitivo (la botta sottana o colpo basso). Nel Codice vaticano "bolta". "Sepuoi tieniti villana" conclude i l giullare TI verso oui rinortato ha fatto snnnorre che la donna H R I Contrasto fosse una semplice contadina. M a lo era veramente? Non si pu gnorare che i l nostro personaggio abbia gi detto di essere una benestante, {"donna mi so' di prperi d'auro massamotino"). E lo stesso giullare, parlando della defensa che avrebbe richiesto, se fosse stato aggredito, accenna al padre ucha ragazza cofiic ui un grosso possidente di Bari. ^ En paura non mettermi di nullo manganello ecc.: Il manganello era una potente macchina da guerra. Qui sta ad indicare la botta sottana sferrata dal giullare. / / forte castello la saldezza d'animo della ragazza. 28

17 Dunque vorresti, vtama - ca per te fossi strutto? i -loM Se morto essere dboci - od intagliato tutto, jiM di quaci non mi mssera - se non baio de lo frutto av &g lo quale stao ne lo tuo jardino: :o.nh-; disiolo la sera e lo maitino^ s^>;. mou^mk. ^y. ^mi85 18 ~ k: >-?OO' OS n^iA mui . nu:^ '-o-^, 90 u>q

D i quel frutto non ppero - conti n cavalieri; molto lo disiarono - marchesi e justizieri, Intendi bene ci che bolio dire? Men'este di mill'onze lo tuo avire.] V m\v avere non nde pottero: - giron de molto feri^.

\: y/ui^m

.Ea!Jig vliri^tS/ .iii^i^^i^OfE^-

nijil

ry .^u-S^;'iSl^ tg^rq^usj^

^ Dunque vorresti, vtana, ca per te fossi strutto ecc.: Vorresti che 10 fossi ucciso, strutto. M a anche se dovr essere ucciso o ferito in pi punti, intagliato tutto, (letteralmente tagliuzzato tutto), da qui non mi muover prima di aver ricevuto il frutto del tuo giardino. M a 1 1 giullare desidera possedere la ragazza o si accontenta di sapere di essere riamato? Il frutto del giardino della donna sono il suo fascino, la sua bellezza, la sua simpatia o qualcosa di pi intimo? Qualunque cosa sia, il giullare ne fa esplicita richiesta in stato di estrema necessit, adesso che sa di poter essere ferito a morte. In condizione di normalit forse non avrebbe fatto una tale richiesta. '^^ ^ Di quei frutto non ppero conti n cavalieri ecc.: Di quel frutto non hanno avuto n conti n cavalieri, n marchesi n giustizieri; tutti sono andati va {giron) feriti nell'orgoglio {molto feri). iriossom

19 M o l t i so' l i garofani, - ma non che salma n d ' h a i ^ Se vento i n proda e girasi - e giungeti a le prai, arimembrare t'hao este parole; ca dintra 'st'animella assai m i dole^. o 95 bella, non dispregiremi, - se prima non m'assai^. no-^'
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20 M a c r a s dolsseti - che cadessi angosciato'^: se jenti c i corressero - da traverso e da lato, se tutti a me dicessoro: - " A c o r r i esto malnato", non ti degnara porgere la mano per quanto avere ha '1 papa e lo soidano^. ^ 100 / faup iC' oi 0*1;: ;
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' Molti so' li garofani, ma non che salma nd'hai: Parecchi sono i tuoi pregi {garofani), ma non moltissimi. Salma, grossa misura di capacit in uso ancora oggi in Sicilia. ^ Bella, non dispregiremi, se prima non m'assai: Non disprezzarmi prima di avermi conosciuto. Assai, assaggi. ^ Se vento in proda e girasi ecc.: Se il vento che soffia a prua cambia direzione, girasi, e ti porta a riva, a le prai, cio se cambi i dea, ti voglio ricordare queste parole: qui dentro (il giullare indica i l petto) la mia povera anima, animella, mi fa tanto male. In altre parole dice di essere sinceramente innamorato. '* Macra s dolsseti che cadessi angosciato: Voglia Iddio che ti faccia tanto male da cadere privo di sensi, angosciato. ' Se jenti ci corressero ecc.: Questo il senso dei versi 97 e 98: se la gente accorresse da tutte le parti, da traverso e da lato, se tutti mi pregassero di soccorrerti, acorri esto malnato, non ti aiutrerei per nulla al mondo. I versi 97 e 98 test menzionati ci sono pervenuti monchi e privi di senso. L e lacune sono state colmate ponendo la congiunzione dubitativa "se" al principio di ciascuno d essi. 30

21 Deo volesse, vtama, - te fossi morto i n casa! L a jenti ti direbboro: - " O i , perjura malvasa, c'hai morto l'omo in casata!". Traita, senz'oni colpo levimi la vita^. .^l'u^ omoi

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L ' a l m a n'anderia consola, - ca d e notte pant'asa\i u siiO f^-niuifp \Q


