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KARL MARX (1818-1883) E FRIEDRICH ENGELS (1820-1895)

Marx e Engels furono due economisti e filosofi dell’800 che fornirono la base della critica sociologica della letteratura – studiare la
letteratura inserendola nel contesto in cui è nata, scoprire quale società racconta-. Senza le loro teorie la critica sociologica sarebbe
stata inconcepibile.
È bene tenere conto anche dell’attualità delle teorie marxiane che riguardano sia la politica ma anche la filosofia, l’economia e la
storia. Il fascino di queste teorie sta proprio nella capacità di produrre interpretazioni storiografiche di lungo periodo che hanno
delineato ipotesi dalle quali è difficile prescindere anche oggi.

Marx è il creatore della più importante visione politica che ha influenzato molti paesi tra l’800 (periodo del concepimento) e il ‘900
(quando si applicò). Ricordiamo tra i tanti l’Unione Sovietica del XX secolo e tutto il cosiddetto socialismo realizzato.
Si parla di socialismo e comunismo– la Cina ancora oggi si dichiara socialista e comunista.
Le colpe di eventi storici avvenuti molto tempo dopo la morte dei due e in contesti molto differenti non sono da attribuire a Marx ed
Engels – anche perché partivano da programmi politici in palese contrasto con le linee portanti del marxismo-.

IL MATERIALISMO STORICO DI MARX – la sua concezione della storia.


“Per il materialismo storico (opposto allo storicismo idealistico di Hegel, da cui pure deriva) la Storia è un processo determinato
anzitutto da fattori materiali” (p.38)
Secondo Hegel la storia dell’uomo procede su una razionalità di base: la storia dell’uomo non è altro che il dispiegarsi nella storia
della vita di tutti, per generazioni, di uno Spirito/essenza astratta superiore e sconosciuta all’uomo.
Lo stesso concetto è stato utilizzato, in termini religiosi e non filosofici, nei “Promessi Sposi”: è la Provvidenza. Tutto ciò che accade
ha un senso poiché riconducibile ad un’identità superiore, qui Dio.
In Hegel, dove il carattere religioso è assente: “Ciò che è reale è razionale, ciò che è razionale è reale”, dunque tutto ciò che accade
ha un senso razionale.

Marx ha una posizione totalmente differente – pur essendo stato allievo di Hegel -: ritiene infatti che la storia umana non è il
dispiegamento di una volontà superiore che si declina materialmente nella vita.
Marx ritiene (spiegando il concetto di “materialismo”) che la storia sia un processo determinato da fattori materiali.
La prospettiva viene dunque ribaltata: la storia non viene più dal cielo bensì è frutto dei conflitti materiali di cui i protagonisti sono gli
uomini, dunque la concretezza dell’agire umano. Questa visione ci è molto familiare ad oggi. In qualsiasi modo si svolga la storia
degli uomini, sono gli uomini che la fanno – l’analisi di Marx dunque deve centrarsi sul conoscere che cosa vogliono i molti singoli.

“Esattamente all’opposto di quanto accade nella filosofia tedesca – Hegel -, che discende dal cielo sulla terra, (con Marx) si sale dalla
terra al cielo. (…) si parte dagli uomini realmente operanti e sulla base del processo reale della loro vita si spiega anche lo sviluppo
dei riflessi e degli echi ideologici di questo processo di vita” (p. 50)
Lo scopo di Marx è proprio quello di indagare nella storia dell’uomo quali sono le cause concrete, le forze motrici, che stanno alla
base del movimento/trasformazione storico.
Le forze motrici che, coscientemente ma più spesso incoscientemente, si nascondono dietro ai motivi che muovono gli uomini per
un’azione di lunga durata, che mette a capo ad una trasformazione storica.
Dal piano politico, se si parte da una filosofia in cui tutto è razionale perché deriva da uno spirito, l’uomo non può fare altro che
accettare ciò che succede proprio perché è frutto di un’entità superiore la cui logica è incomprensibile all’uomo in quanto tale ma
che è giusta. È proprio quello che accade nei Promessi Sposi e che oggi ci da quasi fastidio.
La prospettiva politica di Marx invece apre all’uomo un grande spazio di manovra poiché se tutto dipende dall’uomo allora possiamo
decidere in un certo senso l’andamento delle cose, invertire il senso della storia, l’aprirsi delle prospettive politiche.

