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Linguistica Generale

2021/2022
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LEZIONE 1
IL LINGUAGGIO – quest’espressione acquista diversi significati e viene utilizzata per indicare un
qualsiasi mezzo espressivo. Acquista un significato più preciso in riferimento a un sistema
espressivo e stilistico (musica, arte…) – in questi ambiti viene utilizzata anche l’espressione
“grammatica” = sistema di regole che governano i sistemi espressivi. Il linguaggio viene utilizzato
per indicare sistemi formati da lettere, cifre, simboli in modo da esprimere teorie o connessioni
formali (linguaggi artificiali – matematica, logica). Viene usato anche in ambito naturale/biologico
come scambio di informazioni tra le specie (linguaggio degli animali – api, balene).
La definizione che useremo noi sarà la seguente = il linguaggio è un sistema mentale che permette
di esprimere pensieri utilizzando un sistema di suoni (ovvero dei concetti/pensieri associati a
suoni). I “suoni” sono la forma più naturale dell’espressione linguistica; le lingue naturali si
esprimono nell’associazione tra significati ed espressione dei significati e i suoni sono la forma più
comune, tipica nel linguaggio. Ma cosa sono i suoni? Sono delle onde sonore prodotte
dall’apparato fonatorio. I suoni non sono l’unico sistema per l’espressione dei significati all’interno
del linguaggio, possiamo utilizzare il linguaggio anche mediante la forma scritta = segni grafici che
corrispondono a dei significati che rimandano a delle parole. Le lingue dei segni sono dei sistemi
linguistici anche se il canale espressivo e percettivo utilizzato è diverso dalle lingue orali.
La capacità di associare significati (pensieri o concetti) a segni/suoni è chiamata facoltà del
linguaggio e la linguistica è quella scienza che si dedica allo studio scientifico del linguaggio e delle
lingue naturali.
Differenza tra linguaggio e lingue – spesso, vengono usate come se fossero sinonimi ma in realtà,
non lo sono. In certe lingue, come nell’inglese, la parola language corrisponde all’italiano
“linguaggio” ma anche “lingua”.
Il linguaggio è il sistema mentale esclusivo degli esseri umani che permette loro di parlare e di
imparare le lingue e di usarle; è una facoltà biologicamente determinata = si trasmette per
eredità genetica. Il linguaggio è presente uniformemente in tutti gli individui. Il linguaggio è la
macchina, “l’hardware” mentre le lingue sono quel qualcosa che si può “installare” nella
macchina.
Le lingue sono le diverse forme in cui si realizza la facoltà del linguaggio, la lingua non si trasmette
geneticamente ma per contatto – il bambino impara la lingua che sta nel suo ambiente, mentre la
capacità di imparare le lingue si trasmettono geneticamente/biologicamente (= linguaggio).
La facoltà del linguaggio è unica e uniforme in tutti gli individui umani nonostante le lingue parlate
nel mondo siano diverse [linguaggio = uniforme, innato ≠ lingue = diversificate, acquisite]. C’è un
limite a questa diversità poiché le lingue sono la realizzazione di una facoltà uniforme ma hanno
caratteristiche fondamentali identiche.
Il linguaggio è un sistema cognitivo, è una conoscenza interna alla mente umana → non può essere
osservata indirettamente. In che cosa consiste in linguaggio e come funziona? La linguistica cerca
di capire quali sono i principi e le regole che i parlanti seguono quando producono e comprendono
le frasi → i principi e le regole costituiscono la “competenza del parlante” = usato in maniera
tecnica, conoscenza inconsapevole = sappiamo applicare le regole ma non sappiamo dire quali
sono.
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Come si arriva a spiegare come funziona e in cosa consiste il linguaggio in linguistica? Da una parte
lavorando e analizzando le lingue, confrontandole tra loro mentre dall’altra comprendendo in cosa
consiste questa capacità che si trova nella mente dei parlanti = capire cos’è possibile e no nella
costruzione/interpretazione delle frasi. Si definiscono “lingue naturali” poiché sono apprese
spontaneamente dalle persone.
Le lingue sono diverse tra loro e soggette a cambiamenti, possono cambiare nel corso del tempo –
cos’hanno di uniforme? Cosa può variare?
La comunicazione è un passaggio di informazioni ottenuto attraverso l’utilizzo di segnali. I mezzi
utilizzati dalle specie animale sono di tipo visivo, corporale, sonori, chimici. Il concetto di
comunicazione può essere esteso – comunicazione linguistica umana = passaggio di informazioni
ottenuto attraverso l’utilizzo di segnali caratterizzato da: capacità simbolica (= usare i simboli, far
riferimento a qualcosa mediante l’uso di questi), intenzionalità (= consapevole intenzione
comunicativa) e capacità combinatoria (= esprimere dei significati complessi e nuovi attraverso la
combinazione dei simboli). Gli esseri umani hanno queste 3 caratteristiche – e gli animali? Alcuni
animali utilizzano un linguaggio sonoro ovvero emettono suoni diversi in base al predatore che si
sta avvicinando – ciò dimostra che hanno una capacità simbolica e un’intenzione informativa.
La piena intenzione comunicativa implica la presenza della “teoria della mente” = essere
consapevoli che gli altri individui hanno una mente, dei desideri, dei bisogni… e che il modo in cui
funziona la mente dei miei coetanei è uguale al mio; inoltre, hanno la capacità di rappresentarsi gli
stati mentali. Questa teoria è una proprietà della mente e specie umana – nelle altre specie è
meno chiara, meno forte ma esiste anche in alcuni animali.
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Gli animali comunicano? Ci sono sistemi di comunicazione “efficienti” in natura tra gli animali. Gli
animali sarebbero in grado di usare il linguaggio?
La facoltà di apprendere e usare le lingue è connotata nella specie umana – durante la metà del XX
secolo, negli USA, prevaleva una concezione secondo la quale:
1. Il linguaggio è un’abilità che si fonda su capacità mentali generali e non specificatamente su
una facoltà del linguaggio (= la specie umana ha il linguaggio per via della mente complessa
che abbiamo).
2. La capacità di usare la lingua si forma attraverso l’esposizione a stimoli ambientali (=
meccanismo di imitazione).
La presenza del linguaggio negli esseri umani non dipende da caratteristiche della specie/naturali
ma da caratteristiche culturali legate a condizioni ambientali e storiche (= di generazione in
generazione). Il linguaggio è un comportamento (= prospettiva comportamentista) che si
apprende attraverso l’esposizione agli stimoli e all’imitazione.
Da ciò, si sviluppò l’ipotesi che anche gli individui di altre specie, con sufficienti capacità mentali ed
esposti a stimoli ambientali adeguati potessero sviluppare – in certa misura – la facoltà di
linguaggio (= scimmie antropomorfe).
Nella seconda metà del Novecento, alcuni ricercatori negli USA, diedero il via a diversi studi
riguardanti l’apprendimento linguistico negli animali; utilizzavano cuccioli di scimmie
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antropomorfe. Inizialmente, si cercò di insegnare l’inglese orale – ciò non funzionò per cause
anatomiche poiché i primati hanno scarse abilità nella modulazione dei suoni e nell’imitazione
orale. Vennero adottati altri due metodi:
1. La American Sign Language (ASL = lingua dei segni americana).
2. Sistemi basati su simboli grafici costituiti da forme e colori non iconici (= non assomigliano
all’oggetto indicato dal simbolo).
Due grandi ricercatori furono Allen e Beatrix Gardner – marito e moglie – che “allestirono” il set
degli studi a casa loro; la loro scimmia era in grado di conoscere 250 segni della American Sign
Language. Nel 1967 partì un ulteriore esperimento da parte di David e Ann J. Premack –
insegnarono alla loro scimmia un codice di comunicazione costituito da simboli/oggetti di plastica
di colore e forme diverse. L’esperimento più famoso e con più dati, fu quello da parte di Sue
Savage Rumbaugh – ha insegnato alla propria scimmia un codice di simboli visivi ed astratti a cui
corrispondono dei significati (i simboli sono sempre non iconici).
Cos’hanno mostrato tutti questi studi? Questi animali hanno delle capacità che prima erano
sconosciute = capacità di usare dei simboli. I risultati sono stati ottenuti dopo anni di
addestramento all’interno di un ambiente stimolante (non è il loro ambiente naturale). Niente di
tutto ciò accade ai “piccoli umani” poiché noi impariamo le lingue in modo naturale e del tutto
spontaneo. Per noi esseri umani è sufficiente crescere in un ambiente nel quale altre persone
parlano – la lingua parlata nell’ambiente in cui il bambino cresce è lo stimolo (input) necessario
perché nel bambino maturi la capacità linguistica e la conoscenza di quella lingua.
Differenze principali tra le abilità apprese dai primati addestrati e la facoltà di linguaggio umana:
 I primati utilizzano le “parole” in maniera approssimativa e imprecisa, le loro “parole” non
esprimono concetti grammaticali (verbo, genere…). Le loro “parole” indicano oggetti e non
concetti astratti – questi oggetti si riferiscono solo a cose presenti “qui e ora”. I primati non
combinano le parole in base alle regole della sintassi delle lingue naturali. Dunque,
possono imparare i simboli ma non la grammatica.
La facoltà di linguaggio consiste di abilità diverse – esistono abilità che coinvolgono la sfera
motorio-percettiva (capacità percettiva per il riconoscimento dei suoni, capacità motoria fine per
la articolazione dei suoni, capacità di imitazione dei suoni che ne permette l’apprendimento).
Esistono capacità concettuali (usare strutture della mente per associare simboli/suoni a oggetti) e
capacità combinatoria (sintassi). Alcune di queste possono essere presenti nelle specie animali ma
non tutte e non tutte insieme.
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La facoltà di linguaggio è biologicamente determinata = è un sistema biologico. Si dice sistema in
quanto è un dispositivo costituito da più componenti, ciascuno dei quali svolge il proprio ruolo
interagendo con gli altri → vari organi e sistemi anatomici/mentali entrano in gioco per il
funzionamento del linguaggio – la capacità di linguaggio chiama in causa e mette al lavoro vari
organi e sistemi. Si dice “sistema biologico” poiché è previsto dalla natura e si differenzia da quelli
artificiali (esempio la scrittura).
Un altro sistema biologico è quello visivo – si basa sulla sinergia di varie capacità e organi propri
della specie umana (= è previsto geneticamente). La visione non consiste semplicemente nel
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percepire degli stimoli luminosi che colpisce la retina – consiste anche che la mente elabora e
interpreta questi stimoli e crea una rappresentazione mentale. Quest’ultima è ciò che noi vediamo
ma non corrisponde agli stimoli stessi. In ogni specie la visione ha caratteristiche differenti.
Perché esiste questo “parallelismo” tra il sistema visivo e mentale? Il modo in cui gli esseri umani
recepiscono ed elaborano gli stimoli luminosi – ovvero il funzionamento della vista – non si basa su
conoscenze derivanti da una precedente esperienza, ma su caratteristiche del sistema visivo che
sono innate e tipiche della specie umana.
Il modo in cui gli esseri umani sviluppano e usano il linguaggio non è condizionato dagli stimoli
linguistici a cui sono esposti, ma risponde a caratteristiche della facoltà di linguaggio che sono
innate e tipiche della specie umana.
La facoltà di linguaggio è biologicamente determinata – da cosa capiamo che il linguaggio non è
semplicemente una capacità appresa attraverso l’esperienza? La nostra capacità di interpretare le
frasi e di costruirle è una capacità appresa e non è semplicemente una capacità trasmessa
culturalmente di generazione in generazione.
Problema – il linguaggio è un sistema biologico particolare, che matura nell’individuo sulla base di
input provenienti dall’ambiente – quest’ultimo ha un ruolo determinante che non è osservabile in
altri sistemi biologici. Altri sistemi (percettivi, motori, concettuali) maturano allo stesso modo in
tutti gli individui.
Questa differenza tra il linguaggio e gli altri sistemi biologici è stata interpretata come la prova che
il linguaggio non è un sistema biologico e che le lingue sono prodotti sociali (e non naturali)
trasmessi come patrimonio culturale (e non genetico) attraverso le generazioni. Poiché avvenga
l’acquisizione linguistica è necessario che l’individuo sia esposto agli stimoli giusti – quelli linguistici
sono le parole e le frasi pronunciate da altri. Questo non vuol dire che l’esposizione agli stimoli e
l’imitazione siano sufficienti. Uno degli argomenti più forti a sostegno della teoria del linguaggio
come una facoltà biologicamente determinata è proprio il modo in cui gli esseri umani imparano a
parlare.
La componente culturale nell’acquisizione linguistica è evidenziata dal fatto che i bambini
imparano le lingue che sono parlate nella comunità in cui crescono.
La componente naturale è evidenziata dai seguenti fatti = i bambini imparano a usare la
madrelingua in maniera spontanea senza sforzi, tutti gli individui acquisiscono il linguaggio e
l’acquisizione avviene per tappe di sviluppo predeterminate, comparabili in tutti gli individui e per
tutte le lingue. Dunque, la maturazione linguistica dipende solo – parzialmente – dagli stimoli
ambientali, che sono variabili, coerenti e non sistematici (povertà dello stimolo).
Povertà dello stimolo = gli input disponibili nell’ambiente sono necessari ma non sufficienti – non
sono in grado di coprire tutte le conoscenze che il bambino acquisisce. Non è possibile che il
complesso di conoscenze che un bambino si costruisce nella mente derivi esclusivamente dalle
espressioni linguistiche che il bambino stesso ha sentito nell’ambiente. L’insieme di regole che
costituiscono la grammatica mentale e che permettono agli individui di formare e comprendere
frasi non può basarsi solo sugli stimoli percepiti nell’ambiente. Dunque, il presupposto
indispensabile per la costruzione della grammatica mentale sta nella natura della mente umana e
nel fatto che essa è predisposta al linguaggio.
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Il traguardo dell’acquisizione linguistica è la capacità di costruire e comprendere le frasi in una


data lingua e anche quella di giudicare la grammaticalità delle frasi → un’espressione linguistica è
grammaticale se rispetta le regole di una data lingua. Il concetto di grammaticalità è diverso da
quello di correttezza.
I parlanti sanno dire se una frase è accettabile o meno (arriveranno molte persone – ne
arriveranno molte ≠ telefoneranno molte persone – ne telefoneranno molte, questa non è
grammaticale). Questa conoscenza non ce l’ha insegnata nessuna e non è contenuta negli stimoli.
Con l’acquisizione i bambini costruiscono nella mente un sistema coerente di regole che è lo stesso
per tutte le lingue. Raggiunto un certo stadio di competenza, gli individui sono in grado di costruire
e comprendere frasi diverse da quelle precedentemente sentite; la capacità di combinare parole
(sintassi) rende il linguaggio creativo = non ci limitiamo a saper usare simboli appartenenti a un
repertorio predefinito ma possiamo creare espressioni nuove.
Il ruolo dell’ambiente nell’acquisizione linguistica è limitato anche in quanto la correzione da parte
degli adulti ha un’utilità molto marginale. Nelle culture in cui l’intervento correttivo degli adulti è
comune, la correzione riguarda spesso aspetti comunicativi più che propriamente linguistici –
l’intervento su aspetti linguistici riguarda spesso errori nella forma delle parole, dovuti alla
sovraestensione di regole da parte dei bambini in fase di acquisizione. La competenza
morfosintattica e semantica inconsapevole non è influenzata da interventi correttivi.
I bambini sono refrattari a recepire le correzioni linguistiche e non procedono per tentativi ed
errori e il loro percorso è predefinito.
La fonologia – nei neonati, il sistema uditivo è molto sviluppato e percepiscono la differenza tra
suoni diversi molto meglio degli adulti – questo si basa sul concetto di suzione non nutritiva e si è
in grado di capire se uno stimola possa essere interessante o meno per il neonato. A 10 mesi un
bambino è più concentrato sui suoni della lingua che deve imparare e a 1 anno non sono più
capaci di riconoscere le differenze tra suoni che non sono presenti nella lingua da apprendere.
Attorno ai 6 mesi di vita iniziano le prime emissioni vocali che hanno una forma regolare = forma di
una sillaba (= lallazione o balbettio). Nei bambini sordi che acquisiscono le lingue dei segni si
osserva in parallelo una fase di lallazione manuale. È una fase di esercizio in cui si ripetono
ritmicamente dei movimenti fonatori, è un allenamento al parlato.
Acquisizione del lessico – problema della segmentazione ovvero di riconoscere le parole
all’interno del flusso parlato; i bambini si servono di indizi fonologici che indicano dove finisce una
parola e ne comincia un’altra. Il seguente passaggio è la scoperta dei significati (10-12 mesi) –
capire qual è il significato di ogni parola (associare la parola a un oggetto/persona/situazione –
effettuano una correlazione) – compare l’uso di protoparole (sequenza di sillabe ma che hanno dei
significati complessi). A 24 mesi ha inizio la fase di esplosione lessicale, dove imparano moltissime
parole al giorno (200 parole al mese). A 18 mesi c’è l’uso di parole isolate con valore olofrastico (la
parola usata ha il valore di un’intera frase e compare l’intonazione).
La sintassi è la capacità di mettere insieme le parole e compare intorno ai 24 mesi – prime
combinazioni di due parole (relazione semantico-sintattica); sono espressioni che esprimono
relazioni strutturali di significato (agente-azione, oggetto-locativo, azione-beneficiario).
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Con periodo critico ci si riferisce a un momento della vita degli individui in cui l’individuo è aperto
e predisposto a sviluppare una certa abilità, attraverso l’esposizione agli stimoli esterni. Una certa
abilità si sviluppa parzialmente o per niente se l’individuo non è esposto agli stimoli necessari.
L’effetto del periodo critico si osserva per delle capacità naturali/innate che non sono già
sviluppate alla nascita (= sistema visivo – il neonato deve maturarlo). Altri effetti sono stati
osservati in specie animali (= alcuni uccelli hanno un canto articolato – questa capacità si sviluppa
solo se da cucciolo è esposto a sentire i canti degli altri uccelli).
La capacità di apprendere perfettamente e naturalmente una lingua è massima dalla nascita fino ai
5/6 anni di vita – dopo la pubertà (14/15/16 anni) si riduce a zero. Quest’effetto è chiaro
nell’apprendimento di una seconda lingua → dopo la pubertà o età adulta bisogna lavorare in
maniera molto complessa in confronto a un bambino con la madre madrelingua. È difficile da
dimostrare che ci sia un periodo critico dell’acquisizione della prima lingua.
Per imparare la propria lingua alla nascita è sufficiente l’esposizione in un ambiente in cui altre
persone la parlano – i genitori non devono “insistere”, basta solo quest’esposizione.
Nonostante quanto detto, è possibile che ci sia un periodo critico dell’acquisizione della prima
lingua; due casi noti di “bambini selvaggi” = cresciuti in uno stato di deprivazione degli stimoli
linguistici. Un caso più antico – fine del Settecento – cita di un bambino cresciuto in un bosco
vicino a Parigi; venne trovato e aiutato a inserirsi nel mondo umano = non riuscì mai ad acquisire
la capacità di parlare. Negli anni ’70, una bambina americana fu trovata all’età di 13 anni – fin da
piccola i genitori la tenevano rinchiusa in una stanza in modo da non avere contatti con nessuno –
dopo il ritrovamento venne seguita da un’equipe di psicologi e non riuscì mai a sviluppare una
minima competenza linguistica.
Questi “casi” dimostrano che, la mancata esposizione agli stimoli linguistici, impedisce
l’acquisizione linguistica – è anche vero che, queste situazioni (isolamento e segregazione)
possano influenzare a livello psichico e mentale l’acquisizione di una lingua.

Vi sono dati – più chiari rispetto ai precedenti – riguardanti i bambini sordi nati da genitori udenti e
quest’ultimi non conoscono la lingua dei segni. La sordità impedisce ai bambini di recepire gli
stimoli orali – questi si trovano in un ambiente privo di stimoli. I bambini sordi iniziano ad essere
esposti a stimoli “utili” (= visivi – vedi lingua dei segni) quando non sono più piccoli – più tardi
vengono esposti alle lingue dei segni, minore sarà la loro capacità di impararla – se vengono
esposti entro l’età di 6/7 anni, l’acquisizione non avrà problemi.
Se il linguaggio è sensibile al periodo critico, vuol dire che il linguaggio è una capacità appresa
naturalmente.

Il linguaggio è uniforme ma le lingue sono diversificate e soggette a cambiamenti – in che cosa


consiste la variazione linguistica? Che cosa può cambiare tra le lingue e cosa no?
Vi è un paradosso, da un lato il linguaggio è uguale a tutti gli esseri umani e dall’altro lato le lingue
presentano una diversità molto forte. I “Code Talkers” (parlatori in codice) erano una divisione
della marina americana durante la Seconda Guerra Mondiale. Nel 1942, il fronte del Pacifico era
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molto critico a livello bellico = era controllato dai giapponesi; la trasmissione di informazioni tra il
governo e le truppe era fondamentale – dovevano essere trasmesse segretamente – l’intelligence
giapponese era però in grado di capire questi codici segreti. Un ingegnere californiano individuò
una soluzione – lui era cresciuto tra i Navajo (territorio compreso tra lo Juta, Colorado, Arizona e
New Mexico) e la loro lingua era molto diversa dall’inglese. Attualmente questa lingua è in
pericolo, meno della metà della popolazione attuale conosce la lingua. L’ingegnere era lui stesso
bilingue (americano e navajo) e sapeva quanto fosse difficile per un inglese apprendere questa
lingua – iniziarono a tradurre dall’inglese al navajo e viceversa → i giapponesi non riuscirono a
decifrare nulla.
Questa storia mette in evidenzia i due aspetti del paradosso iniziale – linguaggio uniforme e lingue
diverse – il navajo e il giapponese sono così diversi da impedire a questi di decifrare i codici
americani e il navajo e l’inglese, pur essendo diversi, sono la stessa cosa per via delle traduzioni da
una all’altra – le caratteristiche strutturali, pur essendo diverse, sono le stesse nelle lingue.

Quante lingue ci sono al mondo? Non vi è una risposta certa per vari motivi:
1. In certe parti del mondo (Oceania, Foresta Amazzonica, Nuova Guinea…) non ci sono
conoscenze complete sulle popolazioni che vi ci abitano.
2. Non ci sono dei criteri assoluti e sempre applicabili se due idiomi sono due lingue diverse o
due varietà della stessa lingua.
3. La diversità linguistica è in constante decrescita, vi sono lingue che spariscono e si estinguono
poiché non vi sono più parlanti che le usano.
Secondo www.ethnologue.com vi sono 7117 lingue parlate al mondo – in continua variazione; il
40% di queste sono in pericolo perché hanno un numero di parlanti inferiore a 1000. Papua Nuova
Guinea è lo stato con la maggiore e massima diversità linguistica (4 milioni di abitanti – 840
lingue). In Corea del Nord (23 milioni di abitanti – stessa lingua).
Perché le lingue rischiano di estinguersi? Quali sono i meccanismi?
In alcune aree del mondo, ci sono lingue dominanti (inglese, spagnolo…) parlate da milioni di
persone che si estendono a scapito delle lingue locali, le quali perdono man mano i loro parlanti.
Questo processo non è un effetto necessario del contatto linguistico – la conseguenza è l’esistenza
del plurilinguismo = entrambe le lingue restano “vive” e i parlanti le parlano entrambe.
Sul territorio nazionale vi sono gruppi minoritari della popolazione (minoranze linguistiche) che
parlano lingue diverse dall’italiano (lingue del gruppo romanzo o di altri gruppi indoeuropei). In
Italia, la legge 482 del 15 dicembre 1999 – tutela la lingua e la cultura di queste minoranze.

LEZIONE 5
Il linguaggio, come detto precedentemente, è una facoltà uniforme e invariabile. Le lingue antiche
e preistoriche sono l’attuazione della stessa facoltà di cui sono espressione le lingue
contemporanee.

