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Nel 1907 torna a Berlino al Friedrich-Wilhelm Gymnasyum e nel 1911 collabora alla rivista “Der Anfang” (guidata da
Georges Barbizon - ovvero Georg Gretor- allievo di Wyneken) con lo pseudonimo di “Ardor” con alcuni scritti tra cui
delle poesie.Nel 1912 ottiene la maturità liceale ma continuano le sue collaborazioni con “Der Anfang” : scrive un …
[Dialogo sulla religiosità contemporanea], rimasto inedito. Iscrittosi ai corsi di Filosofia all'Università di Berlino, in maggio
si trasferisce a Friburgo per frequentare nella locale Albert-Ludwigs-Universität il semestre estivo; qui frequenta le
lezioni di Heinrich Rickert , primo maestro di Heidegger, e stringe amicizia con Fritz Heinle (1894-1914).Nel 1913
frequenta il semestre invernale a Berlino dopo il quale farà ritorno a Friburgo; a questo periodo risalgono le letture della
Fondazione della metafisica dei costumi di Kant e Aut-aut di Kierkegaard e la pubblicazione , su “Der Anfang” di …
[Romanticismo. Un discorso immaginario agli studenti].Nel 1914 aumenta la sua attività nella Jugendbewegung ma
smette di collaborare con “Der Anfang” per la rottura con Barbizon-Gretor. A maggio viene eletto presidente della Freie
Studentschaft di Berlino. Nello Sprachsaal della Jugendbwegung ha inizio l'accesa discussione con Martin Buber, che
attribuiva una eccessiva importanza al concetto di Erlebnis; tale conflitto sarà una costante del rapporto di B. con
l'ebraismo.Conosce Dora Kellner (moglie di Max Pollack) che diventerà sua moglie. Legge in questo periodo George e
Kleist. L'8 agosto l'amico Fritz Heinle si suicida col gas insieme alla fidanzata. La stesura dell'importante saggio Due
poesie di Friedrich Hölderlin risale a questi mesi.Degli anni 1913-1914 è anche il manoscritto incompiuto ed inedito di
Metaphysik der Jugend [Metafisica della gioventù].
Nel marzo 1915 rompe con Wynecken a causa della sua presa di posizione in favore della guerra. Pochi mesi dopo
conosce Gerschom Scholem, di cinque anni più giovane. Studioso di matematica e filosofia si dedicherà poi allo studio
della mistica ebraica; l'amicizia con Scholem sarà decisiva per l'approfondimento del rapporto tra ebraismo e filosofia.
Su “Der neue Merkur” B. pubblica La vita degli studenti che apparirà l'anno successivo anche su “Das Ziel”, la rivista
diretta da Kurt Hiller. Tra il 1916 e il 1917 continua i suoi studi a Monaco dove resterà durevolmente colpito dalle lezioni
del fenomenologo Moritz Geiger. Scrive il saggio su La lingua in generale e la lingua degli uomini. Nell' autunno del
1916 legge Die Thora im Herzen [La Torah nel cuore] di Achad Haam rimanendone molto colpito.Il 17 aprile 1917 sposa
Dora Kellner, separatasi dal marito. Legge gli scritti di Franz von Baader e la Filosofia della storia ovvero sulla
Tradizione di Franz Joseph Molitor. In luglio si trasferisce con la moglie in Svizzera, prima a Zurigo e poi a St. Moritz. In
autunno, a Berna, riprende a studiare intensamente Kant. Insieme a Scholem analizza e discute la Teoria kantiana
dell'esperienza di Hermann Cohen; questi dibattiti segnano l'importante scritto Sul programma della filosofia futura
terminato agli inizi del 1918 e pubblicato postumo solo nel 1963. L'11 aprile 1918 nasce a Berna l'unico figlio di B.,
Stefan Rafael (morto a Londra il 6 febbraio 1972). Nel frattempo B. aveva preso a frequentare i corsi di filosofia
dell'Università bernese, al fine di conseguire il dottorato; segue i seminari di Richard Herbertz su Aristotele e presenta
delle relazioni su Bergson e sulla Fenomenologia dello spirito di Hegel. Studia i primi romantici e Goethe.Il 27 giugno
1919 si laurea summa cum laude in filosofia con Herbertz, che nutriva per lui sentimenti di grande stima, discutendo una
tesi su Der Begriff der Kunstkritik in der deutschen Romantik [Il concetto di critica nel primo romanticismo tedesco]. Nel
frattempo conosce Hugo Ball (1886-1927), fondatore del dadaismo, che viveva a Berna con la moglie Emmy Hennings
(poetessa espressionista). Tramite Ball conosce e a frequenta il filosofo Ernst Bloch, che aveva pubblicato da poco il
libro Spirito dell'utopia. Dopo averlo letto B. ne scrive in settembre una “critica dettagliata”, che terminata nel febbraio
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dell'anno successivo è andata perduta. A questo periodo risale la stesura del saggio … [Destino e carattere] pubblicato
nel 1921 sulla rivista “Die Argonauten”. Legge le Riflessioni sulla violenza di Sorel e Sullo spirituale nell'arte di
Kandinsky.
