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LA FONETICA

La fonetica è la disciplina che si occupa dei processi di articolazione e percezione dei suoni
linguistici e tratta quindi gli aspetti fisiologici e fisici dei suoni.
Fonetica segmentale: studia i suoni che i parlanti producono, trasmettono e percepiscono,
cioè i foni.
Fonetica soprasegmentale: studia gli elementi che sono più ampi dei singoli segmenti, cioè
la durata, la pausa, l’accento e l’intonazione.
Coarticolazione: i diversi movimenti d’articolazione si sovrappongono l’uno con l’altro es:
Kuh – Kiste. Quando dobbiamo pronunciare “kuh”, mentre stiamo pronunciando la K, le
labbra già si arrotondano, mentre in “kiste” ciò non accade, quindi c’è una sovrapposizione
di foni.
L’ atto di comunicazione è diviso in tre fasi:
• la produzione di suoni
• la trasmissione del segno acustico
• la percezione
La fonetica articolatoria (riferita al parlante) studia come i foni vengono prodotti
dall’apparato fonatorio.
La fonetica acustica (riferita al segnale acustico) si occupa delle caratteristiche fisiche del
segnale trasmesso.
La fonetica uditiva (riferita all’ascoltatore) studia il modo in cui i suoni linguistici vengono
percepiti dall’orecchio dell’ascoltatore.
LE CARATTERISTICHE DELLE LINGUE STORICO-NATURALI
1. IL CARATTERE NON PERMANENTE DELLE FONIE:
Il segnale linguistico è legato alla situazione comunicativa in cui viene prodotto, cioè
ai fattori esterni che condizionano la comunicazione → rumori di fondo,
sovrapposizione di voci e la distanza tra i parlanti.
Esso è legato anche al contesto situazionale → le caratteristiche dei parlanti, il loro
grado di conoscenza reciproca, l’ambiente in cui avviene la comunicazione e l’oggetto
della conversazione.
Inoltre, è anche caratterizzato dal contesto verbale → l’insieme degli enunciati che
precedono e seguono nella conversazione, isolando i singoli elementi per sottoporli
ad un’analisi fonetica.
2. IL CARATTERE IRRIPETIBILE DELLE FONIE:
Ogni realizzazione fonica è diversa dall’altra e non è possibile riprodurla nello stesso
modo → differenze minime e non percepibili dall’orecchio umano, particolarità
fisiche diverse e l’analisi di una grande quantità di fonie per poter elaborare valori
medi di riferimento (pronuncia media)
3. IL CARATTERE CONTINUO DELLE FONIE:
La catena del parlato è l’insieme dei segmenti fonici di lunghezza variabile che
comprendono più di un fono, e spesso anche più di una parola.
Es: “Hast du ein bisschen Zeit für mich?” lo percepiamo come un tutt’uno.
Segmentare la catena del parlato e individuare le parti del segnale → segmenti
linguistici minori (enunciati, parole, sillabe o foni).
4. IL CARATTERE VARIABILE DELLE FONIE
Foni → cambiano la loro forma a seconda del contesto verbale e del contesto
situazionale. Riprendendo l’esempio di “kuh” e “kiste”, vediamo che la “k” varia a
seconda del fono che segue.
5. COARTICOLAZIONE → gran variabilità dei singoli elementi: variazione secondo la
provenienza geografica e socioculturale dei parlanti; variazione secondo la situazione
in cui avviene la comunicazione.
6. RAPPORTO TRA ARTICOLAZIONE E CONTESTO SITUAZIONALE
Il processo di comunicazione è regolato da un equilibrio di informazione: da un lato
dal cotesto verbale e dall’altro dal contesto situazionale. Più il contesto situazionale
è ricco di informazioni, meno ricco è il segnale linguistico. Se invece, il segnale
linguistico è ricco di informazioni e l’articolatezza dei singoli segmenti è accurata il
contesto situazionale è meno ricco.
Esistono 2 stili del parlato → “teoria degli stili del parlato spontaneo H&H” (Hypospeech e
Hyperspeech)
• Hypospeech (ipoarticolato): si pronuncia velocemente, in modo trascurato
• Hyperspeech (iperarticolato): si pronuncia con la massima accuratezza e scansione
dei singoli segmenti fonici.
Materie di studio della fonetica sono teoricamente tutte le realizzazioni foniche, in tutte le
situazioni comunicative di tutti i parlanti e di tutte le lingue storico-naturali. La fonetica
articolatoria imita l’oggetto di analisi, in questo caso il tedesco, e ne descrive le strutture
fonetiche tipiche, cioè gli usi medi che servono come modello di riferimento. Grazie a questi
studi, sappiamo che la pronuncia standard del tedesco ha uno stile piuttosto iperarticolato.