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Questo sistema si manifesta attraverso le lingue naturali = messa in atto di questa capacità.
Rispetto ad altre facoltà cognitive/motorie, il linguaggio presenta una caratteristica particolare –
assume forme diverse (si manifesta negli individui in maniera diversa). La ricerca linguistica
dimostra che le lingue naturali rispondono agli stessi principi naturali e regole comuni a tutte.
La variazione linguistica – le lingue sono diverse ma non nella stessa misura:
 L’italiano e lo spagnolo presentano delle somiglianze superficiali e visibili (se due parlanti si
mettessero a parlare lentamente, si riuscirebbero a capire); stessa cosa vale anche per il
tedesco e lo svedese.
 L’italiano e lo svedese sono molto diversi tra loro ma, nonostante ciò, emergono elementi
comuni.
 Se si confronta l’italiano con il turco/giapponese, si nota che le differenze sono molto
maggiori.
Da cosa dipende questa variabilità nel tasso di somiglianza nelle lingue? Dipende dal fatto che
queste lingue sono imparentate tra di loro (= derivano da una lingua madre comune). L’italiano e
lo spagnolo derivano entrambe dal latino, italiano e svedese non hanno la “madre” in comune.
Le lingue indoeuropee – l’indoeuropeo è una lingua preistorica, non documentata per iscritto e
non conosciuta attraverso fonti dirette. Il latino, nonostante sia una lingua morta, abbiamo una
conoscenza molto dettagliata perché ha una vastissima documentazione scritta. A differenza,
l’indoeuropeo è una lingua “ricostruita” = i linguisti, basandosi sulle lingue conosciute che
derivano dall’indoeuropeo, hanno fatto ipotesi sulle parole del lessico e sulle strutture di questa
lingua madre sconosciuta.
L’osservazione che lingue lontane tra loro (latino e sanscrito) presentavano notevoli somiglianze
ha suggerito che esse avessero un’origine comune. I precursori dell’idea dell’indoeuropeo furono
James Parsons e William Jones – scoprirono delle somiglianze tra lingue diverse antiche (sanscrito,
greco, latino, gotico) e lingue moderne (irlandese, italiano, tedesco, russo) analizzandole con un
metodo comparativo → in relazione a una parola si scrivono le varie forme corrispondenti a essa
nelle altre lingue o una comparazione dei numeri da 1 a 10.
Nella classificazione genealogica delle lingue, si definisce “famiglia” in linguistica – l’insieme più
grande di lingue apparentate tra loro; le lingue che derivano dall’indoeuropeo costituiscono una
famiglia, la quale è la più grande. Ci sono, all’interno degli insiemi più piccoli – gruppi – che
mostrano somiglianze più forti (= lessico, grammatica). Alcuni gruppi indoeuropei si sono estinti.
I gruppi linguistici indoeuropei attuali sono:

GRUPPO LINGUE PRINCIPALI


Celtico Gaelico irlandese e scozzese, Gallese
Germanico Svedese, Norvegese, Islandese, Danese,
Tedesco, Nederlandese, Inglese
Romanzo Portoghese, Gallego, Spagnolo, Catalano,
Francese, Italiano, Rumeno
Baltico Lituano, Lettone
Slavo Polacco, Ceco, Slovacco, Russo, Ucraino,
Bielorusso, Serbo-Croato, Sloveno, Bulgaro,
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Macedone
Indoiranico Curdo Farsi (Iran), Pashto (Afghanistan), Hindi,
Bengali, Marathi, Urdu (India).
Lingue isolate Albanese, Greco, Armeno

L’Italia è molto interessante dal punto di vista linguistico – si parlano una quantità notevole di
idiomi diversi. Non esistono criteri per stabilire se due idiomi sono due lingue diverse o due varietà
della stessa lingua – in Italia esiste l’italiano e i dialetti = questa distinzione è priva di significato. I
dialetti italiani sono tutte lingue; sono l’espressione/la messa in atto della facoltà del linguaggio.
La distinzione lingua – dialetto ha senso se ci si pone in un’ottica non linguistica = distinzione di
valore culturale, sociale e storico → si chiamano “lingue” le forme che sono usati su tutto il
territorio nazionale e negli usi ufficiali = italiano. I dialetti italiani non sono forme “modificate”
dell’italiano, non derivano da esso ma derivano tutti dal latino volgare (= lo hanno come lingua
madre) e quindi sono delle lingue naturali. Le vicende storiche, hanno fatto sì che il dialetto di
Firenze (del 1300) sia diventato la lingua nazionale = “italiano standard” – è un continuatore del
fiorentino del 1300 (per via della terna di scrittori – Dante, Petrarca e Boccaccio).
L’italiano di oggi è parlato dalla maggior parte della popolazione – la parte dialettofona è molto
piccola e sono pressoché persone anziane. Una parte ampia della popolazione è bilingue = italiano
e dialetto. Questo bilinguismo è uno stato di ricchezza linguistica e culturale; permette di accedere
alla vita nazionale e hanno accesso alla cultura locale → è importante che i dialetti passino di
generazione in generazione, per mantenerli vivi.
Aspetti della variazione linguistica – questi aspetti sono esterni alla mente del parlante. La
comunità linguistica sono comunità di persone che hanno nella mente una stessa grammatica
mentale. I dialetti e tutte le lingue naturali non sono degli oggetti immobili e immodificabili – sono
oggetti che possono modificarsi e tendono a farlo → è una prospettiva esterna. Sono degli oggetti
condivisi dalla comunità, in aree geografiche e per periodi di tempo = fa sì che le lingue siano
variabili, che tendano a cambiare. Il mutamento delle lingue si può ricondurre ad alcune cause:
1. Variazione diacronica = variazione attraverso il tempo
2. Variazione sincronica = variazione considerata in un punto del tempo:
Variazione diatopica = variazione attraverso lo spazio (geolinguistica)
Variazione diastratica = variazione attraverso gli stati sociali (sociolinguistica)
Variazione diafasica = variazione attraverso le situazioni comunicative, ogni parlante sceglie un
registro adattandosi alla situazione comunicativa.
Uniformità del linguaggio – questo principio determina alcune caratteristiche delle lingue = tutte le
lingue condividono la gran parte delle proprietà strutturali (fonologiche e morfosintattiche), il
lessico (influenzato da condizionamenti storico-culturali) funziona in base a principi universali.
Nonostante la grande diversità culturale che può esistere tra le popolazioni del mondo, tutte le
lingue naturali sono basate su principi dello stesso tipo. La grammatica attuale non è più
complessa o evoluta della grammatica delle lingue antiche o preistoriche. Dunque, le lingue
cambiano, non si evolvono.
LEZIONE 6
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Quattro caratteristiche della proprietà del linguaggio che, emergono nel funzionamento di tutte le
lingue naturali, sono:
1. Arbitrarietà del segno linguistico
2. Discretezza
3. Combinatorietà
4. Dipendenza dalla struttura
Arbitrarietà del segno linguistico = il linguaggio è un’associazione di suoni (= significanti) con
significati – l’oralità è la dimensione più spontanea per i sistemi linguistici.
L’espressione orale non è però l’unica modalità di espressione dei significati; il linguaggio ha un
sistema di significati che vengono esternalizzati – è affidata ai suoni (= fonologia); ma non sempre
(= lingua dei segni – viene utilizzato il canale visivo). La scrittura non è un sistema linguistico ma
artificiale = inventato dagli esseri umani; anche le lingue scritte sono forme di espressioni. I
significati possono essere espressi da dei significanti (= include le varie forme che servono per
esprimere i significati).
La relazione tra la “faccia” che esternalizza il significato e il significato stesso (contenuto ed
espressione del contenuto) = è una relazione arbitraria – non risponde a nessuna necessità =
nessun aspetto del significato determina la forma del significante e viceversa. Uno stesso
significato, in lingue diverse, è espresso con significanti (= forme) diverse. Esiste una dimensione
del significato e una del significante – sono associate tra loro ma in modo arbitrario.
Discretezza = il linguaggio è discreto poiché utilizza delle unità linguistiche = tutte le componenti
della grammatica sono discrete = separate e distinte le une dalle altre. Se si parla di fonologia,
bisogna distinguere un livello linguistico dalla realtà fisica dei suoni linguistici. Nella realtà fisica –
due suoni diversi – come p e b; ci sono molti suoni intermedi (che costituiscono una continuità tra
le due lettere). A livello linguistico, conta solo la differenza tra i due suoni che permette di
distinguere le parole (pelle/belle).
Il livello più alto della costruzione delle frasi – ovvero la sintassi – agisce utilizzando unità discrete.
L’unità più piccola sono le parole e le combina per creare le frasi.
I sistemi di comunicazione degli animali sono sistemi continui (non discreti) – se un’ape volando
sull’alveare fa un cerchio ampio, vuol dire che la fonte di cibo è lontana.
Combinatorietà = il linguaggio funziona combinando unità più piccole per formare unità più grandi.
Esempio nella fonologia, un numero di limitati suoni (tra 20 e 40) si combina per formare un
numero più elevato di morfemi. Morfologia lessicale = i morfemi si combinano per formare decine
di migliaia di parole. Sintassi = unisce le parole formando un numero potenzialmente infinito di
frasi diverse. La sintassi è creativa poiché ciascun parlante può formare frasi mai costruite prima.
Ciascun parlante può costruire espressione non già previste dal repertorio di una lingua.
La sintassi produce un’infinità discreta = può, usando unità discrete, produrre un’infinità di
espressioni.
La massima potenza combinatoria è quella appartenente al modulo della sintassi. Come funziona
la sintassi? C’è una regola fondamentale di combinazione delle parole – viene presa una parola e la

10
Linguistica Generale

si mette assieme ad un’altra e nasce una terza “cosa” = un gruppo di parole (sintagma o
costituente sintattico). X + Y → Z.
La regola di combinazione sintattica è sia potente che produttiva – ha la caratteristica di essere
ricorsiva = regola che si può applicare al risultato di sé stessa (Z si può combinare con qualcos’altro
– Z + W → K).
una + mela → [una mela] // mangia + [una mela] → [mangia una mela] // Mattia + [mangia una
mela] → [Mattia mangia una mela].
La ricorsività può comparire in altri aspetti della sintassi – [la copertina] è verde – il sintagma
nominale (= la copertina) può essere ampliato = [la copertina] + [del libro] è verde = [la copertina
del libro] + [di linguistica] è verde → [la copertina del libro di linguistica] è verde.
[il treno è partito] → [hanno detto] + [che il treno è partito] → [hai sentito] + [che hanno detto che
il treno è partito].
Dipendenza dalla struttura = i linguaggio è dipendente dalla struttura. Anche se sono disposte in
maniera sequenziale, in base all’ordine con cui sono pronunciate, le parole non sono
semplicemente “messe in fila” ma formano dei gruppi (= costituenti sintattici o sintagmi). La
sequenzialità è una caratteristica del livello dell’espressione linguistica. Che significa che il
linguaggio è dipendente dalla struttura? L’operazione di costruzione della frase [parlante] e
l’operazione di interpretazione della frase [ascoltatore] – queste due espressioni fanno riferimento
alla struttura (= il significato della frase dipende dalla struttura e può cambiare se cambia la
struttura).
La dipendenza della struttura diventa chiara nel caso delle frasi ambigue. Esempio di ambiguità =
la vecchia porta la sbarra → può avere due significati = la vecchia porta la sbarra (ha con sé una
sbarra) oppure – la vecchia porta la sbarra (porta di legno vecchia che sbarra il passaggio, la via). È
ambigua per una ragione lessicale – contiene parole che sono omografi (“sbarra” come verbo e
“sbarra” come nome).
Ambiguità lessicale/strutturale: Gianni guarda le ragazze con gli occhiali → due significati = Gianni
ha gli occhiali e con questi guarda le ragazze oppure Gianni guarda le ragazze che portano gli
occhiali. Le due interpretazioni dipendono dai rapporti strutturali che ci sono tra i gruppi che
compongono la frase.
Fenomeno “dell’accordo” = relazione tra parole all’interno della frase e fa sì che le parole possano
essere influenzate. L’accordo riguarda la persona e il numero (la ragazza arriva = terza persona
singolare “la ragazza” e il verbo utilizza la terza persona singolare). Si osserva nella frase e questa
relazione non c’è tra tutte le parole = non si stabilisce in base alla sequenza. L’accordo non è
determinato dall’adiacenza lineare ma dai rapporti strutturali.
Il nome che determina l’accordo è il soggetto della frase – ovvero il nome che sta in uno specifico
rapporto strutturale con il verbo – e non semplicemente il nome che precede il verbo.
LEZIONE 7
Il linguaggio è lo strumento per eccellenza della comunicazione umana ma gli esseri umani
comunicano anche con altri strumenti/canali = gesti o espressioni facciali – nonostante ciò, la
comunicazione è prevalentemente ed essenzialmente comunicazione linguistica.
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Linguistica Generale

Il linguaggio è uno strumento di comunicazione potente, duttile ed efficace – è anche creativo =


permette di costruire enunciati che non abbiamo sentito prima e di esprimere i concetti e i
significati, anche molto complessi, elaborati attraverso il pensiero. Queste abilità non sono
osservate in natura al di fuori della comunicazione umana – il linguaggio come strumento di
comunicazione ha avuto un ruolo determinante nella storia della specie umana.
Ciò non significa che linguaggio e comunicazione siano la stessa cosa/che costituiscono un unico
sistema e che saper parlare significhi saper comunicare.
Il linguaggio esiste indipendente dalla comunicazione – quest’ultima sì è la principale funzione del
linguaggio ma non l’unica – il linguaggio serve anche per formulare pensieri anche senza
comunicarli (= formularli nella mente senza comunicarli). La capacità di costruire frasi linguistiche
è indipendente dalla nostra necessità di comunicarli a qualcuno. Una seconda osservazione che
sottolinea questa distinzione è che alcune proprietà del linguaggio sono caratteristiche non
ottimali per la comunicazione. Terzo elemento – per saper comunicare non basta conoscere una
lingua/saper parlare.
Alcune delle proprietà fondamentali del linguaggio sono caratteristiche non ottimali per la
comunicazione → la illimitata combinazione sintattica (ricorsività), che permette di costruire frasi
senza limite di lunghezza, non è sfruttata nella comunicazione. Al contrario, l’efficacia
comunicativa richiede enunciati non troppo larghi. L’ambiguità, che esiste nel linguaggio, non è
ottimale per la comunicazione perché richiede un lavoro in più per la disambiguazione
dell’espressione linguistica.
Per sapere comunicare non basta conoscere una lingua → la competenza grammaticale è
indispensabile ma non è sufficiente per la comunicazione linguistica. La comunicazione richiede
un’altra abilità diversa dalla competenza linguistica = competenza pragmatica – è una capacità
cognitiva/un attributo della specie, ha delle basi nella natura stessa della mente umana, e in parte
si costruisce a partire dagli stimoli a cui si è esposti ed è determinata culturalmente.
La comunicazione linguistica – il “Modello del Codice” = è un modello sbagliato. È un modello
secondo cui la comunicazione consiste in un passaggio di significati dalla mente di un parlante a
quella di un altro parlante → viene codificata la parola pensata da un parlante – questo pronuncia
il significante – e questo mediante onde acustiche, colpisce i ricettori uditivi dell’altro che
decodifica i suoni per arrivare al significato. Perché è sbagliato? Il significato codificato (= tradotto
in suoni) è solo una parte del significato del parlante = significato che un parlante intende far
ricevere all’ascoltatore. Il significato codificato è ciò che il parlante associa ad un significante.
Questi due raramente coincidono – spesso nel significato del parlante c’è di più di quanto il
parlante stesso codifichi. La comunicazione consiste spesso in un passaggio di informazione che
non è codificata e che si aggiunge al significato codificato.
Per comprendere il significato del parlante, gli ascoltatori devono fare delle inferenze (= inferire
una parte dell’informazione – ricavare qualcosa che c’è a qualcosa che non c’è).
Esempi di inferenze: (A – madre) “dov’è il giornale?” (B – figlio) “in camera” = la madre ha dovuto
fare un’inferenza → ovvero capire a quale camera si riferisse il figlio (= ovvero, mia – del figlio). (A
– madre) “dov’è il giornale?” – (B – figlia) “al solito posto” → la madre capisce dove si trova =
aggiunge al significato codificato un significato inferito basandosi su dati a loro familiari = sa che la
figlia generalmente lascia il giornale sul tavolo in cucina.
12
Linguistica Generale

La capacità di fare inferenze è una capacità propria della mente umana , è una capacità istintiva.
Per fare inferenze, i partecipanti alla conversazione utilizzano elementi contenuti nel messaggio ed
elementi al di fuori di esso – fanno parte della conoscenza del mondo, del contesto, dei ricordi.
Un’altra caratteristica della mente umana che serve per fare inferenze, è la ricerca della pertinenza
= parlante e ricevente, in un reciproco accordo inconsapevole, ricercano la pertinenza = gli stimoli
ricevuti nei messaggi siano pertinenti → utili, rilevanti in base alla situazione in cui ci si trova. Uno
stimolo è pertinente nella misura in cui è più interessante e meno complesso da elaborare.
Pertinenza dell’input: Francesca è invitata a cena da Gianni. Francesca è allergica al pollo e chiede
a Gianni cosa ci sarà da mangiare – possibili risposte di Gianni → “Farò della carne” (non è utile),
“Farò il pollo” (utile – stimolo migliore), “Farò il pollo, come è vero che 49-3 fa 46” (complessa da
elaborare e non pertinente).
L’ascoltatore deve partecipare attivamente e fare inferenze per arrivare al “significato del
parlante” per due motivi:
1. Le caratteristiche linguistiche del messaggio codificato non permettono di trasportare
l’intero significato del parlante (= i deittici sono delle parole che si trovano nel vocabolario
di tutte le lingue e sono diverse dalle parole del lessico, non si riferiscono a dei concetti ma
indicano qualcosa che si trova nel contesto dell’enunciato. La congiunzione
coordinative /e/ serve per unire delle unità – dei nomi, verbi, parti della frase – usandola,
assegniamo un significato ulteriore = più specifico, e deve essere inserito. Il significato delle
parole o non è del tutto univoco o è vago – caratteristica essenziale del lessico delle lingue
naturali. Il significato è vago – non è distinguibile dal significato di un’altra parola. Ci sono
alcune parole sul cui significato i parlanti non hanno incertezze. Il significato non è sempre
direttamente espresso poiché s’intende in base al contesto (si devono capire i deittici).
2. Il parlante, volontariamente, tiene nascosta una parte del significato = non la codifica.
È necessario che i partecipanti sappiano fare inferenze e chi parla sa che chi ascolta farà delle
inferenze. Il principio che la comunicazione linguistica richiede inferenza è un principio che tutti i
partecipanti alla conversazione condividono. Sulla base di vari dati, quando parliamo di linguaggio
non parliamo di comunicazione e viceversa.
LEZIONE 8
Concetto di grammatica e dei suoi moduli – fonologia e fonetica e competenza fonologica =
competenza che ha a che fare con i suoni/cosa sappiamo fare con i suoni linguistici.
GRAMMATICA = s’intende un testo che contiene una descrizione della lingua e che ne enuncia
delle regole per far sì che le frasi siano corrette – finalizzata all’apprendimento. In linguistica, è
usato in un senso più ristretto = competenza linguistica del parlante (nativo o meno) ovvero quella
conoscenza “mentalizzata” che una persona, attraverso la lingua, costruisce grazie alla facoltà del
linguaggio e all’esposizione agli stimoli. La grammatica è usata come sinonimo di competenza
linguistica.
È interna alla mente del parlante ed inconsapevole (= siamo tutti scolarizzati) – è minimante
collegata alla competenza che abbiamo della grammatica mentale (= fa sì che ogni parlante
sappiano usare adeguatamente i verbi, i nomi…). È inconsapevole per tutti – scolarizzati o meno.

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Linguistica Generale

Consapevolezza = corretta grammaticalmente. [sono arrivati tre studenti – ne sono arrivati tre ≠
hanno telefonato tre studenti – ne hanno telefonato tre → si fa solo con i soggetti dei verbi
intransitivi e che presentano il verbo ‘essere’]. La grammatica si costruisce attraverso
l’acquisizione (si deve sviluppare e per far sì che avvenga sono necessari degli stimoli).
La grammatica è il risultato di facoltà del linguaggio + esposizione agli stimoli.
LINGUAGGIO = sistema che associa significati con suoni (= forma che li esprime). Le lingue
scritte/la scrittura non sono sistemi naturali ma artificiali. Le lingue dei segni = sistemi linguistici
con strutture simili alle lingue naturali, usate da persone sorde (= usano il sistema visivo). Il
linguaggio è una interfaccia tra un sistema concettuale [= sistema dei significati] e un sistema
percettivo-motorio (= i suoni e i segni vengono prodotti attraverso l’attività del sistema motorio e
percepiti attraverso il sistema visivo/uditivo).

LA GRAMMATICA
Sintassi + Morfologia
SEMANTICA FONOLOGIA
(= significati) (= suoni)
Lessico + Morfologia

Abbiamo da un lato i significati e dall’altro i suoni. Significati = sistema concettuale (= pensieri),


sono la parte linguistica dei concetti. I suoni s’interfacciano con il sistema percettivo e motorio (=
sono le onde sonore). Significati = semantica/Suoni = fonologia – questi sono grammatica. I sistemi
concettuali, percettivi e motori non sono grammatica.
La sintassi è quella parte della grammatica che genera frasi; prende le unità (= parole) e le
combina/mette insieme – componente generativo/produttivo – serve anche al
parlante/ascoltatore per capire le frasi. La semantica e la fonologia sono moduli interpretativi = la
semantica traduce la
sintassi in significati e la fonologia in suoni (= esternalizza/percepibile all’esterno). Le lingue umane
hanno il significato – insieme concettuale. Significato di albero = insieme di proprietà che i parlanti
riconoscono come proprie di tutti gli alberi – vi sono caratteristiche essenziali tipiche di
quell’oggetto/cosa.
La semantica (agisce sull’ambito sintattico e sulle singole parole) lavora sulle singole parole e c’è
una competenza semantica che si relaziona con la sintassi = significato delle parole all’interno di
una frase. Interpreta il significato delle frasi sulla base di due elementi = significati dei lessemi
(singole parole – conservato nel lessico) e dalla struttura sintattica. Stabilisce il significato di una
frase, sia guardando quello delle singole parole che la struttura sintattica.

14
Linguistica Generale

Il lessico è un pezzo fondamentale della grammatica = vocabolario mentale, è un “magazzino”. È


un modulo diverso dalle altre – si trova nella memoria a lungo termine (cresce in continuazione = è
un sistema aperto e dipende dal grado di “conoscenza” delle persone). La sintassi “pesca” dal
lessico e questo interagisce con la semantica. Sintassi, semantica e fonologia = lavorano nel tempo
reale, quando un parlante costruisce una frase – in brevissimo tempo – fa un lavoro mentale
associando questi tre aspetti.
Gli studiosi hanno una duplice visione sulla morfologia: è un modulo della grammatica al pari della
sintassi, semantica e fonologia oppure che sia una parte della sintassi e del lessico.
La morfologia è la parte del linguaggio che riguarda la forma/la struttura delle parole.
Lessico + morfologia = parte della grammatica che si occupa della struttura interna delle parole.
Morfologia lessicale = il parlante italiano lo sa che da una parole come “opera” è collegata una
parola come “operare – operaio – operativo – operatività” → è una “capacità” inconsapevole.
La morfologia interfaccia anche con la sintassi = le parole, a volte, possono cambiare forma per
adeguarsi alle frasi e con le altre parole presenti in essa (il gatto salta – i gatti saltano) – regola di
“accordo”.
Fonologia e fonetica hanno a che fare con suoni linguistici.
FONOLOGIA = è la capacità del parlante di usare i suoni per esprimere e comprendere i significati;
ci serve per far sì che l’uso dei suoni (parlante o ascoltatore) serva ad arrivare ai significati. La
parte della linguistica che studia il modo in cui i suoni portano significato, i principi e le regole in
base ai quali i suoni si combinano per formare parole (= fonotassi).
FONETICA = è la capacità dei parlanti di articolare i suoni linguistici e di riconoscerli nel flusso del
parlato = è lo studio dei suoni linguistici. Esistono tre prospettive/tre ambiti delle fonetica:
1. ARTICOLATORIA – studio dell’attività motoria finalizzata alla produzione di suoni linguistici.
2. PERCETTIVA – studio delle caratteristiche che permettono la percezione e il riconoscimento
dei suoni linguistici. Noi percepiamo senza difficoltà i suoni della nostra lingua, facciamo
più fatica con le lingue che ci sono sconosciute.
3. ACUSTICA – è una branca della fisica, studia le caratteristiche fisiche dei suoni (forma,
frequenza delle onde sonore...) e analizza i suoni registrati attraverso strumenti specifici.