Nel marzo 1920, dopo un soggiorno di alcuni mesi in Austria ( a Breitenstein am Semmering, ma con frequenti viaggi a
Vienna dove risiedono i genitori di Dora), B. ritorna con la famiglia a Berlino nella casa paterna. Qui lavora al saggio
filosofico-politico … Per la critica della violenza (pubblicato nello “ Archiv für Sozialwissenschaften und Sozialpolitik” del
1920-21). Scrive una recensione filosofica, andata perduta, del romanzo fantastico Lesabéndio di Paul Scheerbart. Si
accorda con l'editore Weissbach di Heidelberg per pubblicare le sue traduzioni delle poesie di Baudelaire. Degli anni a
cavallo tra il '20 e il '21 è certamente anche il cosiddetto Theologisch-Politisches Fragmente [Frammento
teologico-politico], che svela tracce evidenti della meditazione sullo Geist der Utopie [Spirito dell'utopia] di Bloch.Nel
1921 lavora al saggio su Die Aufgabe des Übersetzers [Il compito del traduttore] che avrebbe dovuto introdurre il
volume delle sue traduzioni baudelairiane. Nell'aprile dello stesso annoè evidente il fallimento del matrimonio di Walter e
Dora. Come osserva Scholem, si era creata una situazione analoga a quella delle Affinità elettive di Goethe: mentre
Dora si era innamorata del comune amico Ernst Schoen, Walter “si accese di veemente passione” per la scultrice Jula
Cohn, sorella dell'amico di gioventù Alfred Cohn. In questo frangente biografico Benjamin inizia il suo grande saggio
sulle Goethes Wahlverwandtschaften [Affinità elettive]. Ai primi di giugno B. acquista in una Galleria di Monaco ( dove si
era recato per far visita a Scholem) l'acquarello di Paul Klee del 1920 Angelus Novus, che lo accompagnerà per tutta la
vita. In questo periodo progetta una rivista che avrebbe dovuto trarre il suo nome proprio dal titolo del quadro di Klee e
che avrebbe dovuto pubblicare l'editore Weissbach. Nel primo numero della rivista B. intendeva pubblicare le poesie
dell'amico scomparso Fritz Heinle, poesie drammatiche del di lui fratello Wolf, due racconti dello scrittore J. Samuel
Agnon, il saggio sulla Psicologia storica del carnevale di Florens Christian Rang, uno studio di Scholem sulla
lamentazione e il saggio dello stesso B. su Die Aufgabe des Übersetzers. Tra il dicembre 1921 e il gennaio 1922 B.
scrive l'Annuncio della rivista: Angelus Novus. Nello stesso inverno termina il lavoro sulle Goethes
Wahlverwandtschaften. Intanto si fanno più stretti i rapporti con il filosofo-teologo cristiano Florens Christian Rang . In
settembre , dopo aver più volte rinviato, l'editore Weissbach rinuncia definitivamente, a causa delle sue difficoltà
finanziarie, a pubblicare la rivista. In dicembre B. si reca a Francoforte per fare visita a Franz Rosenzweig, gravemente
ammalato (una paralisi oltre che tutto il corpo aveva toccato gli stessi centri della parola). B. riceve una profonda
impressione dall'incontro con l'autore della Stella della redenzione. Attraverso Rang, B. entra nel 1923 in contatto con
Hofmannstahl e gli invia il saggio sulle Affinità elettive. La lettura del lavoro benjaminiano fece epoca nell'animo di
Hofmannstahl. Fino alla sua morte egli cercherà di sostenere B.Esce la traduzione dei Tableaux parisiens di Baudelaire
con la premessa su Die Aufgabe des Übersetzers . Per il semestre estivo B. si trasferisce a Francoforte, dove spera di
ottenere la libera docenza (dopo che aveva visto sfumare la possibilità di conseguirla presso l'Università di Heidelberg).
In questo periodo la sua esistenza materiale era assicurata interamente dal lavoro di traduttrice della moglie Dora. Il
progetto di un libro sul Trauerspiel (che si può rinvenire nei due brevi scritti: Trauerspiel e la tragedia e Il significato del
linguaggio nel trauerspiel e nella tragedia, scritti fra il giugno e il novembre 1916), giunge ora a maturazione. A
Francoforte conosce Erich Fromm, Siegfried Kracauer e Theodor Wiesengrund Adorno e Gretel. L'amicizia con
Kracauer, redattore delle pagine culturali della “Frankfurter Zeitung”, assicurerà a B. una frequente collaborazione con
questo giornale. In settembre Scholem emigra in Palestrina, dove sarà tra i fondatori (nel 1925) dell'Università di
Gerusalemme.Il 1924 e il 1925 sono anni di intenso lavoro al libro su Ursprung des deutschen Trauerspiels [L'origine del
dramma barocco tedesco]. Nei “Neue Deutsche Beiträge” diretti da Hofmannstahl esce, in due puntate, il saggio sulle
Affinità elettive. Nella primavera del '24, a Capri con Ernst Bloch, Erich e Lucie Gutkind, incontra la regista lettone Asja
Lacis ( qui con la figlia Daga e il regista teatrale Bernhard Reich). Il rapporto con quella che B. definisce " una
rivoluzionaria russa di Riga, una delle donne più eccezionali che abbia mai conosciuto” sarà decisivo per la sua svolta
politica in senso comunista. Su consiglio di Bloch legge Storia e coscienza di classe di Lukács. Nell'autunno del '24
torna in Germania; tra marzo e aprile del 1925 termina il lavoro sul Trauerspiel. Il 12 maggio inoltra la domanda formale
di abilitazione alla Facoltà di filosofia dell' Università di Francoforte, ma il tentativo di dare una stabilità accademica alla
propria posizione fallisce. Intanto iniziano le collaborazioni con la “Frankfurter Zeitung” (e con altri giornali e riviste), tra
cui l'articolo su Napoli firmato insieme alla Lacis. Dopo un breve periodo trascorso in Spagna, dove visita Cordova,
Siviglia e Barcellona, giunge via mare alla fine di settembre nuovamente a Napoli, dopo una sosta a Genova e a Livorno
(di qui raggiunge Pisa e Lucca). Nel novembre dello stesso anno è a Riga con Asja e tornerà a Berlino in dicembre.
