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APPUNTI DI GLOTTODIDATTICA

di Francesca Gallina

1. INTRODUZIONE ALLA GLOTTODIDATTICA


DIDATTICA DELLE LINGUE MODERNE (ovvero le lingue utilizzate oggi giorno indipendentemente da
numero di parlanti, status giuridico e luoghi): comprende gli studi relativi all’insegnamento linguistico tanto
della lingua madre quanto di altre lingue parlate, con specifica attenzione agli aspetti teorici, anche
relativamente al problema della traduzione ed alle lingue speciali (microlinguaggi settoriali=inglese per
business, per medicina) e con particolare riferimento alla didattica delle lingue straniere moderne e alle
tecniche didattiche di trasmissione delle conoscenze linguistiche.
Si occupa di:
-formazione dei docenti
-multilinguismo (compresenza di più lingue all’interno di un individuo o di una comunità linguistica in cui
queste lingue vivono separate, come se un bilingue italiano e inglese tenesse i due sistemi linguistici in due
compartimenti separati) e plurilinguismo (le lingue che un individuo possiede si mescolano, dialogano fra di
loro all’interno dell’individuo)
-mediazione linguistica
-contatto linguistico in prospettiva interculturale (ha a che vedere col fenomeno dell’immigrazione)
-traduzione e traduttologia
-metodologie, tecniche e tecnologie per i processi di insegnamento (apprendimento, valutazione e uso delle
lingue)

LINGUISTICA EDUCATIVA
È un settore delle scienze del linguaggio che si occupa dell’apprendimento delle lingue. L’obiettivo della
linguistica educativa è quello di consentire all’apprendente di muoversi nella maniera più ampia e
consapevole, con il registro più opportuno possibile all’interno dello spazio linguistico e culturale.
La linguistica educativa definisce ed elabora per il suo oggetto approcci, metodi, tecniche, risorse
tecnologiche utili per facilitare lo sviluppo delle capacità semiotiche e l’apprendimento linguistico.
Linguistica educativa è la denominazione e il costrutto teorico di quella che prima veniva definita
Glottodidattica, e che la maggior parte degli italiani predilige.
Questa etichetta risale a degli studi che sono iniziati negli anni ‘70 negli Stati Uniti da Bernard Spolsky con
la sua Educational Linguistics→dice che le questioni educative sono strettamente legate alle questioni
linguistiche, da qui la nascita della denominazione Linguistica Educativa.
In realtà il legame tra Linguistica ed Educazione è ben più solido ed antico, ed è basato su 4 fatti di natura
linguistica:
1) la facoltà del linguaggio è unica e ci porta ad apprendere la lingua materna come altre
lingue→l’uomo per sua natura comunica e la facoltà del linguaggio che noi utilizziamo quando
dobbiamo parlare è una sola, l’unicità di questa facoltà ci fa apprendere sia la L1 che le altre lingue)
2) analisi dei fatti linguistici in orizzonte semiotico, essendo il linguaggio verbale una forma di
semiosi→di fatto la facoltà verbale è una delle tante semiosi con cui l’uomo è capace di esprimersi,
tutte le capacità sono legate e intrinsecamente l’educazione semiotica è educazione linguistica
3) equipollenza teorica di tutte le lingue e traducibilità di ogni testo di una lingua o di
un’altra→ciò consente di creare legami tra lingue ma anche apprendere le lingue
4) essendo la lingua un sistema aperto è sempre oggetto all’apprendimento e può essere oggetto di
insegnamento→anche la lingua madre è oggetto continuo di apprendimento

LINGUISTICA APPLICATA
La glottodidattica nel corso del tempo è stata anche considerata una delle branche della Linguistica Applicata
che è quella scienza del linguaggio che si propone di risolvere i problemi legati alla vita reale, occupandosi
dell’insegnamento delle lingue, della traduttologia, delle tenìcniche e delle tecnologie di apprendimento, ecc.
LINGUISTICA ACQUISIZIONALE
Un’altra scienza che a sua volta viene inserita all’interno della Linguistica Applicata e con cui la
Glottodidattica ha un rapporto molto stretto è la Linguistica Acquisizionale che studia i processi linguistici
del locutore che apprende una lingua L2. Questa nasce in risposta ai problemi di tipo sociale, in un contesto
spontaneo, come ad esempio in Italia, il contatto degli immigrati stranieri con lo spazio linguistico italiano.
I risultati della Linguistica Acquisizionale ci danno gli strumenti necessari per capire cosa fare in classe e
dunque per fondare quella che è stata definita DIDATTICA ACQUISIZIONALE, cioè didattica che tiene
conto dei risultati e delle dinamiche di evoluzione dei processi acquisizionali.

SOCIOLINGUISTICA EDUCATIVA
Gaetano Berruto ha proposto un’etichetta un pochino diversa che non ha avuto alcun successo, ma che è
interssante perché si focalizza sulla relazione esistente tra la dimensione socio linguistica della lingua e
l’educazione cioè il fatto che il modo in cui io sto parlando oggi non sarà lo stesso di quando io vado al bar
con le mie amiche.
La sociolinguistica educativa sottolinea il legame tra dimensione teorica del linguaggio, variazione sociale e
usi, sensibilità verso i problemi relativi alle competenze e uso linguistico in contesto formativo.
Quindi da questo punto di vista il docente deve fare attenzione alle varietà e agli usi concreti a cui espone gli
apprendenti ma anche a cui loro sono esposti al di fuori della classe.

EDUCAZIONE LINGUISTICA
Si tratta di un’espressione che nasce nel 1912 con Giuseppe Lombardo Radice, esperto di pedagogia che
sosteneva che l’educazione linguistica doveva tenere presenti non soltanto le capacità linguistiche ma anche
quelle semiotiche, ad esempio saper disegnare, ballare, ascoltare musica. Bisogna perciò considerare il
repertorio globale nella sua interezza e non soltanto selezionando quello che interessa a noi. Inoltre quando
faccio educazione linguistica non la faccio soltanto nell’ora di italiano ma la faccio in tutte le materie sempre
mettendo al centro del processo quelli che sono i suoi bisogni linguistico-comunicativi.
Una definizione un po’ diversa di Educazione Linguistica è quella di Paolo Balboni del 2012 (professore di
Glottodidattica o Didattica delle Lingue Moderne della Facoltà di Cà Foscari). Costui a parte tirar fuori la
questione della grammatica universale, di un apparato congenito attraverso il quale forse teoricamente
apprendiamo una lingua, sostiene che dopo aver acquisito spontaneamente la lingua materna nella sua
dimensione orale, la persona entra in un sistema formativo in cui inizia l’approfondimento di tale lingua dal
punto di vista della scrittura e delle dimensioni metalinguistiche
Altre tre espressioni che non hanno avuto alcuna fortuna ma che vengono proposte per completezza del
quadro sono: GLOTTODIDASSI, GLOTTOMATETICA, DIDATTOLOGIA DELLE LINGUE-CULTURE.

PRESCURSORI DELLA GLOTTODIDATTICA


Tradizionalmente vengono individuati alcuni precursori della Glottodidattica:
HENRY SWEET nel 1899 scrive questo saggio intitolato The Practical Study of Languages in cui elabora
un metodo per poter studiare le lingue in maniera secondo lui concreta e agevole.
Lui chiama questo suo metodo METODO PROGRESSIVO, per cui attribuiva un ruolo di grande importanza
alla ripetizione e alle associazioni (vd. Cane-gatto). La cosa interessante è che per lui l’unità minima di
apprendimento non fosse costituita dalla parola ma dalla frase. Per lui infatti la dimensione linguistica più
importante sulla quale lavorare è la sintassi e in questo metodo progressivo lui individua 5 fasi:
1- tramite meccanismi di costruzione e ripetizione creo abitudini articolatorie e uditive
2- si inizia a creare delle frasi grammaticalmente corrette e moltiplicabili
3- amplio il mio lessico
4- sono in grado di leggere testi letterari del presente
5- e testi letterari del passato
OTTO JESPERSEN scrive un volume tradotto nel 1953 in italiano con il titolo Come si insegna una
lingua straniera. Secondo lui per insegnare una lingua bisognava fare riferimento a contesti di uso reali.
Lui sostanzialmente trascura tutta la parte letteraria per imparare la lingua a favore di situazioni reali di
comunicazione dai quali attingere per imparare una lingua. Dava dunque importanza all’oralità e diceva che
per imparare una lingua era necessario il contatto diretto e prolungati, con l'aiuto di una varietà di esercizi.
Famoso anche per aver creato l’espressione di grammatica inventiva, una grammatica molto riduttiva…> es:
io propongo una conversazione in una caffetteria e l’apprendente induttivamente ricrea delle regole
grammaticali che poi utilizza per poter utilizzare la lingua.
HAROLD PALMER ha pubblicato ben 3 volumi:
- The scientific study and teaching languages (1917)
- The principles of Language-Study (1921)
- The teaching of oral study (1940)
Ciò che è interessante di Palmer è che si dovesse creare una gradualità, dalle forme più frequenti a quelle
meno frequenti, delle abilità da sviluppare, questo sarebbe l’ordine: comprensione orale (capire), produzione
orale (parlare), comprensione scritta (leggere), produzione scritta (scrivere)ì
Inoltre lui anticipa uno dei modelli che hanno poi cercato di spiegare lo sviluppo e l’apprendimento delle
seconde lingue, dicendo che era importante segregare i fatti linguistici per stimolare la riflessione. Lui
vedeva infatti anche un periodo di incubazione, cioè un periodo di silenzio nel quale l’apprendente potesse
riflettere finché non si fosse sentito pronto per parlare.

NASCITA DELLA GLOTTODIDATTICA


Formalmente la nascita della Glottodidattica viene fatta risalire al 1942 quando Bloomfield pubblica Outline
guide for the practical study of foreign Languages. In questo volume ancora si ha una visione
dell’apprendimento come frutto di un processo di imitazione per cui io sento parlare il nativo e
conseguentemente tramite meccanismi di ripetizione, esercizi e percorsi intensivi arrivo a parlare una
seconda lingua.
Poi il termine in sé per sé è legato alla prima rivista di Glottodidattica che nasce nel 1949 in Polonia e che si
chiama Glotodidaktica.
In Italia il termine arriva nel 1966 grazie a Renzo Titone che ha pubblicato diversi volumi tra cui:
Fondamenti scientifici della glottodidattica, Lingue estere, Tesi di glottodidattica
Nel 1968 a Venezia gli studenti di lingue chiedono ed ottengono il primo laboratorio linguistico a Cà Foscari,
viene fondato il CLADIL (centro di linguistica applicata di didattica delle lingue).
Nel 1970 Giovanni Freddi scrive Metodologia e didattica delle lingue moderne.
Nel 1975 vengono pubblicate le Dieci tesi per un educazione linguistica democratica dal GISCEL- gruppo
di intervento di studio nel campo dell’educazione linguistica) ed era un associazione in cui si riunivano
inizialmente linguisti, pedagoghi e insegnanti per migliorare l’educazione linguistica.
Loro però trascurano un po’ la parte psicologica a favore di quella linguistica e con un occhio attento al fatto
che l’educazione linguistica sia democratica: a tutti deve esser data l’opportunità di essere educati
linguisticamente e che tutti abbiamo il diritto di muoverci linguisticamente all’interno della società.

Dunque definiamo in breve la GLOTTODIDATTICA: una branca con la sua autonomia della linguistica
applicata che si occupa dell’insegnamento e apprendimento delle lingue straniere moderne.
Quello che la caratterizza rispetto ad altre scienze del linguaggio è il fatto di essere una disciplina
teorico/pratica.1

Ovviamente le lingue straniere dominano sulle altre capacità semiotiche linguistiche nella prospettiva
strettamente glottodidattica, in quella più ampia della linguistica educativa il rapporto non è di dominanza.
Tra le varie definizioni che ne sono state date alcune sono particolarmente degne di nota: una è quella di
Freddi che definisce la Glottodidattica come una costellazione disciplinare quindi tra le scienze del
linguaggio e dell’educazione (significa che la glottodidattica ha relazioni con la psicolinguistica, la
neurolinguistica, la sociolinguistica, la linguistica storica, la linguistica teorica ecc quindi ha dei legami e
forma una costellazione con tutte le scienze del linguaggio e dell’educazione).
Ciò che caratterizza la glottodidattica è quello di essere bidimensionale cioè avere una dimensione interna ed
una esterna: la dimensione interna ha come oggetto la parte più teorico-descrittiva della lingua quindi la
facoltà di linguaggio, la competenza comunicativa, fenomeni di bilinguismo e così via mentre la dimensione
esterna fa riferimento più alla parte didattica ed è regolativa e quindi prende in esame gli approcci, i metodi
didattici, i modelli di verifica e di valutazione ecc.

