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STORIA: IMPERIALISMO E COLONIALISMO MODERNO (1860-1914) LA CIVILTA EUROPEA SIMPONE SUL RESTO DEL MONDO Negli ultimi decenni

del secolo XX, la tendenza delle potenze europee a espandersi su scala planetaria, a costruire imperi coloniali nei territori doltremare, o ad estendere quelli gi esistenti, conobbe una forte accelerazione. Tuttavia, gi in passato lEuropa si era lanciata alla conquista del mondo, scontrandosi con molteplici civilt e differenti modelli culturali e politici, spesso non comprendendone il reale, inestimabile valore storico e mirando troppo arbitrariamente e ciecamente a imporre la propria verit e le proprie istituzioni. Lattuazione di politiche imperialistiche , infatti, risale agli albori della civilt; esempi classici furono limpero di Alessandro Magno e quello romano. Pi avanti nel tempo, tra il XV e il XIX secolo, in seguito alle esplorazioni geografiche, molti stati europei fondarono imperi che comprendevano colonie in Asia, Africa e America; questa prima forma di moderno imperialismo molto vicina al concetto di mercantilismo: tende infatti a creare situazioni di monopolio nei commerci della zona egemonizzata e di difesa dei benefici che essi generano. Dopo la met dellOttocento limperialismo conobbe nuovo impulso e si trasform da potere spesso informale, ricercato per vie diplomatiche o con i commerci, in vero dominio coloniale su gran parte dellAfrica, dellAsia e dellarea del Pacifico da parte delle potenze europee, degli Stati Uniti e del Giappone. Negli anni che vanno dal 1880 alla prima guerra mondiale, definiti anche come et dellimperialismo, non solo il processo di controllo e di conquista di nuovi mercati si velocizz, ma si ridefinirono da una parte i rapporti tra le potenze che vi agirono, che diventarono via via pi ostili, dallaltra cambiarono le idee dei popoli coinvolti dal fenomeno: nei paesi che attuavano politiche imperialiste si svilupparono spesso ideologie nazionaliste e razziste (ad esempio, in Francia e in Germania); nei paesi che le subivano si svilupparono invece grandi movimenti per lindipendenza (ad esempio, in Cina e in India). Nel XIX secolo, dunque, Imperi e imperatori erano realt di vecchia data, ma l'imperialismo era una novit assoluta. Il termine entr per la prima volta nel linguaggio politico britannico nel 1870-80, ed era ancora considerato un neologismo alla fine di quel decennio. Si impose di prepotenza nell'uso generale negli anni 1890 E. Hobsbawm.

Propriamente, con il termine Imperialismo ci si riferisce alla tendenza di una nazione ad imporre il suo dominio economico e ad influenzare la politica interna di altri paesi con l'obiettivo di avviare la costruzione di imponenti imperi economici. Per i paesi dominanti uno degli obiettivi principali di questo sistema era quello di ricavare dai paesi occupati una grande quantit di materie prime a costi bassi. Il termine usato talvolta per descrivere la politica di uno stato tesa al mantenimento di colonie e domini in terre lontane, anche se lo stato stesso non si considera un impero. In senso lato il termine imperialismo pu indicare una posizione intellettuale, che implicherebbe la convinzione che la conquista e il mantenimento degli imperi abbiano una valenza positiva; tale punto di vista spesso unito al presupposto di una superiorit culturale o di altro tipo intrinseca al potere imperiale. In epoca moderna, si intende per "imperialismo" lo stadio pi avanzato del capitalismo, iniziato nel 1898 e tuttora in corso. Limperialismo consiste nell'azione dei governi tesa a imporre la propria egemonia su altri paesi per sfruttarli dal punto di vista economico, assumendone il pieno controllo monopolistico delle fonti energetiche ed esportazione soprattutto di capitali.; esso si estrinseca nel colonialismo che rappresenta un aspetto della politica estera e militare dei paesi piu' potenti, i quali impiegavano i loro soldati per occupare i paesi piu' deboli. Infatti si pensava che uno stato per essere ritenuto davvero potente dovesse dare luogo ad un impero coloniale, guadagnando cos prestigio sulla scena internazionale. Colonialismo e imperialismo sono parole quasi intercambiabili durante questa fase ma in realt esse hanno un significato diverso: Il COLONIALISMO infatti solo una parte del fenomeno generale dell'IMPERIALISMO, ovvero la conquista diretta e formale con l'occupazione militare, l'insediamento consistente di cittadini conquistatori e la creazione di veri e propri protettorati politici. L'imperialismo invece travalica la presenza fisica del territorio occupato; il controllo avviene in modo indiretto e informale, ma non per questo con effetti meno invasivi per i popoli coinvolti. Inoltre mentre limperialismo un fenomeno nuovo, strettamente legato allevoluzione storica del XIX e del XX secolo, il colonialismo un fenomeno storico di lunga data, concretizzatosi a pi riprese e in diverse epoche, con diverse modalit, nel corso di tutta la storia dellumanit. La sua origine politico-culturale non ben delineata in quanto la definizione stessa di colonialismo coincide con fenomeni gi presenti nella storia sin dalla Grecia antica. Infatti l'occupazione di territori oltre i confini nazionali per trarvi beneficio economico e per influenzarne le scelte di politica interna era lo strumento principale con cui i grandi imperi dell'antichit usavano accrescere il loro potere. L'impero marittimo ateniese pose sotto la propria influenza tutte le citt bagnate dal Mar Egeo, costringendole ad una alleanza forzata e scavalcando le autorit locali, controll alcune zone del Mar Nero da cui otteneva le materie prime per mantenere la flotta. L'impero cartaginese sottomise con la forza gran parte delle popolazioni del Nordafrica e della Penisola Iberica utilizzando modalit non dissimili a quelle dei conquistadores spagnoli nelle Americhe e sfrutt intensamente le ricche miniere aurifere presenti in Spagna. I Romani adottando il famoso motto "divide et impera" divenirono i precursori della strategia bellica dei colonizzatori europei, volta a sfruttare a proprio vantaggio le rivalit presenti tra

le trib locali frammentando una potenziale difesa contro l'invasore che, quindi riesce spesso ad assoggettare vasti ed eterogenei territori impiegando ridotte risorse. Inoltre, come dimostrato dalle ricostruzioni storiche e dai ritrovamenti archeologici nelle regioni esterne dell'Impero, le legioni erano sempre seguite da nutriti gruppi di cartografi e coloni che una volta pacificata l'area si sarebbero poi insediate in citt di nuova fondazione. Generalmente, si intende usare questo termine riferendolo al fenomeno che prese il via a seguito delle prime spedizioni oceaniche degli esploratori europei. A partire proprio dalle importanti scoperte geografiche dei secoli XV e XVI, lespansione colonialistica delle varie potenze europee si pu suddividere in varie fasi generali in base a criteri storico-temporali e geografici: Colonialismo spagnolo: (1493, colonizzazione di Hispaniola - 1808, 13 stati indipendendenti nel sudamerica spagnolo), interess tutta l'area mesoamericana, vaste zone del Nordamerica sud-occidentale, la Florida, il Sudamerica (ad eccezione del Brasile) e le Filippine. Colonialismo portoghese: (1505, occupazione del Mozambico - 1815 nascita del Regno indipendente del Brasile), interess il Brasile, le coste africane con stabile presenza nel Golfo di Guinea, in Angola e nella costa orientale, l'India occidentale, Timor, Macao e le isole dell'Oceano Atlantico. Primo colonialismo francese: (1608, inizio colonizzazione della Nuova Francia - 1815, Congresso di Vienna e cessione di gran parte delle colonie alle altre potenze europee), interess il Quebec, la regione dei Grandi Laghi, le pianure del Mississippi e la Louisiana, in Nordamerica, Saint-Domingue nei Caraibi, la Guiana francese in Sudamerica, alcune isolette caraibiche e l'India occidentale (quest'ultima perduta insieme al Canada per mano degli inglesi nel 1757 come risoluzione della Guerra dei Sette Anni). Colonialismo olandese: (1619, fondazione Batavia o Giakarta - 1949 indipendenza indonesiana), interess l'attuale Indonesia (ad eccezione di Timor) ed alcune isole delle Piccole Antille. Fu olandese inoltre un insediamento nell'isola di Manhattan chiamato Nieuw Amsterdam (Nuova Amsterdam), che sarebbe poi stato ceduto agli inglesi diventando la futura New York. Primo colonialismo inglese: (1607, fondazione del primo insediamento permanente in America a Jamestown in Virginia - 1783, Trattato di Parigi, riconosciuta l'indipendenza degli Stati Uniti d'America), interess il Nordamerica orientale, la Nuova Scozia, la Terranova, la Terra di Rupert, le Bahamas, la Giamaica, il Belize e gran parte delle isole delle Piccole Antille. Colonialismo russo: (1581, Ermak comincia la colonizzazione dei territori oltre i Monti Urali - 1915, prima guerra mondiale e rivoluzione d'Ottobre), interess la Siberia, l'Alaska, l'Asia centrale ed il Caucaso (si escludono le annessioni in Europa) Secondo colonialismo inglese: (1753, inizio infiltrazione inglese in India - ), interess il Sudafrica, il Canada, l'India, Ceylon, la Malesia, l'Australia, la Nuova Zelanda, la Guiana occidentale e le isole atlantiche. Secondo colonialismo francese: (1830, inizio della conquista dell'Algeria - 1859, annessione di Saigon), interess l'Algeria, il Vietnam, la Guiana orientale, il Senegal, il Gabon, le isole di Tahiti e la Reunion. Terzo colonialismo inglese: (1870, nuova spinta colonizzatrice europea - 1956 inizio decolonizzazione possedimenti africani), interess il Bechuanaland (Botswana), la Rhodesia (Zambia), l'Uganda, il Kenya, la Somalia settentrionale, l'Egitto, il Sudan, la Nigeria, la Costa d'Oro, la Sierra Leone, il Gambia, lo Yemen, il Kuwait, la Birmania, la Papua, il Brunei, e molti archipelaghi polinesiani; si mantennero i precedenti possedimenti e si stabilirono insediamenti commerciali con la forza in Cina (risale a questo secolo l'acquisizione di Hong Kong dopo la guerra dell'oppio). Terzo colonialismo francese: (1860, inizio espansione nell'Africa Occidentale dal Senegal - 1962, indipendenza dell'Algeria), interess il Marocco, tutta l'Africa occidentale sahariana, la Mauritania, la Costa d'Avorio, il Congo, il Madagascar, il Laos, la Cambogia e la Nuova Caledonia. Come l'Inghilterra, anche la Francia impose la propria autorit commerciale ed economica in molti porti e fiumi cinesi. Colonialismo tedesco: (1870, fondazione dell'Impero tedesco e inizio dell'espansione nell'Africa Centrale e Meridionale seguendo la politica economica ed imperialistica di Bismarck - 1918, sconfitta nella Prima guerra mondiale e perdita delle colonie), interess il Camerun, la Namibia, il Togo e la Tanzania, contemporaneamente venivano stabilite delle teste di ponte in alcune isole dell'Oceano Pacifico, di cui le pi estese erano le intere zone settentrionali della Papua Nuova Guinea e le Isole di Bismarck, e sulla costa nord della Cina.

