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Letteratura e cultura nell’Italia contemporanea, prof.

Luca Daino

1° marzo 2021 (lezione 1)


Introduzione

Composizione del corso: 2 moduli monografici + 1 istituzionale, propedeutico, di supporto ai monografici.

Titolo del corso: com’è bella la città / com’è grande la città. Sono i primi due versi di una canzone, facciamo cultura, non letteratura.
Testo di una canzone di Giorgio Gaber. Protagonisti giovani 17-30 anni che affrontano il problema di diventare adulti, di trovare il
loro posto nel mondo. Questo avviene a Milano.
Due fili conduttori: giovani che nella Milano del 1900 tra gli anni ‘20 e ‘60 cercano di diventare adulti e di ritagliarsi nel piano
esistenziale e lavorativo un posto.

Giuseppe Marotta (soprannome Peppino) scrittore napoletano che ha vissuto a Milano. 1949 data di pubblicazione non quella di
edizione. Raccolta di 22 racconti
Elio Pagliarani poeta del ‘900, la ragazza Carla prima ed. 1960, pubblicato da il saggiatore. Poemetto in versi

Unita didattica 2, modulo istituzionale —> critica, letteratura e società sintesi sotto forma di titolo del senso del corso usiamo infatti la
letteratura per capire meglio la nostra cultura. Si parla di critica sociologica della cultura

Martedì 2 marzo 2021 (lezione 2)

Karl Marx 1818-1883 e Friedrich Engels 1820-1895


La letteratura come sovrastruttura

Marx è l’involontario fondatore della critica sociologica, involontario dato che lui non ha mai scritto critica, ma neanche di critica
delle arti, se non in maniera un po' estemporanea e comunque in diretta però il suo metodo di indagine, il suo metodo di comprensione
della realtà, la sua concezione della realtà e della storia costituiscono la base teorica decisiva del metodo fatto proprio dalla
cosiddetta critica sociologica della letteratura o delle arti.

Stiamo parlando di due personaggi ma soprattutto di Marx che hanno determinato nel bene o nel male ma sicuramente hanno
determinato in maniera fondamentale le sorti della nostra storia collettiva per un centinaio di anni .
Marx è stato il più grande studioso del sistema economico capitalistico. Marx parla di capitalismo perché dice che è la dinamica
fondamentale alla base di questo mondo di produzione e il capitale è il denaro.

Rispetto agli altri modi di produzione che l'hanno preceduto Marx parla del feudalesimo e anche del sistema economico antico quello
dell'antica Roma o dell'antica Grecia.

Marx pensa che nel sistema capitalistico l'imprenditore non ha come obiettivo quello di produrre dei beni che effettivamente possano
servire alla sua comunità al genere umano, se vogliamo stare sui massimi sistemi l'obiettivo del capitalista in quanto tale è accrescere
la quantità di capitale che ha investito. L'obiettivo non è produrre qualche cosa di utile o che faccia del bene l'obiettivo è produrre
qualsiasi cosa purché si riesca a investire un capitale per l'acquisto della materia prima, per l'acquisto delle macchine che servono per
generare ciò che si vuole, per il pagamento della forza lavoro che permetta al capitalista, all'imprenditore di guadagnare.
Quindi il capitalismo si chiama così perché il suo obiettivo è la moltiplicazione del capitale investire per ricavare x alla n
diciamo così e questo per Marx è profondamente antiumano e anche molto irrazionale.
La società che immagina Marx è una società nella quale la produzione dei beni avviene di concerto all'interno della comunità ed è
essa stessa che sceglie di che cosa ha bisogno. (Non è che se io capisco che a un certo punto vanno di moda i palloncini a forma di
giraffa io mi metto a produrre milioni di palloncini a forma di giraffa.)

Ci interessa il Marx filosofo nei termini in cui ha proposto una concezione della storia umana cioè Marx che si è voltato indietro e
si è domandato qual è il motore della storia dell'uomo, quali sono le forze che hanno agito affinché l'uomo agisse nei termini in cui ha
agito quindi una domanda di tipo filosofico

La concezione della storia di Marx è definita come materialismo storico. A pagina 38 del libro di Turchetta: “(campo opposto allo
storicismo idealistico di Hegel da cui pure deriva), la storia dell'uomo è un processo determinato anzitutto da fattori materiali ”
cos'è questo storicismo idealistico di Hegel da cui la concezione della storia di Marx almeno in prima istanza deriva? L'idealismo
di Hegel concepisce la storia come se fosse governata, come se il motore della storia possedesse una razionalità di fondo cioè come
se la storia dell'uomo forse la proiezione, il dispiegamento, l'incarnazione di un’essenza astratta e superiore che Hegel chiama Spirito.
La storia e le vicende umane sono concepite come emanazione di una divinità che tutto crea tutto domina tutto sa e quindi tutto
concerta il lieto fine in questo senso. Per Hegel ciò che è razionale è reale e il reale è razionale, tutto quello che succede è governato
da una razionalità di fondo.
La concezione di Marx è ancora uno storicismo, cioè una concezione della storia MA quello di Marx è un materialismo storico
non è un idealismo perché per Marx le cose sulla terra succedono perché sulla terra ci sono delle azioni che determinano delle
conseguenze non perché c'è uno spirito ultraterreno che determina l'andamento della vita del singolo, della collettività e della
nostra dimensione storica.
Quindi da un lato Marx viene da Hegel nel senso che è stato suo allievo effettivamente ed è appassionato a comprendere quali s ono
le cause del moto storico umano, ma ribalta la prospettiva: non è lo spirito che si declina sulla terra ma sono le azioni degli uomini che
si declinano sulla terra

A pagina 50 si legge “esattamente all’opposto di quanto accade nella filosofia tedesca,


che discende dal cielo sulla terra, con Marx si sale dalla terra al cielo si parte dagli uomini realmente operanti sulla base del processo reale
della loro vita degli uomini si spiega anche lo sviluppo dei riflessi cioè delle conseguenze e degli ideologici di questo pro cesso di vita”
dunque secondo Marx la storia si legge come intreccio di molteplici cause materiali, che non sono altro che le azioni compiute dagli
uomini nel corso di questa stessa storia. Gli uomini non sono dei burattini nelle mani di un’idealità superiore ma hanno da rispondere
soltanto a sè stessi e alla propria etica.

Una volta adottata questa concezione della storia poi inevitabilmente si può passare alla politica perché se io non credo che la
nostra vita sia determinata e la nostra storia quindi di genere umano sia determinata dalla razionalità esterna ma credo che siamo
noi al comando delle nostre azioni anche collettivamente.

Marx ha studiato il sistema economico antico, feudale e capitalistico e poi ha detto è disumano e ha formulato quella sua utopia che
chiamiamo socialista o comunista. Marx ha individuato una gerarchia, si è domandato in quale rapporto stanno le varie tipologie di
azioni umane che si possono compiere.
Ecco secondo Marx il fattore più importante è la struttura, l'intelaiatura di fondo della evoluzione storica è l'economia. È sulla base
delle varie strutture economiche che l'uomo si è dato prima la raccolta dei frutti spontaneamente offerti dalla natura , poi l'inizio di
una timida agricoltura, dell’allevamento, poi il sistema di schiavitù antico o il feudalismo poi l'industria capitalistica. Questo è secondo
Marx il motore fondamentale della storia.
Marx cercava quali erano le cause di fondo dell'andamento storico, lui dice è il sistema economico che di volta in volta l'uomo si
è dato a determinare, il volto dei vari titoli della storia umana. Marx chiama l'economia struttura, a volte dice anche struttura
economica, come dice Turchetta, per indicare che quell’elemento soggiacente lo scheletro della storia.
Si legge a pagina 38-39 “ci sono aspetti della realtà che sono più importanti o meglio che hanno un peso causale maggiore di altri non
casuale attenzione causale nella gerarchia delle cause il posto più importante spetta la struttura economica cioè l'intre ccio dei mezzi di
produzione e dei rapporti di produzione”
per mezzi di produzione si intende lo strumento attraverso il quale si produce qualche cosa mentre per modo di produzione si
intende sistema economico. Il modo di produzione secondo Marx nasce dall’intreccio dei mezzi di produzione con i rapporti di
produzione che si stabiliscono all'interno della società in ambito economico a seconda del modo di produzione vigente.

Riassumendo: la storia è nelle mani dell'uomo e procede sulla base di alcuni fattori materiali che spesso sono conflittuali , i libri di
storia sono sostanzialmente un elenco di conflitti che chiamiamo guerre, il più importante dei quali è la struttura economica. In effetti
spesso le guerre variamente travestite da guerra religiosa o guerre di orgoglio hanno un fondamento economico quindi anche da
questo punto di vista noi comprendiamo come l'economia sia il motore della storia.

Esiste una sovrastruttura che si appoggia alla struttura principale. Sti parla della cultura, delle leggi, della religione, dell’arte. A
pagina 29 Turchetta scrive “Tutti gli altri aspetti della società a partire dalla politica sono subordinati ”. Sono subordinati all’economia vale
a dire che le caratteristiche di tutti questi altri settori della nostra vita derivano in maniera più o meno diretta dalla struttura
economica, a seconda del modo di produzione vigente del sistema economico nel quale siamo inseriti anche gli altri aspetti della vita
umana ne derivano.

Dopo la morte di Marx interpretazioni discordanti sul materialismo per cui Engels scrive queste lettere a degli studiosi e degli uomini
politici per spiegare effettivamente quale fosse la concezione della storia di Marx. Engels dice che il materialismo di Marx era stato
interpretato male e definisce questa cattiva interpretazione volgare perché si era diffusa l'idea secondo cui in un dato momento, a
una certa condizione economica, a un certo modo di produzione, doveva corrispondere su tutti gli altri elementi sovrastrutturali una
certa influenza.
Questo materialismo volgare che crede in un rapporto diretto e immediato fra economia e altri elementi ha torto perché il
materialismo di Marx è dialettico perché la sua concezione del rapporto struttura sovrascrittura non prevede un'azione diretta
immediata dice Engels.
Il rapporto è regolato da due leggi elaborate da Engels: dalla Determinazione in ultima istanza e da lunghi periodi. L'influenza
della struttura (economia), si determina/influenza una condizione storica, ma non agisce in maniera univoca o prevedibile, ma agisce
in modo tendenziale. Risulta quindi soltanto in ultima istanza, dopo lunghi periodi, l'economia (struttura) la causa fondamentale (sugli
altri aspetti della società).

Secondo Marx gli elementi strutturali posseggono però un grande margine di autonomia (lirica d'amore medioevo-barocco), possono
influenzarsi tra loro (religione e arte 1200-1800) e possono anche influenzare l'economia/struttura (rivoluzione bolscevica).
Il capitalismo (struttura) ha portato il mondo ad un'ideologia (sovrastruttura) consumista.

Quindi la letteratura è una sovrastruttura influenzata dal modello economico, quindi le opere sono da leggere alla luce del
contesto sociale nel quale le opere sono nate.

Per quanto riguarda la critica letteraria marxiana bisogna dire che un critico marxiano si chiede in che contesto l'opera è stata scritta:
-quando? Nata/scritta/pubblicata
-dove?
-chi è l'autore?
-dove è vissuto?
-che visione del mondo aveva?
Mette quindi l'opera nel contesto sociale, storico e dell'autore.

Critica all'ideologia. Capire la volontà della classe dominante.


Ogni opera, in quanto fatta dall'uomo, ha un’ideologia.
Rischio di giudicare un’opera nella sua totalità solo sul piano ideologico, anche se perfettamente riuscita sul piano formale/stilistico,
solo perché non sufficientemente progressista. -> problema della critica marxista. Riducono le opere al loro equivalente
sociologico (insieme di idee/concezioni/atteggiamenti propri di una determinata posizione di classe, che si riflettono nell'opera).

CONCETTO DI IDEOLOGIA
Definizione neutra-positiva
Insieme di idee che ognuno di noi ha per il fatto di vivere in un determinato luogo i n un determinato tempo.
Ogni spazio-tempo da la sua ideologia.
Visione del mondo correlata ad uno specifico contesto.
Visione di Marx (negativa)
Sostiene che l'ideologia (visione del mondo) derivi dalla classe dominante (oggi i grandi capitalisti), che detta le regole del vivere.
La classe dominante ha come obbiettivo il mantenere lo status quo. L'ideologia è un grande imbroglio che serve alla classe
dominante per mantenere il potere.
Tutte le ideologie negative tranne il marxismo, perché́ giusta, liberazione dei molti dal controllo dei pochi.

5 marzo 2021 (Lezione 3)

Antonio Gramsci

Video con l’intervento di Stefano Massini a piazza pulita fino al minuto 4 e 10 secondi
odia gli indifferenti, l’indifferenza fa sì che le masse abdichino alla loro volontà. Generalmente si condanna il male non
l’indifferenza al male. Pensieri di Gramsci del 11 febbraio 1917

Gramsci, generazione successiva a Marx e Engels, 1891-1937. Primo grande marxista italiano, a partire dal materialismo storico
offre un applicativo a queste teorie. È stato un militante, un politico e in un certo senso un filosofo.

Gramsci è sardo, nasce a Cagliari, morte precoce dovuto a un arresto dopo la salita al potere del fascismo 1922-42 e dopo una
lunga malattia muore in un ospedale militare. Gramsci migra in Piemonte, a Torino, prima dell’unità di Italia regno sardo e sabaudo
quindi c’era un rapporto più stretto. Studia alla facoltà di lettere, glottologia. È stato il fondatore del pa rtito comunista italiano,
gennaio 1921, scissione di Livorno in cui il partito del socialismo si divide. Partito socialista fondato nel 1892. Gramsci e Amedeo
Bordiga scindono dal partito socialista e creano il partito comunista istaurano. Nel 1924 egli fonda un quotidiano importante ora da
3-4 anni non c’è più che si chiamava l’unità.

Torino tradizionalmente dedito dalla fine 1800 produzione industriale, nel 1899 fondata la fabbrica automobili di Torino (fiat). Egli
scopre la fabbrica e decide che il rapporto con questa nuova classe sociale, operai poteva segnare una svolta all’interno della
società. Si mette fuori dalle fabbriche a distribuire volantini e i numeri dell’unità che uscivano quotidianamente.
da letterato a intellettuale militante (// Pasolini). Letterato che si occupa anche di politica molto diffusa ai tempi.

Mussolini capisce in fretta dopo il 1921 che il suo nemico sarà Gramsci per questo viene arrestato interrompendo la sua attività. A
Gramsci tolta la possibilità di far politica quotidianamente resta la possibilità di far politica sul versante intellettuale, passa il tempo a
scrivere, grazie anche ad un amico che gli portava materiale e giornali, il nome Piero Sraffa. Gli procura 32 quaderni dove c’è il suo
progetto politico. Sono 4000 pagine trasformando in stampa la sua minutissima scrittura. Dentro opera colossale storica politica,
sociologica e letteraria. Egli lascia tutto sotto forma di appunti, abbozzo. Alla sua morte l’amico li intercetta e li porta via. Caduto il
fascismo tra ‘48-‘51 vengono pubblicati in sei volumi. Ci sarebbe stata nel 1975 titolo a posteriori “quaderni del carcere”. Di questi
sei volumi ben due riguardano l’ambito culturale e letterario, la cosa non stupisce essendo egli un letterato.
Titoli letteratura e vita nazionale e gli intellettuali e l’organizzazione della cultura è il Primo esempio di critica sociologica.

Gramsci era marxista e comunista e conosceva parte delle opere di Marx. In che direzione declina la visione del mondo di Marx?
Riposta cercata nel contesto storico in cui è vissuto la sovrastruttura agisce sulla struttura. Evento politico sovrastrutturale rivoluzione
russa del 1917 ottobre (Lenin capo partito bolscevico era in svizzera in esilio e lo zar in Russia governava sovrano, durante 1gm Lenin
grazie alla Germania viene messo su un treno per mosca e organizza il partito bolscevico, molto minoritario, e organizza la
rivoluzione russa) questo a Gramsci attivo politicamente negli anni 20-30 quando Lenin muore mentre c’era Stalin vede l’unione
sovietica come la Russia che aveva smesso di essere com’era per diventare il primo paese socialista nel mondo come proponeva
Marx.

Gramsci ricava il fatto che un elemento sovrastrutturale come una azione politica poteva influenzare la struttura. L’iniziativa politica
ha quindi un ruolo decisivo, si poteva non aspettare che la struttura facesse il suo corso ma si potevano accelerare i tempi.

Gramsci a differenza di Lenin non crede che la rivoluzione sia da fare da politici come nel caso della Russia e che i politici e
avanguardisti occupino il palazzo d’inverno, è passato inosservato dai più, infatti ma non se n’è accorto nessuno.

Gramsci non pensava che il potere andasse preso in quel modo, l’iniziativa politica doveva declinarsi nei termini di una lotta
democratica che non presuppone un colpo di mano di una avanguardia ma presuppone invece di arrivare al socialismo attraverso la
costruzione di un vasto consenso, cioè non si prende il potere in pochi convincendo gli altri, magari con la violenza, ma bisognava
vincere le elezioni cioè convincere almeno il 50%+1 delle degli italiani della bontà dei principi del socialismo questo era il punto e
per Gramsci era inevitabile che la gran parte della popolazione accogliesse questi principi perché erano principi che li avre bbero
collocati non più in una posizione di sfruttamento ma in una posizione perlomeno maggiormente ugualitaria rispetto al resto d ella
popolazione. era fondamentale per Gramsci quella che lui chiamava la pedagogia delle masse e gli sfruttati in una società sono
sempre la stragrande maggioranza bisogna semplicemente fare in modo attraverso questa pedagogia che comprendano il loro stato
di sfruttamento affinché venga inevitabilmente in loro il desiderio di emanciparsi e di liberarsi dal gioco dello sfruttamento.
Gramsci infatti ≠ di Lenin ≠ di Marx pensava di creare un blocco sociale coeso non formato soltanto dal proletariato (proletariato
etimologicamente significa chi ha come unica ricchezza propria la prole cioè i figli cioè non hai niente poi proletariato in realtà nel
‘900 è andato specializzandosi come sinonimo di ceto operaio) Marx pensava che la rivoluzione la dovesse fare la classe operaia,
quelli che lavoravano in fabbrica, durante la seconda rivoluzione industriale dalla seconda metà dell'Ottocento si era diffuso sempre
di più il lavoro di fabbrica. Per questo gli operai sarebbero diventati sempre di più il nodo dell’economia. Gli operai andavano
educati affinché comprendessero le dinamiche alienanti del lavoro di fabbrica che subiva no per creare una ricchezza che poi non
finiva nelle sue mani. Gramsci pensa invece anche perché l'Italia negli anni ‘20 negli anni ‘30 del 900 non era ancora un paese
industriale pensa che bisogna formare un ceto coeso molto più vasto per esempio è convinto che l'elemento fondamentale non si a il
lavoro in fabbrica ma appunto lo sfruttamento e allora la grande massa di contadini italiani dovevano essere oggetto
fondamentale di questa pedagogia delle masse anche i contadini andava spiegato che la classe dominante abusava di loro ma
mentre Marx per esempio non si fidava assolutamente dei contadini perché vedeva un atavica cioè un'antica inevitabile endemica
condizione di sfruttamento dalla quale sarebbe stato impossibile sottrarli perché impossibile a convincerli di uscire da quel circolo
vizioso ma Gramsci crede che non solo gli operai, non solo i contadini ma anche quelli che potrebbero essere dei potenziali nemici dei
comunisti (piccoli borghesi e la borghesia) andavano coinvolti.

Chi era il piccolo borghese? il piccolo borghese è quello che non vuole che nulla cambi se non la propria condizione di ricchezza non
vuole cambiare lo stato di cose presente, il piccolo borghese vuole solo ascendere. Poteva essere il maestro, il farmacista del piccolo
paese. Gramsci credeva che anche loro in fondo facessero parte della classe degli sfruttati anche su di loro bisognava agire con
la pedagogia delle masse affinché comprendessero la loro reale condizione di subordinati e anche loro si alleassero con i ceti che
volevano abbattere la classe dominante

Anche il titolo del quotidiano di Gramsci è significativo: l’unità per rimarcare come il potere si impone ma un grande consenso, una
grande unità di classe che fa la rivoluzione con la maggioranza quindi una rivoluzione assolutamente non sanguinario a frutto però di
una rivoluzione culturale che precede la rivoluzione politica.

Questo discorso pare un po’ ingenuo, infatti, Gramsci era convinto che il socialismo era davvero la felicità per tutti o per la
stragrande maggioranza delle persone, bastava che la gente se ne rendesse conto e si sarebbe tranquillamente arrivati a quel
risultato. Gramsci non aveva capito che la condizione di solidarietà non si arriva andando a riscoprire la natura dell'uomo ma casomai
abolendo la natura animalesca dell'uomo e costruendo un lunghissimo percorso di tipo culturale, spirituale

Cosa ricava dalla rivoluzione Russia? ricava la possibilità di rendere preponderante l'azione politica quindi un elemento sopra
strutturale come la politica e la cultura sull’economia quindi attraverso la politica si può trasformare un paese contadino o industriale
in un paese socialista senza aspettare che la struttura economica segua il suo corso

Gramsci vuole fare la rivoluzione per via culturale vuole convincere le persone al socialismo e quindi è agli intellettuali che secondo
Gramsci spetta il compito di elaborare e diffondere la visione del mondo marxista presso il popolo è proprio una pedagogia del
popolo. Gramsci muove dal presupposto secondo il quale almeno in potenza tutti gli uomini sono degli intellettuali (anche in questo
caso il presupposto è di tipo marxiano perché tutti gli uomini sono degli intellettuali per il semplice fatto che tutti gli uomini possiedono
un' ideologia e tutti gli uomini secondo Marx possiede un' ideologia indipendentemente dal fatto che lo sappiano per il sempl ice fatto
che vivono in un certo spazio in un certo tempo e quello spazio tempo ha dei principi, dei valori che vengono considerati normali e che
innervano il pensiero di ciascuno di noi).

Tutti possono essere educati, nell’ideologia, quindi rispetto al materialismo storico l'accento in Gramsci batte piuttosto sull’ideologia
viene quindi tolto sul fatto che ci sia un corso storico che avviene sulla base dei conflitti materiali nel quale la struttura è l'elemento
portante e si concentra invece sul fatto che esiste una visione del mondo che tutti possediamo e su quella medesima agire non tanto sul
corso storico a lungo termine.

Spetta agli intellettuali insegnare a tutta quanta la popolazione sfruttata a fare critica dell ’ideologia cioè a comprendere la
presenza in sé stessi di quelli idee a priori che determinano la vita delle persone affinché la gente capisca che è stata per così dire
fregata dell’accettazione di valori che erano del tutto arbitrari idiosincratici tutt'altro che assoluti ma anzi assolutamente relativi e che
facevano il gioco di qualcuno contro gli altri.

Soltanto dopo che il popolo ha imparato a fare critica dell'ideologia quindi a imparare a prendere consapevolezza di quelle idee
che gli sono state trasmesse soltanto quel punto quando sarà stata fatta tabula rasa di queste idee sbagliate e ingiuste si p otrà
seminare l'idea solidale di giustizia del socialismo e a quel punto sarà inevitabile il passaggio a una società più giusta nella quale non
esista più una classe dominante e una classe dominata ma dove esiste semplicemente l'essere umano ognuno con i propri bisogni
ognuno secondo le proprie necessità e le proprie qualità.

Gli studiosi individuano una biforcazione di suddivisione in due grandi categorie degli intellettuali degli anni 20-30 del 1900 ci sono
gli intellettuali tradizionali oppure cosmopoliti e gli altri invece li definisce organici
la prima categoria intellettuale la definisce tradizionale perché nella cultura italiana sono sempre stati i più diffusi cioè
tradizionalmente l'intellettuale era così come l'intellettuale tradizionalmente in Italia è stato vale a dire una persona estremamente
colta che non stava in nessun rapporto con il popolo vicino a lui ma invece poteva benissimo capitare che intrattenesse degli strettissimi
rapporti con intellettuali anche distanti anche appartenenti ad altri paesi ma che fossero appunto intellettuali come lui. Questo
intellettuale tradizionale Gramsci lo definisce anche cosmopolita che è formata da due parole derivanti dal greco cosmopolita
letteralmente vuol dire abitante del mondo e la polis la città questo aggettivo riferito a Città e il cittadino del mondo gli intellettuali
tradizionali sono cittadini del mondo perché hanno più con i loro colleghi sul piano internazionale invece che con il popolo che sta
vicino a loro
mentre per Gramsci sarà molto importante per ottenere quella pedagogia delle masse che gli intellettuali stessi fossero strettamente
in rapporto col popolo che condividevano con loro la nazione. L’altro tipo che Gramsci individua la definisce organica nel senso di
consustanziale cioè che appartiene profondamente. In questo caso quindi Gramsci dice che l'altra possibilità per un intellettuale è
quello di essere strettamente legato di essere strettamente appartenente a una certa classe sociale

Gramsci si occupa di quella che lui chiamava letteratura popolare e qui noi oggi più tecnicamente chiameremmo para letteratura che
cos'è la para letteratura?
para è un prefisso di origine greca che vuol dire a fianco la para letteratura è quella letteratura che non consideriamo di solito,
non è quella dei manuali di scuola e quindi diciamo che è letteratura che sta a fianco alla vera letteratura diciamo così della
letteratura di basso livello

Gramsci per primo in Italia si mette a studiare quella letteratura popolare quella para letteratura che nessuno studioso non ha mai
preso sul serio e tantomeno mai si era messo a studiare. Egli si è interessato perché sa che bisogna andare a vedere che cosa c'è lì
bisogna andare a iniziare a costruire una cultura nazionalpopolare perché sono quelli i testi che la gente legge

Gramsci si domanda perché in Italia non c'è una letteratura nazionalpopolare e la risposta che si dà è ci riporta a quella di cotomia a
quella divaricazione fra gli intellettuali e il popolo. C’è infatti una netta divisione tra la cultura definita alta come quella di
D’annunzio, Carducci e quella che effettivamente percepisce il popolo.

Categorie gramsciane del romanzo popolare:


1. 1) Ideologico-politico (I Miserabili, Gomorra) (sono di tendenza democratica)
2. 2) Sentimentale (Romanzo rosa)
3. 3) Di puro intrigo
4. 4) Storico (Promessi Sposi)
5. 5) Poliziesco (Giallo, Sherlock Holmes)
6. 6) Tenebroso (Thriller)
7. 7) Scientifico, geografico (20 mila leghe sotto il mare)

Nessun letterato (intellettuale) italiano si è occupato di questi sottogeneri letterari.


Ci sono solo degli scriventi che producono opere meramente commerciali senza nulla di pedagogico.

8 marzo 2021 (lezione 4)

Vittorio Spinazzola (1930- febbraio 2019)

Usciamo dall’ambito filosofico politico ed entriamo nei discorsi specificamente letterari e entriamo nel 1900 . Muore pochi anni fa. È il
maestro della contemporaneistica per gli italianisti contemporaneistici.
Rimaniamo nella sociologia della letteratura.

Spinazzola ha ripreso alcuni aspetti del pensiero di Gramsci “Da Gramsci mi è venuto il principio cardine che i gusti e le preferenze
della gente comune vanno analizzati con serietà” attenzione che Gramsci ha avuto nel capire attraverso quali prodotti culturali si
poteva arrivare ad un pubblico vasto. Gramsci ha velleità ed obbiettivi politici mentre Spinazzola è un critico letterari o

Egli a partire dagli anni’ 60 del ‘900 raccoglie dal punto di vista della sociologia della cultura l’eredità di Antonio Gramsci per
precisione la declina non solo nell’ambito letterario ma studia da critico, specialista studia anche fumetti e cinema per rimanere al
passo con ciò che piace. attenzione al lettore, la comunicazione letteraria esiste se c’è un pubblico che la rende viva (// Sartre: che
trasforma le macchie di inchiostro che ci sono sulle pagine bianche in qualche cosa che produce mondi leggendole). non è scontato

Tra l'altro Spinazzola un'idea molto diciamo laica antireligiosa certamente non sublime della lettura per lui la lettura è uno strumento
attraverso il quale innanzitutto si cerca una gratificazione estetica certificazione estetica che si può collocare i più vari livelli si può
anche cercare semplicemente in piena legittimità dice Spinazzola un semplice intrattenimento, un semplice passatempo, distrarsi,
ricrearsi piacevolmente questo è uno degli obiettivi fondamentali se non il fondamentale di una lettura letteraria. Lettura che il
pubblico il lettore ha tutto il diritto di interrompere nel momento in cui non venisse da quella lettura soddisfatto dei nell e sue velleità,
nei suoi desideri di tipo estetico ricreativo insomma per Spinazzola se un libro non ti piace è del tutto legittimo che smetti di leggere
anche vi può sembrare banale ma non è scontato se viene detto da un critico letterario perchè l'idea di lettura ripeto che è passata
attraverso la scuola e viene creata dalla critica letteraria tradizionale e quella della lettura come un percorso spirituale di
sublimazione di sé di miglioramento di aumento delle proprie conoscenze e delle proprie capacità è qualche cosa che se si interrompe
ci si si sente in colpa si sente di non aver portato a compimento un proprio dovere. Per Spinazzola invece si può interrompere la
lettura nel momento in cui essa non risulta essere piacevole.

Spinazzola certamente riprende da Gramsci anche il ruolo degli intellettuali, che per Gramsci sono l'anello di congiunzione tra la
visione del mondo e il popolo, sono quelli che rimasticano la visione del mondo, in questo nel caso di Gramsci marxista socialista che
porta solidarietà giustizia nel mondo secondo le sue intenzioni e la rende fruibile importante. Anche per Spinazzola gli intellettuali,
nello specifico i critici letterari hanno hanno innanzitutto una funzione sociale cioè per Spinazzola il critico letterario non deve limitarsi
a scrivere libri sui libri che piacciono a lui, o ai suoi colleghi o ai suoi amici quindi libri difficili su scrittori difficile per Spinazzola
innanzitutto i critici letterari devono svolgere la loro funzione sociale che consiste nell’orientare i lettori in un contesto in cui e poi ora lo
vediamo meglio il contesto quello del secondo ‘900 in cui l'offerta letteraria è diventata vastissima, quindi in un contesto di grande
produzione di elementi della cultura di libri. Dunque serve qualche specialista che si metta lì e diriga il traffico spieghi quale opera è
adatta a quale pubblico commenti presso il pubblico le opere che possono interessare al pubblico quindi non solo leggere Proust,
Montale ecc.… MA occuparsi anche dei testi che hanno successo perché sono quelli che hanno il pubblico più impreparato
letterariamente parlando quindi sono quelli testi che hanno più bisogno di essere accompagnati presso il pubblico presso il pubblico.
quindi vedete che la funzione pedagogica della critica letteraria si ho detto sociale è una funzione sociale che evidentemente hai dei
risvolti poi di come di istruzione punto di pedagogia e poi vedete lettura come gratificazione estetica quel criticismo intellettualis tico è
la polemica che Spinazzola fa contro i critici letterari contro i critici di professione contro gli specialisti della letteratura che
apprezzano intellettualisticamente soltanto i libri particolarmente difficili

Del saggio antologizzato da Turchetta messaggio di Spinazzola si parla innanzitutto di un fenomeno determinante nell’ambito
letterario italiano del secondo 900: l'espansione verso il basso, l'allargamento verso il basso del pubblico librario si parla sempre di
scarso numero di lettori in Italia si legge poco si vendono pochi libri ma anche che non si è mai letto non si sono mai venduti come sia
iniziato a fare dopo il boom economico dagli anni 60 del 900 in poi è vero che si legge poco è vero che il trend negli ultimissimi anni
probabilmente è invertito però nel secondo dopoguerra nel secondo 900 si è letto come non mai. Ha un fondamento la polemica sul si
legge poco in Italia ma soprattutto sul piano sociale quello dell’oggettività dei numeri è vero che il pubblico letterario italiano
secondo novecentesco non era mai stato così ampio. Che cosa ne è derivato in un contesto capitalistico? Gli imprenditori capitalisti si
sono buttati nell’ambito culturale perché allora visto che c'era un pubblico potenziale

Slide che segue perfettamente il materialismo storico di Marx c'è un fattore economico alla base l ’aumento del benessere economico
che ha portato a una acculturazione della popolazione italiana e anche se non soprattutto ad un suo più alto grado di
scolarizzazione. Che cosa è successo? Una comunità nella quale impegni primari quelli tesi alla sopravvivenza materiale e fisica siano
a disposizione più o meno di tutti cioè quando una popolazione per dirla brevemente esce dalla povertà può iniziare a investi re
anche su alcuni aspetti tipo culturale quindi l'aumento del benessere generato dall ’ aumento della forza economica del paese ha fatto
sì che anche in Italia si iniziasse a investire sulla scuola ha fatto sì che tanti ragazzi possono iniziare a permettersi di andare a scuola e
poi anche acculturazione non sono scolarizzazione nel momento in cui i beni primari sono garantiti viene voglia anche di intrattenersi
con qualche cosa quindi vedete che l'atteggiamento è proprio tipicamente sociologico e marxiano: un elemento sovrastrutturale,
crescita economica, porta con sé una variazione in un altro sovrastrutturale come quello della cultura quindi questa scolarizzazione
questa cultura azione l'ho fatto sì che ci fosse una espansione del pubblico novecentesco nell ’ambito dell’intrattenimento letterario

Conseguenza una conseguenza fondamentale è il fatto che in questo modo si è rotta la visione tradizionale della comunità letteraria
la comunità letteraria in Italia era sempre stata dicotomica di è il prefisso e indica sempre una distanza tra due come il di alogo che è
un confronto proprio persone il dialogo che qualcosa di almeno etimologicamente un po’ belligerante un confronto a distanza tra due
persone il pubblico letterario italiano prima del boom economico era sempre disposto in maniera dicotomica ce lo aveva spiegato
implicitamente Gramsci, da una parte c'era l'élite che leggeva la grande letteratura italiana, da Pirandello andato indietro fino a
Dante ma Gramsci ci ricorda anche che esiste un prodotto una produzione infima cioè di molto basso livello che si rivolge a un
pubblico popolare e questi due insiemi non hanno mai dialogato cioè chi leggeva Pirandello non sapeva neanche che cosa leggeva il
popolo che i romanzi e allo stesso modo il popolo evidentemente non aveva accesso alla grande letteratura quella complessa quella
che presupponeva una scolarizzazione una cultura azione che certamente il popolo non poteva avere

La crescita del pubblico novecentesco la scolarizzazione il benessere famosi che questa dicotomia che rendeva tutto molto semplice
non salta del tutto per aria i due poli rimangono ma fra questi due poli cadono le barriere si va a costituire una zona vasta centrale
molto variegata ma senza soluzione di continuità, non esistono più confini netti questo allargamento del pubblico fa sì che
l’imprenditoria letteraria editoriale getti sul mercato una vastissima quantità di prodotti letterari . L'obiettivo quello di arrivare a
vendere quei prodotti per guadagnarci al nuovo pubblico che è scolarizzato ma non uno specialista della letteratura quindi il mercato
tendenzialmente diventa quello che avete davanti agli occhi voi adesso nei quali siamo arrivati all’estreme conseguenze in cui non si
capisce neanche più qual è il polo della letteratura alta contemporanea equivalente di Pirandello oggi diciamo e qual è invece il polo
della letteratura popolare l'equivalente del romanzo d'appendice

Spinazzola è molto attento a questa dinamica vede rompersi gli argini dei poli e vede che inizia a comunicare il mondo letterario
italiano perlomeno su numeri che erano i miei diti e il tutta la storia culturale della penisola (quindi più lettori e una maggiore offerta
libraria)

Spinazzola non è l’unico ad accorgersene anche gli altri letterati e la loro reazione si è collocata su quella che definisco di
catastrofismo apocalittico ( non è la posizione di Spinazzola è la posizione che tipicamente i letterati hanno assunto di fronte a questa
invasione del mercato da parte dei più vari prodotti letterari soprattutto romanzi) i critici hanno detto che la qualità dei prodotti
letterari sul mercato era bassissima e che quello scadimento era un enorme peccato contro l'arte quindi denunciano lo scadime nto
dell’esperienza letteraria, denunciano il predominio sempre più grande ad opera appunto dell’editoria la produzione mediocre

La posizione di Spinazzola è completamente diversa di fronte a questo aumento del pubblico dice finalmente abbiamo un mercato
articolato e stratificato per lui l'ampliamento del pubblico e dell’offerta letteraria non porta una omologazione verso il basso produce
piuttosto una differenziazione dell’offerta che così viene dinamizzata e irrobustita rompendo quella dicotomia popolo che legge
schifezze e l’élite che legge arte che non andava bene. per Spinazzola questa invece un aumento di offerta che articola miglio il
articola meglio il mercato e fa sì che sul mercato librario adesso ci siano prodotti per tutti i gusti adesso nel mercato lib rario chiunque
può trovare qualche cosa che sta al proprio livello, ognuno può trovare la propria esperienza del bello e stare a suo agio con i
prodotti che trova

Se la letteratura deve sopravvivere è perché a differenza di tutti gli altri mezzi di comunicazione artistica, dalla musica al cinema, è
perché si trova nella letteratura l'unica cosa che altrove non si può trovare cioè un certo piacere nel fruire di un uso del linguaggio che
altrove non si può provare, cioè l'unico elemento realmente distintivo della letteratura rispetto ad altre arti e per citare Gramsci che
usa la nostra lingua naturale quella che usiamo quotidianamente ma la utilizza in un modo che noi di solito non usiamo.

La critica serve a studiare prodotti che hanno vasta risonanza all’interno del pubblico e scrivere di questi prodotti per ind irizzare il
pubblico. Spinazzola si occupa di romanzi più che di poesia.
Spinazzola quando ha finito la sua carrellata storica, quindi, quando ha finito di ragionare in diacronia, lungo l'asse del tempo,
ragiona in sincronia cioè fa sociologia della letteratura e non più storia sociologica della letteratura cioè si domanda oggi com'è
articolato il mercato letterario italiano da quali tipologie di opere è abitato e queste tipologie di opere in che relazione stanno con il
pubblico, oggi siamo fine anni 90 con questo testo di Spinazzola, chi legge che cosa oggi in Italia.

Egli individua 4 settori in cui pubblico e tipologia dell'opera si incontrano sono quattro articolazioni quindi che mettono in relazione la
complessità delle opere e il loro pubblico di riferimento. Bisogna sapere che questi quattro livelli non sono una gerarchia di qualità,
per Spinazzola questa è una categorizzazione dal punto di vista della complessità non necessariamente della qualità , l'altra regola
vigente è che un prodotto culturale della fascia più complessa si presta alla lettura da parte di un pubblico più scolarizzato e
specializzato e tutti gli altri prodotti delle altre fasce meno complesse si offrono alla possibilità di essere letti dagli s pecialisti e dai
più scolarizzate acculturati.
Invece il pubblico che ha come riferimento i prodotti letterari della fascia diciamo di medio bassa complessità che intenziona lmente
non ha accesso alle opere che appartengono alle categorie di maggiore complessità quindi che può leggere la i testi della categoria
uno poi non può leggere anche quelli in meno complessi ovviamente no se leggi Proust può leggere Topolino ma se il tuo livello è
Topolino con Prost farei fatica sostanzialmente non sa neanche che esiste quindi non è una questione di qualità e di valore è un
occasione di complessità però è vero che una gerarchia esiste chi è capace di fare il più complesso può fruire il più semplice viceversa
non si dà

livello diciamo a per far pesare meno la classifica letteratura avanguardistica sperimentale o anche iper letteratura come un
ipermercato c'ho un mercato super straordinario qui che cosa troviamo questo e livello della più alta complessità formale che è tesa la
sperimentazione alla innovazione alla complessità, naturalmente questa letteratura si rivolge a un pubblico di élite un pubblico che è
capace di apprezzare le novità di affrontare le complessità che questa sperimentazione che ripeto è linguistico formale soprattutto la
letteratura è soprattutto una questione linguistica e formale quindi la sperimentazione avviene soprattutto sul piano della forma .

Quale macro genere letterario Spinazzola inserisce in toto nella fascia avanguardistico sperimentale il macro genera cui mi riferisco è
la poesia perché macro genere perché è un genere che comprende diversi sottogeneri poesia significa lirica poesia narrativa poesia
didascalica, poesia pastorale, il poema epico il poema cavalleresco, tutto ciò che è scritto in versi per Spinazzola appartiene a questo
livello sperimentale perché l'elemento fondamentale della poesia lo dice Spinazzola ma non solo lui è il come le cose sono dette scritte
è la forma la sperimentazione al massimo livello sul piano della lingua dell’espressione.

Spinazzola però inserisci qui dentro anche alcuni prosatori alcuni romanzieri particolarmente bizzarri e sperimentatori proprio sul
piano della lingua: Carlo Emilio Gadda attivo già negli anni 20 e 30 del 900 morto nel 63 , ma ci sono altri scrittori molto molto
sperimentali sul piano linguistico in Italia Spinazzola città Landolfi, Delfini ma anche Manganelli morto da poco. Qui su questo livello le
classificazioni del genere letterario al di là della distinzione prosa poesia tendono a venire meno perché non conta tanto il genere di
appartenenza dell'opera quello che conta qua e l'originalità quindi e l'individualità autoriale, l'autore così sperimentatore è così
originale che spazza via anche le distinzioni di genere. Spesso, infatti, i prosatori che vi ho citato si scrivono romanzi nel senso che
scrivono una fiction di largo respiro però poi dire che dentro lì c'è davvero una storia una trama che finisce da qualche par te è molto
difficile molto difficile.

Gadda, per esempio, scrive un poliziesco quindi un’opera che appartiene a uno specifico genere letterario alla fine non si capisce chi
ha commesso il delitto quindi capite che conta l'originalità dell’autore e non il genere di appartenenza

Livello della letteratura istituzionale e qui troviamo opere che si rivolgono a un pubblico che essi scolarizzato e colto tutto piuttosto
colto ma a differenza di prima non sono degli specialisti della letteratura non sono dei laureati in lettere non sono degli s crittori non
sono dei critici letterari non solo degli appassionati estremi della letteratura. La letteratura istituzionale e per un pubblico che ha delle
coordinate culturali piuttosto solide ma non è uno specialista della letteratura è un laureato in psic ologia in ingegneria meccanica che
ha il piacere di leggere dei testi che considera di qualità. Sono testi che rispondono ad un'idea di letterarietà che è resa familiare al
pubblico di solito attraverso l'istituzione scolastica per questo si chiama istituzionale, perché è un tipo di letterarietà che si fa una
persona che appunto è scolarizzata, è la scuola che veicola questo tipo di letterarietà e che cos'è in particolare. In particolare in
questo settore troviamo testi con un più basso grado di sperimentazione e quindi un più alto grado di leggibilità e l'idea di letteratura
che fa da riferimento è quella della modernità letteraria romanzesca e quando si parla di modernità letteraria , la modernità in
letteratura è la modernità 7 ottocentesca e la nascita del romanzo in Inghilterra la prima la seconda rivoluzione industriale quindi e il
1700/1800 inglese, francese (Defoe, Balzac, Stendhal, Hugo) cioè il grande romanzo inglese e francese del 7 800 romanzo storico
romanzo psicologico romanzo di formazione e questo il riferimento di questa letteratura istituzionale alto livello letterario ma non
eccessiva sperimentazione

Spinazzola mette nomi che probabilmente conoscete perché a differenza dei precedenti che per conoscervi bisognava essere degli
specialisti voi che avete una formazione scolastica sono convinto che questi nomi li avete sentiti nominare: Umberto Eco, Primo Levi,
Italo Calvino, Alberto Moravia Elsa Morante Leonardo Sciascia. Infatti, la scuola è legata è particolarmente affezionata a questo
livello di letteratura non troppo problematico ma di qualità

Terzo livello letteratura di intrattenimento qui forse troviamo il nazionalpopolare di grafici che sta a cavallo anche con gli istituzionale
però qui si trova intanto un opera che si rivolge a un pubblico potenzialmente ampio non necessariamente molto scolarizzato m olto
letterato, c'è una semplificazione dei modelli una semplificazione della scrittura una netta appartenenza di genere perché il genere
letterario orienta il lettore se un opera appartiene schiettamente a un genere letterario il lettore a proprio agio perché sa cosa
aspettarsi. Ecco la letteratura di genere offre questa pace ai suoi fruitori e infatti l'appartenenza di genere da parte della singola
opera è molto grande e netta. Esempio Stefano Benni, Piero Chiara, Fruttero e Lucentini il romanzo di genere di buona qualità
questa è il principale serbatoio della letteratura di intrattenimento. È ciò che oggi forse va un po' per la maggiore.

