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Linguistica: ramo delle scienze umane che studia la lingua. Scienze Umane: insieme delle discipline che studia l’essere
umano per comprendere cause e significati dei suoi comportamenti. Si può dividere in due sottogeneri:
L’oggetto di studio della linguistica sono le lingue storico-naturali (lingue nate spontaneamente nel tempo); l’insieme
delle lingue storico-naturali formano il linguaggio verbale umano; si tratta di una facoltà innata dell'homo sapiens ed è
uno degli strumenti (il più raffinato, complesso e duttile) che ha a disposizione.
Non c’è nessuna distinzione tra lingua e dialetti: tutti i sistemi linguistici utilizzati da un gruppo sociale sono
manifestazione specifica del linguaggio verbale umano.
Segno: è un qualcosa che sta per qualcos’altro e serve per comunicare questo qualcos’altro.
Si distinguono 3 categorie all’interno del fenomeno della comunicazione, differenziandosi a seconda di chi produce il
messaggio (emittente), chi lo riceve/interpreta (ricevente/interpretante) e dell’intenzionalità.
1. Emittente intenzionale
2. Ricevente intenzionale (linguaggio verbale umano, gesti, sistemi di comunicazione artificiali, segnali stradali, ...)
B. Passaggio di informazione
C. Formulazione di interferenze
1. Nessun emittente (ma: presenza di ‘oggetto culturale’ che viene interpretato per fornire un’informazione)
2. Interpretante (es.: case dai tetti aguzzi e spioventi= "qui nevica molto"; modi di vestire; ecc.).
Man mano che si va da A a B a C, l’insieme delle conoscenze di riferimento che permettono di capire il messaggio
decodificando il valore dei segni si indebolisce e diventa più vago: l’associazione fra un certo segnale (fatto ‘segnico’:
fatto o comportamento che abbia un valore informativo, tale da poter modificare uno stato precedente di conoscenze)
e l’informazione che trasporta è più lieve ed è affidata all’interpretazione del ricevente, più passibile di fraintendimenti.
1. INDICI (sintomi) motivati naturalmente/non intenzionali; basati sul rapporto causa > effetto
o Es: starnuto=raffreddore, nuvole scure=pioggia, orme sulla neve=è passato un animale
2. SEGNALI: motivati naturalmente/usati intenzionalmente
o Es: sbadiglio volontario=annoiato, luce accesa in montagna=segnalo la mia presenza, latrati di allarme di
animale, ecc..
3. ICONE [eikon, immagine]: intenzionali: basati su similarità di forma o struttura, riproducono proprietà dell’oggetto.
o Es: carte geografiche/mappe, foto, disegni, registrazioni, diagrammi, guide turistiche
4. SIMBOLI: motivati culturalmente/intenzionali
o Es: colore nero=lutto, rosso al semaforo=fermarsi, bandiere, alzarsi/sedersi davanti a superiore=rispetto
5. SEGNI (in senso stretto): non motivati (arbitrati, totalmente immotivati, basati su convinzione)/intenzionali
o Es: suono al telefono di linea occupata, segnali stradali (alcuni simboli altri icone), la lingua dei segni
Dalla categoria 1 alla 5 la motivazione che lega “il “qualcosa” al “qualcos’altro” che viene comunicato diventa sempre
meno diretta; aumenta quindi il lato culturale dei segni in senso lato: gli indici hanno valore universale, uguale per le
culture di ogni tempo; simboli e segni in senso stretto sono dipendenti da ogni singola cultura. Non ci sono ragioni forti
per tenere separati simboli e segni, in quanto dipendenti fortemente da cultura e convenzione.
I segni linguistici (gatto, ho mangiato una pera) sono segni in senso stretto prodotti intenzionalmente per comunicare; il
ricevente è in grado di interpretare il segno perché appartiene ad un codice.
Codice: insieme di corrispondenze fissate per convenzione fra qualcosa (insieme manifestante) e qualcos’altro (insieme
manifestato) che fornisce le regole di interpretazione dei segni. TUTTI i sistemi linguistici sono codici
1.3.1 Biplanarità
Proprietà costitutiva di tutti i segni; il fatto che in un segno ci siano due facce compresenti (qualcosa/qualcos’altro).
