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Lingue e dialetti
Una distinzione che noi italiani abbiamo molto presente è quella tra lingua e dialetto. Questa sensibilità si deve alla
nostra storia linguistica: fino agli anni cinquanta del Novecento la maggior parte degli italiani aveva come lingua
materna un dialetto e apprendeva l'italiano a scuola o al lavoro. Si parla generalmente di dialetto per
indicare una lingua che si trovi a convivere con un'altra lingua dagli usi più estesi. I dialetti sono ristretti
geograficamente e non usati in situazioni formali. La definizione di dialetto è volutamente astratta e funziona solo in
riferimento alle singole situazioni linguistiche:anziché definire il dialetto è più sensato individuare un
dialetto,sempre in relazione complementare con la lingua corrispondente.
Tutti questi segni sono entità complesse ,composte di una parte sensibile, cioè percepibile materialmente
attraverso i sensi,e di una parte che è di natura mentale,concettuale, un rinvio a oggetti e situazioni del mondo
reale che cogliamo con la mente grazie alla mediazione della parte sensibile. È importante sottolineare che la parte
mentale del segno è il rinvio a un oggetto,non l'oggetto in sé. Chiamiamo espressione la parte sensibile del segno
e contenuto la sua controparte concettuale.
Sulla base di Peirce,distingueremo quattro tipi principali di segni,ossia indici,icone, simboli e segnali.
Gli indici(es. il fumo è indice di fuoco) sono dei segni in cui l'espressione e il contenuto sono legati da un
rapporto di origine naturale e casuale. Gli indici non sono segni prodotti volontariamente. Perché gli eventi che
costituiscono l'espressione di un indice acquistino valore segnico è necessario che essi siano interpretati da un
ricevente. Il valore degli indici può variare a secondo del contesto in cui essi vengono prodotti(un termometro che
segna 39° significa cose diverse se sta misurando la temperatura di una persona o quella dell'acqua della vasca).
Le icone(es. La relazione tra il quadro e la scena reale) sono segni che rinviano ad un oggetto o ad un evento per
analogia, in virtù di una somiglianza con esso. Segni prodotti volontariamente, con l'intenzione di comunicare
qualcosa. L'espressione imita qualcosa del contenuto. Esempio di icone: sigaretta barrata nei posti dove è
vietato fumare.
I simboli(es. aureola dei santi) il rapporto tra espressione e contenuto è di tipo convenzionale,cioè è garantito
da una tradizione culturale a cui partecipano tanto l'emittente quanto il destinatario del segno. Esempio: il segnale
“lavori in corso” e il simbolo della “pace”. Mentre una parte del contenuto “lavori in corso” può essere intuita da chi
non abbia mai visto il segnale,il contenuto dell'espressione del simbolo “pace” non può in alcuna misura essere
intuito da chi già non lo conosce. Seguendo una definizione che risale a Saussure,diremo che nei simboli il rapporto
tra espressione e contenuto è arbitrario. Il linguaggio degli essere umani è costituito soprattutto da simboli.
I Segnali sono segni volontari che il ricevente interpreta (Sbadiglio=Noia)
Il piano del contenuto si suddivide a quello dell'espressione. Abbiamo lo strato sostanza del contenuto costituito
da tutto ciò che il parlante intende dire e l'ascoltatore capisce,cioè del senso di una certa espressione nel contesto
particolare in cui viene usata. Lo strato della forma del contenuto è costituito dal significato astratto che ha una
certa sequenza di fonemi usata come espressione. È solo quando la usiamo in concreto che quella parola ha un
senso determinato,di volta in volta diverso.
Cadono propriamente fuori dai confini della lingua,e quindi dalla struttura del segno,gli elementi materiali,che tuttavia
del segno costituiscono un presupposto:la materia dell'espressione e del contenuto. Per materia
dell'espressione intendiamo il supporto fisico attraverso il quale si realizza un atto comunicativo. Sarà tutto ciò che
è pronunciabile attraverso l'apparato fonatorio e udibile attraverso l'apparato uditivo. Per materia del contenuto
intendiamo l'insieme delle esperienze,saperi che fanno parte della realtà in cui vivono gli esseri umani. Questa
materia può trovare espressione in sistemi espressivi che non sono adeguatamente traducibili in una qualsiasi
lingua storica come la musica o la pittura.
2.2 L'arbitrarietà
Il fatto che lingue diverse articolino diversamente la propria espressione e il proprio contenuto costituisce
una manifestazione del principio di arbitrarietà che caratterizza i segni delle lingue storico-naturali. La
nozione di arbitrarietà discende in buona parte da Saussure. Si possono distinguere vari sensi della nozione di
arbitrarietà.
L'arbitrarietà assoluta è l'assenza di ragioni naturali,logiche o psicologiche che facciano si che un dato segno sia
come è. L'esistenza di tante e diverse lingue nel mondo è la dimostrazione migliore del principio di arbitrarietà
assoluta: se i segni linguistici non fossero arbitrari non ci sarebbe distinzione tra forma e sostanza linguistiche:le
parole delle diverse lingue sarebbero tutte uguali.
L'arbitrarietà formale consiste nel fatto che i sistemi di suoni delle lingue umane sono diversissime. La differenza è
macroscopica quando troviamo lingue che usano come fonemi dei suoni che in altre lingue non appartengono
neanche alla categoria dei suoni linguistici: per esempio,lo schiocco della lingua con cui cocchieri,fantini e stallieri
chiamano il cavallo. Molto più frequente è il caso in cui una sostanza fatta di suoni fisicamente molto simili è formata
diversamente da lingue diverse,esempio in italiano dita vs ditta.
L'arbitrarietà semantica consiste nel fatto che ciascuna lingua ritaglia la materia del contenuto formandola in
maniera propria. Per esempio,l'italiano e l'inglese distinguono linguisticamente,nella divisione del corpo umano,gli
arti superiori e inferiori dalle loro estremità:br accio e mano,gambe e piede,arm“braccio” e hand“mano”,leg“gamba” e
foot“piede”. Nelle lingue slave invece,gli arti sono considerati come un tutt'uno:in russo “rukd” indica braccio e mano
insieme.
Una lingua nella quale il principio di arbitrarietà assoluta vigesse senza alcun contrappeso difficilmente potrebbe
funzionare. In una lingua del genere,le parole sarebbero prive di qualsiasi collegamento tra di loro. Nelle lingue
esistono due gradi di arbitrarietà:vi sono segni totalmente arbitrari,in quanto totalmente immotivati nel legame tra
espressione e contenuto; ma vi sono accanto a questi, segni che chiameremo motivati:se conosco il significato di
“benzina” potrò intuire il significato di “benzinaio”. Sono motivati in quanto il loro significato è almeno
parzialmente ricavabile da quello delle parole che lo compongono.
Definiamo quindi motivazione la relazione tra i diversi componenti riconoscibili nell'espressione di un segno.
Esistono criteri obiettivi per valutare il gradi di motivazione: i principali sono la trasparenza e la diagrammaticità. Un
segno è tanto più trasparente quanto più facile è riconoscere i suoi componenti sul piano dell'espressione
(trasparenza morfotattica), e quanto più facile è assegnare loro un significato sul piano del contenuto (trasparenza
morfosemantica). Un segno è tanto più diagrammatico quanto più è facile mettere in relazione i componenti della
sua espressione con i rispettivi componenti del contenuto.
Linearità
Nel caso del linguaggio umano, il significante segue una struttura lineare. Le unità linguistiche sono disposte in
sequenza per formare parole, frasi e discorsi. Questa linearità è importante per la comprensione e l'interpretazione
del messaggio.
Mutabilità
I significanti possono cambiare nel tempo a causa di variazioni linguistiche o culturali. Le lingue subiscono
evoluzioni e adattamenti, e i significanti possono acquisire nuovi significati o evolvere foneticamente o graficamente.
