La linguistica si occupa dello studio della lingua. Lo studio della lingua si può dividere in:
- linguistica generale, che si occupa di che cosa sono, come sono fatte e come funzionano le lingue;
- la linguistica storica, che si occupa dell’evoluzione delle lingue nel tempo e dei rapporti fra le lingue
e fra lingua e cultura.
Oggetto della linguistica sono le cosiddette lingue storico-naturali -> le lingue nate spontaneamente lungo il
corso della civiltà umana e usate dagli esseri umani ora o nel passato -> le lingue storico-naturali sono
espressione di quello che viene chiamato linguaggio verbale umano=facoltà innata dell’homo sapiens ed è
uno degli strumenti, dei modi e dei sistemi di comunicazione che questi abbia a disposizione.
Dialetti -> Da questo punto di vista non c’è differenza tra lingue e dialetti -> la distinzione tra lingue e
dialetti è basata unicamente su considerazioni sociali e storico-culturali, in funzione della distribuzione negli
usi linguistici della comunità e del prestigio dei singoli sistemi linguistici.
Il segno -> qualcosa che sta per qualcos’altro e serve per comunicare questo qualcos’altro
Comunicazione -> tutto può comunicare qualcosa, ogni fatto culturale è suscettibile di essere interpretato
da qualcuno e quindi di dare/veicolare qualche info. Equivale ad un passaggio di informazioni intenzionale
proveniente da un emittente e ricevuto da un ricevente.
Segni e codici
Codici -> regole da rispettare all’interno di un contesto/sistema per far sì che le informazioni vengano
correttamente ricevute e interpretate
Proprietà della lingua:
Al principio di arbitrarietà radicale dei segni linguistici vi sono delle eccezioni quali: onomatopee
(richiamano nel loro significante caratteri fisici di ciò che viene designato), gli ideofoni (espressioni
imitative che designano fenomeni naturali o azioni), principio di iconismo, fonosimbolismo (certi
suoni avrebbero per la loro stessa natura associati a sé certi significati)
- La doppia articolazione, consiste nel fatto che il significante di un segno linguistico è articolato a
due livelli nettamente diversi.
Ad un primo livello (prima articolazione) il significante di un segno linguistico è organizzato e
scomponibile in unità ancora portatrici di significato e che vengono riutilizzate per formare altri
segni. Ognuno di questi segni linguistici è in linea di principio analizzabile, scomponibile in unità
minime di prima articolazione (morfemi)
Ad un secondo livello (seconda articolazione), esse sono a loro volta scomponibili in unità più
piccole che non sono più portatrici di significato autonomo, e che combinandosi insieme in
successione danno luogo alle entità di prima articolazione; questi segni sono chiamati fonemi. Unità
di prima e seconda articolazione possono coincidere nella loro forma.
- Trasponibilità di mezzo, si riferisce al fatto che il significante dei segni linguistici può essere
trasmesso sia tramite il mezzo aria, il canale fonico-acustico (sotto forma di suoni e rumori prodotti
dall’apparato fonatorio umano) che tramite il mezzo luce, il canale visivo-grafico (sotto forma di
segni tracciati sulla carta o ricevuti tramite l’apparato visivo. Tra i due, il primo è prioritario rispetto
al secondo (priorità antropologica: tutte le lingue hanno una forma parlata, non tutte hanno una
forma scritta; priorità ontogenetica: si impara prima e per via naturale a parlare e solo dopo si
impara a scrivere; priorità filogenetica: la scrittura si è storicamente sviluppata dopo alla lingua
parlata).
Vantaggi del canale fonico-acustico per la comunicazione:
o Purché ci sia presenza di aria, possono essere utilizzati in qualunque circostanza ambientale
e a relativa distanza;
o Non ostacolano altre attività
o Permetto la localizzazione della fonte di emittenza del messaggio
o La ricezione è contemporanea alla produzione del messaggio, avviene in diretta
o L’esecuzione parlata è più rapida di quella scritta
o Il messaggio può essere trasmesso simultaneamente a un gruppo di destinatari diversi
o Il messaggio è evanescente, ha rapida dissolvenza
o L’energia specifica richiesta è molto ridotta
Tuttavia nelle società moderne lo scritto ha una proprietà sociale
- Linearità e discretezza; per linearità si intende che il significante viene prodotto, si realizza e si
sviluppa in successione nel tempo e/o nello spazio. Per discretezza dei segni invece, si intende il
fatto che la differenza fra gli elementi, le unità della lingua, è assoluta; questo significa che le unità
della lingua non costituiscono una materia continua, senza limiti netti al proprio interno, ma c’è un
confine preciso fra un elemento e un altro, che sono distinti e ben separabili l’uno dall’altro
Riflessività -> caratterizzante del linguaggio umano; messaggi su sé stessi, che abbiano come
oggetto il codice di comunicazione medesimo (? Pag 25)
- Produttività e ricorsività
Produttività -> con la lingua è sempre possibile creare nuovi messaggi, mai prodotti prima ma è
anche possibile associare messaggi già usati a situazioni nuove
Ricorsività -> uno stesso procedimento è riapplicabile un numero teoricamente illimitato di volte,
se sono date le condizioni strutturali in cui questo si applica
- Trasmissibilità culturale
Dal punto di vista antropologico, ogni lingua è trasmessa per tradizione all’interno di una società e
cultura, come uno dei fatti costitutivi della cultura, come uno dei fatti costitutivi della cultura.
