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2. Globalizzazione culturale
• Nuova possibilità che emerge: il dialogo// questa possibilità ed esigenza da parte delle nuove generazioni
significava mettere implicitamente in discussione il principio di autorità e forza della legge
à nuovo clima a livello macro della Guerra Fredda a partire dai primi anni ‘60// periodo detto della
“distensione”, cioè in cui tra i due blocchi iniziarono ad intravedersi delle convergenze negli obiettivi
(es. corsa nello spazio), soprattutto per quanto riguarda la minaccia nucleare, e quindi un inedito dialogo
e conseguente attenuazione della contrapposizione ideologica
à nuova stagione politica in Italia// la nascita del centro sinistra, cioè un’alleanza tra cattolici, laici e
socialisti ANCHE SE il “non governo” del centro sx dal pv delle riforme rese più aspre le lotte
studentesche
• Persistenza del rischio nucleare
- Ulteriore indebolimento delle forme di autoritarismo
- Diminuzione del peso delle ideologie differenti tra i due blocchi
- Agli occhi delle nuove generazioni (le prime cresciute “all’ombra dell’arma atomica”, cit. Arendt) il
terrore nucleare svelava le contraddizioni e le ipocrisie della generazione dei padri
- Nuova e critica visione del progresso tecnico-scientifico, ora scisso dal progresso della civiltà
à Il rischio gravissimo a cui è esposto il mondo a causa delle scelte del passato generava l’esigenza di un
futuro totalmente svincolato da passato, quindi utopico: si guardava alla Cina di Mao e alla Cuba di Castro
à Il rischio della minaccia nucleare “globalizza” i destini individuali e collettivi
• Decolonizzazione, diritti civili e motivi ideali comuni
- Primi decenni della Guerra Fredda// decolonizzazione à fonte simpatia per il cosiddetto “Terzo mondo”
da parte dei bianchi
- Anni ’50-’60 negli USA: lotta per i diritti civili degli afroamericani
o 1955: episodio di Rosa Parksà movimento di boicottaggio dei mezzi pubblici di Montgomery
o 1960: quattro ragazzi neri si siedono in un locale vietatoà nasce la nuova modalità di protesta del
sit-in
o 1960: nasce la prima organizzazione di studenti di colore, lo Student Nonviolent Coordinating
Committee (SNCC)
o 1963: marcia a Washington per i diritti civili a sostegno del Civil Rights Act à celebre discorso di
Martin Luther King I have a dream, che espresse un “sogno” che non valeva solo per i neri, ma per
tutti i cittadini americani: il rispetto nei cfn delle minoranze e la democrazia che abbraccia ricchi e
poveri poteva rendere più felice l’intera comunità americana !! testo che illumina molto bene il
retroterra culturale e sociale (prima che politico) del prossimo ‘68
- Ideali e battaglie che circolarono tra i giovani di tutto il mondo attraverso la musica: We shall overcome
di Baez (’63), Blowin’ in the Wind e The times they are a-changin’ di Dylan (’62 e ’63) esprimevano il
bisogno di un cambiamento già in parte in atto
- 1960: nascono, in esplicito collegamento con le rivendicazioni degli afroamericani, gli Students for a
Democracy Society (SdS) à gli studenti bianchi e gli afroamericani capirono di avere gli stessi motivi
ideali di uguaglianza e di diritto di espressione e partecipazione
¯ gli studenti bianchi portarono questi ideali condivisi in università: nell’università di Berkeley gli
studenti si opposero alla modalità anacronistica di didattica dell’università e fondarono il Free Speech
Movement
- 1967: la Corte Suprema confermò la condanna di Martin Luther King per la marcia del ’63 e gli studenti
di Berkeley per le proteste in università, lasciando trapelare però la propria debolezza e contraddizione,
in quanto nelle dichiarazioni affermava “Neppure ragioni tanto apprezzabili come quelle degli studenti
di Berkeley, come la pressione urgente della condizione dei negri, giustifica l’uscita dalla legge” à è
palesemente in atto un conflitto tra motivazioni morali e norme legali
• Grande fascino e ammirazione per la Cina di Mao Zedong, dove le Guardie Rosse avevano sbaragliato
i vecchi dirigenti (mitizzazione della realtà cinese), e l’America Latina di Che Guevara (innalzato ad
eroe che dona la sua vita per i diseredati) à motivo di unione per i giovani di tutto il mondo
• La Guerra in Vietnam (1965-1975): altro motivo di coesione generazionale mondiale
- Ebbe la valenza di una lotta per la liberazione di un popolo del Terzo mondo contro il nuovo
“neocolonialismo” americano
- Prima guerra “vissuta”, grazie alla presenza dei mass media nel territorio di guerra: immagini che ebbero
un impatto immediato su milioni di persone e svelarono ancora una volta le contraddizioni del sogno
americano
- Mobilitazione per la pace nel Vietnam e per i temi dell’antimilitarismo nelle università americane e ben