Convenzionalità
L'uso dei significanti è spesso basato su convenzioni condivise all'interno di una comunità linguistica o culturale . Le
regole grammaticali e semantiche stabilite convenzionalmente guidano la creazione e l'interpretazione dei segni.
Ambiguità
Alcuni significanti possono essere ambigui, ovvero avere più di un possibile significato. L'ambiguità può sorgere a
causa di variazioni linguistiche, giochi di parole o contesti multipli di interpretazione.
Emittente (Sender):
● Colui che invia il messaggio o l'emittente. Questa persona o entità inizia il processo di
comunicazione.
Ricevente (Receiver):
● Colui che riceve il messaggio o il destinatario. Questa persona o entità interpreta il messaggio.
Messaggio (Message):
● Il contenuto specifico della comunicazione. Può essere verbale, non verbale o una combinazione di
entrambi.
Canale (Channel):
● Il mezzo attraverso il quale il messaggio viene trasmesso. Può essere orale, scritto, visivo, ecc.
Contesto (Context):
● Il contesto o la situazione in cui avviene la comunicazione. Il significato del messaggio può variare a
seconda del contesto.
Codice (Code):
● Il sistema di regole e convenzioni che determina la creazione e l'interpretazione del messaggio. Il
codice comprende la lingua, le norme culturali, ecc.
3. Lingua e parole,competenze ed esecuzioni
Gli esseri umani comunicano tra loro attraverso un sistema linguistico complesso e astratto che comprende suoni,
significati e regole grammaticali. Questo sistema, chiamato "lingua", è condiviso all'interno di una comunità
linguistica e permette agli individui di comprendersi reciprocamente.
Per comprendere come funziona questo sistema, possiamo guardare alla distinzione proposta da Ferdinand de
Saussure e Noam Chomsky. Saussure ha distinto tra "parole", che sono gli atti individuali di parlare o scrivere, e
"langue", che rappresenta il sistema di regole che determina come le parole possono essere combinate per creare
significati. Questo significa che le parole che usiamo sono le manifestazioni concrete di un sistema astratto di regole
linguistiche condivise.
In sostanza, la comunicazione tra gli esseri umani si basa su un sistema linguistico astratto e condiviso che
permette la comprensione reciproca attraverso l'uso di parole e regole grammaticali. Questo sistema è il
fondamento della nostra capacità di comunicare e interagire con gli altr
5.Sincronia e Diacronia
Ferdinand de Saussure ha introdotto due prospettive fondamentali per studiare il linguaggio in relazione al tempo: la
prospettiva diacronica e la prospettiva sincronica.
La diacronia, focalizzandosi sull'evoluzione temporale, ci consente di tracciare lo sviluppo di una lingua attraverso
diverse epoche storiche. Considerando cambiamenti nel vocabolario, nella fonetica e nella grammatica, l'analisi
diacronica ci offre un'immagine dinamica della lingua nel suo contesto storico. D'altra parte, la sincronia concentra
la sua attenzione sulla descrizione di un sistema linguistico in uno specifico momento. Ignorando il susseguirsi
temporale, permette di analizzare la lingua come un sistema strutturato, indipendentemente dai cambiamenti storici.
Attraverso questi approcci, gli studiosi possono comprendere meglio come le lingue si evolvono nel tempo e come si
configurano in un dato momento, contribuendo così alla nostra comprensione della ricchezza e della complessità del
linguaggio umano
L'altro asse è quello delle associazioni . I rapporti associativi si instaurano tra elementi che nella competenza
linguistica del parlante hanno una o più caratteristiche in comune .
Esempio: “strada” richiama “stradale” , “autostrada”, “via”, “contrada” o “dirada”.
Un sottotipo particolare dei rapporti associativi detti rapporti paradigmatici. L'asse paradigmatico rappresenta le
relazioni tra le unità linguistiche che possono occupare la stessa posizione in una struttura. In altre parole, si tratta
delle scelte alternative disponibili per un determinato punto nella sequenza.
Esempio: Nella frase "Il gatto nero attraversa la strada," il sostantivo "gatto" sull'asse sintagmatico potrebbe essere
sostituito da "cane" sull'asse paradigmatico, mantenendo la struttura grammaticale della frase.
LA FONETICA
1. Le tre dimensioni della fonetica
La fonetica è la disciplina linguistica che esamina la produzione fisica dei suoni nella comunicazione verbale,
concentrandosi sulla loro componente materiale e fisica
La fonetica si divide in tre campi:
•Fonetica Articolatoria che studia i suoni del linguaggio in base a come vengono prodotti;
•Fonetica Acustica che analizza le proprietà fisiche dei suoni come frequenza, intensità e durata;
•Fonetica Uditiva che si occupa della percezione e dell'interpretazione dei suoni da parte dell'orecchio umano e del
cervello;
L'unità minima della sostanza dell'espressione è detto fono, come detto in precedenza.
1 Il flusso dell'aria.
Molti dei suoni che usiamo per parlare sono creati modificando l'aria che esce dai nostri polmoni. : essi sono detti
suoni polmonari.
Nella produzione dei suoni polmonari il flusso d'aria è creato dalla pressione dei muscoli intercostali sui
polmoni: il meccanismo utilizzato è il medesimo per la respirazione. Durante il rilascio dell'aria,questa viene
incanalata nella rete dei bronchi fino a essere interamente convogliata in un unico canale, la trachea,che
collega i polmoni al apparato fonatorio (tratto vocale).
2 Il tratto vocale.
Con tratto vocale si intende l'ultimo percorso compiuto dal flusso d'aria prima di uscire all'esterno: nella sua parte
più interna troviamo la laringe, mentre il suo confine esterno è segnato dalle due labbra.
Preliminare alla classificazione dei singoli suoni è la nomenclatura degli organi responsabili della loro
caratterizzazione, detti articolatori.
La laringe è un complesso di cartilagini e tessuti muscolari situato alla sommità della trachea. É individuabile
dall'esterno come il cosiddetto “pomo d Adamo”.
Si chiama glottide la parte della laringe che è compresa tra due piccole estroflessioni, dette pliche vocali,
situate ai lati del condotto dell'aria che attraversala laringe. Le pliche vocali vocali possono assumere diverse
posizioni. Essere completamente distanziate l'una dall'altra , oppure entrare in tensione ed essere accostate l'una
all'altra. In questo secondo caso danno vita al meccanismo laringeo, detto anche vibrazione.
La diversa distribuzione della tensione nelle fasce muscolari comprese nella laringe consente di distinguere tra
diverse qualità della voce realizzate dal meccanismo laringeo.
Tra queste ricordiamo:
a) la voce modale , ovvero il tipo neutro i meccanismo laringeo (usato ad esempio per parlare normalmente), media
tensione della glottide.
b) la voce mormorata ( che si usa per parlare sotto voce) , determinata da una apertura triangolare della glottide
nella sua parte cartilaginea.
c) nella voce cricchiata la distribuzione della tensione muscolare determina ispessimento e compressioni delle
pliche vocali , che, entrano in vibrazione nella parte meno rigida. La voce cricchiata produce un rumore irregolare ; è
spesso usata dai parlanti italiani per esprimere esitazione(eee..) .
La faringe è il segmento del tratto vocale che si trova immediatamente al di sopra della laringe. La faringe ha un
volume interno estremamente variabile dal momento che la sua parete anteriore coincide per lo più con la radice
della lingua .
La lingua è un organo di grande mobilità . All'interno si distinguono una radice ,ovvero la parte posteriore
collocata in direzione della faringe, il dorso (la sua parte centrale) e la corona, la parte anteriore mobile ;la
regione della corona comprende a sua volta l'apice ( l'estremità anteriore) e la lamina, ossia la superficie
superiore anteriore .
Il velo palatino è un organo che pende dal palato duro e che divide la parte superiore della faringe dalla cavità
orale. Il velo palatino può essere mosso volontariamente. Quando la sua muscolatura è rilassata, il velo è in
posizione quasi verticale. Se invece la muscolatura del velo entra in tensione, questo si solleva e aderisce alla
parete posteriore della faringe.
