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GLOTTOLOGIA I

LA LINGUISTICA GENERALE

La linguistica generale è una scienza relativamente recente, nasce nel 1816 ma presenta dei precursori.

GLI INDIANI
Furono motivi religiosi quelli che indussero gli indiani a studiare la loro lingua affinché potessero
pronunciare in maniera corretta i testi sacri raccolti nei Veda. Successivamente i grammatici indiani, il più
celebre è Pānini (maggiore opera: Astādhyāyi), vissuto nel IV secolo a.C., concentrarono le loro osservazioni
sul valore e sull’uso delle parole e tracciarono delle descrizioni fonetiche e grammaticali della loro lingua.
Queste vennero poi scoperte dai grammatici occidentali nel XVIII secolo e funsero da punto di partenza per
la creazione della grammatica comparata. Gli studi riguardavano prettamente il sanscrito. Gli indiani
studiarono:

siskā = fonetica
vyākarana = grammatica
nirukta = etimologia
+ morfosintassi

I GRECI
Questo popolo non ci ha lasciato informazioni utili sugli idiomi dei popoli con cui si trovava in contatto.
Infatti, convinti dalla loro superiorità intellettuale, guardavano con disprezzo alle lingue straniere e
s’inducevano a studiarle solo se spinti da motivi di necessità pratica. I Greci studiarono invece la propria
lingua con grande cura, ma soltanto sul piano estetico e filosofico, infatti fino ad Aristotele non vi era uno
studio scientifico della lingua. Platone nel “Cratilo”, per esempio si occupò dei rapporti tra nozione e parola:
la grande questione è di stabilire se la lingua abbia origini naturali oppure se nasca da una convenzione (se
esista n rapporto necessario tra le parole e il loro significato). Platone riteneva giusta la tesi dell’esattezza
naturale delle parole ma questa questione nacque prima.
Aristotele, invece era a favore della tesi “convenzionalista”, ma il suo merito è quello di aver tentato per
primo un’analisi precisa della struttura della lingua: si occupò delle parti del discorso, della meditazione
degli aspetti acustici della lingua (propagazione sferica del suono; problemata aristotelici). Poi gli
Alessandrini perfezionarono le teorie grammaticali e Dioniso Trace scrisse la “Τέχνη Γραμματική”, “Arte
Drammatica”.

Per gli stoici vi erano:


paroola  vox
concetto mentale  conceptus
referente  res

I LATINI
Acquisirono il pensiero filosofico dei greci, ad eccezione di Varrone che nel “De Lingua latina” affronta il
problema tra urbanitas e rusticitas (modo di parlare in città e in campagna), le varietà di lingua. Famose
sono le etimologie errate, ad esempio vulpes = colei che vola con i piedi, quindi che corre veloce. Altri

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autori che operarono in questo campo sono Elio Donato e Prisciano (sintassi). Vi fu poi la disputa tra
analogisti (attenti alle regole) e anomalisti (attenti alla forma).

IL MEDIOEVO
 I Modisti affermano che una struttura grammaticale unica ed universale è insita in tutte le lingue e
quindi le regole della grammatica sono indipendenti dalle lingue a cui appartengono (come pensa
Chomsky).
 Dante si interessò in modo originale ai problemi della lingua e,, nel suo “De vulgari eloquentia”,
considerava difatti e lingue del sì, d’oc e d’oil come appartenenti ad uno stesso gruppo, mentre
distingueva con naturale esattezza 14 dialetti italiani. Erroneamente, Dante affermava che il latino
si fosse formato a posteriori, come una varietà delle lingue romanze.
Lingue europee:
3 idiomi
1. Settentrionali
2. Meridionali + teoria della torre di babele
3. Greco

DAL RINASCIMENTO A FINE XVIII SECOLO


Il fervore religioso dei riformati spinge a tradurre i libri sacri in numerosi dialetti, e il disprezzo per le lingue
<<volgari>> va attenuandosi. D’altra parte le controversie religiose spingono alla conoscenza dell’ebraico.
Infine, viaggiatori e commercianti traggono dalle loro esperienze all’estero qualche nozione su idiomi
rimasti fino ad allora completamente sconosciuti.
 Arnauld sostiene che la grammatica sia basata sulla ragione e pubblica “grammaire generale et
raisonnee” di Port Royal, 1660.
 Occupandosi qundi di altre lingue, nasce l’esigenza di creare un dizionario poliglotta (Calepino),
1502.
 Mithridates, chiamato così in onore del re poliglotta Mitriade: quest’opera contiene 400 lingue
diverse e la traduzione del Padre Nostro (1555), fu poi successivamente apliato nell’800.
 Nel 1500 viene alla luce l’idea di comunanza di origine, che permette di classificare le lingue in
famiglie (principio genealogico): i primi eruditi che si dedicarono alla classificazione di queste lingue
partivano da un’idea a priori, la supremazia dell’ebraico, per ragioni religiose, considerata la lingua
originaaria dalla quale bisognava partire per spiegare tutte le altre.
Solo nel XVIII secolo Leibniz, che, come Platone aveva riconosciuto il carattere arbitrario del segno
linguistico combatté con vigore l’idea dell’origine ebraica come madre di tutte le lingue, ma senza
successo.
 Giambattistsa Vico ne “La Scienza nuova” trae le conseguenze per ciò che riguarda il linguaggio
dalla sua concezione della storia e dal principio gnoseologico che è alla base della sua teoria della
conoscenza: la lingua della prima età fu muta e si comunicava con i segni, poi con il linguaggio
poetico e alla fine si utilizzarono i vocaboli.

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I PRECURSORI
1. Sassetti: si recò in India e aveva rilevato alcune corrispondenze tra il sanscrito e il toscano (ad
esempio sarpà/serpe, deva/Dio, sas/sei, saptà/sette, astaù/otto, nàva/nove).
2. Sulla somiglianza del sanscrito con alcune delle lingue europee richiamò l’attenzione Coeurdoux.
Confrontò il sanscrito con il greco e il latino: pitàr/pater/ πατήρ, ma ne derivò solo una mescolanza
linguistica.
3. William Jones: tenne un discorso alla società accademica del Bengala sulla somiglianza del greco,
latino, sanscrito e iranico, perché discendono da una lingua comune originaria.
4. Schlegel nel 1808 pubblicò “Sulla lingua e sulla saggezza degli indiani” sostenendo che il sanscrito
fosse la lingua madre (errato) e fu il primo che usò il termine di grammatica comparata. Inoltre
confrontava le forme simili, conoscendo tutti i passaggi e confrontando le fasi più antiche.
5. Paolino di San Bartolomeo.

F. BOPP (comparatista)
Fino a quel momento vi era stata una comparazione delle lingue per somiglianza, ma non una
dimostrazione scientifica. Bopp viene considerato il fondatore della grammatica comparata con la
pubblicazione del testo “Sul sistema di coniugazione del sanscrito a confronto con il greco, il latino, il
persiano e il germanico”, nel 1816.
Così, confrontando alcune parole greche e alcune sanscrite, mette in rapporto le desinenze di queste ultime
con i pronomi greci. Si trattava di un tentativo di spiegazione genetica, essendo Bopp convinto che le lingue
indo-europee note fossero solo forme evolute della lingua primitiva. Si basò sulla morfologia: ricercava
corrispondenze morfologiche tra le lingue che si ipotizzavano essere affini.

RASMUS RASK
Arrivò alle stesse conclusioni di Bopp, con la pubblicazione del libro “Ricerche sull’origine dell’antica lingua
nordica o islandese”. Nel 1818, due anni dopo quello di Bopp, il libro non ebbe molto successo sia perché
era staro scritto in danese, sia perché non teneva conto della lingua i quel momento più di moda: il
sanscrito.
Aveva intuito una serie di questioni di fondo che per quanto riguarda il confronto tra le lingue oltre a
basarsi sulla morfologia, come diceva anche Bopp, erano necessarie delle corrispondenze fonologiche
precise perché si confrontano a livello di fonemi non le forme più simili ma quelle che corrispondono
esattamente. Inoltre dice che per individuarle bisogna basarsi sul lessico di base ovvero sulle parole più
antiche meno soggette ai prestiti. Rask intende il lessico di base delle lingue indoeuropee, non quello
universale, per esempio in moltissime lingue del mondo si può dire che le parti del corpo fanno parte del
lessico di base, nelle lingue indoeuropee no, infatti se confrontassimo le varie forme delle lingue
indoeuropee antiche non riusciremmo a trovare un archetipo unico per parole come “mano”, “braccio”,
“testa”, perché risalgono a forme diverse quindi per lessico di base Rask intende quello indoeuropeo. Le
forme da confrontare quindi non devono essere uguali o simili, o di significato uguale, infatti l'affinità
semantica deve esserci un po', ma si deve partire dalla forma non dal significato. La semantica è sottoposta
a mutamenti improvvisi mentre quello che è stabile e la forma che si evolve secondo certe leggi. Dunque le
forme vanno confrontate iuxta leges: secondo le leggi fonetiche e che abbiano una vaga affinità semantica
[leggi che analizzavano in maniera esatta la corrispondenza dei fonemi nelle varie lingue].

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Un esempio è la legge di Grimm, è una legge che aveva già intuito Rask ma Grimm la formalizzò in modo più
accurato nell'opera "Grammatica tedesca". Questa legge descrive il mutamento del consonantismo
dall'indoeuropeo alle lingue germaniche.

1. le occlusive sorde indoeuropee *p, *t, *k  diventano in germanico le fricative sorde *f, *θ (trascritta
"þ"), *X (h)  così, per esempio, dall'indoeuropeo *pətér ("padre") viene il gotico fáðar (cfr. invece
il latino pater);
2. le occlusive sonore indoeuropee *b, *d, *g  diventano in germanico le occlusive sorde *p, *t, *k
così, per esempio, dall'indoeuropeo *dekṃ ("dieci") viene in lingua gotica taihun (cfr. invece il
latino decem);
3. le occlusive sonore aspirate indoeuropee *bh, *dh, *gh diventano in germanico le occlusive
sonore *b, *d, *g così, per esempio, dall'indoeuropeo *ghostis ("straniero") viene l'alto tedesco
antico gast (cfr. invece il latino hostis).
*p *t *k (occlusive sorde)  *f *þ *X (h) (fricative sorde)
*b *d *g (occlusive sonore)  *p *t *k (occlusive sorde)
*bh *dh *dh (occlusive aspirate)  *b *d *g (occlusive sonore)

Vale per tutte le lingue germaniche.