LA FONETICA ARTICOLATORIA
Descrive il modo in cui i suoni linguistici (foni) sono prodotti dal nostro apparato fonatorio,
stabilendo pertanto i criteri e i termini per classificarli. I foni la cui articolazione comporta
emissione d’aria dai polmoni vengono detti egressivi (l’aria espiratoria entra nei polmoni,
passa poi per i bronchi e la trachea per arrivare nella laringe; qui incontra le corde vocali che
possono essere aperte o chiuse, tese o rilassate). Invece, i foni la cui articolazione comporta
immissione d’aria vengono detti ingressivi. Infine, i suoni che, indipendentemente dal
processo di respirazione, si producono con uno schiocco della lingua oppure con le labbra
vengono detti occlusivi.
GLI ORGANI FONATORI
• LA GLOTTIDE
Colpo di glottide (Glottisverschlusslaut o Knacklaut) → rappresentata dal simbolo [ʔ]
nell’alfabeto fonetico internazionale (IPA), precede in tedesco una vocale tonica all’inizio
(assoluto) di una parola e all’inizio di una sillaba. Non appare nella scrittura, cioè non
viene realizzato da nessuna lettera.
Esempio: der [ʔ]Apfel; das Du[ʔ]ell.
• LE PLICHE VOCALI
1. Se le pliche vocali sono parzialmente tese e accostate (la loro posizione è simile
ad una “I”) l’aria espiratoria le mette in vibrazione e si producono i suoni sonori.
Esempio: der Mund [M]; böse [B]
2. Se le pliche vocali sono parzialmente tese e separate (la loro posizione è simile ad
una “V” perché sono unite tra di loro in un solo punto) l’aria espiratoria passa
provocando un leggerissimo fruscio e si producono i suoni sordi.
Esempio: leiden; die Gabel
3. Se le pliche vocali sono invece rilassate e separate ci troviamo in una condizione
di normale respirazione.
• UGOLA → è la parte finale del velo del palato e lì si producono i vari tipi di “r”, come
per esempio la cosiddetta “erre moscia”.
Esempio: der Rabe
• VELO DEL PALATO → è la parte molla del palato e si alza, indirizzando l’aria verso la
cavità orale producendo i foni iniziali di: die Kuh [K]; die Gast [G]. Se il velo palatino
è abbassato, l’aria trova il passaggio verso la cavità orale chiuso e viene indirizzata
verso la cavità nasale, producendo i foni nasali tipici di: der Maus [M]; der Nagel [N].
• PALATO DURO → produce i suoni iniziali di: die Schule [S]; das Schiff [S]
• ALVEOLI → sono la zona anteriore al palato, a ridosso degli incisivi superiori, e
producono i foni iniziali di: der Tisch [T]
• DENTI E LABBRA → accostamento delle labbra inferiori agli incisivi superiori, e
producono i foni iniziali di: der Wein [V]; fein [F]
• LABBRA → accostamento delle labbra produce i foni iniziali di: die Pause [P], das Brief
[B]
• LINGUA → organo più importante per l’articolazione dei suoni e ha tre parti: punta,
dorso e radice. Essa si serve di due movimenti: lo spostamento orizzontale
(arretrando e avanzando) e lo spostamento verticale (abbassandosi e alzandosi).
LA CLASSIFICAZIONE DEI FONI
I foni si dividono in:
• Consonanti → per produrle vi è un’ostruzione totale o parziale in diversi punti
dell’apparato fonatorio: all’interno della glottide o all’interno della cavità orale.
• Vocali → per produrle non vi è alcun tipo di ostacolo: né un’ostruzione totale o
parziale, né un restringimento.
IL PROBLEMA DELLA TRASCRIZIONE: FONI E GRAFEMI
Il fono [K] in italiano ha come grafemi: c, cc e ch. In tedesco invece, i grafemi sono: k, ck, ch,
g, c, q e x.
INCONGRUENZA TRA LETTERE E SUONI
La stessa lettera può segnalare:
• suoni distinti, ma molto simili come in zucchero (ts sorda) e zio (dʒ sonora);
• suoni molto diversi tra loro come in casa (k) o cena (c);
Allo stesso tempo, lo stesso suono può essere rappresentato da lettere diverse (o anche
combinazioni di lettere) come la “s” in schaf, ship e chaud.
I segni dell’alfabeto fonetico, stabiliti dall’ IPA, vanno messi tra parentesi quadre [], mentre
i grafemi tra parentesi uncinate < >.
LA CLASSIFICAZIONE DELLE CONSONANTI → esistono tre criteri di articolazione
• luoghi di articolazione: il punto dell’apparato fonatorio dove si crea un’ostruzione;
• modo di articolazione: il tipo di ostruzione che si crea nel canale fonatorio;
• la presenza o assenza di sonorità: presenza o assenza di vibrazione delle pliche vocali.
Le fasi della produzione del suono sono tre:
1. impostazione o catastasi: gli organi fonatori assumono la posizione in cui il fono viene
articolato;
2. tenuta: gli organi fonatori producono il suono;
3. soluzione o metastasi: gli organi fonatori si muovono dal luogo di articolazione per
raggiungere il luogo di articolazione successivo.
I LUOGHI DI ARTICOLAZIONE
1. BILABIALI → si costituisce un contatto tra le due labbra
➢ Occlusive: sorda [p] “Pein”, sonora [b] “Bein”
➢ Nasale: [m] “Meer”
2. LABIODENTALI → si costituisce un contatto tra il labbro inferiore e i denti superiori
➢ Fricative: sorda [f] “fein”, sonora [v] “Wein”
➢ Nasale: [ɱ] “Strumpf”
3. DENTALI o ALVEOLARI → la punta della lingua tocca immediatamente dietro gli incisivi
superiori (alveoli). Per l’italiano si parla di foni dentali, per il tedesco di foni alveolari.
➢ Occlusive: sorda [t] “Teer”, sonora [d] “der”
➢ Fricative: sorda [s] “reißen”, sonora [z] “reisen”
