Biografia
Esistono uomini che lasciano il segno, individui che condizionano con il loro sistema di pensiero
un’epoca intera, per non dire secoli di storia sociale e globale. Lo spirito dei tempi, la genialità
umana, la cultura e il sapere hanno prodotto menti lucidissime, intelligenze ineguagliabili, studiosi
che hanno dato il loro contributo a forgiare un sistema capace di resistere allo scorrere dei tempi,
all’erosione del ticchettio delle lancette. Adam Smith (1723-1790) è stato uno di questi, è stato
un filosofo ed economista scozzese. Smith, "padre della scienza economica" studiò filosofia sociale
e morale presso l'Università di Glasgow e il Balliol College di Oxford.
L'opera più importante di Smith è intitolata Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle
nazioni (1776). Essa diventa il testo di riferimento per tutti gli economisti classici del XVIII e XIX
secolo, come David Ricardo, Thomas Robert Malthus, Jean-Baptiste Say e John Stuart Mill.
La concezione di Smith a proposito dello scopo della scienza economica segue quella dei
mercantilisti, tendente alla spiegazione della natura e delle cause della ricchezza delle nazioni.
Come studioso di morale, egli osserva tre aspetti fondamentali nei comportamenti umani: simpatia,
spettatore imparziale e mano invisibile. Egli ha dato un contributo eccezionale allo sviluppo di una
disciplina che condiziona la vita di tutti i giorni: l’economia. Fu il primo che riuscì a sganciare
dalla filosofia e, in particolare, dalla filosofia morale, la scienza economica. Egli fu il primo
economista classico, il pensatore sistematico che fondò una nuova disciplina: l’economia politica,
intesa in senso stretto, come studio e analisi del sistema economico capitalistico oppure-in termini
microeconomici-come scienza sociale che indaga il comportamento umano in maniera razionale per
allocare in maniera ottimale le poche risorse disponibili.
Liberismo
“In senso ampio, sistema imperniato sulla libertà del mercato, in cui lo Stato si limita a garantire
con norme giuridiche la libertà economica e a provvedere soltanto ai bisogni della collettività che
non possono essere soddisfatti per iniziativa dei singoli (in tal senso è detto anche liberalismo o
individualismo economico); in senso specifico, libertà del commercio internazionale o libero
scambio, contrapposto a protezionismo.”
Il concetto, sul piano economico, si trasforma nell’idea del “lassez-faire” la quale sostiene che il
mercato deve essere “lasciato stare” in quanto capace, attraverso le azioni concordate liberamente
tra gli uomini, di garantire il benessere degli attori che in esso operano.
In estrema sintesi l’intervento dello Stato deve essere ridotto al minimo; ad esempio alla costruzione
di infrastrutture quali strade, ponti, autostrade e tutto ciò che si rende necessario per l’attività del
mercato.
La teoria liberista nasce nel XVIII secolo a partire dall’elaborazione teorica di Adam Smith secondo
il quale un ordine economico può realizzarsi soltanto attraverso il libero svolgimento di attività
individuali.
Alla base della teoria si pone l’inalienabile diritto di libertà dell’uomo, che dalla sfera individuale si
estende progressivamente anche agli altri campi, tra cui quello economico.
Tre sono i principi fondamentali della filosofia liberista:
1. Libera iniziativa privata
2. Equilibrio del mercato
3. Esclusione dello Stato
Il punto 1 si basa sul presupposto che ogni individuo è libero di intraprendere iniziative di tipo
economico.
Da un lato si pone la libertà dell’imprenditore di decidere autonomamente cosa, quanto e come
produrre mentre dall’altro si pone la libertà dei consumatori di scegliere quali prodotti acquistare tra
quelli presenti sul mercato.
Rientra nella libertà di iniziativa anche la proprietà dei mezzi di produzione.
Il punto 2 sostiene che l’equilibrio del mercato si determina in maniera spontanea dal momento che
la domanda assorbe sempre l’offerta.
