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Riassunto de La Linguistica

Linguistica Generale (Università di Bologna)

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Riassunto La Linguistica, Un corso introduttivo | Berrutto – Cerruti

Capitolo 1 | Il linguaggio verbale

La linguistica è il ramo delle scienze umane che studia la lingua. E può essere divisa in
due sottocampi principali:

• La linguistica generale (o sincronica) – che si occupa di che cosa sono, come


sono fatte e come funzionano le lingue
• La linguistica storica (o diacronica) – che si occupa dell’evoluzione delle lingue
nel tempo e dei rapporti fra le lingue e fra lingua e cultura.
Ø Glottologia - ambito che copre la linguistica storica e lo studio comparato
delle lingue antiche.

Hanno valore analogo alla linguistica generale anche linguistica teorica, sincronica,
descrittiva.

Materia della linguistica è la totale manifestazione del linguaggio umano in ogni sua
forma.

Oggetto della linguistica sono le lingue storico-naturali – lingue nate spontaneamente


lungo il corso della civiltà umana e usate dagli esseri umani ora o nel passato [italiano,
francese, romeno, svedese, russo, cinese, tongano, latino, sanscrito, swahili, ecc.] e
sono espressione di quello che viene chiamato linguaggio verbale umano – facoltà
innata e sistema comunicativo complesso di cui sono capaci solo gli esseri umani.

La distinzione fra lingue e dialetti (lingua a tutti gli effetti) è basata su motivazioni
sociali e socio-culturali. Hanno funzioni importanti ma complementari. Se la
differenza tra lingua e dialetto non è giustificabile in termini linguistici (struttura),
allora va cercata all’esterno del sistema-lingua:

o Sul piano sociale: le lingue hanno un riconoscimento sociale che il dialetto non
ha;
o Sul piano funzionale: le lingue hanno un ambito di uso più ampio di quello dei
dialetti;

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o Sul piano politico: le lingue hanno uno statuto ufficiale che i dialetti non hanno
Le lingue sono state “create” per consentire scambi economici e culturali tra
gruppi sociali distanziati e come strumento per l’assetto amministrativo degli
Stati

Sociolinguistica – interazione fra lingua e società, variazione dei comportamenti


linguistici e come le lingue si articolano.

Per inquadrare il linguaggio verbale umano si parte dalla nozione del segno – ovvero
qualcosa che sta per qualcos’altro e serve per comunicare questo qualcos’altro.

Comunicazione in senso larga: TUTTO può COMUNICARE qualcosa, ogni fatto


culturale è suscettibile di essere interpretato da qualcuno e quindi dare informazione.

Comunicazione in senso ristretto: l’ingrediente fondamentale della comunicazione è la


sua INTENZIONALITA’ quindi il passaggio di informazione.

3 categorie della comunicazione:

Ø Comunicazione in senso stretto: emittente/ricevente intenzionale


(comunicazione verbale umano-non verbale-segnalazioni stradali ecc.)
Ø Passaggio di informazione: emittente NON intenzionale/ricevente (o
interpretante) intenzionale (parte della comunicazione non verbale umana,
posture del corpo, orme di animali, paralinguistica ecc.)
Ø Formulazione di inferenze: NESSUN emittente (presenza di un oggetto
culturale) /interpretante intenzionale

Il segno è l’unità fondamentale della comunicazione:

Ø Indici – motivati naturalmente, causa ed effetto (starnutire e avere il


raffreddore / nuvole scure e la pioggia ecc.)
Ø Segnali – motivati naturalmente/ usati intenzionalmente (sbadiglio volontario e
la noia/ latrati di allarme per scimmie ecc.)
Ø Icone – motivati analogicamente/intenzionali (basati sulla similarità di forma o
struttura, carte geografiche e mappe, fotografie, onomatopee ecc.)

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Ø Simboli – motivati culturalmente/intenzionali (colore nero o bianco – lutto/


rosso del semaforo – fermarsi/ colomba con ramoscello d’ulivo – pace ecc.)
Ø Segni – non motivati/intenzionali (messaggi linguistici, suono al telefono
quando una linea è occupata, linguaggio dei gesti per i non udenti ecc.)

La motivazione che lega “il qualcosa al qualcos’altro” diventa più convenzionale –


meno diretta. Mentre gli indici, in quanto fatti di natura, sono di valore universale,
uguali per tutte le culture in ogni tempo, i simboli e ancor più i segni sono dipendenti
da ogni tradizione culturale. Noi riusciamo a recepire i segni perché appartengono a
codici ovvero l’insieme di corrispondenze, fissatesi per convenzione fra qualcosa e
qualcos’altro che fornisce l’interpretazione dei segni.

La Biplanarità (prima proprietà del codice lingua) si rifà alle due facce del segno:

ü il qualcosa (Significante o Espressione) – è la parte percepibile del segno,


quello che cade sotto i nostri sensi (la parola “cane” pronunciata o scritta);
ü il qualcos’altro (Significato o Contenuto) – la parte non materialmente
percepibile (concetto o idea di “cane”)

L’Arbitrarietà non c’è alcun legame motivato fra il significante e il significato di un


segno. Se i segni linguistici non fossero arbitrari, le cose dovrebbero chiamarsi allo
stesso modo in tutte le lingue.

Esempio: “Cane” non ha di per sé nulla a che vedere con l’animale, non c’è
nulla nella natura che lo rimandi al suo nome, che faccia sì che quella cosa si debba
chiamare così. Il fatto che certe lingue siano più simili ad altri dipende dalla parentela
genealogica fra le due lingue (in caso di gatto – Gato in spagnolo e ovviamente Gatto
in Italiano entrambe derivate dal latino). La forte somiglianza fra le parole per “gatto”
del cinese (māo) e del thailandese (mèo) sarà da attribuire al fatto che la forma ha
presumibilmente origine onomatopeica, costituendo un’imitazione del verso
dell’animale.

I rapporti che ci sono non sono dati naturalmente ma posti per convenzione.

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Occorre distinguere 4 tipi di arbitrarietà e per affrontare il problema, è utile introdurre


la considerazione che in realtà nel funzionamento dei segni linguistici sono tre le entità
effettivamente in gioco (significante, significante e referente ovvero la realtà esterna)

ü A un primo livello: è arbitrario il rapporto tra segno e referente: non c’è alcun
legame naturale e concreto, di derivazione dell’uno dall’altro. Ex: Fra l’oggetto
sedia e il segno sedia o tra una persona e il suo nome
ü A un secondo livello: è arbitrario il rapporto fra significante e significato – il
significante sedia, come sequenza di lettere o suoni, non ha in sé, al di fuori
della convenzione posta dalla lingua, nulla a che vedere con il significato
“oggetto d’arredamento che serve per sedersi”
ü A un terzo livello: è arbitrario il rapporto tra forma (struttura, organizzazione
interna) e sostanza (materia, insieme di fatti concettualizzabili) del significato.
Ex: bosco, legno, legna
ü Ad un quarto livello: ogni lingua organizza secondo proprio criteri la scelta dei
suoni pertinenti, distinguendo in una certa maniera, le entità rilevanti della
materia fonica.
Ø Tranne nel caso delle onomatopee – riproducono o richiamano nel loro
significante caratteri fisici di ciò che viene designato.

Parole e voci onomatopeiche come tintinnio, sussurrare, rimbombare ecc.


imitano nella loro sostanza di significante il suono o rumore che designano, e
presentano quindi un aspetto iconico: sarebbero pertanto più icone che simboli o
segni in senso stretto.

Più iconici sono i “idèofoni” che sono espressioni imitative o interiezioni


descrittive che designano fenomeni naturali o azioni. Frequentemente usate nei
fumetti, come “boom” “zac” “glu glu” che gli ideofoni abbiano lo statuto di
effettive parole, appartenenti al lessico della lingua italiana è dubbio.

Principio di iconismo: l’idea di pluralità, che implica più cose, più materiale
sarebbe evocata o suggerita o riprodotta nella lingua dal fatto che la forma plurale
contiene più materiale fonico, linguistica che non la forma del singolare.

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Fonosimbolismo: affermando che certi suoni avrebbero per la loro stessa natura
associati a sé certi significati:

ü il suono i – vocale chiusa e fonicamente piccola – sarebbe connesso con


cose piccole, e quindi parole che contengono i designerebbero di
preferenza la proprietà di essere piccolo o oggetti piccoli, come piccino –
minimo – little ecc.

Doppia articolazione: NON va confuso con la Biplanarità e consiste nel fatto che il
significante di un segno linguistico è articolato a due livelli diversi:

1° livello - il significante è organizzato e scomponibile in unità che sono


ancora portatrici di significato e che vengono riutilizzate per formare altri
segni [che recano ciascuno un proprio significato gatt-o; felino domestico e
“uno solo” singolare] e portatrici di un proprio significato. Sono chiamati
morfemi. Sono associazioni di un significante e un significato e
costituiscono le unità minime di prima articolazione.
2° livello - Sono a loro volta (sti morfemi) scomponibili in unità più piccole
che non sono più portatrici di significato autonomo e che combinandosi
insieme in successione danno vita alle entità di seconda articolazione –
non sono più segni e vengono chiamati fonemi.

Trasponibilità di mezzo: il significante dei segni linguistici può essere trasmesso o


realizzato sia attraverso il mezzo aria, il canale fonico-acustico – sotto forma di
sequenza di suoni e rumori prodotti dall’apparato fonatorio umano che si propagano
come onde sonore e vengono ricevuti dall’apparato uditivo e anche attraverso il mezzo
luce, il canale visivo-grafico sotto forma di (di)segni, tracciati su carta o altro supporto
solido e ricevuti tramite l’apparato visivo.