LA COMPETENZA FONOLOGICA – è la capacità che ci permette di fare varie cose in quanto parlanti
= sappiamo individuare i suoni nel continuum sonoro che forma l’enunciato (= sequenza di suoni
compresa fra due pause di silenzio). Sappiamo quali sono i suoni della nostra lingua e sappiamo
come sono usati per esprimere significati. Conosciamo le regole per combinare i suoni nelle parole
e negli enunciati. Sappiamo riconoscere le caratteristiche fonologiche degli enunciati al di sopra
dei singoli suoni (accento).
La segmentazione – per usare una lingua orale dobbiamo saper riconoscere i suoni e individuarli in
mezzo a tutti gli stimoli uditivi di vario genere che percepiamo nell’ambiente circostante. Il parlato
naturale è un flusso sonoro continuo. All’interno di un enunciato non ci sono interruzioni tra
parole o fra i suoni che li compongono. L’utilizzo di una lingua orale, tanto nella produzione

15
Linguistica Generale

quanto nella percezione richiede la capacità di controllare singolarmente i singoli suoni all’interno
dell’enunciato.
L’inventario segmentale – ciascuna lingua utilizza per formare parole solo una parte dei suoni
linguistici che possono essere articolati dall’apparato fonatorio umano e che sono osservabili nel
complesso delle lingue naturali. Inventario segmentale = insieme dei suoni utilizzati da una data
lingua. La dimensione dell’inventario segmentale è soggetta a variazione interlinguistica. Per la
maggior parte delle lingue il numero di segmenti è compreso fra i 20 e i 40. Attraverso
l’acquisizione della fonologia un parlante arriva a conoscere quali sono i suoni utilizzati nella sua
madrelingua.
Costruzione dell’inventario segmentale – siamo predisposti dalla nascita, il parlante adulto ha
competenza segmentale assoluta dei suoni della madrelingua mentre la capacità di riconoscere e
articolare i suoni non nativi è assai debole. Questa è una delle cause principali del cosiddetto
“accento straniero” cioè dell’imperfetta padronanza fonologica dei suoni di altre lingue.
LEZIONE 9
Come i suoni portano significato – i suoni che si susseguono negli enunciati sono oggetti fisici,
onde sonore che presentano caratteristiche variabili perché non si ripetono mai identiche.
Come possono questi oggetti variabili esprimere significati in modo costante? Il rapporto tra
variabili e costanti è ben visibile nella scrittura (= non è linguaggio, è un sistema artificiale che dà
forma al linguaggio). Ciascuna persona ha una propria scrittura = calligrafia, diversa da quella degli
altri. Anche nella stampa esistono tipi diversi di carattere. Tutti questi segni grafici – che sono
diversi e possono variare in modo illimitato (variabili) – contengono delle caratteristiche essenziali
che li rendono riconoscibili e identificabili da tutti (costanti).
Parallelismo tra la scrittura e la fonologia = quest’ultima è un sistema in cui i singoli suoni sono
realizzati dalle varie persone in modo diversi ma che contengono sempre delle caratteristiche
essenziali (= unità costanti).
Suoni e significati – i suoni linguistici sono pronunciati attraverso movimenti di parti dell’apparato
fonatorio. I parlanti non ripetono mai i movimenti in modo identico, per cui la qualità dei suoni
non è mai perfettamente identica (= non siamo in grado di replicarli in maniera uguale ogni volta).
La differenza aumenta se si confrontano le diverse pronunce di uno stesso suono da parte di
parlanti diversi – i suoni sono sempre gli stessi ma ogni suono è diverso in piccoli aspetti. Queste
differenze individuali e casuali non hanno alcuna rilevanza linguistica = i parlanti sono portati ad
ignorare queste differenze. Solo alcune caratteristiche, che sono costanti e che rendono i suoni
inconfondibili, sono usate linguisticamente = nel linguaggio.
Il flusso delle consonanti e vocali che compongono gli enunciati è costituito da suoni concreti che
sono “oggetti fisici” (= misurabili acusticamente). Ciascuno di questi oggetti concreti è detto fono –
il dominio a cui appartengono i foni è la fonetica. In linguistica, il fono è rappresentato
graficamente tra parentesi quadre [g], [m]…
Ciascun fono corrisponde ad una unità astratta = rappresentazione mentale del suono che fa parte
della competenza linguistica. Sempre c’è una corrispondenza tra le unità mentali che si trovano
nella mente dei parlanti e i suoni che i parlanti producono. C’è una corrispondenza tra la

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Linguistica Generale

dimensione concreta (dimensione fonetica, fono) e la dimensione astratta (unità mentale,


fonema).
Quando si pronunciano le parole, il parlante traduce la rappresentazione mentale in un suono
reale. Quando si recepiscono delle parole, il parlante riconosce il suono reale e lo riconduce alla
rappresentazione mentale. L’unità mentale, la rappresentazione mentale di ogni suono si chiama
fonema. I fonemi fanno parte della fonologia. Il fonema è rappresentato graficamente tra barre
/g/, /m/…
I fonemi sono i suoni che ciascuna lingua utilizza in funzione distintiva (= modo in cui i suoni
portano significati). I parlanti di una data lingua condividono tutti lo stesso inventario mentale di
fonemi.
I suoni linguistici portano significati per differenza = distinguendosi/differenziandosi gli uni dagli
altri [italiano: pane lane rane cane tane nane sane vane = parole di quattro segmenti di cui gli
ultimi tre sono sempre gli stessi – ma il primo cambia = producono tante parole diverse]. Facendo
questi combinazioni = nuove parole = significati diversi → questi suoni sono in grado di portare
significati e ci riescono solo perché sono diversi gli uni dagli altri! [/p/, /l/, /r/… sono fonemi perché
hanno valore distintivo].
La differenza tra due foni porta significato solo se due foni corrispondono a due fonemi = una
differenza tra due suoni concreti in realtà non corrisponde alla presenza di due fonemi diversi ma
alla presenza di due varianti dello stesso fonema.
La differenza tra due foni non porta significato = non è distintiva, se i due foni non corrispondono a
due fonemi diversi, sono due varianti di uno stesso fonema. Una prima possibilità è quando un
parlante, all’interno degli enunciati, pronuncia in modo diverso uno stesso suono perché le due
pronunce dei suoni non sono mai identiche (spesso non sono percepibili).
Italiano = la [k]asa / in [k]asa ≠ Fiorentino = la [h]asa / in [k]asa → nel fiorentino, il fonema /k/
viene pronunciato diversamente (/h/) quando il suono si trova in posizione intervocalica =
preceduto e seguito da una vocale – tra vocali. La differenza tra [k] e [h] non porta significato,
perché i due suoni non sono realizzazioni di fonemi diversi. Italiano – /k/ → [k] ≠ fiorentino – /k/ →
[k], [h].
Inglese – /k/ → [k] - /h/ → [h] (= in inglese i due suoni sono due fonemi, ci sono coppie di parole
che si differenziano perché sostituisco un suono con un altro = hat/cat, hit/kit).
I suoni agiscono all’interno del linguaggio per portare significati. Il concetto di “suono del
linguaggio” si articola su due livelli = livello astratto (livello del fonema – suono visto nella sua
funzione distintiva). Il secondo livello è quello della fonetica (il fono è la realizzazione fisica del
fonema, la forma che il fonema assume nell’enunciato). Un certo fonema, in un certo contesto si
realizzi in un modo e in un altro contesto si realizzi attraverso un’altra forma → si parla di
allofonia.
Due suoni che in una lingua sono fonemi, data la loro capacità distintiva, possono produrre coppie
minime = due parole che sono identiche in tutto tranne che per un fonema (pale/pare). Pare/paRe
[r] [R] – variazione libera.

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Linguistica Generale

Allofonia = situazione in cui un fonema viene realizzato da due o più foni, che sono selezionati in
base al contesto (= è una variazione contestuale).
Fiorentino: p e ф – sono due suoni diversi. ## “confine di enunciato” (posizione dopo pausa).
##[p]arte la [ф]arte ti[ф]o – se la parola “parte” si trova all’inizio dell’enunciato o dopo
consonante, compare il suono /p/ – se compare dopo una vocale si usa il suono /ф/. Questi due
suono sono in distribuzione complementare e quindi non producono mai contrasti tra parole –
non sono fonemi ma allofoni.
LEZIONE 10
Fonetica articolatoria – parte della fonetica che permette ai parlanti di produrre suoni linguistici, i
meccanismi per la produzione dei suoni.
Come si trascrivono i suoni: l’alfabeto fonetico. È necessario poter far riferimento ai suoni
linguistici non solo parlandone (= riproducendoli oralmente) ma anche per iscritto.
Premessa – bisogna controllare un meccanismo mentale/riflesso che ci porta a pensare ai suoni
attraverso la loro forma scritta. Apparteniamo a culture altamente alfabetizzate, in cui la scrittura
ha un ruolo essenziale e determinante. Ciò influenza molto il modo in cui pensiamo al linguaggio
→ pensiamo al linguaggio nella sua espressione scritta. Ci porta a un approccio sbagliato quando ci
occupiamo di fonetica e fonologia, perché questa parte della competenza linguistica tratta
esclusivamente suoni. Ciò avviene perché la scrittura, in tutte le lingue, non corrisponde mai
perfettamente ai suoni. I sistemi alfabetici rappresentano i suoni – mai un sistema grafico
corrisponde a quello fonetico/fonologico. L’italiano ha un buon livello di corrispondenza tra
simboli e suoni – inglese e francese hanno una corrispondenza molto bassa e ciò crea un problema
agli apprendenti.

L’alfabeto fonetico serve alla scrittura dei suoni che può essere necessaria per diversi usi =
didattica della linguistica, ricerca scientifica, produzione scientifica, dizionari/vocabolari...
L’alfabetico fonetico è un sistema grafico che a differenza degli alfabeti comuni, il rapporto fra
suoni e simboli grafici è biunivoco = ogni simbolo corrisponde a uno e un solo suono / ogni suono
corrisponde a uno e un solo simbolo.
Nell’alfabeto comune il rapporto fra lettere e suoni non è sempre biunivoco – italiano → lettera c
in casa / cinese = la lettera c corrisponde a due suoni k – tʃ.
Un suono è reso con due grafemi [= unità grafica che corrisponde ai suoni] diversi = c per carta / ch
per chilo – k per entrambi i suoni.

L’ALFABETO FONETICO INTERNAZIONALE [= IPA = International Phonetic Association –


associazione di fonetisti che si occupa di aggiornare l’alfabeto o International Phonetic Alphabet].
L’alfabeto fonetico fa una rappresentazione “impoverita” della realtà che si osserva nelle lingue
del mondo = le lingue hanno una varietà di suoni che spesso non sono rappresentati in questi
alfabeti.

18
Linguistica Generale

Alcuni simboli corrispondo ai simboli dell’alfabeto latino e altri a quello greco.

Nella scrittura IPA → non si utilizzano le lettere maiuscole o minuscole (alcuni simboli IPA
corrispondono a lettere maiuscole e indicano un suono diverso), non si utilizza la punteggiatura e
nella scrittura a mano non si legano i simboli adiacenti.
Discrepanza tra forma fonologica e forma scritta in italiano:

suono grafema esempi


k c; ch casa chilo
tʃ c; ci cento ciao
ɡ g; gh gomito ghiro
dʒ g; gi gelo giallo
s s seme spazzola
z s rosa sbadiglio
ʃ sc; sci scena fasciato
ts z pizza
z azzurro
dz
gn sogno
ɲ
gl; gli figli sbaglio
19
Linguistica Generale

suono grafema esempi


e e tetto
ɛ e bella
o o mosca
ɔ o mossa

g → gatto / gelato
sc → scusa / sc-ivolo/sci-arpa
gl → gladiatore / fi gl-i (gl corrisponde a un suono) / fi gli-a (un trigramma per uno stesso suono)
gn → gn-omo
gh → gh-iro
lettera c due suoni / lettera g due suoni
s → sole scarpa / castagna
casa asma / sbaglio
z → ozio / pizza / tazza
zebra / zona
e → pesca / pesca (cambia l’accento sulla e)
la z nell’ipa è la s sonora (rosa / sbadiglio)
casa = kasa/kaza (a seconda della pronuncia della s)

casa chilo kasa/kaza kilo


cento ciao tʃɛnto tʃao
gomito ghiro ɡomito ɡhiro
gelo giallo dʒɛlo dʒallo
seme spazzola seme spattsola
rosa sbadato rɔza / rɔsa zbadato
scena fasciato ʃʃɛna / ʃɛna faʃʃato / faʃato
pizza pittsa
zero azzurro ddzɛro / dzɛro addzurro
sogno soɲɲo / soɲo
figli sbaglio fiʎʎi / fiʎi zbaʎʎo / zbaʎo

La lunghezza segmentale in IPA – consonanti brevi/lunghe, vocali brevi/lunghe.


Le vocali lunghe in IPA – vocali lunghe = si mette un simbolo ː questi indicano che la vocale
precedente è lunga.
keen / kin [kiːn] [kin]

20
Linguistica Generale

Le consonanti doppie (geminate) in IPA – si ripete direttamente il simbolo della consonante


(come è scritto normalmente) oppure si scrive la consonante una volta sola e dopo si mettono i
due triangolini come nelle vocali ː
palla / pala [palla] [palːa] [pala]
miccia / micia [mittʃa] [mitːʃa] [mitʃa]
raggio / grigio [raddʒo] [radːʒo] [gridʒo]
Miccia / micia – non si ripete l’intero simbolo e neppure i due triangolini → si segna come lunga la
prima parte di questi simboli complessi [non si scrive pitstsa per pizza ma tts / t:s]
L’accento in IPA – si segna, quasi, sempre. Bisogna capire qual è la sillaba accentata (paletto) e si
segna mettendo un piccolo segno (tipo apostrofo) e si scrive PRIMA dell’inizio della sillaba
accentata.
paletto pa.let.to [paˈletto]
pallina pal.li.na [palˈlina]
sviare svi.a.re [zviˈare]
fasciare fa.scia.re [faʃˈʃare]
Consonanti sempre doppie in italiano standard – sono sempre geminate:
/ts/ dopo vocale azione/pinza [atˈtsjone] [ˈpintsa]
/ʃ/ piscina [piʃˈʃina]
/ɲ/ ragno [ˈraɲɲo]
/ʎ/ aglio [ˈaʎʎo]
LEZIONE 11
Fonazione = sistema costituito da organi e processi motori che porta alla produzione di suoni
linguistici. Ciò che produce i suoni è l’apparato fonatorio = organi che entrano in azione per
produrli, è costituito come un “tubo” che nasce dai bronchi e dai polmoni che convergono nella
trachea e va verso l’alto – si piega di circa 90° e poi porta alle due uscite = orale (primaria) e cavità
nasale (meno frequente linguisticamente parlando). L’apparato fonatorio coinvolge organi e
sistemi che hanno altre funzioni primarie = respirazione, masticazione e deglutizione. Le azioni che
questi compiono sono finalizzate anche alla produzione di suoni linguistici.
I suoni del linguaggio possono essere concepiti come una “modificazione nella espirazione” = tutti
i suoni linguistici sono prodotti in fase espiratoria, usando il flusso di aria in uscita: suoni
polmonari egressivi. I suoni ingressivi sono l’eccezione – non sono osservabili in tutte le lingue (=
pressoché in Africa/Sudafrica = lingua xhosa). Questi suoni ingressivi sono prodotti attraverso un
meccanismo fonatorio – si crea un vuoto di aria all’interno del cavo orale e avviene un’apertura
improvvisa del cavo orale accompagnata da movimenti.
Gli organi che entrano in gioco nella fonazione possono essere fissi – denti, alveoli, palato (duro), o
mobili – parte finale del palato (molle o velo palatino – ha due posizioni: respirazione “rilassato e
21
Linguistica Generale

abbassato” o “sollevato” – quando è abbassato si producono suoni particolari = “nasali”, quando è


sollevato si producono i suoni “orali”). Altro organo mobile è la mandibola inferiore – quando è
abbassata aumenta di volume e quando la solleviamo lo spazio si restringe. La lingua è il più
mobile di tutti gli articolatori, può compiere tantissimi movimenti – ha quattro parti: la radice, il
corpo della lingua (dorso), la punta (corona) e l’estrema punta finale (apice – si può innalzare,
ripiegare all’indietro = suoni apicali). Le labbra sono mobili e possono essere in posizione
“rilassata” o “accostate”, “arrotondata”.
I suoni linguistici sono prodotti attraverso due meccanismi/due modalità – vocali e consonanti
sono fatte di due componenti articolatorie:
 Vibrazione glottidale = vibrazione delle corde vocali. Quest’ultime sono delle pieghe di
tessuto membranoso coperto di mucosa e sostenuto da tessuto muscolare. Il nome tecnico
è “pliche vocale” (latinismo). Possono assumere varie posizioni – in abduzione (separate) o
adduzione (avvicinate) – durante la respirazione sono separate. Hanno un ruolo molto
importante nella fonazione – nella fase espiratoria, possono essere avvicinate ma non
necessariamente. Il meccanismo laringeo (vibrazione glottidale) perdura finché vi è il
contrasto tra le due forze – pressione dell’aria che sta sotto le corde vocali e la tensione
muscolare. I cicli di apertura/chiusura variano, possiamo cambiare la tensione delle corde
vocali e la loro posizione (possiamo modulare la frequenza). La pronuncia delle vocali è
fatta di vibrazione glottidale + le componenti di risonanza diversificate per ogni vocale che
dipendono dalla forma del tubo fonatorio.
 Restrizione del passaggio dell’aria = restringendo in qualche punto del tubo fonatorio il
passaggio dell’aria, questa viene “costretta” e passando sfrega sulle pareti del tubo
fonatorio. Questo sfregamento produce un “fruscio”, un’onda sonora aperiodica – la
qualità di questo sfregamento (= rumore) cambia a seconda di dove avviene la restrizione
del passaggio dell’aria [se è tra le labbra, è diverso se avviene tra la radice della lingua e la
faringe] e quanto il passaggio viene ristretto [in misura minima o massima – arriva quasi
alla chiusura]. La presenta di una restrizione dell’aria è la caratteristica delle consonanti (=
ciò le distingue dalle vocali – l’aria nelle vocali fuoriesce senza restringimenti) – ci sono
consonanti con restrizioni minime o massime/completa chiusura. Ci può essere anche
un’altra componente del suono per le consonanti – con la vibrazione delle corde vocali.
Dunque, l’articolazione delle consonanti richiede una restrizione del canale fonatorio,
variabile per consistenza e localizzazione. Nelle consonanti articolate con restrizione lieve
(= sonoranti) è presente anche la vibrazione glottidale. Nelle consonanti articolate con
restrizione maggiore (= ostruenti) la vibrazione glottidale può essere presente o assente.
Esistono tre aspetti rispetto ai quali i suoni consonantici si differenziano = modo di
articolazione (come è realizzato il restringimento dell’aria e qual è l’entità di questo
restringimento), luogo di articolazione (in quale punto del tubo fonatorio è realizzato il
restringimento de passaggio dell’aria) e attività della glottide (se le corde vocali vibrano =
consonanti sonore / se le corde vocali sono discostate = consonanti sorde).
Come si producono le consonanti – modi (dal restringimento massimo a minimo):
1. OCCLUSIVA: p b (sorda e sonora, in ordine scritto) – prodotte con il contatto tra gli
articolatori = chiusura del tubo fonatorio. Hanno un’articolazione che prevede tre fasi –

22
Linguistica Generale

fase di occlusione/chiusura, fase di tenuta dell’occlusione (l’aria non fuoriesce) e fase di


rilascio della chiusura.
2. FRICATIVA: s z – sono articolate con una restrizione non totale ma molto forte; l’aria
quando passa tra gli articolatori produce quel rumore (= sfruscio, onda sonora non
periodica).
3. AFFRICATA: ts dz (= pizza/razzo/zorro/zero) – hanno un’articolazione molto complessa,
meno frequenti nelle lingue del mondo ma presenti nell’italiano. Sono tra le ultime ad
essere acquisite dai bambini da piccoli. Sono formate da una fase iniziale di occlusione (ha
una tenuta breve) e una di rilascio prolungato.
4. NASALE: m (mamma) – vengono pronunciate con il velo palatino abbassato.
5. LATERALE: l – in mezzo alla bocca, la lingua (avanti o indietro) fa un contatto o con gli
alveoli o con il palato (= palla – la lingua va a toccare gli alveoli dei denti incisivi superiori –
questo contatto con chiude il passaggio dell’aria poiché passa dai lati).
6. VIBRANTE: r – c’è una chiusura del passaggio dell’aria ma questo contatto è talmente
breve che non riesce a chiudere completamente il passaggio (= 3 contatti in rapida
successione). Nella parola ‘carro’ = avviene una serie reiterata di brevissime e rapidissime
occlusioni e aperture. Le vibranti e le laterali si definiscono “liquide” – questi due modi di
articolazione hanno caratteristiche simili poiché in alcune lingue del mondo non esiste
questa distinzione.
7. APPROSSIMANTE: w – si riferisce al tipo di contatto che c’è tra gli articolatori, è appena
accennato e non vi è un vero e proprio restringimento. Questi suoni assomigliano molto a
delle vocali (w = uovo/uomo/buono – ieri/piede).

Questi 7 modi di articolazione possono essere divisi in 2 gruppi → OSTRUENTI (occlusiva, fricativa,
affricata) e SONORANTI (nasale, laterale, vibrante, approssimante). I suoni sonoranti sono
caratterizzati da restrizione di scarsa entità o minima e da vibrazione glottidale sempre presente.
Le ostruenti possono essere prodotte con vibrazione delle corde vocali (= sonore) o senza (=
sorde).
LEZIONE 12

23
Linguistica Generale

Il modo di articolazione – nell’IPA – è rappresentato sull’asse verticale = occlusiva, nasale,


vibrante, [Tap or Flap], fricativa, [fricativa laterale], approssimante, laterali.

→ Modo in cui sono rappresentante le consonanti affricate – le affricate e le doppie articolazioni


sono rappresentate da due simboli uniti (k͡p - t͡s).

I modi di articolazione ostruenti sono – plosive (= occlusiva) e fricative (fricativa).

Visualizzazione dell’attività fonatoria attraverso la Risonanza Magnetica


Suono occlusivo: chiusura bilabiale / chiusura alveolare / chiusura velare.
Suono fricativo: restringimento labiodentale / restringimento glottidale /
Suoni orali vs nasali: posizionamento del velo palatino

Nell’IPA all’interno della stessa casella sono riportati sia i suoni non sonori che sonori – per ogni
modo di articolazione e per ogni specifico luogo di articolazione, nella stessa casella sta la
consonante articolata senza vibrazione glottidale e la consonante articolata con vibrazione
glottidale [i simboli a sinistra sono sordi – i simboli a destra sono sonori]. Questo si verifica solo per
i modi di articolazione ostruenti poiché le consonanti sonoranti sono soltanto sonore (= infatti
sono scritte a destra).

Come riconoscere le consonanti sonore distinguendole dalle consonanti sorde – si deve capire se il
suono è articolato con l’attività delle corde vocali = percepire la presenza della vibrazione
glottidale:

Mentre si pronuncia una sequenza Vocale Consonante Vocale:

1. Appoggiando un dito sulla cartilagine tiroidea (Pomo di Adamo) = una fricativa della parola
“tuffo” [mentre pronunciamo la u c’è la vibrazione, nelle ff (prolungata) non c’è e nella o
c’è = se durante l’articolazione della consonante percepiamo vibrazione vuol dire che è
sonora, altrimenti è sorda].
2. Appoggiare il palmo sulla testa, sulla sommità = si sentono molto bene le consonanti nasali.
3. Tapparsi entrambe le orecchie.

Per fare queste prove è fondamentale prolungare sempre il suono della consonante.

Anche la presenza/assenza di vibrazione glottidale può essere visualizzata durante la Risonanza


Magnetica.

Come si producono le consonanti – luoghi


di articolazione (= distribuiti nella zona
sopra glottidale del tubo fonatorio –
s’intende il punto del tubo fonatorio in cui
avviene la restrizione del passaggio
dell’aria – totale/parziale/lieve – si parte
da quello più esterno a quello più interno):

24
Linguistica Generale

1. BILABIALE: p b ɸ β m – le due labbra si avvicinano fino a produrre o un completo contatto


(= occlusiva) o senza contatto (= fricative). Un contatto bilabiale si ha anche
nell’articolazione delle consonanti nasali. Le differenze si vedono in base alla posizione del
velo palatino. In italiano standard non ci sono le fricative.
2. LABIODENTALE: f v ɱ – unendo o anche solo avvicinando il labbro inferiore e gli incisivi
superiori, in modo che l'aria, costretta dall'ostacolo, produca un rumore nella sua
fuoriuscita. La nasale labiodentale, in italiano, è un allofono.
3. DENTALE: θ ð – accostando la punta o apice della lingua ai denti incisivi superiori, in modo
che l'aria, costretta dall'ostacolo, produca un rumore nella sua fuoriuscita.
4. ALVEOLARE: t d ts dz s z n l r – accostando la punta o apice della lingua agli alveoli dei denti
incisivi superiori, in modo che l'aria, costretta dall'ostacolo, produca un rumore nella sua
fuoriuscita – possono essere definiti anche “dentali”.
5. POSTALVEOLARE: ʃ ʒ tʃ dʒ – coinvolge la parte anteriore della lingua, la quale si sposta un
po’ indietro e si appoggia/avvicina a una zona che si trova tra l’alveolo e il palato; zona
intermedia “postalveolare/alveopalatale/palatoalveolare”.
6. PALATALE: ɲ ʎ ç – vengono pronunciate mediante un innalzamento del corpo della lingua
verso il palato.
7. VELARE: k ɡ ɲ x ɣ – il corpo della lingua si “ingobbisce” e si innalza verso il velo palatino, si
sposta all’indietro.
8. UVULARE: χ ʀ – l’uvula/ugola è la parte finale del velo palatino, viene articolata accostando
il dorso della lingua all'ugola, in modo che l'aria, costretta dall'ostacolo, produca un rumore
nella sua fuoriuscita.
9. FARINGALE: la radice della lingua si accosta alla parte posteriore della gola/faringe, non ci
sono questi suoni in italiano.
10. GLOTTIDALE: ʔ h – costituito dalla glottide = corde vocali. Nelle consonanti glottidali, le
corde vocali svolgono un ruolo diverso da quello “tipico” (= produrre il meccanismo
laringeo, vibrazione). In questi suoni, le corde vocali svolgono un’altra funzione = si
comportano come gli altri articolatori = possono dare luogo a un’occlusione (chiusura) o ad
una frizione/un rumore (accostandosi).

+ LABIO-VELARE: w – sonora (uovo/uomo).