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Se tu non levi e vaitene - co l a maladizione, E d eo ben lo mi soffer - c i perda l a persone, ca meve se' venuto a sormonare. Parente ned amico t'ha aitare . iO

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li frati mei ti trovano - dentro chiss magione, 's^tH^

Deo volesse, vtama ecc.: Dio volesse che fossi morto in casa tua: l'anima ne andrebbe consolata, perch avrebbe tutto quanto desidera giorno e notte. Pant 'osa (avrebbe tutto); panta pronome indefinito della lingua greca; asa (ha,avrebbe), licenza poetca. ^ La jenti ti direbboro ecc.: I versi 103, 104 e 105 si potrebbero interpretare come segue: se tu uccidessi un uomo in casa tua, la gente ti darebbe gli appellativi di spergiura e di malvagia. Io ti darei quello di traditrice, tratta, e ti direi di colpirmi non una ma tante volte. ^ Se tu non levi e vaitene ecc.: Se tu non ti alzi e non te ne vai, i miei f-atelli ti trovano in questa casa, magione, ed io sopporterei benissimo che tu ci perda la vita, la persone, perch sei venuto ad importunarmi. Sormonare, dal sostantivo latino sermo o dal verbo sermocinor, parlare. Il verso ed eo ben Io mi soffer ci perda la persone ci pervenuto incompleto: ...be...lo mi soffer, ci perda la persone. Soffer da. sofferire (sopportare). L a d della negazione ned eufonica. L a voce verbale ha di / 'ha aitare adoperata col significato d dovere. ^,4 > V ^ | 31

23 A meve non aitano - amici n parenti: istranio m i so', c r a m a , - enfra est bona jenti. O r fa un anno, vitama, - che 'ntrata m i se' ' n menti D i quanno ti vestisti lo maiuto, bella, da quello jorno so' feruto\' ^ ^-i, 24 D i tanno ' n a m o r s t i t i - tu, Juda lo tratto, c o m se fosse prpore - iscarlato o sciamito^? S ' a le Vangete j r i m i - che m i s i ' a marito, avere me non p t e r ' a esto munno: avanti i n mare jittomi al perfurmo^. K SS mn B t it tom jt.f;u t\ 1 ^ : 1 120 115 '^^C'-; ouG ^'nf?r J ^J B.I
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A meve non aitano amici n parenti ecc.: Non mi aiutano amici ^ n parenti: per questa gente sono uno sconosciuto, un anno che mi sono innamorato di te, esattamente da quando hai cominciato ad indossare l'abito da adulta, h maiuto (forse maioruto, dal latino maior). ^ Di tanno 'namorstiti tu, Juda lo traito ecc.: D a allora (di tan- :^ no), traditore pi che Giuda, ti sei irmamorato di me, come se il mio maiuto fosse di porpora scarlatta o di seta (sciamito). ''Di tann", (da allora) locuzione avverbiale di tempo del dialetto siciliano. ^ S'a le Vangele jrm che mi si' a marito ecc.: Anche se mi giuri : sul Vangelo che mi sposerai, non mi potrai avere a questo mondo: perch prima che ci possa accadere, mi butto (jittomi) in mare. " 3Z-

25 Se tu nel mare gttiti, - donna cortese e decrtomi ti misera - per tutta la marina, e da poi ch'annegssiti, - trobrati a la rina, solo per questa cosa adimpretare: con teco m'hajo a giungere a peccare^^snoo U^IJI : 26 Segnomi in Patre e ' n F i l i o - ed i n santo Matteo: so ca non se' tu rtico - n figlio d i giudeo, Morta si la femina a lo ' n tutto, . ; q r : 130 > 125 fina, -ung

vi a^^- o l tasS -^^i

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e cotali parabole - non u d i ' dire unqu'eo . ^:JD J ' J f>?o perdeici lo saboro en lo disdutto^. d'eri^--.i:- .si.

'Se tu Del mare gttiti ecc.: Se tu ti butti in mare, penso (decrtomi) che finirai (letteralmente ti misera , ti netterai) in un punto qualsiasi della marina, dove per dovr trovarti per ottenere (adimpretare) una sola cosa: unirmi a peccare con te. Le parole del giullare non sono da prendere sul serio: vi serpeggiano tanta ironia e tutta la spavalderia di un giovane innamorato. M a potrebbero anche essere una sfida, un monito alla donna a non commettere una tale insania. Sono come dire: guarda che cosa son capace d farti se agirai come dici, ossia se ti butti in mare. ^ Segnomi in Patre e 'n Filio ed in santo Matteo ecc.: M i segno nel nome del Padre, del Figlio e di san Matteo. So che non sei eretico n figlio di giudeo; eppure le parole che hai appena pronunciate non le ho udite mai (imqua) in vita mia. ^ Morta si la femina a lo 'n tutto ecc.: Con queste parole tu colpisci a morte la donna, che in una tale disgrazia (disdittto) perde perfino il piacere di esserlo. Nel Codice vaticano "perdeici lo saboro eJo disdutto". M a la congiunzione e_non ha senso. A l suo posto va letta la preposizione en (in), ? - ^ ,Kmiti-7i'st.i^\, - >-ii>-'*-; 33