L'ugola è un piccolo rigonfiamento che si trova all'estremità inferiore del velo palatino.
Il palato duro è la cupola superiore ossea della cavità orale.
Gli alveoli costituiscono il rigonfiamento della parete della cavità orale, in corrispondenza del quale si trovano
le radici dei denti.
I soli denti coinvolti nell'articolazione linguistica sono gli incisivi.
Le labbra possono assumere diverse posizioni , molte delle quali utilizzate per distinguere tra loro i suoni del
linguaggio.
Le cavità nasali sono una coppia di cavità collocate al di sopra della cavità orale, all'interno delle quali può essere
lasciata passare l'aria espirata.
Fonetica,trascrizione,traslitterazione
Già dalla fine del settecento William Jones aveva avvertito l'esigenza di un alfabeto interpretabile in modo
esclusivamente fonetico, mediante il quale si potessero trascrivere le lingue orientali. Tra questi l'IPA è
quello più in uso e diffuso internazionalmente. L'IPA è stato messo a punta tra Otto e Novecento. Offre un
inventario di elementi grafici e segni diacritici aventi un' interpretazione il più possibile univoca da un punto di vista
articolatorio. Mediante l'IPA è possibile operare una trascrizione fonetica, ovvero una rappresentazione scritta delle
caratteristiche fonetiche di una determinata espressione linguistica orale.
La trascrizione non va confusa con traslitterazione. La translitterazione è il processo di conversione di caratteri o
simboli da un sistema di scrittura in un altro. In altre parole, è la rappresentazione delle stesse parole in un alfabeto
o un sistema di scrittura diverso, mantenendo il suono originale.
4. Il vocalismo
La prima distinzione operata dalla fonetica è quella tra foni vocalici e foni consonantici: i secondi si distinguono
dai primi in quanto sono realizzati mediante un diaframma. Le vocali presuppongono di norma l'azione di un
meccanismo laringeo( le pliche vocali sono in vibrazione) e si distinguono tra loro per la posizione che i diversi
organi del tratto vocale assumono. Sono classificate sulla base di quattro coefficienti:
1. anteriorità posteriorità: questo parametro è determinato dalla posizione avanzata, centrale o arretrata del dorso
della lingua;
2. grado di altezza: è possibile associare questo coefficiente alla posizione più o meno alta del dorso della lingua.
Si distinguono vocali alte, medio-alte,medio-basse,basse;
3.arrotondamento: durante l'articolazione di una vocale le labbra possono essere arrotondate. Oppure le labbra
possono essere non arrotondate;
4. nasalizzazione: il velo palatino, durante la produzione della vocale, può trovarsi in posizione alzata o abbassata.
Dunque si distinguono vocali orali e vocali nasali;
5.Il consonantismo
I foni consonantici sono caratterizzati dalla presenza di un diaframma nel tratto vocale. La loro classificazione si
basa su tre parametri: modo di articolazione,luogo di articolazione e coefficienti laringei.
1. Modo di articolazione: dipende dal tipo di diaframma. Tradizionalmente si distinguono due gruppi maggiori di
consonanti:le consonanti ostruenti e le consonanti sonoranti. Nelle prime il diaframma ostruisce il flusso
d'aria,quindi un forte innalzamento della pressione nella parte del tratto vocale. Le ostruenti si suddividono
occlusive, fricative e affricate.
Nelle sonoranti, il diaframma non determina una differenza rilevante di pressione nel flusso dell'aria:esse possono
essere divise in nasali,vibranti,laterali e approssimanti.
2.Luogo di articolazione: classificato in base agli organi articolari. Si distinguono quindi consonanti bilabiali,
labiodentali, dentali, alveolari, retroflesse, postalveolari, palatali, velari, uvulari,glottidali.
3. Coefficienti laringei:
I "coefficienti laringei" si riferiscono alla presenza o all'assenza del coinvolgimento del meccanismo laringeo
durante l'articolazione delle consonanti. Quando le corde vocali vibrano durante la produzione di una
consonante, questa viene classificata come sonora. Al contrario, quando le corde vocali non vibrano, la
consonante è considerata sorda.
Inoltre, se il coinvolgimento del meccanismo laringeo avviene con un ritardo rispetto all'articolazione della
consonante, si ottiene una consonante sorda aspirata.
6. I dittonghi
Una delle distinzioni più controverse è quella tra iato e dittongo. Uno iato è una successione di due vocali
stabili, quali quella presente in una realizzazione in isolamento delle parole italiane “paura”, “aereo”, “zio”. Con
dittongo si intende invece una porzione vocalica che cambia il suo timbro nel corso dell'articolazione, per cui
si possono distinguere al suo interno due diversi elementi di cui almeno uno non abbia una porzione
stabile, come avviene nelle parole italiane “fuori”, “fiori”. Nei dittonghi, un elemento è predominante sull'altro,
manifestando maggiore durata, chiarezza e energia. I dittonghi ascendenti presentano prima l'elemento più
debole e poi quello più forte, mentre quelli discendenti mostrano l'ordine inverso. In italiano, esistono anche
trittonghi, costituiti da sequenze di due vocali deboli seguite da una vocale forte o da una sequenza debole-
forte-debole.
7. Caratteristiche prosodiche
Nella fonetica, l'analisi delle caratteristiche prosodiche e soprasegmentali è fondamentale per comprendere la
struttura e l'interpretazione del linguaggio parlato Le caratteristiche prosodiche si riferiscono a elementi come
l'accento, l'intensità, il ritmo e la durata delle unità linguistiche, come le parole e le frasi. Questi aspetti non possono
essere osservati o descritti in un unico istante, ma richiedono l'osservazione di un tratto temporale del discorso
per essere compresi appieno. I soprasegmentali, d'altra parte, sono caratteristiche che vanno oltre i singoli
segmenti del linguaggio, come le vocali e le consonanti. Essi includono elementi come l'intonazione, il tono e il ritmo
del discorso. Questi aspetti influenzano il significato e la percezione del discorso nel suo complesso e richiedono
l'analisi di tratti temporali più estesi per essere compresi appieno.
7.2 Sillaba
La sillaba è l'unità fondamentale del linguaggio parlato, rappresentando la minima unità fonetica che il nostro
organismo può produrre e percepire. Ogni sillaba ha una struttura interna caratterizzata da tre componenti
principali: l'attacco, il nucleo e la coda.
Il nucleo della sillaba è il suo elemento più prominente ed è caratterizzato da un picco di sonorità, ossia ha un
volume maggiore rispetto agli altri suoni nella sillaba. Questo picco di sonorità è ciò che rende il nucleo sillabico
distintivo e facilmente identificabile.
Prima del nucleo, c'è l'attacco sillabico, che è la parte iniziale della sillaba. Dopo il nucleo, c'è la coda sillabica,
che è la parte finale della sillaba. Le sillabe che presentano una coda sono dette "sillabe chiuse", mentre quelle
prive di coda sono dette "sillabe aperte".
Inoltre,nell’IPA (Alfabeto Fonetico Internazionale), il confine sillabico viene indicato mediante un punto in
basso, il che aiuta a identificare chiaramente dove inizia e finisce ciascuna sillaba all'interno di una parola.
È importante notare che l'unico elemento foneticamente necessario all'interno di una sillaba è il nucleo . Il
nucleo può essere occupato da qualsiasi suono che abbia una sufficiente sonorità, inclusi vocali, consonanti e in
alcune circostanze anche fricative.
Infine, è da notare che mentre uno iato comporta sempre vocali collocate in sillabe diverse, un dittongo è sempre
tautosillabico, cioè posto all'interno di un'unica sillaba.
7.3 Accento
Data una parola composta di più sillabe , si intende con accento la maggiore prominenza di una di queste sulle
altre.
Le diverse lingue si distinguono anche per le regole di assegnazione dell'accento all'interno della parola.