presto europeeà diventano momenti di consolidamento di un’identità generazionale e anche di
opposizione più in generale anti-istituzionale e di rivolta contro le autorità ~ permise di reimpostare “la
questione della lotta di classe su uno sfondo mondiale”
• Nel corso degli anni ’60, a partire da Greenwich Village, cominciò a svilupparsi il movimento hippy:
movimento di giovani che avevano creato una vita comunitaria e sviluppato una loro controcultura
basata sull’eredità della cultura beat e sulle religioni orientali, oltre all’uso di allucinogeni e alla
liberazione sessuale ~era uno “youthquake”
3. Chiesa e Sessantotto
• Ottobre 1962: si apre il Concilio Ecumenico Vaticano II, convocato da Papa Giovanni XXIII// inizio di
un tempo nuovo nella storia del cattolicesimo
- Si avviò un lento e graduale superamento dell’architettura istituzionale della Chiesa cattolica, modellata
nel Concilio di Trento (1545-1563): per secoli era rimasta simile alle altre istituzioni portanti
dell’occidente, a partire da quella politica, per cui avente un robusto collegamento tra centro e periferia
à non viene definito un nuovo assetto istituzionale, ma viene proposta una prospettiva, degli obiettivi
nuovi
- Sguardo storico e nuovo su diversi temi: liturgia, Scrittura, ecumenismo, missioni, rapporto con le altre
religioni, libertà religiosa, rapporti tra Chiesa e mondo
- Tre grandi bussole
1. Aggiornamento: superamento di un modo di essere Chiesa irrigidito nelle forme impresse da uno
specifico contesto storico, quello europeo del XVI-XIX secolo
2. Ritorno alle fonti: tale aggiornamento era da realizzarsi collegandosi al cristianesimo delle origini e
dei Padri della Chiesa, quindi a una tradizione ora trasmessa in modo dinamico
3. Evoluzione e sviluppo nella storia della Chiesa: viene analizzato lo strappo storico con le fonti
originarie del Cristianesimo e con la Tradizione, dal quale si era originato quell’invecchiamento che
si voleva contrastare
Es. Liturgia: viene riscoperta la sua eredità ebraica e la sua tradizione nelle prime comunità cristiane
Ecumenismo: ci si avvia sulla strada del superamento della frattura tra Oriente ed Occidente
Chiesa-Impero: vengono prese le distanze dai rapporti con lo Stato e si abbandona la pretesa
di poter subordinare lo Stato alla Chiesa
- Convergenza di sollecitazioni provenienti da aree diverse del mondo, con l’obiettivo comune e
prioritario di annunciare il Vangelo agli uomini e alle donne contemporanei
- Grande presenza di vescovi che venivano dal mondo non europeo à nuova immagine di Chiesa in
sintonia con il cambiamento in atto negli equilibri tra Nord e Sud del mondo
- Collegamento profondo ma non diretto con il Sessantotto: entrambi gli avvenimenti storici hanno messo
in discussione molte tradizioni e l’idea stessa di tradizione, molte istituzioni e l’idea stessa di istituzione
• Don Milani e la “conversione” delle istituzioni
- Figura atipica del cattolicesimo italiano pre-conciliare, conciliare e post-conciliare, Don Milani ebbe
sempre un alto senso della sua missione e delle responsabilità che ne derivavanoà su questo impianto
borghese si innestarono però le motivazioni teologiche e l’assoluta obbedienza che mostrava nei cfn dei
suoi superiori
- Viene mandato ad essere priore a Barbiana, piccolo paesino sperduto negli Appennini, nel 1954
- Fece di tutto per salvare da sé stessa l’istituzione ecclesiastica, che considerava inadeguata agli alti
compiti che le erano stati giustamente assegnati à si avvicinò quindi a coloro che erano ai margini della
Chiesa e di cui questa sembrava essersi dimenticata: sentiva che i vescovi e gli ecclesiastici si stavano
rinchiudendo nelle regole e nelle logiche dell’istituzioni, dimenticando la vita reale della Chiesa e i
poveri ~ autoreferenzialità dell’istituzione ecclesiastica che sfuggiva alle sfide del cambiamento storico
- Sosteneva un’idea missionaria di Chiesa e un conseguente progetto di questa alle dinamiche della storia
- Nella stessa modalità cercò di salvare l’istituzione scolasticaà diede vita alla Scuola di Barbiana, una
scuola popolare fatta da coloro che l’istituzione scolastica non riusciva ad educare ed inserire, fallendo
quindi il suo scopo
!! Lettera a una professoressa rappresentò un documento di forte contestazione che il Sessantotto poi
adottò come uno dei suoi più importanti documenti programmatici
à PERÒ Don Milani non voleva abolire l’autorità, ma cambiarla, non voleva abolire il centro, ma
portare al suo interno coloro che stavano in periferia
• Contestazione cattolica e ortodossaà il Sessantotto si intrecciò molto con il dibattito post-conciliare,
che aveva fatto virare la Chiesa verso una maggiore attenzione al Terzo mondo, una riforma liturgica,
l’impegno per la pace ecc.