Anche se i segni linguistici possono essere trasmessi oralmente o graficamente, il


carattere orale è prioritario rispetto a quello visivo.

Ø Il parlato è prioritario antropologicamente rispetto allo scritto. Tutte le


lingue che hanno una forma e un uso scritto sono anche parlate, mentre

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non tutte le lingue parlate hanno anche una forma e un uso scritti
(soprattutto in Africa e Oceania)
Ø La priorità ontogenetica del parlato dice che ogni individuo umano impara
prima, al momento della socializzazione primaria, e per via naturale,
spontanea, a parlare e solo in un secondo tempo attraverso addestramento
guidato, a scrivere.
Ø La priorità filogenetica del parlato invece è relativa alla specie umana – la
scrittura si è sviluppata molto dopo il parlare. Le prime attestazioni giunteci
di una forma scritta di lingua risalgono a non più di cinque millenni prima di
Cristo e quelle di scrittura (cuneiforme) presso i Sumeri, circa il 3500 a.C.,
quindi la scrittura si è sviluppata molto tempo dopo il linguaggio verbale,
che era già presente nell’Homo Habilis ed Erectus.

Il canale fonico-acustico e l’uso parlato della lingua presentano d’altra parte tutta una
serie di vantaggi biologici e funzionali rispetto al canale visivo e all’uso scritto:

ü Purché vi sia presenza di aria, possono essere utilizzati in qualunque


circostanza ambientale e consentono la trasmissione anche in presenza di
ostacoli fra emittente e ricevente e a distanza;
ü Non ostacolano altre attività, possono essere utilizzati in concomitanza con
altre prestazioni fisiche e intellettive;
ü Permettono la localizzazione della fonte di emittenza del messaggio;
ü La ricezione è contemporanea alla produzione del messaggio, avviene in
diretta;
ü L’esecuzione parlata è più rapida di quella scritta;
ü Il messaggio può essere trasmesso simultaneamente a un gruppo di
destinatari diversi e può essere colto da ogni direzione;
ü Il messaggio è evanescente, ha rapida dissolvenza, non permane a
ingombrare il canale ma lascia subito libero il passaggio ad altri messaggi
“scripta manent – verba volant”
ü L’energia specifica richiesta è molto ridotta

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Tuttavia, nelle società moderne, lo scritto ha una priorità sociale: avere una forma
scritta è un requisito indispensabile per una lingua evoluta. Lo scritto ha maggiore
importanza, prestigio e utilità sociale e culturale – è lo strumento di fissazione e
trasmissione del corpo legale, della tradizione culturale, letteraria e del sapere
scientifico. È il veicolo dell’istruzione scolastica, ha validità giuridica.

Per linearità del segno si intende che il significante viene prodotto, si realizza e si
sviluppa in successione nel tempo e/o nello spazio- non s i capisce completamente il
messaggio se non dopo che siano stati attualizzati uno dopo l’altro gli elementi che lo
costituiscono. Molti altri tipi di segni sono invece globali e vengono percepiti
simultaneamente: segnali stradali, il colore del semaforo, i gesti ecc.

Per discretezza dei segni si intende il fatto che la differenza fra gli elementi, le unità
della lingua è assoluta ovvero le unità della lingua non costituiscono una materia
continua - c’è un confine fra un elemento e un altro: pollo – bollo. Una conseguenza
della discretezza è che nella lingua non possiamo intensificare il significante per
intensificare il significato allo stesso modo in cui lo facciamo per interiezioni o grida.

Onnipotenza semantica: consiste nel fatto che con la lingua è possibile dare
un’espressione a qualsiasi contenuto nel senso che un messaggio formulato in
qualunque altro codice o sistema di segni sarebbe traducibile in lingua ma non
viceversa. Essenzialmente, con la lingua si può parlare di tutto.

(Pluri)Funzioni della lingua (la lingua che permette di adempiere a molte funzioni
diverse by Jakobson):

ü Esprimere pensiero
ü Trasmettere informazioni
ü Instaurare, mantenere, regolare ecc. attività cooperative e rapporti sociali
ü Manifestare – esternare i propri sentimenti e stati d’animo
ü Risolvere problemi
ü Creare mondi possibili

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Schema di Jakobson: identifica sei funzioni sulla base di un modello generale


dell’evento comunicativo:

ü Funzione emotiva – volto a specificare ad esprimere sensazioni del parlante


(che bella sorpresa!)
ü Funzione metalinguistica – volto a specificare aspetti del codice o a calibrare il
messaggio sul codice (ho detto pollo, con due elle e non polo! )
ü Funzione referenziale - volto a fornire informazioni sulla realtà esterna
(l’Intercity per Miano Centrale delle quindici e venti è in partenza dal binario
due)
ü Funzione conativa – volto a far agire in qualche modo il ricevente, ottenendo
da lui un certo comportamento (chiudi la porta!)
ü Funzione fàtica – volto a verificare e sottolineare il canale di comunicazione
e/o il contatto fisico o psicologica fra i parlanti (pronto? Ciao Gianni!)
ü Funzione poetica – volto ad esplicitare, mettere in rilievo e sfruttare le
potenzialità insite nel messaggio e i caratteri interni del significante e del
significato (avete presente “Halleluyah Halleluyah” delle messe? Ecco…tipo
così)

Produttività: è una proprietà della lingua a cui si fa spesso riferimento e che è


connessa da un lato con la doppia articolazione e dall’altro con l’onnipotenza
semantica. Si allude al fatto che con la lingua è sempre possibile creare nuovi
messaggi, mai prodotti prima, e parlare di cose nuove e nuove esperienze, mai
sperimentate prima o anche di cose inesistenti.

La produttività o apertura del sistema linguistico prende più precisamente la forma di


quella che è stata chiamata creatività regolare che vale a dire una produttività infinita
basata su un numero limitato di principi e regole applicabili ricorsivamente.

La ricorsività è posseduta in maniera evidente dalla lingua ed è una proprietà formale


importante della lingua e significa che uno stesso procedimento è riapplicabile un
numero illimitato di volte. Da una parola si può ricavarne un’altra mediante l’aggiunto
di un suffisso e questa regola di suffissazione è ricorsiva da atto.

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Distanziamento: è una proprietà del linguaggio verbale umane e si tratta di una


proprietà che riguarda il modo di significazione della lingua e che ha una notevole
importanza, per quanto concerne la differenza fra il linguaggio umano e i sistemi di
comunicazione animali. S’intende la possibilità di poter formulare messaggi relativi a
cose lontane, distanti nel tempo, nello spazio o un entrami dal momento e dal luogo in
cui si svolge l’interazione comunicativa o viene prodotto il messaggio. QUINDI si tratta
di poter parlare di un’esperienza in assenza di tale esperienza. (Ovviamente, Dr.
Dolittle non fa testo e quindi gli animali non parlano, SPOILER)

Trasmissibilità culturale: trasmessa per tradizione all’interno di una società e cultura,


come uno dei fatti costituitivi della cultura. Non perché il linguaggio verbale sia un
fatto culturale ma la componente innate è anche essa specialmente importante nel
linguaggio verbale e in esso vi è una componente culturale-ambientale (la lingua che
impariamo e parliamo) e innata (facoltà del linguaggio ovvero la predisposizione a
comunicare mediante una lingua e le strutture portanti del linguaggio verbale).
Importante è il periodo della pubertà linguistica se entro gli 11-12 anni un essere
umano non riceve stimoli linguistici, lo sviluppo della lingua è bloccato.

Elementi importanti nella complessità sintattica (rapporti fra elementi o parti del
segno che danno luogo a un alto grado di elaborazione strutturale, con una ricca
gerarchia di rapporti di concatenazione e funzionali fra gli elementi disposti
linearmente):

ü L’ordine degli elementi: le posizioni lineari in cui essi si combinano;


ü Le relazioni strutturali e le dipendenze che vigono fra elementi non contigui;
ü Le incassature o incastrature degli elementi di una frase;
ü La ricorsività;
ü Presenze di parti del messaggio che danno informazioni sulla sua strutturazione
sintattica;
ü La possibilità di discontinuità nella strutturazione sintattica (aufmachen =
machen…auf– gegessen= hat…gegessen).

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La lingua è un codice tipicamente equivoco – pone corrispondenze plurivoche fra gli


elementi di una lista e quelli della lista a questa associata (ad un unico significante
può corrispondere più significati). Un codice non equivoco pone rapporti biunivoci –
cioè a rapporti tali che a ogni elemento di un insieme A corrisponda a uno e un solo
elemento dell’insieme B e viceversa. QUINDI è una proprietà importante della lingua
che non costituisce un difetto o uno svantaggio dell’organizzazione del sistema
linguistico bensì rappresenta un vantaggio. I problemi che derivano dall’equivocità
vengono risolti dal contesto che serve per interpretare i messaggi.

La facoltà verbale di esprimersi attraverso sistemi comunicativi come le lingue, è


specifica dell’uomo ed è maturata nel corso dell’evoluzione. Solo l’uomo ha le
condizioni anatomiche e neurofisiologiche necessarie per l’elaborazione del linguaggio
verbale (Chomsky):

ü Adeguato volume del cervello, che rende possibile la memorizzazione,


l’elaborazione e il processo di un sistema complesso;
ü Conformazione del canale fonatorio a due canne, che consente le distinzioni
articolatorie nelle produzioni fonetiche necessarie per la comunicazione
verbale.

