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2021-2022
La lingua come strumento di comunicazione
Prima definizione di lingua che ci viene in mente, strumento principe della comunicazione.
Possiamo comunicare anche attraverso i gesti, ma il problema della comunicazione è affidato allo
strumento lingua. Noi comunichiamo dei messaggi e tutta la questione della comunicazione implica
dei meccanismi (elaborazione del messaggio nel cervello, che poi viene trasmesso all’apparato
fono-articolatorio costituito dall’udito, il naso, i polmoni e serve per la respirazione e per la
nutrizione) che abbiamo in dotazione dalla nascita ma che non ci è stato dato come strumento
principale di comunicazione.
Lingua/linguaggio sono il frutto di una convenzione data dalla storia, la scrittura è come una loro
“stampella” che può anche falsificarli (l’esempio ci sarà quando affronteremo il problema della
lingua e scrittura nelle lingue romanze: le lingue romanze si sono evolute da un latino non classico
ma volgare e, nel momento in cui il latino diventò volgare, a livello della comunicazione/lingua si
usò il latino volgare, invece a livello scritto di usò una fase intermedia non corrispondente al latino
volgare parlato)← nella lingua nulla è come appare anche per queste problematiche!*
interlocutori A e B.
La paternità della scienza e dello studio del linguaggio e della lingua è tedesca perché in tedesco
‘glottologia’ equivale a Sprachwissenschaft, che nasce intorno al 1800 grazie alla figura di Wilhelm
von Humboldt (Potsdam, 1767 – Tegel, 1835). È un linguista e diplomatico prussiano, scrive “la
diversità delle lingue” e che crea un modello universitario moderno basato sul rapporto fra ricerca e
insegnamento e fonda anche la prima cattedra di linguistica al mondo. Questo linguista aveva anche
un fratello, Alexander von Humboldt, che si è occupato maggiormente di geografia, naturalista ed
esploratore.
Nel 1870, lo studioso italiano Graziadio Isaia Ascoli conia il termine “glottologia”, termine che
inizia ad essere usato dal 1935, deriva dal greco “glòssa” (lingua)+ “loghìa” (scienza)→ scienza
della lingua.
Graziadio Isaia Ascoli lo conia non fondando la disciplina chiamata glottologia ma in quanto
insegnava la materia “storia comparata delle lingue classiche” (a cui poi aggiunse la dicitura
personale “della lingua sanscrita”). Erano lezioni di fonologia comparata (La comparazione è un
aspetto scientifico che permette di paragonare diverse lingue) del sanscrito, greco e latino che
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impartiva presso l’Accademia scientifica-letteraria di Milano. Egli fonda la rivista, tutt’oggi in
funzione, “Archivio glottologico italiano”. Il 1 numero esce nel 1873, Graziadio dirige la rivista
fino al volume XV (1899- 1900)
Glottologia→ dal greco ‘lingua’ + ‘scienza’ significa “scienza della lingua”. La glottologia studia le
lingue storicamente documentate nel loro progredire storico, cioè nella loro diacronia. è una
disciplina dal taglio storico e filologico. Essa tratta più strettamente dell’applicazione degli
strumenti in dotazione alla linguistica alle lingue storiche e tende ad applicarsi alle lingue antiche,
classiche→ per questo è anche definita “linguistica storica”.
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Dietro all’alfabeto non c’è spontaneità ma una ricerca secolare, l’area in cui si sviluppa è la
Mesopotamia antica (attuale Iran e parte dell’Iraq). Dietro alla sua nascita ci sono due ricerche: -la
ricerca della segmentazione del continuum fonico: il continuum fonico è l’insieme di elementi
minimi che si rapportano al fòno (suono) e al gràfo (scrittura). Gli elementi minimi si rapportano tra
di loro secondo la
Esistono 3 diverse tipologie di segmentazione del continuum fonico:
1. Segmentazione grafica→ segmentare per via grafica significa mettere per iscritto un segno
linguistico (una parola composta di elementi minimi). Nel fare questo, bisogna scrivere la
parola tra due parentesi uncinate: , la parola, quindi, viene scritta utilizzando l’alfabeto della
lingua in cui scrivo. La parola all’interno delle uncinate è un grafema ed è composto di vari
grafi/elementi minimi della scrittura
2. Segmentazione fonetica→ segmentare per via fonetica significa rappresentare i suoni di una
parola, la sua pronuncia. Nel fare questo bisogna scrivere il suono prodotto dalla parola tra
due parentesi quadre: [‘kane]. L’alfabeto che utilizziamo per le trascrizioni fonetiche è
l’alfabeto fonetico internazionale (una convenzione utilizzata da tutto il mondo). La parola
all’interno delle quadre è il fono (suono)
3. 3. Segmentazione fonematica→ il fonema, rispetto al fono, ci indica il “valore distintivo di
significato”. Prendiamo le parole iNverno e iNcastro, a livello grafico abbiamo per entrambe
una nasale “n” ma, a livello fonico e fonematico, le cose cambiano: in “inverno” la “n”
precede la “v”, in “incastro” precede la “c”, questo comporta suoni diversi, ovvero due
allòfoni diversi che ci indicano il valore distintivo di significato. In Mano e Nano abbiamo le
due nasali “m” ed “n”, in questo caso abbiamo due fonemi diversi (“m” e “n”) che
modificano il significato della parola, ma anche due foni diversi (non sempre fonema e fono
corrispondono). Il fonema viene indicano tra le parentesi //, esempio: /s/
Sistema di scrittura di tipo SILLABICO, la seconda forma di scrittura, una fase intermedia
(Tavoletta di Ur 2900-2600 a.C.). Cuneiforme mesopotamico. Descrive una consegna di orzo e cibi
vari a un tempio. Comunicazione pratica, aspetti pratici. La finalità della scrittura è di tipo pratico e
serve per tenere una sorta di contabilità in questo caso. Questo sistema di scrittura di tipo sillabico
non ha la corrispondenza fono-grafo.
IN GRECIA Sul versante filosofico (uso del linguaggio) si cominciano a studiare e ad analizzare
criticamente le funzioni e le caratteristiche del linguaggio. In Grecia fioriscono filosofie che si
interessano alla lingua/linguaggio e che ne discutono. Nella Retorica e nella Poetica Aristotele si
occupa della lingua, così come Platone nel suo dialogo, il Cràtilo -in Grecia “nasce” la linguistica
come statuto metodologico (come metodo di lavoro del linguista) L’analisi in Grecia sul problema
della lingua porta alla nascita dell’etimologia. Maestro delle etimologie era Platone, le sue però non
sono etimologie universali in quanto non sono scientifiche (non erano studiate secondo criteri
scientifici, come invece lo sono oggi) ma filosofiche. Per i greci l’etimologia era la “scienza del
vero”, quindi per Platone la ricerca era finalizzata alla ricerca della verità. Nessuno dei moderni,
oggi, accetta tale definizione. Attraverso le parole, quindi, Platone intendeva spiegare l’essere
(ONTOLOGIA)/la speculazione dell’essere (la speculazione dell’essere, come quella del divenire,
sono due concetti base delle filosofie in Grecia). Per Platone, Dioniso è “colui che dà il vino”
(etimologia platonica, basata sul significato). Mentre da un punto di vista scientifico si vanno ad
analizzare gli elementi minimi: Dios (genitivo) + un altro elemento ‘yios’ (figlio, nome). Quindi c’è
qualcosa di più oltre al significato che va a indicare l’etimologia. Il qualcosa in più afferisce
all’aspetto del significante.
Isidoro di Siviglia, cada data versis, etimologia di cadavere, legato al verbo latino càdere, altra
impostazione dal punto di vista scientifico nei confronti dell’etimologia.
DE SASSURE= L’etimologia scientifica nasce con l’attenzione verso il significante, che avviene
intorno al 1800, quando si comincia a lavorare su problemi legati alla comparazione linguistica.
L’ETIMOLOGIA E’ Legata al significante, nasce nel 1800 insieme alla glottologia perché la
linguistica non si dedica al significante ma al significato, entrambi i termini vengono ripresi da
Ferdinand de Saussure. Docente presso l’università di ginevra le sue lezioni (tenute tra il 1909-
1912) verranno pubblicate dagli allievi nel volume corso di linguistica generale del 1916, opera
considerata quale l’atto di nascita della linguistica moderna e della corrente definita strutturalismo.
Il testo include un’introduzione alla storia e oggetto della linguistica, un’appendice intotolata
principi di fonologia e cinque sezioni principali:
-PRINCIPI GENERALI
-LA LINGUISTICA SINCRONICA, DIACRONICA, GEOGRAFICA
-QUESITONI DI LINGUISTICA RETROSPETTIVA E LE CONCLUSIONI
Per de sassure la lingua è un insieme di elementi tra loro interdipendenti: ciascun elemento ha
valore e funzione il rapporto al valore e funzione degli elementi che gli sono vicini. LIBRO P.18
De Saussure formalizza, all’interno del Corso, varie dicotomie, esse sono composte da elementi in
contrapposizione ma legati tra loro. Per spiegarle usa spesso delle metafore/immagini. Le varie
dicotomie, abbinate tra loro, creano il “sistema lingua” elaborato da Saussure
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Dicotomie saussuriane:
diacronia-sincronia: Dicotomia diacronia-sincronia, spiegata attraverso la metafora degli scacchi: la
lingua è come una partita a scacchi; lo stato della lingua in un determinato momento storico
coincide con un preciso momento di una partita a scacchi. Quello che si trova sulla scacchiera
all’inizio della partita è completamente diverso da quello che si trova alla fine della partita. Lo stato
finale è lo stato attuale della lingua e, in mezzo, c’è stato il tempo della partita (la diacronia).
Diacronia= lo scorrere del tempo, Sincronia= un preciso momento.
langue-parole
significato-significante
sintagma-paradigma
forma-sostanza (due termini di natura filosofica che entrano nel discorso linguistico).
SIGNIFICANTE= Concetto/immagine acustica. Non è un caso che concetto sia nella parte
superiore e immagine acustica sotto. Perché al di sopra sta il significato, al di sotto il significante.
SIGNIFICATO= il concetto che esso esprime: Il significato indica l’essenza di qualcosa (es. il
significato della parola “libro” è quello di un oggetto costituito da x pagine), il significante è
l’insieme di suoni che pronunciamo a livello fonico quando diciamo “libro” (l-i-b-r-o).
ESEMPIO: se dico “sono” -a livello di significato avrò la 1a persona singolare o la 3a plurale del
verbo essere (più significati*) -a livello di significante avrò una successione di suoni (s+o+n+o) *in
un discorso generale posso individuare anche uno solo dei vari significati, se invece dovessimo
analizzare secondo un criterio morfologico e fare un’analisi morfologica dell’elemento “sono”,
dovremmo indicare entrambi i significati.
2. il significante (la pronuncia della parola, in questo caso la pronuncia del latino “arbor”)
3. il concetto (in questo caso il concetto di albero) = Il concetto è un’altra faccia del segno
linguistico, fa riferimento al significante e non è visibile, infatti esprime un concetto, ad esempio il
concetto di “albero”
4. l’oggetto (in questo caso l’albero/arbor) L’oggetto è un’altra faccia del segno linguistico, fa
riferimento al significato ed è visibile, infatti indica un oggetto fisico della realtà, ad esempio
l’oggetto “albero”. L’oggetto non ci interessa molto e non interessava nemmeno a de Saussure( Ciò
che ci interessa è il problema del segno linguistico ovvero il problema con cui abbiamo a che fare quando
parliamo (perché parliamo attraverso segni linguistici e veicoliamo i significati e i significanti): se l’oggetto
sparisse, infatti, avremmo comunque il segno linguistico; esso serve solo per identificare il
significato del segno linguistico. Per Saussure, gli oggetti della realtà fanno parte di una categoria
chiamata “referenti”→ sono elementi che fanno parte della realtà ma che, se sparissero,
continueremmo a chiamare allo stesso modo (se domani sparissero gli alberi dalla terra, per un certo
periodo di tempo io continuerei a chiamare “alberi” quelli che fino ad oggi ho chiamato “alberi”
poi, con il passare del tempo, potrei dimenticarmi dato che non li vedrò più).
Su questa teoria ci sono diversi dibattiti in corso perché essendo una teoria all’interno di una
riflessione linguistica che l’autore faceva durante le sue lezioni, non era un’elaborazione pronta per
la stampa, quindi ci saranno stati sicuramente dei dubbi. Alcuni concetti sono diventati la base della
riflessione linguistica.
+ manuale +77. Il significato fa riferimento al sistema langue (lingua)→ cioè al concetto che stiamo
veicolando come messaggio Il significante fa riferimento all’atto di parole→ cioè alla pronuncia
dell’elemento di cui stiamo parlando
DICOTOMIA PARADIGMA-SINTAGMA
METODO COMPARATIVO-RICOSTRUTTIVO
Il primo interesse del parlante medio è quindi quello dei significati e poi, in seconda istanza, dei
significanti. La lingua e lo studio della lingua si è sempre occupato maggiormente dello studio dei
significati, come dimostrano tante speculazioni (→ pensiamo alla speculazione greca, a quella
romana…). Avevamo visto la riflessione di Platone in cui l’etimologia platonica (che aspira alla
ricerca del vero) identificava nel nome di “Dioniso” elementi che hanno a che fare con il significato
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e non con il significante. Oltre alla speculazione/riflessione classica dei greci e dei romani, anche la
speculazione del mondo medievale è concentrata sul significato. Nel medioevo ci sono i modisti che
elaborano una teoria del linguaggio che, come slogan per i titoli delle loro opere, hanno De modis
significandi (‘sui modi del significare’).
Come si sviluppa l’interesse per il significante nel Corso di linguistica generale? Saussure rielabora
e contraddice una serie di autori precedenti e fornisce delle interpretazioni moderne del valore
linguistico appartenente al segno linguistico che lui elabora come entità costituita da significato e
significante.
Perché nel Corso di linguistica generale trapela una preferenza verso il significato? Perché in realtà
è la glottologia che scopre il significante e si assiste alla nascita di uno dei metodi di analisi
linguistica basato sul significante. intorno al 1800. Infatti, intorno al 1800 c’è un gruppo di studiosi
che comincia a lavorare su:
1- una teoria che, in un primo momento, viene elaborata come “la teoria della ricostruzione
linguistica” e, in secondo momento, diventerà “teoria comparativo-ricostruttiva” (quindi
avrà un’ ulteriore specificazione)
2- la teoria della riforma linguistica attraversa diverse fasi: la prima è un metodo chiamato
“metodo storico-comparativo”, la seconda comparativo-ricostruttivo, hanno come obiettivo
quello raggiungere questa unità ipotetica, contro la pluralità esistente nella realtà.
3- Indagare quale fosse l’origine di tutte le lingue e la lingua originaria presente all’inizio della
storia della lingua. capire quale fosse il principio da cui sono derivate tutte le altre lingue.
Teoria della riforma linguistica che attraversa diverse fasi. La prima è il metodo storico-
comparativo, la seconda
comparativo-ricostruttivo.
In che cosa consiste il metodo comparativo-ricostruttivo? E’ un metodo che entra nella scienza
linguistica attraverso l’interferenza delle scienze biologiche (→ pensiamo al Darwinismo, a tutto
ciò che riguarda la classificazione degli elementi della natura). Quindi le scienze biologiche
influenzano fortemente questo metodo. Anche nelle scienze biologiche avviene una comparazione
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degli elementi della natura e il fine di questa comparazione è quello di trovare un denominatore
comune di questi elementi, individuare la storia di questi elementi naturali e trovare quello che,
tecnicamente, si chiama “archètipo”→ la stessa cosa avviene per la lingua! Si cerca di fare
un’indagine a livello storico di quelle che sono le lingue storiche che appaiono con i dati tangibili
dell’elemento linguistico e si cerca di trovare un archetipo (un’origine comune da cui tutti questi
dati linguistici che sono emersi). Quindi In parallelo ai biologi anche i linguisti si rendono conto che
tutto quello che è documentato è elemento storico. Tutto ciò che è documentato appartiene alla
storia, tutto ciò che è documentato tangibilmente (es. elementi linguistici nei testi, le iscrizioni…)
appartiene alla storia. Prima della storia cosa c’è? Nella maggior parte dei casi prima del
documento, che è storia, c’è la “preistoria”. Nella preistoria il documento non c’è e quindi è difficile
recuperare un eventuale dato linguistico, allora la preistoria è soggetta alla ricostruzione. Per capire
quello che è avvenuto nella preistoria dobbiamo prendere i dati della storia e riflettere su di essi,
ricostruendo qualcosa che non c’è più. In questa prospettiva ricostruttiva, la nuova scienza
comparativo-ricostruttiva scoprirà l’importanza del significante, perché il significato,
contrariamente a quello che sembra, in realtà è un elemento molto più labile del significante. Quello
che rimane fisso e immutato nella storia è il significante e questo ce lo dice l’evoluzione semantica
o la perdita di alcuni significati nel corso del tempo. Se io dico ‘pater’ ‘padre’ ‘Vater’, noto un
mutamento consonantico in prima posizione e ne devo rendere conto. Per farlo devo lavorare sul
significante perché il significato è lo stesso. Il metodo storico-comparativo confronta i significanti e
non i significati. Come i biologi mettevano in comparazione, classificandoli, gli elementi della
natura, i linguisti mettono a confronto i significanti tra le lingue.
ESEMPIO DI
RICOSTRUZIONE: Consideriamo la parola “padre” (in italiano) e osserviamo le corrispondenze a
questo termine nelle altre lingue dell’immagine: in greco patèr, in latino pàter, in gotico fàdar, in
sanscrito pitàr, in irlandese athir (leggi: àer). Ricordiamo che stiamo parlando di comparazione di
significanti tra queste lingue storicamente documentate (il significato di “padre”, tra di esse, è
comune ma possono esserci delle sfumature diverse tra una lingua e l’altra: a Roma il pater ha una
funzione giuridica e religiosa e non è come la figura del padre moderno. Quindi anche i significati
possono essere leggermente diversi). Comparando i significati non riesco ad individuare un
archetipo, comparando i significanti sì! Abbiamo 5 significanti diversi per 5 lingue diverse.
1 PASSAGGIO= partiamo dal p rimo fonema della parola “pa ter ” (quando parliamo di
significante, cioè oralità/pronuncia, abbiamo a che fare con il fono ed il fonema: elemento che ha a
che fare con il fono ma che ha un valore distintivo di significato), ovvero la / PH (PRONUNCIA
COSI) / nel sanscrito, nel greco e nel latino troviamo la /p/, quindi un’occlusiva bilabiale sorda -nel
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gotico abbiamo una /fH/, ovvero una fricativa labiovelare -nell’irlandese non abbiamo una
consonante iniziale, ma una vocale (c’è una sorta di “zero preistorico”)
Problema dello “zero preistorico” nell’islandese: Qual è il ragionamento che fa il linguista in questo
caso? Il linguista si interroga sulla possibilità di quale lingua abbia dato origine ad altre lingue, o
abbia avuto parentele/lontananze con esse. Da uno “zero preistorico” dell’irlandese non possono
derivare tre consonanti (tre /p/) perché, per legge, non è possibile, ma può avvenire il contrario,
quindi è più plausibile che sia caduta una /p/, PROBABILMENTE LA CONSONANTE E’
CADUTA e che ciò abbia dato origine ad uno zero preistorico. 1 a considerazione del linguista:
l’irlandese sembra aver perso qualcosa rispetto alle altre lingue.
Può, da una /f/ preistorica, derivare la /p/in tre lingue diverse? Il linguista sostiene che la causalità
di questo è un po’ troppo alta, non sembra possibile e, quindi fa una seconda cosniderazione: questa
/f / del gotico viene giustificata da una serie di modificazioni che vengono scoperte da alcuni studi
del germanico (il gotico è una delle lingue germaniche). Conclusione sul primo fonema (la
consonante in 1° posizione, “pater”): Sembra che il fonema di partenza da cui abbiamo avuto le
varie forme nelle varie lingue sia stato /p/ (non possiamo partire né dal “grado zero”, né dalla /f / del
gotico, ma dobbiamo partire dalla consonante presente nella maggior parte delle lingue storiche
prese in analisi): QUINDI il fonema preistorico di partenza dia una ‘p’, occlusiva bilabiale sorda.
SECONDO PASSAGGIO= Il secondo elemento è per quasi tutte le lingue una ‘a’, ad eccezione del
sanscrito che presenta una ‘i’. In questo caso è più probabile che dalla ‘a’ sia derivata una ‘i’ e non
viceversa.
Come fa da una /a/ a derivare una /i/? Ci sono dei meccanismi specifici, in particolare parliamo
della presenza di alcune vocali, una delle quali è la “vocale indistinta” o “shvà ”, che è tipica del
sanscrito e che viene simboleggiata come una “e” rovesciata →/ /. ə Da questa vocale indistinta
possono derivare diverse vocali, tra cui la /a/ nelle lingue classiche e la /i/ nel sanscrito.
Chiaramente, andando avanti nelle comparazioni, la spiegazione diventa più difficile perché
bisogna ipotizzare tutta una ricostruzione non solo con la /a/ e la /i/ ma con tutte le vocali (quando
parleremo di vocali vedremo che ogni lingua ha un inventario specifico di vocali). Laddove noi
abbiamo le 5 vocali canoniche (a, e, i, o , u), dobbiamo aggiungere una 6 vocale detta “vocale
indistinta” presente nel sanscrito (ma anche in altre lingue come il persiano) e da essa sarebbe
derivata sia la /a / in alcune lingue e sia la /i/ in altre lingue, tra cui il sanscrito
TERZO PASSAGGIO= Il terzo elemento è una consonante dentale ‘t’, sorda, che si trova in tutte le
lingue tranne che nel gotico in cui diventa sonora (‘d’), in conseguenza di una legge fonetica in
ambito germanico.
QUINTO PASSAGGIO= L’ultimo elemento è una vibrante, ‘r’, uguale in tutte le lingue. Parliamo
del fonema finale, la / r / che è uguale e presente in tutte le 5 lingue analizzate (è chiaro poi che,
nella trasformazione delle lingue moderne, quella /r/, come nel caso di “padre” in italiano, non è in
ultima posizione ma in penultima).
L’importanza del significato, che cambia e si modifica all’interno del tempo, va considerata però
non ci dice nulla sul raggiungimento dell’archetipo. Perché dobbiamo andare a “sviscerare” questo
problema? Perché uno dei più grandi problemi della linguistica è quello di capire il rapporto tra il
segno linguistico (costituito da significato e significante) e il “referente” (=il mondo degli oggetti,
che ci circondano, che vanno nominati e che ci veicolano questi significati). Il rapporto segno
linguistico-referente ha interessato da sempre gli studiosi e le filosofie (la filosofia greca, come
abbiamo visto, ha risposto sempre positivamente al rapporto segno linguistico-referente, cioè ha
sempre considerato anche gli oggetti della realtà, tanto che abbiamo detto che se l’etimologia è una
scienza del vero lo è perché riesce a rapportare il mondo linguistico agli oggetti che lo circonda:
Dioniso è “colui che dà il vino”)
I dialoganti si interrogano sul fatto se questo rapporto debba essere stabilito per natura (cioè se
esiste già in natura, come secondo l’ipotesi di Cratilo) o per convenzione (cioè se è l’uomo che, per
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convenzione, decide di legare in un rapporto il segno linguistico e il referente, come secondo
l’ipotesi di Ermogene). N.B. Platone è il primo a porre questo problema in maniera così chiara e
didattico. Alla fine non giunge ad alcuna conclusione, non dà ragione a nessuno dei due. Fa mediare
da Socrate, il terzo arbitro, queste due posizioni, e si interroga su queste posizioni.
CRATILO→ il segno linguistico è legato al referente per natura. Questa ipotesi si riferisce ad una
concezione antica propria del mondo classico per la quale, secondo una dicitura Medievale, esiste
una contrapposizione tra ordo naturalis (ordine naturale) e ordo verborum (ordine delle parole).
Secondo la concezione di Cratilo esiste un ordine naturale (ordo naturalis) per il quale, al momento
della creazione, gli oggetti vengono delineati e conformati in un determinato modo, la perfezione si
ha quando a questo ordine naturale, che corrisponde all’atto creativo, si fa corrispondere, in
parallelo, un ordo verborum (un ordine delle parole). Quindi ci deve essere un rapporto univoco tra
la res, termine da cui deriva il termine referente (la cosa/l’oggetto) ed il verbum (la parola,
rappresenta il segno linguistico) Se le cose stessero così, noi raggiungeremmo l’ ideale della
comunicazione, perché ad ogni elemento corrisponde un determinato verbum.avremmo una lingua
perfetta/ l’ideale della comunicazione).
ERMOGENE= il segno linguistico è legato al referente per convenzione. Non c’è nulla che, di per
sé, può essere legato al segno linguistico, quindi il referente ed il segno linguistico sarebbero legati
dalla società secondo una convenzione (è la società che, per convenzione, decide di legare un
determinato oggetto ad un determinato segno linguistico, esempio: noi abbiamo deciso che
l’oggetto “albero” si debba chiamare “albero”). Questa non è una concezione antica, come la
precedente, ma più sociologico-giuridico.
PLATONE non ha una risposta, non dice se una è giusta e l’altra è sbagliata, ma possono coesistere.
Tornando al ragionamento tra i due dialoganti, Platone lo fa concludere con un pareggio tra le due
concezioni, condiviso anche da studiosi successivi. Ovvero può essere valida sia la concezione per
natura sia l’aspetto convenzionale. Questo pareggio viene affidato alla voce del terzo arbitro,
Socrate, che dà ragione ad entrambe le posizioni.
A favore di Cratilo:
- se accettiamo l’ipotesi di Cratilo, possiamo dire che la concezione per natura è giusta per il fatto
che si fa riferimento alla mente del parlante nel momento dell’acquisizione del linguaggio
-uno degli argomenti a favore della naturalità del segno linguistico è l’onomatopea*, ovvero la
rappresentazione linguistica di alcuni suoni. Tutti quei segni che hanno a che fare con il
fonosimbolismo sono segni che imitano la realtà (nel caso dell’onomatopea e dei segni del
fonosimbolismo c’è un rapporto univoco/per natura tra l’oggetto ed il segno linguistico)
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alla teoria del segno linguistico, essendo composto di significato e significante, tutti i parlanti
continuerebbero ad identificare/chiamare quell’oggetto della realtà con quel nome, anche se dovesse
scomparire dalla terra. Saussure dice anche che il rapporto esistente tra il significato ed il
significante è un rapporto arbitrario. Questo significa che per Saussure non c’è un legame per natura
tra segno e referente, l’unica cosa in cui trova un’eccezione sono le onomatopee: c’è un preciso
paragrafo, nel Corso, in cui dice: “un’eccezione al principio dell’arbitrarietà del segno linguistico è
rappresentato dalle onomatopee che identificano questo rapporto profondo tra il referente ed il
segno linguistico” Anche Platone si occuperà di fonosimbolismo ed affronterà il problema
dell’onomatopea negli stessi termini con cui affronta il problema linguistico nel Cratilo.
A favore di Ermogene:
-Un altro aspetto è che ogni volta che viene creata una nuova parola, questa parola assume tutte le
caratteristiche morfologiche-linguistiche della lingua all’interno della quale entra a far parte (questo
è un elemento convenzionalista)
-Un altro elemento convenzionalista è l’ importare parole straniere e l’ applicarle alla nostra lingua
(es. “computer”; noi diciamo “computerizzato” sulla base di regole morfologiche della nostra
lingua).
Tutt’altro discorso va fatto per il significato: Si può dire che è la mente stessa del parlante,
pensante, che elabora i significati e fa sì che i significati venissero formalizzati in un modo x
piuttosto che y. Il significato a volte, non riesce a sposarsi con il significante per cui c’è una sorta di
impossibilità comunicativa/di espressione. Il problema per il linguista è cercare di formalizzare
questo enorme mondo dei significati in un codice linguistico. Ciò significa dare un insieme di
regole perché, per formalizzare, si intende rendere comprensibile, attraverso un sistema di categorie,
quello che il sistema linguistico mi vuole dire (es. così come i darwinisti cercavano di classificare
gli elementi della natura per trovare un archetipo, così il linguista deve classificare, attraverso delle
categorie, il sistema linguistico per capire cosa è successo dalla fase storica a quella preistorica)→
questo è il ragionamento che sta dietro al sistema comparativo-ricostruttivo. Aristotele, filosofo,
ragiona per categorie, tenta quindi di formalizzare; egli comincia a parlare di categorie e categorizza
la realtà. La categorizzazione operata da Aristotele non lavora solo su elementi linguistici ma su
tutti gli elementi dell’essere. Tra questi classifica anche gli elementi linguistici.
