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Lezione 2 – 25.

02
Un malcontento generale: verso la “dittatura del proletariato” e la rivoluzione di febbraio in Francia

Man mano che si diffondevano l’industrializzazione e l’opinione pubblica nei paesi più avanzati, il ceto più consapevole di voler
difendere i propri diritti era l’aristocrazia. Tuttavia, anche la borghesia si stava rendendo conto della situazione che cambiava e
delle contraddizioni politiche che non davano la giusta rappresentanza. Erano soprattutto i ceti borghesi produttivi coloro che
spingevano per avere più voce in capitolo in parlamento, e coloro che vivevano nelle zone dove vigeva la monarchia assoluta
volevano perlomeno che si istituissero delle assemblee costituenti. Sono, dunque, i ceti di mezzo, insieme ai proletari, i principali
protagonisti dei moti rivoluzionari, perché stavano assumendo maggiore coscienza politica delle proprie esigenze. Nelle classi
popolari più povere, invece, si stava ancora cercando una presa di coscienza della loro situazione, perché le classi politiche erano
ancora in formazione. Inoltre, solo in Gran Bretagna c’era una classe proletaria consolidata.

Manifesto del Comunismo – Marx e Engels - 1848

A partire dal manifesto comunista viene messa in atto una prima analisi della società, a cui
manca una consapevolezza dei problemi correnti, una coscienza di classe: secondo Marx,
questo era un problema sociale che si poteva risolvere soltanto con una rivoluzione radicale.
L’analisi sociale, non a caso, viene fatta in corrispondenza delle rivolte del ’48.

Il manifesto inizia esponendo le contraddizioni del Capitalismo. La storia, secondo Marx ed


Engels, è una lotta di classe, ovvero ci sono sempre stati popoli dominatori e popoli dominati.
Ora i dominatori sono i capitalisti, cioè coloro che detengono l’insieme del capitale (insieme
dei mezzi di trasporto, comunicazione, terreni… e mezzi di produzione in generale).

Il cuore del manifesto capitalista, però, si fonda soprattutto sullo sfruttamento del lavoro
operaio, perché solo così si riusciva ad ottenere un profitto (pluslavoro dell’operaio). Il
Capitalismo viene definito un sistema contraddittorio perché fa sì che la produzione aumenti
sempre di più, per poter aumentare le vendite e, dunque, i profitti, ma le condizioni di vita
degli operai restavano troppo basse. Si produce tanto, ma gli operai guadagnano troppo
poco per poter comprare. Si viene a formare, quindi, un gap: si produce troppo, quindi
bisogna abbassare i prezzi perché si è di fronte ad un più scarso potere d’acquisto, ma questo
comporta la disoccupazione e la povertà.

Non solo vi è l’alternarsi di periodi in cui l’economia va bene e periodi in cui va male, ma soprattutto è contraddittorio il fatto che
si crea ricchezza da un lato (quello degli imprenditori) e se ne distrugge da un altro (quello degli operai).
Per Marx, bisogna far sì che questi poveri prendano coscienza del loro essere una classe sociale accomunata dagli stessi diritti e gli
stessi bisogni, e chi si deve fare carico di questa presa di coscienza è, ovviamente, il partito comunista.

Riepilogo
• 1848 = Rivoluzione = presa di potere con la violenza (o dittatura del proletariato) = rovesciamento del potere
• Obiettivo: mezzi di produzione disponibili a tutti e dissoluzione dello stato, visto soltanto come una sovrastruttura
istituzionale, una mera espressione dei gruppi dei poteri dominanti. Viene, infatti, controllato da chi ha i mezzi di
produzione, che puntano solamente alla protezione dei propri interessi. Se si abbatte chi detiene i processi di
produzione, lo stato non ha più necessità di esistere. Lo stato è, dunque, un sistema di oppressione, non un’istituzione
che rappresenta il popolo. Per questo andava abbattuto.

In realtà, i processi di trasformazione delle società da tradizionali a industriali erano stati pienamente raggiunti solo in Gran
Bretagna e in Belgio, poiché erano le due nazioni già industrializzate in precedenza. Anche nel Nord della Francia e a Lione
avevano iniziato a installarsi fabbriche e stabilimenti industriali, soprattutto per la lavorazione del ferro e per l’estrazione di
carbone per le prime infrastrutture industrializzate (strade, ferrovie ecc…).