➢ Nasali: [n] “Natur”
➢ Laterali: [l] “Liebe”
➢ Vibranti: [r] “Rolle”
➢ Affricate: sorda [ts] “Zahl”, sonora [dz] “Herz”
4. POSTALVEOLARI o PREPALATALI → il dorso della lingua si schiaccia contro la zona
retrostante agli alveoli
➢ Fricative: sorda [ʃ] “Schule”, sonora [ʒ] “Genie”
➢ Affricate: sorda [tʃ] “deutsch”, sonora [dʒ] ricorre solo in parole straniere come “Job”
o “Gin”
5. PALATALI → il dorso della lingua si schiaccia contro il palato medio della cavità orale
➢ Fricativa: sorda [ç] “ich”
➢ Approssimante: [j] “ja”
➢ Nasale: [ɲ] “ragno”
➢ Laterale: [ʎ] “moglie”
6. VELARI → il dorso della lingua si accosta alla zona velare del palato
➢ Occlusive: sorda [k] “Kummer”, sonora [g] “Gummi”
➢ Fricativa: sorda [x] “Buch”
➢ Nasali: [ŋ] “Gesang”
7. UVULARI → si costituisce un contatto tra il dorso della lingua e l’ugola
➢ Fricativa: [ʁ] “Form”
➢ Vibrante: [r] “Rose”
8. GLOTTIDALI → vengono prodotti con le pliche vocali
➢ Occlusiva: [ʔ] “Apfel”
➢ Fricativa: [h] “Hase”
I MODI DI ARTICOLAZIONE
1) OCCLUSIVE → due organi fonatori formano prima un blocco totale (un’occlusione), per
poi aprirsi bruscamente.
➢ Bilabiali: sorda [p], sonora [b]
➢ Dentali: sorda [t], sonora [d] ostruenti
➢ Velari: sorda [k], sonora [g]
➢ Glottidale: sorda [ʔ]
Osservazioni: nella trascrizione fonetica di alcune parole come “Packet” = [pha:khe:th]
troviamo l’apice h, che indica l’aspirazione nelle occlusive sorde.
Inoltre, nelle occlusive o nelle fricative sonore che si trovano a fine parola si può
verificare il processo di desonorizzazione denominato Auslautverhärtung (tradotto
significa “indurimento a fine parola”) che le rende sorde → esempio: “Grab” = [gra:ph].
Al plurale questo fenomeno scompare perché le occlusive sonore non si trovano più a
fine parola → esempio: “Gräber” [‘grɛ:bar]
2) FRICATIVE → due organi fonatori si avvicinano, lasciando all’aria un passaggio
strettissimo che produce, superando questo ostacolo, un rumore simile ad una frizione.
➢ Labiodentali: sorda [f], sonora [v]
➢ Alveolari: sorda [s], sonora [z]
➢ Prepalatali: sorda [ʃ], sonora [ʒ]
➢ Palatale: [ç]
➢ Velare: [x] sorde
➢ Glottidale: [h]
➢ Uvulare: sonora [r] (il suono [ʁ] è una variante nella zona del Reno)
La fricativa alveolare sonora [z] è sempre sorda a fine parola.
La fricativa prepalatale sonora [ʒ] ricorre solo in parole di origine straniera.
La fricativa palatale sorda [ç] ricorre solo all’inizio di parola o inizio morfema, dopo tutte
le vocali anteriori (i, e) o dopo le consonanti (l, n, r).
La fricativa velare sorda [x] ricorre solo dopo le vocali centrali o posteriori (a, o, u), mai
ad inizio parola o morfema.
La fricativa glottidale sorda [h] ricorre solo all’inizio di parola o morfema prima di una
vocale
3) NASALI → il velo del palato si abbassa e l’aria fuoriesce dalle cavità nasali.
➢ Bilabiale: [m]
➢ Labiodentale: [ɱ]
➢ Alveolare: [n] sonori
➢ Palatale: [ɲ]
➢ Velare: [ŋ]
La labiodentale [ɱ] si trova solo davanti ai foni labiodentali [f] e [v] e davanti all’affricata
bilabiale [pf].
La nasale velare [ŋ] si trova solo davanti ai foni velari sordi, oppure a fine parola.
4) LATERALI → la lingua costituisce un’ostruzione al centro della cavità orale, lasciando però
aperti i passaggi laterali.
➢ Alveolari: [l]
sonori
➢ Palatali: [ʎ]
5) VIBRANTI → un organo fonatorio mobile, la lingua o l’ugola, forma un’occlusione molto
debole che si interrompe e si ripristina molto velocemente. Questa può avvenire una sola
volta (monovibrante) o più volte (vibrante).
➢ Alveolare: [r] (variante regionale austriaca e della Baviera)
sordi
➢ Uvulare: [R] (versione standard della vibrante tedesca)
6) AFFRICATE → si tratta di una fonazione che avviene in due fasi: in un primo momento gli
organi fonatori formano un’occlusione che però, in un secondo momento non viene
rilasciata bruscamente (come nei foni occlusivi) ma si apre solo parzialmente (come nei
foni fricativi). Vengono chiamati anche “cluster”, combinazioni di consonanti.
➢ Bilabiale: sorda [pf]
➢ Dentali/alveolari: sorda [ts], sonora [dz] dz non è un fonema tedesco
➢ Prepalatali: sorda [tʃ], sonora [dʒ]
7) APPROSSIMANTI → gli organi fonatori sono accostati, ma in maniera meno stratta
rispetto ai foni fricativi, il passaggio d’aria concrea quasi rumore. Queste consonanti
assomigliano molto alle vocali e perciò vengono chiamate anche
semiconsonanti/semivocali.
➢ Palatale: sonora [j]
In tedesco questo suono approssimante ricorre solo a inizio morfema davanti a una
vocale. In parole di origine straniera si trova invece atona anche in posizione centrale
davanti a una vocale.
LA CLASSIFICAZIONE DELLE VOCALI → esistono tre fasi articolatorie nella produzione
vocalica:
1. fase di impostazione
2. fase di tenuta
3. fase di rilascio
I criteri di classificazione sono tre:
1. Il movimento della lingua nella cavità in senso orizzontale → tre zone diverse della
cavità orale: anteriore (vocali iniziali di “essen” e “Iris”), centrale (vocali iniziali di
“Uhr” e “Ohr”), posteriore (iniziale di “Apfel”).
2. Il movimento della lingua nella cavità in senso verticale → quattro zone diverse della
cavità orale: alta, medio-alta, medio-bassa, bassa