Primo Colonialismo italiano: (1869, acquisto della Baia di Assab, in Eritrea, da parte della societ Rubattino - 1905, istituzione della colonia di Somalia); interess il corno d'Africa e, pi precisamente, l'Eritrea, che divenne colonia nel 1890, e la Somalia, che divenne dapprima protettorato nel 1889 e poi colonia nel 1905. Secondo Colonialismo italiano: (1911, inizio Guerra Italo-Turca - 1912 fine guerra Italo-Turca); interess i possedimenti turchi della Tripolitania e della Cirenaica, oltre alle isole del Dodecaneso. Terzo Colonialismo italiano: (1935, Guerra di Abissinia - 1943, seconda Guerra Mondiale); interess principalmente l'Abissinia (odierna Etiopia), conquistata nel 1935-36, l'Albania, annessa nel 1939 e fin con le sconfitte della seconda guerra mondiale. E dunque solo a partire dal XIX secolo che la conquista territoriale comincia ad essere promossa sistematicamente dai centri di potere politico ed economico delle nazioni colonialiste. FASI DELLA CONQUISTA 1870-1885 grande spartizione 1885-1900 completamento spartizione

Le caratteristiche che distinguono questa nuova fase del colonialismo, ovvero quella dellimperialismo, dagli altri periodi della storia sono: 1. Dimensioni delle conquiste: l'intero pianeta. 2. Rapidit delle conquiste: in poche decine di anni. 3. Stati coinvolti: tutti i paesi europei + Usa e Giappone. 4. Epopea coloniale utilizzata verso la propria opinione pubblica a scopo di propaganda Mentre le prime fasi, quelle della colonizzazione tradizionale, erano rimaste legate soprattutto alliniziativa dei privati, in particolare delle grandi compagnie mercantili, la nuova espansione imperialistica viene assunta sempre pi come un obiettivo di politica nazionale da parte dei governi. L'imperialismo si diffuse soprattutto in Africa, nel sud-est asiatico e in Cina, attraverso lOceano Pacifico e dagli Stati Uniti nell'America centrale e nei Carabi. Le nazioni che godevano di ricche tradizioni e che erano depositarie di culture molto antiche, come la Persia, la Cina, lIndia e limpero ottomano subirono considerevoli restrizioni nellambito della loro sovranit e una spiccata dipendenza, nei riguardi delle potenze colonialiste La gran Bretagna fu una dei principali agenti di questo processo di espansione. Sin dal 1815 era considerata la prima potenza coloniale (Canada, India britannica, Australia, colonia del Capo e Ceylon). In considerazione della possibilit che la Gran Bretagna si impossessasse del monopolio dei mercati internazionali grazie alla sua politica di espansionismo indusse le altre potenze europee a una sfrenata corsa per la conquista delle fonti di materie prime e di nuovi mercati per i loro prodotti. Questa circostanza fu la causa di unintensa epoca imperialista, nella quale le dispute per i nuovi territori condussero con frequenza a conflitti armati tra le potenze colonialiste. Possedimenti coloniali delle grandi potenze (in milioni di Km. quadrati e in milioni di abitanti) Colonie 1876 Km2 Inghilterra Russia Francia Germania Stati Uniti 22,5 17,0 0,9 abit. 251,9 15,9 6,0 1914 Km2 33,5 17,4 10,6 2,9 0,3 Abit. 393,5 33,2 55,5 12,3 9,7 Metropoli 1914 Km2 0,3 5,4 0,5 0,5 9,4 Abit. 46,5 136,2 39,6 64,9 97,0 Totale 1914 Km2 33,8 22,8 11,1 3,4 9,7 Abit. 440,0 169,4 95,1 77,2 106,7

Giappone Le sei grandi potenze insieme Possedimenti coloniali di altri Stati (Belgio, Olanda, ecc.) Semicolonie (Persia, Cina, Turchia) Rimanenti paesi

40,4

273,8

0,3 65,0

19,2 523,4

0,4 16,5

53,0 437,2

0,7 81,5

72,2 960,6

9,9 14,5 28,0 Tutta la terra 133,9

45,3 361,2 289,9 1.657,0

Tra il 1800 e il 1878, i territori colonizzati dalle nazioni europee comprendevano un totale di 16.385.000 Kmq. I possedimenti coloniali crebbero a dismisura dopo il 1876, da 40 a 65 milioni di Km. quadrati, cio a pi di una volta e mezzo. Questo aumento ascende per le sei grandi potenze a 25 milioni di Km. quadrati, vale a dire una volta e mezzo la superficie della madrepatria (16 milioni e mezzo). Nel 1876 tre Stati non avevano alcuna colonia, e un altro, la Francia, quasi nessuna. Nel 1914 questi quattro paesi possedevano colonie per 14,1 milioni di Km. quadrati, cio circa una volta e mezzo l'Europa, con una popolazione di circa 100 milioni di uomini. Pertanto l'ineguaglianza dell'estensione dei possedimenti coloniali molto grande. Se si confrontano, per esempio, la Francia, la Germania e il Giappone, che non differiscono molto per superficie e popolazione, risulta che la Francia ha acquistato, come superficie, quasi tre volte pi di colonie che la Germania e il Giappone presi insieme. Ma la Francia all'inizio del detto periodo era assai pi ricca di capitale finanziario che non, forse, la Germania e il Giappone presi insieme. Oltre alle condizioni economiche, e in base a queste, influiscono sulla grandezza del possesso coloniale anche le condizioni geografiche, ecc. Bench negli ultimi decenni sia avvenuto, sotto l'influenza della grande industria, dello scambio e del capitale finanziario, un forte livellamento in tutto il mondo, e si siano pareggiate nei vari paesi le condizioni di economia e di vita, tuttavia persistono non poche differenze. Tra i sei paesi summenzionati troviamo dei giovani paesi capitalisti in rapidissimo progresso, come l'America, la Germania e il Giappone; altri in cui il capitalismo antico, e che negli ultimi tempi si sono sviluppati assai pi lentamente dei primi, come la Francia e l'Inghilterra, e infine un paese, la Russia, il pi arretrato nei riguardi economici, dove il pi recente capitalismo imperialista , per cos dire, avviluppato da una fitta rete di rapporti precapitalistici. Accanto ai possedimenti coloniali delle grandi potenze si situano le piccole colonie degli Stati minori, le quali formano l'oggetto pi immediato, per cos dire, di una possibile e probabile nuova "spartizione" delle colonie. Per la maggior parte questi Stati minori conservano le loro colonie soltanto grazie all'esistenza fra i grandi Stati di antagonismi d'interessi e di attriti, che impediscono un accordo per la divisione del bottino.

Il Magreb e l'Egitto sotto la tutela europea In questo periodo, la decadenza dell'Impero Ottomano suscit ambizioni espansionistiche da parte delle potenze europee nellAfrica del Nord e in Egitto. L'Algeria, conquistata dalla Francia a partire dal 1830, divent una colonia nel 1847, dopo la sconfitta dell'emiro Abd El-Kader. Il Marocco, lott per liberarsi dalla pressione straniera. Tuttavia, nonostante gli sforzi del re, le continue interferenze tra Francia, Spagna e Germania finirono per annullarne lo spirito indipendentista, riducendo il paese alla condizione di doppio protettorato. La Tunisia, alla quale la Sublime Porta (listanza suprema nell'Impero Ottomano) aveva concesso lautonomia nel 1871, divenne un protettorato francese nel

1881, determinando tensioni con l'Italia. L'Italia intraprese unintensa attivit diplomatica per ottenere un posto tra le altre potenze coloniali. Cos, nel 1902, appena due giorni dopo aver stipulato la Triplice Alleanza con Germania e Austria, firm con la Francia un accordo segreto con il quale entrambi i paesi si sarebbero spartiti le zone dinfluenza nellAfrica del Nord: il Marocco per la Francia e la Libia per l'Italia. Quando ci fu una crisi tra Francia e Germania per il dominio sul Marocco nel 1911, l'Italia vide loccasione giusta per passare allazione. La guerra con i turchi si prolung fino al patto di Losanna del 18 ottobre 1912 e la Turchia rinunci alla sovranit sulla Libia. In Egitto, il pasci Mehmet Ali, che aveva ottenuto una notevole autonomia dallimpero ottomano intraprese, a partire dal 1806, una politica riformista con lappoggio finanziario di inglesi e francesi. Queste iniziative accrebbero a dismisura il debito egiziano. La rovina economica e una sfortunata guerra con l'Etiopia (1875-1877) obbligarono lo sceicco Ismail a richiedere laiuto dei suoi creditori. La Gran Bretagna e la Francia assunsero cos la gestione del debito mettendo sotto controllo il tesoro egiziano e esercitarono pressioni nei riguardi della Sublime Porta affinch allo sceicco Ismail subentrasse il figlio Muhammad Taufiq. L'influenza occidentale fece nascere movimenti nazionalisti che nel 1881 organizzarono una ribellione. Taufiq chiese aiuti ai governi inglese e francese per soffocare la rivolta, ma ottenne che la flotta britannica bombard Alessandria nel 1882. Lesercito britannico, dopo aver sconfitto i ribelli a El-kebir, occup tutto il paese, nonostante le proteste di turchi e francesi. Gli inglesi governarono l'Egitto per ventanni con unamministrazione indiretta. Allo scoppio della prima guerra mondiale, l'Impero Ottomano si dichiar alleato della Germania, pertanto la Gran Bretagna trasform l'Egitto in un protettorato inglese. La spartizione dell'Africa

Nella prima met del XIX secolo, l'Africa continuava ad essere un continente sconosciuto e misterioso. La colonizzazione del continente nero si limitava alle fasce costiere e ai delta dei grandi fiumi. A partire da queste aree le potenze coloniali avevano stabilito una fitta rete di insediamenti commerciali, in concorrenza fra di loro per lo sfruttamento delle materie prime e per il commercio degli schiavi. La realt africana cominci a cambiare grazie ai viaggi degli esploratori (come David Livingston che esplor per primo la zona dello Zambesi; gli inglesi Burton e Speke, che raggiunsero le sorgenti del Nilo e aprirono la via dei grandi laghi equatoriali; H.M.Stanley, che esplor il bacino del Congo e pose le basi per la successiva conquista belga della regione; Pietro Savorgnan di Brazz, che apr la strada alla penetrazione francese in Africa Equatoriale; Karl Peters, che esplor lAfrica Orientale per conto del governo tedesco), che, attraverso le societ geografiche trasmettevano informazioni riguardanti le inesauribili ricchezze contenute in quei territori vergini. Fu allora che le cancellerie europee cominciarono la grande colonizzazione del continente africano. Nell'Africa australe, la politica di abolizione dello schiavismo e la ripartizione delle terre messa in atto dalla Gran Bretagna moltiplic i suoi conflitti con i boeri - i coloni di origine olandese - nella colonia del Capo, occupata dai britannici sin dal 1806. Tra il 1834 e il 1839, pi di 10.000 boeri furono protagonisti della grande migrazione verso lentroterra dove, in seguito a feroci lotte contro le trib locali dei Matabele e degli Zulu, fondarono la repubblica del Transvaal, lo stato libero di Orange e la repubblica di Natal. La scoperta dei ricchi giacimenti doro e di diamanti nel Transvaal provoc larrivo in massa degli immigrati inglesi. Nel 1890 la Compagnia Britannica del Sudafrica ottenne i diritti di sfruttamento delle miniere, e questo nuovo motivo di frizione degener nella guerra boera che si concluse con ladesione dei nuovi territori allimpero britannico. I conflitti tra i colonizzatori obbligarono gli Ottentotti a ritirarsi nel deserto del Kalahari e i Griqua a nord del fiume Orange. Nell'Africa occidentale la gran Bretagna disponeva di basi commerciali in Gambia, nella Sierra Leone e nella Costa dOro (Ghana). Nella Costa dOro, i britannici, alleati delle trib Fanti della costa, si scontrarono con la confederazione militare Ashanti, la cui economia era stata danneggiata dallabolizione del commercio degli schiavi. Daltro canto la sottomissione del regno yoruba ai Fulbe consent nel 1861 linsediamento dei britannici nello strategico porto di Lagos e lassunzione del Benin, nella zona orientale. A differenza della dominazione britannica, che in Africa impose le colonie di sfruttamento come formula di dominazione interposta, i francesi fondarono la loro espansione coloniale sul centralismo amministrativo e sullassimilazione culturale delle popolazioni assoggettate, da inglobare in una grande Nation franaise. Il Senegambia era l'esempio di questidea. Sotto giurisdizione francese sin dal 1815, era rappresentata da un deputato presso lAssemblea Nazionale. Con labolizione della schiavit, nel 1848, sorsero i primi tentativi di instaurare uneconomia tropicale fondata sulla coltivazione delle arachidi. Nella Costa dAvorio, la Francia cre gli insediamenti Grand Bassam (1843) e di Assinie, e nellAfrica equatoriale, dove anche la Spagna aveva delle colonie (Rio Muni, Fernando Poo e Annobn), la marina francese fond nel 1848 la citt di Libreville (Gabon), alla foce dell Ogowe, per accogliere gli schiavi resi liberi. La Gran Bretagna aveva fatto lo stesso a Freetown (Sierra Leone). Dal 1847 la Liberia era uno stato indipendente composto da una popolazione di schiavi liberati provenienti dagli Stati Uniti. Nella

