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LINGUISTICA = disciplina che descrive le regole del linguaggio con metodo scientifico ( Martinet “ è lo

studio scientifico del linguaggio umano”) al di fuori dallo schema prescrittivo. Il linguista prende in esame
tutti i tipi di enunciati, e anche quelli scorretti ( possono essere rivelatori del funzionamento del linguaggio)

GENERALE vs. STORICA

Generale (con Saussure) = tenta di fornire un quadro generale ( applicabile alle singole lingue) del
funzionamento della lingua_ esamina nello stato di lingua quando gli elementi si presentano (SINCRONIA)

Storica = studia i meccanismi di mutamento delle lingue nel tempo ( con Ascoli chiamata glottologia )
DIACRONIA

LINGUAGGIO E LINGUA
Linguaggio ha pluralità di significati :

1) Qualunque tipo di attività comunicativa o sistema simbolico umano e non umano


2) Facoltà di produrre enunciati verbali, propri delle lingue storico-naturali ( solo umani)
3) Facoltà universale del parlare, intesa come comune denominatore di tutti i sistemi d segni verbali
usati nelle comunità linguistiche ( indipendentemente dalle loro concrete realizzazioni storiche).

Quest’ultimo punto lo differenzia dalla lingua = forme particolari, singoli sistemi storicamente realizzati di
linguaggio umano.

Anche la lingua ha numerose definizioni:

1) lingua come ISTITUZIONE SOCIALE: un “patto implicito” = tutti i parlanti di una determinata
comunità linguistica si riconoscono in uno stesso codice formato da un sistema di segni fissato dal
consenso collettivo. ( Whitney)
2) lingua come RINCIPIO ORDINATORE DELLA REALTÀ : il sistema linguistico non rispecchia a priori la
realtà ma a classifica e ordina in forme e strutture diverse da lingua a lingua. le lingue comunicano
attraverso la mediazione del pensiero e la lingua fa da supporto al pensiero infatti il pensiero
contribuisce alla formazione del linguaggio, e questo contribuisce ad arricchire il pensiero.
3) Lingua come STRUMENTO DI COMUNICAZIONE FONDATO SULLA DOPPIA ARTICOLAZIONE: la
lingua analizza l’esperienza umana in unità dotate di contenuto semantico ( monemi) ed
espressione fonica ( fonemi) ( Martinet)
4) Lingua come CODICE e come SISTEMA SIMBOLICO: lingua = codice (forma + contenuto)_ forma =
produzioni fisiche = significante ; contenuto = concetto = significato_ significante + significato =
segno _ lingua = sistema di segni ( Saussure )
La lingua è un sistema di segni composto da significante e significato che deve trasmettere il
messaggio e farlo comprendere tra emittente e ricevente
5) Lingua come PROGRAMMA INNATO: la lingua è l’espressione di un programma universale innato
che si trova nella nostra testa e che con un numero finito di parole può compore un numero
infinito di enunciati. ( Chomsky)
6) Lingua come FUNZIONE IDENTITARIA : è un mezzo per affermare la propria identità, per affermare
l’appartenenza ad un determinato gruppo.
LINGUA COME CODICE
Soffermandoci sul punto 4 del precedente elenco, le lingue vengono comparate ai sistemi di segni non
linguistici perché condividono in principali funzionamenti e i modi in cui si trasmettono.

Saussure concepì la linguistica come parte della semiologia = scienza che studia i sistemi di segni, la
linguistica si occupa di quelli verbali

Il SEGNO è un elemento a due facce che mette in correlazione espressione + contenuto (significante +
significato ) e possono essere ordinati (Pierce) per grado di arbitrarietà come :

1) ICONA: relazione di similarità o analogia con la realtà e si divide in immagine ( somiglianza),


diagramma ( rapporto proporzionale/ quantitativo), metafora ( parallelismo).
2) INDICE: realtà evocata in forma indiretta_ automatismo associativo_ rapporto di causa-effetto.
Esempio : orma animale= passaggio animale, febbre= malessere influenzale, Fumo= fuoco
3) SIMBOLO: rapporto interamente arbitrario. Esempio: colori semaforo; rosa bambia:blu mascio,
cartelli stradali

Jackobson: nessun segno è interamente icona o simbolo o indice, c’è solo la predominanza di u tratto sugli
altri

Se la tripartizione di Pierce la applichiamo al linguaggio risulta :

1) Iconicità linguistica (Jackobson): l’ordine dei significanti è spesso un riflesso iconico


(diagrammatico) dell’ordine dei significati . esempio frase di Cesare veni, vidi, vici
2) Sono indici ( ovvero commutatori )tutte quelle espressioni che fungono da ancoraggio dei contenuti
di un enunciato alla specifica situazione di enunciazione _ parole il cui senso varia in rapporto alla
situazione . esempio: pronomi personali, i deittici (questo, quello), avverbi di luogo (qui, li)
3) Sono simboli la gran parte dei segni linguistici ( non c’è nulla nell’albero che richiami i suoni della
parola albero ecc…)
PROPRIETÀ DEL LINGUAGGIO VERBALE
Hocket

Tali proprietà non ricorrono nella globalità a nessun linguaggio se non a quello verbale, anche se alcune
possono ricondursi ad altri tipi di linguaggio.

1) BIPLANARITÀ: segno è costituito da espressione + contenuto, insperabili


2) ARBITRARIETÀ: legame tra significante e significato è immotivato
Verticale= rapporto tra significante e significato
Orizzontale= rapporto reciproco tra i vari significanti e i vari significati di una stessa lingua
Relativa( hanno un certo grado di motivazione)= sono analizzabili nei loro costituenti: composti,
derivati forme flesse del nome e del verbo( ne tra le lessicologiche e grammaticali )
Paradigma antiarbitrarista: forme simboliche- iconismo morfologico- iconismo sintattico
3) DOPPIA ARTICOLAZIONE: gli enunciati possiedono due livelli di organizzazione: prima arti. monemi,
secondo art. fonemi
4) CREATIVITÀ/ PRODUTTIVITÀ: consente di creare un numero illimitato di enunciati a partire da
poche unità minime___ risvolto teorico= no imitazione, acquisizione infantile ma principio innato
LAD
5) RICORSIVITÀ: includere una frase nell’altra iterando all’infinito
6) DISCRETEZZA: unità minime si oppongono senza gradazioni
7) DISTANZIAMENTO / LIBERTÀ DALLO STIMOLO: parlare sia di presente che passato che futuro
8) PREVARICAZIONE: usare messaggi falsi o privi di senso
FUNZIONI DEL LINGUAGGIO
Prime 3 Büler ( rappresentazione, notifica e richiamo ) , perfezionate poi da Jackobson con l’aggiunta delle
ultime tre

1) REFERENZIALE (contesto) : dà informazioni concrete/mentali/astratte (III p. verbale)


2) EMOTIVA ( emittente) : dà informazioni sull’atteggiamento nei riguardi di ciò di cui si sta parlando
(I p.)
3) CONATIVA ( destinatario) : frasi imperative, vocative, esortative (II p.)
4) FATICA ( contatto o canale) : stabilire, prolungare, mantenere il canale attivo
5) METALINGUISTICA (codice): si può parlare del linguaggio stesso
6) POETICA ( messaggio ) : ricercare stilisticamente e esteticamente efficace.

No monopolio di una sull’altra ma preminenza dalla funzione in esso saliente


LINGUA COME STRUMENTO DI COMUNICAZIONE
Shannon-Weaver elaborano un interpretazione del meccanismo comunicativo. Vengono postulati una
sorgente, un canale e un destinatario

Perfezionato e sviluppato in ambito linguistica poi da Jackobson

1) Emittente
2) Destinatario
3) Canale: mezzo fisico attraverso cui corre il messaggio
4) Messaggio: l’atto della comunicazione verbale
5) Codice: per essere capiti, occorre che i codice sia comune a dest. e emitt.
6) Contesto: ciò di cui si parla

Il fine del parlare è il comunicare ( modello puramente meccanico e informazionale)

DIVERSE prospettive!

 Tra gli interlocutori vi è un INTERAZIONE= costruire e negoziare i contenuti della comunicazione


 Non tener conto del CONTESTO
 Oltre che mezzo comunicativo la lingua è uno strumento COGNITIVO che organizza l’esperienza
I LIVELLI DI ANALISI DELLA LINGUA
1) FONETICA (a) E FONOLOGIA (b)

a) – Prende in considerazione la concreta realizzazione sonora nella sua dimensione fisica,


articolatoria e acustica
- Parentesi quadre
- Unità minima: fono o suono ( parole)
b) – prende in consid. Le unità foniche come classi astratte considerate nei loro rapporti ed
opposizioni
- Slash /
- Unità min: fonemi (langue )

2) MORFOLOGIA
- Formazione e flessione parole
- Studia unità min. di prima articolazione= elementi minimi muniti di significato
- Unità min. : Morfi ( parole) e morfemi ( langue)

3) LESSICOLOGIA ( =/ lessicografia (dizionario), =/ vocabolario)


- Studia la struttura del lessicol, la sua relazione e combinazione
- Lessico inteso come entità astratta immagazzinata nella nostra mente
- Unità min. = morfema lessicale ( parole) e lessema ( langue )

4) SINTASSI
- Come si combinano e organizzano le parole all’interno della frase
- Frase =/ enunciato ( analizza un sintagma)
Frase ha senso compiuto ( soggetto + predicato )
- Sintagma diviso in 5 categorie : nominale , aggettivale, preposizionale, verbali , avverbiali

5) LINGUISTICA TESTUALE
- Studia gli atti linguistici realizzati da un certo parlante in una certa situazione sia in forma
orale che scritta
STORIA DELLA LINGUISTICA
- Esordisce come disciplina agli inizi del XIX secolo come studio storico-comparativo delle
lingue, in particolare quelle indoeuropee.
- La conoscenza del sanscrito in Europa e il movimento romantico in Germania furono
all’origine della linguistica come scienza autonoma.
- L’assomiglianza tra sanscrito, latino e greco fu scoperta da William JONES.
- I romantici tedeschi tentano lo studio del sanscrito. In particolare Friedrich SCHLEGEL tenta
una comparazione morfologica del sanscrito con le lingue antiche e le altre lingue europee.
- Il vero e proprio atto di nascita della linguistica storico-comparativa, e in generale della
linguistica scientifica, si fa coincidere con la pubblicazione del saggio di grammatica
comparata dedicato al confronto delle coniugazioni verbali del sanscrito con altre lingue di
Franz BOPP del 1816. Anche se già prima, arrivò alle stesse conclusioni Rasmus Kristian
RASK nella ricerca dell’origine della lingua nordica e in particolare dell’islandese, ma
pubblicò l’opera nel 1818, dopo Bopp.
- Accanto a Rask e Bopp va ricordato anche Jakob GRIMM che con la sua “Deutsche
Grammatik” formulò le leggi che regolano il consonantismo tedesco.
- Una certa fortuna ebbe la concezione di lingua come strumento evolutivo di August
SCHLEICHER. Seguace della teoria darwiniana, esamina i concetti di famiglia e gruppo
linguistico secondo un paradigma biologico-evoluzionista. L’evoluzione, applicata al campo
linguistico, conduce a stabilire dei rapporti genetici tra le lingue portando Schleicher alla
creazione di un albero genealogico. È a lui che viene anche attribuito il primo coerente
tentativo di ricostruzione della lingua madre indoeuropea.
- Negli ultimi anni dell’800, i NEOGRAMMATICI diedero l’impulso alla caratterizzazione della
lingua come processo storico. Si tratta di una scuola che attribuisce alle leggi fonetiche un
valore meccanico e assoluto. In definitiva i comparatisti di fine 800 tendono a spiegare lo
stato d’una lingua come risultato dell’incessante sviluppo cui una determinata lingua è
esposta al tempo.
- Si fa strada anche un altro principio esplicativo che riconosce lo spazio nella diffusione del
cambiamento. Ne fu assertore Johannes SCHMINDT con la Teoria delle onde. Secondo
Schimndt la somiglianza fra le lingue imparentate poteva giustificarsi con contatti e
influenze secondarie diffusesi orizzontalmente tre le lingue vicine. Questo principio, seppur
resti apparentemente isolato, può essere considerato il persecutore della geografia
linguistica.
- La GEOGRAFIA LINGUISTICA si prefigge di analizzare la distribuzione delle lingue nello
spazio promuovendo la rilevazione e la raccolta di dati linguistici con l’obbiettivo di
rappresentarli sulla carta proprio come sono disposti nei territori. Le carte vengono poi
assemblati negli atlanti linguistici. Il primo fu l’atlante linguistico della Francia di Jules
GILLIERON.
- Le applicazioni geolinguistiche di Gilleron vengono adottate poi da Antoine MEILLET e
applicate alla linguistica indoeuropea.
- Nell’ultimo quarto del XIX secolo Hugo SCHUCHARDT prese posizione contro l’astrattezza
evoluzionistica dei neogrammatici, in particolare mise in discussione la regolarità assoluta
del mutamento fonetico innalzando il concetto di mescolanza linguistica inteso come
principio esplicativo di ogni innovazioni. Per Schuchardt infatti non esistono lingue
totalmente immuni da mescolanza.
- Graziano Isaia ASCOLI chiama in causa il fattore etnico come innesco del mutamento sotto
l’azione del sostrato. Quando si ha la sovrapposizione di una lingua su di un’altra, la lingua
che soccombe non viene mai completamente cancellata, ma contribuisce in misura più o
meno grande alla creazione di un nuovo equilibrio linguistico, in quanto i parlanti, pur
facendo propria la nuova lingua, trasferiscono in essa certe caratteristiche fonetiche,
morfologiche e sintattiche o anche lessicali proprie della lingua sopraffatta, che dunque
continua in certa misura a sopravvivere nella nuova tradizione linguistica come sostrato.
Per superstrato si intende la lingua che, in seguito a un processo storico di colonizzazione
o di conquista militare, si sovrappone per un certo periodo di tempo alla lingua praticata
nel territorio colonizzato o conquistato, senza peraltro riuscire a imporsi, ma lasciando
tracce di sé nel lessico e a volte anche nelle strutture della lingua della popolazione
assoggettata.