3. Il movimento delle labbra → se le labbra sono in posizione rilassata la vocale è non


arrotondata (non labializzata, aprocheila), se le labbra sporgono in avanti la vocale è
arrotondata (labializzata, procheila)
Le vocali tedesche si classificano in base all’asse orizzontale e abbiamo:
• Nove vocali anteriori: [iː], [yː], [ʏ], [ɪ], [eː], [øː], [ɛː], [ɛ], [œ]
• Cinque vocali posteriori: [uː], [ʊ], [oː], [ɔ], [ɑː]
• Tre vocali centrali: [ə], [ɐ], [a]
LE VOCALI ANTERIORI
1. [iː] vocale anteriore, alta, non arrotondata, lunga (Igel, Liebe, ihn)
2. [yː] vocale anteriore, alta, arrotondata, lunga (Lüge, Bühne, über)
3. [ʏ] vocale anteriore, alta-centralizzata, arrotondata, breve (Sünde, Füller, Küche). [ʏ]
è più centralizzata di [yː] e si trova solo in posizione intermedia di parola.
4. [ɪ] vocale anteriore, alta-centralizzata, non arrotondata, breve (mit, Stimme, bitte).
[ɪ] è più centralizzata di [i]
5. [eː] vocale anteriore, semi-alta, non arrotondata, lunga (lesen, Meer, Esel)
6. [øː] vocale anteriore, semi-alta, arrotondata, lunga (schön, Höhle, Österreich)
7. [ɛː] vocale anteriore, semi-bassa, non arrotondata, lunga (Bär, Nägel, nähmen)
8. [ɛ] vocale anteriore, semi-bassa, non arrotondata, breve (Eltern, älter)
9. [œ] vocale anteriore, semi-bassa, arrotondata, breve (Köhn, öffnen). [œ] è più
centralizzata rispetto a [ɛ]
LE VOCALI CENTRALI
10. [ə] vocale centrale per eccellenza detta anche schwa o Murmelvokal, breve
(bekommen, geheim, Rose). [ə] è articolata proprio al centro del trapezio vocalico, è
molto frequente e si trova in posizione atona: in sillaba iniziale di parola (bekommen),
in sillaba centrale (Liebelei) o finale (Rose)
11. [ɐ] vocale centrale, quasi bassa, non arrotondata, detta anche “erre vocalica”
(Winter, Lehrer). È leggermente più bassa della [ə] e nel parlato iperarticolato
corrisponde a “er” (Zucker = tsʊkɐ)
12. [a] vocale centrale, bassa, non arrotondata, breve (alle, Mama)
LE VOCALI POSTERIORI
13. [uː] vocale posteriore, alta, arrotondata, lunga (Schule, Ruhm)
14. [ʊ] vocale posteriore, alta-centralizzata, arrotondata, breve (Mutter, und). [ʊ] è più
centralizzata di [uː]
15. [oː] vocale posteriore, semi-alta, arrotondata, lunga (Oma, Moos)
16. [ɔ] vocale posteriore, semi-bassa, arrotondata, breve (Kopf, hoffen)
17. [ɑː] vocale posteriore, bassa, non arrotondata, lunga (Dame, arm)
I DITTONGHI
Sono un insieme di due suoni vocalici all’interno della stessa sillaba di cui il primo è più forte
e lungo del secondo. I dittonghi del tedesco sono discendenti, quindi accentati sul primo
elemento, e sono:
• [aɪ] è reso graficamente con <ai> e <ei>: “Reise”, “Mais”
• [aʊ] è reso graficamente con <au>, <ow> e <ao>: “Haus”, “Clown”, “Kakao”
• [ɔɪ] è reso graficamente con <eu>, <äu> e <oi>: “heute”, “Häute”, “ahoi”
• [ʊɪ] è reso graficamente con <ui> ed è usato nelle interiezioni: “hui”, “pfui”
Nei dittonghi discendenti tedeschi, la distanza tra le due vocali è molto più breve che nei
dittonghi italiani con la stessa sequenza di vocali: “Europa” vs “Euro”; “Paola” vs. “Paula”. I
dittonghi ascendenti si trovano solo in parole di origine straniera come “Region” o “sozial”.
REGOLE PER LA TRASCRIZIONE FONETICA
• Per valutare la lunghezza di una vocale non sempre vale la regola della sillaba aperta
o chiusa.
• Il fono [dt] si rappresenta solo con <t>
• Il fono [s] che precede [t] e [p] si segna con ʃ
• Quando c’è una doppia consonante la vocale che precede sarà breve
• Quando la <h> è postvocalica farà sì che la vocale sarà lunga e non si segna
• La doppia consonante non si segna graficamente
• Quando la <e> è in sillaba atona si segna con [ə]
• Quando la parola è monosillabica non si segna l’accento
• Il dittongo è sempre breve
• <s> è sonora quando si trova tra due vocali e a inizio parola
• <ss> è sempre sorda anche quando si trova tra due vocali e a fine parola
• Quando c’è la <ß> la vocale che la precede è lunga
• Prima di <ck> le vocali sono brevi

LA FONOLOGIA
È una branca della linguistica che si occupa del rapporto tra i suoni in un determinato sistema
linguistico: studia la funzione e l’organizzazione di suoni nella loro qualità di elementi
linguistici. Le unità di studio della fonologia sono:

• a livello segmentale i fonemi


• a livello sopra segmentale l’accento, la sillaba e l’intonazione
Un segno linguistico è l’unione tra un significante e un significato. L’oggetto di studio della
fonologia è il significante e la sua struttura interna. Il fono è un’unità concreta ed è diversa
dall’immagine acustica che è un’unità astratta. L’immagine acustica corrisponde alla traccia
mentale che elaboriamo classificando e raggruppando le fonie che ascoltiamo. Si riferisce
anche al carattere irripetibile delle fonie, ossia per ciascun elemento esistono un numero
infinito di varianti (variazione dello stesso fonema). Ad esempio, tante realizzazioni del fono
[r] sono riconducibili a un solo fonema /r/ come nelle varie pronunce di “schnurren” (fare le
fusa): [‘ʃnʊRən], [‘ʃnʊʁən], [‘ʃnʊrən] o [‘ʃnʊɐən].
Esistono anche altri casi in cui, nonostante il suono sia simile, non realizziamo una variante
dello stesso fonema, ma passiamo ad altri fonemi.
Es: [baɪn] = Bein In questo caso cambiando
[zaɪn] = sein qualcosa dal lato del significante,
[maɪn] = mein cambia anche il significato e
l’intero segno linguistico.
[ʃaɪn] = Schein
All’interno di un diverso sistema linguistico, l’aspirazione porta alla realizzazione di fonemi
diversi o può semplicemente corrispondere a variazioni di uno stesso fonema.

Coppia minima: coppia di parole che si distingue solo per un unico elemento fonologico,
appunto un fonema, o per l’accento.
Es: [August] vs. [Au’gust]
[mʊnt] vs. [fʊnt] = Mund (bocca), Fund (ritrovamento)

FONEMA → un’unità linguistica che sia contemporaneamente


• un’unità minima segmentabile
• un’unità commutabile
• un’unità asemantica
• un’unità che in una determinata lingua storico-naturale serva a distinguere almeno
una coppia minima (funzione distintiva)

GLI ALLOFONI → ne esistono quattro tipi


1. allofoni liberi: quando abbiamo una variazione di un fonema che è commutabile in
una determinata posizione senza restrizioni
2. allofoni regionali: realizzazione fonetica dello stesso fonema che varia in base alla
regione
3. allofoni condizionati: quando la vocale che segue condiziona la pronuncia della
consonante che precede
4. allofoni complementari: quando in un cotesto verbale si realizza un allofono, mentre
in un altro si realizza un altro allofono.