Lingua: è un codice che organizza un sistema di segni dal significante fonico-acustico,


arbitrari ad ogni loro livello e doppiamente articolati, capaci di esprimere ogni
esperienza esprimibile, posseduti come conoscenza interiorizzata che permette di
produrre infinite frasi a partire da un numero finito di elementi.

Saussure individua 3 suddivisioni che costituiscono I principi generali per l’analisi della
lingua:

indicano le 2 diverse condizioni con le quali guardare le lingue e i fatti linguistici in


relazione all’asse del tempo:

Ø Sincronia: s’intende la considerazione delle lingue e degli elementi della lingua


facendo un taglio sull’asse del tempo e guardando come essi si siano evoluti e
mutati (qualsiasi lingua sia) ignorando quello che è successo prima e/o dopo

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- Diacronia: s’intende la considerazione delle lingue e degli


elementi della lingua lungo lo sviluppo temporale nella loro
evoluzione storica – cambiamenti linguistici e i loro punti di
riferimento. [es: etimologie].

Poi vi è la distinzione fra sistema astratto e realizzazione concreta:

Ø Langue (Saussure), Sistema (Hjelmslev) e Competenza (Chomsky) (sistema


astratto): s’intende l’insieme di conoscenze mentali, di regole interiorizzate
insite nel codice lingua, che costituiscono la nostra capacità di produrre
messaggi in una certa lingua e sono possedute in ugual misura come sapere
astratto.
- Parole, Uso e Esecuzione (realizzazione concreta): s’intende
l’atto linguistico individuale, la realizzazione concreta di un
messaggio verbale in una certa lingua. Questo sistema è
individuale e concreto e mutevole e per studiare le langue, i
linguisti usano le parole, da cui ricavano le leggi del sistema.

L’ultima distinzione è fra l’asse paradigmatico e l’asse sintagmatico:

Ø Sull’asse paradigmatico: vi è l’attuazione di un elemento del sistema di segni


che implica una scelta, riguarda il processo (fornisce serbatoi a cui attingere le
unità linguistiche)
- Sull’asse sintagmatico: vi è la presa in considerazione degli
elementi legati a quello che avviene nell’asse delle
combinazioni, riguardante il sistema (assicura che le
combinazioni tra le unità rispettino le regole della lingua)

Nella lingua, esistono quattro livelli di analisi, stabiliti in base alla Biplanarità e della
doppia articolazione, che identificano tre strati diversi del segno linguistico: lo strato
del significante inteso come mero significante, lo strato del significante in quanto f

Capitolo 2 | Fonetica e Fonologia

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La parte della linguistica che si occupa degli aspetti che analizza come siano fatti
fisicamente i suoni di cui le lingue si servono (materiale della comunicazione verbale) è
la Fonetica

Si suddistingue in 3 campi:

ü La fonetica articolatoria – che studia i suoni del linguaggio in base al modo in


cui vengono articolati – apparato fonatorio umano;
ü La fonetica acustica – studia i suoni del linguaggio in base alla loro consistenza
fisica e modalità di trasmissione, in quanto onde sonore che si propagano in un
mezzo;
ü La fonetica uditiva: studia i suoni del linguaggio in base al modo in cui vengono
ricevuti, percepiti dall’apparato uditivo umano e decodificati dal cervello.

L’apparato fonatorio è l’insieme degli organi e delle strutture anatomiche che la


specie umana utilizza per parlare. I suoni del linguaggio umano vengono prodotti
mediante l’espirazione – flusso d’aria “egressivo” – l’aria muovendo dai polmoni
attraverso i bronchi e la trachea raggiunge la laringe dove incontra le corde vocali.
Esistono suoni realizzati attraverso l’inspirazione – ingressivo o senza partecipazione
dei polmoni. Le corde vocali restano separate e rilassate nella Fonazione= produzione
dei suoni del linguaggio, riducono o bloccano il passaggio d’aria poiché si contraggono
e si avvicinano l’una all’altra.

Ø Il luogo in cui viene articolato un suono costituisce un (primo) parametro per la


classificazione e identificazione dei suoni del linguaggio;
Ø Il modo di articolazione è (il secondo parametro) il restringimento relativo che
in un certo punto del percorso si frappone o meno al passaggio del flusso
d’aria;
Ø Un terzo parametro che si riconduce al modo di articolazione è dato dal
contributo della mobilità dei singoli organi (corde vocali, lingua, velo e ugola,
labbra) all’articolazione dei suoni

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I suoni prodotti con concomitante vibrazione delle corde vocali accostate e tese sono
sonori (vocali e consonanti); i suoni prodotti senza vibrazione delle corde vocali
discoste sono detti sordi (consonanti).

Le consonanti vengono definite in base a tre caratteristiche derivate dal modo di


articolazione, dal luogo di articolazione e dalla sonorità o sordità:

o Modo di articolazione – le consonanti sono caratterizzate dal fatto che vi è


frapposizione di un ostacolo al passaggio dell’aria. Un blocco momentaneo al
passaggio dell’aria è fricativa, un blocco totale è occlusiva. Quando iniziano
come occlusiva ma finiscono come fricativa sono a loro volta affricate. Le
consonanti laterali /l/ si formano con il passaggio d’aria ai lati della lingua e
vibranti /r/ quando le lingue vibra mediante rapido contatti con un altro
organo articolatorio e infine, nasali sono quando vi è passaggio d’aria
attraverso la cavità nasale /m/ /n/
o Luogo di articolazione – quando le consonanti vengono classificate anche in
base al punto dell’apparato fonatorio in cui vengono articolate:
- Bilabiali: prodotte dalle labbra o tra esse (p);
- Labiodentali: prodotte fra labbra e denti anteriori (f);
- Dentali: prodotte con la punta della lingua che toccano il
livello dei denti (d);
- Alveolari: prodotte dalla lingua contro o vicino agli alveoli
(d);
- Palatali: prodotte dalla lingua contro o vicino al palato duro
(gn);
- Velari: prodotte contro o vicino al velo, palato molle (c);
- Uvulari: prodotte contro o vicino all’ugola (r - francese);
- Faringali: prodotte fra la base della radice della lingua e la
parte posteriore della faringe (a – araba);
- Glottidali: prodotte direttamente nella glottide a livello delle
corde vocali

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I Vocali sono suoni prodotti senza che si frapponga alcun ostacolo al flusso dell’aria nel
canale orale, non sono caratterizzate dal modo o luogo di articolazione ma dalle
conformazioni che assume la cavità orale a seconda della posizione della lingua e al
suo grado di avanzamento o arretramento e di innalzamento o abbassamento. Anche
le labbra sono importanti per l'articolazione delle vocali: se le labbra sono tese o
protruse e sporgono in avanti, le vocali si chiamano arrotondate (vocali posteriori); se
le labbra sono
distese formanti una fessura, allora le vocali saranno non arrotondate (vocali
anteriori).

I suoni vocalici possono essere prodotte con o senza passaggio contemporaneo


dell’aria nella cavità nasale – nasali.

Vi sono suoni con modo di articolazione intermedio fra vocali e consonanti fricative e
prodotti con un semplice inizio di restringimento del canale orale, con la frapposizione
di un ostacolo appena percettibile al flusso dell’aria. Sono suoni vicini alle vocali e
vengono chiamati semivocali. Esse non possono costituire apice di sillaba e unite a una
vocale costituiscono un dittongo. Esistono le semivocali anteriori o posteriori.

Le grafie alfabetiche: Ogni suono viene reso da un simbolo grafico. Non c’è un
rapporto biunivoco tra suoni e unità grafiche poiché allo stesso suono possono
corrispondere più grafemi e viceversa. Il principio del rapporto biunivoco è costituito
dal fatto che ogni suono dovrebbe essere indicato da una sola lettera. Questo ha
portato a:

Ø L’introduzione di nuovi segni – umlaut;

Ø Assegnazione di un valore diverso alle lettere latine;

Ø A un solo grafema può corrispondere più suoni;

Ø A più grafemi corrisponde un solo suono;

Ø A un solo suono possono corrispondere grafemi differenti (c, q)

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L’ortografia italiana si può definire abbastanza fedelmente “fonografica” – siamo


abituati ad associare a ogni suono, una singola lettera e quindi siamo abituati a legger
e pronunciare “come si scrive”. Mentre la grafia dell’italiano è quindi nell’insieme non
troppo lontana dalla realtà fonica – quelle del francese e dell’inglese ne sono spesso
distanti. L’inglese ha un’ortografia con elementi logografici, spesso con suoni singoli
che corrispondono a sequenze diverse di lettere e lettere che non hanno alcun
corrispondente fonico. [cough – knight]. L’analisi linguistica deve sempre basarsi
sull’immagine fonica delle parole.

Per ovviare alle incongruenze delle grafie tradizionali ed avere uno strumento di
rappresentazione grafica dei suoni del linguaggio [valido per tutte le lingue] e che
riproduca la realtà fonica, i linguisti hanno elaborato sistemi di trascrizione fonetica, in
cui c’è corrispondenza biunivoca fra suoni rappresentati e segni grafici che li
rappresentano. L’Alfabeto Fonetico Internazionale (IPA) è il uno dei sistemi di
trascrizioni più usate e diffuse.

Trascrizione fonetica – [ ]; L’accento nella trascrizione IPA è indicato con (‘); E a: due
punti indicano l’allungamento della vocale.