Spinazzola mette anche un’altra tipologia di scrittura nel quale la volontà di intrattenimento si coniuga con la volontà di informare e
allora qui dentro Spinazzola ci mette anche i libri dei giornalisti (Bruno Vespa, Marco Travaglio, anche le biografie dei personaggi
importanti scritte da giornalisti o le autobiografie) l'intrattenimento assomiglia molto al nazionalpopolare di Gramsci, vedete che
qui c'è quella pedagogia delle masse. Questi sono libri che insegnano divertendo, testi che insegnano intrattenendo

Quarto livello è quello della letteratura marginale o para letteratura (para qui vuol dire a fianco è un prefisso greco) è ciò che di
solito non viene considerato letteratura e per questo si dice che la marginala sta a fianco. La prima caratteristica secondo Spinazzola
è che questa letteratura non viene anche venduta nelle librerie ma soltanto in edicola qui dentro Spinazzola mette il fumetto, il
fotoromanzo sono quelle riviste in cui ci sono delle foto con le nuvole con dentro le parole e raccontano una storia per lo p iù una storia
sentimentale, il romanzo rosa degli Harmony, il romanzo pornografico, western.
Quindi siamo fuori dal campo di interesse tipico dei critici letterari perché vengono considerate banali , volgari e ripetitive costruite
sempre sugli stessi cliché, quindi la variazione fra un testo all'altro è minima, tra l'altro si dice di solito che il loro obiettivo è quello di
andare a toccare le pulsioni elementari delle persone, quindi, potrebbe dire che questo è un ghetto sub letterario ma Spinazzola dice
non è vero che qua tutte le opere sono uguali. Il critico secondo Spinazzola dovrebbe leggere, studiare e spiegare al pubblico che
cosa vale la pena di leggere e che cosa non vale la pena di leggere

1900 l'istituzione letteraria si è trovata a fronteggiare una crescita del pubblico assolutamente inedita nella storia dell'uomo che
Spinazzola trova essere tutte legittime anche la richiesta del più illetterato, del meno scolarizzato che vuole leggere il romanzo
western comprato in edicola è legittimato in quella sua richiesta non va considerato un emarginato insieme alla letteratura marginale
che lui legge. Esse fanno parte del campo letterario e non la si può ignorare non si può far finta di niente non c'è solo un canone alto
a cui fare riferimento. Si diffonde per la prima volta una vera pluralità di pratiche letterarie e di tipologie testuali e quindi
Spinazzola a differenza degli altri critici non ha pregiudizi negativi verso i prodotti più umili al contrario, questa situazione può
portare soltanto aggiornamento al pubblico proprio perché ognuno in questa confusione può trovare ciò che cerca

Martedì 9 marzo (lezione 5)

Walter Benjamin (1892-1940)

- Nasce 1892
- È tedesco figlio di famiglia borghesia, della buona borghesia berlinese, anche Benjamin era marxista e dunque ateo,
tuttavia di formazione borghese ebraica conseguenze sul lavoro di intellettuale e sulla sua vita
- Si trasferisce a Parigi e durante la 2gm è lì ma con un blitz nazisti prendono Francia del nord. Si nette in cammino per
raggiungere le coste spagnole
- Al confine spagnolo il gruppo con cui era viene arrestato dalle guardie del confine spagnolo che rispondevano nel 1940 al
governo fascista di Francisco Franco viene catturato e si sente perduto. La notte della cattura decide con la morfina di
suicidarsi (la mattina dopo i compagni lasciati liberi)
- È stato sociologo, critico letterario ma anche filosofo. Figura tornata di moda negli anni ‘90 del 1900 e in parte anche ora
- Benjamin è appartenuto al non plus ultra, al massimo della modernità del marxismo, ci si riferisce al dipartimento di
sociologia a Francoforte chiamato anche scuola di Francoforte, egli da esterno diciamo partecipa ai lavori molto da vicino.
Le grandi guide erano due intellettuali: Adorno, Horkheimer. Assieme c'era un personaggio diventato molto importante
anche in Italia negli anni 60 ma appunto era più giovane di loro e che si chiama Marcuse questi erano però i campioni
che hanno traghettato il marxismo da visione del mondo geniale ma ottocentesca a visione del mondo geniale ma
aggiornata su quanto stava succedendo e gli sconvolgimenti erano tanti nei primi decenni del ‘900 in Europa
- Questi sociologi e filosofi e letterati ai tempi un intellettuale era un intellettuale umanista 360 °, non c'erano i confini
disciplinari di specializzazione che ci sono oggi, modernizzano il marxismo utilizzando gli strumenti che arrivavano da
discipline che ai tempi erano neonate, quelle che oggi chiamiamo le scienze umane: la sociologia l'antropologia la
psicologia. Essi comprendano che queste discipline offre uno degli strumenti per leggere la nuova realtà che si stava
affermando con la modernità novecentesca, le due guerre mondiali provano che c'è stato un grande salto di qualità no
basta pensare a quanti morti si è riusciti a fare in quelle due guerre l'uomo non era mai riuscito a fare così tanti morti in così
poco tempo quindi innestano la modernità delle scienze umane sul marxismo nasce così quello che viene chiamato a volte
il marxismo moderno che sfida sul piano della comprensione il grande il neo capitalismo il capitalismo che si stava
affermando in Europa e negli Stati Uniti nelle grandi città quelle che stavano proprio allora diventando metropoli : esplode
Londra esplode Parigi esplode New York esplode in parte anche Berlino le grandi metropoli commutando volto dalla fine
dell'Ottocento Engels l’aveva intravisto adesso lo leggeremo insieme però il marxismo non era ancora aggiornato
sull’esplosione primo novecentesca del capitalismo che si avviava a diventare neocapitalismo
- Benjamin è formato in una famiglia della borghesia ebraica berlinese allora qui il discorso si fa un po’ più astratto ed è
anche un po’ meno significativo. Si dice che su Benjamin sul suo lavoro di intellettuale di sociologhi dico letterario e d'arte
abbia agito l'influenza della mistica ebraica non in termini come vi ho detto nell’attesa dell'aldilà Benjamin non credeva in
Dio quello che viene registrato nel lavoro di Benjamin e una irrefrenabile irredimibile tendenza
- Benjamin declina questa mistica ebraica e quindi il significato di religione nell'altro versante in fondo che cos'è una religione
la religione è una spiegazione tutto compreso questa tendenza alla totalità non è mai venuta meno, quindi l'impatto di un
oggetto di studio anche molto specifico per poi utilizzare quell’oggetto di studio come trampolino per una comprensione
quanto più vasta possibile del mondo MA come si fa come si fa a raggiungere una comprensione quanto più vasta possibile
del mondo in un contesto come quello occidentale capitalistico primo novecentesco che stava diventando sempre più vasto e
più complicato stava diventando sempre più urbanizzato sempre più industrializzato? (a cavallo fra 8 e 900 nascono le
metropoli si impone il commercio internazionale quella che noi oggi chiamiamo globalizzazione prendono avvio le grandi
industrie quelle industrie che non si capisce neanche più di chi sono tanto sono vaste e ramificate sul globo prendono il via
alle grandi prendono il via le grandi vie scusate la ripetizione di comunicazione il treno che attraversa gl i stati uniti dalla
costa orientale) il reale subisce un’accelerazione inedita a livello tecnico // rapporto Gramsci-Spinazzola ho detto che
Gramsci riusciva a capire nel settore dei libri che cosa era d’élite e che cosa era popolare perché tutto era molto
polarizzato su due momenti che non comunicavano in mezzo ai quali non c'era niente
- Benjamin capisce subito il trend 100 anni fa quasi ma non molla con questa tendenza a esprimere giudizi e a costruire
discorsi che leggano la complessità del reale
- Il metodo di Benjamin è un metodo che viene definito da lui stesso solo allegorico: Benjamin parte dai dettagli, dagli
elementi minimi con lo studio approfondito degli elementi minimi che messi uno a fianco all’altro come se fossero i tasselli di
un puzzle, quei tasselli del puzzle qualche cosa se c'è lo sforzo sono i connettori vanno a costruire un'immagine della
complessità di cui dettagli studiati fanno parte in qualche modo può emergere
- Vedremo per esempio come Benjamin per ricostruire il panorama dei cambiamenti nella Parigi della metà dell'Ottocento
non si butti ad affrontare la complessità dell’informazione che avrebbe dovuto gestire per ricostruire della Parigi che
diventava metropoli nella metà dell'Ottocento MA si concentra sui dettagli ne vedremo per esempio come prenda una
poesia di Baudelaire, la legge in termini anche sociologici e a partire da lì allarga il discorso qui è proprio marxismo è
materialismo storico perché il testo poetico di Baudelaire viene considerato un documento un prodotto del contesto nel quale
è nato ma quindi il critico può fare il percorso al contrario quel testo è nato da quel contesto? bene il contesto è troppo
complesso per essere fruito? benone un prodotto di contesto e se io leggo approfonditamente quella traccia quel prodotto
io posso considerarlo un simbolo significativo del contesto da cui è nato quindi io leggendo 14 versi di Baudelaire un sonetto
mi faccio un'idea del panorama complessivo te la Parigi della seconda metà dell'Ottocento
- il dettaglio allegoricamente assume un significato ulteriore a quello che gli appartiene in prima istanza sapete che la
allegoria e l'attribuzione di un significato allora nazionale ulteriore rispetto a quello che la cosa ha in partenza. Quella
poesia di Baudelaire Letta come un documento allegorico allegoricamente significativo di ciò che gli succede attorno del
contesto da cui è nato si parte dai concreti dettagli dei testi considerandoli i frammenti di un perduto panorama di
insieme ma ciò che interessa al messianico Benjamin detto marxismo messianico per dire di questa tendenza pseudo
religiosa sta aspirazione pseudo religiosa alla totalità questo marxismo messianico questa imp ostazione intellettuale o
metodologica potremmo dire lo spinge a non accontentarsi mai di un'analisi del dettaglio ma di prendere quel dettaglio
come il documento significativo della realtà in cui quel dettaglio è nato e quindi si colloca
- questa tendenza al frammento significativo non ha funzionato per Benjamin soltanto come strumento di approccio allo studio
ma ha innervato anche la sua stessa scrittura cioè Benjamin non si è mai dedicato la scrittura di un saggio complessivo di
largo respiro senza soluzione di continuità dall’inizio alla fine, ha sempre lavorato per frammenti. Credeva fosse impossibile
restituire un panorama lineare a sua volta lavorava giustapponendo frammenti
- Un esempio di applicazione del discorso di Benjamin perché si è occupato anche di storia dell'arte di strada dell’arte
figurativa è quando nel 1936 pubblica l'opera d'arte nelle l'epoca della sua riproducibilità tecnica che si occupa di storia
dell’arte ma nel contesto tecnico sociale dei mutamenti in corso. Non scrive un'opera su come la concezione dell'arte muta in
un contesto in cui vige per la prima volta la riproducibilità tecnica delle immagini a livello industriale, in realtà è un testo che
cerca di capire che cosa è successo all'arte in un contesto sociale e tecnico ben definito.
- Dice Benjamin un'opera d'arte figurativa era circondata da una sorta di aura (è quella spada di luce soffusa che circonda
per esempio gli angeli) cioè l'opera d'arte era dotata di un valore sacrale che lui chiama aura quindi questa luce divina che
la circondava. Questo valore sacrale deriva dal fatto che le opere d'arte figurative erano uniche inoltre era necessario
anche un viaggio per vedere le opere nell’unico luogo nel quale era possibile vederla tutto ciò dava per Benjamin
valore auratico, un valore sacrale lui dice anche cultuale (da culto cioè sinonimo di religioso). Si parla di desacralizzazione
dell'arte nel momento in cui la sua riproducibilità non conosce confini
- Teatro (rappresentazioni sempre diverse, unico e irripetibile) vs cinema (sempre uguale e ripetitivo)
- In un contesto testo capitalistico diventava inevitabilmente merce perché il capitalismo cerca di fare soldi con qual siasi cosa,
un sistema economico nel quale tutto diventa merce cioè funzione di un possibile guadagno l'arte era semplicemente
impossibile nel momento in cui il mercato mette le mani sull’arte l'arte muore perché appunto la mercifica
- La riproducibilità tecnica provoca la distruzione dell'unicità e originalità delle opere d'arte (Adorno, Horkaimer e Benjamin
d'accordo su questo)
- Adorno e Horkaimer sostengono anche che il capitalismo non può far altro che degradare tutto ciò che tocca, anche
l'esperienza estetica.
- Ascoltare della bella musica con cuffiette scadenti è considerabile lo stesso arte? Secondo Adorno e Horkaimer NO, per loro
non è arte ma merce, per Benjamin non proprio.
Perde si la sua funzione sacrale, ma guadagna il valore di esposizione (più vasta e democratica diffusione che subisce l'arte
grazie alla riproducibilità tecnica).

Pagina 91-92 di Turchetta con la citazione di Benjamin su Engels “la situazione delle classi lavoratrici in Inghilterra” shock della
nascita delle metropoli, i londinesi hanno dovuto sacrificare la loro umanità per la crescita della civiltà industriale della loro città ,
shock nel vedere tutti i ceti insieme, la natura umana si ribella a questo brusio. parlano di noi sono estremamente attuali

Pagina 94 l’opera di Poe che viene citata da Benjamin è “l’uomo della folla”, narrato in prima persona che dopo una lunga malattia
esce di nuovo nella città. Oggetto di osservazione non dei disperati ma la buona borghesia londinese.

A una passante una delle poesie di Baudelaire ne I fiori del male 1857

Testo fondamentale perché ripropone propone su un piano strettamente poetico letterario lo shock metropolitano cioè in grado di
restituirlo come hanno fatto Engels e Poe ma in versi quindi con gli strumenti della poesia che deve bella non largamente descrittiva.
Benjamin si stupisce che si possa far poesia anche con un materiale di partenza non poetico come la vita cittadini. Secondo Benjamin lo
shock si incarna in tre livelli: ambientale (ambientazione cittadina), uno tematico e uno dello stile, della forma

Ero per strada, in mezzo al suo clamore. Esile e alta, in lutto, maestà di dolore,
una donna è passata. Con un gesto sovrano l’orlo della sua veste sollevò con la mano.
Era agile e fiera, le sue gambe eran quelle d’una scultura antica. Ossesso, istupidito, bevevo nei suoi occhi vividi di
tempesta
la dolcezza che incanta e il piacere che uccide.

Un lampo... e poi il buio! – Bellezza fuggitiva


che con un solo sguardo m’hai chiamato da morte, non ti vedrò più, dunque, che al di là della vita,

che altrove, là, lontano – e tardi, e forse mai? Tu ignori dove vado, io dove sei sparita;
so che t’avrei amata, e so che tu lo sai!

Abbiamo un io lirico che però è anche il protagonista della mini-narrazione anche se la poesia non è narrativa. L’io rievoca il momento
dell’incontro con questa donna di cui è innamorato nel traffico cittadino. Un amore al primo sguardo ma sguardo negato dalla folla,
contesto urbano anonimo e metropolitano che nega che possa essere qualcosa di più ma anche possibile grazie alla folla. Benjamin lo
mette come stipite della modernità perché la poesia è innervata dello shock metropolitano.

Qui abbiamo l’io che è sottoposto dai continui stimoli che si possono trovare per strada Baudelaire sfrutta una situazione cittadina
per argomenti elevati, questo genera shock

Shock tematico, letterario la poesia ha per oggetto l’amore e l’amore era da sempre il tema più antico e per di più è trattato con gli
stessi strumenti tradizionali (amore attraverso gli occhi primo grande tema della lirica europea delle lingue romanze estremamente
tradizionale). Egli mette in campo un amore al primo sguardo ma lo trasforma in un amore all’ultimo sguardo. L’amore era
sublimazione dell’animo, per gli stilnovisti l’amore era un’esperienza accessibile solo a pochi raffinati. Non solo amore all’ultimo
sguardo che abolisce il primo sguardo e poi nessuna sublimazione dell’amore (verso 6) si sente rincitrullito e paralizzato. Effetti da
spiritualmente sublimanti a spiritualmente devastanti. Altro shock

Shock formale dato da uno scontro, attrito dato dal fatto che è un sonetto di 14 versi con sistema ritmico e prosodico tradizionale e
canonico all’interno della produzione francese, sono alessandrini. Questo strumento alto è utilizzato per versi di ambientazione
cittadina nel quale il lessico non è più perfetto e alto della tradizione metrica

Baudelaire modo poetico di generare shock che sono corrispondenti allo shock del lettore che viveva nella Parigi del poeta che
consumava nella vita fenomeni, shock sociali come materiali adatto per poesia. Arte non auratica, rifiuta l’aurea della letteratura e
arte tradizionale, arte nasce così com’è senza nessun abbellimento per questo Baudelaire definito come padre della lirica moderna

Venerdì’ 12 marzo 2021 (lezione 6)

Pierre Bourdieu (1930-2002)

Francese, intellettuale che ha attraversato il XX secolo. Uno dei più geniali sociologi, molto amato dai giovani, spesso nei media
francesi contro le istituzioni dietro le quali tendeva a vedere dinamiche di potere, di previlegio per pochi e mancanza per alcuni.

Bourdieu ha avuto lo stesso ruolo che ha avuto Pasolini (muore nel ‘75) anche lui pur essendo antisistema ha avuto un buon seguito,
grosso spazio tra i francesi

Egli non nasce per quel privilegio acquisito per nascita, nasce da una famiglia molto umile nella campagna nord di Parigi, figlio di un
ferroviere MA grazie alla sua accademia scolastica e accademica (sistema scolastico francese molto rigido) ricopre ruoli apicali
nell’accademia dell’università francese. Egli non è stato un critico letterario ma come sociologo si occupa di gusti culturali, del “campo
culturale”. Egli concepisce la società divisa in vari campi, in una società i campi sono potenzialmente infiniti. Campo anche come campo
da gioco: Bourdieu concepisce i campi come luoghi di conflitto, dove ci sono dei confronti, concezione su base agonistica. (// Marx la
storia dell’uomo avanza secondo l’economia, conflitto operaio- imprenditore, la storia avanza sulla base di conflitti materiali)

Sul piano metodologico egli si inventa un lavoro impostato sul connubio di due metodologie apparentemente inconciliabili
strutturalismo e marxismo

Che cosa ricava dal marxismo? Concezione di campo che prevede una storia che avanza secondo conflitti materiali, confronto nel
singolo settore, esempio culturale. Altro elemento è il concetto di capitale: non solo in termini economici, quantità di denaro, egli lo
estende anche al di fuori del mondo economico. Ogni individuo, ogni agente sociale come dice lui, possiede un certo capitale che non
è dato solo dai beni materiali, ha un capitale economico e culturale, che è dato dalla somma capitale scolastico, ma anche dal
capitale culturale ereditario, famiglia e ambiti in cui si è cresciuti, ognuno ha un capitale sociale o relazionale, sistema di relazione in
cui siamo inseriti (la scuola è importante per Bourdieu) questo è determinante per la mia collocazione del mondo. ( privilegio delle
classi alte).

Bourdieu scrive nel ’60 nel periodo della massificazione, tutti piccoli borghesi, eppure lui scrive quello che scrive ovvero come in una
società apparentemente omologata, il sistema delle classi sociali è ancora vigente e determinante nel percorso di vita.
Altro dal marxismo: altro capitale che individua come decisivo ovvero la quintessenza, il distillato massimo degli altri capitali ovvero
capitale simbolico il mix o la somma trasfigurato di tutti i capitali che possiede che costituiscono la reale immagine dell’a gente sociale
nel mondo. Il vero obbiettivo degli agenti sociali nel mondo non è avere soldi ma acquisire la quantità più alta di capitale simbolico
(es. social network), il seguito che si riesce ad avere nel mondo, la capacità di creare seguito.

Altri elementi che recupera sono il rapporto struttura- sovrastrutturale, materialismo, lo stesso Bourdieu costruisce un discorso in cui tutti
gli aspetti della società sono tutti legati insieme. Lo zoccolo duro, base è il capitale economico. tutto è connesso e l’economia è
l’essenza dell’agente sociale

Concetto di ideologia esistono secondo lui meccanismo di dominio che regolano rapporti tra gli agenti sociali, cerca di alzare il velo su
dinamiche di gerarchia che si perpetuano in ogni ambito sociale muove dal presupposto che ci sia una ideologia che ciascuno agente
sociale subisce passivamente e le accetta come dati di natura, queste sono insieme di false credenze, a-priori come diceva Marx
critica dell’ideologia

Base di lavoro è lo strutturalismo che è stata una corrente di pensiero assolutamente determinante nell’ambito degli studi del
ventesimo secolo, si diffonde in Francia negli anni 50-60 quando egli si forma. Lo strutturalismo legato al formalismo russo degli anni
20-30, è stato un metodo di lavoro che ha cercato di attribuire un metodo scientifico alle discipline umanistiche, altissimo grado di
specializzazione, per abbattere l’inferiorità delle discipline umanistiche rispetto all’oggettività delle discipline scientifiche. Esso ha
proposto alle discipline umanistiche di considerare i propri oggetti di studio come una struttura nella quale ogni elemento è connesso
strettamente l’uno con l’altro, il cui il mutamento di un elemento porta inevitabilmente al mutamento dell’ insieme. Un oggetto di studio
va indagato con la massima freddezza da laboratorio e poi ogni singola parte così indicata va messa in relazione con le altre, esse
diventano strutture nelle quali tutto si tiene. (per la poesia analisi strutturale approfondita ad esempio dei versi agguerritissima
analisi formale)

Rispetto allo storicismo siamo su un altro pianeta: viene meno il rapporto del singolo oggetto di studio con tutto il resto il contesto e
la storia vengono meno con questa scientificità, è un approccio sincronico che tiene conto del presente

Indaga in un dato momento, luogo, società qual è il senso profondo, il quid delle dinamiche caratterizzano una data situazione sociale,
che tiene insieme una data struttura, dei dati sociologici. Scatta foto in un momento preciso, del marxismo prende il “lessico”, campo,
storicismo, struttura ecc.

Esempio critica delle idee diffuse, apriori nel settore scolastico (trampolino sociale) critica dell’ideologia mette quindi in discussione
l’immagine di correttezza democratica del sistema scolastico, studio come strumento di crescita personale, sociale ed economica, è
davvero questo trampolino di possibilità?

Studia nel momento in cui la scuola diventa scuola di massa (dal 1962 obbligatoria la scuola media), in Francia la scuola superiore e
l’università si stava aprendo. Egli invece di dire finalmente la scuola diventa democratica, come fanno i più, egli studia la scuola e dice
c’è un’inflazione di titoli scolastici vale a dire cresce molto il numero di agenti sociali che acquisiscono diploma o una laurea.

Inflazione in economia è la perdita di valore di una moneta e la crescita dei prezzi, inflazione dei titoli il valore del titolo di studio
diminuisce, questo porta che per un medesimo impiego serve un titolo di studio richiesto superiore, è vero che i titoli sono di più ma
anche vero che hanno perso valore, maggior distribuzione ma non oro zecchino per tutti. Serve un titolo maggiore rispetto a prima.
Bourdieu dice che sul piano dei rapporti di potere della società apparente democratizzazione a di fatto i figli della classe dominante
sono sempre in alto, mentre i figli degli operi si conquistavano il diploma della scuola superiore e quando questi hanno la laurea
triennali gli altri sono alla magistrale ecc.. egli non si limita a vedere la democratizzazione e l’inflazione ma si chiede il perché ovvero
il perpetuare del benessere della classe dominante, il figlio della classe dominante non lo raggiungerai mai.

Saggio titoli di nobiltà culturale in cui egli svolge una equivalenza tra titoli scolastici e titoli nobiliari del medioevo, entrambi fingono
democratizzazione ma ripropongono la gerarchia iniziale, all’inizio la gerarchizzazione era evidente o studiavi o no, ora sensazione
di democratizzazione ma c’è sotto la gerarchizzazione

Bourdieu parla del sistema di valutazione che si presenta come neutro, scuola luogo della giustizia perché valuta tutti allo stesso modo
ma è fintamente neutra non si parte mai dallo stesso punto ma l’asticella è sempre alla stessa altezza. La scuola non è neutrale, che
lingua parla? Egli dice che è espressione dello stato che è governato dalla classe dominante. I figli delle classi dominanti sono a
proprio agio, la scuola chiede loro ciò che sono per natura portati a dare, chi non viene dalla scuola deve allargare il suo cip
mentale.

Il rischio in questa scuola apparentemente neutra invece di essere un luogo di promozione sociale diventa luogo di emarginazione che
non fa altro che riprodurre le differenze sociali, culturali, economiche di partenza (esempio della classe contadina essi prima della
scolarizzazione un giovane figlio del contadino sapeva che inevitabilmente sarebbe rimasto tale, avrebbe avuto una cultura
incorporata, avrebbe avuto forse orgoglio ad esserlo. Ma il contadino che va a scuola verrà rifiutato molto probabilmente, verrà
bocciato e sarà destinato a rimanere contadino. Prima però potevano essere in pace con sé stessi, orgogliosi nell’essere contadini ora
sono contadini frustrati che si sentono falliti, inadatti) cultura incorporata il contesto culturale sociale economico diventa corpo il
nostro modo di comportarci è determinato da questi fattori
Estrazione sociale agisce a fondo sull’individuo e per spiegare la presenza di tutti questi capitali dice che ciascun agente sociale ha il
suo habitus (//) parola dal latino, traduzione avere l’abitudine di, insieme di abitudini, comportamenti che abbiamo per il fatto di
essere in una certa società, con una certa classe sociale, è la struttura profonda della mente,

è struttura strutturata e struttura strutturante habitus da una parte è la struttura di fondo dei nostri comportamenti, struttura in cui
tutto si tiene, habitus non è passivo non è scheletro sociale ma determina anche tutte le mie scelte. È strutturato ma dà struttura

La distinzione critica sociale del gusto 1979 libro di Bourdieu che ha alla base 1200 interviste in loco, andando a casa degli agenti
sociali, 1960 (domande su gusti e cultura musica, mobili, ecc.. ) non c’è un fenomeno di omologazione ma ci sia un fenomeno di
gerarchizzazione il singolo agente sociale è diverso dagli altri. Sottotitolo c he letteralmente sarebbe critica sociale del giudizio
sottotitolo in polemica con il fondatore dell’estetica (filosofica del bello, rapporto individuò e bellezza, arte, cultura) ovvero Kant che
nel 1790 pubblica critica del giudizio. Polemica perché Kant riteneva che il gusto del singolo individuo rimandasse inevitabilmente a
caratteristiche endemiche di bellezza, mi relaziono all’arta sulla base di comportamenti legati alla mia sensibilità, al grado di
sensibilità innata.

Per Bourdieu la mia emozione davanti a Schubert è legata più o meno direttamente non alla mia sensibilità innata ma alla mia
condizione socioeconomica (materialista, individua struttura e sovrastruttura). Le azioni di gusto sono costruzioni sociali e esse non sono
disinteressate perché egli dice che le nostre scelte in ambito culturale sono prese perché legate a un campo agonistico, servono a
distinguerci sul piano sociale. Le nostre scelte avvengono sulla base della nostra struttura strutturante. Le scelte culturali dicono di noi,
quella parte di scelte le prendiamo per dare una certa immagine di noi stessi. Il gusto legittimo è quello della classe sociale
dominante che più o meno tutti vorrebbero avere. Egli non crede alle risposte sociali in quei settori l’agente sociale poteva non avere
dei parametri tra cui scegliere.

Tre gusti individuati da Bourdieu:

- Legittimo quello della classe dominante


- Medio quello della piccola borghesia che vuole diventare dominante e la imita
- Popolare che oggi forse non esiste più

Due agenti sociali tipici

- Autodidatta legittimo/ esteta è un rappresentante della classe alta, ottimo capitale ereditario che può mettersi grandi
divagazioni culturali anche in zone periferiche. Egli diventa negli anni 60-80 un intenditore di fumetti trasforma qualcosa
di basso in qualcosa di alto, individua fumetti poco noti ma di qualità che si imporranno. Applicazione del gusto legittimo su
gusti periferici
- Autodidatta non legittimo è un piccolo borghese, proletario che si fa piccolo per diventare borghese, crede di aver capito il
gusto legittimo e vuole farlo proprio, è un arrivista. L’autodidatta prende clamorosi granchi (vuole andare a teatro ma
scambia intrattenimento di massa come spettacolo alto perché gli mancano le basi, confonde cultura e nozionismo).
avevano confuso la cultura vera con il mero nozionismo che non ha nulla di culturale

Estetica popolare caratteristiche

- Si basa per il fatto che privilegia il contenuto sulla forma, privilegia utilità sulla bellezza se si tratta di un romanzo il gusto
popolare privilegia un tema avvincente anche se con forma discutibile.

Egli sottopone ai soggetti delle fotografie: agenti sociali delle classi basse apprezzavano foto con qualcosa di bello (tramonto,
vacanze ecc.) molto pragmatistica e contenutistica ≠ agenti sociali alti non apprezzano il contenuto ma la forma (ringhiera
arrugginita) estetica popolare non riconosce bellezza formale dell’oggetto artistico ma quest’ultimo è funzionale a ricordare
qualcosa di bello di per sé (ma il bel posto non fa necessariamente una bella foto ma è come si fa la foto). Gli agenti sociali delle
classi popolari ignorano il gusto legittimo

Lunedì 15 marzo 2021 (lezione 7)

Introduzione alla storia italiana del secondo ’900

La nostra contemporaneità nasce alla fine della Seconda guerra mondiale 25 aprile 1945 che porta a strascico altre date e
avvenimenti, la guerra per l’Italia inizia il 10 giugno 1940 con Germania e Giappone. La guerra inizia in generale con l’invasione
polonia dei nazisti 1° settembre 1939.

La svolta si ha a metà della guerra quando l’Italia cambia alleati, 25 luglio 1943 cade il fascismo (ottobre 1922, marcia su Roma, 25
luglio 19443 mussolini in gran sasso arrestato)

Vuoto di potere, Vittorio Emanuele terzo, che dà il potere a Pietro Badoglio che l’8 settembre 1943 fa annuncio radio in cui dice che
Italia firma l’armistizio ovvero il fermarsi delle armi armis stat. Armistizio che non è pace (pace significa mettersi d’accordo, l’armistizio
è unilaterale)
Le armi si fermano dal punto di vista dell’Italia ma non degli altri. Italia campo di battaglia avevamo ex-alleati, armate tedesche,
che diventano occupanti in quell’ambiguo messaggio Badoglio dice che l’Italia propone l’armistizio ma che ciascuno cittadini deve
difendere il suo territorio dagli occupanti

Ciascun soldato fa quello che vuole, si cerca di tornare borghese e di lasciar la divisa

Italia muta il proprio ruolo e viene spezzata in due al sud estate 1943 gli alleati, usa e uk in luglio sbarcano in Sicilia e iniziano
lenta risalita che spingono via i tedeschi verso nord mentre al nord la guerra inizia tra occupante tedesco e usa e uk. A Napoli
arrivano nel settembre 1943. Roma conquistata da usa e uk nel giugno 44 lungo rallentamento, gli alleati non si impegnavano
troppo. Roosevelt e Churchill avevano deciso di non passare per il fronte meridionale italiano ma da nord partendo dalla Francia,
sbarco in Normandia nord ovest Francia nel 44. Molto lentamente usa e uk a giugno 44 a Roma e alla fine dell’anno a bologna. Nord
Italia mussolini liberato dai tedeschi che lo avevo messo a capo della rep sociale italiana stato comandato nominalmente da mussolini
ma di fatto a guida nazista. Anni drammatici fini 44 e 45 nord Italia bombardato dagli alleati per indebolire l’esercito tedesco
(Milano bombardata). Si parla di due mila morti civile. 43per cento di Milano gravemente danneggiato. Chi poteva fuggiva in
campagna, in città c’erano i luoghi di rifornimento e le truppe stesse.

Fra 43 e 45 sotto salò si diffonde il fenomeno, importante per recupero della dignità, la resistenza ovvero la lotta armata dei
partigiani vs nazisti. Partigiani militarmente poco preparati non potevano competere con i tedeschi, fenomeno per restituire dignità
etica e politica all’Italia interamente fascista anche agli occhi di altri paesi che ha portato alla fine della guerra nel maggio 45 a
un occhio nei trattati

Agosto 45 fine 2gm con usa che porta il Giappone alla resa con Hiroshima e Nagasaki per mostrarsi all’Urss a Stalin più che altro
(morte alcune di decine di miglia di persone effetto collaterale considerato)

La Seconda guerra mondiale non coincide con la contemporaneità ma essa è alle radici della nostra contemporaneità, la fine della
2gm più che altro fino al boom economico e anni ’80 ora dal 2008 crisi.

Alcuni dati dopo la Seconda guerra mondiale, dopo il 25 aprile quando l’Italia esce dalla guerra in condizioni pessime dal punto di
vista umano, economico, sociale e politico

- 70% dei treni fuori uso (Napoli-Milano in due giorni)


- Consumo pro capite di beni alimentari era dimezzato rispetto all’inizio della guerra
- Costo della vita aumentato dalle 30 alle 50 volte (la lira fino al 2001)
- La produzione industriale era a un terzo dell’inizio
- Produzione agricolo la metà

numero altissimo di poveri e di disoccupati

Il periodo post-bellico è anche detto di RICOSTRUZIONE dal punto di vista economico, politico, urbanistico

Sul piano politico era caduto il governo fascista, 20 anni di governo, viene messa in discussione anche la cornice istituzionale dentro cui
si era imposto ovvero la monarchia che vigeva dal 1861 in Italia data la connivenza con il fascismo. È vittorio Emanuele II che non dà
l’incarico a Mussolini nel 30 ottobre 1922. Immediatamente con la liberazione torna la libertà di associazione (fascismo fuor i legge) e
di pensiero. 2 giugno 1946 Italia dopo referendum diventa repubblica democratica parlamentare (54%). Italia rimane spaccata, nel
sud al 65% si era votata la monarchia. Prima volta che si vota a suffragio universale, non si votava più sul censo e non votano solo gli
uomini ma anche le donne (nella avanzatissima svizzera le donne votano dal 1971 a livello di confederazione MA c’è un cantone
Appenzell le donne votano dal 1991). Si è votato anche per eleggere i partecipanti dell’assemblea costituente, un gruppo di 556
persone appartenenti ai vari partiti politici italiani che avrebbero scritto la nuova costituzione dell’Italia repubblica. La costituzione
della repubblica italiana vinee promulgata 1° gennaio 1948, per quanto riguarda i diritti civili e sociali la costituzione è molto
avanzata, alcuni di questi non vengono applicati. Esempio l’articolo 3, uno dei fondamentali, È compito della Repubblica rimuovere gli
ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della
persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. il nostro stato
lo fa?
Altro problema gli apparati statali che erano stati completamente colonizzati, tutti i dipendenti statali giuravano fedeltà ai fascisti e
possedere la tessera del partito fascista, anche se i partiti cambiano esiste un potentissimo un apparato amministrativo statale che non
muta con il mutare dei partiti. Si pensava ad una epurazione ma non è avvenuto e alcuni ex fascisti hanno ruoli chiave.

Principali partiti del dopo guerra

1. partito comunista (Gramsci e Bordiga dopo 1921 scissione di Livorno) è stato guidato da Palmiro Togliatti, segretario
partito 1927-64
2. partito socialista (anni 80 del 1800) il cui segretario 1930-63 è Pietro Nenni
3. democrazia cristiana di ispirazione clericale cristiana 1948-92 il cui segretario era Alcide De Gasperi che ha guidato la
democrazia cristiana dal 1944 al 1954
4. partito repubblicano con Ugo L’Amalfa e Giovanni Spadolini che è stato il primo presidente del consiglio non appartenente
alla democrazia cristiana
l’unità che era nata dalla costituzione si rompe molto presto, tutti questi partiti che si erano opposti al fascismo si spacc ano in due
blocchi contrapposti che corrispondono ai due blocchi che dominavano il mondo del dopo guerra

- occidentale e statunitense nel quale l’Italia era stata inserita (// partito repubblicano e democrazia cristiana)
- sovietico e comunista (// partito comunista e socialista)

tutto il mondo era stato diviso in due sfere di influenza politiche economiche questa spartizione avviene a Yalta, in Crimea sul Mar
Nero nel febbraio del 1945 i tre capi di stato che ormai sapevo che avrebbero vinto la guerra: Urss, uk e usa si trovano per gestire il
dopo guerra. Churchill, Roosevelt e Stalin. L’Italia inserita sotto usa per un pelo, a est dell’Italia sotto Urss.

Italia sotto sfera degli stati uniti finisce per godere del piano Marshall ovvero di un massiccio piano di aiuti economici che partono da
cibo fino alle macchine industriali per ricostruire l’Italia + visione del mondo, valori attraverso telefilm e musica. Questo significa che il
partito comunista non avrebbe mai vinto perché l’Italia doveva restare sotto influenza americana e quindi democrazia cristiana
sempre prima. Si è salvaguardata formalmente una condizione democratica ma di fatto si è reso impossibile che il più importante
partito dell’opposizione italiana, il partito comunista, vincesse.

Le prime elezione che sanciscono la fine dell’alleanza dei partiti sono quelle del 18 aprile 1948 in cui vince la democrazia cristiana
(ricordatevi che il 50% del pane che mangi è fatto da farina americana) vince da sola con quasi il 50% dei voti vs il fronte popolare
con i voti del 30% (due anni prima i due avevano il 50% dei voti azione massiva di propaganda americana per abbattere i voti)

La democrazia cristiana sparisce non perché perde voti ma perché perde voto, essa tiene da sola il potere solo con alleanze con
piccoli partiti centristi creando così un governo molto moderato che piaceva agli Usa. Dal 1960 c’è il tentativo di fare coalizioni d i
governo un po’ diverse nuova epoca

1958 finisce la ricostruzione e nuova fase del boom o miracolo economico 1958-63 (nella slide fotogramma dei primissimi anni ‘60 di
Dino Risi “Il Sorpasso” Italia inizia a sorpassare gli altri paesi e ideologia del sorpasso con fenomeni automobilistici)

Fino al ’58 l’Italia era sempre stato un paese relativamente povero e a base agricola ma la situazione cambia perché l’Italia subisce il
trauma della modernità (// Benjamin shock), tutti i paesi stavano cambiando sul piano economico. L’Italia cresce e recupera molto di
più anche perché partiva da poco. Fenomeno del boom economico, si tratta di una esplosione, un miracolo non si capiva come l’Italia
bruciasse così tante tappe. Questo grazie agli aiuti americani e all’ideologia anglosassone che soprattutto nel nord fa del successo
economico e della ricchezza l’elemento fondamentale dell’esistenza. (Max Weber, L'etica protestante e lo spirito del capitalismo,
sostiene che il sistema capitalistico andava in // al protestantesimo del 1500, il p rotestante riceve la Grazia dalla nascita e uno dei
segnali era il successo per questo si fa di tutto perché la vita vada bene ≠ visione cristiana cattolica)

Italia aveva un elevato numero di mano d’opera che veniva pagata poco che però produceva molto guadagno elevato e
moltissime ricchezze che non vengono distribuite (quella che Marx definisce accumulazione di capitale). Si esportava molto all’estero.
Ma verso metà degli anni ‘50 gli industriali italiani ridistribuiscono le ricchezze pagando di più gli operai così che la vita di essi non
fosse più di stenti. guadagno interno ed esterno benessere collettivo

Qualche numero …

- nel settore primario nel 1954 prima del boom lavoravano 8 mln di italiani, nel 1964 erano solo 5 mln ma la produzione
agricola era aumentata (innestato uso delle macchine e agenti chimici + diserbanti ma anche antibiotici negli allevamenti
che costituiscono il 33% dell’inquinamento inizio agricoltura meccanizzata)
- produzione industriale tra i primi anni 50 e 60 cresce dell’84% (nel 2019 la produzione industriale era diminuita dell’1,9%)
produzione di livello tecnologico medio, autoveicoli, elettrodomestici e materie plastiche e siderurgia
- Italia dopo il boom diventa la settima potenza economico del mondo, in Europa seconda la Germania

Conseguenze sui consumi

- Televisione nasce 1954 e nel 1958 una famiglia su dieci aveva la tv, nel 1960 una su cinque, nel 1965 una famiglia su due
// frigoriferi e lavatrici benessere e soldi che crescono
- Motociclette 1951 ce ne sono 1 mln, nel 1963 4 mln e mezzo +450% in più
- Auto meno di 2 mln nel 1960 nel 1965 5 mln e mezzo

Che morale possiamo ricavarne? Italia diventa pese consumista, aumenta di più il consumo di beni definiti voluttuari, non necessari,
mentre il consumo di beni primari rimane normale non più un popolo del bisogno ma del desiderio

(cortometraggio 1963 di Ugo Gregoretti, Il pollo ruspante)

Altre conseguenze: immigrazione sempre sintomo di sproporzione che consiste nel fatto che tutto ciò che abbiamo visto avviene in Italia
ma tutto ciò avviene nel nord Italia, nel sud non avviene proprio così che rimane latina, mediterranea e cattolica
Gli uomini politici potevano controllare i voti del sud, si parla di voto di scambio, con quello che viene chiamato assistenzialismo il
politico si garantisce un bacino di voti in una certa zona del sud dando e promettendo posti di lavori in ambito statale e burocratico.
Al nord ha fatto comodo il sud povero perché poteva avere mano d’opera a basso costo. Un sacco di persone migrano verso il nord
più industrializzato migrazione interna per provare una nuova vita. Nel corso degli anni ’50 le prime migrazioni verso il nord sono
del Veneto verso Milano, Torino, Genova chiamato triangolo industrializzato. Si parla di 2 mln di meridionali in tutto il nord ma di 1,3
mln nel triangolo, per quanto riguarda Milano 1951-61 + 600 mila abitanti periodo rivoluzionario (Torino + 400 mila abitanti).
Essi non vanno a Milano per i costi troppi elevati ma a Sesto, Bresso, Cinisello …

Fra 1950 e 64 le abitazioni costruite da zero le abitazioni costruite da zero aumentano del +700% + rete stradale e autostradale
(A1, Milano-Napoli, autostrada del sole, primo tratto 1958 Milano-Piacenza) ma poca pressione per le ferrovie (interesse della FIAT
che premeva affinché l’Italia si riempisse di strade)

Si diffonde il sogno di una vita ricca e spensierata che apparentemente sembra alla portata di tutti.

Altra grande invenzione del boom è il giovane che per la prima volta si impone nell’ambito politico ed economico, il giovane diventa
protagonista perché in una società che cambia così veloce solo loro possono trovare agio nel continuo cambiamento. Il giovane
diventa così il paradigma del moderno

Cambia il modo di vestirsi, di pettinarsi, costumi relazionali più aperti e diversa musica, nuovi consumi e pubblicità cambiano i
modelli

Martedì 16 marzo 2021 (lezione 8)

Introduzione alla storia italiana del secondo ’900, seconda lezione

Il sistema politico italiano non era pronto per gestire il grande cambiamento degli ultimi anni degli anni 50 e inizio 60 (uomo politico
1958 capisce già che ci sarebbe stata una crisi). politica influenzata dal conservatorismo della democrazia cristiana, influenzata
dal vaticano, anche si auto esautora dal gestire le novità contraddizioni

Cambia l’economia e le richieste delle persone ma la politica non è in grado di star dietro a questi cambiamenti lo stato emargina
i singoli interessi privati per salvaguardare il benessere diffuso

In Italia giravano molti soldi che arricchiscono lo stato che non si oppone alle urbanizzazioni selvagge, guidate dall’interesse
speculativo dei privati, non c’era una effettiva lotta all’evasione fiscale (anche oggi si parla di riforma del fisco questo vuol dire che
la situazione non è molto diversa), lavoro in nero (il datore di lavoro paga il lavoratore ma su questo non paga le tasse), inizia a
diffondersi anche l’idea che lo stato non controlla e che si possa corrompere il funzionario statale

Tentativo politico di portare lo stato alla mutazione di quegli anni nei primissimi anni 1962-64 la democrazia cristiana che finora
aveva governato da sola solo con alcuni piccoli partiti tenta una svolta progressista , c’era una coalizione di centrosinistra (centro +
sinistra moderata, partito socialista di Nenni). I socialisti appoggiavano dall’esterno il governo dando al parlamento voti al governo
ma senza avere dei ministri ma nel 1962 nascono governi di centrosinistra con anche dei ministri con l’obbiettivo di evitare squilibri
territoriali nord vs sud, città e campagna e di modernizzare il paese. Alcune riforme positive

- 1962 3° media obbligatoria che sostituisce quelle di avviamento professionale


- Ammorbidita la cesura del cinema influenzata da vaticano e politica
- Abolita legge che impediva alle donne di avere delle posizioni apicali sul posto di lavoro

1964 Nenni riforma alle riforme più significative che il centrosinistra aveva in mente all’inizio non si capiva ma pii si capisce che il
problema era il timore che il governo di centrosinistra venisse soppiantano (piano “SOLO”) da un governo più di destra influenzato
dagli usa e dai suoi servizi segreti (non volevano una reale modernizzazione dello stato che avrebbe potuto portare a un
sovvertimento sociale e politica dato che modernizzare voleva dire aprire le menti degli italiani) e gestito da un generale dell’arma
dei carabinieri Giovanni De Lorenzo (si sarebbe dovuto effettuare colpo di stato per soppiantare governo di Nenni)

Cosa deriva?

