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SOCIOLINGUISTICA E DIALETTOLOGIA 03\10\2022

Corsosociolinguistica magistrale ELEARNING per materiali lezioni (slide)

tronci@unistrasi.it

FERDINAND DE SAUSSURE E LA SOCIOLINGUISTIcA ANTE LITTERAM


Ante litteram (sociolinguistica prima che esistesse), la sociolinguistica è una disciplina recente.

Nascita della linguistica in germania: 1814 e 1816. Nel 1816 era stato pubblicato da Franz Bopp un’opera che trattava
del sistema di coniugazione verbale di diverse lingue antiche come greco, latino, sanscrito, antico germanico, gotico,
lingue non più parlate, mettendoli a confronto. Nelle coniugazioni dei verbi c’erano delle somiglianze e credeva
avessero un’origine comune dalla quale poi si sono differenziate, venendo tutte da una lingua madre, l’indo-europeo
(comprendeva il sanscrito, avestico [antica lingua dell’iran]), l’indoeuropeo è una creazione scientifica perché chi la
studiò aveva osservato delle corrispondenze tra le varie lingue -> nasce la linguistica come scienza. Prima di bopp
c’erano state altre persone che avevano avuto interessi linguistici e che avevano osservato passaggi di parole tra le
lingue ma non era ancora stato costituito un metodo scientifico (metodo comparativo-ricostruttivo). La linguistica
inventa sulla base di una comparazione sistematica, la filologia ha bisogno di avere i testi. Le forme con * indicano
l’indo-europeo, forme non attestate ma che esistono scientificamente perché c’è stato un confronto con le lingue
attestate. I linguisti hanno ricostruito un sistema di suoni dell’indo-europeo nel corso dell’800, la linguistica si è
sviluppata molto come linguistica di tipo comparativo-ricostruttivo, perfezionando questa metodologia del confronta le
forme e ricostruisci una forma madre. Questo tipo di linguistica che si è sviluppata in germania. Bopp ha pubblicato la
sua opera nel 1816 ma due anni prima è stata pubblicata una piccola opera in danese da parte di Rasmus Rask dove si
dicevano grossomodo le stesse cose.

Ferdinand de Saussure (Ginevra 1857-1913) era andato a studiare la linguistica a Lipsia (dove c’erano i neogrammatici)
in germania. Scrisse la sua tesi di laurea nel 1879 che era una tesi che trattava di questioni di indoeuropeistica, si era
preoccupato di ricostruire la laringale, cioè una vocale pronunciata a livello di laringe che è stata chiamata h2
(convergenza di greco-latino-germanico A e sanscrito I). I neogrammatici non l’avevano particolarmente considerato.
Libro “Corso di Linguistica Generale” scritto da Bally e Sechehaye, giovani colleghi di Saussure che dopo la sua morte
pubblicarono quest’opera nel 1916 prendendo gli appunti degli studenti dei corsi di saussure, raccolti ed elaborati e
pubblicati sotto il suo nome. L’opera è considerata una sorta di rifondazione della linguistica e diventa fonte di
ispirazione per altri linguisti (trubezkoj, jakobson) -> strutturalismo: le lingue sono composte da sistemi di elementi che
acquistano valore solo e soltanto nell’insieme.

La sociolinguistica nasce dopo la linguistica comparativa-ricostruttiva e dopo la riflessione di Saussure (quindi dopo lo
strutturalismo), ma nell’opera di Saussurre troviamo degli elementi che si ritroveranno poi in sociolinguistica e
diventeranno pertinenti e rilevanti, ma lui li considerava in maniera differente. CORSO DI LINGUISTICA
GENERALE (traduzione di Tullio De Mauro del 1970). [Tullio De Mauro importante sociolinguista italiano, fondatore
del dizionario del GRADIT (dizionario della frequenza delle parole), ministro della pubblica istruzione]. La traduzione
di De Mauro diventa molto importante e aggiunge un commento che diviene un riferimento anche per le altre lingue.
Capitolo V “Elementi interni ed esterni alla lingua” in cui Saussure parla ante litteram della sociolinguistica.
Fondamenti: i segni linguistici sono una combinazione di significante e significato e nella lingua possiamo individuare
due diversi livelli: della langue (il sistema linguistico che è depositato nella massa parlante, nell’insieme degli individui
che condividono lo stesso codice, il sistema che ci permette di capirci indipendentemente da tutte le nostre variazioni
individuali) e della parole (raccoglie tutte le variazioni individuali che possono provenire dalla provenienza geografica,
dal livello di istruzione, tratti individuali e peculiari), due concetti e termini tecnici che non sono stati tradotti in altre
lingue perché non sono facili da tradurre.
SOCIOLINGUISTICA 04\10\2022
ELEMENTI INTERNI ED ESTERNI ALLA LINGUA
Saussure ancora non conosceva la sociolinguistica ma, nel Corso di Linguistica Generale, nel cap. 5, Saussure ci fa
riflettere su alcuni aspetti della lingua che lui considera esterni e ci dice che a suo parere quegli elementi che si
ritroveranno come elementi tipici della sociolinguistica (elementi di variazione individuale) sono esterni alla lingua,
quindi non dovrebbero interessare al linguista. “Dal nostro studio della lingua bisogna escludere tutto quello che non fa
parte del sistema” (nozione centrale nella riflessione di Saussure, la lingua è un insieme fatto di parti che prendono
valore l’una rispetto all’altra, il sistema prende valore dalle parti e le parti prendono valore dal sistema) -> dicotomie:
due punti di vista per vedere la stessa cosa. Tutto ciò che nella lingua è esterno al sistema non è oggetto di ricerca per il
linguista. Gli elementi riguardano la lingua ma in relazione ad altri aspetti del vivere insieme, la lingua ci forma come
comunità parlante, la lingua ci costruisce come animali sociali, io che parlo costruisco un tu che ascolta, anche se questo
tu non esiste fisicamente, il fatto stesso che si parla costruisce un tu funzionale. L’atto linguistico è un atto sociale, la
lingua è quell’elemento proprio della specie umana che costruisce il fatto che la specie umana è sociale. La lingua è
anche quell’elemento che manifesta maggiormente le differenze sociali.

Saussure elenca una serie di elementi in cui la lingua ha relazioni con aspetti diversi del vivere sociale:

1. “nel mio studio linguistico non entreranno tutti quegli aspetti che legano la lingua alla civiltà, all’appartenenza
etnica, alla razza.” Quali sono i rapporti tra la lingua e l’espressione di un luogo? Oggi noi viviamo in un
paradigma concettuale secondo il quale una lingua = una nazione, idea secondo la quale la lingua è
un’espressione di un popolo. Questo non è vero ovunque nel mondo, soprattutto nei secoli passati. I greci non
avevano un’unità nazionale ma tante piccole città stato, si riconoscevano in quanto parlanti la stessa lingua e in
contrapposizione all’essere greco c’era l’essere barbaro, identificato sulla base di un non riconoscimento
linguistico. Il mondo concettuale greco si divideva tra quelli che parlavano greco (nonostante si facessero la
guerra) e quelli che non lo parlavano -> gli stranieri. In aria africana l’imposizione dei confini territoriali tra
uno stato e l’altro ha rotto alcune continuità linguistiche; quindi, ci sono etnie che parlano la stessa lingua ma
abitano in due stati differenti. La ricchezza linguistica di coloro che provengono dai paesi africani spesso ci
lascia stupiti poiché ci sono repertori linguistici che non coincidono con l’appartenenza o meno alla nazione.
2. Aspetti che legano la lingua ai fatti politici, storici, a quello che viene deciso dai governi. Es. la
romanizzazione -> processo storico, politico e militare secondo il quale i pastori che vivevano sui colli di
Roma hanno creato un esercito e hanno cominciato a conquistare gli altri popoli. La conseguenza di questo
fatto è che oggi in molte di quelle terre si parlano lingue neolatine o romanze -> conseguenza linguistica di un
fatto politico, storico, militare. Secondo Saussure non è rilevante se si studia il sistema, ma il fatto che queste
lingue oggi presentano delle differenze tra loro è un oggetto di ricerca per un linguista (perché ci sono le
diverse lingue romanze provenienti da un solo latino? -> Non è del tutto vero che non interessa al linguista).
3. Legami tra la lingua e istituzioni di vario tipo, come accademie, istituzioni culturali, che hanno una certa
inferenza sulla diffusione di una lingua, oppure la chiesa. La politica della chiesa protestante ha avuto delle
diverse conseguenze sul piano linguistico e culturale rispetto a quella della chiesa cattolica. Protestantesimo:
nasce con Lutero che si ribella alla chiesa di Roma. La critica che fa è di tipo religioso, legata al messaggio
religioso e al modo in cui il messaggio religioso deve viaggiare. Lui traduce la Bibbia in tedesco (allora era
solo in latino), una decisione molto importante con delle conseguenze linguistiche e educative fondamentali.
Traduce la lingua usando un modello di lingua tedesca che poi diventa il modello per il tedesco standard, una
varietà di alto tedesco che è molto diversa da quelle parlate al nord della Germania (basso tedesco). Introduce
anche un altro aspetto: nel protestantesimo non esiste un intermediario tra uomo e Dio, ogni fedele deve
leggere il testo sacro da solo -> i protestanti dovevano poter leggere la bibbia; quindi, dovevano essere in grado
di leggere. La rivoluzione ha avuto due aspetti positivi: la traduzione ha portato a una norma sulla quale si è
modellato il tedesco standard e l’alfabetizzazione. Ciò non ha intaccato il sistema ma apportato delle
modifiche nella lingua per l’approccio.
4. Tutti quei legami che la lingua ha con il luogo in cui una lingua è parlata, la maggiore o minore diffusione
nell’estensione territoriale. Il rapporto tra lingua e territorio geografico riguarda il rapporto tra lingua nazionale
(estensione nazionale) e dialetti che hanno un’estensione più limitata. Che rapporto c’è tra lingua e dialetti? La
lingua è usata in livelli formali e i dialetti in quelli informali, la lingua è diffusa a livello nazionale, i dialetti
sono circoscritti, la lingua ha una grammatica e un dialetto no, codificazione o standardizzazione della lingua,
modello di riferimento che il dialetto non ha; quindi, è molto più esposto a variazioni. Tutto ciò è vero se ci
poniamo dalla prospettiva del sociolinguista. Se adottiamo il punto di vista del linguista generale, la lingua e il
dialetto sono entrambi sistemi linguistici completi che presentano elementi di normalità che se si trasferiscono
nell’altro sistema risultano incorretti. Nel confronto tra il dialetto e l’italiano a volte il dialetto è più ricco,
poiché fa distinzioni dove l’italiano mette tutto insieme. I dialetti italiani sono sistemi autonomi derivati dal
latino, NON SONO VARIETA DELL’ITALIANO. I dialetti romanzi sono varietà genealogicamente
imparentate (poiché derivano dalla stessa lingua madre). Max Weinreich disse che “le lingue sono quei dialetti
che hanno una marina e un esercito”, cioè sono espressioni di uno Stato. Il fatto di chiamare un dialetto lingua
gli dà una spinta autonomista e indipendentista (sempre a causa della dicotomia nazione = lingua). I dialetti
sono sistemi autonomi e completi, hanno una propria fonologia, morfologia, lessico, ma semplicemente non
hanno la possibilità di parlare di tutti gli argomenti (perché non gli si è stata data), perché il dialetto non è mai
stato utilizzato in alcuni tipi di contesti (come trattati, saggi). Dal punto di vista Saussuriano il dialetto non ha
niente di meno rispetto alla lingua. Alcuni giovani adesso usano il dialetto (we code, appartenenza) e l’inglese
(per parlare con il mondo), per l’italiano non c’è posto invece. LA DISTINZIONE TRA LINGUA E
DIALETTO HA VALORE SOLO DAL PUNTO DI VISTA SOCIOLINGUISTICO E NON DAL
PUNTO DI VISTA INTERNO.

Al termine del paragrafo dice che: in definitiva la questione di quelli che sono elementi interni ed esterni alla vista è una
questione di punto di vista, quindi fa un paragone: un confronto con il gioco degli scacchi -> per giocare a scacchi
servono due cose: conoscere il numero e il tipo di pezzi e sapere le regole del gioco. Se ci si sposta a livello delle
lingue, le lingue hanno un certo numero di pezzi che sono diversi da lingua a lingua (morfemi, fonemi), non si possono
aggiungere pezzi ma si possono realizzare (cambia la realizzazione di un fonema in un determinato contesto) se non a
seguito di un uso massiccio di prestiti nel corso dei secoli, ma in quel caso si modifica il sistema fonematico oppure
solo il sistema fonetico (infatti l’introduzione di molti prestiti dal francese ha portato in italiano la consonante G
(garaGe), ma non ha modificato l’inventario fonologico\fonematico dall’italiano. Non a caso non ci sono nuove parole
italiane che presentano questo fono). Le regole del gioco sono le regole di combinazione dei pezzi (str possono essere
combinati ma non tsr o tsr), le regole di combinazione dei morfemi di una parola seguono un certo ordine. PEZZI DI
TUTTI I LIVELLI E REGOLE DI COMBINAZIONE DI TUTTI I LIVELLI. Così come nel gioco degli scacchi
ci sono elementi interni necessari per giocare ed elementi esterni non rilevanti per giocare; quindi, tutto ciò che non
riguarda il numero\tipo di pezzi e le regole di combinazione è esterno e non riguarda al linguista generale ma interessa il
sociolinguista -> IL LINGUISTA È INTERESSATO ALLO STUDIO DELLA VARIAZIONE.