RISULTATO FINALE= Il risultato finale di questa operazione sarà la grammatica, che nasce non
prima del 100 a.C. a Roma. Quindi riconoscere/spiegare/formalizzare quanto di linguistico c’è
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dentro al nostro pensiero porta poi a riconoscere uno strumento specifico che ci permette di
analizzare questi elementi, cioè la grammatica. Il codice, la grammatica, quindi il tentativo di
spiegazione, è il tentativo che, prima la speculazione greca e poi quella romana, tenta di offrire a
questa problematica: cioè capire come si possa formalizzare quella parte di pensiero che appartiene
alla lingua, laddove con formalizzare si intende proprio l’operazione condotta da aristotele
ARISTOTELE E LA FORMALIZZAZIONE
Aristotele elabora tutta una serie di categorie, lo fa per la lingua ma anche per altri aspetti della
conoscenza; è il primo ad elaborare queste categorie servendosi di esempi tratti dalla lingua: ad
esempio le categorie di attivo e di passivo (categorie tipiche delle lingue classiche) le esemplifica
dicendo che il soggetto della categoria attiva è colui che volontariamente compie l’azione, mentre
nel secondo caso è quando il soggetto subisce l’azione (queste conoscenze noi le apprendiamo dalla
grammatica: quando il verbo è attivo il soggetto agisce, quando è passivo subisce)→ questo modo
di ragionare è stato ereditato dalla modalità categoriale di Aristotele.
*Abbiamo detto che Aristotele non elabora le categorie solo per spiegare il funzionamento del
linguaggio ma anche per altri aspetti della conoscenza però introduce elementi della lingua greca
per dimostrare che quelle categorie generali di pensiero hanno un loro riscontro in ambito
linguistico (c’è un legame tra la categoria del pensiero, quella che contiene il concetto di res e il
corrispondente linguistico che elabora ed indica tale pensiero). Aristotele categorizza l’attivo e il
passivo perché già, nella lingua greca e latina, c’era una formalizzazione linguistica attiva diversa
da quella passiva che ci permetteva di distinguerle (cioè nella lingua greca e latina c’erano due
coniugazioni distinte per l’attivo ed il passivo). Ad esempio: In latino→ all’attivo abbiamo “àmat”
al passivo abbiamo “amàtur” (ci sono segni linguistici diversi con significato diverso: uno attivo e
uno passivo e anche significanti diverso: “a-m-a-t”, “a-m-a-t-u-r”)
Come risposta potremmo dire entrambe le cose, ciò che importa è che egli si è servito (ed è il 1che
lo fa) di elementi linguistici per categorizzare e legare questi elementi linguistici alle categorie
corrispondenti di pensiero. Quindi, indipendentemente dalla genesi del suo pensiero, Aristotele è
interessato a vedere il risvolto linguistico che hanno quelle categorie: questo è il 1° passo verso la
formalizzazione linguistica. Una volta stabilite le categorie di attivo e passivo, all’interno di esse si
possono far rientrare tutti gli altri elementi del sistema verbale (una volta individuate due categorie
specifiche possiamo ricondurre ad esse significati relativi e corrispondenti all’una o all’altra
categoria)
QUESTO COSA SIGNIFICA? Ciò non vuol dire che con Aristotele nasce la grammatica, ma
l’interesse nei confronti DEL PROCESSO DI FORMAZIONE della lingua E questa attenzione alla
formalizzazione della lingua porterà alla grammatica. Questa operazione che ha origine con la
riflessione aristotelica resta un tentativo di spiegazione del sistema linguistico. In questo
ragionamento abbiamo anche parlato di codice (linguistico) e abbiamo utilizzato il termine sistema
(linguistico)→ questi sono termini che nasceranno in ambito scientifico nel 1800, quando viene
formalizzata la disciplina.
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DANTE ED IL DE VULGARI ELOQUENTIA
Tutto questo ragionamento sulla formalizzazione, sul codice e sulla regolarizzazione, è stato
affrontato da un altro importante padre della nostra lingua: Dante Alighieri. La grammatica è un
tentativo di riflessione sul linguaggio. La grammatica nascerà solo quando la formalizzazione e il
codice verranno a coincidere. Il codice è un insieme di elementi regolamentati. Tutta la
speculazione classica, greca, comincia a concepire la lingua come sistema formalizzato e
regolamentato. Si comincia a ritenere che la lingua debba essere controllata, non lasciata in piena
libertà. La lingua letteraria permette di superare spazi e tempi (lingue letterarie utilizzate da diversi
autori). La realtà linguistica dialettale viene condizionata al contrario dallo spazio e dal tempo. un
dialetto è fortemente legato al luogo e allo spazio, così come una realtà dialettale può essere oggi di
un tipo, 100 anni fa di un altro tipo.
DANTE NEL DVE (composto tra il 1303 e il 1305, così come alcuni canti della Commedia. Egli
aveva captato questa trasversalità della lingua attraverso lo spazio e il tempo e aveva indicato la
necessità di una lingua unitaria, che superi gli spazi e i tempi. Dante sostiene che esistano due poli
opposti: da una parte esiste una libertà linguistica che è quella che acquisiamo fin dalla nascita,
dall’altra c’è la necessità di regolare quella libertà* Il meccanismo della lingua, quindi, sarebbe un
meccanismo bifacciale: occorre avere uno strumento per regolare la libertà della lingua. Per Dante
questo strumento è rappresentato dalla grammatica, la quale è legata alla necessità di gerarchizzare
le categorie e di normalizzare la lingua (di per sé non è normalizzata, pensiamo ai dialetti: non sono
lingue standard, non sono normalizzate). Quindi la grammatica, cercando di regolamentare quella
libertà, tenta di ricostruire quella corrispondenza esistente tra l’ ordo naturalis e l’ ordo verborum.
Tutto quello che non entra in ambito normativo che riguarda la grammatica è escluso come non
adatto ed eliminato come non adatto alla lingua.
ESEMPIO: -Ricordiamo che se non avessimo avuto delle scuole e una formazione, avremmo avuto
una formalizzazione dell’italiano diversa da quella che abbiamo→ noi, in età prescolare,
acquisiamo la lingua materna/madre e poi, in età scolare, la formalizziamo attraverso la scuola
(apprendiamo le varie categorie ed incaselliamo quella formalizzazione in determinate regole).
Infine, da adulti, abbiamo una formalizzazione della lingua completa perché tutte le categorie sono
formalizzate. Questo ci fa comprendere che la lingua parlata/conosciuta da un adulto è diversa da
quella conosciuta da un bambino! Questo perché il bambino non ha ancora tutte le categorie
formalizzate.
RIFLESSIONE= Noi sentiamo dire spesso che l’italiano deriva dal latino, però ci rendiamo conto
che le cose non stanno proprio così perché è chiaro che questa concezione è stata completamente
riformalizzata dalla lingua latina (cioè è stata rimodellata sul problema del latino), questo perché
noi dobbiamo sempre considerare la normalizzazione del codice di partenza→ il gruppo italico
appartiene all’indoeuropeo. Dal gruppo italico si è originato il latino ed il latino ha dato origine alle
lingue romanze (tra cui l’italiano). Quando diciamo che l’italiano deriva dal latino dobbiamo capire
che tipo di latino è, perché non è il latino di Cicerone, è un latino diverso che si è trasformato nel
tempo! Quindi quando facciamo riferimento a questa concezione (“l’italiano deriva dal latino”),
facciamo riferimento ad una sorta di categorie che sono state riformalizzate sulla base della lingua
latina e che, quindi, dobbiamo sviscerare per andare a considerare il codice di riferimento del latino
che è diverso dal codice di riferimento dell’italiano. Quindi la lingua è uniformata in base a sistemi
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di normazione sociale di cui gli uomini poi si sono serviti attraverso l’elaborazione della
categorizzazione della formalizzazione che poi diventa grammatica. QUINDI LA GRAMMATICA
NASCERA’ solo quando la formalizzazione e il codice (linguistico) verranno ad unirsi, perché il
codice è un insieme regolamentato (noi parliamo attraverso il codice linguistico ed esso è
regolamentato da leggi). QUESTO AVVIENE A ROMA INTORNO AL 100AC.
Nel I secolo a.C. a Roma la maggior parte dei grammatici sono politici o personaggi che orbitano
nel mondo della giurisprudenza, del diritto (Cicerone, Varrone, Cesare). ciò non è casuale perché il
forte spirito normativo che Roma dà alla grammatica è connesso al mondo politico e, di
conseguenza, a quello giudiziario. La lingua viene equiparata ad un sistema di normazione sociale,
diviene mezzo di controllo sociale e diviene anche etichetta dello status della persona parlante
(riconducendo la persona alla sua condizione sociale). Quello che succede a Roma legato all’ambito
giuridico e politico viene applicato alla lingua perché c’è una concomitanza di elementi che si
fondono.
1. aspetto teorico (è un aspetto ideologico) o normativo che raccoglie le leggi della grammatica
La grammatica è una creazione del mondo romano e avviene in una determinata lingua: il latino.
Non è un caso che la lingua della grammatica sia il latino (ricordiamo che il latino diventa anche la
lingua della scienza e anche Saussure nel Corso, utilizza spesso la lingua latina). La lingua latina
diventerà anche la lingua della cultura fino al mondo moderno, in seguito sarà sostituita dalla lingua
francese che diventerà la lingua della scienza.
Perché la lingua della grammatica è identificata nel latino che poi diventa lingua della scienza e
della cultura occidentale? E perché se altre lingue nazionali emergono in maniera forte si utilizza
ancora il latino come lingua della scienza? La risposta va ricercata nel rapporto tra ordo nominum e
ordo verbum. Sappiamo che la grammatica serve a formalizzare il codice, a dare delle regole e quindi è
chiaro che la lingua con cui la grammatica viene veicolata diventa la lingua di diffusione maggiore. Ed
essendo tale, il latino in quanto lingua della grammatica è già attrezzato a discutere su problematiche
riguardanti il pensiero e anche sul pensiero linguistico. Quindi non c’è da meravigliarsi che la grammatica
del latino ed il latino vengano messi in uso. Il latino si era diffuso sia nelle aree occidentali che orientali, la
maggior diffusione di una lingua dipende dall’espansione territoriale dei territori che la parlano. Questa
lingua, nelle varie aree in cui veniva parlata, subirà delle trasformazioni (→ pluralità di latini)
Problema non da poco perché ci mette in allerta e ci fa riflettere su un altro problema che ha
riguardato l’uomo, ovvero la ricerca di superamento di tutte le ambiguità e la lingua perfetta che sia
universale, comprensibile da tutti, per una comunicazione globale. Questa ipotetica possibilità oggi
è rappresentata dall’inglese, che rappresenta una sorta di lingua franca.
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La scelta del latino come lingua della grammatica fa pensare che il latino abbia avuto la possibilità
di essere una sorta di lingua universale perché rappresenta la lingua della grammatica. In realtà i
problemi non sono solo questi, ma sono su diversi livelli.
3 problemi:
1. Risoluzione delle ambiguità= la mancanza di ambiguità: la ricerca della corrispondenza tra ordo
rerum (ordine delle cose) ed ordo nominum (ordine delle parole)
2. Ricerca della lingua perfetta= la possibilità di avere una lingua perfetta dove esiste perfettamente
la corrispondenza tra ordo rerum e nominum (come sostiene Cratilo nella sua ipotesi)
3. Ricerca di lingua universale: : è diversa da quella perfetta. Con la lingua perfetta possiamo
parlare di comunicazione e di rapporto tra ordine delle cose e delle parole, con la lingua universale
possiamo già parlare di codice perché parliamo di un problema più ampio in cui la lingua universale
mi serve come ipotetica possibilità di comunicazione universale in cui do già per scontata la lingua
perfetta
Questi tre problemi emergono in particolare alla fine del Medioevo, nella riflessione di studiosi
tardo-medievali. Molti studiosi analizzeranno questi problemi ed elaboreranno diverse teorie sulle
lingue universali e perfette. Anche in Dante Alighieri questi tre problemi trovano una sorta di
percorso. la grammatica doveva servire ad eliminare tutti i condizionamenti dello spazio e del luogo
e anche tutte le differenze tra i dialetti→ la sua ricerca è la ricerca di una lingua universale. Avendo
detto che la ricerca della lingua universale è insita nell’uomo come lo è anche la ricerca della
perfezione linguistica, parliamo anche della sua ricerca della perfezione linguistica (è un’utopia,
non esiste; il 1600 è il “periodo delle utopie”, dove nascono molte utopie in ambito linguistico e in
quello del pensiero che aspirano al raggiungimento di una perfezione).
Questi 3 problemi emergono nel periodo tardo-medievale e quindi non appartenevano prettamente
al mondo greco o romano, ma sono alle spalle. La grammatica forniva uno strumento di perfezione
e universalismo, poi da qui ci sarà l’evoluzione verso gli altri 3 problemi (supra). Se Dante Alighieri
dice a un certo punto che la “gramatica” (lingua della scienza) doveva serviva a eliminare i
condizionamenti spazio-temporali e appiattire i dialetti, allora è anche vero che la ricerca è quella di
una lingua universale. Parliamo della possibilità della perfezione linguistica. In Dante questi 3
problemi trovano una sorta di percorso. Questi problemi verranno ritrovati anche nel 1600. Idea di
perfezione della lingua diverso da lingua universale. Il problema della perfezione è collegato a
un’altra serie di problemi che riguardano la riappropriazione del rapporto originario tra res e nomen,
che sarebbe stato da sempre legato a quello che consideriamo colui che è stato l’artefice* del
linguaggio originario. Il linguista ante-litteram del 1600 sarà Francesco Bacone.
Se, partendo dal dialogo di Cratilo, esiste il rapporto tra nomen e res, chi lo decide? In Grecia,
secondo le filosofie platoniche e neoplatoniche, c’è la figura di un legislatore (nomotèthes) che dà i
nomi alle cose della realtà, e questo sarebbe l’origine del linguaggio originario. Il problema
dell’origine del linguaggio verrà affrontato in ambiti diversi, anche religiosi come nelle “filosofie
religiose” (si è parlato della lingua di Adamo, di linguaggio delle origini…)
LA COMPONENTE CRISTIANA
Nella lezione 1 abbiamo visto che, quando parliamo di linguistica come componente dell’essere
umano e quindi come riflessione sulla lingua come elemento appartenente all’essere umano, le due
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declinazioni sono la componente alfabetica e quella filosofica. Sappiamo che queste due
componenti sono espresse nelle riflessioni greca e greco-romana/ellenistico ed ellenistico-romana
ed entrambe non saranno influenzate dal cristianesimo, che rappresenta quasi una 3a componente
perché con esso viene rivoluzionato tutto il sistema precedente:
3. componente cristiana: si inserisce dopo la creazione della grammatica. Essa si rifà ad una
componente precedente che era il giudaismo, per poi diventare, attraverso il superamento di esso, la
dottrina originaria cristiana→ essa si aggancia a una serie di dottrine greco-romane che orbitavano
nella speculazione del I secolo a.C. e che saranno, per esempio, di tipo stoico/neoplatonico...ovvero
quelle “filosofie religiose” che orbitano nel mondo romano e che convivono con la rivoluzione del
cristianesimo.
Il settore di cultura cristiano introduce la novità che è la lettura dell’Antico Testamento, che il greco
non conosceva in un primo momento, a cui poi si aggiunge il Nuovo Testamento in un secondo
momento. L’Antico Testamento è un insieme di libri che comprende gli antichi “libri del
pentateuco” che vengono attribuiti a Mosè. Sono i 5 libri all’interno dei quali abbiamo il libro del
Genesi/della Genesi→ 2 L’utilizzo del maschile o del femminile dipende dall’attrazione del genere
di “genesi” o di “libro”; alcuni dicono libro della Genesi perché fanno riferimento a “genesi”, altri
libro del Genesi perché fanno riferimento a “libro”. La professoressa dice “libro del Genesi”. N.B.
Dante lo cita al maschile “libro del Genesi” all’interno di questo libro c’è un episodio interessante
che tratta del problema linguistico. E’ il famoso episodio della Torre di Babele.
La 1° traduzione della Bibbia in una lingua occidentale è stata fatta ad Alessandria d’Egitto, nel 70 a.C. da 70
rabbini, in greco (versione dei settanta) Per evitare che ci si allontanasse troppo dalla fede originale, è
successo che l’Antico Testamento viene tradotto in greco (traduzione dei Settanta), quindi viene
inserita un’altra lingua occidentale rispetto alle altre orientali. Quando emerge il Cristianesimo, nel
I secolo a.C., appare il Nuovo Testamento, il punto di riferimento del Cristianesimo rispetto
all’Antico Testamento. Visto che all’epoca c’era il greco, anche il Nuovo Testamento viene scritto
in greco.- La 2a traduzione della Bibbia in una lingua occidentale è stata fatta intorno al 360/370 da San
Girolamo, in latino, è quella che chiamiamo “la vulgata” poi rivista nel 1592.
EPISODIO BABELICO: L’episodio ci interessa a livello linguistico ed è quasi una metafora della
storia dell’umanità. All’interno del Genesi c’è la creazione e la storia dell’uomo che è, tra tutti,
l’elemento più nobile degli elementi del creato. L’umanità viene rappresentata come figlia di
Adamo ed Eva, e questa umanità si estende in una pianura che si chiama pianura di Shinàr (questa
pianura simboleggia il mondo). Non è un caso che la pianura si chiami in questo modo: -Shinàr è un
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luogo della Mesopotamia che viene nominato 8 volte nella Bibbia ebraica, abbiamo parlato della
Mesopotamia (nella lezione 1) in riferimento al problema della nascita dell’alfabeto. Se Shinàr
includeva Babilonia (e da alcuni riferimenti sembra la includesse) allora questo territorio
comprendeva sia il nord che il sud della Babilonia, ovvero la parte che è vicina alla culla della
nascita dell’alfabeto -C’è una relazione anche con il termine “sùmer” o “shùmer” che è il nome
arcadico usato per il indicare un popolo non semitico che chiamava la sua terra con un altro nome;
tutta questa riflessione, anche sul nome in cui questa torre viene costruita, è interessante perché
anche lo stesso nome viene, all’interno di alcune lettere scritte in cuneiforme, riferito con un
significante diverso→ quindi oltre a Shinàr ci sono anche altri nomi per chiamare questo territorio.
Secondo altri studiosi, Shinar indica la terra del dio mesopotamico della Luna, Sin, il cui tempio più
antico è stato rinvenuto a Ur. Sin aveva una rete di templi che si estendeva sino a Babilonia, e uno
dei più famosi si trovava a Gerico, in un luogo che anticamente era chiamato "posto del dio della
Luna". Non è un caso che la pianura di Shinar in cui viene costruito lo Ziqqurat, ossia la Torre di
Babele, coincida con grande numero di nomi con cui questa terra viene chiamata.
Quello che ci interessa è che questo Shinàr includeva sia il nord sia il sud della Babilonia e non è un
caso che in queste zone sia nato l’alfabeto. Cosa accade quando l’umanità si trova sulla pianura di
Shinar? Quindi la torre viene costruita all’interno di questa pianura dove si trova l’umanità figlia di
Adamo ed Eva; un altro dei problemi legati all’episodio babelico è quello che denota il fatto che
una delle più grandi paure dell’uomo è quella di disperdersi, di perdere la propria origine ed i
contatti con i propri fratelli o ex fratelli.
Gli uomini vogliono costruirla perché vogliono cercare una sorta di unità: vogliono trovare un
simbolo di unità il quale, nella traduzione di San Girolamo, viene identificato con il “signum
unitatis”. Questo simbolo di unità viene identificato nella Torre di Babele; questa torre, come altre
torri, era una costruzione molto diffusa all’epoca (→ gli zìggurat del mondo sumerico) e sono torri
devozionali che hanno un altare per immolare le vittime. La Torre di Babele è una di queste
zìggurat, la cosa eccezionale era la sua altezza.
QUINDI: Dio si accorge della costruzione della Torre e vede che l’uomo vuole sfidare il creatore.
Questa sfida consisteva nel fatto che l’uomo non cerca l’unità con il creatore ma tra uomo ed uomo,
attraverso la collaborazione umana per la costruzione di questa torre. Ciò che invece Dio avrebbe
voluto era il rapporto Dio-uomo (rapporto verticale) e non uomo-uomo (rapporto inter-circolare
orizzontale). Quindi la sfida che vede Dio in questo è nel fatto che egli venga escluso e ci sia una
solidarietà tra gli uomini. PERTANTO Cosa fa allora Dio? Dio colpisce gli uomini nella
comunicazione così gli uomini, mentre costruiscono la torre, non riescono a più capirsi tra di loro ed
arrivano ad una incomunicabilità. Dio quindi punisce gli uomini con l’incomunicabilità (gli uomini
comunicano ma non riescono piu a capirsi) e ad ogni uomo dà una lingua diversa a seconda della
funzione che avevano nella costruzione della torre→ nel commento all’episodio babelico, Dante ci
dice che le lingue si differenziano a seconda dei mestieri di coloro che costruiscono la torre
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Pentecoste, nel Nuovo Testamento). La Pentecoste, che viene narrata nell’ultimo libro del Nuovo
Testamento, permetterà agli Apostoli di spiegare la parola a tutti i popoli perché, attraverso la fede e
attraverso lo spirito santo, avviene il superamento dell’incomunicabilità e la ricostruzione
dell’unità. Questo episodio di superamento dell’incomunicabilità verrà considerato come il
miracolo del “dono delle lingue”. Quindi, attraverso la fede, si può tornare all’unità (linguistica).
PERTANTO tutta la speculazione cristiana lavora su questi due estremi:
-l’episodio di Babele in cui l’uomo è abbandonato a sé stesso e porta la pluralità dei linguaggio
-la Pentecoste in cui l’uomo, che ha fede nel Salvatore, porta ad un’unità originaria e alla sua
ricostruzione (linguistica)*
Nel cristiano il rapporto unità VS pluralità era interpretato come: pluralità = componente negativa
MENTRE unità = componente positiva N.B. Oggi, invece, sappiamo che la pluralità delle lingue è
un elemento molto positivo perché rappresenta un arricchimento La componente cristiana, che si
occupava di elaborare questo rapporto unità VS pluralità inserisce, all’interno del ragionamento, la
dottrina del trivium (insieme di tre artes: grammatica, retorica, logica-dialettica). Quindi la dottrina
del trivium ha un fondamento cristiano (le tre artes si legano alla conoscenza teologica) e si
svilupperà in epoca tardo medievale. Il trivium si intreccia con la componente teologica, ovvero
unità e pluralità. Trivium e conoscenza teologica vanno di pari passo. I secoli che vanno dalla
patristica (a partire da S. Agostino fino al Basso Medioevo) riflettono su questo binomio. In tutti i
secoli che vanno dal periodo della Patristica (cioè della 1a speculazione cristiana, quella di
Sant’Agostino), fino a tutto il Basso Medioevo (Dante compreso) non c’è autore che si occupi del
rapporto unità vs pluralità nell’ottica del trivum.
In Dante la contrapposizione tra unità (che c’era stata e si è persa) e pluralità è evidente ed egli
cerca di spiegare anche la risoluzione per ritornare all’unità servendosi degli strumenti del trivium.
In Dante la contrapposizione tra unità (che si è persa) e pluralità (realtà in continua evoluzione) è
evidente, questo perché egli tende ad acuirla e a drammatizzarla (il suo discorso intorno a questo
rapporto ha una finalità pratica ed è molto drammatico, in quanto è un letterato: egli scrive che
neanche gli abitanti di una determinata area riusciranno a capirsi tra loro, che porterà
all’incomunicabilità anche tra i parlanti della stessa lingua e della stessa area.). Secondo Dante, la
pluralità genera altre pluralità, riconosce nei dialetti della stessa città una sorta di pluralità e sostiene
anche che non si arriverà nemmeno a capirsi nella lingua della ragione nativa! In Dante il
messaggio è di tipo religioso-teologico, ma è anche un messaggio retorico-grammaticale-logico e
poetico.
Dire che il messaggio di Dante è “poetico” significa che: - è relativo alla poesia - che ha in sé
l’essenza del segno linguistico perché si lega alla funzione poetica : quando analizziamo le 6
funzioni comunicative, il messaggio che viene veicolato (che è uno dei tanti elementi della
comunicazione*) ha funzione poetica. Quindi, quando diciamo che il messaggio di Dante è di tipo
poetico, intendiamo fare riferimento al veicolare di un messaggio, all’interno di una comunicazione,
con questa funzione poetica
*il linguista russo Jakobson (apparteneva alla scuola di Praga) elaborò una teoria della
comunicazione in cui identificava 6 funzioni fondamentali della comunicazione: 1- il messaggio che
viene veicolato che ha una funzione poetica (è la funzione da cui Jakobson parte, quindi il
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messaggio veicolato è il punto di partenza della sua teoria della comunicazione) 2- la funzione
relativa al mittente (è il parlante A nel circuito della parola), ovvero la funzione emotiva 3- la
funzione relativa al destinatario (è il parlante B //), ovvero la funzione conatìva/di appello 4- il
contesto comunicativo a cui corrisponde la funzione contestuale 5- il canale attraverso il quale viene
veicolato il messaggio, ovvero il canale orale dell’apparato fono- articolatorio, a cui corrisponde la
funzione fàtica28 6- il codice attraverso cui due protagonisti della comunicazione comunicano a cui
corrisponde la funzione metalinguistica
L’auctoritas è un concetto che risale al mondo classico/romano. Qualunque pater, a Roma, aveva
delle funzioni particolari (diverse da quelle funzioni di padre attuale) ed era auctor perché aveva la
auctoritas (aveva delle caratteristiche giuridico-sociali per cui era portatore di questa auctoritas).
Nel mondo romano ciò che un auctor dice va div eniva una sorta di atto legislativo. Quando
Cicerone, per esempio, affermava determinate cose in senato, le affermava in qualità di auctor. Le
cose che un auctor dice devono essere commisurate alla responsabilità di ciascun auctor. Il sistema
con a capo l’auctor era un sistema autoregolamentativo, cioè ogni auctor era capace di
autoregolamentarsi. Nell’Inferno, Dante si incontra con 5 importanti autori: Virgilio, Omero,
Lucano, Orazio e Ovidio e, tra di essi, Dante si autodefinirà: “il sesto tra cotanto senno”. Proprio
perché Dante è “il sesto tra cotanto senno”, il termine auctor diventa sinonimo di “ doctor ”
A cosa applica Dante il dissidio tra unità vs pluralità e l’autorità del doctor?
Dante parte dall’analisi dei dialetti. Egli parla di “volgari” (non li chiama “dialetti”. Il termine
“dialetto” sarà coniato solo successivamente, nel ‘500 DAL BEMBO) e nota che le distinzioni tra i
volgari sono in continua emergenza (in questo Dante dimostra di possedere uno spirito
sociolinguistico VEDI DEFINIZIONE molto forte). A conferma di questo forte spirito
sociolinguistico, Dante nota che all’interno della stessa città ci sono variazioni di dialetti (quindi
nota la differenziazione ovunque!). Le variazioni sociolinguistiche riguardano diversi elementi
(tempo variazione diacronica, registri, stratificazioni sociali variazione diastratica, mezzo di
comunicazione variazione diamesica, collocazione nei luoghi diversi delle diverse entità
variazione diatopica). Tutte queste variazioni sono identificate da Dante nella visione dei dialetti.