prima met del XIX secolo in Africa sopravvivevano ancora stati e regni che conformavano il profilo socio-politico della fase precoloniale. Nel bacino meridionale del Congo esistevano i regni Baluba, Balunda e Bakumba. Pi a nord nella regione dei Grandi Laghi, il regno Batutsi, del Ruanda e lo stato del Buganda, del re Sunna II, lottarono contro la penetrazione araba che avanzava dalla citt costiera di Zanzibar. Nel Madagascar, il sovrano Madama I, appoggiato dalla Gran Bretagna, sottomise i due terzi del vasto territorio insulare. Le islamizzate trib dei Fulbe lanciarono con successo una guerra santa contro le citt haussa di Gobir e Kano giungendo a dominare tutto il territorio compreso tra Darfur e il Senegal inferiore, Timbuct e Adamaua. Tra il 1847 ed il 1861, i francesi arrestarono l'invasione Fulbe del Senegambia. Alcuni decenni pi tardi, i sudanesi, grazie alla loro guida religiosa Muhammad Ahmad, il Mahdi (restauratore dell'Islam sulla terra), opposero un feroce resistenza alle truppe britanniche. Tra il 1847 e il 1877, il britannico Henry Morgan Stanley a nome dell'Associazione internazionale africana, fondata dal re Leopoldo II del Belgio, assunse il controllo del bacino del fiume Congo. Ma quella regione era ambita anche dal Portogallo, con lappoggio della gran Bretagna e della Francia. Il cancelliere tedesco Bismark propose una grande conferenza a Berlino per regolamentare la spartizione. Vi parteciparono 12 stati europei, limpero ottomano e gli Stati Uniti. La conferenza, svoltasi tra il 1884 e il 1885 riconobbe lo stato del Congo belga, sotto la sovranit personale del re Leopoldo II; fiss i confini del Congo francese e delle enclave portoghesi e proclam la libert di commercio e navigazione lungo i fiumi Niger e Congo. Lintenzione esplicita degli atti della conferenza era che ogni territorio sarebbe diventato dominio effettivo della colonia che si era impossessata di esso. Il principio, che rendeva non pi valide le esplorazioni come formula per ottenere i diritti territoriali, autorizzava ciascuna potenza coloniale a proseguire la sua espansione verso lentroterra fino ai confini del dominio di unaltra. Veniva dunque fissata la spartizione dell'Africa (scramble for Africa) che in seguito sarebbe diventata la causa di violenze e dispute tra le potenze coloniali nonch di rivolte anticolonialiste. I desideri imperialistici britannici configuravano una mappa ideale. La loro intenzione era infatti di creare un grande impero coloniale dallEgitto fino alla colonia del Capo, ma sulla loro strada si scontrarono con gli interessi di altri rivali. Per esempio in Tanzania, un territorio sotto la giurisdizione tedesca. L'incidente venne risolto con la firma del trattato di Helgoland, nel 1890 in cui la Gran Bretagna rinunciava alle sue aspirazioni in Tanzania. Forse la crisi di Fashoda (Sudan) nel 1898 fu uno degli episodi che possono spiegare con maggior chiarezza la collisione tra le potenze europee nel continente africano. Di fatti anche la Francia nutriva un sogno africano: la sua ambizione era quella di costruire un grande impero dal Senegal alla Somalia, dalloceano Atlantico a quello Indiano. Questo progetto parallelo sfum in Sudan, dove i Britannici erano in guerra contro i ribelli islamici (Mahdisti). I francesi anchessi interessati a soffocare la rivolta allo scopo di controllare il Sudan inviarono un corpo di spedizione che fu sconfitto a Fashoda dalle truppe britanniche provenienti dall'Egitto. Il conflitto franco-britannico si concluse solo con la firma dellentente Cordiale del 1904. La Francia riconobbe la sovranit britannica su [[Egitto e Sudan, e in cambio ottenne la libert di azione in Marocco. La Francia forgi gran parte del suo impero nellAfrica Occidentale e nel 1885 venne creato il governo centrale dell'Africa occidentale francese, al quale furono annessi i protettorati della Costa d'Avorio e del Dahomey. Nel 1908, lunione delle quattro regioni del Gabon, del Congo centrale, dell Ubangui e del Ciad diede vita al governo centrale dellAfrica equatoriale francese; loccupazione quasi sempre pacifica di questi territori fu opera dellesploratore generale commissario Brazza che si oppose a una colonizzazione esercitata dalle compagnie private. Larea francofona venne poi completata con la Somalia francese, il Madagascar e larcipelago delle Comore nel 1912. L'Eritrea, la Somalia e la Libia formavano l'impero coloniale italiano, ma le ambizioni italiane di formare un protettorato in Abissinia nel cosiddetto Corno d'Africa crollarono nel 1896, quando il corpo di spedizione italiano fu sconfitto ad Adua dal negus (imperatore) Menelik. Il Portogallo mantenne le colonie della Guinea, dell'Angola, del Mozambico e So Tom. Il processo di colonizzazione in Oceania Nel 1788 arriv in Australia il primo convoglio di detenuti britannici e s'insedi a Port Jackson dove fu fondata la colonia penale del New South Wales. La lontananza dell'Australia raffredd qualsiasi intenzione coloniale fino alla perdita dei possedimenti inglesi in America del Nord. Dopodich, la Gran Bretagna utilizz questo continente per relegare membri della sua popolazione penitenziaria. Una nuova colonia penale venne poi fondata in Tasmania nel 1825. Nel 1830 erano gi pi di 58.000 i reclusi britannici che scontavano la loro pena in Australia. I primi coloni liberi giunsero a partire dal 1793, e nel corso del XIX secolo cominci a conformarsi il profilo di una societ coloniale divisa in squatters, gli allevatori, e settlers, gli agricoltori, con laggiunta dei deportati. La convivenza di questi gruppi degener spesso in conflitti armati. Convinti della necessit di ampliare i loro territori, i coloni australiani avanzarono verso lentroterra: gli allevatori, alla ricerca continua di vasti pascoli per le loro greggi di ovini, e gli agricoltori con lintenzione di trovare nuove terre da coltivare. I reclusi vennero destinati in Tasmania che nel 1840 per decisione el governo britannico che ne proib il trasferimento in Australia. Nella loro avventura colonizzatrice, i nuovi arrivati si scontrarono con una popolazione aborigena dalla pelle scura che poteva vantare di una ricchissima tradizione culturale. I coloni li espulsero dalle loro terre con la stessa ferocia con cui distrussero la flora e la fauna autoctone, rimaste vergini per migliaia di anni. Gli aborigeni si dovettero trasferire nella zone pi inospitali del continente, dove le possibilit di sopravvivenza erano minime. La fame, le malattia portate dalluomo bianco e i massacri ne ridussero drasticamente la popolazione. Attraverso lAustralian Colonies Governement Act del 1850, alle colonie: Tasmania, Queensland, New South Wales, Southern Australia, Western Australia, Victoria venne concessa una notevole autonomia. Lesplorazione sempre pi intensa dellAustralia stimol lavvicinamento delle colonie che misero da parte le rivalit e puntarono alla costituzione di uno stato federale, fondato sullunit della lingua inglese. L1 Gennaio del 1901 venne costituito il Commonwealth of Australia che passo dallo statuto di colonia a

quello di dominion. Nel 1840 le due isole che formano la Nuova Zelanda diventarono una colonia inglese. In principio gli inglesi simpegnarono a rispettare le propriet dei maori, ma il massiccio arrivo di europei dal 1870provoc una drastica riduzione dello spazio vitale delle trib indigene. Nel 1907 fu creato il Commonwealth of New Zeland. Invece i tedeschi furono i primi a colonizzare le isole del pacifico stabilendo, a partire dal 1884, basi commerciali a Samoa e in Nuova Guinea per sfruttare il pregiato olio di copra. Con la sconfitta tedesca nella prima guerra mondiale, la nuova Guinea pass sotto il controllo dellAustralia e la Nuova Zelanda simpossess di un cordone di isole situate nelle vicinanze. La disputa per l'Asia meridionale All'inizio del XIX secolo la Persia e l'Afghanistan, sottomessi ai Safawida e ai Mongoli, costituivano, un interessante obiettivo per le potenze europee. La Russia e la Gran Bretagna erano in corsa per la conquista del dominio dell'Asia meridionale e orientale. In Persia la dinastia dei Qadjar regn fino al 1925, con lappoggio interessato di russi e britannici. Tra il 1801 e il 1828 la Russia si annesse vari territori della zona settentrionale della Persia, tra cui la Georgia, il Daghestan e altre regioni del Caucaso. Ogni tentativo per liberarsi dalla dominazione russa fall a causa della netta superiorit dellesercito zarista durante le guerre russopersiane del 1804-1813 e del 1826-1828. Nel 1834 le ricche concessioni a favore dei russi passarono in mano ai britannici a causa della sconfitta della guerra per il dominio di Herat, nell'Afghanistan britannico. Nel 1888 la Russia fu risarcita nella spartizione persiana attraverso lottenimento di concessioni nel settore delle comunicazioni e bancario. La dominazione straniera provoc proteste, perci nel 1907 britannici e russi risolsero le loro controversie con la firma di un trattato che divideva la Persia in tre zone dinfluenza: una neutrale, una russa che comprendeva l'Iran settentrionale e centrale con Teheran e Isfahan, e una britannica che comprendeva la Persia sud-orientale che confinava ai domini britannici in India. Il dominio del sud-est asiatico La Francia diede inizio alla sua presenza nel sud-est asiatico con il porto vietnamita di Turane e lisola di Pulo Condor. Nel 1802 l'imperatore Gia Long garant ai francesi la piena libert di commercio, l'esclusione di altre potenze europee nel Vietnam e il rispetto dell'evangelizzazione operata dai missionari francesi. La repressione contro i missionari provoc l'entrata in azione della marina francese che nel 1861 si impossess di Saigon. Limperatore Tu-Duc cedette la Cocincina orientale alla Francia nel 1862 e autorizz le sue navi a navigare fino alla Cambogia. Nel 1877 i francesi si impossessarono della parte occidentale della Cocincina, ma i loro obiettivi divent la zona del delta del Fiume Rosso (Hong Ha), nel Tonchino. Nel 1875, con la firma del Trattato di Saigon, la Francia ottenne il permesso di navigare sul Fiume Rosso e lautorizzazione di attraccare le proprie navi nei porti di Haiphong, Hanoi, Qui-nhon. Durante le loro incursioni lungo il Mekong, i francesi penetrarono in Cambogia, paese che subiva gli attacchi dei Tai del Siam. Nel 1887 la Francia cre lUnion Indochinoise formata da una colonia, la Cocincina e tre protettorati, ossia Annnam, Tonchino e la Cambogia. Nel 1893, ader allUnione Indocinese anche il Laos. Nel 1893 il Siam rinunci a qualsiasi diritto sul Laos oltre il fiume Mekong e la Francia pot cos completare il suo impero nel Sud Est Asiatico. Nel 1841, il Sultano del Brunei regal la regione di Sarawak, sulla costa settentrionale del Borneo al britannico James Brook, temendo un incursione olandese. Nel 1888 Londra vi stabil un protettorato. Nel 1929, una compagnia Olandese vi scopr il petrolio. Durante il XIX secolo, i regni della Penisola della Malacca dovettero affrontare forti pressioni colonialiste. Il Siam controllava una parte della zona settentrionale. A loro volta i Britannici mantenevano gi da alcuni decenni insediamenti costieri a Penang, in Malacca e a Singapore. A partire dal 1867 la Gran Bretagna decise di concordare con ciascun regno trattati di protezione che in seguito vennero estesi a tutta la Penisola. Nel 1824 gli olandesi videro limitare la loro influenza dalla presenza britannica nell arcipelago indonesiano. LOlanda si annesse Bali nel 1850, il Borneo fu sottomesso nel 1863, ad eccezione del sultanato del Brunei. La Spagna non reag di fronte alla crescente influenza delle altre forze occidentali nel Sud est asiatico. Dopo aver sostenuto una disastrosa guerra con gli Stati Uniti, nel 1898 la Spagna firm un accordo segreto con cui cedeva il possesso delle isole agli statunitensi in cambio di 20 milioni di dollari. L'India: il gioiello della corona L'India fu l'orgoglio dell'Impero Britannico, un subcontinente che per pi di 150 anni fu un vasto mercato per i prodotti britannici e un inesauribile fornitore di materie prime, a vantaggio del potente sistema commerciale e industriale della madre patria. Il primo passo verso la trasformazione in colonia fu la l'approvazione, nel 1784, dell'Indian Act, che concedeva ai governatori generali della Compagnia delle Indie Orientali la facolt di agire in nome del governo di Londra. Sotto il controllo di tale compagnia rest l'India fino al 1858, anno in cui, con lo scioglimento della Compagnia, l'India divenne a tutti gli effetti colonia britannica. Il Governement of India Act del 1858, infatti, ratific la fine dell'impero Moghul, dopo la deposizione dell'ultimo imperatore Muhammad Bahadur Shah, e trasform l'India in una colonia britannica sotto il mandato di un vicer. Quali le conseguenze del dominio europeo del mondo?