Ci sono lingue che non hanno grammatiche e dizionari perché sono parlate da gruppi molto piccoli di persone che non
hanno la scrittura e che comunicano parlando. L’unico oggetto su cui il linguista può concentrarsi sono le espressioni
linguistiche dei parlanti (come l’atto linguistico individuale), l’unico modo che un linguista ha per fare la sua ricerca è
prendere un atto linguistico individuale (atti di parole). ATTI DI PAROLE: hanno due aspetti, sia langue che parole.

Langue: elemento sistematico della lingua che sta nella massa parlante, ELEMENTO DI INVARIANZA (sistema).
La langue si trova se si guarda all’elemento invariante degli atti linguistici individuali.

Parole: differenze individuali che non ci impediscono di capirci, variazioni che dipendono dalla diversa provenienza,
dal registro differente, dal grado di scolarizzazione, ecc. ELEMENTO DI VARIAZIONE.

Il linguista non può lavorare se non su atti linguistici individuali.


SOCIOLINGUISTICA 05\10\2022
DA SISTEMA A DIASISTEMA

Sistema (Saussure) -> è una parola centrale nella teoria saussuriana. È un sistema fatto di parti che prendono valore
dall’insieme e l’insieme prende valore dalle parti. Insieme di elementi che stanno tra loro in rapporto, i rapporti sono i
rapporti paradigmatici (associativi) e sintagmatici. Come si individuano i rapporti tra gli elementi per individuare il
sistema? Di fronte ad una qualunque produzione linguistica umana (testo, opera letteraria, poesia), noi possiamo
analizzare questo insieme come costituito da parti, ma l’individuazione delle parti non è casuale (degli elementi
costituitivi dell’insieme: frasi, sintagma, parole), si individuano attraverso il metodo segmenta e sostituisci; quindi, si
taglia dove si può tagliare e si sostituisce. Il luogo in cui si taglia è quello che permette di fare la sostituzione. Le due
azioni vanno insieme. Saussure elenca gli elementi che sono esterni alla lingua, quindi come linguista non se ne
interessa. Però ci si comincia ad interessare, ad un certo punto, agli elementi di variazione, cioè quelli elementi di parole
che erano stati già osservati anche dalla linguistica dell’800 ma dal punto di vista descrittivo, non erano ancora stati
messi a sistema. Ciò succede a metà del 900 con l’opera di Walriech che forma un metodo per studiare la variazione
linguistica. La prima operazione per fare uno strutturalismo della variazione è quella di integrare la variazione nel
concetto del sistema -> nasce il diasistema -> è un sistema della variazione, integra la variazione che sta fuori dal
sistema, la sistematizza -> si crea una nuova nozione di sistema linguistico.

Problema: se la linguistica esterna studia ciò che è esterno al sistema della lingua, cosa studia? E, soprattutto, ciò che
questa disciplina studia fa parte della lingua?

Il tentativo di riportare la variazione all’interno del sistema vuol dire sistematizzare la variazione individuale che sta a
livello di parole. La linguistica generale (interna) e la sociolinguistica (esterna) considerano entrambe atti di parole. La
differenza è che la linguistica generale cerca e studia l’INVARIANZA = ciò che nei singoli atti di parole non varia,
mentre la sociolinguistica ha per oggetto di studio la VARIAZIONE = ciò che nei singoli atti di parole varia. La
VARIAZIONE può dipendere da tanti fattori, sociali o individuali.

Tutta la linguistica non può far altro che utilizzare produzioni linguistiche individuali che possono essere di tipi diversi
(divina commedia, lezione in classe), lo sguardo che si utilizza fa uscire fuori l’invarianza o la variazione.

Ci sono quattro tipi di variazione: due dipendono dal parlante e due dalla situazione comunicativa:

- Variazione diatopica = variazione linguistica correlata alla differente provenienza geografica del parlante
(regionale, o accenti stranieri). Ognuno di noi si porta nel proprio DNA linguistico i propri tratti diatopici e
diastratici, ognuno di noi porta la variazione linguistica legata alla sua provenienza geografica, qualcosa che si
è costruito nel nostro imparare la lingua, sia da parlanti nativi che non nativi.
- Variazione diastratica = variazione linguistica correlata al diverso strato sociale del parlante. Definire lo
strato sociale del parlante: per la definizione si devono prendere in considerazione più fattori che riguardano: il
grado di istruzione (che non dice tutto), è importante anche l’attività lavorativa. In situazioni sociali diversi
sono stati presi in considerazione anche i fattori sesso\genere perché in generale i sociolinguisti hanno preso in
considerazione il fattore sesso. Se si pensa a società nelle quali l’uomo e la donna hanno funzioni sociali
diverse, si ha una correlazione importante con le abitudini linguistiche (la donna che non lavora probabilmente
avrà un’espressione linguistica più conservativa e meno esposta al cambiamento. Viene considerato anche il
fattore dell’età perché se si pensa ad alcuni tipi di società l’età può giocare un ruolo importante dal punto di
vista della variazione. Per quanto riguarda la situazione italiana il fattore dell’età gioca ancora un certo ruolo
perché nella diffusione dei dialetti abbiamo avuto un salto per cui oggi in Italia abbiamo una situazione in cui il
dialetto è parlato nella generazione dei nonni e in quella dei giovani con modalità completamente diverse (i
nonni lo parlano perché l’hanno appreso in famiglia come L1, nella generazione degli anni ’70 del boom
economico hanno rifiutato il dialetto perché stigmatizzato e considerato una varietà di secondo ordine, quindi i
genitori non hanno parlato in dialetto con i loro figli e loro non hanno imparato il dialetto in famiglia ma lo
hanno recuperato nel rapporto con i coetanei come valore identitario.)
- Variazioni diafasica = variazione linguistica correlata alla diversa situazione comunicativa. Fasis: atto
comunicativo. Possiamo avere differenze diafasiche dipendenti dall’interlocutore o dagli elementi del discorso.
Se si parla con il rettore o con l’amico si userà una lingua diversa ma anche se si parla con il lettore in una
situazione formale e in una informale si utilizzerà una lingua diversa. L’interlocutore non vale in quanto
individuo ma in quanto funzione. Questo crea delle differenze che sono chiamate differenze di registro:
formale e informale. Si considera anche l’argomento del discorso che crea delle variazioni di codice e
sottocodice ed è rilevante perché ci fa capire il fatto che in una situazione comunicativa di una lezione si
utilizza un linguaggio settoriale con un lessico tecnico specialistico. I due parametri (argomento e
interlocutore) ci permettono di osservare differenze linguistiche in varie situazioni (medico che parla di una
malattia con un paziente o con altri medici -> il diverso interlocutore gioca un ruolo preponderante.)
Gerghi: si qualifica come un we code (codice del noi, appartenenza) perché la condivisione del gergo crea il
gruppo “noi”, chi capisce la parole utilizzate nel gergo sono il “we”, spesso il dialetto viene utilizzato con
questa funzione di we code (still non è un gergo). Il gergo si caratterizza per la creatività lessicale, crea parole
nuove che non sono condivise dal resto del mondo, molto spesso questi fenomeni avvengono all’interno di
gruppi di giovani (o tra gemelli). Un caso di gergo singolare (perché lavora sulla creazione delle parole) che
lavora sulla struttura delle parole modificando quelle esistenti è il verlan, nato in Francia e la parola verlan è
l’inverso di lanver (inverso). Funziona per inversione di sillabe e di suoni e alcune parole che sono nate in
verlan sono entrate oggi nel lessico francese a livello di varietà parlata. Inizialmente è nato come gergo della
criminalità in ambiti sociali un po’ disagiati.
La variazione diafasica investe il lessico dell’italiano perché quest’ultimo che si è formato da un lato da una
base letterale alta e dall’altro da una bassa -> coppie sinonimiche che sono semanticamente sinonimi ma dal
punto di visto diafasico non possono essere sostituite perché sono tipiche di registri formali diversi (alto,
medio, formale). Inoltre, nei registri più formali la sintassi dovrà essere più articolata. L’uso di allocutivi di
tipo informale (tu) e formali (lei) è importante nella traduzione, soprattutto quella pubblicitaria.
- Variazione diamesica = variazione linguistica correlata al diverso mezzo di comunicazione. La variazione
diamesica è sempre stata studiata con riferimento alla distinzione scritto\parlato, ora però la nostra società di
oggi ci porta a mettere in crisi la distinzione netta tra scritto e orale ma lo scritto è più un parlato trasferito
nella tastiera. Utilizziamo uno scritto che è molto vicino al parlato come, ad esempio, con le emoji che in
alcuni casi diventano indispensabili.
A causa di ciò scritto facciamo anche molti errori, ad esempio scrivendo velocemente, e questo porterà poi a
dei cambiamenti nella norma scritta della lingua probabilmente -> ovviamente cambiamenti molti lunghi. Per
cui l’opposizione scritto-parlato, in questo tipo di scritto (messaggistica) non c’è più. Non c’è più
l’opposizione scritto-parlato nella forma in cui esisteva.

DIATOPIA TERMINE (parola di un lessico tecnico), CUORE PAROLA !!IMPORTANTE!!

Quando l’italiano è L3, soprattutto appreso tramite un’altra lingua, l’accento è diverso rispetto a quando è L2.

NOZIONI DI BASE DELLA SOCIOLINGUISTICA

Comunità linguistica  insieme di parlanti che condividono non solo i codici (varietà linguistiche all’interno del
gruppo) ma anche una serie di atteggiamenti sociali rispetto a questi. Ad esempio, se consideriamo l’insieme di parlanti
che costituiscono una comunità linguistica non dobbiamo considerare soltanto il numero id codici condivisi, ma anche
gli atteggiamenti verso queste varietà. Se prendiamo una realtà italiana, ad esempio Palermo, che tipo di codici
troviamo? L’italiano standard, la varietà regionale di italiano e il dialetto. Dentro la città di Palermo sono presenti anche
comunità immigrate -> comunità dei ganesi, seconda comunità straniera più estesa lì. Nella comunità linguistica vanno
considerati gli atteggiamenti che sono rivolti alle lingue altre, per esempio alle lingue parlate da questa comunità che è
una piuttosto numerosa; quindi, ha certa visibilità all’interno della città. Non condivide solo (?).. ma anche gli
atteggiamenti -> accettazione o rifiuto rispetto alle diverse lingue parlate nella comunità.

Negli anni 90 ci fu una fortissima immigrazione in Italia da parte di albanofoni (albanesi). Con l’arrivo massiccio
l’attitudine verso la lingua albanese (oltre che verso gli albensi stessi) era ovviamente un’attitudine di rifiuto da parte
degli italiani, perché si era creato il pregiudizio secondo cui albanese=malavitoso, quindi l’albanese era una lingua
discriminata. L’attitudine verso una lingua crea in qualche modo la percezione di quella lingua e di chi la parla e questi
atteggiamenti sono però anche importanti a livello politico. Si hanno infatti ricadute a livello politico come
l’accoglienza di nuove lingue, mantenimento delle lingue immigrate oppure politiche di rifiuto, quindi il non
mantenimento delle lingue immigrate. Perciò gli atteggiamenti non sono neutri.

Alla comunità linguistica è legato il concetto di repertorio linguistico, che è definito l’insieme delle risorse linguistiche
di una determinata comunità linguistica e quando parliamo di risorse linguistiche parliamo non soltanto dell’insieme di
varietà presenti nella comunità, ma anche gerarchie tra le lingue, atteggiamento linguistico verso le lingue (rifiuto,
accettazione). Quindi le risorse linguistiche portano non solo sul numero di varietà linguistiche ma anche sui loro
rapporti reciproci e sugli atteggiamenti dei parlanti di quelle lingue. Questo ci porta ad esempio a considerare il
repertorio geografico tipi di repertori linguistici.
Quando si parla di comunità linguistica italiana non si include quelli svizzeri, è vero che condividono italiano e varietà
di dialetto lombardo, ma il fatto di escludere l’italiano di svizzera e gli italiani in svizzera come all’interno della
comunità linguistica italiana è dovuto al fatto che gli italiani in svizzera non condividono gli stessi atteggiamenti verso
le varietà del repertorio perché non condividono le stesse scelte politiche, lo stesso tipo di vita, di società degli italiani e
gli italofoni in Svizzera hanno un altro tipo di repertorio, perché lì l’italiano si deve confrontare con altre lingue mentre
in Italia no. Quindi la differenza nazionale è molto rilevante proprio per queste ragioni.