I TRATTI FONOLOGICI → a livello più astratto, una parola è formata da tratti fonologici.
Nelle due parole [baɪn] e [paɪn] la differenza non dipende dall’intero fonema, perché [p] e
[b] sono entrambi suoni occlusivi bilabiali, quindi la differenza sta nell’assenza o presenza di
sonorità, che costituisce il tratto distintivo. Il fonema può anche essere definito un fascio di
tratti fonologici e distintivi.
Per capire se un tratto è distintivo bisogna seguire un determinato ragionamento, di cui un
esempio con il fonema /ts/:
• affricato → è un tratto distintivo perché esiste un altro fonema alveolare sordo che è
però occlusivo: /t/
• alveolare → è un tratto distintivo perché esiste un altro fonema affricato sordo che è
però bilabiale: /pf/
• sordo → non è un tratto distintivo perché non esiste nessun fonema affricato
alveolare sonoro.
Quando l’opposizione fonologica tra due fonemi viene annullata si ha il fenomeno della
neutralizzazione fonologica (auslautverhärtung). L’arcifonema è un elemento che riunisce
le caratteristiche di fonemi opposti, viene quindi cancellata l’opposizione, e viene realizzato
con la lettera maiuscola nella trascrizione fonologica.

LA LINGUISTICA
La linguistica si occupa dello studio sistematico delle strutture e delle funzioni di una lingua.
Il sapere linguistico differisce dal parlato. La linguistica è descrittiva e spiega quando una
forma viene considerata adeguata in una determinata situazione comunicativa, per esempio
non useremmo mai l’espressione “stai zitto” riferendoci ad un adulto. La linguistica non è
prescrittiva. I dialetti sono lingue che godono di un prestigio minore poiché non hanno una
letteratura ufficiale.
DAS ZWIEBELMODELL DER SPRACHLICHEN EBENEN

La pragmatica è il primo strato che viene a contatto con la realtà extralinguistica; studia il
rapporto tra le espressioni linguistiche e il contesto situazionale.
Il lessico è composto da elementi lessicali che servono ad indicare oggetti, azioni o fatti. È lo
strato di un sistema linguistico che reagisce velocemente alla realtà extralinguistica
integrando facilmente nuovi elementi (neologismo); mentre invece altri elementi possono
cadere in disuso.
La grafia si occupa del modo in cui si scrivono le lettere. L’unità minima è il grafema. La grafia
più difficilmente subisce modifiche dalla realtà extralinguistica.
La grammatica si trova al nocciolo della cipolla ed è composta da: morfologia, sintassi e
fonologia. La grammatica è uno strato della lingua che subisce difficilmente dei
cambiamenti, non viene influenzata dalla situazione comunicativa.
La parola morfologia compare per la prima volta nei lavori di Goethe sulla botanica.
Schleicher prende il termine utilizzato da Goethe per applicarlo allo studio della lingua
(considerata un sistema organico). La morfologia studia le strutture e le forme delle parole
di una lingua.
Le parole sono definite come sequenze di grafemi separati da spazi vuoti.
Es: “Wenn hinter Fliegen eine Fliege fliegt, fliegt eine Fliege Fliegen nach” = “Se una mosca
vola dietro delle mosche, una mosca segue volando delle mosche” → 11 parole ortografiche,
di cui 7 diverse.
Questa definizione non è sempre corretta, e vale solo per le parole ortografiche. Per questo
è stata introdotta la nozione di parole sintattiche → la specifica veste grammaticale (forma)
di una parola. Il paradigma è il contenitore che contiene tutte le diverse forme sintattiche
che la parola può assumere in un determinato contesto. Il lessema è l’etichetta del
contenitore, ed è la parola astratta che troviamo sul dizionario. Fanno capo tutte le forme
sintattiche che la parola può assumere.
Es: lessema → fliegen; paradigma (parole sintattiche) → fliege, fliegt, flog, floge ecc.
“Hundert hurtige Hunde hetzen hinter hundert hurtigen Hasen her” = “Cento cani veloci
incalzano (corrono dietro a) cento lepri veloci” → 8 parole sintattiche e 7 lessemi.
In tedesco le famiglie di parole non fanno distinzione tra verbo e sostantivo.
Es: “Wenn hinter Fliegen eine Fliege fliegt, fliegt eine Fliege Fliegen nach” → 5 famiglie di
parole
I criteri affinché una sequenza di lettere possa essere definita una parola sono quattro:
1. identità acustica → ciascuna parola ha determinate caratteristiche di accento che
variano da lingua a lingua. In tedesco si distinguono parole omografe solo grazie
all’accento acustico (non grafico!).
Es: “úmfahren” (Das Auto fährt dem Bauen um = L’auto fa cadere l’albero) VS.
“umfáhren” (Das Auto umfährt den Baum = L’auto aggira l’albero)
“Aúgust” (Augusto) VS. “Augúst” (Agosto).
Parole con diverso carattere acustico si differenziano nella forma semantica e
sintattica.
2. autonomia semantica funzionale → la parola è un elemento a sé stante ed ha un
significato o una funzione grammaticale anche al di fuori di ogni contesto
3. stabilità morfologica → la parola conserva la sua struttura principale nelle sue varie
forme (lachen, lacht ecc.) e non può essere interrotta da altri elementi
Es: noi diciamo “ferro da stiro grande” e non “ferro da grande stiro”
4. mobilità sintattica → la parola è l’elemento più piccolo che può essere spostato (o
sostituito) in una frase.
LA CLASSIFICAZIONE DELLE PAROLE
1 Nome/sostantivo = Hund
2 Pronome = er
3 Aggettivo = schnell
4 Articolo = der
5 Verbo = sagen
6 Preposizione = mit
7 Avverbio = einmal
8 Congiunzione = und
9 Interiezione = Donnerwetter!
10 Particella = Ja
Una stessa parola può appartenere a più classi:

• Aggettivo/avverbio → “der schön Mann” vs. “der Mann singt schön”


