Il Manifesto del partito comunista uscì a Londra nel 1848, appena qualche giorno prima che
a Parigi scoppiasse la rivoluzione. Era stato commissionato dalla Lega dei comunisti per
esporre il loro programma politico, e può essere considerato una summa del pensiero
marxista: vi si trova la concezione della storia come lotta di classe, l’interpretazione del
ruolo della borghesia e del proletariato, la critica alle altre forme di socialismo, la
preconizzazione di una società senza classi, senza oppressione e senza più stato. Si tratta di
una delle opere più importanti, non tanto nella filosofia politica, quanto nella storia umana
degli ultimi due secoli. Il comunismo è, irrimediabilmente, intrecciato alla nostra storia, alla
nostra cultura, alla nostra società: conoscerne i fondamenti è necessario per poter capire
la contemporaneità.
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PUNTI CHIAVE
La storia altro non è che la storia della lotta di classe, cioè dello scontro fra oppressi
e oppressori
Tale dinamica di lotta fra classi ha termine solo col pervenire a una società senza
classi e senza oppressione
La società feudale è stata sostituita dalla società borghese, la quale sarà sostituita
dalla società proletaria
La società borghese ha portato un nuovo enorme progresso materiale, economico,
produttivo, tecnologico
L’urbanizzazione e l’industrializzazione portano alla creazione di una crescente
massa di lavoratori salariati
Tale classe proletaria è inevitabilmente antagonista a quella borghese dei padroni
capitalisti
Quando il proletariato si organizza politicamente, essendo maggioranza, diventa la
nuova classe dominante
Con la vittoria del proletariato unito si avvia una rivoluzione che porta alla società
comunista senza classi
Uno spettro vaga per l’Europa e turba il sonno della borghesia minacciando una guerra di
classe: il comunismo. La dinamica della lotta di classe fra oppressi e oppressori, infatti, si
ritrova in ogni società. In passato è sempre stato così, nell’antica Roma, come in epoca
feudale, ed anche al giorno d’oggi tale lotta fra classi è ancora in atto. L’avvento della
società borghese, che ha sostituito l’estinta società feudale, non ha cambiato questo fatto.
Tuttavia nell’epoca borghese i conflitti di classe si fanno più semplici ed evidenti: l’intera
società si divide in borghesia e proletariato, due grandi classi contrapposte.
Dalle industrie organizzate in modo feudale o corporativo si passò alla manifattura e dalla
manifattura alla grande industria moderna. Il mercato si allargò fino a diventare un mercato
mondiale. Produzione e domanda di merci crebbero insieme all’aprirsi di nuovi mercati. Il
ceto medio soppiantò gli artigiani, e fu soppiantato a sua volta dai grandi industriali, e dai
moderni borghesi. I mezzi di comunicazione e di trasporto seguirono e sostennero lo
sviluppo in atto. I commerci, le industrie, la navigazione e le ferrovie si svilupparono
insieme.
E ciò che vale per la produzione materiale vale anche per quella spirituale: arte, letteratura
e scienza raggiugono una nuova dimensione mondiale. Tale processo implica il
coinvolgimento di tutti i paesi. Anche coloro che vorrebbero isolarsi, rifiutare il
cambiamento e restare legati ai precedenti modi di produzione non possono farlo, sono
forzati per stare al passo con gli avanzamenti altrui a riorganizzarsi secondo le linee della
nuova società borghese. Altrimenti finirebbero in breve per accumulare un divario
insopportabile in termini di peso economico, militare e politico.
Questo passaggio dall’epoca feudale a quella borghese non poteva non avvenire. Ad un
certo momento lo sviluppo dei mezzi di produzione e di scambio ha superato le possibilità
offerte dall’organizzazione feudale. Tale organizzazione non corrispondeva più alle forze
produttive sviluppate e anziché promuoverle le ostacolava. Queste forze non potevano che
finire per spezzare le catene che il feudalesimo imponeva loro.
Allo stesso modo sarà travolta la società borghese moderna. Quando non riuscirà più a
controllare le forze produttive che ha scatenato, quando i rapporti di produzione e di
proprietà correnti non saranno più adeguati, anche la società borghese collasserà, cedendo
il passo all’epoca del proletariato. Tale passaggio è già cominciato, ed è denunciato
chiaramente dalle crisi di sovrapproduzione, periodiche e sempre più frequenti, che si
manifestano in seno alla società borghese.
Il proletariato è per natura in conflitto con la borghesia. All’inizio si tratta del singolo
operaio contro il singolo padrone. Ma mano a mano le lotte si fanno comuni, fra gli operai
della stessa fabbrica, fra quelli dello stesso settore produttivo, fra tutti quelli di una regione
o di un paese, le lotte operaie assumono sempre più i caratteri di una lotta fra classi. Tale
esito è inevitabilmente favorito dalla concentrazione degli operai nelle grandi fabbriche. Le
lotte operaie possono portare a sconfitte o a piccole vittorie momentanee, ma il loro vero
successo è unire gli operai, favorire il formarsi di una coscienza di classe, collegare le lotte
di tutti in una sola lotta di classe.
L’organizzazione degli operai in classe li porta alla lotta politica e quindi ad organizzarsi in
un partito. Al crescere di questa organizzazione cresce la sua forza, fino ad essere capace
di imporre alla borghesia il riconoscimento legale degli interessi degli operai: è il caso delle
leggi sull’orario di lavoro, come quelle che ponevano il limite di dieci ore giornaliere in
Inghilterra. Il proletariato si rafforza sempre più, parte della borghesia, soccombendo alla
concorrenza, finisce per confluire in esso, ingrossandone le forze, ed alla fine anche una
parte della classe dominante, comprendendo quale direzione la storia seguirà, si unisce alla
lotta proletaria, come già una parte della nobiltà, comprendendo il mutamento in atto, si
era unita alla borghesia.