Come repertori linguistici, possiamo parlare di repertori linguistici individuali e comunitari, tratteremo in particolare di
quelli comunitari diglossia, dilalia, diacrodialetti e bidialettismo.
SOCIOLINGUISTICA 06\10\2022
ALCUNE NOZIONI DI BASE

Tipi di repertorio linguistico:

- Individuale
- Comunitario

I repertori possono essere individuali (insieme delle risorse linguistiche del parlante) e comunitari (di tutta la comunità
linguistica). Questi repertori non esistono di fatto nella realtà linguistica ma si parla di astrazioni

Tipi di repertori linguistici comunitari

- BILINGUISMO (all’interno della comunità sono presenti due lingue che possono essere utilizzate
nei medesimi domini d’uso) negli altri casi le due lingue non possono essere utilizzate nei vari domini d’uso. Il
primo a definire la nozione di bilinguismo fu Weinreich nel 1953 con una definizione che oggi non accogliamo
più.
Nella definizione di bilinguismo del 1953 non c’è riferimento al saper usare bene due lingue, per Weinreich è
chi usa due lingue o due varietà della stessa lingua in maniera anche diversa.
Bilinguismo sociale: compresenza di due codici nella comunità, usati negli stessi domini d’uso, dotati dello
stesso statuto giuridico-sociale e dello stesso livello di standardizzazione. Per esempio: bilinguismo
bicomunitario e monocomunitario, a seconda che vi siano due (es. Alto-Adige) o una sola comunità etnico-
linguistica (es. Val d’Aosta). Il bilinguismo bicomunitario non implica bilinguismo individuale, ma la
coesistenza di due comunità potenzialmente monolingui.
Il bilinguismo comunitario non esiste effettivamente perché pensare ad una comunità bilingue fa pensare anche
ad un grande sforzo della gente e anche delle istituzioni per mantenere questa situazione di bilinguismo.
La situazione valdostana è di bilinguismo monocomunitario che sulla carta utilizza italiano e francese, la
situazione altoatesina è di bilinguismo bicomunitario con l’italiano e il tedesco perché le due comunità non
sono unite, ma sono distinte e separate anche storicamente.
In valle d’Aosta abbiamo riconosciuto il bilinguismo italiano e francese ma abbiamo anche altre varietà di
franco-provenzale (una varietà galloromanza che funziona in Valle d’Aosta come varietà bassa), la maggior
parte delle persone in valle d’Aosta parlano il franco provenzale e l’italiano, il francese è molto poco praticata
nella realtà perché la maggior parte delle famiglie sono di origine italiana e conoscono la varietà di registro
basso e hanno un forte giudizio sulla propria espressione in francese (pensano di parlarlo male). Il bilinguismo
esiste sulla carta (sui documenti), ma nella pratica questo bilinguismo non esiste anche perché non è facile da
gestire.
In Alto Adige invece si parla tedesco come lingua alta e varietà dialettali di tedesco come varietà bassa,
l’italiano esiste ma nella comunità italofona che è numericamente molto più bassa ed è una lingua non amata e
piuttosto osteggiata.
- Diglossia: Ferguson nel 1959 elabora il concetto di diglossia e fa degli esempi. La diglossia è una situazione di
repertorio linguistico in cui sono presenti due lingue che però non hanno lo stesso statuto giuridico-sociale ma i
parlanti usano entrambe le lingue perché sono distribuite in domini d’uso diversi. La varietà usata nei registri
informali (bassa, low) usata in famiglia, sul lavoro, nelle situazioni amicali, la varietà alta usata nella
comunicazione scritta, per tenere una lezione universitaria, in tutte le situazioni che richiedono u certo livello
di ufficialità (alta, high). Quattro esempi di Ferguson:
1. Svizzero-tedesco vs tedesco in Svizzera (uno usato formalmente e l’altro in comunicazioni informali orali,
scambi informali, famiglia, amici, negli ultimi 10 anni anche nelle chat di whatsapp) è difficile capire lo
svizzero tedesco perché bisogna attuare diversi sistemi di corrispondenze col tedesco. Lo svizzero tedesco
negli ultimi anni viene più usato anche nei notiziari e la sua espansione in ambiti della formalità potrebbe
portare a dei cambiamenti più radicale nella svizzera tedesca perché quando una varietà bassa comincia ad
essere usata anche nello scritto va a pari passo con processi di standardizzazione della lingua e questo
potrebbe portarla a diventare anche la varietà alta e questo ridurrebbe lo spazio del tedesco standard. A
processi di questo tipo si legano anche ragioni identitarie. Ci devono essere fattori di rifiuto dell’altra
varietà per portare le varietà basse ad uscire nel repertorio.
2. Katharevousa vs dimotiki in Grecia: katharevousa -> lingua pura e letteraria che si è continuata
dall’antichità classica ed è molto arcaizzante e non è stata esposta ai mutamenti fonologico,
morfosintattico e fonologico che è rimasto come lingua letteraria, dimotiki -> lingua popolare, il greco che
si è evoluto secondo il regolare mutamento fonetico, morfologico. La separazione era molto forte negli
anni 60 ma ora si sta attenuando, pian piano sono subentrati dei fatti specifici della dimotiki anche nella
lingua scritta.
3. Arabo classico \ Modern Standard Arabic vs arabo-egiziano, arabo-marocchino ecc. le varietà basse si
sono sviluppate per contatto nelle varie lingue presenti nei vari territori (inglese, francese, berbero),
portando l’arabofonia a frantumarsi e differenziarsi. Se si prende l’arabo marocchino e algerino ci sono
molte vicinanze tra l’uno e l’altro quindi ci si capisce, invece più è la distanza geografica e storica più si
differenzia nei diversi territori quindi non c’è intercomprensione. Il MSA è una varietà che permette di
comunicare nei diversi paesi arabofoni ma non è la varietà identitaria di nessuno di questi paesi, permette
la comunicazione ma non si identifica con nessuno dei locutori nativi delle diverse varietà di arabo. Il
MSA è un’operazione con un valore politico-culturale. Se si crea una lingua che permette di comunicare
con tutti gli arabofoni, la lingua ha un certo potere.
4. Francese vs creolo ad Haiti dal contatto tra il francese e la lingua amerindia locale è nato il creolo di Haiti
con una struttura indigena ma con le parole del francese.
- DILALIA (Berruto 1987) -> rapporto lingua italiana e dialetti in Italia: sovrapponibilità tra i codici nei
domini informali (situazione sviluppata da diglossia precedente). A partire dalla seconda metà del 900 con la
diffusione dell’italiano si è arrivati ad avere questa configurazione che prevede nello spazio della varietà alta
l’italiano, in quello della varietà bassa la compresenza di italiano e dialetti. Ciò potrebbe cambiare nel futuro.
- DIACROLETTIA (o dilalia rovesciata): una situazione di dilalia nella parte dei registri formali ->
compresenza di due varietà nelle situazioni comunicative alte e formali (es. catalano e castigliano in
Catalogna). Questa situazione si osserva in due aree iberiche in cui ci sono state e ci sono ancora molte istanze
indipendentiste e autonomiste. Le lotte del passato hanno portato a riconoscere negli usi alti ufficiali e formali
anche la varietà che era utilizzata prima in quelli bassi per questioni politiche. La Catalogna ha un governo che
si esprime in catalano, ci sono ragioni politiche di cessioni di autonomia che hanno portato a standardizzare la
varietà locale in modo da utilizzarla anche negli usi formali, sia a livello giuridico che politico. In genere il
mantenimento dell’altra lingua (castigliano) è sempre da preferire perché questo lascia anche agli stessi
abitanti la possibilità di avere degli spazi per apprendere l’altra lingua. La situazione di diacrolettia l’abbiamo
avuta nel 300 con il toscano e il latino, nel momento in cui dante ha deciso di scrivere la divina commedia si è
configurata in toscana la situazione di diacrolettia -> negli usi bassi c’era il volgare e in quelli alti (dove c’era
solo il latino) è subentrato anche il volgare. La diacrolettia di area toscana è evoluta nel corso dei secoli
successivi configurando una nuova situazione diglottica, per cui il latino pian piano è scomparso e quello che
prima rappresentava il volgare messo per scritto da dante è diventato la lingua alta differenziandosi sempre di
più dalla varietà bassa. Il volgare toscano ha continuato a modificarsi, mentre il medesimo volgare toscano che
è diventato lingua letteraria è diventato un modello non esposto al mutamento linguistico. Bisogna studiare i
repertori linguistici osservando i rapporti tra le lingue.
- BIDIALETTISMO o DIALETTIA sociale (Berruto 1995) quando tra le due varietà del
repertorio non vi è una distanza linguistica (interna) sufficiente per ritenere le due varietà distinte, si ha una
situazione di bidialettismo. È il caso della Toscana, di Roma e di altre aree del centro Italia, in cui la distanza
strutturale tra la varietà bassa (L) e varietà alta (H) è minima, in quanto la varietà alta rappresenta la forma
standardizzata della varietà bassa.

URIEL WEINREICH, LANGUAGES IN CONTACT

BILINGUISMO, CONTATTO, INTERFERENZA

LINGUE IN CONTATTO E LINGUE DI CONTATTO

Lingue in contatto in quelle situazioni in cui ci sono comunità in cui sono presenti più lingue e le lingue di contatto sono
sistemi linguistici nati da una necessità di comunicare quando non vi è una lingua ponte e nascono dal contatto.

LINGUE IN CONTATTO: tutti quei fenomeni che si sviluppano sia nel parlante bilingue sia a livello
di comunità quando abbiamo delle comunità bilingui -> perché io possa avere il contatto tra lingue bisogna che io abbia
dei parlanti che con competenze più o meno alte conoscano due diverse lingue -> ciò comporta fenomeni nelle
produzioni nelle due diverse lingue da parte del singolo parlante, FENOMENI DI CONTATTO LINGUISTICO, che
possono determinare interferenza da un sistema all’altro (in genere L1 domina sull’altro). Quando si hanno comunità
bilingue che si trovano lungo un confine linguistico anche se si ha un’area tendenzialmente di una lingua e area di
un’altra abbiamo dei parlanti bilingui, che sanno comunicare in entrambe le lingue. L’espressione di questi parlanti
nell’altra lingua può essere interferita dalla L1. A livello individuale abbiamo parlanti bilingui, se questo avviene a
livello comunitario può configurare dei fenomeni di mutamento linguistico, fenomeni di interferenza più profondi che
permangono nell’espressione linguistica; quindi, il contatto tra le lingue può essere l’origine mutamento linguistico.
Possono avere delle conseguenze sul sistema linguistico. L’interferenza si configura come la sabbia che si deposita sul
letto del fiume e che cambia la confermazione del fiume stesso.

Per avere una comunità bilingue bisogna avere tanti singoli parlanti bilingui; quindi, è importante capire cosa succede
nel parlante bilingue per capire cosa succede dal punto di vista comunitario.

LINGUE DI CONTATTO: sono nate dal contatto linguistico, quindi non esistevano prima del contatto
ma nascono nel contatto stesso di due altre lingue che sono le espressioni linguistiche di due parlanti o due comunità
che non condividono nessuna risorsa linguistica anche perché questi due gruppi che si incontrano sono ineguali da tutti i
punti di vista (economico, culturale, sociale). Le lingue di contatto sono nate nei contesti di colonizzazione, si collocano
nell’America centrale, nell’area del Pacifico e dell’Oceania e dell’Africa -> aree colonizzate da europei e in queste
situazioni abbiamo una disparità tra i colonizzatori e i colonizzati. Da questo incontro si sono sviluppate delle
dinamiche sociali che hanno portato alla creazione di queste lingue che non esistevano prima e che sono fatte con
materiale strutturale della lingua indigena e con elementi lessicali della lingua esogena (dei colonizzatori). Nelle lingue
di contatto a base inglese si trovano lessemi inglesi e strutture\categorie grammaticali delle lingue indigene.

La configurazione che si viene a creare nelle lingue di contatto è molto specifica tra queste lingue che presenta
fenomeni molto diversi rispetto a quelli che si scatenano tra le lingue in contatto -> si crea un nuovo codice linguistico.

Uriel Weinreich ha dato vita alla sociolinguistica poiché ha fondato lo studio strutturale della variazione con il suo libro
LANGUAGES IN CONTACT (1953). Nasce a Vilnius nel 1926 (oggi Lituania, allora Polonia) da una famiglia ebraica,
figlio di Max Weinreich, un importante studioso di lingua e tradizioni Yiddish (la lingua è un dialetto con un esercito e
una marina). Uriel stesso si era occupato di Yiddish, infatti un anno dopo la sua morte fu pubblicato un dizionario
inglese-yiddish. Nel 1953 pubblica il libro sorto dalla sua tesi di dottorato. Aveva incontrato Andres Martinet (francese
strutturalista, padre della doppia articolazione del segno linguistico -> unità di prima articolazione= unità segniche:
combinazione di significante e significato, seconda articolazione= unità più piccole che non sono più segni perché non
sono combinazioni di significante e significato ma solo significante: fonemi. Ciò permette alle lingue di fare con un
numero minimo di fonemi tutta la lingua) che negli anni 50 si trovava negli Stati Uniti e fece la tesi di dottorato con
Weinreich. Secondo incontro: Jakob Jud (importantissimo dialettologo svizzero e, insieme a Karl Jaberg avevano
pubblicato l’atlante italo-svizzero tra il 1928 e il 1940). Incontro con uno strutturalista e un dialettologo esperto di
variazione = nasce uno studio strutturalista sulla variazione -> Languages in contact.
SOCIOLINGUISTICA 07\10\2022
LINGUE IN CONTATTO E LINGUE DI CONTATTO
«a contact language is a language that arises as a direct result of language contact and that comprises linguistic material
which cannot be traced back primarily to a single source language. [...] contact languages do not belong to any language
family: by definition, their genesis was not a matter of descent with modification from a single parent.» (Thomason
1997: 3)

Da intense situazioni di contatto tra gruppi umani e quindi tra lingue, possono crearsi sistemi linguistici nuovi che non
possono essere ricondotti geneticamente ad una famiglia linguistica e la cui esistenza non può essere spiegata secondo i
normali processi di trasmissione intergenerazionale.

Le lingue di contatto nascono in situazione di colonizzazione e le due lingue stanno in un rapporto gerarchico diverso,
con diverso grado di standardizzazione e diverso potere.

Tre configurazioni possibili: PIDGIN, CREOLI, LINGUE MISTE.