Se dal versante dei conquistatori i vantaggi furono molto diversificati a seconda del paese, e in generale NON FURONO FONDAMENTALI per lo sviluppo e la modernizzazione; dal versante dei conquistati l'imperialismo rappresenta il cataclisma fondamentale della civilt non occidentale: fu un momento drammatico e decisivo che un allo sfruttamento materiale la distruzione culturale: La conquista del globo da parte della minoranza sviluppata trasform immagini, idee e aspirazioni sociali, con la forza e le istituzioni, con l'esempio e con i mutamenti sociali. Probabilmente il fenomeno del colonialismo/imperialismo 1860-1914 , nel suo complesso, la pagina pi tragica nella millenaria storia dell'umanit. A differenza dell'abisso hitleriano questa non ha avuto alcun riscatto, alcuno stop, alcuna rinascita, alcun giorno della memoria. Tutto quello che seguito stato segnato irreparabilmente e drammaticamente da quella sconvolgente esperienza. Il mito di una vocazione imperiale delle singole nazioni si leg a quello di una vera e propria missione nel mondo della civilt europea nel suo complesso, quella cio di redimere le popolazioni selvagge ed esportare la civilt, il progresso e la modernit europee per migliorare il mondo.

DISTRUZIONE COMUNITA' LOCALI Le societ investite dall'occupazione europea sono distrutte e stravolte. All'inizio espropriazione delle terre comuni e concessione ai capi-trib di alcuni privilegi e propriet. Il principio della propriet privata spesso assente in comunit fondate sull'uso e la condivisione collettiva dei beni naturali fu l'elemento in grado di sgretolare il sistema economico, ma anche mentale e pratico di socializzazione in uso da secoli. Con l'attribuzione dei beni di propriet privata fu introdotto l'obbligo della fiscalit, altro aspetto sconosciuto per la gran parte dei popoli extra-europei. La colonizzazione port ad alcune novit che annientarono la cultura e la vita sociale di intere regioni continentali: chiamarono civilizzazione la "conversione non tanto alla religione cattolica (che fu un aspetto ideologico importante) quanto all'obbligo del lavoro e del pagare le tasse. L'alta fiscalit obbligava a lavorare e produrre e scambiare sul mercato. DIVIDE ET IMPERA Gli europei furono abili a sfruttare le rivalit tribali per semplificare il controllo del territorio. Era un espediente tipico mantenere l'ordine con corpi speciali formati da soldati di etnie rivali. In India ad esempio mussulmani e ind avevano convissuto pacificamente per secoli. Gli inglesi giocarono sulla rivalit facendo di tutto per mettere contro le due principali culture del sub-continente. Lo stesso avvenuto in Palestina. LAVORO COATTO (schiavismo) L'esempio pi clamoroso per comprendere questo aspetto della colonizzazione quello del Congo . Alla conferenza di Berlino del 1885 il Congo fu dichiarato indipendente e posto sotto protettorato del Belgio di Leopoldo II. Fu un espediente per evitare che il territorio ricchissimo di materie prime fosse causa di una guerra tra le grandi potenze Francia, Gran Bretagna e Germania. Apparentemente il Belgio gioca un ruolo positivo, con un vero e proprio mandato di civilizzatore. In realt il Congo diventa una zona franca del super-sfruttamento, in cui le popolazioni indigene sono ridotte in schiavit e private di qualunque porzione delle ricchezze ricavate dal commercio del caucci e dell'avorio. Gli africani costruirono strade, barche, casee tutto quello che era funzionale all'economia belga ed europea in generale. In quel caso lo sfruttamento fu cos brutale che l'opinione pubblica del vecchio continente mise sotto pressione Leopoldo II fino a rimettere il mandato di civilizzazione. URBANESIMO (espulsione dei contadini dalle campagne) Le monoculture estensive imposte a territori conquistati portarono a due importanti conseguenze: rendere i paesi colonizzati dipendenti in tutto e per tutto dalla madre patria distruggere la capacit di autosostentamento ed estromettere i contadini dalle campagne. Questo secondo aspetto port alla nascita caotica di enormi agglomerati urbani senza che, come era successo alcuni decenni prima nella vecchia Europa, ci fosse il bench minimo accenno di sviluppo industriale. Calcutta, Saigon, Shangai, Nairobi sono solo esempi di citt figlie del colonialismo. GENOCIDIO La civilt occidentale ripete su scala planetaria quanto fatto in America Latina dai conquistadores spagnoli. Ovvero realizza un vero e proprio genocidio. Il caso pi evidente quello dello sterminio dei pellerossa nell'avanzata verso il far west. Qual era il problema della convivenza tra i (pochi) europei in avanzata verso ovest e i (pochi) nativi americani gi presenti in un territorio immenso? Il problema era che i nativi americani erano impermeabili ai valori dei conquistatori:

lavorare convertirsi alla religione cristiana Per questo agli occhi degli europei sembrarono non-umani e quindi tranquillamente sterminabili. L'ideologia che guid il terrificante genocidio dei pellerossa ben riassunta celebre detto western: un buon indiano un indiano morto. La storia degli aborigeni australiani e neozelandesi non si discosta di molto: significativo infatti come le leggi aborigene non furono riconosciute dai nuovi arrivati che si impegnarono ad applicare le loro leggi. Cos il diritto britannico considerava terra di nessuno il territorio abitato dagli aborigeni e fuorilegge chi lo occupava abusivamente. Lo sterminio fu legalizzato e, in un certo senso, anestetizzato per la coscienza dei conquistatori. Ma non solamente l'impero britannico ad essersi macchiato di terribili operazioni di pulizia etnica. La Germania pu vantare il caso emblematico del popolo HERERO nell'odierna Namibia: villaggi di pastori trasferiti in campi di concentramento e qui sterminati. Un episodio tornato recentemente (2004) agli onori della cronaca per le scuse ufficiali del governo di Boon. Anche l'Italia fece la sua parte. In ritardo, ma non fu da meno. In Libia a partire dal 1923 fu attuata la politica dello sterminio contro il popolo dei SENUSSI. Ancora pastori e semi-nomadi deportati in massa ed eliminati fisicamente dal territorio che avevano sempre abitato. Dunque, quasi tutte le conquiste coloniali furono segnate dalluso sistematico e indiscriminato della forza contro le popolazioni indigene, da un campionario di crudelt sconosciuto agli ultimi conflitti combattuti sul vecchio continente. Soprattutto nellAfrica nera, dove pi schiacciante era la superiorit tecnologica degli europei, le frequenti rivolte delle popolazioni locali contro i nuovi dominatori si concludevano spesso con veri e propri massacri. Le trasformazioni economiche apportate avvennero a prezzo di un continuo depauperamento di risorse materiali e umane, di un vero e proprio sfruttamento coloniale; esse portarono alla rottura dei locali sistemi economici di pura sussistenza basati sul circolo vizioso dellautoconsumo e della povert, stravolgendo il meccanismo produttivo modellato in funzione del mercato interno. Le trasformazioni tecnologiche, sociali, religiose e linguistiche prodotte dalla presenza degli europei alterarono dalle fondamenta non solo gli equilibri immobili delle comunit di trib e di villaggio, ma gli stessi universi culturali che ne erano espressione. Interi sistemi di vita, di riti e di credenze, di costumi e di valori entrarono rapidamente in crisi. In moli casi, in cui mancava una tradizione scritta, ne rimasero a malapena le tracce. IL DIBATTITO STORIOGRAFICO SULLIMPERIALISMO E LE SUE CAUSE Il fenomeno dell'imperialismo scaturisce in primo luogo da cause di tipo politico e di tipo ideologico, incanalate, articolate, ampliate ed inserite in un pi generale disegno economico. Tale desiderio di espansione dovuto ai cambiamenti della situazione economica e non solo. anche legato a motivazioni politiche e persino ideologiche,che variavano a seconda della situazione del paese colonizzatore e dei paesi da colonizzare. Sul piano ideo-politico l'imperialismo dovuto all'affermarsi di atteggiamenti nazionalistici tesi ad esaltare i caratteri ritenuti originali della propria nazione che non si configurano come il nazionalismo degli inizi 1800, e cio caratterizzato dalle tensioni indipendentistiche, ma ormai ornato (e quindi svilito) da quel sentimento di "prestigio" tanto agognato dalle precellenti nazioni europee. A tutto ci era congiunta una radicata convinzione di una presunta superiorit biologica della propria razza rispetto alle popolazioni di quei paesi che non riuscivano a dare lo slancio alle loro economie, e in particolare ci riferiamo ai popoli africani. A tale proposito riportiamo un pezzo di quanto detto in un corso di geografia universale del 1850: "E' sentenza quasi UNIVERSALE dei fisiologi che gli uomini di razza nera hanno, per natura, breve l'intelletto! Ora, pur senza negare che anche i Negri possono incivilirsi, comunque certo che quella civilt sar sempre inferiore alla nostra, perch inferiore realmente la forza della mente di quelle genti [...] Dobbiamo aiutare, istruire, assistere i Negri; siamo in dovere di farlo perch sono nostri fratelli." Paesi che recentemente avevano conseguito un solido sviluppo economico, al quale si era aggiunto anche l'elemento di un capitalismo che non era pi "industriale" ma "finanziario" (cio sorretto da prestiti da parte di istituti di credito), ritenevano l'espansione verso territori d'oltremare una buona causa per: a)impossessarsi dei beni a basso costo; b)opportunit di investimento dei capitali in territori nei quali era possibile avviare attivit ad alto profitto. ...gli uomini e ancor pi gli Stati hanno sempre voluto il dominio per se stesso (Raymond Aron, Pace e guerra tra le nazioni, 1970)

Contesto economico e culturale


Passaggio dal capitalismo concorrenziale al capitalismo organizzato e al protezionismo estensione territoriale

extraeuropea come possibilit di nuovi sbocchi commerciali alle produzioni nazionali, penalizzate dalla chiusura dei principali mercati nazionali e dalle guerre doganali in Europa nonch possibilit di assicurarsi importanti rifornimenti di materie prime a basso costo

Sviluppo e diffusione nella cultura europea del nazionalismo, del razzismo e del mito della missione civilizzatrice degli