- Ogni suono producibile dall’apparato fonatorio umano e che è la realizzazione


concreta di un suono del linguaggio [m]: è FONO – l’unità minima in fonetica. I
foni non hanno significato autonomo. Quando i foni hanno un certo valore
distintivo, cioè si oppongono nel distinguere e formare parole di una lingua, si
dice che siano fonemi e sono le unità minime di seconda articolazione del
sistema linguistico in fonologia - studia l’organizzazione e la funzione dei suoni
nel sistema linguistico.
- [‘mare] è costituita da 4 foni diversi in successione ed è formata da 4 fonemi
/m/, /a/, /r/, /e/: Trascrizione fonematica avviene con le barre e sarebbe
/’mare/

Inoltre, la trascrizone fonetica può avvenire partendo da

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- una forma fonica reale che è sulla base di una sequenza di suoni realmente
prodotta e quindi viene definita “descrittiva” poiché descrive i suoni di una
lingua
- una forma fonica ideale che è sulla base di una sequenza di foni come noi ci
aspettiamo che sia in base alle regole di quella lingua e viene definita
“prescrittiva”

Ciascuno dei 4 fonemi è identificato per opposizione e mediante un procedimento di


scoperta che consiste nel confrontare un’unità in cui compaia il fono di cui si vuole
mostrare se è o no fonema con altre unità della lingua che siano uguali in tutto tranne
nella posizione in cui sta il fono in oggetto si usa la prova di commutazione - [pare] –
[bare]

Ps: Prima Legge di Trubeckoj - 6 fonemi occlusivi = pbtdkg – coppie minime, coppia di
parole che si distinguono solo per il suono e il significato

Seconda Legge di T – se due suoni possono correre nello stesso contesto, attraverso
prova di commutazione, ma scambiandosi non cambiano mai significato della parola
sono detti varianti libere di un unico fonema.

Terza Legge di T – quando due o più suoni non possono correre nello stesso contesto,
sono varianti contestuali dello stesso fonema

I fonemi sono unità minime di seconda articolazione del sistema linguistico, non
sono scomponibili ed inoltre non hanno significato autonomo e quindi non segni.
Foni diversi tra loro che costituiscano realizzazioni fonetiche diverse ma prive di
valore distintivo sono allofoni [‘dɛnte] [dɛŋte] – quest’ultimo è una pronuncia
settentrionale.

Una coppia di parole che siano uguali in tutto tranne per la presenza di un fonema al
posto di un altro in una certa posizione forma una coppia minima che indentifica
sempre due fonemi. [‘pare] [‘kare]. I tratti distintivi: consentono di rappresentare
economicamente le caratteristiche articolatorie dei fonemi anche dei fenomeni
fonologici che avvengono nelle lingue (assimilazioni). Non tutte le lingue hanno ugual
numero di fonemi: gli inventari fonematici sono costituiti in genere da alcune decine di

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fonemi. L’italiano standard ne ha 30, l’inglese 34, francese 36, Tedesco 38, spagnolo
24, 31 il cinese, 37 l’arabo egiziano e così via.

L’inventario fonematico dell’italiano è connesso con numerosi problemi:

Ø Per trascrivere foneticamente occorre basarsi sul modo in cui una parola è
pronunciata, sulla fonia, e non sulla grafia. In italiano ci sono alcuni problemi
derivati dalle differenze regionali nella pronuncia, che causa anche il
raddoppiamento sintattico;
Ø un fenomeno che consiste nell’allungamento della consonante iniziale di una
parola (di solito quelle con accento sull'ultima sillaba).
Ø Inoltre esistono le opposizioni fra: /s/ e /z/ - /ts/ e /dz/ - /j/ e /i/ - /w/ e /u/.
Nell’italiano del settentrione la fricativa dentale è sempre realizzata sonora in
posizione intervocalica, quindi [kieze] è pronunciata nello stesso modo sia nel
caso di “edifici di culto” che nel caso di “domandò” (differenze di aperture e
raddoppi).

L’accento è un'intensità particolare con la quale si pronuncia una sillaba (- le minime


combinazioni di fonemi che funzionino come unità pronunciabili e possono essere
utilizzato come mattoni per costruire la forma fonica delle parole), che così facendo
acquista una prominenza fonica sulle altre; la sillaba accentata si
chiama tonica mentre le altre sono atone.

Valore fonematico dell’accento: l’accento in base alla posizione della sillaba su cui
cade ha valore distintivo oppositivo. In certe lingue l’assegnazione dell’accento non è
correlata alla posizione sillabica, ma avviene con altri criteri non fonologici [tedesco:
l’accento tende a stare sulla radice lessicale]. In Italiano l’accento è libero e può
trovarsi sull’ultima sillaba di una parola – Qualità = [kwali’ta] ed è definita tronca;
sulla penultima la parola si dice piana; sulla terzultima è sdrucciola- Camera
=[‘ka:mera]; e più raramente sulla quartultima – Capitano = [‘ka:pitano]. Tono – è
l’altezza relativa di pronuncia di una sillaba, dipendente dalla tensione delle corde
vocali e della laringe, e quindi dalla velocità e frequenza delle vibrazioni delle corde
vocali – queste determinano la frequenza fondamentale che è il principale parametro

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dei fenomeni di tonalità. Intonazione – l’andamento melodico con cui è pronunciata


una frase o un intero gruppo tonale o gruppo ritmico. È una sequenza di toni che
conferisce all’emissione fonica nel suo complessa una certa curva melodica.

Capitolo 3 | Morfologia

La morfologia studia la struttura e la forma del discorso, della parola.

Parola: Massima unità della morfologia. È anche la minima combinazione di elementi


minori dotati di significato, i morfemi – costruita attorno a una base lessicale che
funziona come entità autonoma della lingua e possa quindi rappresentare un segno
linguistico come unità separabile costitutiva di un messaggio.

Ps: La competenza morfologica si sviluppa in parte nell’apprendimento, in altri casi è


innata.

Criteri della parola:

• all’interno l’ordine dei morfemi è rigido e fisso e non possono essere invertiti o
cambiati di posizione, pena la distruzione della parola stessa [gatt-o non o-
gatt];
• I confini della parola sono punti di pausa potenziale nel discorso;
• La parola è di solito separata/separabile nella scrittura;
• Foneticamente la pronuncia di una parola non è interrotta ed è caratterizzata
da un unico accento primario.

Se proviamo a scomporre parole in pezzi più piccoli in modo tale vi sia associato un
significato isolabile – abbiamo morfemi = dent (organo della masticazione) – al
(aggettivo “relativo a”) – e (singolare). La parola “dentale” è quindi formata da 3
morfemi, ciascuno dei quali suscettibile di entrare come componente di altre parole.

Un procedimento pratico per scomporre una parola in morfemi è che la si deve


confrontare via via con parole simili, dalla forma molto vicina e anche qui la tecnica
usata è la “prova di commutazione”.

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La morfologia si distingue in:

- Morfema (o monema) è dunque, l’unità minima di prima articolazione, il


piccolo pezzo significante di una lingua portatore di un significato proprio, di un
valore e una funzione precisi e individuabili e riusabile come tale.
- Morfo: è inteso come forma, dal punto di vista del significante del morfema;
- Allomorfo: la variante formale di un morfema, realizza lo stesso significato di
un altro morfo con cui è in distribuzione complementare – è ciascuno delle
forme con cui si può presentare uno stesso morfema che sia suscettibile di
comparire sotto forme diverse;

Esempi di allomorfi: Spostarsi avvicinandosi verso un luogo determinato – il luogo in


cui si trova l’ascoltatore, se il verbo è usato alla prima persona. Verbo “venire” che ha
4 allomorfi diversi ven-, venn-, veng-, verr-, + altri che sono di uno stesso morfema, col
valore di formare aggettivi con un significato di potenzialità -abil-, -ibil-, -ubil-,
[mangiabile, udibile, solubile]

Con il fenomeno del suppletivismo si manifestano in italiano situazioni in cui un


morfema lessicale in certe parole viene sostituito da un morfema totalmente diverso
ma con lo stesso significato [Acqua (latino) – “Heil” Hydro (greco)]

Tipi di morfemi:

• Classificazione Funzionale – in base alla funzione svolta, al tipo di valore che i


morfemi contribuiscono al significato delle parole (preposizioni, articoli,
pronomi ecc.);
- Lessicali: formano una classe aperta – stanno nel lessico e sono arricchibili con
nuovi elementi e le modifiche sono rapide
- Grammaticali: formano una classe chiusa- sono dati non sono suscettibili ad
accogliere nuove entità e le modifiche sono lente. A loro volta si suddividono
in:
-Derivazionali (o derivativi): derivano parole da altre parole; agisce prima
della flessione in quanto crea nuove parole e in seguito si legano i flessivi. Non

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è un procedimento obbligatorio (comportazione per esempio) e infine sono più


vicini alle radici rispetto alle flessionali;
-Flessionali (o flessivi): danno luogo a diverse forme di una parola; è un
procedimento obbligatorio

Un morfema può essere:

o Libero – compare da solo in una frase – virtù


o Legato – non può comparire da solo come gli affissi e i radici (gatt-; vaff-; corr-)

Le parole funzionali sono classificate come semilibere

• Classificazione Posizionale – basata sulla posizione che i morfemi grammaticali


assumono all’interno della parola e sul modo in cui essi contribuiscono alla sua
struttura. I morfemi grammaticali si suddividono in classi diverse a seconda
della loro posizione rispetto al morfema lessicale o radice. Inoltre, possono
essere chiamati “affissi” – che è ogni morfema che si combini con una radice e
sono:
v quelli stanno prima della radice che si chiamano “prefissi”;
v quelli che stanno dopo sono “suffissi”;
v parole che stanno all’ultima posizione, dopo la radice e gli eventuali suffissi
sono denominati “desinenze”;
v poi ci sono quelli che PERÒ non esistono in Italiano come gli “infissi” che
sono inseriti dentro la radice.
v Poi ancora, vi sono anche affissi che sono formati da due parti, una che sta
prima della radice e l’altra che sta dopo la radice “circonfissi” [tipo in
tedesco ge(sag(en)) t].
v In alcune lingue, esistono degli affissi che si incastrano alternativamente
dentro la radice, dando quindi luogo a discontinuità sia dell’affisso che della
radice e sono i “tranfissi” (tipo nell’arabo k-t-b).