27 CS. Bene lo saccio, c r a m a , - altro non pozzo fare, fan irt 'jP, Se quisso non a r c m p l i m i , - lssone Io cantare'. n^jtteDi) Fallo, m i a donna, piazzati, - che bene lo puoi fare. fi^ o A n c o r a tu non m ' a m i , molto t'amo, si m ' h a i preso corno lo pesce a l'amo. . 135 J

28 ^< Sazzo che m ' a m i , e moti- di core, paladino, iniOFtp^E Levati, Susi e vaitene, - tornaci a lo maitino. ^xnft ? ; o> Se ci che dico fcemi, - di bon cor t'amo e fino. Q ''m^:^ y Questo t'adimprometto sanza faglia: -^'^ ni ?oJ tie' la mia fede, che m ' h a i in tua bglia"^. " 140

^ Se quisso non arcmplimi, lssone lo cantare: Se non mi accontenti in questo, abbandono il campo, ossia smetto di fare i giullare. ^ Levati, susi e vaitene ecc.: Vattene per adesso, e se domani mattina, quando sarai tornato, farai ci che ti dico, ti prometto che ti amer con tutto il cuore. T i assicuro, inoltre, che ti sar sempre fedele, giacch ormai mi hai in tua tglia (balia). L'espressione levati, susi ci pervenuta come levati, suso, ma la for-' ma corretta levati, susi. I due verbi sono sinonimi ed hanno en- trambi il significato di alzati. Levati calabresismo, susi proprio del dialetto siciliano. -ih/'^^T^" ?J

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29 Per zo che dici, c r a m a , - neiente, non m i m o v o ' . Inanti prenni e scannami: - tolU esto cohel novo . Esto fatto far ptesi - inanti scalf im ovo^ A r c m p l i m i ' talento, amica bella, che l'alma co lo core m i si 'nfella''. 30 Ben sazzo, l ' a l m a dleti, - c o m ' o m o c'have arsura, z Esto fatto non ptesi - per nuU'altra misura Se non a le Vangele^, - che mo ti dico, Jura, avere me non puoi in tua podest inanti prenni e tagliami l a testa^. 150 .

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Per zo che dici, c r a m a , neiente, non mi movo: Qualunque cosa tu dica, mia cara, io non mi muovo da qui. ^ Inanti prenni e scannami ecc.: Piuttosto ucidimi con questo coltello nuovo. Nel Codice vaticano cortei. M a l'autore, nobilitando il suo dialetto, avr sicuramente scritto coltel. L o stesso dicasi di alma, vocabolo pervenutoci come arma. Toll (prendi) latinismo. ^ Esto fatto far ptesi ecc.: Questo fatto si pu concludere in un attimo, prima che si scalfisca un uovo. ^ Arcompl m i ' talento, amica bella, ecc.: Soddisfa i l mio desiderio, che la mia anima e il mio cuore patiscono atroci sofferenze. ^ Esto fatto non ptesi per nulPaltra misura ecc.: Che cosa sa "esto fatto" non chiaro. Comunque la ragazza dice che non si pu fare a nessun'altra condizione se non a quella del giuramento sul Vangelo. Che mo ti dico ecc.: "Che " congiunzione conclusiva. Pertanto adesso. Giuda, ti dico che non potrai mai avermi in tuo potere. Puoi soltanto uccidermi. Per ragioni di rima qui i l poeta dice "Jura" (Giuda), ma al verso 116 ha detto Jwdfe?. i'^-r^- Gmiii-,sni a-acf^i - , L

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31 Q u a l i Vangele, c r a m a , - quelle c h ' i o porto i n sino? Sovr'esto libro j r o t i - mai non ti vegno mino. A r c o m p l i m i ' talento i n cantate, che l ' a l m a me ne sta i n sutilitate^. 32 M e o sire, poi j r a s t i m i , - eo tutta qiianta incenno. Sono a la tua presenzia, - da v o i non m i difenno. S'eo m i n e s p r e s joti, - m e r z , a voi m'arenno^. ^ A lo letto ne gimo a la bon'ura, che quissa cosa n ' data i n ventura. . ^ 7 ^ nr-o O. ~" 155 v^H A lo m o s t r o prsile - (non ci era lo parrino)'. rtryin 'i-'-'n

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160

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' Quali Vangele ecc.: I Vangeli, mia cara, li ho qui con me, li ho presi in chiesa quando non c'era il prete (parhno). Giuro su questo libro che ti sar sempre fedele. Ne! Codice vaticano si legge "patrino". Si tratta, certamente, di un errore dello scriba. "Sino" (seno) e "mino" (meno) sono licenze poetiche. Il giullare se le concede per va della rima con/w/r/'/wo. r - i - ' r - '.M ^ Arcompli mi' talento ecc.: Esaudisci il mo desiderio perch la mia anima si sta consumando. ^ Meo sire, poi jrastimi ecc.: Mo signore, poich m hai giurato fedelt, ti confesso che brucio d passione per te. Abbi piet (merz); se ti posso avere subito (minespres), mi rimetto al tuo volere. Qui la ragazza, rivolgendosi all'innamorato, gii d tre volte del tu e due del voi. E sicuramente andata in pallone. La sua insicurezza fa si che la decisione inaspettata si stemperi nella comicit. 36