- Associazionismo cattolico
o l’Azione cattolica aveva iniziato un percorso di cambiamento e stava cercando di prendere le
distanze dai protagonisti della guerriglia
o le Acli si distaccarono progressivamente dalla DC e poi idearono la cosiddetta “ipotesi socialista”
o Nasceva Gioventù Studentesca nel 1954 sotto la guida di Don Giussani, gruppo di giovani che
sentivano molto l’impatto delle questioni internazionali e terzomondiste, l’impegno sociale à
divisione in due linee diverse
- La Chiesa continuò a sostenere l’unità politica dei cattolici nella DC, le riviste cattoliche spingevano
invece verso la direzione opposta
- Vera contestazione cattolica: i “controquaresimali” di Trento, l’occupazione della cattedrale di Parma
ecc ~ critica alla gerarchia e contestazione dell’autorità ecclesiastica
- Clèment (professore ortodosso francese) studiò a lungo il maggio francese e ne dedusse che esso fosse
ricolmo di aspetti anticristiani, più che anticlericalià il Sessantotto in quest’ottica si presenta come un
‘ritorno a Dioniso’, per andare contro a una Chiesa che vedeva Cristo nell’eucarestia e dimenticava
l’uomo
4. Il movimento in Italia: Trento, Pisa, Torino…
• Università d’élite e università di massa
- Fenomeno sociale alla base del Sessantotto: passaggio dall’università d’élite all’università di massa,
infatti, in quegli anni era stato denunciato il fatto che l’Università disponesse “soltanto di un terzo delle
risorse necessarie per far fronte ai suoi impegni”, in primo luogo il grande e repentino innalzamento
degli iscritti à esigenza di un forte cambiamento, ma l’università non era pronta: le strutture, le
organizzazioni e le mentalità erano ancora quelle dell’università d’élite
- Innanzitutto le proteste erano fatte per chiedere spazi più ampi, strutture più moderne, tasse meno elevate
ecc !! esempio della Cattolica di Milano che, dopo l’aumento delle tasse nell’autunno ’67 dovuto a un
mancato finanziamento statale, si vide occupata: inizialmente, sul terreno dei problemi concreti, i
contestatori incontrarono una certa comprensione da parte dei docenti e soprattutto del rettore
Franceschini, MA questo cambiamento non poneva solo problemi concreti
- Crollò il muro invisibile ma solidissimo che divideva i membri delle famiglie benestanti e quelli di
famiglie di lavoratori, MA l’università nella sua natura rimaneva “di classe”: era stata pensata in
funzione della selezione di una ristretta élite e della riproduzione della classe dirigente
¯ i figli di papà non potevano restare insensibili alle difficoltà e alle domande dei loro compagni di
studio figli di operaià vennero dilatati gli orizzonti umani, sociali, culturali e politici grazie alla
scoperta dell’altro, ora tesi verso l’utopia di un futuro comune
• Gli inizi della contestazione a Trento
- Nel 1962 era sorto a Trento l’istituto Universitario di Scienze Sociali, questo costituiva una novità:
l’insegnamento della Sociologia come disciplina autonoma muoveva i suoi primi passi in Italia
- Prima occupazione nel 1966 per richiamare l’attenzione sul mancato riconoscimento della laurea in
Sociologia, obiettivo tra l’altro sostenuto dai vertici dell’Istituto e dai docenti, poi sorprendentemente
raggiunto a livello politico nazionale
- Ottenuto il riconoscimento della laurea però gli studenti cominciarono ad interrogarsi su altri temi: la
struttura istituzionale dell’università, un’adeguata visione della figura istituzionale del sociologo eccà
su questi temi nell’ottobre dello stesso anno scatta un’altra manifestazione, motivata dal dissenso verso
lo statuto e il piano di studi, ma soprattutto dalla visione del sociologo come tecno-burocrate, “servo del
potere”
¯ veniva chiesta una nuova concezione di sociologia come scienza critica e non come tecnica operativa:
a questa alternativa corrispondeva quella tra lo studente come “soggetto” della propria formazione e lo
studente come “oggetto” passivo di una formazione imposta da altri
- In ultima analisi, quello che aveva fatto scattare in loro molti interrogativi era lo scarto tra quanto
studiavano e il futuro che li aspettava
• Occupare le università
- Nel corso del 1967 il movimento studentesco si sviluppò in altre università italiane, dal nord al sud, e
che è ricorso allo strumento più duro di lotta, cioè all’occupazione
- A novembre il movimento studentesco occupò palazzo Campana, la sede delle facoltà umanistiche di
Torino: la protesta partì da una questione molto concreta, la decisione di spostare le facoltà umanistiche
in una sede lontana, ma fin dall’inizio si pose obiettivi più ampi, diffusi soprattutto attraverso i
“controcorsi”, che sarebbero dovuti diventare il primo nucleo di un’università alternativa
- Lo studio, la conoscenza e la ricerca non venivano affatto rifiutati: quello che veniva rifiutato era la
modalità autoritaria della trasmissione del sapereà il nuovo metodo di apprendimento si sarebbe dovuto
basare quindi sulla critica, intesa come consapevolezza del carattere separato e artificioso delle
istituzione educative e rifiuto di tale separazione
- Altro problema degli studenti torinesi: il problema della natura di classe dell’università, per cui i laureati
figli di operai venivano assorbiti dall’industria, dalla burocrazia ecc, proprio perché “sotto le false
spoglie di una selezione culturale e scientifica si attua in realtà una selezione sociale”
à tutto gli studenti in ultima analisi non volevano diventare strumenti involontari del mantenimento dello
status quo
• Dalla delega all’assemblea
