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SUMMIT: Sessantotto, A.

Giovagnoli

1. Conformismo e dissenso nella società di massa


à Uno stretto legame unisce il ’68 alla storia della società di massa, che è il volto novecentesco della modernità
• Società di massa// “Società caratterizzate da un significativo ruolo delle masse nello svolgimento della
vita politica e sociale, ma anche da una loro crescente omologazione, perdita di autonomia individuale,
atomizzazione, conformismo, facilità di manipolazione ed eterodirezione”
• Il ’68 ha raccolto l’eredità di molti che in precedenza avevano criticato e contestato la società di massa
del XX secolo MA allo stesso tempo se ne distaccò perché si sviluppò in un momento di ulteriore e
cruciale cambiamento
• Il ’68 ha interessato giovani appartenenti alle élite dominanti, come alle classi meno abbienti e si è
espresso come una ribellione sul terreno culturale ed economico-sociale contro il conformismo etico
della società di massa
• Confluiti diversi filoni
1. Élite alternativa
2. Avanguardie artistiche: cubismo, futurismo, espressionismo, ma soprattutto
- Dadaismo: corrente artistica sorta nel 1916 a Zurigo che si rivoltava contro i valori estetici affermati dal
“sistema” dell’arte per nascondere gli orrori della guerra e occultare le responsabilità della borghesia,
nel tentativo ancora non maturo di ricomporre la frattura tra arte e vita ~anticipò aspetti delle prossime
avanguardie
- Surrealismo: corrente artistica nata in Francia alla fine degli anni ’20, che supportava una critica radicale
alla razionalità cosciente a favore di una liberazione delle potenzialità dell’inconscio, stato conoscitivo
in grado di andare “oltre” la realtà
à punto comune: nuova esigenza che l’arte agisse immediatamente sulla vita e sulla realtà, in modo
che anche il gesto artistico diventi esso stesso un atto rivoluzionario
- Questa liberazione personale si saldava quindi ad una rivolta sociale, infatti queste avanguardie si
intrecciarono e si contrapposero alla cultura di massa:
o La cultura di massa si è proposta essenzialmente come intrattenimento e informazione ed è stata
generata da un’industria culturale orientata anzitutto al profitto
o Essa fu funzionale ai processi di integrazione nella società di massa stessa, contribuì infatti alla
formazione delle strutture cognitive di milioni di persone
o Cultura di massa= conformismo di massa ß crescita economica (e quindi generale aumento del
benessere)+ mass media+ pubblicità à generale omogeneizzazione dei costumi e degli stili di vita
3. Gruppi socialmente minoritari: uomini e donne di colore, bianchi di strati sociali poveri
- Tutti questi gruppi mantenevano viva una sensibilità “extra sistema” e quindi alimentarono la cosiddetta
controcultura degli outsider
- Filone musicale in primo piano (soprattutto gli afroamericani): jazz, blues, gospel per i neri e folk e
country per i bianchià affidavano alla musica esperienze e sentimenti della loro vita emarginata e
drammatica
• Paradossalmente, a preparare le contestazioni fu proprio la generazione che i giovani del ’68 avrebbero
poi duramente criticato, cioè la generazione dei loro genitori, che avevano inconsciamente coltivato,
fino a dimenticarlo, un senso distacco dall’eredità prebellica
!! La 2GM lasciò ricordi di morte e violenza, che però vennero assunti dalla coscienza collettiva
solo gradualmente
à Nell’immediato dopoguerra ci fu piuttosto una corsa verso il benessere, la pace, nuovi valori,
la democrazia, la sicurezza, l’integrazione: la volontà di creare un nuovo ordine politico,
culturale, economico, sociale es. Carta Atlantica (’41), nascita dell’ONU (’45), Dichiarazione
universale dei diritti dell’uomo (’48), gli accordi di Bretton Woods (’44) ecc
MALGRADO questi “miglioramenti ufficiali”, la maggior parte degli uomini e delle donne che
vissero la guerra conservarono inconsciamente un “senso di colpa”
!! I figli colsero nei loro genitori la contraddizione tra un inconfessato peso del passato e i
precetti morali che venivano ufficialmente proclamati
• Questo inconscio dei padri iniziò ad emergere attraverso i figli con la beat generation
- Beat generation// generazione nata negli anni postbellici ai margini della società e della cultura di massa
americana
- “Beat”// sentirsi svuotati, insofferenti della banalità, è “uno stato d’animo spoglio di ogni sovrastruttura”
(cit Holmes)
- Generazione che non ha potuto vivere in maniera normale ed innocente la propria gioventù a causa della
guerra
- Trovano la propria vera identità in una visione poetica della realtà e hanno quindi disprezzo di quelle
conquiste economiche della classe media degli anni ’40 e ’50 (esse manifestano l’artificiosità del
“paradiso materiale”)
- Preannunciano quasi tutti temi del ’68 (timori per lo sviluppo delle tecnologie, la violenza delle idee
dominanti, la manipolazione, la corruzione ecc) MA SOPRATTUTTO preannunciano l’atteggiamento
di fondo che ha animato il ’68: non un’ispirazione politica, ma piuttosto letteraria, artistica, esistenziale
- Manifesto della generazione: romanzo beat On the road di Kerouac, in cui è descritto un viaggio
attraverso tutti gli USA con uno sguardo opposto da quello dell’ordine borghese
- Provocazione, negazione, attacco, autodistruzione: fu una generazione che non progettò di cambiare il
mondo, ma di uscire da quello in cui vive, attraverso l’attaccamento alla droga, alla povertà, alla periferia,
al disordine
- Si immersero nel mondo dei neri americani, infatti cominciarono ad essere chiamati “negri bianchi” e
“hipster”
- Quando questa rivolta individuale iniziò ad assumere una dimensione collettiva, si sentì l’esigenza di
creare uno spazio sociale alternativo: il Greenwich Village. dove era possibile vivere in un mondo beat
• Un’intera generazione di giovami americani “normali” si avvicinò alla beat generation e trasformò i
loro atteggiamenti in atteggiamenti di massa
!! I giovani nati post 2GM erano una generazione molto numerosa (baby boom degli anni ’50), che
viveva in mondo con molto lavoro (diminuzione consistente della disoccupazione) e quindi grande
sicurezza: questo diede loro la percezione di un’identità condivisa, supportata dalla novità che il mercato
li riconosceva come un gruppo sociale specifico
MA complessiva e conseguente distanza intergenerazionale, soprattutto per la diffusione di un nuovo
tipo di musica, il rock’n’roll
Es. Elvis Presley: divenne il simbolo di una generazione, delle sue aspirazioni e trasgressioni
INOLTRE stava avvenendo un vasto processo di globalizzazione, accelerata dal consumismo, sulla base
dell’American Way of Life: in Europa i giovani attinsero stimoli da parte dei coetanei americani che
comunicavano modernizzazione, anticonformismo, democrazia
Es. Beatles
à Cominciò a formarsi la prima generazione globale, costituita su un elemento identitario generazionale
transnazionale verso la modernizzazione della società