I PERSONAGGI LA SCENA IL SIGNIFICATO

^ -^-^..^.^ou.^

Un giullare pazzamente innamorato, una ragazza, anche lei innamoratissima, ma che riesce a dissimulare, quasi perfettamente, i l suo amore. Almeno inizialmente. Sono l'uno di fronte all'altra, sulla soglia della porta di casa della donna, probabilmente seduti. A l l a strofa 28 la ragazza infatti dice: "Levati, susi e vaitene " (alzati e vattene). Il giullare ha tra le mani una rosa appena colta. L a guarda, l'accarezza, la porta al viso: mostra di essere inebriato dalla sua fragranza. N o n c ' dubbio: la donna bella come una rosa. M a lo spasimante non ha pace. Quando guarda quel fiore, pensa, per associazione di idee, all'amata. "Per te non haio abento notte e dia", dice alla rosa. M a si p u anche supporre che Rosa possa essere stato i l nome d i battesimo della donna del Contrasto. Una donna reale, dunque, concreta. L a stessa che abbia potuto ispirare i l poeta, specie nella stesura dello stupendo elogio alla rosa. La logica discorsiva della prima strofa si conclude a l . quarto verso. Pronunciatolo, i l giovane giullare s'interrompe, distoglie lo sguardo dalla rosa e lo rivolge alla ragazza. F a una
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pausa... U n a lunghissima pausa... Come solo g l i attori sanno fare. > ---^--t ^- s ..>-:?a^ trasognato. L a ragazza sorpresa. M a non molto. L a strofa si chiude con un verso anomalo, "pensando pur d voi, madonna mia'\n verso che non sembra avere un nesso logico-sintattico con i quattro precedenti. M a i l contrasto stato scritto per essere recitato i n pubblico. Pertanto i l giullare p u interrompersi bruscamente, volgere lo sguardo alla donna e iniziare a parlare direttamente con lei. D a qui prende i l v i a il dialogo tra i due. M a diamo uno sguardo all'intera stanza e vediamo di coglierne tutto quanto i l senso: , ^ . 1 .

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Rosa fresca aulentissima c 'apari in ver la state, le donne ti disiano, pulzelle e maritate. Tragemi d'estefocora se feste a bolontate. Per te non hajo abento notte e dia.... Pensando pur di voi, madonna mia. '"-l

in altre paroie: Rosa fresca, profumatissima, che sbocci all'approssimarsi dell'estate, tu che sei i l fiore prediletto dalle dorme, liberami da tutti i miei tormenti (tormenti d'amore, s'intende). Per te non ho pace n notte n giorno, perch pensando a te, penso pure a voi, madonna mia. L a rosa un simbolo, non c ' dubbio, ma simboleggia solo ed unicamente quella ragazza. D a qualche parte si , tuttavia, affermato, senza alcim fondamento, che quel fiore, la rosa, stia l a simboleggiare nient'altro che l'apparato genitale maschile, e che i l Contrasto sia, pertanto, da considerare un testo del tutto osceno. M a non lo
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. Tutt'al pi potrebbe considerarsi, m a non per quanto test detto, un po' spinto, e neanche troppo. Teniamo prsente che alla strofa tre i l giullare d alla donna che ama l'appellativo di "rosa fresca de l'orto"^ e che alla nove dice: ^^Femina d'est secolo tanto non amai ancore / quant 'amo teve, rosa invidiata ". L a donna a cui i l giullare rivolge questa sua prima, i nequivocabile, sincera dichiarazione d'amore bella quanto non si possa immaginare, una "rosa", senza alcun dubbio "invidiata" da altre donne per la sua eccezionale bellezza. Solo la rosa, i l pi bello tra i fiori, p u simboleggiarla appieno. Qualcuno ha inoltre affermato che i l giullare non rappresenti se stesso, bens uno di quei prepotenti che nel Medioevo non si facevano scrupoli d i violentare, ogni volta che se ne presentasse l'occasione, qualche povera ragazza indifesa. N e l caso specifico un esattore delle tasse, uno di quelli che vestivano abiti di strana foggia (lo stati) e che assumevano un particolare atteggiamento ( i l piede destro sul ginocchio sinistro) nell'atto di scrivere sul libraccio delle riscossioni. M a i l giullare non rappresenta nessuno, tranne se stesso. Altrimenti l a ragazza non lo chiamerebbe "canzoneri" (giullare). E d egli stesso non manifesterebbe l'intenzione di abbandonare la sua attivit professionale (quella appimto del giullare) se i suoi rapporti con la donna che ama non andassero come vorrebbe. "5e quisso non arcompiimi, Iassone lo cantare" (se ti ostini a negarmi i l tuo amore, smetto di fare i l giullare). M a colui che ha espresso i l giudizio al quale si appena accennato, ha
' Orto: dal latino hortus, giardino. 39