Le occlusive sorde diventano fricative, e il successivo passaggio da sonore a sorde in chiave fonologica si
può interpretare che le occlusive sonore si trasformano in sorde e vanno ad occupare tutta la serie vuota
lasciata tale dal mutamento delle sorde fricative, e anche le sonore aspirate diventano sonore semplici e
vanno a riempire la serie vuota dalle occlusive sonore semplici, quindi ottimizza lo spazio fonologico e crea
un sistema coerente.
Es: focus  feuer  la semantica è identica e la forma somiglia, ma non possono essere confrontabili
perché f del germanico deve venire da p’. Però possono essere confrontabili col greco πup.
Es: day dia  non vengono da un archetipo comune perché d del germanico deve venire da ph.
Sono perfettamente confrontabili invece “αδην” e “inguem”, e ogni fonema corrisponde in maniera
regolarissima.
“α” e “in” sono gli esiti di una nasale centro di sillaba europea *n̥ (° funge da vocale).
“δ” e “gu” derivano da gw; e “ην” = “em

*n̥ gwen [forma protoindoeuropea da cui derivano quella greca e quella latina]

ECCEZIONI ALLA LEGGE DI GRIMM


Esistono alcuni casi particolari; per esempio, le occlusive sorde sono escluse dal cambiamento se precedute
da */s/. Di queste eccezioni, in realtà apparenti, si rese conto già lo stesso Grimm, e gli studiosi successivi le
descrissero in maniera più sistematica.
Stella/Star (in questo caso c’è nell’occlusiva sorda, un nesso fonematico con la consonante precedente)

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LEGGE DI VERNER (eccezione alla legge di Grimm)
La scoperta di Verner fu, che la Legge di Grimm, riguardo alle occlusive sorde: p t k > f þ h, si riscontrava
solo in caso non si verificassero contemporaneamente due condizioni:
 L'occlusiva indoeuropea si trovava tra elementi sonori (vocali e semivocali, consonante
nasale o liquida)
 L’accento libero indoeuropeo cadeva sulla sillaba immediatamente successiva (quindi la
consonante che si modifica è in posizione pretonica, ovvero è la consonante della sillaba
precedente a quella accentata  apofonia: mutamento della vocale radicale)
[Se l’accento cade sulla sillaba successiva alla radice, la consonante si sonorizza]
indoeuropeo *pətér  gotico *fádar

Legge di Grimm  paradigmatica


Legge di Verner  sintagmatica

AUGUST SCHLEICHER
Appartiene alla seconda generazione di comparatisti. Opera nella seconda metà dell’800. Era un botanico e
anche per questa sua formazione personale e per la visione filosofica (positivista) era convinto che le lingue
fossero organismi naturali che appunto nascono, si sviluppano e muoiono indipendentemente dalla volontà
dei parlanti. Non vedeva le lingue come prodotti storici, ma come entità materiali. A proposito
dell’evoluzione scrive la sua opera più importante nel 1862 “Compendio di grammatica comparata delle
lingue indoeuropee”: si rifà esplicitamente a Darwin (nel ’59 era uscita “L’oorigine delle specie”). Nel 1856
invece ha scritto la prima grammatica del lituano, lingua molto conservativa e ha una storia molto
complessa (classificazione tipologica su base morfologica).
Schleicher poi è celebre per aver proposto la prima classificazione morfologica e la teoria dell’albero
genealogico, Stammbaumtheorie (si trova nel “compendium”)

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Queste sono tutte fasi ricostruite, successivamente ci sono le lingue attestate (greco antico, latino, italico,
celtico continentale e insulare, germanico, gotico, baltico, lituano, lettone, prussiano, slavo, russo etc…)
Questa rappresentazione ha un’importanza notevole perché non considera solo le lingue indoeuropee e
attestate, ma fa delle suddivisioni interne ed come se volesse applicare i metodi della filologia classica: si
mettono insieme tutti i manoscritti esistenti, si considerano le varianti tra questi manoscritti (o i più antichi,
quelli più significativi) e li considera prima dal punto di vista materiale (il tipo di conservazione, di scrittura),
poi vede le lacune e tutti quelli che presentano le stesse lacune fanno parte di un archetipo comune: si
cerca di raggrupparli per famiglie e poi si vedono gli errori significativi (una parola totalmente diversa) e
tutti i manoscritti che presentano quell’errore vanno insieme.
Il filologo dunque sulla base di questa collazione (confronto di manoscritti) ricostituisce l’archetipo comune
di tutti, ossia quella che sarebbe la prima redazione scritta del testo, e spiega le scelte editoriali nello
STEMMA CODICUM (che descrive come sono raggruppati i codici e che scelte ha fatto) che ha la stessa
struttura della teoria dell’albero genealogico. Schleicher però non considera le suddivisioni della lingua
come stadi successivi diacronici, le raggruppa sulla base di tratti morfologici che lui considera rilevanti. Ad
esempio l’ariogrecoitaloceltico fa gruppo perché in queste lingue lui trova gli esiti delle desinenze di casi
obliqui in –bh al plurale. Le lingue germanicobalticoslavo negli stessi casi obliqui hanno gli esiti delle
desinenze in –m. Tutti gli altri raggruppamenti sono fatti in questo modo, con innovazioni condivise.

-Dal punto di vista teorico presenta DUE PROBLEMI:


I. Immaginare che questi nodi dell’albero siano lingue comuni
II. E’ una classificazione troppo rigida che non tiene conto dei contatti trasversali, perché ci sono altre
isoglosse che non tornano con questo albero. Ad esempio “m̥ ” si trova nelle lingue indiane,
iraniche, in greco, ma non nel celtico; oppure l’aumento del verbo si trova nelle lingue indiane,
iraniche, nel greco ma non nell’italico, latino o celtico.
Se questo tratto è antico dovrebbe risalire al nodo comune ma non è così  ciò implica che non è
un tratto antico e conservato, e Schleicher si è ritrovato costertto ad ammettere che l’aumento
fosse un carattere di innovazione delle lingue indiane, dell’iranico e del greco, e non antico. Dunque
è troppo rigido per rendere conto di certi mutamenti in certi gruppi di lingue che non tornano con
questa suddivisione.

JOANNES SCHMIDT
10 anni dopo Joannes Schmidt (1872) elabora una teoria alternativa rispetto a quella dell’albero
genealogico, che si chiama teoria delle onde (Wennertheorie): così come un sasso buttato nello stagno
produce una serie di onde concentriche che si allargano e affievoliscono man mano che si allontanano dalla
sorgente, e che si intersecano con quelle degli altri sassi, così le lingue non sono “animali a sé”, ma una
serie di incroci di caratteristiche di diverse lingue che si propagano in una certa zona e poi si affievoliscono
piano piano. Cerca di superare la rigidità di questo albero per quel che riguarda i tratti che palesemente
sono antichi e che non sono rappresentabili con questo schema. Quindi lui immagina che vi siano delle
innovazioni o comunque dei tratti linguistici con forme tipiche dell’isoglossa (perimetro in cui si espande un
determinato fenomeno linguistico, linea ideale che su una cartina geografica circonda la zona in cui si
sviluppa un determinato fenomeno linguistico). In questo modo si vedeva che una varietà linguistica non
finisce dove termina la zona in cui si parla quella lingua (confine) ma le lingue si influenzano.
Questo modello a onda però non venne adottato molto, non solo perché dal punto di vista della
rappresentazione è più difficile, ma perché vi è un problema di fondo teorico, cioè che lui può
rappresentare questi tratti come isoglosse che si estendono per una certa zona solo immaginando che i
tratti che lui trova nelle lingue attestate antiche implichino che i parlanti di quelle lingue siano rimasti
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sempre nelle stesse posizioni rispettive, ovvero che non ci siano state migrazioni, quando invece è attestato
che ce ne furono.

ISOGLOSSE:
GILLIERON
Fondatore della geografia linguistica, ha studiato per primo la variabilità dialettale della
Francia, e ha scritto il primo atlante linguistico francese, in cui analizza una serie di isoglosse
lessicali, fonologiche etc, frutto di anni ed anni di indagini linguistiche. Per registrare la
variabilità dialettale si basava sul lavoro di Edmond Edmont, che aveva un orecchio
finissimo, e sentiva tutte le differenze, quindi si era inventato un modo per rappresentarle.
Infatti era stato mandato da Gillieron in bicicletta a girare tutta la Francia sottoponendo ai
parlanti un questionario, e dopo molto tempo nacque “L’Atlante linguistico della Francia”.
Questo atlante è importante perché convince la comunità francese che il francese che
nasce nell’Il de France non è solo uno, ma esiste una variabilità dialettale.
SCHUCHARDT
Si occupava non solo di dialetti romanzi, ma anche di basco, lingue creole, poco
considerate; utilizzava le isoglosse per rappresentare le variabilità.

NEOGRAMMATICI ‘800/’900
Erano un gruppo di studiosi di lingue antiche dell’università di Lipsia, in Germania, che consideravano le
lingue come prodotti collettivi dell’agire umano (possono infatti essere considerati sociolinguisti ante-
litteram poiché ponevano attenzione anche all’aspetto storico di una lingua). Si occupavano di descrivere a
fondo le singole lingue indoeuropee e dell’evoluzione diacronica delle lingue, e avevano abbandonato il
proposito di ricostruire una protolingua. L’opera principale è “Il fondamento di grammatica comparata delle
lingue indoeuropee” di Brugmann-Delbrück, scritto tra il 1886 e il 1900, che contiene la stragrande
maggioranza del sapere sulle lingue protoindoeuropee. Osthoff è il teorico delle leggi fonetiche tra i
neogrammatici. Le leggi servono per fare le comparazioni su basi solide, e agiscono con cieca necessità:
sono imperative ed ogni eccezione può essere spiegata con dei livellamenti analogici o con un’altra legge.
Osthoff sosteneva che queste leggi fonetiche agissero in maniera vincolante sui parlanti.

Qualche anno dopo ci sarà una disputa tra neogrammatici e Schuchart. Osthoff (neogrammatico) sosteneva
che le eccezioni fossero spiegate da leggi, Schuchart diceva che non esistono leggi fonetiche perché ogni
parola ha la sua storia ed è solo un’impressione che vi siano delle leggi che le regolino. Questo perché ad un
certo punto cade la tendenza evolutiva a modificare una parola, se questa è in prestito da un’altra lingua:
in latino, ad esempio, ci sono 10 tipi vocalici (considerando le brevi e le lunghe), ma in italiano l’opposizione
non è significativa. Nel passaggio dal latino all’italiano c’è una perdita di questo tratto distintivo.