METODO STORICO COMPARATIVO

Le procedure principali del metodo storico-comparativo sono la comparazione e la ricostruzione: si


tratta di due operazioni tra loro strettamente connesse il cui obiettivo è la determinazione della
parentela linguistica.

Per comparazione si intende la possibilità di stabilire raffronti sistematici tra lingue diverse in maniera
tale da dimostrare l’appartenenza di tali idiomi ad una stessa famiglia linguistica. Il procedimento si
fonda essenzialmente sull’individuazione di regolari e costanti corrispondenze formali. Occorre cioè
dimostrare che i confronti non siano casuali o dovuti a prestito, ossia ad apporti alloglotti.
Alla comparazione è strettamente connessa la ricostruzione, ossia quell'operazione che consente di
ripercorrere a ritroso il cammino delle trasformazioni linguistiche risalendo agli antefatti, all’originaria
lingua madre o comunque ad uno stadio precedente. In concreto, nella tradizione degli studi avviata
durante il XIX secolo, la ricostruzione ‘per eccellenza’ era quella che, a partire dalle singole lingue
storiche, risaliva all’indoeuropeo primitivo.
È anche opportuno ricordare:
• che il processo ricostruttivo può rimandare non solo a lingue non documentate, secondo un
cammino che va dal noto all'ignoto, ma anche a lingue attestate
• che il metodo utilizzato per ricostruire l'indoeuropeo può essere applicato ad ogni singolo gruppo
linguistico
PARENTELA LINGUISTICA: Affermare che due o più lingue sono tra loro imparentate significa che
entrambe, nel recente o lontano passato, si sono evolute da una comune lingua originaria.
RICOSTRUZIONE CULTURALE: operando con lo strumento della comparazione testuale, consiste nel
recupero, quanto più strutturato e integrale possibile, del patrimonio culturale e ideologico degli
Indoeuropei.
DEPOSITO STORICO-CULTURALE: racchiudendo in sé ed in particolare nel suo lessico una quantità
straordinaria di informazioni storico-culturali; le lingue tramandano così la memoria di strutture sociali,
religiose, di sistemi di valori, di avvenimenti e svolte socioculturali ed economiche ecc…
ETIMOLOGIA E STORIA DELLA LINGUA
Altri campi di ricerca propri della linguistica storica sono da una parte l'etimologia, che applica alla storia
delle parole i principi del mutamento linguistico, e dall’altra la storia della lingua, che descrive il
complessivo evolversi nel tempo di una determinata tradizione linguistica, vista nelle sue diverse
manifestazioni (strutture, lessico, produzione letteraria ecc.).
l’indagine etimologica mira a individuare e descrivere i rapporti (di tipo formale e semantico) che
collegano un vocabolo con una o più unità che lo precedono o storicamente e alle quali è da ricondurre in
qualche modo la presenza del vocabolo stesso; tale (o tali) unità costituiscono il cosiddetto etimo del
vocabolo.
L’etimologia fondata sul metodo storico- comparativo mirava in realtà a individuare una forma-base a
partire dalla quale l’esito finale potesse essere spiegato in modo foneticamente ineccepibile e senza che si
attribuisse adeguato peso alla dimensione semantica della parola, che restava sullo sfondo. Solo in un
secondo tempo la traiettoria semantica della parola sarebbe stata adeguatamente approfondita aprendo
la strada alla ricerca etimologica intesa come storia delle parole e non più e non solo come semplice
ricostruzione di una fase primitiva del linguaggio.
In ogni caso le indagini etimologiche, nate nel segno della linguistica storica, erano destinate ad essere
messe in crisi dall’approccio saussuriano e poi strutturale basato sul primato della sincronia e sulla
negazione stessa del fondamento scientifico dei nessi etimologici, che per la loro specifica natura pongono
in correlazione stati di lingua pensati come tra loro distinti e reciprocamente irriducibili.
LO STRUTTURALISMO
Con il termine strutturalismo si intende un orientamento metodologico affermatosi in un primo tempo (sul
finire degli anni Venti del Novecento) in linguistica e poi progressivamente esteso a tutte le scienze
umane. Il principio ispiratore dello strutturalismo è che ogni campo del sapere costituisce un ‘sistema’
complesso di rapporti, il quale coordina in un tutto solidale, in una struttura, gli elementi minimi in cui è
scomponibile e il cui valore funzionale si determina attraverso le relazioni con le altre unità costitutive del
sistema.
La disciplina guida dello strutturalismo è stata senza dubbio la linguistica, all’interno della quale un ruolo
chiave è stato esercitato dal Cours de linguistique générale di Ferdinand de Saussure.
Nei confronti del linguaggio la linguistica strutturale propone un nuovo modello di descrizione scientifica
fondato sui seguenti presupposti.

• Le lingue sono entità dotate di una STRUTTURA, all'interno della quale ciascun tratto o elemento
non va considerato per se stesso, atomisticamente (come erano propensi a fare i neogrammatici di
indirizzo storicista), ma in quanto capace di stabilire una fitta trama di relazioni e interconnessioni
reciproche. Ogni lingua, cioè, costituisce un insieme coeso di elementi, un tutto solidale, quello che si
definisce usualmente un SISTEMA.
• Le lingue devono essere descritte in termini di OPPOSIZIONI RECIPROCHE tra le unità facendo
astrazione dalle loro proprietà costitutive, le quali sono irrilevanti in se stesse e si individuano e
definiscono solo in negativo. In altri termini le unità reali del linguaggio non sarebbero i suoni del
linguaggio parlato (le unità sul piano dell’espressione) o i significati (le unità sul piano del contenuto) in
quanto tali, ma le RELAZIONI che le singole unità intrattengono tra loro.
• Le lingue possono essere descritte e analizzate secondo un PRINCIPIO ORGANIZZATIVO
AUTONOMO da qualsiasi altro ordine di fenomeni (storici, sociali, psicologici ecc.). A tale proposito F. de
Saussure aveva introdotto la distinzione tra fatti di linguistica esterna e di linguistica interna.
È interessante osservare che la linguistica fece da battistrada del rinnovamento epistemologico, operando
come disciplina modello alla quale si sarebbe rifatto lo strutturalismo non linguistico, destinato di lì a poco
ad affermarsi nei più diversi campi come la filosofia, la psicoanalisi, ecc…; basti pensare a Claude Lévi-
Strauss che applica l'analisi strutturale in ambito antropologico per esaminare le varie forme di
aggregazione sociale e in particolare le strutture elementari della parentela.
IL MODELLO GENERATIVISTA DI CHOMSKY
Il paradigma di ricerca noto come grammatica generativa si è costituito verso la fine degli anni '50 del XX
secolo soprattutto grazie al contributo del linguista americano Noam Chomsky (1928 -). Il generativismo
rappresenta un netto superamento della linguistica strutturale: mentre questa si limitava a descrivere la
‘struttura superficiale’ delle lingue, la teoria chomskiana aspira a ricercarne la ‘struttura profonda’ e a
individuare le leggi che governano il prodursi del linguaggio.
L'argomentazione chomskiana contesta tre assiomi di fondo:
1) che le lingue siano prodotto della cultura di una società
Chomsky sostiene infatti che la capacità di sviluppare un linguaggio è piuttosto una componente
centrale del patrimonio genetico della nostra specie.
2) che esse si acquisiscano mediante le capacità imitative di cui è dotato il bambino
In realtà "l'input che il bambino riceve è insufficiente per spiegare l'acquisizione del linguaggio,
ragione per la quale bisogna postulare una facoltà specifica e innata che permette agli esseri
umani di imparare la loro lingua madre. Per Chomsky il bambino che impara la lingua materna è
dotato di un "dispositivo di acquisizione linguistica" (Language Acquisition Device, abbreviato in
LAD) innato, che gli permette di formulare regole sulla lingua e produrre, in base ad esse,
costruzioni creative che non possono essere ricondotte ad un semplice condizionamento da parte
del mondo esterno. La base su cui poggia l'impianto teorico dei generativisti è dunque l’innatismo.
3) che, in nome della diversità linguistica, si debba porre l'enfasi sulla molteplicità e irriducibilità delle
lingue del mondo.
Chomsky oppone a ciò l’ipotesi universalista invocando l’argomento che l’ambito di variazione tra
le diverse lingue è, a guardar bene, non illimitato. Tutte le lingue del mondo condividono in realtà
alcuni tratti comuni e analogie le quali fanno ritenere che vi sia una grammatica universale (GU)
innata, sulla base della quale si svilupperebbero poi, per processi secondari di differenziazione, le
grammatiche delle singole lingue particolari. Per definire tali tratti condivisi si è introdotto il
concetto di universali linguistici (ad esempio: ogni lingua del mondo dispone sia di fonemi vocalici
che consonantici, ecc…)
In definitiva le diverse lingue umane conosciute sono varianti previste da un sistema grammaticale
unitario, concepito come un progetto indeterminato. Per giustificare le differenze interlinguistiche si
ipotizza che tale sistema unitario consti di un insieme di principi (principi astratti invariabilmente osservati
da tutte le lingue del mondo) e parametri (modulazioni che toccano un numero limitato di valori e danno
conto delle principali variazioni strutturali fra le lingue del mondo).
FONETICA E FONOLOGIA
FONETICA: disciplina che studia e classifica i suoni del linguaggio articolato come entità fisiche facendo
astrazione della loro funzionalità all’interno del sistema. Questa prende in considerazione tutti i possibili
suoni che l’apparato acustico umano può produrre e compie le sue generalizzazioni sulla totalità delle
lingue nel mondo.
Unità minima: suono/fono = entità materiale caratterizzate da una ben definita sostanza fonica.
La fonetica si distingue in:
- ARTICOLATORIA: studia i suoni in base al modo in cui vengono articolati cioè come
vengono prodotti dall’apparato fonatorio umano
- ACUSTICA: prende in esame le modalità di propagazione e trasmissione del suono
- UDITIVA/PERCETTIVA: come viene percepito e decodificato il segnale linguistico
Un ulteriore suddivisione l’abbiamo con linguistica:
- DESCRITTIVA: studia l’assetto fonico in uno stato di lingua
- STORICO: analizza i cambiamenti, ricerca le leggi del mutamento dei suoni nel tempo.