Ricorriamo alla distinzione tradizionale tra lingue ad accento libero e lingue ad accento fisso. Nelle ultime la
posizione dell'accento è interamente determinata da una serie più o meno complessa di regole: data una
certa struttura fonologica della parola, sarà quindi sempre prevedibile la posizione della sillaba prominente.
Nelle lingue ad accento libero le regole di assegnazione della prominenza lasciano margine di libertà su un
gruppo di sillabe in cui può potenzialmente cadere l'accento. Ad esempio l'italiano è una lingua ad accento
libero.
LA FONOLOGIA
1.Cos'è la fonologia?
In linguistica, la fonetica e la fonologia sono due discipline che si occupano dello studio dei suoni del linguaggio
umano, ma con focus leggermente diversi.
La fonetica si concentra sulla descrizione fisica e acustica dei suoni, ossia come vengono prodotti e percepiti
dall'apparato fonatorio umano. Include lo studio delle diverse parti coinvolte nella produzione dei suoni, come la
fonazione (produzione del suono nelle corde vocali), l'articolazione (formazione dei suoni attraverso l'interazione di
organi come la lingua, le labbra, ecc.) e la percezione uditiva (come vengono interpretati i suoni dall'orecchio
umano).
D'altra parte, la fonologia si concentra sulla struttura e l'organizzazione dei suoni all'interno di una lingua specifica.
Studia i fonemi, che sono le unità sonore distintive che distinguono il significato delle parole in una lingua, e le
regole fonologiche che governano la distribuzione dei fonemi all'interno delle parole. Questo include fenomeni come
la variazione di suoni in diverse posizioni all'interno di una parola, o le regole che governano la trasformazione di
suoni in contesti specifici.
Forma fonologica: Questo strato rappresenta i fonemi o i suoni distintivi di una lingua. Ogni lingua ha il suo
inventario di fonemi e le regole che determinano come questi fonemi possono essere combinati per formare parole
significative. Ad esempio, in inglese, il suono "p" e il suono "b" sono fonemi distinti perché possono distinguere il
significato di parole come "pat" e "bat".
Realizzazione fonetica: Questo strato si riferisce alla manifestazione concreta dei suoni nel parlato effettivo.
Ogni fonema può essere realizzato in modi diversi a seconda del contesto linguistico e dell'articolazione del
parlante. Ad esempio, il fonema "t" in inglese può essere realizzato in modi diversi a seconda della sua posizione
all'interno di una parola o della presenza di suoni circostanti.
Può essere avanzata una distinzione negli orientamenti teorici della fonologia a proposito dei rapporti dei diversi
strati. Questa distinzione riguarda due approcci teorici differenti nella fonologia per spiegare i rapporti tra i diversi
strati dell'espressione linguistica: il modello dinamico e positivo basato sulle regole e il modello basato sui
vincoli.
Modello dinamico e positivo basato sulle regole:le rappresentazioni fonologiche e le realizzazioni fonetiche sono
collegate tra loro da processi che operano sotto forma di regole.
Modello basato sui vincoli: In questo modello, si ipotizza che le relazioni tra i diversi strati dell'espressione
linguistica siano determinate principalmente da vincoli piuttosto che da regole esplicite.
Il modello basato sui vincoli in fonologia si concentra su restrizioni o preferenze che influenzano come i suoni
vengono utilizzati in una lingua.
Definiamo fonema tale unità minima della forma dell'espressione linguistica. La rappresentazione fonologica ( o
lessicale) è fonemica: è cioè costituita da una sequenza di fonemi.
Chiamiamo allofoni le diverse realizzazioni fonetiche di un medesimo fonema. Queste variazioni fonetiche non
alterano il significato della parola, ma sono influenzate dal contesto fonetico o dalle regole fonologiche della lingua.
Se la trascrizione fonetica può essere più o meno dettagliata a seconda delle esigenze del ricercatore, nella
trascrizione fonologica devono essere rappresentati solo le unità del significante.
5.1 La sillaba
La struttura fonologica della sillaba è rappresentata mediante un diagramma ad albero;
La principale differenza rispetto all'analisi fonetica è costituita dalla presenza di un costituente intermedio,
denominato rima, formato da nucleo e coda.
Il nucleo è il solo elemento universalmente necessario; l'attacco può essere obbligatorio o facoltativo, la
coda può essere esclusa o ammessa. Ogni lingua possiede regole particolari riguardo al tipo e al numero di
elementi ammessi all'interno di ognuno dei costituenti.
Quando l'attacco o la coda presentano più elementi, questi seguono generalmente un ordine prevedibile. Questo
ordine è formalizzato tramite un concetto chiamato " scala di sonorità", che stabilisce che l'attacco dovrebbe avere
suoni con sonorità crescente, mentre la coda dovrebbe avere suoni con sonorità discendente. La scala di sonorità
aiuta anche a determinare i confini delle sillabe e a stabilire la posizione dei suoni all'interno di esse.
5.2 Accento e parola fonologica
Per quanto riguarda la fonologia dell'accento ci soffermiamo soltanto sulla prominenza principale di parola. In
relazione a questa, le lingue si dividono in due gruppi maggiori : in alcuni sistemi la posizione dell'accento è
interamente prevedibile: cosi il francese o il persiano. In alcuni casi agiscono algoritmi più complessi. In questi
sistemi , la posizione dell'accento non è quindi distintiva. In altre lingue la posizione dell'accento è solo
parzialmente prevedibile: la sua collocazione finale, in ultima analisi,è specificata nel lessico. La collocazione
dell'accento ha valore distintivo.
Commutazione e distrubuzione
In fonologia, la commutazione e la distribuzione sono concetti utilizzati per analizzare la struttura fonologica delle
parole e delle frasi.
Commutazione fonologica: Si riferisce alla sostituzione di un fonema con un altro all'interno di una parola o di una
frase. Se la sostituzione produce una forma grammaticale e significativa, allora i fonemi sono considerati
commutabili e appartengono alla stessa categoria fonologica.
Distribuzione fonologica: Si riferisce ai contesti in cui un particolare fonema può comparire all'interno di una parola
o di una frase.
Processi fonologici
I processi fonologici sono le regole o le operazioni che descrivono le variazioni sistematiche e prevedibili che
avvengono nei suoni del linguaggio parlato all'interno di una determinata lingua. Questi processi possono
influenzare la pronuncia delle parole in modo coerente e possono essere utilizzati per spiegare come alcuni suoni si
trasformano o si combinano in contesti linguistici specifici.
Assimilazione: Quando un suono influenza un altro suono nelle sue vicinanze, rendendolo più simile a sé stesso.
Ad esempio, in "impossibile", il suono "n" diventa labiodentale davanti alla labiodentale "p", diventando "m".
Dissimilazione: Quando due suoni simili diventano meno simili tra loro per facilitare la pronuncia. Ad esempio, in
"dente", la consonante nasale "n" diventa sonora perché si dissocia dall'altra "d" sonora.
Delezione: Quando un suono viene omesso nella pronuncia di una parola. Ad esempio, in "assassino", la seconda
"s" può essere omessa nella pronuncia colloquiale.
Inserimento: L'aggiunta di un suono in una parola, spesso per facilitarne la pronuncia. Ad esempio, in "giardino", la
"i" può essere inserita tra la "g" e la "a" per evitare una combinazione di suoni difficile da pronunciare.
Metatesi: Quando le posizioni di due suoni vengono scambiate all'interno di una parola. Ad esempio, in "scambio",
le lettere "m" e "b" sono state invertite rispetto alla forma latina "cambium".
MORFOLOGIA
3. Le categorie grammaticali
Le categorie grammaticali sono l'espressione linguistica di alcune dimensioni cognitive fondamentali dell'esperienza
umana, quali la nozione di numerosità o quella di tempo.
Una prima categoria è il numero . Questa categoria non è presente in tutte le lingue . Nelle lingue in cui è utilizzata i
nomi presentano diverse forme flesse a seconda del numeri di identità che indicano. La distinzione più
comune è quella tra un numero singolare e uno plurale . In alcune lingue si ha anche un duale, il sanscrito, il duale
si usa in qualunque caso in cui si debbano nominare due entità; per esempio due cani. In altre lingue come il greco
classico, il duale si usa solo in relazione a entità che si presentano tipicamente in coppia come i due occhi, le due
ginocchia, i due piedi di una stessa persona.