.preso anche un grossolano abbaglio alla strofa numero cinque. ' -. ---rJ

Se i tuoi parenti trovanmi e che mi pozzon fari? ^ "^/^m Una defensa mettoci di dumilia agostari: ^'^V-iv non mi toccara pdreto per quanto avere ha 'n Bari. Viva lo 'mperadore, grazie a Deo .^ . Intendi, bella, quel che dico eo? S'^'Mf;^ n3f?arj

Spiegazione: I tuoi parenti, se m i trovano qui a parlare con te, non possono farmi nulla (si noti che i l giullare sta semplicemente manifestando i l suo amore a quella ragazza). Se m i aggredissero, io chiederei, come la legge vuole, una defensa, ossia un risarcimento i n danaro di duemil a agostari. E la somma che pretenderei cos alta che tuo padre non potrebbe pagarla "per quanto avere ha 'n Bari". E se poi io invocassi pubblicamente i l nome dell'imperatore, "viva lo 'mperadore, grazie a Deo", tu comprendi cosa succederebbe. 1 tuoi dovrebbero necessariamente desistere dall'aggressione, altrimenti sarebbe come colpire l'imperatore i n persona. E allora i guai per loro sarebbero seri. Tuttavia, nonostante la linearit del testo, qualcuno ha creduto, non si sa come, che i duemila agostari volesse pagarli i l giullare per una violenza che egli, forse, non si mai sognato di perpetrare ai danni d i quella ragazza. G l i sembrato anche che la defensa fosse una legge escogitata a garanzia dei prepotenti e dei violentatori. M a Fede.afsifttssg ;Kho 40 isti T^mr '

fico II era un sovrano troppo intelligente per introdurre nelle sue Costituzioni melfitane una legge tanto insensata quanto impopolare. In realt i l giullare che vorrebbe i n tascare quella somma, se i parenti della donna, sorprendendolo a parlare con lei, lo malmenassero. Il nostro personaggio non un aggressore. E se lo fosse, come tale, non potrebbe mai chiedere una "defensa ", in quanto essa era solo prerogativa dell'aggredito. Inoltre il giullare non sembra proprio disposto a pagare, n m o l to n poco, per scapricciarsi (ammesso che desideri solo questo) con la ragazza che, come sembra, almeno allo stadio iniziale, si rifiuta di accettare i l suo amore. N ha alcuna intenzione d i violentarla. Desidera invece raggiungere i l suo scopo pacificamente e... per amore. A d un certo punto egli supplicher la donna, chiss, magari prostrandosi ai suoi piedi, di assecondare la sua passione. A i versi 144 e 145 dice: "Arcompli mi talento, amica bella, / che l'alma co lo core mi si 'nfella " (esaudisci i l m i o desiderio, che l'anima m i a e i l mio cuore soffrono fino alla pazzia). A i versi 154 e 155 aggiunge: ^"Arcompli mi talento in caritate, / che l'alma me ne sta in suiilitate " (esaudisci, per carit, le mie preghiere, che la mia anima sta consumandosi). U n violentatore che si rispetti non chiede " i n caritate" di fare ci che desidera: lo fa e basta. Magari con l'ausilio di qualche amico compiacente o di un paio di bravacci. Precedentemente, ai versi 134 e 135 i l giullare aveva fatto a quella ragazza un'esplicita dichiarazione d'amore: "'Ancora tu non m'ami, molto t'amo, / s m'hai preso com lo pesce a l'amo.l 4;^

" Evidentemente chi sostiene che i l giullare sia un violentatore, non ha letto i l Contrasto attentamente n fino in fondo. M a c o s ' la defensa? Si tratta di una legge contenuta nelle Costituzioni melfitane di Federico l . Essa prevedeva, indipendentemente dalle sanzioni penali che potevano essere inflitte ad un aggressore, adeguati risarcimenti i n denaro per la parte lesa, qualunque fosse la sua posizione sociale. c II giullare non stava commettendo alcun reato: stava semplicemente manifestando i l suo amore ad una donna, o, se si vuole, la stava importunando. Per questa semplice ragione avrebbe potuto ricevere, allora (nel Medioevo), una buona lezione da parte dei parenti della donna, un fracco d i legnate e nuU'altro. M a per i motivi sopra accennati, i l padre e i fratelli della ragazza difficilmente sarebbero passati a vie di fatto. L a defensa poteva essere richiesta, come avrebbe voluto fare i l giullare, direttamente dalla parte lesa. M a se un malcapitato voleva, poteva rimettersi alla discrezione dei giudici, che l'avrebbero chiesta i n sua vece. L a defensa doveva essere commisurata alle ricchezze, al grado e al ruolo dell'offeso nel contesto sociale. L a somma che i l giullare avrebbe voluto richiedere era estremamente alta. G l i agostari erano monete d'oro del peso di cinque grammi ciascuna. Duemila di esse sarebbero ammontate a dieci chili d'oro. U n a somma da capogiro, semplicemente iperbolica. E siccome la condizione sociale del giullare non era tale da consentirgli, in caso di subita aggressione, la richiesta di una tale somma.