Vi sono altri tipi di morfemi come quelli sostitutivi – che non sono isolabili
segmentalmente perché si manifestano con la sostituzione di un fono ad un altro fono
[foot – feet; goose – geese; e quelli discontinui come nella lingua tedesca con

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desinenze –er e modificazione della vocale della radice con l’umlaut: Buch – Bücher;
Land – Länder] e quindi non ci sono presenze di affissi o suffissi ma cambi di fonemi.

Vi è anche il morfema zero – laddove una distinzione marcata della grammatica di una
certa lingua non viene rappresentata nel significante [sheep – sheep], ma cambia il
significato. Sono presenti anche in nomi della terza declinazione in latino.

Esistono anche morfemi soprasegmentali, in cui un determinato valore morfologico si


manifesta attraverso un tratto come l’accento, il tono. Ex: Record – [‘rekord –
registrazione vs ri’cord – registrare].

Morfemi cumulativi: quando i morfemi grammaticali recano più di un valore “buone”


è sia femminile che plurale. Un caso particolare del morfema cumulativo è l’amalgama
che si crea con la fusione di due morfemi in modo che nel morfema risultante non sia
possibile distinguerne i morfemi da cui ha avuto origine – au francese che è l’insieme
di à e le.

I morfemi derivazionali permettono di formare un numero infinito di parole (con


suffissazioni e prefissazioni) dalla base su cui si poggiano, integrandolo, modificando la
classe di appartenenza della parola e la sua funzione semantica, o sfumandone il
senso.

1° Es: da Dormire – dormicchiare (l’atto), dormitorio (luogo).

2° Es: da Socio – asociale, consocio, dissociare, nazionalsocialismo, riassociare,


socializzabilità (che può essere socializzato).

La vocale tematica è riferita al vocale iniziale dei verbi all’infinito delle tre coniugazioni
–Ire; Are; Ere e si pensa la V.T possa avere un significato e quindi sarebbe un morfema
derivazionale o grammaticale o la si riconduce alla radice lessicale come facente parte
di esso “cambia-mento”.

Affissoidi o semiparole (Prefissoidi e Suffissoidi): sono radici lessicali che funzionano


come un prefisso o suffisso posti prima o dopo un morfema per creare un’unica parola,
per modificarne il significato;

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Le parole composte sono due parole agganciate tra loro per formare una sola parola
(composta);

Le unità plurilessematiche sono costituite da più parole che rappresentano un’unica


entità di significato, comportandosi come se fossero una parola unica. Non sono
scomponibili perché se si sposta una parola di conseguenze lo sto mutamento avverrà
per le altre parole. (Sale e PEPE, Anima e CORPO, Usa e GETTA, Pane e BURRO etc.).

Le unità lessicali bimembri sono composte da due membri, appunto. “Sedia Elettrica”
sono tra parole composte e le unità lessicali plurilessematiche.

Il processo di parasintesi sta nel coniare nuove parole con il suffisso e prefisso al
contempo. “ingiallire”. Quindi i verbi creati hanno base aggettivali.

La conversione (derivazione zero o suffissazione zero) si ha quando si hanno due


parole (verbo e aggettivo o nome)con la stessa radice lessicale, privi di suffissi e non si
sa distinguere quale sia la derivata o il termine primitivo “calmo – calmare”.
I morfemi flessionali non modificano il significato della radice lessicale su cui operano.

Capitolo 4 | Sintassi

La sintassi è il livello di analisi che si occupa della struttura delle frasi: l’oggetto di
studio della sintassi è come si combinano fra loro le parole e come sono organizzate in
frasi. La frase è quindi il costrutto che fa da unità di misura per la sintassi.

Una frase è identificata perché contiene una predicazione – un’affermazione riguardo


a qualcosa, l’attribuzione di una qualità o un modo d’essere o d’agire a un’entità.
“Gianni è un dilf” è una predicazione poiché attribuisce all’entità chiamata Gian la
qualità chiamata “dilfaggine” = Frasi nominali.

Il valore di predicare qualcosa è affidato ai verbi, in genere ogni verbo autonomo


coincide con una frase ma non in caso delle F.N che sono frasi senza verbo. Es: buona,
questa torta. Problemi sorgono quando si tratta di individuare quante e quali frasi
sono in un discorso o testo.

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Analisi struttura delle frasi – bisogna rendersi conto del modo in cui sono organizzati
fra loro le parole e i gruppi di parole che insieme costituiscono una frase che è basato
sulla scomposizione o segmentazione:

o Analisi in costituenti immediati –la prospettiva configurazionale = individuano


vari sottolivelli analisi che a loro volta posso essere sottoposti a scomposizioni
ed analisi. Per farlo serve la prova di commutazione
Per rappresentarlo, si usa il metodo degli alberi etichettati e sti alberi a loro
volta si chiamano indicatori sintagmatici.
Il costituente da cui si parte è la Frase nella sua totalità da cui partirà un SV e
un SN e se non c’è il nome si mette Ø – “corro!”. SN e SV a loro volta vengo
scomposti come – SV (Verbo V e Aus Ausiliare) | SN (Nome N e Art Articolo,
Possessivo Poss e Agg Aggettivo).
Tutte le parole funzionali che occorrono davanti al nome e hanno la funzione di
determinarlo in qualche modo (come un articolo) prendono anche il nome di
Det (determinanti).

Ambiguità – Quando una frase è ambigua – non sa sa a chi attribuire una qualità. Si
ricorre alla ramificazione triangolare il ramo porta ad una costituente che, essendo la
sua struttura non pertinente per il fenomeno che si vuole illustrare, non viene
analizzato nella rappresentazione.

Sintagmi – è definibile almeno da una parola che funzioni come un’unità della
struttura frasale. Sono costruiti attorno a una “testa” (– la classe di parole che
rappresenta il minimo elemento che da solo possa costruire sintagma), sulla cui base
vengono classificati e da cui prendono il nome.

Un sintagma nominale è quindi un sintagma costruito attorno a un nome, Nome è la


testa di SN, Verbo del SV ecc.

Sprep e SDet sono sintagmi nominali introdotti, rispettivamente, da una preposizione


e da un determinante (e ha come testa un Det), che a differenza di N e V, non può
essere unico elemento del sintagma.

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Il sintagma nominale minimo è un N – il sintagma nominale massimo può avere una


struttura assai complessa, anche se le combinazioni di elementi permesse in un SN
variano da lingua a lingua. Elemento minimo di un sintagma è, SV =V ma anche AUS,
SN=N, Quant, Agg, Det, Poss, Num. Inoltre, se un elemento del sintagma ricorre è
definito ricorsivo. (Agg + N + Agg)

La teoria x-barra: individua i ranghi di complessità di un sintagma (X’, X’’, ecc.)


indicandone i livelli di complessità in crescendo: se un sintagma nominale contiene a
sua volta un sintagma nominale, il secondo sarà X, il primo (da cui il secondo nasce)
sarà X’, e così via. È dunque importante che ogni costituente compaia con il rango
gerarchico in cui interviene a contribuire al valore generale della frase, ogni parte va
agganciata al nodo opportuno. Ramificazioni binarie sono utili per evitare errori.

I principi di funzionamento della sintassi:

Ø Funzioni Sintattiche – Gli elementi della frase assumono valori funzionali per
l’interpretazione semantica della frase. I costituenti concorrono sulla base di
vari principi per determinare la gerarchia dei loro rapporti e i F.S sono della
prima classe. Le tre F.S fondamentali sono composti dal soggetto (Chi compie
l’azione) – oggetto o complemento oggetto (Chi subisce l’azione) e da
predicato verbale (l’azione). A queste si aggiungono:
Ø Complementi – che in base alla funzione prendono il nome - specificazione ( la
zia di Trump), termine (Trump ha dato l’herpes a Melania), mezzo (battere il
chiodo col martello… di Trump), tempo (di giorno e di notte, Trump twitta un
sacco), modo (twittare con 280 caratteri), argomento (discutere di Russia…con
Donald), stato in luogo (sto nella camera Ovale) ecc.

Le funzioni sintattiche poi vengono assegnate da schemi valenziali o strutture


argomentali. Nello schema valenziale vi è un nucleo formato da un verbo e dalle sue
valenze o argomenti.

L’elemento fondamentale per lo schema è il verbo che può essere:

o Zerovalente o avalente – verbi meteorologici o atmosferici

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o Monovalenti – vi è un soggetto o è un verbo intransitivo


o Bivalente – ha un complemento oggetto ed è un verbo transitivo
o Trivalente (a 3) /Tetravalente (a 4) - es. Spedire: deve avere chi spedisce, chi
riceve, l’oggetto della spedizione (a 3) / Tradurre: qualcuno traduce qualcosa,
da una lingua ad un’altra (a 4)

Le valenze sono gli attori in gioco nell’azione dettata dal verbo e sulla base delle
valenze la prima valenza è il SOGGETTO (tutti I verbi tranne quelli meteorologici hanno
un soggetto) e la seconda valenza è il COMPLEMENTO OGGETTO. I verbi esprimono
valenza anche quando queste sono implicite e quindi si dice che siano saturate.