Una seconda categoria è la categoria del caso. La categoria del caso dà informazioni sulla funzione sintattica
che un nome ricopre nella frase (soggetto,oggetto, oggetto indiretto). I valori di tipo sintattico dei casi possono
essere organizzati secondo diversi sistemi. I due principali sono detti sistema nominativo-accusativo e sistema
ergativo-assolutivo. Nel primo, i nomi che fungono da soggetto,sia di verbi transitivi che di intransitivi, ricevono il
valore “ nominativo”, mentre i nomi che svolgono la funzione di oggetto dei verbi transitivi ricevono il “valore
accusativo”.
In un sistema ergativo-assolutivo, invece, il caso assolutivo è assegnato al soggetto dei verbi intransitivi e
all'oggetto dei verbi transitivi, mentre il soggetto dei verbi transitivi riceve il caso ergativo.
Il valore di caso assegnato ai nomi che hanno la funzione di oggetto indiretto è detto dativo, e il valore assegnato a
nomi che modificano altri nomi è detto genitivo. Tra un caso che segnalano il loro ruolo semantico, si hanno lo
strumentale.
I criteri utilizzati per assegnare il genere ai nomi possono variare da lingua a lingua e spesso non sono basati
esclusivamente sul genere biologico degli oggetti a cui si riferiscono. Ad esempio, in italiano, i nomi che indicano
esseri maschili sono generalmente maschili, mentre quelli che indicano esseri femminili sono femminili.
Le lingue che presentano la categoria del genere si dividono in due tipi: in alcuni come l'inglese standard
contemporaneo i criteri semantici sono gli unici utilizzati per dividere i nomi nei diversi generi; in altre si
usano anche criteri fonologici. In una lingua del primo tipo,conoscere il significato di un nome basta per
dedurne il genere , in una lingua del secondo tipo no.
Una categoria che è intrinseca nei pronomi personali e nei verbi è la categoria della persona, dove la forma e la
concordanza variano in base alla persona . La categoria della persona in morfologia si riferisce alla distinzione tra le
diverse parti coinvolte nell'atto comunicativo, cioè il parlante (prima persona), l'ascoltatore o il ricevente (seconda
persona) e altri individui o oggetti di cui si parla (terza persona).
L'aspetto riguarda invece la durata e il completamento di un'azione, distinguendo tra aspetto imperfettivo (azione in
corso senza visualizzazione del suo completamento) e aspetto perfettivo (azione visualizzata nel suo
completamento).
Il modo indica invece il grado di realtà dell'azione, distinguendo tra azioni reali e possibili.
Un'altra categoria importante è la diatesi che ci dice qualcosa sul ruolo dei soggetti e degli oggetti all'interno di una
frase con un verbo Nelle frasi attive, il soggetto agisce come agente dell'azione, mentre l'oggetto subisce l'azione
come paziente. Nelle frasi passive, il soggetto diventa il paziente dell'azione, mentre l'agente può essere espresso o
sottinteso.
Inerenza: Questo significa che una caratteristica è intrinseca al significato della parola stessa. Ad esempio, in
italiano, alcune parole hanno un genere fisso: "forchetta" è sempre femminile, mentre "coltello" è sempre maschile.
Variabilità: Alcune caratteristiche possono variare tra le diverse forme di una parola. Ad esempio, il numero può
cambiare: "forchetta" diventa "forchette" al plurale.
Accordo: Alcune parole, come gli articoli e gli aggettivi, possono adattarsi ad altre parole nella frase. Ad esempio, "il
libro" diventa "i libri" al plurale, seguendo il numero del sostantivo a cui si riferisce.
5.Paradigmi e classi di flessione
Un paradigma rappresenta un insieme completo di tutte le forme flesse di una parola, organizzate in base alle
loro caratteristiche grammaticali come persona, numero, tempo, modo, genere, e così via. Le forme flesse di una
parola sono disposte in righe e colonne all'interno di un paradigma (celle), dove ogni cella rappresenta una
specifica combinazione di queste caratteristiche.
Le classi di flessione sono gruppi di lessemi che condividono lo stesso modello di flessione o lo stesso
schema di formazione delle forme flesse . Ad esempio, i verbi italiani possono appartenere a diverse classi di
flessione in base a come si coniugano al presente, passato, futuro , ecc. Gli aggettivi e i nomi possono
anch'essi appartenere a diverse classi di flessione in base a come si declinano per genere, numero, caso e
così via.
Per individuare i morfemi in una lingua, confrontiamo diverse espressioni che condividono parti simili di suono. Se
troviamo che una stessa parte di suono corrisponde sempre allo stesso significato, allora possiamo identificare quel
segmento come un morfema.
Nell'ambito di un modello a entità e disposizioni , risulta utile sotto classificare i morfemi da diversi punti di vista.
Una prima distinzione è quella tra morfemi lessicali e grammaticali.
I morfemi lessicali sono quelli che portano il significato principale di una parola. Ad esempio, nella parola "gatt-
o", il morfema lessicale "gatt-" porta il significato principale di "gatto".
I morfemi grammaticali, invece, sono quelli che forniscono informazioni sulla grammatica della parola, come
genere, numero, tempo verbale, ecc. Ad esempio, nella parola "gatt-o", il morfema grammaticale "-o" indica che il
sostantivo è maschile singolare.
Una categoria intermedia tra morfemi lessicali e grammaticali è rappresentata dai morfemi derivazionali.
Vengono aggiunti a una radice per creare nuove parole attraverso il processo di derivazione. Questi
morfemi conferiscono nuovi significati o modificano il significato della radice di base.
Un'altra distinzione importante nel quadro di un modello a entità e disposizioni è quella tra morfemi liberi e
morfemi legati. I morfemi liberi sono quelli che possono costituire una parola da soli, e i morfemi legati
quelli che si presentano solo all'interno di parole polimorfemiche e non possono costituire una parola da
soli.
I morfemi lessicali legati sono anche detti radici, i morfemi grammaticali e derivazionali legati sono detti affissi.
In base alla posizione rispetto alla radice , sono detti prefissi gli affissi disposti prima della radice all'interno della
parola, e suffissi quelli disposti dopo.
I morfemi grammaticali legati suffissati sono detti anche desinenze .Possiamo dire che la parola italiana “cane” può
essere scomposta in una radice “can-” e una desinenza “-e” .Il modello è basato sull'idea che ogni singola parola sia
scomponibile in morfemi.
Si è proposto di chiamare morfo ogni elemento di significante segmentabile all'interno di una parola, e di riservare il
termine morfema solo per gli elementi di significato.
Se invece il paradigma presenta partizioni, significa che ci sono più opzioni per realizzare una specifica
forma flessa. In questo caso, è necessario selezionare un elemento, chiamato base, che rappresenta un lessema
in una delle sue forme flesse.
Dopo aver scelto la forma base per creare una determinata forma flessa, si può applicare un processo per
modificarla. In alcuni casi, la base può essere ridotta, ovvero alcune parti possono essere tolte. Tuttavia, è più
comune aggiungere materiale alla base, come prefissi o suffissi.
IL LESSICO
1. Cos'è il lessico
Possiamo definire il lessico come un insieme dei lessemi di una lingua. Molto spesso i termini lessico e
vocabolario sono usati come sinonimi per indicare sia l'insieme dei lessemi di una lingua .
Il lessico è formato dalle unità astratte,i lessemi,che il sistema linguistico mette a disposizione dei parlanti ,il
vocabolario è formato dalle unità ,i vocaboli,usate nel discorso.