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EVOLUZIONE DAL VOCALISMO TONICO DEL LATINO ALLE LINGUE ROMANZE

Questa è solo la varietà di esito dell’italiano centrale toscano (ogni varietà dialettale di una lingua dà diversi
risultati; Non è possibile da punto di vista linguistico stabilire se una parlata sia un dialetto o una lingua)

ECCEZIONI

I. ӗ  ɛ Solo se la sillaba è chiusa , ӗ  jɛ


ŏɔ se è aperta si crea un dittongo ŏ  wɔ

II. Livellamento analogico: non si rispettano gli esiti fonologici giusti perché una ŏ in sillaba aperta non
accentata dà o. Il livellamento analogico fa quindi sì che tutte le forme del tema diventino uguali, questo
perché subisce il condizionamento sillabico.
Io muovo  noi moviamo
Io suono  noi soniamo
nuovo  novissimo
io siedo  noi sediamo

III. Anafonesi: ĭ dovrebbe diventare e (famĭlia, vĭneo), è l’innalzamento del timbro, avviene quando ĭ è seguita
da ʎ/ŋ. In questi casi l’esito è diverso per condizionamento dal contesto fonico, in questo caso
consonantico (avviene nell’italiano standard)

IV. Nell’italiano alcune parole di origine latina non sono di trafila ininterrotta dal latino, ma sono prestiti dotti
dal latino (ovvero ripresi dalla forma scritta in epoca medievale). Questo può creare doppioni:

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Le leggi di Grimm e Verner sono sempre sistematiche, l’evoluzione del vocalismo tonico ha invece molte
eccezioni.
Di solito i derivati in italiano sono prestiti dotti, e non a trafila ininterrotta, ma ci sono delle oscillazioni
(Allotropia)

Familia (lat.)  familiare


Famiglia (it.)  famigliare

Flore (lat.)  floreale


Fiore (it.)  X

Vi sono anche altri tipi dell’evoluzione del vocalismo:


 Tipo arcaico (vale per il sardo)
 Tipo con astrato greco (vale per la Sicilia e la Calabria)
 Tipo misto

LA PIANIFICAZIONE LINGUISTICA
Per pianificazione linguistica si intende quella tendenza ad imporre, di solito per motivi politici, una lingua.
Una lingua viene imposta veramente solo quando risulta vantaggioso dal punto dei vista sociale, ad
esempio il latino si diffuse molto poiché era necessario saperlo per accedere alle cariche politiche e
dell’esercito, e la romanizzazione dell’impero andò via via instaurandosi.
Allo stesso modo le lingue artificiali non hanno mai funzionato. La più famosa è l’esperanto, poi nel 1879
venne ideata la lingua volapük “parlata mondiale”.
Viceversa la programmazione linguistica può funzionare, si intende decidere qual è la varietà standard ella
lingua per motivi sociali; Come accade per l’ebraico, che ebbe una vera e propria rinascita con la creazione
dello stato di Israele. È anche effetto di programmazione linguistica il fatto che esista un italiano standard
perché in condizioni naturali non si creano delle lingue standard, per averne una è necessario uno stato,
una scuola dove venga insegnata una certa varietà della lingua, delle norme di tipo linguistico. I parlanti
però non sempre seguono le regole ben precise, e la difesa della lingua si basa su considerazioni linguistiche
delle volte erronee, ma politicamente pesanti (rivendicazioni basate sul pregiudizio non linguistico). Vi sono
casi in cui vi è invece il cosiddetto “desiderio di separazione” come accadde per il serbo e il croato, hindi e
urdu, a causa dei conflitti.
Per quel che riguarda i problemi generali legati al mutamento linguistico, sono tre:
1- Cause del mutamento
2- Prevedibilità o meno del mutamento (in realtà non sono prevedibili ma interpretati a posteri)
3- Tendenze generali del mutamento

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CAUSE DEL MUTAMENTO
Alcuni linguisti si astengono dall’affrontare questo argomento, sostengono che non si conoscano.
Quelli che si cimentano invece nel dare un quadro delle cause principali (come i funzionalisti, Martinet,
Sapir), le dividono in:

MUTAMENTO LESSICALE E SEMANTICO


Si manifesta soprattutto in 3 forme: PRESTITI (prestiti di una forma da un’altra lingua) CONI (parole coniate
ex novo) CALCHI (quando vengono tradotti prestiti da altre lingue).
I parlanti hanno competenza, conoscenza e concezione delle parole, certi mutamenti che avvengono a
livelli più strutturati della lingua (fonologici, morfosintattici) vengono riprodotti dal parlante ma in maniera
inconscia; invece alcune parole all’inizio, soprattutto i prestiti o i coni, vengono percepite come estranee
però man mano si “nativizza”, cioè viene talmente assorbita da una lingua che non ci s rende più conto
della sua origine.

I PRESTITI
Ci sono tantissimi gruppi i parole in italiano che sono prestiti da altre lingue per motivi storici. Per esempio
un gruppo molto ampio riguarda le parole di origine germanica, dividibili in 3 -4 categorie
 alcune sono state assorbite prima dal latino e poi dall’italiano; altre, precedenti alle invasioni
barbariche (“giardino” deriva dal francone “gardo”)
 molte germaniche che derivano dal gotico (“fiasco”)
 parole introdotte dai longobardi (fara-). Ci sono circa 300 parole italiane di origine longobarda.
Quando vengono prese in prestito, queste parole mutano la semantica, ad esempio le parole prese
in prestito da invasori assumono una sfumatura negativa (guardare  spiare)
 un altro gruppo di parole entrate nell’italiano sono le parole semitiche, soprattutto gli arabismi. Gli
arabi arrivano in Spagna, da qui passano prima in Francia del sud e poi in Sicilia per due secoli e
mezzo. Le parole entrano in siciliano e in spagnolo e da lì si diffondono in italiano, francese e in
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tutte le varietà romanze. Un primo ambito in cui entrano tantissime parole arabe è la matematica e
l’algebra. Il termine “algebra” è stato usato per la prima volta da Fibonacci, nel 1202 scrisse un
testo di matematica molto importante in cui si era ispirato a un testo arabo del IX secolo d.C. scritto
da Al-Hwarizmt. Dal nome di questo signore viene fuori la parola algoritmo, ed è curioso perché è
una specie di paretimologia tra questo e la parola greca che sta per “numero” (ἀριθμός
arithmos).
ORIGINE SEMITICA DELLE PAROLE “CIFRA” E “ZERO”: cifra e zero vengono dalla stessa parola,
dall’arabo “sifr”, è un calco semantico sulla parola sanscrita che è sùnya che vuol dire vuoto.
Fibonacci nello stesso libro prende la parola ‘sifr’ e la latinizza in ‘zefirum’ (l’antenato di zero), che
prima diventa ‘zefro’ e poi in italiano ‘zero’; però lo spagnolo partendo da ‘sifr’ produce ‘sifra’ e per
motivi di norme ortografiche viene scritto cifra. Cifra e zero poi in italiano si sono spartiti il campo
semantico, cioè non vogliono dire la stessa cosa. Poi dall’arabo derivano parole legate all’ambito
astronomico, commercio e marina, cibi e verdure, ambito del gioco e degli scacchi:
“Scacco matto” = re morto (metafora della guerra)
“Sāh māt” (/ʃa ‘mat/).
I neogrammatici suddividevano i prestiti con due termini tecnici
- PRESTITI INTEGRATI  prestiti adattati, integrati, adattati a morfologia e fonologia della lingua
che li prende in prestito (arancia)
- PRESTITI ACCLIMATATI  prestiti non adattati, parole straniere (branch, bar, sport)

Quando si hanno invece citazioni occasionali di parole straniere non entrate nel lessico della maggior parte
dei parlanti si parla di casuals. Un’altra possibilità di classificazione antica, di Tappolet è:
- PRESTITI DI NECESSITA’  quando viene introdotto un oggetto nuovo che non esiste nella
lingua che prende in prestito la parola (patata, canguro)
- PRESTITI DI LUSSO  quando alcune parole di una lingua vengono sostituite da altre straniere
senza che ce ne sia bisogno, solitamente perché la lingua è ritenuta di prestigio (manager,
baby-sitter)

Tra queste classificazioni, sono superate quelle dei neogrammatici e la classificazione dei prestiti di
necessità e di lusso; la migliore classificazione sia della funzione che della forma è quella di GUSMANI che
distingueva 3 classi di prestiti (casuals, prestiti integrati e prestiti acclimatati). Le integrate sono quelle
parole che si sono adeguate alla struttura della lingua ricevente (albicocca) , quelle acclimatate sono, dal
punto di vista formale, non adeguate alla struttura fonologica e morfologica dell’italiano, ma entrate a
pieno nel lessico della lingua ricevente, e lo percepiamo dal fatto che producono derivati (es: sport, bar).

Ci sono delle lingue che hanno acquisito gran parte del lessico da altre lingue come l’inglese che ha più del
60% del lessico che deriva dal francese e in minore misura dal latino. Questi prestiti hanno fatto sì che
l’inglese dal punto di ista del lessico, assomigli molto di più a una lingua romanza di quanto non lo sembri il
tedesco. Tuttavia la composizione del lessico non comporta nulla riguardo l’appartenenza genealogica di
una lingua. Infatti l’inglese è una lingua germanica a prescindere dal lessico.
Se i prestiti sono tanti, come in questo caso, può accadere che ciò influenzi a livello strutturale la lingua
ricevente, per esempio nel caso del sistema fonologico inglese c’è un caso particolare: prima di tutti questi
prestiti dal francese, l’inglese aveva solo un fonema fricativo sordo labiodentale /f/, questo fonema aveva
due allofoni: /f/ e /v/. /v/ si manifestava come allofono quando si trovava in posizione intervocalica, ma
non faceva coppia minima con /f/. Quindi dato che questa variante era valida solo nel contesto all’interno

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di vocale, in posizione iniziale ricorreva solo /f/. Per esempio i più antichi prestiti dal latino cambiavano la
/v/ in /f/  versus = fers, perché appunto non era possibile /v/ iniziale.
Questa variante combinatoria si è però fonologizzata con il gran numero dei prestiti in francese, dove /f/
e /v/ erano coppia minima (come few e view) quindi l’ingresso dei prestiti ha modificato il sistema
fonologico della lingua ricevente (ma solo se i prestiti sono molto numerosi).
Esempio di adeguamento fonologico:
Ci sono delle parole straniere integrate pronunciate secondo le convenzioni della lingua che prende in
prestito. Ad esempio in italiano in “smog” e “snob” la /s/ viene resa sonora perché in italiano la /s/ in
questa posizione seguita da consonante sonora si pronuncia sonora.

