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Sommario
• Cap. 1 IL LINGUAGGIO VERBALE
• Cap. 2 FONETICA (Trascrizione fonetica pp 54/64 libro)
• Cap 3. MORFOLOGIA
• Cap 4. SINTASSI
• Cap. 5 SEMANTICA, LESSICO, PRAGMATICA
Si suddivide in tre campi principali: la fonetica articolatoria, che studia i suoni del linguaggio per come
vengono articolati e quindi prodotti dall’apparato fonatorie umano; la fonetica acustica che studia i suoni
del linguaggio per la loro consistenza fisica e per come vengono trasmessi; la fonetica uditiva che studia i
suoni per come vengono ricevuti e decodificati dal cervello.
Parlando di apparato fonatorio umano, i suoni del linguaggio normalmente sono prodotti attraverso
l’espirazione, con un flusso d’aria egressivo che dai polmoni va attraverso i bronchi e la trachea
raggiungendo poi la laringe. Esistono anche i suoni che si realizzano nel modo opposto, con un flusso
ingressivo, attraverso l’inspirazione. Alcuni suoni, prodotti senza l’uso dei polmoni, si chiamano
apneumonici.
Il meccanismo della fonazione si sviluppa così: il tratto vocale inizia nella laringe dove l’aria incontra le
corde vocali (la glottide è dove si trovano le corde). Durante la normale respirazione le corde vocali sono
rilassate e separate, mentre nella fonazione, quindi quando si produce un suono, possono incontrarsi e
tendersi, avvicinandosi o allontanandosi. Lo spazio tra di esse è chiamato rima vocale e può quindi essere
totalmente libero, parzialmente libero o completamente chiuso. Cicli rapidi di chiusure e aperture della
rima vocale creano le vibrazioni delle corde vocali. A questo insieme di fenomeni si dà il nome di
meccanismo laringeo che è il momento fondamentale della produzione dei suoni del linguaggio, poiché da
luogo alla voce. Il numero di cicli di chiusura apertura della rima vocale costituisce la frequenza
fondamentale, che è un parametro acustico misurato in Hertz. Dopodiché il flusso d’aria va nella faringe e
poi da qui nella cavità orale. Nella parte superiore della faringe, la parte posteriore del palato chiamato
anche velo, lascia poi aperto o chiuso il passaggio che collega la faringe con la cavità nasale. All’interno
della cavità orale ci sono degli organi che hanno un’importante funzione nel processo di fonazione, e
possono essere mobili o fissi: la lingua, divisa in radice che è la parte posteriore, dorso che è la parte
centrale, apice che è la punta, che insieme alla lamina costituisce la parte anteriore chiamata corona; il
palato, di cui fa parte il velo che è il palato molle; gli alveoli, ovvero la zona retrostante i denti; i denti; le
labbra. Anche la cavità nasale può partecipare al meccanismo di fonazione.
In base a quali organi si muovono e come si muovono per produrre il suono, troviamo i parametri
fondamentali per classificare identificare i suoni, ovvero il luogo e il modo di articolazione. Il luogo è dove
viene articolato il suono, mentre il modo è come gli organi si muovono e qual è il restringimento in un certo
punto del percorso che si frappone o meno al passaggio dell’aria. In base al modo di articolazione abbiamo
una prima grande divisione nei suoni del linguaggio: le vocali, quindi suoni prodotti senza la frapposizione di
ostacoli al flusso d’aria e con vibrazione delle corde vocali; le consonanti, suoni prodotti attraverso la
frapposizione di un ostacolo parziale o totale al passaggio dell’aria prodotti sia con presenza che con
assenza di vibrazione delle corde. I suoni prodotti con la vibrazione delle corde vocali sono detti sonori,
quelli senza vibrazione sono detti sordi. Le vocali sono sempre sonore, le consonanti possono essere sorde
o sonore.
• Vocali
Poiché le vocali sono suoni prodotti senza un ostacolo al flusso d’aria nel canale orale, le diverse tipologie di
vocali che abbiamo sono caratterizzate semplicemente dalla conformazione che assume la bocca a seconda
di quali organi si muovono, soprattutto la lingua. Parlando di essa possiamo classificare le vocali in un primo
momento a seconda della posizione della lingua, ovvero al suo grado di avanzamento o arretramento e
quello innalzamento o abbassamento. A seconda del primo parametro (avanzamento o arretramento)
possiamo avere vocali anteriori se articolate in posizione avanzata, posteriori se articolate in posizione
arretrata o centrali. A seconda dell’altro parametro invece (innalzamento o abbassamento) le vocali
possono essere alte, medie o basse. La posizione in cui vengono articolate le vocali secondo l’asse
orizzontale e verticale è rappresentata all’interno di un trapezio vocalico. Un altro parametro di
classificazione è la posizione delle labbra durante l’articolazione, che possono essere distese oppure tese.