- In precedenza negli atenei erano presenti organizzazioni che riproducevano in piccolo i partiti politici
nazionali es. Ugi (studenti di sx), Intesa (legato alla DC), Fuan (legato al Msi), Agi (studenti liberali)
- Queste organizzazioni della rappresentanza universitaria vennero spazzate via tra la fine del ’67 e
l’inizio del ’68 per fare spazio a un nuovo soggetto: il movimento studentesco
- Il movimento rifiutava qualsiasi legame con la politica nazionale e anche i principi di rappresentanza e
delegaà NO a qualsiasi forma di mediazione
- Prevaleva la spinta al coinvolgimento in prima persona di tutti, in un’ottica di mobilitazione collettiva e
permanenteà la politica prima di tutto era la possibilità di esprimere sé stessi
- L’assemblea era la forma abituale in cui si esprimeva il movimento studentesco: il tema dominante era
il movimento stesso, la sua identità, le sue prospettive, le sue azioni e lo sviluppo
- Il movimento consisteva quindi nella ricerca di un’alternativa alle istituzioni, non nella creazione di
nuoveà la realizzazione di uno spazio deistituzionalizzato
- L’informalità alla partecipazione (libera al massimo, nessuna iscrizione ecc) favorì un forte senso di
appartenenza ~ era una scelta di vita
• Dalla solitudine alla festa: la forza dell’incontro
- L’impegno politico era fortissimo, ma contava altrettanto l’esperienza esistenziale: “era sparita non solo
la solitudine, ma la possibilità stesso della solitudine”
- Solitudine intesa come disagio causato dai processi di sradicamento e detradizionalizzazione di cui il ’68
è stato rivelatore
- Comune senso di festa che accompagna l’incontro con l’altro, quando vengono meno le barriere
consolidate à si poteva sperimentare un’inedita solidarietà tra figlio dell’ingegnere e dell’operaio
- L’altro era presente attraverso la consapevolezza di vivere un’esperienza che superava i confini
nazionali e le distanze geografiche ~ transnazionalità generazionale che ha generato un’inedita alleanza
non politica ma umana
- Cambiarono anche i rapporti tra ragazzi e ragazze: le seconde sperimentarono libertà prima d’allora
sconosciute, date dall’improvvisa novità di trasgredire regole e orientamenti che non imponevano solo
limiti esteriori ma penetravano anche nella coscienza di sé
• Cambiare il mondo
- L’esperienza del movimento studentesco è stata descritta da Alberoni con l’espressione “stato nascente”,
inteso come gruppo di persone che si unisce per creare una forza nuova contrapposta alle istituzioni
quando si arriva ad una situazione di frattura tra gli individui e l’ordine vigente
- Questa espressione implicava per definizione una fase provvisoria, il movimento del Sessantotto
secondo Alberoni avrebbe costituito quindi un passaggio intermedio verso la formazione di nuove
istituzioni
MA non era questo che volevano i giovani, volevano piuttosto vivere sempre in quella condizione di
“stato nascente”
- Il desiderio dei giovani di trasformare la società si allargò e si approfondì divenendo voglia di cambiare
il mondo à l’orizzonte restava ancora l’università, ma cresceva la convinzione di una necessaria visione
globale nel guardare ai problemi universitari
- Inizio ’68: durante un’altra occupazione a Trento gli studenti misero a fuoco la natura dell’università
quale struttura produttiva di merci (gli studenti, in quanto forza lavoro qualificata)
¯ tentativo da parte degli studenti trentini e di altre università di avvicinarsi a un’analisi di tipo marxista,
in modo da dare un aspetto “scientifico” alle elaborazioni del movimento studentesco ~ in realtà una
forzatura
6. Il maggio francese
à nel maggio del ’68, molti studenti si spostarono in Francia: il ’68 infatti raggiunse il suo culmine a Parigi e
in altre città francesi
• A Nanterre, tra la fine del ’67 e l’inizio del ’68 si venne preparando il terreno della rivolta
- Nanterre era una struttura universitaria umanistica creata nel ’64 per decongestionare la Sorbona:
separata dalla città e non facilmente raggiungibile
- La contestazione partì dalla facoltà di Sociologia dove, per la costante mancanza di docenti, scoppiò
uno sciopero spontaneo: lo scopo era denunciare le disfunzioni del sistema universitario e rivendicare
una preparazione adeguata a un positivo sbocco professionale
- Durante lo sciopero venne occupato l’edificio delle ragazze (dove i ragazzi non potevano entrare): la
protesta così compì un salto di qualità, perché divenne uno sciopero anche contro l’organizzazione della
vita all’interno del campus, in cui il sistema produceva isolamento, non solo nei rapporti studente-
docente, ma anche studente-studente
- A Nanterre poi si fece avanti la figura di spicco della rivolta, poi divenuto famoso in tutto il Paese, di
Daniel Cohn-Bendit
- Poche settimane dopo, sempre a Nanterre, scoppiarono proteste contro la guerra in Vietnam
¯ nell’apice di una protesta avvenuta dopo la grande offensiva del Tet (febbraio 1968), si occupò un
edificio dell’università, addirittura prendendo direttamente di mira un simbolo del governo dell’ateneo:
durante queste vicende nacque il gruppo “22 marzo”, realtà nuova che seppe mobilitare gli studenti di
Nanterre anche nei mesi successivi
• Il preside all’inizio del mese di maggio chiuse Nanterreà gli studenti si dirigono verso la Sorbona per
protestare contro la chiusura di Nanterre e l’arresto di alcuni loro compagni
- Cominciano a comparire le prime barricate nel centro di Parigi, simbolo della rivoluzione, perché
richiamavano gli avvenimenti del 1789/1848/1870 à le barricate segnavano l’inizio di un ideale spazio
