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LE LINGUE NEL MONDO

Cosa studia la linguistica?


La Linguistica è il ramo delle scienze umane che studia la lingua, si può dividere in due sottocampi principali:
La Linguistica Generale che studia il funzionamento e la forma delle lingue;
La Linguistica Storica che si occupa dell'evoluzione delle lingue e dei rapporti fra lingua e cultura;
Oggetto della linguistica sono le cosiddette lingue storico-naturali ovvero le lingue nate in modo spontaneo (Italiano,
Francese, Romeno, Latino, Cinese, Tolgano, ecc.).
Tutte le lingue storico-naturali sono espressioni del linguaggio verbale umano ovvero la capacità innata dell'homo
sapiens di comunicare.

Classificazione familiare delle lingue


Si distinguono tradizionalmente due modi di classificare le lingue: la classificazione genealogica e quella
tipologica. Entrambe utilizzano un'analisi di tipo linguistico interno,rispettivamente di tipo storico-diacronico(l'esame
del modo in cui le lingue imparentate si sono sviluppate) e descrittivo-sincronico(l'esame di come le lingue sono
fatte). A queste si può affiancare la classificazione areale,che unisce criteri di tipo linguistico con partizioni
geografiche. La classificazione genealogica distingue le lingue in gruppi basati sulla loro origine comune, cioè
sulla discendenza da un'antica lingua madre condivisa.. In questo tipo di classificazione le lingue vengono
confrontate per individuare i tratti comuni e quindi vengono raggruppati in famiglie,gruppi o sottogruppi. La
classificazione tipologica distingue le lingue in base alle loro caratteristiche interne,raggruppandole in tipi. I tipi
linguistici possono essere di varia natura,a seconda del livello di descrizione della lingua che di volta in volta si
prende in considerazione. Ad esempio,se consideriamo la tipologica morfologica (quella che studia la struttura
interna della parola)possiamo raggruppare le lingue in un tipo fusivo,un tipo aggluttinante e uno
isolante,osservando il modo in cui esse esprimono i significati all'interno delle parole. Se consideriamo la tipologia
sintattica,classificheremo le lingue secondo l'ordine degli elementi che ne costituiscono le frasi. Distingueremo
SVO(Soggetto-Verbo-Oggetto)come l'italiano, SOV come il turco,VSO come l'irlandese. Poi la tipologia
fonologica,che studia le differenze tra i vari sistemi di suoni nelle lingue del mondo,ad esempio,quelle che hanno la
posizione dell'accento fissa(Francese) da quelle che invece posso avere l'accento su varie sillabe(Italiano). La
classificazione areale organizza le lingue in gruppi basati sulla loro vicinanza geografica e sulla condivisione di
caratteristiche linguistiche dovute al contatto tra culture.

Lingue e dialetti
Una distinzione che noi italiani abbiamo molto presente è quella tra lingua e dialetto. Questa sensibilità si deve alla
nostra storia linguistica: fino agli anni cinquanta del Novecento la maggior parte degli italiani aveva come lingua
materna un dialetto e apprendeva l'italiano a scuola o al lavoro. Si parla generalmente di dialetto per
indicare una lingua che si trovi a convivere con un'altra lingua dagli usi più estesi. I dialetti sono ristretti
geograficamente e non usati in situazioni formali. La definizione di dialetto è volutamente astratta e funziona solo in
riferimento alle singole situazioni linguistiche:anziché definire il dialetto è più sensato individuare un
dialetto,sempre in relazione complementare con la lingua corrispondente.

LINGUA E SEGNI: ALCUNI CONCETTI DI BASE


1. Il segno
Le lingue sono sistemi di segni,basati su segni vocali o gestuali.
Le principali accezioni da un vocabolario:
•traccia lasciata su qualcosa;
•fatto o situazione che permette di riconoscere o prevedere una realtà;
•manifestazione di uno stato d'animo;
•simbolo di un'operazione aritmetica;
•traccia del punto in cui si è arrivati;
•gesto per comunicare qualcosa senza parlare

Tutti questi segni sono entità complesse ,composte di una parte sensibile, cioè percepibile materialmente
attraverso i sensi,e di una parte che è di natura mentale,concettuale, un rinvio a oggetti e situazioni del mondo
reale che cogliamo con la mente grazie alla mediazione della parte sensibile. È importante sottolineare che la parte
mentale del segno è il rinvio a un oggetto,non l'oggetto in sé. Chiamiamo espressione la parte sensibile del segno
e contenuto la sua controparte concettuale.

Il segno è composto da SIGNIFICANTE e SIGNIFICATO:


Significante: è ciò che percepiamo attraverso i sensi quando vediamo, udiamo o sentiamo una parola. Il
significante è la forma concreta e fisica di un segno linguistico. Ad esempio, nella parola "albero", il significante è la
sequenza di suoni /al-bɛ-ro/ o l'insieme di lettere "albero" scritte.
L'aspetto del significante può variare a seconda della modalità di comunicazione. Ad esempio, nella comunicazione
verbale, il significante è costituito dai suoni pronunciati; nella scrittura, è rappresentato da segni grafici come lettere
o caratteri.
Significato: Il significato è la componente concettuale o mentale del segno linguistico. Rappresenta l'idea, il
concetto o la nozione associata a un particolare significante. Utilizzando l'esempio precedente, nel termine "albero",
il significato è la rappresentazione mentale di ciò che comunemente intendiamo per un albero, con il tronco, i rami,
le foglie, ecc.
Segno: un segno è un'entità costituita di un'espressione e di un contenuto. A partire da questa definizione
proveremo a distinguere i vari tipi di segni possibili.

Sulla base di Peirce,distingueremo quattro tipi principali di segni,ossia indici,icone, simboli e segnali.
Gli indici(es. il fumo è indice di fuoco) sono dei segni in cui l'espressione e il contenuto sono legati da un
rapporto di origine naturale e casuale. Gli indici non sono segni prodotti volontariamente. Perché gli eventi che
costituiscono l'espressione di un indice acquistino valore segnico è necessario che essi siano interpretati da un
ricevente. Il valore degli indici può variare a secondo del contesto in cui essi vengono prodotti(un termometro che
segna 39° significa cose diverse se sta misurando la temperatura di una persona o quella dell'acqua della vasca).
Le icone(es. La relazione tra il quadro e la scena reale) sono segni che rinviano ad un oggetto o ad un evento per
analogia, in virtù di una somiglianza con esso. Segni prodotti volontariamente, con l'intenzione di comunicare
qualcosa. L'espressione imita qualcosa del contenuto. Esempio di icone: sigaretta barrata nei posti dove è
vietato fumare.
I simboli(es. aureola dei santi) il rapporto tra espressione e contenuto è di tipo convenzionale,cioè è garantito
da una tradizione culturale a cui partecipano tanto l'emittente quanto il destinatario del segno. Esempio: il segnale
“lavori in corso” e il simbolo della “pace”. Mentre una parte del contenuto “lavori in corso” può essere intuita da chi
non abbia mai visto il segnale,il contenuto dell'espressione del simbolo “pace” non può in alcuna misura essere
intuito da chi già non lo conosce. Seguendo una definizione che risale a Saussure,diremo che nei simboli il rapporto
tra espressione e contenuto è arbitrario. Il linguaggio degli essere umani è costituito soprattutto da simboli.
I Segnali sono segni volontari che il ricevente interpreta (Sbadiglio=Noia)

2. Struttura del segno linguistico


I segni che costituiscono la base del nostro linguaggio verbale sono in gran parte dei simboli.
2.1 La quadripartizione del segno
Il linguista Hjelmslev ha distinto nel segno linguistico non solo il piano dell'espressione e del contenuto,ma
anche,all'interno di ciascun piano,due strati diversi,detti sostanza e forma.
Ne segue una quadripartizione:
Lo strato della sostanza dell'espressione è costituito dai concreti suoni linguistici che produciamo fisicamente
quando diciamo una parola,questi sono detti foni. Lo strato della forma dell'espressione è costituito dai fonemi
che forma le parole di una lingua, sono le unità minime che formano le parole.

Il piano del contenuto si suddivide a quello dell'espressione. Abbiamo lo strato sostanza del contenuto costituito
da tutto ciò che il parlante intende dire e l'ascoltatore capisce,cioè del senso di una certa espressione nel contesto
particolare in cui viene usata. Lo strato della forma del contenuto è costituito dal significato astratto che ha una
certa sequenza di fonemi usata come espressione. È solo quando la usiamo in concreto che quella parola ha un
senso determinato,di volta in volta diverso.

Cadono propriamente fuori dai confini della lingua,e quindi dalla struttura del segno,gli elementi materiali,che tuttavia
del segno costituiscono un presupposto:la materia dell'espressione e del contenuto. Per materia
dell'espressione intendiamo il supporto fisico attraverso il quale si realizza un atto comunicativo. Sarà tutto ciò che
è pronunciabile attraverso l'apparato fonatorio e udibile attraverso l'apparato uditivo. Per materia del contenuto
intendiamo l'insieme delle esperienze,saperi che fanno parte della realtà in cui vivono gli esseri umani. Questa
materia può trovare espressione in sistemi espressivi che non sono adeguatamente traducibili in una qualsiasi
lingua storica come la musica o la pittura.

2.2 L'arbitrarietà
Il fatto che lingue diverse articolino diversamente la propria espressione e il proprio contenuto costituisce
una manifestazione del principio di arbitrarietà che caratterizza i segni delle lingue storico-naturali. La
nozione di arbitrarietà discende in buona parte da Saussure. Si possono distinguere vari sensi della nozione di
arbitrarietà.
L'arbitrarietà assoluta è l'assenza di ragioni naturali,logiche o psicologiche che facciano si che un dato segno sia
come è. L'esistenza di tante e diverse lingue nel mondo è la dimostrazione migliore del principio di arbitrarietà
assoluta: se i segni linguistici non fossero arbitrari non ci sarebbe distinzione tra forma e sostanza linguistiche:le
parole delle diverse lingue sarebbero tutte uguali.
L'arbitrarietà formale consiste nel fatto che i sistemi di suoni delle lingue umane sono diversissime. La differenza è
macroscopica quando troviamo lingue che usano come fonemi dei suoni che in altre lingue non appartengono
neanche alla categoria dei suoni linguistici: per esempio,lo schiocco della lingua con cui cocchieri,fantini e stallieri
chiamano il cavallo. Molto più frequente è il caso in cui una sostanza fatta di suoni fisicamente molto simili è formata
diversamente da lingue diverse,esempio in italiano dita vs ditta.
L'arbitrarietà semantica consiste nel fatto che ciascuna lingua ritaglia la materia del contenuto formandola in
maniera propria. Per esempio,l'italiano e l'inglese distinguono linguisticamente,nella divisione del corpo umano,gli
arti superiori e inferiori dalle loro estremità:br accio e mano,gambe e piede,arm“braccio” e hand“mano”,leg“gamba” e
foot“piede”. Nelle lingue slave invece,gli arti sono considerati come un tutt'uno:in russo “rukd” indica braccio e mano
insieme.

Una lingua nella quale il principio di arbitrarietà assoluta vigesse senza alcun contrappeso difficilmente potrebbe
funzionare. In una lingua del genere,le parole sarebbero prive di qualsiasi collegamento tra di loro. Nelle lingue
esistono due gradi di arbitrarietà:vi sono segni totalmente arbitrari,in quanto totalmente immotivati nel legame tra
espressione e contenuto; ma vi sono accanto a questi, segni che chiameremo motivati:se conosco il significato di
“benzina” potrò intuire il significato di “benzinaio”. Sono motivati in quanto il loro significato è almeno
parzialmente ricavabile da quello delle parole che lo compongono.
Definiamo quindi motivazione la relazione tra i diversi componenti riconoscibili nell'espressione di un segno.
Esistono criteri obiettivi per valutare il gradi di motivazione: i principali sono la trasparenza e la diagrammaticità. Un
segno è tanto più trasparente quanto più facile è riconoscere i suoi componenti sul piano dell'espressione
(trasparenza morfotattica), e quanto più facile è assegnare loro un significato sul piano del contenuto (trasparenza
morfosemantica). Un segno è tanto più diagrammatico quanto più è facile mettere in relazione i componenti della
sua espressione con i rispettivi componenti del contenuto.

Proprietà del significante


La trasporatibilità di mezzo
Il significante dei segni possiede anche un'altra proprietà molto importante ossia la Trasportabilità di mezzo, esso
infatti può essere realizzato sia attraverso il canale fonico-acustico sotto forma di suoni che si propagano come onde
sonore e che successivamente vengono recepite dall'apparato uditivo, sia attraverso il canale visivo-grafico sotto
forma di segni. La capacità di un segno di essere realizzato attraverso diversi mezzi o canali è essenziale per la sua
diffusione e comprensione in contesti vari.

Linearità
Nel caso del linguaggio umano, il significante segue una struttura lineare. Le unità linguistiche sono disposte in
sequenza per formare parole, frasi e discorsi. Questa linearità è importante per la comprensione e l'interpretazione
del messaggio.

Mutabilità
I significanti possono cambiare nel tempo a causa di variazioni linguistiche o culturali. Le lingue subiscono
evoluzioni e adattamenti, e i significanti possono acquisire nuovi significati o evolvere foneticamente o graficamente.

Convenzionalità
L'uso dei significanti è spesso basato su convenzioni condivise all'interno di una comunità linguistica o culturale . Le
regole grammaticali e semantiche stabilite convenzionalmente guidano la creazione e l'interpretazione dei segni.

Ambiguità
Alcuni significanti possono essere ambigui, ovvero avere più di un possibile significato. L'ambiguità può sorgere a
causa di variazioni linguistiche, giochi di parole o contesti multipli di interpretazione.

Vi sono vari elementi coinvolti nel processo comunicativo: E-R-M-C-C-C

Emittente (Sender):
● Colui che invia il messaggio o l'emittente. Questa persona o entità inizia il processo di
comunicazione.
Ricevente (Receiver):
● Colui che riceve il messaggio o il destinatario. Questa persona o entità interpreta il messaggio.
Messaggio (Message):
● Il contenuto specifico della comunicazione. Può essere verbale, non verbale o una combinazione di
entrambi.
Canale (Channel):
● Il mezzo attraverso il quale il messaggio viene trasmesso. Può essere orale, scritto, visivo, ecc.
Contesto (Context):
● Il contesto o la situazione in cui avviene la comunicazione. Il significato del messaggio può variare a
seconda del contesto.
Codice (Code):
● Il sistema di regole e convenzioni che determina la creazione e l'interpretazione del messaggio. Il
codice comprende la lingua, le norme culturali, ecc.
3. Lingua e parole,competenze ed esecuzioni
Gli esseri umani comunicano tra loro attraverso un sistema linguistico complesso e astratto che comprende suoni,
significati e regole grammaticali. Questo sistema, chiamato "lingua", è condiviso all'interno di una comunità
linguistica e permette agli individui di comprendersi reciprocamente.

Per comprendere come funziona questo sistema, possiamo guardare alla distinzione proposta da Ferdinand de
Saussure e Noam Chomsky. Saussure ha distinto tra "parole", che sono gli atti individuali di parlare o scrivere, e
"langue", che rappresenta il sistema di regole che determina come le parole possono essere combinate per creare
significati. Questo significa che le parole che usiamo sono le manifestazioni concrete di un sistema astratto di regole
linguistiche condivise.

Chomsky ha ulteriormente sviluppato questa idea introducendo il concetto di "competenza" e "esecuzione". La


competenza si riferisce alla conoscenza inconscia delle regole linguistiche che ogni parlante ha e che gli permette
di comprendere e produrre enunciati grammaticalmente corretti. L'esecuzione, d'altra parte, si riferisce alla
produzione effettiva di enunciati, che può variare a seconda di fattori pratici come la memoria o le capacità
espressive dell'individuo.

In sostanza, la comunicazione tra gli esseri umani si basa su un sistema linguistico astratto e condiviso che
permette la comprensione reciproca attraverso l'uso di parole e regole grammaticali. Questo sistema è il
fondamento della nostra capacità di comunicare e interagire con gli altr

4. La doppia articolazione del segno


Una delle proprietà più importanti del linguaggio umano è la Doppia Articolazione per cui il significante e il
significato si articolano su due livelli diversi e ben distinti. Al primo livello di articolazione il significante del segno è
organizzato in unità e per tanto è scomponibile, 'gatto' si scompone in due pezzi 'gatt' (felino/animale domestico) e
'o' (maschile singolare), queste unità minime possono far parte di altre parole a cui danno il proprio significato 'gatt-
ino' = 'gatt' (felino) ino (diminutivo maschile singolare). Tali pezzi rappresentano le unità minime di prima
articolazione e non sono ulteriormente scomponibili.
Ogni segno linguistico è scomponibile in unità minime (la nonna sforna la torta > l-a nonn-a s-for-na l-a tort-a),
queste unità minime le chiameremo Morfemi, queste unità minime sono ancora associate al significato anche se il
significante è stato scomposto, sono ancora segni.
Al secondo livello di articolazione i morfemi possono essere scomposti in pezzi ancora più piccoli ('gatt' > 'g', 'a',
't', 't') queste particelle minime ora non sono più portatrici di significato e di conseguenza non sono più segni ma
Fonemi. Ogni segno linguistico è analizzabile scomponendolo in unità minime di seconda articolazione (la nonna
sforna la torta > l-a n-o-n-n-a s-f-o- r-n-a l-a t-o-r-t-a, da 11 morfemi a 20 fonemi).
La doppia articolazione dei segni è una proprietà cardinale del linguaggio in quanto ci permette una grande
Economicità di funzionamento: con un numero limitato di fonemi si può costruire un numero grandissimo di unità
dotate di significato. Di conseguenza è molto importante il principio di Combinatorietà: combinando unità minori
limitate, prive di significato, si possono formare un numero indefinito di unità maggiori (segni).