LEZIONE 13

L’articolazione delle vocali – i suoni vocalici sono formati da suono prodotto dalla vibrazione
glottidale attraverso il meccanismo laringeo. A differenza delle consonanti, nelle vocali non c’è
“rumore”, cioè manca la componente sonora di “fruscio” dovuta al passaggio dell’aria attraverso
una ostruzione del tubo fonatorio. La vibrazione glottidale produce un’onda sonora fondamentale
(= segnale glottidale) che sta alla base del suono di tutte le vocali.

Come avviene la produzione di suoni vocalici differenziati? La differenza non dipende dalle corde
vocali ma dal fatto che l’onda sonora fondamentale viene modificata nel passaggio attraverso il
canale fonatorio sopraglottidale, che funziona come un risonatore, e quindi come uno strumento
musicale (→ risonatore determina il formarsi di una struttura formantica = concentrazioni di
energia in corrispondenza di determinati valori di frequenza). Le proprietà di risonanza (struttura

25
Linguistica Generale

formantica) sono quelle che caratterizzano la “voce” degli strumenti musicali, e la “qualità” delle
vocali.

Il tubo fonatorio è un risonatore elastico che può cambiare di forma. Le caratteristiche assunte dal
“suono” glottidale nel passaggio attraverso il tubo fonatorio dipendono dalla forma del tubo stesso
= dalla posizione assunta dagli organi articolari. La produzione di vocali diverse avviene cambiando
la forma del canale fonatorio.

Nella posizione di riposo, quella che assumiamo durante la respirazione, il canale fonatorio è un
tubo di diametro – più o meno – regolare. Il suono che viene prodotto attivando il meccanismo
laringeo (= mettendo in vibrazione le corde vocali) in questa configurazione è una vocale neutra,
denominata schwa, in IPA [ə] – è un suono prodotto con gli articolatori rilassati.

I cambiamenti di forma del canale fonatorio dipendono da movimenti del corpo della lingua, delle
labbra, della mandibola inferiore, che provocano
restringimenti o allargamenti in punti diversi del tubo
fonatorio = a cui corrispondono onde sonore con
caratteristiche diverse = vocali diverse.

 Articolazione della [a] – la mandibola si abbassa


e si crea uno spazio più largo nel cavo orale, la
radice della lingua arretra e in quel punto –
punto faringale – si verifica un restringimento
del tubo fonatorio → questa configurazione
corrisponde alla vocale [a].
 Articolazione della [i] – la parte centrale della
lingua si ingobbisce e si avvicina al palato – area palatale – questo movimento che fa sì che
la “massa” della lingua si concentri nell’area palatale che crea un allargamento nell’area
faringale → questa configurazione corrisponde alla vocale
i u
[i].
 Articolazione della [u] – due fattori che entrano in gioco: il corpo della lingua si
ingobbisce verso il velo palatino e crea un restringimento nell’area velare – le labbra si
arrotondano e creano un restringimento labiale. Nel cavo orale si produce un allargamento
→ questa configurazione corrisponde alla vocale [u].

Si possono rappresentare i movimenti che il corpo della lingua effettua nell’articolazione delle
vocali. C’è un movimento che va verso la parte palatale – movimento in avanti/anteriorizzazione
del corpo della lingua. La lingua si abbassa per la [a], si alza in avanti per la [i] e si alza indietro per
la [u]. L’articolazione di queste otto vocali disegna un trapezio – la lingua fa un movimento
sull’asse orizzontale e un movimento sull’asse verticale.

IL TRIANGOLO VOCALICO
26
Linguistica Generale

I lati di questo triangolo corrispondono ai tracciati che il corpo della lingua descrive nel muoversi
dalla posizione di riposo per pronunciare le tre vocali che si trovano ai vertici. La lingua in assenza
di movimenti = posizione di riposo, corrisponde a una schwa. Movimento verso il vertice anteriore
alto = [i], movimento di innalzamento ma di arretramento [u] e di abbassamento della mandibola
[a].
i u Le vocali fondamenti sono [a] [i] [u] secondo diversi punti di
vista:

 DAL PUNTO DI VISTA TIPOLOGICO (= branca della


linguistica che analizza i sistemi linguistici con l’obiettivo
di definire ciò che è possibile trovare o meno nelle
lingue, fa una classificazione delle lingue. Individua delle
caratteristiche – fonetiche, morfologiche, sintattiche – e
vede come ciascuna lingua si comporta con queste).
(quasi) Tutte le lingue hanno /a/ /i/ /u/. Le lingue che hanno più di tre vocali hanno (quasi)
tutte anche /a/ /i/ /u/.
 PUNTO DI VISTA COGNITIVO (= conoscenza linguistica delle persone, come le persone
apprendono i sistemi vocali = ciò che succede nella mente). Sono le prime vocali ad essere
stabilizzate nell’acquisizione fonologica. Sono le vocali più resistenti nei casi di disturbo
fonologico articolatorio e percettivo e spesso le prime ad essere recuperate nel processo
riabilitativo.
I segmenti ai vertici del triangolo realizzano la massima differenziazione possibile, sono più
riconoscibili e facilitano la percezione.

ə
Il sistema a 5 vocali è il più diffuso tra le lingue del mondo.
È composto dalle tre vocali di vertici a + due vocali medie.
Quest’ultime si trovano – una tra la vocale centrale [a] e la vocale alta
anteriore [i] ovvero la vocale [e] – e una che si trova tra la vocale centrale [a] e la vocale alta
posteriore [u] ovvero la vocale [o].

Si può dire che le vocali diverse dalle vocali fondamentali siano dei “composti” di /a/ /i/ /u/ = la
vocale media [e] ha delle caratteristiche che sono intermedie tra [i] e [a] – ha una caratteristica di
basso e centrale e una di alto e anteriore. La vocale media [o] è più alta e posteriore rispetto ad [a]
e più bassa e centrale rispetto a [u].

27
Linguistica Generale

→ Non esiste nessun sistema linguistico che abbia tutte queste vocali raffigurate nella tabella IPA.
Le vocali italiane sono le seguenti – /i/ /e/ /ɛ/ /a/ /u/ /o/ /ɔ/. Le vocali italiane sono 7 e non 5.
Queste 7 vocali le troviamo solo quando sulla sillaba – in cui si trova la vocale – cade l’accento. Se,
al contrario, la sillaba non è accentata (= atona) troviamo le “5 classiche vocali”.

b[ɛ]llo / b[e]llezza f[ɔ]ssa / f[o]ssetta

fr[e]sco / fr[e]schezza k[o]lpa / k[o]lposo

t[ɛ]nero / t[e]nerezza p[ɔ]vero / p[o]verino

e o

LEZIONE 14

Alcune caratteristiche di sistemi vocalici diversi dall’italiano – lingue europee o


dialetti a italiano (vocalismi di sistemi linguistici a noi prossimi).

Nei sistemi più semplici, la caratteristica della posteriorità o della velarità della vocale si
accompagna all’arrotondamento labiale.

Ci sono dei sistemi linguistici – come il tedesco, francese, dialetti italiani – ci sono le vocali anteriori
non arrotondate e quelle posteriori arrotondate ma la caratteristica dell’arrotondamento si trova
anche separata dalla caratteristica della velarità = esistono vocali arrotondate non posteriori (=
anteriori). Queste vocali – /y/ /ø/ /œ/ – sono prodotte con lo stesso movimento degli articolatori
interni (= lingua) ma contemporaneamente con l’arrotondamento labiale.

Alcune vocali dell’inglese – /ɪ/ /ʊ/ /ʌ/ /æ/ /ɑ/ – si


possono trovare in molte parole come: [hɪt] hit, [hi ːt]
heat, [bʊk] book, [luːp] loop, [kɑːr] car, [kʌp] cup, [mæn]
man.

Schwa [ə] la “vocale neutra” (inglese, tedesco, francese,


dialetti italiani) – la vocale neutra, oltre ad essere
prodotta dagli articolatori in posizione di riposo, è anche
un suono/segmento fonologico che fa parte
dell’inventario dei suoni in vari sistemi linguistici:

 Inglese [əˈbaʊt] about


 Tedesco [ˈlezən] lesen
 Francese [prəˈmjer] premier
 Napoletano [ˈkavərə] caldo

28
Linguistica Generale

La vocale centrale compare quando la sillaba non è accentata = perdita di differenziazione che
corrisponde a una centralizzazione.

Vocali nasali (francese, portoghese) – si rappresentano con il simbolo ~.

 Francese [sã] sans “senza” / [sa] sa “sua”


 Portoghese [ˈmũdu] mundo / [mudu] mudo

La struttura interna dei segmenti – di che cosa sono fatte le consonanti e le vocali?

Le consonanti e le vocali sono i pezzi più piccoli in cui è possibile segmentare il flusso di suoni che
costituisce il parlato. Il loro contenuto però è analizzabile e scomponibile in unità più piccole, che
sono le componenti dei suoni. Che il sistema sonoro delle lingue naturali faccia riferimento a
queste di unità subsegmentali è dimostrabile in diversi modi.

Ogni suono è fatto di componenti articolatorie (= gesti articolatori, configurazioni del canale
fonatorio). A queste componenti articolatorie corrispondono altrettante caratteristiche acustiche
del suono stesso. La maggior parte di tali componenti caratterizza l’articolazione di più suoni di
una lingua. I segmenti sono descrivibili e classificabili in base a tali componenti.

Anche la capacità distintiva (= un parlante ha bisogno per poter associare dei significati a delle
sequenze di suoni, di capire che un suono è diverso dall’altro = due foni come due fonemi diversi)
si basa sulla composizione interna dei segmenti. Per esempio, i fonemi /p/ e /b/, che sono in
opposizione come dimostra la coppia minima pelle/belle, sono unità distinte ma in effetti
identiche per modo e luogo di articolazione e diverse solo per la sonorità. Analogamente, /t/ e /p/
differiscono solo per il luogo di articolazione, e così via.

Dato che una stessa caratteristica fa parte di segmenti diversi, i suoni usati in una lingua sono
accomunati da certe caratteristiche e differenziati da altre. Tali caratteristiche subsegmentali sono
dette tratti segmentali = “tratti” è un termine tecnico che si riferisce a delle caratteristiche di una
qualche entità, di una qualche unità della grammatica. In base ai tratti i suoni di ogni lingua
possono essere definiti in modo univoco: ciascun suono è un insieme di tratti diverso da tutti gli
altri insiemi.

I tratti fanno parte della competenza fonologica dei parlanti – per il riconoscimento dei suoni, che
avviene nella produzione e percezione linguistica, i parlanti “guardano” la struttura interna dei
segmenti e “cercano” i tratti. Il funzionamento dei sistemi fonologici fa riferimento al contenuto
dei segmenti, cioè ai tratti.

La regola del plurale dei nomi in inglese:

 cat [s]
 book [s]
 lip [s]
 sound [z] il plurale è una fricativa dentale ma sonora (sounds)
 dog [z] (dogs)
 rib [z] (ribs)

29
Linguistica Generale

Qual è la regola? Se la consonante non è sonora (= senza vibrazione glottidale) aggiungi [s],
altrimenti aggiungi [z]. infatti, spesso gli inglesi usano il plurale anche per i cognomi in maniera da
indicare tutta la famiglia – Cook → Cook[s] / Ford → Ford[z]s / Bach → Bach[s].

La allofonia nelle nasali preconsonantiche (= nasali che precedono altre consonanti):

 La preposizione in (= davanti a una vocale, la nasale [n] ha il luogo di articolazione


alveolare).
 La nasale che si trova in posizione preconsonantica assume il luogo di articolazione della
consonante che viene dopo → i[m] piedi, mano, basso = queste tre parole hanno il luogo di
articolazione labiale e questo viene “assorbito” dalla consonante alla nasale precedente (=
come se la [n] andasse senza un suo proprio luogo di articolazione e assumesse il luogo di
articolazione della consonante che viene dopo). Si parla di allofonia perché non possiamo
avere una distinzione tra [n] e [m] perché nel secondo caso ci può stare solo [m].
 Cosa succede se la preposizione in [ŋ] si trova davanti a una parola che comincia con una
occlusiva velare → kasa, gola – non pronunciamo una nasale alveolare poiché mentre
pronunciamo la nasale anticipiamo già il gesto articolatorio che serve per fare la
consonante velare = operazione che si chiama “assimilazione” → la nasale preconsonantica
si assimila alla consonante successiva. Il tratto velare viene “assorbito” dalla nasale che
precede la consonante velare.
 Davanti a consonanti labio-dentali, la nasale diventa labio-dentale – i[ɱ] fila, volto.

LEZIONE 15

Abbiamo visto che i segmenti sono unità ulteriormente analizzabili in quanto dotate di una
struttura interna – i segmenti contengono unità più piccole (= “atomi” della fonologia chiamati
tratti).

I tratti sono componenti dei suoni e corrispondono a caratteristiche articolatorie – luogo di


articolazione, presenza/assenza di vibrazione delle corde vocali – e hanno un corrispettivo
acustico. I tratti hanno una funzione astratta = da un lato i parlanti fanno riferimento ai tratti
quando utilizzano i suoni della loro lingua (= cercano le caratteristiche subsegmentali) e dall’altro
lato i sistemi fonologici delle lingue e la caratteristica fondamentale di permettere contrasti –
funzione distintiva – è affidata ai tratti. I tratti sono caratteristiche concrete fonetiche (articolatorie
acustiche) ma anche unità astratte (mentalizzate che si trovano nella competenza fonologica dei
parlanti).

Il contenuto dei suoni del linguaggio si rappresenta utilizzando dei tratti che corrispondono a delle
caratteristiche articolatorie. Dopodiché, si individuano per un dato sistema linguistico – noi ci
riferiremo all’italiano – si cerca di fare una rappresentazione del sistema fonologico segmentale
dell’italiano che sia la più “economica” (= che utilizzi il numero più piccolo possibile di tratti per
evitare di fare ipotesi “costose” – l’obiettivo è quello di costruire teorie più semplici possibili).
Ciascun tratto interviene all’interno dei suoni con un valore positivo (= la caratteristica c’è) o con
un valore negativo (= la caratteristica non c’è).

30
Linguistica Generale

Tutti i suoni vengono classificati in base a tutti i tratti – se la caratteristica c’è, il tratto ha valore
positivo (+) – al contrario, se non c’è ha valore negativo (-).

p b t d k ɡ ts d tʃ d f v s z ʃ m n ɲ l ʎ r w j
z ʒ

sillabico - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

consonantico + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + - -

sonorante - - - - - - - - - - - - - - - + + + + + + + +

sonoro - + - + - + - + - + - + - + - + + + + + + + +

continuo - - - - - - - - - - + + + + + - - - + + + + +

rilascio - - - - - - + + + + - - - - - - - - - - - - -
ritardato

laterale - - - - - - - - - - - - - - - - - - + + - - -

arretrato - - - - + + - - - - - - - - - - - - - - - + -

anteriore + + + + - - + + - - + + + + - + + - + - + - -

coronale - - + + - - + + + + - - + + + - + - + - + - -

I primi due tratti – sillabico e consonantico – si considerano insieme e servono a distinguere le


vocali dalle consonanti. Le consonanti sono (+) e le vocali sono (-) = ci sono in italiano due suoni –
approssimante labio-velare e l’approssimante palatale (= semivocali) – che sono dei suoni
promiscui perché non sono consonantici (non hanno le caratteristiche articolatorie di restrizione
del passaggio dell’aria) ma non sono nemmeno vocalici (non fanno sillaba).

Il tratto sonorante – nel modo di articolazione abbiamo distinto le consonanti ostruenti (=


occlusive affricate fricative) da quelle sonoranti (= nasali, laterali, vibranti, semivocali…).

Il tratto sonoro è quello relativo all’attività della glottide e delle corde vocali – tutte le consonanti
sonoranti sono caratterizzate dall’essere anche sonore. Le consonanti ostruenti hanno la
possibilità di avere o no la vibrazione glottidale.

Il tratto continuo è quel tratto che corrisponde alla presenza o assenza di occlusione – è più
continuo un suono che è pronunciato senza un’occlusione nel cavo orale (= le occlusive sono meno
continuo e anche le affricate – le fricative sono più continuo). Tra i suoni sonoranti sono
classificate come meno continuo le consonanti nasali.

Il tratto rilascio ritardato è un tratto che serve a distinguere e a identificare le consonanti affricate
(= che sono più rilascio ritardato le altre consonanti sono meno rilascio ritardato).

31
Linguistica Generale

Nel tratto laterale solo – l ʎ – sono più laterale.

Gli ultimi tre tratti – arretrato, anteriore, coronale – servono a identificare i luoghi di articolazione.
Il tratto arretrato si riferisce a un arretramento/spostamento all’indietro del corpo della lingua
rispetto alla posizione della lingua. Il tratto anteriore – non è l’opposto di arretrato – è un suono
che si articola con una restrizione che si trova nella parte anteriore del cavo orale (= dagli alveoli in
avanti – alveolari dentali e labiali). Il tratto coronale – “corona” è la parte anteriore della lingua –
rappresenta i suoni che si articolano con il coinvolgimento della parte anteriore della lingua (=
dentali alveolari e post alveolari).

Questo sistema di tratti differisce dalla serie di proprietà articolatorie che abbiamo individuato
precedentemente per descrivere e classificare – dal punto di vista fonetico – i suoni delle lingue. Vi
differisce perché i tratti binari non corrispondono alle caratteristiche individuate – non c’è il tratto
labiale perché le consonanti bilabiali sono espresse attraverso la combinazione di due tratti =
anteriore e coronale. Stessa cosa vale per le consonanti labio-dentali – ovvero le due fricative che
sono classificate come più anteriori e meno coronali. Questo sistema non distingue il luogo di
articolazione bilabiale dal luogo di articolazione labio-dentale – poiché nel sistema dell’italiano si
distinguono per modo di articolazione = le labio-dentali sono esclusivamente fricative e le bilabiali
sono solo occlusive. Il tratto alveolare non è espresso direttamente da un tratto binario – la
caratteristica di luogo di articolazione alveolare è espressa dalla combinazione dei tratti anteriore
e coronale. Il luogo post-alveolare è più coronale e meno anteriore. Le consonanti palatali (laterali,
nasali, approssimante) sono definite tutte in negativo = non sono anteriori, non sono coronali e
nemmeno arretrate. Il tratto velare, non è presente, corrisponde al tratto arretrato (più arretrate e
meno anteriore e coronale).

Anche le vocali sono classificate con dei tratti binari.

i u e o ɛ ɔ a

[±sillabico] + + + + + + +

[±consonantico] - - - - - - -

[±arrotondato] - + - + - + -

[±alto] + + - - - - -

[±basso] - - - - + + +

[±arretrato] - + - + - + +

Sono arretrati i suoni pronunciati con un arretramento della lingua verso la parte posteriore.

Sono classificate come basse la vocale /a/ e le due medio-basse /ɛ/ /ɔ/.

Sono classificate come alte le vocali /i/ /u/.


32
Linguistica Generale

Il tratto arrotondato va assieme al tratto posteriore/arretrato – l’unica vocale che è posteriore ma


non arrotondata è la vocale /a/.

L’analisi della struttura interna dei segmenti in termini di tratti ci permette di stabilire quali sono i
rapporti tra i segmenti (= stabilire se due segmenti si assomigliano oppure no e di prevedere se si
comportano in maniera uguale o meno). All’interno dei sistemi segmentali, dei gruppi di suoni
formano degli insiemi naturali e si comportano in modo simile.

Si prendono per esempio le tre consonanti occlusive sorde dell’italiano = p t k – sono diverse solo
nei tratti arretrato, anteriore e coronale. Sono suoni molto simili tra di loro e ciò che cambia è il
luogo di articolazione. Sono uguali per cinque tratti – sonorante, sonoro, continuo, rilascio
ritardato, laterale – e diverse per i tre tratti di luogo di articolazione – arretrato, anteriore,
coronale. Quando due o più suoni hanno più tratti simili che diversi si dice che formano una
“classe naturale”. I suoni che appartengono a una classe naturale vanno incontro a fenomeni e
cambiamenti comuni = hanno la stessa sorte. Due suoni come un occlusiva velare sorda – k – e una
vibrante – r – sono due suoni molto diversi e che non formano una classe naturale.

Con i tratti si indica il cambiamento dei suoni: p → b (= dall’occlusiva bilabiale sorda all’occlusiva
bilabiale sonora) – come si rappresenta formalmente questo cambiamento? Facendo riferimento
al contenuto in tratti dei segmenti – la differenza tra le due si trova solo in un tratto = sonoro.

k → r (= dall’occlusiva velare sorda alla sonorante vibrante) – suoni molto diversi con un
cambiamento altamente improbabile e del tutto innaturale. La differenza si trova nei tratti
sonoranti, sonori, continui, arretrati, anteriori, coronale.

LEZIONE 16

Le caratteristiche soprasegmentali = il flusso sonoro che costituisce il parlato non è fatto solo di
consonanti e vocali. La forma sonora degli enunciati dipende anche da elementi che non
riguardano i singoli segmenti, ma si manifestano nel flusso sonoro coinvolgendo gruppi di suoni,
parole o interi enunciati. Quando parliamo, oltre a fare i movimenti articolatori facciamo anche
altre cose che danno all’enunciato delle caratteristiche ulteriori = soprasegmentali.

Con durata dei suoni s’intende quanto tempo – misurato in millisecondi – richiede l’articolazione
di un suono. Dipende dalla velocità del parlato (= se parlo velocemente o lentamente), variabili
fonologiche sistematiche (= accento, allungamento finale di sintagma o enunciato). La durata è
una proprietà misurabile e fisica dei suoni. È un proprietà fisica e riguarda la fonetica (= grandezza
assoluta, quantificabile in millisecondi). La durata determina una proprietà non fisica ma è una
caratteristica linguistica = fonologica (= proprietà relazionale, si esprime solo nel rapporto e nella
differenza tra segmenti) – le lingue usano la durata dei suoni in un modo sistematico che permette
di distinguere un suono da un altro. Le distinzioni di lunghezza fonologica in una lingua possono
riguardare le vocali o le consonanti (o, più raramente, entrambi i tipi di segmenti = vedi il latino).
L’italiano ha un’opposizione di lunghezza per le consonanti intervocaliche (cane – canne / fato –
fatto / tufo – tuffo).

33
Linguistica Generale

Esistono lingue in cui il contrasto riguarda le vocali - iː/ɪ uː/ʊ oː/ɔ eː/ɛ

 [bɪt] bit – [biːt] beat


 [fʊl] full – [fuːl] fool
 [mʊs] Mus – [muːs] muss
 [bɔt] bot – [boːt] boot
 [bɛt] bed – [beːt] beet
 /eː/ > /e/ tēla(m) - /ˈtela/ latino – italiano
 /e/ > /ɛ/ sěpte(m) - /ˈsɛtte/ latino – italiano
 /oː/ > /o/ vōce(m) - /ˈvotʃe/ latino – italiano
 /o/ >/ɔ/ ǒcto – /ˈɔtto/ latino – italiano

Esiste una differenza di lunghezza vocalica in italiano? In italiano la lunghezza delle vocali non è
contrastiva, ma dipende dal contesto accentuale e sillabico (= condizioni di accento e di forma
della sillaba). Nella sillaba aperta accentata la vocale si allunga – se la sillaba è lunga non si allunga.

Sillaba aperta: …V- [fa] Sillaba chiusa: …VC-


[fat]

ca.ne [ˈkaːne] – can.ne [ˈkanne] fa.to [ˈfaːto] – fat.to [ˈfatto] ma.no [ˈmaːno] – man.to [ˈmanto]

La durata è una nozione del livello fonetico, indica una grandezza assoluta, quantificabile in
millisecondi, estremamente variabile.

La lunghezza è una nozione del livello fonologico, indica una proprietà relazionale (si esprime solo
nel rapporto e nella differenza tra segmenti). Le distinzioni di lunghezza in una lingua possono
riguardare le vocali o le consonanti (o entrambe). L’italiano distingue la lunghezza delle consonanti
intervocaliche in modo contrastivo. In italiano la lunghezza delle vocali non è contrastiva, ma
dipende dal contesto accentuale e sillabico. Le vocali si allungano nelle sillabe aperte accentate.

Altra caratteristica soprasegmentale è l’accento – è una caratteristica complessa che dipende da


vari settori. Con accento “grafico” s’intende quel segno che mettiamo sulle vocali e nella scrittura
si usa solamente per indicare il fatto che la vocale accentata è la vocale finale della parola. Si
chiama “acuto” il seguente accento = á, é, í, ó, ú. Si chiama “grave” il seguente accento = à, è , ì, ò ,
ù.

L’accento grafico è utilizzato nella scrittura non fonetica per segnalare caratteristiche di vario tipo,
o per contrassegnare alcune parole. Nell’ortografia italiana è utilizzato per: segnalare l’accento
fonologico sulla sillaba finale (parti/partì), distinguere alcune parole (e/è – da/dà).