Fine 1700 - inizio 1800: nascita del proletariato, una classe sociale composta da lavoratori dipendenti e subordinati che, quindi,
erano alla completa mercé dei datori di lavoro perché, nonostante fossero liberi cittadini (non schiavi né servi) in realtà la
condizione di lavoro era molto difficoltosa, dato che, essendo sfruttati, percepivano salari molto bassi e al limite della
sopravvivenza. Per questo si trovavano costretti a lavorare per pochi soldi e facendo orari molto duri. È, questo, un problema
sociale che prima non esisteva, dato che prima non esistevano le fabbriche.
Nasce e si sviluppa, quindi, una nuova classe sociale povera e sfruttata, con condizioni di vita precarie, senza luce e senza igiene.
—> Nuovi poveri che vengono alla ribalta = nuove figure sociali, che stimoleranno la riflessione e la compassione di molti scrittori,
come Dickens, ma anche intellettuali e giornalisti, i quali si sentono quasi in dovere di risolvere questo problema sociale,
dibattendo, scrivendo e creando associazioni politiche il cui obiettivo principale è quello di garantire maggiore eguaglianza sociale
e creare nuovi meccanismi che ridistribuiscano la ricchezza, limitando lo strapotere politico ed economico dei grandi imprenditori
capitalisti.

Socialismo utopico: movimento a cui aderiscono tutti quegli autori che pubblicano manifesti pubblici in cui propongono soluzioni
al problema dello sfruttamento del proletariato, puntano ad un maggiore spirito cooperativo che limiti lo strabordare del
Capitalismo che ormai stava a caratterizzando la società industriale, o proponendo soluzioni come la creazione di cooperative
statali che aiutassero e dessero lavoro ai più bisognosi, nell’obiettivo comune di ridistribuire la ricchezza. Viene definito “utopico”
perché queste soluzioni non sono mai state messe in atto.
Il Capitalismo non è sparito, bensì è mutato incredibilmente per riuscire a continuare ad esistere, anche perché i tentativi di
riforme radicali socialiste precedenti sono fallite miseramente, mentre il capitalismo ha risposto più o meno positivamente alle
esigenze delle classi popolari.

Oltre ai proletari, però, ci sono altre forze politiche che aspirano a un cambiamento radicale.
Punto di vista politico: i ceti borghesi, sia bassi che medi, si identificavano non tanto nelle teorie socialiste del tempo, ma
abbracciavano idee, concetti e ideologie diverse, in particolare il liberalismo e la democrazia. Questi erano i punti di riferimento
culturali e ideologici per cui le società ed economie potevano progredire se avessero concesso maggiori libertà civili ed
economiche alla propria popolazione, come la libertà d’espressione, considerata un diritto umano che lo Stato doveva ad ogni
costo garantire.
L’obiettivo era quello di farsi sentire affinché gli imperi assoluti concedessero maggiori libertà politiche ed economiche alle classi
popolari.
Punto di vista economico: i liberali volevano essere svincolati dalle restrizioni economiche imposte dalle varie nazioni, cioè le
merci dovevano essere vendute senza dazi o tasse, poiché intralciavano la vendita di una merce in un certo paese. Ugualmente, la
circolazione delle persone non doveva essere intralciata da problemi burocratici o divieti particolari.

Si voleva, quindi:
1. Limitare il potere assoluto del monarca;
2. Creare organi di rappresentanza (parlamenti) che rappresentassero borghesi e popolo: liberalizzazione controllata degli
accessi alla rappresentanza. Fino a quel momento, infatti, solo le persone istruite e con un reddito alto potevano votare.
Al contrario, i poveri erano considerati ignoranti per votare e per candidarsi politicamente.
3. Sistema di leggi che tutelassero tutti.