2. Globalizzazione culturale
• Nuova possibilità che emerge: il dialogo// questa possibilità ed esigenza da parte delle nuove generazioni
significava mettere implicitamente in discussione il principio di autorità e forza della legge
à nuovo clima a livello macro della Guerra Fredda a partire dai primi anni ‘60// periodo detto della
“distensione”, cioè in cui tra i due blocchi iniziarono ad intravedersi delle convergenze negli obiettivi
(es. corsa nello spazio), soprattutto per quanto riguarda la minaccia nucleare, e quindi un inedito dialogo
e conseguente attenuazione della contrapposizione ideologica
à nuova stagione politica in Italia// la nascita del centro sinistra, cioè un’alleanza tra cattolici, laici e
socialisti ANCHE SE il “non governo” del centro sx dal pv delle riforme rese più aspre le lotte
studentesche
• Persistenza del rischio nucleare
- Ulteriore indebolimento delle forme di autoritarismo
- Diminuzione del peso delle ideologie differenti tra i due blocchi
- Agli occhi delle nuove generazioni (le prime cresciute “all’ombra dell’arma atomica”, cit. Arendt) il
terrore nucleare svelava le contraddizioni e le ipocrisie della generazione dei padri
- Nuova e critica visione del progresso tecnico-scientifico, ora scisso dal progresso della civiltà
à Il rischio gravissimo a cui è esposto il mondo a causa delle scelte del passato generava l’esigenza di un
futuro totalmente svincolato da passato, quindi utopico: si guardava alla Cina di Mao e alla Cuba di Castro
à Il rischio della minaccia nucleare “globalizza” i destini individuali e collettivi
• Decolonizzazione, diritti civili e motivi ideali comuni
- Primi decenni della Guerra Fredda// decolonizzazione à fonte simpatia per il cosiddetto “Terzo mondo”
da parte dei bianchi
- Anni ’50-’60 negli USA: lotta per i diritti civili degli afroamericani
o 1955: episodio di Rosa Parksà movimento di boicottaggio dei mezzi pubblici di Montgomery
o 1960: quattro ragazzi neri si siedono in un locale vietatoà nasce la nuova modalità di protesta del
sit-in
o 1960: nasce la prima organizzazione di studenti di colore, lo Student Nonviolent Coordinating
Committee (SNCC)
o 1963: marcia a Washington per i diritti civili a sostegno del Civil Rights Act à celebre discorso di
Martin Luther King I have a dream, che espresse un “sogno” che non valeva solo per i neri, ma per
tutti i cittadini americani: il rispetto nei cfn delle minoranze e la democrazia che abbraccia ricchi e
poveri poteva rendere più felice l’intera comunità americana !! testo che illumina molto bene il
retroterra culturale e sociale (prima che politico) del prossimo ‘68
- Ideali e battaglie che circolarono tra i giovani di tutto il mondo attraverso la musica: We shall overcome
di Baez (’63), Blowin’ in the Wind e The times they are a-changin’ di Dylan (’62 e ’63) esprimevano il
bisogno di un cambiamento già in parte in atto
- 1960: nascono, in esplicito collegamento con le rivendicazioni degli afroamericani, gli Students for a
Democracy Society (SdS) à gli studenti bianchi e gli afroamericani capirono di avere gli stessi motivi
ideali di uguaglianza e di diritto di espressione e partecipazione
¯ gli studenti bianchi portarono questi ideali condivisi in università: nell’università di Berkeley gli
studenti si opposero alla modalità anacronistica di didattica dell’università e fondarono il Free Speech
Movement
- 1967: la Corte Suprema confermò la condanna di Martin Luther King per la marcia del ’63 e gli studenti
di Berkeley per le proteste in università, lasciando trapelare però la propria debolezza e contraddizione,
in quanto nelle dichiarazioni affermava “Neppure ragioni tanto apprezzabili come quelle degli studenti
di Berkeley, come la pressione urgente della condizione dei negri, giustifica l’uscita dalla legge” à è
palesemente in atto un conflitto tra motivazioni morali e norme legali
• Grande fascino e ammirazione per la Cina di Mao Zedong, dove le Guardie Rosse avevano sbaragliato
i vecchi dirigenti (mitizzazione della realtà cinese), e l’America Latina di Che Guevara (innalzato ad
eroe che dona la sua vita per i diseredati) à motivo di unione per i giovani di tutto il mondo
• La Guerra in Vietnam (1965-1975): altro motivo di coesione generazionale mondiale
- Ebbe la valenza di una lotta per la liberazione di un popolo del Terzo mondo contro il nuovo
“neocolonialismo” americano
- Prima guerra “vissuta”, grazie alla presenza dei mass media nel territorio di guerra: immagini che ebbero
un impatto immediato su milioni di persone e svelarono ancora una volta le contraddizioni del sogno
americano
- Mobilitazione per la pace nel Vietnam e per i temi dell’antimilitarismo nelle università americane e ben
presto europeeà diventano momenti di consolidamento di un’identità generazionale e anche di
opposizione più in generale anti-istituzionale e di rivolta contro le autorità ~ permise di reimpostare “la
questione della lotta di classe su uno sfondo mondiale”
• Nel corso degli anni ’60, a partire da Greenwich Village, cominciò a svilupparsi il movimento hippy:
movimento di giovani che avevano creato una vita comunitaria e sviluppato una loro controcultura
basata sull’eredità della cultura beat e sulle religioni orientali, oltre all’uso di allucinogeni e alla
liberazione sessuale ~era uno “youthquake”