L’accento è una cosa che caratterizza il parlato/la forma sonora delle lingue e consiste nel fatto che
una certa sillaba è più prominente alle altre di una data parola. La prominenza è un concetto
relazionale e non intrinseca ai singoli segmenti, cioè indipendente dal loro contenuto fonetico.
L’accento è prodotto da:

 Maggiore durata – i suoni sono più lunghi


 Maggiore ampiezza dell’onda sonora (volume) – la sillaba accentata è pronunciata con una
certa forza articolatoria in più
34
Linguistica Generale

 Maggiore altezza tonale (frequenza di vibrazione glottidale)

Nell’italiano il fattore prevalente è la durata.

L’accento “musicale”, il caso del giapponese – l’altezza della voce solitamente cresce quando viene
pronunciata la mora accentata, per poi abbassarsi nelle more successive.

Funzione distintiva dell’accento – áncora/ancóra párti/partí cápito/capíto/capitó

L’accento in tutte le lingue è una caratteristica che ha una funzione ritmica = il flusso sonoro è
tendenzialmente ritmato; tutte le lingue tendono a costruire gli enunciati fonologici alternando
sillabe accentate con sillabe non accentate. L’alternanza perfetta è quella accentata-non accentata
(forte-debole-forte-debole).

L’accento secondario si inserisce per evitare che ci siano due o più sillabe senza accento in
sequenza = IPA /ˈparti/ /parˈti/ /ˌpartiˈdʒano/. L’accento secondario è un accento non obbligatorio
e generalmente è meno forte dell’accento primario. L’accento secondario in IPA si segna con il
seguente simbolo ˌ e si segna all’inizio della sillaba accentata. A volte si usa l’accento grave per
indicare l’accento secondario.

LEZIONE 17

L’ultima delle caratteristiche soprasegmentali è l’altezza tonale = è una caratteristica del parlato
che dipende dall’attività delle corde vocali. L’altezza tonale è direttamente correlata alla frequenza
di vibrazione delle corde vocali.

Funzioni linguistiche delle corde vocali:

1. Sono degli articolatori che determinano una restrizione o occlusione del passaggio
dell’aria: [ʔ]= occlusiva glottidale / [h]= fricativa glottidale
2. Attraverso il meccanismo laringeo, cioè la vibrazione, producono un’onda sonora periodica
che: è la sostanza acustica di cui sono costituite le vocali, è un ingrediente importante delle
consonanti sonoranti e nelle consonanti ostruenti è la proprietà che caratterizza le
consonanti sonore differenziandole dalle consonanti sorde.

↑ Tutto questo riguarda il livello segmentale ↑

L’aspetto complessivo soprasegmentale degli enunciati è determinato dalla vibrazione glottidale.


Ciascun parlante è in grado di variare la frequenza di vibrazione glottidale, all’interno
dell’intervallo di frequenze, e quindi di altezze, rese possibili dalle caratteristiche anatomiche e
fisiologiche di ciascuno.

Nel linguaggio, la modulazione dell’altezza dei suoni è usata per determinare contrasti, cioè per
distinguere una parola da un’altra, e quindi per portare significati. I contrasti dovuti all’altezza
tonale sono ovviamente realizzati in quei suoni in cui la vibrazione delle corde vocali è un
ingrediente importanti, e quindi:

 Nelle vocali, in primo luogo

35
Linguistica Generale

 Nelle consonanti sonoranti, in misura minore

La vibrazione glottidale presente nelle consonanti ostruenti sonore non ha alcuna rilevanza per
quanto riguarda i contrasti di altezza tonale.

In che cosa consiste questa fenomenologia della variazione di altezza tonale? In che modo l’altezza
tonale porta differenze di significato?

1. Segnalando la sillaba accentata rispetto alle sillabe atone all’interno della parola. L’altezza
è infatti uno dei tre fattori che determina la prominenza accentuale. Nelle lingue con
accento musicale (= giapponese), l’altezza è il fattore principale.
2. In altre lingue, l’altezza tonale è un elemento che si aggiunge alla funzione contrastiva
svolta dai segmenti. In queste lingue, una parola si differenzia da un’altra per effetto di –
un contrasto vocalico (in italiano, palo/pelo) o un contrasto consonantico (in italiano,
karo/kapo) o un contrasto tonale per cui una stessa sequenza di segmenti associata a un
tono diverso corrisponde a una parola diversa (= si chiamano lingue tonali).

I toni – nelle lingue tonali, una sillaba può essere realizzata con diversi gradi di altezza (toni). Le
differenze di altezza sono caratteristiche lessicali, ed hanno valore distintivo: una stessa sequenza
di segmenti, ad esempio una sillaba, associata a toni diversi forma parole diverse. Alcune lingue
tonali hanno sistemi semplici, in cui contrastano due toni, ad esempio alto – basso. Altre lingue
hanno sistemi più complessi, con più toni e toni modulati, “a contorno”.

L’intonazione (terza caratteristica determinata dalla vibrazione glottidale) – la modulazione


dell’altezza tonale è una caratteristica generale del parlato in tutte le lingue. Ogni enunciato si

36
Linguistica Generale

presenta con un profilo musicale, dato dal susseguirsi di toni più alti e più bassi. l’intonazione
contribuisce all’espressione di significati dell’enunciato. In certi casi, svolge un vero e proprio ruolo
contrastivo. Il caso più tipico è la differenziazione tra frasi dichiarative e frasi interrogative (= a
livello sintattico). L’intonazione è cruciale in lingue come l’italiano, in cui la differenza tra i due tipi
di frase non è espressa attraverso strumenti sintattici.

Esempio di frasi interrogative: esce? (= l’altezza cresce andando verso la fine dell’enunciato) ≠ esce
(= l’andamento è più piatto e basso).

Attraverso l’intonazione si segnalano le parti più importanti, significative dell’enunciato dal punto
di vista del suo significato e dell’informazione che l’enunciato porta e dal punto di vista
comunicativo. L’intonazione può assumere un ruolo grammaticale importanti in quelle lingue –
come l’italiano – in cui la frase interrogativa non è differenziata, attraverso strumenti lessicali o
sintattici, dalla frase dichiarativa.
LEZIONE 18
Fenomeni fonologici – come e perché i suoni cambiano quando entrano a far parte del flusso
fonetico/come e perché la forma sonora delle parole può cambiare. Che cos’è di preciso la forma
sonora di una parola?
Le unità = singole parole sono costituite da un insieme di informazioni che assomigliano alle voci
dei vocabolari scritti. Ogni unità – che il parlante riconosce come parola – è un pacchetto di
informazioni denominato rappresentazione lessicale (= è il modo in cui il parlante si rappresenta
mentalmente l’insieme di informazioni che costituiscono ciascuna parola). L’avverbio
“sistematicamente” = è formato dal significato (seguendo un sistema, un ordine, una serie di
principi rigorosi) e dall’informazione fonologica /sistematikaˈmente/ e ci sono anche informazioni
a livello morfologico = avverbio e sulla sua struttura interna [SISTEMA + atika] + mente.
Cosa c’entra la rappresentazione lessicale con il cambiamento fonologico? A noi interessa un
punto preciso del “pacchetto di informazioni” = forma fonologica. Per parlare di cambiamento
fonologico bisogna partire dalla forma fonologica/fonemica della parola.
Il cambiamento fonologico consiste nel fatto che in certe circostanze/condizioni per certe cause, la
forma fonologica di una parola può cambiare = cambia un suono o più di uno (= si trasforma in un
suono in parte diverso). La forma fonologica lessicale è la forma in “entrata”, è l’input – la forma
fonologica lessicale può subire vari cambiamenti (= riguardano i segmenti o il ritmo della parola) e
ci possono essere degli inserimenti di accenti secondari o l’applicazione di fenomeni segmentali –
l’uscita viene chiamata forma fonetica post lessicale, output = i cambiamenti applicati sono tali
che non intaccano l’identità di una parola che però ha una forma fonetica diversa.
Esempio – fiorentino:
 forma fonologica lessicale /sistematikaˈmente/ - subisce un cambiamento perché
l’occlusiva velare cambia suono e diventa una fricativa.
 forma fonetica post lessicale [ˌsisteˌmatihaˈmente] - forma in cui ci sono due accenti
secondari e cambia la realizzazione fonetica dell’occlusiva velare iniziale.
Il cambiamento fonologico – i diversi suoni subiscono cambiamenti diversi, in base alle loro
caratteristiche. I suoni subiscono determinati cambiamenti in determinati contesti (= l’ambiente in
37
Linguistica Generale

cui un suono si trova), cioè in adiacenza con altri suoni e in presenza o assenza di certe
caratteristiche soprasegmentali, ad esempio l’accento. Il cambiamento può essere causato
esclusivamente dal contesto fonologico (fenomeni fonologici puri). Il cambiamento può essere
anche legato a condizioni morfologiche o a singole parole (fenomeni fonologici con
condizionamento non fonologico).

Nei fenomeni fonologici “puri” = il cambiamento del suono è dovuto esclusivamente all’influenza
di segmenti adiacenti (assimilazione), al tipo di contesto (ad esempio la posizione intervocalica), a
fattori di tipo soprasegmentale (ad esempio la presenza o assenza di accento). Altro esempio può
essere la SPIRANTIZZAZIONE (fricativizzazione) nel fiorentino (“gorgia”) = termine usato per
descrivere questo fenomeno e significa che un certo suono (= consonante occlusiva) diventa
spirante (= sinonimo di fricativo). Il fenomeno della gorgia è un fenomeno puro – non ha
eccezioni.

Il simbolo ## indica che il suono si trova all’inizio dell’enunciato.


La spirantizzazione nel fiorentino = occlusiva sorda → fricativa sorda
 la /pa/alla → la [ɸ]alla in *[ɸ]alla
 la /k/oda → la [h]oda in *[h]oda
 di /t/utto → di [θ]utto in *[θ]utto

38
Linguistica Generale

Un altro fenomeno fonologico puro è la SONORIZZAZIONE nel romanesco – sonorizzazione non


completa = un’occlusiva sorda si sonorizza.
Spirantizzazione del fiorentino e sonorizzazione del romanesco sono fenomeni diversi anche se
hanno delle caratteristiche in comune = colpiscono la stessa classe naturale di suoni (= occlusive
sorde) e si presentano nello stesso contesto (= posizione intervocalica).

SPIRANTIZZAZIONE dello spagnolo, altro fenomeno fonologico puro – le occlusive sonore


vengono “colpite” e trasformate in fricative con lo stesso luogo di articolazione.

Da

occlusive sonore a fricative sonoro in posizione intervocalica ↑


L’ASSIMILAZIONE delle nasali preconsonantiche, altro fenomeno fonologico puro – sia all’interno
di parola e sia in contesto fonosintassi = il luogo di articolazione della nasale è determinato dal
luogo di articolazione della consonante che viene dopo la nasale. La nasale preconsonantica si
assimila per luogo di articolazione:
li[n]do i[n] tasca
a[m]bito i[m] piedi
a[ŋ]che i[ŋ] gola
i[ɱ]verno i[ɱ] faccia

cambiamento = assimilazione del luogo di articolazione in posizione preconsonantica


Finora abbiamo considerato i fenomeno fonologici puri = cambiamenti causati da fattori –
contestuali o articolatori – che rientrano nella sfera della fonologia.
Esistono anche fenomeni in cui il cambiamento fonologico ha una causa lessicale = si presenta
solo in specifiche parole (condizionamento lessicale). In alcune lingue, il cambiamento fonologico
può avere una causa morfologica = compare quando si applica una regola della morfologia (=
formazione del plurale dei nomi) = condizionamento morfologico.
Fenomeni fonologici con condizionamento non solo fonologico – si tratta di fenomeni fonologici
di un precedente stadio di una lingua, che hanno perso il carattere di fenomeni fonologici puri. Le
condizioni fonologiche non sono più sufficienti a innescare il processo di cambiamento del suono.
Il processo restringe la sua applicazione.
39
Linguistica Generale

La PALATIZZAZIONE delle occlusive velari (fenomeno considerato in diacronia – latino-italiano):


centum [k] cento [tʃ]
caelum [k] cielo [tʃ]
gentem [ɡ] gente [dʒ]
gelum [ɡ] gelo [dʒ]
Il processo che consente di passare da un’occlusiva a un’affricata si chiama palatizzazione. Avviene
quando l’occlusiva velare si trova davanti a una vocale palatale = quest’ultima fa sì che il gesto
articolatorio tende ad essere spostato nel cavo orale = palatizzazione.
La PALATIZZAZIONE delle occlusive velari (fenomeno fonologico puro in sincronia – greco
moderno):
καλός [kaˈlos] “bello” καὶ [ce] “e”
νικό [niˈko] “vinco” νίκη [ˈniciˈ] “vittoria”

La pronuncia dell’occlusiva cambia e diventa un’occlusiva palatale.


La palatizzazione delle occlusive velari in italiano:
elasti[k]o elasti[tʃ]i elasti[tʃ]ità
eti[k]o eti[tʃ]i eti[tʃ]ità
Non c’è una meccanismo di allofonia sistematica – a volte succede e altre volte no:
po[k]o po[k]i
Non siamo difronte a un fenomeno fonologico puro → la palatizzazione delle occlusive velari in
italiano è una regola fonologica con condizionamento morfologico. Una consonante occlusiva
velare diventa affricata post alveolare davanti a /i/ quando:
 /i/ è desinenza plurale di alcuni nomi, aggettivi, verbi
 /i/ fa parte del suffisso -ità
La palatizzazione delle occlusive velari in italiano è una regola fonologica con condizionamento
lessicale. Si può applicare in alcune parole del lessico e in altre no:
farmaco – farmaci baco – bachi
medico – medici arco – archi
leggo – leggi reco – rechi
Informazione fonologica nella rappresentazione lessicale – parola “farmaco”
 Segmenti /farmaco/
 Accento [sulla terzultima sillaba]
 Altre informazioni: ci sono due forme alternanti della radice - /farmak - / /farmatʃ - /
ˈfarmako - ˈfarmatʃi
farmakoloˈdʒia - farmaˈtʃista - farmaˈtʃɛwtiko
LEZIONE 19
Fenomeni segmentali – quale processo si applica? Quale tipo di cambiamento?
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Linguistica Generale

Fenomeni fonologico dovuti ad assimilazione – un suono si assimila a un suono adiacente, cioè


assume una o più caratteristiche di tale suono, diventando simile. La causa principale (ma non
l’unica) dell’assimilazione è la coarticolazione = nella pronuncia di parole ed enunciati, i movimenti
articolatori non hanno soluzione di continuità. Non c’è un momento preciso in cui finisce il gesto
articolatorio corrispondente a un segmento e inizia il gesto corrispondente al segmento
successivo. Nell’articolazione dei suoni in sequenza si creano dei momenti di sovrapposizione, in
cui si fondono caratteristiche di due segmenti adiacenti.
Un caso tipico di coarticolazione è quello delle vocali precedute o seguite da consonanti nasali:
esempio – k a n e = la coarticolazione consiste nel fatto che l’abbassamento del velo palatino per
produrre la nasalità inizia quando è ancora in corso l’articolazione della vocale [a] e il
sollevamento del velo finisce quando è già in corso l’articolazione della vocale [e]. Il risultato è che
la caratteristica di nasalità è anticipata, è realizzata già sulla vocale [a] e perdura sulla vocale [e].
Entrambe le vocali possono risultare nasalizzate. In questo caso, la coarticolazione produce un
effetto di nasalizzazione sulla vocale che precede e su quella che segue la nasale. In altri casi,
l’effetto della coarticolazione coinvolge solo due segmenti, e può essere dovuta ad anticipazione di
un gesto articolatorio oppure al prolungamento di esso.
La nasalizzazione delle vocali dovuta a adiacenza è un fenomeno che appartiene alla fisiologia
dell’articolazione, che riguarda esclusivamente la sfera fonetica:
 Varia individualmente, non è obbligatorio, i parlanti non ne hanno consapevolezza. Non è
rilevante a livello fonologico.
Con assimilazione ci si riferisce di solito a fenomeni sistematici, spesso riconoscibili, che
determinano alternanze tra allofoni (= un certo suono cambia quando si trova in un certo
contesto). L’assimilazione non è sempre dovuta alla coarticolazione.
Direzione dell’assimilazione – la caratteristica che si diffonde sta nel segmento che viene prima =
assimilazione progressiva o perseverativa (= due consonanti in sequenza = qualche caratteristica
della prima consonante passa alla seconda).
La caratteristica che si diffonde sta nel segmento che viene dopo = assimilazione regressiva o
anticipatoria (= una caratteristica del secondo suono passa al suono precedente).

L’assimilazione anticipatoria o regressiva; le nasali preconsonantiche in italiano – una consonante


nasale che si trova in posizione preconsonantica (= davanti a una consonante), questa nasale non
ha un proprio luogo di articolazione ma prende quello della consonante successiva.
L’assimilazione anticipatoria o regressiva; le fricative alveolari preconsonantiche in italiano – una
caratteristica del secondo suono che passa al primo. La caratteristica in questione è la sonorità. Se
la consonante che viene dopo la sibilante è sonora = la sibilante è sonora. Se la consonante è sorda
= la sibilante è sorda. [z]draio / di[z]guido / [z]velto / [s]trano / di[s]cordia
L’assimilazione perseverativa o progressiva; sonorità della -s (plurale/terza persona) in inglese –
quello che conta è la sonorità della consonante che precede la sibilante – sorda o sonora. Light[s] /
hand[z] / sock[s] /leg[z]

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Linguistica Generale

Entità dell’assimilazione; parziale (= è una caratteristica del suono che cambia e non l’intero
contenuto fonetico) o totale (latino – italiano / latino dialetti italiani):
septem – sette mundus – monno
octo – otto cal(i)dus – kallo / furnum – forru
In questi esempi cambia una caratteristica = luogo di articolazione – i due suoni coinvolti vengono
ad essere identici. Nei primi due casi, è il primo suono che prende caratteristiche del suono
successivo (= regressiva/anticipatoria). Nei tre successivi è il secondo suono che prende le
caratteristiche del suono precedente (= progressiva/perseverativa).
L’assimilazione a distanza – coinvolge segmenti che non sono adiacenti, perché sono separati da
segmenti frapposti. Nella maggior parte dei casi, i fenomeni di assimilazione a distanza
coinvolgono le vocali. Possiamo individuare due categorie = armonia vocalica e metafonia (= si
riferisce al tipo di lingua e al valore che il fenomeno ha all’interno di un sistema linguistico).
METAFONIA – fenomeno di assimilazione vocalica a distanza. Una certa vocale di una sillaba
influenze le caratteristiche delle altre o di una vocale. È un fenomeno diffuso nei dialetti italiani –
soprattutto meridionali e visibile anche in quelli del nord. È un fenomeno per cui una vocale finale
della parola influenza la vocale accentata della parola stessa. È determinata dalle vocale finali
“alte” e fa “alzare”/dittongare la vocale accentata:
 Dialetto di Stienta (Rovigo) – ˈme:s ˈmi:zi / nuˈo:d nuˈu:di / ˈtevat ˈtivdi / ˈno:f ˈnu:i / ˈvo:t
ˈvu:di. Una vocale e – o del maschile singolare in posizione finale cade, non si conserva.
Non cade quella del plurale la i c’è – questa provoca un cambiamento nella vocale
accentata (la e diventa i – la o diventa u).
 Dialetto di Antrodoco (Rieti) – non è solo la i finale ma anche la u che provocano
cambiamenti. [ˈʃposa - ˈʃpusu] [lenˈdzɔla - lenˈdzolu] [ˈpɛrtsika - ˈpertsiku] [kraˈpetta - kra
ˈpittu] [ˈkorro - ˈkurri]. Per ragioni di paradigma – maschile e femminile – la u finale e la i
cambiano la qualità della vocale accentata = la vocale medio-alta diventa alta e la vocale
medio-basso diventa medio-alta.
ARMONIA VOCALICA – nell’armonia del turco, la prima vocale della parola determina alcune
caratteristiche delle vocali contenute nei suffissi, attaccati alla fine della parola. La vocale della
radice influenza le vocali seguenti in due modi = diffondendo il tratto anteriore/posteriore e
diffondendo il tratto arrotondato/non arrotondato. Le radici – esempio – anteriori fanno diventare
il suffisso anteriore (= idem per gli altri tre).
Armonia del tratto anteriore/posteriore – il suffisso per formare il plurale prende la forma -lar se la
prima vocale è posteriore e prende la forma -ler se la prima vocale è anteriore. Il suffisso che
esprime “provenienza” prende la forma -dan se la prima vocale è posteriore e prende la forma -
den se la prima vocale è anteriore. La [a] del turco è una vocale posteriore. Esempi: ev – evler –
evlerden / yer – yerler – yerlerden / adam – adamlar – adamlardan / okul – okullar – okullardan.
Armonia del tratto arrotondato/non arrotondato – il suffisso di accusativo singolare è costituito da
una vocale alta, che si armonizza sia per il tratto anteriore/posteriore, sia per il tratto
arrotondato/non arrotondato. Può quindi prendere quattro diverse forme = anteriore arrotondata
[y], anteriore non arrotondata [i], posteriore arrotondata [u], posteriore non arrotondata [ɰ].

42
Linguistica Generale

/kol/ /kol-lar/ /kol-u/ - /kul/ /kul-lar/ /kul-u/ - /kɰz/ /kɰz-lar/ /kɰz-ɰ/ - /yel/ /yel-ler/ /yel-i/ -
/diʃ/ /diʃ-ler/ /diʃ-i/ - /gøl/ /gøl-ler/ /gøl-y/ - /gyl/ /gyl-ler/ /gyl-y/.
La dissimilazione – fenomeno che è l’inverso dell’assimilazione. È un fenomeno per cui due suoni
adiacenti o comunque vicini – uguali – uno dei due cambia per diventare diverso dall’altro. Solo
nel risultato è l’inverso dell’assimilazione. Latino – italiano = venenum-veleno / quaerere-
chiedere / arborem-albero / peregrinus-pellegrino.
Fenomeni di indebolimento consonantico – fenomeni che possono colpire vari tipi di consonanti
in vari tipi di contesti. Sono fenomeni di varia natura = sonorizzazione, apertura (= suono articolato
con un’ostruzione del passaggio dell’aria meno accentuata), vocalizzazione, cancellazione. Per
spiegare l’indebolimento bisogna far riferimento a un concetto = “scala di forza” segmentale – le
consonanti e le vocali possono essere messe in una “scala di forza” = dal più forte al meno forte.
Cosa s’intende con “forza segmentale”? Quantità di energia che è necessaria per articolare un
suono. Scala di forza = occlusiva > affricate > fricative > nasali > liquide > semivocali > vocali – la
forza è una proprietà correlata al grado di ostruzione o di restrizione del passaggio dell’aria.
Esistono casi di indebolimento consonantico connessi con l’accento = la presenza di accenti in
una certa sillaba tende a preservare la consonante dall’indebolimento – se nella sillaba non c’è
l’accento la consonante è più esposta all’indebolimento. Esempio dell’inglese – alternanza
occlusiva sorda aspirata/occlusiva = pipe / supper – tape / city – cup / sicken. Si osserva anche che
in alcune varietà, la consonante occlusiva alveolare che si trova in sillaba non accentata va
incontro ad ulteriore fenomeno di indebolimento = la /t/ viene lenita (italian / Italy = flapping o
spirantizzazione).
Fenomeni di rafforzamento consonantico – molto più raro. Passaggio da una fricativa a
un’affricata dopo sonorante – esempi dell’italiano regionale centro-meridionale = silenzio – in
[ts]ilenzio / sale – il [ts]ale / sapere – per [ts]apere. In altri dialetti vediamo il passaggio da
fricativa/approssimante a occlusiva (raddoppiamento) – napoletano = [ˈjeva] [nu ˈɟɟeva] [a ˈɣattɐ]
[e ɡˈɡattə]. Nel calabrese meridionale = [va ˈkanti] [ɛ bba ˈkanti].
Fenomeni di indebolimento vocalico o riduzione – l’indebolimento vocalico è generalmente
connesso con la mancanza/perdita di accento. La vocale tende ad andare verso i vertici del
triangolo (innalzamento/abbassamento). Le vocali che si trovano nei vertici o lungo i bordi del
triangolo tendono ad andare verso il centro (centralizzazione).
Fenomeni di inserimento, cancellazione, fusione e riposizionamento di segmenti – fenomeni
meno diffusi. I fenomeni di cancellazione – dal latino al latino volgare (cancellazione della C finale)
= bonum – bonu / vinum – vinu. Si osserva anche la degeminazione o scempiamento – dal latino
volgare al veneto = vacca – vaca / stuppa – stopa. Dal greco classico al greco moderno = alˈla - aˈla.
Dal latino volgare ai dialetti laziali = terra(m) – tera / errore(m) – erore. Fenomeno di elisione –
cancellazione di vocale atona finale davanti a vocale (questa opera = quest’opera / mettere
insieme = metter insieme). Fenomeno di sincope – cancellazione di vocale atona non finale
(frigidus = frigdus / morbida – morbda / Ferrara – Frara / chocol[ə]te – choc[]late). Fenomeni di
inserimento di consonanti, inserzione o epentesi – Israele-Isdraele / law and order- law[r] and
order. Raddoppiamento fonosintattico/fonologico – parlò [bb]ene. Raddoppiamento lessicale =
dove [vva]ai. Raddoppiamento morfologico – [a ˈfemməna] [e ˈffemmənə].