La ricerca della differenza, che è legittima in ambito scientifico (non avremmo ricerca se non ci
fossero differenze), in Dante diventa: - oggetto della sua scienza - ricerca di motivazione teologica*
(questo tipo di analisi che fa Dante, in cui coinvolge sia analisi scientifica che quella sentimentale e
teologica, oggi non è più legittima perché il Rinascimento, e poi l’Illuminismo, hanno portato ad
una distinzione tra l’analisi fredda e scientifica, da un lato, e l’analisi sentimentale e sentita
dall’altro)
* La ricerca del perché teologico, in Dante, riguarda i l perché esista il peccato di Babele→ una
sorta di maledizione che è calata sull’uomo e che rimarrà su di esso finché non ci sarà la redenzione
che riporterà all’unità. L’uomo, su questa terra, deve avere una sorta di ancora di salvezza fino al
momento della redenzione. La via intermedia trovata da Dante (quindi quella ancora di salvezza per
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l’uomo) è formalizzata attraverso la teoria dell’ascesi dantesca (dall’Inferno al Paradiso), questa via
intermedia coinvolge la teologia (ricordiamo che la Divina Commedia è un itinerarium mentis in
deum, ovvero un percorso teologico). Quindi esistono le pluralità, e abbiamo una vetta che è
l’Unum (in Dante è l’ elemento teologico superiore) al quale dovremmo tendere/aspirare con fede e
al quale possiamo arrivare attraverso la ragione ma dal quale siamo staccati fino al momento della
redenzione (con la redenzione ci ricongiungeremmo all’Unum). Tra queste pluralità della realtà e
l’Unum ideale, ci deve essere una via di mezzo che abbia come obbiettivo l’unità (cioè che aspiri
all’Unum) e che si ponga tra l’Unum e le pluralità→ gli strumenti intermedi individuati da Dante
sono l’ inventio e il codice che lui chiama gramàtica. Egli trova nel volgare illustre la dimensione
dell’inventium che rappresenta il raggiungimento dell’unità. L’altra possibilità è quella che lui
ritrova nella gramatica, lingua della scienza, identificata nel latino.
La grammatica in Dante
La grammatica per Dante rappresenta una sorta di polo di quello che lui chiama il paradigma
diglossico. Diglossia significa che abbiamo a che fare con due codici diversi. da una parte la
grammatica, dall’altra la lingua della quotidianità. c’è un paradigma diglossico che vede, da un lato,
i dialetti e, dall’altro, la lingua veicolare che non è il dialetto ma il latino. In questo paradigma
Dante inserisce l’elemento grammatica. Quindi la grammatica è uno dei poli di un sistema
linguistico e culturale che ai sui estremi ha, nel caso di Dante, il latino ed il volgare (i dialetti) e che
implica un’opposizione tra il latino inteso come lingua scolastica, scientifica e letteraria e il volgare
inteso come lingua spontanea e quotidiana.
La riflessione sulla grammatica si sviluppa partendo dalla Vita Nuova, fino alla Commedia (quindi
attraversa le sue opere) parte da concetti aristotelici-tomisti e va in direzione della neutralizzazione
di queste differenze e di questo dissidio tra unità e pluralità (sappiamo che la grammatica è
considerata, da Dante, come elemento intermedio per superare il contrasto unità vs pluralità).
Questa neutralizzazione viene formalizzata in opere come il De vulgari eloquentia ed il Convivio e
sarà, poi, teorizzata canonicamente nel 26esimo canto del Paradiso (quando ci sarà il discorso di
aspirazione finale all’Unum). Il concetto di grammatica attraversa tutta l’opera letteraria di Dante e
non appare mai isolato perché viene sempre abbinato ad elementi di altri dottrine (del trivium o del
quadrivium), per esempio, nel II libro del Convivio, la grammatica viene comparata al Cielo della
Luna dove troviamo l’espressione: «Molti vocabuli rinasceranno che già caddero».
QUESTA RIFLESSIONE= Del problema dei “molti vocaboli nasceranno che già caddero” ne
abbiamo parlato discutendo del problema del referente: se tutti gli alberi del mondo scomparissero
dalla terra, noi continueremo a chiamare “albero” quel determinato referente per un certo periodo di
tempo. Questa riflessione, come possiamo notare, è già presente in Dante.
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Commedia. Si parte dal capitolo XXV della Vita Nova in cui abbiamo il rapporto del latino (lingua
letteraria e scolastica) e del volgare (lingua della quotidianità). Poi Dante continua la sua analisi e
definisce il latino come locutio secondaria rispetto al volgare che è la locutio primaria. Poi
ripercorre la storia del linguaggio a partire da Adamo e da Babele, reinterpretando il mito babelico,
in cui il mito rappresenta la condanna divina all’instabilità linguistica, quindi Dante descrive tutta la
diversificazione idiomatica che esce fuori dall’episodio di Babele, per poi arrivare nel D.V.E ad
affermare la differenziazione linguistica all’interno di uno stesso quartiere.
Dove troviamo considerazioni sulla grammatica? Nel capitolo 9 del De vulgari eloquentia. L’autore
dopo aver considerato, all’inizio dell’opera, la storia del linguaggio a partire da Adamo e Babele,
descrive il processo di diversificazione idiomatica fino alle differenze di linguaggio tra quartieri
diversi della stessa città. Quindi l’invenzione della grammatica, che non ha un inizio nel tempo ma
risponde ad un’esigenza antropologica che va al di là della storia, è un’iniziativa imposta
all’umanità dalla naturale tendenza del linguaggio al mutamento. Dante riconosce questa pluralità di
volgari all’interno della stessa città, le identifica e dice che questo mutamento è innato, ovvero
inevitabile. Il De vulgari eloquentia è scritto in latino, questo perché è l’espressione/la messa in
pratica di quel paradigma diglossico: volgare da una parte, il latino (lingua della dissertazione,
lingua letteraria) dall’altra. Quindi è scritto nella lingua letteraria (in latino) e, non a caso, parla di
grammatica.
“La quale grammatica non è altro che una sorta di inalterabile identità della lingua attraverso tempi e luoghi diversi.
Questa, poiché è stata regolata per consenso comune di molte genti, non appare esposta all’arbitrio individuale di
nessuno, e di conseguenza non può neanche essere mutevole”. L’hanno trovata, dunque, per evitare che, a causa del
variare della lingua, fluttuante secondo l’arbitrio dei singoli, non potessimo in alcun modo attingere il sapere e la storia
degli antichi, ovvero di coloro che la diversità dei luoghi rende diversi da noi”.
E’ uno strumento che si acquisisce sui banchi di scuola invece, il volgare, si acquisisce dalla lingua
madre/materna. Proprio perché la gramatica non si acquisisce dal lato umano, a differenza della
lingua materna, non è sottoposta al disfacimento di Babele. Dante definisce la gramatica come
“òpus intellectuale” che entra nella sfera mediata dallo spiritus (qui Dante fa appello alla
conoscenza teologica), non è corruttibile, non si differenzia in altre grammatiche e quindi è al di
fuori di ogni differenziazione contingente. E’ una sorta di salvezza spirituale e teologica (nella
lingua della gramatica sono scritte anche le Sacre Scritture).
Cicerone e Virgilio, le Sacre Scritture, la Patristica, Dante, i suoi contemporanei e successori→ tutti
questi auctores parlavano la stessa lingua (della grammatica)→ dire che parlavano la stessa lingua
non significa che parlavano in latino ma significa che parlavano una qualsiasi lingua (che sia il
latino, l’italiano, l’inglese. Virgilio era della zona del mantovano e quindi, a casa sua/in un ambiente
familiare, parlava una sorta di volgare mantonavo, Cicerone invece, a casa sua/in un ambiente familiare,
parlava una sorta di volgare ciociaro ma, entrambi, parlavano la stessa lingua perché a scuola avevano
imparato la gramatica. Quindi i l sistema nelle scuole, in cui si apprendeva anche il trivium, permette la
conoscenza della grammatica che viene acquisita da parte di tutti questi auctores (portatori di auctoritas)
che, allo stesso tempo, sono doctores.)Dante, infatti, non usa mai il termine “latino” come sinonimo di
lingua. Se consideriamo la gramatica come lingua (Dante non la considera come lingua!), sarebbe
sottoposta alle stesse leggi del volgare e quindi sarebbe corruttibile. Proprio per questo la gramatica
non può essere sottoposta a sviluppi storici (l’episodio babelico faceva parte della storia), quindi la
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gramatica diventa uno strumento di salvezza che non può essere qualcosa di contingente legato alla
storia e non può essere un volgare. Quindi, ricapitolando: - la gramatica non può essere considerata
una lingua perché, in caso fosse considerata come tale, sarebbe corruttibile
A un certo punto Dante dice che questi doctores sono trilingues. Questi doctores sono tutti andati a
scuola, hanno imparato la grammatica, ed essi conveniunt, cioè si riuniscono. Il risultato è la
determinazione dell’inventio, cioè trovano un elemento per raggiungere l’unità attraverso la
creazione di quello che Dante chiamerà ‘volgare illustre’. I doctores si mettono d’accordo e
procedono all’affermazione, questo perché gli auctores devono condividere e dire di sì a questa
grammatica.
Per comprendere questo concetto dobbiamo fare riferimento a 3 livelli di affermatività: si, oc
(particella latina che indica l’affermazione, utilizzata dai provenzali a sud della Francia,
trasformazione di hoc) e oïl (contrazione di oc ille, diffuso a nord della Francia ed è il risultato di
una modifica di quella lingua.).
Perché questi tre sì (hanno lo stesso significato ma significanti diversi) sono degli atti convenzionali
permessi da una convenzione di auctores/doctores che sono trilingues (perché abbiamo 3 lingue
diverse)
Questi doctores “ convèniunt ” (dice Dante), ovvero “si riuniscono/convengono” e, dal loro
convenire, scaturisce l’inventio. Dall’aggregazione da parte dei doctores che “conveniunt”, quindi,
si sarebbero costituiti non i volgari di cui Dante parla all’inizio ma i “ volgari illustri ”.
L’inventio non è un volgare della quotidianità, ma illustre, illuminato, perché cardinale, aulico e
curiale, cioè frutto da un’autorità religiosa, politica.
Sono volgari illustri che hanno le caratteristiche di:
-cardinali → poiché le altre lingue ruotano attorno ad essi e li prendono come punto di riferimento
- aulici → perché è la lingua degna della reggia imperiale (in latino “aula”)
-curiali → in quanto degni di essere usati in una ideale reggia dagli uomini facenti parte della Curia
Sono il frutto di una convenzione voluta da - un’ autorità intellettuale - un’autorità religiosa
- un’autorità politica (l’elemento politico è sempre importante nel momento della formazione della
lingua)
La corte di Federico II in Sicilia sarebbe l’aula ideale (aula palermitana) di formazione di questo
volgare illustre. In Sicilia nel 1256 si sviluppa la scuola dei poeti siciliani, molto importante in cui
nasce la poesia dell’amor cortese ereditata dai trovatori. All’epoca di Dante non c’era una figura
pari a quella di Federico II. Anche la definizione del volgare illustre come cardinale, aulico e curiale
è legata alla traccia della scuola siciliana. Non è un caso che dietro l’idea del volgare illustre e
l’elaborazione dell’inventio Dante parla nella Vita Nova dell’utilizzo del volgare nella poesia
d’amore. Non a caso una delle parole che dante riprende per indicare come i tre volgari risalgano ad
un unico idioma originale, triphario, è amor. Questa parola sarà alla base della poesia dell’amor
cortese e dell’ideologia stilnovistica.
PERTANTO: Perché i tre idiomi si chiamano si, oic, oil? La risposta precisa non c’è ma ci sono
delle diverse ipotesi. Un’ ipotesi potrebbe essere questa: i tre volgari illustri sono delle pattuizioni,
ovvero delle regole convenzionali elaborate dai doctores che, come tutti gli atti pattuitivi, possono
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entrare in vigore dove c’è un assenso (un affermazione/una conferma) delle parti. esempio: il
matrimonio è un atto pattuitivo in cui, ad una richiesta fatta dal celebrante, fa seguito un segno di
assenso da parte degli sposi. Quindi la presenza degli sposi non è sufficiente, bisogna dire sì per
formalizzare l’atto matrimoniale
I doctores avrebbero pattuito gli estremi del volgare illustre che dovrà essere accettato da tutti gli auctores
che lo utilizzeranno e l’identificazione dell’affermazione deve essere fatta attraverso l’assenso espresso
attraverso questi tre elementi: si, oc, oil. Quindi c’è stata prima una formula e poi un assen s o nei tre
linguaggi in modo che l’atto giuridico risultasse concluso. L’ipotesi, quindi, vuole che il motivo per cui
vengono scelti questi tipi di significanti, rispetto ad altri, è la pattuizione.
GRAMAMTICA COME METALINGUAGGIO=Dobbiamo considerare il concetto della
grammatica come un elemento metalinguistico. Cioè, la gramatica di cui stiamo parlando (ovvero lo
strumento che Dante identifica come strumento intermedio per superare le pluralità e arrivare verso
l’unità attraverso l’elaborazione della teoria dei volgari illustri e attraverso l’affermazione)
dobbiamo considerarla in un ottica metalinguistica, quindi la grammatica è un metalinguaggio, cioè
un codice che ci permette di parlare di lingua (anche se la gramatica non è una lingua) attraverso la
lingua.
Proprio perché la gramatica è un metalinguaggio, ovvero uno strumento linguistico che permette di
parlare di lingua, ma senza essere lingua, in qualche modo poteva essere una configurazione di
quella che è la “lingua” perfetta. Dante fa capire che la grammatica è una delle possibilità che un
gruppo di doctores si è dato, millenni prima di lui, e che è uno strumento che serviva al passato,
serve al presente e servirà al futuro. Quindi la grammatica per Dante assume la connotazione di
perfezione
Questa concezione di Dante è estremamente realistica: la grammatica, in generale, nella ricerca occidentale,
ha sempre rappresentato la presentazione di un sistema di linguaggio (la grammatica ci permette di capire
come funziona un determinato tipo di linguaggio). Man mano che ci si avvicina al 1600, in tutta questa
riflessione successiva, si fanno discorsi sul problema della perfezione della lingua.
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Il funzionamento degli elementi nella realtà del 1600
Nella prospettiva del 1600 (cercare di ricostruire il codice originale dell’umanità) si supera il
concetto di perfezione presente in Dante ma, nello stesso tempo, c’è anche dell’antico perché l’
obiettivo è sempre quella di sfuggire alla storia, alle pluralità e, sulla base della ricerca del codice
originario, nasce anche l’esigenza di cercare l’origine e la formazione di altri elementi, oltre a quelli
linguistici (infatti vengono coltivate anche altre discipline o filosofie, ad esempio quelle
neoplatoniche) in cui si cerca di sfuggire alla pluralità classificando gli elementi. Nel 1600 si va
anche alla ricerca di testi orientali ed egiziani (si sviluppa un’ attrazione verso i geroglifici). Quindi
si va alla ricerca della sapienza originaria attraverso la ricerca e l’elaborazione di questi elementi
minimi.
Tutte queste ricerche, che rappresentano le ricerche un po’ più legate all’antico (perché si pongono
come obiettivo il superamento delle pluralità) vanno sempre alla ricerca del rapporto originario tra
nomen e res. Tutte le istanze classificatorie degli elementi tendono alla ricerca dell’unità,
dell’archetipo (l’elemento primario) e ciò corrisponde, appunto, alla ricerca del rapporto originario
tra nomen e res.
Bacone elabora una serie di problemi che riguardano l’io pensante e il mondo circostante, il
rapporto tra ordo nominum e l’ordo rerum. Nella seconda metà del 1500 Bacone chiarirà i problemi
del rapporto tra la mente (io pensante) e il mondo circostante (quindi entra nel rapporto tra nomen e
res) e d elabora una teoria chiamata Teoria degli idòla (idòla è il termine latinizzato e deriva dal
greco “eidolòn”, in italiano abbiamo “idolo”). In filosofia “idolo” cosa significa? Significa
immagine (il greco eidolòn deriva da èidos, ovvero “immagine”) e rappresenta, in maniera fittizia,
l’idea QUINDI “RAPPRESENTAIZONE FITTIZIA DI UNA IDEA”. L’idea è una realtà
ontologica (abbiamo parlato di Platone, la sua è una filosofia delle idee), ovvero le idee sono le
costanti razionali della realtà, quindi l’idea è un fatto positivo. Dobbiamo distinguere l’idea e
l’idolo: l’idolo non è la realtà ontologica ma l’immagine che qualcuno si fa di qualcosa, l’idea è una
realtà ontologica. QUALE E’ IL SUO OBIETTIVO? L’obiettivo di Bacone è ricostruire una lingua
originaria e perfetta, la stessa che Dio parlava con Adamo. Ritorno al discorso delle origini della
lingua, forte rapporto tra Dio e l’uomo. Bacone intende raggiungere questo obiettivo attraverso la
segmentazione, suddivisione in elementi minimi. Bacone lo fa in maniera non ancora scientifica
come faranno i teorici del metodo storico-comparativo. Egli osserva la natura (in greco physis =
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’Essere’). La radice iniziale ph deriva da una radice indoeuropea, di una consonante bh con
aspirazione, che subisce poi nel percorso verso le lingue storicamente documentate un processo per
cui in latino diventa f ed è collegata al verbo essere. In latino il termine ‘natura’ deriva dal verbo
deponente nascor, legato alla cultura agricola (poi in latino abbiamo un altro termine: natio, in cui è
più evidente l’ambito comunitario, alla base del concetto di nazione).
Tra le sue opere più importanti ricordiamo il Novum òrganum, in cui parla della questione di
Babele. Peccato molto più grave secondo Bacone rispetto a quello originale perché con Babele si
rompe l’unità linguistica che si aveva con Dio, il cui rapporto non può essere recuperato se l’uomo
decide di costruire una torre per sfidare la divinità.
In Bacone un altro concetto molto importante, alla base della sua teoria, è quello ripreso da
Cartesio, res. Attraverso l’osservazione della natura (punto di partenza di Bacone) e la
classificazione degli elementi naturali si raggiungono i caratteri reali, ossia gli elementi minimi che
gli permettono di ragionare sull’unità. Bacone ripropone il concetto di natura affinché gli studiosi la
osservino attraverso la segmentazione di elementi minimi. secondo Bacone nella realtà manca il
rapporto diretto tra lingua e caratteri reali. Questi caratteri reali sono gli elementi minimi della
natura, che rappresentano i referenti. Proprio perché lui si accorge che c’è questa differenza,
scollamento tra res e lingua, tra un ordine delle cose e un ordine della lingua, è necessario ristabilire
il parallelismo tra ordo rerum e ordo nominum, che deve essere recuperato.
Se bisogna ristabilire il rapporto tra ordo nominum e ordo rerum dobbiamo riportarlo al momento
della creazione. Qual è il miglior nome dell’acqua se dobbiamo ricondurlo alle origini? H2O.
Secondo questo ragionamento le parole sono delle immagini che non corrispondono alla realtà.
L’unico rapporto recuperabile tra nomen e res è chiamare l’acqua con la sua formula chimica.
Bacone per spiegare il recupero del rapporto tra nomen e res elabora la teoria degli idola. La
comunicazione linguistica sarebbe minacciata da un gruppo di idola (immagine della lingua): dagli
idola fori, gli idoli del Foro, luogo della socialità.
Nella realtà esistono 4 categorie principali di idola:
1. Idola tribus idoli della tribù, la tribù è l’etnia umana, tutto ciò che l’uomo può creare in
relazione alla propria appartenenza all’etnia umana. Idoli che appartengono antropologicamente
all’umanità e rappresentano delle paure ed essi sono connaturati nella mente di tutta la specie: li
possiede ogni uomo. Il più noto degli idòla tribus è quello della “fallibilità dei sensi”: l'uomo dà
troppa importanza all'esperienza sensibile, ed è convinto che questa non possa ingannarlo. Un
altro noto idòla tribus è la tendenza nel vedere un principio d'ordine, ossia di voler vedere un
finalismo nella natura: «la natura non ha fini, solo l'uomo ne ha».
2. Idola specus idoli del soggetto. Specus sarebbe il termine latino per ‘spelonca’, ‘grotta’. Poi
tradotto con idoli del soggetto perché sono gli idoli della grotta, cioè gli idoli che il singolo si
crea che però non fanno parte dell’etnia umana, ma del soggetto, sono di tipo psichico,
personale. Uomo in quanto non essere umano appartenente a un’etnia, ma in quanto essere
individuale. Qui per Bacone la caverna è la mente di ciascuno di noi, che rifrange ed altera il
lume della natura: questi infatti sono pregiudizi che appartengono al nostro inconscio, propri di
ciascun individuo, dipendenti dalla sua educazione, dal suo stato sociale, dalle sue abitudini e da
casi fortuiti. Tutti siamo portati a proiettare all'interno e negli altri noi stessi, e forzare la realtà
in una direzione.
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3. Idola fori idoli del Foro, ossia «della piazza», categoria più complessa perché riguarda
vicino l’aspetto linguistico. Per Bacone la lingua è un idola fori. Il Foro è il mercato, luogo per
eccellenza della socialità, quindi è anche il luogo per eccellenza anche della lingua, la quale
senza socialità non avrebbe senso di esistere. La lingua, essendo stata creata come convenzione,
è soggetta a tutte le debolezze che ne deriva. Ma la convezione è un ostacolo tra nomen e res.
La lingua può essere naturale e convenzionale e la convenzione di per sé è portatrice di pericolo
nei confronti del rapporto di recupero tra nomen e res. Secondo Bacone se ci fosse un segmento
della realtà che si fissa indelebilmente con un elemento linguistico B, ci sarebbe un rapporto
indissolubile e non ci sarebbe più il problema di questo idola fori perché do per scontato che
questi elementi sono sempre costanti.
Si cerca di fare delle ipotesi su questo recupero del rapporto tra nomen e res: le tante bancarelle
sono i diversi elementi. I venditori propongono dei prezzi che possono andare bene o no per
l’acquirente. Quanti più elementi pongo sul mercato, tanto più aumentano le possibilità degli
incroci. ESEMPIO: (Lo statuto del verbo to have, che ha assunto lo statuto dei verbi standard,
normali, regolari. È successo questo per un fatto di economia linguistica, pattuizione). La lingua
è in continuo movimento: Io ho più elementi rispetto all’origine in cui potevo avere un elemento
A e B. gli incroci tra questi elementi possono essere diversificati a seconda della pattuizione che
il parlante decide di applicare.
PERTANTO Bacone afferma che se si propone un rapporto tra nomen e res faccio una
trasformazione della lingua, modifico il sistema. Tutto ciò che ottengo è una modifica del sistema
per cui la lingua non è più oggettività e frutto del rapporto univoco A-B, non ho una corrispondenza
A e B pertanto se modifico la langue, l’idola diventa idolo.
ESEMPIO: La lingua italiana ha deciso che all’elemento acqua (A) applica un’etichetta
(significante acqua) nella lingua italiana. Nella lingua inglese questa etichetta si modifica. I segni
appartengono tutti a uno stesso inventario, che secondo Bacone identifica i significanti appartenenti
all’inventario di tutte le lettere di tutte le lingue del mondo. questo rimescolamento di elementi può
avvenire anche all’interno di una stessa lingua nel caso in cui alcuni termini entrano nel lessico e
poi ne escono.
4. Idola theatri idoli del teatro. Gli idòla theatri sono quei pregiudizi che derivano dalle dottrine
filosofiche del passato, pensieri politici, religioni (che in temrine marxiano sono sovrastrutture)
paragonate a mondi fittizi o a scene teatrali, simbolo della forte critica che Bacone fa alle differenti
scuole filosofiche assimilandole a favole o sceneggiate. In particolare, Bacone distingue tre specie
di false filosofie: l'empirica, la sofistica e la superstiziosa. Della filosofia empirica i maggiori
esempi sono Gilbert e gli alchimisti, che pretendono di spiegare la realtà con pochi esperimenti,
seppur curati; al genere sofistico appartiene la filosofia di Aristotele, che Bacone criticò aspramente
in quanto cercò di dare più una descrizione astratta delle cose che andare alla ricerca della loro vera
realtà. La filosofia superstiziosa, infine, è quella che si fonde con la teologia, come accade con la
filosofia pitagorica e platonica.
-Le tavole di assenza (tabula absentiae in proximitate) registrano, al contrario, quando il fenomeno
non si verifica, nonostante le condizioni siano simili a quelle notate nelle tavole di presenza: per
esempio, sempre per quanto riguarda il calore, la luce della luna o delle stelle, i fuochi fatui, e
i fuochi di Sant'Elmo.
-Le tavole dei gradi, o comparative (tabula graduum), indicano in quale misura accade
l'avvenimento studiato, che può quindi manifestarsi nei suoi gradi crescenti o decrescenti: ad
esempio, si dovrà porre attenzione al variare del calore nello stesso corpo in ambienti diversi o in
particolari condizioni.
Una volta ordinato il materiale dice Bacone che possiamo procedere con l’induzione che implica un
processo molto complesso che ha bisogno di pazienza e consiste nell’elaborazione di tutti i dati
registrati. Innanzitutto egli ci dice di considerare le tavole di assenza proprio per non cadere in
errore generalizzando e considerando solo le tavole di presenza (es se non considerassimo i raggi
lunari potremo concludere che la luce è la forma del calore dato che in molti casi essa accompagna
il calore). Si deve individuare che cosa sia sempre presente, quando sia presente la natura di cui si
ricerca la forma; che cosa sia sempre assente, in assenza della natura in questione; che cosa cresca e
decresca in tutti i casi in cui essa a sua volta cresce o decresce. Ciò implica un complesso processo
di valutazione o di interpretazione dei dati disponibili. Al termine del lungo lavoro di esclusione,
otterremo di conoscere la forma ricercata. O piuttosto saremo in grado di formulare una prima
provvisoria (e quindi ipotetica) inferenza circa la forma ricercata: è ciò che il filosofo chiama prima
vindeminatio.
Considerando che esiste una differenza tra naturalità e scientificità (TASSONOMIA ACCETTA
UNA SOLA INTERPRETAZIONE MENTRE QUELLA NATURALE PIU’
INTERPRETAZIONI). Pensiamo alla classificazione dell’atomo. L’atomo è la parte più piccola
della materia, non può essere divisibile. Athomos dal greco a-temno (‘tagliare’), etimologicamente
che non si può tagliare, elemento indivisibile. Tassonomia relativa all’atomo che fa sì che l’atomo
sia considerato indivisibile. Poi si è scoperto che l’atomo è divisibile perché si divide in protoni, è
costituito da elementi minimi. la tassonomia naturale prevede che nella mente del parlante vi sia il
concetto della non divisibilità. INVECE la tassonomia scientifica prevede che l’atomo sia divisibile
in ulteriori elementi minimi.
nel campo linguistico dobbiamo considerare un parallelismo tra il mondo naturale e il mondo
linguistico: ciò che avviene nel mondo naturale può avvenire anche in quello linguistico
Una tavola rappresenta un insieme di elementi minimi tra loro coordinati e le tavole valgono per gli
elementi organizzati della realtà (caratteri reali) e vale sia per le lettere, sia per i numeri. Questo ha
una corrispondenza in questa attività cerebrale che il parlante fa perché la lingua è fatta tutta di
segmentazioni.
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Il periodo che vede operante Bacone è quello delle Accademie, all’interno delle quali circolano le
sue idee, tutti gli appartenenti alle Accademia hanno una forma mentis simile a quella di Bacone.
Tra le Accademie importanti ricordiamo la Royal Society nasce a Oxford e poi sarà trasferita a
Londra. Essa si occuperà della diffusione di tutte le teorie a partire da Bacone. All’interno di questa
accademia orbitano le menti più illustri e brillanti dell’impero britannico, ma anche studiosi di altre
nazionalità perché all’epoca c’era una circolazione ampia di menti e di idee. L’Italia è fuori dai
centri culturali perché è in parte isolata in questo periodo dalle tendenze dell’epoca, non ha un
respiro europeo per cui non si sviluppa questo tipo di accademie, ma abbiamo un altro tipo di
approccio alla cultura, che porterà allo sviluppo delle università. In questa fase, avviene la divisione
tra la linea culturale di stampo europeo e la linea culturale di stampo italiano.
