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2.

Semantica, lessico e pragmatica

Il significato

La parte della linguistica che si occupa del significato

si chiama semantica. Significante = è la parte

materiale dei segni linguistici,

significato = è la parte immateriale dei segni linguistici. Il significato

non è visibile ed è il punto di sutura fra la lingua, mente e mondo

esterno.

Il dibattito sul significato si discute da tempo: nella linguistica si sono

diffuse da un lato prospettive di impronta filosofica e logica che

vedono il significato come operazioni astratte con le quali si costruisce

la rappresentazione mentale della realtà, dall’altra parte si trovano

prospettive cognitiviste che concepiscono il significato come strutture

cognitive basate sull’esperienza umana.


Esistono due modi fondamentali di concepire il significato:

 concezione referenziale o concettuale: il significato è visto come

un concetto, un’idea creata dalla nostra mente, corrisponde a

qualcosa che sta al di fuori della lingua.

 concezione operazionale: il significato è funzione dell’uso che si

fa dei segni, vale a dire ciò che accomuna i contesti d’impiego e ne

permette l’uso appropriato oppure la totalità dei contesti in cui

esso può comparire.

Ciascuna delle due concezioni presenta problemi, ma è preferibile

attenersi al significato come concetto.


Il significato è l’informazione veicolata da un segno o elemento

linguistico. Quali tipi di informazione possono essere veicolati?

- Significato denotativo = inteso nel senso oggettivo, di ciò che il

segno descrive e rappresenta; cioè corrisponde al valore di

identificazione di un elemento della realtà esterna, un referente.

- Significato connotativo = significato indotto, connesso alle

sensazioni suscitate da un segno e dalle associazioni a cui esso da

luogo; non ha valore di identificazione di inferenti.

Es. gatto:

- significato denotativo: felino domestico di piccole dimensioni

- significato connotativo: animale grazioso, furbo, pigro,

indipendente, che può graffiare Altra distinzione utile:

- significato linguistico = significato che un termine ha in quanto

elemento di un sistema linguistico codificante una


rappresentazione mentale.

- significato sociale = significato che un segno può avere in

relazione al rapporto tra i parlanti

Es.

Buongiorn

- significato linguistico= “(auguro una) buona giornata”

- significato sociale = “riconosco colui, colei o coloro a cui indirizzo il

saluto come persona; instauro un’atmosfera cooperativa di possibile

interazione”
Una distinzione da fare all’interno del significato linguistico denotativo è

quella tra lessicale e grammaticale.

- significato lessicale = termini che rappresentano oggetti concreti

o astratti, entità o concetti della realtà esterna(Es: gatto, buono,

mangiare bene).

- significato grammaticale = termini che rappresentano concetti o

rapporti interni al sistema linguistico, alle categorie che questo

prevede o alle strutture a cui esso da luogo (es: di “relativo a”, il

"introduttore di un nome definito”, benché “congiunzione

concessiva”). I termini dal significato lessicale vengono chiamati

parole piene (quelli dal significato grammaticale) o parole vuote

(parole grammaticali o parole funzionali).

Bisogna distinguere il significato vero e proprio dall’enciclopedia, cioè

attribuzioni che dipendono dalla nostra esperienza e non riguardano i

tratti costitutivi del significato. Il significato fa parte del sapere

linguistico, l’enciclopedia del sapere in senso generale.

Es.: “fa le fusa”, “può vivere 16/18 anni”, “acchiappa i topi”, “miagola”,

“è morbido da accarezzare”.
Sono tutte attribuzioni che dipendono dalla nostra

conoscenza/esperienza del gatto ma non sono tratti costitutivi del

significato “gatto”.

Distinzione tra significato e senso:

 senso = il significato contestuale, vale a dire specificazione e

concretizzazione che il contenuto di un termine assume ogni volta

che viene utilizzato in una produzione linguistica in un certo

contesto.

Es: Finestra  apertura di una parete, riquadri che si

aprono sullo schermo di un computer, ecc.

