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Marx e le catene del capitale

Karl Marx, Fiedrich Engels


Il Manifesto del Partito Comunista (1848)

Prefazione
Uno spettro s'aggira per l'Europa - lo spettro del comunismo.

I comunisti sdegnano di nascondere le loro opinioni e le loro intenzioni. Dichiarano apertamente
che i loro fini possono esser raggiunti soltanto col rovesciamento violento di tutto l'ordinamento
sociale finora esistente. Le classi dominanti tremino al pensiero d'una rivoluzione comunista. I
proletari non hanno da perdervi che le loro catene. Hanno un mondo da guadagnare.
PROLETARI DI TUTTI I PAESI, UNITEVI!

Lavorando, l’uomo manifesta nel mondo la sua propria natura, e si distingue dall’animale. Il
mondo che egli crea, trasformando le condizioni naturali della propria esistenza, è la sua più
autentica espressione.
Ma quando Marx guarda allo sviluppo storico dell’uomo, lo trova pieno di contraddizioni, di lotte,
di antagonismi, di guerre, di lutti molteplici e incessanti.
L’economia politica, rappresentata dai grandi economisti Smith e Ricardo, è la base per la
comprensione del sistema capitalistico. Ma essi, considerando la proprietà privata come un fatto
e una necessità, non si sono interrogati sulla sua origine: l’hanno presa come una realtà
astorica, inscritta nella natura umana, senza considerarla invece come una forma limitata e
particolare dei rapporti sociali che si sono sviluppati nel tempo.
Sia Ricardo che Smith avevano ben visto come il lavoro fosse il centro del processo economico
della produzione e degli scambi.
Ma dietro questa tesi del lavoro come sorgente di ricchezza, Marx vede una contraddizione che
sottolinea il limite dell’economia politica classica: se il lavoro, essendo al’origine dei bisogni
umani, è certamente l’attività attraverso la quale l’uomo manifesta la sua personalità e accede
alla gioia della vita, è anche vero però che diviene, nell’organizzazione capitalistica dei rapporti di
produzione, il mezzo dell’alienazione universale dei lavoratori.
Il lavoro si è trasformato nel suo contrario: da espressione dell’essenza creatrice dell’uomo,
diventa processo nel quale il lavoratore è mercificato, un oggetto del mercato.
Per Marx è lo scambio che provoca una trasformazione qualitativa: all’origine il lavoro è dapprima
mezzo di sussistenza; la produzione non eccede mai la domanda, cioè la soddisfazione dei
bisogni naturali. Poi si trasforma come fonte di guadagno. Ciò che l’uomo produce in più dei suoi
bisogni diventa merce scambiabile con altre merci; si passa dal valore d’uso che determina il
prodotto (M-D-M), al valore di scambio, che non ha più valore in se stesso, ma fuori di lui, nel
profitto^ (D-M-D^). La mercificazione è così all’origine del lavoro alienato: il prodotto non
esprime più la realizzazione dell’individuo nella società, gli è divenuto straniero.
Il lavoro diventa il contrario di ciò che dovrebbe essere. È la negazione dell’essenza umana: è
lavoro alienato.
Allo stato primitivo c’è, secondo Marx, un equilibrio perfetto tra bisogni e produzione. Ma lo
scambio è una pratica inscritta nella natura degli uomini considerati come esseri naturalmente
sociali: in un momento dato, gli uomini producono un surplus in rapporto a ciò che è necessario
per la loro semplice esistenza. Lo scambio trasforma allora i prodotti del lavoro in merce, e
questa trasformazione cambia la natura del lavoro stesso: dapprima manifestazione e
realizzazione della natura umana, diventa attività in vista del guadagno, di un profitto. Lo
scambio, attività umana generica, crea le condizioni della sua propria negazione
destrutturando la sua forma umana.
Alla trasformazione dei prodotti del lavoro in merci succede dunque quello della merce in denaro.
Anche i rapporti umani non sfuggono a questa trasformazione disumana. Divenuto una merce
come un’altra, il lavoratore è svuotato dalla sua natura più propriamente umana, il denaro è
ormai il solo luogo che collega gli individui alla società, alla natura e ai suoi simili.
Il lavoro, in quest'ottica, diventa una merce come un'altra, comprata e venduta, appunto sul
mercato del lavoro. La mercificazione globale del lavoro fa sparire la vera origine del lavoro
come valore umano e concreto. Il mercato trasforma gli oggetti in feticci, come se avessero delle
proprietà soprannaturali capaci di valorizzare chi li possiede. Nel feticismo, che è il fondamento
della società dei consumi, Marx vede la perversione di tutti i rapporti sociali.

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