3. Chiesa e Sessantotto
• Ottobre 1962: si apre il Concilio Ecumenico Vaticano II, convocato da Papa Giovanni XXIII// inizio di
un tempo nuovo nella storia del cattolicesimo
- Si avviò un lento e graduale superamento dell’architettura istituzionale della Chiesa cattolica, modellata
nel Concilio di Trento (1545-1563): per secoli era rimasta simile alle altre istituzioni portanti
dell’occidente, a partire da quella politica, per cui avente un robusto collegamento tra centro e periferia
à non viene definito un nuovo assetto istituzionale, ma viene proposta una prospettiva, degli obiettivi
nuovi
- Sguardo storico e nuovo su diversi temi: liturgia, Scrittura, ecumenismo, missioni, rapporto con le altre
religioni, libertà religiosa, rapporti tra Chiesa e mondo
- Tre grandi bussole
1. Aggiornamento: superamento di un modo di essere Chiesa irrigidito nelle forme impresse da uno
specifico contesto storico, quello europeo del XVI-XIX secolo
2. Ritorno alle fonti: tale aggiornamento era da realizzarsi collegandosi al cristianesimo delle origini e
dei Padri della Chiesa, quindi a una tradizione ora trasmessa in modo dinamico
3. Evoluzione e sviluppo nella storia della Chiesa: viene analizzato lo strappo storico con le fonti
originarie del Cristianesimo e con la Tradizione, dal quale si era originato quell’invecchiamento che
si voleva contrastare
Es. Liturgia: viene riscoperta la sua eredità ebraica e la sua tradizione nelle prime comunità cristiane
Ecumenismo: ci si avvia sulla strada del superamento della frattura tra Oriente ed Occidente
Chiesa-Impero: vengono prese le distanze dai rapporti con lo Stato e si abbandona la pretesa
di poter subordinare lo Stato alla Chiesa
- Convergenza di sollecitazioni provenienti da aree diverse del mondo, con l’obiettivo comune e
prioritario di annunciare il Vangelo agli uomini e alle donne contemporanei
- Grande presenza di vescovi che venivano dal mondo non europeo à nuova immagine di Chiesa in
sintonia con il cambiamento in atto negli equilibri tra Nord e Sud del mondo
- Collegamento profondo ma non diretto con il Sessantotto: entrambi gli avvenimenti storici hanno messo
in discussione molte tradizioni e l’idea stessa di tradizione, molte istituzioni e l’idea stessa di istituzione
• Don Milani e la “conversione” delle istituzioni
- Figura atipica del cattolicesimo italiano pre-conciliare, conciliare e post-conciliare, Don Milani ebbe
sempre un alto senso della sua missione e delle responsabilità che ne derivavanoà su questo impianto
borghese si innestarono però le motivazioni teologiche e l’assoluta obbedienza che mostrava nei cfn dei
suoi superiori
- Viene mandato ad essere priore a Barbiana, piccolo paesino sperduto negli Appennini, nel 1954
- Fece di tutto per salvare da sé stessa l’istituzione ecclesiastica, che considerava inadeguata agli alti
compiti che le erano stati giustamente assegnati à si avvicinò quindi a coloro che erano ai margini della
Chiesa e di cui questa sembrava essersi dimenticata: sentiva che i vescovi e gli ecclesiastici si stavano
rinchiudendo nelle regole e nelle logiche dell’istituzioni, dimenticando la vita reale della Chiesa e i
poveri ~ autoreferenzialità dell’istituzione ecclesiastica che sfuggiva alle sfide del cambiamento storico
- Sosteneva un’idea missionaria di Chiesa e un conseguente progetto di questa alle dinamiche della storia
- Nella stessa modalità cercò di salvare l’istituzione scolasticaà diede vita alla Scuola di Barbiana, una
scuola popolare fatta da coloro che l’istituzione scolastica non riusciva ad educare ed inserire, fallendo
quindi il suo scopo
!! Lettera a una professoressa rappresentò un documento di forte contestazione che il Sessantotto poi
adottò come uno dei suoi più importanti documenti programmatici
à PERÒ Don Milani non voleva abolire l’autorità, ma cambiarla, non voleva abolire il centro, ma
portare al suo interno coloro che stavano in periferia
• Contestazione cattolica e ortodossaà il Sessantotto si intrecciò molto con il dibattito post-conciliare,
che aveva fatto virare la Chiesa verso una maggiore attenzione al Terzo mondo, una riforma liturgica,
l’impegno per la pace ecc.
- Associazionismo cattolico
o l’Azione cattolica aveva iniziato un percorso di cambiamento e stava cercando di prendere le
distanze dai protagonisti della guerriglia
o le Acli si distaccarono progressivamente dalla DC e poi idearono la cosiddetta “ipotesi socialista”
o Nasceva Gioventù Studentesca nel 1954 sotto la guida di Don Giussani, gruppo di giovani che
sentivano molto l’impatto delle questioni internazionali e terzomondiste, l’impegno sociale à
divisione in due linee diverse
- La Chiesa continuò a sostenere l’unità politica dei cattolici nella DC, le riviste cattoliche spingevano
invece verso la direzione opposta
- Vera contestazione cattolica: i “controquaresimali” di Trento, l’occupazione della cattedrale di Parma
ecc ~ critica alla gerarchia e contestazione dell’autorità ecclesiastica
- Clèment (professore ortodosso francese) studiò a lungo il maggio francese e ne dedusse che esso fosse
ricolmo di aspetti anticristiani, più che anticlericalià il Sessantotto in quest’ottica si presenta come un
‘ritorno a Dioniso’, per andare contro a una Chiesa che vedeva Cristo nell’eucarestia e dimenticava
l’uomo
4. Il movimento in Italia: Trento, Pisa, Torino…
• Università d’élite e università di massa
- Fenomeno sociale alla base del Sessantotto: passaggio dall’università d’élite all’università di massa,
infatti, in quegli anni era stato denunciato il fatto che l’Università disponesse “soltanto di un terzo delle
risorse necessarie per far fronte ai suoi impegni”, in primo luogo il grande e repentino innalzamento
degli iscritti à esigenza di un forte cambiamento, ma l’università non era pronta: le strutture, le
organizzazioni e le mentalità erano ancora quelle dell’università d’élite
- Innanzitutto le proteste erano fatte per chiedere spazi più ampi, strutture più moderne, tasse meno elevate
ecc !! esempio della Cattolica di Milano che, dopo l’aumento delle tasse nell’autunno ’67 dovuto a un
mancato finanziamento statale, si vide occupata: inizialmente, sul terreno dei problemi concreti, i
contestatori incontrarono una certa comprensione da parte dei docenti e soprattutto del rettore
Franceschini, MA questo cambiamento non poneva solo problemi concreti
- Crollò il muro invisibile ma solidissimo che divideva i membri delle famiglie benestanti e quelli di
famiglie di lavoratori, MA l’università nella sua natura rimaneva “di classe”: era stata pensata in
funzione della selezione di una ristretta élite e della riproduzione della classe dirigente
¯ i figli di papà non potevano restare insensibili alle difficoltà e alle domande dei loro compagni di
studio figli di operaià vennero dilatati gli orizzonti umani, sociali, culturali e politici grazie alla
scoperta dell’altro, ora tesi verso l’utopia di un futuro comune
• Gli inizi della contestazione a Trento
- Nel 1962 era sorto a Trento l’istituto Universitario di Scienze Sociali, questo costituiva una novità:
l’insegnamento della Sociologia come disciplina autonoma muoveva i suoi primi passi in Italia
- Prima occupazione nel 1966 per richiamare l’attenzione sul mancato riconoscimento della laurea in
Sociologia, obiettivo tra l’altro sostenuto dai vertici dell’Istituto e dai docenti, poi sorprendentemente
raggiunto a livello politico nazionale
- Ottenuto il riconoscimento della laurea però gli studenti cominciarono ad interrogarsi su altri temi: la
struttura istituzionale dell’università, un’adeguata visione della figura istituzionale del sociologo eccà
su questi temi nell’ottobre dello stesso anno scatta un’altra manifestazione, motivata dal dissenso verso
lo statuto e il piano di studi, ma soprattutto dalla visione del sociologo come tecno-burocrate, “servo del
potere”
¯ veniva chiesta una nuova concezione di sociologia come scienza critica e non come tecnica operativa:
a questa alternativa corrispondeva quella tra lo studente come “soggetto” della propria formazione e lo
studente come “oggetto” passivo di una formazione imposta da altri
- In ultima analisi, quello che aveva fatto scattare in loro molti interrogativi era lo scarto tra quanto
studiavano e il futuro che li aspettava
• Occupare le università
- Nel corso del 1967 il movimento studentesco si sviluppò in altre università italiane, dal nord al sud, e
che è ricorso allo strumento più duro di lotta, cioè all’occupazione
- A novembre il movimento studentesco occupò palazzo Campana, la sede delle facoltà umanistiche di
Torino: la protesta partì da una questione molto concreta, la decisione di spostare le facoltà umanistiche
in una sede lontana, ma fin dall’inizio si pose obiettivi più ampi, diffusi soprattutto attraverso i
“controcorsi”, che sarebbero dovuti diventare il primo nucleo di un’università alternativa
- Lo studio, la conoscenza e la ricerca non venivano affatto rifiutati: quello che veniva rifiutato era la
modalità autoritaria della trasmissione del sapereà il nuovo metodo di apprendimento si sarebbe dovuto
basare quindi sulla critica, intesa come consapevolezza del carattere separato e artificioso delle
istituzione educative e rifiuto di tale separazione
- Altro problema degli studenti torinesi: il problema della natura di classe dell’università, per cui i laureati
figli di operai venivano assorbiti dall’industria, dalla burocrazia ecc, proprio perché “sotto le false
spoglie di una selezione culturale e scientifica si attua in realtà una selezione sociale”
à tutto gli studenti in ultima analisi non volevano diventare strumenti involontari del mantenimento dello
status quo
• Dalla delega all’assemblea
- In precedenza negli atenei erano presenti organizzazioni che riproducevano in piccolo i partiti politici
nazionali es. Ugi (studenti di sx), Intesa (legato alla DC), Fuan (legato al Msi), Agi (studenti liberali)
- Queste organizzazioni della rappresentanza universitaria vennero spazzate via tra la fine del ’67 e
l’inizio del ’68 per fare spazio a un nuovo soggetto: il movimento studentesco
- Il movimento rifiutava qualsiasi legame con la politica nazionale e anche i principi di rappresentanza e
delegaà NO a qualsiasi forma di mediazione
- Prevaleva la spinta al coinvolgimento in prima persona di tutti, in un’ottica di mobilitazione collettiva e
permanenteà la politica prima di tutto era la possibilità di esprimere sé stessi
- L’assemblea era la forma abituale in cui si esprimeva il movimento studentesco: il tema dominante era
il movimento stesso, la sua identità, le sue prospettive, le sue azioni e lo sviluppo
- Il movimento consisteva quindi nella ricerca di un’alternativa alle istituzioni, non nella creazione di
nuoveà la realizzazione di uno spazio deistituzionalizzato
- L’informalità alla partecipazione (libera al massimo, nessuna iscrizione ecc) favorì un forte senso di
appartenenza ~ era una scelta di vita
• Dalla solitudine alla festa: la forza dell’incontro
- L’impegno politico era fortissimo, ma contava altrettanto l’esperienza esistenziale: “era sparita non solo
la solitudine, ma la possibilità stesso della solitudine”
- Solitudine intesa come disagio causato dai processi di sradicamento e detradizionalizzazione di cui il ’68
è stato rivelatore
- Comune senso di festa che accompagna l’incontro con l’altro, quando vengono meno le barriere
consolidate à si poteva sperimentare un’inedita solidarietà tra figlio dell’ingegnere e dell’operaio
- L’altro era presente attraverso la consapevolezza di vivere un’esperienza che superava i confini
nazionali e le distanze geografiche ~ transnazionalità generazionale che ha generato un’inedita alleanza
non politica ma umana
- Cambiarono anche i rapporti tra ragazzi e ragazze: le seconde sperimentarono libertà prima d’allora
sconosciute, date dall’improvvisa novità di trasgredire regole e orientamenti che non imponevano solo
limiti esteriori ma penetravano anche nella coscienza di sé
• Cambiare il mondo
- L’esperienza del movimento studentesco è stata descritta da Alberoni con l’espressione “stato nascente”,
inteso come gruppo di persone che si unisce per creare una forza nuova contrapposta alle istituzioni
quando si arriva ad una situazione di frattura tra gli individui e l’ordine vigente
- Questa espressione implicava per definizione una fase provvisoria, il movimento del Sessantotto
secondo Alberoni avrebbe costituito quindi un passaggio intermedio verso la formazione di nuove
istituzioni
MA non era questo che volevano i giovani, volevano piuttosto vivere sempre in quella condizione di
“stato nascente”
- Il desiderio dei giovani di trasformare la società si allargò e si approfondì divenendo voglia di cambiare
il mondo à l’orizzonte restava ancora l’università, ma cresceva la convinzione di una necessaria visione
globale nel guardare ai problemi universitari
- Inizio ’68: durante un’altra occupazione a Trento gli studenti misero a fuoco la natura dell’università
quale struttura produttiva di merci (gli studenti, in quanto forza lavoro qualificata)
¯ tentativo da parte degli studenti trentini e di altre università di avvicinarsi a un’analisi di tipo marxista,
in modo da dare un aspetto “scientifico” alle elaborazioni del movimento studentesco ~ in realtà una
forzatura