Apparato fonatorio e meccanismo fonazione:


l’apparato fonatorio è l’insieme degli organi e delle strutture anatomiche che l’uomo utilizza per parlare.
I suoni del linguaggio vengono prodotti mediante l’espirazione, quindi con un flusso di aria regressivo:
l’aria attraverso i bronchi e la trachea, raggiunge la laringe dove incontra le corde vocali. Quest’ultime, che
durante la normale respirazione silente restano separate e rilassate, nella fonazione, possono contrarsi e
tendersi avvicinandosi o accostandosi l’una all’altra. Cicli rapidissimi di chiusure e aperture delle corde
vocali costituiscono le vibrazioni delle corde vocali. Il flusso d’aria passa poi nella faringe e da questa nella
cavità boccale. Nella parte superiore della faringe, la parte posteriore del palato (velo), da cui pende
l’ugola, può a questo punto lasciare aperto o chiudere il passaggio che mette in comunicazione la faringe
con la cavità nasale.
Nella cavità orale, svolgono una funzione importante nella fonazione alcuni organi mobili o fissi:
-la lingua in cui si distinguono una radice, un dorso e un apice;
-il palato, in cui occorre considerare separatamente il velo e gli alveoli, cioè la zona immediatamente
retrostante ai denti;
-i denti;
-le labbra;
-anche la cavità nasale può partecipare al meccanismo di fonazione.
Quando il flusso d’aria fuoriesce liberamente si hanno le VOCALI, se invece incontra ostacoli si ottengono
le CONSONANTI. Queste ultime devono la loro denominazione al fatto di appoggiarsi ad una vocale e di
risuonare con essa.
VOCALI
Vengono classificate secondo 5 parametri:
1) LUOGO di articolazione (param. qualitativo): direzione dorso lingua nella cavità orale
- Anteriori (palatali): verso palato duro
- Posteriori (velari): verso velo palatino
- Centrali: regione prevelare
- Indistinte: né posizione né grado, neutre (in italiano sono presenti solo in certi dialetti del
sud)
Questi parametri formano il triangolo vocalico.
2) POSIZIONE della LINGUA (qualitativo): innalzamento o abbassamento rispetto alla posizione di
riposo (che corrisponde alla “a”)
- Suoni acuti: i, e, ɛ
- Suoni gravi: o, ɔ, u
La posizione è correlata al grado di apertura: più alta è la posizione della lingua più chiusa è la
vocale.
- Chiuse (alte): i, u
- Semichiuse (medioalte): e, o
- Semiaperte (mediobasse): ɛ, ɔ
- Aperte (basse): a
3) ARROTONDAMENTO LABBIALE (qualitativo): caratteristica che in italiano/ spagnolo è ridondante
(ma in tedesco e francese è rilevante)
- Non arrotondate = anteriori
- Arrotondate/labializzate = posteriori
4) ORALI o NASALI (qualitativo): non è una differenziazione presente nell’italiano, in francese, ad
esempio, si.
5) DURATA VOCALICA (quantitativo): l’italiano non ha rilevanza vocalica, la lunghezza è determinata
dalla sillaba = la vocale si allunga se accentata e in sillaba aperta non finale. In latino ad esempio è
un parametro importante tanto da creare coppie minime.

CONSONANTI
MODO DI ARTICOLAZIONE
- Occlusive: chiusura completa de canale fonatorio (p,b t,d k,g)
Sottospecie delle occlusive sono le nasali dove il passaggio dell’aria avviene nel canale
nasale per abbassamento del velo palatino (m n ɲ)
- Fricative: restringimento cavità quindi blocco parziale/ rumore di sfregamento (f,v )
Tra le fricative si riconosce la sottocategoria delle sibilanti (s,z ʃ)
- Approssimanti: suoni simili ai fricativi ma la frizione è meno avvertibile. Sono
approssimanti in italiano le semiconsonanti j (ieri) e w (uovo).
- Affricate: quando l’articolazione inizia con un’occlusiva e termina con una frizione (ts,dz
tʃ, dʒ)
- Laterali: l’aria passa solo ai lati della lingua (l ʎ)
- Vibranti: rapidi contatti intermittenti della lingua (o ugola) contro un altro organo (r). la
vibrazione della r italiana è plurivibrante a differenze della r di very dell’inglese che è
monovibrante.

LUOGO DI ARTICOLAZIONE
I primi due (bilabiali e labiodentali) chiamano in causa labbra e denti, senza coinvolgere la lingua; a partire
dai successivi iniziano le consonanti apicali, pronunziate cioè con l’apice della lingua.
- Bilabiali: contatto fra le due labbra (occlusive: p,b nasale: m)
- Labiodentali: labbro inferiore contro denti incisivi superiori (fricative: f,v allofono nasale:
ɱ)
- Dentali: apice lingua contro incisivi superiori ( t,d ts, dz)
- (no ita) Interdentali: apice lingua oltrepassa i denti (th inglese di think)
- Alveolari: apice contro alveoli denti superiori (n l r)
- Postalveolari: apice nella zona intermedia tra gli alveoli e il palato duro (ʃ tʃ, dʒ)
- (dialetti sud) Retroflesse: apice rovesciato all’indietro (“beddu”)
- Palatali: dorso lingua contro palato duro (ʃ anche la cj,gj del friulano)
- Velari: dorso lingua contro velo palatino (k,g)
- (no ita) Uvulari: radice lingua contro velo (q di Iraq e Qatar)
- (no ita) Faringali: radice lingua verso la faringe
- (no ita) Glottidali: nella glottide (occlusiva sorda: ʔ tedesca di ein, Apfel fricativa sorda:
h inglese di have o pronunzia toscana della c poco=poho)

SEMIVOCALI e SEMICONSONANTI
Sono delle approssimanti molto vicine alle vocali
Semivocali: quando i e u sono precedute da un’altra vocale (ai, au, ei, eu, oi, ui)
Semiconsonanti: quando i e u sono seguite da un’altra vocale (ia, ua, ie, ue, io, uo, iu, ui)
Sono chiamate così perché hanno un suono più breve di una normale vocale e suono intermedio tra vocale
e consonante.
FONOLOGIA: questa disciplina studia le produzioni foniche in quanto parte di un sistema di relazioni
strutturali restringendo quindi la propria analisi alle entità foniche dotate di potere distintivo. Non
generalizza tutte le lingue ma compie la sua ricerca nel sistema di una determinata lingua.
Unita minima: fonema = grandezze funzionali, da considerarsi come valori relazionali (classe astratta di
foni dotata di valore distintivo, cioè tale da opporre una parola ad un'altra in una stessa lingua). Sono
unità minime di seconda articolazione, non ulteriormente scomponibili.
Esempio: La parola “mare” è costituita da 4 foni diversi in successione; posso pronunciare ognuno dei foni
costitutivi della parola in modi diversi ma la parola rimarrà sempre “mare”. Ciascuno dei 4 foni
distingue/oppone la parola in considerazione da altre parole: “m” oppone “mare” a “pare”, “care”.. La
parola “mare” è quindi formata dai 4 fonemi /m/a/r/e/.
Prova di commutazione:
sostituendo nel medesimo contesto il suono di una parola con un altro otteniamo un cambiamento di
significato, allor i due suoni sono due fonemi diversi. le due parole formatesi sono dette coppie minime.
Fonemi possono essere:
- varianti libere = esecuzioni enfatiche o peculiari di singoli individui
- varianti combinatorie/ allofoni = quando sono soggetti a realizzazioni foniche alternative
per influssi, ad esempio, dei suoni adiacenti (ɱ di infatti è allofono, oppure r e R moscia)

Fonemi e tratti distintivi: i fonemi sono unità minime di seconda articolazione, e non sono ulteriormente
scomponibili; non è possibile scomporre un fonema /t/ in due pezzi più piccoli.
Il fonema non è un segno perché privo di significato, ma i fonemi si possono però analizzare sulla base
delle caratteristiche articolatorie che li contrassegnano: potremmo identificare /t/ come “occlussiva
dentale sorda”, /d/ come “occlusiva dentale sonora”. Le caratteristiche articolatorie diventano tratti
distintivi, che permettono di analizzare i fonemi in maniera economica.
Un fonema, si può ulteriormente definire come costituito a un fascio di tratti fonetici distintivi che si
realizzano in simultaneità. La teoria dei tratti distintivi è stata sviluppata in fonologia. In linguistica si è
giunti a formulare un certo numero chiuso e limitato di tratti che permetterebbero di dar conto di tutti i
fonemi attestati e possibili nelle lingue del mondo.

I fonemi dell’italiano: non tutte le lingue hanno gli stessi fonemi. Gli inventari fonematic delle diverse
lingue del mondo sono costituiti in genere da alcune decine di fonemi. L’italinoa standard ha 30 fonemi.
L’inventario fonematic dell’italiano è connesso con numerosi problemi: per trascrivere foneticamente
occorre basarsi sul modo in cui una parola è pronunciata (fonia), e non sulla grafia, che spesso può essere
fuorviante.
È problematico lo statuto delle consonanti lunghe o doppie se accettiamo per esempio “cane” vs “canne”
che costituiscono una coppia minima.
Nella pronuncia dell’italiano esistono molte differenze regionali. Le opposizioni fra /s/ - /z/, fra /ts/ - /dz/,
fra /j/ - /i/, fra /w/ - /u/. nell’italiano del settentrione la fricativa dentale è sempre realizzata sonora in
posizione intervocalica, quindi [kieze] vale “chiese” nel caso di “edifici di culto” che nel caso di
“domandò”; mentre in toscano si distingue fra [kieze] con la sonora nel caso di edifici di culto e [kiese] con
la sorda nel caso di domandò. Al nord casa si pronuncia [kaza] con S sonora, ma al centro sud [kasa] con S
sorda.
È problematica l’opposizione fra vocali medio-alte e vocali medio-basse; è tipica della varietà tosco-
romana in italiano ma è ignota nelle altre varietà regionali. Quindi avremo /’peska/ “azione di pescare” vs.
/’pEska/ “frutto”.

Sillabe: sono le minime combinazioni di fonemi che funzionino come unità pronunciabili. Una sillaba è
costruita attorno a una vocale: una consonante o una semivocale ha sempre bisogno di appoggiarsi a una
vocale che costituisce il perno/apice della sillaba. Ogni sillaba è formata da almeno una e solo una vocale è
da un certo numero di consonanti. Esistono condizioni sulla distribuzione delle consonanti all’interno della
sillaba. In ogni lingua ci sono strutture sillabiche canoniche cioè preferenziali. In italiano la struttura
canonica, utilizzando V per indicare la vocale e C per indicare la consonante:
-CV come in “ma-no”
-V come in “a-pe”
-VC come in “al-to”
-CCCV come in “stra-no”
Il dittongo è una combinazione di fonemi interessanti, in quanto è la combinazione di una semivocale e di
una vocale come in “aiuto”, “”pieno”; il trittongo prevede la combinazione di due semivocali e una vocale
come in “aiuola”, “miei”.

Fatti prosodici/soprasegmentali: vi è una serie di fenomeni fonetici e fonologici che riguardano non i
singoli segmenti, ma la catena parlata nella successione lineare. I fondamentali fra di essi sono l’accento, il
tono, l’intonazione e la lunghezza o durata relativa.

Accento: è la particolare forza o intensità di pronuncia di una sillaba. In italiano l’accento è dinamico o
intensivo, cioè la sillaba tonica è tale grazie a un aumento del volume della voce, in altre lingue l’accento è
musicale, connesso all’altezza della sillaba.
La posizione dell’accento all’interno di una parola, può essere libera o fissa. In certe lingue è fissa come in
francese, dove l’accento cade sempre sull’ultima sillaba.
In altre lingue la posizione è libera e l’accento può cadere su una qualunque delle sillabe della parola.
In italiano l’accento è libero, può trovarsi sul:
-ultima sillaba come in “qualità” parola tronca
-penultima sillaba come in “piacere” parola piana
-terzultima sillaba come in “camera” parola sdrucciola
-quartultima sillaba come in “capitano” (3° persona plurale del verbo capitare) parola bisdrucciola

In italiano l’accento interviene a differenziare parole diverse a seconda della sua posizione. Es “càpitano”
(3° persona plurale del verbo capitare) vs. “capitàno” (nome), vs. “capitanò” (3° persona singolare del
passato remoto di capitanare).

Tono e intonazione: i fenomeni di tonalità e intonazione riguardano l’altezza musicale con sui le sillabe
sono pronunciate e la curva melodica a cui la loro successione da luogo. Tono è l’altezza relativa di
pronuncia di una sillaba. In molte lingue tonali il tono può avere valore distintivo come nel cinese
mandarino in cui [ma] con tono alto e costante è la parola per “mamma” mentre con tono basso
discendente-acendente vale come “cavallo”.
L’intonazione è l’andamento melodico con cui è pronunciata una frase o un intero gruppo tonale. In molte
lingue l’intonazione distingue il valore pragmatico di un enunciato cioè permette di capire se si tratta di
un’affermazione, di una domanda, di un ordine o di un’esclamazione.
Lunghezza/durata/quantità: riguarda l’estensione temporale relativa con cui i foni e le sillabe sono
prodotti. Ogni fono può essere breve o lungo. La lunghezza delle vocali o delle consonanti può avere
valore distintivo. In italiano non ha funzione distintiva e meno che non prendiamo in considerazione le
consonanti doppie come “cane” vs. “canne”.
Per le vocali la durata in italiano non è pertinente. In molte lingue la durata vocalica funziona da tratto
pertinente. In latino classico dove “malum” con al “a” breve è “male, malanno” mentre con la “a” lunga è
“mela”.

La distinzione tra fonetica e fonologia mette in chiaro la distinzione saussuriana tra langue e parole.