Il linguaggio verbale umano ha diverse componenti: una culturale-ambientale (che specifica quale
lingua impariamo e parliamo), sia una componente innata, che fornisce la ‘facoltà del linguaggio’,
cioè la predisposizione a comunicare mediante una lingua.
- Complessità sintattica
La proprietà della lingua che consiste nel fatto che i messaggi linguistici, a differenza di messaggi in
altri codici naturali, possono presentare un alto grado di elaborazione strutturale, con una ricca
gerarchia di rapporti di concatenazione e funzionali fra gli elementi disposti lateralmente. La
disposizione reciproca in un segno linguistico degli elementi che non costituiscono non è mai
indifferente; e i rapporti fra gli elementi o parti del segno danno luogo a una fitta trama plurima,
percepibile nella sintassi del messaggio
Fra gli aspetti che hanno rilevanza nella trama sintattica vi sono:
a. L’ordine degli elementi contigui, le posizioni lineari in cui essi si combinano
b. Le relazioni strutturali e le dipendenze che vigono fra due elementi non contigui
c. Le incassature
d. La ricorsività, conferisce alle strutture linguistiche un particolare carattere di
complessità interna
e. La presenza di parti del messaggio che danno informazioni sulla sua strutturazione
sintattica
f. La possibilità di discontinuità nella strutturazione sintattica. Le costruzioni ammesse
dalla lingua possono essere ammettere che elementi o parti strettamente unite dal
punto di vista semantico e sintattico non siano linearmente adiacenti.
- Equivocità
La lingua è un codice equivoco. È equivoco un codice che pone corrispondenze plurivoche fra gli
elementi di una lista e quelli della lista a questa associata. Mentre un codice non equivoco pone
rapporti biunivoci (ad un elemento del gruppo A corrisponde un solo elemento del gruppo B), la
lingua pone anzi corrispondenze doppiamente plurivoche fra lista dei significanti e lista dei
significati. A un unico significante possono infatti corrispondere più significati.
Definizione di lingua:
La lingua è ‘(a) un codice (b) che organizza un sistema di segni (c) dal significante primariamente fonico-
acustico, (d) fondamentalmente arbitrari ad ogni loro livello e (e) doppiamente articolati, (f) capaci di
esprimere ogni esperienza esprimibile, (g) posseduti come conoscenza interiorizzata che permette di
produrre infinite frasi a partire da un numero finito di elementi’.
Sincronia e diacronia: per diacronia si intende la considerazione delle lingue e degli elementi della
lingua lungo lo sviluppo temporale, nella loro evoluzione storica; per sincronia si intende invece la
considerazione delle lingue e degli elementi della lingua facendo un ‘tagli’ sull’asse del tempo, e
guardando a come essi si presentano in un determinato momento.
Paradigmatico e sintagmatico
Le relazioni di significato con le parole che sono nel testo si chiamano sintagmatiche; le relazioni con
parole che non sono scritte nella frase si chiamano paradigmatiche. (preso da internet, per rivedere vai
a pag.38)
Livelli d’analisi
- Fonetica articolatoria, che studia i suoni del linguaggio in base al modo in cui vengono articolati
dall’apparato fonatorio umano;
- Fonetica acustica, studia i suoni del linguaggio in base alla loro consistenza fisica e modalità di
trasmissione, in quanto onde sonore che si propagano in un mezzo;
- Fonetica uditiva, studia i suoni del linguaggio in base al modo in cui vengono ricevuti, percepiti
dall’apparato uditivo umano e decodificati dal cervello.