5.Sincronia e Diacronia
Ferdinand de Saussure ha introdotto due prospettive fondamentali per studiare il linguaggio in relazione al tempo: la
prospettiva diacronica e la prospettiva sincronica.
La diacronia, focalizzandosi sull'evoluzione temporale, ci consente di tracciare lo sviluppo di una lingua attraverso
diverse epoche storiche. Considerando cambiamenti nel vocabolario, nella fonetica e nella grammatica, l'analisi
diacronica ci offre un'immagine dinamica della lingua nel suo contesto storico. D'altra parte, la sincronia concentra
la sua attenzione sulla descrizione di un sistema linguistico in uno specifico momento. Ignorando il susseguirsi
temporale, permette di analizzare la lingua come un sistema strutturato, indipendentemente dai cambiamenti storici.
Attraverso questi approcci, gli studiosi possono comprendere meglio come le lingue si evolvono nel tempo e come si
configurano in un dato momento, contribuendo così alla nostra comprensione della ricchezza e della complessità del
linguaggio umano

6.I rapporti tra gli elementi linguistici


Gli individui che parlano sono in grado di formare "raggruppamenti" basati su relazioni che possono essere
essenzialmente classificate in due tipi. Il primo tipo è quello sintagmatico. L'asse sintagmatico rappresenta le
relazioni tra le unità linguistiche che si susseguono linearmente in una sequenza significativa. Questa sequenza è
legata dal contesto e dalla grammatica. I rapporti sintagmatici collegano parole diverse in maniera diversa e con
forza diversa.
Esempio: Nella frase "Il gatto nero attraversa la strada," le parole si susseguono sull'asse sintagmatico per formare
una sequenza significativa che segue le regole grammaticali della lingua.

L'altro asse è quello delle associazioni . I rapporti associativi si instaurano tra elementi che nella competenza
linguistica del parlante hanno una o più caratteristiche in comune .
Esempio: “strada” richiama “stradale” , “autostrada”, “via”, “contrada” o “dirada”.

Un sottotipo particolare dei rapporti associativi detti rapporti paradigmatici. L'asse paradigmatico rappresenta le
relazioni tra le unità linguistiche che possono occupare la stessa posizione in una struttura. In altre parole, si tratta
delle scelte alternative disponibili per un determinato punto nella sequenza.
Esempio: Nella frase "Il gatto nero attraversa la strada," il sostantivo "gatto" sull'asse sintagmatico potrebbe essere
sostituito da "cane" sull'asse paradigmatico, mantenendo la struttura grammaticale della frase.

7.I livelli dell'analisi linguistica

LA FONETICA
1. Le tre dimensioni della fonetica
La fonetica è la disciplina linguistica che esamina la produzione fisica dei suoni nella comunicazione verbale,
concentrandosi sulla loro componente materiale e fisica
La fonetica si divide in tre campi:

•Fonetica Articolatoria che studia i suoni del linguaggio in base a come vengono prodotti;

•Fonetica Acustica che analizza le proprietà fisiche dei suoni come frequenza, intensità e durata;

•Fonetica Uditiva che si occupa della percezione e dell'interpretazione dei suoni da parte dell'orecchio umano e del
cervello;
L'unità minima della sostanza dell'espressione è detto fono, come detto in precedenza.

Il meccanismo di produzione dei suoni linguistici

1 Il flusso dell'aria.
Molti dei suoni che usiamo per parlare sono creati modificando l'aria che esce dai nostri polmoni. : essi sono detti
suoni polmonari.
Nella produzione dei suoni polmonari il flusso d'aria è creato dalla pressione dei muscoli intercostali sui
polmoni: il meccanismo utilizzato è il medesimo per la respirazione. Durante il rilascio dell'aria,questa viene
incanalata nella rete dei bronchi fino a essere interamente convogliata in un unico canale, la trachea,che
collega i polmoni al apparato fonatorio (tratto vocale).

2 Il tratto vocale.
Con tratto vocale si intende l'ultimo percorso compiuto dal flusso d'aria prima di uscire all'esterno: nella sua parte
più interna troviamo la laringe, mentre il suo confine esterno è segnato dalle due labbra.
Preliminare alla classificazione dei singoli suoni è la nomenclatura degli organi responsabili della loro
caratterizzazione, detti articolatori.
La laringe è un complesso di cartilagini e tessuti muscolari situato alla sommità della trachea. É individuabile
dall'esterno come il cosiddetto “pomo d Adamo”.
Si chiama glottide la parte della laringe che è compresa tra due piccole estroflessioni, dette pliche vocali,
situate ai lati del condotto dell'aria che attraversala laringe. Le pliche vocali vocali possono assumere diverse
posizioni. Essere completamente distanziate l'una dall'altra , oppure entrare in tensione ed essere accostate l'una
all'altra. In questo secondo caso danno vita al meccanismo laringeo, detto anche vibrazione.

La diversa distribuzione della tensione nelle fasce muscolari comprese nella laringe consente di distinguere tra
diverse qualità della voce realizzate dal meccanismo laringeo.
Tra queste ricordiamo:
a) la voce modale , ovvero il tipo neutro i meccanismo laringeo (usato ad esempio per parlare normalmente), media
tensione della glottide.
b) la voce mormorata ( che si usa per parlare sotto voce) , determinata da una apertura triangolare della glottide
nella sua parte cartilaginea.
c) nella voce cricchiata la distribuzione della tensione muscolare determina ispessimento e compressioni delle
pliche vocali , che, entrano in vibrazione nella parte meno rigida. La voce cricchiata produce un rumore irregolare ; è
spesso usata dai parlanti italiani per esprimere esitazione(eee..) .
La faringe è il segmento del tratto vocale che si trova immediatamente al di sopra della laringe. La faringe ha un
volume interno estremamente variabile dal momento che la sua parete anteriore coincide per lo più con la radice
della lingua .
La lingua è un organo di grande mobilità . All'interno si distinguono una radice ,ovvero la parte posteriore
collocata in direzione della faringe, il dorso (la sua parte centrale) e la corona, la parte anteriore mobile ;la
regione della corona comprende a sua volta l'apice ( l'estremità anteriore) e la lamina, ossia la superficie
superiore anteriore .
Il velo palatino è un organo che pende dal palato duro e che divide la parte superiore della faringe dalla cavità
orale. Il velo palatino può essere mosso volontariamente. Quando la sua muscolatura è rilassata, il velo è in
posizione quasi verticale. Se invece la muscolatura del velo entra in tensione, questo si solleva e aderisce alla
parete posteriore della faringe.
L'ugola è un piccolo rigonfiamento che si trova all'estremità inferiore del velo palatino.
Il palato duro è la cupola superiore ossea della cavità orale.
Gli alveoli costituiscono il rigonfiamento della parete della cavità orale, in corrispondenza del quale si trovano
le radici dei denti.
I soli denti coinvolti nell'articolazione linguistica sono gli incisivi.
Le labbra possono assumere diverse posizioni , molte delle quali utilizzate per distinguere tra loro i suoni del
linguaggio.
Le cavità nasali sono una coppia di cavità collocate al di sopra della cavità orale, all'interno delle quali può essere
lasciata passare l'aria espirata.

Fonetica,trascrizione,traslitterazione
Già dalla fine del settecento William Jones aveva avvertito l'esigenza di un alfabeto interpretabile in modo
esclusivamente fonetico, mediante il quale si potessero trascrivere le lingue orientali. Tra questi l'IPA è
quello più in uso e diffuso internazionalmente. L'IPA è stato messo a punta tra Otto e Novecento. Offre un
inventario di elementi grafici e segni diacritici aventi un' interpretazione il più possibile univoca da un punto di vista
articolatorio. Mediante l'IPA è possibile operare una trascrizione fonetica, ovvero una rappresentazione scritta delle
caratteristiche fonetiche di una determinata espressione linguistica orale.
La trascrizione non va confusa con traslitterazione. La translitterazione è il processo di conversione di caratteri o
simboli da un sistema di scrittura in un altro. In altre parole, è la rappresentazione delle stesse parole in un alfabeto
o un sistema di scrittura diverso, mantenendo il suono originale.
4. Il vocalismo
La prima distinzione operata dalla fonetica è quella tra foni vocalici e foni consonantici: i secondi si distinguono
dai primi in quanto sono realizzati mediante un diaframma. Le vocali presuppongono di norma l'azione di un
meccanismo laringeo( le pliche vocali sono in vibrazione) e si distinguono tra loro per la posizione che i diversi
organi del tratto vocale assumono. Sono classificate sulla base di quattro coefficienti:
1. anteriorità posteriorità: questo parametro è determinato dalla posizione avanzata, centrale o arretrata del dorso
della lingua;
2. grado di altezza: è possibile associare questo coefficiente alla posizione più o meno alta del dorso della lingua.
Si distinguono vocali alte, medio-alte,medio-basse,basse;
3.arrotondamento: durante l'articolazione di una vocale le labbra possono essere arrotondate. Oppure le labbra
possono essere non arrotondate;
4. nasalizzazione: il velo palatino, durante la produzione della vocale, può trovarsi in posizione alzata o abbassata.
Dunque si distinguono vocali orali e vocali nasali;
5.Il consonantismo
I foni consonantici sono caratterizzati dalla presenza di un diaframma nel tratto vocale. La loro classificazione si
basa su tre parametri: modo di articolazione,luogo di articolazione e coefficienti laringei.

1. Modo di articolazione: dipende dal tipo di diaframma. Tradizionalmente si distinguono due gruppi maggiori di
consonanti:le consonanti ostruenti e le consonanti sonoranti. Nelle prime il diaframma ostruisce il flusso
d'aria,quindi un forte innalzamento della pressione nella parte del tratto vocale. Le ostruenti si suddividono
occlusive, fricative e affricate.
Nelle sonoranti, il diaframma non determina una differenza rilevante di pressione nel flusso dell'aria:esse possono
essere divise in nasali,vibranti,laterali e approssimanti.

2.Luogo di articolazione: classificato in base agli organi articolari. Si distinguono quindi consonanti bilabiali,
labiodentali, dentali, alveolari, retroflesse, postalveolari, palatali, velari, uvulari,glottidali.
3. Coefficienti laringei:
I "coefficienti laringei" si riferiscono alla presenza o all'assenza del coinvolgimento del meccanismo laringeo
durante l'articolazione delle consonanti. Quando le corde vocali vibrano durante la produzione di una
consonante, questa viene classificata come sonora. Al contrario, quando le corde vocali non vibrano, la
consonante è considerata sorda.
Inoltre, se il coinvolgimento del meccanismo laringeo avviene con un ritardo rispetto all'articolazione della
consonante, si ottiene una consonante sorda aspirata.
6. I dittonghi
Una delle distinzioni più controverse è quella tra iato e dittongo. Uno iato è una successione di due vocali
stabili, quali quella presente in una realizzazione in isolamento delle parole italiane “paura”, “aereo”, “zio”. Con
dittongo si intende invece una porzione vocalica che cambia il suo timbro nel corso dell'articolazione, per cui
si possono distinguere al suo interno due diversi elementi di cui almeno uno non abbia una porzione
stabile, come avviene nelle parole italiane “fuori”, “fiori”. Nei dittonghi, un elemento è predominante sull'altro,
manifestando maggiore durata, chiarezza e energia. I dittonghi ascendenti presentano prima l'elemento più
debole e poi quello più forte, mentre quelli discendenti mostrano l'ordine inverso. In italiano, esistono anche
trittonghi, costituiti da sequenze di due vocali deboli seguite da una vocale forte o da una sequenza debole-
forte-debole.

7. Caratteristiche prosodiche
Nella fonetica, l'analisi delle caratteristiche prosodiche e soprasegmentali è fondamentale per comprendere la
struttura e l'interpretazione del linguaggio parlato Le caratteristiche prosodiche si riferiscono a elementi come
l'accento, l'intensità, il ritmo e la durata delle unità linguistiche, come le parole e le frasi. Questi aspetti non possono
essere osservati o descritti in un unico istante, ma richiedono l'osservazione di un tratto temporale del discorso
per essere compresi appieno. I soprasegmentali, d'altra parte, sono caratteristiche che vanno oltre i singoli
segmenti del linguaggio, come le vocali e le consonanti. Essi includono elementi come l'intonazione, il tono e il ritmo
del discorso. Questi aspetti influenzano il significato e la percezione del discorso nel suo complesso e richiedono
l'analisi di tratti temporali più estesi per essere compresi appieno.

7.1 Lunghezza dei segmenti


I segmenti hanno una durata nel tempo variabile. Si può dire che questa è compresa in genere tra i 20 e i 500
millisecondi. Tale variabilità è dovuta in gran parte a fattori extralinguistici. Se si parla più velocemente, i segmenti
durano meno; al contrario, in un parlato lento i segmenti avranno durata maggiore. Alcune differenze di durata
possono però svolgere un valore linguistico. L'IPA prevede la possibilità di indicare cinque livelli di lunghezza:
1.strabreve
2. breve
3. medio-lungo
4. lungo
5. stralungo
Di fatto, le lingue distinguono solo tra due diversi gradi di lunghezza: tra segmenti brevi e segmenti lunghi.
Esistono diverse convenzioni per rappresentare tale differenza tra grado breve e grado lungo.
La prima convenzione è quella adottata per i soli suoni vocalici, dalla filologia classica e dalla linguistica storico-
comparativa: il suono breve non porta ulteriori indicazioni , oppure è sormontato da una linea ricurva con le
estremità rivolte verso l'alto ( detta mikron); il suono lungo è sormontato da una linea dritta
orizzontale( makron). Nel secondo sistema convenzionale, il suono lungo – sia questo una vocale o una
consonante – è indicato con il raddoppiamento del simbolo IPA. Non vuol dire che ci sono due suoni, ma
un'occlusiva bilabiale sorda di grado lungo. Nel terzo tipo di notazione il grado lungo è indicato mediante due
puntini.

7.2 Sillaba
La sillaba è l'unità fondamentale del linguaggio parlato, rappresentando la minima unità fonetica che il nostro
organismo può produrre e percepire. Ogni sillaba ha una struttura interna caratterizzata da tre componenti
principali: l'attacco, il nucleo e la coda.
Il nucleo della sillaba è il suo elemento più prominente ed è caratterizzato da un picco di sonorità, ossia ha un
volume maggiore rispetto agli altri suoni nella sillaba. Questo picco di sonorità è ciò che rende il nucleo sillabico
distintivo e facilmente identificabile.
Prima del nucleo, c'è l'attacco sillabico, che è la parte iniziale della sillaba. Dopo il nucleo, c'è la coda sillabica,
che è la parte finale della sillaba. Le sillabe che presentano una coda sono dette "sillabe chiuse", mentre quelle
prive di coda sono dette "sillabe aperte".
Inoltre,nell’IPA (Alfabeto Fonetico Internazionale), il confine sillabico viene indicato mediante un punto in
basso, il che aiuta a identificare chiaramente dove inizia e finisce ciascuna sillaba all'interno di una parola.
È importante notare che l'unico elemento foneticamente necessario all'interno di una sillaba è il nucleo . Il
nucleo può essere occupato da qualsiasi suono che abbia una sufficiente sonorità, inclusi vocali, consonanti e in
alcune circostanze anche fricative.
Infine, è da notare che mentre uno iato comporta sempre vocali collocate in sillabe diverse, un dittongo è sempre
tautosillabico, cioè posto all'interno di un'unica sillaba.

7.3 Accento
Data una parola composta di più sillabe , si intende con accento la maggiore prominenza di una di queste sulle
altre.
Le diverse lingue si distinguono anche per le regole di assegnazione dell'accento all'interno della parola.
Ricorriamo alla distinzione tradizionale tra lingue ad accento libero e lingue ad accento fisso. Nelle ultime la
posizione dell'accento è interamente determinata da una serie più o meno complessa di regole: data una
certa struttura fonologica della parola, sarà quindi sempre prevedibile la posizione della sillaba prominente.
Nelle lingue ad accento libero le regole di assegnazione della prominenza lasciano margine di libertà su un
gruppo di sillabe in cui può potenzialmente cadere l'accento. Ad esempio l'italiano è una lingua ad accento
libero.