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Tra il 1926 e il 1927 B. vive in una grande incertezza esistenziale e in un grande fermento intellettuale. Intensifica la
sua attività di critico e di saggista, sua unica fonte di sussistenza. Continua insieme allo scrittore berlinese Franz Hessel
la traduzione di Proust iniziata pochi mesi prima. Nel marzo del 1926 è a Parigi, dove risiede Hessel, per portare a
termine il lavoro di traduzione di Proust. A Parigi fequenta anche Ernst Bloch e perfeziona la sua conoscenza del
francese. In luglio muore il padre mentre in agosto termina la traduzione di All'ombra delle fanciulle in fiore. In autunno è
di nuovo a Berlino dove conta di pubblicare il libro sul Trauerspiel. I tempi di pubblicazione non sono però brevi come
sperato; solo un capitolo (quello sulla Melanconia) apparirà intanto, nel 1927, nei “Neue Deutsche Beiträge”. Il 18
dicembre comunica in una lettera a Scholem di aver terminato il libro di aforismi, Einbahnstraße [Strada a senso unico]
dedicato ad Asja Lacis. Il 6 dicembre raggiunge a Mosca la regista, che soffre di un forte esaurimento nervoso, e vi
rimane fino al primo febbraio 1927. Grazie al viaggio in Russia B. può scrivere: il saggio Mosca, pubblicato nel 1927
sulla rivista di Buber “Die Kreatur”; il Diario moscovita, pubblicato postumo nel 1980; l'articolo per la “Literarische Welt”,
diretta da Willy Haas; e I raggruppamenti politici degli scrittori russi. Nel marzo 1927 è di nuovo a Parigi, dove stabilisce
contatti più stretti con la redazione dei “Cahiers du Sud”. Nell'agosto del 1927 esce sulla “Literarische Welt” una
interessante recensione dell'edizione critica delle opere di Keller. A metà agosto anche Scholem è a Parigi. Egli lavora
sui manoscritti della Bibliothèque Nationale e parla con l'amico dei suoi studi sull'angelologia e la demonologia dei
cabbalisti e sul messianesimo nichilistico di Sabbatai Zevi. Non vedendo prospettive soddisfacenti né in Germania né in
Francia, B. prende in considerazione l'ipotesi di trasferirsi in Palestina e, attraverso Scholem, contatta Leo Magnes,
cancelliere dell'Università di Gerusalemme per sondare la possibilità di un inserimento accademico in quella stessa
Università. Il 18 ottobre rientra a Berlino.
All'inizio del 1928 l'editore Rowohlt pubblica sia Einbahnstraße che Uhrsprung des deutschen Trauspiels. Comincia a
lavorare ad un progetto sui Passages parigini che inizialmente gli appare un “lavoro di poche settimane”; in realtà vi
lavorerà fino alla morte senza terminarlo. Tra la fine del '27 e gli inizi del '28 B. compie insieme ai medici Ernst Joël e
Fritz Fränkel (due amici del periodo della Jugendbewegung) esperimenti con l'aschisch e ad uno di essi prende parte
anche Ernst Bloch. Nel gennaio incontra a Berlino André Gide e scrive per la “Literarische Welt” una recensione de La
Torre di Hofmannstahl. A febbraio incontra quest'ultimo a Berlino. Inizia a studiare l'ebraico in vista di un incarico
all'Università di Gerusalemme e fa dei passi in questa direzione, richiedendo varie lettere di presentazione. In maggio
continua il lavoro sui Passages e rimanda il trasferimento in Palestina. A novembre arriva a Berlino Asja Lacis; vi rimarrà
fino al settembre 1929. Il 6 giugno B. scrive a Scholem di aver fatto alcune conoscenze degne di nota:”anzitutto quella
più stretta con Brecht” quindi quella con Alfred Polagar. Il tramite fra B. e Brecht fu la Lacis. Per un breve periodo B. vive
con lei al n. 42 della Düsseldorfstraße. Chiede a Dora il divorzio al quale si arriverà solo il 27 marzo 1930, dopo un
processo- ricorda Scholem- “che venne condotto con estremo accanimento da entrambe le parti”. A metà febbraio
scrive a Scholem di aver rinviato il trasferimento in Palestina alla prossima primavera. In marzo la partenza è rinviata
all'autunno. In luglio è di nuovo in Italia (con lo scrittore Wilhelm Speyer) dove visita Siena, Volterra, San Gimignano.
Intanto pubblica sulla “Literarische Welt” il saggio sul Surrealismo e Per un ritratto di Proust In una lettera a Scholem,
inviata da Parigi il 30 gennaio 1930, le prospettive di trasferirsi in Palestina sembrano ormai sfumare. B. ambisce ad
“essere considerato il primo critico della letteratura tedesca” e spera di pubblicare da Rowohlt una scelta dei suoi saggi.
E' il periodo di massima politicizzazione dell'attività intellettuale benjaminiana. Egli considera la possibilità di iscriversi al
Partito Comunista, ma non compirà mai questo passo. Insieme a Brecht, Bernhard von Brentano e Herbert Ihering
progetta una rivista dal titolo “Kreise und Kritik”, in cui si propone di “fare a pezzi … lo Heidegger” (in riferimento
all'opera heideggariana Essere e Tempo). A causa di difficoltà finanziarie e di disaccordi teorici tra gli stessi curatori, il
progetto non si concretizzò. Il punto di maggiore disaccordo con Brecht e gli altri è su come si debba intendere il
rapporto tra critica e verità. A questo proposito B. fa valere ancora categorie filosofico-teologiche: la verità deve
intendersi come “radicale frantumazione del mondo dell'immagine” e in questo compito devono convergere parimenti la
teologia e la dialettica materialista. Nel maggio 1930 appare sulla rivista socialdemocratica “Die Gesellschaft”, una
recensione al libro di Kracauer su Gli impiegati. Nell'agosto compie un viaggio in Scandinavia di cui scrive a Scholem e
a Gretel Karplus (la futura moglie di Adorno). Rielabora gli appunti di viaggio nell'articolo Mare del Nord, pubblicato a
settembre sulla “Frankfurter Zeitung”. Tra la fine del 1930 e gli inizi del 1931 scrive un lungo saggio su Karl Kraus che
esce a puntate sulla “Frankfurter Zeitung”. Tra il marzo e il maggio del 1931 ha una intensa discussione epistolare con
Scholem riguardo la sua svolta in direzione del materialismo storico. Nel maggio-giugno è in viaggio sulla Costa Azzurra
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con Wilhelm Speyer; alla compagnia si uniscono Brecht e altri suoi amici. In questa occasione, a Juan-les-Pins presso
Nizza, B. tiene un diario, importante per il resoconto dei dialoghi con Brecht su Kafka, in cui manifestano intenzioni
suicide. Fino a tutto il 1932, collabora di frequente con la Südwestdeutsche Rundfunk. A questo impegno sono da
attribuire diversi drammi radiofonici, conferenze letterarie (importanti quelle su Brecht e su Kafka) e storie per bambini.