Apparato fonatorio
Consonanti Pag.48
Modi di articolazione:
- Occlusive e fricative
- approssimanti
- Affricate
- Laterali, vibranti, nasali
Punti di articolazione:
Vocali pag.52
Approssimanti -> suoni con modo di articolazione intermedio fra vocali e consonanti fricative
Semivocali/semiconsonanti -> le semivocali a differenza delle vocali non possono costituire apice di sillaba e
assieme alla vocale a cui sono sempre contigue costituiscono un dittongo. Una classificazione fondamentale
può limitarsi a distinguere quelle anteriori (o palatali) da quelle posteriori (o velari)
Trascrizione fonetica
Capitolo 3 – Morfologia
La morfologia studia la forma, o meglio la struttura, della parola. La parola è la minima combinazione di
elementi minori dati dotati di significato, i morfemi (una parola è costituita da almeno un morfema),
costruita spesso, ma non sempre attorno ad una base lessicale, che funzioni come entità autonoma della
lingua e possa quindi rappresentare isolatamente un segno linguistico compiuto.
- All’interno di una parola, l’ordine dei morfemi è rigido e fisso (i morfemi non possono essere
invertiti o cambiati di posizione; es. Gatt-o non può diventare oGatt)
- I confini di parola sono punti di pausa potenziale nel discorso
- La parola è di solito separata/separabile nella scrittura
- Foneticamente la pronuncia di una parola non è interrotta ed è caratterizzata da un unico accento
primario
Box
Una parola è allo stesso tempo un’unità fonologica, semantica e grammaticale: rappresenta sempre
l’unione di una particolare combinazione di suoni (fonetica [amo]) con un particolare significato (provare
affetto, amare), suscettibile di un particolare uso grammaticale (prima persona presente indicativo di
amare). Definire cosa sia una parola in modo univoco per tutte le lingue del mondo è un’operazione
difficile.
I criteri ortografici non sono abbastanza in quanto tutte le lingue hanno una forma scritta e dato che alcune
parole sono unità lessicali polisemiche.
Sul fonologico esistono alcuni criteri che consentono di identificare i confini di una parola nella catena
parlate. Uno di questi è dato dalla posizione fissa dell’accento, in lingue che presentano tale caratteristica
(es. nel francese che ha l’accento sempre sulla sillaba finale servirà per capire quando inizia la parola). Un
criterio come questo, oltre che valido soltanto per lingue con accento fisso, non consente tuttavia di
distinguere gli elementi che nella catena parlata non presentano un accento proprio, e può quindi indurre a
considerare questi come parti di parola, indipendentemente dal loro statuto grammaticale.
Sul piano morfologico, una data combinazione di morfemi è individuata come una parola sulla base del
grado di coesione interna. Criteri per valutare la coesione tra morfemi:
1. Non interrompibilità della combinazione
2. Posizione fissa dei singoli morfemi
3. Mobilità della combinazione
4. Enunciabilità in isolamento della combinazione di una parola (una parola può costituire un
enunciato da sola)
5. Si possono ancora aggiungere il criterio della pausa potenziale e la considerazione che una parola
tipica contiene normalmente una sola radice lessicale
Scomponendo le parole in pezzi più piccoli a cui è ancora associato un significato troviamo i morfemi. I
morfemi di una parola sono suscettibili ad entrare come componente di altre parole, in cui portano lo
stesso significato.
La si confronta con varie parole simili. Il confronto ci permette di identificare, per sottrazione della parte
uguale, il morfema -> prova di commutazione.
Il morfema è dunque l’unità minima di prima articolazione, il più piccolo pezzo di significante di una lingua
portatore di un significato proprio, di un valore e una funzione precisi e individuabili, e riusabile come tale.
Possiamo anche dire che morfema = minima associazione di significante e significato.
Definizione morfema
Morfema è l’unità pertinente a livello di sistema; il morfo è un morfema inteso come forma dal punto di
vista del significante.
Definizione allomorfo
L’allomorfo è la variante formale di un morfema, che realizza lo stesso significato di un altro morfo
equifunzionale con cui è in distribuzione complementare -> più semplicemente tutte le forme con cui può
presentarsi lo stesso morfema.
Allomorfia
Per parlare di allomorfia occorre sempre che ci sia sempre una certa affinità fonetica tra i diversi morfi che
realizzano lo stesso morfema -> solitamente questa vicinanza è dovuta dalla stessa origine, da un punto di
vista diacronico o anche in sincronia
Fine pag. 97
Una parola è allo stesso tempo un’unità fonologica, semantica e grammaticale: rappresenta sempre
l’unione di una particolare combinazione di suoni (fonetica [amo]) con un particolare significato (provare
affetto, amare), suscettibile di un particolare uso grammaticale (prima persona presente indicativo di
amare). Definire cosa sia una parola in modo univoco per tutte le lingue del mondo è un’operazione
difficile.