La classificazione a tre rappresenta un’astrazione, sono descrizioni astratte che nella realtà delle singole lingue
presentano molte diversificazioni: si tratta di astrazioni che la scienza deve fare. La scienza linguistica si basa sulla
descrizione, dalla descrizione dei singoli casi deve tirar fuori un modello astratto che prescinde dalla specificità delle
singole lingue e presenta un modello che potrà poi essere applicato ad altre realtà e ad altre lingue. Quando si parla di
queste tre configurazioni si trovano dei fenomeni aggiuntivi rispetto a quelli descritti, ad esempio, per certi aspetti
qualcosa classificato come pidgin presenta già dei processi di creolizzazione. Non sempre però la classificazione segue
immediatamente quello che succede nel corso dei secoli nelle varie lingue -> tra un pidgin e un creolo c’è un rapporto
di evoluzione interno della lingua.

LINGUE PIDGIN:
«Pidgins are languages lexically derived from other languages, but which are structurally simplified, especially in their
morphology. They come into being where people need to communicate but do not have a language in common. Pidgins
have no (or few) first language speakers, they are the subject of language learning, they have structural norms, they are
used by two or more groups, and they are usually unintelligible for speakers of the language from which the lexicon
derives» (Arends, Muysken & Smith 1994: 25).

I pidgin sono lingue lessicalmente derivate da altre lingue ma che sono strutturalmente semplificate per la loro
morfologia. Nascono dove le persone hanno bisogno di comunicare ma non hanno una lingua in comune, soprattutto lì
dove hanno bisogno di comunicare per ragioni economiche e dove i colonizzatori avevano bisogno di far sapere ai
colonizzati cosa si dovesse fare. In altri casi la nascita dei pidgin non presuppone un’occupazione militare del territorio
ma solo economica -> alcuni colonizzatori hanno istituito degli empori commerciali come in alcune isole. I pidgin non
hanno o hanno pochi parlanti prima lingua; quindi, non sono delle lingue che hanno dei parlanti nativi L1 o ne hanno
pochi. Il fatto di averne pochi è la ragione che distingue i pidgin dai creoli. La creolizzazione è il processo che porta i
pidgin a diventare L1 di un gruppo di persone -> il passaggio da pidgin a creolo gioca sul fatto di avere parlanti L1. I
pidgin, non avendo parlanti L1: vanno incontro ad un processo linguistico, hanno delle norme strutturali, sono parlati da
2 o più gruppi e di solito non sono intellegibili per i parlanti dal quale deriva il lessico. Questo ci mostra come le lingue
non sono lessico poiché mentre la lingua lessificatrice o lessicalizzatrice è la lingua esogena, la lingua che dà la
struttura (morfologica, sintattica, fonologica) è la lingua indigena -> struttura indigena e lessico esogeno.

La nostra classificazione di una lingua come pidgin o come creolo deriva dal principio sopracitato. Il fatto che una
lingua che non ha parlanti L1 cominci ad essere parlata da parlanti L1 comporta una serie di processi lunghi e complessi
che avvengono a livelli molto diversi della società. Se un pidgin comincia a diventare creolo vuol dire che quel pidgin
dev’essere divenuto una lingua in cui i suoi parlanti si riconoscono dal punto di vista identitario e deve esprimere dei
valori importanti dal punto di vista dei parlanti che la usano. Ciò comporta che la lingua abbia ampliato le sue strutture
(anche lessicale) in modo da parlare in quella lingua anche in altri ambiti dell’esperienza -> si deve poter dire tutto
all’orale, usarla ad esempio in ambito familiare per esprimere i sentimenti. Per passare il confine tra pidgin e creolo il
pidgin deve diventare più complesso, essere capace di poter esprimere tutti gli ambiti dell’esperienza umana (diverse
situazioni in cui ci si trova nella vita quotidiana) e usare la lingua dal punto di vista dei contenuti e della forma.
CARATTERISTICHE:
1. Sono occupati nella comunicazione essenziale, sostanzialmente si parla dei rapporti economici, dello scambio
di merci, di come deve essere organizzato lo scarico di una nave; quindi, i domini d’uso del pidgin sono
ristretti all’ambito sostanzialmente del commercio, dello scambio. In pidgin non ci si scrivono messaggi
d’amore, non si parla ai figli o agli amici -> è ristretto anche dal punto di vista mediale, del mezzo di
comunicazione, perché è una varietà SOLO orale, non usata nello scritto (articolazione di un testo).
L’eventuale uso scritto è molto ristretto e questo comporta che il pidgin non abbia nemmeno una norma scritta,
una codificazione scritta, uno standard -> è molto esposto a variazioni. Dal punto di vista dei domini d’uso è
molto ridotto ma anche da quello delle strutture linguistiche perché non solo si parla di poche cose ma i
messaggi non sono articolati -> non ha una sintassi articolata. Anche dal punto di vista argomentativo, lessicale
e sintattico queste lingue sono ridotte funzionalmente.
2. I pidgin sono caratterizzati dagli elementi delle lingue indigene (struttura fonologica e grammaticale). Le
lingue indigene sono dette lingue di sostrato e il ruolo della lingua colonizzatrice è quello di fornire il lessico,
detta lingua di superstrato o lingua esogena.
3. I pidgin non sono la lingua madre di nessun parlante e sono usati come lingue veicolari, parlate da gruppi
umani che hanno già una L1 e che usano il pidgin per comunicazioni di tipo commerciali.
4. I processi di semplificazione dei pidgin assomigliano a quelli del foiregner talk, cioè il modo di parlare che
i parlanti nativi parlano con parlanti non nativi (anche qui potrebbero notarsi dei processi di pidginizzazione,
ma sono processi completamente diversi perché in quelli di foreigner talk si parte da una lingua già condivisa).
Nei pidgin si tendono a privilegiare delle forme basiche, non marcate della lingua -> nel caso del verbo la terza
persona singolare dell’indicativo o quello dell’infinito. Questi processi di semplificazione, però, non sono gli
stessi che adottiamo con i bambini (baby talk) perché si pensa che i bambini siano più capaci di capire la
lingua rispetto ai non nativi, anche se il non nativo ha già una sua L1 nel suo repertoio.

WEST AFRICAN PIDGIN ENGLISH (WAPE):


- È un pidgin a base inglese parlato nell’africa occidentale (Nigeria, Camerun e Ghana). In realtà, attualmente, il
WAPE è\si sta trasformando in creolo perché sta diventando anche la L1 di alcuni gruppi.
- In Nigeria il NIGERIAN PIDGIN ENGLISH (NPE) è parlato da circa 75 milioni di persone come L2 e da
circa 3-4 milioni di parlanti come L1; quindi, ci sono dei gruppi di parlanti che si identificano in questa varietà
linguistica. In Nigeria sono persenti tre grandi gruppi etnici: Igbo, Yoruba e Hausa che si distinguono non
soltanto per le loro L1 parlate, ma anche per ragioni religiose, culturali ed economiche -> questo ha portato a
delle lotte molto aspre tra i tre gruppi. Dal punto di vista linguistico abbiamo avuto l’occupazione inglese che
ha dato vita all’NPE. Si hanno quindi le lingue locali, il pidgin a base inglese ma anche un’educazione a livello
scolastico in lingua inglese standard. Il pidgin era utilizzato nelle transazioni commerciali. Ad un certo punto
alcune etnie hanno cominciato ad identificarsi non più soltanto con la lingua locale ma anche in questa forma
di broken english; perciò, hanno iniziato ad utilizzare quella forma di pidgin english a livello di scambi
interpersonali e quindi nella trasmissione linguistica generazionale. Ovviamente si parla di un numero molto
limitato ma il passaggio da pidgin a creolo avviene (se non c’è una volontà politica dall’alto) per piccoli gruppi
e potrebbe anche accadere che il NPE diventi una varietà nazionale (nonostante ci sia ancora tanta strada da
fare). Il gruppo di parlanti si basa sulla grande frammentazione etnica della Nigeria e quindi la volontà di
differenziazione di un’etnia rispetto ad un’altra può far passare il pidgin come forma identitaria, inoltre,
essendo una varietà di inglese, avvicina i contatti con il mondo anglofono; infatti, le lingue esogene nei paesi
colonizzati sono delle lingue (per chi può accedervi con l’istruzione) ponti verso il mondo occidentale
(europeo\americano).

PROCESSI DI SEMPLIFICAZIONE FONOLOGICA NEL WAPE :


- Riduzione di opposizioni fonologiche, es. /t/~ /θ/ e /d/ ~ /δ/ dell’inglese a /t/ e /d/ = l’opposizione tra
occlusive e fricative è ridotta ad una opposizione più semplice tra sorda e sonora -> abbiamo solo suoni
occlusivi che mantengono l’opposizione di sonorità
- Sovra estensione di restrizioni della lingua di sostrato, es. desonorizzazione delle consonanti in posizione
finale e riduzione di gruppi consonantici complessi
- Tendenza ad avere strutture sillabiche del tipo CV, attraverso fenomeni di sincope (es. sef per self), aferesi
(tan per stand), apocope (des per desk), epentesi (es. kapiti per captain)
- Esempi di semplificazione: INGLESE WAPE
Dog Dok
Move Muf
Sit down Si Don
Bad luck Baa lok
Si ha la preferenza per l’elemento non marcato (meno sonoro, quindi con un tratto in meno) -> nascendo come
lingue orali, quello che non si sente non si scrive. Nel momento in cui i colonizzati usano il NPE come lingua
dell’identità, una parola non si scrive come in inglese, perché non è la propria identità e questa è anche
un’operazione politica. Il pidgin non è comprensibile per il parlante della lingua esogena.

PROCESSI DI SEMPLIFICAZIONE MORFOSINTATTICA NEL WAPE :


- Tendenza a uso di parole multifunzionali: per esempio dem (da ingl. them) è pronome soggetto e pronome
oggetto di III persona plurale, possessivo al posto di ingl. their e morfema di plurale, per es. man-dem = ingl.
men. Ciò riproduce una caratteristica dell’inglese (aggiunta di un morfema al singolare per formare il plurale)
che qui ci permette di creare il plurale anche nei cosiddetti plurali irregolari dell’inglese. Dem marca la
pluralità in generale (sia morfologica che pronominale). Ma, ciò che semplifica da un lato, complica dall’altro,
ci sono infatti dei contesti in cui dem è ambiguo -> avere molte parole funzionali in alcuni casi crea ambiguità.
- Assenza di flessione e tendenza a espressioni analitiche delle funzioni morfosintattiche: per esempio il
morfema bi (da ingl. been) forma il passato -> es. A bi krae ‘io piansi’ (≈ I been cry) rispetto a A krae ‘io
piango (= I cry). In inglese il passato si forma attraverso l’uso di un morfema legato specifico (ed) e per quelli
irregolari non si ha un morfema aggiunto ma la modificazione del morfema lessicale. Poiché i plurali irregolari
dell’inglese devono essere memorizzati, l’uso della strategia più comune nella formazione del passato può
parlare dei locutori a formare delle forme analogiche (ed errate) che sostituiscono quella irregolare. La
tendenza del pidgin è quella di sostituire strategie flessive o di stratificazione interna del morfema lessicale
attraverso strategie di tipo agglutinante e isolante. Il morfema go forma il futuro, es. A go krae ‘io piangerò’ (≈
I go cry). Si ha un uso nel sistema verbale di strategie di tipo isolante in cui si utilizzano dei morfemi non
legati che marcano ognuno una determinata funzione.

SITUAZIONE SOCIO-ETNICA E LINGUISTICA DELLA NIGERIA:

Whether Christopher spoke good or «broken»


English depended on what he was saying,
where he was saying it, to whom and how he
wanted to say it. Of course that was to some
extent true of most educated people,
especially on Saturday nights. (Albert
Chinualumogu Achebe, No longer at ease,
1990, p. 100)

Lingue nazionali: Hausa, Yoruba, Igbo,


Inglese (= NPE)

Lingua ufficiale: Inglese

Il NPE non è né lingua nazionale né lingua ufficiale; non è codificata né standardizzata. Per questo presenta molte
variazioni diatopiche, diastratiche e diafasiche e un «sistema» estremamente variato. Per es. sistema pronomi personali
(da Pucciarelli 2009: 155).
STRUTTURA SOGGETTO OGGETTO POSSESSIVO
1 I (a, ay) me (mi) me, my (mai)
2 you (yu) you (yu) you, your (yo)
3 e (i), he (hi), him\im him/im, am him/im
4 we (wi) we (wi), us (os) we (wi), our (awa)
5 una (prestito da Igbo) una una
6 dem dem dem, their
Alcune opposizioni dell’inglese vengono mantenute -> I (a\ay) – me (mi)

Non esiste ancora una norma unitaria per la messa in scritto di questa varietà quindi si trovano più forme -> c’è un
grandissimo grado di variazioni nelle forme più o meno orientate verso la forma della lingua esogena, soprattutto nel
modo di scrittura.

Alla seconda persona plurale si ha la forma “una” che vale per tutte e tre le funzioni sintattiche ed è un prestito
dall’Igbo, per differenziare dall’inglese “you” che non marca la differenza tra la seconda persona singolare e plurale.
UNA in Igbo non mostra una differenza tra le funzioni sintattiche.

LINGUE CREOLE:
Tra lingue pidgin e creole c’è un rapporto di continuità storica: una lingua pidgin che venga appresa come lingua
materna si definisce lingua creola. Ciò comporta un processo di creolizzazione, processo inverso rispetto a quello di
semplificazione delle lingue pidgin: arricchimento della struttura fonologica e morfologica della lingua, acquisizione di
nuovo lessico necessario per ampliare i domini d’uso della lingua.