RAPPORTO TRA GRAFIA E PRONUNCIA_ metodi di trascrizione fonetica


La scrittura può rappresentare maggiore o minore aderenza alla realtà, varia considerevolmente da una
lingua all’altra e la causa principale ne è la conservatività dell’ortografia, che in molti casi è rimasta ferma
mentre la lingua si evolveva. Gli studiosi quindi fanno ricorso alla grafia fonetica con lo scopo di fissare
graficamente i fonemi in modo univoco.
La grafia fonetica può essere
- ANALFABETICA: se costituita da simboli che non appartengono alla trascrizione alfabetica
- ALFABETICA: se costituita da simboli dell’alfabeto convenzionale
Tra i principali alfabeti fonetici troviamo i criteri di trascrizione dei romanisti introdotti da Ascoli
(perfezionati successivamente da Battisti e Merlo) a partire dal 1873. Sistemi affini furono impiegati anche
da linguisti tedeschi. Questi alfabeti erano basati su semplici segni dell’alfabeto latino, arricchito da segni
diacritici.
Ma su tutti è imposto L’alfabeto fonetico internazionale IPA utilizzato nella trascrizione delle lingue del
mondo elaborato nel 1888. Successivamente modificato più volte, ma la modifica di un certo peso venne
nel 1996. Ultima modifica è del 2015.

TRASCRIZIONE:
distinguere tra:
- Trascriz. LARGA (fonologica) che indica i fonemi divisi in barre oblique;
- Trascriz. STRETTA (fonetica) che indica i foni, dando conto di tutte le varianti. Si
racchiudono tra parentesi quadre.

Per la lunghezza vocali vengono usati i due punti. Anche se per alcune lingue come friulano e latino, hanno
i loro simboli di lunghezza vocalica. Per la qualità consonantica si usano o i due punti o la ripetizione del
simbolo.
L’accento principale va anteposto alla sillaba tonica, usando un apice alto.
TIPOLOGIA LINGUISTICA

Si occupa di individuare che cosa c’è di uguale e che cosa c’è di differente nel modo in cui le diverse lingue
sono organizzate e strutturate.
È strettamente connessa con lo studio degli UNIVERSALI LINGUISTICI= caratteristica manifestata o
posseduta da tutte le lingue del mondo e nessuna lingua può contraddirla. (esempi pag. 239 Berruto) Gli
universali assoluti sanciscono la presenza (o l’assenza) di una particolare proprietà in ogni lingua storico-naturale, senza fare riferimento ad alcun
altro parametro e senza stabilire correlazioni fra tratti differenti, l’esempio cui tutte le lingue hanno vocali orali.

Sulla base di tratti strutturali comuni si possono classificare le lingue non più sul piano genealogico ma dal
punto di vista della loro appartenenza a tipi diversi e della somiglianza relativa della loro organizzazione
strutturale.
Un TIPO LINGUISTICO si può definire come un insieme di tratti strutturali in armonia gli uni con gli altri, ed
equivale a un raggruppamento di sistemi linguistici con molti caratteri comuni. Ma una singola lingua non
corrisponde mai in assoluto ad un tipo particolare; un sistema linguistico realizza fondamentalmente un
certo tipo linguistico mescolandone, in genere, altri tipi linguistici ideali.

TIPOLOGIA MORFOLOGICA
È la più nota, fondata da August Friedrich Pott nel 1849 ed è basata sula struttura della parola.
 Lingue ISOLANTI: una lingua in cui la struttura della parola è la più semplice possibile, costituita da
un solo morfema. Sono lingue prive di struttura grammaticale nelle quali le singole parole
rimangono invariabili (non hanno né flessione né derivazione) quali che siano le loro funzioni
mentre l’espressione dei rapporti grammaticali resta affidata all’ordine degli elementi nella frase.
(Vietnamita, cinese, thailandese, ecc..)
Isolanti = tengono isolate le forme lessicali- no aggiunta, no modificazione
 Lingue AGGLUTINANTI: in cui le parole hanno una struttura complessa, sono formate dalla
giustapposizione di più morfemi, tali lingue presentano alto indice di sintesi, i morfemi di solito
hanno un valore univoco e una sola funzione. Sono lingue che prediligono le tecniche di
affissazione, aggiungendo cioè dopo l’elemento lessicale una sequenza di morfemi nettamente
delimitabili l’uno dall'altro, ognuno dei quali è portatore di un solo ed unico valore.
(Ungherese turco, esperanto /artificiale/)
Agglutinare= incollare insieme

 Lingue FLESSIVE: che presentano parole abbastanza complesse, costituite da una radice lessicale
semplice o derivata e da uno o anche più affissi flessionali che spesso sono morfemi cumulativi,
veicolando più valori grammaticali assieme e assommando diverse funzioni; hanno una radice di
sintesi minore. Anche le lingue flessive esprimono le diverse valenze grammaticali variando la
forma della parola per mezzo di morfemi affissali (desinenze di genere, numero, caso, persona
ecc.) o di altre modificazioni ma, a differenza delle lingue agglutinanti,
a) possono CUMUARE in ciascun affisso una pluralità di valori precludendo così una coerente
segmentazione delle parole in morfi;
b) possono FONDERE le forme grammaticali con il corpo lessicale della parola (sotto questo
aspetto vengono anche chiamate lingue a morfologia fusiva).
Un’ulteriore suddivisione delle flessive (suggerita da Schlegel) si ha con:
- ANALITICHE: che sono costrette all’uso di articolazioni davanti ai sostantivi, dei pronomi
davanti ai verbi, usano verbi ausiliari, che esprimono i gradi degli aggettivi e avverbi, ecc…
(es: italiano = il/ un lupo_ ho amato, hai amato…_ più giusto)
- SINTETICHE: quando non si servono di questi mezzi di circonlocuzione ( es. latino = lupus_
amavi, amavisti…_iustior)
(INDOEUROPEE, il greco, il latino, il russo, le lingue romanze e quindi l’italiano)
Nel tipo morfologico flessivo si distingue un sottotipo INTROFLESSIVO, caratterizzato dal fatto
che i fenomeni di flessione avvengono anche DENTRO la radice lessicale, ad esempio l’arabo.

 Lingue INCORPORANTI ( e polisintetiche): per il fatto che danno la sensazione di ‘incorporare’


l'oggetto, nominale o pronominale, all'interno dell'espressione verbale.
(caucasiche e amerindiane)
Queste sono da differenziarsi dalle POLISINTETICHE che sono quelle lingue che hanno una
struttura della parola molto complessa, formata da più morfemi attaccati assieme, presentano la
peculiarità che nella stessa parola possono comparire due o anche più radici lessicali, morfemi
pieni. Le parole di queste lingue tendono dunque a corrispondere spesso a ciò che nelle altre
lingue sarebbero delle frasi intere (eschimese, groenlandese occidentale)
Ciascuna lingua è soggetta a una modifica del suo tipo morfologico prevalente.

TIPOLOGIA SINTATTICA
Questo metodo si basa sull’ordine dei costituenti nella frase in particolare l’ordine basico. Questa
tipologia si deve in particolare a Joseph Greenberg, il quale fondò le sue generalizzazioni su un
corpus di trenta lingue. Il metodo è stato fatto oggetto di critiche e riserve metodologiche anche
perché il procedimento si fonda sulla comparazione fra lingue lontane nello spazio e nel tempo;
così facendo la tipologia di Greenberg diventa di fatto acronica, perché annulla la dimensione
cronologica con gravi rischi di imprecisione e di distorsione.
I costituenti fondamentali sono il soggetto (S), il verbo o predicato verbale (V) e il complemento
oggetto (O). D al punto di vista delle combinazioni sono possibili sei ordini diversi:
SVO, SOV, VSO, VOS, OVS, OSV.
SOV (latino) è l’ordine più frequente insieme a SVO (italiano e in generale le romanze).
La modificazione determinatasi in fase di passaggio dal latino al romanzo dimostra come le
caratteristiche tipologiche legate all'ordine delle parole non siano stabili nel tempo, in quanto
esposte ai contraccolpi di mutamenti che si producono inizialmente presso altri livelli di analisi
Perché gli ordini predominanti sono SOV e SVO?
Perché il soggetto coincide con il tema, e il tema nell’ordine naturale dei costituenti informativi
sta in prima posizione, a questa condizione agiscono due principi:
- PRINCIPIO DI PRECEDENZA: per cui il soggetto deve precedere l’oggetto;
- PRINCIPIO DI ADIACENZA: per cui O e V debbono essere contigui.

L’ERGATIVITA’ riguarda l’organizzazione dei sistemi di casi che traducono in superficie i ruoli
semantici connessi al verbo, esistono anche delle lingue che assegnano una marcatura diversa di
caso al soggetto a seconda che esso sia soggetto di un verbo transitivo o di un verbo intransitivo.
Queste lingue si chiamano ERGATIVE perché attribuiscono una rilevanza particolare alla funzione
o ruolo semantico di agente. (basco, le caucasiche, tongano, ecc…)

TIPOLOGIA AREALE
Le lingue storico-naturali rappresentano una fonte estremamente preziosa per la ricostruzione delle
intricate vicende storiche delle singole comunità umane e dei territori da esse abitate. Se il popolamento
di una regione si è concretizzato mediante una fitta relazione di scambi tra i diversi gruppi umani, le
abitudini linguistiche possono serbare tracce di qualcosa contatti.
L’insieme dei tratti linguistici che si sono imposti in una data regione geografica a seguito di una
profonda contaminazione interlinguistica costituisce un “tipo areale”.
È in questo nuovo quadro che emerge, nella prima metà del Novecento, il costrutto di ‘lega linguistica’
(dal ted. Sprachbund) una forma di aggregazione, alternativa a quella di ‘famiglia linguistica’, che riunisce
un ben definito gruppo di tradizioni geograficamente contigue “che condividono un certo numero di
caratteristiche non dovute alla comune origine genetica”. Frutto di elaborazione collettiva del Circolo
Linguistico di Praga, la nozione diviene di uso corrente da quando N. S. Trubeckoj ne enumera i criteri nel I
Congresso internazionale dei linguisti.
Esempi di tali raggruppamenti su base areale sono la lega balcanica, che unisce il romeno, le lingue slave
meridionali (bulgaro, macedone, serbo, croato, con esclusione dello sloveno), l’albanese e il neogreco, e la
cosiddetta lega linguistica italica invocata da Vittore Pisani per rendere conto delle numerose innovazioni
comuni a latino, osco-umbro, etrusco ed altre tradizioni dell’Italia antica preromana.
LINGUE DEL MONDO

Le lingue storico – naturali sono numerose. (secondo ethnologue sono circa 6900)
L’Italia è un caso esemplare, in Italia si parlano molte lingue, non tenendo conto solo la lingua nazionale
comune, ma anche le lingue delle minoranze, parlate da gruppi più o meno considerati di parlanti in
alcune aree del paese (tedesco, francese, sloveno, ladino dolomitico, neogreco, albanese, serbo croato,
catalano, provenzale e franco – provenzale, sardo, latino friulano). Superiamo quindi abbondantemente la
decina. In secondo luogo, è dubbio lo status dei vari dialetti italiani (piemontese, lombardo, veneto,
napoletano, pugliese, siciliano..) dal punto di vista della storia e della distanza linguistica avrebbero le
carte in regola per essere considerati sistemi linguistici a sé stanti, autonomi rispetto all’italiano, se li
calcoliamo come lingue a sé arriviamo a una trentina di lingue ‘indigene’ presenti in Italia.
Le lingue romanze vengono considerate ciascuna come lingua a sé stante. Mentre altri gruppi linguistici
con una distanza strutturale analoga a quelle romanze, vengono a volte considerati varietà della stessa
lingua. caso eclatante è il cinese, composto da molte lingue strettamente imparentate.
Le lingue del mondo sono alcune centinaia di migliaia, moltissime peraltro in via di estinzione. La maniera
principale per mettere ordine consiste nel raggrupparli in famiglie, secondo criteri di parentela che si
basano sulla possibilità di riportare le lingue ad un antenato comune.
L’italiano ha stretti rapporti di parentela con tutte le lingue derivate, come l’italiano, dalla comune base
del latino, e costituisce assieme a queste il gruppo delle lingue romanze che comprende: italiano, francese,
spagnolo, portoghese, romeno, catalano, provenzale, retoromanzo. Il gruppo romanzo, come le lingue
germaniche, celtiche, indo – arie, e tre lingue isolate forma la grande famiglia delle LINGUE
INDOEUROPEE.
Il livello della famiglia rappresenta il più alto livello di parentela ricostruibile con mezzi della linguistica
storico – comparativa, che individua le somiglianze fra le lingue come prova della loro comunanza di
origine. ( un livello ancora più alto che comprende più famiglie è il phylum). All’interno di una famiglia di
lingue, a seconda dei rapporti più o meno stretti di parentela, si possono riconoscere dei rami (o
sottofamiglie) che a loro volta si possono dividere in gruppi ( e questi via via in sottogruppi). L’italiano
quindi si può classificare (assieme ai dialetti italiani) come una lingua del sottogruppo italo-romanzo del
gruppo occidentale (assieme ai sottogruppi ibero-romanzo e gallo-romanzo) del ramo neolatino (assieme
ai rami germanico, slavo, ecc…) della famiglia indoeuropea.
La linguistica comparativa riconosce fino a un massimo di diciotto famiglie linguistiche, più quattro lingue
singole isolate, di cui non si è riusciti a provare la parentela con altre lingue.
Delle migliaia di lingue esistenti, soltanto alcune decine possono essere considerate GRANDI LINGUE, con
un numero sostanzioso di parlanti e appoggiate a una tradizione culturale di ampio prestigio. Secondo dei
dati del 2003 risultano esserci al mondo circa 64 lingue con più di 10 milioni di parlati nativi. Con parlanti
nativi si intendono coloro che hanno imparato la lingua nella socializzazione primaria e che quindi
possiedono quella lingua come lingua madre.
Il numero dei parlanti è solo uno dei criteri con cui giudicare l’importanza delle lingue. Bisognerebbe
aggiungere:
- Il numero dei Paesi in cui una lingua è parlata o è la lingua ufficiale;
- Impiego della lingua nei rapporti internazionali (scienza, tecnica, commercio, ecc…)
- L’importanza politica e il peso economico dei paesi in cui la lingua è parlata
- Tradizione letteraria e culturale e il prestigio della lingua
- L’insegnamento della lingua nella scuola come lingua straniera
- Il numero dei parlanti non nativi
In Europa sono tradizionalmente parlate lingue di cinque diverse famiglie linguistiche:
- Indoeuropee
- Uraliche
- Altaiche
- Caucasiche
- Semitiche
- Una lingua isolata: basco.