Ci sono delle lingue in cui l’adattamento fonologico è ancora più complesso. In ungherese, che ha l’armonia
vocalica, la parola tedesca per “duca” che sarebbe “herzog” , è stata presa in prestito come “herceg”,
“principe”. Dunque questo cambiamento di /o/ in /e/ è un adattamento dovuto all’armonia vocalica.

Il sistema fonologico del giapponese adatta in modi diversi, sia nel corso del tempo che nei vari strati
sociali, i prestiti dall’inglese. Il giapponese rispetto all’inglese non ha alcuni fonemi, che adatta quindi in
fonemi presenti nella lingua.

Ad esempio la parola inglese /video/ in giapponese diventa /bideo/.


Nel corso del tempo nelle fasce di popolazione più giovane, dal momento che il contatto con l’inglese
aumenta, sono stati introdotti vari espedienti sia per pronunciare che per scrivere meglio una serie di
elementi. Quindi i linguisti che si sono occupati del sistema fonologico del giapponese, distinguono un
sistema maggioritario, che è quello della maggior parte della popolazione, e un sistema minoritario, che si
sta imponendo, che è quello di una popolazione più giovane e più acculturata, che conosce più l’inglese. In
tale sistema si stanno fonologizzando alcune varianti combinatorie /ʃ/ /tʃ/ /ts/ /dʒ/ /dz/ /f/

Accenno all’integrazione morfologica dei prestiti (adeguamento morfologico)

DEPLURALIZZAZIONE
Ogni sistema linguistico ha una certa morfologia, con un certo numero di categorie (quelle in cui si vuole
sistemare il prestito). Uno degli elementi rilevanti per sistemare il prestito è la forma, per esempio l’inglese
ha un plurale maggioritario, si aggiunge –s a un tema e diventa plurale, la parola ciliegia l’hanno presa dal
francese “cheries”, gli inglesi sentendo una “s” finale hanno pensato che quello fosse un plurale e quindi
l’hanno depluralizzato trasformandolo in “cherry”; questo è un modo di adeguare la struttura morfologica
ricevente. [ING-FRA]

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Prestiti dal francese antico all’italiano dantesco, per esempio il nome di un particolare componimento
francese è “il lai” (singolare), considerato invece da Dante un plurale (dato che finiva per –i che in italiano fa
plurale), infatti viene fatto rimare con “guai”. [FRA-ITA]

IPERCARATTERIZZAZIONE
Talebano: il singolare in arabo è taleb, mentre al plurale acquisisce il plurale “-an” (plurale iranico taleban),
in italiano iene considerata in aggiunta al dizionario “taleban” perché i giornalisti la sentivano nominare
spesso al plurale, e si aggiunge poi –o o –i a seconda che sia singolare o plurale.

“Serafino” e “cherubino” sono parole ebraiche, e la desinenza in –in è un suffisso del


plurale perché il singolare è seràf ma visto che questo morfema
non c’è in italiano, avviene l’IPERCARATTERIZZAZIONE [ITA-EBR]

ASSEGNAZIONE DEL GENERE IN BASE ALLE SOMIGLIANZE FORMALI


Un altro caso che si manifesta è l’assegnazione del genere in base alle somiglianze formali, per esempio la
parola latina lacrima è femminile perché finisce in –a; in realtà è un prestito dal greco “δάκρυμα”, che è un
neutro plurale.

CLASSIFICATORI DI GENERE
Un altro caso che comporta l’adeguamento morfologico è quello dei classificatori. Ne esistono di tanti tipi,
ci sono tante lingue in cui il classificatore compare sempre prima di ogni sostantivo. Nelle lingue in cui ci
sono i classificatori non legati ai numeri, sono in numero minore, massimo 20, perché funzionano come se
fossero un genere grammaticale, vengono chiamati classificatori di genere.

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I CALCHI

 SEMANTICI: “realizzare” l’uso del significato “rendersi conto” (ho realizzato che…) è un calco
semantico sul verbo inglese “to realize”, così come “introdurre” nel senso di “presentare” lo è del
verbo inglese “to introduce”. In questo caso l’interferenza concerne solo la sfera del significato (si
amplia la semantica della parola).
 STRUTTURALI DI COMPOSIZIONE: è il caso dell’italiano “grattacielo” che è un calco sull’inglese
“skyscraper”, o “fuorilegge” di “outlaw”, o ancora “ferrovia” di “Eisenbahn” (tedesco). Qui, nel
ricalcare i composti stranieri si sono progressivamente imitati tipi strutturali estranei all’italiano.
 STRUTTURALI DI DERIVAZIONE: alcuni calchi di derivati francesi in “-isme” sono “autoritarismo”,
“capitalismo”, “deismo”. Calchi di parole inglesi, invece, sono stati trasposti in italiano tramite la
derivazione inglese “-al”, dando vita alle forme derivate “colloquiale”, “costituzionale”, “cruciale”. I
derivati stranieri, prefissati e suffissati, vengono riprodotti con elementi equivalenti della lingua
d’arrivo.

I CONI (neoformazioni)
Le parole nuove possono essere create anche solo tramite derivazioni (es. bullismo), oppure nel
lessico scientifico si usa attingere al greco e al latino. Poi si possono usare parole nuove
scorciandole (bus, metro), ci sono anche le contaminazioni (smoke + fog = smog). Acronimi e
inizialismi la cui differenza è che gli acronimi si pronunciano insieme (NATO), mentre gli inizialismi
si pronunciano lettera per lettera (O.G.M.). Un altro modo per creare coni è la rianalisi, è un
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meccanismo per cui una parola che risulta straniera viene dissegmentata (hamburger
sembrerebbe derivare da ham + burger, invece deriva da hamburg + er, di Amburgo; bikini
sembrerebbe derivare da bi + kini, invece deriva da una località nelle isole Marshall, Bikini)

Vi è anche la paretimologia: è una falsa etimologia data dai parlanti di una parola che non è più
trasparente. Ad esempio la parola liquirizia viene dal greco “γλυkυρριζα” (glykýrrhiza), ovvero
“radice dolce”. Nelle varietà dell’italiano questa parola assume le forme più incredibili, ad esempio
a Trieste si dice “sukaro de Goritsia”; questo avviene perché il parlante non conosce la parola e vi
dà un’interpretazione sulla base di parole che conosce meglio.
Le paretimologie dotte, invece, influenzano anche la grafia della parola: per esempio l’inglese
“corpse” è un prestito del francese “corse”. Viene introdotta la “p” perché chi l’ha fonologizzata sa
che c’entra qualcosa con “corpus”, quindi ha voluto renderla più elegante aggiungendo la lettera
“p”  grafia avvicinata all’etimologia antica della parola.

La retroformazione: il verbo “potere” deriva dal perfetto di potui (che è la forma all’infinito), solo
che non esiste la forma “potere”, quindi questa parola è una retroformazione sulla base del
perfetto. Un altro esempio è la parola italiana “chiudere”, che nei suoi composti di trasforma nella
forma “cludo” (concludo, precludo, recludo), ed è una retroformazione perché deriva dal latino,
ma in latino non esiste “cludo”.

CLASSIFICAZIONI DELLE CAUSE DEL MUTAMENTO SEMANTICO e LESSICALE

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 Cause linguistiche
Prevedono mutamenti derivati da particolari condizioni sintagmatiche. In francese per esempio le
parole pas “passo” e personne “persona” hanno assunto una connotazione negativa per influenza
di “ne” con cui si uniscono nella negazione (je ne sais pas). È così che personne ha assunto due
significati (persona/nessuno).
 Cause storiche
Sono i casi in cui una parola ha cambiamento semantico perché la referenza della parola è cambiata
Ad esempio il significato antico di “galera” significava un tipo di imbarcazione, dato che ci
remavano i condannati, ha acquisito il significato corrente di prigione, o anche “atomo”, che in
greco antico significava inscindibile, continua ad essere chiamato così anche se sappiamo che non
lo è realmente.
 Cause sociali
Per cause sociali Meillet intende i casi in cui parole della lingua comune assumono o un significato
più ristretto o più allargato. Nel caso del latino “cubare” si ha un restringimento perché significa
“giacere”, nell’italiano si è trasformato in “covare” e ha solo questo significato. Un esempio di
ampliamento è il caso dell’italiano “arrivare” che significa “giungere” che deriva dal latino “ad
ripare” che significa “giungere a riva”
 Cause psicologiche
Per cause psicologiche Ullmann intendeva i casi in cui la lingua si modifica sulla base di tabù
linguistici: il tabù è la sostituzione di una parola che si evita di pronunciare per riverenza, timore e
pudore.
Esempio: in greco antico pòntos (profondità) Eu (bene) xenos (ospite)  “pòntos Euxenos”
significava “mare ospitale”, infatti non c’era una parola specifica per dire “mare”. In antichità era
“pòntos Auxenos (inospitale)”, quindi per motivi tabuistici fu cambiato in Euxenos.

MUTAMENTO MORFOLOGICO
Tra le osservazioni dei neogrammatici più importanti è che le leggi fonetiche sono senza eccezioni, avevano
osservato che i suoni quando devono unificarsi lo fanno in modo sistematico. Se vi erano casi che non
potevano essere spiegati in quanto eccezioni, come alcune lacune nella legge di Grimm, sono stati loro a
sostenere che potevano essere spiegate con altre leggi. In generale rimanevano casi inspiegati, uno dei
famosi casi è quello dell’ANALOGIA, che è però un concetto morfologico. Nel momento in cui la fonologia
comincia a limitare l’espressività del segno linguistico, interviene la morfologia. Es di analogia: il veerbo
latino “amo”, al presente fa: amo, amas, amat; all’imperfetto fa: amabam, amabas, amabat. In italiano il
presente è diventato amo, ami, ama; l’imperfetto avrebbe dovuto far cadere la consonante finale e
terminare in –a, ma in questo modo le tre persone sarebbero state identiche, secondo le leggi fonetiche,
invece, noi per analogia con il presente diciamo amavo, amavi, amava.
PARADOSSO DI STURTEVANT: il mutamento fonologico è regolare, ma produce irregolarità; l’analogia è
irregolare ma produce regolarità.

 L’INDUZIONE DI MORFEMA (sottocasi di analogia)


Ci sono delle parole che si sono integrate così tanto da aver dato dei suffissi. Esempio di analogia:
“il suffisso –able”  il suffisso latino –abilis attraverso il francese passa all’inglese come prestito.
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Dal momento che in molti casi la desinenza è –a (perché in latino –are è la più frequente), la mente
dei parlanti la interpreta come se facesse parte del suffisso –abilis e quindi viene introdotta anche
nell’inglese –able come se facesse parte del suffisso –abilis; questo avviene per analogia con il
numero di prestiti che avevano quel suffisso.
 RISEGMENTAZIONE (rianalisi)
Nella rianalisi una parola che storicamente ha una particolare struttura morfologica, viene
percepita dai parlanti come se ne avesse due.