Nota terminologica: la parola creolo proviene dal portoghese crioulo, diminutivo di criado (participio del verbo criar
‘allevare, far crescere (bambini)’). In portoghese brasiliano, era usato in origine per designare lo schiavo africano nato
nel Nuovo Mondo e poi persona nata nel Nuovo Mondo. Crioulo è passato come prestito in spagnolo criollo,
nederlandese creol, inglese creole, francese créole e dal francese in italiano creolo. Quanto a pidgin, deriva
probabilmente dal prestito inglese business integrato nel cinese cantonese come [ˈpiʦin] (attraverso una fase *[ˈpiʦinisi]
in cui l’integrazione di parole dalla struttura CVC-CVC avveniva secondo lo schema CV-CV-CV-CV). La parola è poi
tornata all’inglese come [ˈpʰɪʤɪn].

ESEMPI LINGUE CREOLE:


- Creolo a base francese a Haiti (kreyòl ayisyen): dal 1983 è lingua nazionale insieme al francese standard. È
riconosciuta come lingua identitaria del paese. Lingua nazionale non è uguale a lingua ufficiale, la
differenza è che la lingua si definisce nazionale quando all’interno del paese c’è una percentuale abbastanza
alta di parlanti di quella lingua che permette al governo di farla riconoscere come lingua in cui si esprime
l’identità del paese (operazione politica). Una lingua ufficiale è la lingua in cui il paese svolge la sua attività
amministrativa e burocratica.
- Patwah creolo giamaicano a base inglese.
- Tok pisin -> trascrizione della pronuncia di talk pidgin, parlato in Papua Nuova Guinea.

TOK PISIN (TALK PIDGIN):


Ci fa vedere la distanza tra un creolo a base inglese può esserci rispetto alla lingua esogena del creolo stesso. Si vede dal
sistema dei pronomi personali.

PERSONA NUMERO
singolare duale triale plurale
I eclusiva mi mitupela mitripela mipela
I inclusiva yumitupela yumitripela yumipela
II yu yutupela yutripela yupela
III em tupela tripela ol

Sistema dei pronomi personali che vede operanti categorie della lingua indigena come la categoria di numero a 4
termini (singolare, duale, triale, plurale) e la categoria di inclusivo/esclusivo per la prima persona (duale, triale e
plurale). Si tratta di sistemi di concettualizzazione dell’esperienza: ciò riguarda solo quello che è doppio\triplo ed è
concettualizzato come un insieme. Cose doppie o triple nell’esperienza di quel determinato popolo di quella lingua
(concetti e non referenti).

Le forme sono riconducibili all’inglese etimologicamente (mi = me; yu = you; em = him; tu = two; tri = three,
morfema legato -pela < ingl. fellow). La costruzione delle forme è di tipo agglutinante.

Dal sistema dei pronomi personali si può vedere la distanza tra un creolo a base inglese può esserci rispetto alla lingua
esogena del creolo stesso. Inoltre, i morfemi liberi sono preferiti a quelli legati.
SOCIOLINGUISTICA 02\11\2022
La politica ha influenza sulla lingua.

Per arrivare a parlare di creolo bisogna che si arrivi in fondo ad un processo lungo di creolizzazione che si può vedere
anche in corso d’opera ma a posteriori quando una varietà linguistica è diventata un creolo vuol dire che quella varietà è
arrivata a coprire tutti gli ambiti dell’espressione (formale-informale, politica, letteraria -> la capacità di quella lingua di
esprimere tutto).

L’allontanamento dalla lingua viene notata anche nella grafia che differenziano il creolo dalla lingua esogena ->
processo di elaborazione grafica della varietà linguistica.

Se consideriamo la lingua dal punto di vista interno, la grafia non ha alcun valore, è un fatto puramente esteriore (le
lingue prima sono parlate e poi sono scritte). Le scelte grafiche hanno un valore da un punto di vista sociale. Scegliere
di scrivere una lingua attraverso un alfabeto o un altro è una scelta sociale, politica e culturale.

PATWAH (creolo) -> viene da patois (designa le parlate locali, le varietà regionali di francese). Questa parola è stata
presa per designare la specifica varietà linguistica che nasce dall’incontro tra l’inglese e la varietà linguistica della
Giamaica. È stato scritto con una grafia che si avvicina di più al sistema inglese.

KREYÒL AYSYEN
Parlato ad Haiti accanto al francese. Il francese standard è considerato la varietà alta e il Kreyòl aysyen quella bassa del
repertorio; quindi, in quanto varietà bassa è trasmessa di generazione in generazione.

È un sistema che deve rispondere alle differenze aspettuali che il francese non ha.

Aspetti verbali: è una categoria del verbo che molte lingue hanno (in maniera diversa) ed è il modo in cui il locutore
vede l’azione. Visione dell’azione da parte del locutore -> quando l’azione è perfettiva il parlante scatta una foto
all’azione che vuole descrivere e vede il punto finale, l’azione imperfettiva è l’azione nel suo svolgimento. È la
differenza tra un filmato e una foto.

In inglese c’è una marcatura aspettuale dell’aspetto progressivo; quindi, nel sistema verbale dell’inglese abbiamo delle
forme specifiche perifrastiche come la forma coniugata del verbo essere + la forma ing che insieme marcano la
duratività del processo, rispetto alle forme corrispondenti semplici che marcano la non duratività (indicano un processo
non nel suo svolgimento).

In russo c’è un morfema che viene preposto al verbo che marca la perfettività e l’imperfettività. Perfettiva: nella forma
che si usa si dice in maniera chiara che l’azione ha raggiunto il suo compimento. Imperfettiva: non si sa se l’azione è
finita, perciò non è una forma marcata visto che il parlante sospende il giudizio.

In italiano il passato remoto è perfettivo perché è concluso; invece, l’imperfetto mostra dei tratti non marcati, non si sa
se l’azione è conclusa, il parlante sospende il giudizio. Anche il passato prossimo è perfettivo.

Il francese, un po’ come l’italiano, non ha la categoria dell’aspetto. Sta sviluppando delle marche d’aspettualità solo nel
parlato.

Ci sono lingue che hanno questo tipo di marcatura per tutti i diversi tempi verbali, altre che ce l’hanno solo nel passato.
In molte grammatiche di molte lingue non si trova l’aspetto perché è una categoria sfuggente e non facilmente
riconoscibile.

Le lingue slave, che hanno una categoria dell’aspetto molto invasiva, presentano la possibilità di marcare non solo la
fine dell’azione ma anche l’inizio, quello che viene chiamato aspetto ingressivo.

In questa varietà, è interessante il sistema verbale che integra informazioni grammaticali per marcare la categoria
dell’aspetto che non sono proprie del francese standard:

- apré / apé < francese après: marca l’aspetto continuativo (azioni sequenziali)
- fin < francese fini: marca l’aspetto completivo (azioni concluse)
- fek < francese fait que: marca un evento successivo o consequenziale
- pour / pou < francese pour: marca l’esortativo

ESEMPI
Mwen ap pale = io sto parlando (azione sequenziale)

Li fin soti = lui è appena uscito (azione conclusa)

Mwẽ fek kumẽsé = io ho appena cominciato (azione consequenziale)

Sé pou ou fè sa = bisogna che tu lo faccia (azione esortativa\obbligo)

Queste sono forme grammaticalizzate, quindi il parlante non può far altro che usarle. Anche in questo creolo
abbiamo la tendenza di utilizzare dei morfemi non legati per esprimere forme grammaticali -> rapporto 1:1 tra la
forma e la funzione. Non abbiamo marcature flessive sul verbo perché si costruiscono con l’infinito.

Un altro aspetto interessante riguarda la struttura del sintagma nominale, in particolare la determinazione: l’articolo
determinativo è postposto, gli articoli del Kreyòl aysienne non vengono dagli articoli del francese; quindi, ciò è l’esito
della grammaticalizzazione di marcatori deittici (dimostrativo):

liv-la = le livre

liv-sa-a / liv-sila-a = questo libro qui (combinazione di forme ridotte del dimostrativo francese + avverbio di luogo)

liv-la la = quel libro là

Nel sintagma nominale abbiamo anche la perdita dell’opposizione di genere. Le opposizioni di numero non sono
marcate morfologicamente sul nome. In sintagmi nominali complessi, la testa del sintagma nominale è a sinistra, seguita
dall’elemento determinante giustapposto, senza marcatura morfologica della dipendenza: bati pechè yo “la barca dei
pescatori” (yo = articolo plurale < francese eux).

Nelle lingue creole abbiamo procedimenti di tipo isolante. Abbiamo osservato processi di grammaticalizzazione di
alcuni elementi grammaticali mono morfemici.
SOCIOLINGUISTICA 03\11\2022
LINGUE MISTE
Le lingue miste nascono in una situazione di bilinguismo comunitario spinto (molto avanzato) e sono caratterizzate dal
punto di vista strutturale da una commistione delle due lingue della comunità linguistica. Nel caso dei pidgin la lingua
esogena e indigena avevano ruoli diversi, invece, nel caso delle lingue miste, non c’è un diverso ruolo delle due varietà
in contatto ma entrambe partecipano alla stessa maniera alla nuova lingua in costruzione -> ambedue le varietà
contribuiscono in maniera quasi eguale sia a livello strutturale che a livello lessicale.

Non nascono da situazioni di colonialismo economico ma da situazioni di bilinguismo, in particolare nei “matrimoni
misti” in cui, ad esempio, i colonizzatori francesi hanno sposato donne locali che parlavano la lingua indigena (cree) ->

Esempio: il michif nasce dalla combinazione di cree e francese -> in questa situazione era necessario trovare un punto
d’incontro; quindi, da un lato c’è stato ad un principio di bilinguismo da parte dei francesi, dall’altro le donne cree
hanno cominciato a parlare francese senza dominarlo perfettamente. Questa nuova lingua ha una struttura sintattica
sostanzialmente del cree con qualche elemento del francese.

Visto che si parla di lingue familiari, vengono trasmesse di generazione in generazione -> le lingue miste si configurano
come we-code e acquisiscono abbastanza presto valori identitari.

Origine delle lingue miste: i sociolinguisti sostengono che sia la cristallizzazione di un code-mixing (l’uso misto a
livello di discorso di due o più lingue che il parlante e gli interlocutori hanno nel proprio repertorio senza restrizioni dal
punto di vista strutturale: si passa da una lingua all’altra -> ciò diventa una questione identitaria) diffuso a livello
comunitario -> da un code mixing a un livello di parole a un code mixing a livello di langue -> ciò diventa struttura
linguistica.

È stata fatta anche l’ipotesi che fenomeni come lo spanglish, secondo cui da parte degli ispanofoni che vivono degli
stati uniti si utilizzi un misto di codici inglese e spagnolo, questa pratica del code mixing possa portare anche alla
nascita di una lingua mista. Condizioni: la necessità di una distinzione dal punto di vista identitario, riconoscersi
identitariamente né nell’inglese né nell’ispanofonia di partenza -> volontà di acquisire un’altra identità non solo
linguistica ma anche culturale.

ALCUNI ESEMPI DI LINGUE MISTE:

- Media lengua in Ecuador, una varietà che si è sviluppata tra il 1920 e il 1940 tra gli operai provenienti dalle
montagne e andati a lavorare a Quito, come segno di distinzione sociale sia dai campesinos delle montagne
(parlanti quechua), sia dagli abitanti delle città (parlanti spagnolo). C’è la volontà di non identificazione con lo
spagnolo (parlato in fabbrica) ma di mantenere in qualche modo la propria specificità d’origine.
Unu fabur-ta pidi-nga-bu bini-xu-ni
Un favore-ACC chiedere-NOM-BEN (benefattivo) venire-PROG-1
- Parlate pararomanì, derivate dalla commistione tra la lingua dei gruppi zingari e la varietà linguistica del luogo
di insediamento (angloromanì)
- Michif (da métis “meticcio”)., misto di cree e francese parlato in Canada e USA nelle regioni intorno al lago
Manitoba e nato da esigenze comunicative in matrimoni misti tra uomini europei

Per alcune varietà di lingue miste (es. pararomanì) è importante la componente di consapevolezza dell’uso di un we-
code, quindi rapporto con gerghi (verlan).

INGLESE MODERNO COME LINGUA CREOLA?

- Esempio dell’inglese moderno rispetto all’anglosassone: analisi del medio-inglese, varietà attestata intorno al
XV sec., in termini di lingua creola con acroletto francese (dominazione normanna): semplificazione rispetto a
anglosassone e antico inglese (lingua del Beowulf). L’inglese è la lingua che ha la maggior quantità in
percentuale di lessico latino. Gli studiosi hanno confrontato l’inglese moderno con l’anglosassone (la forma
dell’inglese usato prima dell’invasione dei francesi) che è molto diverso dal punto di vista strutturale.
- Anglosassone e inglese antico (fino a XI secolo): lessico di origine germanica; caratteristiche flessive marcate
(distinzioni di genere), caso (nom, acc, gen, dat), marche di accordo su determinanti; flessione forte e debole
nei verbi; ordine V2 della frase (come in tedesco), non rigido in frase principale e ordine (S)VO nelle
subordinate; non vi era obbligo della marcatura del soggetto con espletivo.
- Contatto con Normanno per ca. 300 anni -> l’inglese del 1400 (medio inglese) presenta fenomeni molto
diversi: riduzione della morfologia nominale e verbale, riduzione di procedimenti flessivi (con eccezione del
genitivo sassone) a favore di strutture analitiche (phrasal verbs), irrigidimento dell’ordine dei costituenti. Nel
lessico: rilessificazione di base normanna (latina) che interessò ca. il 75% del lessico inglese. Per es. lessemi
designanti titoli nobiliari (baron, noble, dame, duke, royal), amministrazione (govern, crown, empire, majesty,
council, assembly). Creazione di doppioni semanticamente vicini ma di diversi livelli di lingua (es. hearty vs
cordial, wish vs desire, freedom vs liberty).