Abbiamo detto che le cause sono materiali, ma quali sono secondo Marx le cause primarie che determinano l’andamento della
storia umana? Quali sono le cause determinanti che si riflettono nella mente delle masse operaie e dei loro capi – grandi uomini -?
La causa principale del movimento storico è quella che Marx, all’interno dell’economia, definisce come struttura economica.
L’economia è dunque il motore della storia umana.
Anche le popolazioni più antiche avevano una loro economia e parliamo in questo caso del fattore pratico-materiale della
sopravvivenza in primis e solo poi in termini di lucro. Qui l’economia è intesa in senso lato: si tratta del modo attraverso il quale
l’uomo trova la strumentazione per sopravvivere e poi, ad un certo punto, anche per arricchirsi.
La struttura economica – con un determinato modo di produzione che varia nei secoli – è la base sulla quale procede la storia
dell’uomo. Il modo di produzione della vita materiale dell’uomo condiziona il processo sociale, politico e spirituale della vita. Non è
la coscienza degli uomini che determina il loro essere ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza.

“Ci sono aspetti della realtà che sono più importanti, o meglio che hanno un peso causale maggiore di altri. Nella gerarchia delle
cause, il posto più importante spetta alla struttura economica, cioè all’intreccio dei mezzi di produzione e dei rapporti di produzione”
(p. 38-39)
Marx spiega che l’economia è la somma dei mezzi di produzione (macchine industriali …) e dei rapporti di produzione (i rapporti che
regolano le relazioni tra i lavoratori).
In tempi antichi i rapporti di produzione erano gestiti sulla base della schiavitù: lo schiavo lavorava per il senatore che li manteneva
in vita.
Nel sistema feudale il rapporto cambiò con il complesso del vassallaggio: i subordinati lavoravano in cambio di protezione e
mantenimento in un contesto in cui questi non erano garantiti.
I rapporti di produzione a cui siamo abituati da circa 200 anni a questa parte sono ben diversi, basati sul salario.
È bene sottolineare anche il progressivo specializzarsi delle mansioni produttive nel corso della storia dell’uomo.
In campo economico viene inoltre ipotizzata una scala di importanza, direttamente proporzionale alla vicinanza alla produzione, che
si traduce in una gerarchia relativa di importanza causale.

Il passaggio da un sistema economico all’altro avviene, secondo Marx, grazie alla maturazione degli aspetti economici che giungono
ad un punto di frattura. Il terremoto che si crea ha a che fare con le logiche interne alla struttura economica che si evolve, ad un
certo punto implode e genera la necessità di crearne un’altra. Il feudalesimo con la rivoluzione francese implode ma non è la
rivoluzione che fa implodere il sistema feudale, in Marx è l’elemento economico che genera l’elemento politico.
Possiamo dire cioè che questo abbattimento della classe nobiliare da parte della classe borghese che sarebbe diventata la classe
capitalistica è un fenomeno che si consuma sulla base di una necessità economica.
Il feudalesimo non reggeva più: stava nascendo la classe borghese che voleva il potere economico che presupponeva una
trasformazione perché la classe borghese non possedeva le terre, dominava il commercio e certi nuovi settori della produzione.
È la necessità che degli uomini vogliano il potere economico, a far implodere il sistema economico. Marxianamente stiamo
aspettando l’implosione del capitalismo in attesa di un sistema economico successivo che dovrebbe essere secondo Marx il
socialismo. Egli non aveva pensato però che il capitalismo avrebbe ucciso il pianeta e noi tutti prima che il socialismo arrivi.

L’insieme dei mezzi di produzione e dei rapporti di produzione crea il modo di produzione, il quale è stato prima basato sulla
schiavitù, poi sul feudalesimo, ora è il modo di produzione capitalistico e in seguito sarà, secondo le previsioni di Marx, quello
socialista.