-tempus, -oris
Le parole latine della II declinazione in latino in –us sono diventate in –o  lupo, lupus, dove la radice è lup-
e –us la desinenza. Alcune parole della III delinazione prevedono lo stesso fatto  tempo, tempus, sono
stati risegmentati erroneamente, come se temp- fosse la radice e –us la desinenza. Al plurale accusativo
“tempus” fa “tempora”, ma –ora è stata rianalizzata come se fosse la desinenza del plurale, quando invece
tempor- è la radice,
-ŏɔ
Se la vocale accentata è in sillaba aperta si allunga e in italiano medievale si dittonga in wɔ:
Se prendiamo la coniugazione del verbo “muovere”

muòvo  moviàmo
muòvi  movéte
muòve  muòvono

questa è una coniugazione arcaica perché nelle forme del plurale l’accento non è più nella radice ma nella
desinenza.

Per analogia è irregolare rispetto alla forma fonetica –ai>a francese-latino, la /a/ accentata in sillaba aperta
diventa /ai/ in francese antico, dunque

Dunque la struttura analogica restituisce la regolarità della lingua.

CONTAMINAZIONE
È una mutazione irregolare della forma di una parola dovuto all’influenza di un’altra parola con cui è
associata. Nello spagnolo i numeri “uno, due, tre” si dicono rispettivamente “uno, dos, tres”. La “s” di “dos”
non è etimologica, non deriva dal latino, ma viene aggiunta perché contaminata dalla “s” di “tres”.
Oppure in latino la parola “nove” si dice “novem”, perché influenzato dal seguente “decem”, invece se si
fosse sviluppato correttamente sarebbe stato “noven”.

Kuryłowicz ha provato ad enunciare nel 1947 alcuni principi universali sull’analogia. Quando abbiamo un
mutamento con analogia, quelle forme che non l’hanno subita fungono da testimonianza delle forme
arcaiche, quindi qualsiasi eccezione grammaticale, per esempio i verbi irregolari, è sempre una
sopravvivenza delle forme arcaiche.

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Quando si crea una forma rifatta analogicamente, assume funzione primaria, mentre quella arcaica rimane
con funzione secondaria. Es: older, elder.

MORFOLOGIZZAZIONE
Avviene quando una parola singola e indipendente diventa un morfema legato, acquisendo una funzione
grammaticale. Il latino aveva il sostantivo “mens”, mente, la cui radice era “ment-” e l’ablativo “mente”.
Divenne usuale in latino usare l’ablativo “mente” accompagnato da un aggettivo per esprimere lo stato
mentale con cui veniva affrontata un’azione (clara+mente, con una mente lucida). Ma successivamente io
parlante iniziò a interpretare il “mente” non con lo stato di mente di qualcuno che faceva qualcosa, bensì
nella maniera in cui veniva fatta, assumendo così la funzione di avverbio se legato a un qualunque
aggettivo.

MUTAMENTO FONOLOGICO
Si divide in due tipi: sintagmatico e paradigmatico (quest’opposizione risale a Saussure).
Sintagmatico: mutamento che è dovuto a condizioni di contesto.
Paradigmatico: mutamento che colpisce l’inventario globale dei fonemi di un sistema.
In entrambi i casi vengono prodotti effetti in diacronia.

TIPI DI MUTAMENTO FONOLOGICO SINTAGMATICO


Conta molto il principio di minimo sforzo (Martinet), ovvero che si tende a risparmiare il più possibile
l’energia articolatoria.

ASSIMILAZIONE:
-luogo di articolazione
-modo di articolazione
-palatalizzazione/affricazione
-nasalizzazione
-metafonia

DISSIMILAZIONE:
-epentesi
-metatesi

INDEBOLIMENTO O CANCELLAZIONE
Foni Foni vocalici
consonantici -riduzione vocalica
-degeminazione -caduta di una vocale
-sonorizzazzione  Aferesi (all’inizio)
-spirantizzazione  Sincope (in mezzo)
-rotacismo  Apocope (alla fine)
-cancellazione

RAFFORZAMENTO CONSONANTICO (raro)


Riguarda le articolazioni approssimanti

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ASSIMILAZIONE
Due elementi a contatto diventano simili tra di loro, a causa del principio di economia, la prima consonante
si assimila alla seconda [nokte]  [notte] (es. assimilazione totale). In questo caso domina la seconda
perché mentre la “k” è implosiva, la “t” è esplosiva.
Assimilazione nel luogo diaframmatico: in+possibilis = impossibile (da “n” dentale a “m” bilabiale perché
segue una consonante bilabiale).
Assimilazione nel modo di articolazione: ovvio-obvius
Assimilazione progressiva: qui domina la prima consonante: nt  nd (nasale+dentale) che è
un’assimilazione di sonorità, frequente nei dialetti meridionali, nd  nn
Assimilazione regressiva: sed+la  sella
Assimilazione a distanza tra sillabe contigue: *penkwe  quinque
Palatalizzazione: fenomeno che riguarda avanzamenti o innalzamenti di articolazioni velari o dentali,
seguite da vocali avanzate o da approssimante palatale (i, e, je) e spesso vengono intaccate le consonanti
che le precedono. Quindi occlusiva velare/dentale + i, e, je = palatalizzazione.

-in greco la palatalizzazione ha prodotto miriadi di temi del presente difficili da ricondurre al loro tema
verbale
-in latino tardo: zie > dies; oze > odie
Nel latino cristiano: zabolous > diavolus
Tj/kj + v  tsi
-in giapponese  dentali + vocali alte fino al 15° secolo d.C. si poteva pronunciare “t” davanti a qualsiasi
vocale, successivamente avvenne la palatalizzazione:

Nasalizzazione: avviene con fenomeni di coarti colazione (vocale + n/m)  vocale nasalizzata + ø (cioè le
nasali cadono e la nasalizzazione si sposta alla vocale)
In alcune lingue questo fenomeno produce vocali nasali autonome: bŏnus  bon [bõ]

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Metafonesi: fot  foti, la “i” finale influenza la vocale accentata che si innalza in “e” e la vocale finale cade;
quindi in una fase successiva la vocale esito dell’assimilazione a distanza per metafonia, diventa un indice
morfologico di plurale, lo stesso capita in tedesco: gast (ospite)  pl. Gastiz, quindi la “i” produce
metafonesi e il tedesco moderno produce gast  gäste. Quindi queste sono alternanze metafonetiche che
assumono funzione morfologica.

DISSIMILAZIONE
Procedimento che sta nell’evitare che due fonemi diventino uguali. Frequente nel caso che in un lessema ci
siano più di una nasale laterale o vibrante.
Es: anima (lat.)  alma (spa.). La /l/ non è etimologica, l’accento tonico produce un indebolimento delle
vocali immediatamente prima e dopo, quindi la /i/ cade, e si trovano a contatto una nasale dentale e una
nasale bilabiale. Per evitare l’assimilazione, la /n/ si sostituisce in /l/.
Es: albero < arborem (per evitare la presenza di due vibranti nello stesso lessema, la prima vibrante si
trasforma in /l/, ma per esempio rimane in francese).

- I nessi fatti da t+l passano a k+l  vecchio < vètŭlus, ma la u è debole perché preceduta da
vocale accentata e cade  vetlus. Il nesso viene modificato in /kl/. Nelle parole di trafila
ininterrotta quando c’è una consonante + /l/ + vocale, diventa consonante + /j/ + vocale, quindi
si ha [‘vɛkkjo].

- Ci sono una serie di nessi dissimilati per l’inserzione di un’ulteriore elemento. Tipici sono i nessi
–mr –nr –sr (càmera  camra  chambre –palatalizzazione su ch-)

Epentesi, chiamata anaptissi o svarabhakti: è l’inserzione di una vocale (non etimologica) per separare una
struttura o un nesso consonantico.
Es: pocŭlum (è una coppa per bere)  ottenuta inserendo ŭ in poclum, già dissimilato da pot-lom
Es: facile < facĭlis: questa /ĭ/ è stata inserita per anaptissi in fac + lis
Metatesi: avviene quando all’interno di un lessema si invertono due fonemi (es: parola  palabra)

INDEBOLIMENTO (foni consonantici)


Degeminazione: consonante intensa/doppia che si semplifica: latino  mittere = spagnolo: meter
Sonorizzazione: delle sorde intervocaliche es: lacum  logo. Questo è un indebolimento perché si
mantiene la vibrazione che costa meno fatica, infatti dal punto di vista articolatorio in posizione
intervocalica costa maggiore fatica pronunciare un’occlusiva sorda (c) che un’occlusiva sonora (g),
(strada < strata).

Spirantizzazione: passaggio/trasformazione di un'occlusiva in fricativa in posizione intervocalica (aveva <


habebat)
Rotacismo: è un termine che si usa sia in senso generale per qualsiasi lingua in cui un elemento si
indebolisca e passi a "r"; sia in senso molto più stretto per indicare un preciso fenomeno latino (rotacismo
latino).

Rotacismo latino: è un fenomeno che ha colpito il latino in epoca predocumentaria (IV sec d.C.) che consiste
nel passaggio da una sibilante intervocalica in una sibilante sonora e poi in "r".
formula rotacismo: vsv  vzv  vrv
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Siamo certi che sia avvenuto intorno al IV sec d.C., ed ha influito molto sul sistema morfologico del latino,
per cui ci sono delle forme che al nominativo hanno il tema in -s-, e negli altri casi hanno -r-, perché
questa /s/ si trova in posizione intervocalica (honos, honoris; was, were per la legge di Werner; inglese:
more, gotico: maiza). Quando si crea un paradigma che ha temi diversi si ha il livellamento analogico
("honos" tende ad essere livellato a "honor") perché la mente dl parlante ha bisogno di avere il tema
sempre uguale.

FONTI STORICHE DEL ROTACISMO


Sappiamo che si sviluppò intorno al IV sec d.C. per una serie di informazioni parallele: Cicerone ci dice nelle
"lettere familiari" che Lucio Papirio Crasso fu il primo a smettere di essere chiamato Papisio. Ciò significa
che all'epoca il rotacismo era un fenomeno talmente affermato che viene anche trascritta la "r", quando
invece precedentemente veniva silo pronunciata. La stessa cosa avviene con Appio Claudio Cieco, che si
dice che "r litteram invenit, ut Valesi Valeri esset", ovvero che la "r" venne "scoperta" nel senso di
introdotta nella grafia affinché tutti coloro che si chiamano Valesi potessero essere chiamati Valeri.