Forse c’è stata una fase di pidginizzazione che ha portato la varietà esogena a dare il lessico (francese) e la varietà
indigena a dare la struttura (che prevedevano elemnti flessivi, marcatura di accordo ecc che si sono semplificate a
contatto con il francese): il francese si è comportato come lingua di superstrato e l’anglosassone di substrato che
non veniva più utilizzato a livello di registro alto -> subisce una semplificazione. L’anglosassone si è impoverito
dal punto di vista sociale, culturale e linguistico. Successivamente ha riacquisito un ruolo di lingua dominante ma
oramai le sue strutture si erano impoverite.
SOCIOLINGUISTICA 04\11\2022
INTERFERENZA

Tre tipi di bilinguismo (Weinreich 1953)

Weinreich dà una sua prima descrizione, introduce per primo il tema del bilinguismo.

Per Weinreich bilingue = qualunque parlante che riesce ad esprimersi a qualunque livello in due o più lingue del suo
repertorio. Anche la classificazione del bilinguismo individuale si basa su una prospettiva strutturalista e la
classificazione che lui propone è fondata sul modo in cui i parlanti bilingui organizzano i segni linguistici. In questa
rappresentazione si parla di organizzazione segnica come combinazione inscindibile di significato e significante, nel
parlante bilingue avremo a seconda dei diversi tipi di bilinguismo, una diversa organizzazione del rapporto tra
significante e significato. Nella rappresentazione la parte superiore c’è il piano del significato (immagine concettuale),
nella parte inferiore c’è il piano del significante (RAPPRESENTAZIONE FONOLOGICA, IMMAGINE ACUSTICA)

Classificazione basata sui tipi di organizzazione segnica nelle due lingue (rapporto tra significato e significante)

(a) Bilinguismo coordinato (esempi inglese-russo)


Il parlante bilingue sviluppa la sua conoscenza e competenza nelle sue lingue in maniera ordinata tra
significante e significato in entrambe le lingue, si sviluppa in maniera uguale e continua, i segni linguistici si
sviluppano in autonomia e il parlante stabilisce delle corrispondenze tra i due sistemi. Questo si sviluppa in
genere nelle fasi precoci (bambino che arriverà ad avere questa organizzazione segnica almeno a partire
dall’età scolare). Il parlante ha più o meno una identica competenza nelle due lingue e si sviluppa sin da
bambini. È difficile arrivare ad avere un bilinguismo di questo tipo quando c’è uno squilibrio
nell’apprendimento di una o l’altra lingua (in età avanzata)
(b) Bilinguismo comporto o composito
Sul piano del significato abbiamo una sorta di equivalenza. Questo è un tipo di bilinguismo in cui la sfera dei
significati nelle due lingue è in parte confusa e in cui poi il parlante assegna a seconda che si esprima in una
lingua o nell’altra, a questa massa di significato i significanti corrispondenti. Può succedere che siccome sul
piano del significato le due lingue sono mischiate, il parlante abbia delle espressioni appropriate in una o
nell’altra lingua perché il piano del significato non è perfettamente distinto. Da questo tipo di bilinguismo può
svilupparsi il bilinguismo coordinato -> il bambino confonde gli imput che riceve nelle due lingue e può usare
una estensione di significato del russo kniga per riferirsi a book inglese. A partire dal bilinguismo composto,
date determinate condizioni contestuali, si può passare al bilinguismo coordinato in cui i segni dei due sistemi
sono perfettamente cooerenti per ciascuno dei due sistemi.
(c) Bilinguismo subordinato
Abbiamo una lingua che è subordinata all’altra dal punto di vista cognitivo e dell’apprendimento. Il parlante
nel suo percorso introduce un’altra lingua -> all’inizio la sua espressione nell’altra lingua sarà subordinata,
soprattutto dal punto di vista concettuale, rispetto alla L1. Questo tipo di bilinguismo è quello di chi impara
un’altra lingua quando il sistema della L1 è già strutturato e nelle fasi iniziali si appiccicano delle etichette a
dei concetti già elaborati nella L1. In questo caso è molto difficile, partendo da un bilinguismo subordinato,
arrivare ad un bilinguismo coordinato perché c’è uno squilibrio tra le due lingue.

Lo studio che Weinreich ha fatto sui fenomeni di interferenza delle due vallate alpine nel cantone dei grigioni dove
passa il confine linguistico tra l’area romanciofona e tedescofona.

Rumanstsch= lingua romanza\neolatina parlata nel cantone dei grigioni in svizzera considerata lingua nazionale (ma
non lingua ufficiale della confederazione). È stata molto studiata da Isaia Ascoli (fondò l’Archivio Glottologico Italiano
nel 1873). La questione del romancio si lega a quella del Ladino (parlato in alcune parlate del trentino e del veneto) ->
pubblica i saggi ladini nel 1873 e anche la sua idea secondo la quale anticamente (nel passaggio tra il latino e le lingue
romanze) nell’area che va dal friuli, passa attraverso il veneto, nel trentino e nel cantone dei grigioni, era una zona dove
si parlava una unica lingua romanza ed era quello che lui chiama Ladino. Ascoli ha individuato alcuni tratti di
conservazione linguistica (come nessi latini CL e FL che rimangono invece di evolvere in CH e FI -> fenomeno
secondo cui le aree laterali sono conservative, plurale con S). Ascoli ipotizza che in queste tre zone della ladinia (dalla
svizzera al friuli) erano un’area linguisticamente contigua e si parlava una stessa varietà conservativa. Nei secoli
successivi secondo lui le aree settentrionali dove si parlavano fialetti settentrionali (lombardo, veneto) erano le lingue
parlate dai comuni dalle corti, dai signori, che avevano potere politico ed economico, erano i volgari del commercio,
mentre nelle zone della ladinia (montuosa) c’era una scarsa comunicazione e la forza espansiva dei dialetti settentrionali
è arrivata a zone che prima erano occupate dalla ladinofonia, che è quindi stata interrotta in quelle zone montuose e non
abitate. Quindi il romancio è imparentato con il ladino dolomitico e il friulano.

Lavoro che ha fatto Weinreich: si è dedicato allo studio dei fenomeni di contatto nella vallata del cantone dei Grigioni
(villaggio di Thusis con base svizzero tedesca e interferenza romancia (tusaun) e di feldis con base romancia e
interferenza svizzero tedesca.

L’opera di Weinrech è un’opera innovativa perché applica i metodi di descrizione e di analisi dello strutturalismo allo
studio della variazione linguistica per la prima volta. Si dota di un metodo di analisi dei fenomeni di interferenza a
livello del discorso

Metodo di analisi dell’interferenza nel discorso (sul piano fonetico e fonologico)

(1) Descrizione dei sistemi fonologici delle due varietà (primaria e secondaria) in una maniera adeguata, attraverso
gli stessi termini, le due descrizioni devono essere comparabili.
(2) Descrizione dei fenomeni di interferenza dello svizzero-tedesco sul romancio e del romancio dello svizzero-
tedesco nelle due comunità: “si ha interferenza quando il parlante bilingue identifica un fonema nel sistema
secondario come uno del sistema primario e, nel riprodurlo, lo assoggetta alle regole fonetiche della lingua
primaria”. Nell’espressione della L2 si identifica un fonema e lo si associa ad un fonema della L1, il sistema
primario interferisce nelle realizzazioni nel sistema secondario. Si stabilisce un sistema di corrispondenze in
maniera inconscia e nel riprodurre un suono si riproduce assimilandolo a quello che già si conosce,
assoggettandolo al sistema primario.
(3) Analisi di 4 diversi tipi di interferenza fonologica:
- Ipodifferenziazione di fonemi: l’opposizione tra due fonemi del sistema secondario viene neutralizzata
perché l’opposizione non esiste nel sistema primario.
ESEMPIO: il parlante romancio confonde due fonemi dello svizzero tedesco (non riconosce l’opposizione
tra /y/ e /i/) e il parlante svizzero tedesco non riconosce l’opposizione del romancio tra /i/ e /I/. il parlante
romancio tenderà a non riprodurre l’opposizione tra y e i e same per lo svizzero tedesco. L’opposizione tra
questi due fonemi è un’opposizione minima, quindi la vicinanza fonetica tra due foni aiuta la
neutralizzazione.
Tratti soprasegmentali: l’opposizione di lunghezza delle vocali dello svizzero-tedesco può essere
reinterpretata sulla base della distribuzione complementare della lunghezza vocalica nel romancio che
vede le vocali lunghe davanti a consonanti sonore e mai davanti alle geminate
- Iperdifferenziazione di fonemi
- Reinterpretazione di distinzioni
- Sostituzione di foni

Questa classificazione è interessante perché noi siamo in sincronia (variazione a livello sincronico) e di
interferenza del discorso (produzione dei parlanti bilingui). C’è un rapporto tra i processi che Weinreich ha
individuato a livello di interferenza del discorso in sincronia e il mutamento fonologico. Quello che lui osserva
dal punto di vista della variazione in sincronia si possono mettere in relazione ai medesimi fenomeni che
osserviamo in diacronia (mutamento= passaggio da un sistema a un altro in accordo col passare del tempo).

Il mutamento fonologico è stato studiato da Jakobson -> formula: A : B

- DEFONOLOGIZZAZIONE
- FONOLOGIZZAZIONE
- RIFONOLOGIZZAZIONE
SOCIOLINGUISTICA 07\11\2022
Iperdifferenziazione di fonemi

È il fenomeno opposto all’ipodifferenziazione (il parlante neutralizza l’opposizione presente nella L2 sulla base del
modello presente nella sua L1, il parlante non la realizza).

È la sovraestensione di una opposizione fonologica presente nel sistema primario alle produzioni del parlante presente
nel sistema secondario.

Un’opposizione fonemica del sistema primario viene estesa al sistema secondario che non la contempla.

ESEMPI

r[‘la:da] /’lada/ ‘lago’ viene reinterpretato in svizzero tedesco come s/’la:da/ perché in svizzero-tedesco la lunghezza
vocalica è fonolofica, ma non lo è in romancio. Questa realizzazione viene reinterpretata dal parlante tedescofono come
una lunghezza fonologica, come un tratto oppositivo; quindi, lo realizza sempre lungo ma nella sua langue del romancio
lada non è lungo per posizione ma perché la a è fonologicamente lunga. L’effetto fonico è identico ma i sistemi
fonologici che si strutturano dei sistemi dei parlanti sono diversi.

Opposizione vocali orali – nasali in francese sovraestese nell’italiano dei bilingui francese-italiano -> quando la vocale
è seguita da una consonante nasale, realizza la vocale come nasale.

Reinterpretazione di distinzioni (=inversione di pertinenza tra tratti)

Il parlante bilingua interpreta come oppositiva una differenza che nel sistema secondario è combinatoria, in base al
modello del sistema primario in cui la differenza è distintiva -> il parlante inverte dei tratti.

I tratti sono distintivi o accessori, in questo caso il parlante ritiene distintivi dei tratti accessori e viceversa, sulla base
del modello della sua L1.

Esempio: r messa è reinterpretato dal bilingue svizzero-tedesco come mesa con vocale breve oppositiva, perché la
realizzazione romanza viene percepita come vocale breve. In romancio però non è pertinente la brevità della vocale che
è variante combinatoria della consonante seguente geminata (come in italiano) -> viene reinterpretato come lunghezza
consonantica non oppositiva. Parallelamente, lo svizzero tedesco fili è reinterpretato dal bilingue romancio come fil:i
perché la lunghezza consonantica che è variante combinatoria della brevità vocalica in svizzero-tedesco è invece
pertinente in romancio. Viene invece trascurata la brevità della vocale [i] che è invece pertinente in svizzero-tedesco.

Dal punto di vista delle realizzazioni nei diversi fenomeni di realizzazione, foneticamente non si sentono grosse
differenza, è un problema della realizzazione fonologica mentale che nei due parlanti è diversa.

Opposizione timbrica tra bit e beet a cui si accompagna come allofono la lunghezza vocalica: la prima è realizzata
caome breve e la seconda è realizzata come lunga, ma questo è un tratto accessorio dovuto al fatto che le vocali più
aperte sono tendenzialmente brevi e quelle più chiuse sono tendenzialmente lunghe. Il tratto di apertura è fonologico, la
lunghezza è una variante combinatoria del tratto di apertura. Il parlante italiano, che no ha l’opposizione di apertura e
chiusura nel sistema, realizza la lunghezza vocalica (che non è fonologica ma ci sono opposizioni accessorie e variante
combinatorie).

La reinterpretazione di distinzioni, dal punto di vista del mutamento linguistico è la stessa che si è verificata dal
passaggio del sistema vocalico latino al sistema vocalico romanzo, dove si sono pertinentizzate delle opposizioni che
erano di apertura.

Semplificazione del sistema vocalico latino:


Sostituzione di foni

Quando sono presenti nei due sistemi dei fonemi che presentano delle opposizioni di tratti diversi ma che hanno una
simile realizzazione, questi fonemi vengono sostituiti in base ai tratti del sistema primario.