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l'iperbole aveva lo scopo di accrescere, quanto pi possibile, i l divertimento d i chi assistesse alla recita.

E d ora una breve zoommata sui personaggi:i\.iM.v\ Sono due, un uomo e una donna. U n giovane ed una ragazza come tanti nella vita reale. L u i fa i l giullare, un misto di attore, fabulatore, cantastorie. L a ragazza non esplica alcuna attivit professionale. Per, come tutte le donne del Medioevo, potrebbe aiutare, saltuariamente, i l padre e i fratelli nei lavori dei campi o nella bottega artigiana. M a , essendo benestante, "donna mi so' di prperi d'auro massamotino, come lei stessa dice, non fa neanche questo. s i Bilo/i^iijphT^j tnq I due non si chiamano per nome. L u i la apostrafa "rosa de l'orto ", "rosa invidiata ", crama (mia cara), vitama (mia vita). L e i lo chiama c o l suo appellativo professionale, quello di canzoneri. M a quando arrabbiatissima gli d l'epiteto di Giuda. Per sempre convinta che egli sia comunque un bravo ragazzo; "so ca nun se ' tu retico n figlio di giudeo (n eretico n senza religione). Sono irmamorati l'uno dell'altra. L u i le fa una corte spietata; la ragazza sta sulle sue, almeno finch non ha la certezza che quelle del giullare siano intenzioni serie. I passaggi del Contrasto, nei quali i l giullare manifesta i suoi sentimenti, gli stati d'animo, le aspirazioni, le aspettative sono tanti. A i versi 134 e 135, 144 e 145, 154 e 155 si gi accennato. M a ve ne sono anche altri. Vediamoli.
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Versi 13

14

15

Quando ci passo e veioti, rosa fresca de l'orto, bono conforto donimi a tutt'ore.-v.uKi ni; - J U J oirf>?: Poniamo che s'aiunga il nostro amore, r^^o:? ^'r^^tn
-snof-^SO'^l

i^rfiim ?^moH ^--?m"^ f=of;

I ".nu^'e

Se i l giullare fosse o rappresentasse davvero un prepotente, un violentatore senza scrupoli, non potrebbe confessare d i ricevere "conforto " da quella donna (e perdipi ogniqualvolta la veda). S i pensi che conforto vuol d i re sollievo, incoraggiamento, sostegno, appoggio. E se nutrisse davvero insani pensieri nei confronti di quella donna, non potrebbe neanche dire di esseme innamorato, n auspicare che i l suo amore venga corrisposto, i hmo'-f^'in^h'vV'";v.--i\^it^ i;o ^iV .s-v^tgn o / i ^ ' i n i ; o^^pm^moo c-

" .^n^^ TjKf-^f^'"

Versi 43 44

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; r^v; i^rr.. s-.-D'^r.;

~ Femina d'esto secolo tanto non amai ancore J^-'C? ^ ^ quant'amo teve, rosa invidiata. ^ ' H i ^ i / n J T : ^ i^^^w ' S e r t credo che mi fosti distinata. CU ^ym^'i " i ' f ' i - v n ^ x

44:

" N o n ho mai amato donna di questo mondo quanto amo te", afferma decisamente i l giullare. "Credo proprio che m i sia stata riservata dal destino ". Si p u fare dichiarazione d'amore pi esplicita? Sarebbe da pazzi continuare a supporre che i l giullare abbia solo altro per la testa.

Versi 51 e 52 , 54 e 55 sx^rnhAys'^^ Se tu consore arenniti, donna col viso cleri, eUi,iLit i l a lo mostero venoci e rennomi confreri.

Con teco stao la sera e lo maitino: bisogn ' eh 'io ti tenga al mio dimino.

z is'ir i\pa
..,:,I

Parafrasando abbiamo: "Se tu dovessi chiuderti i n convento, nel convento ci verrei anch'io e m i farei frate. Solo cos potrei stare notte e giorno accanto a te".
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o questa una battuta d i spirito che i l giovane innamorato si lascia sfuggire c o l sorriso sulle labbra. E tuttavia rispecchia pienamente i l suo stato d'animo. M a una suora ed un frate non avrebbero mai potuto coabitare nello stesso convento. " '^^vy-v ^ '"'i^^ ;-^-t-"n ^^5v=q r-b -M^^m
'i & -if)iri .Sii: ir; ; ?