Questo fenomeno ha inoltre oscurato certe forme: genus, generis corrisponde al greco γενος = è difficile
ricondurre il latino alla forma del greco, e il sanscrito aiutò molto a ricondurre (janas, jana as) perché spiega
che in latino la sibilante intervocalica è passata a /r/, in greco è caduta ed ha comportato la contrazione. Il
tema è sempre quello, ma ciò che cambia nel greco, sanscrito e latino è la desinenza che ha alternanza
apofonica. Es: sum, erit  c'è la /r/ per rotacismo.

IRREGOLARITÀ (conservate se forme molto frequenti)


- basis, pausa: perché nei prestiti dal greco nel I sec a.C. il rotacismo non era ancora attivo.
- desino: de+sino, perché è un composto
- miser: per dissimilazione preventiva perché già c'è una /r/
- rosa: non per sostrato, o perché già c'è /r/, o perché scritto con /s/, ma eseguita diversamente tipo con
affricata
- causa: perché la pronuncia antica era "caussa" e quindi ha già subito la degeminazione
Questo fenomeno cambia il campo di distribuzione della sibilante, ma non cambia il numero dei fonemi.
Nel caso del latino, la sibilante subisce anche altri mutamenti: s interna + l, m, n, d, w, j  z + allungamento
di compenso. Es: nido < nīdus < nĭ + sd - o - s: sd è il grado apofonico zero del verbo "sedeo" (infatti in
inglese "rest"  "st" è l'esito per la legge di Grimm di "sd"), la sibilante vicino a /d/ si è prima sonorizzata e
poi è caduta provocando l'allungamento di /ī/.

Cancellazione: a proposito della cancellazione di consonanti, le occlusive sorde sono deboli quando si
trovano a fine parola perché essendo implosive sono poco percepibili, e dunque cadono. Es: impf, portare
III pers: á-bharat, nel greco 'εφερε dove in indiano la -t finale è caduta. Es.2: ablativo latino lupus = lupō <
od come si vede dal confronto con altre lingue indoeuropee.
Nel caso della posizione finale di parola la sorda al posto della sonora è un fenomeno di indebolimento
perché la sonora dura di più, come accade per gli arcifonemi. Es: in russo xleb [xl'ep], drug [druk] (non
percepibile).

Indebolimento (foni vocalici)


Le vocali possono ridursi o cadere; per questo è determinante la posizione dell'accento: la vocale accentata
è quella che resiste di più, mentre le più deboli sono quelle immediatamente prima o immediatamente
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dopo la vocale accentata.
Apocope: se cade la vocale finale (LAT. cura  FRA. cur)
Sincope: se cade la vocale interna (LAT. perdere  FRA. perdre)
Aferesi: se cade la vocale iniziale (instrument  strumento)

- Anche nelle lingue in cui esiste un'opposizione fonologica tra vocali lunghe e brevi spesso le vocali lunghe
in posizione finale devono essere brevi, soprattutto nelle lingue slave.
- Questo fenomeno di caduta di vocali doveva essere presente in latino in epoca molto antica, quando
ancora nella lingua standard ufficiale questo fenomeno non si era verificato, per esempio la parola càlidus
nel tardo latino, nello scritto comincia già a perdere la /i/ però Svetonio dice che l'imperatore Augusto
quando era a casa e non parlava in maniera ufficiale diceva "caldus", quindi in epoca antica c'erano già
varianti diafasiche che facevano cadere la vocale successiva a quella tonica. Molti fenomeni sono
osservabili grazie a testimonianze indirette.

RAFFORZAMENTO
I casi di rafforzamento riguardano quasi esclusivamente le approssimazioni (j, w). Queste sono articolazioni
che stanno a metà tra le articolazioni di tipo vocalico e consonantico dal punto di vista fonetico, mentre dal
punto di vista fonologico funzionano tendenzialmente come consonanti, però entrano in collisione con certi
principi di struttura sillabica: nelle lingue del mondo /j/ e /w/ tendono a sparire come in greco, o a
rafforzarsi.
w  v, gw, b
j  ʤ, ʒ, dz

Molto raramente /h/ può diventare una fricativa velare.


Possiamo affermare che wv è un rafforzamento in base alla scala di forza consonantica: si possono
classificare le consonanti sulla base di una scala che parte dalle articolazioni più forti, di maggiore intensità
articolatoria.

OCCLUSIVE SORDE INTENSE  OCCLUSIVE SORDE SEMPLICI  FRICATIVE SORDE  OCCLUSIVE SONORE 
FRICATIVE SONORE  NASALI  LIQUIDE  APPROSSIMANTI (glides)

Quindi quando le approssimanti vanno a salire verso le fricative, occlusive significa che si rafforzano. Questa
scala è coinvolta anche nella struttura sillabica: le consonanti al nucleo della sillaba devono essere di
sonorità decrescente, ma quando vi sono due sillabe a contatto di cui la prima finisce per consonante e la
seconda ci inizia (-c1 c2-) deve esserci una gerarchia di forza = la seconda consonante deve essere di forza
uguale o maggiore alla prima. Nell’accusativo di pater in latino, patrem, il confine naturale tra le due sillabe
passa tra /t/ e /r/ solo che dal punto di vista della struttura sillabica non va bene perché non rispetta questa
gerarchia di forza (r < t). Allora ci sono varie possibilità, come spostare il gruppo -tr- nella seconda sillaba, o
raddoppiare la consonante più forte (veclus  vecchio)

MUTAMENTO FONOLOGICO PARADIGMATICO


La differenza fondamentale tra quello sintagmatico e quello paradigmatico è che quest’ultimo NON
dipende da certi contesti fonici, avviene sempre; come la legge di Grimm. Questi mutamenti fonologici
paradigmatici corrispondono a tendenze universali (= tendenze maggioritarie, generali). Per esempio quasi

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tutte le lingue del mondo hanno una serie di occlusive: se una lingua ha una serie di occlusive sorde, se c’è
una casella vuota tra p, t e k, p è quella che può mancare; tra le sonore b,d, g, x, θ, ɸ.

Il mutamento fonologico paradigmatico può portare alla ristrutturazione del sistema fonologico, con
aggiunta o perdita di fonemi, oppure può modificare il sistema delle correlazioni.
Alcuni non hanno nessun effetto fonologico, intorno al XVII secolo in francese il fonema /r/ è diventato /ʀ/,
ma non ha comportato spostamenti all’interno del sistema fonologico, è cambiata solo la realizzazione
fonetica di questo fonema, non il numero dei fonemi, ne la distribuzione del fonema stesso ne le
opposizioni fonologiche.
Quindi Jackobson (1939) per primo individua una prima distinzione dei mutamenti fonologici:
-con effetti sul sistema
-non effetti sul sistema

PRINCIPALI TIPI DI MUTAMENTO FONOLOGICO PARADIGMATICO:


1- Fonologizzazione (split)
2- Perdita (loss) e confluenza (merger) di fonemi
3- Risistemazione di fonemi (shift)
4- Rifonologizzazione
5- Defonologizzazione

A:B > A1:B1  è la formula sulla base della quale si possono rappresentare i mutamenti fonologici
paradigmatici, dove A:B e A1:B1 rappresentano i termini di un rapporto rispettivamente prima e dopo un
mutamento diacronico.

1: FONOLOGIZZAZIONE
[A]:[B] > /A1/:/B1/  le varianti di un fonema (allofoni) diventano fonemi-
Due allofoni dello stesso fonema entrano in opposizione funzionale in seguito alla perdita del
condizionamento contestuale.
Es: in posizione finale in inglese esisteva prima un fonema /n/ che aveva due realizzazioni [n] e [ɱ] se + k/g.
Quindi in una fase antica le due parole [kin] e [kiŋg] non erano in opposizione. Successivamente /g/ non
viene più pronunciata e dato che non vi era più contesto formano una coppia minima.
Es: un altro caso è quello dell’inglese /f/ che aveva due realizzazioni /f/ e /v/ (solo in posizione
intervocalica). A seguito della conquista normanna, il gran numero di prestiti, ha fatto sì che [v] si
fonologizzasse e diventasse un fonema autonomo dando origine a numerose coppie minime.

Es legge delle palatali in sanscrito: in una fase preistorica del sanscrito il fonema /k/ aveva due varianti
combinatorie: una palatale [c] davanti ad e ed i; una velare [k] davanti ad a, o e u.
Quando successivamente e ed o confluiscono in a, nacque la sequenza “ca”, in tale modo la variante velare
e quella palatale si trovano nelle medesime posizioni  pertanto i fonemi /c/ e /k/ entrano in opposizione.
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Carati  “si muove”
Karati  cong. Di Kr- “fare”
NB: dunque dal punto di vista degli esiti sul sistema fonologico la fonologizzazione produce l’aumento del
numero dei fonemi.

2: PERDITA (LOSS) E CONFLUENZA (MERGER) DI FONEMI


Si cintano insieme perché il numero totale di fonemi diminuisce di uno.
LOSS: ci sono dei casi di pura perdita di fonemi, per esempio nel celtico si perde il fonema indoeuropeo *p,
noi sappiamo sulla base della ricostruzione che il sistema fonologico indoeuropeo aveva sicuramente
un’occlusiva bilabiale sorda ma nel celtico scompare.
Es: Milano < lat. Mediolanum < medioplanum pronunciato dai celti senza /p/ quindi diventa Mediolanum
che nel latino è effetto del sostrato celtico.
Es: /h/ originariamente era l’esito di certi fonemi europei ed era sicuramente pronunciata. Nel latino
classico questo fonema è solo grafico, non ha una realizzazione fonica.
MERGER: La confluenza di fonemi è il caso in cui due fonemi diversi si fondono in uno solo, come avvenne
per evoluzione del vocalismo tonico dal latino alle lingue romanze.

3. DEFONOLOGIZZAZIONE
Formula generale: /A/:/B/ > [A1]:[B1]
il rapporto tra due fonemi diversi in una
fase A,
dopo il mutamento diventa un rapporto
tra due allofoni.

Es: ă e ā  nell’italiano la lunghezza si è


persa e non è più un tratto distintivo, ma
tratto che dipende dalla struttura sillabica
e dalla posizione dell’accento: cane – gatto
 cane è lunga perché si trova in sillaba
tonica aperta [‘ka:ne]

4: RIFONOLOGIZZAZIONE
Ha in comune con la resistemazione dei fonemi che il numero di queste resta invariato, ma muta il sistema
delle opposizioni o delle correlazioni.