43
Linguistica Generale

Fenomeni di inserzione o epentesi vocalica – dal latino allo spagnolo = schola-escuela / stella-
estrella.
Fenomeni di dittongamento e monottongazione – il dittongamento è il fenomeno per cui una
vocale si scinde in due vocali / la monottongazione è il fenomeno inverso = si fa una sola vocale.
Dal latino al toscano (e poi italiano) = pede(m) – pjede / schola - skwɔla. Dall’inglese medio
all’inglese moderno = bite - baɪt. Fenomeno di monottongazione – dal latino all’italiano = causa(m)
- kɔsa / dal latino al latino volgare = leatum – letu(m).
Fenomeni di metatesi = un segmento che spesso è una vibrante si sposta = semper – sempre /
petra(m) – preta / fabru(m) – frabbo.
LEZIONE 20
Abbiamo finora considerato i segmenti come unità che si susseguono all’interno delle parole e
degli enunciati. Abbiamo esaminato la fonologia prendendo come unità di riferimento il segmento.
Il modo in cui i segmenti si dispongono nel flusso sonoro non è casuale, ma rispetta criteri precisi.
Il criterio fondamentale, valido universalmente, è che la sequenza ottimale corrisponde
all’alternanza perfetta = Consonante-Vocale (CV). Tutte le lingue ammettono forme fonologiche di
tipo CVCVCV.
CVCV non è l’unica sequenza possibile – molte lingue ammettono anche sequenze diverse, ma in
ogni lingua vigono criteri precisi, che si chiamano restrizioni fonotattiche (= fa riferimento
all’organizzazione in sequenza, richiama il concetto di sintassi). La fonosintassi/fonotassi è il
corrispettivo fonologico della sintassi = le regole che regolano le possibilità sequenziali dei suoni.
Nel rispetto delle restrizioni fonotattiche, la sequenza fondamentale CV, che si ripete per formare
gli enunciati, può assumere forme più complesse (CCV, CVC…). I suoni che si susseguono
nell’enunciato si raggruppano in sequenze fondamentali (CV e simili) che si chiamano sillabe.
I suoni negli enunciati si raggruppano in sillabe → esempio: non hanno dato l’autorizzazione per
entrare nell’edificio [non ˈanno ˈdato l ˌawtoriddzaˈtsjone per enˈtrare nell ediˈfitʃo]. Se volessi
dividere l’enunciato in sillabe = no.nan.no.da.to.law.to.rid.dza.tsjo.ne.pe.ren.tra.re.nel.le.di.fi.tʃo =
l’italiano è una di quelle lingue in cui la divisione in sillabe non necessariamente corrisponde alla
divisione in sillabe delle parole messe in sequenza.
All’interno degli enunciati, la sequenza delle sillabe è scandita dalla presenza degli accenti che
rendono prominenti alcune sillabe sulle altre. In base agli accenti, le parole e gli enunciati sono
divisi in gruppi di sillabe, detti piedi, che contengono una sillaba accentata e una o più sillabe
atone. I piedi determinano il ritmo del parlato.
La struttura fonologica, segmenti e soprasegmenti – pápapapápapápapapápa NB: invece che con
la notazione IPA, l’accento principale è indicato qui con il diacritico posto sopra la vocale – á =
accento principale. Sillabe = pá.pa.pa.pá.pa.pá.pa.pa.pá.pa / Piedi =
[pá.pa.pa].pá.pa.pá.pa.pa.pá.pa
Nei piedi va inserita la prima sillaba accentata e tutte le sillabe atone fino ad arrivare ad un’altra
sillaba accentata. Dopodiché si prosegue con il piede successivo = [pá.pa.pa].
[pá.pa].pá.pa.pa.pá.pa - [pá.pa.pa].[pá.pa].[pá.pa.pa].pá.pa - [pá.pa.pa].[pá.pa].[pá.pa.pa].[pá.pa].
Segmenti e soprasegmenti = tré ttʃtivétte sul komó
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Linguistica Generale

Sillabe = trét.tʃti.vét.te.sul.ko.mó
Piedi = [trét.tʃti.] [vét.te.] [sùl.ko.] [mó]
NB: invece che con la notazione IPA, l’accento
principale e l’accento secondario sono indicati qui
con i diacritici posti sopra la vocale – á = accento
principale / à = accento secondario
La sillaba – è un’entità rilevante che viene
utilizzata dai parlanti/ascoltatori per organizzare il
funzionamento della fonologia. È un’unità intuitiva
della fonologia:
 Competenza del parlante = conoscenze
inconsapevoli. La sillaba è un’entità
rilevante poiché qualunque parlante sa “istintivamente” dividere l’enunciato in sillabe. La
sillaba è una delle prime forme della vocalizzazione nell’acquisizione fonologica. Molte
espressioni utilizzate nel gioco infantile, cantilene e filastrocche, presentano una scansione
sillabica accentuata.
 Regole della grammatica (processi fonologici) = molti fenomeni fonologici che coinvolgono
dei segmenti sono sensibili alla posizione che il segmento occupa all’interno della sillaba.

Il concetto di scala di forza fa riferimento al fatto che i suoni delle lingue – i segmenti, consonanti e
vocali – possono essere disposte su una scala dal più forte al più debole. Le vocali sono i suoni
meno forti di tutti (= senza alcuna restrizione dell’aria) – le consonanti occlusive sono molto forti (=
forte restrizione).
Questo concetto, si può usare per descrivere la sillaba facendo riferimento al suo inverso = scala di
sonorità = il concetto di sonorità si può definire di “udibilità” intrinseca di un suono (= molto
udibile o poco udibile). Ci interessa l’udibilità intrinseca dei suoni = a parità di volume e di parità di
qualità della voce, i suoni non sono tutti ugualmente udibili. La sonorità di un suono è l’udibilità di
esso. Più un suono è articolato con forza, minore è la sua udibilità intrinseca.
I suoni che sono articolati con una restrizione più piccola e minore del passaggio dell’aria sono i
suoni che contengono la componente sonora che dipende dalla vibrazione glottidale = sono i suoni
che contengono onde sonore periodiche. I suoni linguistici che contengono onde sonore
periodiche sono molto udibili e sonori e sono le vocali. I suoni che non li contengono sono meno
udibili.
Scala di sonorità = vocali > semiconsonanti > liquide > nasali > fricative > affricate > occlusive

I PICCHI DI SONORITÀ
Le sillabe sono dei raggruppamenti di suoni che si creano intorno a un nucleo. Il nucleo della
sillaba è il punto massimo di sonorità – il picco.
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Linguistica Generale

Se si prende la parola “trasparenza” vediamo che: la prima consonante è un’occlusiva (livello 1), la
seconda è una vibrante (livello 5) e via dicendo… Notiamo che nella parola ci sono quattro picchi in
corrispondenza alle quattro vocali. Prima e dopo il picco la sonorità diminuisce. Il numero di picchi
corrisponde al numero di sillabe contenute.

Il profilo di sonorità – una sillaba come “tan” ha una sonorità che è ascendente dall’inizio della
sillaba verso il nucleo e poi discendente. Il profilo di sonorità è un principio che stabilisce in quali
casi una sequenza di suoni costituisce una sillaba e in quali no. “tan” e “tra” sono sillabe possibili
poiché nella prima c’è un profilo ascendente e discendente e nella seconda discendente. Una
sequenza di suoni come “nta” e “rta” non sono sillabe possibili e un parlante italiano lo sa
benissimo – c’è un profilo di sonorità discendente e poi ascendente = sbagliato.
La sillaba ottimale CV – anche se le lingue variano non ne esiste una in cui CV non sia possibile =
tutte le lingue del mondo hanno parole con sillabe CV. La sillaba CV è la prima struttura fonologica
che i bambini imparano. Anche nei casi di perdita della capacità fonologica i pazienti hanno
problemi con le strutture sillabiche ma la struttura sillabica che è più facilmente preservata è CV.
CV è la sillaba più “robusta” di tutte. Questo ha a che fare con il fatto che le consonanti e le vocali
sono i segmenti diversi – una sillaba CV consiste in un’alternanza perfetta.
Esempio: pa.ka.ta – dove ci sono le vocali troviamo il punto massimo di sonorità e contengono una
sonorità minore nella parte che precede le vocali. Nella terminologia si chiama “nucleo sillabico”
la vocale (massima sonorità) e si chiama “incipit” l’inizio della sillaba, parte consonantica di
sonorità minore. Il nucleo sillabico è generalmente “occupato” da una vocale ma può esserlo
anche da un suono non propriamente vocalico ma consonantico (= consonanti liquide/laterali e le
vibranti).
Alcune lingue ammettono anche una consonante dopo il nucleo (CVr kor.ˈpet.to) – la consonante
dopo il nucleo si chiama “coda”. La coda può essere o il primo elemento di una consonante
geminata (doppia) o alcune consonanti in particolare come = vibranti, nasali (CVn po.ˈtɛn.te),
liquide (ˈtal.ko), semivocali (CVj,w ˈbaj.ta ˈkaw.to).
Alcune lingue ammettono una seconda consonante nell’incipit – CrV(C) ˈtra.ma / troŋ.ˈko.ne.
ClV(C) im.ˈplu.me / ˈklaw.djo. CjV(C) ˈfja.to / ˈfjaŋ.ko. CwV(C) ˈwkɔ.ko / ˈɡwan.to.
Alcune lingue ammettono la possibilità di un incipit vuoto – V(C) a.ˈmo.re / ˈaŋ.ko.ra
Principio dell’incipit massimo – determina la divisione delle parole e degli enunciati in sillabe. è il
secondo principio – il primo era quello di sonorità – l’incipit deve essere il più grande possibile. Se
ho una sequenza di segmenti e li devo sillabare – devo mettere nell’incipit tutto quello che l’incipit
tollera.
Esempio = a.ta / a.tra sono sillabe possibili. At.a / at.ra / atr.a viene violato il principio di incipit
massimo perché la seconda sillaba è priva di incipit.
Proprietà universali della sillaba:
 Tutte le sillabe contengono un nucleo
 Tutte le lingue hanno sillabe incipit-nucleo

46
Linguistica Generale

Proprietà variabili della sillaba:


 Non tutte le lingue ammettono
incipit doppio
 Non tutte le lingue ammettono le
code
 Non tutte le lingue ammettono
l’assenza di incipit

Proprietà variabili della sillaba; adattamenti di parole straniere in giapponese – paruko/parco,


forute/forte, areguro/allegro, teatoro/teatro, burasi/brush, birudingu/building,
dekorute/décolleté
LEZIONE 21
Come si rappresenta la struttura fonologica – la struttura interna della sillaba: rapporti fra incipit,
nucleo e coda.
Come si rappresenta la struttura fonologica; la rappresentazione non lineare (multilineare) – per
introdurre questo concetto bisogna riprendere il fenomeno della lunghezza segmentale = ci sono
lingue che hanno e creano dei contrasti tra parole (fato – fatto). Qual è la differenza tra /t/ e /tt/?
La qualità articolatoria acustica del suono è la stessa, il suono non è ripetuto due volte – la vera
differenza è la questione di lunghezza/durata – i segmenti corrispondono a unità di tempo
astratte, rappresentate da ‘x’. Un enunciato è fatto di “pezzetti di tempo” e tutti questi sono uguali
tra loro. Ogni enunciato contiene quindi una sequenza di ‘x’, chiamata asse temporale o scheletro.
All’asse temporale si affianca un altro livello di rappresentazione, quello in cui è specificato il
contenuto segmentale, la qualità dei segmenti, detto asse segmentale.
Forma fonologica: [ma]
Asse temporale: x x
Asse segmentale: m a

La rappresentazione non lineare; rappresentazione di segmenti lunghi:

La rappresentazione non lineare; rappresentazione


di toni e profili tonali: (H = tono alto)

47
Linguistica Generale

Nel secondo caso vediamo che una vocale è


associata a due toni = uno alto (high) e uno
basso (low).
La rappresentazione multilineare delle sillabe:
incipit – nucleo (CV)
(incipit) – nucleo – coda (CVC; VC)

Rapporti fra costituenti sillabici – il nucleo è


la testa della sillaba = è l’unica elemento
obbligatorio, e non c’è una sillaba se non c’è
un nucleo. Il nucleo legittima l’incipit e
legittima la coda = senza di lui non possono esistere.
Il rapporto fra nucleo e coda = il nucleo legittima la coda; è un rapporto stretto. La rima poetica = è
un’identità di suono fra due parole collocate alla fine dei versi, a partire dalla vocale accentata: a
partire dalla sillaba accentata escludendo l’incipit.
Il rapporto fra nucleo e coda – la quantità sillabica = in molte lingue il gruppo nucleo – (coda)
tende a mantenere una quantità di ‘x’ costante:
 Allungamento di compenso – turco: kah’ve / ka:’ve (caffè) – sev’mek / se:’mek (amare).
Anglosassone: niht / ni:t (notte).
In cosa consiste l’allungamento di compenso?
Noi abbiamo una prima sillaba sev e una seconda mek – la coda della prima sillaba si può
cancellare/cade e si rappresenta barrando la linea. Resta disponibile la posizione temporale che si
riassocia alla vocale precedente.

L’allungamento è osservato
sempre per la cancellazione
come conseguenza della
cancellazione di una consonante
nella coda – mai per la vocale
nell’incipit.
Un altro fenomeno che dimostra che nucleo e coda sono strettamente legati è uno specifico
fenomeno che riguarda la regola di assegnazione dell’accento = dove questo cade all’interno delle
48
Linguistica Generale

parole. In molte lingue il gruppo nucleo – (coda) di una determinata sillaba (spesso l’ultima o la
penultima) se pesante (= x x) tende ad “attrarre” l’accento: latino = ‘kon.fi.cit / kon. ‘fe:.cit / kon.
‘fek.tus
Il peso ha a che fare con il numero di ‘x’ – non contenute nell’intera penultima sillaba ma nella
rima della penultima sillaba. Dal punto di vista quantitativo, l’incipit non conta, non ha peso.
Il nucleo e la coda sono “solidali” e formano un gruppo (= costituente) all’interno della sillaba,
detto rima. Sillaba

Incipit Rima

Nucleo Coda

Il rapporto fra nucleo e coda; la rima (limiti alla quantità della rima – o peso sillabico):

La rima della sillaba accentata


deve essere pesante: la vocale
tonica in sillaba aperta si allunga (la sillaba aperta è quella che non contiene una coda – la sillaba
chiusa, al contrario, ha la coda).
Rapporti fra costituenti sillabici appartenenti a sillabe diverse = coda di una sillaba e incipit della
sillaba successiva. C’è un rapporto molto stretto in cui è l’incipit che legittima la coda =
quest’ultima non può esistere senza l’incipit. L’incipit massimo = se tra due nuclei vocalici c’è del
materiale consonantico, uno o più segmenti consonantici – tutto quello che può costituire un
incipit ben fatto, va nell’incipit. (a.la / al.ta / *al.a). Effetti qualitativi = la consonante nell’incipit
può influenzare la qualità della consonante nella coda precedente (cfr. assimilazione nasali np >
mp; consonanti geminate). La coda può contenere solo un sottoinsieme delle consonanti
contenute nell’incipit (cfr. code possibili in italiano = nasali, laterale, vibrante, fricative).
La rappresentazione della struttura sillabica – le consonanti geminate = esempio: cassetto

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Linguistica Generale

I gruppi “s C” (s + consonante) sono gruppi che


sono come “n C” (nasale + consonante) –
distribuiti tra la coda e l’incipit della sillaba
successiva.

I gruppi “s C” a inizio di parola:

#spazio lo spazio
LEZIONE 22
I costituenti accentuali, come rappresentare il ruolo dell’accento nella struttura fonologica: il
piede – quest’ultimo è un costituente fonologico che dipende dall’accento.
L’accento può essere primario (principale) o secondario – il primo è quello obbligatorio, il secondo
non è previsto nella forma lessicale delle parole. L’accento secondario non è una caratteristica
lessicale e gli stessi parlanti non hanno la consapevolezza che questo esista – è una caratteristica
post-lessicale e serve a garantire un ritmo metrico, accentuale “buono” e che assomigli il più
possibile a un’alternanza perfetta tra sillabe forti e deboli (= accentate e non).
Ìmprobábile = ha cinque sillabe e la sillaba accentata è la terzultima – prima della sillaba accentata
ci sono due sillabe atone – l’accento sulla i è secondario e non è obbligatorio. Gli accenti secondari
si trovano sempre a sinistra rispetto agli accenti primari = l’accento primario è l’ultimo che si trova
nella parola.

Questi accenti creano dei gruppi = ogni accento forma un gruppo costituito dalla sillaba accentata
e da quelle non accentate fino ad arrivare alla sillaba accentata successiva. L’enunciato viene ad
essere suddiviso in “pezzetti” = piedi metrici o piedi. La parola “piede” deriva dalla terminologia

50
Linguistica Generale

della metrica poetica ed indica un costituente che forma la struttura fonologica dell’enunciato e si
costruisce attorno all’accento = contiene una sillaba accentata e un numero di sillabe atone.
L’italiano ammette sia piedi di due sillabe sia piedi trisillabici.
La sillaba accentata – la testa – può essere o all’inizio del piede (sul confine sinistro, caso
dell’italiano) o alla fine del piede (sul confine destro). L’italiano può avere un primo piede binario
con la testa a sinistra, un piede di tre sillabe e non ha piedi di quattro sillabe (= poiché è
reinterpretato come due piedi di due sillabe). La testa di un piede può corrispondere a un accento
primario o a un accento secondario.
Alcuni esempi di piedi dell’italiano:
Piede binario nella parola “píno”/
“topíno” o ternario nella parola
“útile”/ “inútile”.
Piede costituito da una sola sillaba
accentata in “portó”.
Le sillabe precedenti restano fuori dal
piede e non possono essere
accentate altrimenti si creerebbe uno scontro accentuale.
Nelle ultima quattro parole vediamo più piedi – un piede primario si trova sempre a destra.
Esiste una rappresentazione
alternativa a questa che
utilizza parantesi quadre,
ovvero la rappresentazione
ad albero = stesso tipo di
quella con cui abbiamo
rappresentato la struttura
delle sillabe. Nella
rappresentazione ad albero =
il costituente è indicato da un
nodo da cui discendono
alcuni rami = un ramo se il piede ha una sola sillaba / due rami se ha due sillabe / tre se ha tre
sillabe. La testa del piede è la sillaba che si trova allineata con il nodo tramite una linea verticale.
La testa viene indicata dal fatto che è la sillaba che si trova sotto la linea di associazione verticale
anziché obliqua. Dal punto di vista della rappresentazione ad albero, notiamo che estensione e
prominenza del costituente piede sono rappresentate in questo
modo = quando ci sono più piedi, si susseguono due o più
rappresentazioni ad albero che indicano la struttura dell’albero.

È sempre vero per l’italiano che il piede più forte (= porta l’accento
della parola) è sempre quello più a destra.

51
Linguistica Generale

Analisi fonologica – individuare le alternanze tra coppie (o gruppi) di segmenti, metterle in


relazione al contesto e stabilire se i suoni che alternano sono fonemi o allofoni, individuare la
regola alla base dell’allofonia.
Che cos’è il contesto? Concetto fondamentale nell’analisi fonologica, è la situazione in cui un certo
segmento si trova. Quali sono i fattori che determinano il contesto?
 Il contesto segmentale (quali segmenti precedono e/o seguono un dato segmento)
 La struttura sillabica (a quale parte della sillaba appartiene un dato segmento)
 La differenza fra sillabe accentate e sillabe atone
 La posizione nella parola (a inizio, a fine o nel corpo di parola)
Analisi fonologica = distinguere i fonemi dagli allofoni. Il concetto di fonema concepisce il suono
come il segmento nella sua funzione distintiva. Il fono è la realizzazione fisica del fonema (=
concetto concreto del suono) ed è la forma che il fonema assume nell’enunciato. Data la loro
capacità distintiva, due suoni che in una data lingua sono fonemi possono produrre coppie minime
(pale / pare).
L’allofonia è la situazione in cui un fonema viene realizzato da due o più foni, che sono selezionati
in base al contesto (fiorentino = parte / tipo – ##[p]arte ti[ф]o). I suoni p e ф sono in distribuzione
complementare e quindi non producono mai contrasti tra parole. Non hanno potere distintivo,
quindi non sono fonemi ma allofoni – allofonia: /p/ → [p]; [ф]
Esempio – una lingua inventata: osservando la distribuzione, cioè il contesto in cui compaiono,
possiamo stabilire se [k] e [ɡ] sono fonemi o allofoni di uno stesso fonema.
Si definisce il contesto:

#____iniziale di ____# finale di ____C V____V


parola parola preconsonantico intervocalico
[k] X X X
[ɡ] X

k e ɡ sono in distribuzione complementare e pertanto sono allofoni dello stesso fonema:


/k/ → [k]; [ɡ]
Dato che k è l’allofono che compare in tutti i contesti tranne uno possiamo stabilire che: /k/
diventa [ɡ] in posizione intervocalica.
Definire la regola fonologica, cioè individuare il fenomeno fonologico che collega tra loro gli
allofoni: il passaggio /k/ → [ɡ] è un caso di sonorizzazione, che fa parte dei fenomeni di
indebolimento. Come spesso accade, anche in questo caso l’indebolimento si presenta in
posizione intervocalica – regola fonologica: k → ɡ / V____V = V k V → V ɡ V

52
Linguistica Generale

LEZIONE 23
Il lessico – occorre fare una precisazione di natura terminologica, la parola “lessico” indica il
magazzino delle parole, la lista memorizzata di parole.
Si parla di lessico per riferirsi al lessico mentale (= vocabolario mentale) oppure ci si può riferire al
lessico “materiale” = raccolte le parole = vocabolario.
 Il lessico mentale è costruito attraverso l’acquisizione naturale, spontanea e
inconsapevole. È una conoscenza mentale interna alla mente del parlante. È di dimensioni
variabili.
 Il lessico materiale è costruito dai lessicografi = studiosi che si occupano di questo. È un
oggetto concreto esterno alla mente del parlante. Idealmente, contiene tutte le parole
usate in una lingua.
Il lessico è la lista delle parole con cui gli altri tre moduli della grammatica interagiscono =
fonologia, sintassi e semantica.
Flessione = corrisponde alla “coniugazione”, in linguistica si usa questo termine per indicare il
processo per cui certe parole della lingua cambiano forma per accordarsi alle altre parole presenti
nella frase.
Rispetto ad altri componenti della grammatica, il lessico presenta delle caratteristiche particolari =
utilizza memoria a lungo termine (la conoscenza delle parole nella mente è stabile), è un insieme
aperto (possono entrare sempre delle nuove unità), in qualche misura varia tra i parlanti (c’è una
base lessicale comune a tutti e altre basi no = per via delle ampiezze di conoscenza).
I significati di “parola” – è un concetto istintivo, tutti sappiamo cos’è una parola (= riferito a tutte
le persone con un minimo di scolarizzazione). È un termine che ha un significato molto ricco e
presenta elementi di ambiguità. In linguistica si utilizzano termini diversi per indicare i vari
significati di “parola”:
 Lessema – senso più astratto del termine, è l’unità del lessico/lessicale. Può comparire o in
una sola forma o in forme diverse → forme flesse (= singolare e plurale del lessema) e
forme contestuali.
 Forma di citazione – si usa quando si vuole far riferimento a un verbo – non fa parte della
grammatica.
 Lemma – è l’unità del vocabolario materiale/cartaceo/elettronico – è la “voce” del
vocabolario, il modo in cui ci si riferisce a un lessema. C’è una corrispondenza abbastanza
forte tra il lessema e il lemma – il primo fa riferimento a un’entità della grammatica, il
secondo all’unità dei vocabolari materiali.

Forme flesse = forme di un lessema prodotte dalla flessione (= parlo/parliamo, bella/belli).