I criteri ortografici non sono abbastanza in quanto non tutte le lingue hanno una forma scritta e dato che
alcune parole sono unità lessicali polisemiche.
Sul piano fonologico esistono alcuni criteri che consentono di identificare i confini di una parola nella
catena parlata. Uno di questi è dato dalla posizione fissa dell’accento, in lingue che presentano tale
caratteristica (es. nel francese che ha l’accento sempre sulla sillaba finale servirà per capire quando la
parola finisce; nello svedese dove si trova sempre nella prima sillaba invece servirà per capire quando inizia
la parola). Un criterio come questo, oltre che valido soltanto per lingue con accento fisso, non consente
tuttavia di distinguere gli elementi che nella catena parlata non presentano un accento proprio, e può
quindi indurre a considerare questi come parti di parola, indipendentemente dal loro statuto grammaticale.
Sul piano morfologico, una data combinazione di morfemi è individuata come una parola sulla base del
grado di coesione interna. Criteri per valutare la coesione tra morfemi:
Scomponendo le parole in pezzi più piccoli a cui è ancora associato un significato troviamo i morfemi. I
morfemi di una parola sono suscettibili ad entrare come componente di altre parole, in cui portano lo
stesso significato.
La si confronta con varie parole simili. Il confronto ci permette di identificare, per sottrazione della parte
uguale, il morfema -> prova di commutazione.
Il morfema è dunque l’unità minima di prima articolazione, il più piccolo pezzo di significante di una lingua
portatore di un significato proprio, di un valore e una funzione precisi e individuabili, e riusabile come tale.
Possiamo anche dire che morfema = minima associazione di significante e significato.
Definizione morfema
Morfema è l’unità pertinente a livello di sistema; il morfo è un morfema inteso come forma dal punto di
vista del significante.
Definizione allomorfo
L’allomorfo è la variante formale di un morfema, che realizza lo stesso significato di un altro morfo
equifunzionale con cui è in distribuzione complementare -> più semplicemente tutte le forme con cui può
presentarsi lo stesso morfema.
Allomorfia
Per parlare di allomorfia occorre sempre che ci sia sempre una certa affinità fonetica tra i diversi morfi che
realizzano lo stesso morfema -> solitamente questa vicinanza è dovuta dalla stessa origine, da un punto di
vista diacronico o anche in sincronia
Suppletivismo = caso in cui un morfema lessicale in certe parole derivate viene sostituito da un morfema
dalla forma totalmente diversa ma con lo stesso significato
Tipi di morfemi
- Classificazione funzionale, in base alla funzione svolta, al tipo di valore che i morfemi recano nel
contribuire al significato delle parole;
- Classificazione posizionale, basata sulla posizione che i morfemi assumono all’interno della parola e
sul modo in cui essi contribuiscono alla sua struttura
Morfemi funzionali:
- Morfemi lessicali
- Morfemi grammaticali, che si divide a sua volta in 2:
o Morfemi flessionali
o Morfemi derivazionali
Parole funzionali -> distinzione tra morfemi lessicali e grammaticali non è del tutto chiara:
- Articoli;
- Pronomi personali;
- Preposizioni;
- Congiunzioni;
Distinzione tra morfemi liberi (=lessicali) e morfemi legati (grammaticali): i secondi non possono mai
comparire in isolamento ma solo in combinazione
I due grandi ambiti della morfologia sono la derivazione, che dà luogo a parole regolandone i processi di
formazione e la flessione, che dà luogo a forme di una parola regolandone il modo in cui si attualizzano
nelle frasi
Affissi: ogni morfema che si combini con una radice
Suffissi e prefissi: gli affissi che vanno prima della radice sono chiamati prefissi, quelli che vanno dopo sono
chiamati suffissi
Desinenze: i suffissi con valore flessionale stanno sempre al fondo della parola e si chiamano desinenze
Infissi: sono gli affissi che vengono inseriti all’interno della radice
Circonfissi: affissi formati da due parti, una prima e l’altra dopo la radice
Transfissi: in alcune lingue esistono degli affissi che si incastrano alternativamente dentro la radice, dando
quindi luogo a discontinuità sia dell’affisso che della radice
Morfemi sostitutivi: non sono isolabili segmentalmente. Si manifestano con la sostituzione di un fono ad un
altro fono.
Il morfema zero: laddove una distinzione obbligatoriamente marcata nella grammatica di una certa lingua
viene eccezionalmente a non essere rappresentata in alcun modo nel significante (esempio inglese:
sheepSG/sheepPL)
103 pag.