Ad un significato possono essere connessi diversi sensi. Dimensioni della

natura dei significanti:

1- referenziale/sociale e

lessicale/grammaticale

astratto/concreto

3- relazionale/non relazionale
4- oggetto/evento

5- cosa/essere animato

6- artefatto/specie naturale

7- valutativo/non valutativo

8- classe/individuo

9- intensione/estensione

10- nome comune/nome proprio


I nomi propri sono etichette, termini a referente unico, che designano

un individuo, che hanno estensione e non intensione.

Es: Antonio e sulla città di Milano: non si hanno conoscenze

enciclopediche, non è possibile dire da che cosa è costituito il

significato contestuale dei due termini.

- Intensione = insieme delle proprietà che costituiscono il concetto

designato da un termine.

- Estensione= insieme degli individui (oggetti) a cui il termine si può

applicare.

Es: cane

- intensione = proprietà che costituiscono la “caninità”

- estensione = è data da tutti i membri della classe dei cani, tutti gli

individui che è possibile chiamare cane.

Il lessico

Il lessema è una parola considerata dal punto di vista del significato:

studiare il lessema gatto o il lessema rivoluzione, significa studiare i

significati linguistici “gatto” e “rivoluzione”. Nell’analisi del significato,

non hanno pertinenza i valori che sono codificati nella morfologia


flessionale; per questo la forma del lessema è sempre indicata con la

parola completa. L’insieme dei lessemi di una lingua costituisce il suo

lessico. Lo studio dei vari aspetti del lessico è compito della

lessicologia, che si pone fra semantica e morfologia derivazionale. La

lessicografia è invece lo studio dei metodi e della tecnica di

composizione dei vocaboli e dizionari, cioè le opere che raccolgono e

documentano il lessico di una lingua.

Dal punto di vista del linguista, il lessico ha delle contraddizioni: da un

lato, senza di esso non esisterebbe nessuna lingua, ne scritta ne

verbale, ma allo stesso tempo è lo strato più esterno e superficiale di

un sistema linguistico. Inoltre, essendo la parte più esterna, è soggetta

a continui mutamenti.

È lo strato della lingua più ampio, comprendente un inventario

numeroso di elementi. La numerosità, complessità ed eterogeneità

che sembrano caratterizzare il lessico sono dovute al fatto che esso

riflette la realtà esterna e incamera, codificandole, tutte le conoscenze

che abbiamo del mondo reale.

E’ impossibile contare tutte le parole che sono state usate nel corso di
una lingua: i comuni dizionari contengono 90.000 e i 130.000 lesemi o

meglio, lemmi. Nei dizionari vengono lemmizzati anche prefissi,

prefissoidi, suffissi e suffissoidi, locuzioni,… il lessico posseduto da un

parlante dal punto di vista della competenza passiva (cioè

comprensione, non necessariamente produzione) è di circa 50.000

unità. Non tutte queste unità lessicali si pongono sullo stesso piano: la

frequenza d’uso e la disponibilità immediata o meno dividono le

parole in classi che si comportano in maniera molto differenziata. In

termini di frequenza, vi è nel lessico di una lingua un gruppo non

numeroso di lessemi che occorrono molte volte. In italiano vi sono

circa 7000 unità, in cui sono compresi i termini del vocabolario

fondamentale, frequenza relativamente alta e alta disponibilità

pratica.
Rapporti di significato fra lessemi

La semantica deve mettere ordine nel lessico, un modo è trovare relazioni

tra i significati, rapporti semantici e fra uno o più lessemi.

 Omonimia: due lessemi con stesso significante ma significato

diverso. Riguarda grafia o pronuncia. (riso “l’atto di ridere” e riso

“cereale”)

 Polisemia: diversi significati di un significante imparentati tra loro

(es: corno “protuberanza sul capo di alcuni animali”, “strumento

musicale”, “cima aguzza”,…).

Si ha l’enantiosemia quando significati diversi dello stesso termine

sono in opposizione (es: tirare può essere: lanciare e tirare a sé).

