Quando una persona pronuncia una parola, la sequenza di suoni di quella parola è
associata ad un significato. Un segno è proprio questo: un significato che è associato
stabilmente a quello che nella teoria semiotica si chiama significante. Il significante è
la sequenza di suoni, il significato è l’immagine che associamo a quella parola. Il
segno è un’entità biplanare, in quanto ha una componente materiale, percepibile con i
sensi (significante), ma è anche stabilmente collegato ad un significato (concettuale,
immateriale). Il segno serve per trasmettere messaggi e può essere associatato ad un
referente nella realtà (triangolo semiotico: significato; significante; referente). Con
segno si intende qualsiasi associazione di significato e significante e ce ne sono
diversi tipi, che si possono distinguere in modi diversi:
- Non intenzionale (orme sulla sabbia), chiamato anche indice o sintomo
- Intenzionale, che si suddivide in segnale (motivato naturalmente), icona
(motivato analogicamente, su una base di somiglianza, ad es. una freccia per
indicare una direzione) e simbolo (motivato culturalmente;
arbitrario/convenzionale, ad es. il rosso del semaforo)
Le lingue sono quindi dei sistemi di segni; questi sistemi si chiamano codici (il
semaforo ha un sistema di segni, come la segnaletica stradale). Nei codici i diversi
possibili significati sono distribuiti tra i diversi significanti. La possibilità di
comunicare tra gli umani è molto legata alla conoscenza dei codici.
Proprietà dei segni linguistici:
- Arbitrarietà: il legame tra significato e significante e tra referente e segno è
arbitrario, senza motivazione necessaria. Questo tratto vale anche
nell’organizzazione dei segni in un codice
Il canale fonatorio è l’insieme di organi interni usato per parlare. Si compone di:
diaframma, polmoni, trachea, laringe, faringe, cavità orale e cavità nasale. Il flusso
d’aria produce suoni quando è ostacolato. Il suono è prodotto dall’aria al suo
passaggio attraverso il canale respiratorio (o fonatorio). I suoni si producono con
espirazione (suoni egressivi) o inspirazione (suoni ingressivi), usati in minoranza.
Le vocali sono suoni che si producono attraverso la glottide, dove si trovano le corde
vocali ed è dato esclusivamente dalla vibrazione ritmica regolare delle corde vocali;
le vocali nasali (in francese) sono date dall’uscita dell’aria sia dalla bocca che dal
naso. I suoni vocalici diversi sono prodotti dalla posizione delle labbra (vocali
arrotondate/non arrotondate), dal contributo della cavità nasale (vocali orali/nasali) e
dalla posizione della lingua (vocali alte/medie/basse; vocali
anteriori/centrali/posteriori) Trapezio vocalico Le consonanti si producono sempre
restringendo il canale fonatorio, al contrario delle vocali. Il restringimento o la
chiusura si può produrre con: labbra, denti, lingua, palato… Le consonanti si
descrivono per: luogo di articolazione (glottide, faringe, ugola, velo, palato, alveoli,
denti, labbra), modo di articolazione (restringimento, occlusione, altri), contributo
delle corde vocali (sonore, sorde) e contributo della cavità nasale (nasali, orali).
Lezione 5 (L’alfabeto fonetico)
Nei sistemi di scrittura di tipo fonografico (in particolare, alfabetico), c’è una
rappresentazione del suono, ma le regole ortografiche dei singoli sistemi di scrittura
non hanno una rappresentazione perfetta di quei suoni. Non c’è quindi una
corrispondenza biunivoca tra lettere e suoni nei sistemi ortografici. L’alfabeto
fonetico internazionale (IPA) è lo strumento tecnico di standard per la trascrizione dei
suoni.
