Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
2021-22
prof. Laura Bafile - Università di Ferrara
IL LINGUAGGIO
2
Laura Bafile 2021
Università di Ferrara - Insegnamento di Linguistica generale - a.a. 2021-22
3
Laura Bafile 2021
Università di Ferrara - Insegnamento di Linguistica generale - a.a. 2021-22
E’ del tutto evidente che la facoltà del linguaggio è esclusiva degli esseri umani: se ad esempio un
bambino e un cagnolino crescono insieme, dopo pochi mesi di vita il bambino manifesterà
immancabilmente i segni della sua predisposizione ad imparare una lingua, e anche più di una se
cresce in un ambiente plurilingue, cosa che non avverrà per il cucciolo. D’altra parte, è evidente che
anche tra gli animali esistono forme di comunicazione. Possiamo quindi chiederci in che cosa tali
sistemi differiscano dalla comunicazione linguistica umana e, allo stesso tempo, se vi siano elementi
comuni.
Per rispondere a questo interrogativo, dobbiamo innanzitutto precisare che cosa si intende con
comunicazione.
Una definizione essenziale di comunicazione è:
‘passaggio di informazioni ottenuto attraverso l’utilizzo di segnali’.
Così intesa, è facile stabilire che nel mondo animale esistono sistemi di comunicazione, che
utilizzano diversi tipi di segnali per trasmettere informazioni importanti per la sopravvivenza, il
nutrimento, la riproduzione. Le diverse specie di animali si servono di uno (talvolta più di uno) dei
seguenti mezzi:
segnali visivi, che consistono in movimenti e posture del corpo, espressioni degli occhi e della
bocca; oppure in segnali luminosi, come nel caso delle lucciole;
segnali sonori, ad esempio il canto di insetti, uccelli e mammiferi marini, o le vocalizzazioni di
alcuni primati;
segnali chimici, consistenti nell’emissione di sostanze percepibili da altri individui nell’ambiente.
Possiamo però intendere comunicazione in un senso più restrittivo. In questa accezione più
specifica, la comunicazione è ‘passaggio di informazioni ottenuto attraverso l’utilizzo di segnali’, ma
deve essere caratterizzata da tre aspetti:
capacità simbolica, cioè la capacità di fare riferimento a cose o concetti attraverso simboli;
intenzionalità, cioè il fatto che ci sia una consapevole intenzione comunicativa;
capacità combinatoria, cioè la capacità di esprimere significati complessi e nuovi attraverso la
combinazione di simboli.
Questi tre aspetti sono presenti nella comunicazione umana. Lo sono anche nella comunicazione
animale?
Attraverso gli studi comparativi (che confrontano le abilità cognitive di specie diverse,
inclusa la specie umana) degli ultimi decenni, gli studiosi del comportamento e della mente
4
Laura Bafile 2021
Università di Ferrara - Insegnamento di Linguistica generale - a.a. 2021-22
degli animali hanno mostrato tra l’altro che diverse specie animali hanno capacità cognitive,
cioè capacità di sviluppare e conservare conoscenze mentali, che prima non si pensava che
avessero. Alcune di queste capacità entrano in gioco anche nella comunicazione. Un caso ben
noto è quello dei cercopitechi dell’Africa orientale.
I cercopitechi sono un genere di scimmie di piccola corporatura che abitano le foreste
dell’Africa tropicale ed equatoriale. E’ stato osservato che essi emettono segnali sonori di
pericolo per avvertire gli altri individui del loro gruppo della presenza di predatori. Tali segnali
sono nettamente differenziati tra loro, per specificare il tipo di predatore, ed ogni specifico
segnale è più o meno lo stesso nei diversi individui. Al segnale ‘leopardo’ emesso da uno o più
individui, i cercopitechi reagiscono arrampicandosi sulle cime degli alberi, al segnale ‘serpente’
si ergono sulle zampe posteriori scrutando il terreno, al segnale ‘aquila’ si nascondono nei
cespugli. Tale comportamento fa pensare che questi segnali sonori non siano semplicemente
l’espressione di uno stato emotivo di paura, perché in tal caso non si spiegherebbe il fatto che i
segnali sono differenziati e sono usati in modo sistematico. Si deve concludere quindi che in
questi segnali rivelano almeno in certa misura intenzione informativa, oltre che un uso di
simboli. Perciò, due delle tre caratteristiche della comunicazione umana sono presenti, seppure
in misura limitata, nella comunicazione tra cercopitechi.