5. Da Valle Giulia alla periferia di Roma


à la “battaglia” di Valle Giulia, 1 marzo 1968// episodio più noto del Sessantotto romano, che aprì una nuova
fase del movimento studentesco a Roma e in Italia
- Le settimane prima gli studenti avevano occupato l’ateneo romano conseguendo un importante successo
sul profilo simbolico, cioè la discussione del voto d’esame tra il docente e gli studentià il nucleo
autoritario del rapporto docente-studente era ormai incrinato !! la polizia interviene per sgombrare
Lettere e tutte le altre facoltà dell’ateneo (29 febbraio)
- Nei giorni dopo si decide di andare a Valle Giulia per aiutare gli studenti di Architettura a rioccupare la
loro facoltà
- Evento sorprendente: gli studenti resistettero ed ebbero il sopravvento, tanto che anche molti agenti
rimasero feriti à quello che li spingeva non era solo l’incoscienza dell’età, ma anche la convinzione
che il vento della storia soffiava dalla loro parte
¯ per giorni i quotidiani nazionali continuarono a parlarne diffusamente
- La contestazione non era riconducibile agli schemi della politica corrente, dicevano “tutto è politica”,
prima di ogni cosa il loro percorso esistenziale
- Questo evento fece emergere il problema del rapporto tra movimento e violenza, una delle
contraddizioni del Sessantottoà gli studenti erano ancora lontani dall’idea dell’uso della forza (infatti
le loro modalità di lotta erano il sit-in, gli scioperi ecc), anche se si invocava spesso alla violenza (Che
Guevara, le Guardie rosse) !! era però una legittimazione della violenza degli altri, non della propria
• Uscire dalla condizione borghese
- In una sua poesia Pasolini sottolineò una verità importante: gli studenti che combattevano a Valle Giulia
erano ricchi e privilegiati, i poliziotti erano proletari e sfruttati, ma soprattutto gli studenti non sapevano
riconoscere i proletari di cui tanto parlavano quando li avevano davanti
¯ Pasolini quindi li invitò a collaborare con il Pci, quindi a rientrare negli schemi della politica
“normale”, proprio ciò che il Sessantotto non voleva, perché avrebbe dovuto abbandonare la propria
carica utopica!
- Però questa verità svelata li cambiò: dopo Valle Giulia, gli universitari del movimento cominciarono un
singolare cammino per incontrare davvero i poveri, gli operai, i proletarià questa fu la tappa cruciale
per uscire dall’università e aprirsi alla società reale, andare verso le periferie di Roma
- Il movimento cominciò a concepirsi in una dimensione sempre più cittadina, per cui lo “studente
eversore” stava passando a una generale “contestazione sociale e politica” orientata verso
l’organizzazione permanente del dissensoà la lotta quindi passava dall’istituzione scolastica a tutte le
istituzioni
- Per fare questo, lo studente inteso come “figura sociale complessa” caratterizzato da “carica eversiva
generale” doveva rifiutare la sua normale condizione di studente, quindi la sua condizione borghese,
salto qualitativo che l’avrebbe portato a diventare definitivamente “militante rivoluzionario” ~ svolta
innanzitutto esistenziale
- L’Unione dei marxisti leninisti, gruppo filomaoista che esprime bene il sentore di quel periodo,
sosteneva che la fuoriuscita dal mondo borghese non poteva essere realizzata se non attraverso una
stretta unione con le masse
• Dal centro alle periferie
- I giovani universitari si spinsero verso gli insediamenti di baracche che si trovavano ai margini di Roma,
abitate per lo più da immigrati provenienti dall’Italia meridionale: baracche senza bagno, senza acqua
né riscaldamento, gas e talvolta neppure la luce
- Scuola 725 all’Acquedotto Felice, iniziativa di don Sardelli, che decise di andare a vivere vicino a quei
ragazzi
- Difficili condizioni materiali+ isolamento a livello umano e anche istituzionale+ ostilità da parte degli
abitanti dei quartieri vicini à integrazione molto scarsa
- La presenza di un così alto numero di baraccati (alcune centinaia di migliaia) venne percepita come un
problema che non poteva essere ignorato nella capitale, tanto che se ne iniziò a parlare come “Terzo
mondo sotto casa” à avvertito come grave scandalo dal movimento studentesco, anche per la sensibilità
maturata per i paesi latinoamericani, asiatici, africani
¯ questa era l’ennesima conferma delle contraddizioni del sistema e delle responsabilità della borghesia
- Obiettivo degli studenti: spingere gli abitanti a organizzare lotte politiche partendo da rivendicazioni
specifiche riguardo che cosa mancava loro MA spesso si scontrarono con l’indifferenza o
l’incomprensione di molti baraccati ~ era un’immaginazione sociologica troppo astratta per loro
- Questa esperienza provocò in loro domande inquietanti non solo sul sistema, ma anche su loro stessi,
che si trovavano infatti in una condizione di forte contraddizione !! alcuni addirittura fecero la scelta di
andare a vivere in baracca
à di fondo c’era una forte esigenza morale do annullare una distanza umana avvertiva come molto
profonda e una disuguaglianza sociale percepita come inaccettabile
• La Comunità di Sant’Egidio// gruppo di studenti di un liceo che raccolti da Andrea Riccardi si riunirono
nel febbraio 1968 per parlare della solitudine e più tardi diventeranno una comunità, collocabile nel
clima di rinnovamento creato dal Concilio Vaticano II
- Spinta aggregativa spontanea, collocazione extra-istituzionale intorno al richiamo evangelico
- I primi membri avvertirono la tipica spinta morale sessantottina verso un’esistenza nuova legata a una
realtà umana ampia, radicale e giusta MA si distinsero per l’importanza attribuita al Vangelo e a varie
espressioni di fede cristiana
- Progressivo coinvolgimento nelle vicende delle famiglie dei bambini baraccati che andavano ad aiutare
a studiare che sfociava nella trasmissione di una speranza comune, nel riconoscimento dell’altro
- Non si trattava di estendere la sfera di influenza delle istituzioni ecclesiastiche dal centro alle periferie,
a di pensare a una Chiesa che rinasca dalle periferie

6. Il maggio francese
à nel maggio del ’68, molti studenti si spostarono in Francia: il ’68 infatti raggiunse il suo culmine a Parigi e
in altre città francesi
• A Nanterre, tra la fine del ’67 e l’inizio del ’68 si venne preparando il terreno della rivolta
- Nanterre era una struttura universitaria umanistica creata nel ’64 per decongestionare la Sorbona:
separata dalla città e non facilmente raggiungibile
- La contestazione partì dalla facoltà di Sociologia dove, per la costante mancanza di docenti, scoppiò
uno sciopero spontaneo: lo scopo era denunciare le disfunzioni del sistema universitario e rivendicare
una preparazione adeguata a un positivo sbocco professionale
- Durante lo sciopero venne occupato l’edificio delle ragazze (dove i ragazzi non potevano entrare): la
protesta così compì un salto di qualità, perché divenne uno sciopero anche contro l’organizzazione della
vita all’interno del campus, in cui il sistema produceva isolamento, non solo nei rapporti studente-
docente, ma anche studente-studente
- A Nanterre poi si fece avanti la figura di spicco della rivolta, poi divenuto famoso in tutto il Paese, di
Daniel Cohn-Bendit
- Poche settimane dopo, sempre a Nanterre, scoppiarono proteste contro la guerra in Vietnam
¯ nell’apice di una protesta avvenuta dopo la grande offensiva del Tet (febbraio 1968), si occupò un
edificio dell’università, addirittura prendendo direttamente di mira un simbolo del governo dell’ateneo:
durante queste vicende nacque il gruppo “22 marzo”, realtà nuova che seppe mobilitare gli studenti di
Nanterre anche nei mesi successivi
• Il preside all’inizio del mese di maggio chiuse Nanterreà gli studenti si dirigono verso la Sorbona per
protestare contro la chiusura di Nanterre e l’arresto di alcuni loro compagni
- Cominciano a comparire le prime barricate nel centro di Parigi, simbolo della rivoluzione, perché
richiamavano gli avvenimenti del 1789/1848/1870 à le barricate segnavano l’inizio di un ideale spazio
liberato
- La polizia teneva con forza la Sorbona, nella logica politico-militare per cui ciò che conta è controllare
e difendere il centro MA gli studenti miravano non alla conquista del centro, bensì alla liberazione delle
periferie
- Ruolo importante alla radio (“transistors”): gli studenti ricevevano notizie su quanto stava accadendo in
altri luoghi rispetto a quelli in cui si trovavano, cogliendo così a pieno il senso complessivo dell’azione
collettiva che stavano sviluppando
- Dentro gli spazi delle barricate si cominciava già a vivere quella che sarebbe stata la società del futuro,
descritta nello slogan “l’immaginazione al potere”
- A partire dal 3 maggio fu un susseguirsi di manifestazioni, cortei, occupazioni che bloccarono Parigi
per l’intero mese
- Il 10 maggio ci fu una nuova grande mobilitazione, per la disillusione che gli studenti avevano sentito
dopo che il governo non aveva mantenuto la promessa di riaprire la Sorbona: nella notte scattò la dura
reazione delle forze dell’ordine, il Crs à gli studenti, come a Valle Giulia, non scapparono: il Crs era
da combattere perché appariva come il simbolo della repressione totale
- Le notizie girarono ampiamente, provocando in larga parte dell’opinione pubblica una forte reazione
contro le forze dell’ordini: un duro colpo alla credibilità delle autorità e delle istituzioni
- Subito dopo cominciarono a muoversi gli operai: il 13 maggio fu proclamato un grande sciopero
generale, per avanzare rivendicazioni importanti e con il coinvolgimento di un vastissimo schieramento
di lavoratori à il sindacato era sempre più in difficoltà a contenere questa spinta spontanea ereditata
dagli studenti
!! la storia non sembrava più passare attraverso sindacati e partiti, compresi quelli di sx
- Verso la fine del mese la Francia si fermava definitivamente e iniziava il dibattito sulla sfiducia del
governo: quel dibattito però, tenutosi nell’Assemblea nazionale, apparve a molti inutile, ridicolo,
anacronistico
¯ il 24 maggio gli scontri raggiunsero il culmine e De Gaulle fu costretto a sciogliere l’Assemblea
nazionale
• Ci fu una straordinaria rivoluzione comunicativa: era una mobilitazione ricca di contenuti, molte volte
espressi attraverso scritte sui muri di Nanterre, della Sorbona e di altre università occupate ~ grande
esperienza di libertà comunicativa
- Le scritte erano insieme ingenue e aggressive e mostravano chiaramente che il Sessantotto non è nato
sotto il segno dell’ideologie, perché i giovani si erano mobilitati attorno ad un’utopia: il sogno di una
città ideale che né il mondo capitalista né quello comunista erano riusciti a realizzare
- Per gli studenti francesi la contestazione voleva dire innanzitutto creatività, cioè vita
¯ per fare questo bisognava lottare contro la rigidità di un’organizzazione istituzionale della società,
cioè compiere una grande operazione culturale sotto il segno dello slogan “proibito proibire”: l’arma
per questa lotta era la loro libertà creatrice
- L’obiettivo era quello di cambiare la realtà come nessuno aveva mai fatto prima: “l’emancipazione sarà
totale o non sarà”
- Si sperava di raggiungere la propria felicità e libertà attraverso la felicità e la libertà di tutti, abbattendo
ogni divisione e mettendosi dalla parte degli esclusi: “la nostra speranza non può che venire dai senza
speranza” à un’unità che abbracciasse il mondo intero
• Tutto come prima?
- Malgrado le apparenze, non ci fu una vera e propria alleanza tra studenti e operai: gli studenti sapevano
bene di non essere degli sfruttati, ma dei privilegiati
- Alla fine di maggio, la grande mobilitazione andò scemando e il 16 giugno la polizia sgombrò la Sorbona
- Alle elezioni politiche di fine giugno, il partito gaullista ottenne il maggior successo della sua storia,
MA la vittoria dei conservatori ebbe un sapore di antico
- La politica che cerca di rilegittimarsi convocando le elezioni apposta in risposta alla rivolta di maggio
in realtà rappresentava in sé un’involontaria ammissione di fragilità: le elezioni i conferirono
implicitamente al movimento degli studenti la dignità di possibile alternativa globale
à dopo il maggio apparentemente tutto tornò come prima, ma alcune fratture non si sarebbero più
ricomposte