L1 → lingua madre, lingua che si inizia apprendere sotto i 3 anni


L2 → lingua che si apprende dopo i 3 anni (vado a vivere in Cina, imparo il cinese)
LS → lingua straniera (vado a un corso di cinese e lo imparo)
LT-LO → lingua target e lingua obiettivo, punto di arrivo del processo di apprendimento
L D’ARRIVO → più o meno solita cosa
L ETNICA → fa riferimento all’uso di una lingua non nel caso in cui io emigro in Inghilterra, ma nel caso in cui io vivo in Argentina, ho
origini italiane e mi rimetto a studiare l’italiano, la lingua delle generazione di discendenti che decido di recuperare o mantenere
L DI CONTATTO → le persone che imparano una lingua in seguito al contatto con questa (immigrazione)
2. ACQUISIZIONE E APPRENDIMENTO
Acquisizione= è tra i due il processo più naturale ed è acquisita per predisposizione appunto naturale.
È inoltre un processo inconsapevole di interiorizzazione delle conoscenze e dei saper fare che costituiscono
la competenza linguistica.  ciò significa che se io osservo un processo di acquisizione per imparare una
lingua lo faccio in maniera quasi inconsapevole. Dunque mi espongo in maniera naturale ad una lingua ed
altrettanto naturalmente questa mi entra dentro e la sviluppo.
(es. coreano che viene in Italia e impara la lingua per strada).
Apprendimento= l’esposizione alla lingua non è spontanea ma è strutturata, cioè che c’è un attenzione e
consapevolezza.

Tipi di apprendimento
 Spontaneo= qua facciamo riferimento a chi impara una lingua per la strada. Il vantaggio e lo
svantaggio dell’apprendimento spontaneo sta nell’input. E’ un vantaggio perché quantitativamente in
questo caso siamo esposti ad una quantità di input maggiore. Lo svantaggio invece sta nel fatto che
quest’input non sempre è controllato. L’altra caratteristica dell’input è quella di non avere la
funzione di creare apprendimento ma ha soltanto la funzione di comunicare. Inoltre in questo tipo di
apprendimento viene imparata una lingua in modo induttivo (ricavando regole che poi vengono
automatizzate) e quindi spesso ci sono errori, fossilizzazioni, mancanze sotto il profilo morfo-
sintattico però il vantaggio di questo tipo di apprendimento è che poggia su motivazioni molto più
forti.
 Guidato= chi impara una lingua in un contesto educativo e l’obiettivo qua diventa la correttezza. Per
raggiungere un certo livello di correttezza si procede con l’insegnamento esplicito di regole e quello
che si innesca è un processo deduttivo. Inoltre va detto che procedere solo in questo modo all’interno
della classe non è proficuo per l’apprendente. In questo caso l’apprendimento guidato poggia su
motivazioni di tipo strumentali. (cioè lo studio di quella lingua è lo strumento per riuscire ad arrivare
ad altro… superare l’esame, la certificazione ecc)
 Misto= andare a studiare la lingua in un paese in cui si parla quella lingua. E’ l’apprendimento
migliore dal punto di vista didattico perché ciò contente di combinare processi deduttivo e induttivi e
significa anche lavorare su aspetto più grammaticali ma anche su quelli più comunicativi.

Processi di acquisizione e di apprendimento della L1 e L2


• Acquisizione di L1: è la lingua che un individuo ha appreso per prima da bambino, si procede dai
significati alla lingua (prima noto che esiste un pennarello e poi lo etichetto con un nome).
• Acquisizione/apprendimento di L2: acquisizione quando la imparo per la strada, in contesti
spontanei, e apprendimento fa riferimento anche a un azione di tipo educativo.
Tratti comuni:
-fanno leva su processi di socializzazione→necessità che abbiamo di comunicare
-usano risorse cognitive e articolatorie della specie umana
-procedono attraverso fasi di sviluppo
-vi sono errori comuni
-difficoltà per strutture marcate
Differenze:
-L1 procede con lo sviluppo cognitivo e sociale del bambino, in contemporanea
-l’acquisizione di L2 dispone già di categorie e nozioni linguistiche, quando dispongo già di un apparato
linguistico
-in L2 le differenze individuali (età, personalità, ansia, stress) sembrano pesare di più
-lo studio finale raggiunto è diverso
-L1 arrivi a un livello di competenza linguistica più elevato
-per L1 è più forte il legame fra lingua e identità, in quanto lo apprendiamo in un fase di socializzazione
primaria
-in L1 l’input è più abbondante e calibrato,oltre che più favorevole all’apprendimento
-in L2 pesa di più l’apprendimento esplicito (vi do un testo, ve lo faccio leggere e vi chiedo qualcosa,
l’attenzione viene portata su un contenuto esplicitamente)
-diversità neurobiologiche fra i due processi (in L2 si riorganizza l’architettura neurale legata a L1)
-le aree cerebrali coinvolte in apprendimento tardivo in L2 sono di più
L’apprendimento di una lingua materna / L1
Per cercare di spiegare come funziona l’apprendimento sono state elaborate diverse ipotesi, nessuna spiega
da sola completamente come questo funziona. Per quanto riguarda L1,vengono raggruppate sotto 4 macro
settori, che sono state poi riprese anche per spiegare L2.
-ipotesi comportamentista (Skinner, Bloomberg): si apprende la lingua perché imitiamo l’adulto e in questo
modo creiamo delle abitudini linguistiche. Spiega il fatto che io dico una cosa e il bambino la ripete.
Problema? Lui usa la sua creatività linguistica per creare nuove frasi (es. io pulisco→io pulo). Dunque non
solo imitazione ma creazione;
-ipotesi innatista (Chomsky): ha immaginato l’esistenza di un proprio organo del linguaggio innato, per qui
l’imitazione non conta niente, nella realtà è già tutto dentro di noi, è innato.
-ipotesi cognitivista-costruttivista-interazionista: in realtà avviene con l’interazione tra l’ambiene linguistico
e predisposizione innate
-ipotesi ambientalista: senza socializzazione, senza ruolo dell’input materno non si impara

1) IPOTESI COMPORTAMENTISTA
-l’apprendimento di una lingua consiste nell’acquisizione di abitudini senso-motorie, grazie
all’associazione di risposte agli stimoli dell’ambiente con ripetizione di stimoli-risposte
-l’acquisizione avviene per imitazione (l’apprendente riproduce ciò che sento e dà una risposta a uno
stimolo) e memorizzazione
-quanto più frequente è uno stimolo tanto più è favorita l’acquisizione
-il rinforzo è il feed-back dell’ambiente quando l’apprendente realizza una risposta a seguito di uno
stimolo (positivo-negativo)→bravo che mi hai passato il pennarello
-nella didattica si usano esercizi per presentare la L2 es. trasformazione e sostituzione
-metodo audio- orale
-alta probabilità di interferenza
2) IPOTESI INNATISTA
-l’apprendimento è il risultato di un processo mentale creativo
-esiste predisposizione umana a imparare una linguaggio
-Language Acquisition Device, consente di elaborare ipotesi e di andare poi a verificarle sul campo
-grammatica universale: principi innati universalmente validi e parametri
-acquisizione di L2 diversa da L1 perché oltre alla conoscenza innata l’apprendente dispone già
anche della L1 e perché è diverso lo stato dello sviluppo cognitivo
-l’apprendente crea le regole linguistiche a partire dall’input
Problema? Scientificamente non è provata l’esistenza di un organo del linguaggio, i bambini lupo
che crescono con gli animali e imitano la loro esistenza e non quella umana
3) IPOTESI COGNITIVISTA-COSTRUTTIVISTA-INTERAZIONISTA
-cooperazione tra individui permette di sviluppare il linguaggio
-l’apprendente impara la L2 partecipando alla comunicazione: osserva e generalizza, dà significato
all’input
-c’è negoziazione del significato: aggiuistamenti continui (semplificazione lessicale, sintattica,
richieste, spostamento del topic, in base al feed back (ci adattiamo reciprocamente)
-input diventa comprensibile per promuovere l’apprendimento
-durante l’interazione l’apprendente verifica le ipotesi sul funzionamento della l2 (regole
dell’interlingua).
L’apprendimento di una L2 (pt.1)
1) TEORIE INNATISTE
-Modello del monitor (Krashen): l’apprendimento dipende da fattori interni ed esterni
all’apprendente, lui vede l’acquisizione di una L2 secondo una serie di passaggi:

AMBIENTE LINGUISTICO FILTRO ORGANIZZATORE MONITOR ESECUZIONE


INPUT INTAKE OUTPUT

Vivo in un ambiente linguistico dove vengo esposto all’input→l’input viene filtrato dal filtro affettivo (nostra
personalità)→entra nel corpo centrale, nella parte dell’organizzatore che è un meccanismo inconscio in cui
ricevo l’input, lo analizzo, lo riorganizzo e lo trasformo in intake, lo faccio mio→ fase del monitor, un
meccanismo consapevole in cui controllo quella che diventerà la mia esecuzione (autocorrezione), ovvero il mio
output, penso a cosa sto per dire.

Con questo modello Krashen fa delle ipotesi, che nessuno ha dimostrato (pertanto teoria debole):
ipotesi acquisizione vs apprendimento (sono due cose separate che non hanno niente a che fare fra
loro), ipotesi dell’ordine naturale di apprendimento, ipotesi dell’esistenza di un filtro affettivo
ipotesi del monitor, ipotesi dell’input comprensibile.

Formula di Karshen= i + input (do ai miei


studenti un testo di un liv + per stimolare il
processo di apprendimento.

-Grammatica universale (Chomsky): l’acquisizione dipende dallo sviluppo dell’organo mentale del
linguaggio, il dispositivo di acquisizione della linguaggi; senza conoscere i principi linguistici
universali non si impara una lingua perché l’input non è sufficiente né qualitativamente né
quantitativamente; imparare una lingua significa fissare il valore dei parametri della lingua obiettivo,
acquisizione di l2 è riposizionamento dei parametri in L2, questione dell’accessibilità ai parametri di
L2

2) TEORIE COGNITIVE E INTERAZIONISTE:


mentre le teorie innatiste ritengono che la facoltà di linguaggio sia innata e specifica, secondo queste
teorie non si tratta di avere un organo, una capacità innata, ma di fare leva su altri meccanismi di tipo
cognitivo, dalla memoria alla capacita di creare legami neuronali.
Si apprende la lingua come un processo mentale in cui ascoltando L2, faccio un ipotesi su una certa
parola, costruisco una regola mentale e poi vado a verificare se funziona o meno.
Se l’altro mi capisce funziona.

• Approcci cognitivi:
-Modello ACT (Anderson): fa riferimento alla differenza tra conoscenza esplicita/implicita e
dichiarativa/procedurale. L’acquisizione avviene con automatizzazione e ristrutturazione delle
conoscenze esplicite grazie a pratica frequente.
-Modello dell’Information processing (Mc Laughin): l’apprendimento è il passaggio tramite la
pratica da processi controllati a processi automatici.
-Ipotesi del noticing (Schmidt): la conoscenza esplicita di regole di L2 funge da facilitatore
acquisizionale aiutando l’apprendente a noitare alcuni tratti dell’input e favorendone l’elaborazione.
-Modello dichiarativo/procedurale (Ullman): la memoria dichiarativa (lobo temporale) ha a che fare
con il lessico e le conoscenze linguistiche arbitrarie, mentre la memoria procedurale (strutture
frontali, parietali, ecc) hanno a che fare con la grammatica basata su regole.
-Modello della processabilità (Pienemann): quello che io faccio quando parlo una lingua è
processarla, per fare questo devo rispettare delle sequenze di apprendimento, si apprende solo ciò
che sono in grado di processare per interazione tra fattori cognitivi e psicosociali, allo stesso modo io
insegnante devo insegnare solo ciò che può essere processato

• Approcci funzionalisti (correlano acquisizione con funzionalità comunicativa, si dà rilievo alla


funzione che una parola assume all’interno di una comunicazione):
-Competition model (): dice che l’apprendimento avviene perché l’apprendente nota degli indizi,
attribuisce loro un certo valore, e a quel punto scattano i meccanismi di ipotesi, utilizzo e quindi
apprendimento. Si basa su tre elementi: i criteri della propria L1, quelli universali e poi della l2.
-Approccio tipologico-funzionale (Givon): quando iniziamo a imparare una lingua succede che di
solito partiamo da un modo comunicativo pragmatico, per cui frasi brevi e semi fisse, e sviluppiamo
via via un modo comunicativo sintattico, non lavoro più per mattoncini separati fra loro.