L’ITALIANO NEL MONDO …..


Ogni lingua ha uno status che dipende dal prestigio e dall’autorevolezza di essa.
Alcuni dati:

 63 milioni parlanti lingua italiana come nativa_ 60,5 milioni in Italia


 4°/5° lingua più studiata al mondo (2milioni e 300 mila persone)

 21° nella scala delle lingue parlate secondo ethnologue….


… perché è:
- LEGGERA in quanto non ha alla base un potere, determinata cioè non da un’egemonia
polita ed economica (“è una lingua senza impero”). È fortemente legata alla creatività e al
design deli italiani
- CREATIVA perché esercita una certa attrattività.
Fattori di differenziazione essenzialmente esterni:
 PRESTIGIO: legato all’importanza, al carisma, all’autorità della lingua
 STATUS: legato all’importanza sociale, posizione funzionale nella società
L’italiana è la lingua del:
 CIBO

 MUSICA
 ARTE

 ECONOMIA
(confronta scheda “i 100 italianismi nel mondo”)
... E IN ITALIA
In Italia la lingua di spunto non è quella della capitale (come in Francia, Gran Bretagna o Spagna) ma il
TOSCANO (fiorentino); a livello scritto più che parlato (a livello di grammatica, morfologia, sintassi, ma non
parliamo fiorentino)
Perché il toscano fiorentino?
- Era difficile si prendesse dalla capitale in quanto siamo uno stato molto giovane (17 marzo
1861_ creazione regno d’Italia, capitale TORINO_1866 capitale FIRENZE_ 1870 capitale
ROMA)
- Il toscano ha una forte base letteraria (Dante, Boccaccio, Petrarca) e importante per i
banchieri Medici
Riassumendo:
siamo arrivati troppo tardi all’Unità d’Italia e le cose erano ormai già fatte: l’élite parlava ormai già il
toscano. Roma ha avuto una rimonta dal 1974 al 1985 grazie alla TV e in articolare grazie alla Rai.
La conferma del toscano come lingua scritta viene a confermarsi nel 1500 quando Bembo (veneto)
rinuncia a scrivere in veneto per il toscano.

Lo stato italiano tutela 12 minoranze linguistiche tra cui il friulano (dialetto veneto) SI e il Veneto NO. Il
friulano ha avuto per anni un sistema separato di forte autonomia (grazie al patriarcato limitato solo da
Venezia?)

LINGUA è diversa da DIALETTO:


La lingua è “un dialetto con un esercito e una marina” ovvero è sorretta da fattori extralinguistici. Il
dialetto diventa lingua quando è sorretto da un apparato istituzionale.
La differenza tra dialetto e lingua non ha a che fare con le caratteristiche interne di una lingua.

L’Italia è un caso esemplare quando si parla di GEOSINONIMI ovvero quelle varianti lessicali di una stessa
nozione legate alla diversa appartenenza geografica dei parlanti. Il fenomeno ha una ben precisa
spiegazione in quanto la lingua nazionale italiana è stata prevalentemente lingua letteraria e di cultura
perciò, per sua natura, poco interessata ad una presa diretta sulla realtà.
I geosinonimi per l’italiano sono stati studiati a partire dal 1956 da parte di Robert Rüegg che gli studiò per
una sua tesi di dottorato. Fece un’inchiesta su 242 concetti in tutte le regioni d’Italia, l’unico riscontro fu la
parola Espresso (caffè forte preso al bar).
COURS DI SAUSSURE
BIOGRAFIA
- Nasce a Ginevra nel 1857
- Famiglia di naturalisti, fisici e geografi (solo il nonno intraprende studi umanistici)
- Formazione scientifica a Lipsia dal 1876 al 1878 (in quegli anni centro più importante degli
studi di linguistica storica)
Contatti con i neogrammatici/ stesura del Memoire sur les vojelles
- Soggiorno berlinese
- Torna a Lipsia nel 1880
- Si stabilisce poi a Parigi nel 1880
- Cattedra insegnamento grammatica comparativa e segretario nella società dei linguisti di
Parigi (neanche 24 anni)
- 1891 torna a Ginevra e insegna come professore
- 1894 inizia insoddisfazione nei confronti dei metodi della linguistica di quei tempi
- La svolta nel suo pensiero avviene grazie ai corsi ginevrini di linguistica generale tenuti nel
1907, 1908-1909, 1910-1911
- Muore nel 1913
IL COURS
Il Cours è formato dagli appunti presi nelle lezioni dei suoi allievi, sistemati in particolare da Bally e
Sechehaye. Prime edizione 1916.
Gli appunti sono fedelmente riportati, ciò che manca, è l’ordine delle lezioni che non viene seguito nella
stesura del Cours, probabilmente per una forzatura editoriale. A questo hanno cercato di porre rimedio
Godel, con la pubblicazione del secondo corso di Saussure e ricostruendo i tesi, e Engler che affiancò al
Cors gli appunti degli allievi e le stesse note di Saussure permettendo quindi un confronto e di seguire
l’ordine reale degli argomenti.
Grazie a Godel, Engler, e all’importante commento di De Mauro, si ha una riscoperta di Saussure; ma
soprattutto grazie agli appunti trovati nel 1996. Questi appunti pare siano lontani dalle lezioni del 1907-
1911, si pensa appartengono alla seconda metà degli anni 90 dell’800. Si apre così la strada ad una
profonda revisione del pensiero di Saussure, del quale il Cours ci dà solo una parte parziale e deforme.

PRINCIPALI ASSUNZIONI TEORICHE DI SAUSSURE


La guida del pensiero saussuriano sono le antinomie:
1) Sincronia e diacronia
i termini di sincronia e diacronia si impiegano per indicare due diverse condizioni con le quali si
può guardare alle lingue e ai fatti linguistici in relazione all’asse del tempo. Per diacronia si intende
la considerazione delle lingue e degli elementi della lingua lungo lo sviluppo temporale, nella loro
evoluzione storica. Per sincronia si intende invece la considerazione delle lingue e degli elementi
della lingua facendo un “taglio” sull’asse del tempo, e guardando a come essi si presentano in un
determinato momento agli occhi e all’esperienza dell’osservatore.
2) Langue e parole
3) Concezione di sistema astratto e concreto
la distinzione si è ripresentata, nella linguistica moderna, secondo 3 terminologie principali:
-langue/parole (uno dei cardini del pensiero di Ferdinand de Saussure)
-sistema/uso
-competenza/esecuzione
col primo termine di tutte e tre le coppie si intende l’insieme di conoscenze mentali, di regole
interiorizzate insite nel codice lingua, che costituiscono la nostra capacità di produrre messaggi in
una certa lingua e sono possedute come sapere astratto in ugual misura da tutti i membri di una
comunità linguistica. Col secondo termine si intende invece l’atto linguistico individuale, vale a
dire la realizzazione concreta. La parole, ossia l’uso e l’esecuzione, per essere messi in opera
richiedono l’esistenza di langue, sistema o competenza.
Langue astratto, sociale e costante
Parole concreto, individuale e mutevole.
4) Rapporti sintagmatici e paradigmatici
l’asse paradigmatico riguarda il processo mentre l’asse sintagmatico riguarda il sistema. Nella
frase “il cane abbaia”, “cane”, ha un rapporto sintagmatico con “il” e “abbaia” che lo precedono e
lo seguono. Gli elementi del messaggio hanno dei rapporti sintagmatici tra loro.
MORFOLOGIA
MORFOLOGIA viene dal greco (morphè “forma” + logìa “studio”, da logos “discorso”). L’ambito d’azione
della morfologia è la forma o meglio la struttura della parola.
Definiamo PAROLA la minima combinazione di morfemi costruita attorno a una base lessicale, che
funziona come entità autonoma della lingua.
Criteri che identificano la parola:
 all’interno della parola l’ordine dei morfemi che la costituiscono è rigido/fisso gatto (gatt-o) ma
non ogatt (o-gatt)
 i confini di parola sono punti di pausa potenziale nel discorso
 la parola è di solito separata/separabile nella scrittura

 foneticamente la pronuncia di una parola non è interrotta


se proviamo a scomporre parole in pezzi più piccoli di prima articolazione, troviamo i MORFEMI. è l’unità
minima di prima articolazione, il più piccolo pezzo di significante di una lingua portatore di un significato
proprio e riusabile come tale. Il significato di una parola è dato dalla somma dei significati dei singoli
morfemi che la compongono.
“Dentale” viene scomposto in 3 pezzi dent- (con significato di organo della masticazione), -al (con
significato di aggettivo relativo al), -e (con significato di singolare).
Ciascuno dei 3 morfemi può essere una componente di altre parole; Ritroviamo infatti:
-Dent- in dente, dentario, dentista…
-Al che è un morfema che serve a ricavare aggettivi partendo da nomi, in stradale, globale…
-E che è un morfema che in italiano esprime il numero ed il genere si ritrova in gentile, abile, mente…

In morfologia c’è la distinzione tra morfema, morfo e allomorfo:


-MORFEMA: unità pertinente a livello di sistema, entità astratta
-MORFO: è il significante del morfema, la sua forma concreta
-ALLOMORFO: realizza lo stesso significato di un morfo con la stessa funzione ma con diversi
significanti/forme. L'allomorfo è quindi una variante formale di un morfema ed una variante di un morfo.
Ad esempio, è allomorfo il suffisso "ven-", e può avere diversi morfi (do, go, ale, ecc.), dando vita a "ven-
do", ven-go", ven-ale", ecc.
il morfema lessicale col significato “spostarsi avvicinandosi verso un luogo determinato” che troviamo nel
verbo “venire”, appare in italiano nelle 5 forme:
-ven- (venire, venuto, veniamo, veniva…)
-venn- (venni, venne) Esempi di allomorfia
-veng- (vengo, venga) - Amico (/k/) – amici (/ʧ/)
-vien- (vieni, viene) - Piango (/g/) – piangi (/ʤ/)
- Verbo venire
-ver- (verrò, verrebbe)
Ciascuna di esse è un allomorfo dello stesso morfema. Il morfema ven- di venire ha 4 allomorfi.
L’italiano è una lingua molto ricca di fenomeni di allomorfia.

SUPPLETIVISMO = quando un morfema lessicale in certe parole viene sostituito da un altro morfema
totalmente diverso ma con lo stesso significato (es: acqua-idrico, cavallo-equino, fegato-epatico, ecc…)

TIPI DI MORFEMI
Due tipi di classificazioni:

 FUNZIONALE: in base alla funzione svolta e al tipo di valore che recano al significato
 POSIZIONALE: basata sulla posizione che i morfemi assumono e come contribuiscono alla
struttura della parola.

CLASSIFICAZIONE FUNZIONALE
La classificazione funzionale prevede di partire dalla bipartizione tra:
- Morfemi LESSICALI= recano significato referenziale, denotativo (dà info semantica,
portatore di significato pieno) facendo riferimento ad una realtà esterna alla lingua;
costituiscono una classe aperta continuamente arricchibile di nuovi elementi. Questi sono
liberi in quanto possono comparire isolatamente
- Morfemi GRAMMATICALI= recano significano interno alla lingua previsto dalla
grammatica; stanno nella grammatica e costituiscono quindi una classe chiusa, non
suscettibile ad accogliere nuove entità. Questi sono legati in quanto non possono mai
comparire isolatamente ma hanno bisogno di essere combinati (legati) con altri morfemi.