Europei, in base alla loro presunta superiorit razziale

In particolare i fattori che favorirono la corsa alle colonie furono: GLOBALIZZAZIONE DELL'ECONOMIA. Per la prima volta esiste una unica economia mondiale (oggi detta prima globalizzazione a fronte dell'attuale globalizzazione, che sarebbe la seconda). I paesi non industrializzati entrarono nell'orbita dei processi industriali grazie anche a comunicazioni pi veloci - come fornitori di materie prime: intere economie furono orientate alle produzioni utili ai paesi colonizzatori, distruggendo la struttura pre-esistente e riducendo quasi tutto il lavoro a uno o due prodotti per l'esportazione; intere regioni furono stravolte per adattare l'ambiente e la popolazione all'estrazione di metalli o caucci oppure per avviare monoculture estese per i mercati del nord del mondo. Infine, ma questo aspetto secondario, servirono anche come mercati in cui piazzare le merci, in genere prodotti finiti, usciti dalle fabbriche europee. RISCATTO NAZIONALE. Spesso la spinta coloniale strettamente legata alla costruzione di una identit nazionale, e svolge quindi una funzione di propaganda, sempre pi importante nella nascente societ di massa (offrire agli elettori la gloria di popolo superiore anzich riforme per vivere meglio). Nelle classi medie il messaggio pass molto bene, ma anche nella classe operaia la propaganda coloniale aveva il suo fascino. Fu coniato il termine imperialismo sociale per indicare l'opzione coloniale come arma per arginare il malcontento interno. Culturalmente l'imperialismo ha servito la causa del nazionalismo. E' molto esplicito l'avventuriero e imperialista inglese Rhodes (capace a fine ottocento di conquistare con un suo esercito una vasta area dell'Africa meridionale): "Per evitare la guerra civile bisogna diventare imperialisti". La classe abbiente era sensibile soprattutto ai vantaggi materiali della situazione. La piccola borghesia la pi entusiasta dell'esperienza coloniale: andando nei possedimenti automatico il salto di categoria nella scala sociale. La classe operaia - sensibile alla propaganda socialista internazionalista - non sfugge al fascino dell'impero. A seconda del momento emerge l'una o l'altra. Quando nel 1901 viene annunciata la vittoria in Sudafrica sui boeri, i portuali di Liverpool festeggiano. Di grande attrazione l'idea di far parte di quella parte di umanit "avanzata" e "civile"; dall'altra parte c'erano i "selvaggi" e gli "incivili". IMPERIALISMO DELLE MASSE l'imperialismo era popolarissimo nel ceto medio ma anche nella classe dei lavoratori. L'operaio bianco, in Africa, era automaticamente un capo. I governi fecero un largo uso della propaganda; anche la letteratura, la cultura e i consumi servirono alla causa imperialista. In molti casi le conquiste coloniale supplivano gli insuccessi nella concorrenza europea: la Russia prende l'Asia centrale dopo la sconfitta di Crimea la Francia si lancia alla conquista dell'Africa dopo il disastro del 1871 contro la Germania l'Italia tenta la carta coloniale nel 1881 di fronte alle evidente difficolt interne. Diverse sono comunque le posizioni assunte dagli storici e dagli studiosi del fenomeno sulle cause intrinseche dellimperialismo : MARX ED ENGELS: Individuano nella ricerca di nuovi mercati il motore delleconomia capitalistica. JOHN HOBSON: Allorigine dellimperialismo egli vede forti ed organizzati interessi industriali tesi a difendere e sviluppare i mercati privati. LENIN: Approfondisce la tesi di Hobson mostrando come laggressivit del capitalismo monopolistico, conduca le potenze industriali a spartirsi le terre coloniali da asservire e a scatenare conflitti per assicurarsi il predominio economico. J. SCHUMPETER: Riconduce limperialismo alla sete di dominio irrazionale e istintiva che ha animato molti popoli. In questa aggressivit atavica che va ricercata lorigine dellimperialismo. Se nelle societ capitalistiche si sviluppano forme di imperialismo perch fattori estranei al capitalismo ( interessi militari, economici ) sono di valore importante. MOMMSEN: Ricollega la costruzione di imperi coloniali con la forza esplosiva del nazionalismo diffuso nei ceti emergenti. FIELDHOUSE: Individua nelle aree periferiche e non nel suo centro i fattori propulsivi dellimperialismo, la costruzione di imperi coloniali una scelta politica e non economica. HAEDRICK: Riporta lattenzione dai movimenti alle condizioni che hanno permesso il dominio coloniale sui territori doltremare. Senza le innovazioni scientifiche e tecnologiche nei trasporti, armamenti, comunicazioni, gli europei non avrebbero potuto conquistare e controllare i territori coloniali, sopportare il clima e malattie.

In particolare, il primo a studiare il problema dellimperialismo (1902) fu John Atkinson Hobson. John Atkinson Hobson, (18581940)

L'origine economica dell'imperialismo. Hobson un economista inglese, appartenente alla Societ Fabiana e quindi sostenitore di un graduale moderato riformismo, che non gli impedisce per di formulare aspre critiche al sistema capitalistico causa inevitabile di disoccupazione e miseria della classe operaia. Tuttavia, egli crede nella possibilit di una riforma del capitalismo tale da sanarne gli aspetti pi deteriori. Nell'opera "Imperialismo. Uno studio", pubblicato a Londra nel 1902, Hobson considera l'imperialismo statunitense che sostiene " il prodotto naturale della pressione economica di un improvviso incremento del capitale, che non pu trovare impiego in patria e ha bisogno di mercati stranieri per i beni e gli investimenti". (op.cit.) Quindi l'imperialismo nella natura stessa del sistema capitalistico che genera aumenti di capitali improvvisi e inaspettati che non trovano spazio sul mercato interno e devono espandersi all'estero. L'imperialismo non una scelta ma una necessit e "per quanto costoso, per quanto rischioso questo processo di espansione imperiale possa essere, indispensabile alla continuit dell'esistenza e del progresso del nostro paese" (op.cit.) Le origini economiche dell'imperialismo sono evidenti anche se gli Inglesi hanno portato a giustificazione delle loro conquiste coloniali soprattutto la "missione di civilt", il dovere umanitario che la superiore nazione inglese ha nei confronti dei popoli, che pur ricchi di risorse naturali, vivono in una condizione di primitiva barbarie. Il popolo inglese per lo stesso bene di quei popoli e dell'umanit tutta deve portare alla luce quei tesori nascosti e avviare alla civilt europea quegli ingenui e primitivi indigeni. Il grande popolo americano si muover invece alla conquista di nuovi territori spinto dallo "spirito d'avventura" che insito in quegli uomini che hanno strappato ai selvaggi le terre del lontano ovest. Del resto le moderne teorie evoluzionistiche insegnano che nella natura il pi forte destinato a prevalere, e non per spirito egoistico di sopraffazione ma per il bene dell'intera specie. La cultura stessa si allinea e si vende alle esigenze economiche dell'imperialismo: le Universit accettano gli interessati finanziamenti dei grandi imprenditori e per gratitudine conformano il proprio insegnamento agli interessi politici ed economici dei loro finanziatori. Si forma cos una classe dirigente convinta in buona fede della missione imperiale di civilt della propria nazione. "In questo modo le forze finanziarie e industriali dell'imperialismo forgiano e modellano l'opinione pubblica" (op.cit.) che convinta delle teorie giustificatrici dell'assoggettamento dei popoli inferiori far pressione sui suoi governi per spingerli ad una politica coloniale. La novit del recente imperialismo, considerato dal punto di vista politico, consiste soprattutto nella sua adozione da parte di diverse nazioni. Il concetto di numerosi imperi in competizione essenzialmente moderno [...]. L'infondatezza della supposta inevitabilit dell'espansione imperiale come uno sbocco necessario per l'industria avanzata ora manifesta. Non il progresso industriale che richiede l'apertura di nuovi mercati ed aree d'investimento, ma la cattiva distribuzione del potere di consumo che impedisce l'assorbimento di beni e di capitale all'interno del paese [...]. L'unica salvezza delle nazioni consiste nel sottrarre gli incrementi di reddito immeritati alle classi possidenti, e di aggiungerli al reddito salariale delle classi lavoratrici o al reddito pubblico, perch possano essere spesi nell'aumentare il livello di consumo [...]. John Atkinson Hobson, L'imperialismo, 1902 Vladimir Il'i Ul'janov detto Lenin (1870-1924) L'origine economica dell'imperialismo e lo sbocco rivoluzionario. Nel famoso saggio "L'imperialismo fase suprema del capitalismo", scritto e pubblicato a Zurigo nel 1916, mentre divampava la Prima guerra mondiale, e ripubblicato nel 1917 a Pietrogrado nell'anno stesso della rivoluzione bolscevica, Lenin, utilizzando l'opera di Hobson, affronta la questione del capitalismo monopolistico. "L'imperialismo sorse dall'evoluzione e in diretta continuazione delle qualit fondamentali del capitalismo in generale. Ma il capitalismo divenne imperialismo capitalistico soltanto a un determinato e assai alto grado del suo sviluppo, allorch [... si ebbe] la sostituzione dei monopoli capitalistici alla libera concorrenza [...]. Se si volesse dare la definizione pi concisa possibile dell'imperialismo, si dovrebbe dire che l'imperialismo lo stadio monopolistico del capitalismo." (V. I. Lenin, "Scritti economici", Roma, 1977) Lenin quindi condivide sostanzialmente con Hobson l'ipotesi di un'origine economica dell'imperialismo dovuta alla fine della libera concorrenza e alla nascita degli aggressivi monopoli, ma non concorda con l'ipotesi che il capitalismo possa essere riformato. Solo la rivoluzione proletaria potr definitivamnete abbattere il sistema capitalistico e l'occasione si sta presentando con l'esplosione del conflitto mondiale. La Prima guerra mondiale infatti la conseguenza dell'imperialismo, una guerra imperialistica, di conquista, rapina e brigantaggio, che mira all'annientamento del nemico "concorrente" e a sostituirsi a lui nei suoi domini coloniali. una guerra che non va fermata ma che anzi, arrivata alle sue estreme conseguenze, per le sue atrocit e miserie spinger i popoli europei alla Rivoluzione. D.K.Fieldhouse L'origine politica dell'imperialismo.

Fieldhouse confuta la teoria strettamente economicistica di Hobson e Lenin: "i luoghi da occupare non avevano occupato fino a quel momento che un capitale molto limitato e non lo attirarono in quantit rilevante neppure in seguito. N possiamo d'altra parte, trovare una spiegazione nella teoria pi generale dell' "imperialismo economico" perch le zone del Pacifico e dell'Africa, per le quali gli stati europei erano entrati in competizione, erano di importanza economica marginale; e sulla base delle dichiarazioni degli ultimi cinquant'anni, ci si poteva attendere che i governi avrebbero respinto le richieste dei loro connazionali aventi per oggetto l'annessione di territori, i cui costi d'amministrazione sarebbero stati fuori da ogni proporzione, rispetto al loro valore economico" (D.K. Fieldhouse, L'et dell'imperialismo 1830-1914, Roma-Bari 1975) Fieldhouse ritiene quindi che la matrice dell'imperialismo non sia puramente economica: "La presunta necessit dell'investitore europeo , monopolista o singolo capitalista, di trovare sbocchi al suo surplus di capitale non ha avuto niente o ben poco a che fare con la spartizione dell'Africa e del Pacifico tra le potenze europee" (op.cit.). Siamo di fronte quindi a un imperialismo che non nuovo ed originale ma non sarebbe altro che "un ritorno alle origini", un ritorno a quella sorta di imperialismo che si pu far risalire al XVIII secolo. Esempio lampante di quanto si afferma sarebbe il caso dell'Inghilterra. "Il tratto pi rilevante della nuova situazione fu la subordinazione delle considerazioni economiche a quelle politiche" (op.cit.). L' Inghilterra voleva dimostrare alle concorrenti potenze europee dell'800 il prestigio delle sue armi, la sua potenza militare e nello stesso tempo assicurarsi la sopravvivenza nazionale. In altre parole, secondo Fieldhouse, i motivi del nuovo imperialismo tra il 1870 e il 1914 vanno ricondotti alla situazione europea: "La creazione di una Germania unita, la sconfitta dell'Austria e, soprattutto della Francia dovevano dominare il pensiero europeo sino al 1914". quindi la creazione del nuovo stato tedesco militarista ed aggressivo della Germania di Bismarck che determina in Europa atteggiamenti propri del vecchio mercantilismo del XVIII secolo: "tornarono le tariffe protettive, con il primario scopo di edificare un'autosufficienza nazionale e il potere di fare la guerra" (op.cit.). Analizzando la politica estera del Bismarck si vede come soltanto dopo il 1884 egli decida di rivendicare alla Germania il controllo delle aree nelle quali essa aveva interessi economici ma in effetti questa pretesa mascherava l'intento di dimostrare il diritto della Germania di assumere un ruolo primario nella politica europea come potenza internazionale. Ruolo che gli era stato riconosciuto gi a livello diplomatico nel Congresso di Berlino del 1878, dove Bismarck si era assunto la funzione di disinteressato ed "onesto sensale". Tra i motivi quindi eminentemente politici del nuovo imperialismo vanno aggiunti, inoltre anche il timore di rimanere fuori dalla spartizione del mondo: "La scelta ormai era tra l'agire e il permettere al rivale di "agire lui": la corsa alle colonie fu perci il prodotto della diplomazia "pi che di qualche altra forza pi positiva" (op.ct.) In conclusione l'imperialismo della fine dell'800 fu un fenomeno politico "il prodotto di timori e di rivalit nell'ambito europeo" (op.cit.) La Germania quindi pietra dello scandalo. La Germania del miracolo di Sadowa, del 1866, annus mirabilis, quando, come insegna Benedetto Croce, si verific la frattura europea tra la prima e la seconda met dell'800 con l'eclisse del pensiero liberale , con lo smarrimento della razionalit: "il rifiuto della sana moralit dei libri contabili e l'adozione di un credo basato su concetti assurdi, irrazionali, come la superiorit della razza e il prestigio della nazione".(op.cit.) Attraenti e fascinosi miti che fecero ben presto presa con la propaganda tra le masse generando un fenomeno che potrebbe definirsi di "paranoia" sociale fomentata anche da intellettuali che esaltavano in un delirio di bellicismo estetizzante, come fosse bello morire per la patria (LA) pulchrum est pro patria mori (IT) bello morire per la patria