L'attenzione per la letteratura infantile, di cui B. possedeva un'importante collezione, è una costante della produzione
saggistica benjaminiana.Il 7 o 8 aprile 1932 si imbarca ad Amburgo su una nave da carico diretta a Barcellona, dove
giunge dopo undici giorni. Da qui raggiunge Ibiza e vi rimane fino alla fine di luglio, ospite del filosofo Felix Noeggerath (
vecchio conosciente molto stimato da Scholem). Qui B. fa amicizia con una coppia di parigini: Jean Selz e la moglie.
Inizia a lavorare ad una serie di scritti di tono autobiografico che dovrà intitolarsi Berliner Kindheit [Infanzia Berlinese]
intorno al 1900: una prima stesura dell'opera è rappresentata dalla cosiddetta Berliner Chronik [Cronaca Berlinese], ma
mentre quest'ultima è destinata a rimanere inedita fino al 1970, parti della Berliner Kindheit vengono pubblicate sulla
“Frankfurter Zeitung” nel 1933. Al periodo di Ibiza risale il breve saggio … [Sulla facoltà mimetica] (pubblicato postumo).
Passando per Nizza e Marsiglia raggiunge Meyer a Poveromo (Marina di Massa), dove rimane fino alla fine di ottobre.
Durante la sosta a Nizza scrive un testamento dove si disponeva che il lascito dei suoi manoscritti fosse dato “in
possesso” a Scholem (ritrovato dallo stesso Scholem solo nel 1966 nell'Archivio centrale di Potsdam della ex
Repubblica Democratica Tedesca) il che fa credere che B. avesse pensato seriamente al suicidio. Verso metà
novembre è di nuovo a Berlino dove legge con approvazione le bozze del libro su Kierkegaard di Adorno, rielaboazione
della dissertazione con cui si era abilitato presso l'Università di Francoforte, e ne scriverà una recensione che appare
sulla “Vossische Zeitung” del 2 aprile 1933. Lasciata la Germania intorno al 18 marzo, dopo una sosta a Parigi di circa
due settimane era tornato di nuovo ad Ibiza. Qui rimane sei mesi, continuando a frequentare i Noeggerath e i Selz; con
Jean Selz lavora alla traduzione francese di Berliner Kindheit. In una lettera a Scholem del 16 giugno, dove comunica
che il fratello Georg è in un campo di concentramento, manifesta nuovamente l'intenzione di trasferirsi in Palestina, ma
a condizione di poter continuare la sua attività di critico. Al 12 e 13 di Agosto risalgono due brevissime e incomprensibili
stesure dell' Agesilaus Santander. Quando il 25 settembre lascia Ibiza, B. racconterà a Scholem, nella lettera del 16
ottobre, di aver sofferto “una serie di fortissimi attacchi febbrili” e di aver scoperto, giunto a Parigi in ottobre, di aver
contratto la malaria. Qui si incontra con Brecht e continua le sue collaborazioni con giornali e riviste tedesche sotto lo
pseudonimo di Detlef Holz.Nel 1934-35 B. intensifica i contatti con l' Institut für Sozialforschung diretto da Max
Horkheimer (1895-1973) e per cui lavoravano Adorno ed altri emigrati (Friedrich Pollock e Leo Lowenthal), con l'avvento
del nazismo si era trasferito, da Francoforte prima in Olanda, a Ginevra, e poi a New York (mantenendo però un ufficio a
Ginevra e uno a Parigi). Le offerte di collaborazione dell' Istituto dovevano apparire a B. - secondo le parole di Scholem
- “qualcosa di simile ad un'ancora di salvezza”. Nei primi mesi del 1934 lavora ad un saggio su Kafka, e sul rapporto di
questi con l'ebraismo tiene un'ampia discussione per via epistolare con Scholem; il saggio sarà poi pubblicato
parzialmente sulla “Jüdische Rundschau” (numeri del 21 e 28 dicembre 1934)L'interesse di questo periodo per la
funzione politico sociale degli intellettuali si ritrova nel saggio … [Sull'attuale posizione sociale dello scrittore francese]
(pubblicato sulla Zeitschrift für Sozialforschung) e la conferenza su … [L'autore come produttore]. Da luglio a ottobre è
ospite di Brecht a Skovbstrand (presso Svendborg, in Danimarca). Trascorre l'inverno 1934-35 a San Remo presso la
ex moglie, che vi gestiva la pensione “Villa Verde”, e riprende a lavorare sui Passages e frequenta assiduamente la
Bibliothèque Nationale. A proposito del suo lavoro scrive ad Adorno il 31 maggio 1935 che l'epoca di una “ingenuità
rapsodica era finita una volta per tutte”. L'opera doveva essere accompagnata da una riflessione sistematica sia sul
concetto di arte che su quello di storia e in rapporto con questa riflessione è da considerarsi il saggio su Das Kunstwerk
im Zeitalter seiner Reproduzierbarkeit [L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica], che uscirà in
traduzione francese (in collaborazione di Pierre Klossowski) sulla “Zeitschrift für Sozialforschung” nel 1936.Tra gli ultimi
mesi del 1935 e l'inizio del 1938 B. cambia spesso il suo domicilio parigino; talvolta è ospite della sorella Dora in un
piccolo appartamento nella Villa Robert Lindet 7, ma nel gennaio 1938 si stabilirà in Rue Dombasle 10.Prosegue intanto
il suo lavoro al Passagenwerk e il 25 giugno 1936 scrive a Scholem di avere terminato un saggio su Leskov: Il narratore.