Nel momento in cui le labbra sono tese e protruse, quindi sporgono in avanti dando luogo a una specie di
rotondità, le vocali si chiamano appunto arrotondate; se invece il suono viene prodotto senza protrusione o
arrotondamento delle labbra si chiamano vocali non arrotondate. Di solito le vocali anteriori sono non
arrotondate, mentre quelle posteriori sono arrotondate. Specifichiamo che se il suono vocalico è prodotto
con un passaggio dell’aria all’interno della cavità nasale avremo delle vocali nasali.
• Consonanti
Possono essere divise in due grandi classi, a seconda della tipologia di ostacolo che si pone al passaggio
dell’aria, che può essere totale o parziale. Le occlusive sono le consonanti create con un’occlusione totale
del passaggio dell’aria a causa del contatto di parti di organi; le fricative hanno invece un passaggio d’aria.
Diverse dalle fricative sono le approssimanti ovvero quelle dove l’avvicinamento degli organi articolatori
non porta ad una frizione tanto sensibile quanto nel caso delle vere fricative. Esistono anche le affricate che
sono consonanti di cui l’articolazione inizia come un’occlusiva e termina come una fricativa. Nel modo di
articolazione intervengono anche i movimenti, gli atteggiamenti della lingua e la partecipazione della cavità
nasale. Possiamo quindi distinguere consonanti di tipo: laterali, se l’aria passa solo ai lati della lingua;
vibranti quando ci sono rapidi contatti intermittenti tra la lingua e un altro organo; nasali se il passaggio
dell’aria e anche attraverso la cavità nasale.
In conclusione possiamo dire che, secondo del modo di articolazione, riconosciamo consonanti: occlusive,
fricative, approssimanti, affricate, laterali, vibranti e nasali.
La classificazione cambia invece se parliamo del luogo di articolazione ovvero il punto dell’apparato
fonatorio in cui sono articolate le consonanti. Troviamo le bilabiali che sono prodotte dalle labbra o tra le
labbra; le labiodentali, prodotte tra l’arcata dentaria superiore e labbro inferiore; dentali prodotte a livello
dei denti; alveolari, prodotte dalla lingua contro o vicino agli alveoli (parte posteriore dei denti, gengive);
palatali prodotte dalla lingua contro o vicino al palato duro; velari prodotte dalla lingua contro o vicino al
velo (parte molle del palato); ovulari prodotte dalla lingua contro o vicino all’ugola; fare in Ghali prodotte
tra la base della radice della lingua e la parte posteriore della faringe; glottide ali prodotte nella glottide
ovvero dove ci sono le corde vocali. in conclusione possiamo dire che, A seconda del luogo di articolazione,
riconosciamo consonanti: bilabiali, labiodentale, dentali, alveolari, palatali, velari, ovulari, faringali e
glottidali.
NB: APPROSSIMANTI: Sono suoni con modo di articolazione intermedio tra vocali e consonanti fricative,
prodotti quindi con un semplice inizio di restringimento del canale orale. Fra le approssimanti ci sono suoni
molto più vicini alle vocali di cui condividono anche la localizzazione articolatoria, e che vengono chiamati
semi vocali. Le semi vocali non possono mai costituire apice di sillaba e insieme alla vocale a cui sono
contigue nella catena fonica costituiscono un dittongo.