Il verbo e le sue valenze (o argomenti) formano insieme il nucleo. I costituenti che non
fanno parte dello schema valenziale in quanto non sono direttamente implicati dal
significato del verbo si chiamano circostanziali o attanti. Sono la cornice degli eventi.

I ruoli semantici: regolano la sintassi della frase e guardano la frase (che non è più
vista dalla prospettiva del significante dotato di significato) come fosse una
rappresentazione di una scena o evento in cui gli elementi hanno legami con altri per
ciò che succede nella frase. Sono denominate anche ruoli theta.

Quelli più importanti, usate per designare i ruoli principali dei nomi sono:

v Agente – colui che provoca ciò che accade nell’evento;


v Paziente – è l’entità passive o che si trova in una certa condizione;
v Sperimentatore – l’entità toccata che prova un certo stato d’animo;
v Strumento - entità inanimate attraverso cui accade qualcosa;
v Destinazione – il fine, ruolo semantico verso la quale si dirige l’attività espressa
dal predicato

Ruoli semantici dei verbi:

v Processo (ex: trasformare);


v Azione (ex: correre, picchiare);
v Stato (ex: esistere)

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Tipi di verbi sono: 


o Verbi transitivi: hanno il complemento oggetto 



o Verbi intransitivi: non hanno il complemento oggetto;
o Verbi inaccusativi: verbi intransitivi che richiedono come ausiliare essere;
o Verbi inergativi: verbi intransitivi che richiedono come ausiliare avere. 


Per la strutturazione finale della sintassi vi è anche l’organizzazione pragmatica-


informativa che college un evento allo stato delle cose nel mondo reale:

v Tema* – ciò su cui si fa l’affermazione;


v Rema** – la predicazione che viene fatta

E l’opposizione che spesso accompagna entrambi è:

o Dato* – l’elemento della frase da considerarsi già noto (forse perché già
introdotto nel discorso o perché facente parte di conoscenze condivise);
o Nuovo** - è l’elemento della frase che veicola un’informazione nuova

Solitamente, il tema anticipa il rema. Nelle frasi marcate però l’ordine sintattico si
rompe e uno degli elementi che costituiscono la frase viene spostata:

v La dislocazione a sinistra – il gatto insegue il topo vs il topo insegue il gatto;


v La dislocazione a destra – lo vuoi una teglia di arancini?
v La frase scissa – è introdotta dal verbo essere: è Marco che mi rompe il cazzo.

Il focus è il punto di maggior salienza comunicativa della frase che fa parte del rema.

QUINDI le frasi si analizzano secondo 4 prospettive:

ü La prospettiva configurazionale – relative alla struttura in costituenti;


ü La prospettiva sintattica – relative alle funzioni sintattiche;
ü La prospettiva semantica – relative ai ruoli semantici;
ü La prospettiva pragmatic-informativa – relative all’articolazione in tema/rema

Ex: Gianni Corre = [SN+ SV] – [Sogg + Pred V] – [Agente + Azione] – [Tema + Rema]

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La grammatica generativa (Chomsky) si occupa di predire in maniera esplicita le frasi


possibili di una lingua. È costruita da un lessico e da regole che governano I vari aspetti
della grammatica.

Le frasi non sono realizzate da sole, ma si combinano in sequenze strutturate che si


chiamano frasi complesse o periodi. La sintassi delle frasi complesse si chiama sintassi
del periodo.

All’interno del periodo vi sono:

v Coordinazione – le diverse preposizioni che vengono accostate l’una


all’altra senza che tra esse vi sia un rapporto di dipendenza (ex: e, ma ecc.) ;
v Subordinazione – posta in un rapporto di dipendenza con la frase principale
e vi sono 3 grandi categorie:
Frasi avverbiali: frasi subordinate che mutano il significato generale
della frase (mentre sono qua a farmi I cazzi miei) ;
Frasi completive: frasi che riempiono una valenza del predicato verbale
(io penso tu sia un unicorno);
Frasi relative: modificano un costituente nominale nella frase e hanno
sempre un nome o pronome come testa (non ho più visto l’assistente
che mi diede 18…no, davvero)

Il testo è un insieme di frasi con un contesto che funziona da unità comunicativa e si


divide in:

v Contesto – contesto extralinguistico, situazione in cui la sequenza di frasi è


stata creata;
v Cotesto - contesto linguistico, il testo precede o segue il testo preso in analisi

Pronominalizzazioni: accade quando è impossibile, restando nel contesto della frase


analizzate, a che cosa si riferisca un pronome. Quindi è un elemento esterno alla frase
ma presente nel cotesto (Eleven sanguina dal naso. Io la guardo);

Anafora – termine presente in una frase, rimanda a qualcosa che è da trovarsi nel
contesto prima di esso nel testo;

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Catafora – presente in una frase ma rimanda a qualcosa che è da trovarsi nel contesto
dopo nel testo.

Deissi: si designa la proprietà di una parte dei segni linguistici di indicare, o far
riferimento a cose o elementi presenti nella situazione extralinguistica e in particolare
nello spazio o nel tempo in cui essa si situa, in maniera tale che l’interpretazione
specifica di ciò a cui il segno si riferisce dipenda interamente dalla situazione di
enunciazione.

v Deissi personale: codifica il riferimento al parlante, all’interlocutore e alle


terze persone e ha come centro il parlante stesso, chi dice io in una
determinata situazione (io, tu, lui, loro, sto cazzo);
v Deissi spaziali: codifica le posizioni delle entità chiamate in causa rispetto al
luogo in cui si trovano i partecipanti all’interazione (quello, qui, in alto,
culandia). In questa categoria si possono distinguere le due sottoclassi dei
deittici prossimali che indicano prossimità, vicinanza, rispetto all’origine
del riferimento spaziale;
v Deissi temporale: codifica il momento dell’enunciazione e specifica la
localizzazione degli eventi nel tempo rispetto ad esso (oggi, dici anni fa,
duemilaemai)
v L’ellissi: mancanza od omissione di elementi che sarebbero indispensabili
per dare luogo a una struttura frasale completa per l’interpretazione della
frase, dal contesto linguistico.
Ex: A: dove vai? B: (io) (vado) a casa – coppia domanda-risposta, in cui
la risposta solitamente è ellittica, data l’immediata ricuperabilità degli
elementi omessi. Il frammento “a casa” è integrato nella struttura frasale
fornita dalla frase precedente.
v Segnali discorsivi: sono elementi estranei alla strutturazione sintattica delle
frasi che svolgono il compito di articolare il discorso (coooooomunque,
insomma…)

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Capitolo 5 | Semantica

È la parte della linguistica che si occupa del significato. Il significato non è visibile ed è il
punto di sutura fra la lingua, la mente e il mondo esterno.

v Il significato come concetto: è un’immagine mentale, un’idea o operazione


creata dalla mente, corrispondente a qualcosa che esiste al di fuori della lingua.
v Il significato come operazione: è funzione dell’uso che si fa dei segni, vale a
dire ciò che accomuna i contesti d’impiego di un segno e ne permette l’uso
appropriato.

Definizione generale del significato: “l’informazione veicolata da un segno o elemento


linguistico” poiché è detto in maniera molto ampia e vaga, che può comprendere e
nascondere cose eterogenee è giusto fare delle distinzioni fra tipi diversi di significato;

v Il significato denotativo: è quello inteso nel senso oggettivo, di ciò che il segno
descrive e rappresenta. [gatto – felino];
v Il significato connotativo: è il significato indotto, soggettivo, connesso alle
sensazioni suscitate da un segno e alle associazioni a cui esso dà luogo. [gatto-
“animale grazioso, furbo, pigro, indipendente ecc.].

Quindi il termine in sé denota una sottoclasse di felini, mentre può connotare


un tipo di comportamento che sia associabile a quello del felino domestico.

v Il significato linguistico: è il significato che un termine ha in quanto elemento di


un sistema linguistico codificante una rappresentazione mentale
Ex: Tu e Lei (verranno quindi considerati rispettivamente pronome di
seconda persona singolare e terza persona singolare femminile)
v Il significato sociale: è il significato che un segno può avere in relazione ai
rapporti fra i parlanti, ciò che esso rappresenta in termini di dimensione sociale
Ex: Tu e Lei (verranno invece considerati rispettivamente allocutivo di
confidenza e solidarietà, di vicinanza sociale e allocutivo di rispetto e deferenza,
di distanza sociale)

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v Il significato lessicale: sono i termini che rappresentano concetti concreti o


astratti della realtà esterna. I termini dal significato lessicale vengono chiamate
parole piene; (Tu – essere umano, un po’ stronzo)
v Il significato grammaticale: sono interni al sistema linguistico. I termini del
significato grammaticale sono parole vuote. (Tu – seconda persona singolare)

L’enciclopedia, sono attribuzioni che dipendono dalla nostra conoscenza ed esperienza


riguardanti una determinata cosa o cose, fa parte del sapere in senso generale e quindi
esso non ha confini delimitabili.

Senso: il significato contestale ovvero la specificazione e concretizzazione che il


contenuto di un termine assume ogni volta che viene usato in una produzione
linguistica in un certo contesto. Il significato di SIGNIFICATO sta invece nel fatto che
esso può assumere ed avere diversi sensi, la questione è connessa con quella della
polisemia.