Forme contestuali = forme di un lessema selezionate in base al contesto fonologico (= un/uno, un
treno/uno spazio).
53
Linguistica Generale

Nella rappresentazione lessicale viene


indicato:
il significato, la forma fonologica, la
categoria morfosintattica, la classe di
flessione, la flessione non regolare e la
sintassi. Nel caso di un nome bisogna
indicare anche il genere e la struttura interna.
Il lessico è una lista strutturata = i parlanti cercano e costruiscono una struttura quando
inseriscono nuove voci nel lessico. Nel lessico le parole formano delle reti = servono al
funzionamento del lessico, utili ai processi che gli individui mettono in atto quando
parlano/ascoltano. Ci sono reti di significato:
 Campi semantici = insieme di parole che sono accumunate da proprietà del significato
(pentola, fornelli, tagliere, coltello).
 Sinonimia = parole che hanno lo stesso significato (dono/regalo) – la sinonimia perfetta
non è molto diffusa nelle lingue.
 Opposizione/antonimia = vero/falso
 Gerarchia = animale > mammifero > gatto (iperonimia/iponimia).
Esistono reti che non hanno a che fare con il significato e sono dette reti morfologiche:
 Derivazione = i parlanti sanno che il verbo “scrivere” è connesso ai termini scrittura,
scrittore, scrivano.
Definizione di parola → da un punto di vista obiettivo, non c’è a livello fonetico/fonologico un
qualcosa che contrassegna una sequenza di suoni/segmenti come una parola. Non esiste nessuna
caratteristica fonetica che corrisponda a una divisione tra parole. L’accento può avere una
funzione che parzialmente va in questa direzione = funzione demarcativa dell’accento.
La concezione della parola come una “unità di significato” ha un valore intuitivo, ma non può
servire per una definizione di validità generale:
 In italiano – scappare / tagliare la corda = valore idiomatico (tagliare la corda significa
scappare). L’esistenza di espressioni idiomatiche evidenzia che il concetto di unità di
significato non è correlabile a quello di parola.
 In italiano = andrete / in inglese = you will go (l’italiano lo realizza con una parola e l’inglese
con tre, i significati sono distribuiti in maniera diversa).
 In yupik = angyaghllangyugtuq / in italiano = lui vuole comprare una grande barca.
In quale caso una sequenza di suoni corrisponde a una parola? Utilizzando due criteri
distribuzionali:
1. ININTERROMPIBILITÀ – la parola è una sequenza di segmenti non interrompibile. Se ho
un’espressione come “questo studente”, io posso interrompere quest’espressione

54
Linguistica Generale

inserendo del materiale = “questo ottimo studente”. La parola “tagliaerba”, fatta di due
parole ma che risulta esserne solo una, non può essere interrotta.
2. MOBILITÀ – la parola ha la caratteristica che, almeno in una certa misura, si può
“muovere” nella frase = occupare posizioni diverse – “spesso leggo il giornale/leggo spesso
il giornale/leggo il giornale spesso”. In una parola come “letterariamente” (formata da tre,
letter-aria-mente) non posso muovere un pezzo e metterlo fuori posto.
Le parole non sono tutte dello stesso tipo = appartengono a gruppi diversi → classi di parole o
categorie o “parti del discorso”. Utilizziamo il termine categoria = classe di entità linguistiche di
varia natura con determinate proprietà comuni. Il “nome” è una categoria = tutte le parole che
appartengono a una data categoria presentano caratteristiche comuni. In italiano i “nomi” sono
flessi, spesso sono preceduti da un articolo, sono modificati da un aggettivo. Una
categoria è definita con la relazione “È UN” (= gatto È UN nome).
Le “parti del discorso”, la classificazione scolastica:
1. Nome
2. Verbo
3. Aggettivo VARIABILI
4. Articolo
5. Pronome
6. Avverbio
7. Preposizione INVARIABILI
8. Coniugazione
Proprietà combinatorie delle parole – “la questione è interessante/la ragazza è
interessante/Mattia è interessante/lei è interessante” = sono tutte parole interscambiabili, posso
toglierne una e metterne un’altra. Il nome e il pronome si comportano allo stesso modo, hanno la
stessa distribuzione, sono interscambiabili e quindi fanno parte della stessa categoria nome.
L’aggettivo appartiene a una categoria diversa e si comporta in modo diverso.
“il signore è simpatico/questo signore è simpatico” = “il” e “questo” sono interscambiabili, e non
possono comparire insieme (il questo…) poiché fanno parte della stessa categoria. “questo” e
“giovanile” hanno una distribuzione diversa, appartengono a categorie diverse: il/questo =
determinante / giovanile = aggettivo.
CATEGORIE IN LINGUISTICA:
 Nome – ragazzo, Mattia, lui, me, io, lo…
 Verbo – mangiare, correre…
 Ausiliare – ho, sono, posso, devo…
 Aggettivo – grande, importante…
 Determinante – il, un, questo, quello, poco, tanto, tre…
 Avverbio – spesso, tranquillamente…
 Preposizione – di, per, davanti, sopra…
 Congiunzione – che, se, perché…
LEZIONE 24

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Linguistica Generale

Differenza tra categorie lessicale e grammaticali/funzionali. Gli elementi (parole o sotto parti di
parole) che appartengono all’uno o all’altro tipo di differenziano perché:
1. le categorie lessicali hanno un significato “pieno” che fa riferimento a entità e concetti
esterni al linguaggio e formano un insieme aperto, in cui si possono inserire nuove unità.
2. Le categorie grammaticali o funzionali hanno un significato “vuoto” che porta informazioni
di tipo grammaticale che servono al funzionamento della frase e formano un insieme
chiuso e predefinito nella grammatica di una lingua.
Parole lessicali = nome, verbo, aggettivo, avverbio, preposizione (significato “pieno”)
Parole grammaticali o funzionali = determinante (articoli + dimostrativi), ausiliare, congiunzione
(significato “vuoto”)
La distinzione tra categorie lessicale e funzionali non riguarda solo le parole ma si estende anche
alle sotto parti delle parole.
Struttura interna delle parole – in italiano, le parole possono essere ulteriormente segmentabili e
si può osservare facendo un’operazione di sostituzione/commutazione: ragion-e, ragion-are,
ragion-evole – è una sequenza di suoni che corrisponde a uno stesso significato. Facendo ciò;
isolando una parte, individuo altri tre “pezzi” (e, are, evole) = ciascuno di questi “pezzi” può
ricorrere in parole diverse (ragion-evole, onor-evole, pesant-ezza, bell-ezza…).
Se si va a vedere più in dettaglio, vediamo che in realtà queste parole non hanno una sola forma =
singolare e plurale (colp-a, colp-e, bellezz-a, bellezz-e). Ci troviamo nell’ambito di morfemi
funzionali e grammaticali.
Ciascuno degli elementi che compongono le parole è un = segno linguistico minimo (un’unità
lessicale dotata di significato e di significante) = morfema (= sotto parte delle parole). Perché è una
segno linguistico minimo? Il morfema è il segno linguistico più piccolo.
Le parole sono scomponibili in morfemi, parti che si ripresentano in diversi contesti, mantenendo
inalterato il proprio significante e il proprio significato. I morfemi non sono scomponibili
ulteriormente in sotto parti dotate di un significato = i fonemi non sono essi stessi dotati di un
significato, ma portano significato indirettamente, creando contrasti lessicali.
Una stessa sequenza di fonemi non corrisponde necessariamente a un morfema: pian-ista (ista è
un morfema che ha un suo significato; può essere suddiviso in morfemi = -ist-a e possono creare il
plurale = pian-isti). Non è detto che una certa sequenza di fonemi corrisponda a un morfema = p-
ista (-ista non corrisponde a nulla).
Una stessa sequenza di fonemi non corrisponde necessariamente a uno stesso morfema = in-
cartare (il morfema -in porta il significato di “dentro”) ≠ in-decente (il morfema -in porta il
significato di “non”). Ci troviamo davanti a un caso omonimia/omofonia di due morfemi = due
significati diversi. Allo stesso modo il morfema bar ≠ bar-a (due significati completamente diversi).
Vale anche per i morfemi ved-e ≠ cas-e (la -e nei due casi è diversa).
Le parole polimorfemiche sono fatte di morfemi “legati” = morfemi che non stanno da soli ma
uniti a uno o più morfemi.

56
Linguistica Generale

Le parole monomorfemiche corrispondono a un morfema “libero” = il morfema costituisce esso


stesso una parole e sta da solo. (il, che, per, bar, blu, virtù…) – generalmente le parole che
appartengono a categorie soggette a flessione sono polimorfemiche, ma ci sono dei nomi e degli
aggettivi che fanno eccezione.

 Morfemi lessicali = fanno parte di lessemi lessicali (bell-, respir-, ner- corrispondono a
quella parte che porta il significato pieno = lessicale)
 Morfemi grammaticali/funzionali = dobbiamo distinguere i morfemi flessivi (informazioni
relative alla flessione = singolare, maschile, femminile, plurale) e i morfemi derivazionali
(bell-ezza / respir-azione / anneri-mento). Qual è la differenza tra i due? I flessivi sono
morfemi grammaticali purissimi e fanno parte di un insieme chiuso e piccolo / i
derivazionali sono morfemi che portano un significato che non è lessicale ma contribuisce
al significato lessicale della parola.
I morfemi flessivi portano un significato puramente grammaticale; cambiano la forma del lessema
ma non producono un lessema diverso = ragion-e / ragion-i /giall-a / giall-o …
I morfemi derivazionali contribuiscono al significato lessicale della radice a cui si attaccano,
producendo un lessema diverso. Spesso il lessema derivato appartiene a una categoria diversa
rispetto alla base = mangiare – mangia-bile (che può essere mangia-to – che può essere X-to).
Costruire – costru-zione (l’azione di costruire – l’azione di X).
I morfemi derivazionale producono una parola a partire da una parola.
Rispetto alla loro posizione all’interno della parola i morfemi si dividono in:
1. Prefissi = prima della radice (in- / dis- / ri-)
2. Suffissi = dopo la radice (-iamo / -ezza / -izzare)
L’insieme dei prefissi e dei suffissi si chiama = affissi.
L’italiano utilizza molto di più i suffissi che i prefissi – come la gran parte delle lingue indoeuropee.
I prefissi in italiano sono solo di tipo derivazionale e non sono mai usati nella flessione. A
differenza dei suffissi derivazionali, i prefissi non cambiano mai la categoria della parola a cui si
attaccano.
Le parole radice (è il morfema lessicale) e desinenza (o terminazione, indicano i suffissi flessivi che
si trovano alla fine) appartengono alla terminologia tradizionale che distingue il morfema lessicale
legato dal gruppo di suffissi flessivi che stanno nella parte finale della parola [parl-a-v-ate /parl
(radice) – avate (desinenza)]. Questa distinzione terminologica va bene per le lingue come il latino
o l’italiano, ma non in tutte le lingue il morfema lessicale precede i morfemi flessivi.
LEZIONE 25
La formazione delle parole – derivazione e composizione. I processi di formazione delle parole
possono differire da una lingua all’altra, perché la struttura delle parole è soggetta a una forte
variazione interlinguistica. La situazione più comune in lingue come l’italiano è quella per cui la
formazione di lessemi avviene attraverso l’aggiunta di morfemi derivazionali.

57
Linguistica Generale

La derivazione è il processo nel quale a partire da un lessema, che costituisce la base, si costruisce
un altro lessema attraverso l’aggiunta di un morfema. L’aggiunta di morfemi non è però l’unico
tipo di formazione di lessemi.
In lingue come inglese, molti lessemi sono costruiti senza un cambiamento della forma della base.
Cambia la categoria del lessema e cambia il significato = text (nome) > text (verbo).
In lingue come l’italiano, in cui i verbi, e salvo eccezioni, i nomi e gli aggettivi sono soggetti a
flessione, l’identità di forma è impossibile. Ma ci sono lessemi formati a partire da una base con
aggiunta di soli morfemi flessivi = ferm-are (verbo) > ferm-o (nome) – derivazione in cui ricompare
la radice senza alcun morfema derivazionale – arriv-are (verbo) > arriv-o (nome). Questo processo
si chiama conversione o derivazione zero.
cooperazione – lessema complesso, la base è il nome “opera”. Dalla base, si passa con una
conversione al verbo “operare” e da questo al nome “operazione” [opera(re)+azione] = la
morfologia usa una parte della forma verbale chiamata “tema” = radice (oper) + vocale (a). Il tema
verbale coincide con la terza persona singolare. Per arrivare a “cooperazione” si aggiunge il
prefisso “co” = co+operazione. I prefissi non possono cambiare la categoria della base. In ogni
stadio della derivazione = ogni operazione morfologica prende un lessema base e ne produce un
altro.
Come rappresentare la derivazione? L’aggiunta di un morfema e il passaggio da un lessema a un
altro corrisponde a un ciclo di derivazione. Il risultato di ogni ciclo di derivazione, che corrisponde
a una parola, viene incluso tra due parentesi quadre. Le etichette di categoria specificano la
categoria a cui appartiene il lessema derivato – esempio di cooperazione:
[operaN]
[[operaN](re) V]
[[[operaN]V]zione N]
[co[[[operaN]V]zione N] N] [[co[[operaN]V]V] zione N]
riunificazione:
[uno A]
[[uno A] ificare V]
[[[uno A] ifica V] zione N]
[ri [[[uno A] ifica V] zione N]N]
[[uno A] ificare V]
[ri [[uno A] ificare V]V]
[[ri [[uno A] ifica V]V] zione N]
irrisolvibile:
[risolvereV]
[[risolviV] bile A]
[in [[risolviV] bile A] A]
cristallizzazione:
[[[cristalloN] izza V] zione N]
58
Linguistica Generale

arrossire:
[rosso A] → [a(r) [rosso A] ire V]
*[[rosso A] ire V] non esiste in italiano
*[a(r)[rosso A] A] non esiste in italiano

La composizione è il processo con cui si forma un lessema attraverso l’unione di due lessemi. La
categoria morfosintattica delle basi può essere varia; anche la categoria del lessema composto può
variare. In italiano troviamo, tra gli altri, composti del tipo:
 nome-nome = cassapanca, pescecane, cabina armadio (si comportano come se fossero un
nome unico).
 aggettivo-nome = altopiano, biancospino
 nome-aggettivo = cassaforte, camposanto
 aggettivo-aggettivo = bianconero, pianoforte, grigio fumo
 verbo-verbo = saliscendi, giravolta
 preposizione-nome = sottopassaggio, senzatetto
Il tipo di composto più comune in italiano è quello VERBO-NOME (= macinacaffè, tagliaerba).
Questo tipo di combinazione è anche quello più produttivo. Un processo di formazione di parola si
definisce produttivo quando può essere usato per creare lessemi nuovi, che si aggiungono a quelli
già esistenti. La composizione verbo-nome è produttiva perché è parallela a una costruzione
frasale verbo-complemento oggetto = macinare il caffè, tagliare l’erba. La sintassi è produttiva
(crea continuamente frasi nuove), e questa caratteristica filtra nelle parole composte, anche se
queste, ovviamente, sono unità del lessico e non frasi.
La produttività della composizione verbo-nome si manifesta nel fatto che:
 possono essere formati nuovi lessemi con questa struttura
 i parlanti sanno capire il significato di nuovi lessemi con questa struttura è perché li
interpretano sulla base della struttura frasale verbo-complemento oggetto
massaggiaelefanti = “persona o oggetto che massaggia gli elefanti” = so capire cosa potrebbe
essere questa parola, nonostante non esista.
Come si rappresenta la struttura delle parole composte?
tritacarne:
[tritare V]
[carne N]
[[trita V] [carne N] N]
capostazione:
[capo N]
[stazione N]
[[capo N] [stazione N] N]
grigio fumo:
59
Linguistica Generale

[grigio A]
[fumo N]
[[grigio A] [fumo N] A]
Composizione + Derivazione = i due processi possono intervenire nella formazione di un lessema.
Due lessemi semplici possono unirsi in un composto, e questo può poi essere base per una
derivazione.
[[veroN] [simile A] A] [veloce A]
[[veroN] [simile A] mente AVV] [[veloce A] mente AVV]
Oppure, un composto può essere formato unendo una base con un’altra base costituita da un
lessema derivato.
sottosegretariato:
[sotto P]
[[segretario N] ato N ]
[[sotto P] [[segretario N] ato N] N]
[[[sotto P] [segretario N] N] ato N]
LEZIONE 26
La flessione è un fenomeno morfologico che determina la forma delle parole = la sua funzione è
quella di portare informazioni grammaticali. In tutte le lingue le frasi sono costituite da unità
(morfemi o parole) che portano significati di tipo grammaticale, ad esempio quelli di singolare o
plurale, di maschile e femminile, di presente e passato… In molte lingue, e tra queste l’italiano e le
altre lingue romanze e anche le lingue germaniche, questi significati sono espressi spesso da
specifici morfemi che si attaccano ai lessemi. Questi morfemi sono detti flessivi.
L’aggiunta di morfemi flessivi ai lessemi non è l’unico modo per esprimere significati grammaticali
nelle lingue del mondo. Nelle lingue che non hanno flessione, l’espressione dei significati
grammaticali è affidata esclusivamente a morfemi liberi (ausiliari o “particelle”).
Anche nelle lingue flessive, come l’italiano, l’espressione di significati grammaticali è affidata in
alcuni casi a parole grammaticali (= parla-i / ho parlato – parla-ss-i / ave-ss-i parlato). E nel
confronto fra lingue flessive diverse si osserva una variazione circa la distribuzione dei morfemi
flessivi e degli ausiliari.
La flessione è il fenomeno morfologico per cui la forma del lessema cambia per effetto
dell’aggiunta dei morfemi flessivi (= quest-o gatt-o ner-o dorm-e sempre nel mi-o giardin-o).
A differenza della derivazione, nella flessione l’aggiunta di morfemi non produce un lessema
diverso né contribuisce al significato del lessema (= vino – vin-aio – vin-ificare). La flessione
produce forme flesse diverse, e determina il cambiamento di significati grammaticali che non
toccano l’unità lessicale (= vini – vinai – vinificava).

Categorie di parole soggette a flessione = nei sistemi linguistici che presentano la flessione,
l’aggiunta dei morfemi grammaticali è limitata ad alcune classi di parole. Ma le classi di parole

60
Linguistica Generale

soggette a flessione non sono esattamente le stesse in tutte le lingue flessive. Verbo e Nome sono
categorie morfosintattiche generalmente soggette a flessione.

Categorie di parole soggette a flessione


italiano inglese
Verbo Sì Sì
Nome Sì Sì
Pronome Sì Sì
Determinante Sì No
Aggettivo Sì No

Categorie morfosintattiche soggette a flessione in italiano:


 Verbo = parlavi, arriverai, arriveresti
 Ausiliare (+ Verbo) = avevi parlato, sarai arrivato, dovresti arrivare
 Nome/Pronome = determinante (articolo, dimostrativo, numerale ordinale, possessivo…) e
aggettivo
I diversi significati grammaticali portati dalla flessione appartengono a tipi diversi, detti categorie
flessive. Ad esempio, il significato “singolare” e quello “plurale” rientrano nella categoria numero.
Per ogni categoria flessiva esistono due o più valori. “Singolare” è un valore delle categoria flessiva
numero.
Le categorie flessive sono l’espressione grammaticale di dimensioni cognitive, categorie
concettuali fondamentali nell’esperienza umana. I concetti di numerosità (uno, due, pochi, tanti),
di genere biologico (maschio, femmina), di tempo (presente, passato) fanno parte della vita
umana e sono categorie del pensiero.
Le lingue esprimono questi concetti, così come ne possono esprimere infiniti altri, usando le
parole. Ma le lingue inglobano questi concetti esprimendoli con strumenti morfologici, cioè
attraverso la flessione. Questo aspetto dell’organizzazione dei sistemi linguistici è soggetto a una
forte variazione interlinguistica. In tutte le lingue c’è l’espressione di significati grammaticali. Ma
non tutte le lingue inglobano nella grammatica tutte le categorie flessive. Per una data categoria
flessiva, da lingua a lingua possono variare i valori che vengono espressi.
In numerose lingue le seguenti categorie flessive sono realizzate sul Nome = NUMERO, GENERE,
PERSONA, CASO:
1. NUMERO = in italiano troviamo in singolare e il plurale. Altre lingue possono avere degli
ulteriori valori = il greco antico presenta il singolare, il duale e il plurale. Il warlpiri ha il
singolare, il duale, il paucale e il plurale. Le lingue che hanno valori ulteriori rispetto a
“singolare” e “plurale” esprimono morfologicamente questi significati, dando forme flesse
diverse a un dato lessema. Per l’italiano, l’opposizione tra il valore singolare e il valore
plurale denota/significa una distinzione tra l’unità e la pluralità. [Il delfino spiaggiato è
stato riportato al largo = il singolare si riferisce a un individuo opposto a una pluralità] [Il
delfino è un mammifero = si riferisce all’intera classe dei delfini = totalità dei delfini].

61
Linguistica Generale

Le categorie flessive sono collegate con categorie concettuali, che esistono al di fuori del
linguaggio. Ma è sbagliato pensare che la categoria della grammatica rifletta in maniera diretta la
categoria del pensiero. Anche se è basata su una dimensione delle realtà, una categoria flessiva è
un’elaborazione arbitraria di tale dimensione.
2. GENERE = non riflette necessariamente la dimensione cognitiva di genere biologico.
L’italiano ha due valori per questa categoria ovvero il maschile e il femminile. Per gli
oggetti inanimati il genere biologico non esiste e la categoria grammaticale è totalmente
arbitraria. Per gli esseri viventi (individui animali) il genere biologico esiste ma non c’è
corrispondenza necessaria con il genere grammaticale. Per i nomi che denotano essere
umani (nomi di parentela, nomi di professioni e simili) il genere grammaticale
tendenzialmente coincide con il genere biologico.
I sistemi linguistici differiscono molto riguardo al genere grammaticale. Ad esempio, in inglese nei
nomi non c’è espressione morfologica di genere. Ovviamente questo non vuol dire che non ci sia
una differenza semantica. Una nome come queen denota (generalmente) un individuo di sesso
femminile e king un individuo di sesso maschile. La differenziazione morfologica in inglese è
limitata al sistema pronominale e possessivo = umano (maschile e femminile = he-his she-her) e
non umano (neutro = it-its).
3. PERSONA = attiene alla dimensione cognitiva “partecipante all’atto comunicativo”. Da
questo, si distingue la prima persona (emittente o parlante = partecipante all’atto
comunicativo), la seconda persona (ricevente o ascoltatore = partecipante all’atto
comunicativo) e la terza persona (non partecipante all’atto comunicativo). I valori di prima
e seconda persona sono espressi esclusivamente da pronomi personali.
Un Nome può esprimere solo il valore di terza persona. Il valore di terza persona può essere
espresso anche da un pronome. In italiano, la categoria flessiva Persona si combina con la
categoria Numero. Alla terza persona si combina con Numero e Genere [singolare = prima
persona-io / seconda persona-tu / terza persona-Nome-lui-lei] [plurale = prima persona-noi /
seconda persona-voi / terza persona-Nome-loro-esse-essi]

4. CASO = marca un Nome in base al suo rapporto con il verbo (nominativo/accusativo)


oppure in base a tipi di significati (possessivo/strumentale/locativo). In latino = Lupus
dormit (nominativo) ≠ Lupus occidit agnum (accusativo) – Agnum occidit lupus (accusativo).
In latino abbiamo anche il genitivo (possessore) = Amicus Marci.
Un sistema di caso “ricco” come quello del latino, l’ordine delle parole nella frase non è
determinante per capire i rapporti tra gli “attori” all’interno della frase = l’agnello uccise il lupo ≠ il
lupo uccise l’agnello (in italiano è diverso, cambia il significato). In italiano – e nelle lingue come
l’italiano – l’informazione relativa ai rapporti tra gli “attori” all’interno della frase è espressa con
strumenti sintattici anziché morfologici. In italiano – e nelle lingue romanze o in inglese – il sistema
morfologico di caso si manifesta nei pronomi personali in cui le forme corrispondenti al soggetto
sono diverse da quelle corrispondenti al complemento. In italiano:

Soggetto Oggetto Oggetto indiretto


Io Me
Tu Te

62
Linguistica Generale

Lui Lo Gli
Lei La Le

In inglese:

Soggetto Oggetto
I Me
You You
He / She Him / Her

LEZIONE 27

Categorie flessive collegate al Verbo – è necessaria una distinzione tra: categorie flessive ≠
categorie della “analisi grammaticale” scolastica. Le categorie della “analisi grammaticale”
scolastica classificano le forme verbali = tempo verbale (presente, imperfetto, passato remoto,
trapassato, futuro…) e il modo verbale (indicativo, congiuntivo, condizionale, imperativo,
participio…).
Tempo e modo ricorrono anche per definire le categorie flessive “vere e proprie”. Le categorie
flessive sono categorie grammaticali basate su “dimensioni cognitive” extralinguistiche realizzate
nella grammatica delle lingue attraverso la flessione del verbo. Abbiamo quindi il tempo, il modo e
l’aspetto. Le categorie che classificano le forme verbali e le categorie flessive non sono del tutto
corrispondenti e non sono in un rapporto biunivoco, perché la stessa forma verbale può realizzare
categorie flessive diverse. Esempio = Francesco avrà una quartina di anni / Nel 2030 Francesco
avrà cinquant’anni – cambia la categoria flessiva.
Categorie flessive collegate al verbo:
 CATEGORIA TEMPO = attiene alla collocazione di un evento nel tempo rispetto al momento
dell’enunciazione. La partizione più comune è quella tra = passato e non-passato (tutte le
lingue hanno forme specifiche che li differenziano). In alcune lingue, tra cui l’italiano, le
categorie flessive sono tre = passato, presente e futuro.
 CATEGORIA MODO = attiene allo statuto di realtà dal punto di vista del parlante – come il
parlante valuta un evento o un’azione descritta dal verbo = azione o evento reale / azione
o evento non reale (= quest’ultima può essere possibile, desiderato, ipotizzato o irreale).
Un esempio è = Quando piove non vado in bicicletta (azione o evento reale) / Se domani
non piovesse andrei in bicicletta (azione o evento non reale, possibile con il congiuntivo
imperfetto) / Domani andrei (volentieri) in bicicletta (azione o evento non reale, desiderato
con il condizionale) / Gianni non c’è, sarà in bicicletta (azione o evento non reale, ipotizzato
con il futuro) / Se non avesse piovuto sarei andata in bicicletta (azione o evento non reale,
irreale con il congiuntivo trapassato).
 CATEGORIA ASPETTO = attiene allo svolgimento dell’evento descritto dal verbo – ha due
valori fondamentali = imperfettivo (= eventi in corso di svolgimento considerati senza
includere la visualizzazione della fine) e perfettivo (= eventi temporalmente determinati
con visualizzazione della fine). In italiano non viene realizzato da una specifica forma