Reduplicazione
Morfemi comulativi
Morfoma
I morfemi derivazionali mutano il significato della base a cui si applicano, aggiungendo nuova informazione
rilevante, integrandolo, modificando la classe di appartenenza della parola e la sua funzione semantica.I
morfemi derivazionali danno luogo alla formazione di parole potenzialmente infinite, creando famiglie di
parole. Essa è formata da tutte le parole derivate da una stessa radice lessicale.
Vocale tematica: la vocale iniziale della desinenza dell’infinito dei verbi (mangiAre, vedEre, partIre) -> indica
l’appartenenza dalla forma ad una determinata classe di forme della lingua (vocale tematica = morfema
vuoto)
Prefissoidi e suffissoidi
Composti neoclassici -> composti che non hanno né pienamente lessicale né pienamente derivazionale
(trans-, micro-, super-, vetero-), compaiono solo in parole composte e non possono essere la testa di
nessuna parola. I morfemi coinvolti in questo processo sono detti prefissoidi o suffissoidi in base alla
posizione in cui si trovano, per segnalare il loro comportamento ambivalente rispetto ai morfemi lessicale e
a quelli derivazionali. Solitamente provengono dalle lingue classiche (per questo il nome “neoclassici”)
Parole composte
In italiano solitamente la parola che viene dopo è quella che modifica la prima, che funziona da testa
sintattica (non è sempre così, ad esempio in bagnoschiuma si ha il caso opposto)
Unità lessicali plurilessematiche: sono sequenze di due o più elementi lessicali che si comportano come se
fossero una parola unica, rappresentando un'unica entità di significato, non corrispondente alla semplice
somma dei significati delle parole componenti. (es. gatto delle nevi)
Unità lessicali bimembri -> a metà strada tra parole composte e unità pluriessematiche (es. scuola guida,
sedia elettrica, nave scuola)
Parole composte in italiano -> Ciò che distingue la derivazione dalla composizione è che mentre una parola
derivata contiene una sola radice lessicale, una parola composta contiene più radici lessicali ciascuna delle
quali suscettibile di comparire come parola autonoma. La maggior parte delle parole composte appartiene
alla classe dei nomi.
Composti che presentano una testa all’interno della parola si chiamano endocentrici. Composti che non
presentano una testa sono detti esocentrici.
Composti stretti presentano la cancellazione al confine fra gli elementi (tragicomico, biancazzurro).
Composti larghi mantengono invece la propria individualità fonologica (agrodolce, mozzafiato)
Suffissazione…
Prefissazione…
I morfemi flessionali
Non modificano il significato della radice lessicale su cui operano: la attualizzano nel contesto di
enunciazione, specificandone la concretizzazione in quel particolare contesto.
I morfemi flessionali intervengono solamente all’interno delle parole nelle classi cosiddette “variabili” (in
italiano, nomi, aggettivi, verbi, articoli e in parte pronomi). Un determinato morfema flessionale realizza un
valore di una determinata categoria grammaticale, è la “marca” di quel valore. Danno significato a alcuni
significati fondamentali.
In italiano la morfologia nominale ha come categorie fondamentali il genere (maschile, femminile e neutro)
e il numero (singolare o plurale).
Un’altra categoria flessionale molto rilevante per i nominali è il caso, che svolge l’importante funzione di
mettere in relazione la forma della parola con la funzione sintattica che essa ricopre nella frase.
Il processo attraverso il quale un verbo assegna il caso al suo complemento è chiamato “reggenza”
Altre lingue marcano i morfemi con appositi sui nomi la “definitezza” o il “possesso”
- Modo, esprime la modalità, cioè la maniera nella quale il parlante si pone nei confronti del
contenuto di quanto vien detto e della realtà della scena o evento rappresentati nella frase;
- Tempo, colloca nel tempo assoluto e relativo quanto viene detto;
- Aspetto, riguarda la maniera in cui vengono osservati e presentati in relazione al loro svolgimento
l’azione o l’evento o il processo espressi dal verbo;
- Diatesi o voce, esprime il rapporto in cui viene rappresentata l’azione o l’evento rispetto ai
partecipanti e in particolare rispetto al soggetto;
- Persona, indica chi compie l’azione o più in generale riferisce e collega la forma verbale al suo
soggetto.
Categorie lessicali
Sono 9:
- Nome o sostantivo
- Aggettivo
- Verbo
- Pronome
- Articolo
- Preposizione
- Congiunzione
- Avverbio
- Interiezione (a cui volendo si potrebbero aggiungere gli ideofoni)
Capitolo 4 - Sintassi