Osservazioni sull'opera di Nikolaj Leskov che uscirà nell'ottobre di quell'anno sulla rivista “Orient und
Occident”.Trascorre l'estate da Brecht in Danimarca.Sempre nel 1936 pubblica Deutsche Menschen [Uomini tedeschi.
Una scelta di lettere] (presso la Vita Nova di Lucerna), una serie di lettere, sobriamente commentate, di protagonisti
della cultura tedesca tra Sette e Ottocento, in cui B. compare sotto lo pseudonimo di Detlef Holz per favorire la sua
diffusione nel Terzo Reich.Nel gennaio 1938 B. torna a San Remo, dove lo hanno raggiunto Adorno e la moglie Gretel
da Londra (fu il loro ultimo incontro prima del loro trasferimento a New York); discute con l'amico degli studi di questi su
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Wagner e dei suoi lavori preparatori al saggio su Baudelaire. Alla fine di gennaio è di nuovo a Parigi dove continua il
lavoro al Passagenwerk e studia l'idea di eterno ritorno nella costellazione Nietzsche-Blanqui. Il 12 giugno 1938 scrive a
Scholem criticando il Kafka di Max Brod. Trascorre luglio e agosto in Danimarca, ospite di Brecht per l'ultima volta, e vi
conclude il saggio … [Baudelaire e la Parigi del secondo Impero]. Benjamin verrà invitato da Adorno a una nuova
stesura del testo rifiutato da Horkheimer e dallo stesso Adorno. Ma più che una nuova stesura sarà un saggio del tutto
nuovo incentrato sulla figura del flâneur che nel lavoro precedente occupava solo la parte centrale; pubblicato nel 1939
sulla rivista dell'Istituto avrà il titolo Di alcuni motivi in Baudelaire. A Parigi frequenta Hanna Arendt , moglie del cugino
Günther Stern; le difficoltà e il senso di isolamento si accentuano ma continua a lavorare intorno ai Passages e ad altri
progetti.Nel 1939 scrive una nuova versione del saggio sull'opera d'arte (pubblicata solo nel 1989) e il saggio Che cos'è
il teatro epico? (pubblicato quello stesso anno nella rivista zurighese “Maß und Wert”diretta da Thomas Mann e Konrad
Falke). Allo scoppio della guerra in settembre, viene internato con la maggior parte degli emigrati tedeschi, nello stadio
di Colombes e poi nel Camp des travellerurs volontaires, nei pressi di Nevers (Alta Loira). Il 25 novembre era di nuovo a
Parigi: grazie all'interessamento di alcuni amici il suo rilascio avvenne prima della maggior parte degli altri internati. Si
propone di prendere lezioni private d'inglese con la Arendt, in vista di un'emigrazione negli Stati Uniti per l'opportunità
della quale chiede consiglio a Horkheimer in una lettera del 15 dicembre.L'11 gennaio 1940 scrive a Scholem
”l'isolamento in cui mi trovo da sempre è accresciuto dalle circostanze del tempo. Il residuo di intelletto che, dopo tutto
quello che hanno passato, è ancora rimasto agli ebrei, non sembra particolarmente saldo. Il numero di coloro che si
sentono a proprio agio in questo mondo si va riducendo sempre più”. Scrive ad Adorno in merito a un saggio di questi
sul carteggio George-Hofmannstahl. Tra il febbraio e l'aprile-maggio 1940 scrive le Geschichtphilosophische Thesen
[Tesi sul concetto di storia], il suo ultimo lavoro, e ne spedisce una copia a Scholem. Il 14 giugno Parigi è occupata dalle
truppe tedesche ma Benjamin, insieme alla sorella, è già fuggito verso Sud: dal 15 giugno all'inizio di agosto è a
Lourdes; da lì scrive a Karl Jacob Burckhardt (amico di Hofmannstahl) al fine di ottenere il permesso di entrare in
Svizzera, così da avere modo di attendere il visto per gli Stati Uniti. Scrive anche ad Adorno per informarlo tra l'altro di
avergli inviato, tramite l'ufficio ginevrino dell'Istituto, il suo curriculum vitae. Tra il 9 e il 22 agosto giunge a Marsiglia e vi
incontra diversi altri immigrati in fuga (tra cui Kracauer e Arthur Koestler). Ottenuto un visto di transito per la Spagna e il
Portogallo, ma non un visto di uscita dalla Francia, insieme ad Henni Gurland e a suo figlio Joseph decide di
attraversare il confine valicando i Pirenei: meta era la cittadina costiera di Port Bou. Guidati per un tratto da Lisa Fittko,
una emigrante berlinese di cui B. aveva conosciuto il marito nel campo d'internamento di Nevers (la quale quarant'anni
dopo racconterà che Benjamin, sofferente di cuore, portava una pesante borsa nera che si pensa potesse contenere
una stesura ulteriore del Passagenwerk) giunsero a Port Bou nella notte tra il 25 e il 26 settembre. Passarono la notte
nella Fonda Francia ( pensione tutt'ora esistenete, ma sotto diverso nome) dove, alla minaccia della polizia spagnola di
riconsegnare i tre alle autorità francesi, Benjamin - quella stessa notte - si tolse la vita con una forte dose di morfina. A
Henni Gurland e a suo figlio fu concesso di passare il confine portando con sè l'ultimo appunto di Benjamin: un biglietto
con la frase “Je vous prie de transmettre mes pensées à mon ami Adorno”.Nel 1942, in un volume dedicato “alla
memoria di Walter Benjamin”, pubblicato a Los Angeles a cura dell'Istituto per la ricerca sociale, insieme a saggi di
Adorno e Horkheimer e a una prima bibliografia benjaminiana vengono, per la prima volta, pubblicate le
Geschichtphilosophische Thesen.
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l’opera d’arte nell’epoca
della sua riproducibilità tecnica
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Postilla.
1
Paul Valéry, Pièces sur l’art [Scritti sull’arte], Paris 1934, p. 105
(La conquète de l’ubiquité [La conquista dell’ubiquità]).