In realtà, mentre la capacità di alcune specie animali di usare segnali simbolici è accertata,
sull’intenzionalità della comunicazione i risultati degli studi sono controversi.
L’intenzionalità presuppone una capacità cognitiva detta teoria della mente, che consiste
nell’essere consapevoli che gli altri individui hanno una mente. Grazie alla teoria della mente siamo
capaci di rappresentare nella nostra mente gli stati mentali degli altri. In altre parole, si tratta della
consapevolezza che anche gli altri hanno pensieri, desideri, sentimenti, intenzioni, e della capacità di
5
Laura Bafile 2021
Università di Ferrara - Insegnamento di Linguistica generale - a.a. 2021-22
immaginare che cosa gli altri “abbiano in mente”. La teoria della mente è chiaramente una
caratteristica umana; è invece meno chiaro se sia anche una caratteristica anche di altre specie, e se
sì in quale misura.
6
Laura Bafile 2021
Università di Ferrara - Insegnamento di Linguistica generale - a.a. 2021-22
strada fu subito abbandonata perché questi animali non hanno buone capacità di imitazione vocale e
di articolazione fonetica. Successivamente furono utilizzati sistemi non vocali, come la Lingua dei
segni americana (American Sign Language, ASL), cioè la lingua usata dalle persone sorde, o sistemi
artificiali basati su simboli grafici.
Nel 1967, due ricercatori dell’Università del Nevada, Allen e Beatrice Gardner, iniziarono il loro
esperimento con Washoe, una femmina di scimpanzé di 2 anni (Washoe è morta nel 2007),
addestrandola alla lingua dei segni. Secondo i Gardner, Washoe sapeva utilizzare circa 250 segni
della ASL, ma questo risultato è molto controverso, e in molti considerano il dato non attendibile.
Ancora nel 1967, Ann e David Premach (Università di Pennsylvania) cominciarono il loro
addestramento di Sarah, anch’essa uno scimpanzé, a cui insegnarono ad usare dei simboli visivi (pezzi
di plastica di varia forma e colore).
Nel corso degli anni ’80 e ‘90, Sue Savage-Rumbaugh (Università di Georgia/Iowa) ha
sperimentato l’addestramento al linguaggio con vari scimpanzé della specie bonobo, ottenendo i
migliori risultati con Kanzi, un maschio nato nel 1980. Il linguaggio che è stato insegnato a Kanzi è
fatto di simboli visivi astratti, cui corrispondono significati: come nel linguaggio umano, questi
simboli non sono iconici, in quanto il loro significato è arbitrariamente collegato alla forma. Una
figura rossa, ad esempio, significa ‘ananas’, mentre una viola significa ‘latte’. Kanzi è in grado di
indicare il simbolo corrispondente al significato che gli viene richiesto, e sa anche associare il simbolo
alla forma sonora della parola pronunciata in inglese. Ha dimostrato cioè di avere buone capacità
simboliche e di poter imparare un piccolo vocabolario di alcune decine di segni, e di saperlo usare
per riferirsi a oggetti o azioni.
Nel complesso, gli studi di addestramento linguistico con scimmie antropomorfe hanno mostrato
che questi animali sono in grado di usare un numero cospicuo di simboli (intorno a 150) in riferimento
a entità presenti nell’ambiente, e anche di mettere insieme alcune coppie di simboli per indicare azioni
(mangiare+banana, tagliare+cipolla).
Kanzi
7
Laura Bafile 2021
Università di Ferrara - Insegnamento di Linguistica generale - a.a. 2021-22
Ci sono però differenze fondamentali tra queste abilità acquisite e il linguaggio umano, che
riguardano sia il vocabolario, sia la “grammatica”.
In primo luogo, questi animali utilizzano le loro “parole” in un modo molto diverso da quello che
avviene nel linguaggio. Per Kanzi, ad esempio, la parola apple indica una ‘mela’, ma anche ‘mangiare
una mela’, ‘posto dove stanno le mele’, ‘tagliare la mela’, ‘coltello con cui tagliare la mela’; dunque,
il legame tra la parola e l’oggetto a cui si riferisce è approssimativo e impreciso. Inoltre, come è
ovvio, le “parole” usate dagli animali in questi esperimenti non hanno nessuna delle caratteristiche
delle vere parole, come i nomi e i verbi delle lingue naturali, che esprimono anche concetti
grammaticali come singolare/plurale, passato/presente, o reale/ipotetico eccetera.