Intensione: insieme di proprietà che costituiscono il concetto designato da un termine;

Estensione: insieme degli oggetti a cui quel termine si può applicare

Per il livello semantico, il linguista pone un’unità di analisi minima cioè, il lessema.
Esso corrisponde a una parola considerata dal punto di vista del significato.

L’insieme dei lessemi in una lingua costituisce il suo lessico. Lo studio dei vari aspetti
del lessico a sua volta è la lessicologia che si pone tra semantica e morfologia
derivazionale. La lessicografia è lo studio dei metodi e della tecnica di composizione
dei vocabolari e dizionari, cioè le opere che raccolgono e documentano il lessico di una
lingua. Lemma è la voce del dizionario.

Il lessico presenta aspetti contrastanti:

v Il lessico è uno dei due componenti essenziali di una lingua poiché senza
non esisterebbe una lingua, non si potrebbe comunicare verbalmente, i
messaggi assumerebbero strutture vuote;

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v È lo strato della lingua più ampio, nei vocabolari ci sono fino a 130000
lemmi;
v Il lessico è lo strato esterno, visibile, meno intima e superficiale di un
sistema linguistico. È più esposta alle varie circostanze extralinguistiche e
più condizionata da fattori estranei all’organizzazione del sistema.
v Il primo compito della semantica è quello di mettere ordine è quello di
mettere ordine nell’elenco caotico di lessemi. E’ spesso fluttuante e
suscettibile a mutamenti perché rispecchia la realtà esterna.

Omonimia; è quando si hanno omonimi lessema che abbiano lo stesso significante ma


a cui corrispondano significati diversi. (Erba – Erba, omofoni)

v Polisemia; quando si hanno significati associati a uno stesso significante


imparentati fra loro e derivati
v Enantiosemia; si ha quando significati diversi dello stesso termine sono tra
di loro in rapporto di opposizione (Ospite)

I rapporti possono essere basati anche sulla compatibilità o somiglianza, vicinanza,


semantica fra lessemi.

v Sinonimia- sono lessemi diversi aventi lo stesso significato, dovrebbero


essere intercambiali in ogni contesto ma non lo sono, infatti sinonimi
effettivi sono rari quindi abbiamo i “quasi” (Pietra vs Sasso – pietra miliare o
sasso miliare?)
v La quasi sinonimia (tra/fra)
v Iponimia –contenuto all’interno di un significato più ampio dettato da un
altro termine; (Armadio e mobile)
v Meronimia – rapporto fra la parte e il tutto; braccia, testa, ventre ecc.
(inclusivo, pensate - “il corpo umano”)
v Solidarietà semantica – bastata sulla cooccorrenza obbligatoria di un
lessema con un altro (lingua – lecca)
v Collocazioni – rapporto fra lessema fondata su convenzioni linguistiche di
una lingua, sono di largo uso. (Porta/scorrevole, testa/di cazzo). A

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differenza del rapporto di solidarietà, che è basato sulle proprietà e


restrizioni semantiche previste dal sistema linguistico, il rapporto di
collocazione riflette convenzioni e idiosincrasie tipiche dell’uso della lingua
e del costume linguistico di una certa comunità parlante.
v Antonimia – due lessemi di significato contrario, ma estremi di una
dimensione polare (Piero Angela/ Alberto Angela)
v Complementarità – due lessemi di significato polare, estremi di una
dimensione polare (Vivo/Morto)
v Inversione – (Marito/Moglie)
v Sottosistemi lessicali – gruppi di lessemi che costituiscano complesso
organizzati, in cui ogni elemento è unito agli altri da rapporti di significato.
v Campo semantico – termine polisemico, è l’insieme dei lessemi in cui i
legami sono di significato – campo semantico dell’età: giovane, “vecio”,
anziano, nuovo, antico ecc.
v Sfera semantica – nozione generica e ampia, insieme di lessemi che
abbiano in comune il riferimento ad un certo ambito semantico – termini
usati per moda, medicina, musica ecc.
v Famiglia semantica - insieme di lessemi imparentati nel significato delle
parole derivate da una stessa radice lessicale – sociologo, sociopatico,
sociologia ecc.
v Gerarchia semantica – costituita da un insieme in cui ogni termine è una
parte determinata di un termine che nell’insieme lo segue in una certa scala
di misura – il corpo umano di prima

Spostamenti di significato: Metafora (usare un termine fondato sulla somiglianza


concettuale – Gian è una merda) vs Metonimia (uso di un termine sulla contiguità
concettuale – mangiare il ristorante e anche le loro madri)

La semantica prototipica nasce a partire da studi di psicologia cognitiva e su una


concezione delle categorie. Una categoria è intesa come un’entità e una categoria
semantica va:

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v Definita sia se un nucleo di proprietà di carattere categorico, necessarie e


sufficienti, sia da proprietà di carattere graduale, non essenziali
v Delimitata da confini sfumati, in sovrapposizione con quelli di altre
categorie
v Costituita da membri più tipici e altri meno rappresentativi

Il significato di un lessema in semantica prototipica è concepito come “prototipo” che


rappresenta l’immagine mentale immediata che per i parlanti di una certa cultura e
società corrisponde più tipicamente a un dato concetto, l’immagine mentale a cui si
pensa subito se non vengono fornite indicazioni ulteriori per l’identificazione.

Il prototipo è dunque il punto focale di un concetto, i membri non prototipici invece si


allontanano dal punto focale e vanno verso la periferia…del concetto ovviamente.

La semantica prende in considerazione anche una catena di lessemi. L’unità della


semantica frasale è l’enunciato, una frase considerata dal punto di vista del suo
concreto impiego in una situazione comunicativa, come segmento di discorso in atto –
è dunque il corrispettivo della frase – unità del sistema linguistico.

Elementi cruciali per l’interpretazione del valore degli enunciati sono:

v Connettivi; hanno valore di operatori logici (e, o, ma) poiché creano legami;
v Quantificatori; uno, nessuno, centomila…;
v Negazione; nope

La teoria degli atti linguistici di Austin, studia il significato degli enunciati secondo il
loro valore Pragmatico riguarda cosa si fa in un determinato contesto situazionale e
chiama quindi direttamente in causa l’intenzionalità del parlante quindi modo d’agire.

Atti linguistici sono l’unità di base dell’analisi pragmatica e costa di 3 distinti livelli:

v atti locutivi; formano frasi in una data lingua, una proposizione con la sua
struttura fonetica, grammaticale, lessicale
v atti illocutivi; che consistono nell’intenzione con la quale e per la quale si
produce la frase, nell’azione che si intende convenzionalmente compiere
proferendo quell’enunciato

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v atti perlocutivi; consiste nell’effetto che si vuol provocare nel destinatario del
messaggio, nel risultato concreto effettivamente ottenibile da un enunciato
prodotto in una determinata situazione

Verbi performativi: sono verbi la cui pronuncia corrisponde ad eseguire una azione.
Per esempio dicendo “ti proibisco di uscire” sto effettivamente proibendo di uscire ad
una persona. Essi sono realizzati alla prima persona in quanto solo io posso compiere
una azione mediante verbo performativo. I verbi performativi annullano la differenza

tra atto locutivo e illocutivo, in quanto il dire la frase corrisponde all’intenzione stessa.

La presupposizione è il tipo più rilevante di significato non detto. Esso rientra nella
categoria dell’implicito, ovvero trascende il significato letterale dell’enunciato.

Ex: Andiamo al cinema? Sto morendo! < chi fa la domanda deve presumere che,
essendo morente, il rispondente non vorrà andare al cinema.

Le implicature conversazionali di Grice: esistono per questo delle regole della


conversazione mediante le quali si può dar conto dei meccanismi con cui i parlanti
attuano significati impliciti e tutte le massime sono basate sul principio di
cooperazione – ovvero che i parlanti cooperino positivamente e sono:

v Quantità – l’informazione deve essere quanto è richiesto, non più o meno;


v Qualità: deve essere vero;
v Relazione: deve essere pertinente;
v Modo - deve essere espresso in modo chiaro

La violazione di una di queste regole crea una “implicatura conversazionale” – principio


di implicazione se no il destinatario è costretto a presupporre.

La presupposizione è un tipo di implicito ed è definibile come la parte che rimane vera


negando il resto della frase. Inoltre, La presupposizione ha una funzione
conversazionale: in generale, ogni volta che diciamo qualcosa poniamo sempre delle
presupposizioni.

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Nella normale conversazione il destinatario accetta la presupposizione dell’emittente


secondo la regola della cooperazione, ma può anche rifiutarle, rompendo tale regola, e
di qui si arriva al litigio wrestling. J

Capitolo 6 | Le lingue del mondo

Le lingue storico-naturali che rappresentano la realizzazione della facoltà del


linguaggio risalgono a diverse migliaia. Tuttavia, il sito www.ethnologue.com censisce
circa 6900. La differenza numerica sta nel fatto che enumerare tutte le diverse lingue
del mondo è un compito difficile (duh!?!) e il computo varia a seconda dei criteri che si
adottano. Certe aree linguistiche non sono sufficientemente studiate e non si è
stabilito se diverse lingue tra loro simili siano da considerare una varietà o dialetti della
stessa lingua oppure lingue a sé stanti.

In Italia, per esempio, non si può tener conto solo della lingua nazionale comune, ma
anche delle lingue delle minoranze, parlate da gruppi più o meno consistenti di parlanti
in alcune aree paese. Inoltre, è dubbio lo statuto dei vari dialetti italiani che dal mero
punto di vista della storia e della distanza linguistica avrebbero le carte in regola per
essere considerati sistemi linguistici, autonomi – e non varietà dell’italiano. La maniera
principale per me classificare le lingue è con il loro raggruppamento in Famiglie con
l’aiuto dei criteri della parentela genealogica che: Consta nella possibilità di riportare
le lingue ad un antenato comune.