Formula generale: /A/:/B/ > /A1/:/B1/


Il rapporto tra due fonemi in una prima fase,
a seguito di un mutamento fonologico
diventa un rapporto sempre tra due fonemi
ma opposti per un tratto diverso.
Es: nel francese standard la trasformazione dell’opposizione di qualità (vocale anteriore : vocale posteriore)
in opposizione di quantità (vocale breve : vocale lunga) si realizza fra “patte” [păt] rampa, e pâte [pāt]
pasta. Quindi queste due parole fanno coppia minima in una prima fase per tratto di qualità e
successivamente per tratto di quantità.

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5: RISISTEMAZIONE DI FONEMI (SHIFT)
Si tratta di mutamenti che comportano lo spostamento di serie intere di fonemi, ad esempio lo è la serie di
Grimm.
Martinet è stato in primo ad immaginare che questi fenomeni di shift, che sono frequenti ed esistono in
tante lingue, fossero concatenati e che quindi fossero una sorta di MUTAMENTI A CATENA e a seconda del
punto in cui si origina il mutamento li distingue in:

 Catena di trazione
 Catena di propulsione

Martinet nel testo “Economia dei mutamenti fonetici” introduce questa terminologia che riguarda i
mutamenti che coinvolgono più di un fonema e che hanno come effetto del
mutamento gli spostamenti di questi.
Il primo esempio che fa Martinet dei mutamenti a catena è il
seguente:
la sequenza italiana /kwi/ deriva da una forma latina bisillabica ku+ì, in particolare da eccu[m h]ic con la
caduta di /m/ e /h/. L’italiano /ki/ è l’esito del pronome latino quis, qui, mentre l’italiano /tʃi/ deriva dal
latino /ki/ per un processo di palatalizzazione.

It. /kwi/ < ku+i


It. /ki/ < quis, qui
It. /tʃi/ < ki

Invece secondo la visione di Martinet sono


fenomeni collegati, immagina questo ku+i
 kwi  ki  tʃi.
Il primo passaggio è il latino “ki” che si
palatalizza, a quel punto rimane vuola la casella occupata da questo nesso, ed p riempito dal passaggio del
latino “kwi” in “ki”, e a sua volta rimane vuole la casella occupata precedentemente da “kwi”, riempita alla
fine da “ku+i”. Questo è un mutamento a catena di trazione.

Es.2: Great vowel shift: riguarda tutte le vocali lunghe dell’inglese medio, che aveva sette vocali lunghe, le
stesse dell’italiano

le vocali lunghe alte si trasformano in dittonghi ma rimangono


vuote le caselle delle i: ed u:, allora e:  i: ed o:  u:
Dopo questo passaggio rimangono vuote altre due caselle
quindi ɛ:  e ed ɔ  o.
Rimangono libere due caselle vuote, ed infine a  ɛ.

Prima di Martinet i manuali di fonologia storica dell’inglese descrivevano questi mutamenti come
totalmente sconnessi, mentre Martinet individua qusti passaggi come uno la conseguenza del precedente.
Catena di trazione o di propulsione dipende dal punto in cui ha origine.

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Naturalmente si immagina che tutti questi mutamenti non siano avvenuti tutti nello stesso momento,
perché in quel caso, dal momento che il parlante non fa l’etimo delle parole a cui applica una legge
fonetica, tutte le vocali sarebbero state dittonghi, quindi si deve pensare che sia avvenuto un primo
passaggio, e dopo che questo abbia smesso di agire e si sia verificato il secondo e così via.

Es. 3: La legge di Grimm (1819):


In questo caso si afferma che tutto il sistema consonantico dell’indoeuropeo ricostruito subisce un
mutamento nelle lingue germaniche.

*p *t *k
*ph *th *kh
*b *d *g  *p *t *k
*bh *dh *dh  *b *d *g

Le occlusive sorde semplici e aspirate confluiscono in esiti fricativi; rimangono vuote due serie, quindi
la serie delle occlusive onore si sposta e diventa la serie di occlusive sorde. A questo punto la serie
delle sonore aspirate si sposta a occlusive sonore semplici. Può essere inteso come un mutamento a
catena; ovviamente non sono passaggi contemporanei perché se lo fossero il sistema avrebbe avuto solo
fricative. Sappiamo che il mutamento è partito dalle occlusive sorde e quindi è un mutamento di trazione.

Puntualizzazione: Grimm la chiamava “legge di TAM TAM”, dove T = tenui (occlusive sorde), A = aspirate
(aspirate sonore), M = medie (sonore). Tutto ciò è dovuto a un errore di traduzione da termini greci di
origine aristotelica.

Eccezioni:
Legge di Verner: testimonianze affermano che il mutamento della legge di Grimm si è verificato da un
periodo che va da III sec a.C. al I sec d.C.. Questo periodo è un periodo predocumentario perché le prime
attestazioni scritte di lingue germaniche sono del IV sec d.C.. Grimm si era accorto che però erano delle
eccezioni “imbarazzanti”.
 Padre  *pH2-tèr
 Fratello  *bhréH2-ter
“-ter” = suffisso di parentela.

Se la legge fosse regolare la *t dovrebbe diventare *þ, in gotico però la parola padre diventa “fadar”, d =
pronunciata fricativa dentale sonora e l’esito non torna. Werner si rende conto nel 1877 che la differenza
tra quelle due forme ricostruite indoeuropee è la caduta dell’accento che cade in due punti diversi nella
parola *pH2-tèr, la vocale nella radice non c’è e vi è il grado apofonico zero quindi l’accento sta sul suffisso,
ciò è confermato dal fatto che le lingue che conservano meglio la posizione dell’accento indoeuropeo, cioè
greco e indiano antico, hanno l’accento sul suffisso (greco = πατερ/pàter, indiano: pitàr).
Invece in *bhréH2-ter, il grado apofonico è il grado /e/ e l’accento è lì, confermato anche dal greco
φρεθερ/phrèther (fa riferimento a una fratellanza sociopolitica).

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Werner sostiene che quando le occlusive sorde diventano fricative sorde,
ma l’accento non cade immediatamente prima dell’occlusiva in questione,
questa fricativa sorda si sonorizza e diventa fricativa sonora.

Eccezioni minori
Un’altra eccezione riguarda il caso in cui un’occlusiva sorda sia preceduta
da una sibilante (per esempio la parola che sta per “stella”) e il mutamento
non avviene. Se sono invece a contatto due occlusive sorde in un nesso consonantico, la prima subisce la
legge di Grimm, la seconda no. Un’altra ancora riguarda le parole onomatopeiche ancora sentite come
onomatopeiche, per esempio “rimbombo” in greco si dice “βομβος” (bombos), e in germanico “bumba”,
dove /b/ rimane perché si perderebbe l’effetto onomatopeico.
Questi mutamenti come la legge di Grimm sono dei mutamenti sistematici e proporzionali. L’alterazione si
verifica in tutte le posizioni (iniziale, interna, finale) e il tratto che si altera, lo fa in tutti i fonemi in cui
compare (il tratto dell’occlusività modificato in fricativo).

Mutamento sistematico: se un fonema subisce un’alterazione nel corso del tempo, questa alterazione si
verifica in tutto il campo di distribuzione del fonema (non è legato a determinati contesti fonici)

Mutamento paradigmatico: se si altera un tratto in un determinato fonema, si altera in tutti gli altri fonemi
che presentano quel tratto.

Bisogna tener presente, per quanto riguarda le cause del mutamento fonologico, che questo si
contraddistingue rispetto a quello semantico e lessicale per il fatto che nel mutamento fonologico hanno un
grandissimo rilievo le cause interne, questo perché il sistema fonologico di una lingua è composto da un
numero relativamente basso di elementi, che ricorrono con altissima frequenza e che sono sottratti al gusto
del parlante. Soprattutto per questo motivo il sistema fonologico è un altro degli ambiti in cui si può
indagare la parentela genealogica tra le lingue  i due campi fondamentali sono la fonologia e la
morfologia.
Cause interne: il sistema fonologico in generale tende all’equilibrio. Questa osservazione di Martinet fa
riferimento al fatto che il sistema tende come prima cosa a riempire le caselle vuote delle varie correlazioni
e a inserire in correlazione i fonemi isolati.
Anche nel caso del sistema fonologico paradigmatico vi sono delle tendenze generali, dovute a cause
fisiologiche.
- Minimo sforzo  il mutamento comporta un indebolimento delle articolazioni. Si tratta di
fenomeni naturali e che non implicano una parentela tra le lingue che li presentano
es: s  h  ø è presente in greco antico, armeno, iranico, bretone ma dal momento che è un
passaggio naturale non implica che, all’interno delle lingue indoeuropee, queste lingue siano in
uno stesso sottogruppo.

SIMMETRIA ed ECONOMIA dei mutamenti è un altro concetto di Martinet: il sistema fonologico, oltre a
tendere all’equilibrio, tende alla simmetria, ciò significa che tende a realizzare il maggior numero di fonemi
con il minor numero di tratti distintivi (sfrutta i tratti per produrre tante opposizioni funzionali).
Martinet faceva riferimento al sistema fonologico optimum teorico, maggior risparmio di memorizzazione
di tratti con il minor numero di fonemi.
Ci sono:
 16 fonemi
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 2 marche di correlazione (aspirazione/sonorità)
 4 luoghi diaframmatici (labiale, dentale, palatale, velare)

Le caselle vuote
Anche se Martinet dice che il sistema tende a riempire le caselle vuote, non è l’unica possibilità: in una
correlazione con casella vuota vi possono essere 3 conseguenze. Per esempio: p, t, k; b, d,  (correlazione
di sonorità)
 La casella riempita con /g/
 Possibilità di eliminazione del fonema non integrato /k/
 Inizio della cancellazione di tutta la correlazione

La conseguenza più comune è il riempimento della casella vuota, ma bisogna tenere presente alcuni fattori:
 Simmetrie presenti nello stesso apparato fonatorio
 Esigenze di udibilità (le nasali non entrano in una correlazione di sonorità, perché non sono udibili)
 Rendimento funzionale (numero di coppie minime che si creano sulla base di un’opposizione)

OTTIMIZZAZIONE DELL’USO DEI TRATTI DISTINTIVI NELLO SPAZIO FONOLOGICO (Martinet)


Consiste nel trascinare all’interno di una correlazione quanti più fonemi si può, perché riduce il carico
funzionale dello sforzo mentale nel memorizzare i tratti.