• Approcci connessionisti (secondo questo approccio l’acquisizione avviene perché si vengono a


creare dei legami fra i neuroni)
-Modello neurale: l’acquisizione avviene con lo stabilirsi e il rafforzarsi di interconnessioni tra unità
neurali basate sul riconoscimento di associazioni fra forme linguistiche e categorie linguistiche.
-Modello unificato (Mac Whinney): l’apprendimento di L1 e L2 poggia sullo stesso tipo di
meccanismo ovvero la formazione di reti neurali dove ci sono vere e proprie mappe autoorganizzate.
-Approcco costruttivista (Goldeb): prima si imparano le routines, poi i pattern e infine le costruzioni
astratte

3) TEORIA AMBIENTALISTA che non guarda a quello che succede nello specifico ma i fattori esterni
che spingono o rallentano l’apprendimento di un L2
-Modello dell’accultarazione (Shuman) : gradualmente non imparo solo L2, ma imparo a conoscere
anche la sua cultura; il successo di questo processo è condizionato da diversi fattori quali distanza
sociale (il gruppo di origine dal quale provengo ha un grado di chiusura così elevato che non mi
consentedi avvicinami alla lingua target), e distanza psicologica (quello che può succedere è che
l’individuo subisca una vero e proprio shock culturale e linguistico causato da più motivazioni.
-Ipotesi interazionista (Long): vede nell’interazione con i nativi la chiave dell’apprendimento

4) TEORIE SOCIO-INTERAZIONISTE
-Cooperazione (Bruner): senza meccanismi di cooperazione non è possibile che l’input sia
comprensibile e non è possibile innescare meccanismi di apprendimento

Se non basta quello che abbiamo detto, vediamo i Modelli integrati:


-Modello multidimensionale: l’acquisizione avviene per interazione tra principi e processi cognitivi,
strategie universali di elaborazione linguistica e fattori socio contestuali
-Modello integrato (Gass): acquisizione di L2 in 4 fasi: 1) percezione dell’input che chiama in causa i
fattori personali psicologici e ambientalista, 2) comprensione dell’input (faccio leva per comprendere
sulle conoscenze linguistiche universali + interazione), 3) accettazione input (lo faccio mio, utilizzo
meccanismi per cui immagino un’ipotesi e verifico il funzionamento, 4) integrazione dell’intake nel
sistema dell’interlingua.
L’apprendimento di una L2 (pt.2)
Visti tutti questi modelli entriamo nel merito di questo.
Negli anni 50 si sviluppa un forte interesse nei confronti dell’apprendimento di una seconda lingua e un
filone di ricerca che proponeva il confronto tra la lingua di partenza e la lingua di arrivo per individuare
quelli che potevano essere gli errori potenziali degli apprendenti → ANALISI CONTRASTIVA
Negli anni 60 ci si accorge che tutte queste analisi sono infondate, gli errori immaginati non si verificano →
ANALISI DEGLI ERRORI
Interpretazione dell’errore di Pit Corder (1967)→ l'errore è indizio di un sistema linguistico in formazione
(idea della competenza transitoria/grammatica dell'interlingua), non è frutto di imitazione o abitudine legata
alla L1 bensì alle capacità creative dell’apprendente.
Quello che Corder delinea molto bene è l’idea del CONTINUUM, cioè il fatto che l’apprendente si muova su
un continuun di apprendimento che deve continuamente ristrutturarsi (es. il fatto che io dico anziché “io
vado” , “io ando”→ quindi generalizzo un paradigma che nella mia testa fa parte delle regole della mia
interlingua).
Costui propone la distinzione tra tipi di errori differenti: cioè secondo lui esiste una differenza sostanziale tra
i cosiddetti errori di COMPETENCE e di PERFORMANCE.

hanno a che fare con il mio sistema linguistico lo so fare benissimo quel concetto ma mi
(es. ancora non sono in grado di fare l’accordo tra sfugge l’errore, di solito non si correggono
nome e aggettivo e quindi ancora non l’ho imparato) perché ogni tanto una scivolata ci sta

INTERLINGUA E VARIETA INTERLINGUISTICA


Nel 1972 Selinker conia questo il termine INTERLINGUA, si tratta di un sistema linguistico a sé stante per
tutte le proprietà linguistiche, indipendente dalla L1 e dalla L2 che risulta dal tentativo di produzione da
parte dell’apprendente di una norma della lingua obiettivo (dunque è un sistema linguistico a sé che è il
frutto del mio tentativo di formulare regole nella lingua che sto imparando).
L'interlingua è condizionata da input, fattori affettivi, fattori linguistici e strategia universali di
apprendimento.
Lo sviluppo dell’interlingua è diverso dalla L1 per:
1. Fossilizzazione
2. Transfer linguistico= influenza che la L1 esercita nel momento in cui apprendiamo una lingua altra.
(Es: ho visto a Marco ieri al parco).
3. Transfer di insegnamento= è collegato al contesto in cui noi stiamo apprendendo una lingua e quindi
quello che un apprendente impara è in buona misura dettato anche da ciò che gli viene fornito
dall’insegnante.
4. Strategie di acquisizione della L2
5. Strategie di comunicazione in L2
6. Generalizzazione del materiale linguistico della L2

VARIETA’ INTERLINGUISTICA: Si tratta di un’altra espressione molto diffusa negli studi sulla seconda
lingua e nella didattica con cui si intende una rete di regole diversa dalla L1 di partenza e dalla L2 di arrivo
anche se si fonda su regole provenienti da queste. La varietà interlinguistica è un sistema dinamico, creativo,
variabile, soggetto a fossilizzazioni: dinamico perchè l’attenzione viene spostata dal prodotto al processo,
creativo perché quando noi parliamo io applico delle regole e quindi riesco a generare un numero infinito di
frasi sulla base della regoletta grammaticale, variabile perchè la mia interlingua non sarà uguale a quella di
nessun’altro perché ci saranno sempre delle differenze, e soggetto a fossilizzazioni, quindi soggetta a
rimanere ancorata ad un livello evolutivo non al passo con quello dell'intero sistema.
Fattori interni che incidono sull’apprendimento L2
1. Età: nelle prime fasi di vita l’acquisizione è più elevata
2. Attitudine: l’inclinazione individuale dell’abilità linguistica innata e acquisita allo stesso tempo, è
importante ma non determinante
3. Motivazione: culturale (es. studiare italiano per opera lirica, studio giapponese per i manga),
integrativa (allo scopo di viverei in un posto)
4. Stile cognitivo: è quello stile che ciascuno di noi adotta nel momento in cui deve fare qualcosa,
affrontare un compito, elaborare un informazione
5. Fattori affettivi: fra cui l’autostima, la personalità e l’ansia che può avere anche un effetto facilitante
oltre a quello debilitante.

Fattori esterni che incidono sull’apprendimento L2


1. Fattori sociali: l’ambiente della classe in cui mi trovo, l’ambiente socioculturale (esco di classe e me
ne sto per conto mio), variabili sociali, distanza sociale e distanza psicologica fra la mia lingua e la
lingua di arrivo
2. Input linguistico: non tutto l’input diventa intake , non è sufficiente la sola esposizione all'input
(input=insegnante, contesto socio-culturale o entrambe), ci vuole anche un attività metalinguistica

Analisi dei bisogni dell’apprendente


Quando devo iniziare un corso e mi viene affidata una classe, devo pormi alcune domande relative a chi avrò
davanti, per poi fare la programmazione della mia attività didattica.
Sono insegnante di una classe in cui ci sono 10 studenti Erasmus: quali sono le situazioni comunicative in
cui si troverà il mio apprendente e le motivazioni allo studio dell’italiano? Interagire con professori, cercare
casa, trovare materiali didattici, dunque immagino le necessità in cui dovrà utilizzare la lingua. Una volta
analizzati i contesto d’uso possibili, posso fare un elenco di atti linguistici, atti comunicativi come chiedere
qualcosa, ringraziare, dare un avviso.
Quali abilità linguistiche (parlare, scrivere, leggere, ascoltare) saranno più utili? Prima di tutto capire un
testo, e quali tipi di testo dovranno gestire? Libri per esami, email, testo orale, etichetta del supermercato.
Di conseguenza che contenuti inserirò nel mio corso? Sicuramente quelli necessari alla vita quotidiana e
legati alle discipline che studiano, linguaggi speciali.
Quali difficoltà incontrano gli studenti? Quelle delle aspettative e abitudini di studio.
Devo anche fare i conti con le competenze in entrata, decido che cosa fare nella mia classe anche sulla base
del livello di partenza, tramite test d’ingresso.
Preferenze per la metodologia didattica

APPRENDIMENTO SPONTANEO DELL’ITALIANO DA PARTE DI


IMMIGRATI
In Italia si è iniziato a interessarsi all’acquisizione di seconde lingue non tanto perché gli italiani studiavano
le lingue, ma piuttosto per un fenomeno di tipo sociale ovvero l’immigrazione. Perché proprio il caso degli
immigrati? Per l’idea che l’apprendimento spontaneo degli immigrati sia più naturale rispetto a quello
guidato.
• Tappe principali studi italiani
-1981: primo articolo scientifico sulla questione della lingua degli immigrati di Massimo Vedovelli,
fino ad ora nessuno si era posto questa questione
-1985: “Progetto Pavia” di Anna Giancarlo Daramatte per analizzare l’apprendimento dellì’italiano
da parte degli immigrati, progetto che si sofferma soprattutto sulla componente morfosintattica in
quanto è più facile lavorare sulla grammatica
Cosa fanno in questo progetto? Hanno raccolto un corpus di produzioni di immigrati di varia origine
che erano qui da tempi diversi, li hanno fatti parlare e hanno analizzato questi dati linguistici
-1992: Convegno SLI (Societa Linguistica Italiana) sull’italiano L2 di Anna e Massimo
-1993: Primo lavoro di sintesi dei risultati
-2003: Pubblicazione di “Verso l’italiano”, volume di sintesi che sintetizza tutti gli studi che in
questo arco temporale vengono fatti.
MODELLI SEGUITI DALLA LINGUISTICA ACQUISIZIONALE:
-correlativo (correlazione tra sequenze di apprendimento e tratti socio-culturali (da dove viene ecc)
-funzionale (modello che mette l’accento sulla funzione e non forma
-della processabilità, per cui possiamo imparare una certa struttura solo nel momento in cui siamo in grado di
analizzarla
-degli universali tipologici e linguistici (se in una lingua c’è una certa funzione significa che ce ne è un’altra,
per cui una funzione x implica una funzione y)

Questo quadro di modelli spiega non tutto, perché c’è la questione di variabilità:
1. dei bisogni,
2. delle motivazioni,
3. della capacità linguistiche dell’apprendente
4. del tipo di input

che influenzerebbe: la strutturazione del processo, il tempo del processo e il prodotto finale

LE VARIETÁ INTERLINGUISTICHE DELL’ITALIANO


Anche se ogni individuo sviluppa un sistema proprio è possibile raggruppare le varie interlingue per stadi o
tappe di apprendimento (CONTINUUM LINGUISTICO), una volta che inizio a usare appropriatamente una
struttura passo allo stadio successivo. Questo passaggio dipende da fattori personali, ed è influenzato dalla
distanza tipologica tra l’italiano e la lingua di partenza dell’apprendente. Questi stadi hanno una relazione
implicazionale.
Per l’italiano sono state individuate 5 varietà:
intermedie
(+lungo) in sviluppo avanzate

prebasica basica postbasica

PREBASICA: fase in cui tutto è ridotto, mancano i verbi, preposizioni, articoli, struttura essenzialmente
nominale che ruota intorno a parole chiave, giocano un ruolo importante il contesto discorsivo, situazionale,
comoscenze ocndivise, gesti, aiuto locutore nativo e la L1
BASICA: frasi con verbi essenzialmente usati in presente infinito, forma non flessa, grammatica quasi
assente, a livello lessicale uso una stessa parola in maniera ad esempio estesa,
POST-BASICA: frasi con verbo flesso, prime subordinate, forme di accordi ad esempio aggettivo e nome, si
passa da organizzazione frasi solo semantiche ma anche sintattiche
Esempi di sequenze di acquisizione:
• modalità implicita, segnali non verbali, gesti→elementi lessicali→ mezzi grammaticali
• accordo di genere pronome→art. det→ art. indet→aggettivo attributivo→aggettivo preducativo→ part.
Pass
• numero→genere
I LIVELLI DI DI COMPETENZA
C2 (nativeness)

Varietà post-basiche

A1 Varietà basica

Quadro comune europeo Linguistica acquisizionzale

Si tratta di due quadri perfettamente paralleli, la differenza è che il primo prende una forbice molto più ampia
del continuum di sviluppo della competenza.