1. Il popolo italiano ha registrato una sempre maggior distanza tra la vita quotidiana e la struttura statale amministrativa
burocratica statale italiana sfasatura (negozio Apple ≠ poste italiane). Discrasia politica e realtà (no risposte ai
problemi sull’ambiente)
2. Il partito comunista vede lentamente crescere i suoi voti dal 24- 36% nel 1964-76 grazie ai giovani e lavoratori medio-
basso livello

Come conseguenza alla fine degli anni 60 nasce qualcosa di importante all’interno del contesto globalizzato nasce in Italia dal ’68
questioni globali non solo politiche ed economiche l’uomo diventa planetario
Prima forma di globalizzazione culturale sotto forma di manifestazioni studentesche a partire dal 1967 gli studenti in Califo rnia
gridano il disaccordo economico sociale e culturale con rivendicazioni di genere da un lato svecchiare istituzione formativa e
scolastica e rapporto giovani e istituzioni (presidi, professori)

In generale il movimento studentesco non si applica solo al contesto scolastico si legge dalla slide alcuni dei loro motti

- La nostra generazione, cresciuta in condizioni di media agiatezza e educata all’università, si ritrova in un mondo molto
diverso da quello che sperava
- La dichiarazione tutti gli uomini sono uguali suona falsa considerando le condizioni di vita dei neri negli stati uniti del sud e
nelle grandi città del nord
- Mentre i due terzi dell’umanità sono sottoalimentate, le nostre classi dominanti godono di una abbondanza superflua
- Benchè si pensi che la popolazione mondiale raddoppierà nei prossimi 40 anni, le nazioni ancora permettono che lo
sfruttamento incontrollato delle risorse impoverisca la terra

Studenti per la democrazia in California sono alla base dei futuri studenti che scenderanno in piazza in Italia

Perché proprio in quel momento? Tutto questo avviene perché proprio per chi aveva 20 anni negli anni 60 si era allungata tanto la
fase infanzia e ingresso età adulta ovvero la fase dell’adolescenza che diventava sempre più lunga. Prima a 14 anni si era ritenuti
adulti e si lavorava e a 17/18 figli e matrimonio non c’era una fase intermedia si passava a una inconsapevolezza delle cose del
mondo a quando queste ti schiacciano. Nel dopo guerra nel mondo occidentale si inizia a studiar e più a lungo ci si sposa dopo si è
giovai di più generazione che può capire il mondo ma non è compresso da esso può guardare quando il mondo da lontano e
capirne senza esserne sottomesso le sue dinamiche

Gli studenti del 68 in Italia sono i primi che vivono la terra di nessuno generazionale i primi che si rivoltano contro i padri (quando la
pancia è piena si usa il cervello dice Marx) cercano uno sguardo critico della realtà

Succede anche per la globalizzazione culturale del sistema occidentale negli anni 60 esperienze culturali inedite e letterari e (canzoni
di Bob Dylan, inizia il mito di Che Guevara guerrigliero marxista, notizie delle proteste in piazza della guerra in Vietnam del 1955,
esperienze culturali Marcuse che faceva parte della scuola di Francoforte che nel 1967 pubblica l’uomo a una dimensione e lettere a
una professoressa di don Lorenzo Milani lettera polemica a un’ipotetica professoressa per mostrare che alla sua scuola è diverso)

A partire dal 68 da esperienze politiche, aumento scolarizzazione e stimoli culturali dall’estero gli universitari danno via a lla protesta
studentesca, manifestazioni studentesca, prima uni di Pisa poi università cattolica quindi a nord

Colori significativi

1. Neri fascisti
2. bianchi democristiani
3. rossi comunisti

+ baroni professori universitari dotati di privilegi sterminati che non assolvevano i compiti pedagogici

Il 69 è l’anno dell’unione studenti e operai, studenti ragionano come Marx e capiscono di doversi alleare agli operai contro lo status
quo. Universitari fuori dalle fabbriche a volantinare. Si parla di autunno caldo nelle piazze per le proteste operai e studenti unità
d’azione fra studenti e operai. (La mossa fatta da Nenni nel 64 ha fermentato queste manifestazioni)

Le risposte che la classe dominante da

- Breve termine per bloccarle momentaneamente il 12 dicembre 1969 nel momento del culmine proteste studenti e operai
piazza fontana, Milano bomba dentro banca dell’agricoltura che fa 16 morti e 90 feriti. Viene incolpato il movimento
anarchico (dal greco senza governo, idea che qualsiasi governo non ci debba essere, gestione convivenza umano senza che
qualcuno la governi, autoregolazione dell’individuo), vengono arrestati Pinelli (ora si sa che gli esecutori erano dei
neofascisti telecomandati dai servizi segreti italiani o “servizi deviati”). Si parla di bomba di stato, una strage perpetrata
dallo stato medesimo strategia della tensione che ha lo scopo di destabilizzare il sistema sociale e di iniettare alla
popolazione grandi dose di paura affinché la stessa cittadinanza si raccolga attorno alle forze che la possono difendere le
forze dell’ordine e lo stato (lo stato si rafforza e diventa l’unico che può salvare). Le bombe scoppiano per circa un
decennio: maggio 1874 Brescia piazza della Loggia e nell’agosto treno italicus viaggio Italia Germania e 1980 agosto a
bologna in un treno, morte di Giangiacomo Feltrinelli 1972 a causa di una bomba tra le sue mani era molto di filo sinistra
(alcuni dicono omicidio). Questa strategia della tensione, anni 70 anni di piombo, produce l’effetto desiderato e la
situazione sociale si calma. Il partito di opposizione, comunista, ha molti voti dopo fallimento delle proteste ma a lungo
termine la paura fa sì che ci si sposti verso destra, quelli più moderati, più vicini allo stato infatti democrazia cristiana
rimane. Modernizzazione 1970 legalizzato divorzio, 1978 regolato l’aborto e aboliti i manicomi grazie alla legge
Basaglia 1978.
- Lungo termine per bloccarle definitivamente. Ciò che ha messo fine a queste proteste è stata quella dei consumi (slide con
slogan: operai a un certo punto protestano dicendo vogliamo tutto diritti e distribuzione della ricchezza noi che creiamo
realmente i beni protestano, questo nel corso anni 80 e 90 fa si che la classe dominante offra consumi e beni che per la
forma mentis consumista vanno bene). Anni 80-90 anni di de politizzazione, politica distante perché ulteriore benessere,
arrivismo professionale fanno si che i cittadini si interessassero meno alla politica e alle istituzioni statali (paninari negli 80 in
un contesto in cui negli anni 70 nel nord erano molto politicizzati, a Milano, fuori Burghy, si vestivano da capo a piedi firmati
ostentando il non interesse per politica e cultura). Si passa da un vogliamo tutto a un vi diamo tutto a loro chiedevano diritti,
uguaglianze non beni materiali, oggetti

Gli anni 80 sono gli anni più vicino a noi. Su questa dinamica si ha uno spostamento politico economico internazionale 1989 crolla
muro di Berlino e crolla Urss cade divisione capitalismo e comunismo

Il partito comunista si scioglie sempre di più diventa pdds partito democratico della sinistra che ora pd e sparisce anche il termine
sinistra che spaventa l’elettorato e cade anche partito socialista e democrazia cristiana. Gli ultimi cadono per tutt’altri fattori. Nel
1992 scoppia il caso di tangentopoli, variante di un’inchiesta nata a Milano mani pulite, la vera classe dominante nel corso dopo
guerra aveva un rapporto molto stretto partiti politici. Le grandi aziende pagavano i politici e i partiti politici (oggi lobby, pressione).
Forte dinamica relazione economica classe dominante e politici.

Fondatore di Eni, Enrico Mattei dice:” io i partiti li prendo come taxi, li chiamo, ci salgo sopra, poi pago la corsa e scendo quando
sono arrivato” quindi dice che usa il politico per fare legge

Tangentopoli perché il potentato di turno pagava una tangente, somma di denaro affinché il partito facesse una legge in accordo con
le volontà di chi pagava

C’era anche corruzione a livello più basso

Indagini mani pulite (magistrati nelle slide Di Pietro colombo e Davigo) il 17 febbraio 1992 primo arresto e poi 4525 arresti di cui
alcuni per politici che sarebbero dovuti finire in galere ma non succede. Segretario dc Arnaldo Forlani che era in corsa per la
presidenza della repubblica che ha dovuto dimettersi. Craxi segretario partito socialista che deve scappare in esilio in Tunisia per
sfuggire all’arresto, Andreotti presidente consiglio 1992 costretto a dimettersi e anche accusato di mafia, Cossiga presidente
repubblica

terremoto che causa fine vecchi partiti italiani

Venerdì 19 marzo 2021 (lezione 9)

Milano nel ‘900

Immagine dell’ambiente sociale ed economico di Milano che è lo sfondo che ritroviamo nei nostri testi letterari.

Milano nel 1900 ha avuto un ruolo decisivo in Italia dove è stata considerata come capitale economica e morale del paese.
Appellativo che le arriva subito dopo l’unità di Italia 1861 ma soprattutto con l’arrivo a Milano della seconda rivoluzione industriale
alla fine degli anni ‘80 e ‘70 del 1800 anche in Lombardia arriva la rivoluzione industriale. Momento in cui le grandi famiglie
milanesi fondano le loro aziende: Pirelli, Falk, Breda ma anche il Campari. L’aggettivo morale perché Milano era sì luogo dove si
lavorava e si arricchiva e dove c’era anche una alta eticità sia sul lavoro che sulla cosa pubblica, sullo stato. Luogo in cui i servizi
funzionano e in maniera pulita. Milano dal 1861 diventa la città del lavoro ben fatto e svolto nel rispetto delle norme.

La favolosa Milano c’era già prima del boom, tutto questo continua fino ad oggi. La forza economica è ancora ben nota. L’aggettivo
morale che non si definisce più da quando c’è stata Tangentopoli e con Craxi (1934-200) fine dell’uso di questo aggettivo associato
a Milano. Il successore politico Silvio Berlusconi non ha aiutato molto a riportare in auge questo mito. capitale morale non
sopravvive ma quello economica sì

Dal 1925 con Marotta fino ai primi anni ‘60 era ancora capitale economica e morale.

La forza economica di Milano si nota anche ora (scelta dell’università). La vicenda nasce da un po’ prima dall’unità di Italia quando
c’erano ancora dinamiche che privilegiano il settore primario su quello secondario. Mentre Milano volta le spalle alle loro origini
meridionali, latini, mediterranea facendo peculiarità la visione del mondo, le industrie dell’Europa occidentale (anche Weber con
l’etica protestante che persegue successo anche economico per tutta la vita x ottenere salvezza)

Rapporto Milano e altri paesi contrastanti Umberto Bossi con Lega Nord Padania (ora lega nord) che nasce nel 1984 per
difendere l’operosità di Milano. Si rivendicavano i privilegi economici e culturali di questa zona rispetto agli altri paesi (si parla di
Roma ladrona). Berlusconi nel 1994, alleato di questo partito, sale al potere insistendo sul saper fare economico (io sono stato un
grande imprenditore, ho gestito in modo arricchente i miei beni allora gestirò bene anche la cosa pubblica) nasce come superiorità
economica poi superiorità generale. È successo quello che era successo con Mussolini, Craxi e anche con Bossi e Berlusconi cioè che
questi milanesi portavano a Roma queste idee ma vengono romanizzati. Anche il fascismo che nasce a Milano arriva a rom. Milano
nonostante questo suo primeggiare non ha mai esportato politicamente la sua forza economica. Milano non è mai diventata capitale
economica del paese o almeno sì ma romanizzandosi. Politicamente il saper fare e l’etica di Milano non ha spazio in politica, anzi
tutt’altro.
Questa separatezza di Milano radicata anche sul piano culturale non solo politico. Il mondo latino mediterraneo romano a cui Milano
e il nord erano legati (222 a.C. battaglia di Casteggio questa zona diventa romana latina e i celti si mescolano con i romani e per
otto secoli fino al 568 con l’arrivo dei Longobardi. Lombardia da longobardi ha nome non latino ma che deriva dalla popolazione
nordica germanica delle steppe asiatiche che nel 576 conquistano il nord Italia e il sud e lasciano il loro nome a nord)

Il partito della lega nord Padania organizzava miss Padania e le olimpiadi celtiche per confermare la vocazione nordica di Milano e
Lombardia.

1700- meta 800 Lombardia è stata austriaca poi sotto i Savoia.

Presenza di cultura latina e romana ma anche presenza nordica che ha lasciato una grande eredita. Milano deriva da Medio planum,
nome celtico, ovvero in mezzo alle pianure, lingua evolve per semplificazione quindi mediolanum poi midlanum poi Milano. La città si
trovava all’incrocio di diversi corsi d’acqua che era un elemento prima della seconda rivoluzione industriale, favoriva il co mmercio e lo
spostamento di merci. Passano Ticino, Olona, Po, Lambro, Adda, Seveso che sin dal basso medioevo sono stati collegati con navigli,
canali. (canale di Villoresi, naviglio della Martesana, Naviglio grande, naviglio pavese)

Aggettivi usati per descrivere Milano nel ‘900

1) PICCOLA Città dalla vocazione internazionale però è una città di dimensioni piccole per il numero di persone che la
abita. Confine del comune di Milano 8 volte più piccolo del comune di Roma. Inoltre, Milano (1,3) rispetto a Roma (3 mln) ha
un terzo degli abitanti di Roma la popolazione di Milano da dopo il boom economico sta chiaramente diminuendo che ha
un momento di stasi nel 2011 (ora 1,3 mln). La popolazione è in calo, infatti, i più privilegiati lasciano la città per cercare
un’aria più vivibile per crescere i propri figli (questo il motivo della diminuzione)
2) MONOCENTRICA Milano è monocentrica unico centro il duomo che da lì si estende per cerchi concentrici senza che un
altro quartiere abbia autonomia e prestigio, Milano resta rigidamente monocentrica (≠ NY, Londra, Atene costruite a
scacchiera). A Milano più lontano dal centro più sei povero. Questa strutturazione urbanistica corrisponde a una
gerarchizzazione sociale. C’è posto per tutti sì ma la struttura urbanistica fa si che chi arriva debba avere il suo posto come
in una gerarchia.
3) RICCA dato la sua vocazione un po’ protestante improntata all’etica, al guadagno e al lavoro. Milano ha mantenuto
forte la sua ricchezza nel corso del ‘900 sulla capacità di rinnovarsi e cambiare pelle. A differenza di altre città italiane
Milano sul piano economico non è mai stata monotematica ha sempre differenziato i suoi investimenti e ha sempre contenuto
varie attività senza identificarsi con un solo elemento. Questa pluralità di pratiche risulta essere vincente. Settori trainanti
per la Milano del ‘900: industria dalla meta dell’800 prima città industriale italiana l’industria pesante e gomma, edilizia
dopo il secondo dopo guerra, Milano capitale finanziaria dagli anni 80 si parla di indice Mib (Milano indice di borsa). Sin
dagli esordi del ‘900 Milano è stata la capitale editoriale, editori di libri, giornali, settimanali e riviste. Anche capitale della
pubblicità e marketing. Polo di attrazione di letterati (Pagliarani e Marotta non erano milanesi ma si spostano a Milano per
la passione e per la possibilità che vedevano che la città poteva offrire loro. Si parla dell’industria culturale ). Milano è
famosa anche per il settore dei servizi (università), la nostra si trova a Sesto Marelli che ai tempi era considerata come
Stalingrado ovvero ricca di operai poi con il tempo ha subito cambiamenti. Inoltre, il 30 % delle aziende della web
economy si trova nella fascia nord di Milano. Milano è anche la capitale della moda e del design
4) BRUTTEZZA Milano tutta presa a rinnovarsi economicamente non ha avuto una vocazione a conservare la bellezza
urbanistica e architettonica. Piano strutturale economico ha più peso rispetto a quello urbanistico e architettonico. (≠ Firenze
città turistica, quindi, attenta a preservare la sua bellezza). Difficile attribuirle monumenti storici della città proprio perché si
gioca tutto sulla novità MA il rischio è quello di un paesaggio grigio, anonimo, poco di antico per dare spazio al nuovo e
semi nuovo

Il ‘900 ha dispiegato al massimo questa vocazione modernizzatrice fino alla fine del 1800 Milano era molto più italiana. Il centro
storico aveva vecchi palazzi prima abitati dalle classi popolari poi più ricche, erano sei/settecenteschi con viuzze strette dove si
respira il peso degli anni. È quello che viene definito centro storico che è un termine difficile da usare per città non italiane.

Quando si arriva a questa genericità, grigiore?

1. Quello che per altri paesi italiani viene detto centro storico a Milano nessuno lo usa. A Milano si usa centro e basta.
Immagine di sx mostra i resti attorno al duomo prima non c’erano i palazzotti pseudo moderni ma dei palazzi di origini
medievali ristrutturati nel corso del 6-7-8 cento di origine popolare. Il fascismo decide che Milano doveva perdere la parte
storica, popolare per qualcosa di più maestoso e monumentale. Zona di piazza Vetra, colonne di san Lorenzo, quartiere
Bottonuto era molto molto malfamato. Milano aveva questo carattere molto popolare. Si assiste a una monumentalizzazione
e distruzione del carattere popolare.
2. Copertura dei navigli con il fascismo negli anni ‘20-‘30 era una città d’acqua sostanzialmente, da via laghetto vicino
all’università di festa del perdono era un laghetto dove approdavano le barche per materiali per duomo. (referendum per
la riapertura dei navigli approvato). Il fascismo cambia il volto della città ma non del tutto.
3. Seconda guerra mondiale 1943-1945 periodo di bombardamenti, 25% dei vani abitativi del tutto inagibile, la Ca’
Granda nasce nel 1500 come ospedale molto distrutta dopo i bombardamenti, palazzo marino, santa Maria delle grazie
la galleria, castello, scala, pinacoteca
4. Dal 1945 fino ai primi anni 50 segue celere la ricostruzione ma questa celerità è avvenuta sulla base degli interessi dei
privati, degli speculatori non c’è stata attenzione al bene collettivo. Ogni comune deve avere piano regolatore formale in
cui erano colorate in modo diverse le zone a Milano non esiste nel dopo guerra il primo è del 1953 a cose fatte. Non si è
voluto fare un piano generale questo frutto della politica e delle classi dominanti. Uno dei massimi architetti italiani del 900
Gio Ponti architetto del Pirellone parlava di una dittatura di Ulisse per la Milano del dopo guerra. Intendeva una dittatura
di nessuno indica mancanza di coordinamento di largo respiro un vuoto di potere politico il dominio dell’incultura. Brutta
quindi nel senso di genericamente moderna. Questo porta a un panorama anonimo i palazzi accanto sono diversi. Nella
zona centrale molti palazzi storici danneggiati dalle bombe potevano essere ristrutturai ma i loro proprietari di palazzi
ammalorati ma non cadenti mandavano gli operai a prendere a picconate i palazzi per dimostrare che non andavano
bene. Le testimonianze del passato a Milano sono come i resti di un naufragio. Una città che ha mangiato più volte se stessa,
Milano architettonicamente sempre nel presente, sempre pronta a rinnovarsi. Il discorso di Gio Ponti diventa ancora più
evidente durante il miracolo economico 1958-63 che deriva di accumulazione di capitale 1948-55. Raddoppia la
produzione ma gli operai sono gli stessi. In questi anni Milano diventa sé stessa.

- Altro elemento che ha cambiato Milano sono le migrazioni che portano alla modifica delle periferie. Nel 1961 il 23% i
residenti in città erano migrati dalle altre province, 14% dal veneto e l’11% dal sud. Chi non può stare a Milano va
nell’hinterland. Gli abitanti di Bresso aumentano del 175%, quelli di Cinisello Balsamo del 145% per cento. Milano negli
ultimi anni ha perso abitanti. Si costruiscono periferie in maniera disordinata senza servizi ma in teoria la periferia
dovrebbe nascere dopo essere stata collegata ai servizi. Nascono periferie a misura di automobile più che di persone.
Milano è una città dove ci si muove ma non ci sono tante piazze dove stare seduti al verde. Periferie senza luoghi pubblici
di incontro. Espansione fisica e demografica verso esterno e stata rapida e prodigiosa e non è stata frutto di una
organizzazione un shock

Lunedì 22 marzo 2021 (lezione 10)

Giuseppe Marotta (1902-63)

1949 1° edizione di A Milano non fa freddo in parte autobiografico. Nonostante il libro si presenti come una autobiografia in
frammenti a noi la vita di Marotta serve come aiuto nell’analisi.

Marotta nasce 1902 a Napoli e muore a Napoli 1963 (aver vissuto 2GM, aver intravisto il boom economico). Nasce a Napoli nel
piuttosto malfamato quartiere Sanità, figlio di un avvocato assai anziano che ha sposato una donna sarda. A 9 anni, 1909, orfano di
padre. Resta con la madre e le due sorelle maggiori. Fanno una vita di miseria dopo la morte del padre. Vanno in un
“appartamento” ricavato sotto il campanile di una chiesa, nel quartiere Mater Dei di Sant’Agostino degli Scalzi o Santa Maria della
verità

Tono agrodolce, amaro e leggero allo stesso tempo, fa un’auto narrazione della miseria ma con elettricità ironica

Era un’insolita casa, composta quasi esclusivamente di uno stanzone alla base di un campanile. Non fu mai possibile stipulare un accordo
con le campane; suonavano a morto quando per una ragione o per l’altra eravamo allegri, suonavano a festa quando mia madre
si tergeva gli occhi col grembiule e diceva: “Ah se vostro padre non ci avesse lasciati così presto”.

Orfano di padre alle superiori, istituto tecnico, interrompe gli studi per dare una mano all’economia domestica. Marotta trovò lavoro
come letterista (mai operaio) del gas che andava a vedere i numeri sul contatore del gas e faceva la differenza con quelli de lla volta
prima. A 32 anni Marotta perde la mamma, 1934

Citazione autobiografica dietro a questa passione letteraria così precoce c’è già una piccola creazione di una mitologia di s é:
giovane poverello trasportato da una passione per la lettura (legge la notte da autodidatta) La mia era una famiglia
poverissima, dovetti lasciare la scuola per l’officina. Non ci separammo, ovviamente, i libri ed io. Un quindicenne che già lavora, ha
tuttavia, per sé, le notti; ed io le usai meglio che seppi.

1914 Prima guerra mondiale quando aveva 12 anni fino ai 16 ma la cosa non lo turba, egli non ha mai dato segni di essere turbato.
Costruzione di una mitologia di sé: povertà + passione letteraria fin da piccolo + no turbamento dalle circostanze

1917-18 biennio rosso la classe popolare si fa sentire e si dice che il fascismo è una forma di reazione messa in campo dalle classi
nobili per frenare le classi operai

Finì la guerra e cominciarono le agitazioni sociali e il fascismo. Io non avevo che occhiate distratte per tutto questo; mi era nata la
vocazione letteraria, studiavo a denti stretti, scrivevo versi e racconti che nessuno si sognava di pubblicare, o semmai di retribuire.

Ricostruisce il suo passato che assume i tratti un po’ stereotipati della leggenda

Marotta non è mai stato attratto dalla politica e dalla Storia mai stato un autore impegnato (engagé in francese è colui che sfrutta
la propria posizione di scrittore che prende parola e parla di questioni sociali). In effetti Marotta aderisce a un’idea di scrittore come
intrattenitore (terzo livello secondo novecentesca di Spinazzola) anche se descrive momenti tragici cerca di essere divertente

Sul piano culturale e letterario alla Bourdieu può essere definito un autodidatta non autolegittimo ma come autodidatta piccolo
borghese che deve fare tutto da sé, non ha il supporto della scuola superiore che non era obbligatorio. Marotta non si definiva
autodidatta ma sapeva di essere un outsider, irregolare rispetto a chi aveva un curriculum studiorum letterario Ciò ha suscitato e
sviluppato in me, anno dopo anno, il “complesso” dell’autodidatta. Ne avete un’idea? Non lo auguro a nessuno.

Ossessione di non essere sentito accolto e di non essere considerato uno scrittore dai critici e dagli alti letterati

7 febbraio 1925 Marotta a quel tempo 23 anni arriva a Milano, un giovane letterato del sud ambiva a Milano per cercare di
impegnarsi in una città che era forte nell’industria, declinata in quella culturale (industrie editoriali come Rizzoli , Mondadori). Arriva
con 300 lire ed erano giusti per un mese di affitto in una camera. All’inizio si veniva pagati per correggere le bozze cercando dei
refusi o redattori. Digiunai tre giorni filati a Milano, quando vi giunsi da Napoli. Ero ben deciso, andasse come andasse, a non
arrendermi vivo. Perciò mangiai, da un giovedì a un sabato di quel febbraio, soltanto nebbia. Ma non odiai Milano. Io l’avevo scelta,
non era stata Milano a scegliermi. Né detestai Napoli che mi aveva lasciato andare. (ironia, tutto è vivo nelle parole e nei ricordi di
Marotta, usa spesso la personificazione, in questo caso Milano e Napoli prendono vita)

Riesce a fare una pubblicazione esterna grazie al Corriere dei piccoli, rivolto a un pubblico di bambini. da quel momento non avrebbe
mai fatto la fame.

Marotta correttore di bozze e redattore presso Rizzoli. La sua attività era frenetica. Lavoravo otto ore al giorno da Rizzoli e metà
della notte per accrescere, mediante le collaborazioni, i miei lievi introiti. Avevo sognato la grande arte, ma la zuppa è la zuppa: non
scrissi, per anni, che articoletti di varietà e storie d’amore per il grosso pubblico femminile. Me ne vergogno e non me ne vergogno. La
mia salvezza fu l’elzeviro.(per guadagnarsi da vivere ha dovuto lavorare per Rizzoli ma la notte scrive, la cosiddetta paraletteratura,
romanzi d’amore e racconti umoristici. Ottengono un buon riscontro per i giornali. A volte pubblicava sotto pseudonimi) arriva con
una attesa ma si incastra con una necessità di sopravvivere. Questa sua scrittura non giova alla sua scrittura di alto livello che si era
prefissato. Questi raccontini gli hanno tolto tempo ed energie. Una scrittura volta solo al guadagno. Non piaceva quindi ai critici, a
differenza di Spinazzola certi critici non poteva vedere che una penna a pagamento non fosse degna di tentare una letteratura con
arte. Dicotomia molto forte tra letteratura e paraletteratura. Questa fama negativa è ancora oggi presente. Il genere prediletto da
lui è il racconto breve che non ha mai avuto mai fortuna nei quartieri alti.

Dino Buzzati scrittore e giornalista nel 1957 afferma “Marotta ha avuto un bello scrivere, un bel pubblicare, un bel farsi leggere:
la critica ufficiale manco faceva una piega, come se lui non fosse mai esistito.“ la critica letteraria fa fatica a occuparsi di chi non fa
letteratura alta

In a Milano non fa freddo non sono raccolti testi sentimentali e comici ma sono gli elzeviri di prima. Elzeviro è un articolo che esce sul
giornale, la sua origine è molto antica verso l’origine della stampa, dall’olandese elzevier dal cognome di due tipografi olandesi che
usavano un certo carattere, font piuttosto piccolo e per antonomasia il nome passa a identificare un oggetto. L’elzeviro è un articolo di
terza pagina ovvero quella culturale, articolo molto diffuso nella prima metà del ‘900, oggi caduto in disuso, scritto da un
personaggio di qualche fame di carattere artistico, culturale, erudito ma anche non un articolo di critica ma anche di carattere
memorialistica o autobiografico simulando un breve racconto pseudo autobiografico.

Torniamo all’auto fiction di romanzo ovvero narrazioni che prendono spunti da elementi dell’autore. Nel 1949 raccoglie tutti quanti gli
elzeviri in a Milano non fa freddo. Essi lo hanno salvato perché lo permette di non essere solo autore di paraletterario agli occhi dei
critici ma anche di una narrazione un po’ più alto. Anche in un senso pragmatico perché l’elzeviro veniva pagato e quindi otteneva dei
soldi. Egli non aveva i soldi per dedicarsi a un’opera letteraria ma la pubblicazione degli elzeviri lo salvano.

Purtroppo, la storia di tutti i miei libri è sempre la stessa: e tutti i miei racconti, prima di essere raccolti in volume, sono costretto a
pubblicarli come elzeviri di quotidiani. Questo è una cosa che vorrei mettere bene in chiaro, per le influenze che ha sul nostro costume
letterario. Lo scrittore, cioè, per poter vivere, è costretto a lavorare per i giornali. Chi può stare due anni attorno ad un libro, chi può
stare, cioè, due anni senza guadagnare? Lo scrittore, oggi, nella maggior parte dei casi, può mettere insieme un libro solo dopo averlo
pubblicato, qua e là, in elzeviri: è triste, ma è sintomatico dell’epoca. non c’è più il mecenatismo, il letterato del ‘900 deve
guadagnarsi da vivere con la sua fatica. Nessuno però lo ha obbligato a scrivere pezzi di cui si vergognava avrebbe potuto fare
impiegato culturale in posti più o meno alti, rai, cinema o Einaudi o case editrici

Dopo 13 anni a Milano 1925-38 egli va a Roma per lavorare nel cinema dove ci circolavano più soldi dato che il pubblico era più
numeroso. Inoltre, il fascismo nel 1937 aveva fondato Cinecittà i più grandi studi televisi italiani. Marotta arriva nel 1938 ma nel bel
mezzo dell’inizio della Seconda guerra mondiale che quindi diminuisce la possibilità di lavorare.

Avendo messo al sicuro la famiglia nella campagna piemontese, lontano quindi dai bombardamenti della città, egli finita la guerra
torna a Milano nel 1946.

Da questo momento deve riiniziare da capo ed è comunque determinato. Nel 1947 pubblica quello che viene considerato il suo
capolavoro o comunque il suo libro più famoso: L’oro di Napoli, Bompiani una serie di racconti apparsi sul corriere della sera sotto
forma di elzeviro e sotto forma di volume nei quali rievoca i ricordi della sua infanzia nella città partenopea. L’oro di Nap oli è la
resilienza, la cosa più preziosa che hanno i napoletani è la capacità di resistere alle difficoltà e alla capacità di superarle senza
essere sopraffatti. (resilienza capacità di un materiale di resistere a un urto). Successo che aumenta anche dal film del 1954 che
diventa un film di successo grazie anche agli attori Vittorio De Sica, anche regista, e Sofia Loren due dei più famosi di all ora. Il film
piace abbastanza anche ai critici può essere considerato come il suo esordio grazie ala quale viene riconosciuto come scrittore. Prima
altri racconti ma non percepiti come disse Buzzati.
1949 A Milano non fa freddo, iperbole, a Milano non fa freddo, eccome, è la prova concreta che lui non è soltanto uno scrittore
napoletano che scrive solo di Napoli. Per scelta lo pubblica ed è un libro di racconti già pubblicati sotto forma di elzeviri che ha
Milano come protagonista. Guarderemo se anche a Milano c’è l’oro di Napoli, la resilienza.

1949 ultimo anno di Marotta a Milano dopo quasi venti anni in due tranche prima 1925-1938 e 1946-1950. Nel 1950 torna a
Napoli Sì, ho vissuto a Milano per venticinque anni, più brevi e tuttavia più distesi e abbaglianti di qualsiasi Marylin Monroe. Sto a
Napoli, adesso, ma con la giacca impigliata nei battenti di Milano. Ho la tristezza, nuvolosa, dei meticci. Non so mai, quando riapro gli
occhi la mattina, se vedrò nella finestra una guglia del Duomo o una gobba del Vesuvio. (esagera sempre, non 25 ma 20 anni. Lui dice
che se n’è andato ma il soprabito rimasto nei battenti della porta. Uso della parola meticcio nel senso di colui che è stato generato da
genitori con gruppi etnici diverse. Marotta lo usa perché si sente appartenente a due etnie diverse, nord e sud. Uso frequente della
metafora. Tutto quanto è semplice, fissato da una immagine concreta, immagini che tendono ad enfatizzare i concetti , personificazione
e metafora)

A Napoli 1950 Marotta continua a scrivere e pubblicare tantissimo, si è un po’ buttato via. Scriveva tanto e in fretta. Pubblica circa un
libro all’anno che è tanto. Sia racconti, commedie che critica cinematografica.

Pubblica due libri di tema milanesi 1958 Mal di Galleria (galleria di Vittorio Emanuele, titolo significativo senza negare la
negatività), 1962 Le Milanesi (riferito alle donne milanesi, dà voce alla narrazione in prima persona di donne milanesi su fatti di
Milano)

Autoritratto negli anni della vecchiaia:

La principale difficoltà che ho incontrato nel mio lavoro di scrittore, sono io. I miei scritti mi costano molta, molta fatica, e non mi
soddisfano mai. Perciò debbo usarli prima sui giornali e sui periodici, senza i compensi dei quali non potrei vivere… insomma non posso
mai scrivere il libro per il libro, che so, un’opera di grosso impegno. Il mio alibi è che né l’uomo né la poesia si misurano a palmi. Non
viaggio, di rado m’allontano dal mio tavolino, la curiosità e l’inquietudine di Hemingway mi sono ignote, il mio mondo sono io. Amo (ed
attuo prodigiosamente) la solitudine. La critica? Mi tiene il broncio come se io l’avessi, in qualche indimenticabile modo, offesa. Al diavolo.
Né io né Arnaldo Bocelli né Paolo Milano siamo eterni. Se ne riparlerà a Giosafat. Per me una oncia di salute e di pace vale più di una
tonnellata di “alti riconoscimenti”. Una sigaretta, un plaid di sole meridionale sulle ginocchia, un fiato di scogli, un fremere d’orizzonte,
bastano e soverchiano a questi miei definitivi anni, dopo tanto caro ed iniquo lavoro.
(excusatio non petita, recusatio manifesta. Ci tiene anche a far passare il messaggio che la sua scrittura è attenta, le sudate carte di
Leopardi. Non ha avuto tempo per il suo capolavoro. A volte parla di cose semplici ma poi fa salti metafisici. Cita la valle in cui
verranno giudicate le anime, rimanda il giudizio ai posteri, amarezza per un talento che non si esprime come vuole.)

Martedì 23 marzo 2021 (lezione 11)

Continuo della lezione di Milano ad oggi

Oggi i discorsi sulla città in senso stretto, geografi, sociologi, … non parlano più di città. Oggi gli specialisti della urbanità parlano di
megalopoli, la città non finisce e inizia con i suoi confini comunali. dilatazione orizzontale delle grandi città in tessuti urbanizzati che
non conoscono più soluzioni di continuità o interruzione.

Questi oggetti superano i confini comunali delle città (l’università degli studi di Milano ha una sua sede in un altro comune la nostra)
metropoli diffusa a nord fino a Monza e a sud fino a pieve Emanuele a ovest fino a Novara Bergamo a est

Da Torino a Venezia nuova megalopoli sulla quale si estende una nuova megalopoli che parte da Milano e con la via Emilia arriva
fino all’adriatico. Si direbbe che oggi conti sempre meno l’identità della cittadina ma conta ciò che è raggiungibile con i mezzi di
comunicazione.

La città più che un luogo dove si abita e che assume certe caratteristiche perché vi si trovino persone ecco Milano sembra un enorme
incrocio un luogo percorso più che abitato. È un posto Milano dove si attingono esperienze, lavorative e di studio più che di vivere.
Milano più usata che vissuta

Tutto ciò a messo in crisi la possibilità di scrivere sulla città

Forse non è un caso che nel 2004 uno scrittore non milanese, Aldo Nove pseudonimo, chiamato da Laterza per scrivere un libro su
Milano, scrive Milano non è Milano. problematizza l’identità autonoma di Milano, c’è ancora un confine culturale, commerciale,
relazione ecc.

Marotta e narratore

Il titolo stranisce sembra imporre una litote perché è una cosa non vera tanto più se lo afferma lui che viene dal sud. Marotta arriva in
un giorno di febbraio del 1925. Fredda nel senso di essere arcigna, Milano pone nette gerarchie sociali, c’è un posto per tutti a
Milano ma ognuno deve rimanere nel suo posto.
Ottimismo nel titolo, questo è un libro che seppur in modo ironico ha ottimismo, Marotta usa a grandi mani l’oro di Napoli, la
resilienza, stare dentro al freddo vero e metaforico.

È subito all’inizio che si giustifica il titolo nella prefazione spiega il senso del titolo del libro, prefazione giocata su caldo e freddo.
A pagina 25 gioco tra parole tra arcigno, accogliente e caldo, freddo. (contraddizioni: lettera d’amore/ severissimo inverno.
Personificazione di due odori che si azzuffano per capire quale accompagnerà il narratore interno. Gli edifici muoiono e nascono,
nebbia personificata. Contrapposizione caldo e freddo + personificazioni secondo le quali tutto attorno al personaggio prende vita
nella mente e occhi + precisione topografica contrapposizione precisione topografica estrema ma anche sentimento di fiaba per i
quali gli odori si azzuffano e la nebbia parla)

Ultime due righe e mezzo le campane fanno discorsi, non c’è cielo per la nebbia per cui no stelle e no cielo. La narrazione è quella
di un miracolo perché pur facendo freddissimo, mentre passeggia, possono succedere delle cose. Miracolo 10 righe dal basso.

Verso metà algida o fredda Milano, Milano difficile da vivere ma dove si possono trovare spazi e esperienze che superano la
freddezza che mostrano il suo lato tenero e accogliente

Pagina 26 riga 4 miracolo delle campane di san fedele che non fanno sentire la fatica ma sentono luogo caldo, miracolosamente
vivibile, il primo punto in cui il miracolo delle campane si applica è il commercio. Milano capitale economica di Italia che muta tutto il
paesaggio. Cosa ravviava il miracolo delle campane di san Fedele? L’umanizzazione invade la città stessa che in questo momento
l’abitante che fa fatica a vivere la città si mette al suo servizio. (esempio di oro di Napoli stare dentro alle difficoltà cercando di
superarle)

Pagina 27 nevica quindi difficoltà, inevitabile sorte fiocco di neve, piogge come spade, crudeltà della città sinonimo di difficoltà
(enfasi sulla tragedia, non sa piange lui o diluvia, personificazioni)

Un sottotitolo il libro non ce l’ha, e si ci spostiamo all’indice ci si rende conto che il sottotitolo può essere amore e lavoro a Milano. Sono
questi i due temi: capacitò di stare a Milano affrontando un percorso di formazione irto di ostacoli in quello che nel libro emergono
come due pilastri della vita il fare e lo stare.

Compresa la prefazione i racconti sono 22 e sono ambientati quasi tutti a Milano e tutti quanti tra 1925 -49. Questo il cronotopo
Milano 1925-49. I testi non milanesi o nei quali Milano non è determinante sono 4 su 22: Bilancio, Lettere da Milano (Roma vera
ambientazione), il vecchio dottore, i saluti, ultimo testo cronaca della morte di chi scrive. Negli altri abbiamo indicazioni topografici che
collocano dentro il perimetro comunale della città. Tuttavia, quei 4 stanno bene in questo libro perché rispecchiano tematiche di amore
di lavoro.

Narratore nel libro i vari racconti hanno spesso un protagonista che è anche personaggio che assomiglia a Marotta.

La narratologia disciplina critica letteraria che studia ai testi sul piano della loro struttura narrativa direbbe che è dominante un
narratore interno o intradiegetico, la diegesi è la narrazione quindi ci sta dentro. Narratore che parla e agisce nella storia stessa (≠
Promessi Sposi che hanno esterno e extradiegetico).

Il narratore fa parte del testo, è una invenzione, la voce dei promessi non è Manzoni. Questo personaggio che domina il racconto
assomiglia molto a Marotta ma lo consideriamo come un personaggio qualsiasi.

Questi racconti possono essere considerati dal punto di vista del narratore

- Narratore interno o intradiegetico la gran parte


- Narratore esterno o extradiegetico sono tre: Carlo e Teresa, Gianna, amore e morte a Milano. Tutti e tre anche se con
gradi diversi hanno un narratore extradiegetico ma anche omniscienti, sanno tutte le cose, intrusivo (interviene esplicitamente
a dire la su anella storia, un narratore come primo compito narra la storia ma è intrusivo quando da pareri e opinioni e
dialoga con il lettore più o meno indirettamente). In questi tre casi i personaggi non sono simili a Marotta. In effetti sia
Gianna che Carlo che Teresa che i personaggi di amore e morte a Milano altri non hanno niente a che vedere con il profilo
di Marotta. Sono personaggi popolari non piccoli borghesi arrivisti, non potevano essere loro a narrare perché non avevano
strumenti culturali dato che non scolarizzati. Il narratore esterno deve per forza intervenire se no non sarebbe stato
credibile. Questi tre testi assolutamente non autobiografici sono molto importanti perché fanno svoltare il libro verso la
narrativa non sulla memorialistica come quella di un’autobiografia. Carlo e Teresa all’inizio, amore e morte verso la metà e
Gianna alla fine, sono punti strategici per irradiare la loro influenza alla massima distanza sugli altri.

Narratore interno

- Carattere più spiccatamente autobiografico, quelli in cui il narratore interno protagonista assomiglia di più al profilo di
Marotta: prefazione, bilancio, 1927, vecchio naviglio e i saluti (non è esplicito che sia un pezzo di memorialistica
individualistica autobiografica). rievocano l’approdo a Milano del personaggio, la sua faticosa costruzione di identità
personale e esito della fatica positivo
Pagina 121 vecchio naviglio

- Autobiografico 3 maggio da noi, …. questi più che narrare vicende dell’io protagonista sono racconti descrittivi, l’io
sembra essere la città, vengono narrati dal suo punto di vista alcuni aspetti della città.
- Casi minori almeno due in cui il narratore è interno, un protagonista dice io, ma chiaramente non identificabile con il
protagonista quindi non autobiografici. A parlare è un uomo romano con figli a Milano, l’altro medico che sta fuori Milano.

Nell’elenco 20 su 22 non mette parole in vetrine e il barbone

Cosa ricaviamo dalla struttura?

- Protagonisti Milano 1925-48 e narratore interno più o meno autobiografico tranne in quei 3 racconti (anche in questi
dove ho narratore esterno, la presenza dell’alter ego marottiano, uno che assomiglia molto e sta dentro alla finzione, in
realtà è presente)

Milano in questo libro c’è, ci sono tante piccole storie ma poca Storia. Tra 1925-48 sono successe molte cose nell’ambito della Storia
ma non c’è nulla, no dittatura fascista solo copertura dei navigli ma non in termini sociologici intellettualizzanti, no seco nda guerra
mondiale, egli era a Roma, no immediato dopo guerra (Carlo e Teresa ambientato nel 45-48 si capisce che è ambientato nel dopo
guerra ma nessun accenno alla Storia) tutto molto preciso, fisionomia personaggi, paesaggi, coordinate temporali, tutto molto
realistico e concreto MA astrato dalla concomitanze attualità pubblica. Perché?

- Lo stile affabile e semplice mal tollera appesantimenti su questioni collettive, su questioni politiche e sociali, sono letteratura
di intrattenimento direbbe Spinazzola
- Quello che importa ali sono i ripetuti zoom sul quotidiano, non ci sono eroi, abbiamo gente che sopporta le difficoltà, minime
infinite manifestazioni esistenza umana. Marotta parte dal basso e invece di saltare alla Storia collettiva ma passa al
grandissimo ovvero narrando storie minime voglia restituire immagine delle fondamenta atemporali della condizione umana,
quelle che accomunano i ceti medi e popolari di cui parlano le vicende. Arriva alla grande esistenza, alle coordinate
dell’esistenza dei ceti di cui si occupa. In questo senso non gli interessa la cornice storica, politica e sociale. Ama
l’insignificante del quotidiano e ama il fatto che questo insignificante sia la Vita ben al di là della Storia che cambia a
differenza dell’immutabilità di essa. Il realismo di Marotta non è fine a sé stessa ma c’è la volontà di narrare la Vita

Venerdì 26 marzo 2021 (lezione 12)

A Milano non fa freddo

Nella sua carriera il punto di svolta coincide con l’immediato secondo dopo guerra ed è il punto in cui si chiude stagione di Marotta
come autore paraletterario, raccontini umoristici sementali.

Seconda fase quella degli elzeviri che confluiscono nei volumi più importanti loro di Napoli e tre raccolte di ambientazioni milanese
dei quali a Milano non fa freddo. Abbandona in questi i racconti per dedicarsi a testi di carattere autobiografico e narra zione non
umoristica e sentimentale. Abbiamo pezzi di memorialistica individuale e narrazioni che non appartengono a un genere specifico.

C’è qualcosa che rimane quasi sempre costante cioè il respiro corto di Marotta (Carlo e Teresa frammentati in episodi non narrazione
continua.) + rapporto con la storia (cita la dispensa Bo “” la scrittura di Marotta è fondata su polarizzazione che salta elemento
centrale, egli attento alla restituzione dell’insignificante, tante piccole storie di realtà minime, pochissima grande storia. Marotta si
occupa della realtà minima ma il gioco suo sta nel saltare la Storia sembra aspirare a qualcosa di superiore attraverso il banale di
ogni giorno per identificare le fondamenta del quotidiano. Sta al di sopra della realtà sembra un tentativo di dialogare con l’Uomo
rifacendosi ai suoi capisaldi motivi. Ci arriva mettendo sempre in scena la stessa storia: storia di chi cerca posto nel mondo, posto di
lavoro, mette in scena tentativo insieme alla scommessa di scommettere questo posto con chi si ama)

Assenza della Storia chiusura dai Navigli 1929-31 rappresentata nel racconto MA è un fatto pressoché isolato e Marotta ne
ricava un quadretto sentimentale agrodolce (picchia per rievocare naviglio personificato). Non è uno spunto per ricordarsi la natura
collettiva ma perché e un fatto personale

Pagina 41 in Carlo e Teresa narratore onnisciente prende il punto di vista di Carlo, assume la sua percezione visiva e mentale.
Non è in nessun modo alter ego di Marotta ma la reazione di Carlo è significativa del rapporto che i testi di Marotta hanno con la
attualità legati alla Storia. Carlo si informa dei grandi fatti della politica e la sua reazione “più aumento ecc.” reazione
qualunquistica di disinteresse, dentro la sua difficoltà il collettivo non gli interessa. Marotta più interessato alle vicende dell’individuo
che alle difficoltà collettive. (// attuale.)