NB: le affricate dentali, la Fricativa palatale, la nasale laterale palatali ( ts, dz, (sh), (gn), (gl) sono in italiano
sempre lunghe o doppie se si trovano fra due vocali (pazzo -> già nella grafia; azione -> nella pronuncia)
Regole da ricordare:
La trascrizione fonetica è tra parentesi quadre, la trascrizione fonematica fra barre oblique;
l’accento è indicato soltanto sulle parole plurisillabica ponendo un apice prima della sillaba su cui cade;
la lunghezza viene fatta con: posti dopo il simbolo del fono;
le vocali toniche in sillaba aperta sono lunghe, sono brevi le vocali atone e le vocali toniche in sillaba chiusa
(sillaba che finisce con consonante);
le consonanti doppie si possono trascrivere raddoppiando il simbolo corrispondente oppure ponendo: dopo
il simbolo;
le consonanti affricate doppie si trascrivono ponendo: dopo il simbolo della parte occlusiva (es. [pat:so] per
pazzo);
quando la vocale tonica è preceduta da consonanti doppie, l’apice dell’accento si mette prima del suono
consonantico che viene raddoppiato con i : ;
se necessario rappresentare in trascrizione la costituzione sillabica di una parola si usa un puntino ogni fine
di sillaba
Fonologia
Ogni suono producibili e dall’apparato fonatorie umano rappresenta un suono del linguaggio, ovvero un
fono. Un fono è la realizzazione di un qualunque suono del linguaggio. Se i foni hanno valore distintivo,
ovvero si oppongono ad altri foni nel distinguere formare parole di quella lingua con significato diverso, si
chiamano fonemi. I foni sono le unità minime della fonetica, mentre i fonemi sono le unità minime della
fonologia, che studia l’organizzazione e il funzionamento dei suoni nel sistema linguistico. È importante
distinguere il fonema dall’allofono: il fonema è una classe astratta di foni dotata di valore distintivo; mentre
foni diversi che costituiscono realizzazioni foneticamente diverse di uno stesso fonema, ma prive di valore
distintivo, sono allofoni di un fonema. Ad esempio la N dentale e la N velare sono allofoni del fonema N,
ovvero il suono N può essere prodotto in modi diversi a seconda di esempio della cadenza regionale, ma
mantiene lo stesso significato la parola. Introduciamo quindi anche il significato di coppia minima, ovvero
coppia di parole uguali in tutto tranne che per un fonema al posto di un altro e una certa posizione che
quindi cambia il significato delle due parole (esempio belle e pelle).
vedi tratti distintivi p 66
Sillabe
Sono le minime combinazioni di fonemi che possono essere utilizzate per costruire la forma fonica delle
parole. Sono sempre costruite attorno ad una vocale e possono avere varie strutture (CV, V, VC, CCV, CVC,
CCCV, CC in coda solo se prese dall’inglese es sport)
La parte che precede la vocale è detta attacco, la vocale è il nucleo, la parte che segue la vocale è la coda.
Le sillabe con la coda sono definite chiuse, mentre le sillabe senza coda (che finiscono con una vocale) sono
aperte.
Tra le combinazioni di fonemi abbiamo poi dittonghi e trittonghi. Tra i dittonghi riconosciamo due tipi:
discendenti se la sequenza vocale più approssimante; ascendenti se la sequenza è approssimante più
vocale. I dittonghi sono la combinazione di un’approssimante e di una vocale che costituisce sempre l’apice
sillabico. Combinazioni di due semi vocali e una vocale sono chiamati trittonghi.
Fatti soprasegmentali/ prosodici
1. L’accento è la forza, l’intensità di pronuncia di una sillaba relativamente ad altre sillabe per cui in
parole plurisillabica e parole prodotte con una sola emissione di voce, una sillaba presenti una
prominenza fonica rispetto alle altre, diventando quindi sillaba tonica. In italiano l’accento è libero
e può trovarsi in varie posizioni ultima sillaba parole tronchi; penultima sillaba parola piana;
terzultima sillaba parola sdrucciola; quart’ultimasillaba parola bisdrucciola; ultima sillaba su parole
composte con pronomi critici e quindi trisdrucciole. I clitici sono gli elementi monosillabici che nella
catena fonica non possono rappresentare la sillaba prominente e avere accento proprio. L’accento
in italiano può avere carattere distintivo perché due parole che formano una coppia minima
possono essere distinte l’una dall’altra per l’accento (capitano e capitano).
2. il tono è l’altezza relativa di pronuncia di una sillaba e può avere valore distintivo a livello di parola
nelle lingue tonali. L’intonazione è l’andamento melodico con cui è pronunciato un gruppo tonale
ovvero un insieme di parole. In italiano un enunciato pronunciato con curva intonativa ascendente
è una domanda; intonazione costante rappresenta le affermazioni altro; un’intonazione
discendente può avere valore esclamativo.