e come la guerra rigenerasse il sangue dei vecchi popoli. Si diffondevano in Europa i semi del fascismo. Joseph Alois Schumpeter (1883 - 1950) Forze irrazionali all'origine dell'imperialismo. Nel saggio,"Zur Sociologie der Imperialismus" ("Sociologia dell'Imperialismo",prefazione di Lucio Villari. - 2. ed. - Roma , 1974), presentato dallo storico diplomatico americano W.L.Langer come " uno dei pi originali e stimolanti tra tutti gli scritti sull'imperialismo" (W.Langer, "La diplomazia dell'imperialismo", Milano 1972), il filosofo dell'economia Schumpeter accetta ed approva il sistema capitalistico. Il fenomeno dell'imperialismo non appare pi collegato a cause economiche, come nell'interpretazione leninista ma piuttosto si pensa sia da riportare a cause di tipo psicologico che, impersonate dalla politica ,avevano deformato e alterato le strutture tendenzialmente pacifiche del capitalismo. L'imperialismo nasce quindi, dalle forze irrazionali, passionali e istintive dell'uomo che si oppongono all'impianto razionale che alla base del sistema capitalistico. Questi orientato al perseguimento dell'interesse attraverso la concorrenza e il libero gioco della domanda e dell'offerta dove gli interessi contrastanti si compongono naturalmente in un'armonica ed equilibrata sintesi. Quando questo non accade la colpa da imputare a forze irrazionali che si esprimono nella politica per cui l'imperialismo "l'assurda tendenza di uno stato a perseguire un'espansione illimitata e violenta" (op.cit.). A sostegno della sua tesi Schumpeter considera il caso dell'Inghilterra dove il partito conservatore di Disraeli per guadagnarsi il favore delle masse, e quindi essenzialmente per motivi politici interni, lanci lo slogan

dell'imperialismo rivolto al sentimento nazionalista inglese, raccogliendo una moltitudine di consensi che spinse il governo ad adottare una politica coloniale che senza Disraeli sarebbe stata gi esaurita nell' '800. Hannah Arendt ( 1906 - 1975 ) La seconda delle tre parti de Le origini del totalitarismo affronta il tema dell'imperialismo. Per Hannah Arendt esso fu la naturale valvola di sfogo per capitali e uomini superflui: le aziende operanti sui mercati nazionali - ormai saturi necessitavano di impiegare in qualche modo i capitali accumulati negli anni, mentre allo stesso tempo decine di migliaia di persone - rese superflue al mercato del lavoro dalle continue migliorie ai processi di produzione necessitavano di impiego. Come nella rivoluzione francese il feudalesimo fu abbattuto prima nelle regioni in cui era meno forte (il popolo non tollera chi non contribuisce alla societ; un signore feudale senza poteri ma ancora ricco diventa estremamente superfluo, esattamente come un capitalista che non offre un lavoro), era facile prevedere che si sarebbero potute verificare tensioni per via di queste due classi. Lapparente uovo di colombo fu lespansione delle industrie sulle colonie: per la prima volta era la borghesia, il capitale, ad espandersi per proprio conto in terre straniere: il potere politico non far altro che fornirgli protezione (servizi di polizia), per poi assumere il controllo (diretto nel caso della Francia, indiretto in quello dellInghilterra) solo quando lespansione e limperialismo siano diventati pilastro della vita politica quando cio i borghesi e gli industriali, convinta la plebe che lespansione economica fosse il solo obiettivo politico a fare gli interessi di tutta la nazione, si insediarono in parlamento allo scopo di favorire i propri affari. La borghesia, quindi, unica classe sociale ad aver finora dominato senza interessarsi mai della politica, divenne padrona di questultima, contando sullappoggio della plebe (gli scarti di tutte le classi sociali) e dei nazionalisti, che nellimperialismo vedevano il trionfo della propria nazione sulle altre. Imperialismo e razzismo Prima dellimperialismo le teorie razziali avevano valenza di semplici opinioni, e come tali confutabili; solo con limperialismo che questultime diventano vere ideologie, cio singole ipotesi con cui si riesce a spiegare qualsiasi aspetto della vita. Prima di questa trasformazione erano perfettamente rappresentate dalle sciocchezze del Conte di Boulanvilliers o del Conte di Gobineau: mitici popoli germanici di razza superiore che, scesi in Francia, avevano fondato laristocrazia (nel caso del primo) o una teoria che spiegava - col mescolamento del sangue nobile a quello plebeo lormai sopravvenuto declino dellaristocrazia e permetteva al suo nobile teorizzatore di proclamarsi puro (in virt del suo sangue mai mescolato) nel caso del secondo. Un po diverso il caso di Edmund Burke e del razzismo inglese: in una societ che ancora conservava i privilegi aristocratici, esso estese la definizione di razza pura a tutto il popolo inglese, allo scopo di dare una consolazione alle classi pi povere: seppur inferiori ai nobili, erano pur sempre superiori al resto del mondo. La razza e la burocrazia divennero i pilastri dellespansione imperialista. Solitamente si usava colonizzare una terra nel caso essa fosse stata ricca e scarsamente abitata, o impiantarvi una stazione marittima nel caso mancassero questi due requisiti. Nel Sudafrica gli olandesi attuarono la seconda opzione, usandolo come base per lIndia per poi dimenticarsi dei propri uomini una volta aperto il canale di Suez; questi ultimi erano i Boeri, o Afrikaner, che si erano garantiti la sopravvivenza in terre cos ostili sfruttando la propensione delle popolazioni autoctone a crederli esseri superiori per renderli schiavi. Quando in Sudafrica si scoprirono miniere di diamanti e folle di nobili avventurieri inglesi e scarti della societ vi si riversarono, a contatto con i boeri ne mutuarono il razzismo; la madrepatria scopr cos che era possibile usare la sola forza bruta per assicurarsi il controllo di una popolazione. Il controllo istituzionale era invece affidato alla burocrazia imperialista: il primo e pi fulgido esempio di questa fu linglese Lord Cromer. Console egiziano dal 1883 al 1907, arriv animato da sentimenti nobili: tenere in mano inglese il canale di Suez cos che essi potessero continuare a proteggere lIndia, insegnando agli autoctoni la loro superiore cultura. Appena stabilitosi, non pot pi credere che agli inglesi interessasse qualcosa di popoli che gli apparivano arretrati, ed inizi a dominare il paese senza che gli fosse mai stata davvero concessa questa autorit. Il suo dominio di decreti provvisori, leggi non scritte, arbitrariet perpetrate non da riconoscibili soldati ma da agenti segreti fu il modello per tutte le altre colonizzazioni. Imperialismo continentale I panmovimenti, attivi gi dal 1870 (vedasi il partito pangermanista di Schonerer) con lavvento dellimperialismo iniziano a farsi violenti. Se i paesi con sbocchi sul mare si arrogano il diritto di espandersi negli altri continenti, i panmovimenti reclamano il diritto di annettere le terre loro confinanti; a differenza dellimperialismo doltremare, in questo imperialismo continentale non il capitale il motore ultimo delle azioni, quanto un ampliata conoscenza etnica e un nazionalismo tribale: lidea che il proprio popolo fosse eletto da Dio al dominio, e che solo la divisione lo impedisse. Pangermanisti e panslavisti facevano affidamento sulle frustrazioni dei popoli che non avevano un proprio stato o non erano rappresentati; quando invece lo avevano come i pangermanisti tedeschi fidavano sulla frustrazione del popolo per non poter partecipare al banchetto dellimperialismo doltremare. Crocevia di queste pulsioni fu limpero Austro-Ungarico, dilaniato da pangermanisti austriaci e panslavisti ungheresi. Come gi accennato prima, entrambi i movimenti erano intrisi di antisemitismo sentito come connotazione naturale, dato il loro odio nei confronti dello stato e lidentificazione dellebreo con questo che sfogavano in violente azioni contro le comunit

ebraiche: il loro assoluto disprezzo per la legalit era mutuato dallarbitrariet propria dellimpero Austro-Ungarico e dell'impero Russo, i quali non si facevano eccessivi scrupoli a disprezzare le proprie stesse leggi. I panmovimenti non riuscirono mai a sovvertire lordine nazionale, ma sfruttando bene la mancanza di fiducia del popolo nei confronti dei partiti tradizionali -corrotti o impossibilitati ad agire per il bene della popolazione- evidenziarono come lo stato nazionale non avesse mai risposto alle esigenze della popolazione. Dopo la prima guerra mondiale quel che restava dellimpero Austro-Ungarico fu diviso in stati, ovviamente a loro volta suddivisi in minoranze (date le peculiari caratteristiche dellEuropa dellest). Senza loppressiva burocrazia dellimpero, cade il mito dellunione tra Stato (organo di governo) e nazione (popolo): dalla rivoluzione francese in poi si era sempre dato per scontato che il primo fosse diretta espressione del secondo, e il conferire i diritti umani ai propri cittadini avrebbe significato conferirli a tutto il popolo. In un contesto in cui non si poteva neanche definire un popolo come numericamente prevalente sullaltro (Cecoslovacchia, ad es.) e gli apolidi si erano affacciati sulla scena, si presentava il problema di cosa farne: non era possibile naturalizzarli in blocco, n dare asilo politico alle masse; rimpatriarli era impossibile perch non desiderati. Tom Kemp L'aggressivit dell'imperialismo nello stesso capitalismo Kemp contesta la concezione dello Schumpeter di un capitalismo basato sul (FR) laissez faire laissez passer (IT) lasciate fare lasciate passare

, sulla libera concorrenza dove il migliore prevale naturalmente. Non vero che il capitalismo un sistema razionale e sano per cui l'imperialismo una degenerazione di quel sistema, una deviazione di forze politiche irrazionali che prevalgono sulle strutture pacifiche del capitalismo. "Il capitalismo non era un meccanismo quasi automatico, e tutto sommato benefico, che operasse secondo gli schemi previsti dai testi scolastici, bens, nel mondo reale, un sistema di sfruttamento basato su disparit di ricchezza e di potere che, pur rendendo possibile un grandioso sviluppo di forze produttive, non lo faceva in risposta diretta ad effettivi bisogni sociali ed era inevitabilmente accompagnato da aspetti socialmente rovinosi" (T.Kemp, Teorie dell'imperialismo. Da Marx ad oggi", Torino 1967). Kemp riprende la tesi marxista del carattere tendenzialmente egoistico e antisociale della produzione capitalistica e ne mette in rilievo il carattere aggressivo che le connaturato. Quindi l'imperialismo non sarebbe altro che la traduzione su un piano globale del carattere spregiudicato e violento che ha caratterizzato il capitalismo fin dalla sua origine. Raymond Aron (1905 1983) L'origine millenaria dell'imperialismo "Sociologi ed economisti di ispirazione liberale imputavano a queste sopravvivenze di spirito di monopolio le imprese imperialistiche delle nazioni capitaliste e borghesi, mentre i socialisti tentavano di dimostrare che tale spirito di monopolio e di conquista era inscindibile dal capitalismo in quanto tale. Entrambi avevano torto. Nella misura in cui il suo significato e la sua origine erano economici, l'imperialismo della fine del secolo XIX non era l'ultimo stadio del capitalismo, ma l'ultimo stadio dell'imperialismo millenario....gli uomini e ancor pi gli stati hanno sempre voluto il dominio per se stesso. Non basta che l'impero sia economicamente sterile perch i popoli o coloro che parlano in loro nome rinuncino alla gloria di regnare." (R.Aron, "Pace e guerra tra le nazioni", Milano 1970) Secondo Aron il sistema industriale dei nostri tempi ha subito colto l'inutilit economica delle conquiste coloniali. Vi stato un tempo in cui l'imperialismo ha generato grandi profitti e questo accadeva quando il capitalismo si configurava come monopolistico. Le colonie erano obbligate a commerciare solo con la madrepatria e ad esse era fatto divieto d'impiantare industrie che producessero beni in concorrenza con quelle dei colonizzatori. Esemplare il caso del monopolio inglese verso i coloni americani da cui ne scatur la Rivoluzione americana. Oggi l'economia industriale si basa essenzialmente sugli scambi e questo le procura un dinamismo tale che essa ormai "tende ad espandersi nel mondo intero e ad abbracciare l'intera umanit" (op.cit.) Quindi non pi imperialismo economico ma globalizzazione dell'economia. Aron comunque nega che non sopravviva ancor'oggi una forma di imperialismo che ricoperto da giustificazioni politiche ed ideologiche ripropone alla fine l'antico imperialismo delle origini. Quello assiro, babilonese, egizio, medio-persiano, dell'impero romano, quello arabo nel mediterraneo, quello dei crociati ecc.ecc. Una volont di dominio,sempre mascherata da presunte superiorit civili, culturali, razziali. Un imperialismo innato alla natura umana che, anche in assenza di reali motivazioni economiche, generato da una miscela di spinte religiose, demografiche, militari, politiche, ha attraversato tutta la storia dell'uomo.