Lezione 6 (Fenomeni soprasegmentali)
Valore distintivo di una coppia di suoni: una sola differenza nel tratto di sonorità può
creare una distinzione tra due parole (coppie minime: carte/carte, basta/pasta,
gusto/giusto), ma non vale sempre. Le coppie minime sono coppie di parole diverse
che si distinguono per un solo fono. Si possono distinguere foni, fonemi e allofoni. Il
fono è un suono presente nel repertorio fonetico di una lingua; il fonema è un fono
che in una lingua specifica ha valore distintivo, ovvero funzionale a distinguere le
parole, il valore fonematico di un fono si può stabilire con prove di commutazione,
cioè se due foni distinguono almeno una coppia sono fonemi; gli allofoni sono foni
che non hanno valore distintivo, ma sono varianti di un fonema ci sono varianti
libere (legate alle idiosincrasie di un parlante/gruppo di parlanti) e varianti
combinatorie (legato a un certo intorno fonetico). Il rendimento di un’opposizione
fonematica è la frequenza con cui tale opposizione distingue coppie minime (ad
esempio in italiano il rendimento tra /a/ e /e/ è molto alto perché distingue molte
coppie); ciò riguarda sia le vocali che le consonanti. /I/ /u/ e /a/ sono dei fonemi
dell’italiano, ma le due vocali intermedie (sia alte che inferiori) costituiscono in
varianti allofoniche dello stesso fonema (unità distintiva in una lingua). Il valore
fonematico non è una proprietà assoluta di un fono, ma vale all’interno di un sistema
linguistico.; lingue diverse sfruttano in modo diverso le stesse opposizioni.
La durata di un certo fono ha un valore fonematico:
- Lunghezza delle consonanti ha valore fonematico in italiano (palina vs.
pallina)
- Lunghezza delle vocali ha valore fonematico in tedesco (Stadt vs. Staat), in
latino e in giapponese
- Lunghezza di vocali e consonanti hanno entrambe valore fonematico in
finlandese
Anche l’accento tonico ha valore fonematico, ad esempio in italiano e in inglese,
mentre in francese no.
Un altro fenomeno soprasegmentale è l’accento tonale, ovvero la variazione di
frequenza acustica tra le sillabe di una parola (frequenza alta = suono acuto,
frequenza bassa = suono grave). Le lingue tonali sono quelle in cui la variazione di
tono ha statuto fonematico, come il cinese.
Inoltre, l’intonazione è la variazione di frequenza tra le sillabe di una frase; è diversa
dal tono su base funzionale. Molte/tutte le lingue distinguono frasi con funzioni
diverse (“Va bene”: asserzione; “Va bene?”: domanda).
Lezione 7 (Morfologia)
Fonetica e fonologia si occupano del secondo livello di articolazione delle lingue. La
morfologia, invece, si occupa del primo livello di articolazione, ovvero le lingue
verbali in quanto sistemi di segni dotati di significato e significante. Per il primo
livello si individuano delle unità che portano significato e significante: parole,
sintagmi e frasi. La sotto-unità delle parole sono i morfemi, che porta il significato e
il significante. I morfemi sono appunto l’unità minima di prima articolazione, dotata
di significato e significante; sono individuabili con prove di commutazione, tramite
comparazione di coppie di parole che variano per un solo morfema. (immagine!!) I
morfemi possono essere:
- Lessicali (costituiscono il nucleo delle parole, fanno riferimento a elementi
della realtà e sono la base del lessico di una lingua)
- Grammaticali (si applicano a morfemi lessicali per definirne la funzione nella
frase) e si dividono al loro volta in: derivativi (formano nuove parole) e flessivi
(assegnano alle parole valori rispetto alle categorie grammaticale della lingua)
Lezione 7 (Omonimia, allomorfia e cumulo di morfemi)
La struttura di una frase può essere intesa su due piani diversi. Sul piano del rapporto
di predicazione, la struttura minima di una frase è data dal fatto che esiste un rapporto
di predicazione tra soggetto e predicato. Il secondo modello prevede come struttura
minima della frase il verbo al centro, ma non inserito in un rapporto di predicazione
con un altro elemento, bensì un verbo che prevede delle valenze ed è la struttura
portante e minima. Entrambe le prospettive hanno un verbo come elemento fondante.
La differenza fondamentale è che il primo modello ignora le caratteristiche specifiche
del singolo verbo e vede sempre questa struttura, mentre il secondo parte dalle
caratteristiche individuali del verbo per svilupparsi.
La frase come rappresentazione di un evento vede il verbo come portatore dell’evento
e i sintagmi ad esso legati portano in scena i partecipanti dell’evento. I sintagmi
possono essere descritti:
- Dal punto di vista formale come valenze, o argomenti o ruoli
valenziali/sintattici del verbo
- Dal punto di vista semantico come attanti, o ruoli semantici/attanziali del
verbo
Ogni verbo ha un suo schema valenziale; parte della sintassi della frase è quindi data
dalle caratteristiche del verbo. Il soggetto è la prima valenza del verbo, è un sintagma
nominale, si accorda col verbo in tutte le lingue che prevedono un verbo flesso,
assume un caso dedicato (nominativo) e ha una posizione dedicata nella frase (in
italiano è quella preverbale, con una certa flessibilità; in inglese è fisso), L’oggetto è
la seconda valenza del verbo, è un sintagma nominale, assume un caso dedicato
(accusativo), ha una posizione dedicata nella frase (di solito si colloca dopo il verbo
in italiano; SVO) e con verbi di forma passiva assume caratteristiche del soggetto; in
alcune lingue come lo swahili il verbo prende anche una marca di classificatore che si
accorda con l’oggetto.