-AREA FRANCESE. → ruolo importante, forte caratterizzazione del pensiero francese per gli
studi razionalistici. La cultura francese comincia a sviluppare una serie di analisi che riconducono a
correnti come sensismo e meccanicismo a regole tratte dalla logica classica. Il sistema della logica
classica classificato da Aristotele, studiato in ambito greco, latino, medievale e approda nel 1500-
1600 in Francia, diffuso attraverso l’interpretazione di Boezio, un uomo di governo degli ostrogoti.
Boezio prima di essere uomo politico fu un grande traduttore di Aristotele, i libri che riguardano la
logica e dal 500 d.C. in poi queste traduzioni circoleranno anche in area francese.
I filosofi francesi cominciano ad analizzare questi aspetti legati alla logica, analizzare i fenomeni
naturali, interpretare e capire il funzionamento delle regole della realtà circostante e la logica
applicata alla classificazione degli elementi. L’interpretazione da parte dei filosofi francesi
dell’osservazione dei fenomeni naturali è legata al sensismo e al meccanicismo, che si sviluppano
come correnti filosofiche in ambiti francesi.
-sensismo (dal latino sensus). Il sensismo non sottolinea il rapporto di causa-effetto ma è una
sorta di interpretazione psicologico-culturale che l’uomo, limitato dai suoi sensi, dà per
funzionamento del mondo. Il sensismo è uno strumentum interpretationis mondi.
-meccanicismo, recuperata dal Tesaurus, non è una parola autoctona, concezione per la quale
Ogni fenomeno della natura è derivazione di un altro fenomeno.
La Francia, oltre all’impostazione razionalistica, che va a condizionare anche il confronto tra teorie
sensistiche e meccanicistiche nei confronti della logica classica, conosce un contrasto ideologico
che ha una connotazione religiosa tra. intellettuali che sono legati alla vecchia chiesa francese
(cattolici) e dall’altra parte intellettuali che si discostano dall’ideologia cattolica e si orientano al
calvinismo. In questo scontro tra cattolici e calvinisti si avrà una ripercussione storica (nel 1572 la
notte di San Bartolomeo vede l’arresto degli ugonotti).
La Francia del 1500 non è unita nei confronti delle ideologie religiose, quindi le Accademie francesi
si dividono tra loro. Ci sono le famose posizioni ideologiche gianseniste. I giansenisti sono dei
cattolici che sviluppano teorie diverse da altri cattolici. Tra i personaggi famosi orientati a questa
corrente, ricordiamo Pascal. Blaise Pascal lega il suo nome a un’altra grande importante accademia
francese, l’Accademia di Port-Royal, che diventa la capitale delle accademie giansenistiche della
Francia. Gli intellettuali giansenisti di questa accademia si danno il nome di “signori”. Intorno al
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1636 si comincia a ragionare su un tipo di grammatica, chiamata grammatica ragionata ed è l’opera
più completa del razionalismo francese. La genesi di questa grammatica articolata è preceduta da
altre opere dette metodi, per l’insegnamento delle lingue latina, greca, italiana e spagnola. Questi 4
metodi insieme alla grammatica ragionata rappresentano un tentativo di interpretazione
razionalistica, secondo principi logici, della grammatica. Questa grammatica contiene la
classificazione di categorie grammaticali secondo principi logici, che trovano una formalizzazione
in un’altra opera: Logique de Port-Royal.
Grammaire générale, 1660 autori Lancelot-Arnaut.
Quest’opera viene redatta in lingua francese (novità perché le lingue nazionali all’epoca non
venivano utilizzate. Si impiegava il latino, come ha fatto Bacone che scriveva in latino, Arnaut e
Lancelot in francese (anche se erano ancora capaci di usare il latino come lingua della scienza).
Per la prima volta un gruppo di intellettuali assume la coscienza di elaborare una grammatica che
rappresenta il funzionamento di una lingua. Le regole sono quelle della grammatica latina, applicate
alla lingua nazionale, francese. Viene fornito un insieme di regole in lingua volgare alle quali il
parlante deve attenersi. Dietro e in contemporanea alla grammatica ci sono strumenti didattici con
finalità didattica e normativa (metodi), mentre la Grammaire ha una funzionalità descrittiva del
funzionamento della lingua. Non abbiamo più un fatto di bellezza artistica che si coniuga con la
grammatica, ma la categoria grammaticale viene interpretata su base logica. Quello che definisce la
lingua francese in questo frangente è che la lingua francese diventerà lingua della ragione perché
interpretata attraverso le categorie logiche del pensiero.
PIETRO RAMO= Movimento ugonotto in contrasto con i giansenisti. Pietro Ramo esponente
ugonotto, respinge l’aristotelismo ma recupera la logica attraverso la filologia del testo. La filologia
diventa lo strumentum interpretationis del rapporto originario nomen-res.
GESUITI= Terza grande componente dell’area francese è quella dei gesuiti, ma assumono posizioni
diametralmente opposte a quelle dei giansenisti. L’esponente maggiore del razionalismo francese,
Cartesio, orbita attorno a quest’altra posizione ideologica. I gesuiti operano non attraverso le
Accademie ma attraverso i collegi, centro di studio per tutti coloro che appartengono a questo tipo
di orientamento: essi nascono come ordine missionario e insegnano nei collegi (collegio La Flèche
in cui si forma Cartesio). La cultura gesuitica si sviluppa anche in Spagna e la figura religiosa di
riferimento è Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù e a livello di diffusione
abbiamo il movimento dei gesuiti, legati alla Controriforma. I gesuiti sono protesi verso la
diffusione del messaggio salvifico del cattolicesimo e in Francia si fanno portatori di istanze
culturali come quelle che ruotano attorno al collegio di La Flèche cui appartiene Cartesio
La grammatica ragionata dei giansenisti è interpretata in maniera diversa da quella dei gesuiti: nella
prima prevale l’uso della ratio, nella seconda l’usus e la consuetudine.
Una delle maggiori interpretazioni della grammatica gesuita la dà Claude Favre de Vaugelas= la cui
grammatica è basata su dati empirici, dati linguistici (prospettive etnolinguistiche) più che sulla
formalizzazione come avevano fatto i portroyalisti.
VARRONE USA PER PRIMO I TERMINI RATIO, USUS, AUCTORITAS (fa riferimento
all’auctor, che oltre ad essere colui che crea l’oggetto grammaticale e letterario è colui che ha
un’autorità su quello che scrive e tramanda) e etimologia. Una grammatica intesa in senso generale
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come sistema deve essere una formazione di questi elementi all’interno di un sistema equilibrato, in
cui questi elementi si configurano.
Varrone inserisce la ratio nella sua grammatica e corrisponde all’analogia, cioè la regola di
funzionamento in base alla quale se a è uguale a b, c è uguale a d, ecc. Port-Royal fonda
l’impostazione della grammatica sul concetto di analogia. La grammatica di Port-Royal si fonda su
regole di funzionamento della realtà e degli elementi appartenenti alla realtà applicati ad altri
contesti.
Se ci spostiamo sul piano dell’USUS, esso per Varrone è la consuetudine: se io ho cavallo, cavalli;
uomo, uomini significa che la regola analogica non funziona più perché stiamo lavorando su un
altro piano, ci riferiamo al contesto, all’interpretazione di un uso all’interno del quale devo entrare.
Un principio che regola la formazione uomo, uomini dà fastidio ai portroyalisti perché si allontana
alla regola dell’analogia, secondo la quale avrei dovuto avere uomi. I portroyalisti indicano il caso
uomo-uomini come un’eccezione. I neogrammatici parleranno di ineccepibilità delle leggi
fonetiche, ovvero non accettano le eccezioni. Questo è dipeso dal fatto che un orientamento si
diffonde più dell’altro per cui se avesse trionfato la tradizione gesuitica noi non ragioneremmo con
le eccezioni perché tutta la regolamentazione delle grammatiche gesuitiche che si fondano sull’usus
giustificano l’eccezione.
-AREA TEDESCA, intesa in senso molto più ampio rispetto ai confini della Germania perché
comprende anche l’Austria, la Boemia, l’Ungheria, la Polonia, la Svezia e la Danimarca.
L’area tedesca è la culla della linguistica e degli studi glottologici. I gesuiti che avevano un’ottima
rete di collegi, entrarono in missione in area tedesca e riportarono gran parte di quelle aree al
cattolicesimo. Tra i nomi più significativi di questa area culturale, c’è lo studioso Athanasius
Kircher (Geisa, 2 maggio 1602 – Roma, 28 novembre 1680), studioso che si occupa di matematica,
astronomia, nominato matematico del Papa. Accanto a lui c’è un’altra figura, padre Klavius,
latinizzazione di Kristof Klauf. Nel periodo in cui vive A. Kircher c’è il passaggio dal calendario
giuliano al calendario gregoriano, voluto da papa Gregorio grazie all’intervento del gesuita Klavius.
Kircher ha la fama e la fortuna di essere il primo uomo moderno a rintracciare e rivedere gli
obelischi egiziani (passione per la scrittura egizia), frutto di una Operazione di recupero
dell’antichità in epoca rinascimentale, che porta al rinvenimento di questi obelischi, restaurati e
ordinati. Durante questa azione di recupero, Kircher va sul campo a vedere questi obelischi e tenta
di dare un’interpretazione della scrittura egiziana presente in essi. Si tratta della scrittura geroglifica
quindi si tratta di ideogrammi o logogrammi. Analizza la tavola MENSA ISIACA, tavoletta di bronzo di
epoca romana, custodita dal Cardinale Bembo. la tavoletta imita quella che erano geroglifici dell'Antico
Egitto, attraverso un'analisi profonda si è capito che in realtà sono geroglifici differenti, con attributi
inconsueti, il motivo Egizio è decorativo. c'è una figura centrale dove si trova Iside a Tempio di Iside al
Campo Marzo di Caligola ma unica rappresentazione e iconografia a studiare meglio geroglifici. attraverso
questa tavoletta non si saprebbe tradurre Egli si rende conto, identificando questi geroglifici, che esiste
un modo di scrivere che rimanda direttamente all’idea. Primo riconoscimento ufficiale da parte
della cultura occidentale che la scrittura ideogrammatica riporta l’idea dei parlanti senza
l’intermediazione dell’alfabeto. Questo per noi è una banalità, ma ai tempi di Kircher non lo era.
Kircher si rende conto che esiste un rapporto univoco tra pensiero e lingua scritta attraverso
l’interpretazione dell’ideogramma. Kircher diventò amico di Leibniz, che, come linguista, viene a
sapere di questo tentativo di Kircher sulle steli egiziane e i due intrattengono un rapporto epistolare.
Il risultato però è fallimentare per motivi legati alla mancanza di strumenti.
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Oltre Kircher, in ambito tedesco troviamo Giovanni Amos Comenio (Nivnice, 28 marzo 1592 –
Amsterdam, 15 novembre 1670), che appartiene alla setta religiosa, Unione dei Fratelli Boemi, un
orientamento religioso altro che esula dal cattolicesimo e dagli altri più comuni. Egli utilizza il
latino come lingua della scienza anche nell’opera Janua linguarum reserata,1631.
Egli riconosce al latino una sorta di forza unificatrice dell’umanità, utile anche a fini didattici, tanto
che Comenio diventerà un grande pedagogista e scriverà un’opera molto interessante sempre in
latino, il primo libro illustrato dell’infanzia, Orbis sensualium pictus, 1658. Tutti gli scritti di
Comenio sono incentrati sull’individuo. In questo intento di Comenio troviamo il forte interesse
basato sul tentativo di ricondurre in maniera chiara all’origine il rapporto tra res e nomen. Presto in
tutta Europa cominciano a diffondersi le idee di Comenio; egli instaura con la Royal Society.
Locke sostiene che il processo di apprendimento prenda avvio dall'esperienza, che può essere
interna o esterna al soggetto, la quale attraverso l'associazione di idee semplici, porta alla
formulazione di idee complesse e di un giudizio. Viene superato bacone, in quanto Nella teoria di
Locke non c’è Dio, né la natura. L’uomo è concepito in Locke nella sua cognitività pura, centralità
della mente e del cervello, sede del sistema lingua. tutto ciò che circonda l’uomo è concepito nella
mente. La parola diventa per Locke l’atto rappresentativo di ogni cosa. Per Locke non esiste più la
res ma esiste solo l’idea della cosa. La natura non domina più sull’uomo, di conseguenza la natura
non domina nemmeno sulla lingua.
Nomina NON SONO PIU’ DEI REFERENTI, ma=concetti.
METODO COMPARATIVO-RICOSTRUTTIVO
Tappe a partire dal 1785 in cui si porranno le basi per tutti i metodi scientifici del 1800
-Nel 1785 Sir William Johns rappresenterà alla reale società di Calcutta una relazione sulla
comparazione tra il sanscrito e altre lingue.
-Nel 1816 Franz Bopp pubblica il suo manuale di comparazione, un secolo dopo esce il corso di
linguistica generale.
-1860- 1868→ la pecora e i cavalli o tavola di Schleicher. linguista, teorico dell'albero genealogico,
biologo darwinista, anche indoeuropeista, abitudine alla classificazione, ricerca perfezione iniziale
che identifica nell’indoeuropeo riproduce in indoeuropeo poesie, latine, greche e indiane più questa
favola. Indoeuropeo per lui talmente importante che bisognava parlarlo
SECONDO criterio classificatorio criterio geografico, in base al continente in cui quella lingua
viene parlata. Potremmo distinguere le lingue a seconda del continente in cui sono parlate:
“lingue d’Europa”, “lingue dell’Asia”, ecc.
Un criterio di questo genere è sicuramente utile e qualche volta lo useremo anche noi.
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Rimane un criterio non linguistico.
TERZO criterio classificatorio criterio scientifico, categoria che ragiona su diversi parametri, 3
modalità sottostanti.
Tutte le lingue del mondo condividono certe caratteristiche chiamate universali linguistici.
Ma, indubbiamente, alcune lingue sono “più vicine” tra loro che non a certe altre.
Come si fa a stabilire e definire questa vicinanza?
Da un punto di vista linguistico, esistono tre modalità possibili di classificazione:
1. Genealogica
2. Tipologica
3. Areale
1. CRITERIO GENEALOGICO
Due lingue fanno parte dello stesso raggruppamento genealogico se derivano da una stessa lingua
originaria (o lingua madre).
Un caso evidente: le lingue romanze, o neolatine (italiano, francese, spagnolo, portoghese, romeno,
ecc.) sono tutte derivate da un’unica lingua madre, il latino.
A loro volta le lingue romanze e il latino fanno parte di una unità genealogica più ampia:
la famiglia linguistica indoeuropea. Il criterio geografico non può essere considerato scientifico
perché come mostra il planisfero, l’area geografica non spiega perché l’indoeuropeo si trova nelle
Americhe, piuttosto che in Europa. bisogna fare i conti con questa classificazione che raggruppa le
famiglie linguistiche.
FAMIGLIE:
-Famiglia indoeuropea, maggiormente diffusa. Una delle più importanti scoperte nella storia della
linguistica.
-Famiglia afro-asiatica (o camito-semitica). Comprende numerose lingue parlate o estinte, in
un’area fra l’Africa settentrionale, il Medio Oriente e parte dell’Africa orientale.
Es. egiziano antico, arabo, ebraico
-Famiglia uralica. Comprende numerose lingue parlate in Europa orientale e nell’Asia centrale e
settentrionale.
Es. finlandese, estone, ungherese
-Famiglia sino-tibetana. Tra le altre, cinese mandarino (la lingua con il maggior numero di
parlanti al mondo, tibetano, lolo-birmano
-Famiglia nigerkordofaniana. Comprende la maggioranza delle lingue parlate a sud del Sahara
Swahili (ca. 60 milioni di parlanti, diffuso in Kenya, Tanzania, Uganda, Ruanda)
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Austronesiana (malgascio (Madagascar), bahasa (Indonesia).
Lingue degli aborigeni d’Australia: molto numerose, non riconducibili a un’unica famiglia,
o anche soltanto a poche famiglie.
Per indicare queste lingue si ricorre spesso al criterio geografico si parla appunto di lingue
d’America, lingue dell’Australia.
Vi sono anche lingue “isolate”, che non sembrano imparentate con altre lingue.
Es. basco, giapponese, coreano
LA FAMIGLIA INDOEUROPEA: Una delle più importanti scoperte nella storia della linguistica:
PARENTELA GENEALOGICA tra SANSCRITO (antica lingua dell’India) e alcune lingue
europee, tra cui il LATINO e il GRECO. Lo studioso Francisco Villar si è occupato a lungo del
nome dell’indoeuropeo (nella prima fase indogermanico, arioeuropeo).
Si è sempre pensato che l’indogermanico fosse un termine diffuso in ambito tedesco per indicare
l’indoeuropeo. In realtà G. Bolognesi ha messo in evidenza che il termine indogermanico era usato
molto prima in Francia che in Germania. Vittore Pisani ha parlato di indoeuropa e indeuropa (area
molto vasta in cui si sarebbero diffuse queste lingue indoeuropee all’interno della quale queste
lingue si sono modificate e spostate nel tempo e nello spazio).
Gruppo anatolico: comprende varie lingue diffuse nel II e nel I millennio a.C. nell’odierna Turchia,
oggi estinte. La più documentata è l’ittita.
Gruppo armeno: rappresentato da una sola lingua, l’armeno.
Gruppo albanese: rappresentato da una sola lingua, l’albanese (parlato in Albania, Kosovo e
Macedonia). Dialetti albanesi sono parlati anche in alcune regioni dell’Italia meridionale
(soprattutto in Calabria e Sicilia).
Gruppo slavo diviso in 3 sottogruppi:
-slavo orientale (russo, bielorusso, ucraino)
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-slavo occidentale (polacco, ceco, slovacco)
-slavo meridionale (bulgaro, macedone, serbocroato, sloveno)
Gruppo baltico: lituano, lettone e varie lingue oggi estinte, fra cui il prussiano antico
Gruppo ellenico: rappresentato da una sola lingua, il greco. parlato in Grecia, Cipro e anche da
minoranze linguistiche in Bulgaria e Albania. Dialetti greci sono presenti anche in Italia
meridionale (prevalentemente in Puglia).
Gruppo italico: si suddivide in due sottogruppi:
italico orientale: comprende alcune lingue dell’Italia antica (l’osco, l’umbro, il sannita, attestate da
documenti risalenti agli ultimi secoli a.C.)
italico occidentale (o italico-falisco) comprende il latino, attestato dal 600 a.C. circa, e che ha dato
origine alle lingue neolatine o romanze: il portoghese, lo spagnolo, il francese, l’italiano, il romeno
(lingue ufficiali di stato), il gallego, il catalano, le diverse varietà del ladino (ladino grigionese-
Svizzera, ladino centrale o dolomitico-vallate dolomitiche intorno al Gruppo del Sella e friulano), e
infine il provenzale (lingue con riconoscimento regionale).
gruppo germanico: diviso in 3 sottogruppi.
1. germanico orientale: gotico, oggi estinto, documentato da alcune parti di una traduzione della
Bibbia del IV secolo d.C.
2. germanico settentrionale o nordico: svedese, danese, norvegese, islandese e feroico
3. germanico occidentale che si divide in due rami:
anglo-frisone: frisone (lingua riconosciuta nella Frisia, una regione dell’Olanda) e inglese
neerlando-tedesco: olandese o neerlandese (Paesi bassi e Belgio), tedesco (Germania, Austria,
Svizzera), afrikaans (varietà di olandese parlato in Zimbabwe, Nambia e Sudafrica), yiddish
(‘giudaico’, dialetto tedesco proprio degli ebrei di Germania, diffuso in Europa orientale)
gruppo celtico: comprende lingue parlate un tempo (fino all’inizio dell’era cristiana) in buona parte
dell’Europa occidentale.
Oggi confinato, con qualche eccezione, alle isole britanniche.
Esso si divide in due sottogruppi:
gaelico: irlandese (l’unica lingua celtica ufficiale di uno stato); gaelico (Scozia)
britannico: cimrico o gallese, parlato nel Galles
cornico, un tempo parlato in Cornovaglia (regione sud-occidentale dell’Inghilterra) e
oggi estinto
bretone, parlato in Bretagna, regione nord-occidentale della Francia
Famiglia indoeuropea molto articolata che ci permette di porre i presupposti per la ricostruzione
linguistica.
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incorporante
polisintetico
Lingua agglutinante= Finnico (suomi); lingue uraliche, altaiche (turco), giapponese, coreano,
lingue elamo-dravidiche, l’inuktitut (lingua di gruppo eschimese-aleutino parlata in Canada), lo
swahili (lingua bantu niger-kordofaniana), il malay (lingua austronesiana), e alcune lingue
mesoamericane, tra cui il nahuati, il huasteco, e il totonac. In passato anche gran parte dell’Iran e
dell’antico Medio-Oriente parlava lingue agglutinanti, come il sumerico, l’elamitico.
Ogni parola contiene tanti affissi quante sono le relazioni grammaticali che devono essere indicate.
Es. turco
Parola ellerimde (sintagma italiano “nelle mie mani”)
Formata da:
morfema lessicale el- “mano”
cui si aggiungono affissi
-ler- (“plurale),
im- (“possessivo)
-de (“locativo”)
Lingua flessiva= Arabo, somalo, ebraico e, in genere, tutte le lingue indoeuropee (quindi anche l’italiano).
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sottotipo flessivo analitico→ nel. grammaticali, mediante più parole→ ho fatto
Lingua introflessiva= Lingua in cui la parola è formata da una radice discontinua, costituita di
solito da tre consonanti, nella quale si inseriscono sequenze vocaliche anch’esse discontinue.
Lingua polisintetica= Lingua in cui parola costituita da molti morfemi posti uno vicino all’altro,
formando una struttura complessa che include varie informazioni lessicali e grammaticali e che
corrisponde, in lingue come l’italiano, a intere frasi.
Tipologia sintattica
Si basa sull’osservazione che esistono correlazioni sistematiche, in tutte le lingue, tra:
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-ordine delle parole nella frase
-ordine degli elementi in altre combinazioni sintattiche
Per questo, la tipologia sintattica è chiamata anche tipologia dell’ordine delle parole.
5) Terza raccolta del linguista e poligrafo tedesco, Johann Adelung (1732-1806) linguista e
poligrafo tedesco. L’opera passa alla storia con il nome di Mithridates, nome di un re
dell’Africa settentrionale che al tempo degli antichi romani conosceva molte lingue. Questa
opera riporta liste di parole di più di 500 lingue (opera più grande di quella di Pallas e di
Panduro). La novità di questa opera è che includeva dei brevi testi, traduzioni di preghiere
cristiane, in particolare la preghiera per eccellenza, il Padre Nostro, e varie parti del
Vangelo. La scelta del Padre Nostro e di testi religiosi è giustificata dal fatto che c’è in
circolo la questione dei missionari, che diffondevano la parola per il mondo, quindi
dovevano conoscere per forza più lingue. Questa opera attinge molto dalle opere recedenti,
da dibattiti linguistici all’interno del XVIII secolo e, nonostante avesse questa attenzione
particolare per parole e testi, non ci troviamo ancora in un’ottica propriamente scientifica
perché in questa opera le 500 lingue analizzate sono disposte e considerate in un ordine
prettamente geografico, non in base ai criteri di affinità genetica. Questo lavoro di Adelung
e dei suoi successori (lui curò solo il primo volume), superò quello di Panduro non dal punto
di vista qualitativo ma quantitativo. EMERGONO PERO’ I CONCETTI DI VARIETA’
DIALETTALE, E LINGUA IMPARENTATA O NO.
6) Dopo questo primo tentativo di comparazione tra queste lingue, si ricorda il tentativo di Sir
William Jones nel 1786. Con esso c’è un salto di qualità CHE PORTA ALLA
FORMULAZIONE DELL’IPOTESI DI UNA LINGUA MADRE COMUNE PER LE
LINGUE ANTICHE D’EUROPA. Il salto di qualità si accompagna ad una circostanza
storica ben precisa, ossia l’avvicinamento della cultura europea a quella antica indiana a
seguito della conquista dell’india da parte dell’inghilterra.
Primo documento
ufficiale che cristallizza l’idea di una lingua madre originaria che accomunerebbe tutte le lingue
dell’india e dell’Europa e che in un secondo momento prenderà il nome di indoeuropeo. Jones nel
1786 parla ancora di struttura della lingua sanscrita perché identifica questa lingua come madre
comune di quelle parlate in India e in Europa. Comparando queste lingue c’è un antenato comune, il
sanscrito, e l’idea di questa lingua madre comune che ci riporta all’idea di ricerca di unità di cui
abbiamo sempre parlato. Con la scoperta del sanscrito si apre un quadro di analisi linguistica.
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SCHELEGHEL= L’eredità di Jones fu raccolta da Friedrich Schlegel (1772-1829) con l’opera
“Sulla lingua e la saggezza/sapienza degli indiani”, 1808) in cui per la prima volta si parla di
grammatica comparativa (vergleichende Grammatik). Opera basata sull’analisi di antichi testi che
contengono delle formule sacrificali, piuttosto complesse e scritte in una lingua poetica e
metaforica, da cui sarebbero derivate secondo Schlegel tutte le lingue indoeuropee. Con questo
volume, legato alla concezione del romanticismo Schlegel propone un rinnovamento del pensiero
linguistico. C’è l’idea della cultura originaria, protocultura, ma le lingue umane possano essere
divise in due tipi fondamentali, in base alla loro costituzione, ossia LINGUE ISOLANTI E
FLESSIVE
Secondo Schlegel le modificazioni di significato vengono segnalate da un cambiamento di suono
della radice, oppure con l’aggiunta di una nuova parola e questi due elementi (la variazione di
suono di elemento radicale e l’aggiunta di elementi funzionali) fondano quelli che sono gli aspetti
della tipologia linguistica. Questa classificazione che compare a inizio ‘800 con Schlegel viene
riproposta da suo fratello, che nel 1818 dà un’ulteriore classificazione, ma poi diventerà famosa
quando Schleicher nel 1848 parlerà di Tipologia linguistica. Per capire come funziona questa
variazione di lingue flessive, isolanti, quali sono gli elementi che incuriosivano Schlegel, possiamo
prendere un esempio dalla nostra lingua. In italiano abbiamo le forme del futuro che sono le forme
in cui è avvenuto anche un cambiamento della radice. Il futuro “cantare ho”, modifica della vocale
radicale perché è la contrazione di una forma non flessiva, presenza di elementi come nelle lingue
isolanti. Due elementi che indicano un tempo verbale. L’italiano è una lingua flessiva, il tedesco
presenta degli elementi flessivi. Il processo linguistico mostra il passaggio da una forma isolante a
una forma flessiva.
PERTANTO= Le lingue non possiamo classificarle in maniera sistematica in un tipo piuttosto che
in un altro. Schlegel quando si accorge di questo riconosce da un lato l’antico indiano con una
formazione grammaticale che sembra apparentemente perfettamente flessiva, poi dall’altro
comincia a vedere che lingue come il greco, il persano, il latino, il germanico, le lingue slave, il
celtico e l’armeno, presentano le stesse forme analoghe del sanscrito che si sono modificate nel
tempo per arrivare poi ad analizzare le lingue germaniche moderne e le lingue romanze. All’interno
del tipo flessivo si può enunciare una versione più sintetica, vicina agli elementi flessivi (sanscrito e
latino) e una versione più analitica (classe delle lingue romanze). Queste lingue, secondo Schlegel,
sono collegate dal punto di vista genealogico: e si può individuare un capostipite, per lui il
sanscrito. TALE FAMIGLIA E’ LA PIU’ NOBILE TRA TUTTE LE FAMIGLIE LINGUISTICHE
DEL MONDO. In un secondo momento la sua concezione sarà superata perché il sanscrito sarà allo
stesso libello delle altre lingue.
L’analisi condotta mostra come Nell’esempio di pater possiamo avvicinare lingue
genealogicamente distanti come il celtico e il sanscrito e capire che stiamo parlando di una stessa
famiglia linguistica, l’indoeuropeo. Schlegel cerca di fare un confronto sulle lingue e tra le lingue
basandosi sui tratti comuni e in questo modo rifiuta tutta la tradizione linguistica precedente,
rinunciando all’universalità statica del linguaggio e analizza la Innere Sprachform. Questa struttura
interna delle lingue basata su elementi morfologici di tipo flessivo che si correlano ad elementi
fonetici, chiarisce tutti i rapporti genealogici tra le lingue, ossia tutti i rapporti storici tra esse.