Cosa è la competenza linguistica?


Chomsky, 1965→ È la conoscenza che un parlante ideale ha del proprio sistema linguistico ed è distinta
dall’esecuzione, ossia dall’uso del linguaggio nelle situazioni concrete.
Dal 70→É la capacità di utilizzare le proprie conoscenze per produrre testi adatti ad una certa situazione
comunicativa→da qui competenza comunicativa.
Questa:
-include la conoscenza del sistema linguistico ma è intesa soprattutto come capacità del parlante di produrre
testi comprensibili e coerenti con i diversi contesti di comunicazione,
-è la capacità di selezionare le forme più adatte al contesto secondo le norme sociali,
-l’evento linguistico è l’unità di analisi perché il linguaggio è agire sociale.
(Hymes, 1972)
Secondo lui gli elementi che devo considerare nel momento in cui pianifico un lavoro didattico sono:
situation, people, ends, act sequences, key, instrumentalies (canali di comunicazione), norms (regole che
limitano il nostro agire linguistico, genres (generi testuali).

La competenza linguistico-comunicativa è articolabile in 3 componenti:


1) dimensione linguistica (conoscenza del sistema)
2) dimensione sociolinguistica (regole di cortesia)
3) dimensione pragmatica (capacità di gestire le situazioni in cui avviene un’interazione, es. bar)

IL BILINGUISMO
•Weinreich: dice che il bilinguismo è la pratica dell’uso alternativo di due lingue
•Bloomfield: è bilingue solo chi ha una conoscenza nativa di due lingue
•MacNamara: si è bilingui se si possiede una competenza linguistica minima in una delle 4 abilità
linguistiche
•Grosjean Li: è l’uso di 2 o più lingue o dialetti nella vita quotidiana
Il bilinguismo non è statico nel senso che può peggiorare o migliorare, è indipendente dal grado di
conoscenza delle due lingue ed implica anche la conoscenza di due diverse culture.
Un bilingue ha il vantaggio di avere una maggiore velocità di alfabetizzazione, maggior consapevolezza
linguistica, aumento della capacità di attenzione, ritardo nel decadimento senile di facoltà mentali.
MULTILINGUISMO: caratterizza aree geografiche e culturali in cui si parlano, più o meno ufficialmente,
lingue diverse
PLURILINGUISMO: si identifica con una dimensione propria della semiosi umana che permette a ciascuno
di variare codici e modi di comunincazione in rapporto ai bisogni, ai destinatari, agli scopi e ai contesti. Ciò
vuol dire che ognuno di noi si muove necessariamente in uno spazio plurilingue, anche se con gradi molto
diversi di consapevolezza e padronanza, che dipendono sia dalla storia linguistica personale sia
dall'educazione linguistica ricevuta.

IL PARLANTE NATIVO SECONDO DAVIES: tutti sono parlanti nativi di una lingua se hanno acquisito
la L1 da bambini, se hanno intuizioni sulla propria grammatica, se sanno distinguerla da un altra, se ha una
specifica competenza comunicativa e una specifica capacità di tradurre, interpretare e utilizzare la L1.
3. LA POLITICA LINGUISTICA EUROPEA
La politica linguistica europea nasce con lo scopo di diffondere il plurilinguisimo e difendere le lingue meno
diffuse e meno insegnate comprese quelle delle minoranze linguistiche, portando i cittadini a conoscere 2
lingue straniere oltre alla lingua materna. Alla base di questa c'è il concetto secondo cui la diversità
linguistica è una risorsa e non un ostacolo→l'Unione rispetta la diversità culturale, politica, religiosa e
linguistica
Nell'UE si contano 24 lingue ufficiali parlate in 28 stati più oltre 60 lingue regionali o minoritarie; a queste
vanno poi aggiunte le 23 diverse lingue gestuali utilizzate dai non udenti, i dialetti e le lingue immigrate.

I diritti dei cittadini dell'UE


– diritto a usare una qualsiasi delle lingue ufficiale nella corrispondenza con l'UE
– tutti i regolamenti e gli atti legislativi UE sono pubblicati in tutte le lingue ufficiali (no irlandese)

Cronologia dei progetti linguistici europei


Anni 60-70→progetti per la diffusione delle lingue minoritarie e per l'inserimento dei migranti dell'Europa
meridionale
Anni 80→si esaurisce la spinta propulsiva dei grandi progetti europei
Anni 90→ riprende la spinta propulsiva verso una grande progettualità

Vediamo alcune tappe raggiunte dalla politica linguistica europea nel corso della storia:
•Convenzione culturale europea (1954): Art 2. Ogni parte contraente incoraggerà i suoi nazionali allo
studio delle lingue, della storia e della civiltà delle altre parti e si sforzerà di diffondere lo studio
della sua lingua, della sua storia e della sua civiltà
•Divisione delle politiche linguistiche (1957): opera nei programmi educativi promossi dal Consiglio
d'Europa e costituisce un forum di confronto tra esperti di vari stati:
- tutti hanno diritto di acquisire un livello di competenza comunicativa in diverse lingue in base alle
loro esigenze
- l'Europa è multilingue e tutte le lingue hanno lo stesso valore
- accettazione delle differenze e comunicazione interculturale
-la competenza plurilingue facilita la partecipazione ai processi democratici e sociali
•Centro Europero per le lingue moderne (1994): aiuta gli stati membri ad attuare le politiche linguistiche
educative migliorando la pratica nel campo dell'apprendimento e dell'insegnamento delle lingue,
promuovendo il dialogo e lo scambio tra le persone, formando i moltiplicatori e apportando il
sostegno alle reti e ai progetti di ricerca
•Quadro Comune Europeo di Riferimento (2001): nato per promuovere e facilitare la cooperazione fra
istituzioni educative in differenti nazioni, per provvedere una solida base per il reciproco
riconoscimento delle qualificazioni linguistiche e per assistere apprendenti, insegnanti e enti.
Il QCER è flessibile, aperto, dinamico, di facile uso e non dogmatico
•Portfolio europeo (2001): passaporto di autovalutazione delle proprie competenze linguistiche con i
descrittori del QCER, una sorta di biografia linguistica
•Trattato sull'Unione Europea (2007): Art 3. Essa rispetta la ricchezza della sua diversità culturale e
linguistica e vigila sulla salvaguardia e sullo sviluppo del patrimonio culturale europeo
•Carta fonddamentale dei diritti dell'UE (2007): Art 22. L'Unione rispetta la diversità culturale, religiosa
e linguistica
•Guida per lo sviluppo e l'attuazione dei curricuoli per una educazione plurilingue e interculturale
(2010): documento per la messa in pratica degli assunti teorici del Consiglio d'Europa e dell'UE,
quali educazione plurilingue e interculturale, progettazione di curricula, trasversalità
dell'apprendimento
LE COMPETENZE GENERALI
 Conoscenza dichiarativa: SAPERE (conoscenze empiriche o accademiche)
 Conoscenza procedurale: SAPER FARE ( skills e know-how)
 Competenza esistenziale: SAPER ESSERE (personalità, atteggiamenti, motivazioni, valori).
 Abilità ad apprendere: SAPER APPRENDERE (abilità cognitive + altre conoscenze)

MODELLO DI COMPETENZA LINGUISTICO-COMUNICATIVA


1. competenze linguistiche (forma): è quella che si rifà alla forma, alle conoscenze lessicali, morfologiche e
sintattiche, abilità. Non solo ampiezza e qualità delle conoscenze ma anche organizzazione cognitiva e
accessibilità→CORRETTEZZA
2. competenze sociolinguistiche→ADEGUATEZZA
3. competenze pragmatiche→EFFICACIA

1. All’interno delle competenze linguistiche vi sono la:


• COMPETENZA FONOLOGICO-ORTOGRAFICA
-differenziazione regionale
-dimensione prosodica
-ortografia
-punteggiatura
• COMPETENZA GRAMMATICALE
-morfologia e sintassi
-repertorio memorizzato di frasi semplici > conoscenza sistematica, controllo grammaticale.
- strutture correlate agli obiettivi comunicativi e funzionali.
-sillabo a spirale (tornare su un certo aspetto più volte)
-sintonia tra apprendimento formale e spontaneo (uno non esclude l’altro, ci deve essere sintonia).
• COMPETENZA LESSICALE
-elementi lessicali: parole isolate, formule ricorrenti, espressioni idiomatiche.
-elementi grammaticali
-ampiezza del vocabolario (VDB vocabolario di base)
-padronanza include conoscenza delle proprietà: fonetica e ortografia, semantica, morfologico-
derivativo, sintattico ma anche pragmatici.
• PADRONANZA LESSICALE
-semantico: varie eccezioni (penna), usi figurati (finestra), usi connotativi (cane), relazioni di
significato con altre parole (integro).
-morfologico-derivativo (pane…)
-sintattico: regolare +S +O +OI, innamorarsi +di… ; contrario + a…

2. Per quanto riguarda la componente sociolinguistica:


-capacità di gestire la comunicazione in relazione alla dimensione sociale, ai fattori contestuali.
-sensibilità alle convenzioni sociali, alle regole di cortesia, alle norme che regolano rapporti tra
generazioni e gruppi sociali diversi, differenze di registro, espressioni di saggezza popolare.

3. Per quanto riguarda le competenze pragmatiche ovvero gli usi funzionali:


-uso delle risorse linguistiche nella gestione degli scambi interattivi
-gestione del rapporto tra dimensione linguistica
-competenza discorsiva (capacità di adattare al contesto i propri messaggi).
-competenza funzionale (usare i messaggi per realizzare funzioni comunicative)
-competenza di pianificazione (progettare i propri messaggi secondo copioni interazionali
pianificati)
Continuum evolutivo, verticale ed orizzontale, di elaborazione di sistemi provvisori di varietà
interlinguistiche.

DIMENSIONE VERTICALE: livelli di competenza


DIMENSIONE ORIZZONTALE: parametri di gestione delle attività comunicative, cioè ambiti e domini
d’uso (pubblico, personale, occupazionale, educativo), contesti di comunicazione, abilità, testi.
C= UTENTE COMPETENTE (competenza più estesa)
B= UTENTE INDIPENDENTE (non ha bisogno del sostegno dell’interlocutore)
A= UTENTE BASICO

6 livelli: A1 A2 B1 B2 C1 C2

Come stabilire la competenza di un apprendente?


-parametri di tipo pragmatico-globale e non strutturale
-indicatori pragmatici =fluenza, flessibilità, coerenza, sviluppo tematico, precisione
-indicatori linguistici = livello generale, livello di vocabolario, accuratezza grammaticale, controllo del
lessico, controllo fonologico, controllo ortografico.
4. LA DIDATTICA DI UNA L2
RAPPORTO TRA LINGUISTICA ACQUISIZIONALE E GLOTTODIDATTICA.
Punti di contatto:
-a partire di Pienemann che ha elaborato la teoria dell’apprendibilità (l’apprendente può imparare solo quelle
strutture che sono al suo livello e poco più), e si arriva all’ipotesi dell’insegnabilità per cui devo fare una
selezione come docente di elementi e strutture che possono essere insegnate rispetto al livello attuale dei
miei studenti
-relativo a un filone di studi che hanno valutato il peso dei processi di negoziazione del significato: hanno
visto che nel momento in cui l’apprendente viene aiutato dal suo interlocutore, questo tipo ti meccanismo
può essere paragonato a quello che succede in classe con il docente
-Interection Hypothesis di Long, il quale sostiene che l’input che io fornico ai miei studenti, il feedback che
xxszsgli do, l’output che producono, contribuiscono a favorire i loro processi di acquisizione, più si
interagisce piu ci si riesce
-ruolo dell’istruzione, dipende dal tipo di istruzione
-trattamento degli errori (Pit corder): la correzione può venire in momenti e modi differenti, può essere una
correzione del docente, oppure da parte del gruppo dei pari, può essere fatta come no.
Come posso intervenire di fronte a un’errore?
1) nessuna correzione, do l’input corretto ma non intervengo aspettando che si autocorregga (evidenza
positiva)
2) correzione esplicita, faccio notare l’errore, lo analizzo, lo spiego e do la risposta corretta (evidenza
negativa)→più efficace
3) correzione implicita o recast, se l’altra persona dice ho andato, mi limito a riformulare quello che ha detto

MODALITÀ DI APPROCCIO ALLA DIDATTICA:


-focus sul significato,
-focus sui compiti (simulazione di cose da fare, giornalino di classe in l2),
-focus on form (legato al contenuto, al significato delle parole, può avvenire sia attraverso un focus esplicito
che implicito quindi sia in maniera pianificata che accidentale)
-focus on formS (focus sulle strutture grammaticali)
Noms e Ortega hanno dimostrato che un focus esplicito è più efficace, in quanto è attraverso questo che
attivo i processi di attenzione, di noticing, per cui elaboro quella cosa, l’acquisisco e la faccio mia .