liberato
- La polizia teneva con forza la Sorbona, nella logica politico-militare per cui ciò che conta è controllare
e difendere il centro MA gli studenti miravano non alla conquista del centro, bensì alla liberazione delle
periferie
- Ruolo importante alla radio (“transistors”): gli studenti ricevevano notizie su quanto stava accadendo in
altri luoghi rispetto a quelli in cui si trovavano, cogliendo così a pieno il senso complessivo dell’azione
collettiva che stavano sviluppando
- Dentro gli spazi delle barricate si cominciava già a vivere quella che sarebbe stata la società del futuro,
descritta nello slogan “l’immaginazione al potere”
- A partire dal 3 maggio fu un susseguirsi di manifestazioni, cortei, occupazioni che bloccarono Parigi
per l’intero mese
- Il 10 maggio ci fu una nuova grande mobilitazione, per la disillusione che gli studenti avevano sentito
dopo che il governo non aveva mantenuto la promessa di riaprire la Sorbona: nella notte scattò la dura
reazione delle forze dell’ordine, il Crs à gli studenti, come a Valle Giulia, non scapparono: il Crs era
da combattere perché appariva come il simbolo della repressione totale
- Le notizie girarono ampiamente, provocando in larga parte dell’opinione pubblica una forte reazione
contro le forze dell’ordini: un duro colpo alla credibilità delle autorità e delle istituzioni
- Subito dopo cominciarono a muoversi gli operai: il 13 maggio fu proclamato un grande sciopero
generale, per avanzare rivendicazioni importanti e con il coinvolgimento di un vastissimo schieramento
di lavoratori à il sindacato era sempre più in difficoltà a contenere questa spinta spontanea ereditata
dagli studenti
!! la storia non sembrava più passare attraverso sindacati e partiti, compresi quelli di sx
- Verso la fine del mese la Francia si fermava definitivamente e iniziava il dibattito sulla sfiducia del
governo: quel dibattito però, tenutosi nell’Assemblea nazionale, apparve a molti inutile, ridicolo,
anacronistico
¯ il 24 maggio gli scontri raggiunsero il culmine e De Gaulle fu costretto a sciogliere l’Assemblea
nazionale
• Ci fu una straordinaria rivoluzione comunicativa: era una mobilitazione ricca di contenuti, molte volte
espressi attraverso scritte sui muri di Nanterre, della Sorbona e di altre università occupate ~ grande
esperienza di libertà comunicativa
- Le scritte erano insieme ingenue e aggressive e mostravano chiaramente che il Sessantotto non è nato
sotto il segno dell’ideologie, perché i giovani si erano mobilitati attorno ad un’utopia: il sogno di una
città ideale che né il mondo capitalista né quello comunista erano riusciti a realizzare
- Per gli studenti francesi la contestazione voleva dire innanzitutto creatività, cioè vita
¯ per fare questo bisognava lottare contro la rigidità di un’organizzazione istituzionale della società,
cioè compiere una grande operazione culturale sotto il segno dello slogan “proibito proibire”: l’arma
per questa lotta era la loro libertà creatrice
- L’obiettivo era quello di cambiare la realtà come nessuno aveva mai fatto prima: “l’emancipazione sarà
totale o non sarà”
- Si sperava di raggiungere la propria felicità e libertà attraverso la felicità e la libertà di tutti, abbattendo
ogni divisione e mettendosi dalla parte degli esclusi: “la nostra speranza non può che venire dai senza
speranza” à un’unità che abbracciasse il mondo intero
• Tutto come prima?
- Malgrado le apparenze, non ci fu una vera e propria alleanza tra studenti e operai: gli studenti sapevano
bene di non essere degli sfruttati, ma dei privilegiati
- Alla fine di maggio, la grande mobilitazione andò scemando e il 16 giugno la polizia sgombrò la Sorbona
- Alle elezioni politiche di fine giugno, il partito gaullista ottenne il maggior successo della sua storia,
MA la vittoria dei conservatori ebbe un sapore di antico
- La politica che cerca di rilegittimarsi convocando le elezioni apposta in risposta alla rivolta di maggio
in realtà rappresentava in sé un’involontaria ammissione di fragilità: le elezioni i conferirono
implicitamente al movimento degli studenti la dignità di possibile alternativa globale
à dopo il maggio apparentemente tutto tornò come prima, ma alcune fratture non si sarebbero più
ricomposte
7. Rivolta giovanile
• Il Sessantotto provocò uno sconvolgimento che usciva da tutti gli schemi correnti: la parola più usata
per descriverlo fu “rivoluzione”
- Gli studenti fecero ampi riferimenti alla più importante tradizione rivoluzionaria novecentesca, cioè
quella marxista-leninista
- Morin notò però che c’erano due anime diverse, universitaria e politica, che si erano contrapposte nella
“Comune studentesca” del maggio parigino e che gli studenti avevano fatto altro rispetto alla rivoluzione
operaia
- Il Sessantotto poi non fu una rivoluzione né nel senso di discontinuità politico-istituzionale, né nel senso
di rivolgimento economico-sociale, né fu simile alla Rivoluzione culturale maoista
- Il movimento studentesco poi non si riconobbe mai nei grandi partiti comunisti occidentali, anzi, Fortini
riconobbe che il movimento degli studenti evidenziava un grande vuoto lasciato dai partiti politici e
dall’educazione repubblicano-democratica à nessuno fondava le proprie rivendicazioni di gioia,
autenticità ecc su considerazioni di ragioni storiche e sociali: si invocava piuttosto il “diritto naturale”
di ogni uomo alla felicità
- Per rivoluzione bisognava intendere “irriverenza verso il costituito, l’insofferenza verso il ricatto degli