Il vocabolario è dunque l'insieme dei vocaboli usati da un singolo parlante o da un gruppo di parlanti. Il
lessico è invece costituito dalla somma di questi insiemi,che formano la massa dei lessemi effettivamente
esistenti e attestati nei testi e nei discorsi realizzati in una lingua. Oltre ai vocaboli attestati il lessico include un
numero indefinito e indefinibile di lessemi inesistenti ma possibili,che non sono reperibili in nessun discorso scritto o
parlato ma sono producibili e comprensibili in base a regole della lingua. Il lessico è dunque un insieme aperto e
più ampio di qualunque vocabolario,sia perché include anche i lessemi potenziali,sia perché è un'entità sociale e
collettiva. Il lessico è inoltre più ampio di qualunque dizionario,intendendo con questo termine la
rappresentazione del lessico di una lingua,offerta sotto forma di volume che elenca i lessemi in ordine alfabetico. La
rappresentazione del lessico fornita da un dizionario è parziale,perché include solo lessemi attestati e perché anche
tra le unità attestate opera comunque una selezione.
Ciascuna unità lessicale registrata in un dizionario è chiamata lemma, e si chiama lemmario l'insieme dei
lemmi e lemmatizzazione l'operazione con cui si registra una parola come lemma. La lemmatizzazione
presuppone ricondurre le forme in cui le parole ricorrono nel discorso alla forma base che le identifica come
lessemi,cioè alla forma di citazione.
La lemmatizzazione è raramente un'operazione automatica,soprattutto per la presenza nel lessico di
numerosi omonimi,cioè lessemi che hanno la stessa forma ma diverso significato,come “PIANO “superficie
piana”, “PIANO “progetto”, “PIANO “pianoforte”.
Se l'identità è solo grafica,i lessemi sono detti omografi;se riguarda solo la pronuncia,sono detti omofoni. I lessemi
sia omografi che omofoni sono detti omonimi assoluti o perfetti.
Si chiama lessicografia la disciplina che ha per oggetto i principi e le tecniche per registrare e descrivere i
vocaboli di una lingua.
La lessicologia è invece il settore della linguistica che si occupa dello studio generale del lessico ,cioè della
forma,della storia,del significato o dell'uso dei lessemi che formano il sistema lessicale di una lingua. La lessicologia
si intreccia con altri settori della linguistica:con la morfologia per ciò che riguarda la struttura e la formazione dei
lessemi; con l'etimologia per ciò che riguarda la loro origine; con la sintassi per ciò che riguarda le regole di
occorrenza dei lessemi all'interno delle frasi;con la semantica per ciò che riguarda il loro significato e i rapporti
semantici che intercorrono tra di essi.
3.1.1 La sinonimia
La sinonimia è la relazione che si instaura tra lessemi diversi ma che hanno lo stesso significato ,come
iniziare/cominciare. In termini di sostituibilità si definisce tra lessemi in un certo contesto:due parole sono sinonime
se hanno esattamente lo stesso senso,la sinonimia assoluta,cioè che i due lessemi sono sostituibili l'uno all'altro .
Nella maggior parte dei casi i lessemi in questione condividono il significato,ma differiscono nella connotazione cioè
nel valore affettivo e stilistico,come gatto/micio dove micio ha il valore affettivo.
3.1.2 Le relazioni di opposizione
Si ha una relazione di opposizione quando un lessema è opposto a quello di un altro. Adottiamo la tripartizione
di classifica zione dei vari tipi di opposizione: antonimi,complementari e inversi.
Sono antonimi due lessemi che dicono gli estremi di una scala che prevede anche gradi intermedi ,come
caldo/freddo.
Sono complementari due lessemi che sono uno la negazione dell'altro senza gradazioni ,come vivo/morto. I
lessemi complementari dividono un'area concettuale in due sfere che si escludono a vicenda ,tali che ciò che non
rientra nell'una rientra necessariamente nell'altra.
Un terzo tipo è l'inversione,si instaura tra lessemi che esprimono la stessa nozione da prospettive
opposte,come marito/moglie.
Sono frequenti nei rapporti di parentela.
Esistono anche opposizioni non binarie come i nomi delle stagioni e dei giorni della settimana. La relazione di senso
tra questi lessemi è chiamata incompatibilità.
Un campo lessicale è quindi un insieme di parole o lessemi che condividono un'area concettuale simile o
correlata.
Questi lessemi si delimitano reciprocamente nel significato e contribuiscono a definire e stabilire il significato di
ciascun termine all'interno del campo.
3.3 Rapporti lessicali sintagmatici
I rapporti lessicali sintagmatici includono tutte le relazioni di concatenazione lineare tra le parole all'interno
di una frase o di un testo. Questi rapporti sono fondamentali per comprendere come le parole si combinano
per formare unità linguistiche più grandi e complesse.
Tuttavia, è importante notare che la buona formazione sintattica non sempre coincide con la sensatezza
semantica. Questo significa che una frase può essere grammaticalmente corretta ma ancora non avere senso
dal punto di vista del significato.
I fenomeni di collocazione e selezione riguardano proprio le possibilità combinatorie delle parole dal punto
di vista semantico
3.3.1. Le collocazioni
Collocazione: Si riferisce alle combinazioni frequenti di parole che sono semanticamente connesse e
tendono a occorrere insieme con una certa frequenza. Ad esempio, le parole "caffè" e "zucchero" formano una
coppia collocativa comune in "caffè con lo zucchero".
LA SINTASSI
1. Introduzione
La sintassi, come livello della linguistica, si occupa della struttura delle frasi e dei loro costituenti all'interno di
una lingua. Questo livello riguarda la maniera in cui le parole si combinano tra loro per formare sequenze
grammaticali e significative.
I suoi obiettivi principali sono:
Accettabilità delle frasi: La sintassi si propone di comprendere quali frasi sono considerate grammaticalmente
corrette o scorrette all'interno di una lingua.
Produzione e comprensione di nuove frasi: La sintassi mira anche a spiegare come i parlanti possano creare e
comprendere frasi mai udite prima. Questo richiede di comprendere le regole e i meccanismi che guidano la
costruzione delle frasi, consentendo ai parlanti di esprimersi in modo creativo e di comprendere una vasta gamma di
espressioni linguistiche.
Comparazione tra lingue: Infine, la sintassi cerca di confrontare le strutture sintattiche tra lingue diverse. Questo
confronto aiuta a individuare le somiglianze e le differenze tra le regole grammaticali delle diverse lingue.
2. La parola
L'unità minima della sintassi è costituita dalla parola. È spesso definita come parola morfosintattica,per
distinguerla dalla parola fonologica.
La parola morfosintattica ha due importanti proprietà:
1.Stabilità interna: Questo concetto si riferisce al fatto che se una parola può essere scomposta in unità più
piccole, queste unità seguono un ordine fisso e costante. Ad esempio, nella parola "carro armato", "carro" è il
sostantivo e "armato" è l'aggettivo che lo accompagna. Questo ordine non può essere cambiato senza alterare il
significato della parola. Al contrario, all'interno di una frase sintattica come "la mia casa", l'ordine delle parole può
variare senza cambiarne il significato essenziale.
2.Non interrompibilità: Questo concetto si riferisce al fatto che all'interno di una parola non è possibile inserire
nuovi elementi e non è possibile fare una pausa tra i suoi componenti. Ad esempio, nella parola "casa", non
possiamo inserire altro materiale linguistico tra "cas" e "a", e non possiamo fare una pausa tra queste due parti
senza alterare il significato della parola.
3. La frase
In questa frase, "Sara ha comprato una nuova bicicletta" è la frase principale, mentre "perché la sua vecchia
bicicletta era rotta" è la frase subordinata. La frase subordinata dipende dalla frase principale per ottenere senso:
senza la frase principale, la frase subordinata risulterebbe incompleta o poco chiara.
La frase principale è autonoma e può esistere indipendentemente dalla frase subordinata.
La frase subordinata espande o fornisce ulteriori informazioni sulla frase principale. Viene introdotta da una
congiunzione subordinante come "che", "quando", "perché", ecc.