Supera il problema della dispersione babelica e fa sì che lingue genealogicamente distanti possano
essere apparentate. L’imperfetto tedesco si fa con t e quello latino che si fa con b in base al
principio di Schlegel: “Il principio è sempre lo stesso, cioè le modificazioni del significato per quel
che riguarda il tempo e altri simili rapporti, non sono realizzate mediante speciali parole o particelle
affisse dall’esterno, ma con una modificazione interna della radice.”
Quello che fa Schlegel è il punto di partenza per la nascita del metodo storico-comparativo. in
Schlegel c’è un abbinamento tra prospettiva tipologica e genealogica, che prima erano distinte. Il
decorso degli studi linguistici ha cercato di distinguere i due punti di vista. In realtà in Schlegel le
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due prospettive sembrano procedere in maniera sincrona. Il problema delle origini dell’analisi di
questa protoforma, ricerca di questa lingua madre, sarà il fondamento del metodo storico-
comparativo e la grammatica storica-comparativa.
Il metodo storico-comparativo
Due fondamentali fondatori del metodo storico-comparativo (Bopp e Rask). Nel corso di questi
anni, nel 1800, compare un’altra importante rivoluzione sulla scena culturale, sociale, politica e
linguistica, cioè il Romanticismo, che cambia tutto il focus di ragionamento, dal principio
illuministico al principio legato all’insieme culturale di folklore, attenzione agli aspetti di lingua
come elemento di unità. Del Romanticismo entreremo in contatto con autori come due coppie di
fratelli come fondatori e portatori di idee romantiche, ma anche come linguisti: fratelli Schlegel
(Friedrich e August Wilhelm) e fratelli Grimm. Figure che orbitano nel grande evento che avviene
nel 1800 e coinvolge la lingua. I fratelli Schlegel si occuperanno in particolare di lingua.
Quando parliamo del metodo storico-comparativo facciamo riferimento ai due fondatori: Franz
Bopp e Rasmus Rask. Pur essendo colleghi, i due sono oggetto della più grande controversia
linguistica del XIX secolo che si configura attorno alla pubblicazione dell’opera fondamentale di
Bopp, che ha rubato la scena all’elaborazione iniziale di Rask.
Quindi con bopp parliamo di un Atto di nascita della linguistica moderna e della indoeuropeistica
come scienza. Sia Bopp che Rask lavorano su uno stesso metodo, quello storico-comparativo con la
stessa forma mentis e arrivano a degli esiti complementari perché se a Bopp si deve
l’individuazione delle corrispondenze sistematiche di sistemi morfologici, Rask va il merito di aver
individuato delle corrispondenze analoghe dal punto di vista fonetico. Percorso che entrambi gli
studiosi fanno all’interno del panorama linguistico dell’epoca. Entrambi lavorano quasi sugli stessi
temi, arrivano alle medesime conclusioni complementari perché se l’uno si sofferma sugli aspetti
morfologici, l’altro ne fornisce una spiegazione dal punto di vista fonetico.
1)CONIUGAZIONE= nel 1816 era una parola rivoluzionaria perché è in realtà un termine latino
che poi nell’opera di Bopp viene tedeschizzato in quanto non esiste ancora un termine tedesco che
possa esprimere questo concetto.
2)SISTEMA= termine greco antichissimo che indica l’armonia, l’insieme delle cose. Termine già
utilizzato nel 1700 nell’ambito illuministico, nelle scienze naturali, nella chimica, il cui precedente
non è altro che il termine “sistema” presente nella riflessione linguistica baconiana. Dal 1800 si
comincia ad applicare questo termine alla lingua, quindi le tabulae di classificazione naturalistica,
retaggio della classificazione avvenuta con la teoria di Bacone, diventano “sistema” del 1800.
L’idea di sistema ha il suo fondamento nella tabula baconiana ma approda alla scienza linguistica e
viene applicato alla lingua con degli obiettivi molto ambiziosi. Questo termine dal punto di vista
linguistico è “struttura”, Dallo stesso fondatore dello Strutturalismo, Saussure, i termini “sistema” e
“struttura” si alternano. Quando muore Saussure, la scuola strutturalista di Praga che nacque nel
1926 di cui ricordiamo la figura di Jakobson, che nasce seguendo gli insegnamenti di Saussure
stesso, ufficializza il termine “struttura” che darà vita allo Strutturalismo vero e proprio. Un allievo
di Saussure, Meillet, diventerà professore alla Sorbona, e ribadisce un concetto già formalizzato da
Saussure: “la lingua è un sistema dove tutto si tiene” perché ogni elemento nel continuum
linguistico, nella linearità del significante, è un sistema in cui tutto si tiene.
3) SANSCRITO= Analisi che viene fatta come punto di partenza dalla lingua sanscrita, considerata
la più antica all’indoeuropeo. Questo significa che c’è un’attenzione da parte della cultura
occidentale della lingua di un’area orientale, lingua dell’India. Tutta questa attenzione per la lingua
del sanscrito, che inizialmente viene considerata una sorta di lingua magica, in una prospettiva
religiosa, ci fa riflettere sul detto in cui si diceva ex oriente lux e si faceva riferimento alla
prospettiva religiosa, la Terra Santa di Gerusalemme. Il sanscrito ha un’ulteriore storia interessante
perché ha una prima fase antica, la fase vedica, documentabile tra il 1300 e il 1200 a.C. Tra il
vedico e il gotico, in cui siamo al 350 d.C. ci sono 1500-1600 anni di distanza). Il sanscrito fa parte
dell’area orientale, il gotico fa parte del versante occidentale.
Il risultato finale è l’enunciazione della frase corretta che mette in relazione il pensiero del cervello
del parlante con l’apparato fonatorio, il veicolo attraverso cui avviene l’enunciazione della frase.
Bopp nel lavoro di comparazione di elementi minimi, Sulla base di questa comparazione di
elementi detti glider lui sarò in grado di dire se una lingua sarà imparentata o meno con un’altra.
Bopp riprende sia il Glossarium germanicum sia l’attenzione per il SANSCRITO, che va a studiare
a Parigi perché l’area francese più di quella tedesca accoglie gli autori che si occupano di questa
lingua. A Parigi era stata fondata una prima scuola di orientalistica a cui Bopp fa riferimento. Bopp
conoscerà il sanscrito, raggiunge un certo livello di conoscenza del sanscrito, conoscerà l’avestico
(lingua antica di Zaratustra) e studierà il gotico.
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Per la prima volta vengono studiate sistematicamente le relazioni fra le lingue indoeuropee che
vanno al di là delle liste di parole che erano state messe a confronto nelle opere precedenti, a fine
1700 con i glossari. Analizzando le coniugazioni dei sistemi verbali delle lingue, bopp vuole
individuare l’origine comune delle forme grammaticali e flessive, indagando sulla “struttura
interna”,già teorizzata da schleghel ma ripresa anche nel medioevo. Compara quindi gli elementi
morfologici (ossia elementi funzionali), che sono il frutto di quella che Bopp chiama
“segmentazione”. La lingua lavora in automatico: abbiamo delle frasi ma automaticamente
facciamo una scomposizione di quel paradigma. Lo facciamo con la nostra mente ma mentre la
nostra mente lo fa, ci sono dei meccanismi cerebrali che predispongono la composizione di questi
elementi (neurolinguistica), anche se noi non li percepiamo. Non a caso de sassure parla lingua
come insieme di valori cerebralizzati che si contrappongono (stessa cosa di Zergliederung): si mette
in relazione la lingua e il pensiero, che automaticamente, quando enuncio una frase, fa una
segmentazione a livello cerebrale di elementi per contrapporre i vari significati e per incasellare
tutto correttamente.
Questa opera esce nel 1816 e cronologicamente è seguita da un’altra grande opera a fondamento
della nascita del metodo storico comparativo, quella di Rask.
Correggendo la prospettiva di Schlegel, Bopp:
- Pone come capostipite di un largo gruppo di lingue l’INDOEUROPEO, non il sanscrito.
- La sua opera principale riguarda il sistema di coniugazione del sanscrito COMPARATO con
quello delle lingue greca, latina, persiana e germanica.
- Tenta un confronto tra la struttura delle lingue semitiche e l’indoeuropeo.
- Illustra la storia dell’indoeuropeo, mostrando nella agglutinazione il principio delle formazioni
morfologiche.
Come procede per affermare questo? Dobbiamo far riferimento alla sua produzione, in particolare
alla opera preparatoria ANALISI COMPARATA DI SANSCRITO E LINGUE CORRELATE.
Questa opera esce dal 1824 al 1831 quando lui aveva già ragionato sul sistema di coniugazione,
quindi aveva già chiaro la segmentazione del sistema verbale. La segmentazione per Bopp non
avviene in modo casuale ma sistematico ed inserito in un sistema in cui ogni elemento è organizzato
in maniera sistematica rispetto all’altro.
Bopp cerca questi glieder, elementi funzionali (in italiano -ino indica il diminutivo). La
segmentazione fatta da Bopp deve incasellare tutti gli elementi funzionali in una stessa classe
(morfemi derivazionali in una classe, morfemi lessicali in un’altra classe ancora). Questi glieder
sono elementi funzionali dal punto di vista grammaticale e quando siamo a livello di morfemi
grammaticali o lessicali ci riferiamo agli elementi di prima articolazione del linguaggio. Il morfema
fa riferimento al concetto di forma e dall’altra parte abbiamo tutte le attestazioni di forma che si
verificano in ogni parlante. Ripensando al binomio significato-significante, possiamo dire che il
significato è la forma e il significante è la sostanza. La lingua deve formalizzare il pensiero e per
indicare questa funzione si è parlato di logos morficos e nel 1800 la grammatica inizia ad essere
tecnicamente chiamata morfologia per l’importanza delle forme.
Bopp viaggia molto e dalla Germania si sposta a Londra, dove conosce alcuni sanscritisti, tra cui
Charles Wilkins e autori come Colebrook. Diventa amico di Wilhelm von Humboldt, un altro
personaggio che si occuperà di lingua. egli è un ambasciatore prussiano presso il Regno Unito e
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Bopp gli insegnerà il sanscrito. Nel 1820 Bopp scrive un altro importante volume, dal titolo
Comparazione analitica tra il sanscrito, il greco, il latino e le lingue teutoniche.
In quest’opera egli sviluppa una comparazione basata non solo sul sistema di coniugazione come
nella prima opera, ma comincia a lavorare sull’intero sistema linguistico. Grazie all’amicizia con
Humboldt, influente dal punto di vista politico, Bopp ottiene nel 1821 la cattedra di Sanscrito
all’università di Berlino. Diviene membro dell’Accademia prussiana delle Arti nel 1822 e qui
comincia a lavorare a una Grammatica critica della lingua sanscrita, pubblicata in tedesco nel 1827
e in latino nel 1832 . pubblica, oltre questa opera, un glossario sanscrito-latino nel 1830. Questo
glossario ci dà delle informazioni interessanti dal punto di vista linguistico e ci saranno altre
edizioni nel 1847, 1868, 1871. In questo glossario si inserisce accanto al termine “sanscrito”, oltre
alla corrispondenza in latino, anche altre lingue affini.
DAL 1833-1852, sulla quale lavora per 20 anni PUBBLICA (“Grammatica comparata di sanscrito,
avestico, greco, latino, lituano, gotico e tedesco”), VERGLAINDESHE GRAMMATIK,
considerata il fondamento della linguistica indoeuropea. Il lavoro preparatorio precedente è 1824-
1831 (“Analisi comparata del sanscrito e delle lingue correlate”, ulteriore approfondimento di
comparazione linguistica perché si ragiona anche su slavo ed armeno). Questa grammatica è
un’opera articolata, suddivisa in 6 sezioni, pubblicata in 3 volumi. Di questa opera esistono due
edizioni: la prima dal 1833 fino al 1852. Poi noi abbiamo un’altra edizione, quella che Bopp curerà
poco prima della sua morte, dal 1857 al 1861. Bopp muore a Berlino nel 1867. INNANZITUTTO
COMPARE PER LA PRIMA VOLTA IL TERMINE COMPARARE. COSA SIGNIFICA
COMPARARE?
-Comparazione, metodo comparativo (Vergleichung) che è una nuova istanza rispetto alla
classificazione e tabulazione baconiana. (Jones inserisce all’interno della sua comparazione tra le
lingue indoeuropee paragonabili al sanscrito anche l’etiopico che appartiene alle lingue semitiche
che ha un altro tipo di impostazione (errore di prospettiva). Se noi inseriamo nell’analisi
comparativa un elemento non appartenente alle famiglie che stiamo analizzando, il risultato può
essere falsato. Attenzione alla modalità in cui la comparazione deve avvenire).
-In questa opera analizza il GOTICO: In merito a quest’ultima lingua, è emerso il problema della
trasposizione dei caratteri sulla traduzione della Bibbia in gotico da parte di Wulfila (in gotico
letteralmente “lupacchiotto”). Bopp apprende il gotico attraverso la traduzione della Bibbia, in
particolare dall’edizione critica realizzata da Stiernhielm Georg (1598-1672), poligrafo e letterato
svedese nel 1671. Questa edizione critica viene fatta sulla base di un manoscritto unicum
tramandato attraverso i codici, chiamato Codex Argenteus. Le lettere capitali (maiuscole) erano
vergate in oro e argento (manoscritto molto prezioso). Proprio perché i manoscritti unici è molto
raro che vengano tramandati, questo essendo molto prezioso ha una storia e viene salvato. La storia
dietro a questo manoscritto è interessante perché legato alla regina Cristina di Svezia. Cristina
abdica a fine 1600 per una crisi spirituale influenzata dalla presenza di Cartesio che andò in Svezia
ed ebbe dei contatti con lei. Cartesio farà convertire Cristina al cattolicesimo e il destino vuole che
la storia della regina Cristina di Svezia si intreccia con la storia dell’Italia, delle Marche, di
Macerata. Cristina, dopo che abdica al suo regno, arriva in Italia e vive a lungo tra Macerata e
Fermo. C’è un bellissimo volume che raccoglie gli atti del convegno su questi aspetti della regina di
Svezia, intitolato Cristina di Svezia e la cultura delle Accademie. In questo volume viene raccontata
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l’influenza di Cristina di Svezia sulle Accademie e l’operatività che ha avuto su questo territorio. A
Fermo conosce il cardinale Azzolino che la porta a Roma, dove vivrà fino alla fine dei suoi giorni.
A Roma fonderà l’Accademia dell’Arcadia insieme al maceratese Crescimbeni. Molto importante,
oltre all’incremento della cultura delle Accademie, è la passione di Cristina per i libri. Ella raccoglie
molti libri che porterà anche in Svezia, tra cui il Codex Argenteus, dove è conservata la traduzione
in gotico della Bibbia di Wulfila. Cristina compra subito il volume, lo invia in Svezia e sarà il testo
fondante della cultura svedese grazie al filologo Stiernhielm che si occuperà dell’edizione scritta del
manoscritto. Questo manoscritto era bilingue, in gotico e greco, lingua da cui Wulfila traduce.
Il gotico è documentato attraverso la traduzione di Wulfila (350 d.C.); il latino è documentato già
dal 500 a.C.; il greco ancora prima (900 a.C.) e per il greco c’è il discorso della tradizione orale,
della questione omerica e della trasposizione in forma scritta avvenuta intorno al VI secolo d.C. Il
sanscrito ha un’ulteriore storia interessante perché ha una prima fase antica, la fase vedica,
documentabile tra il 1300 e il 1200 a.C. Tra il vedico e il gotico, in cui siamo al 350 d.C. ci sono
1500-1600 anni di distanza). Il sanscrito fa parte dell’area orientale, il gotico fa parte del versante
occidentale. Distanza geografica e cronologica. Questo ci fa pensare che il gotico, trascritto da
Wulfila, probabilmente sarà stato parlato, utilizzato in forma orale, anche prima della trascrizione
che Wulfila fa. Il fatto che queste lingue presentano le stesse funzionalità pur essendo
cronologicamente e storicamente distanti esclude che le due lingue si siano influenzate a vicenda,
ma si sono sviluppate autonomamente, salvo rari casi in cui esse sono venute in contatto. Nessuna
parentela diretta. Quindi l’unica supposizione rimanente nell’inventario delle ipotesi del metodo
storico-comparativo è che Queste lingue non imparentate né dal punto di vista storico né
cronologico, hanno una analogia per quanto riguarda la presenza di elementi morfologicamente
funzionali, funzionalità che risiede negli elementi minimi di prima articolazione, i morfemi.
i quali, nel caso di pater sono i seguenti:
Da questo ragionamento emergono due fatti: il suffisso ter non sta mai da solo, si trova sempre
all’interno di una parola preceduto sintatticamente da qualcosa. Può essere anche seguito da
qualcos’altro, come nel genitivo in cui c’è la desinenza. Questi elementi sono fondamentali perché
la loro funzione dipende dalla posizione che hanno all’interno del sintagma. [Anche in italiano
48
abbiamo il suffisso -in che possiamo utilizzare in funzione negativizzante, ma possiamo anche avere
il suffisso -in in un’altra posizione che ha funzione diminutiva.]
- “Pa” è la radice di una serie di forme verbali che fanno riferimento al significato, che significa
anche “pascolare”. Infatti pater è colui che ha la funzione di proteggere e pascolare, buon pastore.
Elemento funzionale che entra a pieno titolo nella parola di padre, funzione di protezione, così
come “madre” che avrà la funzione del nutrimento.
Quindi alla luce di questo ragionamento volendo ricostruire la struttura grammaticale di una lingua
all’origine di tutte le lingue indoeuropee e lo fa attraverso la comparazione degli elementi
morfologici.
Secondo le teorie di Bopp, l’antico indoeuropeo era caratterizzato da radici monosillabiche isolanti,
di tipo verbale, alle quali poi venivano aggiunte altre radici monosillabiche di origine verbale o
pronominale che poi nel tempo si sarebbero trasformate e sarebbero diventate veri e propri suffissi o
desinenze. Secondo Bopp queste desinenze del sistema morfologico indoeuropeo si sarebbero
sviluppate attraverso un processo agglutinativo di radici che originariamente erano autonome.
Quindi ad esempio la desinenza “m” della prima persona singolare del latino sarebbe stata
precedentemente una radice pronominale “mi” che con il passare del tempo si sarebbe accorpata al
verbo. Il suo ragionamento presuppone il fatto che l’indoeuropeo secondo Bopp inizialmente non
era stato una lingua flessiva, ma una lingua in cui le radici erano autonome (isolante). Con il tempo
si sarebbe sviluppato con l’agglutinazione e sarebbe diventato una lingua flessiva.
Per Bopp il punto di partenza per la ricerca della fonte comune dell’indoeuropeo è rappresentato dal
sanscrito. Schlegel era partito dall’idea, a seguito della scia che era iniziata dalla conferenza di
Jones, che all’epoca il sanscrito era una lingua “nobile”, di una struttura quasi perfetta. Bopp supera
la prospettiva di Schlegel e considera il sanscrito come punto di partenza, che rappresenta la lingua
più vicina all’indoeuropeo per struttura morfologica e se nel suo ragionamento di comparazione con
le altre lingue trovava delle diversità, Bopp presupponeva sempre che il sanscrito rappresentasse il
livello di lingua più antico rispetto a tutte le altre lingue. Bopp oltre a lavorare sulle corrispondenze
morfologiche lavora anche su altre corrispondenze, come quelle fonetiche, non parla ancora di leggi
fonetiche ma si limita a dire che le corrispondenze fonetiche seguono una certa regolarità. Come
scrive il manuale, bopp aveva fondato LA GRAMMATICA COMPARATA un po' come colombo
aveva scoperto l’america: colombo sperava di arrivare in india, bopp di ricostruire l’originaria
lingua indoeuropea.
49
sufficienti. Quindi il primo contributo di grammatica comparata viene considerato quello di Bopp
non di Rask. Tuttavia possiamo dire che tutte le corrispondenze fonetiche messe in campo da Rask
gli permetteranno di elaborare la teoria della rotazione consonantica, la legge di Grimm.
Rask in questa opera fu il primo a distinguere il lessico di base dal lessico culturale. Egli afferma
una cosa molto interessante: “Una lingua, per quanto mista possa essere, appartiene allo stesso ramo
linguistico di un’altra, se questa possiede, in comune con lei, le parole più importanti, più materiali,
più indispensabili e primitive, il fondamento della lingua”. Rask, essendo un germanista di
formazione, all’epoca della scrittura di questa opera, non conosce ancora in sanscrito, ma basandosi
sulle concordanze morfologiche, già in questa sua opera pone le basi per le relazioni di parentela tra
le lingue germaniche, il latino, il greco, le lingue baltiche e slave, anche se non scorse ancora la
parentela tra germanico e celtico, ancora troppo poco conosciute. Rask lavora su lingue germaniche,
latino, greco, lingue baltiche e slave; Bopp lavora su greco, latino, germanico, sanscrito e persiano.
Rask pone le basi per il lavoro di Bopp, ma poi lavorano sulla stessa linea e metodo arrivando a
conclusioni complementari.
Un altro aspetto che questa dissertazione presenta è che il bando del concorso prevedeva di stabilire
le regole sicure a cui devono attenersi qualsiasi derivazione di queste lingue: Per provare parentela
tra lingue individuare corrispondenze sistematiche traspone una parola da una lingua all'altra
attraverso regole, aspetto fonetico punto formula anche la legge di Grimm, in realtà formulata già
da lui, differenze tra consonanti germaniche e altre delle altre lingue indoeuropee
Più tardi, prima di pubblicare le ricerche, comincia ad insegnare storia della letteratura all’università
di Copenaghen, poi tra il 1813 e il 1815 va in Islanda, approfondisce l’uso della lingua, delle
tradizioni islandesi, e fonderà la società letteraria islandese di cui fu primo presidente. Nel 1816
Rask lascia la Danimarca per proseguire le sue ricerche sulle lingue orientali e va in Svezia, poi si
trasferisce in Finlandia e nel 1817 pubblica una grammatica anglosassone. Nel 1818 esce Ricerche
sull’origine della lingua nordica antica e islandese, cura una serie di volumi, poi va a San
Pietroburgo nel 1819. Scrive in tedesco un saggio sulle lingue e le letterature della Norvegia. Poi
dalla Russia Rask decide di andare in Persia, in virtù della sua passione e formazione per le lingue
orientali, impara il persiano, poi dal 1820 in poi decide di andare in India, dove scrive una
dissertazione sull’autenticità della lingua avestica e poi viaggia all’interno dell’India scrivendo in
inglese un saggio sulla traslitterazione delle lingue indiane, PUO’ ANCHE STUDIARE IL
SANSCRITO CHE NON CONOSCEVA. 1823 rientra a Copenaghen portando con sé manoscritti
in singalese, avestico e altre lingue e continuò il suo percorso continuando a lavorare come docente
di letteratura e assistente bibliotecario. Nel 1831 ottiene la cattedra di lingue orientali all’università
di Copenaghen. Da questa data in poi comincia a pubblicare una serie di saggi, scrive una
grammatica spagnola, un saggio sull’ortografia del danese, Muore a Copenaghen nel 1832.
maggior fortuna ebbero le varie grammatiche di Rask tradotte. Verner , neogramamtico, suo
connazionale glottologo dedicherò il suo debito verso Rask che sarà rivalutato, prima oscurato da
Bopp.
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Sia Bopp, che Rask, che Grimm, comparano le lingue per arrivare a delle conclusioni di tipo
storico. Si va a lavorare sulla struttura interna, si ricerca una lingua madre comune e si ragiona a
livello storico. Humboldt è interessato alla storia ma sposta il focus sulla lingua considerandola una
specie di chiave per poter comprendere lo sviluppo del pensiero. PERTANTO NON E’
INTERESSATO TANTO ALL’ASPETTO DIACRONICO E STORICO MA SINCRONICO per
comprendere il pensiero umano, lo sviluppo dell’anima nazionale del popolo che parla questa lingua
(prospettiva nazionalista). È il tipico uomo del XIX secolo, uomo colto e nobile, romantico e
politico che aiuta Bopp e altri all’avvio di carriere di diverso livello. Viaggia molto per ragioni di
studio, diventa ambasciatore prussiano ed è anche un plenipotenziario per il regno di Russia al
congresso di Vienna. Ministro della pubblica istruzione, poi costretto a dimettersi perché ritenuto
troppo liberale. Fonda l’università di Berlino (conoscenze culturali di ampio raggio). Conosce
lingue amerindiane, polinesiane, diverse da quelle indoeuropee. Opera passata alla storia italiana
con il titolo in italiano La diversità delle lingue. Ma scrive anche un’altra opera che testimonia la
sua attenzione alle lingue, meno famosa: Sulla lingua kavi nell’isola di Giava, opera prettamente
linguistica in 3 volumi che testimonia il suo interesse per le lingue esotiche.
Queste due opere denotano la figura di un linguista non principalmente storico ma comparativo, ma
che con la sua teoria del linguaggio pone l’accento sulla capacità linguistica e creativa insita nella
mente del parlante. La lingua secondo Humboldt è una forza creativa (enèrgheia) che si
contrappone all’opera, prodotto (èrgon). Binomio energheia-ergon. Humboldt all’interno di questa
teoria linguistica introduce il concetto di Innere Sprachform,
Innere Sprachform, concetto che si ritrova nell’opera di Schlegel (Sulla lingua e la saggezza degli
Indiani, 1808) ma viene meglio formalizzato da Humboldt nella sua teoria linguistica, ma in realtà
non è un concetto nuovo perché l’idea della struttura interna è affrontata nel periodo medievale con
la teoria degli universali linguistici del periodo medievale con i modisti (teoria dei modi
significanti) I due si influenzano a vicenda. La innere Sprachform è la struttura interna della lingua,
una sorta di forma interiorizzata. Quindi possiamo dire che la lingua è una forma interna (Saussure
direbbe cerebralizzata), quindi la concezione presente all’interno della riflessione linguistica
saussuriana è la lingua come insieme di valori cerebralizzati che si contrappongono (stessa cosa di
Zergliederung). Se io dico ‘mano’ e ‘nano’ ho una distinzione del primo elemento che va a incidere
sul significato. Quando Saussure dice che la lingua è un insieme di valori cerebralizzati che si
contrappongono, mette in relazione la lingua e il pensiero, che automaticamente, quando enuncio
una frase, fa una segmentazione a livello cerebrale di elementi per contrapporre i vari significati e
per incasellare tutto correttamente.
51
Quando parliamo di questa struttura interna ci riferiamo a una struttura grammaticale, funzionale e
semantica della lingua, che sarebbe comune a tutti gli uomini. Quando questa struttura interna viene
applicata alle singole lingue ne costituisce una caratteristica distintiva rispetto ad altre lingue perché
la struttura interna di funzionamento morfologico di una lingua flessiva è diversa dalla struttura
interna di funzionamento morfologico di una lingua isolante, agglutinante, ecc.
Secondo Humboldt, la lingua è innata nello spirito umano e che FORMA IL PENSIERO e qui ci
avviciniamo all’idea della linguistica moderna e contemporanea di stampo chomskiano che
considera il language acquisition device, che sarebbe un dispositivo di acquisizione linguistica che
ogni essere umano avrebbe. Von Humboldt considera innata la lingua nell’essere umano e la
considera, oltre che innata, mezzo di espressione dell’esperienza e del pensiero umano: avviene
l’elaborazione di una teoria evoluzionista perfezionista in base alla quale le lingue più antiche sono
quelle più pure e perfette e per von Humboldt il sanscrito viene considerata una lingua per
eccellenza. Dietro questa concezione c’è il Romanticismo.
Questo aspetto legato alla tipologia linguistica era già stato affrontato da Schlegel ma la tipologia
linguistica viene ufficialmente teorizzata dall’opera di Humboldt.