7. Rivolta giovanile
• Il Sessantotto provocò uno sconvolgimento che usciva da tutti gli schemi correnti: la parola più usata
per descriverlo fu “rivoluzione”
- Gli studenti fecero ampi riferimenti alla più importante tradizione rivoluzionaria novecentesca, cioè
quella marxista-leninista
- Morin notò però che c’erano due anime diverse, universitaria e politica, che si erano contrapposte nella
“Comune studentesca” del maggio parigino e che gli studenti avevano fatto altro rispetto alla rivoluzione
operaia
- Il Sessantotto poi non fu una rivoluzione né nel senso di discontinuità politico-istituzionale, né nel senso
di rivolgimento economico-sociale, né fu simile alla Rivoluzione culturale maoista
- Il movimento studentesco poi non si riconobbe mai nei grandi partiti comunisti occidentali, anzi, Fortini
riconobbe che il movimento degli studenti evidenziava un grande vuoto lasciato dai partiti politici e
dall’educazione repubblicano-democratica à nessuno fondava le proprie rivendicazioni di gioia,
autenticità ecc su considerazioni di ragioni storiche e sociali: si invocava piuttosto il “diritto naturale”
di ogni uomo alla felicità
- Per rivoluzione bisognava intendere “irriverenza verso il costituito, l’insofferenza verso il ricatto degli
adulti e il condizionamento della storia”à “la nostra rivoluzione (…) sarà sociale e culturale, perché
l’uomo possa diventare se stesso”
- Si può quindi solo parlare di “rivoluzione simbolica” o “rivoluzione comunicativa”, nel senso che mise
in discussione un intero universo di simboli proponendone altri à si opponeva al sistema “manifestando”
segni contrari ad altri segni, mettendo in discussione la credibilità del linguaggio dominante e
opponendogli un altro linguaggio
- Fu quindi non solo una rivoluzione culturale, ma anche sociale: “Il Sessantotto non cambiò nulla ma
creò delle possibilità”
- La libertà che si sperimentò non era solo quella dell’operaio non più subalterno al padrone, ma la libertà
di incontrare l’altro: infrangeva un codice non scritto, realizzava amicizie impossibili, senza però
cambiare gli equilibri economico-sociali, i confini di classe o i rapporti di produzione
• Dalla famiglia all’università
- Il Sessantotto usò soprattutto la parola “contestazione” per descrivere sé stesso, che non ha quindi il
senso esclusivamente negativo che le si attribuisce, ma contiene anzi un’affermazione à vuol dire
chiamare in causa qualcuno e metterne in discussione il diritto a esercitare un potere: le istituzioni, a
partire dalla famiglia, dall’università e dalla scuola
- Con istituzione si intende una forma di aggregazione sociale caratterizzata da modelli di comportamento
consolidati attraverso i processi di socializzazione, imposti e controllati. Regolano diversi tipi di rapporti
sociali (famiglia), politici (Stato), economici (mercato) e religiosi (istituzione ecclesiastica)
- Tutto ciò urtò con un disagio giovanile sempre più diffuso, che il Sessantotto trasformò in critica,
protesta e rivolta appunto contro le istituzioni
- La contestazione non scaturì da un progetto a tavolino, si parlava di “movimento di azioni”, piuttosto
che di un “movimento di idee”: mostrarono una sorprendente compattezza perché animati non tanto da
un’elaborata strategia o obiettivi ben definiti, ma da un comune sentire
- La contestazione nacque in famiglia e fu un fenomeno generazionale, attraverso l’adozione di
comportamenti diversi da quelli tradizionali nella vita quotidiana, con genitori, insegnanti, educatori
¯ l’insofferenza sperimentata dai giovani in famiglia preparò la loro rivolta contro le istituzioni
universitarie e scolastiche: i giovani infatti presero gradualmente coscienza del nesso tra famiglia e
istituzioni e quindi estesero la spinta antiautoritaria all’università e alla scuola
- Quando il governo italiano preparò un progetto di legge (la riforma Gui) per rinnovare la struttura
universitaria, il movimento la rifiutò completamente: essa fu considerata il simbolo
dell’istituzionalizzazione della selezione e della svalutazione del titolo di studio !! questo rifiuto mostrò
che il movimento era già proiettato oltre i problemi specifici dell’università e della scuola
à non erano prioritariamente interessati a proporre specifici cambiamenti istituzionali (detti “gli
obiettivi intermedi”), ma andare contro l’antiautoritarismo diffuso e generalizzato
- Per gli studenti l’autoritarismo era ciò che saldava la vita in università con la vita nella società: “a cosa
serve l’università italiana? Serve soltanto a indottrinare gli studenti a renderli autoritari e incapaci di
discutere”
• Critica alla società borghese
- Ciò che i contestatori volevano soprattutto contrastare era il conformismo, cioè il cedimento a una
mentalità corrente modellata dalla pressione delle istituzioni o dalla violenza del potere
- Essi proponevano una legittimità alternativa e vivevano questa rottura dell’ordine morale, sociale e
politico come liberazione, come rifiuto della passività imposta e come assunzione di una responsabilità
attiva
- La contestazione giovanile è cresciuta insieme alla critica della società borghese: non nel senso di
espropriare la borghesia dal possesso dei mezzi di produzione (molti contestatori erano giovani
borghesi), ma nel senso di una critica morale, cioè contro il carrierismo, l’affarismo, la rincorsa alla
ricchezza, i vizi e la vacuità tipici della vita borgheseà borghese divenne il sinonimo di ipocrisia,
indifferenza, meschinità: “non sono loro a creare il vuoto; è il nostro vuoto che non vogliono più”
- Riprendendo i temi dell’opposizione beat, i giovani percepirono che il materialismo dei loro genitori
nasceva anche dalla fuga davanti a tante domande scomode: in Italia, venne denunciata la persistenza di
un “fascismo latente”, nel senso antropologico; in Germania si affermò l’idea che i colpevoli erano fra
noi, per cui si pretese che si ricordasse ciò che era stato rimosso; in Giappone riusciva il tema della
contraddizione con il fatto che il paese si era alleato agli USA per sopravvivere, nonostante l’olocausto
nucleare
• “Repressione” e fallimento educativo
- Se il movimento non si fermò sul nascere fu anche perché i giovani trovarono negli adulti un
arroccamento sulle proprie posizioni e una difesa dei propri ruoli e perché intuirono un’inattesa
debolezza
- Lo scontro con le istituzioni provocò la “repressione”: interventi punitivi per forme di disobbedienza
all’autorità dei genitori o per turbamenti provocati alla normale attività scolastica, poi uso della forza,
arresti, denunce, condanne ecc
¯ l’autorità mostrò così il proprio aspetto peggiore e aiutò il movimento ad ampliarsi, diffondendo
sentimenti antiautoritari
- La repressione provava che gli studenti avevano colpito qualcosa di sensibile e che le istituzioni erano
non quello che esse dicevano di essere, ma quello che gli studenti dicevano che fossero: una catena di
potere che si imponeva con la violenza
- Pochi seppero accettare la sfida, tra questi Aldo Moro, che iniziò a sviluppare una riflessione profonda
sui mutamenti in atto nella società italiana e che mostrò una grande capacità di ascolto nei confronti
degli studenti
- Il Sessantotto segnò un fallimento educativo: i genitori e gli insegnanti non seppero trovare dei motivi
convincenti da opporre alle proteste
¯ dopo il ’68, la dimensione educativa non ha più trovato una forma adeguata nei rapporti tra adulti e
giovani
- Difendere se stessi e le proprie posizioni contro i giovani, ossia i loro potenziali eredi, mostrò da parte
delle classi dirigenti incapacità a svolgere il loro ruolo e inadeguatezza rispetto alla propria missione
educativa: il carattere internazionale del Sessantotto doveva essere un segno evidente che ampi
movimenti storici erano in corso, ma le “tigri di carta” delle istituzioni non lo compresero