Versi da 61 a 65 Cercat 'haio Calabria, Toscana e Lombardia, Puglia, Costantinopoli, Genoa, Pisa e Soria, Lemagna e Babilonia e tutta Barberia. Donna non ci trovai tanto cortesi, > Perch sovrana di meve te presi. Il giullare asserisce di aver girato i l mondo intero e di non aver trovato donna "tanto cortese ", ossia gentile, affabile e bene educata, cosi come esigeva l a poesia del tempo riguardo all'ideale di donna. E non tanto perch non ce ne fossero, quanto perch una donna siffatta i l nostro personaggio l'avesse gi scelta come sua signora e sovrana.

Versi 94 95 Arimembrare t'hao este parole: ca dintra 'st 'animella assai mi dole. .

Il giullare i n pena, perch non sa ancora se i l suo amore sar corrisposto, r ^ ^ y afiuu ^W^E^ V^^^H =>-.fr:
U

4 6 1 ^

Versi 101 102 Deo volesse, vtama, ti fossi morto in casal L'alma n 'anderia consola, ca d e notte pant 'asa Il giullare sarebbe stato felicissimo di morire i n casa della donna che ama. L a sua anima , se non i l corpo, sarebbe stata sempre accanto a lei.

Versi 113 114 115 Ora fa un anno, vtama, che 'ntrata mi se ' 'n menti; di quanno ti vestisti lo maiuto, bella, da quello jorno so 'feruto. Il giullare innamorato da circa un anno, da quando la ragazza ha iniziato ad indossare lo maiuto, l'abito da adulta. Verso 153 Sovr 'esto libro juroti mai non ti vegno mino (meno). possibile nutrire ancora dubbi riguardo ai sentimenti di un innamorato che giura amore etemo sul vangelo? E questa la prova definitiva della lealt del giullare, quella che la ragazza andava cercando.

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UN'OPERA :^>^-O::S^ ] ' TRA LE PI SIGNIFICATIVE '^ ^ DEL DUECENTO ....

Il linguaggio del Contrasto non mai triviale, scurrile, licenzioso. Il dialogo tra i due personaggi, l'uomo e la donna, si snoda dal principio alla fine, entro i limiti della decenza e nel rispetto delle norme che regolano i l viver civile. L e diverse situazioni, salvo qualche eccezione, come quella sull'ipotesi della ragazza annegata, non sono mai irriverenti o sguaiate . , ..n-^ . -- C ' intanto da dire che i versi inerenti alla situazione test menzionata, certamente i pi crudi, macabri e grotteschi; i meno sinceri d i tutta l'opera ("e da poi che annegassiti, trobariti a la rina, / solo per questa cosa adimpretare: / con teco m'hajo a giungere a peccare"), non sono da prendere sul serio. S i direbbero versi ad effetto, che un giovane giullare lancia a sorpresa sulla platea dei suoi spettatori. M a si capisce benissimo che mente spudoratamente. N o n , tuttavia, escluso che detti versi possano anche essere una sorta d i sfida, un monito alla ragazza, perch non compia un atto tanto insensato, quello di buttarsi i n mare. M o l t o verosimilmente con quei versi i l giullare vuole dire alla donna: "guarda cosa sarei capace di farti se davvero ti azzardassi a buttarti i n mare".
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L'autore del Contrasto non aspira ad apparire necessariamente irreprensibile n licenzioso. indifferente: un poeta che osserva, scruta, racconta. N i l suo prodotto pu classificarsi osceno. M a se qualcuno vuole, p u i n terpretarlo anche i n tal senso. Facendo, si capisce, non poche acrobazie e lavorando molto di fantasia. I passaggi i n cui sembra si possa cogliere l'intenzione del protagonista maschile di cercare qualche approccio d i tipo carnale sono solo un paio. "A lo monstero venoci e rennomi confreri" sicuramente una battuta di spirito dell'innamorato. A l l o r a , come oggi, i monasteri non erano comunit miste. I due, fattisi, rispettivamente, suora e frate, non sarebbero mai stati vicini. N e i versi "di quaci non mi mossera, se non hajo de lo frutto / lo quale stao ne lo tuo jardmo: / disiolo la sera e lo maitino non si capisce bene quale sia quel frutto. la bellezza della ragazza., i l suo fascino, la sua simpatia o qualcosa d i pi intimo? Comunque, ciascuna delle ipotesi, potrebbe essere accettata o respinta. Tuttavia si deve pure osservare che un autore osceno sarebbe sicuramente molto pi esplicito. E c ' anche da dire che i l giullare pronuncia quelle parole i n stato di assoluta necessit, quando apprende che da un momento all'altro p u essere ferito a morte. A che cosa allude i l giullare nel verso i n cui dice "fallo, m i a donna, piazzati, che bene lo puoi fare", e nell'altro nel quale asserisce che "esto fatto far ptesi i nanti scalf un ovo"? A d un bacio, un abbraccio, vista anche la rapidit con cui "far potesi", o a qualcos'altro? M a che senso pu avere in un testo osceno l'espressione so50