Proletari e comunisti
I comunisti rappresentano la parte più cosciente del proletariato, la forza propulsiva del
movimento. Essi si distinguono dal resto del proletariato, perché più consapevoli degli
interessi comuni che appartengono a tutti i proletari. Ma hanno gli stessi interessi e
appartengono alla stessa classe di ogni altro proletario. Questo punto da solo potrebbe
essere considerato riassuntivo dell’intero programma comunista. Il proletario non ha
proprietà private. Il lavoro salariato non gli permette di averne, gli basta solo a sopravvivere
per continuare ad essere sfruttato. Se la proprietà garantisce al proprietario anche una
certa autonomia, indipendenza e libertà, nulla di tutto ciò appartiene all’operaio, che è uno
schiavo a tutti gli effetti.
Abolire la proprietà privata significa invece prendersela con la borghesia, la cui proprietà si
fonda sullo sfruttamento e la cui libertà si fonda sulla schiavitù dei proletari. La proprietà
nella società borghese si fonda sull’antagonismo tra capitale e lavoro salariato. Essa quindi
dipende dall’assetto sociale nel suo insieme, è il frutto di una organizzazione sociale
precisa, non una mera proprietà personale. Nel momento in cui viene trasformata in
proprietà comune, non si tratta della socializzazione di una proprietà personale, ma di
cambiarne il carattere sociale.
I comunisti sono accusati di voler distruggere la cultura, la famiglia, il ruolo della donna, ma
in realtà ciò che i comunisti vogliono è trasformare gli attuali rapporti borghesi,
l’impostazione che essi conferiscono all’educazione, la forma che danno alla famiglia, il
Il proletariato dovrà innanzitutto conquistare il potere come partito nei sistemi democratici
contemporanei, divenuto classe dominante, potrà ribaltare i rapporti e usare lo stato e la
legge secondo i suoi interessi, per opprimere la borghesia. I primi provvedimenti potranno
essere l’espropriazione della proprietà terriera, l’introduzione di un’imposta fortemente
progressiva, la confisca delle proprietà dei ribelli, la creazione di una banca statale
nazionale con monopolio esclusivo, l’accentramento dei mezzi di trasporto nelle mani dello
stato, la nazionalizzazione delle fabbriche e degli strumenti di produzione, l’obbligo di
lavoro per tutti, l’unificazione delle attività di industria e agricoltura, l’istruzione unica e
gratuita per tutti i bambini.
Quando il proletariato avrà preso il potere sopprimerà i vecchi rapporti di produzione, con
essi sparirà la divisione e la lotta fra classi. Alla fine sparirà anche il dominio della classe
proletaria e il potere pubblico perderà il suo carattere politico e oppressivo.
Al giorno d’oggi esistono molti falsi partiti che si dicono socialisti e dalla parte degli operai.
Vi sono socialisti reazionari (come Sismondi), che criticano il capitalismo solo perché
rimpiangono la perduta società feudale; socialisti piccolo-borghesi, membri di una piccola
borghesia a rischio di proletarizzazione che sogna di fermare l’evoluzione che la travolge;
socialisti borghesi (come Proudhon), che vogliono fare delle concessioni per mantenere la
pace sociale e preservare la società borghese; socialisti utopistici (come Saint-Simon,
Fourier, Owen) che finiscono per respingere qualsiasi azione politica, e propongono una
impossibile via pacifista alla rivoluzione; e molti altri ancora, i quali non si schierano
I comunisti devono cercare l’unione del movimento e sostenere qualsiasi partito si schieri
contro le situazioni politiche e sociali attuali, nell’interesse dell’avanzamento della causa
proletaria. Ma nel fare ciò non devono smarrire la propria consapevolezza e non devono
rinunciare a criticare anche quei i partiti d’opposizione quando vendono illusioni al
proletariato o lo inducono in errore. I comunisti devono ricordare sempre, in particolare,
che gli obbiettivi del comunismo possono essere raggiunti solo con una rivoluzione
violenta, senza compromessi, e dichiararlo apertamente, senza vergognarsi. Il grido di
battaglia è: “Proletari di tutto il mondo, unitevi!”.
CITAZIONI RILEVANTI
Il progetto rivoluzionario
«Il proletariato si servirà del suo potere politico per strappare alla borghesia a poco a poco
tutto il capitale, per accentrare tutti gli strumenti di produzione nelle mani dello Stato, cioè
Karl Marx (Treviri, 1818 – Londra, 1883) è stato un filosofo, economista, storico e sociologo
tedesco. È il padre fondatore del comunismo marxista, centrato su una critica materialista
della società, dell’economia, della politica e della storia. Poté dedicarsi ai suoi studi grazie
al supporto economico dell’amico-mecenate Friedrich Engels, insieme a cui scrisse diverse
opere, fra cui il Manifesto del partito comunista. Il suo lavoro principale è però Il Capitale,
opera monumentale, che più di un semplice tratto di economia è una vera e propria critica
a tutto tondo della società capitalistica, con al fondo la tesi materialista secondo cui è dai
rapporti economici che dipendono le altre caratteristiche di una società.
Karl Marx, Friedrich Engels, Manifesto del partito comunista, Laterza, Bari-Roma, 1999, p.
68 + 62, traduzione e introduzione di Domenico Losurdo.