LABIALI DENTALI PALATALI VELARI


OCCLUSIVE sorde p t k
OCCLUSIVE b d g
sonore
AFFRICATE sorde tʃ
AFFRICATE sonore dʒ
FRICATIVE sorde f Θ s ʃ x
FRICATIVE sonore v ð z ʒ
Nell’inglese antico vi erano questi
fonemi. Vi è una correlazione di sonorità che comprende le occlusive e le affricate ma non le fricative, che
sono tutte sorde dal punto di vista fonologico, ma hanno varianti combinatorie sonore ma NON sono
fonemi. Con l’introduzione dei prestiti dal francese viene introdotto anche un fonema nuovo /v/ che ha
subito la fonologizzazione (da variante combinatoria a fonema). Dunque tra le fricative vi sarebbe un’unica
sonora, e il sistema sarebbe così molto squilibrato. Pian piano sempre per l’importazione di prestiti dal
francese, si fonologizzano altre varianti combinatorie /ʒ/, /ð/, /z/ ma non la corrispettiva sonora della
velare. Si nota che il rendimento di alcune opposizioni è molto basso, (θ e ð) però la presenza di una
correlazione forte tiene in vita anche opposizioni dal rendimento basso perché la correlazione è

Martinet sostiene che il principio di base dei mutamenti fonologici è che sia prodotto dall’antagonismo tra
necessità comunicative e l’inerzia degli organi articolatori (tensione di differenziazione massima vs minimo
sforzo)

DIFFERENZIAZIONE MASSIMA

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Si tende a lasciare molto spazio nello spazio fonologico tra un fonema e l’altro per evitare, nella pronuncia
dei fonemi, la confluenza (area di dispersione ampia)
INERZIA DEGLI ORGANI ARTICOLATORI  tendenza al minimo sforzo
Come mai allora i sistemi fonologici reali presentano tante asimmetrie? Si chiamano in causa i rapporti di
forze tra pressioni diverse = ogni fonema subisce due pressioni contemporaneamente.

Sintagmatica: pressione per cui un certo fonema viene assimilato ai fonemi contigui (coarticolazione)
Paradigmatica: pressione che tende alla preservazione del fonema per evitare che vengano azzerate le
coppie minime.

Quando l’equilibrio tra queste due pressioni si spezza avviene il mutamento fonologico. L’equilibrio si
rompe tanto più facilmente quanto più l’opposizione tra due fonemi ha un basso rendimento funzionale,
soprattutto se l’opposizione non è inserita in una correlazione. In ogni caso il mutamento fonologico NON è
prevedibile, ma solo spiegabile a posteriori, perché non contano solo le cause interne ma anche quelle
esterne quindi è determinato dalle condizioni sociolinguistiche e socio-storiche in cui vivono i parlanti.

Mutamento morfologico e sintattico (riprende il discorso precedente)


Per la maggior parte dei linguisti la grammaticalizzazione è quel fenomeno per cui una parola dotata di
semantica autonoma si trasforma in un morfema grammaticale.

Vengono però distinti due fenomeni:


Grammaticalizzazione: quando il morfema divenuto grammaticale è libero
Morfologizzazione: quando il morfema divenuto grammaticale è legato (es: ablativo mens > mente, in
modo... es 2: inglese -ly < lic, corpo)

il METAPLASMO è il cambio di coniugazione che può essere motivato da cause fonologiche (es: fare <
facĕre, ammonire < ad monere).
Possono esserci anche i cambi di genere e di declinazione, per esempio è frequentissimo nel passaggio da
latino a italiano che i neutri plurali siano continuati come femminili singolari, questo perché il neutro si è
perso come genere, quindi ci sono casi in cui a partire dalla stessa parola, abbiamo parole diverse
Es: neutro singolare "folium" > foglio, neutro plurale "folia" > la foglia.
Es.2: "fatum" > il fato, "fata" > la fata.

Lingue flessive  non flessive: ad esempio il passaggio dal latino, che aveva i casi, all'italiano che non ne ha.
Questo perché il latino dal periodo classico in poi presentava la tendenza di perdita o di sincretismo dei casi
(=quando le funzioni di due casi sono assorbiti dalla desinenza di uno solo).
Le lingue romanze non hanno casi e conservano quasi esclusivamente la forma dell'accusativo singolare e
plurale del latino, tranne alcune eccezioni in cui la forma conservata è quella del nominativo (ladro < latro,-
onis; uomo < homo,-inis).

Con il sincretismo dei casi si affermano i costrutti preposizionali. Es: vado a casa < eo domum, vado in città <
eo urbem. Sono a casa < sum domi  nel latino classico c'è un rinforzo della funzione data dalla
preposizione = vado in città < eo in urbem, sono a casa < sum in domo  a un certo punto l'accusativo si
sostituisce prima all'ablativo poi al nominativo. Questa perdita di casi dipende da una serie di mutamenti
fonologici (interagiscono mutamenti morfologici e fonologici) come la perdita di consonanti finali -m e -s,
deboli perché avendo solo la fase implosiva tendono a perdersi. Inoltre c'è la confluenza di articolazioni (ĭ
ed ē -> e / ō ed ŭ -> o)

Mutamento sintattico  passaggio da un tipo all'altro secondo la classificazione sintattica delle lingue, poco
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affidabile (classificazione di Greenberg) lingua OV  VO, per universali sintattici, hanno implicazioni
morfologiche (armonia tipologica!)

A proposito del mutamento sintattico ci sono alcuni fenomeni importanti:


GRAMMATICALIZZAZIONE (implicano la rianalisi della struttura di superficie)
Es: origine del perfetto: in latino c'è un perfetto che dal punto di vista di relazioni temporali può valere sia
come passato prossimo che remoto (dixi), in italiano abbiamo invece due possibilità, ovvero il passato
prossimo e il remoto, appunto. Dal punto di vista formale il passato remoto italiano rappresenta la
continuazione di quello latino (ovvero il perfetto), ma dal punto di vista funzionale no, perché "dissi" vale
solo come passato remoto: l'italiano "ho detto" deriva dalla costruzione "habeo + participio" che aveva un
valore possessivo e si usava solo con particolari verbi: "habeo cognitum" = ho come cosa conosciuta.

 nel latino classico questi due sono elementi autonomi per concordanza tra genere e numero tra
participio e oggetto (rem cognitam habeo)
 in seguito i due elementi si saldano e viene meno questa concordanza (aunia probatum habemus)
quindi "habeo" è diventato ausiliare.
Es. formazione del futuro romanzo: in latino ci sono forme sintetiche (= forme con desinenze opposte) che
indicano il futuro, ma sono diverse I/II con III/IV.
- Amabo = esito di una grammatizzazione della radice verbale indoeuropea che significa "essere" *bhew per
la I e II coniugazione.
- Legam = desinenze di un antico congiuntivo per la III e IV coniugazione.

Nelle lingue romanze però non si sono confermate:


canterò = costruzione perifrastica dovuta all'accostamento dell'infinito + verbo avere, che significa "devo
cantare". Questo futuro viene quindi sottoposto ad una univerbazione della perifrasi. Una volta che in una
lingua una forma del genere si grammaticalizza e spariscono le costruzioni precedenti, si creano ulteriori
forme di perifrasi progressiva (costruzione inglese del verbo + will per indicare il futuro)

Esempio di origine della copula: nella parte delle lingue del mondo che non avevano la copula e ora sì, o si
diminuisce la semantica di un verbo (come nel caso di essere) o si grammaticalizza un altro elemento di
un'altra parte del discorso, di solito un pronome  ad esempio nelle lingue semitiche vi è la cosiddetta
predicazione nominale: Mohamed è un mercante > Mohamed lui mercante. Ciò non avviene in ebraico, il
quale invece ha creato una copula a partire da queste costruzioni:

Mosĕ hu (lui è) student


Nell'ebraico si dimostra che hu è copula perché viene usato in casi in cui il soggetto non è in terza persona
singolare maschile:

ani hu ha student, sĕ – Mosĕ diber it-xa alav


(io sono lo studente di cui ti ha parlato Mosè)

Anche in cinese si è sviluppata la copula, shì, che originariamente era un pronome dimostrativo.

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- Oggi: nèi-ge rén shì xuésheng
That-class man be student = la copula può essere annessa

- III sec a.C: “shì” era un pronome a tutti gli effetti:


shì yè yĕ zhao-mèn jī zĭ-xī míng

“Shì” si presenta in frasi in cui è correferenziale all’agente della frase, in frasi di questo tipo piano piano si
sviluppa quest’uso che diventerà copula:
 Qiān lĭ èr jiàn wáng shì wŏ suŏ yù yĕ
(viaggiare mille miglia per vedere il re, questo è quello che il voglio)  Si comincia a sviluppare questo
spostamento del pronome dimostrativo in frasi equazionali, "questo che è", da un pronome si
grammaticalizza in copula e implica una rianalisi della struttura di superficie.

MUTAMENTI SINTATTICI INDOTTI DA MUTAMENTI MORFOLOGICI


COSTRUZIONE LIKE - RIANALISI
In origine il verbo "like" era costruito come in italiano con un soggetto + verbo + dativo, la costruzione è
cambiata per un fenomeno fonologico, ovvero la perdita dei casi grammaticali.

Es1:Peram li codem þam oynge


(pears were pleasing to the king)

Es2: þam oynge licoden peras


(the king licedem pears)

L'inglese però cominciò a perdere i casi quindi viene fuori la costruzione "The king likes pears", sarebbe con
un dativo sottinteso, ma se si perdono i casi, la posizione prima o dopo il verbo implica che cosa è il
soggetto, quindi l'elemento prima del verbo è stato rianalizzato come soggetto, perché la posizione
preverbale è tipica del soggetto.

VERBI IN SERIE IN CINESE


Comporta il mutamento di marcatezza (= una costruzione o un elemento in una certa fase cronologica è
marcato strano diventa quello normale in una fase successiva)

Es1: wŏ dă Zhōng sōu le  frase non marcata semplice (SVO)


(I hit Zhōng sōu)
Es2: wŏ bă Zhōng sōu dă le  (SOV)
(I hit Zhōng sōu)

Nel cinese antico questo ordine non c'è perché bă è un verbo e vuol dire "prendere", il senso originario "io
ho preso Zhōng sōu e l'ho colpito".
Se in origine questa costruzione era marcata, perché particolare, è diventata normale per il fatto che c'è
stata una rianalisi della struttura di superficie e bă ha perso il valore verbale ed è diventato una particella
che marca l'oggetto.

Il passaggio della struttura SVO  VSO in cinese ha varie cause.


 grammaticalizzazione di verbi che perdono il valore di verbo.
 alcuni nomi  preposizioni/postposizioni.
 incremento del numero di composti nominali verbali.
È il cosiddetto "effetto di deriva" da una lingua che era SVO  SOV

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