I democratici si rifacevano ai modelli della democrazia greca: tutti devono poter votare, tutti devono essere tutelati, lo stato non
può imprigionare senza accuse o processi ecc…
La democrazia, dunque, punta a una maggiore compiutezza del principio di libertà. Ad esempio, i liberali in Italia (e altrove),
durante la metà dell’Ottocento, volevano avere più voce in capitolo ed essere più rappresentati, ma l’elettorato doveva rimanere
un elettorato selezionato (solo maschi maggiorenni e con un reddito alto). Dunque, invocavano maggiori libertà ma ancora
riservate alle fasce sociali più istruite e benestanti.
Invece, sempre in Italia, si stavano facendo campo personaggi politici, come Mazzini, che proponevano fin da subito il suffragio
universale maschile.

I democratici e liberali sono in fibrillazione nel corso degli anni ‘40 dell’Ottocento. A questo si aggiungono fermentazioni politiche
che non tengono conto delle libertà individuali e collettive quanto alle questioni relative alle nazionalità, cioè l’idea di un gruppo
di persone che sono accomunate da fattori come cultura, lingua, religione, tradizioni ecc.. che sentono l’esigenza di essere
rappresentati da persone che appartengono alla propria cultura, e non da sovrani estranei (Prussia, Slovenia…). Queste linee di
tensione politica si sovrappongono a quelle dette in precedenza. Si viene tutto a mescolare nelle sommosse popolari, il cui scopo
non era solo ottenere una maggiore libertà politica (come accadde in Spagna nel 1820, dopo che era stata ripristinata la
Costituzione di Cadice – inizio del Triennio Liberale), ma anche per motivi di indipendentismo sull’idea di nazione, che aveva fatto
sì che alcune nazioni si ribellassero con la violenza contro gli imperi multinazionali. Ad esempio, si ricorda nel 1830 la rivoluzione
nazionalista in Belgio. I belgi, pur essendo un popolo misto tra fiamminghi e valloni, fanno una rivolta per staccarsi dai Paesi Bassi
e conquistare l’indipendenza nazionale. Si possono ricordare, inoltre, rivoluzioni come quella francese del 1830-31, per cui la
monarchia dei Borbone viene rovesciata da una rivolta ritenuta troppo oppressiva —> instaurazione di una monarchia
costituzionale più blanda, che va avanti fino al 1848 —> Nuove aspirazioni di libertà.

Tutto questo sovrapporsi di ideologie e aspirazioni politiche vede il suo culmine alla fine degli anni ’40 dell’Ottocento. A partire dal
1846, una serie di crisi economiche aveva colpito l’agricoltura, con annate non buone poiché non c’erano ancora meccanizzazione
né fertilizzanti chimici, dunque molto dipendeva dalle condizioni atmosferiche e d’adattamento del clima. In Irlanda si ricordano
malattie di alcune piante, come della patata, e siccome molti ceti popolari vivevano di questi ortaggi a basso prezzo, nel biennio
del 1846-48, molte famiglie popolari muoiono di fame e altre, per sopravvivere, si trasferiranno negli Stati Uniti.

Anche l’Europa continentale viveva sul reddito di famiglie agricole: questa crisi ha inciso sulla domanda di prodotti e le fabbriche
hanno dovuto diminuire la produzione e licenziare la manodopera —> disoccupazione delle poche fabbriche esistenti in Francia e
Germania. Quindi, da un punto di vista economico e sociale il, 1846 e 1847 sono stati anni molto duri.
Dal punto di vista politico, continuavano ad aggravarsi le situazioni di frizione tra ceti che non avevano accesso alla
rappresentanza politica, specialmente nelle monarchie costituzionali.