7.4 Tono e intonazione


Prima abbiamo parlato delle caratteristiche prosodiche.
La variazione dell'altezza della voce è un aspetto fondamentale della prosodia, che può essere influenzato da
fattori fisici e abitudini del parlante.Tuttavia, in alcune lingue, queste variazioni hanno anche un significato
linguistico e sono utilizzate per fare distizioni tra parole o per comunicare informazioni grammaticali . Le
lingue che utilizzano la variazione di altezza per distinguere tra parole sono chiamate lingue tonali.
Nelle lingue tonali, il dominio della variazione di altezza è costituito dalla sillaba o dalla parola. In queste
lingue, i diversi toni hanno la capacità di distinguere parole con significati diversi. Ad esempio, la stessa sequenza di
consonanti vocali può essere interpretata come parole diverse a seconda del tono utilizzato. I toni possono essere
alto, basso, medio, ascendente, discendente, eccetera . Le lingue tonali sono diffuse in diverse regioni del
mondo, come l'Asia orientale, l'Africa occidentale, l'America e la Nuova Guinea. D'altra parte, nelle lingue non
tonali, il dominio della variazione di altezza è costituito dalla frase nel suo insieme . Il movimento della
frequenza di vibrazione della glottide determina una linea melodica, chiamata intonazione, che accompagna l'intera
frase e fornisce informazioni grammaticali rilevanti. L'intonazione può contribuire a mettere in evidenza le
sillabe accentate e segnalare la modalità della frase, cioè il suo carattere imperativo, dichiarativo,
interrogativo, eccetera.

LA FONOLOGIA
1.Cos'è la fonologia?
In linguistica, la fonetica e la fonologia sono due discipline che si occupano dello studio dei suoni del linguaggio
umano, ma con focus leggermente diversi.

La fonetica si concentra sulla descrizione fisica e acustica dei suoni, ossia come vengono prodotti e percepiti
dall'apparato fonatorio umano. Include lo studio delle diverse parti coinvolte nella produzione dei suoni, come la
fonazione (produzione del suono nelle corde vocali), l'articolazione (formazione dei suoni attraverso l'interazione di
organi come la lingua, le labbra, ecc.) e la percezione uditiva (come vengono interpretati i suoni dall'orecchio
umano).

D'altra parte, la fonologia si concentra sulla struttura e l'organizzazione dei suoni all'interno di una lingua specifica.
Studia i fonemi, che sono le unità sonore distintive che distinguono il significato delle parole in una lingua, e le
regole fonologiche che governano la distribuzione dei fonemi all'interno delle parole. Questo include fenomeni come
la variazione di suoni in diverse posizioni all'interno di una parola, o le regole che governano la trasformazione di
suoni in contesti specifici.

Parliamo quindi dei due strati dell'espressione linguistica in cui abbiamo:

Forma fonologica: Questo strato rappresenta i fonemi o i suoni distintivi di una lingua. Ogni lingua ha il suo
inventario di fonemi e le regole che determinano come questi fonemi possono essere combinati per formare parole
significative. Ad esempio, in inglese, il suono "p" e il suono "b" sono fonemi distinti perché possono distinguere il
significato di parole come "pat" e "bat".

Realizzazione fonetica: Questo strato si riferisce alla manifestazione concreta dei suoni nel parlato effettivo.
Ogni fonema può essere realizzato in modi diversi a seconda del contesto linguistico e dell'articolazione del
parlante. Ad esempio, il fonema "t" in inglese può essere realizzato in modi diversi a seconda della sua posizione
all'interno di una parola o della presenza di suoni circostanti.

Può essere avanzata una distinzione negli orientamenti teorici della fonologia a proposito dei rapporti dei diversi
strati. Questa distinzione riguarda due approcci teorici differenti nella fonologia per spiegare i rapporti tra i diversi
strati dell'espressione linguistica: il modello dinamico e positivo basato sulle regole e il modello basato sui
vincoli.

Modello dinamico e positivo basato sulle regole:le rappresentazioni fonologiche e le realizzazioni fonetiche sono
collegate tra loro da processi che operano sotto forma di regole.
Modello basato sui vincoli: In questo modello, si ipotizza che le relazioni tra i diversi strati dell'espressione
linguistica siano determinate principalmente da vincoli piuttosto che da regole esplicite.
Il modello basato sui vincoli in fonologia si concentra su restrizioni o preferenze che influenzano come i suoni
vengono utilizzati in una lingua.

2. Forma e sostanza dell'espressione


Come abbiamo detto precedentemente la fonologia si concentra sulla struttura e sull'organizzazione dei
suoni del linguaggio. Esploriamo quindi in particolare il concetto di fonema e allofono, che sono
fondamentali per comprendere come i suoni vengono utilizzati per creare significato all'interno di una
lingua.
Immagina di avere tre persone che pronunciano la parola "prato" leggermente diversamente: una dice "prato" con la
vocale "a" pronunciata come in "casa", un'altra dice "prato" con la vocale "a" pronunciata come in "mela", e un'altra
ancora dice "prato" con la vocale "a" pronunciata come in "mare". Nonostante queste lievi differenze nella pronuncia
delle vocali, tutti e tre capiscono che stanno parlando dello stesso oggetto: il prato.
Quindi, anche se i suoni sono leggermente diversi, rimane invariato il significato della parola "prato". Questo
esempio dimostra che diverse pronunce possono comunque comunicare lo stesso concetto, perché si riferiscono
tutti alla stessa unità lessicale, ovvero alla parola "prato".

Definiamo fonema tale unità minima della forma dell'espressione linguistica. La rappresentazione fonologica ( o
lessicale) è fonemica: è cioè costituita da una sequenza di fonemi.
Chiamiamo allofoni le diverse realizzazioni fonetiche di un medesimo fonema. Queste variazioni fonetiche non
alterano il significato della parola, ma sono influenzate dal contesto fonetico o dalle regole fonologiche della lingua.

Se la trascrizione fonetica può essere più o meno dettagliata a seconda delle esigenze del ricercatore, nella
trascrizione fonologica devono essere rappresentati solo le unità del significante.

5. Costituenti prosodici della fonologia


La struttura fonologica è composta non solo da fonemi ma anche da unià prosodiche. In particolare analizziamo la
sillaba.

5.1 La sillaba
La struttura fonologica della sillaba è rappresentata mediante un diagramma ad albero;
La principale differenza rispetto all'analisi fonetica è costituita dalla presenza di un costituente intermedio,
denominato rima, formato da nucleo e coda.

Il nucleo è il solo elemento universalmente necessario; l'attacco può essere obbligatorio o facoltativo, la
coda può essere esclusa o ammessa. Ogni lingua possiede regole particolari riguardo al tipo e al numero di
elementi ammessi all'interno di ognuno dei costituenti.
Quando l'attacco o la coda presentano più elementi, questi seguono generalmente un ordine prevedibile. Questo
ordine è formalizzato tramite un concetto chiamato " scala di sonorità", che stabilisce che l'attacco dovrebbe avere
suoni con sonorità crescente, mentre la coda dovrebbe avere suoni con sonorità discendente. La scala di sonorità
aiuta anche a determinare i confini delle sillabe e a stabilire la posizione dei suoni all'interno di esse.
5.2 Accento e parola fonologica
Per quanto riguarda la fonologia dell'accento ci soffermiamo soltanto sulla prominenza principale di parola. In
relazione a questa, le lingue si dividono in due gruppi maggiori : in alcuni sistemi la posizione dell'accento è
interamente prevedibile: cosi il francese o il persiano. In alcuni casi agiscono algoritmi più complessi. In questi
sistemi , la posizione dell'accento non è quindi distintiva. In altre lingue la posizione dell'accento è solo
parzialmente prevedibile: la sua collocazione finale, in ultima analisi,è specificata nel lessico. La collocazione
dell'accento ha valore distintivo.

Commutazione e distrubuzione
In fonologia, la commutazione e la distribuzione sono concetti utilizzati per analizzare la struttura fonologica delle
parole e delle frasi.
Commutazione fonologica: Si riferisce alla sostituzione di un fonema con un altro all'interno di una parola o di una
frase. Se la sostituzione produce una forma grammaticale e significativa, allora i fonemi sono considerati
commutabili e appartengono alla stessa categoria fonologica.
Distribuzione fonologica: Si riferisce ai contesti in cui un particolare fonema può comparire all'interno di una parola
o di una frase.

Processi fonologici
I processi fonologici sono le regole o le operazioni che descrivono le variazioni sistematiche e prevedibili che
avvengono nei suoni del linguaggio parlato all'interno di una determinata lingua. Questi processi possono
influenzare la pronuncia delle parole in modo coerente e possono essere utilizzati per spiegare come alcuni suoni si
trasformano o si combinano in contesti linguistici specifici.

Alcuni esempi comuni di processi fonologici includono:

Assimilazione: Quando un suono influenza un altro suono nelle sue vicinanze, rendendolo più simile a sé stesso.
Ad esempio, in "impossibile", il suono "n" diventa labiodentale davanti alla labiodentale "p", diventando "m".
Dissimilazione: Quando due suoni simili diventano meno simili tra loro per facilitare la pronuncia. Ad esempio, in
"dente", la consonante nasale "n" diventa sonora perché si dissocia dall'altra "d" sonora.
Delezione: Quando un suono viene omesso nella pronuncia di una parola. Ad esempio, in "assassino", la seconda
"s" può essere omessa nella pronuncia colloquiale.
Inserimento: L'aggiunta di un suono in una parola, spesso per facilitarne la pronuncia. Ad esempio, in "giardino", la
"i" può essere inserita tra la "g" e la "a" per evitare una combinazione di suoni difficile da pronunciare.
Metatesi: Quando le posizioni di due suoni vengono scambiate all'interno di una parola. Ad esempio, in "scambio",
le lettere "m" e "b" sono state invertite rispetto alla forma latina "cambium".

MORFOLOGIA

1.Le parole, lessemi, forme, occorrenze


La morfologia è di solito definito come lo studio della struttura interna delle parole.
La parola è usata, nel parlare comune, con diversi significati , che in linguistica vengono accuratamente distinti e per
ognuno dei quali è possibile usare un termine tecnico non ambiguo.
La parola “ parola” è usata nel parlare comune anche come sinonimo di ciò che tecnicamente chiamiamo
lessema. Le classi di lessemi sono dette tradizionalmente parti del discorso. Le parti del discorso sono spesso
chiamate anche classi di parole o categorie lessicali o categorie sintattiche, e sono tradizionalmente divise in
due gruppi: parti variabili e parti invariabili. Qualunque grammatica dichiara che le parti del discorso variabili
sono nome, articolo, aggettivo, pronome e verbo, e quelle invariabili preposizioni , congiunzione, interiezione
e avverbio. Questo elenco di parti del discorso, non è però universale , né è universale la caratteristica di essere
variabile o invariabile. Ad esempio, l'articolo è una par te del discorso presente in italiano , ma non in latino.
Quando diciamo che una parte del discorso è variabile intendiamo che i lessemi che appartengono a quella
classe o categoria possono presentarsi in forme diverse nelle diverse frasi.
Quando si vuole nominare un lessema che appartiene a una parte del discorso variabile , si utilizza una delle sue
forme, che viene detta forma di citazione. La forma di citazione è anche la forma tramite la quale i lessemi sono
elencati nei vocabolari. In italiano per i nomi si utilizza come forma di citazione il singolare. Anche la scelta della
forma di citazione per una certa classe di lessemi varia da lingua a lingua.
La nozione di forma di un lessema ci aiuta a disambiguare uno dei sensi in cui è usata la parola “ parola” .
Vanno infatti distinti diversi tipi di forme. Dobbiamo allora distinguere tra due tipi di variazione di forma che
possono rappresentare i lessemi: variazioni che riguardano solo il significante e variazioni che hanno
riflessi anche sul significato. Non si ha in italiano una distinzione per i due tipi di forme . In inglese forme che
variano solo nel significante sono da chiamare shapes ,mentre forme che variano sia per il significante che per il
significato sono dette forms. Per queste ultime esistono anche in italiano dei termini specifici: le diverse forme di un
lessema che contrastano tra loro per il significato e si usano in diversi contesti sintattici sono chiamate forme flesse
di un lessema. Alcuni autori, inoltre le chiamano parole grammaticali.

2. Categorie grammaticali e tratti morfosintattici


Le categorie grammaticali, o parti del discorso, sono classificazioni delle parole in base al loro ruolo e alla
loro funzione all'interno di una frase . Ogni categoria grammaticale ha caratteristiche specifiche che definiscono
come le parole possono essere utilizzate e combinate all'interno del linguaggio. Ad esempio, i nomi identificano
persone, luoghi o cose, gli aggettivi descrivono i nomi, i verbi esprimono azioni o stati, e così via

3. Le categorie grammaticali
Le categorie grammaticali sono l'espressione linguistica di alcune dimensioni cognitive fondamentali dell'esperienza
umana, quali la nozione di numerosità o quella di tempo.
Una prima categoria è il numero . Questa categoria non è presente in tutte le lingue . Nelle lingue in cui è utilizzata i
nomi presentano diverse forme flesse a seconda del numeri di identità che indicano. La distinzione più
comune è quella tra un numero singolare e uno plurale . In alcune lingue si ha anche un duale, il sanscrito, il duale
si usa in qualunque caso in cui si debbano nominare due entità; per esempio due cani. In altre lingue come il greco
classico, il duale si usa solo in relazione a entità che si presentano tipicamente in coppia come i due occhi, le due
ginocchia, i due piedi di una stessa persona.

Una seconda categoria è la categoria del caso. La categoria del caso dà informazioni sulla funzione sintattica
che un nome ricopre nella frase (soggetto,oggetto, oggetto indiretto). I valori di tipo sintattico dei casi possono
essere organizzati secondo diversi sistemi. I due principali sono detti sistema nominativo-accusativo e sistema
ergativo-assolutivo. Nel primo, i nomi che fungono da soggetto,sia di verbi transitivi che di intransitivi, ricevono il
valore “ nominativo”, mentre i nomi che svolgono la funzione di oggetto dei verbi transitivi ricevono il “valore
accusativo”.
In un sistema ergativo-assolutivo, invece, il caso assolutivo è assegnato al soggetto dei verbi intransitivi e
all'oggetto dei verbi transitivi, mentre il soggetto dei verbi transitivi riceve il caso ergativo.
Il valore di caso assegnato ai nomi che hanno la funzione di oggetto indiretto è detto dativo, e il valore assegnato a
nomi che modificano altri nomi è detto genitivo. Tra un caso che segnalano il loro ruolo semantico, si hanno lo
strumentale.

Vi è quindi la terza categoria, quella di genere.


La categoria di genere nelle lingue che la possiedono è una caratteristica intrinseca dei lessemi, principalmente dei
nomi, che li classifica in base a categorie come maschile, femminile o neutro. In molte lingue, i nomi hanno forme
flesse che variano a seconda del genere a cui appartengono. Tuttavia, l'informazione sul genere può estendersi
anche ad altre categorie di parole, come gli aggettivi e gli articoli, che devono concordare con i nomi in genere e
numero.

I criteri utilizzati per assegnare il genere ai nomi possono variare da lingua a lingua e spesso non sono basati
esclusivamente sul genere biologico degli oggetti a cui si riferiscono. Ad esempio, in italiano, i nomi che indicano
esseri maschili sono generalmente maschili, mentre quelli che indicano esseri femminili sono femminili.
Le lingue che presentano la categoria del genere si dividono in due tipi: in alcuni come l'inglese standard
contemporaneo i criteri semantici sono gli unici utilizzati per dividere i nomi nei diversi generi; in altre si
usano anche criteri fonologici. In una lingua del primo tipo,conoscere il significato di un nome basta per
dedurne il genere , in una lingua del secondo tipo no.

Una categoria che è intrinseca nei pronomi personali e nei verbi è la categoria della persona, dove la forma e la
concordanza variano in base alla persona . La categoria della persona in morfologia si riferisce alla distinzione tra le
diverse parti coinvolte nell'atto comunicativo, cioè il parlante (prima persona), l'ascoltatore o il ricevente (seconda
persona) e altri individui o oggetti di cui si parla (terza persona).

Passiamo quindi alle categorie realizzate sul verbo.


Le categorie grammaticali verbali, come il tempo, l'aspetto e il modo, sono fondamentali per comprendere il
posizionamento di un evento nel tempo, la sua durata e il modo in cui viene concepito dal parlante rispetto
alla realtà.
La categoria del tempo si concentra sui momenti in cui un'azione si svolge rispetto al momento dell'enunciazione,
ma non sempre coincide con il passato, il presente e il futuro.