Un’ulteriore differenza sta nel fatto che le “parole” di Kanzi indicano direttamente degli oggetti
presenti nell’ambiente, mentre il significato linguistico funziona in un modo diverso. Nelle lingue
naturali, anche parole semplici che indicano oggetti concreti, come acqua, albero, hanno un
significato complesso. Il significato di albero è la somma di una serie di proprietà che noi
riconosciamo come comuni alla classe delle cose che chiamiamo “albero”. Il significato linguistico
non consiste semplicemente nel fatto che un simbolo si riferisce a un oggetto del mondo esterno. Nel
linguaggio tale riferimento passa attraverso una rappresentazione mentale, cioè un concetto, che può
includere tutti gli individui che rientrano in una data categoria: tutti gli alberi, quelli che vediamo
davanti a noi mentre parliamo, ma anche quelli che abbiamo visto in passato, e anche quelli che non
abbiamo mai visto, magari perché stanno dall’altra parte del mondo. Le parole delle lingue naturali
si riferiscono a entità concrete o astratte, che possono essere vicine o lontane, presenti o assenti, reali
o fantastiche, passate o future. Kanzi invece non è in grado di usare i simboli in questo modo.
Un’altra differenza fondamentale è che gli animali addestrati al linguaggio non sanno combinare
le parole per costruire frasi e comunicare significati nuovi: a loro manca, cioè, la capacità sintattica.
In conclusione, se da una parte gli studi sull’apprendimento nei primati hanno contribuito in modo
interessante alla conoscenza delle capacità cognitive di specie non umane, ne è risultato con evidenza
che nessuno dei animali sottoposti a esperimenti di addestramento linguistico ha acquisito la capacità
più specifica del linguaggio umano, cioè la grammatica.
I risultati di questo tipo di esperimenti sono discussi tra l’altro nell’interessante articolo di Terrace
et al. (1979) "Can an ape create a sentence" Scienze 206: 891-902, che si può trovare e scaricare da
Internet.
8
Laura Bafile 2021
Università di Ferrara - Insegnamento di Linguistica generale - a.a. 2021-22
2.3. Conclusioni
Nella facoltà di linguaggio umana convergono molte abilità diverse.
Ad esempio, per quanto riguarda i suoni, sono necessarie una fine capacità motoria per
l’articolazione dei suoni, la capacità percettiva di distinguerli gli uni dagli altri, la capacità di
imitazione dei suoni necessaria all’apprendimento della fonologia.
Tuttavia i suoni sono solo una parte del linguaggio, quella che serve alla “esternalizzazione”, cioè
alla traduzione verso l’esterno di ciò che sta nella nostra mente, in modo che diventi percepibile e
decodificabile da parte di altre persone. C’è però anche il linguaggio interno alla mente, fatto di
significati e di regole che servono a mettere insieme le parole per costruire le frasi.
Complessivamente, quindi, il linguaggio richiede un insieme di capacità di tipo motorio-percettivo
e di tipo concettuale. Alcune delle abilità che sono indispensabili al linguaggio umano si trovano
isolatamente anche in altri animali. Ad esempio, l’imitazione dei suoni è molto sviluppata in certe
specie di uccelli e di cetacei.
Ma in nessuna specie oltre a quella umana è presente il complesso di tutte le capacità che formano
la facoltà di linguaggio, e in nessuna specie è presente la capacità combinatoria, almeno nella forma
complessa che caratterizza la sintassi delle lingue umane.
9
Laura Bafile 2021
Università di Ferrara - Insegnamento di Linguistica generale - a.a. 2021-22
Si potrebbe pensare che la nostra capacità di vedere nella figura una forma che non è disegnata
come tale dipenda dal fatto che nella nostra mente è già presente il concetto di ‘triangolo’; si potrebbe
pensare cioè che la percezione del triangolo si basi su una conoscenza preesistente. Le cose non stanno
così, e infatti noi siamo capaci di individuare allo stesso modo, in base agli stessi principi propri della
percezione visiva, anche forme non predefinite, che non necessariamente abbiamo visto prima e che
non hanno un nome, come quella nella Figura 2. Possiamo quindi concludere che la nostra capacità
di vedere forme in questo tipo di figure non richiede una precedente esperienza fatta nella nostra vita,
ma si basa su meccanismi innati che regolano il sistema visivo.