L’istruzione è dunque utile per apprendere una L2? Si, per tre questioni:
1) noticing (Schmidt)
2) processing instruction (Van Patten): io devo aiutare il mio apprendente a processare l’input in maniera
esplicita
3) differenza didattica (Rastelli): se la didattica è di qualità

DIDATTICA ACQUISIZIONALE.
Nel 2003 Vedovelli e Villarini hanno cominciato a parlare di questa, di una didattica che tenga in
considerazione gli esiti degli studi della linguistica acquisizionale. Secondo loro si tratta di un modello
teorico di didattica linguistica che si rapporta alla linguistica acquisizionale, dunque che rispetti le fasi di
sviluppo dell’acqusizione dellla L2 e non violi le sequenze acquisizionali.

Nel 2009 anche Rastelli parla di didattica acquisizionale e dice che è la didattica che fa leva sugli elementi
che favoriscono l’apprendimento e che sono tipici di una classe di lingua, dunque il feedback, il rinforno del
noticing, la cura dell’output, e i vantaggi sul lungo periodo dell’insegnamento esplicito.

Quale obiettivo ha la didattica in L2?


-competenza d’uso o comunicativa
-competenza sull’uso o metalinguistica (ragionare e riflettere sulla lingua)
-competenza microlinguistica
-competenza traduttiva
-competenza cross culturale
RUOLO DEL DOCENTE E DELL’APPRENDENTE
La didattica delle lingue è molto cambiata nel corso del tempo, fino alla metà del secolo scorso il docente era
visto come un maestro, con il tempo il docente perde questa sua centralità e viene responsabilizzato per altri
versi, ad esempio gli viene lasciata più autonomia. Quello che adesso caratterizza il docente è la sua
creatività, oggi ci sono infatti molteplici possibilità grazie anche alla tecnologia che danno tantissimo
margine al docente per inventarsi le cose. È per questo che più che parlare di docente, si arriva a parlare di
docente ricercatore.
Mette al centro l’apprendente, tutti oggi possono essere apprendenti mentre per secoli solo chi viaggiava
imparava una lingua.
Lo sforzo che viene richiesto al docente è di essere creativo, e deve esserlo nell’organizzazione della lezione,
nei materiali linguistici, nel assumersi un ruolo chiave nelle interazioni, nelle modalità di esecuzione delle
consegne, nelle forme di verifica dell’apprendimento.
E come faccio a essere creativo? Dobbiamo dotarci di una sorta di cassetta degli attrezzi da cui pescare a
seconda di quello che ho davanti, non ho sempre lo stesso pubblico di apprendenti

LA PROGETTAZIONE:
-analisi della situazione di apprendimento/insegnamento: quali sono le caratteristiche degli appendenti? (età,
studenti bilingue, tempi, luogo, risorse)
-analisi dei bisogni (1973 – Richterich): è a partire da questi che riesco a definire gli obiettivi del corso, ma
come stabilisco quali essi siano? Devo tenere in considerazione gli atti linguistici che gli apprendenti devono
attuare, le motivazioni della scelta di questo corso, i tipi di testo che saranno necessari per loro, le abilità
linguistiche, i contenuti, le forme e le strutture indispensabili per svolgere gli atti linguistici, le competenze
in entrata tramite il placement test, le aspettative, e abitudini di studio, e gli stili di apprendimento
-definizione degli obiettivi
-definizione del sillabo
-scelta del metodo, delle tecniche e del materiale da utilizzare
-definizione della modalità di verifica

A dai bisogni linguistici degli studenti stabilisco quali mete e obiettivi voglio raggiungere?

ha un raggio d’azione più a lungo termine è più circoscritto, direttamente


non è direttamente misurabile corrispondenza dell’atto

METE EDUCATIVE (condivise o proprie di qualsiasi contesto educativo a prescindere della disciplina che
si va a studiare)
1) socializzazione →favorire i processi di socializzazione dell’individuo
2) autopromozione → aiutare l’apprendente e realizzare se stesso e i propri fini
3) culturizzazione relativismo culturale→ capacità di maturare il rispetto di ciò che è l’altro

METE GLOTTODIDATTICHE (Freddi, 1994)


1) comunicare con gli altri attraverso lo sviluppo delle abilità linguistiche
2) interagire sulla base delle proprie intuizioni secondo convenzioni sociopragmatiche
3)apprendere a riflettere
4) esprimere un mondo interiore

Come si traduce una meta in un obiettivo?


Gli obiettivi glottodidattici sono riassunti in 3 categorie:
- sviluppo abilita linguistiche (saper utilizzare la lingua le abilità primarie di parlare, scrivere, leggere
ascoltare)
- sviluppo di operazioni linguistico-comunicative (saper utilizzare la lingua per poter fare qualunque cosa)
- sviluppo della competenza d’uso e sull’uso (saper riflettere sulla lingua)
COME FARE LA PROGRAMMAZIONE DIDATTICA?
Obiettivi
Metodo, tecniche e materiali
Curriculo (sorta di piano di lavoro, che cosa mi prefiggo di fare settimana per settimana)
Sillabo (elenco dei contenuti che decido di affrontare nel corso)
Tempi che mi sono imposti

MODELLI DI PROGETTAZIONE DIDATTICA:


Negli anni 70 era diffuso un modello di progettazione didattica per obiettivi, alla base vi era un idea dello
sviluppo del linguaggio di matrice comportamentista, sviluppava un idea di concezione lineare (parto da qui
poi vado la, e seguo una linea) e cumulativa (faccio questo+questo+questp). La scelta seguiva il principio di
partire dal più semplice verso il complesso. Gli obiettivi sono ben identificabili e isolabili.
Negli anni 80 si diffonde un modello di progettazione didattica per sfondi integratori, la cui matrice è
gestaltica quindi legata al contesto, viene tutt’oggi usata nella scuola dell’infanzia e primaria.
In auge si sono sviluppate modelli di progettazione didattica per compiti dove la caratteristica saliente è data
dal fatto della significatività dei compiti, è necessario legare un compito a quello che è il mondo reale, si
tratta anche di porre un problema di natura comunicativa al mio apprendente e vedere se è in grado di
risolverlo.

MODELLO PER TASK


Si sviluppa in 3 fasi:
- introduzione all’argomento, pianificazione del compito, consapevolezza strutturale (pre-task)
- esecuzione del compito, pianificazione e resoconto (tast cycle)
- analisi ed esercitazioni (post-task)

CURRICULUM
- esplicita le indicazioni nazionali: programmi imposti dal Ministero che si dovrebbero sviluppare in tutte le
classi
- è un piano di lavoro effettivo di un intero ciclo scolastico
- è stato sempre interpretato in dimensione bidimensionale (livello scolastico e di competenza), oggi si
interpreta in dimensione tridimensionale (si tengono in considerazione i domini, le situazioni, gli
interlocutori con cui ho a che fare)
Il curricolo deve mirare a:
-formare elementi contenutistici, lessicali, strutturali per gestire tutte le istuzione comunicative
-sviluppare la competenza comunicativa con contesti e scopi precisi
-creare spazi di riflessione metalinguistica
Quando elaboro il mio curriculum devo lavorare su 7 elementi:
•identificazione dei bisogni
•determinazione degli obiettivi
•definizione dei contenuti
•selezione e creazione dei materiali
•metodi di insegnamento e apprendimento
•organizzazione della classe
•testing e valutazione

IL SILLABO
É la specificazione dei contenuti, all’interno del sillabo faro un elenco dei domini e dei contesti d’uso che
prevedo siano utili, quali varietà dell’italiano o di qualsiasi lingua andrò ad insegnare, quali sono gli usi della
lingua su cui lavorerò, quali le tipologie e i generi testuali che proporrò, quali le strutture fonologiche e
morfosintattiche, e quale il lessico di riferimento.
Nel corso del tempo si sono succeduti tipi di sillabi differenti: il primo fu quello formale grammaticale dove
l’obiettivo era l’acquisizione formale di regole della grammatica per fare una produzione, il secondo fu di
tipo funzionale dove l’obiettivo diventa la fluenza, il terzo è quello processuale incentrato su attività e
compiti.
Possiamo avere sillabi: lineari (processo per cui parto da un punto ed arrivo ad un altro senza tornare indietro
su ciò che ho fatto) ≠ ciclico spirale
Come si costruisce un sillabo?
1) La domanda da cui devo partire è: che cosa deve saper fare in italiano un ragazzo di origine straniera in x
classe?
2) Pensare al dominio all’interno del quale i miei apprendenti si muoveranno (ambienti, istituzioni, oggetti,
persone, eventi, azioni, testi)

es. A1: come mi chiamo, mi piace/non mi piace, vorrei, quanto costa, età, giorni, mesi, posso, che ore sono,
presente, chiedere informazioni, raccontare, descrivere

Quali modi di insegnare?


LA LEZIONE: Gruppi numerosi con competenze ed obiettivi comuni, insegnamento frontale, approccio
deduttivo, docente non madrelingua, apprendimento a distanza (videoconferenze)

Il docente durante la lezione può lavorare per:


-UNITA DIDATTICHE: presentazione e motivazione, accostamento globale al testo, induzione delle strutture
morfosintattiche, applicazione delle strutture indotte, sistematizzacion e controllo/verifica
-UNITA DI APPRENDIMENTO (più flessibile, maggiore rilievo dei processi cognitivi e psicolinguistici):
introduzione con presentazione dei contenuti, istruzioni operative e collocazione dell'UdA nel modulo, poi
rete di UdA e conclusione con testing.
-MODULO: blocco tematico concluso in sé, raccoglie i contenuti di più UD, è autosufficiente e flessibile,
deve essere valutato autonomamente.
-LEARING OBJECT: risorsa online per l'apprendimento autonoma, modulare, condivisibile e riutilizzabile.
-UNITA DI LAVORO: micropercorso di apprendimento guidato, lavoro condiviso, percorso in sé concluso.
Ipotesi unità di lavoro→scambi comunicativi sui materiali delle unità (racconti di esperienze ed opinioni),
input sempre diversi, attività di comprensione e di produzione sia individuali sia di gruppo, riflessione
metalinguistica, attività di verifica, mimica, gestualità e supporti visivi per favorire la comprensione globale.

TECNICHE DIDATTICHE
Attività per guidare e sostenere l'apprendimento da utilizzare in base al livello, allo stile di apprendimento e
al tipo di corso:
• Tecniche per la comprensione dell'ascolto e della lettura: domande aperte, scelta multipla, vero
falso, cloze test, riordino, accoppiamento/abbinamento
• Tecniche per la produzione scritta e orale: creare testi, lavorare sui generi, creare una storia,
preparare il giornale di classe
• Tecniche per il dialogo o l'interazione orale: role-play, dialogo guidato o libero
• Tecniche per le attività di riflessione metalinguistica: seriazione-sequenziazione, combinazione o
sostituzione, completamento, riempimento spazi, identificazione errori, dare definizioni, produzione
guidata, scelta multipla, traduzione
• Tecniche per lo sviluppo lessicale: immagini, associazioni, cruciverba, indovinelli, parafrasi
• Tecniche per la pronunica e l'ortografia: esposizione, ripetizione, lettura a voce alte, coppie minim,e
dettato, copiatura, cruciverba
• Altre attività: prendere appunti, riassumere, dettato, poster, puzzle, tema, traduzioni
5. APPROCCI E METODI
Metodo: è un insieme di principi metodologico-didattici che traducono un approccio in modelli operati. Non
vi è un metodo sbagliato o non giusto ma piuttosto un metodo adeguato e uno non adeguati all'approccio che
si intende realizzare o alla competenza linguistica che si vuole sviluppare. In un certo senso è un sistema
rigido di regole che prescrivono come bisogna insegnare e che prevede un processo di insegnamento così
strutturato:
– identificazione dei bisogni
– determinazione degli obiettivi
– definizione dei contenuti
– selezione o creazione dei materiali
– sviluppo dei programmi di insegnamento
– metodi di insegnamento
– testing e valutazione

Approccio: individua le finalità dell'educazione linguistica, indica gli obiettivi glottodidattici, definisce le
coordinate scientifiche per proporre dei metodi per raggiungere le finalità e gli obiettivi, è capace di generare
metodi.