3. La lunghezza riguarda l’estensione temporale. Ogni fono può essere breve o lungo e la quantità
delle vocali e delle consonanti può avere valore distintivo (in italiano solo consonano che diventano
doppie).
Cap. 3 MORFOLOGIA
La morfologia si occupa della struttura della parola, definita come la minima combinazione di elementi
minori dotati di significato, ovvero i morfemi.
Il morfema è l’unità minima di prima articolazione, il pezzo più piccolo di significante di una lingua che ha
significato proprio.
Diverso è il morfo, che è il morfema ma inteso come forma indipendentemente dalla sua analisi funzionale
e strutturale. L’allomorfo è invece la variante formale di un morfema, come si può presentare nelle diverse
forme (vedi esempi pag. 96)
È importante nominare il fenomeno del supplettivismo, ovvero quando le forme diverse di un morfema
hanno origini di provenienza diverse (es. acqua- latino, idrico-greco).
Morfemi: tipologie
Possono essere classificati in base alla funzione che svolgono, al valore che danno alle parole, oppure in
base alla posizione che assumono all’interno della parola.
Tipi funzionali:
Cap. 4 SINTASSI
La sintassi è l’analisi della struttura delle frasi, che sono le unità di misura. Una frase solitamente contiene
una predicazione ovvero un’affermazione riguardo a qualcosa. Di solito ogni verbo autonomo coincide con
una frase, ma possono anche esserci frasi senza verbo chiamate nominali.
Le parole formano delle frasi secondo i rapporti strutturali a volte complessi che vengono chiamate
proposizioni.
Nella struttura ad albero in sintassi vengono usate delle sigle, tra cui i determinanti che sono tutti gli
elementi che concorrono davanti ha un nome e svolgono la funzione di determinare il referente da esso
indicato. Possono essere articoli, aggettivi dimostrativi, ma anche altri elementi.
Dividiamo le frasi per sintagmi, le minime combinazioni di parole che funzionano come unità della struttura
frasale. Essi sono costruiti attorno ad una testa che è la classe di parole che rappresenta l’elemento minimo
che da solo può costituire un sintagma. I sintagmi nominali sono quelli costruiti attorno ad un nome, cioè la
testa del sintagma. Anche i pronomi possono sostituire il ruolo del nome nel sintagma nominale
diventandone la testa.
In sintassi usiamo gli schemi ad albero per rappresentare la struttura delle frasi e il principio generale è che
ogni elemento che sta sul ramo di destra di un nodo modifica o sta in relazione diretta con l’elemento che
sta alla sua sinistra sotto lo stesso nodo e rappresenta il costituente Fratello.
Importanti sono le funzioni sintattiche che costituiscono il ruolo che i sintagmi assumono nella struttura
della frase, per cui i sintagmi nominali possono valere dal soggetto o complemento oggetto, i sintagmi
preposizionali da oggetto indiretto o complemento, i sintagmi verbali da predicato. Soggetto, predicato
verbale e oggetto sono le tre funzioni sintattiche fondamentali. A essi si aggiungono vari complementi:
specificazione, termine, mezzo, modo, argomento, Tempo, stato o moto da/a/ in luogo, termine di
paragone…
Concentrandoci sul verbo parliamo di valenze o argomenti che sono implicate dal tipo di significato del
verbo. Ogni predicato rappresenta e codifica un quadro di elementi che sono le valenze. Secondo lo schema
valenziale i verbi possono essere monovalenti, bivalenti o trivalenti. I verbi monovalenti implicano una sola
entità, qualcuno che fa qualcosa; i verbi bivalenti implicano due entità qualcuno che fa qualcosa e qualcuno
che subisce quella cosa; i verbi trivalenti hanno qualcuno che fa qualcosa, qualcuno che subisce quella cosa
e qualcuno che riceve quella cosa. Esempi di verbi monovalenti sono camminare o piangere; lodare o
interrogare sono verbi bivalenti; dare e spedire sono verbi trivalenti. Esistono poi verbi zero valenti o
avalenti che sono i verbi meteorologici o atmosferici come piovere o nevicare che non hanno alcuna
valenza. Per quanto rari esistono anche verbi tetravalenti che hanno quattro valenze, come spostare,
tradurre o vendere. Il soggetto è la prima valenza di ogni verbo ed è l’argomento più saliente. La seconda
valenza è il complemento oggetto nel caso dei verbi transitivi, ma può anche consistere in un complemento
di luogo, un complemento predicativo del soggetto o dell’oggetto, ho ancora altri complementi. Nella
struttura sintattica della frase importanti sono i circostanziali che non fanno parte dello schema valenziale
ma che funzionano da modificatori a livello della frase nel suo complesso oppure del sintagma verbale/
nominale e solitamente sono degli avverbi di tempo o di modo.