● Significante o ‘espressione’ / ’forma’: il qualcosa; parte fisicamente percepibile del segno, recepito dai nostri sensi
(la parola gatto, pronunciata o scritta)
● Significato o ‘contenuto’: il qualcos’altro; parte non materialmente percepibile, l’informazione rappresentata dalla
faccia percepibile (il concetto o idea di gatto).
“Il significante o espressione è ogni modificazione fisica a cui sia associabile un significato, un certo stato concettuale o
mentale: quest’ultimo è il contenuto”
1.3.2 Arbitrarietà
Non c’è alcun legame motivato fra significato e significante di un segno ma dipendono da una (tacita) convenzione tra i
parlanti di una lingua, quindi arbitrari (es.: il significante gatto non ha di per sé nulla a che vedere con l’animale gatto;
ciò non vuol dire che non esistono legami o rapporti tra significante e significato ma che questi sono appunto posti per
convenzione, e quindi arbitrari. Se qualcosa non è arbitrario allora è iconico)
Se i segni linguistici non fossero arbitrari le parole delle lingue dovrebbero essere molto simili; il fatto che non sia così
vuol dire che non esiste un rapporto (se non per convenzione) tra la natura di una cosa e la parola che la designa.
Il fatto che la parola gatto può essere simile in lingue diverse potrebbe essere dovuto ad una di queste due cause:
● Parentela genealogica fra due lingue: l’italiano e lo spagnolo (gato) derivano entrambe dal latino.
● Origine onomatopeica: la parola thailandese mèo e quella cinese mao costituiscono un’imitazione del verso
dell’animale, è per questo che sono somiglianti.
Nel funzionamento dei segni linguistici sono TRE le entità in gioco e il tutto viene rappresentato attraverso il TRIANGOLO
SEMIOTICO → ai 3 vertici abbiamo il significante, il significato e il referente, cioè l’elemento della realtà esterna
veicolato dalle due componenti del segno.
Tenendo presente questo schema si possono definire 4 tipi di arbitrarietà nella lingua:
●È arbitrario il legame tra segno e referente 🡪 l'assenza di un legame di derivazione tra un elemento della realtà
esterna e il segno a cui esso viene associato
●è arbitrario il legame tra significante e significato 🡪 divano =/= oggetto di arredamento che serve a sedersi.
●è arbitrario il rapporto fra forma e sostanza del significato 🡪 Ogni lingua attribuisce in modo diverso dalle altre una
data forma (significato) ad una data sostanza. Es: in italiano bosco/legno/legna, in francese bois.
●è arbitrario fra forma e sostanza del significante 🡪 ogni lingua sceglie i suoni pertinenti per indicare un “oggetto”;
es: la fonetica è organizzata in maniera diversa nelle varie lingue: mentre in italiano non c'è distinzione tra [a] lunga
e breve (parola mantiene unico significato), in tedesco si cambia il significato.
- Onomatopee: riproducono caratteri fisici di ciò che viene designato. Es: tintinnio, chicchiricchì, rimbombare.
Imitano il suono o rumore che designano e presentano un aspetto iconico.
- Ideòfoni sono espressioni imitative o descrittive che indicano fenomeni naturali o azioni (boom, zac, gluglu); non
sono delle effettive parole appartenenti al lessico della lingua italiana.
o Principio di iconismo: è stato notato che nella grammatica di tutte le lingue esistono principi iconici. Es: la
formazione del plurale attraverso l’aggiunta di materiale linguistico alla forma singolare è un dispositivo molto
diffuso nella lingua → l’idea della pluralità, che implica più cose viene riprodotta dalla lingua perchè la forma
plurale contiene più materiale rispetto al singolare.
- Fonosimbolismo: espressioni che suggeriscono con il suono stesso il senso, l'immagine, il fatto o la condizione che
vogliono significare → ad esempio il suono i, vocale chiusa e fonicamente piccola (prodotta con un’apertura minima
della bocca), sarebbe connesso con “cose” piccole. Esistono parole però che indicano piccolezza e non contengono i
(scarso, corto, poco) e parole che indicano grandezza e contengono i (massiccio, big).