2
Naturalmente la storia dell’opera d’arte abbraccia anche altre cose;
la storia della Gioconda, per esempio, il genere e il numero delle copie
che ne sono state fatte nel secolo XVII, nel XVIII, e nel XIX secolo.
3
Proprio perché l’autenticità non è riproducibile, l’intensa diffu-
sione di certi procedimenti riproduttivi – tecnici – ha offerto strumenti
per una differenziazione e una graduazione dell’autenticità. Una delle
funzioni piú importanti del mercato artistico era quella di elaborare
queste distinzioni. Con l’invenzione della silografia, si può dire che la
qualità costituita dalla autenticità veniva colpita alle radici, prima
ancora di conoscere la sua tarda fioritura. Un’effigie medievale della
Madonna, al momento in cui veniva dipinta, non era ancora autentica;
diventa autentica nel corso dei secoli successivi e nel modo piú pieno,
forse, nel secolo scorso.
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Anche la piú scadente rappresentazione del Faust in una città di
provincia presuppone, rispetto a un film tratto dal Faust, il fatto di esse-
re in un rapporto di ideale concorrenza con la prima di Weimar. E tutto
ciò che ci si può ricordare, quanto a contenuti tradizionali, di fronte
al palcoscenico, diventa inutilizzabile di fronte allo schermo cinema-
tografico – per esempio, che nel personaggio di Mefistofele si nascon-
de un amico di gioventú di Goethe, Johann Heinrich Merck, e simili.
5
Abel Gance, Le temps de l’image est venu [Il tempo dell’immagine
è giunto] (L’art cinématographique [L’arte cinematografica], II, Paris
1927, pp. 94 sgg.).
6
La Wiener Genesis è un famoso codice viennese del libro biblico
della Genesi, probabilmente del secolo VI, particolarmente rinomato per
le sue miniature, su cui cfr. F. Wieckhoff, Die Wiener Genesis, Wien
1895 [N. d. T.].
7
Avvicinarsi umanamente alle masse può voler dire: eliminare dal
campo visuale la funzione sociale. Nulla garantisce che un ritrattista
attuale che dipinga un chirurgo famoso nell’atto di fare colazione in
mezzo ai suoi congiunti, ne colga la funzione sociale in modo piú pre-
ciso di un pittore del secolo XVI che dipingeva i suoi medici nelle loro
mansioni, come per esempio Rembrandt nell’Anatomia.
8
Definire l’aura un’«apparizione unica di una distanza, per quan-
to questa possa essere vicina» non significa altro che formulare, usan-
do i termini delle categorie della percezione spazio-temporale, il valo-
re cultuale dell’opera d’arte. La distanza è il contrario della vicinanza.
Ciò che è sostanzialmente lontano è l’inavvicinabile. Di fatto l’inav-
vicinabilità è una delle qualità principali dell’immagine cultuale. Essa
rimane, per sua natura, «lontananza, per quanto vicina». La vicinan-
za che si può strappare alla sua materia non elimina la lontananza che
essa conserva dopo il suo apparire.
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Nella misura in cui il valore cultuale del quadro si secolarizza, le
rappresentazioni del substrato della sua unicità diventano piú indeter-
minate. Nell’appercezione del fruitore l’irripetibilità delle immagini,
che appaiono nell’opera cultuale, viene sempre piú sostituita dalla uni-
cità empirica dell’esecutore o della sua esecuzione. Certo, ciò non
avviene mai senza residui; il concetto di irripetibilità non cessa mai di
tendere oltre quello dell’attribuzione autentica. (Ciò si rivela con par-
ticolare evidenza nella persona del collezionista, il quale conserva sem-
pre alcuni tratti caratteristici del servo di un feticcio e che, attraverso
il possesso dell’opera d’arte, partecipa alla virtú cultuale di questa).
Fermo restando tutto ciò, la funzione del concetto di autenticità nella
considerazione dell’arte rimane univoco; con la secolarizzazione del-
l’arte, l’autenticità si pone al posto del valore cultuale.
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Nel caso delle opere cinematografiche la riproducibilità tecnica
del prodotto non è, come per esempio nel caso delle opere letterarie o
dei dipinti, una condizione di origine esterna della loro diffusione tra
le masse. La riproducibilità tecnica dei film si fonda immediatamente
nella tecnica della loro produzione. Questa non soltanto permette
immediatamente la diffusione in massa delle opere cinematografiche:
piuttosto, addirittura la impone. La impone poiché la produzione di un
film è cosí cara che un singolo in grado di possedere un dipinto, non è
in grado di possedere un film. Nel 1927 si è calcolato che un film impe-
gnativo, per diventare redditizio, doveva raggiungere un pubblico di
nove milioni di persone. Col film sonoro si è manifestata una tenden-
za inversa; il suo pubblico venne a trovarsi limitato dai confini lingui-
stici, e ciò avvenne contemporaneamente all’accentuazione degli inte-
ressi nazionali da parte del fascismo. Piú che registrare questa reces-
sione, che peraltro venne subito attenuata mediante la sincronizzazio-
ne, è importante considerare il suo nesso col fascismo. La contempo-
raneità dei due fenomeni si basa sulla crisi economica. Le stesse per-
turbazioni che, viste nel loro complesso, hanno portato al tentativo di
conservare con l’uso aperto della forza i rapporti di proprietà costitui-
ti, hanno indotto il capitale cinematografico ad accelerare i lavori pre-
liminari per la produzione di film sonori. L’avvento del film sonoro pro-
dusse un temporaneo sollievo. E ciò non soltanto perché il film sono-
ro indusse di nuovo le masse ad andare al cinema, ma anche perché esso
stabilí la solidarietà di nuovi capitali, che venivano dall’industria elet-
trica, col capitale cinematografico.
Cosí, visto dall’esterno, il cinema sonoro ha promosso gli interessi
nazionali, ma visto dall’interno ha internazionalizzato ancora di piú la
produzione cinematografica.