L’italiano ha stretti rapporti di parentela con tutte le lingue provenienti dalla comune
base del latino, e costituisce assieme a queste il ramo delle lingue romanze nonché
svariate varietà dialettali per le quali il riconoscimento di lingue a sé stanti è oscillante.
Il ramo romanzo: lingue germaniche, lingue slave, baltiche, indo-arie, iraniche e il
neogreco, l’albanese e l’armeno - forma la grande famiglia delle lingue indoeuropee.

Il livello della famiglia rappresenta il più alto livello di parentela ricostruibile con i
mezzi della linguistica storico-comparativa, che individua le somiglianze fra le lingue
come prova della loro comunanza di origine.

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Ex: L’italiano è una lingua del sottogruppo italo-romanzo del gruppo occidentale del
ramo neolatino della famiglia indoeuropea

Le lingue pidgin/creole: nate dall’incontro e mescolanza in situazioni particolari di


lingue tra loro diverse e distanti, e sviluppatesi secondo loro tratti peculiari di
ristrutturazione.

Il Pidgin che è un sistema linguistico semplificato non ha parlanti nativi, si sviluppa in


creolo quando diventa non viene più appreso

I pidgin più noti:

v [tok pisin- Papua Nuova Guinea]


v [WAPE - Nigeria, Camerun, Ghana]
v [russenorsk – Mare Artico]

I creoli più noti:

v [sranan – Suriname]
v [krio- Sierra Leone]
v [giamaicano – Giamaica]
v [seicellese – Seychelles] ecc.

Parlanti nativi: parlanti di una lingua che hanno imparato la lingua nella socializzazione
primaria e quindi la possiedono come lingua materna.

Criteri per valutare l’importanza delle lingue:

v il numero dei paesi e nazioni in cui una lingua è ufficiale o parlata;


v l’impiego della lingua nei rapporti internazionali, nella scienza – tecnica –
commercio ecc.;
v l’importanza politica e il peso economico dei paesi dove la lingua è parlata;
v tradizione letteraria e culturale e il prestigio di cui gode;
v insegnamento della lingua nella scuola come lingua straniera
v dal punto di vista demografico – numero dei parlanti non nativi che parlano la
lingua come lingua straniera o seconda

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La tipologia linguistica: individua che cosa c’è di uguale e che cosa c’è di differente nel
modo in cui le diverse lingue (Analogie e Differenze).

Gli universali linguistici: proprietà ricorrenti nella struttura delle lingue.

Un tipo linguistico: insieme di tratti strutturali correlati gli uni con gli altri,
raggruppando sistemi linguistici aventi caratteri comuni;

La morfologia aiuta ad individuare i diversi tipi linguistici e la struttura della parola e ci


sono 4 tipi fondamentali:

v Lingue isolanti – quando le strutture delle parole sono più semplici possibili,
ogni parola è costituita da una sola radice lessicale e quindi l’indice di sintesi
(rapporto morfemi – parole) è 1:1
Nel tipo isolante (quando si isolano in blocchi unitari inscindibili e riescono
anche ad esprimere significati complessi), le parole sono monosillabiche
Ex: yoruba, vietnamita, l’hawaiano, cinese, thailandese, anche l’inglese (perché
presenta una morfologia flessionale ridotta) ecc.
v Lingue agglutinanti – quando le parole hanno una struttura complessa e sono
formate da una giustapposizione di più morfemi (facilmente individuabile e
separabili), che danno luogo a una catena di morfemi anche lunga. L’indice di
sintesi è 1:3
Nel tipo agglutinante, le lingue possono essere costruite da una radice
lessicale, non hanno un morfo per il genere
Ex: turco, swahili, giapponese, lingue bantu, kannada ecc.
v Lingue flessive (o fusive) – presentano parole internamente complesse.
Costituite da una base lessicale semplice o derivata da uno o più affissi
flessionali che sono morfemi cumulativi. L’indice di sintesi minore ed è 2:1 cioè
le parole hanno una struttura meno complessa e sono composte da una catena
meno lunga di morfemi ma vi sono più allomorfi.
La loro caratteristica di riunire più significati su un solo morfema flessionale e
di fondere morfemi rendendo poco trasparente la struttura interna della parola

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li rende fusive mentre sono flessive quando alla presenza di molta morfologia
flessionale dà luogo a più forme flesse della stessa parola
Ex: lingue indoeuropee: il greco, il russo, il latino anche l’inglese è fusiva
Lingua introflessivo – i fenomeni di flessioni avvengono dentro la radice
lessicale (transfissi) come l’arabo
v Lingue polisintetiche – quelle che hanno la struttura della parola più
complessa, hanno la parola formata da più morfemi insieme ma in una stessa
parola, a differenza di quelle agglutinanti, compaiono due o più radici lessicali –
morfemi pieni. L’indice di sintesi è di 4:1
Ex: il groenlandese occidentale

Le lingue isolanti sono analitiche – spezzano il contenuto da codificare e trasmettere


in blocchi unitari semplici;

Le lingue polisintetiche e agglutinanti sono sintetiche – mettono insieme più blocchi


di contenuti, ottenendo frasi complesse

Un secondo criterio per classificare le lingue è basato sulla sintassi. I costituenti


sintattici sono quelli che realizzano:

v il S(oggetto)
v il V(erbo)
v Il Complemento O(ggetto)

Ma ci sono 6 ordini possibili:

v SVO – meno attestato ma comunque il secondo più usato per frequenza


Italiano, inglese, vietnamita, indonesiano, swahili, hausa, yoruba ecc. la
ragazza sta leggendo il libro;
v SOV – l’ordine più frequente
Tedesco (è sia SVO che SOV poiché non ammette il verbo in posizione
iniziale), giapponese, turco, somali, coreano ecc. la ragazza legge il libro;
v VSO – il terzo più frequente
Arabo, gaelico, maori ecc. legge la ragazza il libro;

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v VOS – il quarto lesse il libro la ragazza;


v OVS – si riscontra con una frequenza molto bassa (lingue caribiche, l’hixkaryana
ecc.) lesse la ragazza il libro;
v OSV – rarissimo ma non assente del tutto pensate a Yoda, Star Wars.

Capitolo 7 | Mutamento e variazione nelle lingue

Una lingua non è un blocco uniforme, uguale in ogni circostanza, immutabile, ma si


presenta sotto vari forme.

La differenziazione si manifesta lungo l’asse del tempo chiamata la diacronia. Con il


passare del tempo e alle modificazioni che avvengono nella storia della cultura e della
società, nascono nuove abitudini, nuove parole e costrutti e altri cadono in disuso.

La linguistica storica (o diacronica) – settore della linguistica che si occupa del


mutamento

Diacronia – non vuol dire storia di per sé poiché questo implica che si prenda in
considerazione non solo l’evoluzione della lingua ma anche i rapporti fra la lingua,
cultura e la società che questa riflette.

La nascita dell’italiano è quel che si può considerare la nascita di un nuovo sistema


linguistico diverso dal precedente che ne è genitore (latino).

Il meccanismo del mutamento segue:

v L’inizio di un’innovazione
v Prosegue con la diffusione dell’innovazione;
v L’elemento innovante coesiste con l’elemento preesistente - può essere
accettata dalla comunità parlante ed avere successo fino a soppiantare
l’elemento vecchio

Sostrato – è il termine che si impiega ad indicare l’influenza di una lingua


precedente sulla lingua successiva in una comunità parlante

L’etimo – la forma originaria più antica da cui la forma attuale o più recente
proviene

Assimilazione – due foni diversi nel corpo della parola tendono a diventare simili o
uguali mediante l’acquisizione da parte di uno dei foni [Nocte – Nptte]

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Metafonia – modificazione del timbro di una vocale interna per effetto della vocale
finale

Dissimilazione – differenziazione tra foni che si ha quando due foni simili


diventano diversi [Venenu – Veleno]

Metatesi – spostamento dell’ordine dei foni di una parola [Peligro – Pericolo]

Analogia – estensione di forme a contesti in cui esse non sono appropriate

Grammaticalizzazione – mutamento per cui un elemento del lessico divento un


elemento della grammatica

La lingua varia anche in sincronia - conosce usi diversificati in quanto sa adattarsi a


vari contesti d'impiego possibili, vista la sua capacità di essere funzionale a tutti i
diversi bisogni sociali di una comunità.
La variazione sincronica di una lingua è
studiata dalla sociolinguistica - che studia cosa accade quando il sistema linguistico è
calato nella realtà concreta degli usi che ne fanno I parlanti.

Diatopia (e diastratia) – italiano regionali = variazione nello spazio geografico,


attraverso cui una lingua è parlata e in cui I suoi parlanti risiedono e/o
provengono;
la diastratia – italiano popolare = riguarda la variazione nello spazio
sociale, attraverso classi o strati sociali
Diafasia (e diamesia) – registri e sottocodici = riguarda la variazione attraverso
le diverse situazioni comunicative;
la diamesia – fonico e grafico = è la variazione attraverso il mezzo o
canale della comunicazione usata

Repertorio linguistico = una comunità è costituita dall’insieme delle varietà di lingua


presenti in essa e si differenzia in:

Repertorio monolingue –se le varietà che formano il repertorio sono variazioni


di una stessa lingua

Repertorio plurilingue – se le varietà che formano il repertorio sono più lingue


(lingua standard e dialetti)

In bocca al lupo per l’esame, mi so’ spompata.

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