• Articolo/pronome → “der Mann” vs. “der Mann der lacht”
• Preposizione/congiunzione → “seit den Fest” vs. “seit das Fest vorbei ist”
• Particella/aggettivo → “der Kuchen ist echt gut” vs. “das ist ein echter Rolex”
PARAMETRO MORFOLOGICO: In tedesco esistono classi di parole variabili (flektierbar) ed
invariabili (nicht flektierbar). Le classi variabili possono essere declinabili (variabili in genere,
numero e caso) e coniugabili (variabili secondo persona, tempo, numero) e sono: nome,
aggettivo, articolo, pronome. Le classi invariabili sono: avverbio, preposizione, congiunzione,
interiezione, particella.
Es: “Der Vogelfänger bin ich ja –
Stets lustig heißa hopsasa!”
Der Vogelfäng bin ich ja
er
Articolo: Nome: Verbo: Pronome: Particella:
variabile variabile variabile variabile invariabile
Stets lustig heißa hopsasa
Avverbio: Aggettivo: Interiezione: Interiezione:
invariabile variabile invariabile invariabile
PARAMETRO NUMERICO: In tedesco esistono classi di parole aperte e chiuse. Le parole
aperte sono: verbo, nome, aggettivo, avverbio. Esse subiscono facilmente cambiamenti e
sono espandibili con l’avvento di neologismi (chatten, relaxen, chillen ecc). Le classi chiuse
sono: articolo, pronome, preposizione, congiunzione e particella.
PARAMETRO SEMANTICO: Infine, esistono classi di parole lessicali e funzionali.
Le parole lessicali hanno un significato lessicale pieno, e sono:
• Verbi → esprimono azioni, eventi
• Nomi → indicano oggetti concreti o astratti
• Aggettivi →indicano qualità, caratteristiche
• Avverbi → esprimono una modalità
Le parole funzionali hanno un significato grammaticale-relazionale, e sono:

• Articoli → precisano le caratteristiche grammaticali del nome


• Pronomi → segnalano una sostituzione (il tedesco è una lingua non pro-drop, il
pronome de essere necessariamente espresso)
• Preposizioni → mettono in relazione due nomi/pronomi
• Congiunzioni → mettono in relazione due frasi
• Particelle → indicano l’atteggiamento del parlante verso il contenuto (ad esempio
“dem” esprime interesse, “doch” esprime disappunto ecc.)
Esercizio: “Kennst du das Land, wo die Zitronen blühn?” = “Conosci il paese dove fioriscono i
limoni?”
verbo nome aggettivo pronome articolo preposizione congiunzione avverbio

Kennst; Land; Ø du das; Ø Ø wo


blühn Zitronen die

IL MORFEMA
Il morfema è l’elemento più piccolo che costituisce la parola. Le parole formate da un solo
morfema sono chiamate mono-morfematiche (“mit”, “Vater” ecc), se sono formate da più
morfemi vengono dette pluri-morfematiche (“mensch-lich”, “ver-kauf-en” ecc). I morfemi:
• sono costituiti da una sequenza ininterrotta di suoni (fonemi)
• hanno quasi sempre un significato
• non possono essere suddivisi in unità più piccole dotate di significato
Esistono due tipi di segmentazioni delle parole: morfologica e sillabica, le quali spesso non
coincidono.
Parole Segmentazione morfologica Segmentazione sillabica
“Elefanten” Elefant-en E-le-fan-ten
“Rahmen” Rahmen Rah-men
Sulla base della segmentazione morfologica, distinguiamo parole semplici e parole
complesse. Le parole semplici sono formate da un solo morfema, quelle complesse sono
formate da due o più morfemi. Le parole complesse possono essere formate in due modi:
• Combinazione di morfemi liberi (di solito sono lessicali): in “Sprach+Kurs” i morfemi
che compongono la parola hanno significato anche da soli.
• Combinazione di morfemi liberi e legati (di solito sono grammaticali): in “un+gut”
abbiamo “gut” che è un morfema libero che ha significato anche da solo, e “un” che
è un morfema legato perché da solo non significa niente.
ESERCIZIO:
x: “Hallo, Mia. Was macht ihr denn im Sprachenzentrum?”
y: “Wir lernen Deutsch. Ana und ich fahren im Sommer nach Deutschland”
SEMPLICI COMPLESSE

Hallo, Mia, Was, ihr, denn, macht = mach + t


Wir, Deutsch, Ana, und, ich, Sommer, nach. Sprachenzentrum = sprache + n + zentrum
im = in + dem
lernen = lern + en
fahren = fahr + en
Deutschland = deutsch + land
• Il morfema “-ung” in tedesco lo troviamo alla fine di numerosi sostantivi, per esempio
“wohnen” (abitare)→ “Wohnung” (abitazione). Dal verbo abbiamo ottenuto il
sostantivo.
• Il morfema “-er” ha il significato astratto generale di indicare la persona che compie
un’azione (nome agentis), per esempio “malen” (dipingere) → “Maler” (pittore)
• Un morfema grammaticale non è automaticamente legato
• Esistono anche dei morfemi legati lessicali, chiamati “Himbeermorpheme”, che sono
di tipo lessicale ma non hanno significato da soli, e sono: “Schwieger-”, “Brom-”,
“Him-”, “Schorn-”
ESERCIZIO:
“Kennst du das Land, wo die Zitronen blühn?”
MORFEMI LIBERI MORFEMI LEGATI
GRAMMATICALE du; das; wo; die -st; -n; -n

LESSICALE Land; kenn-; Zitrone-; blüh-


I morfemi si suddividono in radice, base e affisso.
LA RADICE → è portatrice del significato principale e non può essere ulteriormente ridotta.
Es: “un-sinn-ig” = insensato → la radice è “sinn” = senso
“Tür-chen” = porticina → la radice è “Tür” = porta
Esistono parole complesse composte da più di una radice.
Es: “Sommer-Kleid” = vestito estivo → sono entrambe radici (morfemi lessicali liberi)
LA BASE → la parte di una parola che serve a creare altre forme. Le radici hanno la proprietà
di poter fungere anche da base.
Es: “Dank” = gratitudine → è radice e contemporaneamente funge da base per il nome
complesso
“Un-dank” = ingratitudine → è una parola complessa (combinazione di prefisso + radice) e
funge da base per l’aggettivo
“un-dank+bar” = ingrato → è una parola complessa (combinazione di prefisso + radice +
suffisso/ base + suffisso)
“Kind-heit+s+traum” = sogno d’infanzia → è una parola complessa (radice + 2 suffissi +
radice)
“Kind-heit” = infanzia → è la base per “Kindheitstraum” (non è radice perché è radice +
suffisso)
“Kind” = bambino → è la radice di tutta la parola
GLI AFFISSI → sono confezioni per l’informazione grammaticale e servono a formare parole
complesse. Si dividono in:

• prefissi: precedono la base (“un-schön”, “miss-traurisch”, “ver-lieben”, “be-


kommen”, “post-modern”, “a-historisch”)
• suffissi: seguono la base e ne esistono due tipi:
a) “Lehr-er”, “freund-lich”, “Kind-lein”, “Mein-ung” → creano nuove parole
b) “sag-en”, “kauf-st” → flettiamo la stessa parola
• circonfissi: si collocano contemporaneamente prima e dopo la base (“ge-kauf-t”, “ge-
nomm-en”, “be-schein-igen”)
Gli affissi hanno un significato più astratto delle radici come: “un-”/“in-” negazione; “anti-”
opposizione; “vor-” anteriorità temporale
L’uniformità è quando una funzione è svolta da una sola forma
La trasparenza è quando una forma svolge un’unica funzione linguistica.
La situazione ideale sarebbe:
UNIFORMITÀ

1 FUNZIONE ↔ 1 FORMA

TRASPARENZA

In tedesco esistono pochi morfemi flessivi uniformi e trasparenti come:


- “-st” 2ª persona singolare
- “-end” participio presente
L’ALLOMORFIA → si verifica quando la stessa funzione viene svolta da più morfemi, o
quando lo stesso morfema ha diverse realizzazioni fonetiche:
Es: “Mund” = bocca
“Mund+es” = della bocca
“Münd+er” = bocche
“Mündchen” = boccuccia
Anche il prefisso “in-” (significato negativo) ha vari allomorfi:
“il+legitim” = illeggittimo
“im+potent” = impotente
“ir+regular” = irregolare
“in+konsequent” = non conseguente
Il plurale in tedesco può essere realizzato con otto allomorfi, tra cui:
1. ¨ + -er = “Mann” → “Männer”
2. -en = “Frau” → “Frauen”
3. Ø = “Mädchen” → “Mädchen”
Quando la stessa forma assume più funzioni, e si infrange il rapporto di trasparenza, si parla
di omonimia.
Es: “-er” può essere usato come suffisso per la formazione di un nome (Lehrer = insegnante),
ma può anche essere usato come affisso nei verbi ingressivi per indicare l’inizio di un’azione
(erblühen = iniziare a fiorire)
Se un affisso di flessione (suffisso) ha diverse funzioni, si parla di sincretismo (omonimia tra
suffissi flessivi).
Es: “-er” può formare il plurale o nella comparazione dell’aggettivo indica il comparativo di
maggioranza.
LA FLESSIONE → è un processo:
a) generalizzato perché viene sempre attuato nella grammatica di una lingua (ad
esempio tutti i verbi hanno vari tempi)
b) regolare perché se si conosce la base di una parola, si possono automaticamente
costruire tutte le forme del suo paradigma
Con la flessione si creano forme diverse della stessa parola.
Es: “Gast” = ospite “sprechen” = parlare
“Gast-es” = dell’ospite “er spricht” = egli parla
“Gäst-e” = ospiti “er sprach” = egli parlò
“Gäst-en” = agli ospiti “er hat gesprochen” = egli ha parlato

La flessione:

• la costruzione di diverse forme di una parola → paradigma


• le funzioni grammaticali vengono espresse tramite la flessione → i morfemi flessivi
• la forma base della parola è il lessema
I morfemi flessivi non cambiano la categoria della parola: “Gast”, “Gastes”, “Gäst-e”, “Gäst-
en” sono tutti nomi.
I morfemi derivazionali invece sì: “Freund” è un nome, “freundlich” è un aggettivo.
Chiamiamo forma sintetica una struttura che esprime l’informazione grammaticale tramite
morfemi legati: “ich sprech-e”, “sie kauf-t-en”
Chiamiamo invece forma analitica una struttura che si serve di morfemi liberi per modificare
il significato della base: “hat gesprochen”, “das Fahrrad von Paul”
Il numero dei morfemi, o allomorfi, flessivi del tedesco sono stati calcolati in 19:
-e / em / en / end / ens / er/ ern / es / est / et / n / s / st / t / te / ten / test / tet / Ø
Per la FLESSIONE NOMINALE in tedesco sono rilevanti tre categorie grammaticali: genere,
numero e caso.
• IL GENERE DEL NOME
a) fattore morfologico
In genere, i nomi sono di genere neutro se hanno i suffissi diminutivi “-chen”, “-lein” o se
terminano in: “-nis”, “-ing” e “-tum”
Sono invece di genere maschile se hanno i suffissi “-ling”, “ant”, “-iker”, “-ismus”, “-ist”, “-
er”
Infine, sono di genere femminile se presentano i suffissi “-ung”, “-heit”, “-keit”, “-in”, “-
schaft”, “-ei”, “-ität”
b) fattori semantici
Sono di genere neutro i nomi delle categorie grammaticali: “das Wort”, “das Adverb”, “das
Pronomen” (eccezione “der Satz”); dei metalli: “das Gold”, “das Kupfer”, “das Eisen”; e delle
lingue: “das Deutsche”, “das Italienische”
Sono di genere maschile i nomi delle bevande alcoliche: “der Weinbrand”, “der Sekt”, “der
Wein”, “der Likör” (eccezione “das Bier”); le unità di tempo e i fenomeni atmosferici: “der
Tag”, “der Monat”, “der Sturm”, “der Regen”, “der Winter” (eccezioni “die Nacht” e “die
Woche”)
Sono di genere femminile i numeri: “die Eins”, “die zwei”; i nomi dei fiumi: “die Elbe”, “die
Danau”, “die Saale” (eccezioni “der Rhein” e “der Mein”); i nomi di alberi e frutti: “die
Fichte”, “die Eiche”, “die Tanne” (eccezione “der Ahorm” e “der Apfel”); i nomi dei fiori: “die
Rose”, “die Tulpe”, “die Margarite”
Infine, alcuni sostantivi rientrano nel femminile o nel maschile per il loro genere naturale:
“der Mann” vs. “die Frau”, “der Kater” vs. “die Katze”, “der Holn” vs. “die Henne” (eccezione
“das Mädchen” in cui il fattore morfologico vince su quello semantico)
c) fattore fonologico
Sono di genere maschile i monosillabi con Anlaut (inizio parola) in [ʃ] + consonante: “der
Schrank”, “der Schmuck”; e i monosillabi con Anlaut in dr, tr, kn: “der Dreck”, “der Tritt”, “der
Knacks”.
Sono di genere femminile i monosillabi con Auslaut (fine parola) in fricativa [f], [ç], [x] +
occlusiva dentale sorda [t]: “die Kroft”, “die Sicht”, “die Gruft”, “die Macht”; i monosillabi
con Auslaut in -ur: “die Spur”, “die Kur”; i bisillabi con Auslaut in -e: “die Kanne”, “die
Wanne”.
Sono di genere neutro i monosillabi con Auslaut in -ett: “das Bett”, “das Fett”
o IL GENERE DEI PRESTITI
Per stabilire il genere delle parole prese in prestito da altre lingue (inglese,
francese ecc) esistono vari criteri:
a) similarità semantica → i nomi prendono il genere del loro equivalente in
tedesco (der Chef = der Boss, die Kraft = die Power, das Zurückkommen =
das Comeback ecc)
b) il termine superordinato → i nomi prendono il genere che ha il loro tipo di
appartenenza (lo Chardonet è un vino, gli alcolici sono maschili, quindi sarà
“der Chardonet”)
c) analogia morfologica → i nomi con desinenza in “-er” sono maschili (der
Killer, der Manager ecc)
d) genere naturale → mantengono il loro genere naturale (die Queen vs. der
King, der Boy ecc con l’eccezione di das Girl che deriva da “das Madchen”)
e) corpo fonico → i monosillabi sono maschili (der Pool)
• IL NUMERO DEL NOME
In tedesco esistono otto morfemi del plurale
morfemi di plurale - Umlaut + Umlaut
Ø das Segel → die Segel der Vogel → die Vögel
-er das Kleid → die Kleider das Haus → die Häuser
-e der Fisch → die Fische die Maus → die Mäuse
-(e)n das Ohr → die Ohren
die Waage → die Waagen
-s das Auto → die Autos