L'aspetto riguarda invece la durata e il completamento di un'azione, distinguendo tra aspetto imperfettivo (azione in
corso senza visualizzazione del suo completamento) e aspetto perfettivo (azione visualizzata nel suo
completamento).

Il modo indica invece il grado di realtà dell'azione, distinguendo tra azioni reali e possibili.

Un'altra categoria importante è la diatesi che ci dice qualcosa sul ruolo dei soggetti e degli oggetti all'interno di una
frase con un verbo Nelle frasi attive, il soggetto agisce come agente dell'azione, mentre l'oggetto subisce l'azione
come paziente. Nelle frasi passive, il soggetto diventa il paziente dell'azione, mentre l'agente può essere espresso o
sottinteso.

4. Flessione inerente e flessione contestuale,accordo e reggenza


In linguistica, alcuni valori di una categoria grammaticale sono fissi o possono variare a seconda del
contesto o della forma in cui vengono usati.
Ci sono tre modi principali in cui una parola può avere una categoria grammaticale:

Inerenza: Questo significa che una caratteristica è intrinseca al significato della parola stessa. Ad esempio, in
italiano, alcune parole hanno un genere fisso: "forchetta" è sempre femminile, mentre "coltello" è sempre maschile.

Variabilità: Alcune caratteristiche possono variare tra le diverse forme di una parola. Ad esempio, il numero può
cambiare: "forchetta" diventa "forchette" al plurale.

Accordo: Alcune parole, come gli articoli e gli aggettivi, possono adattarsi ad altre parole nella frase. Ad esempio, "il
libro" diventa "i libri" al plurale, seguendo il numero del sostantivo a cui si riferisce.
5.Paradigmi e classi di flessione
Un paradigma rappresenta un insieme completo di tutte le forme flesse di una parola, organizzate in base alle
loro caratteristiche grammaticali come persona, numero, tempo, modo, genere, e così via. Le forme flesse di una
parola sono disposte in righe e colonne all'interno di un paradigma (celle), dove ogni cella rappresenta una
specifica combinazione di queste caratteristiche.

Le classi di flessione sono gruppi di lessemi che condividono lo stesso modello di flessione o lo stesso
schema di formazione delle forme flesse . Ad esempio, i verbi italiani possono appartenere a diverse classi di
flessione in base a come si coniugano al presente, passato, futuro , ecc. Gli aggettivi e i nomi possono
anch'essi appartenere a diverse classi di flessione in base a come si declinano per genere, numero, caso e
così via.

6. Entità della morfologia e modelli di analisi morfologica


Data l'ambiguità della parola “parola” , la definizione implica che la morfologia comprenda sia lo studio
della struttura interna dei lessemi che lo studio della struttura interna delle forme flesse dei lessemi
variabili.
Per render conto della struttura interna delle parole, sono state fatte ipotesi diverse,che possono essere ricondotte a
tre livelli di analisi: il modello a entità e disposizioni,il modello a entità e processi e il modello a parole e paradigmi
(che sarebbe meglio denominare a lessemi e paradigmi).

6.1 Morfemi, morfi e allomorfi


Per analizzare la struttura di una forma flessa , possiamo considerarla come una combinazione di elementi
distinti, ognuno con un proprio significato e un suono specifico . Questi elementi si chiamano morfemi. Ogni
forma flessa è composta da due morfemi principali, ciascuno con il proprio significante e significato, disposti in
sequenza.

Per individuare i morfemi in una lingua, confrontiamo diverse espressioni che condividono parti simili di suono. Se
troviamo che una stessa parte di suono corrisponde sempre allo stesso significato, allora possiamo identificare quel
segmento come un morfema.

Nell'ambito di un modello a entità e disposizioni , risulta utile sotto classificare i morfemi da diversi punti di vista.
Una prima distinzione è quella tra morfemi lessicali e grammaticali.
I morfemi lessicali sono quelli che portano il significato principale di una parola. Ad esempio, nella parola "gatt-
o", il morfema lessicale "gatt-" porta il significato principale di "gatto".
I morfemi grammaticali, invece, sono quelli che forniscono informazioni sulla grammatica della parola, come
genere, numero, tempo verbale, ecc. Ad esempio, nella parola "gatt-o", il morfema grammaticale "-o" indica che il
sostantivo è maschile singolare.

Una categoria intermedia tra morfemi lessicali e grammaticali è rappresentata dai morfemi derivazionali.
Vengono aggiunti a una radice per creare nuove parole attraverso il processo di derivazione. Questi
morfemi conferiscono nuovi significati o modificano il significato della radice di base.

Un'altra distinzione importante nel quadro di un modello a entità e disposizioni è quella tra morfemi liberi e
morfemi legati. I morfemi liberi sono quelli che possono costituire una parola da soli, e i morfemi legati
quelli che si presentano solo all'interno di parole polimorfemiche e non possono costituire una parola da
soli.
I morfemi lessicali legati sono anche detti radici, i morfemi grammaticali e derivazionali legati sono detti affissi.
In base alla posizione rispetto alla radice , sono detti prefissi gli affissi disposti prima della radice all'interno della
parola, e suffissi quelli disposti dopo.
I morfemi grammaticali legati suffissati sono detti anche desinenze .Possiamo dire che la parola italiana “cane” può
essere scomposta in una radice “can-” e una desinenza “-e” .Il modello è basato sull'idea che ogni singola parola sia
scomponibile in morfemi.
Si è proposto di chiamare morfo ogni elemento di significante segmentabile all'interno di una parola, e di riservare il
termine morfema solo per gli elementi di significato.

7. La realizzazione delle forme flesse


Quando si realizza una forma flessa, la prima cosa da considerare è se il lessema ha un paradigma con o senza
partizioni. Se il paradigma non ha partizioni, significa che ogni forma flessa corrisponde direttamente a un unico
morfema. In questo caso, basta selezionare il morfema appropriato per realizzare la forma flessa desiderata.

Se invece il paradigma presenta partizioni, significa che ci sono più opzioni per realizzare una specifica
forma flessa. In questo caso, è necessario selezionare un elemento, chiamato base, che rappresenta un lessema
in una delle sue forme flesse.

Dopo aver scelto la forma base per creare una determinata forma flessa, si può applicare un processo per
modificarla. In alcuni casi, la base può essere ridotta, ovvero alcune parti possono essere tolte. Tuttavia, è più
comune aggiungere materiale alla base, come prefissi o suffissi.

IL LESSICO
1. Cos'è il lessico
Possiamo definire il lessico come un insieme dei lessemi di una lingua. Molto spesso i termini lessico e
vocabolario sono usati come sinonimi per indicare sia l'insieme dei lessemi di una lingua .
Il lessico è formato dalle unità astratte,i lessemi,che il sistema linguistico mette a disposizione dei parlanti ,il
vocabolario è formato dalle unità ,i vocaboli,usate nel discorso.
Il vocabolario è dunque l'insieme dei vocaboli usati da un singolo parlante o da un gruppo di parlanti. Il
lessico è invece costituito dalla somma di questi insiemi,che formano la massa dei lessemi effettivamente
esistenti e attestati nei testi e nei discorsi realizzati in una lingua. Oltre ai vocaboli attestati il lessico include un
numero indefinito e indefinibile di lessemi inesistenti ma possibili,che non sono reperibili in nessun discorso scritto o
parlato ma sono producibili e comprensibili in base a regole della lingua. Il lessico è dunque un insieme aperto e
più ampio di qualunque vocabolario,sia perché include anche i lessemi potenziali,sia perché è un'entità sociale e
collettiva. Il lessico è inoltre più ampio di qualunque dizionario,intendendo con questo termine la
rappresentazione del lessico di una lingua,offerta sotto forma di volume che elenca i lessemi in ordine alfabetico. La
rappresentazione del lessico fornita da un dizionario è parziale,perché include solo lessemi attestati e perché anche
tra le unità attestate opera comunque una selezione.
Ciascuna unità lessicale registrata in un dizionario è chiamata lemma, e si chiama lemmario l'insieme dei
lemmi e lemmatizzazione l'operazione con cui si registra una parola come lemma. La lemmatizzazione
presuppone ricondurre le forme in cui le parole ricorrono nel discorso alla forma base che le identifica come
lessemi,cioè alla forma di citazione.
La lemmatizzazione è raramente un'operazione automatica,soprattutto per la presenza nel lessico di
numerosi omonimi,cioè lessemi che hanno la stessa forma ma diverso significato,come “PIANO “superficie
piana”, “PIANO “progetto”, “PIANO “pianoforte”.
Se l'identità è solo grafica,i lessemi sono detti omografi;se riguarda solo la pronuncia,sono detti omofoni. I lessemi
sia omografi che omofoni sono detti omonimi assoluti o perfetti.
Si chiama lessicografia la disciplina che ha per oggetto i principi e le tecniche per registrare e descrivere i
vocaboli di una lingua.
La lessicologia è invece il settore della linguistica che si occupa dello studio generale del lessico ,cioè della
forma,della storia,del significato o dell'uso dei lessemi che formano il sistema lessicale di una lingua. La lessicologia
si intreccia con altri settori della linguistica:con la morfologia per ciò che riguarda la struttura e la formazione dei
lessemi; con l'etimologia per ciò che riguarda la loro origine; con la sintassi per ciò che riguarda le regole di
occorrenza dei lessemi all'interno delle frasi;con la semantica per ciò che riguarda il loro significato e i rapporti
semantici che intercorrono tra di essi.

2. La formazione dei lessemi


Un aspetto importante del vocabolario di qualunque parlante è che esso non è statico,ma si arricchisce
continuamente di nuove entità. I parlanti di una lingua dispongono non solo di conoscenze statiche sui
lessemi della loro lingua,ma anche di meccanismi che permettono loro di produrre e comprendere lessemi
sempre nuovi. Sanno anche valutare quali lessemi sono possibili nella loro lingua e possano essere prodotti
all'occorrenza. Esempio, SFIDUCIOSO rappresenta un neologismo nell'italiano del 2004:come parlanti dell'italiano
sappiamo che significa “non fiducioso”. La competenza di un parlante comprende non solo la conoscenza di
lessemi esistenti,ma anche la capacità di formare e capire nuovi lessemi secondo certe regole.

2.1 Le regole di formazione dei lessemi


La capacità di produrre e comprendere nuovi lessemi è stata spiegata ipotizzando che i parlanti abbiano a
disposizione delle regole di formazione dei lessemi(RFL).
Per descrivere una RFL deve essere specificata la classe di lessemi cui la regola può applicarsi,il tipo di
operazione che si effettua applicando la regola e il tipo di lessemi cui la regola dà luogo.
La classe di lessemi cui una RFL si applica è detto dominio o base della regola. Una RFL non può applicarsi a
qualunque lessema.
Nuovi lessemi possono essere formati attraverso diversi tipi di operazioni.
In primo luogo si possono formare per composizione di due o più lessemi esistenti . Ad esempio,sono lessemi
composti dell'italiano caposquadra.
Si possono formare lessemi anche con il procedimento della composizione neoclassica: in questo caso vengono
uniti due o più elementi che hanno significati della stessa natura di quelli dei lessemi. Esempio,entità come
CARDIO- che ha un significato coincidente con quello del lessema CUORE, e possono entrare in composizione,ad
esempio,con elementi come -LOGIA,dando luogo a composti come CARDIOLOGIA,ma non possono essere usate
in costruzioni sintattiche . La composizione neoclassica è utilizzata soprattutto per la formazione di termini
tecnici di diverse scienze e discipline. Un po a metà strada tra i composti e i sintagmi si collocano i lessemi
polirematiche,cioè un'unità lessicale formata da più parole,che ha la struttura di un sintagma ma che ha un
significato complessivo peculiare o diverso da quello desumibile a partire dalle singole parole che la
compongono(esempio,sedia a rotelle che indica non una qualunque sedia dotata di rotelle,ma un tipo particolare di
poltroncina con ruote usata da disabili).
I lessemi possono formarsi anche per aggiunta di un affisso a un lessema già esistente : è detta derivazione,e i
tipi di derivazione più diffusi sono la suffissazione e la prefissazione. Sono esempi di lessemi italiani suffissati:
fior-aio, aut-ista; sono esempi di prefissati auto-gestione, co-pilota. Si possono avere anche nella formazione di
lessemi processi detti di raddoppiamento, nei quali un affisso è formato copiando in parte o in tutto i fonemi
della base.(è un processo fonologico)

2.2 Restrizioni sulle RFL


Le RFL sono soggette a delle restrizioni di due tipi: restrizioni di carattere generale e restrizioni che riguardano
specificamente una regola RFL.
Tra le condizioni di carattere generale particolarmente importante è il principio del blocco:questo rende conto
del fatto che un lessema viene formato se nella lingua in questione esiste già una parola con lo stesso
significato. Una condizione di carattere generale su cui si è molto discusso è l'ipotesi della base unica,secondo
la quale ogni RFL si applica a lessemi appartenenti a una sola parte del discorso. Il blocco e l'ipotesi della
base unica sono due condizioni ipotizzate come condizioni di validità generale.
Si hanno però anche restrizioni più specifiche,che vanno descritte separatamente. Le restrizioni sulle RFL
vengono di solito ricondotte ai diversi livelli di analisi linguistica:si possono individuare restrizioni
fonologiche,morfologiche,sintattiche e semantiche.
Esempio di restrizione fonologica: fiducioso sfiducioso Il prefisso s- si aggiunge normalmente ad aggettivi per
formare altri aggettivi di significato contrario. La causa dell'inesistenza di lessemi come “sutile” e “sonesto”è di
natura fonologica: il prefisso s- non si aggiunge a lessemi che iniziano in vocale.
Le restrizioni morfologiche riguardano le regole che governano quali affissi possono essere combinati con
determinati lessemi per formare nuove parole. I verbi derivati con il suffisso "-eggiare" (come "danneggiare") non
possono essere ulteriormente trasformati aggiungendo il suffisso "-zione" per formare nomi di azione come
"danneggi-azione".
La restrizione di carattere sintattico si riferisce al fatto che alcuni affissi hanno la capacità di essere applicati solo
a un particolare tipo di parole:ad esempio,il prefisso ri- si aggiunge solo a verbi. Spesso il dominio di una RFL è
specificato in modo da restringere il campo dei lessemi cui la regola si può applicare,selezionando solo lessemi
datati di certi tratti sintattici e semantici.

2.3 Produttività delle RFL


La produttività delle RFL indica quanto frequentemente i parlanti utilizzino una determinata regola per
creare nuove parole. Questa produttività può essere valutata sia qualitativamente che quantitativamente.
Dal punto di vista qualitativo una regola può essere produttiva o non esserlo,senza vie di mezzo . Da un punto
di vista quantitativo può avere maggiore o minore produttività. La produttività di una RFL non va confusa con la
numerosità dei lessemi formati con quella regola e la frequenza di occorrenza di quei lessemi.

3. Semantica lessicale:rapporti sintagmatici e rapporti associativi


La disciplina che si occupa del lessico dal punto di vista semantico è chiamata semantica lessicale e ha tra i
suoi obiettivi sia l'analisi semantica dei singoli lessemi,sia dei rapporti che intercorrono tra lessemi o
insiemi di lessemi.
Saussure individua due tipi di rapporti cui vanno soggette tutte le unità linguistiche ,i rapporti sintagmatici e i
rapporti associativi(o paradigmatici). I rapporti sintagmatici riguardano la successione lineare degli elementi
linguistici:quando si realizza un messaggio linguistico,ogni elemento del messaggio si colloca in una posizione che
ne esclude altri e acquisisce il suo valore in relazione agli elementi che lo precedono e lo seguono.
Ogni unità ha rapporti associativi con altre unità a essa collegabili tramite un'associazione mentale basata
su un legame morfologico o semantico.
I rapporti sintagmatici sono rapporti in praesentia cioè riguardano due o più elementi effettivamente
presenti in un atto linguistico concreto . I rapporti associativi sono in absentia cioè si manifestano nella
memoria e nella mente dei parlanti. Questo fa si che essi siano virtualmente illimitati per numero e per natura.

3.1 Rapporti semantici paradigmatici


I rapporti semantici paradigmatici comprendono tre grandi tipi di relazioni semantiche : relazioni di
sinonimia; relazioni di opposizione; relazioni gerarchiche. A queste si aggiungono le relazioni di meronimia.