Quasi coetaneo a Bopp è JACOB GRIMM il quale scrive la Deutsche Grammatik, opera che pone
le basi della filologia germanica. una sorta di grammatica comparata dei dialetti tedeschi, cioè il
gotico, l’antico inglese, l’antico islandese o norreno. Di queste lingue non si conosceva molto: il
gotico era conosciuto grazie alla traduzione che aveva fatto Wulfila e che in Grecia arriva grazie
all’edizione critica del 1871. Attorno al 1700 il re di Danimarca Cristiano IX aveva incaricato un
dotto islandese di fare il giro dell’Islanda, di raccogliere e trascrivere tutti i manoscritti che avesse
incontrato nel suo viaggio in tutte le zone (fattorie, archivi, conventi) e trascrivere questi manoscritti
per far conoscere quella lingua nella dimensione orale, diversa a seconda dei luoghi (la zona della
Norvegia aveva una tipologia di antico nordico e la Svezia ne aveva un’altra). A livello scritto
questa lingua era uguale per tutti. Consueto problema del rapporto tra lingua e scrittura. Nel
momento in cui la lingua diviene scritta è codificata, letteraria e uguale per tutti. Tornando
all’antico nordico, il poema scandinavo più importante è l’Edda (del 1300 circa però contiene una
lingua del 900 d.C. C’è uno scarto di circa 6, 7 secoli di cui bisogna rendere conto) scritto in
norreno. Il nome è quello di una raccolta di poemi mitologici e pseudostorici che la figura di dotto
islandese trova in una edizione molto antica di cui verrà fatta un’edizione critica, sulla quale Jacob
Grimm lavorerà (oltre che sulla Bibbia di Wulfila) e proporrà nella sua Grammatica le sue idee.
Quando J. Grimm lavora a questa grammatica lavora sul gotico di Wulfila e sull’Edda di questo
manoscritto di altra provenienza cronologica.
Jacob Grimm svolge un’attività linguistica filologica, folcloristica, letteraria; studia le origini
popolari e mitopoietiche dei popoli germanici e ha contribuito anche ai primi studi nel campo della
letteratura spagnola e francese antica.
Le due leggi riguardano la rotazione consonantica del medio e dell’alto tedesco e vengono
formalizzate nella Deutsche Grammatik.
1° legge di Grimm o prima rotazione consonantica è la legge fonetica che regola la modifica delle
consonanti dall'indoeuropeo al proto-germanico: le occlusive sorde indoeuropee diventano in
germanico le fricative sorde. DETTA ANCHE RASK-GRIMM
52
2° legge di Grimm o seconda rotazione consonantica ,questa legge muta le consonanti occlusive
sorde in affricate o fricative sorde raddoppiate (che in certi casi si semplificano) e le occlusive
sonore diventano occlusive sorde. separazione dell’alto tedesco dal resto del germanico
(settentrionale e orientale-occidentale dall’altro).
All’interno della grammatica di Grimm è interessante l’aspetto terminologico perché vengono messi
a punto i termini che indicheranno fenomeni fonetici che arrivano fino ai nostri giorni.
Formalizzazione dei termini Ablaut (apofonia variazione di una vocale interna di una parola, di
una radice. La trasformazione della vocale avviene per motivazioni morfologiche (cantare-canterò),
Umlaut (metafonia fenomeno fonetico, variazione di suono. Fa riferimento a una modificazione
del suono legata a problemi di armonia vocalica. Incontro di elementi diversi quando una vocale è
seguita da una sillaba particolare dove c’è una consonante o una vocale). La distinzione tra verbi
forti e deboli dipende dal problema dell’apofonia. Tutta la formalizzazione terminologica presente
all’interno della Deutsche Grammatik era presente in Rask. In alcuni manuali attenti al dato
scientifico si può trovare la dicitura “legge di Rask-Grimm”. Jacob Grimm orbita intorno a Bopp e
Rask, fondatori del metodo storico-comparativo.
Altro elemento da considerare: i fratelli Grimm hanno una formazione particolarmente significativa
perché sono entrambi giuristi oltre che amanti e studiosi della lingua. J. Grimm, così come il fratello
si laurea in giurisprudenza, si occupa di diritto romano (diritto positivo, naturale e storico) e
entrambi si formano alla scuola di un giurista berlinese il quale diventa ambasciatore in Francia del
governo prussiano e in questo periodo parigino porta con sé i fratelli come segretari. Li studieranno
altri diritti come quello romano (quello indiano), incontrando il diritto romano si incontrano con il
sanscrito. Se J. Grimm è il vero linguista tra i due, Wilhelm è più legato alla raccolta dei documenti.
La prima esperienza di raccolta che i fratelli Grimm fanno è quello di andare per i boschi e i paesi
della Germania a raccogliere i racconti dalla viva voce dei parlanti. Questa volontà di raccogliere
testimonianza era una grande novità. C’era stato un altro tentativo come lo scozzese Mc Pearson
che aveva fatto un viaggio nelle isole scozzesi e aveva raccolto i Canti di Ossian, raccolta che
riguarda anche Melchiorre Cesarotti, il traduttore della raccolta. L’esperimento che porta alla
raccolta di questi canti dà uno stimolo al nascente Romanticismo ma c’è il problema che molti di
questi canti sono falsi. Anche se c’era stata un’attività sul campo, la pubblicazione è frutto di una
rielaborazione, che prevede che ci si metta a tavolino a lavorare sull’aspetto linguistico. Operazione
voluta, non casuale. Comunque L’elemento importante dietro questa raccolta è che sicuramente la
lingua viene considerata elemento formativo del popolo, concetto interamente romantico, quindi più
si va verso l’origine, più ci si dirige verso la comprensione delle radici culturali del popolo.
I fratelli Grimm si spingono anche verso l’Islanda, verso le zone dell’antico nordico e raccolgono
questo insieme di racconti e storie dalla viva voce dei parlanti che faranno parte di un corredo
favolistico e lavorano su dialetti orali che non erano mai stati scritti: problema perché all’epoca i
dialetti non erano stati modellati su nessuno standard. I fratelli Grimm sono i precursori della
dialettologia disciplina che Nasce nel 1800 grazie al Romanticismo e alla prima operazione
realizzata dai fratelli Grimm, che consiste nel passaggio dalla pura oralità al livello della scrittura:
Un’operazione come scrivere e interpretare i dialetti di queste zone della Germania e dell’Islanda
dove i Grimm si muovono, non è un’operazione semplice, ma è molto importante perché grazie a
questa operazione i fratelli Grimm si rendono conto dell’importanza del significante. QUINDI UN
MODO DI PROCEDERE opposto a quello di Bopp, che parte dal documento scritto e analizza e
53
gli elementi minimi; Grimm parte dal parlato, dalla realtà, dalla stanza della lingua Nel processo di
interpretazione di questi dialetti emerge l’importanza di lavorare sul significante. Questa attenzione
per il significante ce l’aveva avuta precedentemente anche Rask, il quale si era anche occupato di
lingua lappone, eschimese, a nord della Norvegia e della Svezia. Il lappone non è una lingua
indoeuropea ma è classificata come lingua ugrofinnica. Rask fa questa operazione prima di
cominciare a studiare tutte le lingue indoeuropee, quindi fa esperienza di realtà orale di lingue poco
conosciute, da cui emerge la necessità di andare a lavorare sul significante.
Per questa particolare attenzione al significante, indipendentemente l’uno dall’altro, sia Grimm che
Rask arrivano alla stessa conclusione della rotazione consonantica che prenderà il nome di legge di
Grimm.
L’ittita era una lingua sconosciuta fino a quel momento, quindi chi si occupa partendo da zero a una
nuova lingua deve fare delle ipotesi per quanto riguarda l’interpretazione di questi aspetti. Hrozny
era un indoeuropeista e sulla base dell’analogia con il sanscrito fa questa ipotesi e porta avanti
questo ragionamento. Se noi qui abbiamo un riferimento al verbo ‘mangiare’ legato a un elemento
ed del latino edo che significa ‘mangiare’, questa occlusiva dentale sonora che è la d si arriva a una
conclusione in cui lingue come il sanscrito si conservano determinante consonanti e suoni di alcune
consonanti, mentre in altre lingue questi suoni scompaiono. Questo è rafforzato dalla presenza di un
dato linguistico che conferma l’evoluzione da questo elemento iniziale ad un elemento storicamente
documentato. Così come la a del sanscrito di pitàr rispetto alla e in tutte le altre lingue storiche
documentate. Non è un caso che anche questa a abbia una valenza di un certo tipo.
55
Questo metodo consiste nell’osservazione dei dati (linguistici in questo caso), che può avvenire
laddove è presente, cioè nella storicità dei fatti. Anche qui il concetto di storicità di quello che sarà
il centro delle ricerche di un importante studioso, Vittore Pisani, il quale si occuperò a lungo di
storicità e storicismo in linguistica perché lui come rappresentazione della lingua aveva una
definizione, cioè “La lingua è inserita nella storia e in essa si realizza.” Questo concetto di storicità,
Historismus nasce nella culla del Romanticismo. Dall’altra parte, allo Storicismo si oppone
l’Organicismo di Bacone e un’altra prospettiva in cui Storicismo e Organicismo collimano e
coesistono sarà la prospettiva saussuriana, elaborazione linguistica che costituisce una sorta di
mediazione tra le posizioni storicistiche e organicistiche. Una delle dicotomie presenti alla base
della riflessione teorica linguistica saussuriana è quella diacronia-sincronia che, applicata allo studio
linguistico, ci porta da un lato a lavorare sull’evoluzione linguistica e dall’altro sulla pragmatica
linguistica. Saussure, alla luce dei suoi studi sul vocalismo indoeuropeo, compara dati linguistici,
analizzati in sincronia, cioè all’interno dello stesso sistema, per vedere cosa succede quando questi
dati linguistici vengono messi in pratica.
Il passaggio dal mondo empirico dei dati, la presenza della documentazione, alla ricostruzione
avviene quando si comincia a ricostruire qualcosa che non è attestato da nessuna parte. Il metodo
empirico-induttivo che permette la raccolta di questi dati, la comparazione di essi, conduce ad un
ulteriore passaggio dalla comparazione alla ricostruzione nel momento in cui il metodo porta alla
ricostruzione di un elemento che rappresenta l’unità e che permette di spiegare quello che poi è
successo nelle lingue storicamente documentate. Questa evoluzione si capisce attraverso una serie
di regole, legate all’ambito fonetico-fonologico perché l’elemento funzionale è successivo. Quando
si arriva ad una maggiore consapevolezza degli elementi fonetici, oltre a comparare si comincia
anche a ricostruire. Nella seconda metà del XIX secolo, dal metodo empirico-induttivo si passa al
metodo deduttivo perché con la ricostruzione si arriva alla deduzione di alcuni aspetti riscontrabili
nelle lingue storico-documentate. Si comincia anche ad utilizzare * che rappresenta l’elemento
ricostruito, facciamo un’operazione di “metascrittura” perché attraverso la scrittura e di elemento
ricostruito parliamo di lingua. per quanto riguarda gli elementi di ricostruzione, noi abbiamo una
serie di esempi.
3)Il lituano entra nell’ambito del metodo comparativo ricostruttivo in un secondo momento.
Nella maggior parte dei casi noi abbiamo parlato del Corso di linguistica generale di Saussure,
padre dello strutturalismo moderno, ma Saussure è anche qualcos’altro. Questa opera non l’avrebbe
mai pubblicata in questa forma, tanto che c’è stata un’edizione critica e non è un’opera pensata per
la stampa. Quello che Saussure ha pubblicato di sua mano in maniera convinta e scientifica, sono
diversi lavori di linguistica storica legati alla comparazione linguistica e allo studio della ricerca di
questa idea originaria legata all’indoeuropeo. Prima di questi appunti, Saussure aveva lavorato a
problemi di ricostruzione linguistica e linguistica storica, in particolare, nel 1878, scrive un saggio
sul Sistema primitivo delle vocali nelle lingue indoeuropee, dissertazione che servirà per il suo
lavoro di laurea. Questo mémoire prende in considerazione una serie di lingue, tra cui il lituano e
Saussure parla dell’accentazione di questa lingua basandosi principalmente sulla principale fonte
dell’epoca, che è una Grammatica del lituano di Schleicher, pubblicata a Praga una ventina di anni
prima, nel 1856. De Saussure lavora sull’accentazione del lituano per capire il sistema vocalico
dell’indoeuropeo, sulla base del quale scrive questo saggio. Nel 1880 Saussure lavora su un altro
problema, scrive una dissertazione Sull’impiego del genitivo assoluto in sanscrito, un lavoro che
equivale a una tesi di dottorato per la sua scientificità e profondità di analisi. Opera pubblicata nel
1881 che ragiona su ipotesi di ricostruzione linguistica passando anche per il lituano. Il lituano
moderno, dal punto di vista genealogico, fa parte delle famiglie baltiche indoeuropee insieme al
lettone e alla lingua parlate in alcune zone della Prussia. Il lituano antico, quello su cui lavora
Saussure, aveva un sistema accentuativo molto vicino a quello dell’indoeuropeo, che poi viene
perso nel lituano moderno. QUI DE SASSURE NOTA PAG.47
4) nell’esempio di ‘piede’, in latino pes-pedis in greco pous-podòs mentre nelle 5)lingue
germaniche
57
Nelle lingue germaniche abbiamo la o per quanto riguarda il grado apofonico, la fricativa al posto
dell’occlusiva bilabiale e l’occlusiva dentale sorda.
Alla luce di tutte le ipotesi fatte, si ricostruisce l’elemento dell’indoeuropeo asteriscato, punto di
arrivo e non di partenza. Quando si tenta una ricostruzione, il punto di partenza sono le lingue
storicamente documentate con dei dati sulla base del metodo empirico-induttivo.
Per quanto riguarda la classificazione dei vari elementi, l’indoeuropeo rappresenta la tassonomia
superiore, poi ci sono delle sottocategorie, rappresentate dalle varie famiglie linguistiche:
germanica, romanza, ecc. l’influenza di alcune di discipline quali la sociologia della lingua, come
la dialettologia, modificano la meccanicità delle classificazioni tassonomiche del primo momento
della nascita del metodo storico-comparativo che diventa comparativo-ricostruttivo.
-I nomi di parentela e i numerali hanno uno statuto particolare e sono quelli presi in considerazione
in un percorso di tipo comparativo-ricostruttivo. Nel caso del nome dell’ordinale 3, ‘terzo’, abbiamo
che La t indoeuropea diventa th in gotico e antico alto tedesco: dall’occlusiva dentale sorda a
un’occlusiva dentale aspirata mentre quella in seconda posizione si trasforma: In antico alto tedesco
abbiamo un raddoppiamento, nel gotico diventa sonora. nell’irlandese c’è una perdita. Elemento del
gotico, norreno (antico islandese) e alto tedesco: la fricativa ha un retaggio particolare perché
questo elemento che nelle lingue indoeuropee è presente come occlusiva dentale sorda, si trasforma
nella fricativa del gotico e del norreno. In realtà il suono della fricativa è il thorn (Þ) che abbiamo
incontrato in Wulfila, che significa ‘spina’ e indica la punta della lingua che esce dalla bocca per la
pronuncia. Elemento iconico che appartiene all’alfabeto runico, che Wulfila utilizza per la sua
traduzione. Simbolo che rappresenta la fricativa interdentale sorda che è la trasformazione
dell’occlusiva dentale sorda nelle lingue indoeuropee, che nelle lingue germaniche diventa fricativa
interdentale sorda. La fricativa interdentale sonora corrispondente è quella incontrata in pater (fadar
nel gotico).
Forma e sostanza
Due termini appartenenti all’ambito filosofico ma che entrano a pieno titolo nell’ambito linguistico,
soprattutto laddove vengono applicati ai due concetti di langue e parole, una delle dicotomie
saussuriane maggiormente significative.
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La forma è qualcosa che appunto dà forma a degli elementi, quindi la langue è la forma, elemento
che dà un’impronta a sostanze diverse, agli elementi con cui la lingua si manifesta. Il sistema sarà
diverso per ogni lingua. quello che Saussure intende con langue è il sistema lingua generale,
meccanismo di funzionamento della lingua. questo sistema dà origine concretizzandosi negli atti di
parole, a delle sostanze che sono gli idioletti di ogni parlante, che egli manifesta con la propria
lingua. Applicandolo agli elementi minimi, il sistema lingua è in grado di conformare diverse
sostanze a diversi livelli come quello fonetico e fonologico (foni e fonemi), morfologico (morfemi),
lessematico (lessemi), ecc. A seconda del livello in cui ci troviamo, queste substantiae si
configurano secondo determinate caratteristiche. Un’ulteriore trasformazione avviene per quanto
riguarda l’occlusiva dentale sorda che si trasforma nella fricativa interdentale tipica del gotico, del
norreno e delle lingue germaniche. Simbolo che poi prende Wulfila in prestito dall’alfabeto runico
per trascrivere quello che deve trascrivere.
Altri studiosi
1)Accanto alla figura di Bopp sempre nel XIX secolo c’è A.F.Pott che applica quello che Bopp
aveva fatto nel suo lavoro principale storico-comparativo in un lavoro etimologico. Nel 1800 si
arriva a lavorare su un’etimologia scientifica, basata sui significanti: Pott attraverso la
comparazione dei mutamenti degli elementi minimi fonetici, lavora sull’etimologia arrivando a
delle considerazioni scientifiche.
L’opera di Pott “Ricerche etimologiche” fa riferimento all’approfondimento di questo etimo, basata
non più sui mutamenti di significato come avevano fatto gli autori classici (Platone e Isidoro di
Siviglia), ma analizzando i mutamenti di suono.
2)Albert Kuhn è il fondatore dell’Archeologia linguistica e Mitologia comparata. Così come i
fratelli Grimm avevano lavorato sul folklore, anche Kuhn entra a pieno titolo in questo percorso e
lavora su un metodo archeologico applicato alla mitologia, analizzando i significanti, i nomi
applicati a particolari miti, ecc., quindi lavora sulla comparazione linguistica.
In questa fase quello che interessa gli studiosi va in due diverse direzioni: c’è chi studia le singole
lingue indoeuropee: Schlegel e Jones si focalizzano sul sanscrito, che viene sopravvalutata come
lingua perché funge da origine nella prima fase dell’elaborazione di questo metodo. Oppure l’altra
direzione è quella di lavorare su più lingue, quelle imparentate con il sanscrito, come fa Bopp, si
aggiungono dati linguistici.
3) CURTIUS= In questo stesso periodo si sposta il focus verso il sanscrito ma lo studio principale
portato avanti maggiormente era lo studio delle lingue classiche, latino e greco e quindi la filologia
classica.
Questo è il motivo per cui avvengono diversi dibattiti da questo punto di vista e avviene una sorta di
frattura tra gli studiosi appartenenti all’ambito della filologia classica e chi invece si occupava del
nascente metodo storico-comparativo che aveva attratto gli studiosi per il fascino della ricerca
dell’unità. Il primo momento di mediazione viene realizzato da Curtius, un grecista e comparatista,
il maestro dei futuri neogrammatici, degli studiosi che si occupano del principio legato alle leggi
fonetiche. Alla luce di questa mediazione si comincia a collaborare tra filologi classici e linguisti
storico-comparativi e si comincia a capire quali sono le corrispondenze fonetiche tra lingue
classiche e sanscrito. Sulla scia di questa particolare attenzione alla comparazione, cominciano a
nascere anche altre filologie moderne, tra cui la filologia romanza, di cui si occupa Diez,
59
considerato il fondatore di questa disciplina. Tra le sue opere più importanti, scritte in tedesco, si
ricordano la “Grammatica delle lingue romanze” e il Dizionario etimologico delle lingue romanze.
Lo sviluppo della filologia classica e romanza dà impulso alle altre filologie: filologia germanica,
filologia slava e filologia celtica, legate alle famiglie di lingue che appartengono tutte alla grande
famiglia dell’indoeuropeo.
- Nel 1852 Schleicher si fa portatore di un altro importante lavoro, dedicato alla filologia slava,
Morfologia dello slavo della Chiesa, che corrisponde all’antico bulgaro.
- Qualche anno più tardi, nel 1856-1857, esce un lavoro dedicato al lituano, Manuale di lingua
lituana. Egli è il primo ad occuparsi di una lingua baltica e su questa opera si basa Saussure.
Il suo nome è strettamente legato a due imprese: 1)una mirava a stabilire rapporti che uniscono le
varie lingue della famiglia indoeuropea, e 2) l'altra a precisare un metodo di classificazione delle
60
lingue del mondo. Espose la propria visione della frammentazione dell’indoeuropeo disegnando il
suo famoso albero genealogico.
Tra la produzione ricordiamo nel1861 Nel Compendio della grammatica comparata delle lingue
indo-germaniche le lingue del mondo furono classificate in:
Tale tripartizione apparterebbe a scleghel. Pertanto egli la riprese ma perfezionò la teoria per fornire
una spiegazione generale dell’evoluzione linguistica. Egli pensò di includere le tre classi in un ciclo
evolutivo che andava dallo stadio isolante a quello flessionale passando per lo stadio agglutinante.
Ognuna delle lingue conosciute nel mondo si troverebbe in uno dei tre stadi a seconda del momento
evolutivo: La classificazione tripartita si spostava così dal piano statico a un piano dinamico.
Il primo stadio della lingua presenta 3 diversi gradi di sviluppo: isolante, agglutinante e flessivo,
elementi che hanno all’interno dei morfemi conglomerati assieme che nello stadio evolutivo si
specializzano e poi diventano funzionalmente modificati. In queste fasi di sviluppo, la lingua
diventa da estremamente primitiva a morfologicamente più ricca. Una volta che la lingua ha
raggiunto l’apice di questo stadio, la flessione, avviene il secondo stadio di vita della lingua, di
decadenza, del quale ci dà un segnale il mutamento linguistico, che può portare da un lato alla
nascita delle lingue figlie e dall’altro all’estinzione della lingua. Ad esempio il latino si è evoluto e
trasformato nelle lingue romanze, flessive, che hanno avuto una trafila autonoma. Questo è il
retaggio di una teoria linguistica che lega Schleicher all’idea di lingua come organismo biologico.
62
QUALI SONO LE RAGIONI DI TALE DECADENZA? Egli pensava che la vita delle lingue si
divida in due parti: una parte ascendente, periodo preistorico, e una parte discendente, periodo
storico, il periodo storico comincia prima dell'epoca dei documenti, nessuna lingua è attestata nel
suo stato di perfezione ideale. IN REALTA’ QUESTA EVOLUZIONE DA ISOLANTE A
AGGLUTINANTE A FLESSIVO non regge ad un esame attento.
Accanto a questo modello dell’albero genealogico, abbiamo un altro modello che si sviluppa
parallelamente alla Stammabumtheorie ma che ne rappresenta una critica: Wellentheorie, elaborata
dai due studiosi indoeuropeisti Schmidt e Schuchardt. Modello alternativo basato su un altro
meccanismo, quello che poi sarà elaborata come Teoria delle onde, alla base del terzo criterio
scientifico di classificazione linguistica, il criterio areale. Entrambi sono autori indoeuropeisti che si
occupano di raccogliere, classificare, segmentare e comparare materiale linguistico nell’ottica di
arrivare alla lingua delle origini.
TEORIA DELLE ONDE= La teoria dell’albero genealogico considera solo una coordinata nel
mutamento linguistico, il tempo mentre la teoria delle onde contempla la componente spaziale ma
anche l’influsso reciproco tra le lingue. Johannes Schmidt (1843-1901), indoeuropeista, si ispira ad
idee avanzate poco prima da Hugo Schuchardt nella opera “Vocalismo del latino volgare” 1866-
1868, rassegna ragionata di un‘imponente quantità di materiale linguistico raccolto regione per
regione per tutto l’Impero. Egli
considera il LINGUAGGIO =
prodotto del meccanismo fisio-
psicologico dell’uomo, legame
tra cervello e apparato fono-
articolatorio e la Linguistica =
scienza esatta
63
dell’albero genealogico con quella delle onde che si propagano a seguito della caduta di un sasso e
che si allontanano progressivamente e concentricamente dal loro punto di irradiazione finchè non si
intersecano con le onde provocate dalla caduta di altri sassi. In modo simile dovremo figurarci la
diffusione delle particolarità dialettali: l’area di estensione di ciscuna è delimitata da linee
(isoglosse) che si incrociano tra loro e formano un complicato intreccio di tratti dialettali: COSI’ IL
DOMINIO INDISCUSSO DELL’INDOEUROPEO LASCIA IL POSTO AD UN INTRECCIO DI
ISOGLOSSE INTERSECATE. Egli segnala che i tratti comuni a due o più lingue sono direttamente
proporzionali alla vicinanza tra loro: da qui l’idea che questo mutamento si propaghi come un’onda
a cerchi concentrici, che rappresentano l’area di ogni singola lingua, che si affievoliscono
allontanandosi.
Pertanto al rigido concetto di scleicher che divideva in rami, scmiths presenta il concetto di
CONTINUITA’ LINGUISTICA per cui le aree dialettali di uno stesso dominio originario si
differenziano via via che si accentuano le distanze che le separano e per effetto delle condizioni
politiche, religiose: L’immagine dell’onda fa capire chiaramente l’andamento di una innovazione
che a partire dal centro si dirama verso le periferie Schmidt
64
PENSIERO= I neogrammatici accolsero sostanzialmente la teoria dell'albero genealogico e delle
protolingue di A. Schleicher, ma respinsero la sua concezione della lingua come organismo naturale
indipendente dalla volontà dell'uomo la quale è invece prodotto collettivo dei gruppi umani e
valorizzarono la lingua parlata e le varietà dialettali nei confronti delle lingue letterarie,
svilupparono in particolare gli studi fonetici portando alle estreme conseguenze la rigorosa
formulazione delle leggi fonetiche, giunsero alla conclusione della loro ineccepibilità, turbata solo
da deroghe spiegabili con il principio psicologico dell'analogia.
Con la scuola neogrammatica avviene il vero salto di qualità dal primo periodo della linguistica
storica, quello rappresentato da Bopp, Grimm ma anche con Schleicher perché avviene una
codificazione della migliore prassi della Linguistica storico-comparativa, con un apparato teorico
basato sulla regolarità dei cambiamenti fonetici. Questa opera sostituisce l’opera precedente e
rappresenta il salto di qualità che viene fatto nei confronti della prima generazione di linguisti
storico-comparativi e comparativo-ricostruttivi. I Neogrammatici vollero rendere la linguistica
storica una scienza esatta, caratterizzata da metodi in linea alle scienze naturali, che nel 1800 ha
avuto l’exploit. Sulla stessa linea di Schleicher che aveva considerato la lingua un organismo
biologico, anche i neogrammatici prendono a modello le scienze naturali, ma fanno qualcosa in più.
Se Schleicher aveva considerato la lingua come un organismo biologico e sulla base di questo
principio aveva elaborato la teoria dell’albero genealogico, i Neogrammatici si focalizzano sulle
scienze esatte di natura inanimata come le leggi della fisica. Avendo a che fare con leggi fonetiche
in cui il mutamento è regolare, il processo deve avvenire in modo più matematico, preciso.
L’idea di questa scuola nasce dalla controversia tra Curtius e Brugmann, ma uno dei teorici della
scuola neogrammatica è H. Paul, che si occupa di teorizzare questi principi e scrive “Principi di
storia della lingua” in cui ribadisce tutti i concetti fondamentali della scuola neogrammatica. Per
essere scientifica, la ricerca linguistica deve essere soprattutto una ricerca storica, non deve lasciare
nulla al caso e deve basarsi su un dato di fatto, dato linguistico analizzabile. Sulla base di questa
teoria i neogrammatici elaborano questo principio di ineccepibilità delle leggi fonetiche.
Uno dei principi che i Neogrammatici mettono a fondamento della loro scuola
è il principio di ineccepibilità delle leggi fonetiche, ovvero i cambiamenti fonetici sono dei processi
meccanici regolati da leggi e regole sistematiche e da leggi fisiche che non ammettono eccezioni.