Rapporti di similarità

I rapporti possono essere basati su compatibilità o somiglianza, vicinanza,

semantica.
 Sinonimia = stesso significato, lessemi diversi aventi lo stesso

significato (es: gridare/urlare). Dato che il sostituire un termine

con un altro, anche se hanno stesso significato, crea delle

sfumature diverse che sono proprie dagli altri termini, non in tutti

i casi è possibile fare dei cambiamenti (es: pietra miliare ma non

sasso miliare). E’ più giusto parlare di quasi sinonimia, che sono

molto numerosi nel lessico, mentre i sinonimi veri (totali e

completi) sono rari.

 Iponimia = relazione di inclusione semantica: il significato di un

lessema rientra in un

significato più ampio e generico e generico, rappresentato da un

altro lessema. Si ha iponimia fra due lessemi x e y quando “tutti

gli x sono y ma non tutti gli y sono x”.

Es: mobile (iperonimo) felino

(iperonimo) Armadio

(iponimo) gatto(iponimo)

I rapporti iponimici possono costituire delle serie. Nozione di ‘iponimia

diretta’: gatto è iponimo di animale, ma non è iponimo diretto, in

quanto c’è intermedio un altro termine, iperonimo di gatto, che è


felino.

Una catena iponimica è: siamese, gatto, felino, mammifero, animale.

 Meronimia = rapporto fra termini che designano una parte del

tutto e il tutto. Braccio, testa sono meronimi di corpo. Non sono

da confondere con l’iponimia.

Esistono anche rapporti di compatibilità semantica sull’asse

sintagmatico: uno di questi è la solidarietà semantica, basata sulla

cooccorrenza obbligatoria o fortemente preferenziale di un lessema

con un altro. Il significato di un lessema è predeterminato dall’altro,

es: miagolare/gatto.
Rapporti fra lessemi fondati su coocorrenze regolari nel discorso, ma

meno sintatticamente determinate che non nel caso delle solidarietà,

si hanno nelle ‘collocazioni’, come bandire/concorso, porta/scorrevole.

Mentre il rapporto di solidarietà è basato sulle proprietà e restrizioni

semantiche, il rapporto di collocazione riflette convenzioni e modi di

dire.

Rapporti di opposizione

 Antonimia = sono antonimi due lessemi di significato contrario,

nel senso che designano due poli opposti di una scala (x è

antonimo di y se x implica non-y, ma non-y non implica x). Fra gli

antonimi esistono sempre gradini intermedi lessicalizzabili. Es:

poco alto, abbastanza alto.

 Complementarità= due lessemi in cui uno è la negazione dell’altro,

perché spartiscono lo

stesso spazio semantico in due sezioni opposte (Es.: vivo/morto)

 Inversione (o simmetrici) = due lessemi che rappresentano la

stessa relazione semantica vista da due punti di vista differenti

(Es.: comprare/vendere)
Insiemi lessicali

Fino ad ora abbiamo visto come mettere in ordine nel lessico

attraverso copie di lessemi, ma è anche possibile farlo con l’uso di

insiemi o sottoinsiemi lessicali (= gruppi di lessemi in cui ogni

elemento è unito agli altri attraverso rapporti di significato).

Si usa in questo ambito il concetto di campo semantico, un termine

polisemico usato a volte con valori diversi rispetto a quello più tecnico:

per esempio si può usare per indicare l’insieme dei significati che un

lessema può assumere.

Un campo semantico è comunque l’insieme dei lessemi che coprono

diverse sezioni di un determinato spazio semantico, in una data lingua:

ogni termine corrisponde ad una delle sezioni in cui lo spazio

semantico in oggetto è suddiviso in una data lingua. Costituiscono

campi semantici gli aggettivi d’età, i termini di parentela, ecc.

Una nozione più generale di campo semantico è quella di sfera

semantica, ogni insieme di lessemi che abbiano in comune il

riferimento ad un certo ambito semantico, un’area di oggetti o

concetti, un insieme di attività fra loro collegate. Si parlerà di sfera


semantica, per esempio, dell’insieme delle parole della moda o della

musica.