Un altro ordine di principi sono quelli che concernono il modo in cui contribuisce e partecipa all’evento
rappresentato dalla frase queste funzioni sono chiamate ruoli semantici o anche ruoli tematici.
Tra essi riconosciamo:
1. Agente: parte attiva che provoca ciò che accade, soggetto
2. Paziente: entità coinvolta senza intervento attivo che subisce o interessata passivamente da ciò che
accade, complemento oggetto
3. Sperimentatore: entità toccata da un certo stato processo psicologico; es. A Luisa piacciono i gelati
4. Beneficiario: indica che trai beneficio dall’azione, a vantaggio della quale va a ricadere quanto
succede; es. Gianni regalo un libro a Luca
5. Strumento: entità inanimata attraverso cui avviene l’azione
6. Destinazione: entità verso la quale, la meta di uno spostamento
7. Località: entità in cui sono situati spazialmente l’azione, lo Stato, il processo
8. Provenienza: entità dalla quale un’entità si muove in relazione l’attività espressa dal predicato
9. Dimensione: entità che indica una determinata estensione nel tempo, nello spazio o nella massa
10. Commutativo: entità che partecipa all’attività svolta dall’agente (1)
È importante sottolineare che in una frase passiva è diversa distribuzione del rapporto fra ruoli semantici e
funzioni sintattiche: la gente, che normalmente è il soggetto, diventa complemento d’agente, mentre il
paziente, che normalmente è oggetto, diventa soggetto. Sono passivizzabili solo i verbi transitivi, mentre i
verbi in transitivi no. Come essi sono anche i cosiddetti verbi inaccusativi, quelli che richiedono essere come
ausiliare, o i verbi inergativi, che hanno come ausiliare il verbo avere.
Nella strutturazione del prodotto finale della sintassi c’è però un altro piano che l’organizzazione
pragmatico informativa. Ci si occupa del valore con cui le frasi possono essere usate nella comunicazione e
di ciò che il parlante vuole fare producendole. Distinguiamo cinque tipi di frase:
1. Frasi dichiarativa: affermazione generica
2. Frasi interrogative: pongono una domanda che è marcata in italiano dall’intonazione e da parole
particolari come chi, che cosa ecc.; si dividono in interrogative totali o polari, che hanno come
risposta solo si o no, e interrogative parziali o aperte, che prevede una risposta libera
3. Frasi esclamativi: esprimono un’esclamazione e anche se sono marcate dall’intonazione
4. Frasi iussive o imperative: esprimono un ordine e sono marcate da forme verbali particolari come
imperativo, congiuntivo, infinito preceduto da negazione
5. Frasi ottative: esprimono un desiderio, un auspicio e sono marcate dalla posizione iniziale del verbo
al congiuntivo, dall’intonazione o di elementi introduttivi come un che generico o un se
Poiché la frase può essere vista come un’affermazione fatta attorno a qualcosa, è importante dividere il
significato di tema e rema. Il tema è ciò su cui si fa un’affermazione, attorno a cui si predica qualcosa. Il
rema e la predicazione che viene fatta, l’informazione che viene fornita a proposito del tema. Un’altra
distinzione importante è quella tra dato e nuovo. Il dato è l’elemento della frase da considerare noto
perché introdotto nel discorso o perché facente parte delle conoscenze condivise. Nuovo è l’elemento
portate come informazione non nota. Spesso il dato coincide con il tema e il nuovo coincide con il tema.
Quindi da un lato si sceglie ciò di cui si vuole parlare (tema) e si afferma qualcosa a proposito di questo
(rema), dall’altro si tiene conto della differenza tra informazione conosciuta (dato) e informazione non nota
(nuovo).
Nelle frasi normali tema, soggetto e agente coincidono, ma se si vuole separare e cambiare le funzioni delle
parole, si usano metodi come:
• dislocazione a sinistra, che sposta davanti alla frase uno degli elementi che la costituisce: l’oggetto
diventa tema, il soggetto rema. Stesso processo viene fatto per le frasi passive che mutano anche il
rapporto fra i ruoli semantici.