De Saussure introduce la nozione di una arbitrarietà relativa nel senso che vi sono strutture linguistiche che hanno
una qualche motivazione relativa. (Ferdinand de Saussure è stato un linguista e semiologo svizzero. È considerato
uno dei fondatori della linguistica moderna)
- Arbitrarietà relativa: se ho la parola dente, il derivato dentale dal segno dente significherà ciò che è relativo alla
base. Nelle lingue con ricca morfologia funziona bene (italiano) meno in quello scarsamente morfologiche come
l’inglese (tooth è dente, dentale si dice dental: l’unica lingua germanica fortemente latinizzata è l’inglese,
attraverso i normanni. La base è germanica, il derivato latino).
In conclusione, nonostante esistano eccezioni al principio dell'arbitrarietà della lingua, esse non sono cruciali da mettere
in crisi lo statuto dell'arbitrarietà come una delle proprietà più importanti del linguaggio verbale umano.
- Prima articolazione: la parola gatto, ad esempio, è scomponibile in 2 “pezzi” più piccoli: gatt- e -o, che hanno
entrambi un proprio significato (felino domestico e “uno solo”, singolare). Tali unità minime (perché non
possono più essere scomposte in elementi più piccoli che rechino ancora un proprio significato) sono dette
MORFEMI.
- Seconda articolazione: ad un secondo livello i morfemi sono a loro volta scomponibili. Il morfema gatt- è
scomponibile in g, a, t, t. Tali elementi sono detti FONEMI e sono le unità minime della seconda articolazione,
non sono più segni in quanto non sono portatori di significato.
PRINCIPIO DELLA COMBINATORIETÀ: Principio secondo cui la lingua funziona combinando unità minori, possedute in
un inventario limitato e prive di significato proprio, per formare un numero indefinito di unità maggiori (segni).
- priorità antropologica: Tutte le lingue che hanno una forma scritta sono (o sono state) anche parlate, mentre
non tutte le lingue parlate hanno anche una forma scritta (lingue soprattutto in Africa o in Oceania, non hanno
scrittura: sono infatti i fattori storico-sociali a far si che una lingua non abbia sviluppato un suo codice grafico);
- priorità ontogenetica (relativa all’individuo): ogni individuo impara prima a parlare e poi a scrivere;
- priorità filogenetica (relativa alla specie umana): la scrittura si è sviluppata molto tempo dopo il parlato.
È ipotizzabile che una forma embrionale di linguaggio fosse presente già 3 milioni di anni fa (homo erectus), rispetto alla
scrittura (≃ 5000 anni fa, sumeri); in psicologia si fissa una prima evoluzione del cervello utilizzando come riferimento la
nascita del linguaggio, presupponendo l’esistenza di prerequisiti biologici necessari per il linguaggio verbale.
Il canale fonico-acustico presenta una serie di vantaggi biologici e funzionali rispetto al canale visivo e all’uso scritto:
- Il canale orale è utilizzabile in ogni circostanza purché vi sia aria, e sul nostro pianeta c’è ovunque.
- La fonte di emittenza del messaggio può essere localizzata
- L’esecuzione parlata è più rapida di quella scritta, la ricezione è contemporanea alla produzione del messaggio e
può essere trasmesso simultaneamente a un gruppo di destinatari diversi e in diverse direzioni
- Il messaggio orale richiede meno energia per produrlo.
Nelle società moderne lo scritto ha una certa priorità sociale: la forma scritta è un requisito fondamentale per una
lingua evoluta (istruzione, validità giuridica, …). La realizzazione parlata/scritta dei segni non sono una diretta
rappresentazione l’una dell’altra. Lo scritto nasce come fissazione del parlato ma si è sviluppato con aspetti e caratteri
propri.
Discretezza: le unità della lingua non sono continue ma ben distinte tra loro; conseguenza: non è possibile intensificare il
significante per intensificare il significato come con le grida: il significato non varia al variare del significante.
Plurifunzionalità: Poiché è difficilmente provabile che con la lingua si possa dire tutto si parla di plurifunzionalità, ovvero
la possibilità della lingua di ricoprire molte funzioni, tra cui l’esprimere il pensiero, manifestare i propri sentimenti/stati
d’animo, trasmettere informazioni, instaurare/mantenere/regolare rapporti sociali e risolvere problemi.