Famiglia semantica = insieme di lessemi imparentati nel significato e

nel significante (parole da stess radice lessicale)


Gerarchia semantica = un insieme in cui ogni termine è una parte

determinata di un termine che gli è superiore, in una certa scala di

misura (Es.: misura del tempo  secondo, minuto, ora, giorno…).

Il rapporto semantico che c’è alla base è la meronimia che in

questo caso è più gerarchicamente strutturato.

Molti lessemi possono assumere significati traslati, che si

allontanano più o meno dal normale significato primario, non

marcato: questo si chiama spostamento di significato. Lo

spostamento di significato è basato sulla metafora, fondata sulla

somiglianza concettuale, (Es.: coniglio  persona paurosa) e la

metonimia, cioè la contiguità concettuale (Es.: bottiglia  liquido

contenuto in una bottiglia”: ho bevuto due bottiglie di Barbera).


RAPPORTI DI SIGNIFICATO TRA LESSEMI: UN RIEPILOGO
OMONIMIA E POLISEMIA
• Omonimia: vite (“pianta”) e vite (plurale di vita “esistenza)
• Polisemia: rete “manufatto a maglie”/insieme di pc collegati tra loro”/complesso di
comunicazione
• Enantiosemia: alto “che si eleva rispetto a piano” e “profondo, detto di masse di liquido”
RAPPORTI DI SIMILARITA’
 Sinonimia: pigliare e prendere
 Iponimia: prosciutto (iponimo) e salume (iperonimo)
 Meronimia: pagina e libro
 solidarietà semantica: elefante e barrire
 collocazioni: conseguire e laurea
RAPPORTI DI OPPOSIZIONE
 Antonimia: ricco e povero
 Complementarità: vero e falso
 Inversione: padre e figlio
INSIEME LESSICALI
 campo semantico: es. bianco, nero, rosso, giallo
 sfera semantica: regista, pellicola, cinepresa, sceneggiatura
 famiglia semantica: pace, pacare, pacatezza, pacato
L’analisi del significato

Semantica componenziale

Uno dei metodi che si è dimostrato basilare per comprendere il

significato è l’ analisi componenziale. Il principio su cui si basa tale

metodo è la scomposizione del significato dei lessemi. Una volta

scomposti, si compara gli uni con gli altri, cercando di cogliere in che

cosa differisca il loro rispettivo significato, in pezzi o unità di significato

più piccoli, tali che siano ricorrenti nel costituire il significato di più

lessemi.

Es.: uomo, donna, bambino, bambina. Tutti appartengono al genere

umano:
/UMANO/ /ADULTO/ /

MASCHI

O/

Uomo + + +

Donna + + -

Bambin + - +

Bambin + - -

In maiuscolo tra barre sono indicate le proprietà di significato

necessarie e sufficienti per dar conto del significato di ciascuno dei 4

lessemi considerati. Esse costituiscono i pezzi di significato minimi, le

proprietà semantiche elementari che, combinandosi in simultaneità,


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danno luogo al significato dei lessemi. Il loro nome tecnico è

componenti semantici (o tratti semantici, o semi o sema). Ogni

lessema è analizzabile in un fascio di componenti semantici realizzati in


simultaneità.

In metafora come d’inverno il bosco si addormenta il tratto /-

ANIMATO/ viene annullato in maniera che il bosco sia compatibile col

tratto /+ANIMATO/ richiesto dalle restrizioni semantiche sul SN

soggetto di un verbo come addormentarsi.

L’analisi mette in evidenza che un lessema è disgregabile in elementi di

significato più piccoli e semplici. Fra i tratti semantici ci possono essere

rapporti implicativi:
Rapporti di implicazione:

/+UMANO/ implica /+ANIMALE/ che implica a sua volta /+ANIMATO/ che a

sua volta implica

+ENUMERABILE/ e /+CONCRETO/. /+ENUMERABILE/ = tratto

semantico che accomuna tutti i lessemi indicati come singoli individui,

quindi si possono contare.