L'esercizio che realizza le indicazioni del metodo e le finalità dell'approccio in classe si definisce TECNICA
GLOTTODIDATTICA.

Vediamo quali sono gli approcci e i metodi per la didattica delle lingue:
1. APPROCCIO DEDUTTIVO-FORMALISTICO
-METODO GRAMMATICALE-TRADUTTIVO: conoscere una lingua equivale ad apprenderne
le regole grammaticali che lo studente impara grazie alla guida costante del docente in ogni fase del
processo di apprendimento, e il vocabolario selezionato unicamente sui testi scritti. L'attenzione è
dunque focalizzata sulla lingua scritta infatti lo scopo è proprio quello di studiare una lingua
straniera per leggere la sua letteratura. Le tecniche utilizzate a questo scopo sono gli esercizi
strutturali del dettato e della traduzione.
-READING METHOD: si tratta di una variante del metodo grammaticale-traduttivo ancor più
incentrato sulla lettura, unica abilità considerata. La grammatica che si insegna è solo quella
necessaria alla comprensione scritta.
2. APPROCCIO/METODO DIRETTO: nasce come reazione al formalismo grammaticale-traduttivo,
per cui viene data priorità al parlato rispetto allo scritto. Alla base vi è l'idea che l'apprendimento
della lingua straniera avvenga per immersione dell'apprendente nel contesto d'uso della lingua da
apprendere con un ordine naturale di apprendimento che inizialmente avviene per imitazione e dopo
in maniera induttiva. Questo metodo prevede come esercizio la comunicazione orale e quindi scambi
di domanda-risposta con l'insegnante che non deve parlare troppo lentamente né troppo velocemente,
né essere impaziente, bensì deve rivolgere le domande all'apprendente in modo del tutto normale.
3. APPROCCIO STRUTTURALISTA: METODI AUDIO-ORALE E AUDIO VISIVO: metodi
basati sullo strutturalismo comportamentistico di Bloomfield e Skinner secondo cui l'apprendimento
della lingua corrisponde all'acquisizione di abitufini comportamentali: un circuito di stimoli-risposte-
rinforzi consente di rafforzare le risposte valide e smentire quelle non accettabili.
L'apprendimento è dunque determinato dall'imitazione e dalla memorizzazione quindi sono
prioritarie in questo metodo le abilità di ascolto e di produzione orale, e un insegnante che sia un
parlante nativo di LS.
4. APPROCCIO UMANISTICO-AFFETTIVO: si tratta di metodi che hanno caratteristiche distinte
che condividono gli aspetti di primato della psicologia e della pedagogia, di centralità
dell'apprendente (motivazioni, caratteristiche individuali e componente empozionale), di
multimodalità, di infantilizzazione, di atmsfera e di ruolo del docente.
-COMMUNITY COUNSELING: il riferimento teorico è la psicoterapia del conunseling di Rogers
basato su una sorta di parallelismo tra la lezione di una L2 e una seduta psicoterapeutica: l'insegnante
è un conselor che aiuta l'apprendente a superare le difficoltà all'apprendimento di una L2 attraverso
la pratica dell'ascolto: l'insgenante ascolta il messaggio dell'apprendente in L1, lo ripete in L2, lo
studente ripete questo stesso, il messaggio viene poi trascritto alla lavagna dall'insegnante e
analizzato dagli studenti, una v9olta registrato il messaggio gli studenti saranno in grado di elaborare
nuove frasi.
-TOTAL PHISICAL RESPONSE: questo metodo si basa sull'associazione tra un comando verbale
e una risposta-azione ed implica un coinvolgimento totale della persona nel processo di
apprendimento. L'obiettivo è quello di raggiungere una competenza di base della lingua parlata. In
un certo senso l'insegnante è il regista e l'apprendente l'attore che esegue i comandi. Non vi è un
testo di riferimento per l'apprendente in quanto il metodo è basato sull'uso di voce, gesti ed
immagini.
-SUGGESTOPEDIA: si tratta di un metodo che ha come obiettivo quello di far raggiungere ottimi
risultati con il minor sforzo e in tempi rapidi. Il fulcro del metodo è la suggestione: attraverso degli
stimoli sensoriali che creano un ambiente rilassato e confortevole, viene favorito l'emergere di un
atteggiamento positivo nell'apprendente e di una componente emotiva che facilita l'apprendimento.
Le attività didattiche sono la lettura, l'ascolto, la traduzione, la musica ed esercizi comunicativi.
-SILENT WAY: è un modello che si basa sul fatto che attraverso l'apprendimento avviene la crescita
globale dell'individuo. Alla basa di questo metodo c'è appunto il silenzio sia da parte dell'insegnante
in modo da non proporsi come esempio sia da parte dell'apprendente in modo che possa riflettere.
L'obiettivo di questo modello è rendere lo studente consapevole delle proprie risorse e aiutarlo ad
essere indipendente, per cui l'apprendente osserva la lingua, formula delle ipotesi, le verifica
attraverso il procedimento prova-errore e poi riorganizza le proprie conoscenze linguistiche.
Questo modello supera i concetti di memorizzazione e imitazione per favore quello di ritenzione
quindi di un apprendimento affrontato con consapevolezza.
5. APPROCCI/METODI NATURALI: l'acquisizione e l'apprendimento sono distinti e sono
condizionati dalla presenza di un meccanismo mentale chiamato monitor, dal rispetto di un ordine
naturale di acquisizione, dalle caratteristiche dell'input e dal cosiddetto filtro affettivo.
-NATURAL APPROACH: metodo basato sulla teoria dell'acquisizione di una lingua di Krashen
secondo cui l'acquisizione di una L2 dovrebbe riprodurre i passaggi naturali dell'acquisizione della
L1. In questo metodo la L2 è inizialmente usata solo dall'insegnanete, prevale l'abilità di
comprensione orale, in classe molte attività comunicative, spiegazioni ed esercizi strutturali solo a
fine lezione.
-INTERAZIONE STRATEGICA: metodo che si basa sul presupponto che la interazione verbale
abbia un valore strategico, funzionale al raggiungimento di obiettivi personali. Secondo questo
metodo l'insegnamento della L2 avviene attraverso copioni cioè situazione interattive simulate, via
via sempre più complesse, dove non è importante solo la comunicazione verbale ma anche la non
verbale e quindi intonazione, gestualità ecc.
6. APPROCCIO COMUNICATIVO: comprende tutti i metodi nati con l'elaborazione del concetto di
competenza comunicativa di Hymes secondo cui conoscere una lingua significa saperla usare in
modo corretto ed appropriato all'interno del contesto socio-culturale nel quale ha luogo la
comunicazione, è chiaro che quindi si privilegia le situazione autentiche di comunicazione rispetto
alla grammatica. Al centro del processo di insegnamento vi è l'apprendente con i suoi bisogni e le
sua motivazioni.
-METODO NOZIONALE-FUNZIONALE: metodo basato sulla teoria degli atti linguistici di
Austin e Searle secondo cui la vera essenza delle lingue non risiede nelle sue caratteristiche formali
ma nelle azioni che si possono compiere attraverso una lingua quindi negli aspetti pragmatici.
Questo metodo quindi privilegia la lingua orale e viene steso a partire dai bisogni linguistici
dell'apprendente.
-PROJECT WORK: questo metodo vuole insegnare la lingua attraverso l'interazione con il mondo
reale motivo per cui la maggior parte delle attività vengono svolte all'esterno della classe. Non è
un'attività complementare ma un mezzo autonomo per sviluppare le abilità linguistiche, giacchè la
lingua è un sistema interattivo ed impararla implica negoziorne il significato nel contesto
socioculturale. Per l'insegnante questo tipo di lavoro richiede molta organizzazione ad esempio non
potendo monitorare l'uso della lingua al di fuori della classe, è necessario registrare le attività
esterne.
7. APPROCCIO LESSICALE: prevede l'integrazione del lessico con la grammatica in quanto
secondo Lewis questa è implicita nel lessico. Questo tipo di approccio prevede strategie di
ripetizione a voce alta, registrazione e riascolto, strategie di elaborazione tramite associassino, frasi
idiomatiche, filastrocche, ricerca sinonimi ecc, strategie di strutturazione e quindi costruzione di
campi semantici e raggruppamenti di parole, e strategie di esercitazione e applicazione come la
lettura, l'ascolto, la produzione scritta.

APPROCCIO INTEGRATO (ANNI 90): integrazione degli approcci precedenti


APPROCI PLURALI: metodi in cui coinvolgono contemporaneamente più lingue, quindi lavoro parallelo su
lingue della stessa famiglia, ponti fra le varie lingue ecc.
6. LA SEMPLIFICAZIONE E LA DIDATTIZZAZIONE DI
UN TESTO
Il testo negli approcci e nei metodi glottodidattici:
- nei metodi tradizionali è subordinato all’apprendimento
- dopo gli anni ‘70 è testimonianza degli usi comunicativi naturali si sviluppa l’opposizione
fra TESTI AUTENTICI (testo che porto in classe dall’esterno) E TESTI NON AUTENTICI (testo che io
insegnante creo).

• violazione dei parametri di appartenenza al genere testuale


• distorsione delle funzioni comunicative
• mancanza di stimoli comunicativi
• non rappresentabilità di un modello di uso linguistico

Il caso italiano→A partire dagli anni ‘70 vengono introdotti nuovi tipo testuali (non piu dialoghi o testi
letterari, ma moduli, articoli, istruzioni) e viene detto all’insegnante di portare in classe questi testi autentici
(es in classe: avviso di fare il biglietto del treno.

CONTINUUM DI TESTUALITA’
Immaginiamo un continuum di testualità (Vedovelli) e parliamo di testo assoluto (perfetto ordine dei
parametri della testualità), e di non testo. Nel mezzo c’è un NON NON TESTO (testo via di mezzo, più o
meno rispettosi dei criteri di testualità), che posso modificare o costruire didatticamente.

testo assoluto non non testo non testo

Come decido quali testi?


Definizione di testo del CEFR→ ‘testo’ è usato per indicare ogni manifestazione di lingua parlata e scritta
che un locutore riceva, produca o scambi. Non può esserci atto di comunicazione attraverso la lingua senza
un testo.
Cosa possiamo fare con un testo secondo CEFR→posso semplicemente esporre ai miei apprendenti un testo,
posso pensare a attività di esposizione in cui faccio anche delle domande di tipo inferenziale (non solo testo
ma anche immagini, oppure posso aggiungere all’esposizione attività che verificano la comprensione di quel
testo (+efficace).
Tipi di testo da utilizzare secondo sempre il quadro europeo→testi autentici non trattati, testi autentici
selezionati, graduati e modificati, testo costruiti per sembrare autentici (dialoghi), testo costruiti per
esemplificare il contenuto linguistico, frasi isolate a scopo esercitativo, consegna e spiegazioni.
Criteri per scegliere un testo secondo CEFR
•complessità linguistica→se un testo è complesso distoglie energie all’apprendente e lo confonde,
bisogna quindi graduare il livello di complessità linguistica e poi misurare gli elementi che
determinano la complessità utilizzazione ad esempio il criterio della leggibilità. Attenzione però a
non ipersemplificarlo perché io devo rendere questo testo alla portare dello studente ma che lo
stimoli allo stesso tempo
-É complesso quando la sintassi è lunga, ci sono tante subordinate, più negazioni, costituenti non
continui, uso di deitti e anafore senza referenti e antecedenti (non si capisce questo, lui, esso a cosa si
riferisce
•tipologia testuale→descrittivo, narrativo e regolativo (più comuni, per tutti i livelli), espositivo e
argomentativo (meno diffusi). I generi possono essere annunci pubblicitari, racconti, canzoni,
cronache sportive, interviste, monologhi (sempre tenendo conto del livello dell’apprendente più quel
grado in più che porta la stimolazione)
•struttura del discorso→coerenza, coesione, panificazione e organizzazione, informazione esplicita vs
implicita, autonomia e completezza comunicativa, pertinenza con il contesto
•aspetti materiali→vi è una differenza fra un testo scritto e uno parlato (in cui possono esservi
interferenze, accenti non familiari, volume, velocità, monotonia)
•lunghezza del testo→un testo breve richiede meno processazione, meno memoria, meno fatica e
distrazione; un testo lungo se non denso essere meno impegnativo di uno breve.
•rilevanza per l’apprendente→quanto è motivato a leggere un testo, che rapporto ha con il contesto,
quale è il grado di confidenza con il contenuto, se il lessico è familiare per cui l’elaborazione risulta
per lui più facile.