CLASSIFICAZIONE POSIZIONALE
I morfemi grammaticali si suddividono in classi diverse a seconda della collocazione che assumono rispetto
al morfema lessicale o radice. I morfemi grammaticali possono essere chiamati AFFISSI (un affisso è ogni
morfema che si combina con una radice). Esistono diversi tipi di affissi:
- I PREFISSI stanno prima della radice;
- i SUFFISSI stanno dopo la radice;
- gli INFISSI che sono inseriti dentro alla radice.
- I CIRCONFISSI che sono formati da 2 parti, una che sta prima della radice e una dopo.
- I TRANSFISSI che incastrano alternativamente dentro la radice, dando luogo ad una
discontinuità sia nella radice che nell’affisso; chiamati anche morfemi a pettine (arabo)

Esistono inoltre altri tipi di morfemi:


- SOSTITUITIVI: in cui i morfi non sono isolabili segmentalmente; costituiscono mutamenti
fonici della radice quindi non isolabili da essa (es: ING foot/feet, goose/gees (oca, oche),
ecc…)
- MORFEMA ZERO: quando una differenza grammaticale non viene espressa dal significante
(es: ING sheep/sheep = sing. E plur. = pecora/pecore)
- SOPRASEGMENTALI: quando il significato di una parola muta in base alla posizione
dell’accento o al tono ad esempio, ma non vi è differenza nella scrittura (es: ING record
/rɛk:ord/ = registrazione, record /riko:rd/= registrazione)
- CUMULATIVI: sono quelli che recano più significati ad un morfema grammaticale ( ad
esempio nella parola “buone” la -e finale da significato sia come plurale, sia come
femminile. In latino “pulchras puellas”: -as finale dell’aggettivo pulchras da valore come
accusativo, femminile e plurale; -as del nome puellas da valore di accusativo, femminile,
prima declinazione).

DERIVAZIONE E FORMAZIONE DELLE PAROLE


i morfemi derivazionali svolgono l’importante funzione di permettere la formazione di un numero infinito
di parole a partire da una certa base lessicale.
 PREFISSOIDI/SUFFISSOIDI: { socio }logia /linguistica è un prefissoide: posizionalmente è un
prefisso, ma funzionalmente non è un affisso ma una radice (sta per società ). Così pure -{ log (i)-
(a)} è un suffissoide: ha un significato lessicale, ma ha la posizione di un suffisso (cf. anche termo -{
metro }).
 SUFFISSI DERIVAZIONALI: -{ zion }- ( spedi zione ), -{ ment }- ( spegni mento ), -{ ier }- ( barb iere ),
{ a (r)i}- ( not aio , not aro , forn aio ), -{ tor }- ( gioca tore ), -{ ità }- ( abil ità ), -{ abil }- ( calcol abile
), -{ os }- ( muscol oso ), -{ al }- ( form ale ), -{ an }- ( mont ano ), -{ evol }- ( ag evole ), -{ es }- ( cont
essa ), -{ ic }- ( bas ico ), -{ ist }- ( bar ista ), -{ izz }- ( verbal izzare ), -{ mente } ( agevol mente ).

 SUFFISSI ALTERNATIVI (diminutivi, accrescitivi, peggiorativi): -{ in }- ( gatt ino ), -{ ell }- ( finestr ella
), -{ ucci }- ( affar uccio ), -{ ett }- ( gall etto ), -{ ott }- ( pennell otto ), -{ ol }- ( raggi olo ); -{ on }- (
libr one ); -{ azz }- ( amor azzo ), -{ acci }- ( amor accio ), -{ astr }- ( gatt astro ).
 PREFISSI DERIVAZIONALI: { in }- ( il legale , im morale ), { s }- ( s legare ), { dis }- ( dis dire ), { ad }- (
ad durre ), { con }- ( con durre ), { a }- ( a morale ), { ri }- ( ri petere ), { anti }- ( anti gelo ).

In ITALIANO il più importante e produttivo dei procedimenti di formazione di parola è comunque la


suffissazione. Fra i suffissi derivazionali più comuni ricordiamo:
-zion (-azion, -izion, -uzion): azione o base verbale (segnalazione, …)
-ment (-iment, - ument-): azione o base verbale (spegnimento, insegnamento, ….)
-ier, -ai, -tor: formano nomi di agente o di mestiere
-ità: forma nomi astratti ( abilità, notorietà, ….)
è peraltro in italiano assai produttiva la prefissazione. Fra i prefissi più comuni vanno ricordati:
-a (amorale): valore di “senza”
Principali prefissi e
-s (sleale): valore di negazione suffissi dell’italiano
…. Importanti anche le alterazioni in italiano (diminuiti, accrescitivi,…) a pag. 113 del
BERRUTO
COMPOSTI: nazional socialismo, porta cenere , apri porta , lava vetro , porta finestra , asciuga mano , alto
piano , cassa forte , pasta asciutta , capo stazione , pomo doro .
L’italiano, nella composizione prende l’ordinamento di “modificando-modificatore”, cioè la seconda parte
modifica la prima, funge da testa sintattica. La composizione può avvenire tramite:
- Nome + nome (capo-stazione, pesce-cane, …)
- Nome + verbo (lava-stoviglie, porta-cenere, …)
- Preposizione + nome (senza-tetto, ecc…)
È da tener conto che la composizione è diversa dalla locuzione (uomo sandwich, cortina di ferro, guerra
lampo, …)

La derivazione da luogo alla FAMIGLIA DI PAROLE, ovvero tutte le parole derivate da una stessa radice
lessicale. ( società, sociologia, sociologico, sociale, socialismo, socialità, socializzazione, asociale, …)

UNITÀ LESSICALI PURILESSEMATICHE: costituite da sintagmi fissi che rappresentano un unico significato
(gatto delle nevi (cingolato), gatto selvatico (una razza), fare il bucato, essere al verde, partire in quarta,
arrampicarsi sugli specchi, …)

BIMEMBRI: sono due parole che non hanno ancora completato il grado di fusione per diventare una
parola composta (scuola guida, parola chiave, nave scuola, …)

SIGLE: formate dalle lettere iniziali delle parole intere che formano un’unità plurilessematica (CGIL,
Confederazione Generale Italiana del Lavoro, FS Ferrovie dello Stato).

VERBI PARASINTETICI: verbi formati, a partire da basi aggettivali solitamente, con prefissazione e
suffissazione consistente nelle desinenza di una delle classi verbali (imbiancare, abbellire, inorridire,
inaridire, …)

CONVERSIONE O DERIVAZIONE ZERO: quando in una coppia di parola formata da un nome e un verbo
aventi la stessa radice ma privi di suffisso non è possibile sapere quale deriva da quale ( fiore-fiorito,
lavoro-lavorare, stanco-stancare,…)

In conclusione la derivazione da luogo a:


- Parole basiche
- Parole alterate
- Parole derivate
- Parole composte
- Unità plurilessematiche
FLESSIONE

La flessione non modifica il significato della radice ma la attualizzano nel contesto di enunciazione,
specificandone la concretizzazione in quel determinato contesto. I morfemi flessionali intervengono
solamente nelle parole che possono assumere diverse forme: operano quindi sulle CLASSI VARIABILI (in
italiano sono il nome, verbo, aggettivo, articolo, alcune preposizioni). Fra le CATEGORIE GRAMMATICALI vi
sono quelle più propriamente flessionali che riguardano il livello dei morfemi stessi: ogni categoria è
l’insieme dei valori che può assumere una determinata dimensione semantica. Le categorie flessionali si
distinguono in due grandi categorie:

- Quelle che operano sui NOMI;


- Quelle che operano sui VERBI.

NOME

La flessione del nome opera su:

- GENERE (maschile femminile)


- NUMERO
- CASO
- GRADO DELL’AGGETTIVO (in italiano solo per il superlativo)

VERBO

La flessione del verbo opera su:

- MODO: cioè la modalità nella quale il parlante si pone nei confronti del contenuto di quanto vien
detto (indicativo che indica certezza rispetto a quanto viene affermato, condizionale che indica
incertezza.)
- TEMPO: che colloca nel tempo assoluto e relativo quanto viene detto (presente, futuro..)
- ASPETTO: che riguarda la maniera in cui vengono osservati e presentati l’azione o l’evento (passato
prossimo vs. imperfetto/ perfetto vs. imperfetto)
- DIATESI/VOCE: che esprime il rapporto in cui viene vista l’azione rispetto al soggetto
- PERSONA: che indica chi compie l’azione.

Categorie grammaticali a livello di parola, che classificano le parole raggruppandole in classi a seconda della
natura del loro significato sono le classi di parole/PARTI DEL DISCORSO; 9 secondo la grammatica
tradizionale (nome/sostantivo, aggettivo, verbo, pronome, articolo, preposizione, congiunzione,
avverbio, interiezione).
Mentre le categorie grammaticali sono definibili sull’asse paradigmatico, considerando le parole in
isolamento, altre importanti categorie grammaticali si individuano sull’asse sintagmatico, cioè
considerando le parole nel loro rapporto con le altre parole di uno stesso messaggio. Queste categorie sono
le funzioni sintattiche, cioè le nozioni definibili dall’analisi logica (soggetto, predicato, oggetto,
complemento di termine, complemento di specificazione, complemento di luogo…).
SEMANTICA

La semantica è la parte della linguistica che si occupa del SIGNIFICATO.


Il significato non è visibile, è il punto di sutura tra la lingua, la mente e il mondo esperno.
Esistono due modi di concepire il significato:
- REFERENZIALE: il significato è visto come un concetto, un’immagine, un’idea corrispondente a
qualcosa che esiste al di fuori della lingua;

significato

segno

significante referente

- OPERAZIONALE: secondo cui esso è funzione dell’uso che si fa dei segni, ovvero ciò che accomuna i
contesti d’impegno di un segno.

Per una definizione generale possiamo dire che il SIGNIFICATO è un’informazione veicolata da un segno o
da un’immagine acustica.

TIPI DI SIGNIFICATO

 a. significato DENOTATIVO: è quello oggettivo, referenziale; è “inteso in senso oggettivo, di


ciò che il segno descrive e rappresenta; corrisponde al valore di identificazione di un elemento
della realtà esterna”
b. significato CONNOTATIVO: è non oggettivo, ma socialmente condiviso; è il significato
“indotto, soggettivo, connesso alle sensazioni suscitate da un segno e alle associazioni a cui dà
luogo”
es.: gatto ha come s. denotativo “felino domestico di piccole dimensioni ecc.”
gatto ha come s. connotativo “animale grazioso, furbo, pigro, indipendente ecc.”

 a. il significato LINGUISTICO è la somma del significato denotativo e connotativo


b. il significato SOCIALE è il significato in termini di dimensione sociale, in relazione ai
rapporti tra i parlanti
ess. Buongiorno! (a) “auguro una buona giornata”

(b) “riconosco la persona che sto salutando e instauro un’atmosfera


cooperativa di possibile interazione”;
Tu, entra! (a) “pronome di seconda persona singolare”
(b) “allocutivo di confidenza e solidarietà
Lei, entri pure! (a) “pronome di seconda persona singolare”
(b) “allocutivo di rispetto e deferenza”

 a. hanno significato LESSICALE gli elementi che si riferiscono a oggetti, entità o concetti della
realtà extralinguistica,
b. hanno significato GRAMMATICALE gli elementi che esprimono rapporti interni al sistema o
alla struttura dei segni

ess. buono, mangiare, gatto hanno significato lessicale

di, il, benché hanno significato grammaticale

 a. INTENSIONE: insieme delle proprietà che costituiscono il concetto designato da un termine


b. ESTENSIONE: insieme degli individui a cui il termine si può applicare
cane ‘mammifero domestico dei canidi’ (DISC)
terrier ‘razza di cani segugi, di piccola taglia, dotati di grande robustezza’ (DISC)
Bergamo nome (proprio) [toponimo]: referente unico, designa un individuo e non una classe,
ha solo estensione e non intensione. È possibile avere conoscenze enciclopediche
sui luoghi designati con certi toponimi o sulle persone designate con certi
antroponimi, ma non è possibile dire da che cosa sia costituito il significato dei
rispettivi nomi propri; non è possibile farne una parafrasi.

Significato è diverso da SENSO: si intende il significato contestuale, vale a dire la specificazione e


concretizzazione che il contenuto di un termine (che è un’entità astratta con valore generale, determinate
all’interno del Sistema linguistico: appartiene alla langue) assume ogni volta che viene effettivamente usato
in una produzione linguistica in un certo contesto.