Nota

1.

^ Il termine imperialismo non a caso incominci ad essere usato proprio verso la fine del secolo: segno questo che gli uomini del tempo fossero coscienti della novit delle situazioni tanto che sentirono il bisogno di coniare un termine inedito. Il termine imperialismo inteso come potenziamento strutturale dei possedimenti inglesi da riferirsi al momento in cui nel 1876, Disraeli fece approvare da un Parlamento non molto convinto la proclamazione della regina Vittoria a imperatrice delle Indie.

In sintesi, Come nasce il sistema coloniale moderno ? Lo stato interviene con il protezionismo, invertendo la tendenza liberale della prima met ottocento. Perch questa inversione di politica economica? C'era stata la crisi nel sistema ( dal 1873 al 1896): una crisi economica e sociale che aveva messo in difficolt gli stati: come reazione sono ricorsi a misure protezionistiche. Lesordio della crisi fu favorito dal boom speculativo del 1873 a seguito della guerra Franco-Prussiana. Lorigine da ricercare nella tassa che la Germania impose di pagare alla Francia (5 miliardi di franchi-oro) che venne effettuato in tempi molto rapidi facendo affluire nelle banche tedesche una grande quantit di denaro; la possibilit di maggiori investimenti e di un ancora maggiore guadagno provoc unondata di speculazioni inimmaginabile. Molte banche furono costrette alla chiusura (causa congiunturale) perch particolarmente implicate in affari

speculativi. Si cre una reazione a catena: le industrie chiusero creando il fenomeno della disoccupazione, che di conseguenza, cre minori redditi e minore domanda di beni di consumo. In economia la speculazione avviene quando delle persone sono in grado di prevedere quanto potrebbe aumentare il prezzo di un bene rispetto al prezzo corrente, al fine di realizzare un guadagno consistente. Una delle cause della crisi fu lo sviluppo ferroviario: questo, in passato, aveva svolto un ruolo fondamentale nella formazione dei mercati nazionali, invece con larresto degli investimenti, provoc un rallentamento degli investimenti anche negli altri settori dello sviluppo economico. La seconda causa fu la crisi agraria: infatti lagricoltura europea dovette subire la grande concorrenza di quella americana, che era estensiva e caratterizzata da costi di produzione molto ridotti. La terza causa fu la crisi industriale, infatti in passato, Cina, India, Russia e alcuni stati meridionali dellAmerica, servivano da mercati per le merci europee; invece ora molti di questi cominciarono a produrre autonomamente molti prodotti prima importati dallEuropa. Per fronteggiare la grande diminuzione dei prezzi, appunto, lEuropa impose dei dazi sullimportazione delle merci, a eccezione dellInghilterra. Si instaur cos il protezionismo, opposto al liberalismo, che consentiva al governo di partecipare alleconomia. Con questo rapporto instaurato tra industria e Stato, le industrie belliche divennero lelemento essenziale della politica anticrisi; inoltre le industrie fallite vennero acquistate a prezzi molto bassi da poche grandi imprese, che ottennero cos il controllo di interi settori. Nacquero cos i monopoli. io. Nel 1879 la Germania a reintrodurre in maniera consistente dazi e vincoli nel trasporto di merci; nel 1881 la Francia seguita dall'Italia e nel 1883 dalla Russia. Alla vigilia della I guerra mondiale solo la Gran Bretagna era rimasta fedele al sistema del libero scambio puro. Tuttavia questo non bastava per superare la crisi: si doveva infatti estendere il mercato interno e internazionale per aumentare il numero dei consumatori; per questo le principali potenze europee vollero conquistare alcune zone del mondo ancora non sottoposte al loro dominio. Per aggirare la limitazione al commercio internazionale tutti i governi pensarono di giocarsi la carta del colonialismo. Coltivare un proprio mercato estero privato sembr lo sbocco logico alla crisi di fine secolo. Fino a quel momento erano state sufficienti le aree di influenza; ma con il ripristino delle dogane diventava importate definire quali zone dovevano essere considerate francesi piuttosto che inglesi o tedesche. Inevitabilmente per stabilire chi faceva le leggi commerciali in un dato territorio si ricorse al controllo militare dell'area e alla difesa dei suoi confini. In pratica le aree di influenza si trasformarono in dominii militari. Prima ancora che per lo sfruttamento delle materie prime e dei prodotti agricoli l 'esercito garantiva l'esportazione delle REGOLE del commercio . TESTI L'imperialismo, fase suprema del capitalismo (Lenin) VII. L'imperialismo, particolare stadio del capitalismo. L'imperialismo sorse dall'evoluzione e in diretta continuazione delle qualit fondamentali del capitalismo in generale. Ma il capitalismo divenne imperialismo capitalistico soltanto a un determinato e assai alto grado del suo sviluppo, allorch alcune qualit fondamentali del capitalismo cominciarono a mutarsi nel loro opposto, quando pienamente si affermarono e si rivelarono i sintomi del trapasso a un pi elevato ordinamento economico e sociale. In questo processo vi di fondamentale, nei rapporti economici, la sostituzione dei monopoli capitalistici alla libera concorrenza. La libera concorrenza l'elemento essenziale del capitalismo e della produzione mercantile in generale; il monopolio il diretto contrapposto della libera concorrenza. Ma fu proprio quest'ultima che cominci, sotto i nostri occhi, a trasformarsi in monopolio, creando la grande produzione, eliminando la piccola industria, sostituendo alle grandi fabbriche altre ancor pi grandi, e spingendo tanto oltre la concentrazione della produzione e del capitale, che da essa sorgeva e sorge il monopolio, cio i cartelli, i sindacati, i trust, fusi con il capitale di un piccolo gruppo, di una decina di banche che manovrano miliardi. Nello stesso tempo i monopoli, sorgendo dalla libera concorrenza, non la eliminano, ma coesistono, originando cos una serie di aspre e improvvise contraddizioni, di attriti e conflitti. Il sistema dei monopoli il passaggio del capitalismo a un ordinamento superiore nella economia. Se si volesse dare la definizione pi concisa possibile dell'imperialismo, si dovrebbe dire che l'imperialismo lo stadio monopolistico del capitalismo. Tale definizione conterrebbe l'essenziale, giacch da un lato il capitale finanziario il capitale bancario delle poche grandi banche monopolistiche fuso col capitale delle unioni monopolistiche industriali, e d'altro lato la ripartizione del mondo significa passaggio dalla politica coloniale, estendentesi senza ostacoli ai territori non ancor dominati da nessuna potenza capitalistica, alla politica coloniale del possesso monopolistico della superficie terrestre definitivamente ripartita. Ma tutte le definizioni troppo concise sono bens comode, come quelle che compendiano l'essenziale del fenomeno in questione, ma si dimostrano tuttavia insufficienti, quando da esse debbono dedursi i tratti pi essenziali del fenomeno da definire. Quindi noi -senza tuttavia dimenticare il valore convenzionale e relativo di tutte le definizioni, che non possono mai abbracciare i molteplici rapporti, in ogni senso, del fenomeno in pieno sviluppo- dobbiamo dare una definizione dell'imperialismo, che contenga i suoi cinque principali contrassegni, e cio:

1) la concentrazione della produzione e del capitale, che ha raggiunto un grado talmente alto di sviluppo da creare i monopoli con funzione decisiva nella vita economica; 2) la fusione del capitale bancario col capitale industriale e il formarsi, sulla base di questo "capitale finanziario", di un'oligarchia finanziaria; 3) la grande importanza acquistata dall'esportazione di capitale in confronto con l'esportazione di merci; 4) il sorgere di associazioni monopolistiche internazionali di capitalisti, che si ripartiscono il mondo; 5) la compiuta ripartizione della terra tra le pi grandi potenze capitalistiche. L'imperialismo dunque il capitalismo giunto a quella fase di' sviluppo, in cui si formato il dominio dei monopoli e del capitale finanziario, l'esportazione di capitale ha acquistato grande importanza, cominciata la ripartizione del mondo tra i trust internazionali, ed gi compiuta la ripartizione dell'intera superficie terrestre tra i pi grandi paesi capitalistici.

LEUROCENTRISMO NEI SECOLI: LEUROPA NEL RAPPORTO CON LALTRO DA SE

SUI CONCETTI DI SUPERIORITA' E UGUAGLIANZA La superiorit etica, culturale, economica ecc. va dimostrata coi fatti e i fatti non possono essere quelli militari. Se dopo aver usato per molto tempo i mezzi militari, ad un certo punto l'Occidente si accorto della loro inefficacia (a causa della resistenza dell'oppresso) e ha deciso di sostituirli con quelli etici, culturali, economici ecc., non per questo esso ha rinunciato ai metodi e alla logica del colonialismo. Sia perch esso parte sempre dal presupposto di dover dimostrare una propria "superiorit", sia perch non disposto a riconoscere ai popoli non-occidentali una vera autonomia. L'Occidente non sar mai disposto ad accettare l'idea che la propria superiorit pu essere accettata dagli altri popoli solo in maniera democratica, finch non accetter l'eventualit di dover accettare la superiorit degli altri popoli. Spesso si tende a giustificare la scomparsa delle civilt cosiddette "naturali", non "civilizzate", dicendo che quella europea era superiore sotto tutti i punti di vista. Il concetto stesso di "superiorit" giustificava, agli occhi degli europei del XVI sec. (e anche dei secoli seguenti, fino ad oggi), l'uso del concetto di "forza". L'europeo si sentiva in diritto di usare la forza soltanto perch l'indigeno, non disposto a lasciarsi conquistare o assimilare, era pi debole. Diventare "come l'europeo", a partire XVI sec. (ma non dobbiamo dimenticarci le crociate medievali), significava -nella concezione europeaadeguarsi a un modello dominante: quello della conflittualit sociale (feudale, come nel caso della Spagna e in parte del Portogallo, o capitalistica, come nel caso degli altri Paesi europei). Gli indigeni avrebbero dovuto combattere per la loro libert. Dalla guerra sarebbe poi emersa l'affermazione della civilt migliore, che naturalmente avrebbe avuto ogni diritto di dominare l'altra, oppure sarebbe emersa la necessit del compromesso, se le forze fossero state equivalenti. Nel XVI sec. gli europei non fecero che trasferire in Africa, in Asia e infine in America, le loro contraddizioni interne, il loro modo di affrontarle. Quanta meno resistenza incontravano, tanto pi si sentivano giustificati nella convinzione d'essere una "razza superiore". Il concetto stesso di "uguaglianza" servito agli europei, non meno di quello di "diversit", per esercitare impunemente il proprio dominio. Parlare infatti di "uguaglianza", senza considerare la dignit delle "diversit" incontrate, la loro legittima autonomia, la loro specifica identit, significa presupporre una realizzazione unilaterale del concetto di uguaglianza, quella appunto voluta dagli europei, che in quel momento disponevano di ogni potere. Gli uomini possono sentirsi uguali tra loro, solo se avvertono che la loro specifica diversit viene rispettata e che nello scambio reciproco e paritetico delle esperienze sono liberi di accettare quelle che preferiscono.