I nomi col tratto /-ENUMERABILE/ sono anche chiamati ‘nomi massa’.

I tratti semantici solitamente sono binari, cioè ammettono due valori +

e –. Esistono anche tratti non binari, ad esempio un tratto a tre

valori /PENETRABILE/: 1, 2 e 3 rappresentano tre gradi diversi di

penetrabilità, corrispondenti a, rispettivamente: sostanze solide (gradi

minimo di penetrabilità), sostanze solide (grado minimo di

penetrabilità), sostanze gassose (le più penetrabili).

Fino ad adesso abbiamo visto analisi componenziali di nomi, ma esistono

quelle dei verbi:

uccidere = /(X causa)(Y diventa)(- vivente)

“Qualcuno fa sì che qualcun altro diventi non vivente”, utilizza tratti

non binari, in rapporto di incassatura successiva e variabili individuali.


Si può rappresentare “donna” come /-maschio +adulto/, uccidere si

deve rappresentare come /(Y diventa)(X causa)/.

Le difficoltà dell’analisi diventano insormontabili man mano che

aumenta la quantità di lessico da analizzare, dato che o non si riescono

più a formulare tratti specifici o essi diventano così numerosi da

risultare una semplice parafrasi del contenuto del termine e da

vanificare l’intento principale del metodo, ossia di descrivere il

significato dei lessemi utilizzando un numero ridotto di elementi

minimi di significato.

Semantica prototipica

La semantica componenziale concepisce il significato di un lessema

come costituito da un insieme di tratti semantici, il che presuppone

che una categoria sia da intendersi come un’entità

a) definita da tutte proprietà necessarie e sufficienti

b) delimitata da confini rigidamente netti

c) costituita da membri tutti ugualmente rappresentativi di quella

categoria

Si è andata affermando una concezione delle categorie fondata su


presupposti diversi, secondo cui una categoria andrebbe intesa come

entità:

a) definita sia da un nucleo di proprietà di carattere categorico,

necessarie e sufficienti, sia da proprietà di carattere graduale,

non essenziali

b) delimitata da confini sfumati, in sovrapposizione con quelli di altre

categorie

c) costituita da membri più tipici e altri meno rappresentativi


Questa concezione prende il nome di teoria dei prototipi e fa

riferimento al metodo di descrizione e analisi del significato

denominato semantica prototipica.

In semantica prototipica il significato di un lessema è concepito come

prototipo, che consiste nell’immagine mentale immediata che hanno i

parlanti di una certa cultura e società corrispondente più tipicamente

ad un dato corretto, l’immagine a cui si pensa subito se non vengono

forniti ulteriori dati. Il prototipo è il punto focale di un concetto.

Es.

Uccello: /+ animale – mammifero + alato + con piume/.

Ogni membro della categoria uccello (aquila, passero, pollo, struzzo)

sarà rappresentativo di questa categoria, mentre ci saranno membri

che non saranno del tutto rappresentativi (struzzo, pinguino).

I tratti semantici in gioco vengono visti come dotati di un diverso

potere identificativo e disposti in gerarchia di importanza. Alcuni tratti

rappresentano criteri necessari a definire l’appartenenza ad una data

categoria e perciò devono essere condivisi da tutti i suoi membri.

I componenti semantici non sono una lista fissa di proprietà tutte


necessarie per definire il significato di un lessema, ma diventano un

insieme di criteri più o meno importanti nell’identificare una categoria.

I concetti, in questa prospettiva hanno una struttura prototipica basata

sulla gradualità (+ o -) e non solo sulla categoricità (sì o no).

Il grado di esemplarità (o di rappresentatività) è quando un membro è

visto come rappresentativo della categoria a cui appartiene. Una

conseguenza della semantica prototipica è quella di considerare i

confini delle categorie come sfumati, non netti e ben separabili come

nella visuale discreta della semantica componenziale: i termini meno

tipici che stanno ai margini di una categoria possono appartenere

contemporaneamente ad un’altra categoria e presentare tratti che

giustificano l’appartenenza sia all’una che all’altra.