COMPRENSIBILITA’ DI UN TESTO
Fattori interni:
-molto dipende dal rapporto con il contesto (cartello ‘vietato ai minori’ in un parco giochi per bambini non è
comprensibile)
-se è legato al paratesto (titolo, carattere, collocazione nella pagina e illustrazione)
-coerenza e coesione
-leggibilità

Fattori esterni:
-la ricezione (la comprensibilità dipende alla capacità dell’altro di interpretarlo)
-ampiezza e composizione dell’enciclopedia del lettore (a medicina non capiscono i termini di un testo che
viene dato a lingue)
-condivisione di schemi culturali (se prendo un caffe in piedi con un amico per me è normale, se fossi
svedese starei al bar un pomeriggio intero)

Altri fattori:
-i tabù
-il grado di interesse e coinvolgimento
-la motivazione
-la condizione psicologica

Come faccio a dire che un testo è adeguato ed efficiente?


Lo è se è capace di rispondere ai bisogni linguistici dell’apprendente, quando è in linea con i livelli
linguistici e culturali della classe, quando è ricco dal punto di vista degli spunti didattici, quando è
interessante, quando è adeguato al paradigma culturale, quando è vario per genere e tipo, finalizzato a scopi
diversi, quando riesco a mettere in gioco più atti linguistici.

LA LEGGIBILITA’ DI UN TESTO
Questa misura la lunghezza della parole o delle frasi, se ci sono molte parole lunghe il testo sarà più difficile
e meno leggibile.

F (leggibilità)= 206- (0,6 x S) – P


(S= lunghezza parole, P= numero medio parole per frase)

Cosa posso fare per migliorare un testo: tecniche di scrittura controllata


- interventi di superficie (su aspetti esterni, quindi lessicali e sintattici)
•frasi brevi (20-25 Parole)
•rispettare ordine SVO
•presente, passato prossimo, semplice
•uso indicativo
•coordinazione piuttosto che subordinazione
•più frase attiva che passiva
•no forme impersonali
•doppia negazione
•ripetere parole chiave evitando sinonimi e pronomi
•evitare nominalizzazioni
•usare VDB (vocabolario di base in cui vi sono una lista di parole scelte in base alla frequenza d’uso),
suddiviso in 3 fasce: lessico fondamentale di 3000 parole con cui copriamo il 90% dei nostri
discorsi (frequenza), lessico di alto uso di 2500 parole con cui copriamo il 6% dei nostri discorsi
(molto usato), lessico di alta disponibilità di 2000 parole che copre relativamente la percentuale
restante(che tutti conosciamo)
•parole brevi piuttosto che lunghe
•parole concrete piuttosto che astratte
•evitare personificazioni o metafore
•evitare abbreviazioni e sigle senza spiegazioni
•preferenza per le parole italiane
•ordinare le unità informatrice uin senso lofico e cronoligic (es. testo narrativo= non parto dalla fine del
racconto ma vado in ordine cronologico)
•distinguere le informazioni principali da quelle secondarie
•esplicitare titte le informazioni necessario
•articolare i pragrafi e segnalare i passagi tra i vari argomenti
•uso delle onuteggiature
•scelte grafiche
7. VERIFICA E VALUTAZIONE
Il CEFR non prevede un singolo approccio alla costruzione di prove o di esami, anzi accetta il fatto che
esistano differenti tipi di esami che riflettano differenti costrutti e/o scopi.

Quali sono le fasi del processo di valutazione?


– definizione di un modello di competenza in L2
– costruzione delle prove
– misurazione e valutazione della competenza
– analisi dei dati, taratura e validazione delle prove
– programmazione degli interventi

Oggetto della valutazione: la valutazione è basata sul concetto di competenza linguistico-competenza,


graduata in livelli secondo criteri di tipo pragmatico-comunicativo. Dai test si devono ricavare indicatori
grazie ai quali sia possibile individuare la capacità di gestire differenti situazioni di comunicazione.

LE FUNZIONI DELLA VALUTAZIONE


 Valutazione formativa: fornire a insegnanti e allievi informazioni continue e dettagliate sul processo
di apprendimento; verifica se sono stati raggiunti gli obiettivi della formazione e la verifica è svolta da chi ha
impartito la formazione.
 Valutazione sommativa: fornire un quadro complessivo sui risultati dell’apprendimento; verifica la
competenza di un apprendente in rapporto a parametri generali.

Quali caratteristiche deve avere un test?


VALIDITÀ
Fino al 1899 un test veniva considerato valido se misurava quello che si era proposto di misurare.
→Validità del costrutto del test
→Validità del contenuto
→Validità dell’apparenza esterna e grado di corrispondenza con ciò che si propone di misurare

Tipi di validità:
•Validità concorrente che riguarda la relazione fra i risultati in un test e quelli in un altro test
•Validità predittiva che mette in relazione i risultati di un test con un criterio esterno (se passo il test di
ammissione con il massimo dei voti e poi non riesco a seguire il corso es. di lingua, significa che il
test non è in grado di dire se io so la lingua o no)
•Validità consequenziale: riguarda le conseguenze che possono derivare dall’utilizzo di un test che
implica considerazioni di discriminazione e di equità riconducibili all’eticità di un test

AFFIDABILITÀ
Se io somministro il test o valuto il test in momenti e luoghi differenti o se lo valutano differenti persone, i
risultati non cambiano → consistenza e stabilità del test

ECONOMICITÀ E FATTIBILITÀ
Se io preparo un test che il mio studente impiega 6 ore a svolgere, il mio test ha qualche problema!
Bisogna sempre tenere in conto dell’equilibrio tra la somministrazione e la valutazione, del rapporto tra
costi-risorse e qualità-prezzo.

IMPATTO
Gli effetti positivi che il test produce sia a livello collettivo (diritto di cittadinanza) sia a livello individuale
(formativo e lavorativo).

MODELLO DEL PROCESSO DI SVILUPPO DI UN TEST (2003, MILANOVIC)


Da quando io dico faccio un test a quando io lo somministro ci sono un sacco di passaggi.
Si parte dunque dall’idea, cui segue una fase di pianificazione del test (cosa vogliamo valutare), disegniamo
il progetto (metto questo, questo e quest’altro), uso vero o falso?, scelta multipla?, decido quali e quante
prove mettere in ogni pezzetto del mio esame.
Segue l’elaborazione, ovvero la scrittura del test, la somministrazione e la revisione.
Per ogni fase continuamente monitoro, analizzo quello che sto facendo spesso chiedendo anche ad altri,
soprattutto l’introduzione agli esercizi (se questa risulta complicata già parto male).

FASI DI PREPARAZIONE DI UN TEST


Entriamo nel dettaglio di ciò che si deve fare quando si prepara un test.
1) DETERMINARE LO SCOPO (capacità di ascolto, di lettura, di riassunto)
2) DEFINIRE IL CONTENUTO
3) SCEGLIERE LA PROVA ADEGUATA (se voglio misurare la capacità di lettura di un testo posso
scegliere la comprensione, il vero o falso)
4) SCEGLIERE IL TESTO PIÙ ADATTO (la lunghezza giusta, uso di immagini, quanto è complesso quindi
indice di leggibilità, tipo di lessico, costruzioni grammaticali, tipologia testuale, tema del testo non troppo
distante dai miei apprendenti)
5) CREARE IL TEST, DEFINIRE LE CHIAVI PER LA SOLUZIONE E I CRITERI PER VALUTARE
6) DECIDERE I TEMPI DI SOMMINISTRAZIONE E SOMMINISTRARLO
7) CORREGGERE I TEST E ASSEGNARE I PUNTI
8) INTERPRETARE I RISULTATI (posso creare fasce di punteggio da cui poi devo ricavare delle
informazioni, es. se tutti hanno preso 50/100 non posso andare avanti, do un valore al punteggio)

TIPI DI TEST
➢ Placement Test→ test d’ingresso con funzione di discriminazione
➢ Achievement Test→test di profitto con funzione formativa o sommativa
➢ Proficiency Test→test di competenza con funzione prognostica (certificazioni che non hanno scopo
di valutare se c’è stato apprendimento, bensì hanno lo scopo di fare una fotografia della competenza
di una persona).
È possibile produrre prove fattoriali (si focalizzano su un solo fattore, su un punto discreto come test sulle
preposizioni) o prove integrate (integrano più abilità contemporaneamente, le prove pragmatiche come la
capacità di fare un riassunto). Un’altra distinzione è fra prove dirette (ti chiedo una determinata cosa, e
guardo in faccia la tua performance) e prove indirette (non ho un materiale linguistico su cui basare la mia
valutazione, lo valuto indirettamente, la valutazione non è direttamente sulle abilità).
Un’ultima distinzione è fra prove soggettive (non ho una risposta precostitutita, metto la mia parte di
soggettività nel correggere, infatti serve più tempo, produzione orale o scritta), prove oggettive (correzione
risposte chiuse quindi vero/falso, scelta multipla) e prove semistrutturate (le possibilità di risposta non sono
chiuse ma nemmeno ampie, puoi mettere fantasia ma fino a un certo punto, es. trasformazione sintattica di
una frase, riempimento spazi, completamento frasi).

Come interpreto i punteggi?


Se la scala è da 0/100 e noi ci collochiamo in diverse fasi di punteggio come faccio a dare un valore a questi
punteggi?
•Test a Norma: io dico che 57 è alto e basso in relazione ai punteggi degli altri (termine di paragone es
gruppo classe)
•Test a Criterio: la persona che segue il test corrisponde o no al livello A2 del quadro?

TIPOLOGIE DI PROVE
- Stimolo aperto e risposta aperta (venite all’esame e di faccio una domanda)
- Stimolo aperto e risposta chiusa (io vi chiedo te vieni da Lucca? La risposta può essere solo Si o No)
- Stimolo chiuso e risposta chiusa (scelte multiple, vero/falso)
- Stimolo chiuso e risposta aperta (domande struttura, riassunti, saggi brevi)

Vantaggi/Svantaggi delle Prove Oggettive


•Oggettività, limita la libertà di espressione degli studenti (S)
•Risparmio tempo valutazione (V)
•Necessità di molto tempo per la costruzione (V)
•Rapidità e facilità d’uso (V)
•Casualità delle risposte (S)
•Simultaneità della misurazioni (S)

Vantaggi/Svantaggi delle Prove Soggettive


•Tempo di realizzazione (V)
•Tempi di correzione (S)
•Libertà di espressione (V)

LA SCELTA MULTIPLA
Fatta di 3 o 4 risposte o affermazioni contrassegnate da una lettera: di cui 2 o 3 sono distrattori e 1 sola la
riposta esatta.

INDIVIDUAZIONE DI INFORMAZIONI
Faccio leggere il test, preparo 15 informazioni e l’apprendente ne deve scegliere 7 allo scopo di valutare la
comprensione scritta o orale.

ABBINAMENTO
mettere in corrispondenza due serie di elementi presentati in ordine casuale. Per far in modo che non vadano
ad esclusione devo mettere due distrattori in più.

RICOSTRUZIONE O RIORDINO DEL TESTO


Testo spezzettato in varie sequenze che poi vengono mescolate. Prova indiretta della conoscenza dei
connettivi.

DETTATO/DETTATO CLOZE
La prova di verifica del saper scrivere, che coinvolge più abilità. Siccome la correzione è lunga allora è stato
elaborato il Cloze, per cui ascolto un testo, ma non riscrivo il testo bensì devo riempire i buchi nella versione
scritta del testo.
CLOZE TEST
Completamento libero (dopo le due righe iniziali, ogni 7-10 parole cancello qualcosa che l’apprendente deve
inserire→sostituito al completamento selettivo (per cui cancello tutti o quasi gli elementi di un argomento).
Scelta multipla.
C Test (lascio alcune lettere e bisogna completare la parola).