Abbiamo quindi la frase coordinata,è collegata ad altre frasi autonomamente, piuttosto che dipendere da esse per
il senso. Le frasi coordinate sono generalmente introdotte da congiunzioni coordinate come "e", "ma", "oppure".
Esistono dei casi nei quali la frase principale non è sintatticamente indipendente,perchè le sue subordinate
costituiscono degli argomenti,cioè elementi indispensabili, e per questo sono dette frasi argomentali.
Si tratta delle subordinate che la grammatica tradizionale classica chiama completive e che possono essere
suddivise in soggettive,oggettive o oblique a seconda della funzione di soggetto,complemento oggetto o
complemento indiretto che esse svolgono rispetto al predicato della principale.
4.3.1. Il pronome
Un sintagma nominale può essere realizzato da un pronome. La classe dei pronomi è più ristretta rispetto a quanto
previsto nella grammatica tradizionale:essa comprende solo quelle espressioni che si possono commutare con un
intero sintagma nominale. In italiano,l'espressione del pronome nelle frasi non marcate non è obbligatoria,mentre
molte lingue non hanno questa possibilità.
Sulla base di questa differenza si è identificato un parametro sintattico detto paramentro del soggetto nullo,sulla
base del quale è possibile assegnare ogni lingua a una o all'altra di due classi.
a) le lingue a soggetto nullo come l'italiano,nelle quali l'espressione del soggetto pronominale è facoltativa,e per
converso è agrammaticale l'espressione di un soggetto pronominale non argomentale.
b) le lingue a soggetto obbligatorio come ad esempio inglese e francese, che non possono omettere il pronome
soggetto in nessun caso. In questo caso,le lingua a soggetto obbligatorie prevedono la presenza di un pronome
espletivo(riempitivo).
6.L'accordo
L'accordo è un fenomeno con vaste implicazioni che coinvolgono anche la morfologia,la semantica e il lessico. Esso
ha molta rilevanza anche per il funzionamento della sintassi.
a)La febbre è scesa rapidamente
Nella frase l'articolo “la” e il participio “scesa” sono al femminile singolare perché si accordano con la “febbre”.
Per effetto dell'accordo i valori di alcune categorie grammaticali sono espressi più volte in una stessa frase. Con
controllore si intende l'elemento che determina l'accordo, con target la parola che assume una determinata forma
per effetto dell'accordo; il dominio è il contesto sintattico in cui si manifesta il fenomeno. Il controllore può esprimere
i suoi significati grammaticali in modo manifesto o latente.
7. La sintassi dell'enunciato
È necessario introdurre la distinzione tra la “frase” definita come sequenza accettabile e completa dal punto di vista
grammaticale, e “enunciato” definito come sequenza verbale prodotta oralmente o per iscritto in una situazione
comunicativa concreta. Il richiamo alla concretezza comunicativa è il criterio fondamentale di distinzione tra la
frase,che appartiene al sistema linguistico,e l'enunciato,che appartiene alla parole e si può considerare come l'unità
minima del testo. Gli enunciati sono forniti di senso,mentre le frasi sono fornite di significato. L'adeguatezza di un
enunciato si misura solo in base la contesto nel quale esso viene prodotto.
Le dimensioni e gli ingredienti di un enunciato possono essere i più variabili: esso più essere costituito di più frasi
oppur e di una singola parola. I movimenti di costituenti più frequenti sono le “topicalizzazioni”,le “dislocazioni” e le
“scissioni”. Le differenze derivano da:
a)dal tipo di informazione che viene messa in risalto.
b) dalla presenza o assenza di elementi testuali che riprendano il costituente spostato.
c) dall'uso di mezzi diversi e complementari rispetto allo spostamento.
Lo spostamento di costituente non è un fenomeno universale,anzi ciascun tipo può essere più o meno presente in
una lingua.
7.3. Dislocazioni
La dislocazione a sinistra è il procedimento che sposta nella prima posizione della frase il costituente su cui si vuole
portare l'attenzione dell'interlocutore,trasformandolo in tema,e riprendendolo dopo con un altro elemento nella
seconda parte della frase. Nella dislocazione a destra è un elemento che lo anticipa,mentre il costituente stesso è
posto alla fine,in una posizione che può anche corrispondere a quella che avrebbe avuto nella struttura della frase
“normale”.
LA SEMANTICA
1. Approcci alla semantica
La semantica è il settore della linguistica che studia il significato. Ma cos'è il significato? Non esiste una risposta
condivisa da tutti gli studiosi. Nel caso della semantica la prima difficoltà in cui ci si imbatte è capire quale sia
l'oggetto stesso della disciplina. Questa difficoltà dipende dal fatto che la nozione di significato si trova
all'incrocio della relazione tra linguaggio,pensiero e realtà:chiedersi cosa sia il significato vuol dire
chiedersi come possiamo usare il linguaggio per parlare del mondo extralinguistico e per esprimere i nostri
pensieri. Le diverse concezioni della semantica,nascono proprio dalle diverse possibili concezioni della
relazione tra parole,pensieri e cose. Illustriamo questo punto con lo schema proposto da Ogden,Richard. Si tratta
di un triangolo che mette in relazione i tre elementi coinvolti nel processo di significazione,che i due studiosi
chiamano simbolo(A),pensier o(B) e referente(C);una prima lettura potrebbe essere: un'espressione
linguistica(simbolo A) si riferisce a un'entità extralinguistica(il referente C) tramite la mediazione di un concetto (B).
questa lettura assegna un ruolo essenziale al pensiero come intermediario tra linguaggio e realtà. Tuttavia secondo
un'altra interpretazione c'è una relazione diretta tra A e C. In queste posizioni si possono scorgere gli assunti dei tre
principali approcci contemporanei alla semantica: l'approccio cognitivo,secondo cui il significato è il concetto al
quale un'espressione linguistica è legata nella nostra mente; l'approccio referenzialista,secondo cui il significato
scaturisce dalla relazione tra le espressioni linguistiche e la realtà extralinguistica cui si riferiscono; l'approccio
strutturalista,secondo cui il significato è un'entità linguistica che si crea nel momento in cui la lingua dà forma a un
pensiero di per se amorfo.
2.1. I performativi
Nella sua opera “come fare cose con le parole” Austin getta le basi della riflessione pragmatica sul linguaggio a
partire dalla distinzione tra constatativi e performativi giungendo a formulare una teoria generale dei possibili modo
due del linguaggio. Gli enunciati constatativi descrivono stati di cose,eventi,processi ecc. Se osserviamo il
linguaggio comune troviamo enunciati che non servono a descrivere fatti ma a compiere azioni e sono detti
enunciati performativi;in molti casi vengono realizzati grazie a dei verbi detti verbi performativi come “battezzare”
“promettere”. Nel caso di un enunciato performativo non è corretto parlare di verità o falsità,ma solo di atto più o
meno riuscito,di felicità o infelicità dell'enunciazione cioè di condizioni che devo verificarsi perché l'enunciato possa
avere efficacia. Un primo tipo di condizione è legato al rispetto di certe convenzioni:per ese mpio se a dire “vi
dichiaro marito e moglie” non è un prete o un ufficiale di stato civile allora non ci sono le condizioni di felicità per la
riuscita dell'atto.
2.2. Gli atti linguistici
Ogni manifestazione linguistica è un atto linguistico. Da questa riflessione di Austin prende avviso la teoria degli atti
linguistici.
Con la teoria degli atti linguistici la lingua viene considerata come un modo di agire e l'atto linguistico viene
tematizzato come l'unità fondamentale della teoria del linguaggio. Secondo Austin ogni volta che pronunciamo un
enunciato realizziamo un atto linguistico e compiamo simultaneamente tre atti parziali:
• l'atto locutorio o locutivo,cioè il semplice dire qualcosa.
• l'atto illocutorio o illocutivo,cioè non solo il semplice dire qualcosa,ma il compiere,nel momento
dell'enunciazione,una vera e propria azione.