Per stabilire il tipo di plurale di un nome, esistono tre macroclassi:


1. macroclasse trasparente: l’uscita fonetica o il suffisso derivazionale bastano per
poter stabilire il tipo di plurale.
singolare in: -ei, -keit, -heit, -ung, -schoft, -in → plurale in: -en (nel caso di “-in” la “n”
viene raddoppiata “Lehrerin” → “Lehrerinnen”)
singolare in: -ler, -en, -chen, -lein → plurale in: Ø
singolare in: -bald, -ig, -ich, -ling, -nis → plurale in: -e (nel caso di “-nis” la “s” viene
raddoppiata “Zeugnis” → “Zeugnisse”
singolare in: -tum → plurale in: -tümer
2. macroclasse semitrasparente: oltre all’uscita fonetica o il suffisso, bisogna conoscere
il genere del lessema per poter stabilire il tipo di plurale (con pochissime eccezioni).
singolare in -el/-er + genere maschile/neutro → plurale in: Ø
singolare in -el/-er + genere femminile → plurale in: -n
singolare in -e + genere maschile/femminile → plurale in: -n
3. macroclasse opaca: non è possibile prevedere il tipo di plurale
Es: Mann → Männer
Frau → Frauen
Kind → Kinder
o NOMI POLISEMICI CON MORFEMI DI PLURALE DIVERSI

das Wort Wörter (parole/lessemi)


Worte (parole pronunciate)

der Strauß Sträuße (mazzi di fiori)


Strauße (struzzi)
o NOMI SOLO AL PLURALE
die Geschwister → fratelli/sorelle (come siblings in inglese)
die Leute → gente
die Windpocken → varicella
die Eltern → genitori (per indicare il singolare di aggiunge un morfema lessicale
libero e diventa “Elternteil”)
• IL CASO DEL NOME
In tedesco esistono quattro casi: nominativo, genitivo, dativo e accusativo.
Es: nominativo Gast → l’ospite
genitivo Gast-es → dell’ospite
dativo Gast-(e) →all’ospite
accusativo Gast-Ø → l’ospite (complemento oggetto)
Esistono tre tipi di declinazione: forte, debole e mista. Il tipo di declinazione di un
nome non è prevedibile, ma il 99% delle parole fanno parte della declinazione di tipo
debole.
a) declinazione forte → nella declinazione forte sono assenti i suffissi -en o -n
SINGOLARE neutro maschile femminile
Nom (das) KindØ (der) MannØ (die) MachtØ
Gen (des) Kindes (des) Mannes (der) MachtØ
Dat (dem) Kind(e) (dem) Mann(e) (der) MachtØ
Akk (das) KindØ (den) MannØ (die) MachtØ
PLURALE neutro maschile femminile
Nom (die) Kinder (die) Männer (die) Mächte
Gen (der) Kinder (der) Männer (der) Mächte
Dat (den) Kindern (den) Männern (den) Mächten
Akk (die) Kinder (die) Männer (die) Mächte
Al plurale i sostantivi possono prendere i suffissi -e, -er, -s, o Ø
b) declinazione debole → nella declinazione debole sono presenti i suffissi -en o -n
SINGOLARE maschile femminile
Nom (der) MenschØ (die) FrauØ
Gen (des) Menschen (der) FrauØ
Dat (dem) Menschen (der) FrauØ
Akk (den) Menschen (die) FrauØ
PLURALE maschile femminile
Nom (die) Menschen (die) Frauen
Gen (der) Menschen (der) Frauen
Dat (den) Menschen (den) Frauen
Akk (die) Menschen (die) Frauen
c) declinazione mista → il singolare è forte, il plurale è debole
SINGOLARE maschile
Nom (der) StaatØ
Gen (des) Staates
Dat (dem) Staat(e)
Akk (den) StaatØ
PLURALE maschile
Nom (die) Staaten
Gen (der) Staaten
Dat (den) Staaten
Akk (die) Staaten

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