11
Questa polarità non può venir riconosciuta dall’estetica dell’i-
dealismo, il cui concetto di bellezza in fondo la definisce come indi-
stinta (e coerentemente la esclude in quanto distinta). Tuttavia, in
Hegel essa si annuncia con la chiarezza maggiore possibile nei limiti del-
l’idealismo. Nelle Lezioni sulla filosofia della storia si legge: «I dipinti
si avevano già da tempo: la religiosità ne aveva bisogno per la devo-
zione, ma non aveva bisogno di dipinti belli, anzi questi ultimi erano
perfino fastidiosi. Nel dipinto bello è presente anche un che di ester-
no, ma nella misura in cui è bello, il suo spirito si rivolge all’uomo; ma
in quella devozione, essenziale è il rapporto con una cosa, poiché essa
stessa non è altro che un oscurarsi, privo di spirito, dell’anima... L’ar-
te bella è... sorta nella chiesa stessa... benché... l’arte sia già cosí usci-
ta dal principio dell’arte» (Georg Friedrich Wilhelm Hegel, Werke,
Berlin und Leipzig 1832 sgg., vol. IX, p. 414). Anche in un passo delle
Lezioni di estetica Hegel ha avvertito il problema. In questo passo si
dice: «Noi abbiamo oltrepassato lo stadio in cui si onorano e si rivol-
gono preghiere alle opere d’arte; l’impressione che esse suscitano è di
un genere piú riflesso, e ciò che attraverso queste opere viene suscita-
to in noi richiede ancora una pietra di paragone piú alta» (ibid., vol.
X, p. 14).
Il passaggio dal primo genere di ricezione artistica al secondo deter-
mina l’evoluzione storica della ricezione artistica in generale. A pre-
scindere da ciò, è possibile reperire in linea di principio una certa
oscillazione, per ogni opera d’arte, tra quei due modi polari di ricezione
artistica. Cosí, ad esempio, per la Madonna Sistina. A partire dalla
ricerca di Hubert Grimme si sa che la Madonna Sistina era stata origi-
nariamente dipinta per essere esposta. Grimme fu indotto alle sue
ricerche da questa domanda: che cosa significa l’asse in primo piano,
su cui si appoggiano i due putti? Come può essere venuta a Raffaello
l’idea, si domandò inoltre Grimme, di munire il cielo di due tendine?
La ricerca dimostrò che la Madonna Sistina era stata commissionata in
occasione dell’esposizione in pubblico della salma di papa Sisto. L’e-
sposizione della salma dei papi avveniva in una certa cappella laterale
della basilica di San Pietro. Il quadro di Raffaello era stato esposto
posato sulla bara in questa solenne occasione, sullo sfondo a nicchia
della cappella. Raffaello rappresenta nel quadro la Madonna che, uscen-
do dallo sfondo della nicchia delimitata da due cortine verdi, si avvi-
cina, in mezzo alle nubi, alla bara del papa. Quindi l’alto valore espo-
sitivo del dipinto di Raffaello venne utilizzato in occasione della ceri-
monia funebre in onore di Sisto V. Dopo qualche tempo esso venne
sistemato sull’altar maggiore della cappella del convento dei Frati Neri
a Piacenza. La causa di questo esilio va reperita nel rituale romano. Il
rituale romano vieta che i dipinti esposti in occasione di una cerimo-
nia funebre diventino oggetto di culto su un altar maggiore. Cosí, in
seguito a questa norma, entro certi limiti l’opera di Raffaello subiva una
svalutazione. Tuttavia, per ottenere un prezzo adeguato, la curia si
decise a vendere e a tollerare tacitamente il quadro su un altar mag-
giore. Per evitare commenti il quadro venne ceduto al convento della
lontana città di provincia.
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Riflessioni analoghe, anche se su un altro piano, sono quelle di
Brecht: «Se il concetto di opera d’arte diventa inutilizzabile per defi-
nire la cosa che si ha quando l’opera d’arte si è trasformata in merce,
allora, con prudenza e cautela ma senza alcun timore, dobbiamo lasciar
perdere questo concetto, se insieme non vogliamo liquidare anche la
funzione della cosa stessa, poiché attraverso questa fase deve passare,
e senza riserve; non si tratta di una deviazione irrilevante dalla retta
via; bensí: ciò che cosí avviene la modificherà radicalmente, estin-
guerà il suo passato, a un punto tale che qualora il vecchio concetto
dovesse venir ripreso – e lo sarà, perché no? – non susciterà piú alcun
ricordo della cosa che un tempo designava» (Bertolt Brecht, Der Drei-
groschenprozess [Il processo da tre soldi], ripreso in Versuche 1-4 [Saggi 1-
4], Berlin und Frankfurt a. M. 1959, p. 295).
13
Abel Gance, Le temps de l’image est venu (L’art cinématographi-
que, II, Paris 1927, pp. 100-1).
14
Séverin-Mars, citato da Abel Gance (op. cit., p. 100).
15
Alexandre Arnoux, Cinéma, Paris 1929, p. 28.
16
Franz Werfel, Ein Sommernachtstraum. Ein Film nach Shake-
speare von Reinhardt [Sogno di una notte di mezza estate. Un film di
Reinhardt da Shakespeare], «Neues Wiener Journal», citato in LU 15
novembre 1935.