Ambientato nella Milano tra seconda meta degli anni ‘20 e ‘40 del XX secolo tra fascismo e dopo guerra. In prima istanza la Milano
di Marotta non ha ancora conosciuto lo shock metropolitano che invece aveva investi sin dall’età dell’800 le grandi città europee.
Milano di Marotta sì formicolante di attività economiche ma anche una Milano che non conosce una anonima antagonistica folla
urbana che abbiamo visto in Engels, Benjamin, Poe e in parte in Baudelaire. Milano non ancora invasa dalla folle, non è più un grande
paese e già città ma non deflagrata in metropoli. Mancano elementi di alienazione e difficolta a starci.
Milano come società in fermento nel quale c’è fitto intreccio di relazioni opportunità professionali ma ancora con una dimensione
umana non ancora alienata.

Dai testi emerge che questa misura di umanità la si trova anche perché la Milano di Marotta è quella del centro città, Milano
monumentale, da visitare e non problematica.

Pagina 97 piazza del duomo titolo del racconto in cui si legge verso fine pagina “ Milano finisce dove inizia piazza del duomo”.
L’immagine di Milano è quella del duomo.

Pagina 59 altro lavoro dentro Carlo e Teresa all’inizio “Milano è tutta qui” da una parte duomo racchiude identità di Milano e
emerge che tutta Milano, tutti gli abitanti ruotano attorno a li. Piazza duomo come nucleo di attrazione di tutta la città, Milano è
monocentrica.

Zona prediletta quella che sta all’interno della cerchia dei navigli perché lì scorreva uno dei navigli ora circonvallazione. Fra corso di
porta romana, castello, arena. Prefazione presso chiesa di san fedele, palazzo marino- scala- Vittorio Emanuele. Pagina 37 l’abito
passeggiata di orgoglio in Montenapoleone, autobiografico un pochino. 1927 autobiografico finge che il suo personaggi o insieme a
Michele arrivano a Milano nel 1927, Marotta nel febbraio 1925. Affittano presso Vismara una stanza che stava in corso Roma poi
diventerà corso di porta romana. I due sono squattrinati. Pagina 179 arrivano a carnevale vanno verso piazza del duomo. In maggio
da noi ci porta a spasso sempre nello stesso perimetro arena-piazzale Cadorna- Cairoli-Cordusio-duomo- meravigli- durini poi corso
di porta Venezia. Racconto intitolato l’acqua ambientato nell’arena. Macro-eccezione in Carlo e Teresa 1946-48 ambientato, due
poveracci vivono nella zona nord vicino a viale cenisio, Mac mahon (realismo). La periferia quando viene descritta da Marotta non
mostra il lato violento è la periferia che scivola verso un villaggio di campagna piuttosto che quartiere suburbano a confermare che si
parla di una cittadina a quei tempi per Milano. Viene enfatizzato molto aspetto umano, più paesana, più accogliente di quanto
effettivamente non fosse. Pagina 62 più che città sembra un villaggio della svizzera, è un idillio altro che città. Non arrivato ancora il
boom economico.

Milano risulta essere piccola, villaggio molto cresciuto, cittadina

Milano di Marotta come bella non brutta sottile descrizione realistica che tende al fiabismo fiabesco, idillio, enfatizzata e
personificazione come si vede nel Racconto che si chiama porta Venezia a pagina 127 in cui descrizione che enfatizzano e mette
l’accento sulle cose belle. Sembra quasi di voler approdare a un elemento positivo, isola i momenti belli, i luoghi e particolari belli.
Nel testo intitolato maggio di noi assistiamo a una apoteosi di luci e colori, Milano unico luogo in cui si può misurare passaggio inverno
primavera. Pagina 123 vecchio naviglio una summa di questo sguardo idilliaco affettuoso che il narratore ha. Emerge idea di capitale
morale nel senso di luogo in cui si lavora bene e si lavora secondo le regole. Volto altamente umanizzato, gli aspetti brutti diventano
belli, domestici, affettuosi. Questi ripiegamenti idealizzanti ci ripongono questione rapporto tra relata e rappresentazione narrativa.
In che relazione stanno i paesaggi di Marotta con i restanti? Rappresentazione realista tendenzialmente oggettiva con topografia
perfetta ma non mancano intenerimento dello sguardo e elementi fantastici o fantasiosi.

Caratteristiche città

- Piccola
- Bella
- Idealizzata
- Quella del centro
- Ospitalità
- Paradiso dell’acquisto capitale economica. (pagina 130 in porta Venezia emerge identità economicista in Buenos Aires
ma anche il resto della città non è da meno). Pagina 189, il terrone, Milano piena di merce che aspetta il compratore ed è
piena di luoghi dove si produce, laboratori officine e fabbriche. Città nella quale si possono comprare i piaceri.
- Prefazione campane funzione morale scaldano il cuore, pagina 26 freddo sembra finire e lo sguardo sulle merci con un
elenco. Dimensione semi paesana con elemento economico dominante. Esteriormente volontariamente Milano accoglie questo
tipo positivo di Milano. Carlo ha bisogno di carpe nuove ma nel secondo dopo guerra inflazione altissima. Non riesce ma
con la mamma di Teresa che ha una piccola bottega ha qualche soldo e pensa di chiederle un prestito. Ma la donna glielo
nega e Carlo e senza scarpe quindi non tutto è idilliacamente risolvibile. Il nostro eroe fallisce. In 1927 loro poveri hanno
intorno a sé una città in festa e si sentono esclusi. Pagina 79 sono schiaffeggiati dalla città perché poveri. In effetti in via
Cappellari trovano 50 lire destinate, idea di miracolo, a loro. Una volta prese il volto della città cambia pagina 79, intatta
modalità rappresentativa di Marotta: difficoltà, risoluzione con miracolo che porta a un lieto fine nel quale il personaggio
sentendosi a suo agio fa pace con il contesto.

Lunedì 29 marzo 2021 (lezione 13)

A Milano non fa freddo

Milano che sta dentro la cerchia dei Navigli, è bella, città accogliente ed è il paradiso del consumo. Senza un certo capital e
economico è difficile vivere. Milano è la città del lavoro, mito della capitale economica e morale dell’Italia che ha essenza nel lavoro.
la Milano di Marotta
Pagina 149 il più felice. Alla ricerca dell’uomo più felice attraverso il criterio della realizzazione professionale, proporzionale
univoca diretta tra felicità e realizzazione professionale. Abbiamo una serie di professionisti, ciascuno preso in un momento della sua
vita e il narratore si chiede se è felice. Tutti legati dalla milanesissima attaccatura alla professione. Da questo insieme deriva un
ritratto di insieme della città, Milano deriva non tanto dalla somma dei cittadini ma dei suoi lavoratori. Milano = città del lavoro. Il più
felice è quello che trova la felicità nel suo impiego, lavoro

Persino l’amore è in modo più o meno ironico subordinato al lavoro, pagina 134, amore o morte a Milano. Soltanto il lavoro potrebbe
far sì che Maria Teresa si uccida con l’amante. (immagine della religiosità del lavoro a Milano)
enfasi: tutto subisce una esagerazione, a volte con venatura ironica (Maria Teresa presa con un occhio sottilmente ironico).
La stessa Maria Teresa vive la sua storia d’amore con un collega di lavoro. Domenica sera passeggiano in una zona industriale, San
Siro, il contesto di fabbriche che funzionano anche di domenica rende impossibile l’amore, finendo per sovrastarlo. Pagina 135.
(fabbriche che si sfiorano personificazione + enfasi, gridano come le partorienti + ironia sul rumore che le fabbriche hanno che è
maggiore dei versi dei grilli). Il lavoro e la sua presenza anche di domenica vince il rapporto d’amore tra i due. enfasi data
dall’esagerazione sui rumori incessanti delle fabbriche paragonati a quelli di una donna partoriente.
In questo racconto c’è una immagine, un simbolo forte: giovane coppia felice con il loro pargoletto, l’autore li fotografo con le parole,
quando all’alba i due escono prestissimo per andare in fabbrica. Amore consolidato e felice ma sullo sfondo del lavoro.

Arrivederci Milano identificazione svolta dal narratore fra quell’immagine e Milano, la Milano edulcorata fiabesca si identifica nel
ritratto a Milano (lavoro e amore Milano ipotesi di sottotitoli). Emerge anche l’umiltà dei due operai. L’idillio che rappresenta e con cui
incarna la città e quello di due personaggi del popolo, che hanno felicita amorosa con figlio ma vita dedita al lavoro. + tenerezza di
Marotta del suo sguardo, rappresentazioni sentimentali. (classe popolare, lavoro, umiltà, felicità nell’umiltà, amore).

Anche la morte è subordinata al lavoro pagina 137 (II-III)

I Saluti, ultimo racconto, nel quale a mettere a narrazione la morte è il narratore stesso che è sdraiato sul letto di morte con il prete
che gli chiede l’ultima confessione prima dell’estrema unzione. L’unica cosa che fa è rinarrare la propria vita con l’ elemento
caratterizzante della sua vita il lavoro. Una sorta di apologia della sua vita assieme al racconto del suo lavoro. Dice addio al lavoro
(pagina 198). Non gli interessa né della confessione, né del prete, né dell’estrema unzione. Il lavoro gli era sembrato uno strumento
per raggiungere una felicità ulteriore ma alla fine della sua vita capisce che il lavoro era un fine, tutto quello che ottenevo dal lavoro
era il fare il lavoro, il senso della vita stava nel lavorare non in ciò che potrebbe esserci dopo. Il senso del fare sta nel fare non nel
frutto di quello che si fa.

ne emerge un elogio stereotipato, enfatizzato, iperbolico del lavoro e di Milano quindi a rischio banalizzazione, semplificazione e
superficiale.

Nonostante questo rischio Marotta si salva con il suo tono, dicendo tutte queste cose rimanendo con un tono sospeso tra serietà e
faceto, estrema commozione e strizzatina ironica al lettore. (morto che si alza e dice perché non lavorate immagine ironica per
elogiare il lavoro). Ha un filtro ironico, tono ironico.

Quello che emerge, sì religione del lavoro ma è ancora una Milano NON AGGRESSIVA, NON DISUMANIZZATA, RAPPORTI
IMPERSONALI VINCONO SUI RAPPORTI Spersonalizzati del lavoro, ancora a misura d’uomo (≠ Engels, Poe)

Non c’è disumanizzazione rapporti di lavoro nei racconti in cui il protagonista è alter ego dell’autore, narratore interno
intradiegetico, immigrato napoletano che cerca lavoro come editore o narratore.

Mondo editoriale milanese appare come un luogo che già esisteva, primi anni del 900, (pagina 30 in basso). L’io narrante dà un
ritratto umano e positivo, ambiente di lavoro ancora artigianale piuttosto che industriale, l’industria culturale non si è ancora imposta,
ancora rapporti umani tra colleghi. In 1927 l’alter ego ringrazia i suoi datori di lavoro per comprensione e aiuto (84 in basso).
Emerge un mondo editoriale in cui un semplice redattore, correttore di bozze con la faccia stravolta il capo, in questo caso Cantini, lo
chiama nel suo ufficio, gli fa dire cosa non va, egli parla e pinage, ha gli occhi rossi, parla dei suoi disagi economici e g li dà un
anticipo di 20 mila lire per un racconto che magari non pubblicherà mai. Solidarietà e umanizzazione sul lavoro nel racconto chiamato
il correttore dove capo molto attento e solidale verso i suoi sottoposti. Non mancano le difficoltà ma immagine intenerita di esso.
Idealizzazione, intenerimento del lavoro, pagina 63 in Carlo e Teresa. Carlo ha il male di fabbrica, nostalgia della fabbrica per via
del padre che lavorava anch’egli in fabbrica. Tutto così idilliaco che anche il lavoro alienate può essere positivo. Pagina 65 si legge
che la domenica Carlo va e accarezza la parete dell’officina (enfasi e improbabilità tutto è dolce nonostante le difficoltà)

Carlo e Teresa e l’alter ego marottiano sono quelli che occupano la gran parte del libro, non solo hanno quel tipo di rapporto con il
lavoro, ma il loro atteggiamento umile e accondiscende nelle difficoltà lo metto in campo in tutti gli aspetti della vita quotidiana in
particolare alle endemiche finanze (pochi soldi). Ad accumunarli è che tutti hanno miracolosamente l’oro di Napoli le difficoltà non
sono mai motivo di scoramento o causa di nevrosi, alienazione, problematicità psicofisica benessere più basso ma sanità psicofisica
maggiore, le difficoltà non è perché sono perseguitati ma sono fatalità che fanno parte inevitabilmente della vita. Questo fa sì che
Carlo si vive bene i suoi momenti (quando si fa la barba e si sente in un piccolo eden).

Esempio in cui la difficoltà è enorme ma il personaggio riesce a affrontare la situazione. Quando Carlo si ammala di polmonite e
sembra sul punto di morire allora la popolana Teresa si dispera ma trova una via d’uscita: si affida alla benevolenza dei santi, trova
pace pregando Sant’Antonio e fa a lui due voti. Ingenuità popolare che la fa star bene e la rassicura. Carlo guarisce.
Nel racconto piazza del duomo si vede come il personaggio in quanto immigrato del sud invita i suoi compaesani che arrivano
squattrinati ad affidarsi alle guglie della cattedrale del duomo di Milano. In cima alle guglie di solito ci sono statue di santi.

ancestrale modestia, primitiva modestia che permette loro di affidare le loro sorti in mani ultraterrene senza sapere come va. Non
hanno l’inquietudine tipica delle città metropolitane, non è una religione credulona ma oro di Napoli

Oro di Napoli remota ereditaria intelligente superiore pazienza che appartiene precisamente al popolo

Questo si affianca allo sguardo intenerito di Marotta. Esempio in cui il tono del narratore fa sì che il lettore capisca questa resilienza,
questa capacità di resistere. Il tono stesso incarna questa resilienza. Pagina 43, il lavoro, paragrafo in Carlo e Teresa. Anche pagina
45. Tutto in Marotta è reso ironico sopportabile anche dal tono con il quale si narra.

Tende a isolare e amplificare ciò che è umoristico o compassionevole. Filtro ironico ed idilliaco. Predilige le minime felicità (pagina
112 “mille futilissime ragioni di contetezza” + no sguardo disperato su fatti disperati)

Personaggi di Marotta e lui stesso vogliono sempre bene alla vita anche se la vita stessa è dura genuina gaiezza

L’oro di Napoli appartiene all’alter ego di Marotta, ma Marotta stesso non lo ha e ne parla come qualcosa che conosce ma che non
riesce a possedere

Eccezione: Gianna in esso contiene una esplicita diffidenza, condanna dell’incipiente industria culturale. Viene condannata la fasulla
funzione consolatrice svolta presso le classi popolari dalla cultura di massa. La presa di distanza avviene nei confronti dell’editoria di
consumo, la 19 Gianna è operaia addetta all’imballaggio e spedisce riviste popolari nelle quali saranno presenti dei racconti
sentimentali, racconti nei quali giovani ragazze conquistano ricchi avvenenti uomini che dopo il matrimonio cambiano vita. (medesime
vicende che Marotta scriveva sui rotocalchi con pseudonimo a volte). Gianna è una affezionatissima lettrice di queste riviste perché si
affida per dare respiro alla sua vita misera e al suo desiderio di evasione. Sopporta così la sua vita. Non può permettersele e viene
scoperta con una copia nella camicia. Viene licenziata dal capo. Si rompe l’incantesimo e vede la sua vita così com’è del tutto
insoddisfacente. Decide quindi di buttarsi giù dalla finestra della fabbrica. Pagina 181

Gianna un racconto totalmente in distonico dal resto dei racconti idilliaci di Marotta, dov’è il lieto fine tipico di Marotta? La
contraddizione è soltanto apparente perché quel suicidio prone il soffio vitalistico e positivo che caratterizza Marotta. Il suicidio è
spogliato di qualsiasi crudezza, viene sublimato non in un tonfo per terra ma in un volo incompiuto perché di fatto Gianna non arriva
a terra, il narratore parla di qualcosa di magico propone, e offre un potere infinito a Gianna sull’impietoso padrone. Gianna
toccherà il suolo solo e soltanto alla morte del padrone e questi fino a che vivrà avrà davanti ai suoi occhi la scena di lei che si suicida
per colpa sua. Si vede che il lieto fine sotto forma di vendetta e condanna dell’impietoso padrone arriva. Pagina 183 il fina le in cui la
giustizia viene fatta. Il mondo è sempre un luogo in cui il buono, l’eroe trionfa. Gianna sembra molto simile al Marotta reale, infatti le
viene dato il cognome dell’autore. Gianna rappresentante ceto popolare vince mentre il borghese, imprenditore, proprietario
dell’impresa perde.

Qual è l’immagine che emerge della classe dominante? Gianna e commendatore T, ma anche in Carlo e Teresa perché quando Carlo
fa il fattorino a un certo punto deve portare bigliettino di una donna avvenente a un avvocato in cui c’è una minaccia. Emerge che la
classe popolare vive di rapporti sinceri, irti di difficoltà ma reali e fiabeschi, mentre i rapporti della classe ricca appaiono basati
sull’inimicizia, infedeltà. Anche nell’inflazione la mamma di Teresa aiuta con molta fatica.

Martedì 30 marzo 2021

Testi a vocazione realistica o fantastica? Realismo e 1949 data uscita libro neorealismo (corrente cinematografica iniziata di
Lucchino Visconti 1943, Senso, poi 1945-55 in ambito letterario, prosa ma anche poesia, come quella di Quasimodo.
Rappresentazione prioritaria di protagonisti agenti sociali di estrazione popolare, si tende a idealizzare questo popolo e la sua
umiltà ne deriva un’epica del popolo fatto da personaggi eroici. Loro non sono corrotti. Neorealismo a vocazione realistica, vocazione
dell’autore di rappresentare realisticamente fatti o luoghi. Esempio: Uomini e no di Vittorini, Metello Vasco Patrolini). Popolo
stereotipato, guardato da lontano. Dall’altra parte c’è anche qualcosa vicino al racconto fiabesco.

Potente filtro emotivo e fantastico

- Tutto è umanizzato attraverso la personificazione (pagina 104, 78). Bizzarro animismo in cui tutto è vivo e reagisce a quello
che succede. Aurea magica che assume una funzione in parte ironica e consolatoria nei confronti del lettore (collocazione
dell’opera nella lettura di intrattenimento che pone un limite alla tragicità che viene esposta al lettore).
- La negatività del reale è superata grazie al miracolo, un elemento risolutivo (50 lire che trovano per terra, polmonite di
Carlo guarita grazie alle preghiere). Miracolo come aiuto esterno che salva il personaggio.
- Struttura stessa simile a quella fiabesca: i personaggi devono affrontare le prove, sembra che soggiacciano, sembrano non
farcela ma alla fine ce la fanno. Le prove alle quali sono condannati vengano rappresentati attraverso una enfatizzazione,
tutto è iperbolico. Eventi iperbolici che enfatizzano la situazione drammatica (pagina 30 preso di peso dalla rivolta del
pane dei Promessi Sposi qui l’enfasi è la ricerca del riferimento letterario) e (pagina 86)
Che idea della vita emerge? Il testo letterario è un microcosmo, quindi come direbbe Marx c’è una ideologia, una visione della vita.
La vita come ottovolante quindi tra alti e bassi, idillio e tragitto mentre la vita si muove nel mezzo. (da questo punto di vita non è
molto realistico Marotta) (pagina 97 estremizzazione emotiva)

La lingua, stile di Marotta

In letteratura stile e contenuto dovrebbero andare in sintonia. Ci aspettiamo di trovare degli aspetti enfatici.

- Se la cercassimo sul piano della frase, sintassi non la troveremmo perché troveremmo semplicità, lineare, frasi brevi sulla
somma di frasi bravi con poca ipotassi (subordinazione), preferisce la coordinazione, paratassi. Sono testi pensati da un
grande pubblico che non avrebbe apprezzato una scrittura complessa. L’enfasi non va cercata sul piano sintattico perché
altrimenti non avremmo collocato i testi nella letteratura di divertimento
- Sul lessico Marotta esagera, non usa un lessico ostico e difficile che potrebbe respingere il suo pubblico di elezione, no
lessico erudito o scientifico. Le scelte sul piano paradigmatico non presenta grande difficoltà. La sua enfasi sta nella sua
espansione orizzontale, come succede sul piano sintattico la non difficoltà procede su stessa. È il catalogo, elenco, scrittura
molto descrittiva che mette a fuoco il reale non andando in profondità ma approfondisce. (pagina 134 uso di
giustapposizioni, no definizione complessa e profonda ma 4 elementi che approfondiscono). Procede per somma orizzontale
degli addendi, non c’è un troppo complicato ma un troppo che continuamente deriva da questa somma di parole che vanno
a descrivere il reale. Questo riguarda anche gli aggettivi, elementi descrittivi per eccellenza. L’attributo è una risorsa
fondamentale e sono frequenti le iterazioni, ripetizioni aggettivali. A pagina 38, nel racconto l’abito. Pagina 174 (7
aggettivi nel giro di poche righe riferiti al Signor T). Si nota una proliferazione aggettivale e nominale.
- Approccio conoscitivo che non avviene attraverso la profondità ma attraverso un’aggregazione orizzontale di tasselli che si
oppone a quello che potrebbe essere un sondaggio analitico nel profondo. Marotta predilige il contatto diretto con la
superficialità dell’esistenza e della vita così com’è. Preferisce questo contatto orizzontale e immediato rispetto alle
astrazioni generalizzanti. Non va mai in alto, astratto, ma neanche in profondità. (alto alla latina che vuol dire sia alto che
profondo). Non ci sono impennate intellettualistiche e ci dà la sensazione di amare ciò che sta descrivendo. Sembra
affascinato dalla varietà della vita
- In questo modo ci possiamo spiegare perché Marotta ha prediletto per i libri costituiti da singoli racconti, guadagnava due
volte prima vedendo ai giornali poi agli editori. Tasselli in orizzontali come tanti racconti che si sommano. Abbiamo molti
frammenti che restituiscono un panorama di insieme
- Figura retorica che procede per accostamento di elementi: catalogo e la similitudine o paragone che prende un elemento e
lo accosta un altro orizzontalmente con il come (esempi: pagina 139, pagina 140, pagina 170, pagina 193)

in Marotta sembra esserci una coazione (coatto parola colta che indica colui che è obbligato) al fantastico. Esiste un mix di
realismo e fiaba Milano ancora prima della trasformazione in metropoli, ancora come capitale economica e morale, ultimo esempio di
ciò del 1949, data di pubblicazione

Ulrich Schulz-Buschhaus (1941-2001)

Austriaco, scriveva in tedesco e non è mai stato tradotto in Italia, ma ha scritto in italiano i saggi raccolti nel volume Il sistema letterario
nella civiltà borghese (1999). Non si tratta di storia della letteratura, egli era un sociologo della letteratura, non gli interessano i
singoli testi ma le dinamiche profonde della letteratura come istituzione letteraria all’interno del contesto in cui si è sviluppata.

I protagonisti sono i generi letterari e l’editoria (// Spinazzola polemizza contro i critici letterari che non prendono in considerazione
la paraletteratura, letteratura di consumo). Il discorso è teso a dimostrare come il sistema editoriale moderno e i generi letterari siano
i due pilastri del sistema letterario. Il fenomeno più clamoroso di correlazione tra generi letterari e dinamiche editoriali consiste
nell’affermazione del genere romanzo che è la prova che i due motori della letteratura nella modernità sono quei i generi letterari e
il mondo editoriali.

Perché il romanzo? Perché è il primo genere letterario interamente legato alla diffusione a mezzo stampa, unico genere letterario
nato dopo la stampa (Gutenberg, Germania, febbraio 1450. Prima edizione a stampa della Bibbia). Modernità coincide con la
stampa. Romanzo come prima forma letteraria che ha rotto con la lettera a voce alta, la tradizione orale. Genere lungo che mal si
presta auna fruizione orale ed è il primo genere non orale e silenzioso. Questa intimità del libro stampato è l’altra caratte ristica
peculiare del romanzo. Diverso anche dal teatro che è pubblico. A livello psicologico il fatto di essere soli a leggere le storie cambia
il modo in cui percepiamo ciò che ci viene raccontato. Si parla di fascino voyeuristico, voyeur guardone, per la prima volta il romanzo
offre la sensazione di star vedendo una vita di un altro in una situazione non chiara ma di nascosto. Si ha la sensazione di essere gli
unici a sentire e leggere queste storie. Si possono quindi narrare vicende scabrose, personali. Spesso alcune storie del romanzo non si
direbbero mai ad alta voce, oralmente.

L’ascesa del romanzo non avviene grazie alla critica letteraria, i critici amavano opere tradizionali, sembrava un genere di basso
livello il romanzo all’inizio. Schulz trova le prime edizioni dei romanzi in cui c’era una prefazione scritta dall’autore stesso o
dall’editore in cui trova atteggiamento difensivistico o apologetico, di lode, che sembrano scusarsi di scrivere un romanzo anche se
auto esaltatorio cioè dicendo che ne vale la pena. Intuisce quindi che presso la critica letteraria il romanzo non era ancora stato
accettato. Il romanzo si evolve grazie al pubblico e all’editoria. C’era un nuovo pubblico nel 1700 -1800, narrazione semplice, lunga
e scabrosa.
Esempio di potente influenza dell’editoria sul romanzo I Gialli, romanzi polizieschi, criminali, non lontano dai noir. Gialli chiamati
così un grande editore degli anni 20-30 del 1900 che aveva una copertina gialla.

Conflitto critica e editoria sia diventato endemico, strutturale cioè inevitabile nella modernità (metà ‘800 come diceva Baudelaire). Da
quel momento la critica letteraria tende a cercare il valore estetico dove trova il nuovo, bisogna essere assolutamente moderni come
diceva Baudelaire. No imitare ma inventare. Questo atteggiamento è definito nominalismo estetico tendenza della critica a insistere
sulla complessità e qualità proprio perché nuova

L’editore invece ha bisogno che tanti lettori leggano le sue opere, quelle che pubblica, ma l’acquisto deriva dal desiderio che quel
libro susciti un interesse simile a un altro. Si chiede infatti che genere ti piace. Quindi è fondamentale la riconoscibilità di genere per
lettore e editoria. (nella modernità appartenenza di genere ≠ da quella di allora che era molto codificato che partiva
dall’opposizione tra letteratura lata e bassa, distinzione verticale (tragedia - commedia- assolutamente volgari). Mentre ora
orizzontale, uno a fianco all’altro, importa la categorizzazione non la gerarchia. )

Paradosso critica, editoria e pubblico remano in direzione opposte. Chi spinge per originalità e chi no (letteratura avanguardistica
sperimentale vs letteratura di consumo). Questa è la crepa interna della cultura letteraria borghese che è sinonimo di modernità. Oggi
vince la vendibilità e la serialità.

Polemica contro la critica che sostiene le avanguardie e le avanguardie vere e proprie, gli scrittori avanguardistici. Contro la scuola di
Francoforte che amavano le opere nuove e innovative. Secondo Schulz l’avanguardia, ricerca del nuovo è poetica contradditoria nelle
sue stesse fondamenta. Due volte in contraddizione. L’avanguardia ricerca il nuovo in arte e letteratura non può che portare alla sua
trasformazione di un modello, autori che vogliono essere completamente nuovi, senza rapporti con la tradizione, essi vengono
museificati, fanno parte della tradizione e diventano capostipiti della tradizione. La contraddizione anche perché qualsiasi opera in
arte e letteratura si rifà alla tradizione che è inalienabile (verso libero che vive grazie al verso tradizionale).

Noi siamo in una fase in cui c’è un’imposizione del recupero dei generi, no momento avanguardistico. La letteratura punta sulla
comunicabilità. fase post-moderna

Secondo Schulz la storia è costellata da un moto rotatorio avanguardie, anni ’60, e alcuni momenti in cui come oggi la leggibilità e
comunicabilità. Si parla di “corsi e ricorsi storici” (Giambattista Vico). Non parlerebbe di postmoderno o avanguardie ma di post-
avanguardia che è una reazione allo sperimentalismo avanguardistico.

Anche nei momenti in cui si impone nel mondo occidentale una fase avanguardistica, anni ’60 neoavanguardia per la fora propulsiva
della sua comunicazione, c’è il realismo dei lettori. Anche quando opere originali di difficile letteratura i lettori trovano testi che fanno
al caso loro (anni 60 si era imposto il nuovo romanzo che nasce in Francia in cui non c’era trama, telecamera fissa che riprende tutto,
in quel momento i lettori non si parlava dei romanzi francesi ma hanno scoperto la narrativa sudamericana (Marquez)). Riescono a
trovare qualcosa di non specialistico e avanguardistico

Lunedì 12 aprile 2021

Il posto

Ermanno Olmi, 1961, uno dei più grandi registri (albero degli zoccoli)

1. Ripartendo da Benjamin e Baudelaire Domenico e Antonietta, Magalì vivono una sorta di infatuazione reciproca (a
proposito di una passante di Baudelaire Benjamin parlava di un amore al primo sguardo). Si incontrano per caso in una
azienda milanese ma poi si perdono. L’anonimato metropolitano regala la donna ma allo stesso tempo quell’anonimato la
fa sparire. Per Domenico e Magalì come l'anonimato della modernità del lavoro gli ha fatto incontrare allo stesso modo la
complessità delle varie sedi nelle quali l'azienda si dispiega la diversità dei turni la diversità delle mansioni cioè la diversità
dell’organizzazione della divisione del lavoro dentro un'azienda moderna far sì che i due semplicemente si perdano così
come casualmente si erano incontrati altrettanto casualmente l'organizzazione moderna del lavoro nella città. È un amore
all’ultimo sguardo. La razionalizzazione dell’organizzazione della modernità fa sì che il singolo sia incapace di dominare
quella razionalizzazione di attraversala con una bussola che sia sua.
2. Domenico e Magalì vivono lo shock metropolitano come dice Baudelaire nella pausa tra un esame e l’altro vengono
stupiti dalle vetrine, moto, giacca, caffè e caramelle tutto ruba lo sguardo. Essere assaliti da una continua fonte di
informazione. Anche shock per i rumori, della metro a San Babila e rumori. (Magalì fa fatica a attraversare la strada)
3. Olmi rappresenta bene il passaggio da un’Italia all’altra, l’Italia che fu e che ancora è e l’Italia che sarà e ancora è. Nel
1961 la Milano, Lombardia, meda a nord di Milano, l’Italia, quando Domenico vive in una vecchia cascina agricola in
campagna ma allo stesso tempo cerca lavoro in città. In Domenico vivono queste due realtà. All’inizio del film Domenico sta
uscendo di casa per l’esame psicotecnico e vengono superati da un carro trainato da animali, vecchia Italia che era e
ancora è, e camioncino a motore. Non è un caso che il fratello piccolino che studia mentre Domenico deve lavorare. Il camion
si fa trasportare dal camion a motore è lui che si farà trasportare dalla modernità. Il vecchio non capisce il nuovo anche
quando chiede dove vanno tutti i ragazzi.

Che immagine emerge dell’esame psicotecnico? Superficialmente, come dicono i genitori, è l’occasione della vita, passa dal lavoro in
campagna a un lavoro di azienda. Essa sembra un non plus ultra della modernità ma nel film emerge un’altra immagine ovvero una
sciocchezza, dietro un nome probabilmente anglosassone è declinato all’italiano. Si risolve in un problema, di avere le unghie e di
aver un poco di coordinazione. L’immagine più impietosa è quella del lavoro vero e proprio che abbassa il nuovo arrivato facchino.
Sfasatura immagine esteriore che sembra dare l’azienda e la realtà dei fatti. C’è anche molto risentimento che viene espresso
dall’uomo facchino più grande. Domenico che viene presentato all’ingegnere il giorno dell’assunzione quando gli dice che farà il
facchino fino a che qualcuno non libererà il posto. In quel momento una madre che fa un lavoro umile viene sgridata perché poco in
ritardo nonostante lei abbia detto che non poteva. le dinamiche sono sempre quelle il padrone è padrone e il lavoratore è lavoratore
e basta.

Chi sostituisce Domenico? Domenico trova la sua scrivania di impiegato perché chi lo aveva prima si era suicidato. Questo personaggio
tiene la luce accesa probabilmente per scrivere un romanzo egli resiste alla disumanizzazione, non rinuncia a amettere auqlocsa di sé
in quello che fa, riuscita o meno che forse. Oppone la sua umanità all’omologazione umiliante che è quella subita dalla giornata
lavorativa perché quello stanzone non è proprio il sogno della vita, sono emblema dell’impiegato che ha perso sé stesso.

Il posto di Domenico lo conquista perché qualcuno si è suicidato, sulle spalle di un morto. Il personaggio che viene presentato più
umano si ammazza e il posto è di Domenico. Non è causale neanche come mettono via le sue cose, quando vedono il romanzo non
viene riconosciuto ma guardato con sospetto come qualcosa di pericoloso.

Capitale Milano come economica e morale. Non emerge questo nel film. Durante la passeggiata dei due bevono il caffè e trovano
gente scontrosa ammassata indifferente l’uno all’altra. Domenico fa fatica a farsi largo, perde cucchiaino, caffè però non piace
costrizione al consumo, gesti socialmente imprescindibili, compiono una sorta di rito sociale. Sotto la patina meravigliosa e attrattiva si
nasconde lo shock di ciò che c’è sotto. In un altro cedimento di consumo quando cerca caramelle antagonismo, rapporti non ad alto
grado di umanazione, tutto giocato sui valori di scambio, sono questi i comportamenti della Milano capitale economica e morale di
Italia

Nel complesso potremmo dire, in Domenico, la modernità metropolitana stritola l’ingenuità di Domenico che è sempre incerto, buono

Si chiude su un occhio che si stringe sull’espressione di Domenico una volta che egli realizza il suo sogno, anche della famiglia, mentre
è seduto sulla scrivania. Non si vede un sorriso ma uno sguardo perplesso e impaurito nonostante abbia fatto il salto di soci età.
Nonostante la formazione, è un romanzo di formazione, trasformazione avvenuta, ha superato le prove ma alla fine non esulta come
in una fiaba il personaggio appare se non sconfitto molto perplesso.

Pollo ruspante

1963 Ugo Gregoretti registra morto da non molti anni

Cortometraggio, dura circa 33 minuti, inserito in una serie di cortometraggi. Un produttore chiede ad alcuni registri, alcuni molto bravi,
di fare un film collettivo ROGOPAG. Deriva dalle iniziali dei cognomi dei registi: Rossellini, Godard, Pasolini e Gregoretti. (1963
anno di grazia sia per il cinema che per la letteratura. Qualità produzione artistica italiana eccellente.)

Nel pollo ruspante troviamo l’evoluzione di Domenico nel caso in cui fosse 20 anni più grane, famiglia e sposato e diventasse un
piccolo borghese con potenti attitudini consumiste. Abbiamo difronte una famiglia fatta da mamma papa e due figli piccoli. Padre ha
un posto importante e ha in testa dei beni non di prima necessità, beni voluttuari, una certa vacanza, seconda casa, auto. Il cuore,
quindi, è pieno di sentimenti negativi tra cui invidia e insoddisfazione a cui non c’è peggio rimedio che darsi alla foga consumistica.

Il cortometraggio è molto più esplicito sul piano ideologico risetto a Olmi. Strategia di marketing. La scena si apre con un esperto di
marketing che parla di come diventare dei consumatori, come attraverso le pubblicità si possa diventare consumatori.

Commento

- Il pollo ruspante al ristornate si capisce di cosa si parla, il pollo di allevamento italiano che si appresta a diventare
consumista, siamo noi mentre quello ruspante è quello che non si omologa.
- Il luminare del marketing si è formato e lavora negli USA, formato ad Harvard, malattia momentanea alle corde vocali,
quasi una macchina che enfatizza la disumanizzazione. È uno strumento nelle mani del pubblico che ha davanti affinché ci
sia un dominio di una parte di una società su un’altra.
- Elenco partecipanti classe dominante, sono i grandi borghesi imprenditori. Cerca di istruirli per dominare al meglio il
mercato che sono le persone stesse. Il conferenziere ripete spesso voi che... La classe dominante alla fine della conferenza
rende omaggio a questo nuovo strumento di controllo economico e sociale. La classe dominante è il mercato stesso. Sono
entusiasti perché sanno che controlleranno il livello sociale e i loro interessi saranno tutelati
- Il nostro personaggio nella prima scena è presentato come compratore, sta firmando delle cambiali, promesse di
pagamento dilazionati nel tempo. Si sta informando sul modello e dice al venditore “io mi fido di voi”. A casa scopre che la
pubblicità, il topo Gigio, (legge in Italia fino agli anni ’70 vietava di pubblicizzare un prodotto fine a sé stesso, si inventa un
carosello che la sera raccontava qualche cosa ma in realtà faceva pubblicità. 1979 nasce canale 5 e le tv private)
- Invecchiamento degli oggi crea frustrazione del cliente, passano un paio di ore, ironico, così sente di c omprare qualcosa di
nuovo. Quello che è nuovo è già vecchio.
- Relazioni di persone o attraverso mediazione economica di acquisto o attraverso lo strumento automobilistico. Non sono più
due esseri umani che parlano ma sempre venditore-acquirente o nemico del traffico con un altro (scena in cui li vediamo in
auto in cui emerge ansia, odio)
- Il modo in cui parla la bambina: usa frammenti di pubblicità o canzoni alla moda. Sa tutto. Quando di fronte a quel
bambino “sano” è terrorizzato perché ancora è a contatto con il mondo. Scena delle mani in cui dice di averle pulite perché
usava un prodotto sbiancante. La bimba è disarmata, è un prodotto dell’Italia consumistica
- Autogrill: illogicità della razionalizzazione capitalistica. Bisogna fare tutto il giro anche se disumano eppure la famiglia va.
Oggi è così l’IKEA. Percorso illogico sul piano dell’umanità ma logico sul piano capitalistico.
- Arrivano a comprare cose che non conoscono. Quando il marito compra i guanti da guida la moglie, il marito le dice
comprati anche tu, espressione sgrammaticata ma molto eloquente, sarebbe fatti un regalo anche tu. Compra un cestino la
cui funzione le è ignota ma le fa bene il gesto dell’acquisto
- Omologante il ristorante dell’autogrill. Bisogna scegliere le combinazioni, non si può scegliere così da favorire una maggior
quantità di consumo e favorire l’organizzazione chi porta quelle quantità di cibo. Cliente funzionale ala meccanismo. Più
semplice l’ordine più il sistema funziona.
- Automobili, tv e seconda casa tipici desideri voluttuari dell’italiano
- Napoli per sineddoche, il tutto per una parte, era l’espressione con cui a Milano si indica generalmente il sud
- Il finale inizia quando la frustrazione per il mancato acquisto, del terreno per costruire, diventa troppo grande. Il finale
inizia quando dice chissenefrega e porta via la moglie. Chissenefrega il modello di felicità che ci vuole realizzati solo se
abbiamo auto 1800 (cm cubici del motore), abbiamo seconda casa ecc.…
- In auto si consuma un idillio sentimentale amoroso lei dice si stava meglio prima, eravamo meno vittime, omologati prime . Lei
riscopre l’amore per lui e piange di gioia per essersi liberata da un grosso peso ovvero l’insoddisfazione consumistica
- Non c’è lieto fine, inquadratura di lei e dei bimbi sdraiati su un fianco come morti, nella testa di lui frasi del consumismo e si
rende conto che erano inferno e persecuzione. I personaggi usciti dalla dinamica consumista vengono espulsi dalla storia,
non possono che morire. Sappiamo che muoiono perché l’ultima inquadratura è quella di una morte simulata. Lui muore per
la legge del contrappasso facendo un frontale contro un tir probabilmente.

Martedì 13 aprile 2021 (lezione 16)

La Ragazza Carla

Testo poetico, la poesia nell’ambito degli intrattenimenti culturali è stata abbastanza marginalizzata, non occupa neanche un
centesimo dello spazio che occupa la narrazione romanzesca.

Perché poesia? La poesia del secondo ‘900, come questa, non si fa alle scuole superiori. Gli anni ’60-’70, 1963, sono stati anni di
grazia per la poesia italiana. La poesia con quel mix di significato e musica non è troppo aliena dai nostri gusti essendo lontana
parente delle canzoni.

Musica ≠ canzone. La poesia è una scommessa ulteriore, è una idea di veicolare significati ma in maniera non preponderante dentro
l’opera intera, idea di fare musica usando parole. In entrambi i casi abbiamo mix di musica e p arole. La poesia però cerca di fare
musica con le stesse parole con le quali cerca di veicolare un significato mentre la canzone per produrre musica si appoggia alla
musica degli strumenti. La poesia ha un compito ulteriore produrre musica attraverso il li nguaggio. Nella Ragazza Carla c’è musica,
c’è tensione ritmica.

La ragazza Carla, ragazza poco più giovane di noi, è chiamata come tutti i personaggi del monografico a ritagliarsi un posto nel
mondo attraverso un apprendistato esistenziale a volte molto doloroso (// Marotta) a Milano.

Argomento è quello del modulo 1 Miraggi e sconfitte del lavoro in città (con Marotta miraggi e con Olmi miraggi e se non sconfitte
forse perplessità).

Elio Pagliarani (1927-2012) come Olmi viene dalla provincia, Olmi dalla provincia bergamasca, mentre Elio dalla provincia
romagnola, a Viserba dove nasce nel 1927. A 18 anni si trasferisce a Milano dove si laurea in scienze politiche, per qualche anno
lavora come insegnante nelle scuole medie, fa anche giornalista. Nel 1960 si trasferisce a Roma dove lavora in ambito principalmente
territoriale e lì muore nel 2012.

lascia un piccolo centro come Viserba, posto estremamente isolato e in provincia ma come Marotta partecipa del fenome no
tipicamente italiano della migrazione interna, chiamata inurbamento, lascia una zona periferica dell’Italia per stabilirsi in due delle
città più importanti. Marotta aveva fatto lo stesso pur muovendo da una grande città, si sposta a Milano, Roma e poi Milano. In
entrambi i casi sono due studiosi, intellettuale piccolo borghese che ha lo studio, preparazione scolastica e universitaria che fungono
da promozione sociale, in Marotta non abbiamo un vero e proprio titolo in senso stretto ma una forte prep arazione culturale. Entrambi
piccoli borghesi e fanno agio sulla loro preparazione culturale per farsi strada nel mondo, la loro preparazione non andava spesa in
provincia ma in quei sistemi che sono più presenti in città.
Pagliarani significativo perché passa dall’insegnamento, al giornalista e all’editoria significa aver avuto a che fare nella propria
carriera professionale, parallela a quella di scrittore di versi, tutti quegli ambiti che nell’Italia della seconda metà del ‘900 stavano
subendo cambiamenti. Si pensi alla scolarizzazione di massa dopo la 2GM, anni ’50 boom economico e quindi aumenta il consumo in
ambito culturale. Nel 1962 riforma del centro sx che unifica le due scuole medie che punta alla scolarizzazione più che
all’indirizzamento professionale.

Pagliarani ha avuto un rapporto più semplici con la critica letteraria che lo ha sempre guardato con grande apprezzamento ,
soprattutto grazie alla ragazza Carla. Fece parte dell’ultimo rande movimento culturale e letterario in Italia che chiamiamo
neoavanguardia, movimento che alla fine degli anni 50 e inizi anni 60 ha imperversato in ognuno degli ambiti culturali in particolare
critica, editoria e produzione artistica nell’ambito letterario. Come tutte le avanguardie è un movimento fortemente sperimentale,
anche loro volevano scrivere in modo nuovo, fare tabula rasa del passato, cercare novità. Nel contesto della neoavanguardia
Pagliarani era moderato. È una scrittura sperimentale ma non ha caratteri di oltranzismo sperimentale.

La ragazza Carla

- Uno dei risultati più notevoli della poesia italiana anni 50-60 in Italia
- Equilibrio tra novità e tradizione
- Sono 700 versi circa
- Testo diviso in 3 parti con numeri romani e ciascuna parte divisa in sotto parti in numeri arabi, la prima parte con nove sotto
parti, la seconda e la terza da sette sezioni
- Uscita stampa nel 1960, esce su rivista Il Menabò, una delle più importanti per i primi anni 60, direttori Calvino e Elio
Vittorini, uscita autorevole
- Prima uscita in volume nel 1962 presso editore Mondadori
- Scritta fra autunno 1954 e Ferragosto 1957 Dalla "Cronistoria minima" (1997): «Incominciai La ragazza Carla fra
settembre e ottobre del ’54. [...] Ricordo che iniziai a scrivere, a mano, durante un compito in classe di italiano che avevo
assegnato alla scolaresca, di terza media, mi pare». «Il poemetto lo terminai il giorno di Ferragosto del 1957».
- Cronistoria minima, 1997, scritta da Pagliarani stesso a proposito della ragazza Carla.

Genere letterario

- Poesia, scritta in versi, molti musicali, non mancano rime


- Non siamo di fronte a un testo che appartiene al filone principale della poesia moderna che si apre con Baudelaire, non si
tratta di poesia lirica (genere di scrittura in versi in cui un io esprime le proprie esperienze, riflessioni, in testi piuttosto breve.
Da Leopardi in poi).
- La ragazza Carla non lo è, è molto più lunga di una lirica che può essere abbastanza lunga , non abbiamo un io che parla
di sé, non racconta dell’io scrivente ma racconta una storia, non ci sono riflessioni ma una storia che non è dell’io scrivente.

Narratologia

- È una narrazione in terza persona, c’è un narratore esterno.