• dislocazione a destra che isolano sulla destra un elemento ripreso da un clitico
• Frase scissa che divide la frase in due parti, portando all’inizio della frase un costituente introdotto
dal verbo essere e poi una frase relativa. Serve per mettere in luce un elemento della frase, detto
focus: elemento su cui si concentra l’interesse del parlante e che dà più informazioni
La grammatica è costituita da lessico e regole. Lessico: parole e il loro significato. Regole: descrivono
meccanismo di formazione delle frasi. Le regole sono regole di riscrittura a struttura sintagmatica, con
forma generale x>y+z. Sono ricorsive quando dopo la freccia (uscita della regola) troviamo l’elemento che la
precede (entrata). Le regole contestuali hanno le barre oblique perchè specificano il contesto in cui si può
applicare la regola. Nelle regole possono essere specificati i tratti come genere, numero, transitivo ecc…
che sono le sottocategorizzazioni.
Si è visto che il problema dell’italiano è che la stessa frase può avere interpretazioni diverse tra loro. Per
questo è stata introdotta la differenza tra struttura superficiale e profonda della frase. Quella superficiale è
la forma sintattica per come è rappresentata dagli indicatori sintagmatici; la profonda è l’organizzazione
strutturale astratta che è dietro ad ogni frase e rappresenta i ruoli semantici e sintattici che variano in base
all’interpretazione.
Analisi del periodo
Il periodo è una frase complessa con più predicati. Le proposizioni che lo formano possono essere legate tra
loro per coordinazione o subordinazione. Nel primo caso le frasi sono accostate sullo stesso livello,
indipendenti tra loro, legate con dei connettivi tipo congiunzioni coordinanti (e, ma, o…) Nel secondo caso
abbiamo una frase principale e altre frasi che dipendono o da esse o tra loro a catena, legate con dei
connettivi di subordinazione come congiunzioni subordinanti (che, perché, quando, mentre, benchè…); le
subordinate sono esplicite se il verbo è finito, implicite se il verbo è in un tempo infinito. Possono essere:
1. Avverbiali o circostanziali modificano la frase da cui dipendono
2. Completive o argomentali sostituiscono soggetto o parti nominali maggiori
3. Relative modificano un costituente nominale della frase e hanno sempre o un nome o un pronome
come testa
Testi
Un testo è una combinazione di frasi più il contesto in cui essa funziona da unità comunicativa. Il contesto
può essere sia linguistico che extra linguistico indicando quindi la situazione specifica in cui si produce la
combinazione di frasi. Ci sono dei casi in cui non si può comprendere il significato di una frase se non si
guarda il contesto testuale. È il caso della pronominalizzazione, quando si usa un pronome personale come
soggetto e per capire il nome che sostituisce bisogna guardare le frasi precedenti.
Questi fenomeni si chiamano anafore: presenza di elementi che si possono interpretare solo se si fa
riferimento al contesto linguistico precedente. Il caso opposto (contesto linguistico seguente) sono le
catafore. Entrambi sono elementi coreferenti, che rimandano a qualcosa. Abbiamo poi la deissi: proprietà
di alcuni segni linguistici di far riferimento a elementi presenti nella situazione extra linguistica nello spazio
o nel tempo per cui per interpretarli ci si deve riferire alla situazione in cui viene enunciata la frase (es. ieri
può essere qualsiasi giorno, dipende da quando viene detta la frase). Essa può essere:
• Personale: riferimento al parlante, all’interlocutore e alle terze persone
• Spaziale: riferimento alla posizione delle entità chiamate in causa
• Temporale: riferimento alla localizzazione nel tempo
Esiste poi la situazione delle ellissi ovvero la mancanza di elementi che sarebbero indispensabili per dare
luogo a una struttura fra sale completa e che sono recuperabili solo nel contesto linguistico (es. “dove vai?
A casa” è sottinteso vado a caso perchè già detto nella domanda). NB in italiano esisterebbero tanti casi di
ellissi perchè è una lingua a soggetto nullo, lingua pro-drop. Molto importanti nella strutturazione dei testi
sono i segnali discorsivi, elementi estranei alla strutturazione sintattica della frase che svolgono il compito
di articolare il discorso (allora, guardi, senti, scusa, in primo luogo…).