Per le consonanti bilabiali abbiamo un’opposizione sorda- sonora nel romancio e tesa-rilassata nelli svizzero tedesco.
La b del romancio è sempre sonora, quella rilassata del tedesco ha realizzazioni variabili (non è sempre sonora).

Il sistema primario guida le realizzazioni nel sistema secondario

Questi fenomeni comportano errori e fraintendimenti di tipo diversi perché: sostituzione di foni e iperdfifferenziazione
di foni non creano fraintendimenti nel parlante monolingue -> quando si iperdifferenzia e ci si rivolge ad un parlante
che ha solo un codice, questo non provoca fraintendimenti (il parlante monolingue capisce) ma quando si ipodiffrenzia
o reinterpreta il parlante monolingue può non capire.

Nel contanto dra jiddisch e inglese la frecativa aspirata [h] è un legamento non fonemico tra due vocali (serve per
evitare lo iato), in inglese è fonoma; quindi, il bilingue jiddisch renderà le sequenze inglesi /his armz/ e /tuw hedz/
correttamente secondo il sistema inglese, ma renderà le sequenze /tuw armz/ e /hi shed/ rispettivamente come /tuw
harmz/ e /his ed/ secondo la distribuzione del gono [h] della sua lingua primaria.

Un altro principio è quello della casella vuota

Weinreich osserva che per i parlanti di svizzero tedesco che si esprimono in romancio, entrambi i suoni consonantici dz
e ll del romancio sono entrambi estranei. Nel sistema dello svizzero tedesco per quanto riguarda la dz è presente la
corrispondente sorda sc, quindi la casella sorda di questo suono è già occupato nel sistema, quindi il parlante avrà meno
difficoltà a inserire la corrispondente sonora. Mentre per la laterale palatale, non essendoci altri agganci nel sistema
dello svizzero tedesco, sarà difficile inserirla dal punto di vista fonologico soprattutto.

È interessare per coniugare la prospettiva sociolinguistica della relazione rilevare che meccanismi sono messi all’opera
(defonologizzazione ecce cc).

Fattori strutturali che favoriscono o impediscono l’interferenza fonologica

Dal punto di vista strutturale riprendiamo una definizione di Jakobson a cui Weinreich risponde con un’affermazione
tutto sommato simile. Jakobson aveva affermato che una lingua accetta elementi strutturali stranieri solo quando questi
corrispondono alle sue tendenze interne di sviluppo -> affermazione che ha uno stampo strutturalista perché nel
momento in cui definiamo una lingua un sistema ci viene difficile pensare che venga toccato o modificato da elementi
esterni. Gli unici elementi che per uno strutturalista possono modificare il sistema sono squilibri interni, riaggiustamenti
interni (come l’analogia o la grammaticalizzazione) per riequilibrare degli squilibri del sistema per ragioni fonetiche. Il
mutamento si spiega solo facendo ricorso ad elementi interni, quegli esterni non possono intaccare il sistema ma solo
aggiungere elementi al lessico (come i prestiti). Jakobson cerca di mediare tra una impostazione come quella dello
strutturalismo più estremo e quella dell’osservazione che veniva da chi si occupava di contatto linguistica che osservava
che dei mutamenti nel sistema linguistico potevano essere dovuti ad elementi esterni.

Weinreich dice “si può ritenere che il contato linguistico o l’interferenza che ne risulta dal contatto abbiano un effetto
scatenante, liberando o accelerando sviluppi che maturano indipendentemente -> l’elemento esterno accelera o libera il
mutamento -> tentativi per coniugare strutturalismo e le opere di dialettologi e sociolinguisti che mostrano che il
contato può portare a cambiamenti strutturali.

- Principio della casella vuota


- Sequenza di fonemi che ricorrono nel lessico di una lingua -> quando si ha una grande quantità di prestiti
lessicali da una lingua in cui questi prestiti sono caratterizzati dalla presenza di determinate sequenze fonetiche
o che strutturano dei morfemi, può portare alla introduzione di una nuova sequenza fonetica e di un nuovo
morfema. INDUZIONE DI MORFEMI -> induzione di una combinazione di significante e significato (segno
linguistico)
- La distribuzione dei fonemi nel lessico governa l’interferenza anche in funzione del rendimento funzionale
delle opposizioni fonemiche.

Fattori sociali che favoriscono l’integrazione fonologica dei morfemi trasferiti (prestiti)
- Quando il parlante è bilingue l’integrazione del prestito avverrà riproducendo il morfema con suoni molti
vicini alla forma della L1, se il parlante è monolingue riproduce il morfema preso in prestito conformandolo
alla pronuncia della sua fonetica nativa
- Dal punto di vista sociale c’è un atteggiamento del parlante verso la lingua d’origine del prestito, se la lingua è
prestigiosa, la pronuncia dei prestiti sarà quanto più vicino possibile a quella della lingua fonte, altrimenti il
prestito sarà fonologicamente più integrato
- La conseguenza dell’introduzione di numerosi prestiti in forma più o meno assimilata può darsi anche
l’introduzione di nuovi suoni nella lingua ricevente, che in certi casi possono anche diventare nuovi fonemi.
Come in latino è introdotto il fonema z dal greco nell’81 a.C.
- L’integrazione del prestito nella lingua secondaria può anche dar luogo ad una completa sostituzione dei foni
della lingua primaria: nell’italo americano l’inglese Brooklyn è /broko’lino/ e box /‘bokisa/

INTERFERENZA GRAMMATICALE (MORFO-SINTASSI)

Secondo Weinreich e Jakobson gli elementi esterni al sistema possono provocare dei mutamenti strutturali purché siano
già presenti, latenti, nel sistema linguistico. Altri due studiosi si erano contrapposti ancor prima di W e J su questo
aspetto (fine 800 inizio 900): Meillet (giovano collega di saussure che fu un grande studioso di lingue europee antiche)
e Schuchardt (importantissimo romanista che si scontrò con i neogrammatici a proposito dell’ineccepibilità delle leggi
fonetiche, perché i neogrammatici hanno postulato che le leggi fonetiche sono ineccepibili, Schuchardt invece, quando
provava a fare delle leggi fonetiche a partire dai fenomeni delle lingue romanze, si accorgeva che il latino non
rispondeva bene alle lingue fonetiche ineccepibili), che avevano due posizioni contrapposte: Meillet diceva che i
sistemi grammaticali di due lingue sono reciprocamente impenetrabili, Schuchardt diceva che nemmeno strutture
strettamente connesse come le desinenze flessionali possono sfuggire all’invasione di elementi stranieri.

Weinreich analizza l’eventuale interferenza grammaticale e stabilisce un trilogo fondamentale ai quali attenersi dal
punto di vista fonologico:

1. Le due lingue devono essere descritte negli stessi termini


2. Bisogna fare una fistinzione tra morfemi (segmenti di enunciato) e relazioni grammaticali che comprendono
l’ordine delle parole, i fenomeni di ordine, accordo e dipendenza, l’accento e l’intonazione.
3. Bisogna considerare il grado di obbligatorietà dell’espressine di una categoria nelle due lingue e la libertà
sintagmatica dei morfemi usati per esprimere una categoria
SOCIOLINGUISTICA 08\11\2022
Weinreich pone alcuni criteri (in parte già detti per l’analisi dell’interferenza fonologica + piano grammaticali, quindi
non solo significanti ma anche significati).

Bisogna considerare:

a. il grado di obbligatorietà dell’espressione di una categoria nelle due lingue


b. la libertà sintagmatica dei morfemi usati per esprimere una categoria

sulla slide B= piano dei segmenti

rapporto tra morfemi -> rapporto tra elementi segmentali e sopra segmentali, le funzioni svolte in una delle due lingue
da morfemi segmentali in una lingua, può essere svolta da morfemi sopra segmentali in un'altra (ordine, accordo).

Esempio di un bilingue inglese-russo:

Nella manifestazione delle funzioni grammaticali di soggetto e oggetto, il parlante bilingue inglese-russo si trova ad
avere due diversi sistemi: quello inglese marca le relazioni di soggetto e oggetto con l’ordine (SVO), quello russo che
marca l’oggetto diretto con il morfema -u “Ivan Mari-u ljubit” (SOV). Può succedere che il parlante bilingue con L1
inglese tenderà a produrre una frase con un ordine SVO -> tenderà ad estendere l’ordine rigido della sua lingua alla L2.
Il parlante con L1 russo che si esprime in inglese potrebbe fare un errore sovra estendendo all’inglese l’ordine russo
“John Mary loves” -> porta all’incomprensione.

Tra i parametri rilevanti per Weinreich c’è quello dell’obbligatorietà dell’espressione di una categoria -> categoria del
genere: in inglese è più obbligatorio esprimere il tempo verbale (forme coniugate) rispetto a quanto sia obbligatorio
esprimere il genere degli oggetti animati (l’inglese è una lingua che non ha l’obbligatorietà del genere ma si può
esprimere facoltativamente). È obbligatoria l’espressione del tempo verbale e quando una distinzione è più obbligatoria
di un’altra, l’espressione non marcata (morfema zero) può indicare inequivocabilmente uno dei membri
dell’opposizione, ma ciò non avviene con le distinzioni meno obbligatorie: es he put-s vs he put (presente vs passato)
ma teacher non specificato non indica necessariamente un insegnante di sesso maschile.

Inoltre, c’è quello della libertà sintagmatica dei morfemi usati per esprimere una categoria: il morfema latino -t di amat
è più legato sintagmaticamente del morfema francese il di “il aime”, per quanto essi esprimano la stessa funzione
grammaticale. Un morfema legato è maggiormente integrato all’interno della parola (attaccato al morfema lessicale),
cosa che non avviene per i morfemi liberi.

Tutti questi parametri vanno considerati quando si vanno a studiare i fenomeni di bilinguismo nelle due linguel.

Processi che accadono nell’interferenza grammaticale:

fenomeni di uso di morfemi della lingua secondaria che vengono introdotti nella lingua primaria (o viceversa):

es. :

1. jiddisch americano, importazione di alcuni morfemi dall’inglese allo jiddisch -> nit er bat ix -> not he but I
(invece del tedesco nicht er aber ich)
2. bambini bilingui romancio-svizzero tedesco introducono in romancio l’allomorfo svizzero tedesco dell’articolo
indefinito femminile an (usato al posto di a davanti a vocale: svizzero a pfluag “un aratro” vs an apfal “una
mela”) combinandolo con l’articolo in (allomorfo di ina davanti a vocale), creando così l’articolo inan: inan
ura invece di in’ura “un’ora” -> nell’interlingua romancia di svizzero-tedeschi da variazione potrebbe
diventare un mutamento

Tali trasferimenti sono effimeri e spesso rimangono a livello di discorso, senza intaccare il sistema. Essi sono
probabilmente dovuti alla necessità del bilingue di marcare certe categorie presenti solo in una delle due lingue
anche nell’altra.

I morfemi più liberi sono più facilmente trasferibili -> es. ucraino e rumeno hanno entrambi mezzi morfologici
per esprimere il comparativo negli aggettivi, ma l’ucraino ha un morfema legato, il rumeno il morfema non legato
mai (< lat. MAGIS) preposto all’aggettivo. Parlanti bilingui con ucraino come L1 formano il comparativo ucraino
introducendo mai davanti all’aggettivo ucraino già al comparativo (creano una forma del tipo più migliore). Si è
ipotizzato che se i due sistemi avessero entrambi morfemi liberi, forse non si sarebbe avuta interferenza.
Si osservano differenze di frequenza nei fenomeni di prestito in relazione a categoria lessicale del morfema
imprestato (nomi più frequenti, pronomi e desinenze flessive meno frequenti). Questo fatto si spiega con
l’osservazione che ci sono categorie morfo-lessicali più autosufficienti rispetto all’innovazione culturale,
soprattutto di tipo concreto e materiale. Molto spesso gli elementi imprestati da una lingua all’altra sono nomi,
capita di rado che appartengano ad un’altra categoria.

Attirbuzione di una relazione grammaticale della lingua secondaria alla lingua primaria oppure eliminizaione di una
relazione grammaticale della lingua primaria che no esiste nella lingua secondaria.

- Per interferenza tedesco-inglese, se un parlante bilingue con L1 tedesco in inglese produce una frase del tipo
“he comes tomorrow home” gestendolo con l’ordine tipico della frase tedesca “er kommt morgen nach Hause”

L’interferenza tra relazioni può: 1. Veicolare un significato non voluto 2. Produrre una frase senza senso
comprensibile solo per deduzione:

- Parlante tedesco che produce “this woman loves the man” sul modello tedesco “Diese Frau liebt der Mann”
per dire “è questa donna che l’uomo ama”
- Parlante tedesco che produce “yesterday came he” sul modello tedesco “gestern kam er”

Altri esempi:

- Interferenza nell’ordine: es. romancio-svizzero ina kotchna tchapetcha per ina tchapetcha kotchna “un cappello
rosso” sul modello di ein roten Hut
- Interferenza nella modulazione (accento e intonazione): nello jiddisch c’è un modello intonativo discendente
per indicare domanda polare da cui ci si attende risposta negativa. Parlanti jiddisch di inglese applicano il
modello anche a frasi inglesi del tipo “You are going home?” per dire “voi non state andando a casa, vero?”
- Interferenza nell’accordo\dipendenza: es. romancio-svizzero la tchapetcha e jotscian per la tchapetcha e
kotshna “il cappello è rosso”, senza accordo tra soggetto e predicato aggettivale, secondo il modello dello
svizzero-tedesco.