3.1.1 La sinonimia
La sinonimia è la relazione che si instaura tra lessemi diversi ma che hanno lo stesso significato ,come
iniziare/cominciare. In termini di sostituibilità si definisce tra lessemi in un certo contesto:due parole sono sinonime
se hanno esattamente lo stesso senso,la sinonimia assoluta,cioè che i due lessemi sono sostituibili l'uno all'altro .
Nella maggior parte dei casi i lessemi in questione condividono il significato,ma differiscono nella connotazione cioè
nel valore affettivo e stilistico,come gatto/micio dove micio ha il valore affettivo.
3.1.2 Le relazioni di opposizione
Si ha una relazione di opposizione quando un lessema è opposto a quello di un altro. Adottiamo la tripartizione
di classifica zione dei vari tipi di opposizione: antonimi,complementari e inversi.
Sono antonimi due lessemi che dicono gli estremi di una scala che prevede anche gradi intermedi ,come
caldo/freddo.
Sono complementari due lessemi che sono uno la negazione dell'altro senza gradazioni ,come vivo/morto. I
lessemi complementari dividono un'area concettuale in due sfere che si escludono a vicenda ,tali che ciò che non
rientra nell'una rientra necessariamente nell'altra.
Un terzo tipo è l'inversione,si instaura tra lessemi che esprimono la stessa nozione da prospettive
opposte,come marito/moglie.
Sono frequenti nei rapporti di parentela.
Esistono anche opposizioni non binarie come i nomi delle stagioni e dei giorni della settimana. La relazione di senso
tra questi lessemi è chiamata incompatibilità.

3.1.3 La relazione gerarchica di iponimia/iperonimia


La relazione semantica gerarchica di iponimia /iperonimia si instaura tra un lessema di significato più
generale,detto iperonimo,e lessemi di significato più specifico,detti iponimi. Esempio animale è iperonimo di
gatto. Dal punto di vista semantico non è chiaro se si debba dire l'iperonimo include l'iponimo o viceversa,perché
per quanto riguarda l'estensione l'iperonimo è più inclusivo dell'iponimo,ma per quanto riguarda l'intensione è
l'iponimo a essere più inclusivo. L'iponimia è una relazione È -UN (un gatto è un animale). L'iponimia è uno dei più
importanti principi di organizzazione lessicale. L'ordinamento gerarchico è alla base delle tassonomie,cioè della
classificazioni di entità in tipi e sottotipi tra cui intercorre la relazione È-UN.

3.1.4 La relazione parte-tutto


La meronimia è la relazione che intercorre tra un lessema che denota una parte e un lessema che denota un
tutto corrispondente,come nella coppia dito/mano. È una relazione gerarchica che risponde alla relazione
PARTE-DI: un dito è parte di una mano. Vi sono forti analogie tra meronimia e iponimia e non sempre sono
distinguibili.
La differenze può essere descritta in base alla proprietà della transitività: l'iponimia è sempre transitiva,la meronimia
può non esserlo.

3.2 I campi lessicali

Parlando di semantica lessicale parliamo anche dei campo lessicali

3.2.1 Il concetto di campo lessicale


La teoria del campo lessicale si basa sull'idea che il significato di una parola non possa essere compreso
isolatamente, ma dipenda dalle relazioni che essa ha con altre parole all'interno del sistema linguistico.
Questo concetto, che trova le sue radici nelle idee di Ferdinand de Saussure, sostiene che il significato di una
parola sia determinato non solo dalle sue caratteristiche intrinseche, ma anche dalle relazioni associative
che essa intrattiene con altre parole all'interno dello stesso campo semantico.

Un campo lessicale è quindi un insieme di parole o lessemi che condividono un'area concettuale simile o
correlata.
Questi lessemi si delimitano reciprocamente nel significato e contribuiscono a definire e stabilire il significato di
ciascun termine all'interno del campo.
3.3 Rapporti lessicali sintagmatici
I rapporti lessicali sintagmatici includono tutte le relazioni di concatenazione lineare tra le parole all'interno
di una frase o di un testo. Questi rapporti sono fondamentali per comprendere come le parole si combinano
per formare unità linguistiche più grandi e complesse.

Tuttavia, è importante notare che la buona formazione sintattica non sempre coincide con la sensatezza
semantica. Questo significa che una frase può essere grammaticalmente corretta ma ancora non avere senso
dal punto di vista del significato.

I fenomeni di collocazione e selezione riguardano proprio le possibilità combinatorie delle parole dal punto
di vista semantico

3.3.1. Le collocazioni
Collocazione: Si riferisce alle combinazioni frequenti di parole che sono semanticamente connesse e
tendono a occorrere insieme con una certa frequenza. Ad esempio, le parole "caffè" e "zucchero" formano una
coppia collocativa comune in "caffè con lo zucchero".

3.3.2. Le restrizioni di selezione


Selezione: Indica le preferenze semantiche di alcune parole nel selezionare altre parole con cui possono
occorrere. Ad esempio, il verbo "mangiare" seleziona tipicamente un oggetto diretto che denota qualcosa di
commestibile, come in "mangiare una mela", ma non sarebbe grammaticalmente corretto dire "mangiare una casa".

LA SINTASSI
1. Introduzione
La sintassi, come livello della linguistica, si occupa della struttura delle frasi e dei loro costituenti all'interno di
una lingua. Questo livello riguarda la maniera in cui le parole si combinano tra loro per formare sequenze
grammaticali e significative.
I suoi obiettivi principali sono:
Accettabilità delle frasi: La sintassi si propone di comprendere quali frasi sono considerate grammaticalmente
corrette o scorrette all'interno di una lingua.
Produzione e comprensione di nuove frasi: La sintassi mira anche a spiegare come i parlanti possano creare e
comprendere frasi mai udite prima. Questo richiede di comprendere le regole e i meccanismi che guidano la
costruzione delle frasi, consentendo ai parlanti di esprimersi in modo creativo e di comprendere una vasta gamma di
espressioni linguistiche.
Comparazione tra lingue: Infine, la sintassi cerca di confrontare le strutture sintattiche tra lingue diverse. Questo
confronto aiuta a individuare le somiglianze e le differenze tra le regole grammaticali delle diverse lingue.

2. La parola
L'unità minima della sintassi è costituita dalla parola. È spesso definita come parola morfosintattica,per
distinguerla dalla parola fonologica.
La parola morfosintattica ha due importanti proprietà:
1.Stabilità interna: Questo concetto si riferisce al fatto che se una parola può essere scomposta in unità più
piccole, queste unità seguono un ordine fisso e costante. Ad esempio, nella parola "carro armato", "carro" è il
sostantivo e "armato" è l'aggettivo che lo accompagna. Questo ordine non può essere cambiato senza alterare il
significato della parola. Al contrario, all'interno di una frase sintattica come "la mia casa", l'ordine delle parole può
variare senza cambiarne il significato essenziale.

2.Non interrompibilità: Questo concetto si riferisce al fatto che all'interno di una parola non è possibile inserire
nuovi elementi e non è possibile fare una pausa tra i suoi componenti. Ad esempio, nella parola "casa", non
possiamo inserire altro materiale linguistico tra "cas" e "a", e non possiamo fare una pausa tra queste due parti
senza alterare il significato della parola.

3. La frase

3.1. Classificazione della frase


Un'altra importante unità della sintassi: la frase(detta anche proposizione).Una frase, o proposizione, è
un'unità sintattica composta da un insieme di elementi nominali organizzati attorno a un operatore chiamato
predicato. Questo predicato esprime ciò che viene detto riguardo agli elementi nominali della frase.
Le lingue offrono infinite possibilità di combinare le parole in sequenze grammaticalmente accettabili
all'interno di una frase. Tuttavia, non tutte le frasi sono uniche dal punto di vista della sintassi. Molte frasi
condividono proprietà grammaticali comuni.
Il primo passo della sintassi è quello di fornire una classificazione delle infinite frasi potenziali di una
lingua,riconducendole a un numero finito di classi. Se questa operazione non fosse possibile la lingua sarebbe
priva del livello che chiamiamo sintassi: ogni parlante potrebbe raggruppare le parole senza alcun vincolo allo
stesso modo qualsiasi sequenza.

3.1.1 Frase principale,dipendente e coordinata


Le frasi possono essere classificate in diverse categorie in base alla loro struttura e alla loro relazione sintattica con
altre frasi.
Frase principale: Sara ha comprato una nuova bicicletta.
Frase subordinata: perché la sua vecchia bicicletta era rotta.

In questa frase, "Sara ha comprato una nuova bicicletta" è la frase principale, mentre "perché la sua vecchia
bicicletta era rotta" è la frase subordinata. La frase subordinata dipende dalla frase principale per ottenere senso:
senza la frase principale, la frase subordinata risulterebbe incompleta o poco chiara.
La frase principale è autonoma e può esistere indipendentemente dalla frase subordinata.
La frase subordinata espande o fornisce ulteriori informazioni sulla frase principale. Viene introdotta da una
congiunzione subordinante come "che", "quando", "perché", ecc.

Abbiamo quindi la frase coordinata,è collegata ad altre frasi autonomamente, piuttosto che dipendere da esse per
il senso. Le frasi coordinate sono generalmente introdotte da congiunzioni coordinate come "e", "ma", "oppure".
Esistono dei casi nei quali la frase principale non è sintatticamente indipendente,perchè le sue subordinate
costituiscono degli argomenti,cioè elementi indispensabili, e per questo sono dette frasi argomentali.
Si tratta delle subordinate che la grammatica tradizionale classica chiama completive e che possono essere
suddivise in soggettive,oggettive o oblique a seconda della funzione di soggetto,complemento oggetto o
complemento indiretto che esse svolgono rispetto al predicato della principale.

3.1.2. Frasi verbali e frasi nominali


Ci sono due tipi di frase indipendente: la frase verbale e la frase nominale. Nelle frasi verbali il predicato è
costituito da un verbo coniugato in un modo finito. Ciò non avviene nelle frasi nominali. In italiano la frase
nominale ha un uso piuttosto circoscritto: in altre lingue può avere un uso più esteso.
3.1.3 Polarità della frase
Con polarità della frase si intende il suo essere positiva o negativa.

3.1.4. Modalità della frase


Si possono distinguere almeno tre diverse modalità della frase: dichiarativa,interrogativa e imperativa. In ogni
lingua ci sono mezzi che consentono di passare dall'uno agli altri tipi di modalità.
Quante alle interrogative è bene fare una distinzione tra quelle che vengono dette interrogative totali e le
interrogative parziali. La struttura delle prime presuppone una risposta che può essere ridotta a un “si” o un “no”.
Nelle interrogative parziali è invece uno dei costituenti della corrispondente frase dichiarativa a essere sostituito con
un'espressione interrogativa collocata in apertura di frase.

3.1.5. Diatesi della frase


È possibile avanzare un'ulteriore distinzione sulla base della diatesi della frase. Abbiamo citato la diatesi come
categoria grammaticale del verbo. Cosi,ad esempio, in italiano distinguiamo nel paradigma verbale le forme attive
da quelle passive. Sulla base delle forme verbali sono facilmente distinguibili le frasi attive da quelle passive. Altre
lingue distinguono in parte del sistema dei verbi tre diverse diatesi: oltre all'attivo e passivo anche quello medio.

3.1.6 La frase non marcata


Ulteriori classificazioni possono essere avanzate prendendo in esame l'ordine degli elementi nella frase. Lo stesso
contenuto di una frase potrebbe essere usato come base per costruire strutture frasali diverse,ad esempio
dipendenti,negative,interrogative ecc. per ogni classificazione è possibile individuare un tipo non marcato:se si
sommano tra loro le diverse opzioni non marcate si ottiene un tipo di frase.

3.2 La struttura argomentale della frase


Le frasi non marcate sono solo un sottoinsieme dei tipi di frase realizzabili,ma restano le più importanti da
analizzare. Le frasi non marcate sono riconducibili a un numero piccolo di strutture fondamentali,identificate sulla
base dei seguenti elementi: il predicato(costituito dal verbo) e gli argomenti(elementi che se soppressi renderebbero
la frase agrammaticale e inaccettabili).
Gli argomenti sono costituiti almeno da un nome accompagnato da altre parole come articoli,aggettivi ecc.
Il predicato è presente in tutte le frasi; per il resto si possono fare le seguenti distinzioni:
1. frasi prive di argomento,dette non argomentali;
2. frasi che presentano un solo argomento, dette monoargomentali;
3. frasi con due argomenti,dette biargomentali;
4. frasi con tre argomenti,dette triargomentali.
Il test per distinguere questi tipi è basato sull'impossibilità di sopprimere un argomento conservando al tempo stesso
la grammaticalità della frase. Gli argomenti sono classificati ricorrendo a tre nozioni fondamentali: il
soggetto,l'oggetto e l'oggetto indiretto.

3.2.1. Le relazioni grammaticali: soggetto,oggetto diretto e oggetto indiretto


Le relazioni grammaticali di soggetto,oggetto diretto e oggetto indiretto sono funzioni dei costituenti sintattici nucleari
(cioè degli argomenti del nucleo della frase). Queste funzioni si manifestano attraverso alcune proprietà:
a) Proprietà morfologiche. Nelle lingue che segnalano con appositi morfi i valori della categoria del
caso,soggetto,oggetto e oggetti indiretto possono ricevere casi diversi.
b) Proprietà sintattiche. Possono riguardare sia l'ordine dei costituenti della struttura della frase,sia i collegamenti
tra i vari costituenti.
c) Proprietà semantiche. Possono essere di due tipi. Un primo tipo,indipendente rispetto al contenuto della frase,è
costituito dalle caratteristiche inerenti al sintagma nominale che rappresenta un argomento. Un secondo tipo è
costituito dal ruolo che un argomento svolge nell'evento descritto dalla frase:si tratta di proprietà già individuate e
operate nelle definizioni della grammatica tradizionale,secondo la quale “il soggetto è colui che compie l'azione”.
d) Proprietà pragmatico-informative. Le frasi possono essere analizzate anche in base alla struttura
dell'informazione che portano,distinguendo un tema(ciò di cui la frase parla) da un rema(ciò che si dice del tema).
Le differenze tra i quattro tipi di frase non marcata:

3.2.2 Strutture non argomentali


Esempi di frasi senza argomenti si hanno in italiano soprattutto con i verbi “meteorologici”,cioè quelli che significano
fenomeni atmosferici. Nessuno degli elementi che affianca il predicato è necessario perché la frase sia
grammaticale.

3.2.3. Strutture monoargomentali


Le strutture in cui il predicato è affiancato da un solo argomento sono normalmente intransitive,cioè dotate di un
verbo che non si costruisce con un complemento oggetto. Il predicato è accompagnato esclusivamente dal
soggetto,unico argomento della frase,che risulta sempre grammaticalmente completa.

3.2.4. Strutture biargomentali


Nelle strutture biargomentali il predicato è accompagnato da un soggetto e da un altro argomento. Queste
costruzioni possono essere sia transitive sia intransitive. In italiano la struttura dei due argomenti delle costruzioni
transitive,soggetto e oggetto,è perfettamente analoga: l'unica caratteristica che li distingue è la posizione rispetto al
verbo.

3.2.5 Strutture triargomentali


Tre argomenti sono rappresentati dal soggetto,dall'oggetto e da un argomento che può ricoprire il ruolo tematico di
oggetto indiretto. Queste strutture presentano generalmente come predicato uno dei verbi comunemente detti “del
dire e del fare”,oppure un verbo come “mettere” o “mandare”. In italiano standard l'oggetto non è introdotto da
nessuna proposizione,mentre i l terzo argomento presenta una proposizione.

3.3. Nucleo e aggiunti


La frase non marcata può prevedere altri elementi oltre al predicato e agli argomenti. Chiamiamo nucleo della frase
l'insieme del predicato e degli argomenti. Tutti gli altri argomenti presenti nella frase non marcata sono detti
aggiunti. Gli argomenti aggiunti possono essere omessi senza compromettere la grammaticalità della frase.

3.4. Ruoli tematici


Per catalogare gli argomenti e gli aggiunti si può usare una griglia in cui ogni elemento nominale riceve una
denominazione che rende esplicita la relazione con il predicato. Queste denominazioni sono dette ruoli tematici. Il
concetto di ruolo tematico deriva da quello di caso profondo,elaborato da Charles Fillmore nell'ambito della sua
grammatica del caso. In quella teoria,il predicato di una frase proietta una cornice casuale,stabilendo quali casi
profondi debbano presentare i sintagmi nominali che costituiscono gli argomenti del predicato. Precedendo su quella
via si è giunti a elaborare una lista di casi profondi in grado di dar conto in maniera elegante ed economica di molte
regolarità all'interno della sintassi dell'inglese,distinguendo frasi la cui struttura sintattica risulterebbe identica
secondo un'analisi tradizionale. Le principali teorie sintattiche contemporanee hanno rielaborato quelle intuizioni per
trattare i rapporti tra predicato e argomento. Quella dei ruoli tematici è un lista aperta,dal momento che solo i ruoli
affidati agli argomenti sono necessari nella frase. Un elenco dei ruoli maggiormente usati nelle descrizioni
sintattiche:
- agente/attore:colui che intenzionalmente da inizio a un azione.
-paziente:la persona o cosa che subisce un mutamento per effetto di un'azione non causata da esso.
-tema:la persona o cosa che si trova in un certo stato di cose,la cui posizione è modificata dall'azione espressa dal
predicato
-esperiente:l'entità senziente che sperimenta uno stato psicologico come conoscere,percepire un'emozione.
-beneficiario:l'entità che trae beneficio da un evento.
-strumento:entità manipolata da un agente nel compiere un'azione.
-fine/meta:qualcuno o qualcosa a cui o verso cui si manda qualcos'altro.
-provenienza:il punto di origine di un processo.
-locativo:il luogo in cui sono situati un'azione o uno stato di cose.