Quando c’è una deroga o eccezione a una regola si elabora un’altra regola che va a sopperire a
quella irregolarità e che ne da una spiegazione plausibile. Il caso più esemplificativo è la legge di
65
Grimm e Verner, legata alla rotazione consonantica nelle lingue germaniche, che troveranno una
deroga perché Verner si accorge che qualcosa non funziona nelle rotazioni consonantiche: si era
affermato che alle occlusive sorde dell’indoeuropeo corrispondono in germanico consonanti sorde e
sonore aspirate quindi va ad analizzare alcuni elementi come l’accento e determinate consonanti che
influiscono sulla rotazione consonantica. Quella che è un’apparente eccezione della legge di Grimm
viene formalizzata in un’altra regola. Infatti PATER E GOTICO FADAR PERCHE’ IN CASO IN
CUI LA CONSONANTE FOSSE IN POSIZIONE INTERVOCALICA, ALLORA DIVENIVA
NON UNA ASPIRATA MA OCCLUSIVA SONORA.
Non volendo ammettere l’esistenza di eccezioni, si sono trovate nuove regole, capaci di trattare in
modo uniforme dei fenomeni che, in un primo momento, erano apparsi come eccezioni. Spesso, a
una legge più generale, è stata affiancata un’altra capace di spiegare in modo soddisfacente un caso
più particolare, ma perfettamente delimitato. Bopp, Humboldt e gli autori della prima generazione
del metodo storico-comparativo sono stati influenzati dal Romanticismo; i Neogrammatici sono
influenzati dallo sviluppo delle scienze naturali e delle scienze esatte da cui riprendono i principi
per la fisiologia dei suoni e per l’irregolarità delle leggi fonetiche e vogliono introdurre i metodi di
queste scienze nella linguistica. Per questo motivo essi analizzano il dato linguistico, quindi si
concentrano maggiormente sulla fisiologia dei suoni. Le leggi fonetiche devono essere regolari,
regolarità che viene sancita dall’analogia: I was (inglese) e Ich war (Tedesco). Nel primo caso
abbiamo una s, nel secondo caso una r. Il rotacismo non è avvenuto in inglese, deroga alle leggi
fonetiche. In realtà queste leggi spiegano che il rotacismo è avvenuto in determinati contesti perché
qui siamo in finale di parola, quindi non avviene. Ma se analizziamo le altre persone: We were
(inglese) e Wir waren (tedesco) il rotacismo è avvenuto. Questo significa che la prima persona
singolare del tedesco deriva per analogia dalla prima persona del plurale.
Nella comparazione vanno ricercate le corrispondenze fonetiche, che devono essere assolutamente
regolari. ESEMPIO: Il Neogrammatico Leskien lavora sul balto slavo e afferma che se le leggi
fonetiche non fossero ineccepibili a noi verrebbe meno la base scientifica per le ricostruzioni. Per
spiegare la regolarità dei cambiamenti fonetici, gli studiosi fanno ricorso alla fisiologia dei suoni
(fonetica in senso stretto) e a un’altra disciplina che darà origine all’aspetto fonologico, che sarà
formalizzato con la scuola di Praga successiva, la nascente psicologia. Sul principio di
ineccepibilità vanno a ricercare le regolarità di suoni delle leggi fonetiche, ma anche lo
psicologismo. Essi vanno ad analizzare anche un’altra serie di elementi che somigliano al valore
distintivo di significato, elaborato in un secondo momento con il fonema.
CRITICHE AI NEOGRAMMATICI
1) Le leggi fonetiche spiegherebbero solo una parte del mutamento linguistico: Dalla seconda
metà del XIX secolo in poi, lo studio della fonetica, incoraggiato dai Neogrammatici, si
fondano le basi di una ricostruzione linguistica basando la metodologia sulla fisiologia dei
suoni. Nel 1876 la fisiologia dei suoni è stata analizzata da Eduard Sievers, il quale scrive il
volumetto Principi della fisiologia fonetica, il primo manuale di fonetica che oggi è
considerato un classico della disciplina.
POTENZIALITÀ DELLE CRITICHE= La reazione che i Neogrammatici hanno nei confronti dei
loro oppositori, soprattutto questo dibattito ha permesso di migliorare le proprie teorie ed elaborare
in maniera più affinata il proprio metodo. Questo dibattito che veniva alimentato prendendo come
bersaglio il principio di ineccepibilità delle leggi fonetiche, ha fatto bene alla linguistica perché ha
permesso al metodo di affinarsi. L’opposizione al metodo storico-comparativo non ne ha eroso il
metodo, ma gli ha prestato una dialettica interna che ha arricchito il paradigma:
La scuola neogrammatica rappresenta un momento particolarmente importante nella storia degli
studi della linguistica perché fonderà la base della linguistica scientifica ricostruttiva sulla cui base
si costruirà l’idea della lingua originaria.
OPPOSITORI=alla scuola dei Neogrammatici viene infierito un colpo fatale e verso la fine del
secolo, si sviluppa un altro movimento, la scuola Wörter und Sachen (PAROLE E COSE) il cui
maggior esponente è Meringer, il fondatore della rivista omonima. Questa scuola che comincia a
diffondersi e attorno alla quale si fonda una rivista scientifica, riporta sulla scena dopo l’entusiasmo
dei Neogrammatici, l’importanza del significato. Per comprenderla bisogna citare Jules Gilliéron
con il quale la geografia linguistica si trasformò, da particolare metodo di indagine della
dialettologia, in branca disciplinare autonoma, con proprie basi scientifiche e metodologiche. il
mutamento linguistico è il risultato di una continua e incessante lotta tra l’azione esercitata dalle
modificazioni fonetiche su ogni singola parola (che però possono comprometterne la vitalità e la
funzionalità all’interno del sistema e quindi determinarne la scomparsa) e l’azione terapeutica
messa in atto dai parlanti in seguito alla reazione psicologica provocata in essi da tali mutamenti.
Tra le condizioni più frequenti all’origine delle innovazioni linguistiche si trova l’omofonia, vale a
dire la coincidenza fonetica tra due termini di diverso significato . Un’implicita conseguenza di tale
assunto fu l’interesse manifestato dai linguisti svizzeri per i rapporti che intercorrono tra la storia
delle parole e quella delle cose, secondo l’indirizzo di ricerca denominato Wörter und
Sachen («Parole e cose») sviluppato in Germania all’inizio del XX secolo a opera di R. Meringer
(1859-1931) e di H. Schuchardt (1842-1927), in base al quale lo studio della parola non deve essere
disgiunto dalla conoscenza precisa e diretta del referente da essa designato e dalla sua diffusione
areale. Infatti, uno stesso termine può essere associato a oggetti diversi o a modelli e tipi differenti
di un medesimo oggetto, così come l’appartenenza a strati socioculturali o generazionali diversi può
implicare differenze nella denominazione di uno stesso referente. Quello su cui lavora questa scuola
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è una ricostruzione fatta non solo su base scientifica legata ai significanti, ma cerca di ricostruire
anche la cultura a cui si lega una lingua e l’ambiente in cui si sviluppa parte dai principi che
avevano portato avanti i fratelli Grimm e si cerca di realizzare una ricostruzione dal punto di vista
storico e culturale (lingua, storia e cultura).
NEOLINGUISTI (linguistica areale)= Nello stesso periodo c’è anche la scuola che si sviluppa
attorno ai primi anni del 1900, i Neolinguisti, che si raggruppano attorno al principio di linguistica
areale, scuola prevalentemente italiana, i cui esponenti principali Bartoli, Merlo e Bonfante. Questa
scuola che fonda la linguistica areale è il retaggio della Teoria delle onde.
Sulla base delle esperienze e dei risultati della geografia linguistica di J. Gilliéron, rifiutava il
postulato neogrammatico dell’ineccepibilità delle leggi fonetiche e spostando l’attenzione sulla
distribuzione geografica dei fatti di lingua, formulava nuove leggi, dette norme areali: l’attenzione è
l’area geografica in cui si parla una lingua in base a cui si può capire lo sviluppo della lingua stessa.
I neolinguisti sostengono che nello sviluppo della lingua c’è un principio del Centro e della
Periferia: è il principio propulsore dell’innovazione e da essa, in base alla teoria delle Onde, può
diramarsi verso le periferie. Se noi troviamo un elemento innovatore nella periferia dobbiamo far
riferimento al fatto che quell’elemento proveniva da un centro propulsore. Se invece, al contrario,
l’innovazione nasce da un’area periferica, proprio perché la periferia è più conservativa rispetto al
centro, sarà molto più difficile che quella innovazione raggiunga il centro. Di conseguenza questo
principio viene applicato alla dialettologia, data una determinata area geografica in cui coesistono 3
dialetti disposti secondo uno schema A, B, C dove B è il centro e A è la periferia. Se troviamo una
caratteristica x nel dialetto A e C, vuol dire che questa è una caratteristica conservatrice e deve
essere stato sicuramente B, il centro, ad aver creato l’innovazione. Nel centro in B la caratteristica si
può essere sviluppata in un’altra area linguistica. Questo principio del Centro e della Periferia è
stato applicato alla disciplina dialettologica e gli autori italiani si occuperanno di portare avanti
questi aspetti teorici. Lo scopo della linguistica areale è dimostrare che dalla distribuzione
geografica per i singoli dialetti si possono trarre delle conclusioni di tipo storico, diacronico, sulla
base del modello della Welletheorie che ci dà indicazioni del mutamento linguistico.
Bartoli
-definisce le quattro norme areali secondo cui, in presenza di diverse forme linguistiche, la più
antica sarebbe quella presente:
1. area geografica più isolata (es. k in Sardegna al posto di c);
2. aree laterali (es. circus > rumeno, spagnolo, circulus > italiano);
3. area maggiore (se questa non è troppo esposta);
4. area seriore (luoghi colonizzati).
68
Sul problema dello Strutturalismo nascono delle scuole successive alla morte di Saussure, delle
interpretazioni funzionaliste dello Strutturalismo saussuriano, ossia la Scuola di Praga, che vede
come fondatori e partecipanti Jakobson e Trubeckoj che scriverà un volume dal titolo Principi di
fonologia e un’altra interpretazione in ambito praghese dello Strutturalismo saussuriano è in ambito
danese, con la figura di Louis Hjelmslev che scrive delle opere identificando quello che viene
denominato “glossema”, un altro elemento minimo. Poi abbiamo lo Strutturalismo americano di
Sapir e Bloomfield per poi arrivare a Chomsky con l’opera Strutture sintattiche del 1957. La teoria
alla base dell’idea di Chomsky fa parte dell’entità chiamata Grammatica generativa o Grammatica
generativo-trasformazionale. Elaborazione dello Strutturalismo in ambito americano.
La lingua è un sistema fatto dagli adulti per gli adulti, è uno strumento di comunicazione fitta rete
di scambi, di informazioni e di relazioni sociali che coinvolgono ogni essere umano nella vita
quotidiana. La comunicazione ha anche un aspetto sociale e relazionale mentre Il linguaggio è la
capacità cognitiva che ci permette di utilizzare una lingua. Quando parliamo di linguaggio parliamo
di insieme di elementi che permettono la comunicazione, la lingua invece è un sistema simbolico
astratto, un insieme di valori cerebralizzati che si contrappongono, è il sistema socialmente
determinato, comprende tutti i linguaggi e li coordina attraverso varie facoltà e ha anche un valore
metalinguistico perché la lingua è l’unico linguaggio che sa parlare di tutto e può parlare anche di se
stesso. LA LINGUISTICAE’ LA SCIENZA CHE STUDIA IL LINGUAGGIO UMANO E LE
LINGUE PARLATE E SCRITTE DEGLI UOMINI. Le caratteristiche del linguaggio umano sono:
Discretezza Il linguaggio umano è un sistema dove gli elementi sono distinti gli uni dagli
altri per la presenza di limiti ben definiti, che determinano anche una differenza di
significato. Tra b e p (batto e patto) non c’è un’entità intermedia, ma un limite ben preciso,
sono entrambe consonanti occlusive bilabiali, una sorda l’altra sonora. La discretezza ha a
che fare con la segmentazione (Zergliederung di Bopp). Il contrario della discretezza è la
continuità del linguaggio, come quello degli animali (api), non segmentabile come il
linguaggio umano.
Ricorsività meccanismo che permette di costruire frasi nuove inserendo in una frase data
un’altra frase, ecc. Tutto ciò che ha a che fare con il nostro articolato sistema sintattico.
Dipendenza dalla struttura il sintagma nella lingua naturale non può essere una semplice
successione di parole messe a caso (La mamma mangia la mela non posso dire La mangia
mela mamma la). In molti casi la forma delle parole è determinata anche da altre parole
distanti nella frase perché si vuol dare a quella parola una determinata importanza e questa
dipendenza dalla struttura contrappone il linguaggio umano al linguaggio informatico, in cui
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abbiamo una indipendenza dalla struttura. Posso avere casi in cui la successione delle parole
nella frase dipende da alcuni elementi: La mamma mangia, la mela.
Doppia articolazione Martinet intorno agli anni ’60 elabora la formalizzazione di questa
teoria in cui la lingua presenta degli elementi di prima articolazione del linguaggio
(morfemi) e unità di seconda articolazione (fonemi), elementi minimi portatori di valore
distintivo di significato. La teoria della doppia articolazione del linguaggio ha a che fare con
il problema della segmentazione perché quando abbiamo una prima segmentazione il
parlante individua in prima battuta i morfemi (unità funzionalmente determinate), in seconda
battuta i fonemi.
Linguistica storica non accetta le spiegazioni “catastrofiste” del mutamento linguistico (cfr. il mito
di Babele), ma cerca di individuare una causa scientifica, che può essere rintracciata nell’alternanza
e nello scorrere del tempo per capire i mutamenti linguistici.
70
La teoria dell'albero genealogico ebbe
un'implicita consacrazione da parte dei
neogrammatici che a essa si rifacevano per la
classificazione dei dialetti. Ma essi non si
soffermarono sulle modalità della ripartizione
dialettale, e la sola isoglossa che trovasse posto
nell’opera di brugmann era distinzione tra le lingue centum e le lingue satem. L’idea di prendere in
considerazione il vocabolario meno esposto al prestito, cioè legato agli elementi che si conservano
maggiormente in una lingua, darà poi il nome anche a due gruppi di lingue che vengono chiamati
lingue centum e satem, due gruppi che si comportano in maniera differente per quanto riguarda la
denominazione del numerale ‘cento’, denominato in latino e in avestico. Il fenomeno fonetico su cui
ci si basava è un fatto banale di evoluzione fonetica: si tratta della tendenza alla palatizzazione
(soprattutto davanti a vocali anteriori) che trasforma le occlusive velari in fricative palatoalveolari o
sibilanti. Quindi la occlusiva velare sorda che diventa in alcune lingue come ad esempio il latino, il
greco, il gotico in alcuni casi si mantiene come velare, in alcuni casi scompare, mentre in sanscrito e
avestico si trasforma in fricativa (sch). Il numero per indicare ‘cento’ (kentum in latino) aveva
un’articolazione velare, che nelle lingue di area orientale (sanscrito) viene pronunciato satem
(sciatem).
Sulla base delle corrispondenze sistematiche individuate si ricostruisce la lingua originaria dalla
quale il campione discende.
L’originaria sequenza latina -ct si è mutata in -tt- in italiano, -ch- in spagnolo, -it in francese e -pt in
romeno.
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corrispondenza sistematica che esiste tra le occlusive delle lingue germaniche e quelle di altri
gruppi di lingue indoeuropee, mutazione rotazione consonantica germanica, legge di Grimm.
Sulla base di quello che è stato rinvenuto in questi documenti L’inventario fonematico
dell’indoeuropeo comprende:
- Vocali
- Dittonghi
- Semivocali
- Sonanti articolazioni a metà tra vocali e consonanti. Consonanti continue come l, m, n, r
che nell’ambito della fonologia dell’indoeuropeo rientrano nelle sonanti perché queste
consonanti nell’indoeuropeo potevano fungere da valore consonantico e valore vocalico.
- Laringali elemento consonantico che funge anche da elemento vocalico e si inserisce in
un percorso di ricostruzione. Saussure ha parlato di laringali quando si è occupato del
vocalismo dell’indoeuropeo e il problema lo aveva individuato e canonizzato ma la teoria
sarà effettivamente formalizzata da altri studiosi che seguirono.
- Consonanti (con sibilanti e “thorn”) Il “thorn” è una lettera runica dell’alfabeto gotico,
anglosassone e islandese, utilizzata in Scandinavia nel medioevo che avrà una
traslitterazione con il th (fricativa interdentale). Questa lettera deriva dalla runa il cui
significato è “spina” perché indica la punta della lingua che nella pronuncia uscirebbe e
questo simbolo rappresenta la fricativa interdentale sorda (think) ma è rappresenta anche la
fricativa interdentale sonora (the).
L’inventario delle vocali, dittonghi e semivocali si distingue da quello che conosciamo solitamente
e potremmo dire che quello dell’indoeuropeo è una macrocategoria rispetto a quello che abbiamo
visto nella nostra lingua.
72
VOCALI= l’indoeuropeo presenta
una 5 vocali brevi e 5 vocali
lunghe. Il vocalismo
dell’indoeuropeo si comporta in
maniera diversa nelle varie lingue
attestate e oltre a queste 5 vocali
brevi e lunghe, POSSIAMO
VEDERE NEL trapezio vocalico,
che rappresenta la sezione
trasversale della nostra bocca in cui
quel trapezio ci configura i
movimenti della lingua all’interno
della bocca per quanto riguarda le
articolazioni vocaliche, dobbiamo
fare riferimento ad una sesta vocale centrale media, lo schwa. QUANDO PARLIAMO DELLA
REALIZZAZIONE DELLE vocali relazionarlo oltre al rapporto con la sesta vocale, al problema dei
dittonghi (unione di più vocali).
Il suono della schwa è intermedio tra una nasale e una retroflessa, come la e atona francese. essa
sarebbe la vocalizzazione di una antica consonante di tipo laringale in alcuni contesti( Le laringali
daranno esiti più vicini alle vocali che alle consonanti e nella loro prima fase erano delle
consonanti) e quindi come è accaduto con le vocali i e u quando esse diventano semiconsonanti,
suono e funzione intermedia.
Lo scevà, scomparso nelle lingue indoeuropee storicamente note, è attestato indirettamente da esiti
vocalici divergenti fra le lingue indoarie e le altre lingue della famiglia: in alcune parole le lingue
indo-arie mostrano una /i/ breve, dove le altre lingue storiche hanno di solito una /a/ breve.
Riprendendo l’esempio del sanscrito pater, ABBIAMO PITAR. Alla base di questa divergenza tra
vocali, dobbiamo ipotizzare la presenza di una vocale intermedia che può avere dei tratti vicini sia
all’esito indoario, nel caso del sanscrito (vocale anteriore alta i), sia all’esito delle altre lingue, cioè
la vocale centrale bassa a. L’unico fonema che può rispondere a questi requisiti è una vocale
centrale medio-alta che nelle lingue indoarie si è sviluppata ed evoluta in i mentre nelle altre lingue
si è evoluta in a, quindi l’ipotesi che viene fatta parte da un elemento indistinto (schwa) che avrebbe
dato degli esiti diversi e che va ricostruito come forma originaria.
Il greco però mostra un esito diversificato: ora /a/, ora /e/, ora /o/, a seconda dei contesti. Il greco
può avere qualche volta a, a volte o e altre volte e, i famosi casi dell’apofonia.
INOLTRE= Come si vede in greco all’interno della declinazione perché tra nominativo e genitivo
abbiamo il grado pieno al nominativo e il grado 0 al genitivo. Questo significa che così come
esistevano tre tipi di laringali, sulla base del problema del grado apofonico, sia ipotizzato che ci
fossero 3 tipi di schwa, o 3 diverse colorazioni timbriche dello schwa. Se abbiamo presupposto che
lo schwa è la vocalizzazione della consonante laringale, se le laringali erano 3 anche gli schwa
dovevano per forza essere 3 perché se è avvenuta una vocalizzazione di una consonante che aveva 3
diverse colorazioni, questa vocalizzazione ha coinvolto tutti e 3 i tipi di consonante che si si
vocalizzate. Questa vocale non era una sola ma era caratterizzata da tre colorazioni timbriche
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una diversa ipotesi diversa riguardo tale colorazione si realizza con i DITTONGHI= La
realizzazione delle vocali deve
essere anche messa in relazione
al problema dei dittonghi
-Il greco antico nella maggior parte dei casi mantiene intatto il sistema vocalico dell’indoeuropeo
anche se il greco presenta delle innovazioni che si verificarono nel momento di passaggio dal greco
dell’età del bronzo attestato dal miceneo a un greco di età più tarda che ha a che fare con il discorso
dei dialetti. Si apre un ventaglio di dialetti: nel dialetto dorico abbiamo determinati esiti, nel dialetto
ionico e attico abbiamo altri tipi di esiti.
-in germanico, noi abbiamo la fusione della o breve e della a breve IN a breve e della a lunga e o
lunga in o lunga, che poi nell’antico alto tedesco diventa uo. Il gotico, all’interno del germanico,
attua un’ulteriore convergenza fra e breve e i breve.
-Poi abbiamo la situazione delle lingue celtiche, in cui il sistema vocalico presenta una Chiusura
della e lunga in i lunga e laddove noi abbiamo in latino rex, il gallico presenta una i (rix). Tra l’altro
dobbiamo considerare che un elemento innovatore delle lingue celtiche è la presenza di un accento
dinamico che influisce sugli esiti di alcuni elementi vocalici.
-In latino il sistema delle vocali lunghe resta inalterato mentre il sistema delle vocali brevi subisce
delle modifiche: a volte le vocali brevi scompaiono in alcuni contesti come all’interno di parola a
74
causa di un accento dinamico presente sulla prima sillaba che era un accento presente agli albori del
latino. Tutte le vocali brevi in sillaba aperta interna tendono ad assumere il timbro della i, ad
esempio noi abbiamo anche il nome della Sicilia o della Sardegna (Sikilia era originariamente un
elemento ricostruito Sikelia, mentre nel caso di Sardinia abbiamo Sardonia, così come capitalem
caputalem). Cambiamenti che dipendono dall’accento sulla prima sillaba.
SEMIVOCALI= Nell’inventario dell’indoeuropeo tutto quello che ha a che fare con le vocali deve
relazionarsi con il problema dei dittonghi ed elementi semivocalici o semiconsonantici (j e w): Per
l'indoeuropeo sono diffusamente attestate le semivocali /j/, palatale (come la i di "ieri")
e /w/, labiovelare (come la u di "uovo").
Le semivocali hanno in alcuni contesti valore di vocale e in altri valore di consonante. Qui la
differenza nelle attestazioni e nella formazione di un reconstructum ipotetico dipende DALLE
POSIZIONI DELLE SEMIVOCALI E SEMICONSONANTE.
Questo fenomeno
fonetico, conosciuto
anche come alternanza
vocalica o movimento
vocalico, è comune a tutte
le antiche lingue
indoeuropee, nelle quali è
documentato variamente:
ad esempio il greco
conserva tracce vistose di
esso, mentre in latino compare sporadicamente. Tale apofonia indoeuropea consiste nella variazione
del timbro vocalico che distingue gli elementi che costituiscono la struttura della parola (la radice, i
suffissi, le desinenze). Siffatta modificazione vocalica, che comportava al tempo stesso la
modificazione della funzione morfologica e semantica della parola, poteva interessare la quantità
della vocale (apofonia quantitativa) oppure la sua qualità (apofonia qualitativa) oppure entrambe a
un tempo (apofonia quantitativa e qualitativa).
ESEMPIO= Tre temi diversi del presente, aoristo e perfetto con tre significati diversi hanno tre
gradi apofonici diversi
76
presenta grado allungato. Da tale modificazione sono distinte la funzione morfologica e quella
semantica della parola. il grado vocalico viene identificato secondo tre gradazioni:
-il grado pieno o normale, cioè la presenza della e o della o brevi (tema del presente);
-il grado ridotto o grado zero, in cui non abbiamo l’elemento vocalico
-il grado forte, con vocale e o o lunghe.
L’elemento che determina la presenza o meno di questa alternanza vocalica è l’accento. Oltre
all’accento, un altro elemento è l’identificazione della categoria morfologica, per questo parliamo di
funzione morfofonologica. Ci sono 2 regole:
- Se l’elemento è accentato ha sempre il grado vocalico e (breve e lunga)
- Se l’elemento non è accentato si ha o il grado 0 o il grado forte.
ACCENTO TONALE/MUSICALE (colpisce solo parte della sillaba) VS INTENSIVO / ESPIRATORIO (colpisce
tutta la sillaba)
- ACCENTO ACUTO
- ACCENTO CIRCONFLESSO
- ACCENTO GRAVE secondario, dipende dalla posizione della parola all’interno della frase (accento acuto si
abbassa). Possono avvenire spostamenti di accento durante l’evoluzione di una lingua (es. germanico, prima
accento libero poi fisso)
L’accento è uno degli elementi soprasegmentali che ha una funzione distintiva a livello
morfofonologico e ha a che fare con la sillaba, la fa distinguere all’interno di una parola rispetto alle
altre. Noi oggi conosciamo un tipo di accento che è anche un tratto soprasegmentale, ma l’accento
originario di una lingua come l’indoeuropeo ma anche di una protolingua originaria era di tipo
musicale o tonale, mentre le lingue storiche hanno un accento dinamico o espiratorio a seconda dei
casi, oppure intensivo. Jakobson si è concentrato anche sul problema dell’accento e ha dimostrato
che quello intensivo/espiratorio e tonale/musicale si sono diversificati tra loro all’interno della
comunicazione linguistica. L’accento espiratorio, quello che noi abbiamo in italiano, coinvolge
l’intera sillaba su cui cade l’accento, in particolare l’elemento interessato dall’accento è l’elemento
del nucleo (vocale), mentre quello tonale/musicale che avrebbe caratterizzato le prime forme della
protolingua, colpirebbe solo una parte della sillaba, la mora.
Un’altra distinzione che fa Jakobson per quanto riguarda i tipi di accento (ACUTO,
CIRCONFLESSO, GRAVE) è la sede: libero, senza sede fissa, fisso, oppure in alcuni casi dipende
dalla quantità della penultima sillaba (parole ossitone, parossitone, proparossitone) come in latino e
greco. In germanico ad esempio prima l’accento era libero e poi diviene fisso.
LATINO= Per quanto riguarda il latino, esso conobbe inizialmente un accento libero; intorno al 500
a.C. sviluppa un accento dinamico sulla prima sillaba che porterà una serie di trasformazioni e
fenomeni di sincope o indebolimento di vocali brevi (facio, conficio). Poi, andando avanti tra 300 e
200 a.C. si instaura un accento trisillabico(LEGGE DELLA PENULTIMA) Un altro tipo di
apofonia o di degradazione vocalica è documentato in latino, e solo in questa lingua tra tutte quelle
77
che appartengono al ceppo dell'indoeuropeo. Sua caratteristica principale è che sono interessate dal
fenomeno solo le vocali brevi, motivo per cui l'apofonia latina deve essere nettamente distinta
dall'apofonia indoeuropea. Quando parliamo di accento dobbiamo chiamare in causa un altro
elemento, ovvero l’intonazione, che riguarda l’accento musicale e la diversità di tono durante la
pronuncia di una sillaba che porta l’accento. L’accento acuto del greco aveva un’intonazione
ascendente, quello circonflesso aveva un’intonazione ascendente-discendente. In altre lingue che
non sono classiche, come nel lituano moderno, l’intonazione ha una funzione distintiva di
significato, mentre nella nostra lingua no, se non in casi particolari come l’interrogativa. Se
l’accento indoeuropeo era musicale, sicuramente avrà avuto una funzione distintiva legata alla
musicalità. Quindi bisogna valutare l’accento musicale all’interno della diacronia.