adulti e il condizionamento della storia”à “la nostra rivoluzione (…) sarà sociale e culturale, perché
l’uomo possa diventare se stesso”
- Si può quindi solo parlare di “rivoluzione simbolica” o “rivoluzione comunicativa”, nel senso che mise
in discussione un intero universo di simboli proponendone altri à si opponeva al sistema “manifestando”
segni contrari ad altri segni, mettendo in discussione la credibilità del linguaggio dominante e
opponendogli un altro linguaggio
- Fu quindi non solo una rivoluzione culturale, ma anche sociale: “Il Sessantotto non cambiò nulla ma
creò delle possibilità”
- La libertà che si sperimentò non era solo quella dell’operaio non più subalterno al padrone, ma la libertà
di incontrare l’altro: infrangeva un codice non scritto, realizzava amicizie impossibili, senza però
cambiare gli equilibri economico-sociali, i confini di classe o i rapporti di produzione
• Dalla famiglia all’università
- Il Sessantotto usò soprattutto la parola “contestazione” per descrivere sé stesso, che non ha quindi il
senso esclusivamente negativo che le si attribuisce, ma contiene anzi un’affermazione à vuol dire
chiamare in causa qualcuno e metterne in discussione il diritto a esercitare un potere: le istituzioni, a
partire dalla famiglia, dall’università e dalla scuola
- Con istituzione si intende una forma di aggregazione sociale caratterizzata da modelli di comportamento
consolidati attraverso i processi di socializzazione, imposti e controllati. Regolano diversi tipi di rapporti
sociali (famiglia), politici (Stato), economici (mercato) e religiosi (istituzione ecclesiastica)
- Tutto ciò urtò con un disagio giovanile sempre più diffuso, che il Sessantotto trasformò in critica,
protesta e rivolta appunto contro le istituzioni
- La contestazione non scaturì da un progetto a tavolino, si parlava di “movimento di azioni”, piuttosto
che di un “movimento di idee”: mostrarono una sorprendente compattezza perché animati non tanto da
un’elaborata strategia o obiettivi ben definiti, ma da un comune sentire
- La contestazione nacque in famiglia e fu un fenomeno generazionale, attraverso l’adozione di
comportamenti diversi da quelli tradizionali nella vita quotidiana, con genitori, insegnanti, educatori
¯ l’insofferenza sperimentata dai giovani in famiglia preparò la loro rivolta contro le istituzioni
universitarie e scolastiche: i giovani infatti presero gradualmente coscienza del nesso tra famiglia e
istituzioni e quindi estesero la spinta antiautoritaria all’università e alla scuola
- Quando il governo italiano preparò un progetto di legge (la riforma Gui) per rinnovare la struttura
universitaria, il movimento la rifiutò completamente: essa fu considerata il simbolo
dell’istituzionalizzazione della selezione e della svalutazione del titolo di studio !! questo rifiuto mostrò
che il movimento era già proiettato oltre i problemi specifici dell’università e della scuola
à non erano prioritariamente interessati a proporre specifici cambiamenti istituzionali (detti “gli
obiettivi intermedi”), ma andare contro l’antiautoritarismo diffuso e generalizzato
- Per gli studenti l’autoritarismo era ciò che saldava la vita in università con la vita nella società: “a cosa
serve l’università italiana? Serve soltanto a indottrinare gli studenti a renderli autoritari e incapaci di
discutere”
• Critica alla società borghese
- Ciò che i contestatori volevano soprattutto contrastare era il conformismo, cioè il cedimento a una
mentalità corrente modellata dalla pressione delle istituzioni o dalla violenza del potere
- Essi proponevano una legittimità alternativa e vivevano questa rottura dell’ordine morale, sociale e
politico come liberazione, come rifiuto della passività imposta e come assunzione di una responsabilità
attiva
- La contestazione giovanile è cresciuta insieme alla critica della società borghese: non nel senso di
espropriare la borghesia dal possesso dei mezzi di produzione (molti contestatori erano giovani
borghesi), ma nel senso di una critica morale, cioè contro il carrierismo, l’affarismo, la rincorsa alla
ricchezza, i vizi e la vacuità tipici della vita borgheseà borghese divenne il sinonimo di ipocrisia,
indifferenza, meschinità: “non sono loro a creare il vuoto; è il nostro vuoto che non vogliono più”
- Riprendendo i temi dell’opposizione beat, i giovani percepirono che il materialismo dei loro genitori
nasceva anche dalla fuga davanti a tante domande scomode: in Italia, venne denunciata la persistenza di
un “fascismo latente”, nel senso antropologico; in Germania si affermò l’idea che i colpevoli erano fra
noi, per cui si pretese che si ricordasse ciò che era stato rimosso; in Giappone riusciva il tema della
contraddizione con il fatto che il paese si era alleato agli USA per sopravvivere, nonostante l’olocausto
nucleare
• “Repressione” e fallimento educativo
- Se il movimento non si fermò sul nascere fu anche perché i giovani trovarono negli adulti un
arroccamento sulle proprie posizioni e una difesa dei propri ruoli e perché intuirono un’inattesa
debolezza
- Lo scontro con le istituzioni provocò la “repressione”: interventi punitivi per forme di disobbedienza
all’autorità dei genitori o per turbamenti provocati alla normale attività scolastica, poi uso della forza,
arresti, denunce, condanne ecc
¯ l’autorità mostrò così il proprio aspetto peggiore e aiutò il movimento ad ampliarsi, diffondendo
sentimenti antiautoritari
- La repressione provava che gli studenti avevano colpito qualcosa di sensibile e che le istituzioni erano