Eurocentrismo In passato l'Europa si considerata culla della cultura tanto da porsi al centro del mondo (atteggiamento definito appunto eurocentrismo). Soprattutto, durante l'et del colonialismo (intorno ai secoli XIX-XX), si riscontrato il fenomeno dell'eurocentrismo in quanto la cultura occidentale era imposta, anche in forme coercitive, a tutti quei popoli nelle Americhe, in Australia, in India prima conquistati e, successivamente, sfruttati da parte delle grandi potenze dominatrici dell'epoca: Inghilterra, Francia, Spagna, ecc. Un fenomeno complesso Il termine una specificazione del fenomeno pi generale: l'etnocentrismo, inteso come tendenza a ritenere superiori o comunque preferibili usi e costumi del proprio gruppo. L' eurocentrismo indica la tendenza storica degli europei a ritenere la propria cultura preferibile, se non superiore, a quelle espresse da altri gruppi umani. In senso pi esteso l'eurocentrismo privilegia l'Occidente nella sua globalit, comprendendo l'America settentrionale e alcuni paesi gi colonie della Gran Bretagna. Il fenomeno chiamato eurocentrismo riscontrabile sin dall'antichit, ma diventa un fattore importante della stessa autorappresentazione degli europei principalmente con la scoperta del nuovo mondo. Con i resoconti dei viaggiatori, l'immaginario europeo veniva stimolato a pensare se stesso come la culla della cultura e il suo apogeo indiscusso. Il termine eurocentrismo viene inizialmente impiegato nelle riflessioni antropologiche ottocentesche, durante il periodo del colonialismo. L'etnocentrismo, in quanto tendenza a non riconoscere pari dignit a (sia pure secondo diversi gradi di apertura o di rifiuto) chiunque non faccia parte del gruppo del "noi", in Europa si storicamente tradotto nella forma estrema del razzismo. L'eurocentrismo si manifest durante il periodo coloniale con forme di intolleranza, autoritarismo, imposizione anche violenta delle proprie norme culturali su quelle locali, basandosi sulla convinzione che la manifesta superiorit tecnologica e organizzativa degli europei rispecchiasse una indiscutibile superiorit culturale, morale e intellettuale. L'etnocentrismo nasce da un'esasperazione della tendenza naturale di ogni cultura a convergere su se stessa per sviluppare una forza di coesione a garanzia della sua stessa sopravvivenza, che, se non controllata, rappresenta anche una delle ragioni della violenza tra gruppi, specie quando i rapporti tra questi non siano stati in qualche modo regolamentati. La mappa del mondo: un esempio di eurocentrismo

La mappa del mondo: Imporre i nomi alle cose uno dei privilegi tradizionali del potere. Fu l'Europa, nel corso della storia del colonialismo moderno, a delineare, per i suoi scopi di dominio, l'intero sistema geografico dei continenti, disegnando, spesso a tavolino, la carta geopolitica del pianeta. Matteo Ricci, un gesuita di Macerata che 400 anni fa raggiunse la corte imperiale cinese a Pechino, rimanendovi fino alla morte, avvenuta nel 1610, disegn questa mappa del mondo. A differenza della concezione eurocentrica delle mappe geografiche europee, la sua mappa aveva la Cina e l'Asia orientale nella sezione centrale. Iniziata come traduzione cinese del mappamondo europeo dell'epoca, l'opera di Ricci ebbe subito successo: suscitava grande curiosit e stupore che la Cina non fosse la maggior parte del mondo, come anche i dotti del luogo credevano. Storia dell'Eurocentrismo Presente gi nell'antichit, l'eurocentrismo prende inizialmente la forma della prevalenza culturale dei greci sui cosiddetti barbari, per lo pi identificati con i persiani, e della superiorit politica della libert greca sul dispotismo orientale. Nasce cos la coppia categoriale civilt/barbarie: barbaro indica colui che parla una lingua straniera, balbuziente, ma anche incolto, incivile, disumano e viene contrapposto a ellenico, greco, colui che parla greco, ma anche colto, civile, umano. Gi Ippocrate teorizzava che la superiorit dei greci sugli altri gruppi umani dipendesse dal clima temperato della zona ellenica. In Arie, acque e luoghi, infatti, avanza le sue conclusioni generali sulle differenze fra genti asiatiche ed europee. Un clima variabile produce una natura che si accompagna a modi fieri, impetuosi e discordanti, dacch frequenti paure producono una disposizione mentale violenta mentre la quiete e la calma intorpidiscono lo spirito. In realt, proprio questa la ragione per cui gli abitanti d'Europa sono pi coraggiosi di quelli di Asia. Le condizioni che cambiano poco conducono a modi indolenti; le variazioni brusche invece eccitano il corpo e la mente. La tranquillit e l'indolenza accrescono la codardia; i cambiamenti nei pericoli accrescono il coraggio. Questa una delle ragioni della natura pi bellicosa degli europei. Ma un'altra causa sta nei loro costumi. A differenza degli asiatici essi non sono sudditi di una monarchia e, come ho detto prima, gli uomini che sono guidati da re e principi sono in genere dei codardi. Sicuramente quest'opera era nota ad Aristotele, il quale nel capitolo VII della Politica (1327b, 22-34), traccia un confronto fra europei ed asiatici, con i greci posti in qualche modo nel mezzo. I tratti tipici dell'eurocentrismo sono incentrati qui sul mondo ellenico a cui vengono attribuite caratteristiche migliori sia degli asiatici sia degli europei, nonch la capacit potenziale di governo del mondo intero. I popoli che abitano nelle regioni fredde e quelli dell'Europa sono pieni di coraggio ma difettano un po' d'intelligenza e di capacit nelle arti, per cui vivono s liberi, ma non hanno organismi politici e non sono in grado di dominare i loro vicini: i popoli d'Asia al contrario hanno natura intelligente e capacit nelle arti, ma sono privi di coraggio per cui vivono continuamente soggetti e in servit: la stirpe degli elleni, a sua volta, in quanto geograficamente occupa la posizione centrale, cos partecipa del carattere di entrambi, perch, in realt, ha coraggio e intelligenza, quindi vive continuamente libera, ha le miglior istituzioni politiche e la possibilit di dominare tutti, qualora raggiunga l'unit costituzionale.

Nel corso del medioevo, l'Europa tende a venir identificata con il Cristianesimo. Per questo motivo, il medioevo non caratterizzato tanto da una tendenza eurocentrica che identifica la superiorit dell'Europa attraverso criteri naturali, innati come il clima ecc. quanto piuttosto da una diffusa intolleranza religiosa. L'eurocentrismo, nel corso del medioevo, prende perci la forma di una religione che si ritiene unica depositaria della Verit. Le crociate rappresentano in questa prospettiva un esempio chiaro del sovrapporsi fra cristianesimo e eurocentrismo. Questa visione dell'Europa unificata sotto la Santa chiesa romana viene tuttavia meno in seguito alla Riforma protestante. Le guerre religiose che seguirono la conversione al protestantesimo di molti europei indicano sempre pi chiaramente che l'immagine della Chiesa come custode indiscussa della Verit comincia anch'essa a vacillare. A questa tendenza partecipa anche la Rivoluzione scientifica moderna e le scoperte di Galileo Galilei e di Isaac Newton. Parallelamente, la scoperta dell'America mette gli europei in contatto con popolazioni e culture ignote, costringendola a ripensare le caratteristiche dell'Europa. Nella prima modernit, invece di identificare se stessi con la cristianit, gli europei cominciarono ad attribuirsi un alto grado di sapere e civilizzazione quali tratti distintivi rispetto ai barbari, considerati inferiori.

Durante questo periodo si riafferma la tendenza europea a considerarsi centro attorno al quale gira il mondo. Tuttavia, e man mano che le culture asiatiche ed africane venivano conosciute nel processo di colonizzazione prima e di sviluppo dell'imperialismo poi, il tema della superiorit della razza bianca europea appare con crescente regolarit. Dal XVII secolo in avanti l'accento viene sempre pi posto non sulla cultura, ma sulla natura: razza, stirpe o nazione. Nel De cosmographia disciplinare del 1561, Guillaume Postel proponeva di rinominare il continente europeo Iapezia dalla figura mitica di Lapeto, il titano padre di Prometeo e di Atlante, per celebrare la gloria di un continente che doveva il suo nome alla fanciulla rapita del mito. Eurocentrismo nella modernit vero che sin dal secolo XVI alcuni europei, come il vescovo spagnolo Bartolom de Las Casas e il filosofo e giurista francese Michel de Montaigne sottolineano la dignit umana degli indigeni americani. Ad esempio nel saggio Des cannibales, Montaigne giunge a una conclusione fortemente in contrasto con le convinzioni eurocentriche dell'epoca. Ciascuno chiama barbarie ci che non nei suoi usi Numerose differenti visioni della natura e missione dell'Europa furono espresse nel corso del XVIII secolo. Tuttavia, una nuova sfaccettatura si aggiunge al fenomeno dell'eurocentrismo nel corso dell'epoca romantica. L'eurocentrismo si combinava con l'aperto progetto di unificare il continente europeo, lacerato da guerre, per dominare il mondo in modo incontrastato. Le idee di unificazione, tuttavia, erano assai disparate. Un motivo ricorrente nei romantici era l'idea di un ritorno indietro. Il pi noto di questi visionari era il tedesco Friedrich Leopold von Hardenberg, meglio noto come Novalis, che pubblic nel 1799 Die Christenheit oder Europa in cui viene presentato, con nostalgia, la perduta unita cristiana dell'Europa medievale. Novalis non predicava tanto un impossibile ritorno al medioevo, quanto avanzava la visione profetica di un'Europa in cui la fede cristiana sia assunta ad un livello pi elevato ancora, fungendo da legame in una cristianit con le redini del mondo nelle proprie mani. In Die Christenheit oder Europa, egli dichiara: Abbiate pazienza! Verr, dovr venire, il tempo santo della pace perpetua, quando la nuova Gerusalemme sar la capitale del mondo! La necessit di legittimare l'espansione europea fuori dai confini del vecchio continente incoraggi quindi l'elaborazione delle teorie della razza, basate, nelle loro diverse varianti, sull'affermazione della superiorit dei bianchi di cultura europea sulle altre popolazioni del pianeta. Ad esempio, Cuvier, autore del primo studio di anatomia comparata, definisce in Le rgne animal distribu d'aprs son organisation del 1817, la razza negra. La razza negra caratterizzata da carnagione nera, capelli crespi o lanosi, cranio compresso e naso appiattito. La proiezione della parte inferiore del viso e le labbra spesse la approssima manifestamente al popolo delle scimmie: le orde in cui essa s'aggrega sono sempre rimaste nel pi completo stato di barbarie. Ernest Renan, filologo orientalista e grande letterato, deduce dalla diversit esistente tra le lingue indo-europee e le lingue semitiche una diversit razziale. Alla lezione inaugurale del corso di lingue ebraica, caldaica e siriaca da lui tenuto al Collge de France nel 1862 si esprime in questi termini: Il carattere semitico in generale duro, gretto, egoista. In questa razza vi sono forti passioni, devozione assoluta, caratteri incomparabili; raramente c' quella finezza di sentimento morale che sembra essere soprattutto appannaggio delle razze germaniche e celtiche. I sentimenti teneri, profondi, malinconici, quei sogni di infinito in cui tutte le potenze dell'animo si confondono, quella grande rivelazione del dovere che sola d una solida base alla nostra fede e alle nostre speranze sono opera della nostra razza e del nostro clima. () Quanto all'avvenire, Signori, vedo sempre di pi il trionfo del genio indoeuropeo (...). Attualmente, condizione essenziale per l'espansione della civilt europea la distruzione della cosa semitica per eccellenza, la distruzione del potere teocratico dell'islamismo, e perci dello stesso islamismo.

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