“Tutti gli altri aspetti della società, a partire dalla politica, sono subordinati all’economia” (p.39)
Sostanzialmente dunque per Marx l’economia corrisponde ad un certo modo di produzione, è cioè l’asse portante della società.
Tutti gli aspetti della società al di fuori dell’economia sono definiti come sovrastruttura e parliamo di cultura, arte, religione, politica,
giurisprudenza …. e dipendono tutti (più o meno evidentemente) dall’aspetto che assume l’economia.
Si può dunque dire che ad un certo modo di produzione corrisponde un determinato modo di fare arte, concepire la cultura ecc.
Un esempio, a proposito del capitalismo, è che questo presuppone una strenua difesa della proprietà privata e proprio per questo
abbiamo un corpo giurisdizionale che la difende. La proprietà privata è di gran lunga preponderante e dunque economica – modo di
produzione capitalistico -. Abbiamo la necessità di possedere in privato i mezzi di produzione e abbiamo leggi che le lo consentono.
Gli imprenditori sono tali perché hanno la proprietà privata dei mezzi di produzione.
Nel modo di produzione feudale la proprietà privata non era così determinante come oggi: c’era tanta ricchezza condivisa a livello di
villaggio, un’economia basata sulla proprietà comune.
A grandi linee i modi di produzione che si sono susseguiti nel corso del tempo possono essere designati come epoche che marcano il
progresso della formazione economica della società.

Senza la proprietà privata non ci sarebbe il capitalismo.


Vi è, al giorno d’oggi, una forte connessione tra capitalismo e consumo. Non si è mai consumato così tanto e soprattutto il sistema
economico non ci ha mai chiesto di essere consumatori così feroci. Siamo al punto che la nostra stessa felicità, la nostra
soddisfazione personale dipende dalla quantità di beni che riusciamo a procurarci.
Capitalismo – necessità dell’imprenditore di vendere e di guadagnare molto (felicità) – consumismo.
Siamo di fronte ad un’ideologia consumista come anima dell’economia e come tassello inevitabile affinchè l’economia funzioni.

IL RAPPORTO STRUTTURA E SOVRASTRUTTURA


A dispetto di quanto detto fin ora Marx non ha mai sostenuto che in un dato momento e ad una data struttura economica debba
corrispondere immediatamente e con linearità un certo sistema di leggi, di abitudini, di politica ecc. Al contrario questa posizione,
mai teorizzata da Marx, viene definita come “MATERIALISMO VOLGARE” proprio per il suo carattere banalizzante del discorso
marxista.
In seguito alla morte di Marx, Engels scrive alcune lettere volte proprio a chiarire i concetti di Marx ed è qui che egli definisce il
materialismo volgare.
È proprio Engels a inventare due leggi (alla fine una) che regolano il rapporto struttura-sovrastruttura:
1. determinazione in ultima istanza
2. legge dei lunghi periodi
Le due leggi esplicitano che l’influenza del sistema produttivo dell’economia è sì determinante nel delineare il volto di una data
condizione storica, ma questa influenza dell’economia non agisce in maniera immediata, univoca ed imprevedibile bensì in modo
tendenziale risultando così soltanto in ultima istanza, su lunghissimi periodi, sull’economia.
Dunque, solamente su lunghissimi periodi l’economia è la causa fondamentale e solo in questi termini temporali si può misurare il
peso dell’economia nel determinare tutti gli altri aspetti della società.
Il materialismo volgare è quella concezione che fa corrispondere ad un qui e ora un certo sistema economico.

Al contrario Marx ritiene che il rapporto struttura-sovrastruttura sia estremamente complesso:


Il primo elemento di complessità è il fatto che le cose accadono su lunghi periodi e che soltanto alla fine si può identificare
l’economia come elemento determinante. In che senso?
“Se Lei taccerà l’asse mediano della curva, troverà che quanto più lungo è il periodo considerato e quanto più grande è il campo
trattato, tanto più questo asse corre in maniera approssimativamente parallela all’asse dello sviluppo economico”. (p. 58)
Questo stralcio di lettera di Engels riportato fa l’esempio in cui, in un asse cartesiano, l’asse delle x è il tempo e l’asse delle y è un
certo elemento sovrastrutturale. Poniamo l’esempio di tracciare la funzione di un certo elemento, come il numero dei fedeli del
cristianesimo in Italia.
Asse x: numero dei fedeli italiani in Italia fra ‘800 e ‘900– Asse y: religione
La funzione che ricaviamo tenderà, con il passare degli anni, a diminuire.
Engels ci sta dicendo dunque su lunghi periodi possiamo misurare come il capitalismo ha eroso la quantità di fedeli perché ha
sostituito la religione come strumento di controllo sociale con altre forme di controllo, come il consumismo.
Con la sua concezione della storia Marx chiarisce: su lunghi periodi è possibile verificare come il capitalismo consumista ha portato
via fedeli alla religione sostituendola con altri oggetti di fede. E questo concetto, oggi così chiaro, non avremmo mai potuto
visualizzarlo al suo inizio, nell’800, quando l’Italia divenne un Paese capitalistico, per il semplice motivo che non si tratta di
materialismo volgare – non accade tutto a cascata. Ci sono voluti 200 anni perché il capitalismo erodesse con nuovi valori quelli
vecchi della religione.
E questo appena descritto è il materialismo dialettico di Engles in una prima istanza.