Considerando l’inventario
delle consonanti, dopo aver
trattato del gruppo delle
sonanti che sono quegli
elementi che possono fungere
da consonante e vocale
(categoria particolarmente
produttiva), all’interno di
questo inventario consonantico, emergono alcune questioni:
1. Laringali
2. Problema delle occlusive sorde aspirate, applicato alle occlusive.
3. Teoria delle occlusive glottidalizzate.
QUESTIONE DELLE LARINGALI= Questa teoria delle laringali è frutto dello studio di diversi
storici della lingua e di diversi linguisti che si sono occupati del problema. La storia di questa
laringale e del laringalismo si intreccia allo schwa, perché la vocale centrale media schwa è la
vocalizzazione di una consonante laringale (quindi la laringale rappresenta il grado 0). Questa teoria
fu proposta da Saussure che si è occupato del sistema vocalico dell’indoeuropeo e della teoria delle
laringali. L’unica fricativa che gli studiosi riconoscevano nell’indoeuropeo era la fricativa alveolare
(sorda o sonora), la s. L’idea della presenza dei suoni laringali era stata avanzata da Saussure nel
“Mémoire, saggio sul sistema primitivo delle vocali delle lingue indoeuropee”, scritto nel 1878, poi
pubblicato nel 1880. Nel 1881 egli scrisse la tesi di laurea/dottorato per partecipare alla Scuola di
Praga dal titolo Sul genitivo assoluto dell’antico indiano. egli non formalizza il termine ‘laringale’
ma parla dei coefficienti sonantici, entità astratte che permettevano di interpretare in modo regolare
78
la natura delle radici indoeuropee. Se la presenza di questa laringale emerge tra il 1927 e 1935
quando lo studioso polacco si occupa della formalizzazione di questa teoria, quello che Saussure fa
una cinquantina di anni prima si basava sulla rianalisi vocale, dello schema di alterazione vocalica
nelle radici del protoindoeuropeo. Saussure fa un’analisi del protoindoeuropeo, vede che ci sono
schemi di alterazione vocalica che si ripetono sistematicamente e comincia a individuare la
problematica. Queste radici del protoindoeuropeo erano caratterizzate da una forte presenza
apofonica perché queste alternanze vocaliche che vanno dal grado 0, al grado forte, al grado neutro,
sono legati all’Ablaut, cioè il fenomeno dell’apofonia, che si correla a questo fenomeno della
presenza di alterazioni vocaliche, presenza di coefficienti sonantici e esiti consonantici di
particolare rilevanza.
Il problema delle laringali non emerge subito ma emerge quando viene scoperta la lingua ittita, che
mette in discussione il vocalismo dell’indoeuropeo. l’ittita viene decifrato nel 1927, lingua
cuneiforme e con grande sorpresa da parte degli studiosi questa lingua entrava a pieno titolo nella
famiglia dell’indoeuropeo ed era una lingua che presentava la fricativa laringale, laddove nelle altre
lingue imparentate si trovava una semplice vocale. CI SONO UNA SERIE DI TEORIE
-Nel 1927 lo studioso polacco Kurylowicz postula la teorizzazione di queste laringali all’interno del
saggio, e nota come quei coefficienti sonantici corrispondono perfettamente alle laringali. che nella
sua interpretazione e studio sono 3, che poi diventeranno successivamente 4. Poi ci saranno altri
studiosi che si occuperanno del caso delle laringali, come Martinet, che identificherà ancora più
laringali, una decina di laringali tra labializzate (con un elemento labiovelare w), sonore, sorde,
velari, faringali e glottidali (colpo di glottide, in particolare).
Al di là di tutte queste teorie e studi attorno al problema delle laringali, dalla documentazione e dal
dato linguistico, emerge un’unica laringale, che poi avrà delle colorazioni diverse. L’indoeuropeo è
caratterizzato da una serie di consonanti occlusive aspirate e si è notato che laddove ci sono le
occlusive aspirate (nella maggior parte dei casi sonore), tutti gli idiomi che hanno questa serie di
occlusive aspirate avevano anche la laringale, come accade nel greco classico. È molto improbabile
che nelle lingue appartenenti all’indoeuropeo trovare serie di dieci laringali, così come aveva
postulato Martinet. Questa corrispondenza fa capire il profondo legame tra le occlusive sonore
aspirate e la laringale.
79
La teoria delle laringali accolta da chi si occupa di linguistica storica, ipotizza la presenza di suoni
consonantici di tipo laringale nel sistema fonologico indoeuropeo. Tutti questi suoni sono
completamente scomparsi nelle lingue indoeuropee attestate, li troviamo nella lingua ittita che
appartiene al gruppo delle lingue anatoliche e l’esistenza delle laringali permette di rendere conto di
numerosi fenomeni all’interno del sistema vocalico delle lingue indoeuropee. questa identificazione
tardiva delle laringali da parte degli indoeuropeisti è dovuta al fatto che tra tutte le lingue
indoeuropee solo nell’ittita e in altre lingue anatoliche questi suoni erano attestati direttamente.
Nelle altre lingue c’erano degli esiti vocalici che destavano delle perplessità, quindi grazie alla
scoperta dell’ittita si è potuto capire il problema e interpretare la presenza di questo elemento come
fondamentale per capire esiti che avevano dato dei problemi.
La maggior parte degli studiosi lavora su queste tre colorazioni distinte, tre laringali di base.
*h1= LARINGALE NEUTRA→ identificato per lo più con la /h/ in qualche caso con il colpo di
glottide, colpo di tosse.
nel greco ánemos "vento" (cfr. latino animus "respiro, spirito; mente", vedico aniti "egli respira") <
*anə- "respirare; soffiare" (ora *h₂enh₁-). Forse anche il greco híeros "potente, sovraumano;
divino; santo", cfr. sanscrito iṣirá- "vigoroso, energico".
*h2= LARINGALE DI “COLORAZIONE a”→Da alcuni identificato con una laringale sorda /h/ o
uvelare sorda /x/.
Nel greco patḗr "padre" = sanscrito pitár-, inglese antico fæder, gotico fadar, latino pater.
Anche *meǵḥ₂ "grande" neutro > greco méga, sanscrito máha.
*h3= LARINGALE DI “COLORAZIONE o”→Identificata con una laringale sonora /s/ o uvelare
sonora /o/ forte con coloritura velare ( /ʕʷ/ o /ʁʷ/).
nel greco árotron "aratro" = gallese aradr, antico nordico arðr, lituano árklas.
Alcuni studiosi postulano anche l’esistenza di una laringale 4 che si avvicina all’H2 però avrebbe
un’articolazione più retroflessa.
La teoria delle laringali ha portato delle conseguenze non così gestibili, ma drammatiche, sulla
concezione del vocalismo indoeuropeo. Perché si era postulata la presenza di un sistema vocalico e
fonologico poi messo in discussione nel momento in cui compare un altro suono che può interferire
con il contesto fonico di riferimento, quindi bisogna ricominciare da capo nel processo di
ricostruzione. Villar che aveva presente il problema delle laringali visto che il suo maestro Adrados
se n’era occupato, diminuisce il numero delle vocali da 5 a 4. Egli postula 4 vocali ed elimina la
distinzione tra vocali lunghe e brevi.
Quello che dobbiamo considerare e tener presente è che la teoria delle laringali ci permette di
spiegare alcuni fenomeni fonetici e non tutte le a e le o indoeuropee si spiegano con il sistema delle
laringali perché possono derivare anche da altri esiti fonologici. Inoltre lingue in cui sono postulate
10 o più laringali sono altamente improbabili e la laringale di riferimento che è la sola laringale
applicata all’indoeuropeo che ha 3 colorazioni ma che in realtà confluiscono in un unico elemento
laringale, è giustificato dal fatto che è la lingua dell’ittita che ha questa laringale come suono
attestato a darci la cifra dell’importanza di questa laringale. Di laringale ce ne sarà stata una con
delle colorazioni diverse.
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ESITI LARINGALE
1. Se la laringale viene posposta alla vocale, scompare, e nelle lingue documentate troviamo
l’allungamento della vocale radicale (= allungamento di compenso)
2. Se la laringale è preposta alla vocale -e, abbiamo da qui le 3 colorazioni diverse.
3. Se la laringale è in posizione interconsonantica, ha una realizzazione vocalica (diversa in
base alla lingua)
4. Se la laringale è a inizio di parola davanti a consonante, realizzazione vocalica
5. Tutti i verbi che sembrano iniziare per vocale, iniziano in realtà per laringale
6. se la laringale si trova inizio di parola abbiamo diverse colorazioni (4^)
7. vediamo la laringale nel perfetto del verbo fare dell'Antico indiano nella prima e nella terza
persona singolare.
Il problema delle laringali si interseca con molte leggi dei Neogrammatici come la legge di
Brugmann, che dice che in antico indiano tutte le o brevi indoeuropee in sillaba aperta diventano a
lunga, in alcuni casi la presenza della laringale provocherà una deroga a questa legge. Questo
contrasto non è presente però nel verbo forte perché è presente la laringale di “colorazione a”.
A proposito di teoria delle laringali, non tutti gli studiosi condividono questa terminologia, ma
parlano del fenomeno dello schwa, che sarebbe la vocale indistinta.
OCCLUSIVE
Un posto particolare ce l'hanno le VELARI che permettono di riconoscere due macro aree distinte
tra loro per caratteristiche fonetiche e morfosintattiche. Il problema della velare e dell’evoluzione
della velare nell’ambito dell’indoeuropeo permette di riconoscere le due categorie di lingue centum
e satem in base alla realizzazione della consonante in alcuni tipi di lingue piuttosto che in altre.
1°gruppo→ lingue che hanno esiti uguali per la velare pura e per la palatale, non c'è distinzione.
Queste lingue sono chiamate centum ( dal numerale 100) e sarebbero lingue prevalentemente
occidentali quali greco, latino, Italico, celtico, Germanico, ittita (parlato in Turchia), tocario
(Turkestan cinese). Le lingue centum sarebbero quelle in cui le velari e le velari palatali, c, ch, g e
gh sono confluite in un unico suono che diventa in seconda battuta un unico morfema con la
defonologizzazione e la perdita del tratto della palatalità e rappresentano la maggior parte delle
lingue occidentali, tranne l’ittito e il tocario.
2°gruppo→ Lingue che hanno esiti diversi e distinguono la velare pura e la palatale, chiamate
satem ( dal numerale 100), sono considerate un'innovazione rispetto alle lingue centum secondo il
principio del centro e della periferia. Esse sono: il sanscrito, iranico, armeno, albanese, slavo,
Baltico. Quindi in questo
Invece le lingue satem sono quelle in cui le velari e le labiovelari sono confluite nel fonema che
viene defonologizzato e perde la labialità, avendo una articolazione in sibilante o scibilante e
diventando una fricativa, non più una velare.
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A partire dalla distinzione tra
lingue centum e satem si
capisce che si può lavorare
all’interno di un altro ambito,
che non è quello ricostruttivo
ma è quello legato alla
geografia linguistica, visto che
abbiamo parlato della maggior
parte delle lingue occidentali
che sono centum al cui interno
troviamo due lingue di zona
orientale, in base alla teoria o
criterio areale che è il
fondamento della riflessione
linguistica di alcuni studiosi
italiani tra cui Bartoli. Quando
parliamo di aree laterali in ambito linguistico, in relazione al legame fra centro e periferia,
l’innovazione si sviluppa verso le periferie (Wellentheorie). Innovazione perché le troviamo al
centro, mentre le lingue centum si trovano alla periferia e sono un elemento conservativo.
Riprendendo la distinzione tra lingue centum e satem, a partire da questa distinzione ci aspettiamo
che tutte le velari dell’indoeuropeo si trasformano nella lingua satem in fricative interdentali s
(sorda) e la velare sonora (g) si trasformerebbe nella gl o presenza dell’h, elemento laringale.
Però ci sono diversi casi in cui le lingue satem e centum attestano in modo sistematico la
sopravvivenza di una sorta di gutturale originaria (vedi l’esempio di ‘carne’ nella seconda riga della
tabella) ed è il fenomeno che i linguisti chiamano satemizzazione incompleta o parziale: fenomeno
che si spiega postulando un'ulteriore serie di occlusive, le palatali (da non confondersi con
le affricate palatali), indicate convenzionalmente con ḱ ǵ ǵʰ. Queste occlusive hanno come punto di
articolazione non il velo palatino, ma la parte anteriore del palato. Nelle lingue centum, palatali e
velari si sono fuse. Nelle lingue satem la palatalizzazione delle velari ha portato, per compenso, in
seguito a una dinamica di catena di trazione, alla velarizzazione delle palatali.
83
SIBILANTI= Le sibilanti rappresentano un’altra categoria importante a cui si aggiunge la spirante
thorn (All’interno delle sibilanti troviamo la spirante thorn che compare in questa realizzazione
come elemento allofonico e quindi si può trasformare in fricativa interdentale sorda o sonora.
Anche questa la ritroveremo sia nella legge di Grimm che di Verner. Per l’indoeuropeo possiamo
ricostruire la sola spirante sorda s, mentre il suo allofono, cioè l’aspirante sonora si realizza solo in
determinate posizioni, quando si trova davanti ad occlusive sonore. La sibilante non è un suono
costante perché in alcune lingue, come in greco, scompare e al suo posto c’è l’aspirazione in
posizione intervocalica questa spirante si rotacizza in latino e in germanico con la legge di Verner.
Nelle lingue slave la s si palatalizza e passa a sc solo dopo r, u, c, i, che poi passa a ch (fricativa
interdentale sorda). Principali
Quando appaiono sulla scena i Neogrammatici a livello fonetico viene stabilito un principio attorno
a cui ruotano tutte le loro teorie ed elaborazioni fonetiche e fonologiche, il principio di
ineccepibilità delle leggi fonetiche. La legge fonetica è una regola applicata alla lingua ricostruita
per poter arrivare all’elemento della lingua storicamente documentata ed è una regola che ci dice
quale esito hanno avuto nelle lingue storiche i suoni dell’indoeuropeo. Per considerare due lingue
come sorelle, possiamo fare una comparazione e gli elementi comparati devono avere dei requisiti:
devono essere semanticamente simili e foneticamente sovrapponibili.
Possiamo ipotizzare una p iniziale perché è l’ipotesi più plausibile, maggiormente attestata nelle
lingue indoeuropee storicamente documentate, ma nel germanico e nel gotico non abbiamo la p, ma
la fricativa. Se si dimostra che la p nell’indoeuropeo ricorre allo stesso modo nel greco, latino,
sanscrito e germanico e sistematicamente in quest’ultima lingua diventa sempre f, allora in questo
caso posso formulare una legge fonetica. Se trovo un solo elemento che non corrisponde a questa
comparazione, non posso formulare la legge fonetica.
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Sempre per quanto riguarda la legge delle palatali, abbiamo il problema di deka, decem, dasa in cui
avviene la palatalizzazione dell’elemento che da velare si trasforma in fricativo. Problema del
vocalismo perché noi abbiamo parlato del problema delle sonanti. Dekem: la presenza della sonante
evidente nel latino rappresentata dall’elemento ricostruito asteriscato che presenta il pallino sotto la
consonante. In questo caso interviene la legge delle sonanti indoeuropee.
2)LEGGE DI BRUGMANN= Data 1876 ed è una delle leggi più discusse sin dalla sua "nascita".
Dice che */o/ breve in sillaba aperta è continuata nelle lingue indo-iraniche da /ā/. è propria dunque
delle lg. indoiraniche ma il suo avverarsi è legato alla presenza delle laringali.
m diventa
➔ A (sanscrito)
➔ A (greco)
➔ EM (latino)
➔ EM (germanico)
n diventa
➔ A (sanscrito)
➔ OM (greco)
➔ EN (latino)
➔ UN (germanico)
-Quando la vibrante r viene affiancata da elementi vocalici come ad esempio il cr diventa cor con la
presenza della vocale, elemento che nel sanscrito presenta la sonante vibrante, in cui in greco
abbiamo ar, ra, in germanico ur, in latino or e in armeno ar.
-Oshtoff poi si occupa anche del trattamento delle vocali lunghe CHE SI ABBREVIANO IN DUE
CASI:
4) LEGGE DI GRASSMANN= 1862, DETTA ANCHE Anche legge della dissimilazione delle
aspirate. Due occlusive aspirate appartenenti a sillabe diverse di una stessa parola NON POSSONO
COESISTERE, e la prima si muta nella occlusiva non aspirata della stessa serie. Accade in latino e
greco
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5) LEGGI GRIMM Le due leggi riguardano la rotazione consonantica del medio e dell’alto tedesco
e vengono formalizzate nella Deutsche Grammatik.
1° legge di Grimm o prima rotazione/MUTAZIONE consonantica è la legge fonetica che regola
la modifica delle consonanti dall'indoeuropeo al proto-germanico, DETTA ANCHE RASK-
GRIMM. Questo tipo di rotazione consonantica ha permesso di lavorare sulla ricostruzione
linguistica e sulla parentela genetica di alcune lingue perché queste regolarità e corrispondenze si
trovavano in tutte le lingue storiche documentate e l’esito precedente faceva riferimento
all’elemento unico appartenente all’indoeuropeo di cui si dà ragione nella legge di rotazione. Questa
legge è sistematica e ineccepibile, riguarda tutte le occlusive dell’indoeuropeo, è una
corrispondenza predocumentaria, quindi la troviamo prima dei documenti su supporti diversi
rispetto al documento ufficiale, riguarda tutta l’area del germanico e non accetta fenomeni di
ritorno, cioè non esistono dei fonemi che facciano eccezione a questa legge, tranne quelli stabiliti
dalla legge di Verner
La rotazione consonantica è chiamata così perché le consonanti ruoterebbero e si trasformerebbero
in base a questo meccanismo circolare per il quale T sta per «tenue» (occlusiva sorda P-T-K), M sta
per «media» (occlusiva sonora) e A sta sia per «(media B-D-G) aspirata» (indoeuropea) sia per
fricativa sorda (germanica) OSSIA BH GH DH:
1. alle occlusive sorde del sanscrito, del Greco e del latino corrispondono le fricative sorde
delle lingue germaniche */p/→/t/ */k/→/Þ / */k/→/h/
2. alle occlusive sonore del sanscrito, del Greco e per latino corrispondono le occlusive sorde
nelle lingue germaniche */b/→/p/ */d/→/t/ */g/→/k/
3. ai fonemi che sono in sanscrito occlusive sonore aspirate, in greco occlusive sorde aspirate,
in latino fricative sorde, corrispondono nelle lingue germaniche le occlusive sonore
*/bh→/b/ */dh/→ /d/ */gh/→/g/
In alcuni casi le fricative in cui si trasformano sono sorde (caso del thorn) e in altri casi sono sonore.
In questo caso interverrà la legge di Verner che stabilirà il motivo per cui le fricative in alcuni casi
diventano sorde pur essendo l’esito di una occlusiva di partenza, oppure diventano fricative
interdentali sonore.
L’Area di inizio non chiara, come non è chiara la sede dei primi Germani (probabilmente i territori
sul mar Baltico, lo Jutland e la Scandinava). ipotesi più accreditate:
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-Germania settentrionale o Danimarca. (cfr. iscrizioni runiche del II-IV secolo d.C. che mostrano
ancora comunanze linguistiche fra i Germani settentrionali e i Germani occidentali).
-non può essere avvenuta contemporaneamente, altrimenti si sarebbe avuto come risultato finale
solo fricative sorde.
Quindi, probabilmente:
-il primo mutamento sarebbe stato il passaggio occlusive sonore aspirate → occlusive sonore;
-in seguito, per evitare omofonie, si sarebbero attivati gli altri mutamenti.
-L'innesco della rotazione con molta probabilità deriverebbe sempre dall'accento, un forte accento
di intensità che avrebbe costretto le aspirate a RUOTARE.
ECCEZIONI:
- Se le occlusive sorde sono precedute dalla -s Non cambiano, non si trasformano in fricative
- la -t se preceduta da -p, -k non cambia
- la */t/ in indoeuropeo non corrisponde in tedesco a Þ, bensì a /d/ (in inglese three in tedesco
drei)
- la */d/ in indoeuropeo non corrisponde in tedesco a /t/ bensì a /ts/ (inglese tooth, tedesco
zahn, pronuncia “tsan”)
Sì ipotizza che il tedesco abbiamo subito o non superiore mutamento consonantico, seconda legge
di Grimm, indoeuropeo */t/ e /d/ Germanico comune /Þ/ e /t/ tedesco /d/ e /ts/ nelle altre lingue
germaniche sono rimaste /Þ/ e /t/.
Verner si accorge della presenza dell’accento che fa più o meno verificare la rotazione. In base al
principio dell’ineccepibilità delle leggi fonetiche, questa legge interviene quando c’è un’irregolarità
nella legge di Grimm. Ipotesi è che l’indoeuropeo aveva la distribuzione accentuale del sanscrito e
che tale distribuzione sia stata determinante nel mutamento delle occlusive dall'indoeuropeo al
Germanico.
QUINDI LA LEGGE DI VERNER (1876) riguarda l'inventario delle occlusive sorde, si accorge
che l’indoeuropeo ha un accento mobile che avrei avuto anche le lingue germaniche in una fase
intermedia, Nel passaggio dall'indoeuropeo al Germanico le occlusive sorde diventano da dapprima
fricative sorde, queste diventano poi fricative sonore se l'accento segue mentre rimangono sorde se
l’accento le precede.
NB l’eccezione della legge di Grimm è spiegabile come effetto dell’intervento di un’altra legge.
Riguarda il trattamento delle occlusive sorde per le quali, accanto alla MUTAZIONE in fricativa
sorda, è attestato anche il passaggio in fricativa o occlusiva sonora.
87
La legge è stata formulata in modo da mettere in evidenza che alla sonorizzazione della sorda
interna concorrono:
- Sia la sonorità dell’ambiente circostante;
- Sia l’atonia della sillaba precedente il fonema (presenza o meno dell’accento).
NB: Fenomeno legato alla cronologia delle innovazioni del germanico comune: al momento della
realizzazione della legge di Verner NON SI ERA ANCORA CONCLUSA L’INNOVAZIONE
RIGUARDANTE L’ACCENTO PROTOSILLABICO GERMANICO. Al tempo di Grimm nel
germanico c’era l’accento sulla prima sillaba; Verner però si accorge che in una fase del germanico
l’accento non era fisso ma mobile, analogo a quello dell’indoeuropeo, responsabile dell’arresto del
processo di rotazione consonantica.
Ipotesi
Oppure, cosa molto più probabile, i due fenomeni, relativi alla PRIMA MUTAZIONE
CONSONANTICA e alla LEGGE DI VERNER potrebbero essersi svolti in
contemporanea, portando alla formazione di allofoni (fricative sorde e sonore) a seconda
della posizione dell’accento, che solo in un secondo momento si sarebbero trasformati
in fonemi.
Grimm scoprì inoltre un'altra («SECONDA») ROTAZIONE CONSONANTICA, analoga per molti
versi alla prima, che riguarda il sistema consonantico dell’alto tedesco.
Essa ha infatti operato soprattutto nel tedesco superiore e nei dialetti alpini, mentre non si è prodotta
nel basso tedesco e nelle restanti lingue germaniche.
Per questo motivo il sistema delle occlusive e delle fricative dell’inglese, per esempio, è
più arcaico (cioè più vicino al proto-germanico) rispetto a quello del tedesco moderno.
Grimm si accorge che la occlusiva dentale t del germanico, se preceduta da una fricativa, non
subisce la rotazione. Questa non attuazione della rotazione, ma il mantenimento della sorda iniziale,
dipende da un comportamento del germanico di una fase più antica, che non ammette la presenza di
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due fonemi fricativi consecutivi. Due aspirate non possono susseguirsi in due sillabe diverse,
analogamente due fonemi fricativi consecutivi, non possono susseguirsi, per cui uno dei due rimane
sordo. Tutte queste apparenti eccezioni vengono analizzate da Grimm e formalizzate da altri
studiosi, come Verner e altri. Per quanto riguarda queste eccezioni, Grimm afferma che è avvenuta
un’altra rotazione, la seconda rotazione consonantica, analoga alla prima ma riguarda il sistema
consonantico dell’alto tedesco, di una determinata sincronia linguistica. Questa rotazione
consonantica che prevede le particolarità di cui Grimm si accorge, RIGUARDA
ESCLUSIVAMENTE I DIALETTI ALTO-TEDESCHI cosi chiamati perché parlati nella zona
montuosa nel sud della germania (germania meridionale, svizzera e austria) mentre nelle altre
lingue germaniche non si verifica. Per questo il sistema delle occlusive e delle fricative dell’inglese,
è molto più arcaico, vicino al protogermanico, rispetto al tedesco moderno. La data del mutamento
è testimoniata dai prestiti latini entrati nel tedesco. Pochi sono entrati prima della mutazione e
l'hanno subita, molti invece sono entrati dopo e in tal modo si può stimare una data per il
cambiamento. Paradigmatico è il caso della parola latina palatium (palazzo). Questa parola è entrata
nell'altotedesco due volte, una prima e una dopo la rotazione:
da palatium viene il nome Palatinato, una zona della Germania meridionale, il cui nome
tedesco è Pfalz, in cui si vede l'azione della rotazione
il termine palatium entra in seguito direttamente nell'altotedesco per designare l'edificio,
e non subisce la rotazione → Palast
Grimm la identificò con questo nome, ma in realtà non si tratta di una vera e propria "rotazione"
incondizionata: è in gran parte una trasformazione di fonemi occlusivi sordi condizionata dalla loro
posizione all'interno della parola:
Come "rotazione" è meno sistematica della prima, poiché non coinvolge tutti i fonemi né tutte le
parole del tedesco standard. Nonostante infatti questa lingua si basi sul dialetto meridionale
bavarese non tutte le parole risentono di questo cambiamento
La seconda rotazione muta le consonanti occlusive sorde in affricate o fricative sorde raddoppiate
(che in certi casi si semplificano) e le occlusive sonore in occlusive sorde. Meno sistematicamente
le fricative sorde diventano occlusive sonore e le fricative sonore nate per la legge di Verner
diventano occlusive sorde.
Infatti:
-le occlusive sorde non passano a fricative se precedute da /s/, /k/ e /f/:
latino piscis (pronuncia / piskis /) → antico norreno fiskr, antico inglese fisc
-l'occlusiva dentale sorda /t/ non cambia se preceduta anche da /k/ e /p/
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latino noctem → tedesco Nacht, inglese 'night‘
Il sistema fonologico dell’italiano contiene sette fonemi vocalici in sillaba accentata, distinti da:
-posizione verticale della lingua (alti, medio-alti, medio-bassi e bassi)
-posizione orizzontale della lingua (anteriori, centrali e posteriori)
In latino le vocali si distinguevano anche per il tratto della lunghezza: nominativo rosă ['rosa] vs.
ablativo rosā ['rosa:]
La scuola dei Neogrammatici sosteneva che il mutamento fonetico era «privo di eccezioni»
(soggetto a «leggi») solo «nella misura in cui procede meccanicamente»
-questo processo meccanico può interferire con altri fattori
-si tratta di individuare e definire in modo adeguato i motivi che hanno causato queste «eccezioni»
alle leggi fonetiche. QUINDI Anche il contesto fonetico può interferire con le leggi fonetiche
ANALOGIA: meccanismo che crea forme nuove sul modello di forme esistenti, fenomeno
morfologico i cui effetti sono tali da produrre apparenti eccezioni alle leggi fonetiche: IN
GENERALE SI PRESENTA L’ANALOGIA COME RISULTATO DELL’APPLICAZIONE DI
UNA PROPORZIONE ARITMETICA (A:B=C:D)
- forza dell'analogia sta nella regolarità che impone alla lingua, forma regolare tende a
sostituire quella irregolare
CONTATTO LINGUISTICO introduzione in una lingua di parole nuove per CONTATTO CON
ALTRE LINGUE può avere apparenti eccezioni delle leggi fonetiche. PIEDE, FOOT. PAGARE,
PAY (la spiegazione possibile è che pay è un prestito recente dal francese payer, entrato quando la
legge grimm non era più attiva in inglese)
La posizione dei neogrammatici in merito alle leggi fonetiche appare sostanzialmente corretta,
tuttavia non tutte le parole di una lingua sono conformi alle leggi fonetiche perché:
- Sono intervenuti nella loro formazione fattori di disturbo Come l'azione di un'altra legge
- o si è verificato un particolare contesto fonetico
- o hanno avuto luogo fenomeni di contaminazione, analogia, prestito
Le leggi fonetiche sono in realtà delle determinazioni di corrispondenze sistematiche tra suoni in
fasi storiche diverse di una stessa lingua.
91
-Altri meccanismi, retroformazione, parole nuove create togliendo morfemi a una parola già
suffissata, spesso in prestito.
92
LA
RICOSTRUZIONE DELLE LINGUE ORIGINARIE – MUTAMENTI LESSICALI E
SEMANTICI
93