Il terzo punto si basa sull’esclusione dell’intervento dello Stato dalla vita economica del paese; la
presenza statale rappresenta un limite concreto all’iniziativa privata, e di conseguenza anche un
freno allo sviluppo economico.
Le origini
All’inizio del secolo scorso il sistema è stato adottato in quasi tutta l’Europa, per poi essere
abbandonato, tra il 1860 e il 1870, dai paesi continentali che, affacciandosi sulla scena
dell’economia mondiale con discreto ritardo, rischiavano di essere danneggiati dal principio.
A rendersi promotori di tale abbandono sono stati principalmente i protezionisti ovvero coloro i
quali sostenevano che il libero scambio tra un paese ricco e uno povero avrebbe inevitabilmente
condotto il secondo alla rovina.
Nello specifico i paesi meno sviluppati, non essendo in grado di reggere la concorrenza sia a livello
di capitali che di competenze, sarebbero stati costretti a importare prodotti finiti e ad esportare
materie prime non lavorate; il tutto chiaramente a discapito di uno sviluppo economico stabile.
Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale le spese belliche condussero ad un intervento
pubblico, sempre più esteso, nell’economia del paese.
La situazione risultava ormai compromessa: la popolazione era stata fortemente provata dalla guerra
per cui non era più possibile credere in un’autoregolamentazione del mercato.
Il commercio internazionale fu sottoposta a vincoli e controlli per cui tutti i tentativi di ripristinare il
liberismo, alla fine del conflitto, naufragarono.
L’idea liberista si riaffaccia alla ribalta dopo la fine del secondo conflitto mondiale.
Si parla in tal caso di neo-liberismo, ovvero di un sistema impostato su una nuova matrice che
sostiene l’intervento dello Stato soltanto nei casi di evidente ed estrema difficoltà del mercato.
Il neoliberismo si è imposto soprattutto nell’ambito dei rapporti commerciali internazionali, nello
specifico, favorendo accordi multilaterali basati sul libero scambio e sull’eliminazione dei dazi
doganali.
Liberismo e liberalismo
È una precisazione rivolta a chiarire la differenza che esiste tra liberismo e liberalismo.
Abbiamo già riportato nel corso del precedente paragrafo la definizione di liberismo presente sul
sito Treccani per cui non ci resta che affrontare il significato di liberale riportato sul medesimo
sito:
“Movimento di pensiero e di azione politica che riconosce all’individuo un valore autonomo e tende
a limitare l’azione statale in base a una costante distinzione di pubblico e privato”
In altre parole, mentre il liberismo è una dottrina economica basata sul disimpegno dello Stato
dall’ambito economico di un Paese il liberalismo è un’ideologia politica basata sui diritti
fondamentali e inviolabili dell’individuo, ovvero sull’eguaglianza dei cittadini di fronte alla
legge.
Concetti chiave
Il contributo di analisi degli economisti classici:
• Malthus: conflitto fra popolazione e risorse
• Smith: divisione del lavoro
• Ricardo: conflitto tra salari e profitti e tra profitti e rendita fondiaria
L’intuizione innovativa:
• La ricchezza delle nazioni deriva dal lavoro
La legge fondamentale:
• Il mercato, lasciato libero, è capace di trovare da solo l’equilibrio tra domanda
e offerta
Liberalismo
• Libertà individuale
• Uguaglianza giuridica
• Sistema costituzionale
• Suffragio censitario
La mano invisibile
In economia la Mano Invisibile è una metafora creata da Adam Smith per rappresentare la politica
del laissez faire, grazie alla quale nel libero mercato la ricerca egoistica del proprio interesse
servirebbe tendenzialmente all'interesse dell'intera società e mirerebbe a trasformare quelli che
costituiscono "vizi privati" in "pubbliche virtù" portando all'equilibrio economico generale.
Funzione
I ruoli della mano invisibile sono molteplici:
Processo con il quale si crea un ordine sociale;
Meccanismo che permette l'equilibrio dei mercati;
Fattore che favorisce la crescita e lo sviluppo economico.