Il materialismo di Marx non è volgare poiché non presuppone un rapporto immediato tra struttura e sovrastruttura.
Inoltre, secondo Marx, gli elementi sovrastrutturali dipendono sì dall’economia ma possiedono anche un grosso margine di
indipendenza. Infatti, ciascun settore della vita sociale al di fuori dell’economia possiede delle regole interne che non sono
immediatamente condizionabili dall’evoluzione economica. Possiamo fare un esempio con generi letterari: la poesia d’amore lirica è
rimasta per diversi secoli molto uguale a sé stessa anche se il mondo attorno mutava.
Non parliamo in questo caso di un rapporto indiretto, secondo il materialismo di Marx, bensì di una propria economia a diversi
elementi strutturali, rimane comunque imperativo che prima o poi l’economia si impone – ma non in maniera facilmente leggibile e
immediata.

“L’evoluzione politica, giuridica, filosofica, religiosa, letteraria, artistica, (tutti elementi sovrastrutturali) ecc. riposa sull’evoluzione
economica (materialismo – economia determinata dall’andamento del resto). Ma esse reagiscono tutte, tanto l’una sull’altra,
quanto sulla base economica. Non è che la situazione economica sia la sola causa attiva, e che tutto il resto non sia che effetto
passivo. Esiste, al contrario, azione reciproca sulla base della necessità economica, che in ultima istanza si impone sempre” (p. 57)
Secondo Marx inoltre gli elementi sovrastrutturali possono condizionarsi fra loro e condizionare anche l’economia stessa.
Possiamo dunque dire che in ultima istanza è l’economia a determinare tutto ma prima gli elementi sovrastrutturali si possono
influenzare a vicenda (vedi nei secoli passati arte-religione).
Ma un elemento sovrastrutturale può, almeno teoricamente, influenzare l’ambito economico. Possiamo pensare in generale nella
storia quanto la politica abbia avuto influenza: ad esempio nel 1917 (concetto che riprenderemo in Gramsci) nella Russia feudale,
quando un piccolo gruppo di politici guidati da Lenin fece una rivoluzione politica (di cui all’inizio in pochi si accorsero) la quale fece
sì che un Paese come la Russia da un modo di produzione feudale passasse ad un modo di produzione socialista. La presa del palazzo
d’inverno, la rivoluzione bolscevica influenzarono a tal punto l’economia da trasformare il modo di produzione.
La Russia oggi ha un’economia capitalistica e anche in questo caso la storia ha dato ragione a Marx: dopo un lungo periodo la
parentesi socialista russa si è inchinata alle leggi dell’ultima istanza economica ed è tornata ad essere in un mondo sostanzialmente
capitalistico, un paese capitalistico.

Possiamo dunque dire che il materialismo di Marx non è volgare bensì dialettico.
In filosofia la dialettica (da Hegel) è una posizione che sopporta anche le contraddizioni.
È dunque la dialettica quella concezione che aiuta ad elaborare una teoria nella quale le cose non accadono in maniera
semplificatoria ma nella quale si possono avere anche dei momenti di contraddizione.
La dialettica è una teoria molto complessa che sopporta anche ciò che non è deterministico - non avviene subito secondo i piani –.
La dialettica reale di Marx è storicamente determinata e determina lo sviluppo e la successione delle varie strutture economico-
sociali.
Per Marx, le contraddizioni della storia, per quanto spiegabili razionalmente, non sono improntate alla razionalità della filosofia e
non si risolvono nemmeno nella storia/prassi – realtà e azione -. Le contraddizioni non si risolvono perché danno luogo a scontri che
producono nuove realtà (conflitto classi sociali: borghesia (mezzi di produzione) vs proletariato (forza-lavoro)).
Dunque per Marx e Engels ogni aspetto va considerato nella sua storicità e dialetticamente – cioè come effetto di un insieme di
rapporti dotati di logica-.