non quello che esse dicevano di essere, ma quello che gli studenti dicevano che fossero: una catena di
potere che si imponeva con la violenza
- Pochi seppero accettare la sfida, tra questi Aldo Moro, che iniziò a sviluppare una riflessione profonda
sui mutamenti in atto nella società italiana e che mostrò una grande capacità di ascolto nei confronti
degli studenti
- Il Sessantotto segnò un fallimento educativo: i genitori e gli insegnanti non seppero trovare dei motivi
convincenti da opporre alle proteste
¯ dopo il ’68, la dimensione educativa non ha più trovato una forma adeguata nei rapporti tra adulti e
giovani
- Difendere se stessi e le proprie posizioni contro i giovani, ossia i loro potenziali eredi, mostrò da parte
delle classi dirigenti incapacità a svolgere il loro ruolo e inadeguatezza rispetto alla propria missione
educativa: il carattere internazionale del Sessantotto doveva essere un segno evidente che ampi
movimenti storici erano in corso, ma le “tigri di carta” delle istituzioni non lo compresero
8. Contestazione globale
à la rivolta giovanile da scontro generazionale è diventata contestazione globale
• Criticare il progresso, rifiutare il sistema
- L’obiettivo divenne l’intero sistema// termine con cui si indicava l’insieme delle istituzioni e i legami
che le univano: università, scuola., famiglia, fabbrica, ospedale, manicomio
- Il Sessantotto, al contrario del terrorismo degli anni ’70, non considerava le persone “simboli” delle
istituzioni e quindi bersagli da colpire, denunciava piuttosto le “strutture” scaturite da un intreccio tra
economia e politica, società e cultura ormai con orizzonti internazionali
- Nella ricerca di analisi di quanto stava avvenendo, larga diffusione ebbe la “teoria critica della società”
della Scuola di Francoforte di Adorno e Horkheimer
o Nella loro opera Dialettica dell’Illuminismo, essi denunciavano il primato della ragione strumentale
e gli effetti “regressivi” del progresso
o La ragione è strumentale nel senso che instaura un rapporto definito tra certi mezzi a disposizione e
certi fini che si vogliono raggiungere: denunciando ciò, criticavano proprio ciò di cui gli occidentali
del XX secolo andavano orgogliosi, cioè il progresso identificato con una ragione strumentale
separata da spinte ideali, principi etici e riferimenti umanistici
o Lo sviluppo tecnologico fine a se stesso aveva reso possibile un’impresa mostruoso come la
persecuzione degli ebrei in Europa
- Anche Marcuse fu un grande riferimento, perché estese la “teoria critica della società” alle nuove forme
di capitalismoà la sua opera L’uomo a una dimensione divenne un manifesto della contestazione
o Egli denunciava il fatto che la società nel suo insieme era irrazionale: la sua produttività tende a
distruggere il libero sviluppo di facoltà e bisogni umani, la sua pace è mantenuta da una costante
minaccia di guerra à si stava instaurando una nuova forma di totalitarismo
o Critica della società che si fondava su due giudizi di valore: il giudizio che la vita umana è degna di
essere vissuta e il giudizio che in ogni società esistono possibilità specifiche per migliorare le
condizioni in cui essa si afferma à presupposti umanistici
- L’approccio umanistico fu alla base anche del tema della non-neutralità della scienza: la scienza, che
aveva prodotto la minaccia atomica e che esercitava un così forte dominio su tanti aspetti della vita
umana, non poteva considerarsi normale à essa era diventata irrazionale: un mondo sempre più
tecnologicamente avanzato e disumano sarebbe giunto a manipolare l’uomo fino a metterne in
discussione la definizione stessa “essere umano”
¯ questo tema dell’avanzamento tecnologico apparve poi sempre più normale e impossibile da criticare:
era quello che già Marcuse denunciava allora, la tendenza ad accettare passivamente la società
contemporanea, rinunciando alla propria libertà
- Marcuse sosteneva che per far esplodere questa società era obsoleta una scelta rivoluzionaria di tipo
tradizionale, per questo davanti al movimento studentesco si aprì a nuove speranze: egli riconosceva in
questa ribellione la caratteristica di essere totale, per cui avrebbe potuto far comparire una nuova
coscienza MA “soltanto alleandosi con le forze che si oppongono al sistema ‘dall’esterno’, tale
opposizione può diventare una nuova avanguardia”
• Liberare se stessi
- Nel suo libro più importante, Eros e civiltà, Marcuse aveva formulato l’ipotesi di una società “liberata”,
non repressiva
- Egli confutava le tesi di Freud e compagni sostenendo che essi accettavano passivamente la repressione
imposta dalla società, sovrapponendo il “principio di realtà” al “principio di prestazione” (ciò che si
deve fare in relazione al proprio ruolo nella società)
- La società, per Marcuse, sopprimeva i bisogni umani, creandone di artificiali e impedendo quindi la
liberazione degli individui attraverso il soddisfacimento delle pulsioni vitali: proprio per questo, in
questo senso, anche le società democratiche erano intrinsecamente totalitarie
- Nel Sessantotto queste idee erano molto diffuse, soprattutto per quanto riguarda l’importanza data alla
“realtà” profonda dei desideri à la contestazione faceva spesso uso del linguaggio della psicanalisi,
convinta del fatto che i processi dell’inconscio avessero un forte impatto anche all’esterno dell’individuo
e sull’intera società
- Si diffuse quindi l’idea che contro la “razionalità del sistema” bisognasse far emergere liberamente l’