- Non c’è solo la storia di Carla ma la voce poetante che narra le vicende guarda dal punto di vista di Carla anche altri
personaggi, c’è un sistema di personaggi
- Pagliarani mette in relazione la sua poesia con il genere egemone del tempo il romanzo
- Mette qualcosa di romanzesco nella sua poesia proprio perché la gran parte della letteratura è travolta dal romanzo
(Bachtin dice romanzizzazione)
- Si tratta di poesia narrativa con personaggi che non sono lui

Dalla Cronistoria minima


«mi preoccupava il peso, che mi pareva eccessivo, delle mie vicende personali sulla mia poesia e m’era diventata pesante nello
scrivere la “tirannia dell’io”». «Quindi [...] avevo deciso di comporre un poemetto narrativo, con la sua brava terza persona , che si
occupasse di vicende contemporanee che non mi riguardassero troppo direttamente».

Siamo di fronte come con i Promessi Sposi a un narratore esterno onnisciente, la voce narrante non entra nella storia, è in grado di
focalizzarsi nei personaggi, Carla in primis, per capirne i suoi pensieri.

Sistema di personaggi

- Vedova Dondi madre di Carla


- Carla
- Sorella di Carla Nerina
- Marito di Nerina Angelo
- Due spasimanti di Carla, uno lo conosce in una scuola serale che frequenta, l’altro al lavoro si tratta di Aldo e di Piero
- Capo dell’ufficio Pratek
- Moglie di Prateck

Elemento narrativo che non è lirico: l’analessi, i flashback

Pagliarani è tra i primi a fare in maniera così sistematica questa uscita dalla poesia lirica. Si oppone all’identificazione che dal
romanticismo in poi vedeva la poesia come coincidente con poesia lirica. (≠ poemi, narrazione, in Versi come Adone di Marino).
Recupera questa tradizione che dal romanticismo si era un po’ perduta.

Non si tratta di poema perché il poema ha diverse migliaia di versi. Si parla di poemetto perché è una poesia che narra ma lo fa in
una dimensione minore rispetto al poema.

Di cosa parla?

- Carla Dondi, 17 anni, orfana di padre, vive con la mamma, sorella e cognata. La madre si è messa a lavorare facendo
pantofole. Classe popolare. In famiglia non ci sono soldi perché lei compia un percorso di studi (// Olmi, il posto) così Carla
dopo la scuola dell’obbligo, avrebbe voluto continuare gli studi, frequenta una scuola serale professionale di dattilografia,
per imparare a scrivere velocemente con la macchina da scrivere, condizione fondamentale per diventare segretaria. (//
lavoro impiegatizio di Domenico)
- Terminata la scuola serali Carla è alle prese con il suo primo impiego che diventa una soglia che la mette a contato con il
mondo esterno, una soglia della maturità, piuttosto dolorosa (// incertezza e timidezza di Domenico)

Cronotopo (tempo e luogo)

- Milano, 1947-48, dopo il secondo dopo guerra, ambientazione sembra essere un tantino posteriore, il periodo di scrittura
avvalla questa tesi. Non è solo Milano devastata dai bombardamenti, non ci sono raccontati, è popolare e sta crescendo,
sembra che si sia già sollevata. (// continuità cronologica con Marotta)
- Carla appartiene alla classe popolare che nel dopo guerra inizia a coltivare ambientazioni piccolo borghesi, (≠ Carlo e
Teresa che rimangono rappresentanti della classe popolare, = Domenico). C’è un’uscita dalla classe popolare per entrare in
nuovo mondo che fino ad allora non era stato della classe popolare.
- Lavoro impiegatizio rappresenta un cambio rispetto alla sua origine
- Ci sono due protagoniste: Carla e Milano. La città ha un ruolo importante. Attenzione alle dinamiche di vita che la città
impone, non è una storia singolare ma collettiva che tende a restituire un panorama di insieme (≠ Marotta e assenza della
Storia). Attenzione a dinamiche sociopolitiche del tempo.
- Milano è antagonista di Carla perché si presenta con un volto duro, non è facile ritagliarsi un posto per Carla che è timida e
indifesa. Anche Carla vive un rito di passaggio dall’adolescenza all’età adulta, nei termini in cui la realtà milanese
postbellica glielo impone (// Il posto)
- Come in Marotta i riti di passaggio riguardano il lavoro trovarsi una identità professionale e l’amore.
- Non c’è lieto fine, Carla attraversa vari riti di passaggio e come Domenico si integra anche se lui è meno evidente.
Pagliarani ci dice che la parabola di Carla è di integrazione, impara a proprie spese le regole dello stare al mondo. Viene
il dubbio che questa integrazione sociale rischi di essere una disintegrazione umana, di sé stessa.

Il genere letterario è quella della poesia narrativa ma c’è una parabola di formazione, dinamiche narrative simili al romanzo ,
qua ci propone un romanzo di formazione perché vediamo la parabola formativa nel momento decisivo che inizia in un modo e
finisce in un modo totalmente diverso. È la storia di un ingresso nel mondo. È poesia narrativa ma anche in un certo senso, p er
quanto riguarda la narrazione, contenuti, romanzo di formazione

Nella struttura invece assomiglia ad un’opera teatrale, a una pièce teatrale perché è diviso in tre parti che assomigliano molto ai
tre atti delle opere teatrali tanto più che sono divisi in tante scene. La struttura è quello della drammaturgia (testo spettacolo
teatrale). Ci sono anche i cori, sin dall’antica Grecia ci sono, una voce che non appartiene alla narrazione prende parola per
commentare ciò che succede, per i greci erano un gruppo di personaggi. Assomigliano ai cori manzoniani delle tragedie di
Manzoni quali il Conte di Carmagnola e l’Adelchi. Assomigliano perché sono zone di commento riservati alla voce narrante, il
narratore stesso che ferma la narrazione e commenta i fatti che accadono. Hanno uno stile più alto e sostenuto rispetto al resto,
Pagliarani sottolinea questa differenza tra i versi mettendolo in corsivo. Ne deduciamo che il narratore è esterno, onnisciente,
capace di focalizzarsi sulle singole persone, Carla maggiormente, ma è anche intrusivo, entra dentro la narrazione e espone i l
proprio pensiero. Simile alla tragedia anche perché non c’è un lieto fine.

Gli ingredienti fondamentali di questo testo sono 3

1. Narrazione della vicenda ci sono dei versi che raccontano le vicende di Carla, questo nell’atto primo dove bisogna
impostare la vicenda
2. Descrizione dell’ambiente la città è l’altro pilastro. Milano diventa protagonista quando la narrazione della vicenda non
è più il focus ma la descrizione dei luoghi
3. Commenti del “narratore” momenti nei quali si vede intrusività del narratore che è chiarissima nella parte in corsivo, ma
anche parti non esplicitamente in corsivo, la sua voce va oltre le scritte grafiche
«man mano che lo scrivevo me lo recitavo ad alta voce, misurando il verso “secondo l’orecchio”, e più ancora ne leggevo via via dei
brani ad alcuni amici, sempre ad alta voce, anche per strada o meglio nei parchi, più spesso in trattoria, anche in vere e proprie
osterie». sottolinea musicalità dei versi + non ha voluto usare una versificazione tradizionale, non si è messo a contare l e sillabe
per far sì che diventi un endecasillabo. Fa degli endecasillabi ipermetri cioè troppo lunghi

Atto I scena 1 epigrafe all’inizio del testo, di solito una citazione, è un modo di dire qualcosa di importante sul testo in cui non si è
potuto dire. Domanda retorica, ovvio che la risposta è sì, Carla assomiglia a questa ragazza. Abbiamo a che fare con una ragazza
che è in cura da uno psichiatra che ha paura di affrontare le domeniche, il tempo libero, unico momento di libertà. Si tratta di una
ragazza che è talmente disintegrata, alienata, non ha più il dominio di sé stesso, prende il sonnifero per gestire la domenica e per
aspettare che il lunedì si prenda possesso di lei. Lei è solo qualcosa che è in mano all’altro, il lavoro. Si parla di temi cupi, alienazione,
mancanza di libertà.

Leggiamo i primi versi in cui troviamo tutti e tre gli ingredienti citati sopra

- I versi 1-3 Pagliarani segna l’inizio narrazione dicendoci dove, via Ripamonti, e chi, Carla, mamma, sorella e cognata.
- Versi 4-7 momento descrittivo, secondo ingrediente, ci si ferma e c’è una descrizione di quello che si vede. (≠ descrizione di
Marotta che usa anche lui descrizione specifiche ma non fa descrizione su ciò che succede in quelle vie, manca il panorama
socio-urbano, la volontà di mettere l’opera all’altezza dei tempi.) si parla di una Milano periferica, del commercio, frenatori
(verificano che i binari siano in buone condizioni) e una Milano che si muove, di tram, filovie (la 90/91), gente che cammina
e si muove. Milano che corre, capitale economica
- Verso 8-11 non più descrizione del paesaggio o delle vicende, parla il narratore che è portatore di una complessità
intellettuale superiore a ciò che vede e sente. Rappresentazione umile e popolare ma la lingua cambia diventa più alta.

viene anticipata la difficoltà di Carla, la gente del popolo non sa quanto è importante avere un’abitudine che è la capacità di
integrarsi nella città che si muove. Il ritmo della città deve entrarti nella pelle, bisogna introiettare il ritmo ma a volte questa abitudine
non tiene. Il percorso viene interrotto quando ciò avviene e si rischia di cadere. Ha un significato traslato, più alto. Il narratore si pone
subito sopra la classe popolare.

(esempio di come salta l’abitudine, quando la persona non consuona con il contesto viene eliminata come alla fine del Pollo r uspante.
Burrasca psico-emotiva derivante dalla distonia tra la persona e ciò che il contesto ferocemente richiama)

Venerdì 16 aprile 2021

La ragazza Carla

Elemento determinante del testo è il montaggio che agisce su vari piani, noi vediamo quello strutturale: La Ragazza Carla ha un mix
di tre ingredienti diversi.

Leggeremo le parti che potremmo definire narrative che sono tutte concentrate nella prima metà, quando il narratore fa accadere i
fatti, la seconda metà con le parti lirico-corali.

Di narrativo c’è la prima terzina che fa da incipit, scena tre dell’atto uno in cui si ha uno spaccato di vita notturna casalinga di Carla
che dorme. Il narratore usa il punto di vista di Carla.

Analisi: siamo all’inizio, prima volta della focalizzazione su Carla, ci viene messo davanti agli occhi il punto di partenza esistenziale ed
emotivo di Carla: i due grandi gradini per diventare adulta sono amore e lavoro. Da quando Angelo vive con loro c’è stata un
cambio per la disposizione notturna. Carla non riesce a dormire, si diventa grandi quando si allungano le notti e bravi si fanno i giorni
vuol dire se diventare grandi vuol dire avere preoccupazioni che non fanno dormire la notte e brevi sono i giorni perché l’ingresso
nell’età adulta presuppone i mille doveri per cui passano i giorni. Lei è dentro infatti non dorme. Carla ascolta la sorella e il marito
che evidentemente stanno facendo l’amore, Carla alla pagina a fianco c’è già lei che fugge con la sensazione di aver ricevuto una
violenza forse da un uomo non viene detto. Fuga e violenza. La sua percezione non ha niente di sentimentale o di tenero le immagini
sono quelle di grida, di respiri animali, di riso soffocato. Quello che emerge del rapporto mentale con i maschi è tutto declinato in
termini di violenza, di violenza subita. Ciò non avviene per caso. Altra caratteristica è che è in preda alle sue emozioni, diventano
delle sensazioni fisiche che con tutta probabilità glielo genera quello che ascolta.

Scena 4 altro spaccato di vita diurno, il lavoro della madre. Qualche dato oggettivo: la madre di Carla per guadagnare fa delle
pantofole. Squarcio sulla miseria della vita di Carla e della sua famiglia. Nerina non aiuta più la mamma e al suo posto c’è Carla che
aiuta per modo di dire, mette nastrini, ma non vanno. Verso a gradino stesso verso disposto sia di fianco che di sotto per dare uno
stacco e mette in risalto “che non vanno”. Il commento è in linguaggio popolare e sottilmente sgrammaticato che è il narratore che
entra nei pensieri di Carla. Sceme spia linguistica che ci dice che è Carla. Ci pronome tautologico, tipico del parlato popol are assieme
a un po’ di bene, partitivo con l’astratto. Alle cose gentili cioè i fiocchetti. Ritratto psicologico della ragazza che cambia prima e dopo
aver cercato il marito. Esse non le guardano perché ricorda loro i momenti in cui erano più felici. amore fisico come violenza e
amore matrimoniale come cupo, vicolo cieco. Queste le idee di Carla.

Scena quinta in cui conosciamo meglio Nerina, Carla e Angelo attraverso una analessi o flashback. Come Nerina e Angelo si sono
conosciuti. Si conoscono su un tram, non è stato un grande amore, si legge l’ha trovato, non la guardava male, ci si può accontentare.
Nerina e Angelo si sono accontentati, non ci sono soldi per un viaggio di nozze, rimane una promessa del futuro. Angelo viene
presentato come abulico, accidioso, bloccato nella sua zona di comfort. Angelo forse è stato deportato in un campo di
concentramento. Uso delle parentesi per un discorso diretto di una persona esterna. Non è loquace, affabile. Altro scorcio sulla Storia
il capoofficina lo vede poco entusiasta e quindi pensa che sia comunista, chissà come la pensa, quindi contro il padrone.

Carla ha questi modelli ed è molto facile che la sua vita sia simile a questi modelli. Tutto è bacato, fallato e poco entusiasmo. Sono
tutte figure anonime, infelici e malinconiche

La madre ha alle spalle molte fatiche, ultimi 4 versi con similitudine e metafore. Metafora che dice della fatica, violenza e
aggressività con la quale lei ha affrontato la vita. Figura del ladro poco alta, la fatica sulle spalle.

Nella scena 6 abbiamo un quadro di vita indiretta, l’umiltà e la miseria la vediamo in azione in una scena famigliari. Anales si con il
punto di vista di Carla che è piccolina. Endecasillabo come sentenza scolpita nella roccia poi inarcatura che fa sì che nello stesso
tempo appartenga a un periodo più complesso e si percepisce una tensione che poi lascia stupito il lettore. Si crea un attrito tra
l’antipatia di Carla e il fatto che la frase prosegua e che l’antipatia deriva da una situazione banale. Non hanno abbastanza piatti
per il dolce e Carla deve mangiare il dolce in cucina sentendosi tagliata fuori. L’hanno cresciuta male // Domenico che non prosegue
gli studi. Festa di compleanno dei 15 anni mal riuscita di Carla, scopriamo con il riferimento a carnevale sappiamo che è nata tra
febbraio e marzo. Carla sente di aver ricevuto solo il superfluo, quello che resta dell’amore, affetto.

Montaggio a livello strutturale mescola descrizione, narrazione e commenti. Agisce a un livello inferiore di quello strutturale cioè sul
piano narrativo. La narrazione avviene sulla base di una giustapposizione di periodi diversi, non c’è una continuità di eventi.
Montaggio di singoli eventi staccati.

Terzo livello a cui agisce il montaggio è quello metrico. Sul montaggio di strofe di lunghezza diversa, al livello del singolo verso, a
livello prosodico, costruito come montaggio di versi, montaggio di endecasillabi + settenari di solito. È un insieme di strofe di
lunghezza diverse. Verso tradizionale, endecasillabo, con altri che rendono il verso più lungo.

Scena 7 Carla alla scuola serale di stenodattilografia e si capisce dalle parole estrapolate dal manuale. Il quarto livello su cui agisce
il montaggio è quello linguistico.

Scena 8 primo spasimante Piero che ha qualcosa che non va. Carla restituisce delle immagini molto simili delle persone che la
circondano ovvero immagini di insoddisfazioni. Carla studia ma è svogliata, a casa si sa bene che un purgante va preso. È stata
educata nella consapevolezza che bisogna mandare giù le cose che non piacciono. Angelo la va a prendere e scopriamo che è uno
anche abbastanza duro. Piero fa una scuola che sembra essere una scuola femminile ma perché cerca una via di uscita al suo destino,
la ditta di ciclismo del padre. Piero porta gli occhiali ha una certa debolezza. Cerca come Domenico di fare un salto sociale grazie al
lavoro. Anche Piero è un po’ manchevole, gli piace il calcio ma non ci gioca. È una persona irosa, non sa non reagire senza arrabbiarsi

Riferimento a tre uscite di Carla e Piero. La prima fu di impaccio, quindi non c’è molto da dire, nella seconda mentre i due
passeggiano per la città, ragazzi apposizione dei due, come ragazzi risero, di un uomo che pensa che ci sia una bomba. A far
capennello nel senso di far gruppo. Zona sperimentale, Pagliarani era neoavanguardista, che ci dà una restituzione scorciata del
dialogo dei due dopo l’evento. Monta spezzoni del dialogo estrapolando singole parole. Hanno paura del contatto fisico per il
peccato originale. La seconda volta vanno al parco grazie all’istinto battagliero dato che questa volta forse cercavano un luogo
lottando contro l’educazione che non consente di toccarsi. Entrambi consapevoli di quello che avrebbero potuto fare stanno in silenzio
ovvero imbarazzo. Sono al parco Ravizza, Carla è in Ripamonti. La topografia tiene con Marotta. Sottile ironia, Ravizza è l’inventore
della macchina da scrivere e i due si conoscono al corso di stenodattilografia. Alessandrina Ravizza è il nome del parco.

Scena 1 atto secondo perché terminata la scuola Carla trova subito lavoro. Passo significativo perchè vediamo come batte subito il
muso contro la secca operosità milanese, deve essere sollecita, attenta, performativi e sorridenti. Bisogna accettare di svolgere tutte le
mansioni. Carla viene accolta da un collega anziano che ha metabolizzato la situazione, le dice che bisogna essere orgogliosi di
lavorare dove è, bisogna fare propria l’ideologia lavoristica che si formava in quegli anni. bisogna farsi sfruttare ed essere felici. Uso
pervasivo dell’inglese in questa realtà tecnocratica e moderna le parole se dette in inglese suonano molto meglio. Carla non deve solo
fare la segretaria. Era figlia di Ambrogio Dondi, titolo burocratico per deceduto. Figlia del fu Ambrogio. Lavora sopra la Rinascente.
All’inizio deve spolverare gli uffici. A casa manca l’affetto, viene trattata come elemento pratico-oggettivo che migliora il bilancio
della famiglia. Carla perde l’appetito. // Domenico. In una tipica famiglia popolare milanese vincono i soldi sull’amore della
famiglia. Lei è trattata come una funzione non come una persona.

Scena 3 si vede il risvolto non morale della capitale. Si fa uno zoom sul capo Prateck un po’ inquietante, a cui non piace pagare i
dipendenti ma gli piacciono le giovani segretarie. I soldi li ha la moglie non lui. È stato in galera. È solito sfruttare le dipendenti, chi ha
lasciato libero il posto a Carla, Lidia, (// Domenico) ha dovuto andarsene perché la moglie l’ha scoperto. Amarezza dei versi.
Intuiamo che è la moglie la fa licenziare. Rispetta gli istituti sia come istituti penitenziari sinonimo burocratico di galera ma anche
accetta che sua moglie abbia un potere preponderante sul suo. In fondo io sono filosofo lui stesso dice che sa gestire le cose, capisce
che deve licenziarla. Prateck sensibile al fascino delle dipendenti, anche il dottor Pozzi è così. Lidia che aveva la capacità di stare al
gioco se l’è passata bene.

Carla subisce nell’ufficio B le avance di Prateck e fugge a differenza di Lidia. Scena 1 atto terzo in cui si vede reazione della madre.
Abbiamo ancora una volta il sistema del montaggio. Questo crea suspance. Emergono scorci socio-storici che mettono in scena il
contesto, una corsa fra i segnali stradali non lo nota nessuno. I cittadini abituati all’anonimato metropolitano, al disinteresse per
l’umanità dell’altro non notano Carla impaurita. Ancora curioso l’immigrato poi si abituerà. Il personaggio che vende i giornali grida
così tanto che diventa quasi viola e lo fa essendo malinconico (// Carlo che gira in Vittorio Emanuele con il dentifricio) e dà l’idea di
insoddisfazione. La mamma la tratta di nuovo come un oggetto, finchè non trova altro deve stare lì.

Lunedì 19 aprile 2021

Scena due conseguenze della madre di Carla. Vediamo i fiori che avrebbero dovuto mandare alla signora Prateck la domenica di
Carla e Aldo

Immagine del lavoratore milanese affaticato, dal pronto le virgolette e il discorso diretto. Parole che Carla sta dicendo a una
ipotetica telefonata di lavoro al circo. Mondo del lavoro non così fantastico.

Arriva a casa di Prateck, montaggio che agisce anche sulla sintassi bisogna tornare al primo verso. Signora Prateck borghese che sa
stare al mondo, è gentile, dice che sono una bella coppia ma fra i danti, fra sé e sé sa le abitudini del marito e si augura che Aldo
faccia da guardia e che impedisca l’abbordaggio di Carla.

Carla è ancora una ragazza fragile e si trova obbligata a fare ciò che dice la famiglia che così come il lavoro e l’amore sono
strumenti di coercizione. Il rapporto con Aldo Lavagnino le serve per stare fuori casa, per estraniarsi. La madre non dorme la notte
come segno di controllo su di lei. Ci sono delle spie linguistiche che preparano inconsciamente quello che succederà, ad esempio
comizio. Carla si sente stanca, impaurita, a disagio e non fa sì che si bacino. Stanchezza nel senso di malinconia, una sottile
depressione. Carla è in fuga, corre verso casa perché è ora di cena. Lavoro e amore stanno stringendo la loro morsa a Carla. Il
lavoro perché è costretta ad andarci e perché Carlo dovrebbe aiutarla

Carla rifiuta l’uscita serale, Nerina ha un bambino e il lavoro non le piace. Sempre più difficile, non ha dove fuggire. Carla deve
rimanere dentro o no, deve fare il suo bilancio esistenziale. Sopravvive chi rimane a vivere. Bisogna imparare a stare saldi a
sopravvivere a saper usare le regole del gioco imposte dall’esistenza nel luogo e nel tempo in cui vive

Scena 6 continua la cronaca della questione Carla e cuore, Aldo non accetta il no di Carla per l’uscita serale (Carla deve aiutare la
sorella con il bimbo). Tacitamente passa una domenica ovvero non si sentono e non si vedono (epigrafe problema di gestione della
libertà). Ripetizione con variazione di strumento come ripetitivi sono i giorni alienanti. È difficile stare da soli la domenica a Milano.
Abitudine significa sorbire ritmo città, spersonalizzazione durante la settimana, essendo strumento di ricchezza per altri e solitudine
domenica // scena 1 atto 1. Si può essere presi pesantemente da malinconia.

Momento chiave: seconda domenica di solitudine di Carla, la prima in casa, la seconda esce. 20ina di versi dalla scena 6 in su.
Succedono due cose importanti nel momento della sua massima fragilità subisce lavoro e amore. Vede un quadro che raffigura una
donna nuda vestita solo con dei collant, molto provocatoria, poi vede Aldo con un’altra al tavolino e con la madre della ragazza. È un
doppio shock. Carla vede il quadro e sembra quasi per fuggire, vuole uscire di corsa, non vuole affrontare. Carla vede questo
quadro e prende una sbandata che è definito come la coscienza che si guarda le mani orribili, sembra vedere un pezzo del proprio
inconscio, vede il lato di sé cioè della ragazza che sta diventano donna e dovrebbe essere chiamata all’arte della seduzione. Sembra
essere l’immagina involontaria della donna che seduce. Carla si sente chiamata a essere chiamata così ma lei sembra provare un
senso di colpa. Su quella donna si proietta l’immagine della coscienza, donna nuda e seducente ma mani orribili. Incarna l’im magine
della donna che Carla sente di dover incarnare e immagine del senso di colpa che l’immagine le crea , ha le mani sporche e ha la
coscienza sporca. Conflitto interiore tra seduzione e senso di colpa. Sente lo sguardo addosso. È tentata dall’immagine e ne ha
ribrezzo.

Carla poi vede Aldo spendersi, darsi fuori e l’altra è affascinata. Carla subisce lo shock dell’età matura, smette di fuggire e sfodera
armi che prima non aveva mai avuto. Carla impara improvvisamente a nuotare. Si dà contegno e fingimento cioè riesce a fingere.
Carla senza paura guarda la ragazza, avvampa. Dentro Carla si muove veloce un pensiero che si impone senza che lei riesca a
fermarlo, il pensiero è più veloce del freno che può avere. Carla punta lo sguardo e affronta il reale non in fuga ma mettendo sé
stessa contro l’altro e mettendosi sopra, si impone quindi sulla realtà. Questa è la svolta.

Scena 7 ne vediamo le conseguenze, tre punti di assedio famiglia, amore e lavoro. Ci dà la prova di aver capito come si vive, le
regole le ha interiorizzate. Si è integrata. Al lavoro sa sorridere cortesemente, prima intristita con occhi bassi, sa dire buongiorno con
la stessa forza degli altri, in famiglia sa finalmente scherzare, la sorella passa da essere negativo, con tratti malinconici , adesso
vedremo Nerina che insegna a Carla che è tutta contenta l’arte della seduzione. Bisogna mettersi nell’ottica che bisogna sedurre
quindi con rossetto, calze di nylon, trasparenti (ritornano le calze). Carla diventa l’immagine del quadro. Attraverso l’apprendistato
della sorella ora diventa il suo punto di riferimento per l’arte della seduzione che Carla vede nel quadro.

Nuovo atteggiamento al lavoro. Quasi serena, decisa, saluta sorridente tutti. Ironicamente affronta Aldo dicendole che bella la tua
ragazza anche se pensa che ha le caviglie grosse. Carla indugia nella piazza prima di lavorare (atto due, scena 2 in cui vede le
persone che salutano e sono viste come persone forte e lei è così)

Alla fine, aderisce a quello stesso mondo che la impauriva per intuizione impara. Ma è una storia di integrazione o disintegrazione?
Emancipazione o alienazione? Carla si integra o si perde?
Attraversamento descrizioni ambientali: Milano è l’altra protagonista, anzi meglio antagonista. Ci sono tanti critici che hanno detto che
i personaggi di questo poemetto narrativo sono un po’ stereotipati quindi la cosa interessante è il contesto socioeconomico e
ambientale della città di Milano che fa da contorno. La critica apprezza non tanto il rapporto di Carla con la sua crescita
(attraversamento narrativa) ma l’ambiente milanese dopo la Seconda guerra mondiale.

Abbiamo visto che si cita il Duomo, via Ripamonti, la Bocconi… la rappresentazione di Milano è di matrice realistica, 1947 -48 anche
forse primi anni 50 in cui scriveva. Pagliarani descrive realisticamente Milano ma non lo fa in termini tradizionali, ottocenteschi, non
restituisce un panorama di insieme ma montando dei frammenti. Il montaggio agisce anche sulle descrizioni ambientali. Analizziamo
dei frammenti staccati che costituiscono la modernità del poemetto

Atto 1 scena 1 abbiamo visto già l’incipit descrittivo con il suo piglio narrativo teatrale e abbiamo commentato dicendo che il
panorama è quello realistico. Non è semplicemente la rappresentazione di un quadro neutro ma l’incipit descrive una Milano in
movimento, guarda uso dei verbi e rappresentatati i mezzi di locomozione e gli uomini camminano. Siamo all’inizio di via Ripamonti,
periferia, che si muove, città del fare e dell’andare, del commercio. Rappresento la Milano capitale economica del paese

Atto 2 scena 2 siamo in centro più precisamente nel luogo di lavoro di Carla, la Rinascente. 9 di mattina del 3 febbraio 1948. Questa
zona molto distante dalla precedente è del tutto coerente con quella di prima. Vediamo contrasto periferia grigia e centro pi eno di
luci, semafori, pubblicità. Siamo tra Vittorio Emanuele e campo santo, spiazzo dietro il Duomo dove c’era un piccolo cimitero. Tipico
mettere i cimiteri dietro le chiesi. In età tardo medievale coincideva con l’abside del duomo. Le targhe dove c’è il nome del
professionista. Il freddo stimola l’attività, la civiltà si è trasferita al nord. A un certo punto trova un piccolo momento di sintonia con il
mondo circostante, sono momenti belli dice, guarda fuori dai vetri e vede gente che cammina dritta, necessaria, gente adulta che
crede nella vita che fa, si sente nell’inganno di essere diritta, orgogliosa e interessata da quello che fa, un pezzo importante per il
meccanismo. Quel buongiorno è quello che riesce a dire alla fine del suo percorso di formazione. Illusione della popolana diventata
impiegata si sente parte del mondo che vive davvero.

Cielo contemporaneo è quello della Milano che si modernizza, si costruisce sulla base dei principi statunitensi del piano Marshall,
sull’ideologia divertentistica che oggi in realtà viene frustrata dal Covid. Cielo che tira su la schiena si immagina la volta celeste,
animale che alza la schiena per fare la parabola. In alto ma non tanto questo cielo color di lamiera cioè grigio che tira su la schiena
ma non tanto perché il cielo a Milano raramente è bello, Manzoni diceva il cielo di Lombardia che è così bel lo quando e bello cioè
esaltandolo ma condannandolo allo stesso tempo. Questo cielo grigio tira su la schiena un po’ ma non tanto perché il cielo gr igio è
fatto di nuvole basse, il cielo non è mai alto e limpido. È così anche nella zona industriale della fascia nord, Sesto, Cinisello e Bovisa
sono tre capitali dell’industrializzazione incipiente a Milano in quegli anni. Cielo grigio, angoscioso non solo in centro ma anche in
periferia. Questo cielo infinito non sembra prolungare i grigi grattacieli che sono a loro volta coperti di lamiera cioè questo cielo
grigio, bassoe incombente infondo non dà la sensazione che è un tutt’uno con quanto di grigio c’è per terra, marmo sporco del Duomo,
grattaceli di ferro in cemento armato, i capannoni Pirelli che sono fatti come tutti i capannoni industriali sono fatti di ferro.
Contraddizione sta dicendo che questo cielo è un cielo molto piccolo e basso ma dà l’idea di prolungare quell’angoscioso grigio che
invece c’è a terra a Milano. La svolta prima molto cupa ma poi il giudizio dice che questo cielo così grigio e cupo è onesto proprio
perché non promette salvezza, cielo che infondo è uguale alla terra (cristianesimo che dice che la liberazione è neò cielo,
paradisiaco). Questa Milano che non conosce paradiso, Eden, Milano in cui persino il cielo è grigio come è grigia la terra è un cielo
morale quindi corretto, onesto perché è un cielo che non promette quello che non può essere mantenuto, non promette scampo dalla
terra proprio perché non c’è sulla terra scampo, salvezza, felicità dalla terra, viva, dall’infelicità per noi da questa vita. È la
condizione inevitabile dell’uomo essere infelice nella vita. Il cielo milanese rispecchia la condizione umana.

Martedì 20 aprile 2021

La ragazza Carla

Atto 3 scena 4 all’inizio con il verso in francese la rappresentazione del quadro ambientale a differenza di Marotta prende di petto
anche se di scorcio le questioni politico sociali, abbiamo visto centro e periferia, vediamo il quadro di insieme come da un drone.
Siamo fra il febbraio e il marzo del 1948 e qui c’è una rappresentazione ambientale di tipo sociopolitico. Siamo in centro, ufficio di
Carla, vediamo il duomo e galleria e c’è quadretto di lavoratori nell’ufficio A nel quale succede qualcosa in strada. Il capo dell’ufficio
A si chiama Misar e qui c’è un discorso sottilmente politico (legge anche l’inizio della scena 5). Siamo nel marzo del 48 e la politica
era un fortissimo interesse sociale, tutti erano chiamati a partecipare e a ragionare sulla politica. Il mondo consumista non aveva
distolto il popolo dalle conquiste politiche. C’è una manifestazione partito comunista, i due grandi partiti che si sarebbero confrontati
per le elezioni del 18 aprile 1948 erano democrazia cristiana e partito comunista e socialista, elezione vinte alla gran lung a dalle
destre grazie anche alla propaganda statunitense (uno degli slogan era “la pasta che mangi è fatta dal 50% di farina statunitense”).
Misar nome straniero ma non stupisce perché la ditta è internazionale, egli è il capo dell’ufficio A. toro inteso come animale fuori di sé
e il torero che cerca di domarlo evidentemente Misar davanti alla manifestazione è un po’ fuori di sé e un po’ cerca di controllarsi e
controllare gli impiegati. Inserzione strana, dal basso sotto i porti ecc, è una prostituta che applaude al corteo. Carl a e Aldo,
compagno di lavoro e spasimante, stanno insieme ma zitti. Misar fa il matto è preoccupatissimo. Misar si calma vedendo la celere,
polizia, che si mette a controllare la manifestazione, capiamo subito che Misar in quanto piccolo borghese non è di sinistra. Il piccolo
borghese è un proletario che si fa piccolo per diventare borghese, come disse Bourdieu, è un arrivista, fa il capetto e non pensa alla
rivoluzione del popolo.

Scena 5. Si creavano dei capannelli che naturalmente parlavano di politica creando dei comizi. Era un po’ il salotto di confronto
politico la piazza del. Dicono che i lavoratori devono stare al loro posto che si sa bene per chi votare. Aldo, Angelo, marito di Nerina,
e la collega dell’ufficio accanto voteranno per democrazia cristiana. Questo perbenismo, la gente che lavora deve stare al suo posto,
non deve far manifestazione, non devono interessarsi di politica. In quei due versi ci sono due che: la gente che lavora e che si sa bene
chi bisogna votare. Sono identici dal punto di vista del significante ma hanno valor sintattico e semantico diverso. Uno è pronome
relativo l’altro è un che polivalente, tipico del parlato, dal vago valore causale, tendenza a riprodurre il parlato (strano per la
poesia).

Scena 6 salta la prima ventina di versi da Carla non lo sapeva. Siamo alla seconda domenica senza Aldo quella in cui ha preso
coraggio e fa una passeggiata da Ripamonti va verso piazzale Lodi, prima in periferia poi verso il centro. Vedremo come viene
trattata la periferia e il centro. Vengono restituite due scene diverse. La periferia è descritta in una modalità sottilmente inquietante,
succedono delle cose che ci portano un po’ in là rispetto all’ambito del realismo, infatti, dice come a teatro. A Carla, il filtro percettivo
della narrazione. In questa descrizione vediamo proiettata l’interiorità di Carla sull’ambiente circostante e l’elemento che caratterizza
la descrizione è il senso di minaccia, elementi minacciosi come i palazzi che si allargano, scompaiono, qualcuno che tira i fili, domina la
situazione, rotaie dei tram che nell’interiorità percettiva di Carla diventano bisce, calze elemento importante, prima nel quadro poi
quelle che prova con la sorella. Tutti elementi di inquietudini e di minacce, poi notazione poetica di fronte ad essi Carla r esta
pietrificata come barca nell’immensità del panorama marino sembra immobile. Anche Carla bloccata da una remora, incertezza che
blocca. Qui la descrizione è più realistica, San Luigi, vicino alla fondazione Prada, ai tempi molto malfamata, c’è uno zoom su bimbi
che martoriano animale, fumo di una ferrovia dato che non andavano grazie all’elettricità ma carbone. Zona abbandonata a sé
stessa con vari detriti, campagna come un nonluogo che sarà destinato ad altro. Luogo malinconico. Chioschi fischia allitterazione.
Carla riceve il complimento da un garzone e un altro si mette a canticchiare uno stornello, canzone popolare da Porta Romana bella
da Nanni Svampa, uno chansoniere, titolo da cui viene citato il verso. Ha fatto più battaglie la mia sottana, citazione sbagliata,
corretta è la tua sottana, non è precisamente un complimento. È un uomo sciupato come l’ambiente stesso, periferia distrutta, in
divenire, non ancora città. Continua la passeggiata. Si disagia a sedersi vicino ai due che si stanno baciando e prende viale Umbria,
topografia perfetta, vede un bar ma in quanto signorina non si avvicina anche se vorrebbe. Cioccolataia nel senso di stupido, figurina
nel senso di ragazza minuta che nulla avrebbe a che fare senza un uomo nel bar. Il tic di Carla di fuggire correndo la prende anche
in una neutra passeggiata domenicale, ma prima della trasformazione e integrazione del mondo è quella di fuggire dalle minacc e. Si
mette pure a parlare da sola come i vecchi, baggina Pio Albergo Trivulzio diventato famoso nel 1992 perché il suo allora direttore, in
quota al partito socialista, Mario Chiesa fu il primo arrestato di Tangentopoli ma il Pio Albergo Trivulzio detto baggina perché si
trova in via baggina che dalla zona nord ovest di Milano porta a Baggio. Era la casa di cura degli anziani poveri e soli ma anche i
malati considerati incurabili quindi anche i malati di mente. Immagine della persona da sola che passeggia per una grande città e
parla da sola (// modulo 2 a proposito di Engels che metteva in scena personaggi che parlano da soli passeggiando), sono tutti un
po’ nevrotici quelli che vivono nella città moderna. Carla lascia la periferia e va in centro e arriviamo all’evento di svolta quadro e
Aldo con un’altra. Tanto la periferia è minacciosa tanto il centro si presenta luminoso e rassicurante, Carla riprende il circuito che è
solita fare quando lavora, il verziere è il luogo dove si vende verdura, oggi è dietro il duomo, dove c’è Carlo Porta, larg o augusto,
poeta dialettale del 1800. Ambiguo verziere con la v minuscola è uno qualsiasi o quello del duomo, forse il primo generico.
Salvagente è lo spartitraffico. In centro il suo camminare acquista sicurezza. È tipicamente milanese e degli abitanti della periferia
andare passeggiando verso il centro. Un uomo la nota e la vede. Qui ci sono luci non oscurità e grigiore. Luci come simbolo
dell’ottimismo, modernità e cambiamento con illusioni di benessere.

Ultimo elemento strutturale commenti narratore esterno che esplicitano i significati del testo, fermano narrazione e le descrizioni e
commentano in maniera più o meno esplicita e fanno un bilancio. Sono in parte in tondo e in corsivo. Sono cori. Sono in tondo quelli dal
carattere meno lirico, meno metafore ma ce ne sono tre o quattro in corsivo e hanno il carattere più complesso, ad alta grada zione di
metaforicità. Le considerazioni sono di carattere sociologico cioè riguardano il ruolo, il percorso di formazione dall’adolescenza
all’età adulta. Sociologia che tende a scivolare nella psicologia

Livelli su cui agisce il montaggio sono pezzi narrativi + descrittivi e commenti, il montaggio, accostamento di frammenti diversi avviene
anche all’interno di momenti descrittivi e narrativi perché né la vicenda di Carla né la vicenda di Milano sono continui. Frammentati
come i versi, unione di porzioni di versi tradizionali diversi, al quarto livello, quello linguistico, ci sono tante lingue diverse.

Scena 1 all’inizio. Dal verso 8. I versi dell’abitudine. Va introiettato lo shock metropolitano di Benjamin. Da quando la burrasca…
attore francese molto famoso anni 30-60, celebre perché protagonista di film di stampo realistico, Carla non sopporta questi film, non
sopporta la realtà, elementi allitteranti s e r che danno fastidio come è faticoso vivere. Questo tu è la stessa Carla forse a non farti
sopportare i film che rappresentano la realtà è la tua anima spaventata da tutto. Primo elemento di violenza subita: è impreparata
al rapporto con gli uomini, si preannunciano tutte le violenze che subirà. Tra i palazzi, mano che preannuncia Prateck, viene già
anticipato tutto. Contesto violento che Carla sa di avere attorno a sé.

Scena 4 qui la riflessione è più sociologico, rigurda lo statuto della donna, con le parole di Carla di prima c’era la lamentel a di Carla
sulle ragazze sposate che non si curano dopo essersi sposate. Commento del narratore qui non si nega… frusti cioè sciupati. In questo
contesto periferia milanese non si nega che si possa arrivare a desiderare un fiocco anche alla fine della vita , non si nega possa
accadere che anche una donna anziana si curi attraverso i vestiti, nell’operoso mondo milanese la donna che cura l’ap parenza fa
sembrare che non sia attenta al suo sacrificio, il lavoro della casalinga. Viene da pensare che dipenda da qualcun altro. Di fronte alla
tentazione del superfluo come atto di debolezza e decadimento della donna.

Scena 9 ultima ventina di versi quella certa gente, atto secondo. Passeggiata al Ravizza di Piero e Carla. Raro riferimento alla classe
ricca di Milano. Domenica pomeriggio. Cielo suona come centro ma anche bell’attico. Carla e Piero che passeggiano ultima battuta sul
campionato. Si passa a uno zoom sugli abitanti ricchi di Milano che abitano in centro nei piani alti. Ambiguità il trolley non è la valigia
ma è mezzo pubblico che si muove, stare in equilibrio su un mezzo pubblico, amare una infermiera. Non ricchezza diversa dalla
ricchezza di chi si sveglia al pomeriggio. Una persona ricca non ha bisogno di amare una infermiera per baciarla, ma chi abita in
centro sta in alto si vedono le lune di Giove. Rappresentazione molto scorciata. Riprende il dialogo e finisce commento. Carla ribatte
parlando di uno sport per donne, collegamento fonico e allitterante. Ti rendo parla alla città in via di modernizzazione appellata dal
narratore. Insena loro come avviene la vita nella città attraverso una pedagogia che sia dura. Insegna a vivere loro nel mondo più
duro possibile. Infierisci sui giovani perché capiscano come stare al mondo. Riferimento a Tacito storico latino che scrive anche una
storia dei germani

Scena 5 atto due, esempio di trattazione psicologica. Cercherebbero i momenti dell’infanzia e bilancia. Tre aggettivi sensibile,
scontrosa e impreparata si perde e tira avanti, la vita va avanti. Carla si perde nel suo disorientamento con pochi valori e principi
paradigmi che non sa che sono valori. Sa che ci sono ma non li capisce. Lei li subisce passivamente non comprendendoli. Non ha grandi
desideri a fine mese quando arriva lo stipendio è bloccata in questa vita in cui viene trascinata

Scena 7 chissà cosa vuol dire. L’incerta Carla che accetta senza comprendere che può avere un margine di scelta vede il ritratto di
come lei non è. Sembrano le parole di Carla, ma quelli che sono così sicuri di cosa sono così sicuri? Carla vede la vita adul ta e non sa
a quali principi appoggiarsi, chissà cosa vuol dire debolezza e forza nella gente. Spina dorsale essere convinti, essere decisi. Sottile
gioco di parole, spingere avanti la caretta come tirar avanti la vita, Pagliarani gioca con carretta ma mette certezza. Uomini intesi
come persone sicure di sé.

Venerdì 23 aprile 2021

La Ragazza Carla- commenti del narratore

Atto 3 scena 1 parte in corsivo che sono approfondimenti lirici, cori, a parte teatrale in cui un coro, non alla greca, ma più alla
tragedia manzoniana in cui il narratore commenta quello che è successo. Commento metaforicamente ardito nel momento in cui Carla
percepisce un atto di aggressione da parte di Prateck e fugge, a un certo punto tra le parole di Carla che fugge e le parole della
mamma c’è un intervento del narratore. Trasformazione dell’io intimo di Carla, il modo in cui il narratore affonda liricamente
nell’interiorità di Carla. Sagome dietro la tenda tipica immagine di minaccia subita, anche all’inizio del poemetto lei sta per fuggire.
Marlena Dietrich è una delle più famose attrici degli anni 30-50, era la moglie dei Jaen Gaben che è citato altrove nel poemetto.
Marlena aveva l’immagine di una donna bellissima, di una donna fatale, spesso appariva nei film con quel filtro delle sigarette molto
lungo che è segno di eleganza. Sono tutte immagini nelle quali ciò che conta è l’immagine di insieme e quello che conta è che
restituiscono un’immagine di minacciosa eleganza, nell’immaginario di Carla è come se fosse proiettata in una stanza elegantissima e
buia, in cui ci sono sete, tessuto pregiato, donna bellissima e elegantissima, stanza invasa da profumi ma anche serpente che è
elegante e sinuoso ma anche minaccioso. Da questa ombra emerge un suono ma sembrano fibre di nervi, le corde sono piuttosto tese,
allora l’immagine del suono è quella di una tensione. Carla è tesa. Sagome sono gli altri è la minacciosità che lei percepisce, gli altri
sono causa di minaccia, la varietà degli altri. Ambito dell’eleganza anche il fiore è elegante. Donna elegantissima ha monili nel senso
di gioielli, è una donna innamorata cioè è a cuore nudo con i suoi sentimenti? Calva fa riferimento a Prateck e la vergine santa
sembra essere Carla. Inserendo tre volte la parola sagome hanno un volto minaccioso grazie al suono. Inarcature momenti in cui il
verso non è autonomo da solo ma ha bisogno del successivo. Immagine di Marlena // Nerina e donna del quadro. La questione era
restituire il travaglio interiore di Carla sul piano della propria immagine di donna e il rapporto con il maschio

Alla fine dell’atto terzo scena 5 troviamo un passo in corsivo in cui l’oggetto è il lavoro. Amore e lavoro portano alla maturità. Si
parla della condizione della classe popolare e di tutti gli uomini, è un commento di stampo antropologico e sociologico. Si legge bene
il corsivo se si legge il tondo prima in cui si dice che sopravvive solo che impara vivere cioè si slava la pelle solo chi impara le regole
della vita, tema del poemetto, Carla attraversa un travaglio che è quello di imparare le regole della vita per sopravvivere. Necessità
verbo dei muti in senso verbum ovvero parola, lo stato di bisogno è la parola dei muti, apparente ossimoro, muti umili , la necessità è
la parola chiave della vita degli umili. Muti richiama umili sul piano fonico, si dice che i muti sono gli umili perché di solito non hanno
voce. Si affastellano, vengono montate delle immagini, idillio accanto alla calcolatrice (sono i momenti belli diceva Carla), momento di
felicità, immagine strampalata di un momento di perfetta felicità. Contraddizione corsa degli storpi, proficua ci dice chi corre per
interesse cioè i lavoratori. Sono i muti, gli umili, gli stessi corrono. Badilante colui che usa il badile per trasportare de lla terra,
abbiamo una contraddizione l’amore con idillio e corsa proficua e dall’altro suolo dove c’è solo terra, pezzo di suolo non fertile dove
si lavora, sterno. Gravità nel senso di peso in contradizione ai neonati, erba del prigioniero, il prigioniero non sa cosa c’è fuori dalla
prigione. Frase costruita alla latina in cui il soggetto è in fondo. La natura soggetto, pronuncia ndo il nome di una persona si muove nel
mondo. Anche quel capriccio di venta emesso pronunciando il nome la matura fa si che sia portatore di polline, contraddizione tra la
dolcezza con la quale viene soffiato il nome di una persona e la natura fa sì che esso sia portatore di polline che è strumento di
riproduzione dei fiori o delle piante, ma è anche allergia. Abbiamo una dolce emissione di suono che finisce per essere
potenzialmente fastidiosa. Questa in fin dei conti è la descrizione della vita degli umili secondo il narratore, la regola da imparare
per imparare a vivere è la regola madre della vita: compenetrazione tra bene e male, fino a che Carla se ne sta seduta in panchina
e aspetta che la vita le sorrida non si conquisterà mai il coraggio di entrare nella vita, solo quando imparerà che prenderà un pugno
e una carezza dalla vita e dagli altri capirà come stare al mondo.