Il materialismo storico mette l’economia in cima a tutto ma inserisce anche la possibilità che le cose non siano così dritte come
sembrerebbero.

Ma che cosa ha a che fare tutto ciò con la letteratura? Concepiamo la letteratura come elemento sovrastrutturale e che dipende
dunque dal contesto socio-economico in cui è stata concepita.
Marx in particolare è essenziale, in quanto ci spiega che un elemento sovrastrutturale (come la letteratura) va letto sulla base del
contesto sociale nel quale le varie opere sono nate; egli offre dunque le basi teoriche, attraverso il materialismo storico, della critica
sociologica.
Contesto storico-sociale: il quando e il dove un’opera è nata.
È evidente che la letteratura non derivi soltanto dalla struttura, ma anche dagli altri elementi della sovrastruttura.

Un critico letterario che vuole procedere con un’analisi marxista, come procede?
Si domanda anzitutto quando l’opera è stata scritta e pubblicata e da chi. Si domanda chi è l’autore, dove ha vissuto, in quale
periodo storico e come la pensava a proposito del mondo.
La prospettiva deve tenere insieme l’opera con il suo contesto, come ha sempre fatto la critica marxista in ambito artistico-letterario
del resto.
Quando il marxismo era ancora in voga (anni ’70-’80) i libri di critica letteraria avevano una struttura abbastanza ripetuta: all’inizio vi
era la vita dell’autore, gli eventi storici che hanno accompagnato la sua vita, le altre opere dell’autore.
E questa è una tipica impostazione marxista: ricondurre la vita dell’autore alla nascita dell’opera in un determinato contesto storico-
sociale.
Per Marx, tutte le produzioni culturali (letteratura!) nascono prima di tutto dal modo in cui la società si auto-rappresenta – anche se
l’auto-rappresentazione è di per sé socialmente determinata-.

IDEOLOGIA
In prima istanza l’ideologia è definibile come l’insieme di idee che ognuno di noi ha per il fatto di vivere in un determinato luogo e
tempo. Ogni spazio-tempo ha la sua ideologia (differentemente declinata).
La produzione delle idee è intrecciata all’attività materiale e alle relazioni materiali degli uomini. Sono gli uomini – realmente
operanti - i produttori delle loro rappresentazioni, idee ecc.

“L’ideologia è una visione del mondo correlata organicamente a una certa situazione materiale (ogni spazio tempo ha una sua
ideologia), ovvero soprattutto economica: è cioè un insieme di idee, una costellazione di concetti e orientamenti sul mondo che
nascono in uno specifico contesto, e rappresentano dunque una proiezione delle condizioni materiali nel mondo delle idee” (p.43)
Questa idea è una conseguenza di quanto detto fin ora: se in ogni contesto tutto è correlato, è evidente che anche tutto quello che
abbiamo in testa (concezione della vita, delle idee ecc.) in un certo spazio e tempo ha una certa contiguità, un certo equilibrio
interno anche sul piano delle idee che ciascuno di noi ha per il fatto di vivere in un determinato spazio-tempo.
Questa prima definizione di ideologia la descrive come elemento sovrastrutturale che appartiene alle nostre teste e che varia a
seconda del tempo e della geografia.
Tutto ciò si può ricondurre ad una definizione neutro-positiva dell’ideologia.
In questo senso ogni visione del mondo è ideologia e non potrebbe non esserlo – il mondo sarebbe inconoscibile se non ci fossero
delle ideologie-.
Considerata in questo senso l’ideologia verrà ripresa da Gramsci, il quale riteneva che l’ideologia equivale ad una pre-comprensione
che chiunque (a diversi livelli di consapevolezza) possiede.
Ogni ideologia tende a rappresentare sé stessa come qualcosa di totalmente indipendente, frutto solo della riflessione autonoma
degli intellettuali.
Aggiungiamo un elemento inconsapevole: noi la pensiamo in un certo modo, abbiamo dunque certe posizioni, opinioni e concetti
che ci risultano scontati, senza rendercene conto.
Le respiriamo con l’aria del luogo in cui siamo stati chiamati per caso a vivere.