“irrazionalità dell’inconscio” à la contestazione veniva spiegata in termini psicanalitici come una
liberazione del desiderio dissidente che sconvolgeva il sistema
- Le “istituzioni totali”// espressione usata da Goffman per indicare le istituzioni realizzate per gestire
persone non in grado di provvedere a se stesse, per separare dal contesto sociale chi costituiva un
problema per la società non per sua volontà eccà esse dimostravano in modo evidente quanto i
meccanismi del sistema penetrassero in profondità nelle persone
¯ il dibattito sulle istituzioni totali si allargò a considerare tutte le istituzioni sotto l’angolatura dei
meccanismi di controllo e repressione
- In questo dibattito ebbe grande rilevanza l’antipsichiatria, movimento che contrastava le teorie e le
pratiche fondamentali della psichiatria dominante: in questo campo, Cooper e Laing misero a fuoco le
strutture alienanti che venivano riprodotte dappertutto per imporre “normalità” à le istituzioni erano in
questo senso preposte a creare e mantenere condizioni da cui non era possibile sfuggire se non con la
pazzia o la rivolta
• Dall’ “istituzione totale” all’ “istituzione aperta”
- Si doveva affrontare il problema dei manicomi: l’antipsichiatria cominciò a spiegare che i folli non lo
erano diventati per colpa della loro malattia, quanto piuttosto perché subivano il “trattamento
manicomiale”
- La psichiatria era considerata uno strumento brutale di segregazione, il cui fondamento era l’
“integrazione come valore”: in questo senso, la psichiatria non si proponeva di cercare la terapia per
guarire il malato, ma ero uno strumento al sistema à era al servizio dei “sani”, non del “malato” ~ il
matto era una creazione del sistema
si negavano i conflitti obiettivi spacciandoli per conflitti psicologici, si negava l’importanza ai fatti
storici, si ignorava il problema della libertà e le difficoltà di adattamento del singolo a realtà socio-
ambientali precostituite à Laing e Cooper rifiutavano la “falsa obbiettività tecnica dietro a cui si
nascondevano le dinamiche del potere”
- Nell’antipsichiatria c’erano però diversi atteggiamenti di fronte alla follia: si concordava sul fatto che i
comportamenti devianti contenessero una loro verità e possedessero una paradossale potenzialità
eversiva, ma questo non significava necessariamente accettare “l’elogio della follia”
- Laing e Cooper giungevano a considerare l’episodio schizofrenico paragonabile per certi aspetti
all’esperienza dei mistici: il Sessantotto creò infatti inedite aperture all’esperienza mistica
- Questa revisione dell’atteggiamento verso il malato psichico condusse a novità importanti rispetto
all’istituzione manicomio, in Italia condotte da Basaglia: egli sosteneva che il medico doveva avvicinarsi
al paziente e mettersi dalla sua parte, stabilire una relazione, prendere in carico tutta la persona:
rivoluzione che portò in Italia alla chiusura dei manicomi
¯ Egli realizzò inoltre l’utopia dell’ “istituzione aperta”, con la quale il Sessantotto abbandonò il suo
aspetto puramente destruens per acquisirne uno più construens: con questo termine egli intendeva
promuovere il “mantenimento della soggettività del ricoverato, anche se la cosa può andare a scapito
dell’efficienza generale dell’organizzazione”, attraverso una realtà dove la libertà diventa norma e il
paziente si abitua lentamente ad usarla !! rottura della rigidità dei ruoli, del rapporto oggettuale con il
paziente, del rapporto autoritario ecc
• Una strana militanza
- Il Sessantotto fece emergere sempre di più una militanza impegnata su un forte coinvolgimento
personale: bisognava essere capaci di mettere in discussione se stessi, non solo tutti i rapporti che
reggono la società, ma anche quindi tutti gli atteggiamenti mentali che sottintendono tali rapporti à
grande spinta autocritica per questo forte nesso tra l’esterno e l’interno ~ “contesta te stesso”
- Il coinvolgimento personale richiesto dal movimento non coincideva con una sottomissione del privato
alle esigenze del pubblico, ma sollecitava piuttosto un modo di vivere senza scissioni tra pubblico e
privato; non una vita quotidiana sacrificata alla politica, ma una politica che passava anche per le scelte
della vita quotidiana ~ “tutto è politica”
à tutto ciò rifletteva le incertezze del movimento e i problemi di una contestazione che non è mai giunta
a definire in modo rigoroso i propri contenuti
- Una problematica era la distinzione tra autoritarismo e autorità, che non veniva percepita, e il confine
tra la critica del primo e la lotta contro la seconda venne di fatto superato à implicitamente,
delegittimare un esercizio dell’autorità che non assolveva la funzione cui era destinata, significava anche
evocare un altro tipo di autorità, non autoritaria ma autorevole
¯ Fortini in questo senso discusse molto e concludeva che le disuguaglianze potevano esistere anche in
una società senza classi: bisogna secondo lui assumere il termine “autorità” in senso positivo, perché
l’essere autenticamente autorevole significherebbe essere sempre meno autoritario, sempre più
disgiunto dal potere
- Il tema dell’autorità si intrecciò con quello della verità, come la prima infatti, anche la seconda richiede
un assenso e impone quindi un limite alla contestazione: cercare la verità costituiva per i sessantottini
un imperativo imprescindibile, MA la sola denuncia delle mistificazioni non risolveva il problema
¯ per i contestatori rifiutare l’autorità non significava rifiutare tout court la verità, ma impegnava ad
avviare una ricerca per trovarla davvero