Chiusa del pometto, legato alla compenetrazione dei contrari. Aumentano i giochi fonici e le corrispondenze sonore in fine verso a
dare rime, ma anche interne come allitterazione. I momenti lirici sono anche momenti di condensazione sonora . Il narratore sta
spiegando la sua concezione dell’esistenza applicandola a Carla anche se qua non si vede. Quanta alienazione, violenza,
aggressività (questa è la morte, la morte quotidiana), difficoltà e quanto di tutto ciò tocca mutarne in vita per esistere
(compenetrazione di bene e male, chi trasforma il male in bene? il singolo distilla dalle esperienze della sua esistenza un senso di
positività, ritagliarsi un idillio davanti alla calcolatrice). È lo stesso di sopravvive chi impara a vivere. Diamante sul vetro ferisce, lascia
un segno indelebile sul vetro, dopo si parla di scarnificazione. Operazione dolorosissima, fa male stare in vita ma è l’unica regola per
vivere. È lo svolgimento della storia di un uomo, di un essere umano. È lo svolgimento concreto e reale di un uomo che resiste solo se si
scarna. Questa trasformazione della morte in vita è diamante sul vetro è l’unico modo, uomo vivo soltanto se si toglie la carne, se
soffre. Anche quando, persino quando, non ce la si fa, ristagna il ritmo. Anche quando il tempo investe lo stesso corpo umano a
mutamento.
Non è un lieto fine ma neanche una tragedia, Carla ha fatto il percorso che doveva fare: non spaventarsi più difronte alla sua
condizione di donna, non spaventarsi più di fronte alla sua condizione di lavoratrice ma affrontare le difficoltà, soffrendo il giusto,
scarnendosi al suo tempo, ma standoci dentro accettando la sfida e non come vittima sacrificale. Dopo si vede Carla con Nerina.
Carla non disintegra sé stessa ma è una che accetta di essere vetro percorso da diamante, di vivere sofferenze dentro le qual i si può
avere il sorriso, sorride al lavoro, si mette le calze di nylon. muta la lettura complessiva del poemetto

Poteva chiudersi qua il premetto e tutto sarebbe tornato, ma in questi versi che seguono ritornarono gli altri in senso positivo, come
dire che senza gli altri, senza il rapporto con gli altri non si vive. Non basta comprendere che sopravvive solo chi impara a vivere, solo
sacrificando sé stesso, per dare empito cioè forza alla propria immagine dato che non c’è risoluzione positiva nel conflitto fra la
singola esistenza e il tempo e società in cui vive (Storia), tema del pometto conflitto tra l’esistenza di Carla e la storia della Milano
post- bellica. Non c’è reale soluzione a questo conflitto al di fuori dell’amare qualcun altro anche se l’amore porta, importa, dolore,
anche se l’amore brucia senza freni, anche se l’amore guasta lo stesso vivere, l’amore vince e deve esserci anche se sradica dentro di
noi con dolore l’attenzione e le cure che ognuno ha per sé stesso. Elencati tutti i travagli che l’amore può portare. Accento quasi finale
sull’amore che salva ma poi lati negativi.

La lingua

Il montaggio è determinante anche sul piano del linguaggio, troviamo un plurilinguismo, dal punto di vista linguistico si ha la lingua
lirica, delle parti in corsivo, ricca di metafore, lingua definita standard, quello grammaticalizzato, quello che usa il narratore per gli
interventi non lirici, c’è la lingua che emerge quando il narratore tende a dare la parola ai personaggi popolari e con una specie di
discorso indiretto libero e il narratore adotta la loro lingua, abbiamo una lingua colloquiale che si avvicina al parlato quotidiano di un
uomo non troppo colto.

Lingua dell’oralità delle persone

- Dislocazione a sinistra fenomeno per cui un elemento della frase è anticipato a sx poi richiamato con un pronome per dare
enfasi (La Carla l’hanno cresciuta male enfasi su Carla) (a Carla per il voto le mancano degli anni)
- Che polivalente non usato come funzione di pronome ma di congiunzioni (e fu peggio che un silenzio)
- Ci attualizzante (è questo, dunque che ci abbiamo nel sangue) enfatizza un elemento che altrimenti resterebbe poco
enfatizzato cioè il noi

montaggi di diversi registri linguistici (verticale) + varie lingue (italiano, inglese e francese)

Libro di stenodattilografia esempio riportato, ed è un gergo, lessico specializzato, in questo caso tecnico, qua e là gergo commerciale,
gergo politico (orizzontale). Pagliarani non voleva usare una lingua lirica, non voleva che la lingua della poesia fosse solo quella
lirica. Dato che la poesia deve essere nella vita e quindi deve essere all’altezza del suo tempo, costruita con il materiale linguistico
del tempo. La poesia si scarnifica al suo tempo, usa materiale assolutamente impoetico e accetta la sfida di partire dal ling uaggio del
reale. Viene fuori una poesia che ha la sua identità nel montaggio di lingue. Pagliarani ha portato i suoi versi all’altezza del suo
tempo così come Carla dovrebbe portarsi all’altezza del suo tempo. Ma sul piano strettamente poetico è oltraggiare la poesia in
senso stretto.

Montaggio nella metrica, lingua, struttura (commento- ambiente- narrazione), all’interno della narrazione, con i blocchi narrativi,
all’interno delle descrizioni alla fine emerge come la vita sia un insieme di blocchi positivi e negativi

Confronto ragazza Carla e il posto

- Romanzo di formazione nei termini in cui disegnano la parabola di un adolescente 15-17 anni che entra nella vita adulta,
amore-lavoro, nella Milano del dopo guerra
- Carla è anche un po’ Magali perché è femmina, perché è a Milano, Domenico era di Meda
- Entrambi vengono da famiglie umili che spingono perché il lavoro venga mantenuto e conquistato, alle famiglie sembra la
cosa più importante, in entrambi i casi è un lavoro impiegatizio
- In entrambi i casi il lavoro è conquistato in aziende che si presentano come all’avanguardia, moderne, import export e una
grande azienda complessa e moderna
- Fanno il salto sociale attraverso il lavoro impiegatizio in aziende
- Uno fattorino l’altra deve spolverare i mobili si portano sempre dietro la loro estrazione umile, assunti come impiegati ma
devono fare qualcosa di più umili
- Vivono con rammarico il fatto di non aver studiato, serve lo stipendio lavorativo alle famiglie
- In entrambi i casi vivono brevi amori nati dalle esperienze professionali che fanno
- Amori che si perdono perché i personaggi non sono pronti a tenerli in vita, Domenico fa fatica a prendere posizione e Carla
non ci sta dietro
- Finale si assomiglia: il finale del posto è perplesso, luogo di lavoro tanto agognato, poco illuminato. Domenico ha vinto ma è
perplesso // finale di Carla perplesso, Carla vive le difficoltà e in qualche modo ne viene fuori, accettando di stare al
mondo così com’è
- In entrambi i casi non sappiamo come staranno nella vita adulta finale sospeso, forse più positivo in Carla che all’inizio
non era felice e convinta ≠ Domenico che forse anche solo per umiltà era più disponibile ad esserci

Lunedì 26 aprile 2021


Jean Paul Sartre (1905-1980)

Era francese, della buona borghesia parigina, affianco al Nobel 1964 paragonabile a Pier paolo Pasolini. Era un intellettuale di un
certo spessore basti pensare nel 1980 ai suoi funerali 50 mila persone.

A soli 59 prende il Nobel che però rifiuta assieme a circa 1 milione di euro, cerca di avvisare l’accademia di Stoccolma con una
lettera affermando che non lo avrebbe accettato e invece gli viene attribuito perchè non voleva che l’intellettuale fosse
istituzionalizzato, l’intellettuale doveva essere libero, stare fuori per avere una visione di insieme

È stato un filosofo esistenzialismo, intellettuale marxismi, autore di saggi, opere teatrali, critico letterario e teorico della letteratura
(1947 che cos’è la letteratura interrogazione teorica sullo statuto letterario)

Testo diviso in tre parti, paragrafi

- Che cos’è scrivere


- Perché scrivere
- Per chi si scrive

Esistenzialismo è una variegatissima corrente filosofica, in voga nell’800 e nella prima metà del 19esimo secolo in Europa, filosofo
Kierkegaard e scrittore Dostoeivsky.

Filosofo esistenzialista mette al centro della sua riflessione la posizione dell’io, dell’individuo dentro al mondo, la realtà e ne deriva
alcune conseguenze. Ne emerge l’irriducibile singolarità e la sua solitudine (si nasce e si muore da soli proverbio p opolare), l’uomo è
uno, isolato dagli altri. La riflessione esistenzialista porta a guardare con inquietudine la finitudine dello stare al mondo e il non senso
dello stare al mondo. Perché la vita inizia e finisce? Perché c’è la vita? L’esistenzialismo ha il coraggio di tornare alle vecchie, arcaiche
primitive domande sul senso dell’esistenza, quelle a cui hanno risposto le religioni, a partire dalla singolarità cercano delle risposte
che non sono consolatorie, attraverso le religioni, ma con inquietudine novecentesca. L’esistenzialismo accetta il non senso della vita e,
pars construens, ma allora la vita si presenta come uno spazio vuoto da riempire come si vuole, ciascuno in questo perimetro di non
senso della vita, può con la sua libertà totale scegliere, agire e costruire un piccolo io. L’io non è solo vittima può costruire attraverso
la sua libertà costruire sé.

Teoria della conoscenza di Sartre, a partire da questa visione, in cui si mette l’accento sulla coscienza soggettiva. La vita non ha senso
ma l’io può dare senso ad essa con la sua libertà, la realtà non è portatrice in sé di significato, ma è la coscienza dell’uomo che può
dare un qualche significato. Sartre chiama il per (attraversamento) sé la coscienza del singolo, la realtà è l’in (uno stare, inerte) sé. Il
per sé è deciso per dare un volto all’in sé, che altrimenti resterebbe fermo e inerte nella sua inerte conoscenza. La coscienza è il per
sé che modifica le relazioni esistenti nell’in sé, le relazioni non esistano realmente ma le mette la coscienza che conosce il mondo e le
mette all’interno di una realtà che senso non ce l’ha.

Esempio del paesaggio naturale: l’uomo vede i vari elementi, stelle, alberi, montagne, e li chiama paesaggio. Solo dopo riunisce gli
elementi in un concetto. esemplificazione di come l’uomo conosce, il per sé rivela l’essere che è l’in sé mettendo in relazioni le parti
che di per sé non hanno senso, la coscienza rivela l’essere.

Seconda parte perché si scrive. Il suo discorso suk piano letterario deriva dal piano filosofico, tutto ruota anche in letteratura con
l’individuo come esistenza-coscienza è lui che porta significato in una realtà che di per sé non ce l’ha. Il nichilismo, visione del mondo
che considera la realtà come senza senso, quindi pessimismo universale ma esistenzialismo come attivismo è l’umo che deve con la sua
libertà dare senso

Il presupposto di Sartre è chiaro ogni coscienza rivela l’essere. Io sono rivelante nei confronti del reale ma è anche vero che non sono
essenziale per il reale, perché non l’ho creato io. Questa impossibilità dell’uomo di essere creatore della realtà frustra una tensione
dell’uomo che è quella di essere creatore. Secondo sarte l’arte è quel settore della produzione umana che l’uomo può usare per
reagire alla frustrazione di non essere creatore. L’uomo ha bisogno di sentirsi essenziali nella realtà. Passo da rivelatore a creatore
dell’essere se produco qualcosa di mio. È il gesto massimamente umano, il gesto che rende umano interamente l’uomo. Smetto di essere
fruitore e divento essenziale. L’uomo creatore risolve tutto sommato una buona parte della sua frustrazione per il fatto di stare al
mondo in una vita che non ha significato. Che cosa succede al creatore nei confronti dell’opera che ha creato? Sartre dice che il
creatore è sia essenziale dell’oggetto creato ma non è più rivelante nei confronti dell’oggetto mentre gli altri sono rivelanti perché il
creatore l’oggetto non si presenta come un oggetto realmente separato dal creatore, per il creatore l’oggetto creato resta sempre
qualcosa di incompiuto di potenzialmente modificabile. Finché non mi sono dimenticato di averlo prodotto per me è sempre
modificabile e quindi è una parte di me, non è un oggetto nella sua datità, non è assoluto, sciolto, da me del tutto.

Sartre nell’ambito della letteratura, e dell’arte, è decisivo il ruolo del fruitore che è l’unico che può rivelare l’opera una volta scritta.
La letteratura è come una trottola perché fino a che nessuno la rimette in moto, il singolo testo letto, è come una trottola ferma, è nulla,
la letteratura ha senso solo quando il testo viene letto, messo in moto da qualcuno. La letteratura senza fruitore non esistereb be. Non
ha senso scrivere solo per sé stessi perché la letteratura da sola, senza fruitore resta lì nella sua datità e non è vivo. Si dice che Sarte
è un persecutore dell’estetica della ricezione, nasce nel 1977, è una concezione dell’arte come arte sistematica dal punto di vista di
chi la fruisce. Il testo letterario impone le sue regole, il testo segna il perimetro, se è una drammaturgia quella è, l’oggetto creato, il
testo detta il perimetro e le sue strutture. A parte questo la lettura è un atto creativo, anzi ricreativo nei termini in cui ricrea per sé e
grazie a sé l’oggetto creato dall’autore. La coscienza ha un ruolo chiave per ricreare l’oggetto, l’opera esiste all’esatto livello delle
capacità di ciascuno. È vero che l’oggetto, il testo, per due persone diverse è diverse. Ciascuno legge secondo le sue capaci tà. Il testo
è come un trampolino di fronte alla piscina, il trampolino è lì uguale per tutti ma ognuno farà il proprio tuffo a partire dallo stesso
trampolino. Se siamo stanchi e distratti le parole di un testo sembravano venire su irrelate, senza senso ma se siamo dentro e
concentrati su quello che leggiamo tutto ha significato. Persino all’interno della stessa persona ci sono diverse fruizioni del medesimo
oggetto. In perfetta coerenza con la teoria della conoscenza, gnoseologica, viene essa la centro la libertà del singolo. La vita come
libro che se è lasciato così da solo non ha senso ma se prendo le macchie di inchiostro ricreo l’opera e quindi la vita. L’opera letteraria
altro non è che un appello estetico al lettore, appello al lettore affinché questo porti a compimento l’opera. Si scrive per essere
creatori, spinta data dalla frustrazione di non essere creatore di nulla ma allo stesso tempo c’è bisogno di collaborazione c on gli altri
uomini perchè l’oggetto creativo sia capito

Per chi si scrive. Secondo Sartre si scrive per tutti perché la libertà responsabilità ricreatrice è per tutti gli uomini come rivelanti ma le
banane sono più buone appena colte dicendo quindi che si scrive per tutti ma c’è una comunità di riferimento con la quale si
condividono le condizioni storiche di vite e con la quale la comunicazione e più diretta e profonda. Sartre dice che il pubblico
prioritario delle opere sono i contemporanei dell’autore con cui condivide le urgenze, costumi, difficoltà, forma mentis, struttura
culturale e quindi il lavoro ricreativo del pubblico è con i contemporanei. Qui si vede il testo del 47 riscopre il materialismo di Marx
perché il contesto influisce pesantemente sulla nascita dell’opera, la struttura influisce la vita delle persone e ciò che esse producono.
Uno scrittore con i suoi contemporanei non condivide solo una ideologia una visione del mondo, lo scrittore con i suoi contemporanei
condivide anche l’idea he si ha che uno scrittore deve svolgere in un determinato momento. Oggi noi da uno scrittore ci aspettiamo
una qualche forma di intrattenimento e di facilitare l’apprendimento di alcuni temi. Fino agli anni 70 allo scrittore si chiedeva anche la
militanza, impegno, forte carica politica nei suoi testi, di poetare una visione del mondo a proposito di alcune questioni della
collettività. Uno scrittore nel momento in cui nasce in un dove e un quando ha di fronte a sè un numero finito di essere scrittore in
quell’epoca. Il pubblico influenza molto la letteratura dopo. Ognuno ricrea l’opera individualmente ma il pubblico interviene anche
prima della scrittura proprio perché lo scrittore individua una certa idea di ciò che pensa.

Esempio per spiegare questa dinamica di relazione fra l’identità dello scrittore e il contesto è quello di Richard Wright uno scrittore
statunitense, nero, di colore, attivo negli anni 30 del 1900. Secondo Sartre uno scrittore nero negli Stati Uniti dove esisteva e c’era
una forte componente razziale, c’era il razzismo contro i neri, non poteva che avere l’urgenza di esprimersi a proposito della
condizione dei suoi simili perché quello era ciò che urgeva nella società in cui stava un uomo di coloro, e allo stesso tempo non poteva
non cercare nel pubblico chi la pensasse come lui cioè di fatto la popolazione nera o i bianchi di buona volontà, i non razzi sti bianchi
degli anni 20-30 esempio che fa spiegare a Sartre come il campo dei possibili per uno scrittore sia finito in un determinato
contesto, si scegli un orizzonte di pubblico ben determinato, si finisce per scrivere sulla base delle urgenze che sente atto rno a sé.
(Saviano Gomorra si occupa di mafia, per un napoletano come lui cresciuto negli anni 90 in cui la mafia, quando quel mondo era
diventato particolarmente potente. Quello che racconta è segnato dalle esperienze della sua vita).

Wright subisce il razzismo e ne parla, l’orizzonte del pubblico e dello scrittore influenza la scrittura anche prima, la scrittura non solo
nei temi ma anche nei modi. Wright rivolgendosi al pubblico nero non poteva scrivere in un modo erudito, prolisso e complesso proprio
perché il suo pubblico non era fatto da gente particolarmente colta. La sua scrittura è semplice, lineare e diretta. Sartre individua nei
romanzi di questo scrittore un tono complice nei confronti del suo pubblico, proprio perché parlando del razzismo subito dai neri lo
avvicini ad essi. Il testo, quindi diventa del fruitore già prima di scriverlo perché il pubblico interviene nella mente dello scrittore che
immagina quale sia il modo migliore per scrivere a tal pubblico.

Sartre afferma che lo scrittore è un parassita, un essere che vive sulle spalle di qualcun altro, secondo lui lo scrittore non produce nulla
di concreto che possa giovare al sistema economico. La letteratura e i grandi guadagni non vanno di pari passo, in questo senso lo
scrittore è un parassita, è un mantenuto. Come abbiamo visto con Marotta lo scrittore si mantiene scrivendo dei pezzi che vengono
pubblicati sui giornali, si mantiene insegnando come Pagliarani, si mantiene lavorando per l’editoria, ma lo scrittore è un inevitabile
mantenuto quello che fa non serve all’economia però lo scrittore non solo è inutile ma per di più Sartre trova che lo scrittore per la
classe dominante sia nocivo e negativo perché lo scrittore riflette inevitabilmente un aspetto o la società, nei libri dello scrittore il
pubblico vede sé stesso e il proprio mondo, prende coscienza del mondo e quindi impara qualche cosa del mondo ma lo scrittore
produce dei testi che aiutano il pubblico a distruggere un po’ della loro ideologia . Ogni volta che vedi qualcosa ne prendi coscienza
e parte quindi una piccola porzione di critica dell’ideologia secondo Marx. Lo sguardo dello scrittore ottiene questo effetto perché
essendo un parassita e essendo un emarginato e quindi la condizione di esterno fa sì che il suo punto di vista sia rivelatore perché
quella sua posizione non avvolta dentro le dinamiche ma un po’ più ferma e pacata permette di avere una visione di insieme. Lo
scrittore è come se vivesse da una collina che sta un po’ più su la città e quindi ha una visione più oggettiva e complessiva della realtà
e quindi anche di rivelare degli aspetti negativi che altrimenti passerebbero in secondo p iano. Il pubblico quando legge ne resta
colpito e si accorge diventando sempre più consapevole. La posizione dello scrittore fa sì che sia dentro e non dentro che sia un
parassita ma che sia anche una coscienza irrequieta perché non sta dentro i meccanismi del reale e quindi porta il suo punto di vista
privilegiato e diventa una voce critica, l’opera quindi non si presenta solo come un appello estetico al lettore per riportare a
compimento l’opera, appello ricreativo dell’opera, ma Sartre concepisce le opere come appello politico al lettore. Ricordiamo che
siamo nel 1947 momento in cui si pensava che la società occidentale potesse essere ricostruita tutta nuova dopo la guerra. Sartre
dopo la Seconda guerra mondiale aveva idea che in tutte le scritture ci fosse una certa inquietudine che portava il lettore a ricevere
un appello etico e politico, ad affrontare le questioni nei testi. Sartre pensa a una società di giusti in cui dopo un problema scatta la
cooperazione ma non viviamo ina una società in cui ognuno pensa al bene proprio e dei propri simili. Questo appello etico e politico è
funzionante a livello del singolo perché può prendere coscienza ma il discorso di Sartre puntava a una presa di coscienza collettiva
che andasse a risolvere i vari problemi.

Che cos’è scrivere, prospettiva meno militante e impegnata. Parlando di Gramsci abbiamo visto che c’è una disti nzione fra la
letteratura e le altre forme d’arte, secondo Gramsci la letteratura era più importante e arrivava di più al popolo, era fatta di un
linguaggio che il popolo conosce e usa già. Sartre fa un discorso di tipo semiologico più improntato all’uso dei segni del linguaggio.
Sartre individua una differenza strutturale tra la letteratura e le altre arti figurative e musicali. Dice che queste ultime due usano il
linguaggio come se fossero delle cose, elemento come marmo, il pittore se deve esprimere il concetto di finestra prende e disegna una
finestra, fa una finestra, fa una cosa. Il musicista tratta i suoni come fossero cose, non attribuisce un significato ulteriore, sono lì per sé
stessi e non hanno un ulteriore significato. I suoni sono avvicinabili alle cose del pittore perché non hanno un significato ulteriore. La
letteratura non fa così, dentro la letteratura mette la poesia vicino a musica e arte, anche la poesia usa le parole come cose, non le
tratta come un di più, tratta le parole nella loro consistenza sonora. Dietro la finestra c’è solo il suono finestra non un di più. La poesia
è spostata verso le arti che usano il linguaggio come fossero cose. La prosa letteraria usa il linguaggio come un sistema di segni cioè
usa il linguaggio come qualcosa che sta al posto di qualcos’altro. I suoni devono avere anche un determinato significato. Nella prosa
esistono anche dei concetti, se cito un testo di una canzone o di una poesia devo farlo a memoria se no se sbaglio suoni cambia tutto,
ma se io di un romanzo cito una frase in maniera sbilenca va bene lo stesso. Questa è la prova che esistono dei concetti che fanno sì
che i segni siano dei linguaggi dei segni. Prosa narrativa che utilizza il linguaggio come insieme di segni vs la poesia e musica dove
conta il linguaggio che sia bello non come veicolo di concetti.

Martedì 27 aprile 2021

Erich Auerbach (1892-1957

È una collocazione cronologica non troppo distante da quella di Benjamin, entrambi tedeschi di buona famiglia borghese. Si sono
trovati perseguitati in patria. Auerbach scappa dalla Germania e va negli stati uniti come docente universitario, passa gli anni della
guerra a Istanbul, in Turchia. Ci ha lasciato degli esempi di critica sociologica che è una critica che non si limita all’ana lisi del testo o
dei prodotti artistici ma li colloca all’interno di un contesto più vasto, quello della sociologia.

Contraddizione perché Auerbach è considerato uno dei fondatori della critica stilistica che è una critica letteraria che si o ccupa delle
peculiarità stilistiche dei testi, i piani caratterizzanti di un testo a livello della forma. Auerbach come Benjamin ci offre esempi di critica
sociologica ma fondatore di quella che è detta critica stilistica, egli ha sia condotto delle indagini sulla forma , istituzionali, ma allo
stesso tempo adotta un’apertura, tipica della critica sociologica, con un metodo definito dei cerchi concentrici. Immagine del sasso
buttato in acqua che genera cerchi concentrici. In questa visione il centro, il sasso è quello del testo, il primo cerchio è un’analisi
testuale, critica stilistica, ma gli altri cerchi sono sempre più larghi e ampliano il loro diametro pur dipendendo dal sasso .

1. Dati stilistici analisi della forma


2. Poetica dell’autore che concezione presuppongono i dati stilistici, che idea di letteratura emerge da essi
3. Genealogia letteraria non si tratta di rimanere nel singolo autore e nel singolo testo, ci si può allargare e chiedere il
rapporto della poetica con i modelli nel tempo. Ci si può chiedere la tradizione che c’è alle spalle. L’idea è quella di
allargare il discorso critico al di fuori del singolo autore
4. Visione del mondo dell’autore una volta capiti i tratti differenti e simili, ci si può chiedere che senso aveva scrivere in quel
modo, in quel dato momento, che visione del mondo c’è alla base di quelle scelte descritte nei punti prima.
5. Testi come documenti si presuppone un’unità profonda tra tutti gli elementi, ma il testo viene usato come documento
storico che mi dice qualcosa dell’autore che l’ha prodotto ma anche qualcosa sul contesto nel quale il prodotto è fatto

Questo mettere in relazione il piccolo con il grande, gli elementi sovrastrutturali con il contesto è proprio del materialism o storico in cui
tutto si tiene, tutti gli elementi sovrastrutturali si tengono insieme e dipendono dal contesto storico. l’idea che dentro una società ci sono
i rapporti in tutto ciò che avviene. (min 20)

Benjamin parlava di dettagli significanti intendendo i dettagli di un testo che erano particolarmente significativi ed eloquenti dai quali
si poteva ricavare qualcosa. Ad esempio, usa il testo di Baudelaire come documento storico da cui trarre qualcosa dalla visione del
mondo. Non si riesce a tenere insieme una sintesi globale e anche lui partendo dal microscopio

Il calzerotto marrone titolo dell’ultimo capitolo del libro, Mimesis 1946, da cui c’è il brano antologizzato. Mimesis è la
rappresentazione della realtà, la riproduzione realistica di un pezzo della rea ltà. Sottotitolo di Mimesis, libro che arriva nel 1956 in
italiano, il realismo nella letteratura occidentale. Sottotitolo che se fosse stato ricavato dal tedesco sarebbe la realtà rappresentata
nella letteratura occidentale. Realismo indica una ben precisa zona della narrativa europea, si parla del romanzo francese e europeo
dell’800. Ma Mimesis ha uno sguardo ben più vasto, è più giusto dire realtà rappresentata perché non studia il realismo ma le varie
modalità con le quali è stata rappresentata la realtà nella letteratura occidentale. Discorso molto ampio si parte da Omero, si
interessa di vari testi, da Omero, Vangeli, Dante, Boccaccio, Montaigne, Shakespeare, Stendhal, Balzac, Zola, Proust, Joyce e Virginia
Woolf. Quindi in Mimesis si voleva capire in che modo era stata rappresentata la realtà in 2000 e più anni di letteratura occidentale.
Come si fa a restituire un panorama così vasto? Guardando i particolari, il metodo c he si occupa dei particolari per cercare di capire
il tutto, si usa il metodo dei campioni casuali. Scrive questo libro quando è ad Istanbul in una condizione adagiata, la bibl ioteca ai
tempi non era molto fornita, il problema era la bibliografia critica (testi su cui vengono date informazioni su quello che sto dicendo).
Auerbach ha confessato che si fosse trovato in una biblioteca non bellica e se fosse stato vicino a casa sua non lo avrebbe fatto, si
butta sentendosi giustificato di non sapere tutto. Il metodo prevede che per ogni opera scelga un’opera e di essa un brano scelti
casualmente presi come passi emblematici. La casualità perché tutte le scelte se ben interpretate sono significative per dare un
panorama di insieme, alla fine la costante è la stessa ovvero la difficoltà di restituire un panorama di insieme. Ogni campione è
significativo per l’autore che l’ha scritto e per il loro tempo. Di questi campioni casuali Auerbach analizza i fatti stilistici e linguistici da
cui capire come è stato rappresentato il reale e quindi interpretarlo nel corso della letteratura.
Realismo in letteratura volontà dell’autore di restituire sistematicamente e in modo serio un volto riconoscibile del mondo in tutte le
sue sfaccettature. Per Auerbach non è l’800 ad aver fatto tutto da sé, il realismo francese è il culmine di un lunghissimo esercizio ad
imparare realisticamente la realtà

Realismo per Auerbach concepisce il realismo come violazione della regola della retorica classica secondo la quale doveva esserci
una precisa corrispondenza tra lo stile e l’argomento trattato. Ad argomenti alti trattati, filosofia, teologia, tragedia dovevano
trovare espressione in uno stile alto. Argomenti bassi stile basso, comico e volgare come ad esempio la commedia. Ad esempio, Plauto
con le sue commedie che rappresentato in maniera moderna la realtà della Roma dei tempi con lo scopo di far ridere utilizzando uno
stile scurrile. Per Auerbach si ha realismo quando la corrispondenza stile-contenuto viene meno. Il primo testo nel quale non si dà
questa corrispondenza sono i Vangeli perché l’oggetto del discorso è Dio e Suo figlio e trattano quest’argomento con stile medio,
piano, un linguaggio alto. C’è un uso di un linguaggio quotidiano, piano ma serio. Stile piano sia per la divinità che per la realtà che
richiedeva uno stile comico basso.

Il pezzo antologizzato proviene da Mimesis e riguarda l’ultimo brano su V. Woolf che nasce nel 1882 e muore nel 1941 fa parte del
movimento letterario di inizio del XX secolo che ha come esempio l’Ulisse di Joyce 1922 che è il modernismo anglosassone. I testi del
modernismo sono la tappa successiva al romanzo realista del 800, Stendhal, Manzoni. I modernisti sono spesso considerati anti realisti,
dalla rappresentazione realistica della realtà. Auerbach prende il modernismo e lo mette alla fine indicandolo co me il culmine di
questa esperienza.

Pagina 141 di Turchetta. Il calzerotto marrone è l’ultimo capitolo di Mimesis in cui Auerbach prende Gita al faro, testo del 1927 di
Woolf, ne sceglie un brano e lo interpreta con il metodo dei cerchi concentrici. Vedremo la protagonista Hellen Ramsey che verifica la
corretta misurazione di un calzerotto, lunga calza di lana che arriva a metà coscia che resta su. Lei sta vedendo che il calzerotto sia
della misura giusta sulla gamba di suo figlio James, nel frattempo, Hellen pensa a tante altre cose. Ci troviamo in Scozia, periodo di
vacanza, donna molto bella, sposata da un docente universitario, vivono a Londra. Il lavoro si spiega perché vuole portare in dono i
calzerotti al figlio del guardiano del faro vicino alla casa estiva. Bimbo della stessa corporatura, ci sono anche amici di lei.

Auerbach dice che abbiamo visto una realtà normalissima che vengono offerte al lettore con un tono medio ma serio. Questa
modalità di approccio definita come trionfo dell’insignificante, l’intera porzione di narrazione è costruita sulla restituzione di fatti
banali. Non c’è solo restituzione di una realtà esteriore ma anche di quella interna della signora, fanno capolinea anche i p ensieri di
altri personaggi. Auerbach parla di rappresentazione della coscienza pluripersonale, quando questo trionfo avviene per lo più
attraverso lo sguardo dei personaggi. Osserva che la coscienza e i pensieri sono restituiti sotto forma di libero vagare del pensiero, il
pensiero dei personaggi in passato era riportato con formule che lo riordinavano e lo racchiudevano dentro certi confini (egli pensa
che e le virgolette). Non è quello che avviene nei testi modernisti, il pensiero della signora e degli altri personaggi è buttato nella
pagina in modo libero a volte è difficile raccapezzarsi e a capire di chi sia, mai fatto con queste modalità. Primo cerchio di analisi
fatto sta individuando tratti caratteristici. Reale rappresentato attraverso la coscienza e i pensieri dei personaggi .

Cosa manca dato che il lettore si sente sballottato? Auerbach dice il narratore che è un narratore esterno, narra in 3° persona, non
partecipa ai fatti, è onnisciente ma non è intrusivo, non interviene mai per spiegare e interpretare. È per la debolezza del narratore
che il lettore è sbattuto di qua e di là tra un pensiero e l’altro.

In effetti, punto 3, una delle conseguenze è che la narrazione procede a salti, il gesto che sembra essere elemento portante è
interrotto da divagazioni sotto forma di pensiero pensante e anche a rallentatore, il gesto che dura pochi istanti si serve di tante
pagine date le divagazioni e continue. Si apre una grande sfasatura tra tempo esteriore, tempo degli avvenimenti raccontanti che è
molto breve e il tempo interiore che è molto dilatato. Sfasatura tempo degli eventi e dei pensieri. Il lettore naviga un po’ confuso tra
piccoli fatto insignificanti, tra dialoghi e pensieri.

Ricava quindi la sua prima conclusione che la Woolf e altri modernisti non sono meno realisti dei loro predecessori dato che ciò che
mettono sulla pagina, pochi avvenimenti banali di una vita normale e tanti movimenti della mente non è altro che ciò che succede nella
vita realtà. Non si limita a rappresentare solo la relata esteriore ma anche i pensieri, vengono ricostruita la relata così com’è, un mix
insondabile e disordinato di mix di sensazioni e avvenimenti. I modernisti sono il culmine del movimento realistico abbiamo visto il
sasso, primo cerchio: dell’analisi stilistica, del volto narratologico. secondo cerchio che ci porta fuori dal testo e dai confini della
produzione della Woolf ci siamo domandati il significato del brano all’interno della storia della letteratura, la genealogia letteraria,
posizione rispetto ai contemporanei

Le domande sono di altro tipo ora. Auerbach si chiede che cosa significa che i modernisti non rappresentano più vasti panorami sociali
ma si concentrano su fatti piccoli, perché i modernisti svolgono meticolosi zoom su momenti casuali della vita dei personaggi e non
seguono le tappe fondamentali del loro sviluppo. Dal grande destino del personaggio al la scelta casuale di elementi e vederle da
vicino zoom, campo ristretto

La posizione dell’autore di fronte alla realtà cambiata e cambia anche la rappresentazione, no ai vasti panorami ma campi ristretti.
Osserva che gli autori scrivono negli anni 10 20 30 del 900 che sono anni che hanno sconvolto la realtà degli esseri umani che la
vivevano. Succede in quegli anni la psicoanalisi, le azioni sono il frutto del nostro inconscio, zona insondabile di noi stessi. Secondo
Freud la realtà non è una sola e oggettiva ma la relata sono tante quante le percezioni di ciascuno di noi. La realtà è frantumata.
Ognuno vive la realtà in maniera soggettiva e le ragioni di questa soggettività sono inconoscibili. Siamo in balia dei nostri pensieri che
vagano senza che noi li dominiamo.
Altra grande rivoluzione in relazione alla realtà è quella di Einstein che dice che la relata soltanto un certo sistema di riferimento, non
è costante spazio e tempo. Teoria della relatività secondo cui anche spazio e tempo non sono costanti

Questo muta per gli intellettuali che lo hanno capito cambia la stabilità del reale, il reale non è conoscibile in termini oggettivi che è il
postulato del realismo ottocentesco.

Seconda rivoluzione industriale, Londra e Parigi e centro nord della Germania che dava luogo a una potenza di intervento sul reale
inedita

Nascita delle grandi metropoli

Prima guerra mondiale o grande guerra per la prima volta l’uomo ha dimostrato di essere capace di ammazzare decine di milioni di
suoi simili, dove può arrivare la meschinità dell’uomo

Secondo Auerbach difronte a questi sconvolgimenti gli scrittori del primo Novecento che lo hanno capito capiscono l’impossibilita di
dare interpretazioni sintetiche ed oggettive del reale. Ci sono tante relata quante gli uomini che le percepiscono, la relata fuori è
talmente complessa che è impossibile tenere tutti i fili della complessità in un quadro oggettivo e complessivo

Abbiamo visto una piccola realtà vista dal punto di vista minimo dei pensieri di una persona no vasta rappresentazione di una relata
grande. Si basano sugli unici elementi rappresentabili cioè i piccoli significati, piccoli momenti.

Questa letteratura valorizza i gesti comuni della gente comune, ci insegnano ad amare ciò che effettivamente è la vita di tutti che
diventa l’unica realtà rappresentata

Questo sbandamento alla fine è detto con orgoglio del tutto simile al suo metodo di studio. Il suo riconoscere di non poter fare quadro
di insieme ma di occuparsi del piccolo e cercare umilmente e intelligentemente i brani giusti è come i modernisti che cercano di
occuparsi di un brano casuale dei personaggi. Bisogna concentrarsi sul microcosmo e non sul macrocosmo.

Lezione 23, 30 aprile 2021

Ian Watt (1917-1999)

Nel 1942 essendo arruolato nell’esercito inglese viene mandato sul fronte orientale a combattere contro i Giapponesi che facevano
parte dell’asse Roma e Berlino. Viene catturato e costretto a lavorare nella ferrovia della morte cosiddetta perché nella sua
costruzione in quel luogo impervio tra la Tailandia e la Birmania sono morte più di 100 mila prigionieri che erano obbligati a fare i
manovali per la costruzione di questa ferrovia. Ian sopravvive e torna in occidente e si trasferisce negli USA dove insegna nelle
università prestigiose del paese.

Il principale oggetto del suo studio come critico letterario perfettamente inseribile all’interno della critica sociologica è l’affermarsi del
romanzo moderno che è il genere egemone della contemporaneità e della modernità. Sulla nascita del romanzo moderno ha le idee
molto chiare, secondo lui nasce in Inghilterra nel 18° secolo, nel 1700, durante la prima rivoluzione industriale, atteggiamento della
critica sociologica che lega un fatto letterario con le dinamiche del contesto in cui questo evento ha preso forma, in questo caso un
elemento strutturale ovvero la rivoluzione sociale che ha riguardato l’ambito produttivo quindi economico. Watt si occupa di storia, di
filosofia, di editoria, dei mezzi di comunicazione emblema dell’approccio sociologico.

Ma il don Chisciotte scritto nel 1600 è un romanzo, ma anche nell’antichità greca MA attenzione perché Watt parla di nascita del
romanzo moderno non solo romanzo.

Moderno è un concetto molto scivoloso, in ambito storico significa dalla fine del 1400 in poi (dopo la scoperta dell’America 1492), ma
in letteratura è un concetto diverso che si applica con timidezza al 1700 ma con totale forza nel 1800. Aggettivo moderno serve per
muoversi nel mondo.

Passo antologizzato La nascita del romanzo borghese. Studi su Defoe, Richardson e Fielding 1957. Per approssimare il concetto di
moderno possiamo già osservare che la traduzione del titolo c’è scritto borghese e non moderno. Borghese coincide con moderno dato
che la borghesia era la classe dominante. Epoca, 1700, nella quale economicamente e politicamente la borghesia è diventata la
classe dominante surclassando la nobiltà e questo accada negli anni della prima rivoluzione industriale. In Italia accade solo dalla
seconda metà dell’800, in Francia c’è la rivoluzione industriale.
Il libro è strutturato in 6 capitolo suddivisi in due esattamente com’è suddiviso in due il libro: la nascita del romanzo borghese è
tematizzato nei primi due capitoli che sono di carattere esplicativo e introduttivo. (titoli: il realismo e la forma romanzo + il pubblico
dei lettori e il sorgere del romanzo). Gli altri 4 capitoli sono studi monografici che indagano quelli che Watt individua come i primi
romanzi inglesi.

Primo capitolo, quello antologizzato è il 2°, del primo abbiamo il riassunto nell’introduzione.

Primo capitolo ha una impostazione storico filosofica si intitola il realismo e la forma del romanzo (// Auerbach parla di realtà
rappresentata nel corso dei millenni di storia letteraria occidentale che diventa realismo nell’800 in Francia raggiungendo il suo
culmine nel modernismo anglosassone dei primi anni 20° secolo). Il concetto come vedremo è lo stesso ma Watt copre un vuoto lasciato
da Auerbach perché nella riconcorsa della rappresentazione della realtà in termini realistici della letteratura occidentale c’è un
grande vuoto che è l’Inghilterra del ‘700 in cui il concetto di realismo era fondamentale. Auerbach fornisce i principi generali mentre
Watt utilizzando quei principi scava più a fondo.

Il realismo e la forma del romanzo ha il valore di una premessa sull’intera ricerca d ella nascita del romanzo. Qui Watt studia i
presupposti storico-filosofici e concettuali che hanno permesso al romanzo di assumere la forma che ha assunto, in particolare Watt
punta l’attenzione sulla forte aderenza alla realtà che questi testi letterari hanno. Watt osserva che la rappresentazione della realtà
contemporanea inizia a prendere piede nella narrativa europea proprio in questi romanzi. individua l’affermarsi della realtà
rappresentata in termini realistici in Defoe, Richardson, Fielding. Il don chisciotte resta fuori dato che non è teso a una
rappresentazione realistica della realtà contemporanea perché il protagonista di questo libro impazzisce dopo aver letto troppi
poemi cavallereschi e finisce per impersonarli. Non è la letteratura che viene trascinata nella realtà ma è la realtà che viene
trascinata nella letteratura. Qua è la realtà contemporanea che entra dentro la letteratura.

Il romanzo moderno nasce nell’età borghese e ha una forte vocazione realista. Quali caratteristiche ha questo nuovo realismo
romanzesco? Watt dice rappresentazione seria della realtà banale e della concreta esperienza dell’individuo (// Auerbach). Watt
osserva che nei romanzi inglesi del ‘700 vengono meno i tipi umani convenzionali e assurgono al ruolo di protagonista persone del
tutto normali, che vivono situazioni normali, in ambienti normali, il tutto rappresentato in tono serio e non comico. Soltanto la commedia
che è un genere comico era possibile rappresentare la realtà comune dato che il rigido sistema di generi impostato prevedeva che i
toni aulici fossero riservati per temi seri, quindi la realtà doveva essere descritta in toni bassi, comici.

Vengono meno i tipi umani e le situazioni convenzionali. Parini è stato uno dei più grandi scrittori italiani del ‘700 un contemporaneo ai
3 inglesi sopra con la differenza che i personaggi di Parini sono stereotipati (Giovin signor, che incarna il tipo medio nobile, Il Giorno).
La rappresentazione è ancora per tipi, stereotipi, non c’è una persona precisa. Pensiamo anche ai nomi dei titoli in cui è evidente come
non ci sia niente di letterario, nessun tipo medio di riferimento, ma tipi normali che potrebbero essere vissute, sono fisionomie di
persone che stanno dentro la realtà.
La descrizione degli ambienti, nei romanzi inglesi ce ne sono lunghe e articolati (ambito del realismo). Sono descritti ambie nti ordinari
come lo sono i personaggi. (≠ don chisciotte che ha delle visioni che ci riportano un mondo che è sì un incubo ma anche una fiaba).

Per quanto riguarda il plot non abbiamo colpi di scene, agnizioni (riconoscimento subitaneo e improvviso dell’identità di un
personaggio. Etimo venir meno dell’ignoranza), e coincidenze poco credibili. Goldoni perché tipico delle sue commedie sono tutti
questi elementi. Nei romanzi inglesi abbiamo la realtà fatta da fatti che si concatenano grazie a rapporti causa -effetto
realisticamente intesi. + stile medio e tono serio

alla base della nascita del romanzo c’è una spinta a costruire narrazioni con ingredienti che non derivano più dal mondo
convenzionale della letteratura ma con ingredienti della realtà quotidiana

Che cosa deriva da tutto ciò? Che l’esperienza realtà viene opposta alla letteratura, senza schermi la realtà contemporanea così
com’è che diventa il modello. Si ha quindi esperienza reale vs letteratura e anche canone dell’originalità vs canone dell’imi tazione.
Letteratura e canone dell’imitazione perché finché la letteratura doveva essere costruita su basi tradizionali quello che contava era ciò
che si era scritto prima, la letteratura precedente fa da base alla letteratura. C’era una imitazione del passato che era degna di
merito (petrarchisti del 500). Dal ‘700 è l’esperienza reale che fa da modello e questo significa avere l’originalità come obbiettivo,
perché la realtà nella sua apparente insignificanza ha sempre qualche novità e imprevedibilità. Diventa un valore rifarsi a ciò che sta
succedendo diventa un valore rappresentare qualcosa di sempre originale. Il canone del passato è superato dall’essere originale. C’è
una sinonimia tra essere moderno e originale, tra moderno e nuovo. In inglese si dice novel perché l’etimo è nuovo. L’aderenza alla
realtà porta all’originalità, al nuovo.