3.5. L'ipotesi inaccusativa


La classificazione sulla struttura argomentale lascia irrisolti dei problemi che riguardano fenomeno molto diffusi in
varie lingue del mondo,compreso l'italiano. Esempio abbiamo definito il verbo intransitivo come quello che “non si
costruisce con il complemento oggetto”. Ma questa definizione è insufficiente dal punto di vista classificatorio. Il
comportamento degli ausiliari con i verbi intransitivi è stato sempre un fenomeno recalcitante agli incasellamenti e
alle classificazioni. Per risolvere queste incongruenze si è cercato di raffinare la nozione di intransitivo,tramite
l'articolazione degli intransitivi in una classe di verbi inaccusativi e una classe di verbi inergativi. I primi
comprendono quei verbi il cui soggetto condivide alcune proprietà tipiche degli oggetti indiretti. In italiano ad
esempio “affondare”,”ingrassare”. Gli inergativi sono quei verbi intransitivi che in Italia non prendono l'ausiliare
“avere”:lottare,mentire,pranzare ecc.

4. L'analisi della frase in costituenti immediati


Parole e frasi non sono le uniche unità con cui opera la sintassi:è possibile individuare numerosi costituenti
intermedi tra l'unità massima e l'unità minima. La frase non è composta da una serie di parole mescolate tra loro
casualmente:queste si raggruppano in unità progressivamente più complesse fino a giungere all'unità massima.
- Lo zio preparò un torta molto buona per il compleanno di Maria.
L'ordine con cui sono allineati i diversi elementi ammette una certa libertà. Nella frase le parole sono raggruppate in
unità di ordine superiore. Tali unità vengono dette costituenti. Per individuare questi ultimi si usa una procedura
detta analisi in costituenti.
Secondo questa analisi ogni unità viene analizzata nelle unità di rango immediatamente inferiore,fino a giungere ai
costituenti sintattici ultimi,le parole. Ci serviremo dei soli rapporti sintagmatici e paradigmatici e della prova di
commutazione.

4.1. I costituenti come unità sintagmatiche e paradigmatiche


Innanzitutto i costituenti sono unità sintagmatiche:sono cioè formati da una sequenza di parole regolata nel suo
ordine interno da alcuni parametri. Inoltre i costituenti sono unità paradigmatiche. Ogni costituente può essere
commutato con altri costituenti che condividono con esso una proprietà fondamentale:quella di far riferimento alla
stessa categoria lessicale,sono sempre noni,sempre verbi,sempre aggettivi. Tale categoria è rappresentata nel
costituente da una parola che svolge un ruolo centrale, la testa. Caratteristica dell'intero costituente sarà dunque la
categoria lessicale della testa. Se un costituente ha per testa un nome è detto sintagma nominale;se ha per testa un
verbo è detto sintagma verbale; se ha per testa un aggettivo è detto sintagma aggettivale; se ha per testa una
preposizione è detto sintagma preposizionale.

4.2. I test di costituenza


Per rendere esplicito il raggruppamento delle parole si possono usate i test di costituenza. Si tratta di operazioni che
portano alla superficie e rendono esplicite le intuizioni che ciascun parlante sperimenta nella propria attività
linguistica quotidiana. Uno dei test di costituenza è il test di movimento: in molte lingue,l'ordine delle parole non è
totalmente rigido,ma ammette un certo grado di libertà. È quindi possibile spostare gli elementi principali all'interno
della frase:le sequenze spostabili sono in genere costituenti sintattici e non singole parole.
Il test dell'isolabilità prevede che un costituente possa essere usato in isolamento,per esempio come risposta a
un'interrogativa parziale.
Il test della scissione si applica trasformando una frase semplice in una frase scissa.
Il test della coordinazione si basa su due osservazioni. Innanzitutto,le congiunzioni “e” od “o” non possono unire
qualsiasi parola o gruppi di parole,ma solo parole o gruppi di parole che sono anche dei costituenti. Se invece dei
costituenti si collegassero con le congiunzioni delle sequenze diverse,il risultato sarebbe inaccettabile.
Il test dell'ellissi riguarda la possibilità di essere omessi all'interno di un enunciato,qualora il loro contenuto sia
recuperabile.
Il test della sostituibilità identifica i costituenti grazie alla loro proprietà specifica di essere sostituibili da parte di altri
elementi,tipicamente dei pronomi.

4.3. Il sintagma nominale


Il sintagma nominale è un gruppo di parole organizzato attorno a un nome,che ne costituisce la testa. Il sintagma
nominale italiano è per lo più preceduto da un determinante. Quando il sintagma nominale italiano contiene un
sintagma preposizionale,questo deve obbligatoriamente collocarsi a destra della testa,cioè del nome. Le uniche
accezioni sono rappresentate da sintagmi preposizionali che contengono un pronome,che possono essere posti
prima della testa. Nel sintagma nominale italiano l'aggettivo è di norma collocato dopo la testa nominale; alcuni
aggettivi sono più frequentemente collocati prima del nome. Se l'aggettivo è preceduto da un avverbio la
collocazione a destra della testa è preferibile. Se il sintagma aggettivale contiene un sintagma preposizionale la
collocazione a destra è obbligatoria.

4.3.1. Il pronome
Un sintagma nominale può essere realizzato da un pronome. La classe dei pronomi è più ristretta rispetto a quanto
previsto nella grammatica tradizionale:essa comprende solo quelle espressioni che si possono commutare con un
intero sintagma nominale. In italiano,l'espressione del pronome nelle frasi non marcate non è obbligatoria,mentre
molte lingue non hanno questa possibilità.
Sulla base di questa differenza si è identificato un parametro sintattico detto paramentro del soggetto nullo,sulla
base del quale è possibile assegnare ogni lingua a una o all'altra di due classi.
a) le lingue a soggetto nullo come l'italiano,nelle quali l'espressione del soggetto pronominale è facoltativa,e per
converso è agrammaticale l'espressione di un soggetto pronominale non argomentale.
b) le lingue a soggetto obbligatorio come ad esempio inglese e francese, che non possono omettere il pronome
soggetto in nessun caso. In questo caso,le lingua a soggetto obbligatorie prevedono la presenza di un pronome
espletivo(riempitivo).

4.4. Il sintagma verbale


È un complesso di parole che ha come testa una forma verbale. Se la struttura della frase è biargomentale o
triargomentale,il sintagma verbale conterrà rispettivamente un sintagma nominale(l'oggetto),oppure un sintagma
verbale e un sintagma preposizionale(l'oggetto e l'oggetto indiretto). In italiano il verbo tenda a precedere gli
argomenti. Gli aggiunti hanno una maggiore libertà di posizione.

4.5. Il sintagma aggettivale


Si intende il gruppo che ha come testa un aggettivo. Questo può essere preceduto da un avverbio. Il sintagma
aggettivale italiano può contenere un sintagma preposizionale,che è collocato di norma dopo la testa aggettivale.

4.6. Il sintagma preposizionale


Molto a lungo è stato considerato un costituente privo di testa. Progressivamente si è fatta strada l'idea che quando
un sintagma è introdotto da una preposizione questa deve essere considerata come la testa dell'intero gruppo.
L'argome nto più forte in questo senso è fornito dal fatto che alcune parole possono essere usate sia come
preposizione sia in usi tradizionalmente definiti avverbiali. Si pensi all'italiano dopo. Parole come “dopo”,queste
possono essere usate in modo assoluto o reggere un sintagma nominale. La preposizione ne sarebbe la testa e
l'intero gruppo sarebbe definibile come sintagma preposizionale. In quello italiano la testa può essere preceduta da
un avverbio ed essere seguita un nome o un sintagma nominale.

4.7. Relazioni strutturali nell'albero sintattico


Forniamo i nomi e le definizioni per le principali relazioni strutturali individuabili bell'albero sintattico:
a)dominanza:un nodo domina un altro nodo se è possibile procedere dall'uno all'altro verticalmente dall'alto verso il
basso. Si dice che un nodo domina immediatamente un altro nodo se,oltre a dominarlo,non ci sono nodi intermedi
tra i due.
b)ramificazione: un nodo è detto ramificante se domina immediatamente almeno due nodi.
c)fratellanza: due nodi A e B sono detti fratelli se sono dominati immediatamente da un medesimo nodo ramificante
C. quest'ultimo è detto anche loro padre.
d)precedenza: un nodo precede tutti i nodi da cui non è dominato,che non domina e che si trovano alla sua destra
nell'albero sintattico.
e)comando: un nodo A C-comanda un nodo B se A non domina B,B non domina A,la prima proiezione che domina
A domina anche B.

4.8. Casi di ambiguità strutturale


L'analisi in costituenti consente di dar conto delle differenze presenti in frasi che,malgrado la loro somiglianza
superficiale,presentano strutture diverse. Alcune frasi possono essere strutturalmente ambigue perfino nel caso di
prefetta equivalenza delle forme superficiali. Le frasi con ambiguità strutturale potrebbero essere considerate come
il corrispettivo sintattico dei lessemi sinonimici; una stessa sequenza di parole rimanda a due o più strutture
diverse,e quindi in definitiva a due o più frasi distinte.

5. L'ordine dei costituenti


L'esame della struttura in costituenti ha evidenziato il ruolo svolto dall'ordine lineare degli elementi. Esistono lingue
nella quale la struttura dei sintagmi e della frase sembrano rispondere a processi legati più alla semantica dei
predicati che alla loro sintassi,cosi che la loro configurazione risulta molto meno rigida di quella nota per altre lingue
europee. Tra le caratteristiche che identificano questo tipo di lingue si trova appunto la libertà nell'ordine dei
costituenti della frase e dei sintagmi. L'ordine dei costituenti e quello delle parole al loro interno,sono universali. Se
si esamina una lingua come il turco,l'ordine degli elementi ha ugualmente,come in italiano,delle regole,ma queste
sono diverse da quelle della nostra lingua.

5.1. Parametri d'ordine dei costituenti


Due ordini basici dei costituenti nella frase,generalmente indicati come Soggetto-Verbo-Oggetto(SVO,come in
italiano inglese e francese) o Soggetto-Oggetto-Verbo(SOV come in turco). Ma non sono gli unici,ad esempio in
gallese è VSO. Greenberg mise in relazione l'ordine basico dei costituenti con altre caratteristiche dell'ordine lineare
delle parole presenti in una lingua: ad esempio notò come nelle lingue SVO l'aggettivo tenda a seguire il nome in
SN,le teste in SP siano costituite da preposizioni,i SP seguono normalmente la testa sia in SN sia in SA. Nel
contesto dell'analisi in costituenti immediati,tutte queste proprietà sono generalizzabili dicendo che ogni costituente
cresce sintatticamente a destra della testa(ricorsive a destra),nelle lingue SOV a sinistra(ricorsive a sinistra).

6.L'accordo
L'accordo è un fenomeno con vaste implicazioni che coinvolgono anche la morfologia,la semantica e il lessico. Esso
ha molta rilevanza anche per il funzionamento della sintassi.
a)La febbre è scesa rapidamente
Nella frase l'articolo “la” e il participio “scesa” sono al femminile singolare perché si accordano con la “febbre”.
Per effetto dell'accordo i valori di alcune categorie grammaticali sono espressi più volte in una stessa frase. Con
controllore si intende l'elemento che determina l'accordo, con target la parola che assume una determinata forma
per effetto dell'accordo; il dominio è il contesto sintattico in cui si manifesta il fenomeno. Il controllore può esprimere
i suoi significati grammaticali in modo manifesto o latente.

6.1. Accordo nel sintagma nominale


Nel sintagma nominale il nome svolge il ruolo di controllore dell'accordo in molte lingue,ma non tutte le lingue
prevedono lo prevedono.

6.2. Accordo del predicato


In molte lingue è presente un accordo che ha come dominio la frase e come target il predicato. In italiano ad
esempio un verbo si accorda con il soggetto nelle categorie della persona e del numero;se la forma verbale è
rappresentata da un ausiliare seguito da un participio passato,la situazione è più complessa:persona è numero sono
manifestate dall'ausiliare;il participio è per lo più invariabile se l'ausiliare è “avere”,mentre si accorda con il soggetto
in genere e numero se l'ausiliare è “essere”. Quando il predicato è costituito da un sintagma nominale o
aggettivale,anche questo si accorda per lo più con il soggetto in italiano. Il soggetto non è l'unico controllore
possibile dell'accordo del predicato. Esistono lingue in cui il verbo si accorda con l'oggetto indiretto.

6.3. Accordo anaforico


Un terzo dominio dell'accordo è costituito dal contesto interfrasale. Si manifesta ad esempio in un pronome quando
questo è u sato come anafora,cioè quando richiama un sintagma nominale presente in una frase precedente,definito
antecedente dell'anafora.
L'accordo è controllato dall'antecedente e ha come target il pronome anaforico.

7. La sintassi dell'enunciato
È necessario introdurre la distinzione tra la “frase” definita come sequenza accettabile e completa dal punto di vista
grammaticale, e “enunciato” definito come sequenza verbale prodotta oralmente o per iscritto in una situazione
comunicativa concreta. Il richiamo alla concretezza comunicativa è il criterio fondamentale di distinzione tra la
frase,che appartiene al sistema linguistico,e l'enunciato,che appartiene alla parole e si può considerare come l'unità
minima del testo. Gli enunciati sono forniti di senso,mentre le frasi sono fornite di significato. L'adeguatezza di un
enunciato si misura solo in base la contesto nel quale esso viene prodotto.
Le dimensioni e gli ingredienti di un enunciato possono essere i più variabili: esso più essere costituito di più frasi
oppur e di una singola parola. I movimenti di costituenti più frequenti sono le “topicalizzazioni”,le “dislocazioni” e le
“scissioni”. Le differenze derivano da:
a)dal tipo di informazione che viene messa in risalto.
b) dalla presenza o assenza di elementi testuali che riprendano il costituente spostato.
c) dall'uso di mezzi diversi e complementari rispetto allo spostamento.
Lo spostamento di costituente non è un fenomeno universale,anzi ciascun tipo può essere più o meno presente in
una lingua.

7.1. Frasi topicalizzate


La topicalizzazione consiste nella messa in rilievo di costituente grazie allo spostamento all'inizio della frase e
all'assegnazione di un accento contrastivo alla parte essenziale del sintagma topicalizzato. Esso assume la funzione
di rema dell'enunciato.
7.2 Frasi scisse
Nella frase scissa la messa in rilievo di un costituente avviene attraverso la scissione di una frase semplice in due
frasi: una frase principale,avente per predicato una forma del verbo “essere”,che di solito viene messa in rilievo
spostandola a sinistra,e una seconda frase,che mantiene il proprio verbo ed è introdotta da un complemento
relativo.

7.3. Dislocazioni
La dislocazione a sinistra è il procedimento che sposta nella prima posizione della frase il costituente su cui si vuole
portare l'attenzione dell'interlocutore,trasformandolo in tema,e riprendendolo dopo con un altro elemento nella
seconda parte della frase. Nella dislocazione a destra è un elemento che lo anticipa,mentre il costituente stesso è
posto alla fine,in una posizione che può anche corrispondere a quella che avrebbe avuto nella struttura della frase
“normale”.

7.4. Temi sospesi e temi liberi


Gli enunciati a tema sospeso sono simili per struttura e funzione alle dislocazioni a sinistra,dalle quali si
differenziano perché l'elemento spostato,corrisponde al tema,è dotato di ripresa pronominale ma resta privo di
indicazioni che ne specificano il ruolo sintattico. Nella costruzione a tema libero lo spostamento del costituente
enfatizzato non è segnalato da nessun elemento di ripresa all'interno della frase.