10
Laura Bafile 2021
Università di Ferrara - Insegnamento di Linguistica generale - a.a. 2021-22
In modo analogo, il modo in cui gli esseri umani imparano le lingue e usano il linguaggio risponde
a dei principi che dipendono da caratteristiche della mente umana, quindi dei principi biologicamente
determinati.
Non tutti i linguisti condividono l’idea che il linguaggio abbia delle basi biologiche, cioè che, nella
sua essenza e nei suoi fondamenti, esso sia una facoltà prevista dalla natura della specie umana.
Alcuni ritengono al contrario che le lingue naturali siano dei sistemi convenzionali culturalmente
trasmessi, basati su facoltà mentali generali, cioè non specificamente linguistiche, e sviluppati per
finalità sociali e comunicative. Non adotteremo in questo corso questa ipotesi.
La concezione secondo cui l’abilità linguistica è in effetti una facoltà biologicamente determinata
si fonda su una serie di osservazioni, che riguardano il modo in cui gli umani apprendono e usano il
linguaggio. Vediamone alcune.
11
Laura Bafile 2021
Università di Ferrara - Insegnamento di Linguistica generale - a.a. 2021-22
12
Laura Bafile 2021
Università di Ferrara - Insegnamento di Linguistica generale - a.a. 2021-22
presenti nella lingua target (cioè la lingua che sta imparando) decresce progressivamente; a circa un
anno di vita i bambini non sono più in grado di riconoscere le differenze tra suoni che non sono
presenti nella loro lingua target. Ad esempio, tutti i neonati distinguono le sequenze [la] e [ra]; ma
mentre un bambino di 10 mesi che apprende l’italiano o l’inglese continuerà a riconoscerle perché
sono distintive in quelle lingue (ad esempio in italiano lame e rame sono parole diverse), non accade
lo stesso in genere per un bambino che sta imparando il giapponese, in cui la differenza tra [l] e [r]
non è distintiva, cioè non porta differenze di significato. Il bambino giapponese “dimentica” quella
differenza, e da allora in poi non saprà né riconoscerla, né pronunciarla. La Figura 3 mostra la
differenza tra bambini americani e bambini giapponesi esaminati in una ricerca riguardante la capacità
di distinguere i suoni [l] e [r]: mentre intorno a 7 mesi i due gruppi hanno la stessa capacità e
riconoscono circa il 65% delle occorrenze di questi suoni, nei mesi successivi le loro capacità si
differenziano progressivamente:
Fin dai primi giorni di vita i bambini emettono molti suoni e vocalizzi, ma è solo intorno ai 6 mesi
che questi suoni hanno una forma regolare, cioè quella di sillabe: comincia il fenomeno del balbettio
o lallazione, cioè della produzione di sillabe costituite da una sequenza consonante-vocale (di
preferenza la vocale [a]). La lallazione può essere descritta come un esercizio motorio, un
allenamento all’articolazione dei suoni, che corrisponde a una tappa naturale dell’acquisizione del
linguaggio. E’ significativo a questo riguardo il fatto che anche i bambini sordi, nell’acquisizione
delle lingue dei segni, passano attraverso una fase corrispondente detta di balbettio manuale, in cui
ripetono ritmicamente alcuni movimenti manuali, che, come le sillabe, non hanno ancora alcun
significato.
13
Laura Bafile 2021
Università di Ferrara - Insegnamento di Linguistica generale - a.a. 2021-22
14
Laura Bafile 2021
Università di Ferrara - Insegnamento di Linguistica generale - a.a. 2021-22
prodotte con un’intenzione comunicativa precisa, e spesso hanno un’intonazione (cioè un profilo
musicale) appropriata. Sono enunciati interpretabili solo in relazione al contesto.