Marx a, discapito di quello che si potrebbe pensare viene connesso all’ideologia. Egli ha una visione non tanto neutro-positiva ma
completamente negativa dell’ideologia – che equivale a “falsa coscienza” - perché se l’ideologia è la concezione della vita che
abbiamo in un dato momento storico, questo significa che la concezione della vita non è neutra ma è nelle mani di qualcuno. In
particolare egli sostiene che la visione del mondo vigente in un dato spazio-tempo deriva dalla classe dominante (per noi quella dei
grandi capitalisti – tradizionali o tecnologici).
Quello che dice Marx è che le abitudini della nostra vita - come gestiamo la nostra esistenza – sono determinate dalla classe
dominante. È questa che ci detta le regole implicite del vivere e che si impongono in un certo luogo e in un certo tempo.
Il primo obiettivo della classe dominante è quello di mantenere lo status quo (“lo stato nel quale ci si trova” di cose presente/la
condizione attuale): è chi sta bene adesso e che appartiene a questa classe che ha il potere di far sembrare scontato ciò che scontato
non sarebbe. È normale avere una tendenza consumistica ma per i nostri antenati questa è una concezione assurda: è cambiata la
classe dominante in sé e anche la tipologia di classe. Anche in noi, di conseguenza, è cambiato il modo di concepire la vita.
Per Marx, in fin dei conti, ideologia è sinonimo di mistificazione/falsificazione: è dunque un grande imbroglio con il quale la classe
dominante fa passare per normali alcuni atteggiamenti solo per mantenersi sopra il popolo.
Coloro che pensano di essere senza un’ideologia sono i peggiori: sono quelli dall’ideologia più dura.
Inevitabilmente abbiamo un’ideologia.

Il marxismo sarebbe l’ideologia che non difende lo status quo e che dipende da un elemento di giustizia: un’ideologia che auspica la
liberazione dei molti da una classe dominante che li mantiene in una posizione di necessità e inferiorità.
Liberarsi dall’ideologia significa assorbire una visione del mondo che non presuppone più lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Dunque il socialismo doveva essere o sarà la visione del mondo che lo permette.
Solo allora sparirà il concetto di ideologia marxista: sarà una ideologia condivisa in nome della giustizia.

Dunque se l’ideologia è quell’elemento concettuale che prendiamo sin da subito e che alla fine ci subordina alla classe dominante:
“uno dei compiti fondamentali di un’analisi marxista sarà̀ proprio quello di fare una critica dell’ideologia, di leggere le motivazioni
reali (dunque capire la volontà della classe dominante) che sottostanno alle rappresentazioni (alle idee del mondo che possediamo)
esplicite.” p.43
Forse l’iphone non è un elemento che ci rende felici, forse è un elemento che ci è stato inculcato in testa qui e ora.
Ognuno di noi è mosso nei propri comportamenti pratici e attività culturali da un’ideologia che non conosce e che anzi, tende a
nascondersi.
È proprio questo carattere inconscio dell’ideologia che ha fatto si che nel XX secolo si sviluppassero teorie come quelle della
psicoanalisi freudiana e la genealogia di Nietzsche.

L’ideologia però non può non riguardare l’arte/letteratura, in quanto questi elementi sovrastrutturali e prodotto di un essere umano
sono il frutto dell’ideologia di cui quell’essere umano in quanto tale è inevitabilmente portatore. Nel momento in cui produciamo
arte la nostra ideologia, in modo consapevole o meno, interviene sulla produzione artistica.
Dunque uno degli elementi fondamentali della critica marxista è quello di vedere in quali termini l’ideologia dell’autore ha
influenzato la nascita dell’opera. Si soppesa il rapporto sia del testo letterario e del contesto sulla base del materialismo storico, sia il
tipo di visione c’è alla base dell’opera che leggiamo.