LA SEMANTICA
1. Approcci alla semantica
La semantica è il settore della linguistica che studia il significato. Ma cos'è il significato? Non esiste una risposta
condivisa da tutti gli studiosi. Nel caso della semantica la prima difficoltà in cui ci si imbatte è capire quale sia
l'oggetto stesso della disciplina. Questa difficoltà dipende dal fatto che la nozione di significato si trova
all'incrocio della relazione tra linguaggio,pensiero e realtà:chiedersi cosa sia il significato vuol dire
chiedersi come possiamo usare il linguaggio per parlare del mondo extralinguistico e per esprimere i nostri
pensieri. Le diverse concezioni della semantica,nascono proprio dalle diverse possibili concezioni della
relazione tra parole,pensieri e cose. Illustriamo questo punto con lo schema proposto da Ogden,Richard. Si tratta
di un triangolo che mette in relazione i tre elementi coinvolti nel processo di significazione,che i due studiosi
chiamano simbolo(A),pensier o(B) e referente(C);una prima lettura potrebbe essere: un'espressione
linguistica(simbolo A) si riferisce a un'entità extralinguistica(il referente C) tramite la mediazione di un concetto (B).
questa lettura assegna un ruolo essenziale al pensiero come intermediario tra linguaggio e realtà. Tuttavia secondo
un'altra interpretazione c'è una relazione diretta tra A e C. In queste posizioni si possono scorgere gli assunti dei tre
principali approcci contemporanei alla semantica: l'approccio cognitivo,secondo cui il significato è il concetto al
quale un'espressione linguistica è legata nella nostra mente; l'approccio referenzialista,secondo cui il significato
scaturisce dalla relazione tra le espressioni linguistiche e la realtà extralinguistica cui si riferiscono; l'approccio
strutturalista,secondo cui il significato è un'entità linguistica che si crea nel momento in cui la lingua dà forma a un
pensiero di per se amorfo.

1.1 La semantica referenziale


Nell'ambito degli studiosi logici nasce la filosofia analitica del linguaggio e con essa l'approccio referenziale alla
semantica. La filosofia analitica è caratterizzata dal concepire la filosofia come indagine minuziosa e oggettiva dei
problemi filosofici. Rientra in questo programma un interesse per il linguaggio. L'elemento che caratterizza le teorie
semantiche analitiche è il loro referenzialismo:al centro dell'interesse della semantica filosofica c'è la relazione tra il
linguaggio e il mondo extralinguistico al quale esso si riferisce. Il significato è inteso come qualcosa di oggettivo che
nasce dalla relazione tra il linguaggio e la realtà.
Consiste nella capacità del linguaggio di riferirsi a entità esterne. La nozione di riferimento resta prioritaria per la
semantica referenziale,perché da essa dipende la possibilità di interrogarsi sulla verità del linguaggio. Non è
rilevante che la
rappresentazione sia effettivamente vera. Infatti capiamo il significato anche di frasi sulla cui verità non siamo in
grado di pronunciarci. Ciò che conta è che siamo in grado di stabilire in linea di principio quali condizioni rendono
una frase vera o falsa.
Conta,cioè sapere quali condizioni dovrebbero verificarsi per poter dire che una frase è vera,e proprio in questo
risiede la conoscenza del significato:conoscere il significato di una frase significa sapere quali condiziona la rendono
vera o falsa e in questo senso possiamo dire che il significato di una frase è il suo valore di verità. Il concetto di
verità e di valore di verità è cruciale nella semantica referenziale che perciò è detta anche semantica vero-
condizionale. In base al principio di composizionalità il valore di verità di un'espressione complessa si ottiene
componendo i significati delle espressioni semplici che la costituiscono. Un secondo compito sarà descrivere le
regole che assegnano un valore di verità a connessioni di frasi: ad esempio la congiunzione di due frasi è vera se
sono vere entrambe,mentre la loro disgiunzione è vera purché sia vera una delle due.

1.2. La semantica strutturale


Il termine semantica entra nella linguistica moderna nel 1883 grazie a Bréal e significa “indicare,significare” per
indicare la scienza dei significati. La semantica ottocentesca ha come obietivo principale lo studio diacronico del
significato,cioè l'analisi dei mutamenti semantici che le parole subiscono. L'analisi del mutamento semantica ha
monopolizzato gli studi di semantica fino agli inizi del Novecento. Con Saussure la semantica trova una dimensione
sincronica e una salda base teorica che ne condizioneranno tutta l'evoluzione. L'assunto centrale della concezione
saussuriana e delle teorie semantiche strutturaliste che a essa si ispireranno è che il significato sia un'entità
puramente linguistica. L'errore più grave che si possa compiere riguardo alla natura del segno linguistico
consiste,secondo Saussure, nel partire dagli oggetti,cioè nel porre una corrispondenza tra nomi e cose,come
quando diciamo che la parola albero sta per l'oggetto albero. Infatti un segno linguistico unisce un significato e un
significante. E poiché il legame tra significato e significante è arbitrario,il risultato della loro unione(il segno
linguistico) è anch'esso arbitrario. Per Saussure il pensiero non è strutturato al di fuori della lingua. Prima
dell'intervento della lingua,pensiero e suono sono due masse amorfe:è la lingua che dà forma a queste
masse,creando in esse quelle unità fonico-concettuali che sono i segni linguistici.
L'operazione con cui la lingua articola queste masse amorfe è arbitraria. Ciascuna lingua crea il proprio repertorio di
signi ficati articolando arbitrariamente la massa amorfa del pensiero. In questo senso il significato è un'entità
puramente linguistica:non esistono significati prima della lingua . Su questa nozione di valore Saussure fonda la sua
concezione differenziale e relazionale del significato.

1.3. La semantica cognitiva


La semantica cognitiva è un approccio sviluppato nell'ambito della corrente chiamata linguistica cognitiva. La
linguistica cognitiva deve il nome all'assunto che la caratterizza,cioè l'idea che vi sia una relazione imprescindibile
tra il linguaggio e atri aspetti della cognizione umana. In questo approccio il linguaggio è visto come una facoltà
mentale le cui caratteristiche dipendono dal complessivo funzionamento della mente umana. Le caratteristiche delle
lingue e la capacità umana di usare il linguaggio possono essere descritte solo in relazione alle altre capacità
cognitive . Questa ipotesi di non-autonomia del linguaggio vale tanto più per la semantica. La semantica cognitiva
intende il significato come il risultato di un processo cognitivo:il significato ha una struttura concettuale. Questo
approccio mentalista distingue la semantica cognitiva dalla semantica referenziale e strutturalista. La semantica
strutturale ritiene che il piano linguistico siano autonomo da quello concettuale. La semantica cognitiva ritiene che i
significati linguistici siano una delle forme in cui si manifesta un pensiero che esiste ed è strutturato già prima della
sua espressione linguistica. La semantica referenziale ritiene il significato un'entità oggettiva. Il richiama alla
percezione c porta a un secondo assunto della semantica cognitiva: l'ipotesi secondo cui le strutture cognitive
traggono fondamento dal complesso dell'esperienza umana e in particolare dall'esperienza fisico-percettiva. La
linguistica cognitiva assume che non vi sia separazione tra mente e corpo e che la dimensione mentale sia radicata
in quella fisica. Il fatto stesso di avere un corpo,di poterci muove con l'ambiente dà luogo a una serie di “schemi
preconcettuali” che a loro volta sono la base del sistema concettuale. L'ipotesi della semantica cognitiva è che i
concetti astratti sono comunque legati all'esperienza corporea grazie a processi metaforici.

2. Concetti e distinzioni fondamentali

2.1. Significato e senso


Di solito per riferirsi al contenuto di un'espressione si usa il termine significato,ma linguisti e filosofi del linguaggio
usano anche un altro termine, senso. Nell'uso tecnico indicano entità diverse. La moderna distinzione tra senso e
significato risale a Frige. Il punto di partenza dell'analisi di Frige è risolvere un apparente paradosso relativo alle
affermazioni di identità: A=A e A=B è evidente che sono affermazioni diverse,ma in cosa sono diverse? Dante è
Dante e Dante è l'autore della Divina Commedia anche queste dicono cose diverse: la prima esprime l'identità di
qualcosa con se stesso,la seconda ha un contenuto informativo. Per rendere conto di questa differenza Frege
introduce la distinzione tra il senso e il significato di un'espressione: il diverso valore informativo e conoscitivo delle
due frasi dipende dal fatto che le espressioni sì hanno lo stesso significato,ma hanno un senso diverso perché ci
presentano quell'entità in modo diverso. Il senso per come lo intende Frege è qualcosa di oggettivo che non va
confuso con la concezione che ciascuno di noi può avere di una certa entità. La distinzione di Frege è analoga a
quella introdotta da Leibniz tra l'intensione e l'estensione dei concetti. Nella tradizione filosofica questi termini
indicano rispettivamente l'insieme delle entità cui è applicabile un'espressione e l'insieme delle proprietà che
individuano quella entità. Spesso senso/significato e estensione/intensione sono associate alla distinzione introdotta
da Mill tra connotazione e denotazione delle espressioni linguistiche. La denotazione di un termine corrisponde
all'insieme degli oggetti che esso identifica,la connotazione è l'informazione concettuale che esso esprime. Tuttavia
non coincide esattamente con quella di Frege. Una stessa frase con lo stesso significato può assumere nell'uso
concreto sensi anche molto diversi a seconda del contesto e delle finalità per le quale viene pronunciata.

2.2. La vaghezza semantica


la capacità dei significati linguistici di estendere i propri confini a seconda delle necessità espressive dei parlanti è
legata a quella è forse è proprietà semiotica più rilevante delle lingue naturali,l'indeterminatezza semantica o
vaghezza. Si tratta della proprietà dei segni linguistici di avere un significato non precisamente definito.
Un'espressione è vaga quando è impossibile determinare in tutti i casi se essa si applica o meno a un referente. Il
filosofo al quale si deve l'analisi più penetrante della vaghezza delle lingue naturali è Wittgenstein che ha elaborato
a questo riguardo la nozione di somiglianze di famiglia: come i membri di una stessa famiglia si somigliano per
qualche aspetto pur non essendo identici,cosi le varie attività che chiamiamo giochi condividono certe proprietà
senza che vi sia un insieme di criteri che definiscono esattamente la categoria giochi e dunque i possibili sensi della
parola gioco. I significati delle parole hanno confini sfumati,ma il linguaggio con la sua vaghezza funziona.

2.3. Tipi di significato


Per descrivere i tipi di informazione che un segno può veicolare i linguisti adottano varie distinzioni,la più importante
è quella tra significato denotativo e significato connotativo. Con significato denotativo si intende il contenuto che un
segno oggettivamente esprime cioè il suo significato “neutro”. Con significato connotativo si intendono i contenuti
non oggettivi che un segno può trasmettere,l'insieme dei valori affettivi e simbolici che può evocare. Il significato
connotativo può variare sia nel tempo che da individuo a individuo. Si parla di significato affettivo quando il
contenuto connotativo riguarda le sensazioni che una parola può suscitare. Significato espressivo quando il
contenuto connotativo riguarda il carattere neutro di una parola dal punto di vista stilistico. Importante anche la
distinzione tra significato linguistico e significato sociale. Per significato linguistico si intende il significato che
un'espressione ha in quanto appartiene a una lingua,con significato sociale ci si riferisce al valore che esso può
assumere quando è usato come strumento di relazione tra i parlanti. Gran parte degli studiosi fanno coincidere il
significato linguistico con il significato letterale considerando i significati non-letterali come significati aggiuntivi che
un'espressione può acquisire in contesti particolare. Esempi di significato non-letterale:
metafora,metonimia,espressioni ironiche. In tutti questi casi il significato dell'espressione non coincide con quello
che possiamo assegnarle in base alla conoscenza delle parole e della grammatica della lingua cioè il significato
composizionale. La nozione di composizionalità è usata per riferirsi alla proprietà di un'espressione complessa di
avere un significato derivabile in base ai significati delle parole che la costituiscono e in bas e alle regole
grammaticali con cui si combinano.

2.4. Significato ed enciclopedia


Quando proviamo a descrivere il significato di una parola ci rendiamo conto che non è facile distinguere le
informazioni che possiamo ritenere costitutive del significato di quella parola da altre informazioni. Cosi come i
dizionari hanno informazio ni solo sul significato,le enciclopedie danno informazioni aggiuntive sull'entità indicate
dalle parole,analogamente in semantica si intende con dizionario l'insieme delle conoscenze linguistiche che
costituiscono il significato delle parole e con enciclopedia l'insieme delle conoscenze extralinguistiche relative a ciò
che esse indicano.

LE DIMENSIONI PRAGMATICHE DEL LINGUAGGIO

1. Che cos'è la pragmatica


Può essere definita come lo studio del linguaggio in relazione ai suoi utilizzatori,al contesto in cui avviene la co
municazione,alle funzioni e agli scopi che esso assolve nell'uso concreto che ne fanno i parlanti. La pragmatica
moderna nasce e si sviluppa nel Novecento. La nascita ufficiale nasce nel 1938 con Morris. Rifacendoci a Morris
possiamo dire che all'origine della pragmatica c'è l'esigenza di estendere l'analisi del linguaggio a tutti quei fenomeni
per i quali non è sufficiente una spiegazione in termini sintattici o semantici,e per la cui comprensione richiede di
prendere in considerazione una serie di aspetti apparentemente esterni al linguaggio. Potremmo definire la
pragmatica come lo studio degli aspetti del linguaggio che dipendono dal contesto.

2. Come fare cose con la parola: il linguaggio come azione


Le basi della moderna riflessione pragmatica sul linguaggio si collocano nell'ambito della filosofia del linguaggio
ordinario. Una derivazione della filosofia analitica del linguaggio che pone al centro dell'interesse del filosofo del
linguaggio,il linguag gio comune. A influenzare questo interesse è Wittgenstein che aveva aderito alla tesi secondo
cui il linguaggio ha come compito essenziale raffigurare la realtà,ma in un secondo momento cambia il tipo di
linguaggio oggetto di analisi,quello della quotidianità,fatto di usi e pratiche. Il significato delle espressioni linguistiche
dipende dell'uso che i parlanti fanno di quelle espressioni nei vari contesti.

2.1. I performativi
Nella sua opera “come fare cose con le parole” Austin getta le basi della riflessione pragmatica sul linguaggio a
partire dalla distinzione tra constatativi e performativi giungendo a formulare una teoria generale dei possibili modo
due del linguaggio. Gli enunciati constatativi descrivono stati di cose,eventi,processi ecc. Se osserviamo il
linguaggio comune troviamo enunciati che non servono a descrivere fatti ma a compiere azioni e sono detti
enunciati performativi;in molti casi vengono realizzati grazie a dei verbi detti verbi performativi come “battezzare”
“promettere”. Nel caso di un enunciato performativo non è corretto parlare di verità o falsità,ma solo di atto più o
meno riuscito,di felicità o infelicità dell'enunciazione cioè di condizioni che devo verificarsi perché l'enunciato possa
avere efficacia. Un primo tipo di condizione è legato al rispetto di certe convenzioni:per ese mpio se a dire “vi
dichiaro marito e moglie” non è un prete o un ufficiale di stato civile allora non ci sono le condizioni di felicità per la
riuscita dell'atto.
2.2. Gli atti linguistici
Ogni manifestazione linguistica è un atto linguistico. Da questa riflessione di Austin prende avviso la teoria degli atti
linguistici.
Con la teoria degli atti linguistici la lingua viene considerata come un modo di agire e l'atto linguistico viene
tematizzato come l'unità fondamentale della teoria del linguaggio. Secondo Austin ogni volta che pronunciamo un
enunciato realizziamo un atto linguistico e compiamo simultaneamente tre atti parziali:
• l'atto locutorio o locutivo,cioè il semplice dire qualcosa.
• l'atto illocutorio o illocutivo,cioè non solo il semplice dire qualcosa,ma il compiere,nel momento
dell'enunciazione,una vera e propria azione.
• l'atto perlocutorio o perlocutivo,cioè l'effetto che,dicendo qualcosa,intendiamo produrre sui pensieri,sui sentimenti e
sulle possibili futuro azioni del nostro interlocutore. Austin considera centrale nella sua argomentazione l'aspetto
illocutorio dell'atto linguistico. Nel caso dell'aspetto locutorio proferiamo un enunciato dotato di un aspetto fonetico,di
un significato e di una struttura sintattica. Tale aspetto consiste però in tre atti parziali:
• atto fonetico,ossia il proferimento di una sequenza di suoni.
• atto fàtico,dove il termine fatico è da intendersi come il proferimento di una serie di parole dotate di struttura
grammaticale.
• atto rhetico,ossia il proferimento di una sequenza di parole dotata di senso e riferimento.
Dopo Austin gli atti linguistici sono stati classificati da Searl che introdusse alcune modifiche. All'interno dell'atto
locutorio,l'atto fonico e fatico vengono riuniti insieme dall'atto di enunciazione,mentre l'atto rhetico viene
ridenominato atto proposizional e. A sua volta ogni atto proposizionale è costituito da due sotto atti,un atto di
riferimento e un atto di predicazione.

3. La comunicazione indiretta
Per interpretare correttamente il messaggio dobbiamo tener conto delle circostanze che accompagnano la
produzione e la ricezi one di un enunciato. Esaminiamo due fenomeni: atti linguistici indiretti da un lato e casi di uso
non letterale delle espressioni linguistice dall'altro.