• l'atto perlocutorio o perlocutivo,cioè l'effetto che,dicendo qualcosa,intendiamo produrre sui pensieri,sui sentimenti e
sulle possibili futuro azioni del nostro interlocutore. Austin considera centrale nella sua argomentazione l'aspetto
illocutorio dell'atto linguistico. Nel caso dell'aspetto locutorio proferiamo un enunciato dotato di un aspetto fonetico,di
un significato e di una struttura sintattica. Tale aspetto consiste però in tre atti parziali:
• atto fonetico,ossia il proferimento di una sequenza di suoni.
• atto fàtico,dove il termine fatico è da intendersi come il proferimento di una serie di parole dotate di struttura
grammaticale.
• atto rhetico,ossia il proferimento di una sequenza di parole dotata di senso e riferimento.
Dopo Austin gli atti linguistici sono stati classificati da Searl che introdusse alcune modifiche. All'interno dell'atto
locutorio,l'atto fonico e fatico vengono riuniti insieme dall'atto di enunciazione,mentre l'atto rhetico viene
ridenominato atto proposizional e. A sua volta ogni atto proposizionale è costituito da due sotto atti,un atto di
riferimento e un atto di predicazione.
3. La comunicazione indiretta
Per interpretare correttamente il messaggio dobbiamo tener conto delle circostanze che accompagnano la
produzione e la ricezi one di un enunciato. Esaminiamo due fenomeni: atti linguistici indiretti da un lato e casi di uso
non letterale delle espressioni linguistice dall'altro.
4. La deissi
Il termine deissi in senso letterale s riferisce alla propria del segno,ossia il mostrare qualcosa. In linguistica è usato
quando un elemento linguistico si riferisce a ciò che è esterno all'enunciato,ossia al parlante. Distinguiamo due
categorie di deittici:
• deittici trasparenti,come io,tu,ora,qua,qui che richiedono sempre il riferimento a una situazione
enunciativa,esempio “io vad o in palestra”, sono interpretabili solo se sono riferiti a una situazione specifica di cui
conosciamo i partecipanti.
• deittici opachi, ossia quegli elementi della lingua che possono essere correttamente interpretati solo in virtù di un
costante riferimento alla situazione di discorso: pronomi dimostrativi,avverbi.
La deissi è la manifestazione tangibile del modo in cui la lingua e il contesto sono in relazione tra loro.
6. Il funzionamento linguistico
Il funzionamento si contrappone allo studio strutturale e formale delle lingue. Nella prospettiva funzionalista la prima
domande che ci si deve porre è qual è la funzione svolta dalle singole unità linguistiche in riferimento agli elemti che
sono in gioco nel processo comunicativo. Dobbiamo interrogarci su ciò che possiamo fare con linguaggio. La
funzione,il termine in linguistica assume diversi significati,qui lo useremo per riferirci alle funzioni genrali del
linguaggio,ossia a ciò che per mezzo di ess o siamo in grado di realizzare.
Buhler ipotizza un modello in cui il linguaggio è considerato in relazione a coloro che se ne servono e sono i suoni
operatori.
Individua tre funzioni generali che caratterizzano il linguaggio umano:
1. rappresentazione(quando il messaggio è orientato verso la realtà. Funzione rappresentativa).
2. espressione (quando il messaggio è orientato verso il parlante. Funzione espressiva).
3. appello( quando il messaggio è orientato verso l'ascoltatore. Funzione di appello).
Il modello è stato poi approfondito da Jakobson il quale individua sei fattori necessari a realizzare un atto linguitico:
• al mittente corrisponde la funzione emotiva,che esprime lo stato d'animo di chi emette un enunciato.
• al destinatario corrisponde la funzione conativa,che esprime l'influenza che si vuole esercitare sul destinatario al
fine di guidarne il comportamento.
• al messaggio corrisponde la funzione poetica,essa si realizza tutte le volte che sia vuole usare la lingua come una
funzione creativa rispetto agli usi “normali”.
• al contesto corrisponde la funzione referenziale,ossia quella volta alla descrizione del contesto,degli elementi che
caratterizzano l'evento o lo stato di cose di cui intendiamo parlare.
• al canale corrisponde la funzione fatica,la quale si realizza ogni volta che vogliamo verificare se il canale di
comunicazione tra noi e il nostro destinatario funziona.
• al codice corrisponde la funzione metalinguistica,la quale si realizza quando usiamo un codice per parlare di se
stesso.
L'ultimo modello delle funzioni del linguaggio è quello esaminato da Halliday,il quale parte da una concezione del
linguaggio come forma di interazione tra essere umani,per cui il linguaggio è cosi com'è a motivo di quello che deve
fare. Individua tre funzioni maggiori che regolano l'uso del linguaggio:
1. funzione ideazionale,che riguarda la trasmissione delle informazioni. E introduce al suo interno:
• funzione esperienziale,funzione contenutistica del linguaggio,funzione relativa alla descrizione.
• funzione logica,la funzione che riguarda l'organizzazione sintattica del discorso.
2. funzione interpersonale,che esprime e specifica le relazioni e i contatti tra i membri di una comunità linguistica.
3. funzione testuale,che è specifica del linguaggio e che riguarda la capacità del linguaggio di creare testi.
LINGUA E SOCIETÀ
1. La sociolinguistica:definizione e storia
La sociolinguistica è il settore della linguistica che studia le relazioni tra la lingua e la società. Essa non è sociologia
che prende in considerazioni il fenomeno della lingua,ma una linguistica che collega la descrizione e l'analisi delle
lingue con lo studio dell'articolazione interna delle relazioni sociali. Sembra più corretto iniziare a parlare di
sociolinguistica a partire dalla metà del XX secolo,cioè da quando alcuni studiosi che lavoravano negli stati uniti
hanno prodotto un serie di ricerche,su lingue viventi,che miravano a descrivere sa un lato la correlazione tra fatti
linguistici e collocazione sociale dei parlanti,dall'altro la funzione sociale delle scelte linguistiche all'interno delle
diverse comunità. Si può parlare di sociolinguistica dal momento in cui l'analisi dei fatti linguistici inizia a servirsi,sia
nella raccolta dei fdati,sia nel loro trattamento.
2. Concetti fondamentali
Un primo concetto è quello di variabile sociolinguistica,definito come l'insieme dei modi con i quali i parlanti possono
realizzare una data unità di un sistema linguistico in funzione di una data variazione di tipo sociale. Ciascuno di
questi modi è detto variante.
A seconda dei principali fattori con cui correlano e che ne costituiscono le dimensioni di variazione,si riconoscono tre
tipi di varietà di lingua:
• le varietà diatopiche o geografiche,in cui il criterio di riconoscimento è la distribuzione territoriale,geopolitica dei
parlanti.
• le varietà diastratiche o sociali, in cui il criterio di riconoscimento è la posizione sociale,lo strato e il gruppo sociale
di appartenenza dei parlanti.
• le varietà diafrasiche o situazionali, in cui il criterio di riconoscimento è la diversità delle situazioni comunicative. Si
possono distinguere a loro volta in varietà di codice,legate all'argomento di cui si sta parlando e varietà di
registro,legate a comportamenti come il contesto tra i vari interlocutori.
5. Strumenti di analisi
I principali concetti tesi a formalizzare la rappresentazione delle variabili sociolinguistiche:
-Le regole variabili,sono un'estensione in ambito sociolinguistico delle regole di scrittura della grammatica
generative. Lo scopo delle regole variabili è introdotto in una normale regola di riscrittura,accanto a indicazioni di
tipo sociologico.
-Uno sviluppo delle regole variabili è costituito dalle grammatiche di varietà,nelle quali si registra le percentuale di
effettive realizzazioni da parte di un campione significativo di parlanti.
-Un altro metodo di analisi è quello delle scale d'implicazione. Una scala d'implicazione è un espediente grafico che
permette di rappresentare e formalizzare i rapporti che intercorrono tra le diverse variabili di un repertorio,verificando
le eventuali s olidarietà tra le varianti e identificando in questo modo i confini tra le varietà del repertorio.