La rivoluzione di febbraio in Francia

Febbraio 1848 - La Francia diventa il cuore pulsante dei moti rivoluzionari, perché il regime liberale di Luigi Filippo d’Orléans era
tra i meno oppressivi d’Europa. Eppure, l’oligarchia e la politica ultramoderata promossa dal Re aveva scatenato una forte
oppressione: sia liberali progressisti, sia democratici, sia socialisti, si riuniscono nelle cosiddette campagne dei banchetti, cioè
riunioni che aggiravano i divieti governativi e che consentivano la propaganda politica.
I democratici chiedevano soprattutto il suffragio universale (maschile), poiché si riteneva fosse il mezzo per garantire la giustizia
sociale e dare voce ai veri rappresentanti del popolo.
Il 22 febbraio 1848 scoppia una rivolta a Parigi, perché uno di questi banchetti viene proibito dalla Guardia nazionale (mandata dal
governo, che però finisce con il combattere a fianco dell’opposizione). Sarebbe bastato poco, infatti, perché la situazione a Parigi
era già molto tesa. Nel giro di tre giorni la rivolta si dilaga, gli oppositori hanno la meglio e il Re Luigi Filippo d’Orléans abdica,
esiliandosi con la sua famiglia in Inghilterra.
Di conseguenza, il governo in carica dà le dimissioni e viene instaurato un governo provvisorio formato dai rivoluzionari, i quali,
però, erano a loro volta divisi in varie fazioni politiche (liberali, socialisti, democratici, moderati ecc… tra cui il socialista Louis
Blanc, rappresentante dei lavoratori). Tutti insieme decidono che era arrivato il momento di costituire una nuova repubblica
(dopo la Prima Repubblica, istituita nel 1792 e soppressa da Napoleone nel 1804), dunque si annuncia la convocazione di una
Assemblea costituente da eleggere a suffragio universale.

è Nascita della Seconda Repubblica francese


- Clima di generale entusiasmo
- Ripresa del dibattito politico
- Totale libertà di riunione
- Abolizione della pena di morte per reati politici
- Abolizione della schiavitù nelle colonie
- Nuovi giornali e nuove associazioni politiche
- Affermazione del diritto al lavoro —> ateliers nationaux
- Prime riforme considerate troppo moderate —> scontento dei rivoluzionari più fervidi

Nel frattempo, durante la Seconda Repubblica si scrive una nuova costituzione repubblicana, che ha il dovere di stabilire come la
Repubblica deve funzionare.
Per cercare di alleviare la disoccupazione operaia, vengono istituiti gli ateliers nationaux, cioè fabbriche cooperative finanziate
dallo Stato, che assumeva negli ateliers nationaux gli operai precedentemente licenziati dalle fabbriche. Questi provvedimenti,
però, danno fastidio agli imprenditori e soprattutto ai proprietari terrieri, che almeno in Francia erano molto numerosi, perché per
finanziare gli ateliers nationaux viene inasprita la leva fiscale dei piccoli o grandi proprietari terrieri (cioè hanno, ora, più tasse da
pagare).

Aprile 1848 - due mesi dopo la “grande rivoluzione”, si istituiscono le elezioni volte a eleggere i rappresentanti politici della nuova
Francia (si ricordi che era al potere un governo provvisorio) e per scrivere la nuova Costituzione. Il suffragio universale porta alla
vittoria i repubblicani moderati, che avevano una visione molto più conservatrice rispetto alla capitale. Questi costituiranno un
nuovo governo a stampo moderato (una sorta di “centro-destra” dei nostri giorni). Da questo nuovo governo, il socialista Louis
Blanc è stato escluso.

Maggio 1848 – invasione dell’Assemblea costituente, subito repressa dalla Guardia nazionale. Molti capi politici della sinistra
rivoluzionaria (socialisti) sono stati arrestati.

Giugno 1848 - Il nuovo governo chiude gli ateliers nationaux, causando il malcontento dei socialisti. Inoltre, i disoccupati più
giovani vengono obbligati ad arruolarsi nell’esercito. La reazione dell’opposizione è immediata, ma di nuovo repressa. La rivolta di
giugno appare a Marx come il primo vero scontro di classe tra proletariato e borghesia.
Successivamente alle rivolte, viene ripristinato l’ordine politico del governo moderato —> riflusso conservatore.

Novembre 1848 – L’Assemblea costituente approva una costituzione democratica ispirata al modello statunitense (Presidente
della Repubblica eletto dal popolo che sale al potere per quattro anni, unica assemblea legislativa eletta a suffragio universale).

Dicembre 1848 – Elezioni presidenziali: i repubblicani sono divisi, mentre i conservatori vogliono al potere Luigi Napoleone
Bonaparte, che vincerà le elezioni e diventerà il primo presidente della repubblica francese, sotto il nome di Napoleone III.

Tre anni dopo, con un colpo di stato, Napoleone III si autoproclamerà imperatore, dando inizio al Secondo Impero Francese.

La rivoluzione, iniziata con un cambio radicale di sinistra, si sposta gradualmente verso destra, fino ad arrivare all’autoritarismo di
Napoleone III.

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