63
Linguistica Generale

verbale = i paradigmi verbali non contengono forme classificate in base all’aspetto. Questo
non significa che non esista una categoria flessiva aspetto in italiano. Piuttosto, le forme
verbali possono realizzare combinazione di tempo e aspetto. Esempio = Gianni
mangiava/stava mangiando il suo panino quando cominciò a piovere … e non poté finire il
suo pranzo (il verbo “mangiare” è in una forma imperfettiva = non si descrive la
conclusione). Nella frase = Gianni mangiò/ha mangiato il suo panino quando cominciò/ha
cominciato a piovere … e non poté finire il suo pranzo (la frase non ha senso).
L’accordo – fenomeno per cui i valori flessivi di una certa parola sono copiati su altre parole
all’interno della frase. Ci sono tre tipi di ragioni per cui un lessema può essere coinvolta dalla
flessione:
1. La flessione dipende da ciò che il parlante vuole significare. Ad esempio, il nome in
italiano ha la flessione relativa al Numero, e il valore “singolare” o “plurale” dipende da
quello che il parlante vuole significare. Sono possibili, infatti, le due frasi = Ho perso la
penna / Ho perso le penne. Una volta che il parlante ha deciso se significare “singolare” o
“plurale”, la forma flessa ne consegue.
2. La flessione dipende da una caratteristica propria del lessema. In italiano i nomi hanno
anche la flessione relativa al Genere. Ma il valore “maschile” o “femminile” non dipende da
quello che il parlante vuole significare, bensì è una caratteristica propria del lessema. La
forma flessa è determinata obbligatoriamente per il lessema. Una (apparente) eccezione a
questa regolarità dell’italiano è costituita da alcuni nomi di parentale o di professioni per
cui esistono forme maschili e femminili = nonna/nonno – direttore/direttrice. È però anche
possibile (forse più corretto) considerare queste parole non come forme flesse di uno
stesso lessema, ma come lessemi diversi. Anche in considerazione del fatto che altre
relazioni di parentale sono espresse da lessemi diversi = padre/madre – fratello/sorella.
3. La flessione dipende da relazioni sintattiche con altre parole. Le parole all’interno della
frase formano dei gruppi = sintagmi. All’interno del sintagma una parola (testa) è
dominante, in quanto è obbligatoria e determina caratteristiche dell’intero sintagma. In
alcune lingue, e in alcuni tipi di sintagma, si osserva un fenomeno detto accordo per cui le
caratteristiche flessive della testa si estendono ad altre parole all’interno del sintagma.
Questo è ciò che accade in italiano nel Sintagma Nominale = il nome è il controllore (o
trigger) dell’accordo, i determinanti e gli aggettivo sono controllati (o target) e si flettono in
accordo con il nome. Le categorie pertinenti sono il Genere e il Numero. Il trigger è il
Nome. I target sono gli Articoli, Dimostrativi, Possessivo e Aggettivi. Le relazioni di accordo
possono anche instaurarsi tra lessemi che appartengono a sintagmi diversi in una frase –
ciò accadde nell’accordo fra Soggetto e Verbo semplice / Ausiliare in italiano. Le categorie
pertinenti sono il Numero e la Persona (solo i pronomi hanno valori diversi da 3P). Il trigger
è il Soggetto. Il target è il Verbo semplice o Ausiliare. Accordo fra Soggetto e Participio
passato con ausiliare “essere” – le categorie pertinenti sono il Genere e il Numero. Il trigger
è il Soggetto e il Target è il participio passato. L’accordo fra Oggetto e Participio passato
con ausiliare “avere” – le categorie pertinenti sono il Genere e il Numero. Il trigger è il
Pronome clitico oggetto e il Pronome clitico partitivo. Il target è il Participio passato.
LEZIONE 28

64
Linguistica Generale

Tipologia morfologica = approccio allo studio del linguaggio che non analizza i diversi sistemi
linguistici per intero ma prende in esame delle caratteristiche ricorrenti in lingue diverse e ne
esamina la distribuzione nelle lingue del mondo. Quali sono le caratteristiche che si ripresentano in
varie lingue del mondo e ciò che non compare mai nelle lingue.
Le caratteristiche che la linguistica tipologica prende in esame si chiamano “tipi” = fonologia,
sintassi e morfologia (= proprietà che ricorrono in lingue che non sono necessariamente lingue che
hanno contatti tra loro).
La tipologia morfologica si occupa di studiare la variazione interlinguistica riguardante la struttura
delle parole e il modo in cui le lingue del mondo realizzano l’informazione morfologica nelle parole
e nelle frasi. Tradizionalmente si individuano tre tipi di lingua:
1. Isolante
2. Agglutinante
3. Fusivo (o flessivo)
4. Incorporante (o polisintetico) – introdotto più recentemente
In realtà nessuna lingua del mondo appartiene esclusivamente e perfettamente a uno dei tre tipi.
In una lingua le caratteristiche appartenenti a un certo tipo possono essere prevalenti, in qualche
caso fortemente prevalenti. I tipi morfologici sono quindi delle idealizzazioni, a cui le lingue si
avvicinano più o meno.
LINGUE ISOLANTI = in una lingua (ideale) perfettamente isolante ogni parola consiste di un singolo
morfema e non esistono morfemi legati. Un esempio di lingua isolante è il cinese mandarino (= i
toni non sono indicati nella trascrizione) – mingtian wo de pengyou hui ewi wo zuo yi ge shengri
dangao = domani 1P POSS amico FUT per 1P fare un CLASS compleanno dolce → è una glossa =
modo di rappresentare su carta tutto il contenuto di una frase di una certa lingua; non tanto la sua
traduzione ma il significato di tutti i vari “pezzi”. Le unità con valore lessicale (= parole che hanno
un significato pieno) si scrivono in minuscolo. I significati di tipo grammaticale si scrivono in
maiuscolo e abbreviati. Si scrivono allineati alla frase originale. Un altro esempio di lingua isolante
è il vietnamita – Khi toi den nha ban toi chung toi bat dau lam bai = quando 1P venire casa amico
1P PL 1P afferrare testa fare lezione.
LINGUE AGGLUTINANTI = parole polimorfemiche, dalla struttura interna “trasparente”; tanti
significati tanti suffissi. Un esempio di lingua agglutinante è il turco (in Europa troviamo anche il
finlandese e l’ungherese) = ev – casa / ev-ler – case / ev-ler-den – dalle case / ev-ler-im – delle
case. el – mano / el-ler – mani / el-in – la tua mano / el-in-iz – la vostra mano / el-ler-in – le tue
mani / el-ler-in-iz – le vostre mani / el-in-de – nella tua mano / e-ler-in-iz-de – nelle vostre mani. Ali
Ankara-dan ayril -iyor-mus = Ali Ankara – PROV partire- IMPF – EVID = Ali sta evidentemente
partendo da Ankara.
LINGUE FUSIVE (O FLESSIVE) = molte parole polimorfemiche, struttura interna “opaca”. Più
significati in un suffisso. Un esempio di lingua fusiva è l’italiano = parl-o (1P. SING. IND. PRES.) –
quando si scrivono le glosse, se un affisso ha più significati grammaticali si separano con un punto.
Penn-a (FEMM. SING.). Altra lingua fusiva è il latino = puell – arum = ragazza – FEM.PL.GEN = delle
ragazze. Ama – b – unt = amare – FUT – 3P.PL = ameranno.

65
Linguistica Generale

LINGUE FUSIVE CON MORFOLOGIA “SPEZZATA” = i morfemi non si attaccano all’inizio o alla fine,
ma cambia la base stessa della parola. Un esempio è l’arabo = radice /k t b/ - kitab = libro /i-a/ =
kutub = libri /u-u/ = katib = scrittore /a-i/ = kitabat = scrivere /i-a-a/.

LINGUE INCORPORANTI (O POLISINTETICHE) = parole con molti morfemi, lessicali e funzionali. In


una parola possono condensarsi unità dell’intera frase. Al verbo possono attaccarsi affissi di
accordo con il soggetto, il complemento e anche il termine. Il verbo può incorporare il nome che è
il complemento oggetto. Un esempio di lingua incorporante è lo Yupik siberiano (famiglia eskimo-

aleutina). Angya – ghlla – ng – yug – tuq = barca – ACCRESCITIVO – comprare – DESIDERATIVO –


3.SG = egli vuole comprare una grande barca. Un altro esempio è l’eschimese = Irni
ilinniartitsisunngurtippaa = Irn-i ilinniartitsisu – nngur – tip – paa = figlio-POSS.RIFL insegnante –
diventa – CAUS – 3.SG.IND = Fece
diventare insegnante il proprio figlio.
ESERCITAZIONE LEZIONE 28

 Quali sono le forme che


alternano? mə / məŋ / mən /
məm
 In quali contesti fonologici compaiono? (partendo dal
basso) La consonante finale della nasale prende il luogo
dell’articolazione della consonante che viene dopo.
 Qual è la forma lessicale del prefisso?
 Quali regole producono le diverse forme alternanti?
/məŋ/ forma lessicale = quando la consonante iniziale della radice è sonorante – la nasale
velare si cancella, diventa zero. Quando c’è una consonante ostruente – la nasale velare si
adegua al luogo di articolazione. Quando c’è una vocale – la nasale velare rimane così
com’è.

Vogul – lingua non indoeuropea parlata da una minoranza etnica che risiede in Siberia occidentale.
Haap – “barca”
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Linguistica Generale

Haapan – “barche”
Haapanum – “le mie barche”
Haapumt – “nella mia barca”
Haapanumt – “nelle mie barche”

 Che tipo di lingua è? È una lingua agglutinante.


 Quali morfemi compaiono? Quali significati hanno? -an- (plurale) / -um- (possessivo prima
persona) / -t (inessivo)
 Come si dice “nelle barche”? haapant
Ulwa – lingua della famiglia Misumalpa, parlata in Nicaragua.
Karaskamak – “il suo ginocchio”
Siwakanak – “la sua radice”
Kulukaluk – “il suo picchio”
 Che tipo di lingua è? È una
lingua agglutinante.
 Qual è la caratteristica del
morfema di significato
“possessivo terza
persona”? Il morfema -ka-
è un infisso.
 Partendo dalle seguenti
forme, ricostruire il
morfema lessicale senza il valore
possessivo = karasmak / siwanak /
kululuk.
Quali sono i morfemi? -ki- / -ma- / -ka- / -ni- /
-na-
Qual è il significato dei morfemi
grammaticali? Possessivo prima persona,
possessivo seconda persona, possessivo terza
persona, possessivo prima persona plurale
inclusivo, plurale.

kirja e talo sono i morfemi lessicali.


-t = plurale
-ssa = infessivo
-ni = possessivo

67
Linguistica Generale

LEZIONE 29
La valenza = il lessico proiettato nella sintassi. La rappresentazione lessicale contiene informazioni
di tipo = fonologico (forma fonemica, accento), morfologico (rapporti di derivazione, flessione
irregolare) e semantico (il significato del lessema) – le informazioni di tipo semantico possono
determinare delle caratteristiche che riguardano la frase = semantico-sintattico (“la valenza”).
La valenza è il fenomeno per cui il significato di un lessema influenza la struttura della frase di cui il
lessema stesso entrerà a far parte. Una caratteristica lessicale determina una caratteristica
sintattica = il lessico si proietta nella sintassi. Per alcuni classi di lessemi, il significato descrive
entità, azioni, eventi che coinvolgono altre entità. Tali entità sono chiamate argomenti.
Esempi:
 Incontrare (chi incontra chi) – perché la frase sia ben costruita, è necessario che incontrare
trovi nella frase l’espressione delle due entità, cioè i due argomenti, la cui presenza è
richiesta dal suo significato.
 Dormire (chi dorme) – perché la frase sia ben costruita, è necessario che dormire trovi nella
frase il singolo argomento la cui presenza è richiesta dal suo significato.
 Regalare (chi regala che cosa a chi) – perché la frase sia ben costruita, è necessario che
regalare trovi nella frase l’espressione dei tre argomenti la cui presenza è richiesta dal suo
significato.
L’espressione valenza è mutata dalla chimica ed è applicata metaforicamente a questa proprietà
del linguaggio. Gli atomi di un dato elemento chimico instaurano legami con atomi di altri
elementi, in base a proprietà intrinseche degli elementi stessi. Alcuni legami, soprattutto i verbi, a
seconda di proprietà del loro significato, instaurano legami con altre parole all’interno della frase.
La valenza dipende dal significato del lessema ed è quindi una proprietà lessicale, ma determina
caratteristiche della frase ed ha quindi rilevanza sintattica.
La struttura della frase che contiene un dato lessema deve rispettarne la valenza. Se non lo fa,
perché non contiene esattamente gli argomenti richiesti, la costruzione della frase fallisce = la
frase non è grammaticale perché la valenza del verbo non è correttamente saturata.
 Affidare – Gianna ha affidato i documenti al segretario = frase ben strutturata in cui sono
presenti le tre entità.

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Linguistica Generale

 Gianna ha affidato al segretario = frase non accettabile, non è grammaticale perché manca
un pezzo e perché la valenza del verbo affidare ha tre posti per gli argomenti ed è saturata
solo in parte.
 Gianna ha affidato i documenti = non è grammaticale ed è accettabile solo se si può
recuperare qualche elemento durante la conversazione (= qualcosa è sottinteso); altrimenti
vale il discorso della frase precedente.
 Ha affidato i documenti al segretario = frase non grammaticale. Questa sequenza è – in
italiano – una frase accettabile. Non è grammaticale perché la struttura è sbagliata.
(Gianna) ha affidato i documenti al segretario = è corretta.
La classe lessicale che in misura maggiore instaura rapporti di valenza con altri elementi all’interno
di una frase è il VERBO. In misura minore, effetti di valenza si osservano anche in altre classi di
parole.
I verbi possono essere classificati in base alla loro valenza. Esistono quattro tipi di verbi:
1. ZEROVALENTI O AVALENTI – sono soprattutto verbi “metereologici”, come piovere,
nevicare. Il loro significato non prevede un’entità che sia coinvolta dall’evento.
2. MONOVALENTI – instaurano legami con un solo argomento. Verbi intransitivi (= non
possono reggere un complemento oggetto diretto – dormire, camminare, correre, salire).
____ dormire = il gatto dorme. Verbi “Impersonali” (= privi di un soggetto – sembrare,
risultare). Sembrare ____ = sembra che Gianni sia arrivato.
3. BIVALENTI – verbi transitivi (= reggono un complemento oggetto diretto – incontrare,
guardare…). ____ guardare ____ = il timoniere guarda il faro. Verbi intransitivi (= hanno
legami con due entità – pensare, credere, nuocere). ___ credere ___ = il bambino credeva
a Babbo Natale / il bambino credeva che sarebbe arrivata la Befana.
4. TRIVALENTI – verbi transitivi che reggono anche un complemento indiretto. Verbi come
dire, dare, portare, lanciare. ___ portare ___ ___ = Babbo Natale porta regali ai bambini
buoni. ___ lanciare ___ ___ = Gianni ha lanciato un sasso sul tetto.
Per alcuni verbi si osserva una – apparente – variazione circa il numero di argomenti richiesti.
Esempi – bere1 “ingerire un liquido” = ___ bere ___ = il bambino beve l’aranciata. bere2
“consumare bevande alcoliche in quantità eccessiva” = ___ bere = da quando ha rotto con la
fidanzata, Gianni beve tutte le sere / per star bene in salute Paolo beve con moderazione.
Che si tratti di significati diversi è dimostrabile. L’aggiunta “con la cannuccia”, che specifica il modo
in cui avviene l’ingestione del liquido, sta bene con bere1 ma non con bere2.
La valenza non è una proprietà variabile dei lessemi. Alcuni verbi hanno significati leggermente
diversi, che corrispondono a valenze diverse.
Gli argomenti sono entità coinvolte dall’azione/evento/stato descritto dal verbo. Come tali gli
argomenti sono:
1. Obbligatori
2. Il numero prestabilito a seconda del verbo
3. Occupano una posizione prestabilita nella frase

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Linguistica Generale

La valenza – nelle frasi, oltre al verbo, trovano posto varie parole e gruppi di parole. Non tutti i
costituenti della frase instaurano un legame con il verbo. Solo alcuni costituenti sono argomenti
del verbo (la nonna rimprovera la ragazza / la nonna rimprovera la ragazza per qualunque
sciocchezza). Osserviamo quindi il comportamento del terzo costituente della stessa frase – “per
qualunque sciocchezza” la sua presenza/assenza non incide nella grammaticalità della frase, non
può sostituire un argomento per saturare la valenza del verbo. Può stare in varie posizioni nella
frase. Questo tipo di elementi si chiamano circostanziali.
I circostanziali – i costituenti della frase che non sono richiesti dalla valenza del verbo, e quindi
non sono argomenti, sono detti circostanziali. I circostanziali sono parti aggiuntive della frase, che
si riferiscono a entità, eventi, condizioni che non sono coinvolti dall’azione (o evento, stato)
descritta dal verbo. Essi “circostanziano”, danno informazioni aggiuntive che precisano le
condizioni in cui si presenta l’evento descritto dal verbo, ma non ne sono gli “attori”.
I circostanziali = non sono obbligatori e non saturano la valenza del verbo, sono in numero non
predefinito e hanno libertà di posizione. Esempio = ___ incontrare ___ = Gianni ha incontrato sua
cugina in biblioteca / Ieri Gianni ha incontrato sua cugina in biblioteca / Come al solito, ieri Gianni
ha incontrato sua cugina in biblioteca.
La valenza in classi diverse dal Verbo – anche altri classi di lessemi possono avere una struttura
argomentale, instaurando legami con costituenti all’interno della frase o del loro sintagma. A
questo riguardo la differenza è tra = categorie lessicali (Verbo, Nome, Aggettivo, Preposizione,
Avverbio – “significato pieno”) e categorie funzionali (“significato vuoto”).
La valenza nel Nome = solo alcuni tipi di nomi possono legarsi a degli argomenti. Nomi deverbali
(nomi derivati da verbi), “ereditano” le proprietà argomentali del verbo da cui derivano. ___
spiegare ___ = Gianni ha spiegato i fatti / ___ spiegazione ___ = la spiegazione dei fatti / la
spiegazione di Gianni / la spiegazione dei fatti da parte di Gianni / la spiegazione dei fatti di Gianni.
___ sospettare ___ = Gianni sospetta che il materiale sia stato rubato / Gianni sospetta del custode
/ il sospetto di Gianni / il sospetto di Gianni che il materiale sia stato rubato. ___ amare ___ =
Gianni ama la linguistica / L’amore di Gianni per la linguistica.
I nomi deverbali possono avere un significato astratto (indicano un’azione o uno stato emotivo),
ma anche un significato concreto. Nel significato astratto si possono legare ad argomenti, ma nel
significato concreto no = ___ costruzione ___ = la costruzione del Duomo di Firenze si concluse nel
1436 / la costruzione in fondo al giardino è pericolante.
Un’altra classe di Nomi sono quelli relazionali (che descrivono relazioni) = parentela, rapporti
gerarchici, rapporti in attività. La nonna di Gianni / il capo di Gianni / il difensore di Gianni /
l’avvocato di Gianni.
La valenza nell’Aggettivo e nell’Avverbio = gli Aggettivi argomentali denotano qualità astratte e
sono deverbali o hanno un corrispondente verbale = ___ desiderare ___ = ___ desiderio ___ = ___
desideroso ___ = Gianni desidera il successo = il desiderio di successo di Gianni = Gianni è
desideroso di successo.
Anche gli avverbi direttamente o indirettamente collegati a un verbo possono avere una valenza =
indipendentemente ___ = ___ indipendente ___ = ___ non dipendere ___ = indipendentemente

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Linguistica Generale

da quello che è accaduto = il mio giudizio è indipendente da ciò che è accaduto = il mio giudizio
non dipende da quello che è accaduto.
La valenza nella Preposizione = anche se generalmente dotate di un significato lessicale “esiguo”,
alcune preposizioni possono presentare struttura argomentale, in quanto mettono in relazione
delle entità = ___ fra ___ ___ = il divano è fra la finestra e la libreria / da ___ = ho tirato fuori la
verdura da il frigorifero / dopo ___ = usciamo dopo cena.
LEZIONE 30
La valenza, argomenti e ruoli tematici – la valenza è il fenomeno per cui il significato di un verbo
determina il numero degli elementi con cui esso si unisce nella frase. Il significato determina anche
ulteriori e più specifiche proprietà degli argomenti = quanti argomenti e quali argomenti.
Gli argomenti si suddividono in tipi diversi, a seconda del ruolo che essi svolgono nell’azione, nel
processo o nello stato descritto dal verbo.
Ad esempio – lo zio ha riparato il tetto = i due argomenti di riparare non svolgono in questa frase
lo stesso ruolo rispetto al verbo = lo zio è l’entità che svolge l’azione / il tetto è l’entità sui cui
ricade l’azione. Il ruolo che il verbo assegna a ciascuno dei suoi argomenti è chiamato ruolo
tematico = lo zioAGENTE ha riparato il tettoTEMA.
I ruoli tematici AGENTE e TEMA sono tipicamente i due argomenti di un verbo transitivo attivo,
corrispondenti al soggetto e al complemento (= GianniAGENTE ha incontrato sua cuginaTEMA / la
nonnaAGENTE ha scritto un libroTEMA / il fuocoAGENTE ha distrutto il boscoTEMA).
Ma non sempre… Nelle seguenti frasi, il verbo transitivo attivo non descrive un’azione ma
esprime una condizione psico-fisica; il soggetto riceve ruolo tematico ESPERIENTE = GianniESPERIENTE
ha paura di volareTEMA / la viperaESPERIENTE teme la fainaTEMA.
Con i verbi trivalenti il terzo argomento riceve di solito un ruolo tematico che può essere definito
FINE (o RICEVENTE, o BENEFICIARIO) = Babbo NataleAGENTE porta i regaliTEMA ai bambini buoniFINE /
l’indagatoAGENTE non ha raccontato tutta la veritàTEMA al giudiceFINE.
Ogni verbo, in base al proprio significato, richiede un determinato numero di argomenti, ad
ognuno dei quali assegna un determinato ruolo tematico (= rapporto biunivoco).
Ogni verbo ha una propria griglia tematica = la specificazione del numero degli argomenti e del
tipo di argomenti che un verbo prende – questa specificazione è un’informazione lessicale. ___
camminare = AGENTEcamminare / ___ costruire ___ = AGENTEcostruireTEMA / ___ temere ___ =
ESPERIENTEtemereTEMA / ___ dare ___ ___ = AGENTEdareTEMA FINE.

La griglia tematica resta immutata anche se la frase subisce trasformazioni:


 frase attiva > frase passiva = Gli ingegneriAGENTE hanno progettato il ponteTEMA > Il ponteTEMA è
stato progettato dagli ingegneriAGENTE. La trasformazione in frase passiva comporta un
cambiamento che coinvolge la griglia tematica del verbo = l’argomento agente nella frase
attiva diventa non più obbligatorio nella frase passiva (= il ponteTEMA è stato progettato).
 frase dichiarativa > frase interrogativa = GianniAGENTE ha mangiato tutta la tortaTEMA >
ChiAGENTE ha mangiato tutta la tortaTEMA? Che cosaTEMA ha mangiato GianniAGENTE?

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Linguistica Generale

 verbo > sintagma nominale (nominalizzazione) = La progettazione del ponteTEMA da parte


degli ingegneriAGENTE > la progettazione del ponteTEMA.

Alcuni verbi possono avere sia una costruzione transitiva sia una costruzione intransitiva, passando
da due argomenti a un singolo argomento. La griglia tematica si riduce ma non si altera =
l’argomento che resta mantiene il suo ruolo tematico.
Verbo affondare = transitiva → I piratiAGENTE affondarono la naveTEMA / La naveTEMA fu affondata (dai
piratiAGENTE) – intransitiva → La naveTEMA affondò.
Alcuni verbi, in determinate condizioni, assegnano ruoli tematici diversi al proprio soggetto.
Apparentemente è una violazione del principio che la griglia tematica di un verbo è determinata
dal suo significato, e quindi è costante. Ma non è così.
Verbo tagliare = Il nonnoAGENTE si è tagliato una fetta di paneTEMA / Il nonnoESPERIENTE si è tagliato un
ditoTEMA.
Il significato di tagliare cambia leggermente a seconda del tipo di complemento con cui si unisce.
Se il complemento corrisponde a una parte del corpo del soggetto, il significato che normalmente
viene inteso è “tagliarsi accidentalmente, non intenzionalmente”. Il ruolo tematico del soggetto
dipende quindi dal significato del verbo e dal significato del complemento. Al variare del
complemento può variare il ruolo tematico assegnato al soggetto.

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