Si corre però il rischio che la critica marxista (e non Marx) – dunque di chi ha accolto la visione marxista dopo Marx) – condanni una
grande opera letteraria/d’arte riuscita sul piano stilistico ma di condannarla perché sul piano ideologico non viene considerata
sufficientemente buona/progressista, Tanti esempi: “La ricerca del tempo perduto”.
“il rischio anzitutto, molto evidente, è di cancellare la specificità̀ formale delle opere. Ma, ancora di più̀, il rischio di cadere in
interpretazioni deterministiche, economicistiche, che riducono le opere a quello che è stato chiamato il loro “equivalente
sociologico”, cioè̀ a quell’insieme di idee, di concezioni, di atteggiamenti propri di una determinata posizione di classe che si
riflettono nell’opera.” (Turchetta, p. 44).
Il rischio è per l’appunto di cancellare la complessità stilistica di quelle opere che in quanto tali sono forma ma di cadere in
interpretazioni ideologiche che riducono le opere a quello che è stato chiamato il loro equivalente sociologico, cioè quale
rappresentazione della società mi offre. È una visione della società progressista? coerente col socialismo? Allora è una grande opera.
Se invece è un’opera reazionaria io la condanno. Questo è il rischio della critica marxista.

Sempre rischio è: “sovrapporre il giudizio di valore estetico e il giudizio politico: un rischio pure già̀ colto da Marx e Engels, e che in
seguito avrebbe avuto effetti devastanti.” (Turchetta, p. 44).
Marx non ha corso questo pericolo anzi l’ha proprio identificato come tale.
Leggere un’opera attraverso l’deologia è pericoloso perché l’opera può risultare ideologicamente insufficiente.

Se in una società libera un artista giudicato con un criterio economico corre soltanto il rischio che le sue opere siano considerate
come brutte, reazionarie o borghesi, lo stesso giudizio in una dittatura come L’USSR di Stalin poteva equivalere alla deportazione o
alla condanna a morte.
È dunque importante ricordare che Marx e Engels non hanno mai fatto derivare dai loro pensieri l’idea che solo un certo tipo di arte
sia giusto e valido.
D’altro canto rimane sempre vero che in una prospettiva marxista l’interpretazione dei fenomeni culturali tende a essere
un’interpretazione politica orientata verso la prassi.

Marx scrisse molte opere che ancora oggi, propriamente per la loro attualità, sono al centro della riflessione economico-filosofica: “Il
manifesto del partito comunista”, “Il capitale” e tanti altri.

Il Marx maturo riprende alcune teorie classiche, in particolare quella del valore-lavoro, per dimostrare come negli oggetti che l’uomo
produce si manifesti il dispendio di forza-lavoro da cui questi derivano.
Gli oggetti sono considerati come valore d’uso e, nella società capitalistica, tutto viene ricondotto al valore di scambio – dunque alla
merce – a cominciare dall’uomo e dal suo lavoro.
Nel modo di produzione capitalistico si ha denaro – merci - + denaro. Si parla dunque di sfruttamento del lavoro in termini salariali
per far sì che il proprietario dei mezzi di produzione possa creare un plusvalore.

TESTI
- “Il materialismo storico” (“Per la critica dell’economia politica”, “L’ideologia tedesca” e “Ludovico Feuerbach e il punto d’approdo
della filosofia classica tedesca”).
Marx e Engels sottolineano come anche le idee e la coscienza che l’uomo ha di sé stesso siano prodotte da condizioni materiali di
esistenza. Non è la coscienza che determina la vita, ma la vita che determina la coscienza.
In questa prospettiva, Marx e Engels attaccano duramente le illusioni di autonomia degli intellettuali, in particolare quelli della
sinistra hegeliana.

Il carattere ideologico delle produzioni culturali rende conto della capacità di determinate epoche di affrontare determinati problemi
e non altri: ciò vale per la politica, la scienza e per le arti in genere (letteratura!).
In ogni opera prende dunque forma una visione del mondo che sarà ovviamente correlata alla visione del mondo di un certo gruppo
sociale. Ogni opera mette dunque in scena un’ideologia che dipende inevitabilmente da determinati interessi economici.