8. Contestazione globale
à la rivolta giovanile da scontro generazionale è diventata contestazione globale
• Criticare il progresso, rifiutare il sistema
- L’obiettivo divenne l’intero sistema// termine con cui si indicava l’insieme delle istituzioni e i legami
che le univano: università, scuola., famiglia, fabbrica, ospedale, manicomio
- Il Sessantotto, al contrario del terrorismo degli anni ’70, non considerava le persone “simboli” delle
istituzioni e quindi bersagli da colpire, denunciava piuttosto le “strutture” scaturite da un intreccio tra
economia e politica, società e cultura ormai con orizzonti internazionali
- Nella ricerca di analisi di quanto stava avvenendo, larga diffusione ebbe la “teoria critica della società”
della Scuola di Francoforte di Adorno e Horkheimer
o Nella loro opera Dialettica dell’Illuminismo, essi denunciavano il primato della ragione strumentale
e gli effetti “regressivi” del progresso
o La ragione è strumentale nel senso che instaura un rapporto definito tra certi mezzi a disposizione e
certi fini che si vogliono raggiungere: denunciando ciò, criticavano proprio ciò di cui gli occidentali
del XX secolo andavano orgogliosi, cioè il progresso identificato con una ragione strumentale
separata da spinte ideali, principi etici e riferimenti umanistici
o Lo sviluppo tecnologico fine a se stesso aveva reso possibile un’impresa mostruoso come la
persecuzione degli ebrei in Europa
- Anche Marcuse fu un grande riferimento, perché estese la “teoria critica della società” alle nuove forme
di capitalismoà la sua opera L’uomo a una dimensione divenne un manifesto della contestazione
o Egli denunciava il fatto che la società nel suo insieme era irrazionale: la sua produttività tende a
distruggere il libero sviluppo di facoltà e bisogni umani, la sua pace è mantenuta da una costante
minaccia di guerra à si stava instaurando una nuova forma di totalitarismo
o Critica della società che si fondava su due giudizi di valore: il giudizio che la vita umana è degna di
essere vissuta e il giudizio che in ogni società esistono possibilità specifiche per migliorare le
condizioni in cui essa si afferma à presupposti umanistici
- L’approccio umanistico fu alla base anche del tema della non-neutralità della scienza: la scienza, che
aveva prodotto la minaccia atomica e che esercitava un così forte dominio su tanti aspetti della vita
umana, non poteva considerarsi normale à essa era diventata irrazionale: un mondo sempre più
tecnologicamente avanzato e disumano sarebbe giunto a manipolare l’uomo fino a metterne in
discussione la definizione stessa “essere umano”
¯ questo tema dell’avanzamento tecnologico apparve poi sempre più normale e impossibile da criticare:
era quello che già Marcuse denunciava allora, la tendenza ad accettare passivamente la società
contemporanea, rinunciando alla propria libertà
- Marcuse sosteneva che per far esplodere questa società era obsoleta una scelta rivoluzionaria di tipo
tradizionale, per questo davanti al movimento studentesco si aprì a nuove speranze: egli riconosceva in
questa ribellione la caratteristica di essere totale, per cui avrebbe potuto far comparire una nuova
coscienza MA “soltanto alleandosi con le forze che si oppongono al sistema ‘dall’esterno’, tale
opposizione può diventare una nuova avanguardia”
• Liberare se stessi
- Nel suo libro più importante, Eros e civiltà, Marcuse aveva formulato l’ipotesi di una società “liberata”,
non repressiva
- Egli confutava le tesi di Freud e compagni sostenendo che essi accettavano passivamente la repressione
imposta dalla società, sovrapponendo il “principio di realtà” al “principio di prestazione” (ciò che si
deve fare in relazione al proprio ruolo nella società)
- La società, per Marcuse, sopprimeva i bisogni umani, creandone di artificiali e impedendo quindi la
liberazione degli individui attraverso il soddisfacimento delle pulsioni vitali: proprio per questo, in
questo senso, anche le società democratiche erano intrinsecamente totalitarie
- Nel Sessantotto queste idee erano molto diffuse, soprattutto per quanto riguarda l’importanza data alla
“realtà” profonda dei desideri à la contestazione faceva spesso uso del linguaggio della psicanalisi,
convinta del fatto che i processi dell’inconscio avessero un forte impatto anche all’esterno dell’individuo
e sull’intera società
- Si diffuse quindi l’idea che contro la “razionalità del sistema” bisognasse far emergere liberamente l’
“irrazionalità dell’inconscio” à la contestazione veniva spiegata in termini psicanalitici come una
liberazione del desiderio dissidente che sconvolgeva il sistema
- Le “istituzioni totali”// espressione usata da Goffman per indicare le istituzioni realizzate per gestire
persone non in grado di provvedere a se stesse, per separare dal contesto sociale chi costituiva un
problema per la società non per sua volontà eccà esse dimostravano in modo evidente quanto i
meccanismi del sistema penetrassero in profondità nelle persone
¯ il dibattito sulle istituzioni totali si allargò a considerare tutte le istituzioni sotto l’angolatura dei
meccanismi di controllo e repressione
- In questo dibattito ebbe grande rilevanza l’antipsichiatria, movimento che contrastava le teorie e le
pratiche fondamentali della psichiatria dominante: in questo campo, Cooper e Laing misero a fuoco le
strutture alienanti che venivano riprodotte dappertutto per imporre “normalità” à le istituzioni erano in
questo senso preposte a creare e mantenere condizioni da cui non era possibile sfuggire se non con la
pazzia o la rivolta
• Dall’ “istituzione totale” all’ “istituzione aperta”
- Si doveva affrontare il problema dei manicomi: l’antipsichiatria cominciò a spiegare che i folli non lo
erano diventati per colpa della loro malattia, quanto piuttosto perché subivano il “trattamento
manicomiale”
- La psichiatria era considerata uno strumento brutale di segregazione, il cui fondamento era l’
“integrazione come valore”: in questo senso, la psichiatria non si proponeva di cercare la terapia per
guarire il malato, ma ero uno strumento al sistema à era al servizio dei “sani”, non del “malato” ~ il
matto era una creazione del sistema
­ si negavano i conflitti obiettivi spacciandoli per conflitti psicologici, si negava l’importanza ai fatti
storici, si ignorava il problema della libertà e le difficoltà di adattamento del singolo a realtà socio-
ambientali precostituite à Laing e Cooper rifiutavano la “falsa obbiettività tecnica dietro a cui si
nascondevano le dinamiche del potere”
- Nell’antipsichiatria c’erano però diversi atteggiamenti di fronte alla follia: si concordava sul fatto che i
comportamenti devianti contenessero una loro verità e possedessero una paradossale potenzialità
eversiva, ma questo non significava necessariamente accettare “l’elogio della follia”
- Laing e Cooper giungevano a considerare l’episodio schizofrenico paragonabile per certi aspetti
all’esperienza dei mistici: il Sessantotto creò infatti inedite aperture all’esperienza mistica
- Questa revisione dell’atteggiamento verso il malato psichico condusse a novità importanti rispetto
all’istituzione manicomio, in Italia condotte da Basaglia: egli sosteneva che il medico doveva avvicinarsi
al paziente e mettersi dalla sua parte, stabilire una relazione, prendere in carico tutta la persona:
rivoluzione che portò in Italia alla chiusura dei manicomi
¯ Egli realizzò inoltre l’utopia dell’ “istituzione aperta”, con la quale il Sessantotto abbandonò il suo
aspetto puramente destruens per acquisirne uno più construens: con questo termine egli intendeva
promuovere il “mantenimento della soggettività del ricoverato, anche se la cosa può andare a scapito
dell’efficienza generale dell’organizzazione”, attraverso una realtà dove la libertà diventa norma e il
paziente si abitua lentamente ad usarla !! rottura della rigidità dei ruoli, del rapporto oggettuale con il
paziente, del rapporto autoritario ecc
• Una strana militanza
- Il Sessantotto fece emergere sempre di più una militanza impegnata su un forte coinvolgimento
personale: bisognava essere capaci di mettere in discussione se stessi, non solo tutti i rapporti che
reggono la società, ma anche quindi tutti gli atteggiamenti mentali che sottintendono tali rapporti à
grande spinta autocritica per questo forte nesso tra l’esterno e l’interno ~ “contesta te stesso”
- Il coinvolgimento personale richiesto dal movimento non coincideva con una sottomissione del privato
alle esigenze del pubblico, ma sollecitava piuttosto un modo di vivere senza scissioni tra pubblico e
privato; non una vita quotidiana sacrificata alla politica, ma una politica che passava anche per le scelte
della vita quotidiana ~ “tutto è politica”
à tutto ciò rifletteva le incertezze del movimento e i problemi di una contestazione che non è mai giunta
a definire in modo rigoroso i propri contenuti
- Una problematica era la distinzione tra autoritarismo e autorità, che non veniva percepita, e il confine
tra la critica del primo e la lotta contro la seconda venne di fatto superato à implicitamente,
delegittimare un esercizio dell’autorità che non assolveva la funzione cui era destinata, significava anche
evocare un altro tipo di autorità, non autoritaria ma autorevole
¯ Fortini in questo senso discusse molto e concludeva che le disuguaglianze potevano esistere anche in
una società senza classi: bisogna secondo lui assumere il termine “autorità” in senso positivo, perché
l’essere autenticamente autorevole significherebbe essere sempre meno autoritario, sempre più
disgiunto dal potere
- Il tema dell’autorità si intrecciò con quello della verità, come la prima infatti, anche la seconda richiede
un assenso e impone quindi un limite alla contestazione: cercare la verità costituiva per i sessantottini
un imperativo imprescindibile, MA la sola denuncia delle mistificazioni non risolveva il problema
¯ per i contestatori rifiutare l’autorità non significava rifiutare tout court la verità, ma impegnava ad
avviare una ricerca per trovarla davvero