Modificazione (per estensione o riduzione) delle funzioni di un morfema della lingua primaria sul modello della lingua
secondaria:

es: parlanti di jiddisch americano sovraestendono le funzioni di inglese who (relativo e interrogativo) a jiddisch ver
(tedesco wer) che è solo interrogativo, producendo der ments ver iz do “l’uomo che è qui” sul modello di the man who
is here

il bilingue stabilisce un’equivalenza tra i morfemi delle due lingue sulla base della loro somiglianza formale e
funzionale. Partendo dall’interferenza nel discorso di bilingui, nella lingua secondaria possono svilupparsi nuove forme
e nuovi paradigmi, che si estendono poi anche alle lingue dei monolingui: cf. l’opposizione tra i complementatori
rumeni ca (+ verbi di dire) e să (+ verbi di volere) sul modello del greco òti vs ìna (cf. anche dialetti meridionali
d’Italia).

Una lingua romanza come il rumeno ha sviluppato un calco sintattico attraverso dei morfemi propri, rifunzionalizzando
una lingua di contatto (il greco, lingua di prestigio).

Nell’interferenza tra due schemi grammaticali è di solito quello che usa i morfemi liberi e invarianti che fa da modello
all’altro, proprio perché più esplicito dal punto di vista espressivo. Il tipo inverso è raro, ma ci sono esempi: in
serbocroato si è sviluppato sul modello turco uno schema produttivo di formazione del superlativo attraverso morfemi
legati, per es. belli “certo”, bezbelli “certissimo”, go “nudo”, gozgo “nudissimo” ecc. per quanto si tratti di sviluppo di
morfemi legati, lo schema è molto esplicito e ciò ha favorito il prestito (NB: prestigio del turco in area balcanica).
SOCIOLINGUISTICA 10\11\22
Studi di Adam Ledgwey: questione del doppio complementatore -> in alcune varietà meridionali, soprattutto estreme
(parte meridionale della Puglia, alcuni dialetti della Calabria e della Sicilia) ci sono due diversi complementatori a
seconda che si abbia una complementazione in dipendenza da verbi di tipo dichiarativo (dire) nei quali la subordinata
esprime un dato di fatto oppure complementatori dei verbi volitivi (volere) in cui la subordinata esprima un desiderio,
qualcosa che non si è ancora realizzato.

Ci sono delle differenze formali in questi tipi di complementatori: da un lato troviamo il complementatore “ca” che vale
in genere per la complementazione completiva, dall’altro un tipo più variabile in diatopia (in base al dialetto) e si trova
“mu”, “ma”, “mi”, “cu” e “co” che derivano dal latino modo e dal latino quod e in altre aree il complementatore è
derivato da quid (che, chi).

Troviamo, quindi, una maggiore varietà nel tipo volitivo rispetto ad una maggiore uniformità nel tipo dichiarativo.

In queste aree analizzate (meridionali estreme) c’è un fenomeno ricondotto all’interferenza con le varietà greche: la
perdita dell’infinito; quindi, un verbo volitivo (volere) si costruisce con un complementatore anche quando c’è
un’identità di soggetto tra il soggetto dell’infinito e il verbo volere -> in italiano c’è una differenza tra “voglio fare” e
“voglio che tu faccia” e in queste varietà, invece, non c‘è la distinzione perché non c’è l’infinito.

Nelle creazioni delle frasi i parlanti manifestano il fenomeno della prolessi del soggetto -> il soggetto della frase
dipendente è prolettico, cioè viene detto prima e diventa l’oggetto della frase reggente. È un fenomeno molto frequente
nelle varietà parlate.

Questa è una descrizione del sistema che hanno alcuni parlanti, ma c’è da considerare anche il contatto con l’italiano
che potrebbe portare alcuni locutori che hanno una praticità dell’italiano assai elevata a disgregare questo sistema a
favore di quello dell’italiano che prevede un solo complementatore -> tipo “ca” dichiarativo che è quello non marcato.

Case study: su una classe di verbi

Nei casi di fenomeni di interferenza sono soprattutto alcune forme dei nomi a subire interferenza e quindi ad essere
imprestate da una varietà all’altra.

Un caso diverso: il prestito riguarda una classe di verbi che sono passati dal greco antico al latino e sono arrivati fino ai
giorni nostri. Questi sono i verbi che corrispondono in italiano a due classi (che terminano in -eggiare e in -izzare) che
anche se a noi non sembrano imparentate, lo sono etimologicamente.

Es: albeggiare, inneggiare, festeggiare, corteggiare, primeggiare, berlusconeggiare (verbo intransitivo, scherzoso,
ironico: comportarsi con i modi tipici di Silvio Berlusconi, derivato dal nome proprio Berlusconi con l’aggiunta del
suffisso -eggiare). Questi sono verbi produttivi, che hanno significati diversi e si formano a partire da nomi o aggettivi e
che hanno un ambito di significati molto vario che spazia da strutture nelle quali il verbo potrebbe essere parafrasato
con una struttura supporto a strutture del tipo imitativo, che, nonostante la varietà di significati sono perfettamente
comprensibili al parlante tanto che se ne può costruire di nuovi.

Es: polverizzare, brandizzare, rateizzare, finalizzare, penalizzare, focalizzare, americanizzare, sono verbi che richiedono
un oggetto diretto (transitivi).

-eggiare e -izzare che per noi non sono relazionati etimologicamente, hanno una comune origine perché provengono
entrambi da una classe di verbi dativi che in latino si presentavano sotto tre forme (avevano tre diversi morfemi
derivazionali): -isso/-izo/-idio. Diversi formalmente perché in realtà queste tre forme hanno tra loro un rapporto da una
parte diacronico (non stanno nello stesso stadio diacronico di lingua) e dall’altro c’è un rapporto di tipo sociolinguistico
(diastratico) perché: la forma isso è quella più antica del suffisso che deriva da un adattamento di alcuni prestiti verbali
che derivano dal greco (in greco avevamo una classe molto produttiva di verbi che si presentavano sotto la forma -íζω->
il contatto intenso tra il greco e il latino fu a doppio canale: da un lato nelle classi alte il greco era la lingua che
bisognava imparare se si volevano fare degli studi di filosofia e retorica perché i greci ne erano esperti, dall’altro ci fu
un contatto nelle classi più basse perché a Roma arrivarono molti schiavi greci che entravano nelle famiglie romane per
educare al greco.

Questo portò a Roma molte parole e molta lingua greca, tanto che Plauto cominciò ad inserire nelle sue commedie verbi
che erano modellati sui verbi greci -íζω-> creò il verbo atticisso (gr. ἀττικίζω) che voleva dire atticheggiare, cioè
parlare il greco attico, e il verbo sicilicissitare, cioè parlare una forma di siciliano. Creò, quindi, forme che erano
modellate sul greco (o prese in prestito o calcate) che presentavano il suffisso isso. Perché -isso che corrisponde poi a -
izzo? Perché non esisteva la z, non avevano né il fono, né il fonema, né il grafema /z/, per cui non era possibile creare
forme in -z. Ma ad un certo punto, nell’81 a.C. venne fatta una riforma grafica per introdurre la z. A quel punto le forme
in -isso scompaiono e subentra -izo che diventa la forma usuale del morfema fino a quando nel latino tardo non si
comincia a trovare delle forme che hanno -idio.

-idio è una forma interessante perché la si trova in testi bassi dal punto di vista del tipo di lingua, come ad esempio nei
testi di Apicio (di cucina), in cui si trova la forma baptidiare (immergere), formato sul greco βαπτίζω (battizo, anche
qui significava immergere o immergersi\tuffarsi). Quindi in latino ritroviamo baptidiare nei testi bassi e in greco
baptizare nei testi alti. Tra queste due forme c’è un rapporto di tipo diastratico, forma della lingua aulica (della chiesa,
testi biblici) e forma bassa che presenta un fenomeno interessante: -idiare -> foneticamente è -idia con dentale +
approssimante, questa sequenza è quella che poi palatalizza in ʤ, quindi l’-idia variante bassa è quella che attraverso la
regolare evoluzione fonetica dal latino al romanzo risulta in -eggiare.

Da dove arriva “battezzare”?

Abbiamo visto che -eggiare arriva dalla trafila regolare fonetica. -izzare è una delle forme dotte, cioè forme
latineggianti che sono entrate come prestito nel momento in cui si formavano le varietà romanze ma il latino era ancora
presente come varietà alta. -izzare arriva come forme di prestito direttamente dal latino, non come -eggiare.

Questi verbi con -eggiare e -izzare, attestati già in italiano antico, provengono da fenomeni di contatto da un lato dei
volgari con il latino, dall’altro dal regolare mutamento fonetico. È interessante che si tratti di una classe di verbi (e non
nomi), abbiamo avuto dal greco antico al latino forme di prestito e calco di verbi dal latino che è insolito. Queste forme
in -izo erano però troppo grecheggianti, quindi non venivano usate spesso dai latini.

FORME DI CONTATTO TRA CODICI IN SITUAZIONI DI


BILINGUISMO DI VARIO TIPO
Finora abbiamo visto:

1. fenomeni di interferenza sul piano fonologico, morfologico, sintattico e semantico-lessicale nel discorso in L2
per effetto del sistema L1, quindi come la L1 interferisce nelle produzioni in L2 dei parlanti bilingui.
2. come gli effetti di questi fenomeni di interferenza a livello di discorso possano portare a fenomeni di
mutamento nel sistema (caso di induzione di morfema -> un morfema del greco viene analizzato a seguito di
una quantità elevata di prestiti dal greco al latino, lo si identifica in un morfema verbale e lo si usa per produrre
nuove forme -> casi di prestiti, calchi e nuove formazioni. Quando si ha un’induzione di morfema viene
cambiato il sistema della lingua che ha subito il contatto\l’interferenza)

CASO DELLA MESCOLANZA DI CODICI NEL DISCORSO


Fenomeno della compresenza sintagmatica dei due sistemi a livello di discorso nel parlante bilingue -> mescolanza di
codici nel discorso (compresenza)

Un parlante con più codici (siano essi lingue o dialetti) può passare nelle proprie produzioni linguistiche da un codice
all’altro seguendo dei modelli di tipo diverso:

a. ALTERNANZA DI CODICE -> il passaggio da una lingua all’altra secondo la funzione comunicativa
(diafasia). I parametri pertinenti sono quelli diafasici: dominio (ambito di discorso), argomento della
conversazione, relazioni di ruolo (ruoli dei diversi partecipanti all’evento comunicativo: locutore,
interlocutore). Il cambio di lingua è in relazione agli ambiti situazionali nei quali si parla (lavoro, famiglia), il
passaggio avviene al cambio di dominio, di interlocutore, all’argomento.
Es: venditore ambulante che si rivolge prima al cliente e poi alla moglie utilizzando due diversi codici: in
lingua standard con al cliente e in dialetto (codice familiare) con la moglie -> l’alternanza si ha al cambio di
interlocutore, se vogliamo anche di argomento.

b. COMMUTAZIONE DI CODICE O CODE SWITCHING -> l’utilizzo funzionale di più di un codice da


parte dello stesso parlante che intenzionalmente passa da un codice all’altro nello stesso evento comunicativo.
Può coinvolgere unità linguistiche diverse (di dimensioni più o meno grandi: frase, sintagma, parola) e può
essere inter o intra frasale-> questo tratto insieme all’utilizzo funzionale di un codice o dell’altro è quello che
distingue il code switching dal code mixing.
I fattori che entrano in gioco nel code switching sono molto complessi e spesso difficili da determinare. Il
passaggio è funzionale e può dipendere da fattori molto diversi; infatti, viene visto a seconda delle situazioni
commutative.
Es: conduzione dell’interazione in maniera bilingue asimmetrica -> l’intervistatore fa una domanda in
italiano e la signora intervistata risponde in siciliano. Abbiamo un code switching a seconda dell’interlocutore
perché l’intervistatore parla solo in italiano e la signora solo in siciliano -> l’interazione è perfettamente
asimmetrica (non c’è il tentativo da nessuna delle due parti di passare all’altro codice) e dipende dal locutore.
Questo è un tipico caso di code switching con lo split delle due lingue nei due locutori.
Code switching con sequenza di negoziazione: un impiegato e una persona che va a chiedere delle
informazioni -> l’interlocutore insiste con il siciliano e l’impiegato cambia il codice dall’italiano al siciliano
per dargli un’informazione importante, perché l’interlocutore deve capire necessariamente. Non è una
conversazione asimmetrica.
Riformulazione per autocensura: l’impiegato si esprime in siciliano perché pensa di andare incontro al suo
interlocutore (crede che sia la lingua più facile per l’interlocutore), quindi prima pronuncia la frase in siciliano,
poi si autocensura e ritraduce in italiano. I casi di riformulazioni per autocensura sono molto frequenti nelle
nostre espressioni, le si fanno sia quando parliamo due varietà diverse, sia quando si switcha tra varietà alta e
bassa della stessa lingua -> sono i casi di correzione tra l’italiano neo-standard e l’italiano standard, oppure tra
una forma diastraticamente più bassa e una più alta.

c. CODE MIXING O ENUNCIAZIONE MISTILINGUE -> in cui il passaggio da un codice all’altro non può
essere correlato ad una funzione pragmatico comunicativa: il passaggio da un codice all’altro è\sembra
puramente casuale. L’impressione è che il passaggio sia disordinato. Non c’è intenzionalità comunicativa nel
passaggio da un codice all’altro e generalmente questo tipo di fenomeno è puramente intra frasale (all’interno
della stessa frase).

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