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«Il film... dà (o potrebbe dare): informazioni utilizzabili sulle
azioni umane nei loro particolari... Vien meno ogni motivazione sulla
base del carattere, la vita interiore dei personaggi non costituisce mai
la causa principale ed è di rado il risultato principale dell’azione» (Ber-
tolt Brecht, op. cit., p. 257). L’ampliamento del campo di ciò che è cer-
tificabile mediante test, ampliamento che l’apparecchiatura realizza
20
La modificazione, qui constatata, del modo di esposizione attra-
verso la tecnica riproduttiva, si fa sentire anche nella politica. L’attuale
crisi delle democrazie borghesi implica una crisi delle condizioni deter-
minanti per l’esposizione di coloro che governano. Le democrazie
espongono colui che governa immediatamente, con la sua persona, e lo
espongono di fronte ai rappresentanti del popolo. Il parlamento è il suo
pubblico! Con le innovazioni delle apparecchiature di ripresa, che per-
mettono di far sentire, e poco dopo di far vedere, l’oratore a un nume-
ro illimitato di spettatori, l’esposizione dell’uomo politico di fronte a
queste apparecchiature di ripresa assume un ruolo di primo piano. Si
svuotano i parlamenti, contemporaneamente ai teatri. La radio e il cine-
ma modificano non soltanto la funzione dell’interprete professionista
ma anche, e allo stesso titolo, quella di coloro che, come i governanti
interpretano se stessi. L’orientamento di questa modificazione è lo stes-
so, a parte i diversi compiti particolari, per l’interprete cinematografi-
co e per colui che governa. Esso persegue la produzione di prestazioni
verificabili, anzi adottabili, in determinate condizioni sociali. Ciò ha
come risultato una nuova selezione, una selezione che avviene di fron-
te all’apparecchiatura; da questa selezione escono vincitori il divo e il
dittatore.
21
Il carattere privilegiato delle tecniche in questione va perduto.
Aldous Huxley scrive: «I progressi tecnici hanno... portato alla volga-
rità... la riproducibilità tecnica e la stampa in rotocalco hanno reso pos-
sibile una moltiplicazione illimitata degli scritti e delle immagini. L’i-
struzione scolastica generale e gli stipendi relativamente alti hanno crea-
to un pubblico molto largo che è capace di leggere e che è in grado di
procurarsi oggetti di lettura e materiale illustrativo. Per produrre tutto
ciò si è creata un’importante industria. Ora, però, le doti artistiche sono
qualcosa di molto raro; da ciò consegue... che in ogni epoca e in ogni
luogo la maggior parte della produzione artistica è sempre stata sca-
dente. Oggi tuttavia la percentuale degli scarti nella produzione arti-
stica complessiva è maggiore di quanto sia mai stata... Ci troviamo di
fronte a una relazione aritmetica semplice. Nel corso del secolo scorso
la popolazione dell’Europa occidentale è aumentata di piú del doppio.
Ma il materiale letterario e figurativo è aumentato, a quanto mi è dato
valutare, in una proporzione che va da 1 a 20, e forse anche 50 o 100.
Se una popolazione di x milioni possiede n talenti artistici, una popo-
lazione di 2x milioni avrà 2n talenti artistici. Ora, la situazione può
essere descritta nel modo che segue. Se cento anni fa si pubblicava una
pagina a stampa occupata da materiale letterario e da illustrazioni, oggi
se ne stampano venti se non cento. Se d’altra parte, cento anni fa esi-
steva un talento artistico, oggi ne esistono due. Ammetto che, in segui-
to all’istruzione scolastica generale, oggi possono diventare produttivi
parecchi talenti virtuali che un tempo non sarebbero riusciti a svilup-
pare le loro doti. Poniamo dunque... che oggi ci siano tre o quattro
talenti artistici di contro a quell’uno di un tempo. Resta tuttavia indub-
bio che il consumo di materiale letterario e figurativo ha superato di
molto la naturale produzione di scrittori e di disegnatori dotati. Non
diversa è la situazione a proposito del materiale sonoro. La prosperità,
il grammofono e la radio hanno suscitato un pubblico che consuma in
modo del tutto sproporzionato rispetto all’incremento della popolazione
e quindi al naturale aumento di musicisti di talento. Risulta cosí come
in tutte le arti, in senso assoluto come in senso relativo, la produzione
di scarti sia maggiore di quanto fosse un tempo; e cosí sarà fintanto che
la gente continuerà a praticare un consumo sproporzionato di materiale
letterario, illustrativo e sonoro» (Aldous Huxley, Croisière d’hiver en
Amérique Centrale [Crociera d’inverno nell’America Centrale], Paris, pp.
273 sgg.). Evidentemente questo modo di vedere non è progressista.
22
Le audacie dell’operatore sono effettivamente comparabili a quel-
le del chirurgo. Luc Durtain, in un elenco di prodezze tecniche speci-
ficamente gestuali cita quelle «che sono necessarie nella chirurgia nel
corso di certi difficili interventi. Scelgo come esempio un caso tolto dal-
l’otorinolaringologia; alludo al cosiddetto procedimento prospettico
endonasale; oppure ricorderò l’acrobatico intervento che è costretta a
compiere la chirurgia della laringe, guidata dall’immagine della laringe
rovesciata nello specchio; potrei parlare anche della chirurgia dell’o-
recchio, che ricorda il lavoro di precisione degli orologiai. Quale ricca
serie di delicatissime acrobazie muscolari non è costretto a eseguire l’in-
dividuo che vuol riparare o salvare il corpo umano; si pensi anche sol-
tanto all’operazione della cateratta, in cui il bisturi lavora su tessuti
pressoché fluidi, oppure agli importantissimi interventi nella zona inte-
stinale (laparatomia)».
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Questo modo di considerare le cose può apparire goffo; ma come
dimostra il grande teorico Leonardo da Vinci, al momento opportuno
si può far ricorso anche a considerazioni goffe. Leonardo istituisce un
confronto fra la pittura e la musica: «Ma la pittura eccelle e signoreg-
gia la musica perché essa non muore immediate dopo la sua creazione,
come fa la sventurata musica [...] ... la musica, che si va consumando
mentre ch’ella nasce, è men degna della pittura, che con vetri si fa eter-
na» (Trattato della pittura, parte prima, § 25, 27).
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Se cerchiamo un’analogia a questa situazione, ne troviamo una,
molto istruttiva, nella pittura del Rinascimento. Anche qui troviamo
un’arte la cui incomparabile fioritura e la cui importanza si fondano non
in ultima istanza sul fatto che essa riesce a integrare tutta una serie di
nuove scienze o perlomeno di nuovi dati scientifici. Essa si serve del-
l’anatomia e della prospettiva, della matematica e della meteorologia
oltre che della teoria dei colori. «Che cosa è piú remoto da noi, – scri-
ve Valéry, – della singolare pretesa di un Leonardo, per il quale la pit-