9. La “politica” del Sessantotto


• Contestare le istituzioni, cercare l’amore
- I giovani del ’68 non avevano assunto un’opzione aprioristica per un partito: questa era una novità
affascinante, perché avrebbero potuto costruire l’embrione di un nuovo modo di sentire, prospettare e
progettare una vita politica à stava emergendo un nuovo modo di fare politica, che però non sostituì la
“vecchia politica”: non cercare il potere nelle istituzioni, ma voleva un mondo senza istituzioni
- L’idea di istituzione venne messa in discussione, per la sua funzione separatrice e per il suo ruolo
repressivo es. ospedale: separa i malati dai sani
¯ questa logica andava rovesciata: le istituzioni non rappresentavano più gli interessi e gli scopi della
comunità, ma strutture di potere ereditate da epoche lontane à i sessantottini spinsero per un loro
radicale superamento
- Il Sessantotto segnalò la disgregazione delle forme tradizionali di comunità e anticipò la crisi delle
istituzioni: nel mondo globalizzato ci sarebbero state infatti altre forme, più flessibili, di organizzazione
sociale (“società liquida” di Bauman)
- Anche se non ha proposto una complessiva alternativa, il Sessantotto ha fatto politica: non solo ha
indicato il problema da affrontare, ma ha anche mostrato la direzione verso cui andareà se le istituzioni
separavano e contrapponevano studenti-operai, ricchi-poveri ecc, aveva un forte significato politico far
incontrare e dialogare questi e quelli
­ si trattava spesso di azioni collettive, possibilmente scandalose: esperienze della realizzazione qui ed
ora di possibilità extra istituzionali e di novità
- Bravo ha colto nella contestazione il tema dell’amore: un amore per gli altri, un rimescolamento di
persone, classi, generi ecc
• Il teatro della contestazione
- Ispirandosi all’eredità delle avanguardie novecentesche, il movimento “mise in scena” la contestazione,
rappresentandolaà il teatro divenne espressione della contestazione perché cercava di far coincidere
vita e rappresentazione
- Il teatro del Sessantotto trasformò gli spettatori in attori e lo spettacolo in un evento creativo, seguendo
l’esigenza di comunicare con tutta la collettività, non solo con gli strati borghesi che abitualmente si
recavano a teatro à forma teatrale aperta
- Un emblema di questo era il Living Theatre americano, che proponeva una gestualità carica di tutte le
risorse fisiche del corpo umano e realizzava nuovi rapporti umani: se intorno c’era divisione, il teatro
creava un’unità intensa, profonda, fisica
- Durante il maggio francese, il nesso tra vita e rappresentazione venne enfatizzato dalla trasformazione
dell’Odeon (teatro parigino settecentesco) in uno spazio aperto alla contestazione à significava dire
che in questi luogo (e per analogia nell’Assemblea Nazionale) si svolgevano dibattiti artificiosi e lontani
dalla realtà
- In strada si svolsero le rappresentazioni più significative e originali, in mezzo alla folla e con il
coinvolgimento di un numero sempre più elevato di persone
- Il ricorso alla rappresentazione era quindi uno strumento per innestare la comunicazione, per sollecitare
tutti a prendere la parola e, in ultima analisi, per rilanciare la contestazione
• Critica della mediazione e crisi della rappresentanza
- Alle istituzioni la legittimità veniva conferita attraverso molteplici atti della vita sociale, dei rituali con
cui poi le dinamiche della vita sociale venivano orientate e controllate à la delegittimazione delle
istituzioni passò anche per la messa in scena di rappresentazioni alternative che sbeffeggiavano questi
rituali
- Nella vita politica, erano le elezioni a costituire il grande rito pubblico che conferma la legittimità
dell’intero sistema: nei grandi Stati moderni quindi la democrazia era rappresentanza e questa
rappresentanza significava da parte dei cittadini di accettare di spogliarsi della propria sovranità per
conferirla ad altri, cioè compire un’azione di “delega”
- Nel tempo però fu messo in discussione questo principio della delega e i cittadini quindi non si
riconobbero più nella “rappresentazione” della democraziaà la crisi della democrazia rappresentativa
¯ gli studenti furono i primi ad esprimere fastidio e disinteresse verso le forme della democrazia
rappresentativa, rifiutando che la volontà popolare (che sembrava la “sovranità del popolo”) si
esprimesse attraverso una mediazione
- La caduta di interesse per la rappresentazione però tradisce una caduta di interesse per ciò che viene
rappresentato, cioè l’immagine del popolo come corpo unitario: era innanzitutto quindi un problema di
identità
• Né democrazia rappresentativa né democrazia diretta
- La contestazione non propose di sostituire la democrazia rappresentativa con quella diretta (“ateniese”):
quest’ultima era solo impropriamente evocata per esprimere l’urgenza di parlare, discutere, ritrovarsi in
assemblea ovunque
- Il movimento era infatti anche lontano dal marxismo-leninismo: anche in questa tradizione politico-
ideologica era di fatto un’avanguardia rivoluzionaria e quindi il partito a rappresentare la società
¯ sotto gli occhi dei sessantottini, i due modelli che per la guerra fredda erano inconciliabili, democrazia
rappresentativa e regimi comunisti, erano la stessa cosa: si voleva rifiutare “l’agire in nome di”
- In concreto, realizzò cose diverse dalla democrazia rappresentativa sia da quella diretta
¯ pur anticipando una distanza dalle istituzioni rappresentative, il Sessantotto non voleva suggerire la
fuga dalla politica, bensì la sua estensione
- L’assemblea diveniva di fatto un’alternativa alle forme di democrazia: costituiva un luogo di relazioni
umane e sociali, a prescindere delle decisioni che poteva prendereà era in grado di ricomporre la
scissione tra le istituzioni e la vita, ponendo l’individuo in condizione di tornare a incontrare gli altri,
comunicare con tutti, non sentirsi separato
- Rifiutare la democrazia rappresentativa per tornare a quella diretta sarebbe forse impossibile ma
comunque non era l’obiettivo: rimane quindi aperta la questione della delega, se non viene esercitata né
indirettamente né direttamente, qual è il destino della sovranità popolare?
- Tra i cambiamenti che i giovani avvertivano ci fu l’indebolimento di una premessa fondamentale per la
democrazia, sia indiretta che diretta: il senso di essere popolo, comunità, unico soggetto storico
­ mondo globalizzato: processi di detradizionalizzazione
• Prendere la parola
- La contestazione delle istituzioni si sviluppò parallelamente a quella del linguaggio, cioè la base di tutto
il resto
- Il linguaggio infatti era percepito come funzionale agli scopi delle istituzioni, quindi separava,
controllava e dirigeva: il linguaggio era autoritario così come la società che rappresentava
¯ constatare quel linguaggio significò innanzitutto incrinare la fiducia in esso, mostrandone le falsità: si
cominciò quindi a dubitare della corrispondenza tra il sapere ufficiale e la realtà delle cose
- Questa svalutazione del linguaggio era già nelle menti dei critici letterari di avanguardia, ma il
Sessantotto seppe percepirlo e accelerarne il processo
¯ la parola era stata separata dall’ordine, il linguaggio non era più necessariamente funzionale al sistema:
ovunque tutti incominciarono a usare liberamente la parola per ciò che pensavano, quando lo volevano,
rompendo con un linguaggio che ribadiva ruoli, sottolineava distanze e ricordava disuguaglianze
- Scardinare il sistema di regole scritte o orali significava sconvolgere l’azione di queste regole per
controllare e orientare individui e società: veniva meno la funzione di linguaggio come gendarme
• Una folla è diventata poetica
- Le televisioni e i giornali censuravano le notizie riguardanti la rivolta degli studenti e le presentavano
in chiavi puramente negativa: le radio invece furono cruciali, perché attraverso i transistors gli studenti
potevano sentirci parte di un’unica comunità in azione
- Ci si sentiva come in una festa, di gioia, libertà, unità e apertura verso gli altri, ma anche di parola che
non separa ma unisce
- Come Marcuse, anche De Certeau sentì riaccendere in sé la speranza di un cambiamento grazie al
movimento studentesco: si poteva di nuovo sperare che una parte degli studenti cominciasse ad usare il
linguaggio della protesta in modo diverso, quotidiano MA di fatto essi erano rimasti troppo legati alla
pars destruens
- Più che verificarsi un deterioramento del linguaggio ufficiale, si era manifestato un bisogno di
linguaggio autentico