Watt come tutti i ricercatori si domanda il perché tutto ciò avviene. Finora abbiamo descritto come il romanzo inglese del ‘700
accoglie il reale e rifiuta il canone tradizionale. In prima istanza potremmo declinare la domanda così perché proprio nell’Inghilterra
del ‘700 diventa significativo occuparsi di ciò che l’uomo sta facendo qui e ora invece di recuperare la letteratura precedente? Watt
dà una spiegazione che sta bene nella critica sociologica, tenendo insieme vari livelli del sapere. Per la prima volta secondo lui l’uomo
per la prima volta stava vincendo la sfida contro la natura. Da questo momento ha dominato la natura e ad adattarla ai suoi scopi,
l’uomo nel ‘700 guarda con un inedito atteggiamento di forza la natura. L’eroe non è più Orlando ma è colui che con le proprie forze
riesce ad imporsi. Usa l’intelligenza non la forza. Questo è l’uomo borghese che vuole vedere rappresentato sé stesso come eroe di
una epoca nuova che promette nuove possibilità. Il primo dei romanzi è del 1719, Robison Crusoe, che mette in scena il primo
personaggio borghese che sperduto su un’isola deserta ce la fa grazie alla sua intelligenza non alla sua forza, è l’uomo che si fa da
sé- ha senso occuparsi dell’uomo contemporaneo che vive una nuova grande epopea, una nuova avventura. Sono l’incarnazione
l’apoteosi dell’attivismo e dell’individualismo che sono i due pilastri della vita borghese. È qui che nasce l’ansia di avere successo, è la
modernità nella quale, sin dal’700, nei borghesi che si impongono sui nobili (un nobile al posto di Robison sarebbe morto). Età
borghese nella quale ciascuno deve dare risposta alle nuove opportunità, in questo momento avviene il fenomeno delle migrazioni
individuali per scartare rispetto alla vita che si sarebbe fatta se si fosse seguito l’esempio dei nonni, genitori e avi.
motivazione di ordine socio antropologico: l’uomo che antropologicamente si impone sulla natura, all’ambiente

Per questo attivismo e spirito di attivismo Watt si mette alla ricerca di novità filosofiche. Il presupposto è perché sia possibile in
letteratura occuparsi di un uomo qualsiasi è necessario che questa fiducia nell’uomo e attac camento al reale abbia presupposti
filosofici. Mentre studia questi romanzi nota che la messa in discussione della tradizione, aderenza al reale erano i presupposti di
alcune correnti filosofiche del 600 europeo che hanno dato l’ingresso all’interesse della vita del singolo. Un filosofo come Cartesio,
Locke sostengono nel 600 che la verità, intesa come verità nel comprendere la realtà concreta attorno all’uomo, è a portata dell’uomo
e la scopre attraverso la propria percezione, polemizzando contro il filtro che fino ad allora aveva agito dell’autorità del passato.
Fino a questi filosofi la realtà non viene appresa con uno studio scientifico ma c’erano autorità del passato che a vevano già spiegato
tutto (Bibbia e Aristotele secondo il principio dell’ipse dixit, la formula con la quale si diceva lo ha detto lui e dopo la discussione si
fermava). Caratteristica dell’essere umano è l’esercizio del pensiero, cogito ergo sum, l’uomo deve essere padrone delle proprie idee
a proposito del mondo circostante. Locke è quello della tabula rasa, uomo come tabula rasa, perfettamente levigata sulla quale non
c’è scritto niente ma su quella si può scrivere, va incisa con i dati che provengono dall’esperienza. Nasce l’empirismo, empiria
esperienza, da cui deriva l’esperienza, contro l’ipse dixit. Tutto ciò porta alla rivoluzione scientifica del ‘600 con Galileo, Copernico
(eliocentrismo non geocentrismo). Siamo di fronte a una svolta razionalistica, da queste idee applicate all’ambito politico e sociale si
sarebbe avuto l’illuminismo.

Watt a un certo punto abbassa il tiro del discorso per fare un discorso sociologico ed economico. Watt si chiede i libri, i romanzi
inglesi se non hanno qualcuno che li legge non diventano libri. I libri nel ‘700 diventano merce e se non c’è qualcuno che li legge non
c’è un editore e non c’è uno scrittore. Se si sono iniziati a pubblicare romanzi moderni c’era un pubblico. In che direzione si è ampliato
il pubblico della letteratura? Prima era un manipolo ristretto di nobili che leggevano per diletto, non era una grande letteratura per
non specialisti. Il nuovo pubblico forse erano i ceti bassi, umili ma la risposta è no, non sono loro che iniziano a legge re dato che non
iniziano a leggere, non sapevano leggere, perché non ricevevano alcuna istruzione e soprattutto la classe nobile e borghese,
dominanti, non vedevano alcun guadagno. Se avessero imparato avrebbero avuto uno sguardo critico sulla realtà. I li bri poi
costavano. La classe bassa non aveva tempo libero, si era in tanti in famiglia, non è facile avere un minimo di intimità e non c’era
l’elettricità elettrica (in Italia dal 1910-11), si usavano le candele che costavano, c’era la tassa sulle finestre (per questo venivano
murate). Gli unici rappresentanti della classe popolare che potevano aver a che fare con i libri erano i maggiordomi e le dom estiche
che potevano leggere i libri della famiglia delle classi abbienti per le quali lavoravano, avevano il vito e l’alloggio e spesso
alfabetizzavano i loro lavoratori, ma non bastano per creare un nuovo mercato.

Secondo Watt ad aprire questo mercato sono i ceti medi che vivano in città, commercianti, piccoli imprenditori , le donne in special
modo dato che è la classe sociale della rivoluzione industriale, sono loro la nuova borghesia. Moderno e borghese possono essere
sinonimi perché stessa epoca. Sono loro legati alle nuove manifatture. Sono le donne legate al ceto medio che si trovano abbastanza
ricche per poter aver qualcuno in casa che fa per loro i lavori di casa, aumenta quindi il loro tempo libero, ma sono anche
abbastanza ricche per comprare i prodotti delle nuove manifatture industriali, non producono più vestiti, saponi, candele… hanno più
tempo libero e soldi. Questo ceto si trova nella condizione di desiderare un nuovo intrattenimento da pagare per poter riempire
proficuamente il tempo libero. Intrattenimento era o teatro o lettura o strumento musicale. Abbiamo visto con Ulrich Schulz Buschhaus
come il voyerismo, il guardare di nascosto, da soli, in intimità le avventure degli uomini e delle donne che tutto sommato assomigliano
al ceto medio che legge è qualche cosa di assai stimolante. Sono storie più scabrose a tratti rispetto alle messe in scena teatrali.
Quindi questo nuovo ceto cerca un intrattenimento alla loro portata, libri che desse loro piacere, divertimento, senza troppa difficoltà
ma vuole anche conoscere meglio la realtà circostanze. L’editoria ha a disposizione un nuovo pubblico ma bisognava trovare la
formula giusta. Come la si trova? Essa doveva contemperare divertimento e informazione. A indicare la strada sono dei giornali e
delle riviste che anticipano di qualche anno la scrittura. Watt si occupa di due giornali nei quali ritrova le caratteristiche di
divertimento e informazione che secondo lui stanno alla base dei romanzi. studia Tatler (1709) e Spectator (1711), giornali che
avevano sì le notizie, ma nella loro formula di grande successo avevano giochi e racconti creando un mix di intrattenimento e
informazione con uno stile medio, semplice e diretto, tanta possibilità di imparare nuovi aspetti della realtà. Storie facili ma edificanti,
educative, che permettessero alla borghesia di vedere rispecchiati i propri valori . Pubblico di non specialisti. Fra i fondatori del
romanzo moderno non è un caso che ci siano Defoe e Richardson che non sarebbero mai stati degli scrittori nell’epoca premoderna
dato che non erano sufficientemente colti. Nasce l’editore moderno affianco al romanzo moderno, fino ad allora lo scrittore era o una
figura molto ricca di suo, che non aveva bisogno di guadagnare per vivere e la scrittura era un hobby, oppure veniva mantenuto da
un mecenate (nome proprio dell’antichità classica romano, tempo di Augusto, I secolo dopo Cristo, mecenate per antonomasia è
diventato colui che si circonda di artisti pagando la loro presenza vicino a sè). L’editore paga lo scrittore per il suo lavoro e tanto più
lo paga tanto più egli scrive (infatti sono romanzi grandi, divisi in più tomi).

Lunedì 3 maggio 2021

Giuseppe Testori Novate Milanese 1923- Milano 1993

Oggi inizia il monografico 2, modulo 3 del corso. Primo autore Testori, straordinario sotto molti punti di visti.
Come detto per Marotta l’oggetto del discorso è l’essere umano in alcune sue fondati e emozioni ed esperienze, con Marotta erano
racconti leggeri con lieti fino, personaggi esili e stereotipati qui non succede. Un paio dei personaggi di testori vengono scavati nelle
loro viscere, emozioni e desideri.

Giovanni Testori nasce in un comune a nord di Milano, a un passo dalla ferrovia c’è l’azienda Testori, impresa tessile con a fianco una
villa che era la casa dove è nato testori. Ora sede dell’associazione Testori. I genitori di Testori si trasferiscono a Novate quando
ancora era campagna che erano di Sormano, il padre, e la madre Lasnigo, due paesi della Brianza. Triangolo Lariano formato da
Como Bellagio e Lecco, triangolo collinare montuoso. Testori tutte le estati ci passa lì e anche gli anni della guerra, 1943-45 si
spostano in campagna dove non c’erano i bombardamenti. Testori in questo triangolo lariano fra Sormano Onno Lasnigo Erba Canzo
e Lasso, elegge a propria patria ideale questi luoghi in cui riconosce le proprie radici e con malinconia. Testori insegna ad amare i
propri luoghi, ad incorporare dentro di sé l’amore per equestri luoghi, a struttura la creazione artistico letterario su quei luoghi che
non sono il luogo di nascita dei genitori ma pilastri per la sua scrittura, luoghi dove viene ambientato il racconto.

Ci sono diverse parti dialettali nel libro si tratta del milanese arioso, nell’estrema periferia nord (si legge nell’introduzione al libro,
epigrafe). Diversità che testori paga sulla sua pelle va al collegio San Carlo al liceo classico, nel centro di Milano, dove veniva preso
per i fondelli perché parlava un dialetto non simile a quello dei rampolli

Luoghi e lingua erediate ma poi riappropriate

Si appassiona al mondo dell’arte, della pittura, sia come autore di quadri che come critico d’arte ma si appassiona anche al teatro.
Decide di iscriversi a lettere nel 1947 in cattolica, tesi sul movimento surrealista. Si laurea solo al secondo colpo perché nella
cattolicissima cattolica non era pensabile che dagli impulsi sessuali potesse nascere una qualche forma d’arte. Testori ha dovuto
censurare alcuni pezzi della sua tesi per laurearsi effettivamente. (arti figurative capitolo 1 ripetuto 7 volte il verbo vedere)

Dopo la laurea Testori conferma la sua vocazione di critico d’arte, pittore e appassionato del teatro ma su questo nel dopo guerra si
innesta una produzione narrativa. Aveva già esordito come autore di testi storico artistici, testi teatrali, ma inizia a scrivere nel 1951 Il
dio roserio e lo pubblica nel 1954. (gettoni Einaudi collana importantissima dove venivano scelti i migliori autori giovani da
pubblicare, scelti da Calvino e Vittorini) È un romanzo breve. Ricomparirà nel 1958 in una raccolta di racconti Il ponte della Ghisolfa
dello stesso anno, rappresenta il primo di una lunga serie di volumi che avrebbe dovuto chiamarsi I segreti di Milano ma si sarebbe
interrotto nei primi anni 60. Troviamo all’inizio del ponte della Ghisolfa il dio di roserio ma scorciato infatti era senza il capitolo 1, che
da solo è 1/3 del racconto, alleggerito di alcune uscite dialettali di alcuni personaggi.

Il dio di Roserio soprannominato così il protagonista, ciclista del quartiere di Roserio di Milano. Elio Vittorini riassume così il romanzo,
di una brevità sconcertante.

Trama: Dante Pessina, capitano della squadra ciclistica della Vigor, sta correndo nella categoria dei dilettanti che sono quasi dei
professionisti, ora si corre negli under 23. Il presidente si chiamava Todeschi. Il principale gregario di Dante è quello che viene detto
fregato che è Sergio Consonni. Nella squadra c’è un accordo affinché questi aiuti a vincere il protagonista la Milanesi che parte da
Varese, Como, Erba, Asso, Onno, Lecco e torna a Milano. Testori segue molto da vicino nel primo capitolo in cui è molto alto il grado
di visionarietà e di osservazione della gara, ma anche di precisione con cui ha seguito il discorso. La gara arriva ad Affori, sempre
nel nord di Milano. I due vanno in fuga, si staccano dagli altri e accumulano un grande vantaggio, ma Sergio sembra essere più
veloce, Dante aveva problemi all’intestino e orgogliosissimo la sente come una umiliazione. Scendendo da Onno Dante butta Sergio
fuori strada facendolo cadere su un sasso subendo un danno permanente che ne compromette definitivamente le facoltà mentali,
nessuno sa che è stato lui, per tutti si tratta di un incidente dovuta all’eccessiva spericolatezza di Sergio nelle discese, che era la sua
fama. Dante teme che Sergio in un momento di lucidità dica e per via di questa paura e del senso di colpa né va a trovarlo in clinica
né pare che voglia proseguire la carriera da ciclista. Dopo la caduta vince le Milanesi arrivando da solo ad Affori. Il presi dente
insiste che lui continui nelle gare. Nel 4° capitolo si parla della nuova gara, Olona, nella quale si pensava che Dante dovesse fare da
gregario a Sergio, ma essendo in ospedale, tocca di nuovo a Dante a cercare di vincere. Colloquio 2° capitolo, nel quale il
presidente cerca di convincere Dante. Poi nel 4° capitolo veniamo a sapere che Dante lavora come benzinaio presso un signore di
nome Gino, alla fine di viale Certosa, all’ingresso dell’autostrada dei laghi, A8 e A9 verso Como e Varese. Sappiamo che va in
ospedale e si tranquillizza dato che non gli viene mossa alcuna accusa, Sergio si mostra molto malato e Dante capisce che non deve
preoccuparsi. Si trova rinfrancato nel suo sogno di diventare un ciclista professionista, quelli della Bia nchi (una delle società ciclistiche
più importanti) lo seguivano. Era possibile che passasse al professionismo con loro. Nel 5° capitolo Dante partecipa all’olona con un
nuovo gregario di nome Ezio, il sessantanove (no motivazione casta per il nome). Dante stravince l’Olona staccando il gregario. Il libro
si chiude sul trionfo del dio di Roserio alla fine della gara.

Alla fine della vita Testori dice che il dio di Roserio esiste e che ha fatto il muratore, nel libro non lo dice.

Il romanzo ha 5 capitoli, ciascuno dei quali presenta un ben preciso aspetto della vicenda, spesso adottando un ben preciso punto di
vista da cui mostrarla. forte relativizzazione del punto di vista, in base al punto di vista cambiano le cose

1° capitolo è strano nell’economia di tutto il libro, uno dei motivi per cui decide di espungerlo quando pubblica il dio di Roserio nella
forma scorciata dentro i ponti della Ghisolfa, dato che è più lungo e perché c’è un monologo interiore di Sergio Consonni seguito da
un narratore interno, co-protagonista. Resoconto meticoloso, tutto rappresentato dal punto di vista fonico e visivo, vedere e sentire, ma
resoconto di uno fuori di sé, un po’ ricorda e un po’ commenta. meticolosissimo e stralunato insieme
2° capitolo si apre con una battuta di dialogo ma il narratore è esterno (! Peculiarità per un romanzo breve, elemento molto
sperimentale). Monologo interiore del Todeschi che rievoca le Milanesi e la caduta, vediamo le stesse cose del 1° capitolo ma con un
≠ punto di vista, questo avviene nella sede della Vigor, a Roserio, ed è lì mentre aspetta Dante e poi dialogo con lui per co nvincerlo.
Qui abbiamo un narratore esterno che produce dialoghi interiori ma c’è un filtro, non abbiamo più il personaggio che dice io e lascia
andare il suo flusso di pensieri, ma abbiamo un narratore esterno che cala nella testa dei protagonisti attraverso quello che viene
detto discorso indiretto libero

3° capitolo monologo interiore di Dante che torna dall’officina, prima di andare a dormire ricorda la caduta, nuovo punto di vista che
ci fa scoprire che è stato lui a far cadere Sergio.

4° capitolo Dante al distributore, dialogo tra Dante e il suo datore di lavoro Gino. Dopo monologo interiore di Dante che rievoca il
passato, la visita fatta in ospedale a Sergio che lo ha tranquillizzato

5° capitolo occupato dall’Olona (narrazione ciclica), descrizioni narratore esterno + monologo interiore di Dante durante la corsa che
si confronta con il senso di colpa per cercare di abbatterlo

Intuiamo:

1. Il narratore è in una posizione non intrusiva, ma è in una posizione debole, il libro è impostato su dialoghi e monologhi, ci
sono due narratori uno interno e l’altro esterno. Tende a lasciare che i personaggi parlino da sé, a modo loro
2. La narrazione procede molto lentamente, i fatti, il plot e la trama, i primi tre capitoli sono un nastro riavvolto (sempre la
Milanesi e il ricordo della corsa). Sono tute memorie dei fatti accaduti ancorati al passato e fatti scarni
3. La rappresentazione dei fatti a parte il 5° capitolo non avviene mai in presa diretta ma sono tute rievocazioni dei
personaggi. Il relativismo percettivo è spinto molto avanti

narratore debole
plot scarno che avanza lentamente
rappresentazione dei fatti filtrati dalla mente e ricordi dei personaggi

L’unica corsa che vediamo in diretta è l’Olona ma c’è il filtro di Dante che mette il focus sul come lo vive

(// Auerbach)

mix di modernismo narrativo (trionfo dell’insignificante, trama scarna, narratore debole, penetrazione nei pensieri dei protagonisti)
e il neorealismo (// Marotta) (corrente cinematografica e letteraria che è presente in Italia dal 1943 fino al 1955 data l’attenzione
all’esistenza degli ultimi, abitanti del popolo 0 dal popolo di Marotta )

Neorealismo di Testori, rappresentazione degli umili. Neorealismo rovesciato scavando l’interiorità del singolo arriva al torbido, alle
viscere, dove non molto di buono si ritrova. Dante è un arrivista disposto a tutto pur di vincere. Marotta sembra descrivere solo in
superficie.

Realtà deformata che crea difficoltà nel lettore basti pensare al primo capitolo. Negli altri quattro capitoli succede qualcosa di
diverso, incursioni nelle menti dei protagonisti // Woolf. Il narratore tiene le redini ma scivola nella percezione sensoriale ma anche
nell’espressione linguistica dei personaggi, si esprime sempre il narratore in 3° persona ma ci rendiamo conto che quelle sono le
percezioni e l’uso linguistico di un certo personaggio.

Discorso indiretto libero il narratore esterno aderisce alla posizione percettiva e linguistica dei personaggi

• Primo esempio mostra la ≠ fra discorso indiretto libero ma anche discorso del narratore ma anche discorso diretto libero o
pensiero diretto libero
pensiero diretto legato, abbiamo le virgolette del discorso legato + verbo pensare
narratore esterno, linguaggio come mole, non è linguaggio popolare ma standard, medio, corretto grammaticalmente.
senza virgolette leggiamo. Narratore sempre esterno non è un discorso diretto perché quel lui è il Todeschi, è il narratore
esterno che parla di lui in 3° persona ma il punto di vista percettivo è quello del Todeschi. Il linguaggio smette di essere
standard e scivola verso un linguaggio popolare, esempio nel ridursi in pasta, sembra un prestito che il narratore fa
prendendolo dal Todeschi. Discorso del narratore ma funzione narrativa e lingua del Todeschi
• Secondo esempio. Si tratta della Torre Branca.
anca, alzato elementi del dialetto che fanno vedere che non solo il punto di vista percettivo ma anche la scelta linguistica
diventa un po’ del narratore, non ci sono le virgolette, discorso indiretto, ma scivolamento percettivo e linguistico nel sentire
e parlare dei personaggi
• Terzo esempio prende il punto di vista del pubblico. Vedete che il narratore prende in mano le redini del discorso per
commentare con le parole che sono della folla, il volgarismo e l’eccola. Si scivola nella lingua dei personaggi senza che ce
ne si accorga.

Questo trapassare continuo dal pensiero e dalla lingua del narratore a quella dei personaggi ci chiede di capire il perché e il suo
effetto. Quello che otteniamo è la sensazione di una profonda empatia umana del narratore nei confronti dei suoi personaggi, non c’è
mai un senso di superiorità, nessun commento etico sulle loro azioni.

Dante per quello che ha paura ma anche senso di colpa ma non viene messo in scena Dante in ginocchio per il senso di colpa ma un
personaggio che svolge un violentissimo corpo a corpo con il suo senso di colpa e alla fine vince. Vediamo la violentissima reazione
contro il senso di colpa e l’immagine del suo gregario. Quello che emerge al contrario di una condanna è una ammirazione, rispetto
per la vitalità e la vigorosa determinazione di Dante. Non solo non c’è condanna morale ma una sorte di gusto nel mettere in scena
questa grande vitalità che mostra Dante che arriva all’apoteosi del dio che è un delinquente e andrebbe condannato. Emerge invece
un dio capace di superare gli avversari. Il narratore è dunque onnisciente non intrusivo e non giudicante. Sta al lettore giudicare anche
se non è facile perché si rischia di essere contagiati dal suo furore e di provare empatia verso di lui . Il lettore si trova di fronte alla
possibilità di graziare questo dio.

Il libro crea uno scandalo perché prevaleva la vitalità istintuale che è anche arrivismo e violenza sulle rappresentazioni delle
doverose responsabilità della coscienza e della morale perché infondo Testori è empatico e innamorato dei suoi personaggi.

Martedì 4 aprile 2021

Testori

Il dio di Roserio. Quando è ambientato?

Prima data di pubblicazione 1954 e non essendo un libro di fantascienza, ma essendo un libro a vocazione realistica possiamo dire
che è ambientato al più tardi nel 1954.

Stesura 1951-52

Ci serve un termine ab quo, dal quale far partire. A pagina 26 si cita la Lancia Aurelia e la Fiat millequattro sono entrate in
commercio nel corso del 1954. Ci sono un paio di elementi calcistici, ad esempio nel 4° capitolo si parla di Benito Lorenzi detto il
veleno, giocatore dell’Inter che è la squadra di Dante e del suo datore di lavoro Gino. Benito ha giocato all’Inter tra il 1947 e il ’58,
ci conferma le date ma non stringe il nostro termine (50-52). Lo stesso vale per un altro giocatore citato di nome Istvan Nyers che
gioca nell’Inter tra il ’48 e il ’54.
Ammettendo che Testori sia stato molto preciso potremmo dar retta alle parole di Gino a pagina 102 in cui dice che l’Inter la
domenica successiva avrebbe giocato contro l’udinese. L’udinese non era in serie A nel campionato 1949-50 quindi fino al giugno
1950 quella partita non può esserci, dato che il campionato inizia a settembre. Il nostro termine iniziale si sposta al 10 settembre
1950 quando l’udinese è in serie A. Quindi l’ambientazione si sposta dopo il 10 settembre 1950. Il campionato è finito il 17 giugno
1951 ma noi sappiamo anche che ci troviamo anche in una tardissima primavera, questo viene detto a pagina 135, dove si legge
ancora due domeniche e il campionato avrebbe chiuso i battenti, quindi siamo in un momento nel quale l’udinese gioca in serie A con
l’Inter, questo può avvenire solo nel campionato ’50-’51. Sappiamo che siamo a due giornate dalla fine del campionato. Ci troviamo
quando Gino parla nel 4° capitolo o due giornate prima della fine del campionato 50-51 che è finito il 17 giugno 1951 oppure
l’altra alternativa, dato che l’udinese in serie A anche nel 51-52, ci troviamo ai fini di maggio degli anni 51-52 che termina il 22
giugno 1952
ci troviamo fra gli estremi giorni di maggio e i primi di giugno del 1951 o 1952

Dove? Milano, zona della periferia nord di Milano, Roserio, Mac Mahon, Ghisolfa

Che tipo di società? Vengono rappresentati dei frammenti di società contemporanea, nei capitoli 4 e 5 . Scorci di società vivente. Il
capitolo 4 e il 5 sono spaccati della vita del protagonista, prima al lavoro poi all’opera mentre vince la corsa.

Capitolo 4 è ambientato nel benzinaio in cima a viale Certosa all’ingresso dell’Autostrade dei laghi (mettere in scena il mezzo di
comunicazioni privilegiato e più ambito che è l’automobile, l’ingresso della quasi neonata autostrada)
Il capitolo 5 si apre con una grande novità del tempo ovvero lo sport come spettacolo di massa e l’ingresso del mondo economi co al
suo interno. C’è un discorso fatto dal presidente della giuria della corsa mentre sta aspettando che i corridori arrivino e c’è la richiesta
da parte degli sponsor sulla possibilità di avere una legge che permetta l’ingresso anche nel mondo dilettantistico degli sponsor e poi
a proposito di locomozione c’è la Lambretta (in produzione dal 1947) che mostra la sua forza . Ciclismo come affermazione sociale,
Dante vuole fare il salto da una condizione sociale misera a una di privilegio. Sport come strumento di guadagno e ascesa sociale (
sponsor). Vediamo che Dante prende con sé il giornale sportivo e il supplemento su Benito Lorenzi. Sport come impresa.

Capitolo 4 Dante al lavoro, legge 6 righe dal lato. zoom di sconcertante modernità per i tempi. Tutto procede per colpi, clacson,
improvvisi spostamenti delle automobili (shock // Benjamin). Uscita molto cinematografica quasi da film del signore che esce
dall’Aurelia, primo piano della gamba poi tutto il resto del corpo.

Pagina 110 capitolo 5 Dante è in fuga con il suo nuovo gregario e appare l’amico Brianza sulla lambretta (protagonista in altri
racconti), usa la lambretta va oltre la partenza per vedere cosa succede e torna per dare informazioni. motori, sport di massa

Pagina 116 il Brianza non è lì per far vedere che Danta usa il nuovo mezzo a motore per farsi vedere. Non è solo la lambretta a
esaltare la virilità del Brianza. Si vede poi come l’immaginario popolare, del Brianza e del suo amico, inizi ad essere colonizzato da
cinema e pubblicità. Siamo lontani dal boom economico eppure, si direbbe che qualcosa dell’ideologia del marketing portata dagli
USA iniziasse ad esserci nell’immagine del popolo. tutto avviene con un quid di aumentata aggressività. Il cinema era il mezzo di
intrattenimento di massa, nime di dentifricio e fabbrica di tessuti e liquore. In maniera un po’ visionaria si entra nell’immaginario di un
rappresentante del popolo in cui emerge un bel pastone lucente e desiderabile. Dal colpo del fucile si passa all’urlo del goal. Si
allude alle dinamiche profonde del consumismo fascinoso. Si ritorna sui motori, moto.

Il libro mette in scena il dopo guerra milanese mettendo l’accento sull’incipiente modernità motoristica e consumistica. Fra le quali non
c’è distinzione non c’è differenza fra cinema e pubblicità tutto diventa circo spettacolare intrattenimento e vendita sono sullo stesso
piano.

Che cosa significa? Sono gli anni di ambientazione della Ragazza Carla (1947 -48). Ci sono delle sovrapposizioni ma Testori punta
sulla modernizzazione. Sappiamo che la Milano degli anni 50 era una Milano dal doppio vuoto: vecchio e nuovo coesistevano. (// Il
Posto quando il camion supera il carretto). Va osservato che qui l’attenzione di Testori quando vuole rappresentare la realtà milanese
non punta dare l’idea del mix vecchio e nuovo ma punta a dare l’idea sul nuovo, toglie l’accento sugli elementi vecchi, tra gli anni 51-
52. Non c’è nessuna intenzione a esaltare il passato a discapito del presente e sarebbe stato facile rimanere ancorati al passato. Ma
Testori sembra affascinato da quel luccichio non ne vede i pericoli (≠ pollo ruspante di 10 anni dopo ed era già lungi mirante).

Ambiente: il libro ha il suo centro geografico nella periferia nord di Milano, ma nel dio di Roserio a contare non è solo il dove è
ambientata la narrazione e quanto di vecchio e di nuovo c’è, quello che conta è il come sono rappresentati gli ambienti. Di sicuro
substrato modernista e neorealista, ma il suo modo di rappresentare gli ambienti deriva dalla sua formazione figurativa. In questo
loro esiste una ossessione visiva e figurativa, nel 1°, 4° e 5° capitolo. Sono frequentissimi i verbi percettivi sia della vi sta che
dell’udito, ma in generale sono frequentissimi i verbi che introducono una percezione visiva e uditiva

Pagina 26-27 vedere, sentire, voltarsi, parere, sembrare densità straordinaria. Sono Dante e Sergio in fuga. Coazione visiva e
figurativa, uditiva. Anche quando i verbi percettivi non ci sono è perché sono sottointesi. Le cose qua non si muovono ma sbattono, c’è
un quid di violenza in più.

Violenza che appare continuamente pagina 31-32

da dove ha tratto questa modalità rappresentativa e perché


Partiamo dal dove. Siamo di fronte a una raffigurazione sfigurata della realtà. Tutto è inizialmente realistico ma questo realismo
subisce una torsione che sfigura ciò che avviene, realismo in prima istanza che tende ad assumere tratti deformanti e deformanti per
violenza. Siamo nei pressi dell’espressionismo pittorico tedesco. L’espressionismo pittorico che nasce in Germania nei primissimi anni del
XX secolo, 1905 ma con ascendenze precedenti. Sul piano figurativo l’espressionismo pittorico tedesco nei primissimi decenni del XX
secolo agiva con linee molto marcati in modo da mettere gli oggetti in potente rilievo, movimenti convulsi, oggetti che preci pitano, la
prospettiva salta così da dare l’impressione che le cose scivolino giù, c’è una idea di violenza e di distorsione. Declinazione nella
scrittura delle immagini che vediamo. A pagina 94 abbiamo degli esempi di quello che si può chiamare espressionismo luminoso.
Siamo nel 4° capitolo in mezzo alla periferia autostradale. Pagina 95 tramonto sui vetri in una visione trasfigurata in termini
espressionistici. Delirio di onnipotenza dopo averlo trovato si sente a posto. Ultimo esempio di questo espressionismo luminoso si trova
nella seconda metà di pagina 125.

C’è un’altra ascendenza figurativa, forse ancora più vicina al nostro testo, un pittore inglese definito come neoespressionis ta, autore
successivo all’espressionismo di qualche generazione dopo che nasce nel 1909 che fa tante cose nei suoi quadri che assomiglia a
quello che fa Testori nel libro. Stiamo parlando di Francis Bacon 1909-1992, una decina di anni più di Testori che lo conosceva. Bacon
propone una formula visiva molto vicina agli espressionisti che è molto moderna ma simile a quello che fa Testori. Nel quadro si
capisce che è disegnato un volto di un uomo per cui non è considerabile come informale o astratto ma figurativo. Si agisce sui
particolari enfatizzandoli violentemente, si ha una figuratività che sottopone a violenza i dati del reale, si parla di realismo sfigurato
di matrice espressionistica. Pagina 122-123.

Testori era un pittore nel 1981 con Crocefissione si capisce quanto è simile a Bacon, quanto la deformazione sia evidente, si prende
un dato di realtà ma enfatizzando alcuni aspetti. // Tre studi per una figura ai piedi della crocefissione 1944 di Bacon

Bacon ci serve non solo per il realismo sfigurato di matrice espressionistica, ma perché, Testori va molto vicino a Bacon. Questi tende
quando deve fare un ritratto a riproporlo tre volte. // Tre studi per Lucian Freud 1969. Anche in Testori c’è il tema della
riproposizione, i primi tre capitoli parlando della caduta da tre punti di vista diversi. Anche sul piano micro, del singolo oggetto
raffigurato, può darsi ben tre volte con un effetto di distorsione. Pagina 123 quando vince l’Olona in cui abbiamo tre punti di vista
diversi per l’accelerazione, prima dal punto di vista del narratore ma di fatto siamo nella percezione di Dante, poi pubblico, poi il
gregale. Immaginiamo un polittico di Bacon suddiviso in tre parti in cui si vede Dante che fa la stessa azione. Scatto dal punto di vista
di Dante, pubblico e gregale.

Sul piano figurativo abbiamo visto un realismo espressionista o neoespressionista che deforma la realtà messa in scena con lo scopo di
riflettere a fondo la fisicità in atto, l’emotività dei personaggi, tutto questo mondo violento in cui tutto accade violentemente sembra
consuonare con la violenza degli sforzi in atto, ciclistici, la violenza di Dante su Sergio, le emozioni violente di Dante per arrivare
primo a ogni costo. Sembra essere un di più di una restituzione di emotività, così restituito deformato il mondo sembra lo specchio
delle passioni violente che si muovono dentro la popolazione.

Altro passo in cui c’è una presenza del trittico alla Bacon ma si può dire che agisce anche l’influenza del cinema, l’effetto è quello del
cinema, siamo dal punto di vista degli spettatori ma gli spettatori sono rappresentati mentre vedono la corsa che passa davanti a
loro. Loro vedono da davanti, dietro e di fianco il ciclista. Il punto di vista è lo stesso ma è la scena in movimento. Pagina 118 si
vede il movimento degli spettatori

Riassumendo

- Il dio di Roserio ha una forte intenzione realistica ma non si limita a imitare un’apparenza delle cose, non è Marotta, e non è
Pagliarani che non è così distorto perché sul piano degli oggetti raffigurati era piano. Intenzione realistica con intenzioni
diverse, tende a costruire le descrizioni come primi piani sui singoli oggetti, facendo sembrare la sua narrativa una serie c he
non conosce soluzione di continuità, una serie di quadri espressionistici. Un espressionismo che ha già in sé una forma di
aggressione ma con elemento di distorsione che fa sì che si tratti di espressionismo e non di realismo, ne deriva che questo
realismo agisce violentando la realtà fisica, ma questa violenza sembra essere lo specchio delle convulse emozioni che
Testori scopre nei personaggi.

Venerdì 7 maggio 2021

Giovani Testori, il dio di Roserio, 1954

Narratore debole cioè ostentatamente non intrusivo, onnisciente, focalizzazione interne sui personaggi. Questo è molto modernista.
Ampio ricorso al discorso indiretto libero dal 2° al 5° capitolo. In quest’ottica abbiamo osservato un’assenza di giudizio da parte del
narratore ma si intuisce una empatia verso i personaggi. Il narratore che tende a mettersi al loro livello, la permeabilità della lingua e
del sistema valoriale del narratore è molto grande rispetto al popolo, il discorso indiretto libero in cui cerca di esprimere un concetto
in una lingua simile alla loro lo fa con una tale semplicità che viene da pensare a una certa empatia dato che il narratore non si sente
superiore ma entra dentro il popolo per cui ha stima o ne è attratto dalle loro energie e vitalità anche tremenda.

Realismo sfigurato realtà riconoscibile ma tutto degenera in una distorsione.

Testori mette in scena con grande abilità e precisione le dinamiche della modernità industriale e consumistica ai primi arbori, 1951-
52.
Personaggi. Il dio di Roserio è ostentatamente maschile, tutti i personaggi importanti sono maschi, la donna come passiva mero
oggetto di desiderio, tale è la miss che premierà il vincitore dell’Olona, figlia del capo della giuria. Mero svago fisico è anche la
ragazza che occupa i pensieri di Ezio nel finale della corsa dell’Olona. Insulto principale rivolto a Dante quando non vuole correre è
“sei una mezza donna”. Quindi le donne o sono oggetto del desiderio o strumento di comparazione negativa. Questo mondo popolare
è capace di grandi gesti e sentimenti ma l’immagine della donna come retrograda.

Nel complesso siamo di fronte a personaggi che costituiscono una comunità sociale abbastanza coesa, abitano tutti il quartier e nord di
Milano, non navigano nell’oro, non hanno l’assillo della sopravvivenza, non è sottoproletariato, sono invece in una situazione umile,
popolo, ma stabile sul piano socioeconomico. Il signor Todeschi sembra di capire a pagina 101 sembra essere il rappresentante di
prodotti da bagno quasi piccola minima borghesia. Nella società costruita non c’è lo sprone alla sopravvivenza come invece c’ era in
Marotta, ma non è neanche l’umile ricerca di un posto dove sistemarsi, non siamo neanche vicini a Pagliarani o in Olmi. Lo sprone
all’azione è l’affermazione di sé, imporsi sugli altri una conferma c’è nel personaggio del Brianza che non ha ideologia sportiva
agonistica anche lui appare sulla scena per mostrarsi il migliore, il più bello, affascinante. Obbiettivo primeggiare non solo nello sport.

Testori ha una grande intuizione nel 1951-52 mette in scena con anticipo quel popolo che avrebbe costituito trasformandosi in una
piccola borghesia arrivista nel boom economico. Testori li intercetta quando ancora non sono quello che saranno. Vediamo un popolo
già arrivista, agonista e consumista. Ci fa dire che il popolo non è idealizzato come in Marotta, ma è un popolo pronto già a d
ascoltare il consumismo, pronto a vendersi. Non solo prendiamo le distanze da Marotta ma anche dal neorealismo. Non si tratta del
popolo del neorealismo, popolo umile, che poi prenderà il potere. Si analizzano le viscere umane fino a trovarne il torbido presente
nei singoli.

Passaggio sociologia psicologia evidente in Testori

1. Sergio Consonni ha un anno meno di Dante, 17 o 18 anni, ciclista talentuosa, cavallo pazzo, viene redarguito prima che
cadesse in discesa. Non si può affermare che volesse mettere in difficoltà Dante, sembra innocente. Ci ricorda però il titolo
del modulo 3 “farcela nel mondo ad ogni costo”. Sergio con la sua estrosità e ingenuità non ce l’avrebbe fatta nel mondo, il
suo talento non tiene conto della minaccia rappresentata dall’altro, Sergio è troppo onesto, giocherellone e ingenuo. Quindi
farcela nel mondo ad ogni costo forse no, bisogna essere disposti a tutto come Dante
2. Signor Todeschi presidente della società ciclistica, uomo autorevole, appassionato e affettuoso tutto sommato verso i suoi
campioncini. La sua società ciclistica sembra sostituire l’oratorio come luogo di formazione dei giovani e luogo di ritrovo d ei
giovani del popolo. Questa società fa da incontro per i giovani in una situazione extrascolastica. Testori diventerà un
fervente cattolico ma solo dopo. Egli si comporta come un padre affettuoso questo però solo in apparenza, a ben
guardare, è vero che sembra positivo, ma non sembra voler intendere fino in fondo i suoi ragazzi ma li considera nei termini
in cui possano rendere visibile la sua società alle corse. I valori che lo muovono sembrano essere non tanto i valori della
solidarietà ma di arrivismo.
3. Dante 18-19enne emblema della volontà di affermarsi nel mondo, farcela nel mondo è la religione di vita, con il Todeschi
va d’accordo. Emblematico dell’epoca in cui vive non accetta la sua condizione bassa ma cerca un riscatto economico
attraverso un nuovo strumento che la nuova società del consumismo e dell’intrattenimento di massa offriva: si poteva fare
soldi essendo ciclista professionista. Dante sogna di essere ricco e stimato. Lui è la persona giusta nel momento giusto. A
pagina 106 parlando fra sé e sé “continuare a qualunque costo”. Dante vuole togliersi di dosso quella puzza di benzina
che gli pesa. Il dio di Roserio è un romanzo di formazione a lieto fine, Dante sembra avere tutte le carte per farcela
essendo disposto ad ogni costo. A differenza di quanto succede nella critica testoriana, non è sul piano sociologico che cade
il cuore di quanto Testori fa. Non è sulla società ma sul rovello individuale e emotivo su cui si giocano le sorti del romanzo.
Dante non vuole solo uscire dalla miseria con lo sport ma è riduttiva, a forza di scavare nelle viscere trova l’essere umano
occidentale, dinamiche di fondo di un uomo occidentale qualsiasi. La volontà di affermarsi di Dante è come il cavaliere
medievale che vuole la fama eterna, non è solo una questione socioeconomica, non si può essere spinti così follemente. Si
trova l’antropologia una conformazione profonda dell’essere umano cresciuto nel mondo occidentale.

Questa smania ha un prezzo, Dante è carnefice di Sergio ma anche di sé stesso, il delitto diventa quasi un incubo, un ricordo
persecutori. Nel 5° capitolo per vincere non deve superare i personaggi, ma è un incubo con il senso di persecuzione dell’immagine di
Sergio. Dante sacrifica una parte di sé // la ragazza Carla che sacrifica una parte di sé per il mondo del 1946-47. Il 5° capitolo è a
doppio volto: trionfo della gara e trionfo del senso di colpa. È una cronaca del rovello emotivo di Dante. Dante non ha paura di
essere scoperto ma la lotta è contro il senso di colpa. A pagina 120 lo chiama nausea il senso di colpa (Sartre, Nausea del 1938,
romanzo filosofico). Pagina 121, Dante attraverso la voce del narratore sa che avrà il senso di colpa. Dante anche a distanza di
giorni se lo ricorda.

La soluzione che trova qual è? Se avesse mollato e se avesse deciso di farsi vincere dal senso di colpa, lui si dice che il crimine
commesso non avrebbe senso. Se insisto quasi mi autoconvinto che aveva senso per farmi vincere. Con estrema ratio Dante trasforma il
senso di colpa come esaltazione di sé e odio verso Sergio, passa infatti tutta la gara a pensare di schiacciare Sergio. La voglia di
affermarsi è preponderante. Cerca di superare il raccapriccio del ricordo esasperando ulteriormente l’arroganza del suo cinismo e
arrivismo. A pagina 139 Dante con un gesto da non sottovalutare trasforma un ipotetico nichilismo in un ulteriore carburante per
realizzare i suoi sogni, vede la testa del Consonni e ha lo stimolo di accelerare. Scendiamo quindi nell’ambito dell’antropologia uomo
solo si confronto con il suo senso di colpo. Non è solo un umile popolano che vuole aumentare il suo capitale ma siamo di fronte al
rovello interiore del singolo essere umano, di un giovane essere umano in preda alle sue feroci ambizioni. È vero che le ambizioni sono
anche quelle della società milanese, ma sono quelle di Dante

A che cosa è teso il realismo sfigurato? Una realtà se va a scavare così a fondo nel torbido dell’umanità non può non sfigura rsi. Lo
sfiguramento del torbido è dentro ognuno di noi. Lo sfiguramento del fuori proietta ciò che succede dentro.
La poetica di Testori, poetica intesa come ideologia declinata nel proprio fare artistico, i principi sulla base dei quali agisce
artisticamente, letterario in questo caso

Verbalizzare il grumo dell’esistenza vuol dire non fare sociologia ma antropologia, Dante non è solo un umile popolano milanese ma
un uomo in preda a feroci ambizioni e deve gestire quello che ha fatto. Il ganglio è il centro dell’intersezione del suo viscere, far sì che
la carne si faccia verbo (linguaggio cristiano). A forza di scavare nel fondo dell’essere umano si passa dalla sociologia
all’antropologia fino ad utilizzare il lessico religioso. L’obbiettivo non è quello di raffigurare un pezzo della società milanese ma
verificare le inesplicabili ragioni di violenza, passione e di bestemmia dell’esistenza.

Pagina 139-140 (la Vigor aveva la maglia gialla). Descrive la pedalata furiosa di Dante. Emerge enfasi drammatica e pathos,
sentimento, che fa venire in mente i grandi poemi epici, si tratta di una battaglia con la propria interiorità. In quali opere il rovello di
un personaggio è fondamentale? Delitto e castigo, le tragedie di Shakespeare in cui personaggio solo che si trova in un bivio, gesto
etico o non etico, dilemma affrontato con solliloquio tra senso di colpa, ambizione e vendetta.

A spinger verso la tragedia è Testori stesso nella 2° citazione. Il suo obbiettivo è andare a riscoprire un popolo che investe meno etica
ma più tragica (≠ Marotta tutto idealizzato). Testori conosceva bene questo popolo, era omosessuale, amava i giovani del popolo e
ne rimane affascinato tanto che li trasforma in personaggi tragici, non li guarda da lontano, non è detto che sia una rappresentazione
realistica ma non ci interessa. Testori voleva riscoprire i grandi bivi tragici, vendetta, sensi di colpa e mostrare il popolo come
potatore di essi a differenza delle tragedie in cui i personaggi sono nobili. Il popolo diventa un esercito.