Mentire significa ‘asserire qualcosa che si sa che non è vero con

l’intenzione di ingannare qualcuno’ (/asserzione, -vero, +intenzionale,

+per ingannare/ ): non sempre si mente per ingannare ma sono una

menzogna anche se non sono una menzogna prototipica.

L’analisi prototipica è un problema quando deve essere applicata a

valutazioni o processi psicologici e più in generale a concetti astratti.


Cenni di semantica frasale

E’ opportuno introdurre alcuni concetti che riguardano il significato

delle combinazioni dei lessemi usate come messaggi nella

comunicazione verbale.

Distinzione tra enunciato e frase.


Enunciato è una frase considerata dal punto di vista del suo concreto

impiego in una situazione comunicativa, come segmento di un discorso

in atto. L’enunciato è il corrispettivo della frase.

Per interpretare il valore degli enunciati vi sono elementi cruciali,

come i connettivi o connettori, cioè congiunzioni coordinanti e

subordinanti. I quantificatori sono tutti, nessuno, ogni, qualche. La

negazione è non.

Ricerche recenti di semantica hanno messo in evidenza la questione

della composizionalità del significato, ossia l’importanza

dell’interazione fra i significati e le proprietà semantiche dei singoli

lessemi negli enunciati. Nel calcolo sintagmatico del significato, cioè

nel modo in cui i parlanti costruiscono e intendono il significato

effettivo di una frase, risultano agire principi diversi. Il primo principio

è la semplice composizione: il significato della frase è la somma dei

significati di base di ogni singolo elemento. Il secondo è la

cocomposizione, in base a cui il significato degli argomenti di un verbo

contribuisce a definire il significato del verbo. Il terzo è chiamato

coercizione e riguarda i casi in cui è il significato del verbo a

condizionare il significato di un suo argomento.


Elementi di pragmatica

Un aspetto importante degli enunciati è quello pragmatico, che

riguarda cosa si fa, con la produzione di un enunciato, in una

determinata situazione e quindi chiama in causa l’intenzionalità del

parlante. In questa visuale la lingua è studiata come modo d’agire.

Gli enunciati prodotti dalla normale interazione verbale costituiscono

atti linguistici . Un atto linguistico è l’unità di base dell’analisi

pragmatica e consta di tre livelli o componenti:

a) atto locutivo (o locutorio): formare una frase in una certa lingua,

una proposizione con struttura fonetica, grammaticale, lessicale

(Gianni scappa come struttura SN + SV).

b) atto illocutivo (o illocutorio): l’intenzione con cui si produce una

frase, nell’azione che si intende compiere proferendo

quell’enunciato (Gianni scappa nel suo valore di ‘dare info’)

c) atto perlocutivo(o perlocutorio): effetto che si vuol procurare nel

destinatario del messaggio (Gianni scappa può essere ‘allarme

alla polizia’, ‘chiama di soccorso’).

L’aspetto centrale degli atti linguistici è l’atto illocutivo, perché


definisce la natura e il tipo dell’atto linguistico. Appartengono a questa

categoria e sono atti specifici: affermazione, richiesta, promessa,

minaccia, ordine, invito, rifiuto, constatazione, felicitazione, divieto,

confessione. I singoli atti linguistici possono essere ricondotti a classi o

tipi: direttivi (ordinare, supplicare, consigliare,…) o commissivi

(promettere, rifiutarsi).

Verbi performativi = verbi che, qualora vengano usati alla prima

persona del presente indicativo, annullano la distinzione tra contenuto

referenziale e atto illocutivo (es.: prometto, battezzo, autorizzo). La

realizzazione dell’atto linguistico che essi designano consiste nel

proferire quel verbo alla prima persona del presente: il valore

illocutivo di divieto coincide con la realizzazione di (ti) proibisco (di

uscire); mentre normalmente i verbi hanno un valore constatativo o

descrittivo di
un’azione, non costituiscono essi stessi l’azione designata. I verbi

performativi, usati per ‘fare’ qualcosa e non per ‘dire’ qualcosa, non

sono assoggettabili a giudizi di verità.