10. Dal 1968 ad oggi


• La fine del Sessantotto
- L’invito di rinunciare alle proprie vacanze borghesi per continuare la contestazione fu raccolto da molti,
MA quell’estate la contestazione non ebbe sviluppi importanti
- Il 21 agosto i carri armati sovietici invasero la Cecoslovacchia, schiacciando la primavera di Praga (vedi
Alexander Dubcek)
­ il Sessantotto dei paesi dell’Est era guardato dai contestatori occidentali con interesse ma anche con
la preoccupazione che, involontariamente, i nuovi leader cecoslovacchi indebolissero la loro battaglia
contro i governi occidentali e le loro denunce dei limiti della società capitalistica
- In autunno riaprirono le università: ci furono altre manifestazioni e occupazioni, MA le difficoltà del
movimento divennero sempre più evidenti à “siamo rimasti soli” (Rostagno): l’atmosfera era diversa,
era già cominciato il “riflusso”, cioè quel passaggio dall’era dei grandi ideali a quella delle cose materiali
- Alla crisi del movimento corrispose l’emersione di “gruppetti”, piccole formazioni molto ideologizzate
e politicizzate, chiuse e radicalizzate su posizioni estremiste
¯ cambiamento del tipo di militanza, qui più tradizionale, perché la questione della mancata
organizzazione a fronte della rivoluzione (nuovo obiettivo) era sentita come prioritaria; cambiamento
dei riferimenti, ora più tradizionali, come la lotta di classe e la dittatura del proletariato (ortodossia
marxista)
- Il bilancio del Sessantotto dopo un anno era negativo: non si era preso il potere, cosa che non era il vero
obiettivo, ma le prospettive erano già cambiate per cui appariva come un grave limite
- Stava per arrivare l’autunno caldo delle fabbriche, la strage di piazza Fontana (dicembre 1969): il
movimento avrebbe definitivamente “perso l’innocenza” à stava cominciando l’involuzione che ha
portato al terrorismo rosso degli anni ’70
- Tra il Sessantotto e il terrorismo ci fu una sostanziale discontinuità: il percorso verso il terrorismo ha
riguardato pochi di coloro che avevano fatto il Sessantotto
- Il “riflusso” incominciò molto presto: già nei mesi tra ’68 e ’69 , gran parte degli studenti cominciò ad
allontanarsi dal movimento per tornare ad occuparsi degli studi, della professione, del “privato”:
prevalsero nostalgia e delusione, ma speranza e attesa non scomparvero del tutto
¯ ciò che maggiormente rimase fu un approccio critico, un atteggiamento disincantato e anticonformista
• Orizzonti mondiali
- La rapida fine del Sessantotto può apparire sorprendente
¯ MA la contestazione scaturì da un insieme eccezionale di circostanze storiche e la trasformazione
anche solo di alcune di esse non poteva non portare al suo dissolvimento
- La contestazione avrebbe potuto avere un futuro, solo se si fosse legata stabilmente ad altre forze: la
classe operaia però aveva altri interessi (più concreti e limitati), per cui l’alleanza studenti-operai non
decollò mai veramente
- L’altro potenziale e decisivo alleato avrebbero potuto essere i popoli in via di sviluppo, ma stabilire un
rapporto con queste forze emergenti avrebbe richiesto un impegno e una lungimiranza che non ci furono
- Nella sua pur breve parabola il Sessantotto rappresentò qualcosa di così nuovo che oggi ancora si sente
il bisogno di parlarne: i giovani di allora percepirono e reagirono alla novità storica della globalizzazione,
mentre gli adulti faticavano ad accorgersene e ad accettarla
- Siamo ancora contemporanei del Sessantotto, facciamo parte di un’epoca che proprio allora si stava
aprendo
1. Perdita del nesso tra organizzazione politico-istituzionale e territorialità: il fenomeno della
deterritorializzazione, parte del fenomeno più ampio della globalizzazione, che stiamo a pieno vivendo
2. Anche oggi viviamo in un mondo costantemente sottoposto alla minaccia della sua autodistruzione
nucleare: nonostante la nostra indifferenza, la sua intensità non è affatto diminuita
3. Siamo contemporanei dei sessantottini perché viviamo dopo il 1989 e il crollo del blocco sovietico: i
contestatori infatti si proiettavano utopisticamente oltre la guerra fredda e le sue regole, essendo per
un certo senso realisti, perché anticiparono in parte l’orizzonte in cui ci muoviamo oggi
4. Svelarono la poi verificata crisi delle classi dirigenti troppo legate a orizzonti nazionali
5. Il termine da loro usato in accezione negativa, “sistema”, anticipava quanto poi indicato con termini
come “interdipendenza” e “globalizzazione”
6. Propose una solidarietà universale in favore dei popoli e contro il sistema: forse utopico, il sogno del
Sessantotto poneva il problema che il sistema può essere governato o quantomeno orientato solo con
alleanze globali
7. L’ingenuità degli anni ’60 rispetto al tema dei diritti civili aiutò a tentare un’impresa che altrimenti
non sarebbe stata neanche immaginata
8. Anticipazione del declino delle istituzioni che a lungo avevano costituito la struttura portante delle
società occidentali: non si sono formate strutture alternative e la società è diventata sempre più liquida
o Il ruolo della scuola e dell’università si è progressivamente svuotato: è andata perduta gran parte
della ricchezza formativa, sul piano umano e culturale, propria della scuola, in favore di processi
formativi esterni (televisione e internet)
o L’università si è aperta a tutti, abbassando però il livello dell’insegnamento, entre la riproduzione
delle classi dirigenti ha cominciato a seguire percorsi variegati, che spesso non passano attraverso
una solida formazione universitaria
- Attraverso una rottura, estetica prima che etica, la contestazione cercò di creare nel presente vie
alternative verso un futuro diverso: il soggettivismo della contestazione non fu l’individualismo
collettivo e la contestazione antiautoritaria non significava indifferenza verso la verità e nichilismo
¯ c’è un’originalità della contestazione che deve essere distinta da processi successivi
- A distanza di un decennio, molti temi del Sessantotto erano entrati a far parte di una cultura politica di
sx, in forma diluita e banalizzata: ciò che appariva allora trasgressivo è spesso diventato banale, la libertà
ha smesso di legarsi alla trasgressione, anzi finì con diventare sinonimo di consumismo à un giovane
del 2019 è molto più autonomo di un giovane del 1968, ma è anche molto lontano dalla carica che ha
animato i sessantottini nella loro speranza di cambiare il mondo
- La contestazione è coincisa quindi con l’inizio del percorso verso la società liquida
• Crisi della democrazia e nuovo umanesimo
- Il Sessantotto percepì in anticipo anche la crisi della politica, dei suoi simboli e del suo linguaggio
- Per tutto il Novecento, l’istituzione parlamentare ha dovuto superare molteplici sfide: fu umiliato da
molti dittatori che, come nel caso di Mussolini però, riconobbero sempre nel Parlamento un fascino
simbolico quale espressione dell’unità nazionale e quale fonte di legittimità della politica
- Alla fine degli anni ’60, iniziarono ad incrinarsi la credibilità del Parlamento e l’efficacia del sistema
rappresentativo come fonte di legittimazione della politica
- I contestatori non umiliarono il Parlamento per impadronirsi del potere politico, piuttosto se ne
allontanarono per andare altrove, per creare spazi diversi, dal basso ß disagio per una crescente
inadeguatezza delle tradizionali strutture politiche
¯ le reazioni della politica confermarono tale inadeguatezza: né la dx, né la sx furono in grado di
interagire con le novità della contestazione: dal ’68 è diventato sempre più chiaro l’indebolimento del
loro ruolo per esprimere le tendenze della società à il tramonto dello scontro dx-sx è un’altra faccia
della medaglia della crisi della democrazia rappresentativa
- Svelando questa crisi, il Sessantotto ha posto questioni ancora attuali, come quella dei legami autentici
per un modo rinnovato di essere popolo, importante perché dovrebbe salvare l’individuo dal senso di
spaesamento
à Attingendo a radici diverse, il Sessantotto costituì un tentativo di una reazione culturale umanista
all’avvento di un mondo sempre più consumista e disumanizzato: fu un atto di ribellione alla morte dell’uomo
e il sogno di un mondo nuovo a misura d’uomo, questa è la sua eredità

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