Prime due righe contro Gramsci Gramsci voleva educare il popolo e l’educatore cala sempre dall’alto, paternalisticamente, e da
correggerlo. Quello che fa Testori è prendere il popolo senza giudicarlo, non pensa che il popolo vada educato.

Il popolo è sempre strato guardato come da pedagogizzare e da redimere. Nei romanzi realisti si dà la colpa alla borghesia. È
precisamente quello che succede nel dio di Roserio non trattare il popolo come una classe inconsapevole e giustificata in ogni sua
azione ma abbiamo qua il popolo guardiamo cosa c’è dentro. Al popolo va attribuito sul piano emotivo ed etico una libertà dato che
è composto da persone.

Linguaggio del dio di Roserio

Abbiamo visto che il narratore esterno scivola nella mente nel linguaggio del personaggio con la tecnica del discorso indiretto libero,
un discorso in 3° persona nella quale scivolano direttamente le parole di cui si parla. plurilinguismo abbiamo un narratore esterno,
lingua ricercata, standard, ma nel momento in cui dà indirettamente la parola ai personaggi avremo la lingua dei personaggi. Sul
piano narratologico abbiamo due mondi linguistici che si fondono. Italiano standard quello del narratore con punte ricercate, momenti
di aulicità. Abbiamo il discorso diretto e indiretti liberi nel quale interviene la lingua orale, mentale o effettivamente parlata, parlato
pensato o parlato effettivo. Lingua dei personaggi è una lingua colloquiale, italiano popolare colloquiale, italiano regionale
lombardo o dialetto milanese arioso (della campagna sono zone rurali)

Cosa ne emerge?

Ci sono tutti gli ingredienti tipici della lingua del dio di Roserio

senza sottolineature è l’italiano standard, la base del testo. In effetti qua è maggioritario sul piano continuativo ma ci so no
direzioni auliche, narratore, o popolare se parlano i personaggi

di lato al tavolo e fatti su. Tutte le formule composte da un verbo molto generico con una preposizione è tipico dell’italiano
popolare, in italiano standard si sarebbe detto avvolti non fatti su, è connatato sul piano culturale del personaggio, è la prospettiva
di un parlante popolare del nord Italia, connotato anche in direzione regionale lombardo.

discorso diretto: mix di dialetto e di italiano che si andava affermare allora. Il testo dà gusto perché dentro al linguaggio piano ci
sono molte ricercatezze. Innestati elementi dialettali, popolari e ricercati. Definire macchia è una fuga metaforica, non curanza
sfuggente parole ricercate. + finale del passo

lunedì 10 maggio 2021

Umberto Simonetta, Tirar mattina, 1963

Titolo del corso “com’è grande la città, com’è bella la città”, 1969 Gaber primi due versi del ritornello. Canzone, scritta e non solo
cantata da Gaber, sciocca. Legato sul piano delle canzoni con Simonetta. In prima istanza, al di là della sua apparente superficialità,
si capisce che siamo dentro ai discorsi fatti in precedenza, esaltazione del mito milanese produttivo della città più ricca e forte di
Italia. Siamo nei paraggi di Carla, Domenico, Marotta e il corso Buenos Aires. Sia il modo in cui Gaber carica tutti i toni come un
attore in una maniera che alla fine risulta essere poco credibile, quasi ridicola, scelta musicale che enfatizza il ritornello che crea e
riproduce il vortice milanese che mentre dice che è fantastico sembra quasi riprodurre la nevrosi. La figura della ripetizione
enfatizzata dalla musica finisce per dire il contrario di quello che apparentemente sembra. Si gioca tutto sul doppio volto della
società milanese.

Simonetta nasce 4 aprile 1926 e la morte 1998, siamo dentro le generazioni di cui ci siamo occupati, Pagliarani, Testori e Ma rotta.
Definito come milanese cosmopolita, per tutta la sua vita vive a Milano, ma la sua infanzia un po’ girovaga perché seguiva il padre
che faceva il rappresentante di commercio in Italia e all’estero. A un certo punto della sua vita si ritrova in un collegio in Svizzera in un
cantone germanofono di Zurigo dove impara lo svizzero tedesco senza grande gioia. Ci sono testimonianze tarde in cui ci sono degl i
aneddoti non troppo piacevoli. Nel complesso sarà milanesissimo ma anche cosmopolita. Tra gli scrittori secondo novecenteschi rientra
nel club di quelli ingiustamente trascurati forse perché definito come professionista dell’intrattenimento, in effetti ha partecipato del
fenomeno che abbiamo visto in Marotta e in Pagliarani, fenomeno per cui l’intellettuale doveva trovarsi un lavoro connesso con le sue
specializzazioni, abilità per mantenersi e parallelamente doveva coltivare la sua ispirazione letteraria, non c’è più lo scrittore molto
ricco che si dedica alla scrittura per hobby e non c’è più il mecenate. Non lo abbiamo visto in Testori perché poteva vivere di rendita
grazie all’impresa tessile dei suoi. Simonetta faceva parte di quegli scrittori che avevano bisogno di guadagnarsi da vivere scrivendo,
lo fa anche lui scrivendo sui giornali, collaborando con l’editoria ma lui si spinge un po’ più avanti ha scritto testi di canzoni leggere,
canzonette scrive per programmi radio, per programmi televisi, sitcom (in onda su Canale 5 alla fine della vita), scrive per teatro di
rivista, un teatro molto leggero, scrive per il cabaret. Tutto ciò non gli ha creato una fama positiva nel mondo letterario. Lui stesso
afferma “dato che scrivevo brillante, leggero, il mondo dei letterati mi ha degnato di un’occhiata e di un’alzata di spalle”, questo
sarà il suo grande rimorso, non essere stato accolto e valorizzato da parte della critica letteraria. (// Marotta).

Esempio concreto di intrattenimento leggero, canzoni che scrive per Gaber 1958-68, Gaber poi avrà come pubblico la borghesia
colta quindi come cantautore. La prima produzione con il sodalizio di Gaber è molto leggero il linguaggio. Milano dei bar.

la ballata del Cerutti

il Riccardo
La voce è simile a quella del protagonista del romanzo. La narrativa, la scrittura narrativa è stata l’attività in cui ha posto le sue
ambizioni artistiche, si dedica nella fase decisiva della sua vita tra la fine degli anni ’50 e la metà egli anni’70. Dal 1978 direttore
del teatro Gerolamo per cinque anni, scrive delle pièce teatrali, drammaturgie e si dedica di meno alla narrativa. Ma tra 1961 e
1976 pubblica 6 romanzi e 3 raccolte di racconti che vanno oltre alla data limite che sono del ’66, ’93 e ’88. Sono gli anni decisivi tra
i 25 e i 50 in cui si decide su cosa investire, si scrive di romanzi. scrive due blocchi di tre romanzi, un primo tra il 61 e il 67, che sono
quelli a cui appartiene Tirar Mattina del ’63, Lo sbarbato del ’61 e il giovane normale del ’67. Poi c’è il secondo blocco tra il ’72 e
’76 composto da tre romanzi.

Il primo blocco è composto da tre romanzi ambientati a Milano, sono 3 personaggi in formazione. Sono personaggi che si
assomigliano (cfr. seconda canzone che si oscilla tra malinconia e noia) in bilico tra disordine esistenziale e intermittente desiderio di
ordine (da una parte c’è una vita che non ha ordine ma costantemente ci sono dei desideri di mettersi in carreggiata). Simone tta ha
scritto anche tanto concentrato in relativamente poco tempo ed è sempre stato mal giudicato, coltivava infatti la malinconia di chi si è
sentito sempre sottovaluto. L’unico romanzo che ha avuto un qualche successo sia nella critica che nel pubblico è Tirar matti na, ma
neanche quello ha svoltato la sua carriera.

Riassunto di quello che succede, il plot non è così serrato e romanzesco. Non succedono tantissime cose o almeno si assomigli ano, tutto
quanto si risolve in una notte, in poche ore. Il romanzo inizia alle 2 di notte e finisce alle 7 e 15 del mattino. In queste ore notturne il
protagonista Aldo, chiamato dagli altri e da sé stesso Adino, gira tra la città nei bar in auto aspettando che arrivi la mattina, di qui il
titolo tirar mattina, vive la notte in attesa che la mattina arriva. È una notte che trascorre come tutte le altre, beve grappa e gioca a
carte, il giorno successivo però a 30 anni suonati dovrebbe iniziare a lavorare in autorimessa, in un garage con qualche optional.
Finalmente questo lavoro umile gli permette di non vivere più con quegli espedienti più o meno legali, come aveva fatto negli ultimi
15 anni. Aldino esce di case nel 1945 quando aveva 18 anni, ora ne ha 33 , e in questi anni fuori caso vive facendo il ricettatore di
elettrodomestica (prendeva uno stock di elettrodomestici rubati per poi rivenderli). Tecnicamente si chiamava cok quello che faceva il
suo lavoro. Aldino però ha fatto anche il magnaccia cioè gestiva piccolissimi giri di prostituzione, faceva innamorare di sé una giovane
e inesperta ragazza, la convinceva a prostituirsi sotto la sua protezione e poi prendeva lui il guadagno. Ha fatto il mantenuto
sostanzialmente. Narrazione ambientata nel 1960, ma il tempo zero della narrazione il 1960, è inframezzato da analessi, flashback
che riportano al 1945, momento chiave della storia italiana ma anche della giovinezza di Aldino che voleva dire uscita di casa dai
genitori con cui non ha un buon rapporto. Finale inevitabile decisione dell’inconscio di non smettere a fare quello che stava facendo
(// canzone di Riccardo in cui nel ritornello si dice che schifo questa vita che noia non voglio più farla). Aldino sente e prova queste
parole ma non riesce a staccarsi da questa vita. Tutta la notte, vissuta come fosse l’ultima, descritta è una specie di carambolare giù
lungo una valle per finire di nuovo dov’era prima. Si presenta alle 7:15 al lavoro in ritardo di 15’, ubriaco e non viene neanche
assunto.

Topografia. Siamo a Milano e a ≠ di Testori ci porta in giro per Milano, per il centro, Aldino vive a porta Genova, zona Navigli, ai
tempi zona malfamata. L’autorimessa sta in via porpora a due passi da Loreto. Il Duardin, uno dei suoi bar preferiti, sta in piazzale
Dateo, poi via dante, Cordusio. È la Milano del centro ma di notte e perciò lontana dalla realtà operosa della mattina. Siamo davanti
alla Milano dei trani (nome con cui venivano chiamati i bar di Milano, quelli di quartiere. Riferimento alla Puglia. C’era un’insegna che
portava quel nome, una parte dei vini che venivano consumati a Milano provenivano dalla Puglia. Veniva importato un vino molto
forte non di alta qualità di nome e con quel vino si tagliava, si mescolava con quello di Milano.). Non viene messa in scena la
normalità della milanesità ufficiale diurna, c’è un popolo notturno emarginato. A differenza di Testori in cui viene descritto un
panorama maschile, qui invece, nella notte milanese, c’è posto per tutti. Abbiamo personaggi come il Pinun che in realtà è una donna,
lesbica, compagna più giovane Irene. Piero Mamma giovane omosessuale in cerca di ragazzi da sedurre. Tutto questo ricordato nei
flashback del ’45. La mamma di Piero Mamma è una ninfomane sempre in cerca di ragazzi. Qui al contrario del maschilismo di Testori
qui gli omosessuali sono normali.

Il primo bar che visita è un bar qualsiasi chiamato il Giannuzzi che sta aperto tutta la notte. Va a La Messico, andrà alla Storia che un
night e al Duardin che è un posto nel quale fra le 5.30 e le 6.30, fino alle 7 del mattino, Aldino beve grappe e vino e va a cenare e
fare colazione (bistecca con contorno di verdure).

Sappiamo anche che era in giro a bere da prima delle due di notte, nei suoi discorsi Aldino dice sempre dove sta andando, dove si
trova e come ci arriva si apre una vera propria topografia in movimento.

1960 perché a pagina 102 si legge “9 anni fa”, Aldino dichiara di avere 33 anni nel tempo zero della narrazione , pagina 34, e di
averne avuti 18 nel 1945 lo dice a pagina 52. Aldino è del 1927 A un certo punto viene citata una canzone di Mina che si intitola
“come una sinfonia” scritta però nel gennaio del 1961 e sarebbe presentata al festival dell’anno, quindi la datazione deve essere
oltre il 1961 la data di scrittura, ma sembra una svista.

Il testo è ambientato tra il marzo e l’aprile del 1960 perché da otto mesi Aldino ha una fidanzata di nome Lina, incontrata in una
domenica mattina in Porta Vittoria, l’estate precedente quindi verso luglio e agosto. Aldino che è sempre molto vigile sul proprio
aspetto fisico rimpiange l’abbronzatura dell’estate precedente, poi abbiamo sappiamo che è una notte piovosa ma non invernale.
Pare poi significativo che ci si trovi vicino alla Pasqua, che in quell’anno era il 17 aprile, e che Aldino abbia 33 anni e che con questo
romanzo perde l’ultima possibilità di vivere normalmente sembra quasi una Pasqua senza resurrezione.

Aldino diminutivo di Aldo è significativo alla luce della parabola della sua vita che sta cercando di uscire dalla sua gioventù, ma gli
resta attaccato questo diminuivo legato alla sua condizione psico-emotiva.
Tutto quanto il romanzo è giocato su un narratore interno protagonista, simile al primo capitolo di Testori . Abbiamo un narratore in
preda ai suoi pensieri, Simonetta riesce a tenere insieme un flusso di coscienza fatto da monologhi interiori di un emarginato
qualunque e cinico. Aldino non cessa mai di rimuginare tra sé e sé sia al presente che al passato. Siamo difronte a una doppia
processione: una processione urbano-baristica, del tutto laica, e una processione nei suoi pensieri. C’è una perfetta corrispondenza tra
il girovagare in auto e il girovagare e fluire dei suoi pensieri. Sia questo girovagare die pensieri che dell’automobile sono due
strategie infruttuose con cui cerca di rispondere alla insoddisfazione che lui prove dentro di sé a proposito della vita che vive, si
sottrae a e sè stesso e alla vita reale. Con l’auto e i bar placa l’insoddisfazione momentanea, contingente, scontento di un locale va in
altro, ma di fatto non ha patria, non sta bene in nessun luogo però questo movimento non glielo fa pensare. Allo stesso tempo la
grande massa di parole con cui intrattiene sé stesso è lo strumento con cui si costruisce una sua immagine consolatoria ma fasulla . Auto
e bar, quindi, sono la processione urbano baristica e la processione parolaia sono due nascondigli con i quali Aldino cerca di vincere
la sua noia, come si dice nella canzone, e evita di confrontarsi con l’età adulta.

Aldino come agente sociale in chiave sociologica. Aldino ha vissuto la guerra da adolescente ne esce dalla guerra nel 45. Troviamo
traccia dell’uscita dalla guerra in un lungo flashback che ci riporta ad un lungo pranzo con i suoi amici del tempo. Siamo all’osteria del
Pinun, 38-47 pagina, si tiene il primo maggio ’45. Aldino coltiva qualche ambizione di ricrescita personale, anni della ricostruzione,
c’era un grande ottimismo. A pagina 37 si legge ciò. Aldino vive il decennio decisivo dei propri vent’anni nel corso della ricostruzione
e arriva a 30 anni al miracolo economico. Si trova nel posto giusto al momento giusto in cui si cerca il proprio posto del mondo. Suo
padre operaio e mamma casalinga. incarna il popolare che cerca di diventare piccolo borghese. Aldino ci racconta una storia
diversa. Aldino a differenza di Carla resta avvinghiato alla Milano che era in via di estinzione. Gli passa davanti il carro del lavoro
ma non ci salta. Il suo non è un rifiuto ideologico sociale, per salvaguardare la tradizione in confronto all’alienante realtà. Non si
piega alla modernizzazione come Carla. Il rifiuto di Aldino ha a che fare con il suo inconscio non le sue idee, la sua visione del mondo.

Pagina 56 prediche che fa tra sé e sé, si prende contro la costruzione della metropolitana che si generalizzano all’operosità
milanese. Altre volte tirate contro la gente che si alza presto per lavorare e li odia forse perché gli ricordano come dovrebbe vivere.
Ci sono anche delle tirate contro gli immigrati del sud. Dal punto di vista sessuale è molto progressista ma sul piano del rapporto con i
migranti Aldino è ferocemente razzista, sentendosi minacciato da essi. Da guardare la punteggiatura. Simonetta intercetta il fatto che
Milano si distrugge e si costruisce sempre, facendo perdere una identità urbanistica e culturale.

Aldino maledice la modernità ma come in Testori non c’è nessuna nostalgia verso il passato. Non c’è nessun tentativo di difendere il
vecchio mondo popolare che era ancora presente nei bar notturni. Alla fine dell’800 e agli inizi del ‘900 Milano aveva la fama di
essere un luogo abitato da goderecci, che sapevamo mangiare bene e vivere la vita. Questa Milano definita quasi come
sottoproletariato c’era ma era destinata ad estinguersi. C’era anche questa identità. Queste persone sono dei relitti senza successori.
Aldino di questo mondo che muore nel suo cinismo non gliene frega niente. Quando gli viene detto che il duardin in piazzale Dateo
avrebbe chiuso e sarebbero stati sostituiti dalla catena dolciaria di nome Motta. (emblema della modernità che avanza
incarnazione crescita economica). Aldino a pagina 185 risponde facendo trasparire che non gli interessasse nulla. Aldino non difende
questa Milano popolare anche perché tutti gli altri personaggi intorno a lui non sono in nessun modo descritti in termini idealizzanti.
Quello che emerge è la visione inattendibile di Aldino, se la racconta da morire. Intorno a lui vede solo gente che schifa e odia. Siamo
di fronte alla gentifricazione trasformazione di una zona della città malfamata per una città ambita dalla borghesia. Si respira una
forte competitività, non si respira nessuno spirito di solidarietà, è una specie di giungla

Stendhal quando vede Milano nei primi anni del ‘900 tutti parlavano dialetto, va letta anche in maniera antifras tica. Nel testo
troviamo il dialetto ma non sincerità e gentilezza e solidarietà.
Un altro elemento che ci fa dire che Aldino non è nostalgico è il fatto che gli piace la ricchezza e il suo desiderio è essere ricco. (si
legga l’ultima riga del romanzo). Aldino è un rappresentante del popolo milanese che va sparendo a causa della modernizzazione,
ma non prova nessuna intenzione di difesa verso un mondo destinato a finire.

Martedì 11 maggio 2021

Aldino è inattendibile e lui stesso vive dentro una sorta di narrazione autodifensiva. Narratore interno omodiegetico, cioè appartiene
alla diegesi, alla narrazione snocciolo uno sterminato dialogo interiore (// Consonni).

Plot piuttosto scarno ma modernisticamente massa di pensieri che si mescolano e si sovrappongono, si muovono nel tempo zero d ella
narrazione marzo o aprile 1960 e nel passato nel ’45 quando Aldino ha 18 anni

Dove? Centro, semicentro, negli anni 45 si parla anche del Naviglio Pavese, nell’osteria del Pin dove compra Giannetta. Girovagare
in auto corrisponde al girovagare dei pensieri. Simonetta forse senza rendersene conto mette in scena un dromomane, uno che ha la
sindrome del movimento, sia sul lato fisico che sul lato mentale, non la smette di pensare. È il modo di sottrarsi alla propria realtà, uno
che rimbalza non avendo costruito nulla di fisso. Con le parole si costruisce una immagine grandiosa e consolatoria di sé.

Quando? Marzo aprile 1960 con contraddizione della canzone. A un certo punto si dice che Aldino ha compiuto gli anni 10 giorni
prima del tempo della narrazione, Simonetta nasce il 14 marzo, quindi ha messo qualcosa di sé anche se era un lavoratore.

Abbiamo parlato di Aldino come agente sociale, tipo sociologico, ed è l’uomo giusto nel posto giusto. È il solito proletario pronto a
fare il salto sociale, ma la riposta è contraria. Gli altri mettono tutti sé stessi lui invece rifiuta la modernità, odia i r egolari, quelli che
costruiscono la modernità milanese ma adora la ricchezza.

Rapporto di Aldino e realtà, non solo non sta conducendo una lotta con il neocapitalismo lombardo milanese, lui vuole quella
ricchezza, non è il campione della resistenza con la Milano che sta morendo e quella nuova, non gli interessa è un cinico, qualunquista.

In Aldino è notevole l’insofferenza per la sua vita, è la prova che dal mondo sottoproletariato da cui viene vuole lasciarlo.
Dichiarazione di una delle volte in cui dichiara di essere stufo. Pagina 11 in cui si lamenta della precarietà economica da quando è
uscito di casa 18-33 (50 mila lire). Oppure anche pagina 12, 23, 54, 60, 188, 205

Pagina 24 in alto in cui descrive l’ingresso al bar e chi è dentro. Boletari sono quelli che non hanno soldi. Sbianchire fare e avere
paura.

Aldino dal punto di vista esistenziale è sotto scacco per via del modo in cui sta al mondo, non è colpa del boom economico, della città
che sta in costruzione, è il suo modus sentiandi e pensiendi a condannarlo. Aldino si trova a un punto di rottura perché il fermento della
Milano del boom e il fatto che sia un adulto porta a un livello più chiaro i dubbi sulla sua vita. Tema dell’entrare nel mondo, rompere
membrana tra adolescenza e età adulta, in maniera autonoma.

Il problema di Aldino è il non si mette in gioco, sempre guardingo, fa di tutto per non mostrare qual è il suo effettivo valore, l’ozi o
alcolico notturno è un antidoto contro l’ansia che suscita in lui l’entrare nel mondo del fare, il negotium. Si anestetizza con il suo
vagare, pensieri e alcol

Il suo curriculum è costellato di esitazioni e di opportunità scansate, non fa differenza che le occasioni lasciate cadere siano
nell’ambito della piccola criminalità nella quale si è mosso oppure lasciate cadere nel mondo non criminale. Giova vedere cos a dice
Aldino dei suoi amici, lunga analessi con amici, il Kimi, e il Pomona. Essi sono suoi coetanei, 18 anni, ma prendono strade opposte. Il
Kimi fa carriera nell’ambito dello spettacolo fa il ballerino mentre l’altro cerca di farlo nella criminalità. Aldino resta fermo non
prende nessuna strada. Il Kimi riesca ad approdare a Hollywood. Pagina 100 vicenda del Kimi vista da Aldino (mine oppure
ragazze) racconta la vicenda con invidia e la sua immobilità. Emerge anche la visione del mondo di Aldino definita da lui stessa
pessimistica. Da una parte prova invidia verso chi ce la fa e dall’altra teorizza il suo atteggiamento rinunciatario e invidioso come una
specie di pessimismo, è sfortunato cosa ci può fare? Sta fermo perché sa che le cose andrebbero comunque male. Siamo dentro a
un’auto narrazione che si giustifica da sé. Vive tra convinzioni astratte e ripensamenti, perché un desiderio ce l’ha. A pagina 100 in
alto, voleva fare il commesso. La sua attuale fidanzata, Lina, ha una pasticceria nella zona della stazione centrale e non ci pensa
neanche Aldino a fare il commesso, non lo prende neanche in considerazione. A pagina 19 in alto ha l’occasione ma si tira indietro,
tutto sembra troppo poco per lui. Aldino sfugge alle situazioni e alle responsabilità, tutto è troppo difficile da raggiungere. Non sa
fare altro che attribuire alla malasorte ogni sfortunato avvenimento e attribuire alla buona sorte ogni successo al trui.

Nel settore dell’illegalità potrebbe prendere esempio dall’altro suo amico che ha scovato in gioventù gli espedienti illegali. Ma Aldino
deve fare un salto di maturità ma si tira indietro e giustifica la sua inazione perché gli sembra che non ne valga la pena. A pagina 57
parlando a sé stesso. Si racconta che anche la carriera nell’ambito della criminalità ormai è impossibile però ammette che esisterebbe
la possibilità, non c’è spazio per i dilettanti, di fronte alla possibilità di rischiare rinuncia, si tira indietro. A pagina 59 in basso rifiuta
la criminalità perché bisognerebbe avere coraggio. Il coraggio invece di tentare la sorte negli affari della malavita ce l’ha avuto il
Pomona a cui però va male, viene arrestato. Lo stesso Aldino a pagina 101 diagnosi di sé impietosa e corretta, il suo motto è
rinunciare. Il giro di pensiero è lo stesso, il commento è lo stesso per entrambe le situazioni “a me sarebbe andata peggio”.
In fin dei conti Aldino chiama pessimismo un’altra cosa, traveste, ideologizza il pessimismo qualcosa che in realtà è paura, lui lo
chiama realismo pessimismo. A pagina 118 teorizza questo pessimismo ma in realtà ha solo paura. Il suo timore è lo stesso di Carla, il
salto dalla giovinezza alla maturità. In questo senso è emblematico il suo diminutivo, un bell’imbusto di 33 anni che viene chiamato da
tutti e si chiama lui stesso Aldino, a pagina 107 “è che tu hai la mania di vivere come se c’avessi 20 anni”, non accetta l’ingresso
nell’età adulta. La scusa è questo pessimismo ma la colpa è anche l’umiltà delle sue origini famigliari così si legge a pagina 118. La
fortuna degli altri si spiega con la buona sorte, non è mai merito degli altri se le cose vanno bene. Attribuire i successi alla fortuna
serve a autogiudicare sé stesso. Ci sono un paio di occasioni in cui Aldino si giustifica utilizzando come argomento quello dell’umil tà
delle sue origini famigliari, dice che non ha ricevuto “quei benefici elargiti ai figli da altri padri” che gli avrebbero consentito senza
faticare l’ottenimento di quella posizione di privilegio. Durante la nottata gli viene in mente di aver incontrato n un’altra nottata un
giovane imprenditore ad un bar della stazione centrale, pagina 147-148. Si capisce la sfiducia verso gli altri, il suo sminuire perché
le persone che sminuiscono cercano di difendere il loro poco valore, si vede anche tutti gli argomenti che Aldino racconta a sé stesso
per giustificare il fatto che una persona riesce nella vita e lui no. Gli altri sono sempre fortunati ma non hanno meriti. Aldino è
spaventato a far da commesso e dice all’altro di non preoccuparsi per l’inquisizione della finanza. Aldino è talmente inattendibile che
le sue affermazioni sono antifrastiche. La tecnica di sminuire gli altri, impegni e fatiche.

Questa dinamica ce l’ha anche con un altro personaggio di nome Giulio, marito della sorella di Aldino, Fulvia, unica tra i personaggi a
non essere maltrattata da Aldino, è l’unica che si merita ciò che ha ottenuto. La ragazza a 17 anni è rimasta incinta e si sono sposati in
fretta e furia. Aldino a pagina 126 ammette che devono avere passato un brutto periodo. Aldino può contare solo su se stesso a
pagina 138 si legge ma si esalta perché sa ritirarsi a tempo. Alle caratteristiche di Aldino va aggiunto il vittimismo. Un’altra delle
accuse è che gli altri sono degli imbroglioni, a pagina 130 quando incontra una Giaguar, lui non sa imbrogliare, sono tutti più furbi di
lui, lui è onesto.

Aldino non è scontento di sé, è scontento delle ingiustizie che a suo dire popolano la realtà e che fanno sì che lui per non patire resti
immobile in attesa del colpo di fortuna che lo faccia diventare ricco. A partire da queste frustrazioni Aldino si sente autorizzato a
usare ogni forma di egoismo, meschinità e individualismo. Egli è una vittima sfortunata ma un individualista meschino nei rapporti con
gli altri. Un esempio si ha quando dopo aver rifiutato due passaggi in auto da due persone che glielo chiedono, uno di queste è il
terroncino, che gli chiede un passaggio perché piove ed è senza ombrello e giacca, poi a un conoscente. Pagina 15, 23, 24 se ne esce
con un cinico rimpianto, la spietata ipocrisia sta nel fatto che non è ironico, è talmente cieco di sé stesso.

Il radicale senso di individualismo in Aldino è anche dovuto al fatto che si sente perseguitato, non si sente solo vittima, ma perseguita to
dagli altri, vive in un inferno e tutti sono nemici. A pagina 25 pensa che il terroncino ora gli sia nemico. Aldino quando è il carnefice,
pagina 15, riesce sempre a mettersi nel ruolo della vittima.

Odio che governa il suo animo fa sì che si lanci in tremende accuse contro gli immigrati, considerazioni iperboliche e anacro nistiche,
pagina 125 in cui se la prende con gli immigrati del sud. Siamo al limite della follia, ha talmente paura e odio verso tutti che è mosso
da paura che sembra essere potenziale violenza non si fida di nessuno e spregia tutto quanto.

Non è un caso che l’incipit sia quella. È una affermazione che è capace a dare il la a tutto ciò che Aldino pensa del mondo e degli
altri, fortunati, bugiardi, nemici. Aldino nella sua follia avanza dubbi sull’effettiva morta della fidanzata Lina che vive con nonna e
mamma, pagina 17, pensa che Lina abbia mentito sul padre che non è che è morto ma invece di morire è scappato. Gli altri quindi
sono bugiardi. Ma è Aldino stesso che mente, pagina 17. Vive talmente questa condizione di minaccia che persino l’amore onesto e
genuino è una minaccia, un mezzo per incastrarlo per portarlo all’altare e quindi sistemarsi, così si legge a pagina 65. Aldino non ha
intenzione di sposarla.

Aldino è anche un delatore, denuncia alla polizia persone a lui molto vicine per cercare di ricavare qualche guadagno per lui stesso.
Anni prima denuncia alla polizia la prostituta con cui aveva stabilito una relazione sentimentale e professionale. Lui la denuncia
dicendo che faceva la prostituta con l’obbiettivo di non restituirle le 5° mila lire che lei gli aveva prestato per prendere la sua auto.
Pagina 116 e 26 denuncia l’amico per salvarsi

Soddisfatto anche quando vede il suo amico, Piero mamma, non dare la mancia a un parcheggiatore di un locale dove si trovavano,
pagina 104. Quando però rimugina sul lavoro che pensa di fare ma che poi non fa pensa proprio alle mance. Lo si legge a pagina
10.

Ce l’ha con i perdigiorno come lui che condanna in quanto perdigiorno, pagina 53. E contro quelli che conducono una vita normale,
pagina 54. Se la prende con l’intera specie umana. Questa guerra contro tutto e tutti arriva quasi all’ossessione, mentre era in Duomo
in una via si accorge che un’auto del tutto identica alla sua è ferma nel medesimo parcheggio da mesi 117-118. La curiosità in Aldino
è fomentata da un possibile guadagno. Si torva di fronte a un’azione da compiere ma parte il ragionamento di persecuzione e inizia
elencare tutti i motivi per cui potrebbe essere lì. Aldino soffre anche una mania di persecuzione.

Aldino vive in perpetuo allarme, per lui la realtà e la società è un inferno, popolato da persone più fortunate, nemici, è insofferente
nel mondo e ne percepisce l’assedio. È convinto di essere solo contro tutti.

Pagina 145 in cui parla con i suoi genitori con i quali ha un pessimo rapporto in cui emerge la sua visione pessimistica.

Venerdì 14 maggio 2021


Il senso di grandiosità di Aldino a pagina 29-30 ripartendo dall’incontro che fa con i 5 sbarbati, giovami ragazzi che si ritrova seduti
nello stesso bar in cui lui era. Aldino denigra gli altri ma anche esaltazione di sé stesso. (ma io alla loro età me li mangiavo tutti).
È vero che Aldino tende. Preferire la panchina al campo da gioco ma è caratterizzato anche da una altissima considerazione di sé
stesso. In effetti il mantenimento della bellezza esteriore è una vera e propria ossessione. Pagina 36 sui suoi denti. A pagina 11 si
dice che è un grande intenditore di motori e regge l’alcol benissimo pagina 105. A detta sua ha fatto innamorare di sé sia donne che
uomini. Pagina 66 in cui si parla delle ragazzine e anche Piero Mamma con cui ha un dialogo molto veritiero pagina 106. Aldino
proietta la sua grandiosità anche sul presente arrivando a figurarsi che non solo la sua attuale ragazza, ma anche la mamma e la
nonna siano innamorate di lui. Pagina 112-113 le affermazioni si muovono tra denigrazione e esaltazione di sé. (Mombello ospedale
psichiatrico).

Ancora più rivelatore è il modo stesso in cui lui stesso gode dell’amore di Lina. A un certo punto dice il motivo per cui ama l’amore che
riceve da Lina. Pagina 66 verso metà. Lina è l’unica donna che lo vede come gli piace essere visto e come lui si vede come una sorta
di dio sceso in terra. Tutto quello che abbiamo visto è considerabile come disturbo narcisistico della personalità, Aldino ama il fatto
che Lina sia l’unica ad amarlo con la stessa intensità con cui lui crede di amare sé stessa. L’intera condizione psicologica di Aldino è
narcisistica nei termini in cui trova sempre una scusa per scusarsi e per rendere conto di essere un personaggio straordinari o.

L’operazione narrativa di Simonetta è molto fine, Aldino non è un narcisista fatto e finita ma sui generis, particolari, consuma il proprio
trionfo tra sé e sé, in interiore homine. Questo è sì narcisista ma non possiede sufficiente fiducia on sé stesso per rivendicare nel mondo
il suo sentimento di grandiosità. Aldino, narcisista, grandioso, non si è guadagnato una sufficiente autonomia e maturità per
sopportare lo sguardo altrui. In quest’ottica la sua autostima è solo apparentemente ipertrofica, è un palloncino gonfio in realtà. La
sua più terribile paura è non vedere avvalorata nei gesti quotidiani la sua grandiosità. Il suo segreto più angoscioso è quel lo di non
essere magnifico come vagheggio di essere. Per questo sta fermo perché chi non si muove non sbaglia, per non dimostrare di non
essere all’altezza del mondo. È un narcisista debole o sottile o covert e come tale consuma la sua grandiosità soltanto tra sé e sé ≠
dal narcisista esteriorizzato. Er questo cerca delle relazioni in cui venga esaltata la sua personalità. Questa immobilità fa sì che tenga
dentro di sé quel santino onnipotente.

Aldino non solo deve sottrarsi al fare ma deve giustificare questo accumulo di atti mancati, deve dare delle spi egazioni alla sua
inattività come la sua famiglia povera, la sua persecuzione, privilegi e minacce degli altri lui le ha. Aldino deve tenere in saldo quello
che di più prezioso cioè che lui si merita il meglio. A pagina 105 “mi meriterei di meglio”

narciso che vive un’endemica infelicità tutta impostata sul non ingresso nella vita adulta.

Questo spiega anche il modo in cui Aldino vive le due relazioni importanti narrate nel libro. Lina e Giannetta conosciuta il 1° maggio
1945. Da una parte Aldino sminuisce il rapporto con Lina e scherza sul fatto che non la sposerà mai. Questo perché Lina chiede di
Aldino di assumersi qualche responsabilità. Lina è come il lavoro, sono responsabilità che Aldino teme, non vuole limitare il futuro e se
ne sta alla larga. Si tratta di paura ma anche di (// Don Giovanni narcisista in senso stretto e non ha pura della sua grandiosità)
non sopportare nessun limite a sé stesso. Avere una storia importante per un narcisista è impossibile, non vuole limitazioni al suo
desiderio. Aldino non guarda l’altro come un tu empatico ma come una funzione, i vantaggi che possono arrecargli. Giannetta invece
gli calza a pennello, si parla di lei con nostalgia e senza mai particolari cenni critici, a differenza di Lina, Giannetta lo fa soffrire. I
due si incontrano quando lui ha 18 e lei 17 anni. Le descrizioni per lei hanno picchi di dolcezza e sensibilità inaudita. Pagina 50.

Canzone che fa canticchiare a Giannetta non è casuale si intitola perduto amore, molto in voga nel ’45 in Italia. Fa intuite che lei cova
un terribile segreto che la folla non sa. Aldino dopo il loro ultimo incontro scopre il dolore di Giannetta cioè che lei aveva un patrigno
che la drogava e la faceva prostituire ai lussuosi festini della borghesia milanese.

Aldino non riesce ad amare Lina ma ama Giannetta che lo lascia in una situazione di ambiguità. Pagina 157 lei intrattiene lui
facendogli temere che il rapporto finisca. Pagina 159. Lo fa soffrire ma non lo stringe nel ruolo del compagno che ci deve sempre
essere. Aldino confessa a pagina 155 “mi interessava perché con lei non si è mai certi di nulla”.

Aldino ricorda con nostalgia anche un’altra avventura estiva a Riccione con una svizzera tedesca di nome Erica pagina 128 in basso.
La canzonetta è una presa per i fondelli degli svizzeri per gli italiani definiti come perdigiorno incapaci.

Finale del libro a differenza di quanto di solito si crede il gesto di Aldino non è l’estrema resistenza di un personaggio che si oppone
alla standardizzazione del capitalismo ma si tratta dell’ennesima sconfitta di un narcisista debole con un io ipertrofico debole non
disposto ad affrontare il reale. Simonetta con grande finezza ha messo il suo definitivo fallimento, vediamo la morte metaforica sul
piano sociale e lavorativo, più che apice affossamento nella vita adulta

Trionfo di Aldino prima del finale incontra i 5 sbarbati con cui si sfidano a una gara di monetine in cui vince, dimostra una abilità.
trionfo infantile con dei ragazzetti a quel gioco sciocco sono la definitiva condanna di Aldino nel momento in cui cercava di lavorare.

Aldino dopo essere stato licenziato non vede la sconfitta ma non è che si oppone, è un narcisista debole, e rumina, si aggrappa alla
sua forza fisica, pagina 206 se solo volesse gli potrebbe mettere le mani addosso.

Il libro sembra quasi un bizzarro rito funebre ed è quasi una via crucis notturna attraverso le tappe del suo fallimento e morte in
prossimità della Pasqua, marzo aprile 1960. Il romanzo non si chiude con il fallimento e il licenziamento di Aldino. Dopo il
licenziamento in via Porpora verso piazzale Loreto cerca rifugio e corre a telefonare Lina. A rispondere però è la madre e attacca,
resta solo e gli rimane soltanto di andare a casa a dormire. Il finale dal punto di vista narrativa è un po’ moscio

La madre di Lina ha un certo rispetto, timore reverenziale di Aldino verso di lei, la madre di Lina incarna l’operosità milanese. con
il licenziamento si capisce che il rapporto di aldino con la Milano del mattino non si può più dare. Gesto come ritratto della parabola
esistenziale di Aldino che cerca sempre dei rifugi.

Ultima frase sulla macchina desideri di tipo consumistico, licenziamento, telefono sbattuto in faccia dalla Milano che fa

Il lettore sa che Aldino mente e sa che non farebbe di tutto per averla neanche per rubarla.

La lingua in cui è scritto tirar mattina

Aldino non è loquace ma genera fra sé e sé una cascata irrefrenabile di parole, abbiamo sterminati monologhi e piccoli dialoghi.
Simonetta ha messo a punto una fresca a credibile simulazione di oralità. Aldino parla una lingua orale che è quella di un milanese
poco scolarizzato di 33 anni ma che frequenta ambienti giovanilistici, sottoproletari urbani e malavitosi. lingua orale con dialetto
milanese ma anche gergo giovanile e malavitoso.

Discorso a parte sulla punteggiatura perché questa ignora quelle del linguaggio standard. Aldino fa un uso molto speciale dei due
punti. Nella prima pagina uso segmentale dei due punti, segno di punteggiatura generico che indica uno stacco tra una frase e l’altra.
Utilizzo del punto esclamativo e quello interrogativo che qua e là vengono usati sommandosi, a pagina 11 e 12. Tipico della scrittura
giovanilistica, elemento dell’enfasi. La virgola usata senza fare il suo uso. Puntini sospensivi anomali per segnalare l’oralità.

Saggio sulla punteggiatura si parla di diatopia, diafasia e diastratia. C’è tanto milanese e veneto regionale parlato dalla nonna di
Lina con cui Aldino beve la grappa. Diastratia in base alla situazione che affronto. Strati sociali informale e popolare non
scolarizzato.

Simulare oralità per iscritto

- Dislocazione a sinistra io di scene nel suo locale non le ho mai fatte


- Dislocazione a destra come in si alza a farmi i ravioli a voi la signora Luisa si vuole mettere in rilievo il fatto che la Luisa
(esempio di soggetto postposto)
- Soggetti postposti soggetti che al posto di stare all’inizio è posto dopo (quanti anni ci hai adesso Aldino?)
- Frase scissa l’orale tende a dilatarsi, quella che dovrebbe essere un’unica frase diventa doppia con due verbi. Come in è
tutta notte che siamo in giro al posto di siamo in giro da tutta la notte
- Costruzioni ridondanti, tautologiche, non necessarie, in più come a me miù
- Ci attualizzanti (quanti anni ci hai adesso? Oppure te l’ho già detto che non ci avevo una villa)
- Mancanza del congiuntivo (se aventi 21 anni prendevo e andavo a Roma)
- Concordanza a senso (latino) Aldino parlando del terroncello dice sparano sempre quella razza (razza nome collettivo ma
reso come singolare)
- Ripetizioni fondamentali dell’orale (com’era diverso il finale del Pinun, al funerale del pinun ci pensò sempre con simpatia )
per mettere in evidenza il funerale
- Turpiloquio
- Onomatopee i suoni che vengono sostituiti alle parole oppure suoni lessicalizzati (tergicristallo ta tin ta tan)
- Diastratia nel senso che si tratta di ignoranza come la trascrizione di suoni in lingua straniera in maniera errata (giuboxx o
uiski)
- Elementi del gergo giovanile come dritto cioè il furbo, il chilo, la mina e pulè per polizziotto
- Gergo malavitoso cok che è il ricettatore colui che rivende la merce rubata

La caratterizzazione stilistica della voce di Aldino e della scrittura di Simonetta non è solo varietà popolare ma ci sono altri fenomeni.
Non si risolve nella simylazione di una oralità popolare di un personaggio giovane, non scolarizzato e criminaloide

Questa lingua è anche a tratti bella, ci sono ingredienti ulteriori. È una lingua g ustosa e vivace, c’è una mescolanza linguistica.

Alterati accrescitivi o diminutivi, solo nella 1° pagina si trova caricatissimi, cognacchino, testone, bigliettino, spaesatella . Questo uso
va d’accordo con il tono ironico e giovanilistico con cui Aldino osserva il mondo. Simonetta caratterizza anche questo linguaggio a
quello di un eterno bambino. Aldino fa un uso superiore degli adulti di questi alterati

iperboli, esagerazioni alla pagina 2 o contraddizioni, ossimori come crepare di salute, quando ti versa qualcosa fa il farmacista
cioè ne versa poco. È così invasiva questa presenza delle iperboli perché si vuole sottolineare l’apparenza del finto gradasso

elenchi di vari elementi in cui il lessico di Aldino esce inequivocabilmente dalla condizione non scolarizzata del popolano,
sottoproletario, per entrare in confini di maggior ricercatezza. Pagina 11 aggettivo, intera frase e similitudine quindi variatio ma
anche ricercatezza. Elenchi su ogni livello diastratico sia popolani che ricercati. Questa presenza degli elenchi esprime l’irresistibile
voglia di esprimersi di Aldino. Con il mondo deve stare zitto, se si espone finisce per fare una figuraccia, ma si fa dei monologhi che
sono dei fiumi in piena che vengono bene con gli elenchi

Aldino è in grado di dispiegare opzioni tutt’altro che mediocri nella scelta degli aggettivi sia nei nessi attributo nome, sia nelle
dittologie aggettivali in 2 aggettivi accostati. Pagina 12 finestrella magra per dire che è piccola e lunga, non è un aggettivo banale,
è un aggettivo metaforizzato. Oppure spavento vuoto dice del senso di caduta di un grosso spaventa. Matrimonio definito come
soluzioni dolci. Pagina 20 furbo coraggio, oppure elenchi come serie aggettivali tutt’altro che scontata quindi come in una bionda,
spaurita, legnosa, piatta a pagina 39. Le terre del sud a pagina 56 lurida bastarda terra ballerina con il sostantivo che si interpone
tra due aggettivi. Pagina 61 reazione immediata e primitiva. Pagina 60 cattiveria allegra, sfacciata, fin troppo evidente per essere
sincera. Quando Aldino vede un balcone lo definisce come “con tentativo di fiori”.

Questi elementi fanno sì che si tratti di una lingua letteraria.

Aldino che ha questo dominio della lingua molto irrealistico data la sua conformazione sociale e culturale, Aldino si dimostra
bravissimo nei suoi ritratti. Ad esempio, pagina 20 quando descrive la nonna di Lina. Oppure la madre di Lina che è incarnazione
dell’operosità milanese. Nella presentazione del Piero mamma tutto questo fa un ulteriore passo, pagina 70 e 71. Descrizione del
Pinun pagina 38-39.

Tuttavia, secondo il prof il Simonetta narratore non è ironico, nel complesso del libro emerge solo Aldino e la sua frustrazione e la sua
rabbia impotente. Lo stesso Simonetta ha espresso un po’ di rammarico sulla sua condizione di scrittore come umorista, lui si sentiva
uno scrittore serissimo. Lui stesso dice io non sono un umorista i miei libri sono gonfi di disperazione ma nei grandi magazzini le mie
opere sono nel reparto umoristi. Questa commistione tra cupezza esistenziale e momenti che fanno ridere, si ride su un fondo che è
sostanzialmente è amaro. Uno dei prodigi di questo libro sono queste punte di spirito che emergono da un fondo di dramma triste che
danno però sfumature vivaci e godibili all’insieme che però non cambiano lo sfondo.

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