Esistono diversi modi per realizzare uno stesso atto illocutivo. Si parla

di atti linguistici indiretti quando un atto linguistico è realizzato

mediante atti locutivi che solitamente sono la forma tipica di

realizzazione di un altro atto illocutivo.

Politeness = cortesia linguistica, “non ti imporre al tuo interlocutore,

lasciagli aperte delle alternative”. Se c’è troppa cortesia, l’atto

linguistico diventa indiretto ed ad assumere valori ironici.

La teoria degli atti linguistici ha descritto ha descritto condizioni di

carattere linguistico, semantico, pragmatico, sociale e convenzionale,

condizioni che devono essere soddisfatte perché un atto illocutorio

valga come tale, cioè sia rappresentativo sia per il parlante che per il

ricevente dell’azione voluta. Es. nel caso di un ordine, una di tali

condizioni è che il destinatario è in grado di compiere l’azione

richiesta.

Altra nozione importante è quella di significato implicito, fatto


assumere o inferire da quanto vien detto. Si tratta di tutto ciò che non

fa parte del significato letterale, espresso, degli enunciati, ma che è

ricavato da ciò che viene detto e da come lo si dice.

A: andiamo al cinema?

B: ho un po’ di mal di capo…

La battuta di B sembra non avere senso, invece vuole dire,

implicitamente, che non vuole andare al cinema.

Esistono delle regole della conversazione, note come “massime di

Grice”, mediante le quali si può dar conto dei meccanismi con cui i

parlanti attuanti significati impliciti del genere. Tali massime sono

basate sull’idea che tra i partecipanti ad un’interazione comunicativa

viga un “principio di cooperazione” e sono riunibili in 4 categorie: della

Quantità, della Qualità, della Relazione, e del Modo. La violazione di

una o più di queste massime generano “implicature conversazionali”,

che trasmettono comunque il significato voluto.

Nella semantica frasale, una nozione importante è quella di

presupposizione, quella parte di significato di una frase che rimane

vera, negando la frase, non esplicitato verbalmente. Rientra quindi


nell’implicito tutto ciò che non è espresso ma viene ricavato da come si

dice. Un enunciato A presuppone un altro enunciato B quando,

affinché il primo, A, abbia un valore di verità, il secondo, B, deve essere

vero.

La presupposizione è invece un tipo particolare di significato

implicitato che sta nell’organizzazione stessa del sistema linguistico.

Es: Gianni legge (è implicito che Gianni esiste).

Negazione = il gatto non insegue il topo. Ha come presupposizione

“esiste un gatto noto al parlante”, mentre la presupposizione di

esistenza di un topo qualunque è più problematica da stabilire, in

quanto dipende dal dominio su cui agisce la negazione.


La frase può essere intesa che il gatto non insegue il topo, ma fa

altra attività. È come negare l’intero SV compreso il complemento

oggetto. La frase può anche indicare che il gatto non insegue il

topo perchè gli fa qualcos’altro.

Piero ha finito di leggere l’Ariosto, presupposizioni:

-esiste un Piero noto al parlante e all’ascoltatore

-Piero leggeva, ma prima del momento dell’enunciazione

-esiste un libro/un autore che

si chiama Ariosto Implicito: è

che Piero sa leggere.

Verbi fattivi: veicolano automaticamente la presupposizione di

verità della proposizione che reggono (sapere, confessare).

La presupposizione si configura in conclusione come ciò che un

parlante, in un’enunciazione, assume come vero o noto

all’ascoltatore. Ogni volta che parliamo, poniamo sempre delle

supposizioni, che riteniamo condivise dal destinatario. Nella

normale interazione comunicativa, il destinatario accetta le


presupposizioni poste dall’emittente, ma può ignorarle o rifiutarle

esplicitamente: in tal caso viene violato il principio di cooperazione

e quindi l’interazione può facilmente sfociare in fraintendimenti o

in litigi.

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