COMPLETAMENTO DI FRASI
Verifica comprensione dell’orale, è un sorta di dettato cloze dove non devo trascrivere la parola esatta ma il
significato della frase.

Come si costruisce una scelta multipla?


-Linguaggio non complicato, adeguato ai destinatari
-Stimoli brevi ed essenziali
-Non fare tranelli
-Non chiedere cose banali o sciocchezze
-Non fare domande risolvibili in base al buon senso o alla cultura generale
-Le risposte sbagliate non devono essere ingenue né raffinate
-Mescolare le risposte esatte (non tutte sotto la A)
-Nello stimolo non inserire negazioni semplici o doppie
-Risposte con cifre in ordine crescente o decrescente
-Non usare nessuna di questa, tutte le precedenti
-Evitare che dal quesito si deduca la risposta esattamente
-Se le alternative di risposta inizia con lo stesso gruppo di parole è meglio mettere il gruppo nella domanda
-Evitare che le risposte date riprendano termini della domanda
-Stimolo in forma interrogativa o affermativa
-Lunghezza simile delle risposte e simile struttura sintattica
-Evitare termini come sempre, tutti, dappertutto, quasi, spesso, qualche volta
-I quesiti devono essere tra loro indipendenti
-Non usare risposte precedenti nelle risposte successivi
-Il quesito non termina mai con due punti o punti sospensivi
-Se la domanda termina con il punto interrogativo devo cominciare con la maiuscola le risposte
-Dopo ogni distrattore metto un punto
-Risposte elencate e non di sgeuito l’una all’altra

Testi per le prove d’ascolto


•faccia a faccia
•non faccia a faccia

Come scelgo il testo?


1) durata del testo: da 2-3 minuti a 5 (C2)
2) velocità: più è veloce più è difficile
3) testo con nucleo informativo sufficiente per eseguire la prova
4) canale: meglio evitare trasmissioni radiofoniche, video, tv fino al B1 perché la varietà di parlato presentata
è spontanea, veloce e ci sono effetti di disturbo
5) varietà di parlato: no dialetti

-DIALOGO (dialoghi a due voci perché di più c’è il rischio di confondere le voci perché sono simili,
inizialmente temi legati alla quotidianità→scelta multipla, completamento di frasi, dialoghi di trasmissioni
radiofoniche)
-CONVERSAZIONE TELEFONICA (→scelta multipla, individuazione di informazioni e domande
strutturate)
-INTERVISTA (rappresenta il parlato, lo scritto e i letto, livello B1)
-LA LEZIONE E LA CONFERENZA (C1, C2→prove di individuazione di informazioni, domande
strutturate, riassunto, scelta multipla)
-TRASMISSIONE RADIO (affrontare un argomento in poco tempo e ricevere tante informazioni, no temi
tabù o cronache nere→scelta multipla, individuazione di informazioni, domande strutturate)
-LA MESSAGGISTICA (messaggi pubblicitari, segreteria)
-L'AUDIOGUIDA

Testi per le prove di parlato


•parlato bidirezionale faccia a faccia con presa di parola libera (conversazioni guidate o libere)
•parlato bidirezionale faccia a faccia con presa di parola non libera (risposte a domande
dell’intervistatore su argomenti personali, esempio colloqui di lavoro))
•parlato monodirezionale faccia a faccia (descrizioni di immagini o esperienze, argomentazioni su temi
di attualità..)

COME TESTARE LE ABILITA’ PRODUTTIVE: PROVE APERTE


Obiettivo→testare se gli apprendenti sono in grado di parlare in maniera significativa e corretta nella lingua
in questione
Con le prove aperte è possibile:
-utilizzare test di performance, ossia prestazioni che mettono in gioco una competenza di tipo globale in un
momento
-utilizzare compiti realistici, comunicativi, il più possibile vicini a quelli che si possono presentare nella vita
reale
-legare la validità delle prove aperte alla predittività dei risultati in base ai compiti eseguiti

Come valuto le prove aperte?


È necessario rendere la valutazione il più oggettiva possibile quindi scegliere dei criteri di valutazione e una
griglia, sottoporre la prova a più valutatori, analizzare la qualità dei dati ottenuti.
CRITERI DI VALUTAZIONE
1. valutazione olistica (leggo il testo e formulo un giudizio globale, senza pensare al lessico darei 5 e
alla grammatica, valutazione un po’ impressionistica)
2. valutazione analitica (io non formulo una mia idea di giudizio sulla performance dell’apprendente,
leggo e considero diversi tratti, parametri)→problema? Se per me l’aspetto importante è quello
lessicale, do troppo peso a questo per cui la mia valutazione è poco affidabile.

Indicatori delle griglie CILS per la valutazione delle prove di produzione orale
➔ Efficacia comunicativa (capacita di comprendere l’interlocutore, mantenere il flusso del discorso,
interagire rispettando i turni dell’interlocutore, adattamento alle novità, pianificare il discorso in
modo organico, mettere in atto strategie efficaci comunicativamente)
➔ Adeguatezza di registro (capacità di usare il registro formale e informale secondo le regole
pragramatiche, adeguatezza del testo alla tipologia testuale richiesta)
➔ Correttezza morfosintattica (capacita di usare adeguatamente le strutture e le forme, dare coesione
testuale, padronanza e correttezza nell’uso delle forme)
➔ Adeguatezza e ricchezza lessicale (capacità di usare il lessico adeguato al contesto di
comunicazione, ampiezza e padronanza del lessico, comprensione del lessico dell’interlocutore)
➔ Pronuncia e intonazione (padronanza del sistema fonologico dell’italiano)

CRITERI PER L’ANALISI DEGLI ERRORI


Ci è possibile valutare solo il prodotto finale non il processo.
Gli errori sono elementi strutturali della competenza interlinguistica, manifestazioni di regole variabili
elaborate dall’apprendente.
Per ogni errore occorrre analizzarne
-la qualità cioè la categoria linguistica di appartenenza
-il peso cioè il rilievo da considerare dell’errore in base a quello che si ritiene che l’apprendente deve sapere
in quanto appartenente a un certo livello
-l’occorrenza e la sistematicitò dell erorre
8. EDUCAZIONE LINGUISTICA E LE DIECI TESI GISCEL
L'educazione linguistica ha il focus nell'apprendimento e sviluppo delle capacità semiotiche e linguitiche;
mette al centro l'apprendente, i suoi bisogni linguistici, il suo repertorio.
Studia i processi educativi di crescita e sviluppo delle capacità linguistiche e semiotiche in rapporto agli usi
nella scuola, nell'ambiente sociale, come tali lingue interagiscono con apprendimenti complessivi.
È educazione al linguaggio, ai codici e alle forme simboliche.

Alcuni momenti fondamentali dagli anni 60 agli anni 2000:


– scuola media unica (1962)
– fondazione società linguistica italiana (1967)
– tesi GISCEL (1975)
– Quadro Comune europeo di Riferimento per le lingue (2001)
– Sette tesi per la promozione di politiche linguistiche democratiche (2013)

DIECI TESI GISCEL


Si tratta di un documento che rappresenta per molti aspetti l'atto di nascita ufficiale dell'educazione
linguistica. Viene pubblicato per la necessita di rinnovare l'insegnamento nella scuola superando la
pedagogia linguistica tradizionale, e con l'obiettivo di diffondere l'italiano come lingua d'uso senza svilire i
dialetti e le altre lingue.
Le tesi contengono una serie di principi generali, alcuni concetti chiave di queste tesi sono:
• la centralità del linguaggio verbale e il suo radicamento nella vita umana: il linguaggio è di
fondamentale importanza nella vita sociale e individuale;
• la pluralità e complessità delle capacità linguistiche: il linguaggio verbale è fatto di molteplici capacità
• i diritti linguistici nella Costituzione: una pedagogia linguistica efficace deve essere democratica e
quindi accogliere e realizzare i principi linguistici esposti nella Costituzione, quali eguaglianza tra
lingue, accettazione delle varietà di linguaggio ecc.
• la pedagogia linguistica tradizionale, la sua inefficacia e i suoi limiti
• principi dell'educazione linguistica democratica
•la flessibilità e la variabilità delle lingue,
• la varietà di linguaggio,
• il rispetto della varietà linguistica e dell'uso di ogni sorta di creatività,
• la funzionalità comunicativa.
9. L’USO DELLE NUOVE TECNOLOGIE NELLA DIDATTICA DI
UNA L2
Definizioni:
Egbert→ qualsiasi forma elettronica
Levy, Stockwell→ qualsiasi sistema di software
Erben, Ban, Castaneda→qualsiasi apparecchiatura elettronica che uso in classe

Dal punto di vista storico se noi cerchiamo di ricostruire la percezione di nuove tecnologie:
1) Le glottotecnologie (da anni 50)→approccio tecnocentrico di autoapprendimento (magnetofono, tv) /
focus tecnologia
2) Tecnologie Glottodidattiche Avanzate→selezionate in base all’efficacia didattica / focus didattica
3) Tecnologie per l’educazione linguistica pensate per l’apprendente / focus apprendente

Le tecnologie utilizzate:
•laboratorio linguistico
•proiettore
•lavagna luminosa
•audiocassetta
•videoregistratore
•cd-rom
•dvd
•videoconferenza
•computer

Tutte queste forme di apprendimento vengono definite a distanza, fra queste ve ne sono alcune piuttosto
antiche:
1° generazione→ corrispondenza (posta)
2° generazione→ radio e tv
3° generazione (nostra)→rete
Il più comune è il Computer Assisted Language Learning.

PASSAGGIO DAL LABORATORIO AL WEB


-input illimitato e diversificato
-apprendimento oltre aula
-webquest (ricerche online)
-Learning Management System
-Learning Content Managemente System (Moodle)
-la LIM
-ebook

L’EVOLUZIONE DELLA RETE: E-LEARNING 2.0


1. Inizialmente i corsi online si basavano su una formazione trasmissiva centrata sul docente.
2. In una seconda fase si è passati a una modalità interattiva centrata sull’apprendente.
3. Oggi, con l’entrata della modalità social, la formazione è diventata collaborativa, quindi centrata sul
gruppo (es. Wordereference)

LE NUOVE FIGURE DELLA DIDATTICA DELLE LINGUE ONLINE


La rete non è solo io davanti al computer che seguo un corso online.
Fra le novità:
-il MOOC (Massive Open Online Courses), corso online gratuito elargito dalle università con tutor
-app (dizionari, attività, traduttori) e quindi mobile learning
-BYOD (Bring Your Own Device), utilizzare l’apprendimento mobile in classe
-Gamification, guadagno punti se faccio l’esercizio giusto, tipo giochino
-Social Network (Busuu, impara la lingua in 1000 lezioni, ma la qualità è scarsa)(Social che creo io)
-Peer teaching/peer evaluation (gruppi)
-eTwinning, progetti di scambio a distanza
-flipped classroom, asce nel 2007 in Colorado in una scuola superiore, era un corso di scienze dove
gli insegnanti sono in difficoltà perche hanno troppi iscritti. Come gestirli? Registriamo le lezioni e
forniamo i materiali extra , se le guardano a casa e quando tornano a scuola discutiamo di ciò (approccio
seminariale).

Le funzioni delle Nuove Tecnologie nella didattica di una lingua:


1. sommativa, aggiungono qualcosa in più a quello che faccio in classe, ma non sostitutiva perché non
possono sviluppare tutte le attività linguistiche, ad esempio quella comunicativa
2. innovativa e migliorativa, sono nuove e consentono un accesso illimitato a risorse linguistiche per
cui l’apprendimento è migliorato e facilitato
3. facilitante

Cosa è un corso online? Un corso online non è la trasposizione al pc di corsi presenza, non è per tutti, non
supporta tutte le metodologie didattiche esistenti, non supporta tutte le tecniche didattiche esistenti.

Perchè non funzionano? Perchè chi li prepara non possiede le competenze del docente, ad esempio la
programmazione che un docente cambia durante il corso, nei corsi online deve essere necessariamente fatta
prima, il docente deve avere una formazione accurata.
Intorno alle NT, vi sono i docenti in video, i tutor, gli information broker, i course designer e gli instructional
designer.

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