3.1. Atti linguistici indiretti


Ogni enunciato contiene una forza illocutoria,la quale non sempre risulta espressa con chiarezza,come è evidente
nel caso degli atti linguistici indiretti,ossia gli atti linguistici in cui non c'è una corrispondenza biunivoca tra la forma
dell'enunciato e la sua funzione pragmatica.

3.2. Linguaggio letterale e non letterale


Sotto casi di linguaggio non letterale possiamo includere tutti quei casi in cui un'espressione linguistica ha un senso
indifferente da quello ricavabile da una semplice interpretazione di ciò che essa letteralmente dice. Ad esempio, “hai
una sigaretta?” se viene interpretata letteralmente la risposta è: “si ce l'ho”; interpretazione non letterale:no sta
chiedendo un'informazione,ma sta ricorrendo a un modo indiretto per chiedere una sigaretta. Altri casi: espressioni
metaforiche,espressioni metonimiche,casi di ironia.

4. La deissi
Il termine deissi in senso letterale s riferisce alla propria del segno,ossia il mostrare qualcosa. In linguistica è usato
quando un elemento linguistico si riferisce a ciò che è esterno all'enunciato,ossia al parlante. Distinguiamo due
categorie di deittici:
• deittici trasparenti,come io,tu,ora,qua,qui che richiedono sempre il riferimento a una situazione
enunciativa,esempio “io vad o in palestra”, sono interpretabili solo se sono riferiti a una situazione specifica di cui
conosciamo i partecipanti.
• deittici opachi, ossia quegli elementi della lingua che possono essere correttamente interpretati solo in virtù di un
costante riferimento alla situazione di discorso: pronomi dimostrativi,avverbi.
La deissi è la manifestazione tangibile del modo in cui la lingua e il contesto sono in relazione tra loro.

5. Il non detto negli scambi comunicativi


Nei nostri scambi comunicativi non tutto si traduce in espressioni verbale,sia perché spesso affidiamo la
comprensione di quanto diciamo in gesti,cenni del capo,tono della voce e sia perché presumiamo che il nostro
ascoltatore sappia già o sia in grado di intuire. In questi casi di “non-detto”sono le intenzioni dei parlanti. Uno dei
modelli più accreditato per dar conto di questi fenomeni è quello proposto dal filosofo Grice. Egli pone l'accento
sull'importante dell'intenzione che sta dietro un atto linguistico,facendo dipendere il significato dall'intenzione di colui
che la proferisce. Bisogna distinguere:
• significato dell'espressione,ossia il significato che un'espressione ha letteralmente.
• significato del parlante,ossia ciò che il parlante vuole davvero dire.
L'importante della teoria di Grice sta nel riconoscimento delle intenzioni dei parlanti che stanno alla base dello
scambio comunicativo. Ciò emerge nelle implicature conversazionali,ossia quelle informazioni che si possono
inferire a partire dai contesti d'uso e dalle conoscenze condivise fra i parlanti. Secondo Grice i nostri scambi verbali
costituiscono degli sforzi di collab orazione e sono retti dal principio di cooperazione. Tale principio si articola in 4
massime:
• massima della quantità: dà un contributo tanto informativo quanto richiesto.
• massima della qualità: cerca di dare un con tributo che sia vero,ossia non dire ciò che ritieni falso e non dire ciò
per cui non hai prove adeguate.
• massima della relazione: sii pertinente.
• massima della modalità: sii perspicuo,ossia evita oscurità di espressione.
Queste sono norme che il partecipante allo scambio comunicativo deve rispettare. Altri due casi di non-detto sono
rappresentati dalle presupposizioni e inferenze. Le presupposizioni sono di solito usate per indicare qualcosa che un
enunciato non dice in maniera esplicita ma presuppone che esista. Le presupposizioni sono legate a particolari
elementi lessicali e a particolari costruzioni sintattiche e quindi sembrerebbe trattarsi di inferenze semnatiche.

6. Il funzionamento linguistico
Il funzionamento si contrappone allo studio strutturale e formale delle lingue. Nella prospettiva funzionalista la prima
domande che ci si deve porre è qual è la funzione svolta dalle singole unità linguistiche in riferimento agli elemti che
sono in gioco nel processo comunicativo. Dobbiamo interrogarci su ciò che possiamo fare con linguaggio. La
funzione,il termine in linguistica assume diversi significati,qui lo useremo per riferirci alle funzioni genrali del
linguaggio,ossia a ciò che per mezzo di ess o siamo in grado di realizzare.
Buhler ipotizza un modello in cui il linguaggio è considerato in relazione a coloro che se ne servono e sono i suoni
operatori.
Individua tre funzioni generali che caratterizzano il linguaggio umano:
1. rappresentazione(quando il messaggio è orientato verso la realtà. Funzione rappresentativa).
2. espressione (quando il messaggio è orientato verso il parlante. Funzione espressiva).
3. appello( quando il messaggio è orientato verso l'ascoltatore. Funzione di appello).
Il modello è stato poi approfondito da Jakobson il quale individua sei fattori necessari a realizzare un atto linguitico:
• al mittente corrisponde la funzione emotiva,che esprime lo stato d'animo di chi emette un enunciato.
• al destinatario corrisponde la funzione conativa,che esprime l'influenza che si vuole esercitare sul destinatario al
fine di guidarne il comportamento.
• al messaggio corrisponde la funzione poetica,essa si realizza tutte le volte che sia vuole usare la lingua come una
funzione creativa rispetto agli usi “normali”.
• al contesto corrisponde la funzione referenziale,ossia quella volta alla descrizione del contesto,degli elementi che
caratterizzano l'evento o lo stato di cose di cui intendiamo parlare.
• al canale corrisponde la funzione fatica,la quale si realizza ogni volta che vogliamo verificare se il canale di
comunicazione tra noi e il nostro destinatario funziona.
• al codice corrisponde la funzione metalinguistica,la quale si realizza quando usiamo un codice per parlare di se
stesso.
L'ultimo modello delle funzioni del linguaggio è quello esaminato da Halliday,il quale parte da una concezione del
linguaggio come forma di interazione tra essere umani,per cui il linguaggio è cosi com'è a motivo di quello che deve
fare. Individua tre funzioni maggiori che regolano l'uso del linguaggio:
1. funzione ideazionale,che riguarda la trasmissione delle informazioni. E introduce al suo interno:
• funzione esperienziale,funzione contenutistica del linguaggio,funzione relativa alla descrizione.
• funzione logica,la funzione che riguarda l'organizzazione sintattica del discorso.
2. funzione interpersonale,che esprime e specifica le relazioni e i contatti tra i membri di una comunità linguistica.
3. funzione testuale,che è specifica del linguaggio e che riguarda la capacità del linguaggio di creare testi.

7. Contributi sociologici alla pragmatica


Per quanto riguarda la tradizione sociolinguistica molti linguisti hanno messo in luce l'importanza dei
condizionamneti sociali sui fenomeni linguistici. Da ciò si sono sviluppate le ricerche di sociolinguistica,dove sono in
gioco il linguaggio e la società .
Chomsky ha posto l'accento sul parlante-ascoltatore ideale. Cosa vuol dire sapere una lingua?
-Chomsky: coincide con competenza linguistica,ossia l'insieme delle conoscenze relative a una lingua posseduta dal
parlante.
- Hymes: ha proposto la nozione di competenza comunicativa,che si configura come la capacità del parlante di:
•usare in maniera appropriata la sua competenza linguistica,tenendo della formulazione di frasi ben formate.
• usare in maniera appropriata anche i canali non linguistici di cui disponiamo.
• le conoscenze condivise ,ossia l'insieme delle credenze sociali e culturali che i parlanti condividono.
•la situazione comunicativa contingente,ossia la situazione spazio-temporale in cui si verifica un elemento
linguistico.
• il contesto linguistico,ossia il discorso,lo scambio verbale in atto che esso ha creato fino al momento
dell'enunciazione.
Nell'ambito degli studi sociologici si è accentuato l'interesse per l'analisi della conversazione,intesa come forma di
organizzazione e interazione sociale. L'etnometodologia analizza le correlazioni tra i modelli di linguaggio,i ruoli
sociali e la posizione sociale degli individui.

8. Parlare come modo di agire sociale


L'ipotesi che parlare è un modo di agire anzi è un modo di agire sociale. Parlare è un comportamento governato da
regole e queste regole sono di tipo sociale,ossia si reggono sulle conoscenze e pratiche che gli essere umani
condividono nella stessa comuni tà. È necessario prender e in considerazione l'identità fisica e psicologica degli
interlocutori,l'ambiente fisico in cui avviene lo scambio comunicativo,gli scopi che stanno alla base di esso. La
produzione e ricezione di un enunciato sono possibili a patto di prendere in considerazione tutte le circostanze che
accompagnano la sua produzione e ricezione. In ogni dialogo ciascun partecipante affianca le proprie battute e
quelle dell'interlocutore ,richiamando una parte di ciò che è stato detto e aggiungendo ciò che desidera .

9. Cenni di linguistica testuale


Coseriu ha individuato nel testo un vero e proprio livello della struttura linguistica. Su questa riflessione è nata la
linguistica testuale. Gli studi di linguistica testuale si concentrano su un oggetto linguistico che è costituito da
frasi,ma che si colloca a un livello superiore,ossia il testo. Un testo per essere tale deve parlare delle stesse cose.
La prima proprietà riguarda i lessemi logico- semantici che stanno alla base del testo ed è la coerenza,la seconda
riguarda i legami che si realizzano sulle superficie del testo ed è detto coesione. Le 7 condizioni di testualità:
1. la coesione,riguarda il modo in cui le componenti del testo di superficie ossia le parole che udiamo e vediamo
sono collegate tra loro.
2. La coerenza.
3. l'intenzionalità,si riferisce all'atteggiamento di chi produce un testo con l'intento di creare un testo coeso e
coerente in grado di soddisfare le sue intenzioni.
4. l'accettabilità,si riferisce all'atteggiamento del ricevente che tende ad aspettarsi un testo coerente e coeso che sia
utile per acquisire conoscenze.
5. l'informatività, riguarda la misura in cui gli elementi testuali proposti sono attesi o inattesi.
6. la situazionalità,si riferisce a quei fattori che rendono un testo rilevante per una situazione comunicativa.
7. l'intertestualità, riguarda quei fattori che fanno dipendere l'utilizzazione di un testo della conoscenza di uno o più
testi già accettati in precedenza.

LINGUA E SOCIETÀ
1. La sociolinguistica:definizione e storia
La sociolinguistica è il settore della linguistica che studia le relazioni tra la lingua e la società. Essa non è sociologia
che prende in considerazioni il fenomeno della lingua,ma una linguistica che collega la descrizione e l'analisi delle
lingue con lo studio dell'articolazione interna delle relazioni sociali. Sembra più corretto iniziare a parlare di
sociolinguistica a partire dalla metà del XX secolo,cioè da quando alcuni studiosi che lavoravano negli stati uniti
hanno prodotto un serie di ricerche,su lingue viventi,che miravano a descrivere sa un lato la correlazione tra fatti
linguistici e collocazione sociale dei parlanti,dall'altro la funzione sociale delle scelte linguistiche all'interno delle
diverse comunità. Si può parlare di sociolinguistica dal momento in cui l'analisi dei fatti linguistici inizia a servirsi,sia
nella raccolta dei fdati,sia nel loro trattamento.

2. Concetti fondamentali
Un primo concetto è quello di variabile sociolinguistica,definito come l'insieme dei modi con i quali i parlanti possono
realizzare una data unità di un sistema linguistico in funzione di una data variazione di tipo sociale. Ciascuno di
questi modi è detto variante.
A seconda dei principali fattori con cui correlano e che ne costituiscono le dimensioni di variazione,si riconoscono tre
tipi di varietà di lingua:
• le varietà diatopiche o geografiche,in cui il criterio di riconoscimento è la distribuzione territoriale,geopolitica dei
parlanti.
• le varietà diastratiche o sociali, in cui il criterio di riconoscimento è la posizione sociale,lo strato e il gruppo sociale
di appartenenza dei parlanti.
• le varietà diafrasiche o situazionali, in cui il criterio di riconoscimento è la diversità delle situazioni comunicative. Si
possono distinguere a loro volta in varietà di codice,legate all'argomento di cui si sta parlando e varietà di
registro,legate a comportamenti come il contesto tra i vari interlocutori.

3. Comunità e repertori linguistici


L'insieme delle varietà che possono trovarsi in compresenza all'interno di una comunità linguistica forma il repertorio
a disposizione dei parlanti di quella comunità. A sua volta una comunità linguistica è costituita da quelle persone che
condividano almeno una varietà di lingue.
Si definisce diglossia la compresenza in un repertorio di almeno due varietà,di vui una si è specializzata ed è usato
solo per le funzioni comunicative alte,ufficiali,formali,l'altra si è specializzata e usata solo per le funzioni
comunicative basse, si definisce bilinguismo la coesistenza di almeno due varietà,nessuna delle quali si è
specializzata per usi specifici e che quindi possono essere usate entrambe in tutte le situazioni comunicative. Si
possono distinguere 4 tipi di bilinguismo:
a) bilinguismo monocomunitario,quando tutti i parlanti di una comunità sono bilingui o pluringui.
b) bilinguismo bicomunitario quando la comunità è divida in due parti,abbastanza separate tra loro,ciascuna delle
quali usa una sola lingua al proprio interno e l'altra solo nei rapporti son membri della seconda sottocomunità.
4. Lingue in contatto
Il contatto fra varietà linguistiche diverse ha conseguenze sul piano dei testi,sul piano delle varietà stesse,sul piano
della formazione di varietà linguistiche nuove.

4.1. Lingua in contatto: i testi


Le condizioni che regolano le varietà disponibili presso una comunità bilingue o diglittica,i domini d'uso delle
varietà,sono molte,diverse da società a società. Interessanti sono le condizioni che regolano il passaggio dall'una
all'altra varietà nelle produzioni linguistiche effettive dei singoli parlanti.
La forma più frequente che questo passaggio assume si definisce commutazione di codice. La possiamo definire
come il passaggio da una varietà linguistica all'altra nel corso della stessa conversazione da parte del medesimo
interlocutore.
Esistono anche casi nei quali il cambiamento della varietà di lingua non può essere connesso con variazioni di
ordine pragmatico o sociolinguistico. Questo processo è definito commistione di codice. In esso i passaggi da una
varietà all'altra occorrono in qualsiasi posizione dell'enunciato,senza che sia possibile rintracciarvi alcuna soluzione
di continuità.

4.2. Lingue in contatto: gli effetti sulle varietà


La convivenza in situazioni di bilinguismo porta ciascuna delle varietà a fornire e assorbire elementi da quella con
cui si t rova in contatto. Uno dei meccanismi attraverso i quali le lingue rinnovano e adeguano il proprio lessico è
l'adozione di elementi di provenienza straniera. I processi che permettono questo rinnovamento sono due tipi:
• il prestito, si ha quando un lessema viene adottato come neologismo dalla lingua replica mantenendo una
continuità nella forma del significante.
• il calco,si ha quando un neologismo viene foggiato con materiale della lingua replica sul modello di un lessema già
esistentenella lingua modello.

4.3. Lingue “di” contatto: le varietà nate dal contatto linguistico


La convivenza all'interno di comunità linguistiche ricche di occasioni di scambio tra parlanti alloglotti,come quelle
che si trovano nei porti,ha portato nel corso dei secoli alla formazione di “lingue di contatto”. I due tipi principali di
varietà di contatto sono le lingue pidgin e le lingue creolo.
Si chiama pidgin una lingua di contatto,nata e sviluppata in ambiti coloniali per scopi comunicativi relativamente
ristretti, quali l'interscambio commerciale o militare,e che non ha mai raggiunto lo status di lingua materna,ma si
continua ad apprendere esclusivamente come seconda lingua da parte di parlanti che hanno lingue materne diverse
da essa. Quando un pidgin si consolida nel tempo e nella comunità parlante,estendendo la propria sfera
comunicativa,può arrivare a essere trasmessa come lingua materna. Le lingue di contatto giunte a questo stadio si
definiscono creoli.

5. Strumenti di analisi
I principali concetti tesi a formalizzare la rappresentazione delle variabili sociolinguistiche:
-Le regole variabili,sono un'estensione in ambito sociolinguistico delle regole di scrittura della grammatica
generative. Lo scopo delle regole variabili è introdotto in una normale regola di riscrittura,accanto a indicazioni di
tipo sociologico.
-Uno sviluppo delle regole variabili è costituito dalle grammatiche di varietà,nelle quali si registra le percentuale di
effettive realizzazioni da parte di un campione significativo di parlanti.
-Un altro metodo di analisi è quello delle scale d'implicazione. Una scala d'implicazione è un espediente grafico che
permette di rappresentare e formalizzare i rapporti che intercorrono tra le diverse variabili di un repertorio,verificando
le eventuali s olidarietà tra le varianti e identificando in questo modo i confini tra le varietà del repertorio.

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