LESSICO

Le unità di analisi della semantica sono i LESSEMI, ossia le parole studiate dal punto di vista del significato.
L’insieme dei lessemi di una lingua costituisce il suo LESSICO.
La semantica si occupa anche del significato di altre unità, come ad es. le unità POLIREMATICHE, dette
anche lessicalizzazioni, (ad es. foglio rosa, luna di miele, il fai da te, costituita da un gruppo di parole che si
comporta come una parola sola, indipendentemente dalla sua struttura interna e il cui significato non è
dato semplicemente dalla somma dei significati delle parole che lo costituiscono) o le frasi.

Dal punto di vista del linguista il lessico presenta aspetti contrastanti:


- è uno dei due componenti essenziali della lingua; senza il lessico non potremmo comunicare, i
messaggii verbali sarebbero strutture vuote.
- Allo stesso tempo è lo strato più superficiale della lingua, più condizionata ai fattori estranei
all’organizzazione del sistema.

Il lessico è lo strato della lingua più ampio, meno organizzato e più caotico infatti è suscettibile ad
accogliere sempre nuove entità (parte aperta e fluttuante).

Per l’italiano, il lessico risulta costituito da meno di 7000 unità: comprende lessemi di altissima frequenza o
vocabolario fondamentale (2000 circa) e altri lessemi di frequenza relativamente alta e di alta disponibilità
pratica. (confrontare scheda sul vocabolario di base)
RAPPORTI TRA I LESSEMI

I lessemi risultano legati l'un l'altro nel sistema linguistico secondo più dimensioni:
a. per significato e significante insieme (famiglie di parole; classi di derivati con stesso
affisso)
b. per solo significante (polisemia; omonimia)
c. per solo significato (sinonimia, iponimia, antonimia, inversione, complementarità,
solidarietà lessicale, campo semantico)

a.Rapporti basati insieme sul significato e sul significante

 FAMIGLIE DI PAROLE: si ha quando un insieme di lessemi è imparentato nel significato e (/perché)


imparentato nel significante
Ess. it. bestia, bestiame, bestiale, bestiario, bestialità;
latte, latteria, allattare, lattosio, allattamento, latteo, slattare, lattaio
ing. ability, disabled, disability, enable, inability, unable, enablement
 CLASSI DI DERIVATI CON LO STESSO AFFISSO: Ess. it. -imento: rifornimento, avvenimento,
conseguimento, sfinimento, ottenimento ecc.;-eria,: gelateria, pizzeria, spaghetteria (1983),
panineria (1983), sorbetteria (1983),hamburgheria (1986), frullateria (1990), polenteria, focacceria,
budineria ecc.;-ile: porcile, canile, ovile, caprile; ess. ing –hood: brotherhood, childhood,
motherhood, monkshood, widowhood

b. Rapporti basati sul solo significante

 POLISEMIA: si ha tra lessemi con lo stesso significante, ma con diversi significati imparentati o
derivabili tra loro; ad un identico significante corrispondono più significati diversi
Es. galera “nave a remi” e “prigione”;
 OMONIMIA: si ha tra lessemi con lo stesso significante, ma con diversi significati, non imparentati o
derivabili tra loro
Es.: cavo “vuoto” vs. cavo “corda che si adopera sulle navi”.
Gli omografi (un caso collaterale rispetto agli omonimi) sono lessemi diversi scritti in modo identico.
Ess.: ancora / ankora/ vs. ancora /an kora/; pesca / peska/ ‘atto del pescare’ vs.
/ p ska/ ‘frutto’

c.Rapporti basati sul solo significato

 SINONIMIA: si ha tra lessemi diversi aventi lo stesso significato (es.: tra/fra, devo/debbo,
viso/volto/faccia). La sinonimia totale si ha raramente; si ha sinonimia parziale quando i due lessemi
hanno connotazioni diverse (come succede in gatto/micio), oppure appartengono a varietà diverse
(come succede in rinite/raffreddore ) e non sono interscambiabili in ogni contesto (viso/faccia
tonda/paffuta, ma faccia/*viso/*volto di bronzo).
I geosinonimi sono sinonimi legati a varietà regionali diverse (es.: bergamasco cornetti / it.
fagiolini)
 IPONIMIA: : si ha tra lessemi il significato di uno dei quali è incluso nel significato dell'altro
Ess.: sogliola è iponimo di pesce; pesce è iperonimo o sovraordinato o arcilessema di sogliola
libreria, cassettone, credenza [iponimi] vs. mobile [iperonimo]
Serie iponimica: ‘cinquecento’ - utilitaria - automobile - veicolo; sogliola - pesce – animale
 SOLIDARIETÀ SEMANTICA: si ha quando un lessema ha un rapporto preferenziale con un altro
lessema, ossia cooccorre preferenzialmente con esso
Ess.: baio o imbizzarrito con cavallo; paffuto con bambino, guance, ma non con libro
(relazione sull'asse sintagmatico!)
 ANTONIMIA: si ha tra lessemi dal significato contrario, che designano i poli opposti di una scala
Ess.: bello/brutto, alto/basso; buono/cattivo; giovane/vecchio;
 COMPLEMENTARIETÀ: si ha quando un lessema è la negazione dell'altro
Ess.:vivo/morto, maschio/femmina; vivo/morto; parlare/tacere
 INVERSIONE: si ha tra lessemi che esprimono la stessa relazione semantica vista da due opposte
direzioni
Ess: comprare/vendere; (essere) padre (di)/(essere) figlio (di); (essere) marito (di)/(essere) moglie
(di); (essere) iponimo (di)/(essere) iperonimo (di);
td. vermieten “dare in affitto”/mieten “prendere in affitto”
 CAMPO SEMANTICO: : è costituito da un insieme di lessemi con lo stesso iperonimo
Ess.: rosso, verde, giallo, bianco, nero ecc.

E’ possibile individuare SOTTOINSIEMI LESSICALI, insieme che costituiscano gruppi organizzati di parole,
uniti da rapporti di significato.

 Il CAMPO SEMANTICO che è l’insieme dei lessemi che hanno tutti uno stesso iperonomio
immediato, il quale non necessariamente deve essere rappresentato da una parola unica ( es.
aggettivi di età giovane, vecchio, nuovo, antico, recente…..).
 L a SFERA SEMANTICA è l’insieme di lessemi che abbiano in comune il riferimento a un certo spazio
semantico (es. l’insieme delle parole della moda).
 Un FAMIGLIA SEMANTICA è l’insieme di lessemi imparentati nel significato e nel significante, ovvero
le parole derivate da una stessa radice lessicale.
 Una GERARCHIA SEMANTICA è costituita invece da un insieme in cui ogni termine è una parte
determinata di un termine che nell’insieme lo segue (es. i nomi delle unità di misura del tempo
secondo , minuto, ora, giorno…).

Tutti i generi di rapporti che abbiamo preso qui in considerazione valgono per il significato linguistico
proprio, primario, dei termini. Molti lessemi sono suscettibili da assumere significati traslati e il processo su
cui si basano tali spostamenti si significato sono noti come METAFORA fondata sulla somiglianza
concettuale o connotativi ( coniglio persona molto paurosa) o METONIAMIA fondata sulla contiguità
concettuale.

(pag. 205 Berruto, scheda 5.1 “Rapporti di significato tra I lessemi”)

ANALISI DEL SIGNIFICATO

Uno dei metodi per l’analisi del significato è l’ANALISI COMPONENZIALE il principio su cui si basa tale
metodo è del tutto simile alla scomposizione dei numeri in fattori primi in algebra, si tratta infatti di
scomporre il significato dei lessemi comparando i lessemi gli uni con gli altri e cercando di cogliere in che
cosa differisce il loro rispettivo significato, in pezzi o unità di significato più piccoli.
Es.

/UMANO/ /ADULTO/ /MASCHIO/

“uomo” + + +

“donna” + + -

“bambino” + - +

“bambina” + - -

I COMPONENTI SEMANTICI è la proprietà semantica elementare che combinandosi in simultaneità dà


luogo al significato dei lessemi, ogni lessema secondo questo metodo è analizzabile rappresentabile come
un fascio di componenti semantici realizzati in simultaneità : uomo= /+umano + adulto + maschio/ bambina
= /+ umano –adulto – maschio/. I tratti semantici sono BINARI, cioè ammettono i due valori + e – (sì e no).

Il PROTOTIPO è una sorta di immagine – modello ideale con cui confrontare tutti i membri di una classe o
categoria. I componenti semantici sono più di una lista fissa di proprietà tutte necessarie per definire il
significato di un lessema, ma diventano un insieme di criteri più o meno, basata sulla GRADUALITA’ invece
che sulla CATEGORICITA’. Un concetto importante nella semantica prototipica è quindi anche quello di
GRADO DI ESEMPLARITA’ ovvero appartenenza di un termine a una categoria.
La nozione di prototipo applicata in semantica è stata interpretata come un costrutto mentale, astratto,
costituito da un insieme di proprietà tipiche: ad es. il significato di uccello è una "immagine-modello ideale,
con cui confrontare tutti i membri di una classe o categoria", è il "concetto più tipico di volatile,
rappresentato da quello che per i parlanti di una certa cultura e società è l'immagine mentale immediata
più corrispondente al concetto di ‘uccello’, “quella a cui si pensa se non vengono fornite ulteriori
indicazioni per l'identificazione" (Berruto 2006:106). Il prototipo ‘uccello’ è dunque "l'uccello più tipico per
una certa cultura e ne possiede tutti i caratteri o tratti costitutivi". Tali tratti costituiscono un insieme di
criteri più o meno importanti per definire una categoria, in altre parole non sono tutti necessari e di uguale
importanza per tutti i membri della categoria. Il prototipo rappresenta il punto focale di una categoria,
mentre gli altri membri della categoria (per es. ‘struzzo’ o ‘pinguino’) rappresentano la periferia. I tratti
centrali del prototipo sono posseduti da tutti i membri della classe o categoria, mentre gli altri non saranno
più posseduti dai membri più periferici.
Es. nel prototipo di “tazza” i tratti centrali sono /fatta per bere liquidi caldi/ e /di dimensioni abbastanza
piccole da poter essere portata alla bocca con una mano/, mentre /con un manico/ e
/con un piattino/ non sono tratti basilari.

SEMANTICA FRASALE

Il significato di una frase è la somma e combinazione dei significati dei lessemi che la compongono. Questo
non esaurisce però il senso globale di una frase. Un a prima distinzione tra ‘frase’ che come abbiamo visto
è un’importante unità di analisi massimale nella sintassi , ed ‘enunciato’.
ENUNCIATO è una frase considerata dal punto di vista del suo concreto impiego in una situazione
comunicativa, come segmento di discorso in atto; enunciato è dunque unità del sistema linguistico.

I CONNETTIVI per esempio sono molte congiunzioni coordinati e subordinati che hanno spesso anche il
valore di operatori logici, allo stesso modo dei QUANTIFICATORI e della negazione.

Un altro aspetto importante del significato degli enunciati è quello PRAGMATICO che riguarda che cosa ci
fa in un determinato contesto situazionale e chiama quindi direttamente in causa l’intenzionalità del
parlante. La lingua è studiata come modo d’agire.

Gli enunciati prodotti nella normale interazione verbale costituiscono gli ATTI LINGUISTICI. Produrre un
enunciato equivale a fare contemporaneamente tre cose distinte:

- ATTO LOCUTIVO: consiste nel formare una frase in una data lingua una proposizione con la sua
struttura fonetica, grammaticale, lessicale;

- ATTO ILLOCUTIVO: consiste nell’intenzione con la quale e per la quale si produce la frase;

- ATTO PERLOCUTIVO: che consiste nell’effetto che si provoca nel destinatario del messaggio, nella
funzione concreta effettivamente svolta da un enunciato prodotto in una determinata situazione.
L’aspetto centrale degli atti linguistici è l’atto illocutivo , ovvero l’affermazione, la richiesta, la promessa,
l’invito…

Un’altra importante nozione per la semantica è quella dei PRESUPPOSTI, il tipo più rilevante di significato
non detto, non esplicitato verbalmente ma fatto assumere o inferire da quanto vien detto.
A: andiamo al cinema? B: ho un po’ di mal di testa…
La battuta di B non ha alcun nesso con quella di A, B vuole implicitare che non intende andare al cinema.
La presupposizione è quel tipo particolare di significato implicitato che sta nell’organizzazione stessa del
sistema linguistico.

MUTAMENTO E VARIAZIONE DELLE LINGUE


PIANO DIACRONICO

I mutamenti in ambito diacronico i mutamenti vengono studiati dalla linguistica storica, che oltre ad
esaminare il mutamento in sé, analizza anche la stretta interrelazione tra lingua, cultura, società.

Il mutamento linguistico è più veloce del mutamento biologico, genetico, ma più lento del mutamento
socio-culturale.