stitutiva (esto fatto), quando un fatto (quello che si potrebbe immaginare) non sia mai stato menzionato col suo vero nome? E probabile invece che l'autore faccia di tutto per non cadere in una sorta di volgarit. '-^^ i f e U n verso abbastanza esplicito i l penultimo dell'intera composizione; quello i n cui la donna dice; "a lo letto ne gimo a la bon 'ura". M a giunge a tale risoluzione, peraltro inaspettata, solo dopo che i l giovane le ha giurato fedelt e amore etemo sul Vangelo. "Sovr'esto libro jroti " aveva detto "mai non ti vegno mino ". L'autore del Contrasto fa della poesia e nuU'altro. I problemi connessi con la morale non lo interessano. N o n mira all'edificazione delle anime, come fece gran parte dei poeti del suo tempo, ma non intende neppure contribuire al deterioramento dei costumi. Forse sarebbe vissuto benissimo un paio di secoli pi tardi. Suo ideale, se cos si p u dire, di divertire tanto i l lettore quanto, e forse pi, lo spettatore. L'opera di Cielo d ' A l c a m o va giudicata e apprezzata, per quello che realmente, una delle pi belle, significative ed emblematiche della letteratura del Duecento, ^'^^y -J ur-nm^j .:?<IT-: ? & i I versi del Contrasto sono, i n linea di massima, freschi, gioiosi, solari. M a i esplicitamente volgari. Il testo, pur contenendo pochi versi, ad esempio i l 125 e i l 159, classificabili, se si vuole, come offensivi del pudore, non pu definirsi indecente, come vorrebbe qualcuno. M a n cano, per considerarlo tale, un linguaggio ostentatamente scurrile e delle situazioni volutamente scandalose. E non si p u ignorare che i l Contrasto sia anche intriso di tanto umorismo, se non per noi lettori d i oggi, per coloro che nel 1200 avevano la fortuna d i assistere alla sua rappresi

sentazione. S, perch i l Contrasto era stato pensato e scritto per essere recitato i n pubblico, quasi esclusivamente nelle vie e nelle piazze, dove tanto gli attori quanto gli spettatori erano solo ed esclusivamente persone d i sesso maschile; perfino i l giullare a cui veniva affidata la parte della donna. Sia gli uni che gli altri potevano permettersi i l lusso di dire e di ascoltare una battuta che, i n presenza di persone del gentil sesso, sarebbe potuta apparire sconveniente e fuori luogo. Si pu perfino immaginare che l'autore del Contrasto, scrivendolo, abbia pensato di avvalersi dell'apporto del giullare recitante, che con la sua bravura e le sue capacit espressive potesse stemperare i l senso di quei versi in una parodia o nella caricatura. certo che i suoi gesti, l'espressione del volto e dello sguardo, l'intonazione della voce avrarmo influito su tutta la composizione. A d esempio nel mettere i n risalto, in chiave comica, s'intende, l'ingenuit, i l candore, la pudicizia, l'incredulit, lo stupore di una donna poco pi che adolescente, d i una ragazzina che da pochissimo aveva preso ad indossare l'abito delle donne, " l o maiuto". L'offesa al pudore, qualora c i fosse stata davvero (no di certo nella prima e nella quinta strofa, le due maggiormente ed erroneamente incriminate), sarebbe stata trasfigurata dal travestimento che l'istrione ne avrebbe fatto i n termini comico-burleschi. certo che chiunque legga un testo v i apporti qualcosa d i suo, necessariamente se chi legge un giullare avvezzo alla recitazione; ma pur vero che i l Contrasto sia un'opera letteraria ben definita nella forma e nei contenuti, i quali l'autore esprime con naturalezza e linearit. >
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L ' u l t i m a battuta della domia, contrariamente al suo modo di esprimersi i n precedenza, appare indubbiamente un po' spinta. M a si tratta di un espediente con cui l'autore del Contrasto si propone di strappare al pubblico degli spettatori, unicamente d i sesso maschile, una fragorosa risata. M a n c a assolutamente quella violenza che un critico, che vuol far credere di non essere distratto, pensa di avervi scorto. la donna che decide del suo futuro, e solo dopo che l'uomo le ha giurato fedelt sul Vangelo.

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Bibliografia Francesco De Sanctis, Storia della letteratura italiana, Feltrinelli, Milano. Storia della letteratura italiana, direttori Emilio Cecchi e Natalino Sapegno, Garzanti, Milano 1965. Letteratura italiana in CD - Rom, ACTA, G. D'Anna, Thsis, 1999. Note al Contrasto di Cielo d'Alcamo, Giuseppe Bonghi, Internet. Dario Fo, Mistero buffo, Einaudi, Torino 1997. Grande Enciclopedia Curcio 1968.

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INDICE

Cielo d ' A l c a m o poeta e giullare pag. 7 L a lingua del Contrasto 11 Il testo 19 I personaggi, la scena, i l significato 37 Un'opera tra le pi significative del '200 49 Bibliografia 55

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Palermo 2011

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