- “il condizionamento storico dell’arte” (da “Per la critica dell’economia politica”)


Qui Marx affronta un grande problema dell’estetica marxista e più in generale dello storicismo: la durata delle opere.
Per l’arte è noto che determinati suoi periodi di fioritura non stanno in nessun modo in rapporto con lo sviluppo generale della
società.
La durata delle opere è la capacità che hanno di continuare a parlare agli uomini anche molto dopo l’epoca in cui sono state
concepite.
In particolare il focus della questione è sulle opere d’arte e d’epica della Grecia classica che ancora oggi ci procurano piacere estetico
e presentano a noi un modello inarrivabile.
Il fascino che l’arte greca esercita su di noi è proprio dovuto alla sua irraggiungibilità dei giorni nostri.
La profondità millenaria della durata dell’arte classica ha ragioni storicamente determinate e individuabili.
L’arte greca presuppone la mitologia greca, e cioè la natura e le forze sociali stesse già elaborate dalla fantasia popolare in maniera
inconsapevolmente artistica.
La soluzione di Marx (ben poco convincente) sarebbe quella di interpretare l’arte classica come espressione della “fanciullezza
storica” dell’umanità.

- “il marxismo volgare” (stralci di 5 lettere scritti dopo la morte di Marx)


1° lettera – 1890 a Bloch
Si mette a fuoco il concetto di “determinazione in ultima istanza” della struttura economica sugli altri aspetti della realtà sociale.
Secondo la concezione materialistica della storia il fattore che in ultima istanza è determinante nella storia è la produzione della vita
reale. Alcuni, secondo Engels, hanno travisato le cose, affermando che il fattore economico sarebbe l’unico fattore determinante –
trasformando la proposizione di Engles in vana-.
L’economia è si la base, il fattore più importante, e che ogni livello della sovrastruttura ha una sua relativa autonomia: si evolve e
può essere in grado di retroagire sulla struttura economica – possono dunque esercitare la loro influenza sul corso delle lotte
storiche e in molti casi ne determinano la forma.
Engels sottolinea poi il fatto che è colpa sua e di Marx se molti giovani ritengono che l’economia sia molto più importante di quello
che è realmente.
Per quello che riguarda le regioni ideologiche più in alto (religione, filosofia…) queste mantengono un elemento preistorico – noto
oggi come stupidità – che la storia ha raccolto. La storia delle scienze è la storia della graduale eliminazione di questa stupidità per
sostituirla con una nuova stupidità (meno assurda della prima).

2° e 3° lettera – 1890 a Schmidt


Engels mette a fuoco il concetto della relativa autonomia dei diversi campi del sapere. L’autonomia deriva dal fatto che ogni
disciplina costituisce una tradizione, che ha di necessità delle proprie regole interne, non immediatamente condizionabili
dall’evoluzione economica.
Queste precisazioni riguardano a maggior ragione il testo letterario, i cui codici possono anche attraversare i secoli, talora con
varianti che possono sembrare anche minime. Un esempio dei codici possono essere quelli del genere (lirica d’amore tra Medioevo
e Barocco – rimasta quasi invariata).

Engels ribadisce che il materialismo storico non deve essere interpretato come un’etichetta astratta: il materialismo storico
presuppone un’attenta raccolta di dati storici, a partire dai quali soltanto si potranno fare interpretazioni filosofiche e politiche.

4° lettera – 1894 a Starkenburg


È dedicata alla legge dei lunghi periodi. Proprio a causa della relativa autonomia delle produzioni culturali non è possibile ipotizzare
un rapporto causale meccanico e unilaterale, per cui un fenomeno economico produrrebbe automaticamente un corrispondente
fenomeno sovrastrutturale. Solo prendendo in considerazione dei periodi storici di una certa lunghezza sarà possibile verificare la
corrispondenza dei due livelli.

5° lettera – 1893 a Mehring


Engels affronta la questione dell’importanza della “forma”. Le esigenze e le urgenze politiche hanno di fatto spinto i due autori ad
accentuare troppo lo studio dei contenuti e a tralasciare la forma.
Engels ribadisce il rifiuto a ogni interpretazione semplificata del marxismo.
Una concezione dialettica presuppone sempre l’interazione tra i fattori nella dinamica storica: ogni livello sovrastrutturale, pur
essendo determinato sulla base economica, a sua volta agisce su questa anche modificandola.
Questo è un aspetto decisivo della teoria di Marx: riguarda infatti tutte le sfere culturali, anche la politica.
È proprio sulla politica che si incentrerà Gramsci, in particolare sul suo ruolo attivo e sul problema della costruzione del consenso.

L’ideologia è un processo che il pensatore compia con coscienza, ma con una coscienza falsa. Le vere forze motrici che lo spingono
restano sconosciute – ed egli se le immagina come false o apparenti.

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