Il MECCANISMO DEI MUTAMENTI segue spesso una trafila che parte da un’innovazione, l’innovazione si
diffonde e l’elemento innovativo coesiste nel sistema con l’elemento preesistente, l’innovazione può essere
accettata dalla comunità parlante e avere successo sino a soppiantare l’elemento “vecchio” ed a diventare
un nuovo elemento costitutivo del sistema linguistico. A questo punto il mutamento è compiuto.

Il caso estremo di mutamento è la MORTE DELLA LINGUA ma essa può comunque lasciare un SOSTRATO.

Le cause e i fattori del mutamento della lingua sono molteplici (sia interni che esterni come ambientali,
storici, demografici, …)

FENOMENI DI MUTAMENTO

(molti fenomeni di mutamento sono anche validi in sincronia)

FONETICO:

 ASSIMILAZIONE: due foni articolatoriamente diversi nel corpo della parola tendono a diventare
simili o uguali mediante l’acquisizione da parte di uno dei foni di uno o più tratti comuni con l’altro
fono. ( nocte(m) > notte, quando > quann /merid./, ….)
 METAFONIA: modificazione del timbro di una vocale interna per effetto della vocale finale (
nigrum>nero, nigram>nera, ….)
 DISSIMILAZIONE: differenziazione tra foni che si ha quando questi foni in questione diventano
diversi ( venenum>veleno, arborem>albero, …)
 METATESI: spostamento nell’ordine dei foni di una parola ( fabula>flaba>fiaba, …)
 CADUTA DI FONI: in particolare di vocali:
- Aferesi = se avviene in posizione iniziale (apothecam>bottega)
- Sincope = in posizione interna (domina>donna con concomitante assimilazione di -mn-)
- Apocope = a fine parola (civitatem>città)
 AGGIUNTA DI FONI: contraria alla precedente
- Protesi = all’inizio ( statum>estado /spagn./)
- Epentesi = all’interno (baptismum>battesimo)
- Epitesi = alla fine (cor>cuore con ulteriore dittongazione di -o- con -uo-)

FONOLOGICO:
 FONOLOGIZZAZIONE: allofoni di un fonema acquisiscono valore e diventano fonemi autonomi (/ʧ/
e /ʤ/ sono probabilmente l’evoluzione dei fonemi latini /k/ e /g/)
 DEFONOLOGIZZAZIONE: quando i fonemi perdono valore distintivo e diventano allofoni in un altro
fonema (ad esempio la distinzione tra /a/ lunga e breve del latino che in italiano non c’è)
 PERDITA DI FONEMI: (la /h/ di habere è scomparsa dall’italiano)
 AGGIUNTA DI FONEMI: ( l’italiano rispetto al latino ha in più /ɲ/, /ʦ/, /ʤ/, /ʎ/, …)

I mutamenti fonologici e fonetici possono avere dei mutamenti a catena come nel caso della ROTAZIONE
CONSONANTICA peculiari nel tedesco (legge di Grimm di Jacob Grimm)

MORFOLOGICO:

 ANALOGIA: estensione di forme a contesti in cui esse non sono appropriate


 RIANALISI: diversa analisi ed interpretazione del valore semantico di qualche costrutto ( la
formazione nelle lingue romanze del passato prossimo che il latino non aveva porta a rianalizzare il
comportamento sintattico del verbo habere)
 GRAMMATICALIZZAZIONE: quando un elemento del lessico diventa un elemento della grammatica,
il lessema perde il valore semanti lessicale e viene assorbito dalla grammatica come parola
funzionale o morfema ( mens/mentis> -mente)

SINTATTICO:

il mutamento sintattico, dato che concerne solitamente l’ORDINE DEI COSTITUENTI, coincide spesso con
uno spostamento tipologico (latino SOV> italiano SVO).

SEMANTICO:

 ARRICCHIMENTO/PERDITA DEL LESSICO


 SOMIGLIANZA/CONTIGUITÀ: cambia l’associazione tra significato e significante (trasferimenti,
estensioni, riduzioni)
 PARETIMOLOGIA: risemantizzazione di una parola mediante il rimotivamento del suo significato
(cubare>covare ricollegato ad ovum)
 ESTENSIONE/RESTRINGIMENTO nell’ambito di impiego (est. Domina<domus; res.
Domus>duomo>cattedrale)

PIANO SINCRONICO

La proprietà della lingua di variare è ancor più evidente in sincronia. Ogni lingua conosce al suo interno usi
diversificatori, forme differenti, modi diversi di esprimersi, realizzazioni specifiche ecc… in relazione ai diersi
fattori sociali.
Le variazioni interne della lingua vengono studiate dalla SOCIOLINGUISTICA ovvero lo studio sociologico dei
fatti linguistici, basato sull’analisi delle interrelazioni esistenti tra organizzazione e funzionamento della
società e organizzazione e funzionamento del linguaggio verbale. (definizione dizionario “Devoto Oli”)

Un insieme di forme linguistiche che abbiano la stessa o analoga distribuzione sociale costituisce una
VARIETÀ DI LINGUA.

VARIABILI SOCIOLINGUISTICHE:

 Sono quelle che danno luogo alle variabili di lingua sul piano linguistico;
 Sono punti o unità del sistema linguistico che ammettono realizzazioni diverse equipotenti ciascuna
delle quali è in correlazione con un fatto extralinguistico;
 Fonologiche: ad esempio le variabili regionali
 Morfologiche: es. gli/le (dativo)
 Lessicale: papà/babbo/padre, …

DIMENSIONI DI VARIAZIONE

La dimensione di variazione cambia in base al tipo di fattore sociale con cui le varietà di lingua correlano.

Le prime tre si devono a Coseriu, mentre la diamesica a Mioni.

 Variabilità DIATOPICA (dia- attraverso + topos luogo): riguarda la variazione nello spazio geografico.
- Geosinonimi
- Italiani regionali ( /agile/, /adʤile/, ecc…. ovvero i diversi modi di pronuncia fonetica tra le
varie regioni)
- Regionalismi semantici ( salire in Campania è “portare su”, chiamare in Piemonte è
“chiedere”, …)
 Variabilità DIASTRATICA (dia- + strato società): riguarda la variazione nello spazio sociale,
attraverso le classi o strati sociali e i gruppi di parlanti e reti sociali in una società.
- Italiano popolare: cattivo padroneggiamento della lingua standard da parte di parlanti
semicolti o non colti che parlano prevalentemente il dialetto)
 Variabilità DIAFASICA (dia- + phasis attività linguistica): riguarda la variazione attraverso le diverse
situazioni comunicative ovvero al grado di formalità, all’argomento, alla variazione di ruolo.
- Registri: dipende dal carattere formale o informale dell’interazione comunicativa
- Sottocodici: dipende dall’argomento di cui si parla e dalla sfera di contenuti/ caratterizzati
dai tecnicismi
 Variabilità DIAMESICA (dia- + mésos mezzo): riguarda la variazione attraverso il mezzo o canale
comunicativo (scritto-parlato, codice, tv, radio, …)

Queste variabilità non agiscono isolatamente ma interagiscono e interferiscono in vario modo.

Esaminiamo ora più da vicino le variabilità diafasica e diamesica.


Alla variazione diafasica si fa accordare il cosiddetto BABY TALK ovvero la modalità espressiva usata dagli
adulti nelle interazioni verbali con i bambini. I contrassegni linguistici del baby talk sono:
- INTONAZIONE più alta, quasi esagerata;
- FONETICA: semplificazione dei suoni in particolare quelli consonantici (tota anziché torta, ciubito
anziché subito, …)
- MORFOLOGICA NOMINALE: cancellazione articolo
- MORFOLOGIA VERBALE: imperfetto fantastico anziché del presente (voleva il dolcino in bambino?)
- FORMAZIONE PAROLA: frequente ricorso alla suffissazione diminutiva
- SINTASSI: omissione copula, frasi brevi, uso del verbo alla terza persona
- LESSICO: largo uso di onomatopee (ciuf-ciuf- anziché treno, …)
- ALLOCUZIONE INVERSA: uso del vocativo inverso che trasmette empatia al bambino ( “vieni qui, a
papà!” il padre a figlio)
Ci sono le ipotesi che questa varietà costituisca un universale linguistico
Il significato starebbe secondo alcuni studiosi nel stabilire un rapporto di ruolo familiare e che corrisponde
all’ambito sociale in questione (bambini).

Esaminando più da vicino la dimensione diamesica si deve tener conto di alcuni aspetti importanti:

 La diversità di strategia tra lo SCRITTO E PALATO (i poli opposti di tale continuum sono il
prototipico parlato e scritto)

Ai suddetti tratti va poi aggiunta “la forte interazione tra elementi verbali e l’uso di espressioni
facciali, gesti e movimenti del corpo [che] permette al parlante di comunicare su più piani
contemporaneamente. L’uso di questi elementi non solo accompagna la sequenza verbale, ma
produce significati aggiuntivi, divenendo parte integrante dell’enunciazione” (M. Voghera, Lingua
parlata in Enciclopedia dell’Italiano).

parlato e scritto costituiscono in realtà tipologie disposte secondo un continuum al cui interno
figurano una vasta gamma di tipi intermedi.

 Modalità espressive INTERMEDIE tra scritto e parlato


- parlato dialogico, letto, ecc. Ne è un esempio il parlato letto ad alta voce proprio dei
notiziari radiofonici e televisivi
- parlato pubblico formale
- parlato recitato Si tratta di un parlato precostruito, imparato a memoria sulla base
di un testo scritto, in genere il cosiddetto copione
- parlato-scritto Si indica un tipo di discorso con il quale un parlante legge o
declama un testo già redatto in precedenza da lui stesso o da altri; è proprio dei servizi
giornalistici trasmessi per radio o televisione, delle voci fuori campo che si ascoltano come
sottofondo dei documentari e dei messaggi promozionali in pubblicità.

 La “LINGUA TRASMESSA”: Un insieme coerente di varietà ibride concorre a formare il cosiddetto


‘trasmesso’, specifico delle moderne forme di comunicazione linguistica a distanza (radio,
televisione, cinema, ma anche telefonia, fissa e mobile) e nel quale gioca un ruolo importante il
mezzo tecnico utilizzato per la trasmissione del messaggio.
L'individuazione di tale categoria prende le mosse da un intervento di Sabatini (1982), il quale mira
ad isolare una varietà che differisce dall'oralità vera e propria fino a costituire una sorta di "terzo
canale" in cui il parlato acquista un rango di semiufficialità.
Tra i vari generi vanno ricordati:
- Parlato radiofonico: Maraschio “ha agito in modo duplice: da una parte sui
singoli parlanti, innalzandone la competenza passiva, ossia la capacità di comprendere l’italiano;
dall’altra all’affermazione dell’italiano neostandard (o italiano dell’uso medio)”…. la sua importanza
crescente presso pubblici diversi e la sua capacità di adeguarsi ai mutamenti tecnologici e sociali in
atto” (ibidem).
- Parlato televisivo (“parlato parlato trasmesso”)
- Parlato cinematografico o filmico: Diadori “offre una campionatura delle
varietà sociolinguistiche tipiche del luogo e dell’epoca in cui è stato realizzato”
- Parlato telefonico: Un caso a parte è dato dal parlato telefonico, che, almeno nella sua
configurazione tradizionale (da telefonia fissa), può presentare, rispetto agli scambi dialogici in
presenza, delle caratteristiche di maggiore strutturazione imposte dalla distanza ovvero
dall'eventualità che gli interlocutori non abbiano reciproca dimestichezza. Diverse sono le
caratteristiche della comunicazione telefonica che avvenga attraverso il cellulare, diffusasi a partire
dai primi anni Novanta del XX secolo ed oggi ormai imperante ed invasiva.
- La comunicazione mediata dal computer e le scritture brevi: Chiusaroli
“L’espressione “scritture brevi oggi” è intesa a definire forme grafiche sintetiche introdotte negli
ultimi decenni nella scrittura della cosiddetta comunicazione mediata dal computer (CMC).
Abbreviazioni e acronimi, segni e simboli, ricorrenti in e-mail, sms, chat, instant messaging, sono
solitamente considerati una singolarità delle giovani generazioni, o spesso ritenuti errori grafici
illogici ed incongruenti; tuttavia una loro analisi funzionale nella catena e nel sistema, insieme a un
confronto fra sistemi grafici in sincronia e in diacronia, mostrano la coesistenza di tipi universali e
un equilibrio permanente tra forme gergali o idioletti e norma ideale, agli scopi della pragmatica
della comunicazione nel dominio della rete.”
Dovetto “la recente apertura verso il sottoasse diatecnico della variabilità diamesica, inteso come
quell'aspetto della variazione dipendente dai differenti materiali tecnologici utilizzati come
supporto della comunicazione linguistica”

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