Inoltre (secondo Jakobson) il linguaggio verbale è caratterizzato da sei funzioni centrali che differiscono in base alla
tipologia del messaggio che si intende trasmettere. Si tratta di:
1. funzione emotiva (o espressiva) per esprimere emozioni o sensazioni del parlante (es. Che bella serata!)
2. funzione metalinguistica per specificare aspetti del codice (es. Leo è il soggetto della frase “Leo gioca a calcio”)
3. funzione referenziale per dare informazioni circa la realtà esterna (es. Esistono animali erbivori)
4. funzione conativa per stimolare la partecipazione del ricevente (es. Chiudi la porta!)
5. funzione fàtica per sottolineare il canale di comunicazione e il contatto fra i parlanti (es. Ehi? Pronto?, ci sei?)
6. funzione poetica per enfatizzare le potenzialità insite nel messaggio e i caratteri interni del significante e del
significato (es. Nel mezzo del cammin di nostra vita..).
Riflessività: possibilità di usare la lingua per parlare della lingua stessa: la lingua viene così usata come metalingua. Sono
possibili frasi del tipo: “'alza' è la terza persona singolare del modo indicativo del tempo presente del verbo alzare.”
1.3.11 Equivocità
La lingua è un codice equivoco: pone corrispondenze plurivoche fra gli elementi di una lista e di quelli della lista
associata: ad un unico significante possono corrispondere più significati. Ciò contribuisce a creare flessibilità e
adattabilità dello strumento linguistico. I possibili fraintendimenti sono eliminati grazie alla presenza del contesto.
LINGUA: È un codice che organizza un sistema di segni dal significante primariamente fonico-acustico, arbitrari ad
ogni livello e doppiamente articolati, capaci di esprimere ogni esperienza esprimibile, posseduti come conoscenza
interiorizzata che permette di produrre infinite frasi a partire da un numero finito di elementi.
La lingua è una caratteristica solo umana? La maggior parte degli studiosi pensa sia solo umana poiché possiediamo
precise pre-condizioni anatomiche e neurofisiologiche per l’elaborazione mentale e fisica del linguaggio verbale, cioè:
È impossibile separare la dimensione sincronica da quella diacronica: un elemento della lingua in un momento preciso
(visuale sincronica) è quello che è anche grazie alla storia che lo ha portato alla condizione attuale (visuale diacronica).
La sincronia assoluta di fatto non esisterebbe, perché la lingua è in costante movimento lungo l'asse del tempo: la
sincronia assoluta (azzeramento dell'asse del tempo) è una finzione teorica. La distinzione fra la considerazione
diacronica e quella sincronica è comunque uno dei fondamenti metodologici principali con cui ci si accosta alla lingua.
In conclusione, la linguistica sincronica spiega com'è fatta e come funziona la lingua, il sistema linguistico (linguistica
generale); la linguistica diacronica spiega perché le forme di una determinata lingua sono così (linguistica storica).
Langue, sistema, competenza: l’insieme di conoscenze mentali che costituiscono la capacità di produrre messaggi in
una lingua (sapere astratto); parole, uso ed esecuzione: realizzazione concreta di un messaggio verbale in una certa
lingua.
Norma: terza entità posta da alcuni linguisti che funge da filtro tra sistema e uso; insieme di regole accettato da una
comunità di parlanti in un determinato periodo e contesto storico-culturale (si dice affidamento e non affidazione).
Ciò che interessa al linguista è la langue: per studiare la langue il linguista deve però partire dalla parole, che gli fornisce
i dati osservabili da cui eventualmente ricavare le leggi del sistema.
Tutti gli elementi del sistema di segni in una certa posizione nel messaggio
implica una scelta in un paradigma di elementi selezionabili in quella
posizione, tra i quali hanno un rapporto sull’asse paradigmatico; la scelta di
quell'elemento implica la considerazione degli elementi che compaiono prima
e dopo in tutto il messaggio, coi quali quell’elemento ha rapporti sull'asse
sintagmatico e quindi con cui deve avere una coerenza logica (sintagmatica).
Ogni elemento del processo comunicativo può essere pensato come risultante dell'intersezione tra asse sintagmatico
e asse paradigmatico.