E’ intorno a 20 mesi, quando sanno usare circa 50 parole, che i bambini cominciano a fare le prime
combinazioni. E’ il momento in cui stanno scoprendo un mondo di relazioni intorno a loro, e
cominciano a esprimerle in modo “linguistico”, cioè usando la combinazione sintattica. Si tratta di
frasi brevissime, costituite in genere da due parole: “Latte tanto”, “Palla giù”, “Lupo soffia”. Oltre ad
essere brevi, queste frasi sono diverse da quelle della lingua degli adulti, in quanto non contengono
gli elementi grammaticali, come ausiliari, articoli, preposizioni. Però esprimono delle relazioni
strutturali (negli esempi di sopra si tratta, rispettivamente, di relazioni nome-modificatore, nome-
luogo, agente-verbo), le stesse che caratterizzano le frasi degli adulti.
Diversi studi, condotti su numerosi bambini di lingue diverse, hanno dimostrato che i bambini
sviluppano la morfologia e la sintassi passando attraverso stadi, con una progressione in gran parte
prevedibile. Questo dimostra che l’acquisizione non è un processo passivo di assorbimento e
imitazione di uno stimolo, ma un processo di costruzione di una grammatica mentale, che segue un
percorso stabilito in natura e non determinato culturalmente.
15
Laura Bafile 2021
Università di Ferrara - Insegnamento di Linguistica generale - a.a. 2021-22
madrelingua sono molto più difficili da trovare, perché normalmente i bambini sono tutti esposti agli
stimoli necessari all’acquisizione fin dai primi giorni di vita. Tuttavia ci sono testimonianze di casi
diversi.
Ad esempio, sono riportati nella letteratura dati relativi ai cosiddetti “bambini selvaggi”, cioè
cresciuti in uno stato di deprivazione linguistica nella prima infanzia. Uno è il caso, ben documentato
e risalente alla fine del Settecento (raccontato in un film di Truffaut), di Victor, un ragazzo vissuto in
un bosco vicino a Parigi fino a quando fu raccolto e istruito da un medico che se ne prese cura. Non
imparò mai a usare il linguaggio.
Un caso molto più recente è quello di Genie. All’età di 13 anni Genie, una bambina di Los Angeles,
fu trovata dalla polizia. Da quando aveva un anno e mezzo era stata tenuta dai genitori chiusa in una
stanza dove di giorno era legata su una sedia e di notte era tenuta in un lettino chiuso con una gabbia.
Il padre di Genie era convinto che la bambina fosse gravemente ritardata e aveva proibito alla madre
e al fratello di parlarle. Dopo la liberazione, fu seguita e istruita da un team di psicologi e linguisti.
In questo percorso di riabilitazione Genie fece dei progressi importanti, ma dal punto di vista del
linguaggio arrivò ad una capacità paragonabile a quella di un bambino di due anni.
E’ indubbio che in casi come questi la mancata esposizione agli stimoli linguistici abbia
compromesso il naturale processo di acquisizione del linguaggio. Non è altrettanto chiaro, però, che
questi casi siano di per sé una prova dell’esistenza di un periodo critico per il linguaggio; ci sono
motivi per ritenere che la segregazione e la deprivazione cognitiva e affettiva abbiano impedito in
queste persone un normale sviluppo cognitivo generale, e quindi anche linguistico.
Invece sono molto più chiari i dati che riguardano i bambini sordi nati da genitori udenti che non
conoscono lingue dei segni, cioè lingue che utilizzano per la percezione il canale visivo anziché quello
uditivo. La sordità impedisce ai bambini di recepire gli stimoli orali necessari all’acquisizione della
lingua dei genitori, e se nell’ambiente in cui vivono nessuno parla una lingua dei segni, questi bambini
si trovano nell’assenza degli stimoli necessari all’acquisizione linguistica. Si tratta di bambini che
crescono in condizioni relazionali e affettive normali ed hanno uno sviluppo cognitivo normale.
Tuttavia, se questi bambini vengono esposti solo tardivamente a una lingua dei segni, la imparano
peggio, e se questa esposizione inizia dopo la pubertà, la completa competenza della lingua è
decisamente compromessa.
16
Laura Bafile 2021
Università di Ferrara - Insegnamento di Linguistica generale - a.a. 2021-22
La Figura 4 sintetizza questa osservazione, mostrando come la capacità di apprendere una lingua
cominci a decrescere rapidamente dopo i 7 anni di età, e raggiunga valori minimi già dopo la pubertà.
17
Laura Bafile 2021
Università di Ferrara - Insegnamento di Linguistica generale - a.a. 2021-22
18
Laura Bafile 2021