Nella frase come rapporto di predicazione, ci sono delle regole di riscrittura:
- F…
- SN + SV (Gianni dorme)
- SV + SN (Arriva Gianni)
Negli alberi sintattici, la frase si può scomporre in sintagma nominale e sintagma
verbale e viceversa. Un sintagma nominale ha una testa nominale, quello verbale ha
una testa verbale, ma ognuno può essere piò o meno modificato.
La struttura sintattica della frase può essere rappresentata nella sua ricorsività. Negli
alberi sintattici il nome del nodo descrive la classe di parole cui appartiene la testa del
sintagma (nome, verbo…). La funzione sintattica del sintagma (il suo essere soggetto,
oggetto, modificatore di frase/sintagma…) è rappresentata dalle relazioni tra nodi,
cioè dai rapporti di dipendenza). Inoltre, l’ordine sequenziale dei costituenti è
vincolato dai rapporti di dipendenza. Ad esempio, i costituenti dipendenti di un
sintagma si spostano “tutti insieme”.
Lezione 16 (Alberi sintattici -SN SP)
Alla base della nozione di valenza e attante c’è l’idea che ogni frase a nodo verbale
possa essere vista come la rappresentazione di un evento, che è portato in scena dal
verbo. Questa rappresentazione, in termini formali, viene chiamata valenza, o
argomenti, o ruoli valenziali/sintattici del verbo. Per il loro valore semantico,
vengono definiti attanti, o ruoli semantici/attanziali del verbo. Con schema valenziale
o struttura argomentale del verbo, si intende la descrizione delle caratteristiche
formali dei sintagmi che un verbo richiede. Ci sono due valenze con caratteristiche
speciali:
- SN soggetto: in molte lingue governa l’accordo col verbo, assume un caso
dedicato (nominativo) e ha una posizione dedicata
- SN oggetto : in molte lingue assume un caso dedicato (accusativo), ha una
posizione dedicata (in italiano post-verbale) e nelle lingue con costruzione
passiva assume caratteristiche del soggetto. Date queste caratteristiche, si parla
di verbi transitivi (verbi bivalenti che reggono come valenza un SN oggetto, ad
es. arrivare)
Un verbo può avere più schemi valenziali. Gli schemi valenziali non variano solo per
numero, ma anche per tipo.
Gli schemi attanziali, invece, prestano attenzione al valore semantico che gli elementi
dipendenti dal verbo hanno. Ci sono diversi possibili ruoli attanziali, da quello che ha
più controllo sull’evento a quello che ne ha di meno:
- Agente: entità che provoca la causa dell’evento descritto dal verbo
- Esperiente: entità che percepisce gli effetti dell’evento
- Beneficiario: entità nell’interesse della quale si verifica l’evento
- Strumento: entità mediante cui si realizza l’evento
- Paziente: entità passivamente interessata dall’evento
Nello schema valenziale sono importanti le caratteristiche formali dei sintagmi che un
verbo richiede e i ruoli sintattici, mentre per lo schema attanziale si dà importanza ai
ruoli semantici dei partecipanti. Possono esserci più schemi sia attanziali che
valenziali per un solo verbo.
Ci sono diverse tendenze nell’associazione di ruoli semantici e sintattici:
- Agente V Paziente
- Agente V Beneficiario
- Beneficiario V Paziente
- Esperiente V Paziente
- Strumento V Esperiente (eccezione alla tendenza)
- Strumento V Paziente
- Agente V Paziente Strumento
L’attante con maggior grado di controllo sull’evento descritto dal verbo tende ad
assumere il ruolo sintattico di soggetto; non si ha un’associazione stabile tra una
valenza e un ruolo sintattico, ma esistono tendenze di associazione.
La costruzione passiva è una costruzione sintattica che consente di porre a soggetto
un ruolo attanziale con basso grado di controllo e che perciò nella costruzione attiva
occupa la valenza di oggetto.