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Marx

I seguaci di Hegel sono tendenzialmente suddivisi in due scuole di pensiero: la Destra e


la Sinistra hegeliana. Queste due correnti si differenziano per la loro interpretazione della
dialettica: secondo la Destra hegeliana, essa va interpretata in chiave cristiana, in quanto
la triade dialettica può essere considerata un ottimo modo di rileggere la Trinità. Secondo
la Sinistra hegeliana, invece, tali elementi spirituali sono assenti nella filosofia di Hegel,
sviluppano dunque le loro dottrine leggendo in chiave laica quelle del maestro. Tra i
maggiori esponenti della Sinistra hegeliana troviamo Karl Marx.
 

IL MATERIALISMO STORICO DIALETTICO


Marx basa le sue teorie sulla dialettica hegeliana. Egli muove quindi dal presupposto che i
fatti vadano analizzati all’interno di un processo costante e più grande. Si distacca però
totalmente dall’idealismo di Hegel, riutilizzando il processo dialettico in chiave
materialista. In parole povere, la teoria di Marx è un materialismo dialettico, una dottrina
che sostiene che ogni elemento della realtà sia inserito in un processo, che sia quindi in
costante mutamento.
Marx però fa un ulteriore passo fondamentale: applica questa concezione alla storia delle
società umane, ricavandone un materialismo storico. Cosa evince Marx dall’applicazione
della dialettica sulla storia? Che conclusioni trae dall’analisi della storia in quanto
processo? Insomma, cos’è il materialismo storico? 
Engels lo definisce come la teoria secondo cui in ogni epoca l’organizzazione sociale
deriva dalla produzione economica, e questi due elementi rappresentano la base della
storia politica e intellettuale dell’epoca stessa. In poche parole, la struttura di qualsiasi
società è rappresentata dall’economia, che definisce anche i rapporti sociali di individui e
gruppi. Infatti, l’economia è intesa da Marx come insieme di rapporti di produzione. In una
concezione dialettica, i rapporti tra cose sono fondamentali, quindi capirete bene che
all’interno di una società i rapporti tra persone hanno un certo peso. Marx si spinge fino a
dire che un individuo esiste solo nel rapporto con l’altro. Tenendo in considerazione ciò
capiremo quindi perché egli darà tutta questa importanza alla questione delle lotte di
classe. 
 

STRUTTURA E SOVRASTRUTTURA
Abbiamo detto che secondo Marx l’economia è la base strutturale di ogni società. Ma
dove si colloca tutto il resto?

Tutte le concezioni ideologiche, come il diritto, la religione, la politica, lo stato, sono riunite
in un unico blocco detto sovrastruttura, inteso letteralmente come ciò che si appoggia
sopra la struttura. Quindi la struttura, essendone la base, influisce sulla sovrastruttura
della società, in altri termini, il rapporto produttivo determina l’ordinamento sociale. 
La sovrastruttura è anche detta ideologia, perché di fatto è questo: un insieme di concetti
ideologici che costituisce la forma mentis della società. Essa coincide con i valori della
classe dominante ed è, secondo Marx, lo strumento attraverso cui questa controlla le
classi inferiori mantenendo la sua posizione di leadership sociale. Capite bene, quindi, che
per lui è una componente fortemente negativa della società. In quest’ottica possiamo
leggere la celeberrima citazione secondo cui:
La religione è l’oppio dei popoli

Marx dice ciò perché la religione è certamente un ottimo mezzo per mantenere l’ordine
sociale, in particolare per controllare i ceti medio-bassi. Ma perché si parla di controllo?
Cos’è questa classe dominante?
BORGHESIA E PROLETARIATO
Marx ha quindi analizzato l’anatomia generale delle società umane nella storia.
Osservando come funzionano i rapporti di produzione, giunge ad una conclusione
fondamentale, riassunta nell’incipit del Manifesto del partito comunista:
La storia di ogni società sinora esistita è la storia delle lotte di classe.

Karl Marx – Manifesto del partito comunista

In ogni periodo storico c’è sempre stata una classe dominante che ha sfruttato una classe
oppressa. Se oggi ripensiamo, ad esempio, al feudalesimo, questa divisione ci pare
abbastanza chiara. Ma come si applica questo dualismo alla società in cui Marx vive?

Secondo Marx, in una società capitalista la classe dominante è rappresentata


dalla borghesia, ossia da coloro che possiedono i mezzi di produzione, i proprietari di
fabbrica, per intenderci. Dall’altra parte c’è la classe oppressa, il proletariato, ossia i
lavoratori, gli operai. 
Per far sì che questa lotta di classi perpetua cessi di esistere, Marx sostiene che sia
necessario che il proletariato sovverta l’ordine sociale, mettendo fine alla leadership
borghese ed instaurando una vera e propria dittatura del proletariato (che dev’essere
temporanea, ma su questo torneremo dopo). Ma come può il proletariato svolgere un tale
atto di forza? Ne è in grado? Secondo Marx sì, per diverse ragioni, ma sostanzialmente
perché è dal proletariato che la borghesia riceve il suo potere. Scendiamo nel dettaglio.
 

Plusvalore e pluslavoro

Il potere sociale dei borghesi è dato dal loro potere economico, dal fatto che essi abbiano
un accumulo di capitali che permette loro di mantenere una fabbrica, dei mezzi di
produzione e degli operai sottopagati. Perché sottopagati? Il punto è proprio qui: secondo
Marx, l’accumulo di capitali da parte dei borghesi è possibile solo grazie allo sfruttamento
del lavoro degli operai. Essi ricevono una paga inferiore rispetto a quella dovuta per il loro
lavoro, da ciò che sottraggono agli operai i borghesi ricavano le risorse da accumulare
come capitali. Per dirla in termini marxisti, dallo sfruttamento del lavoro proletario i
borghesi ricavano un plusvalore che può essere accumulato, viceversa gli operai svolgono
un pluslavoro non pagato.
Da ciò si evince che i borghesi si collocano in una posizione di potere solo grazie allo
sfruttamento dei proletari: senza i proletari non potrebbero arricchirsi, quindi non
potrebbero aumentare il loro potere. I proletari sono quindi in una posizione ideale per
sovvertire il sistema classista, in quanto veri detentori del potere e in quanto non hanno
niente da perdere, essendo inseriti in un sistema che si basa sul loro sfruttamento. Nel
momento in cui il proletario si rende conto della sua importanza nel sistema il suo lavoro
morto, sterile, che lo assoggetta come schiavo, diventa un lavoro vivo, che dà la forza per
sovvertire il sistema. Ma come si sovverte il sistema? E dove vuole arrivare Marx?
 

LA RIVOLUZIONE PROLETARIA
Dopo essersi resi conto della loro condizione, gli operai danno vita a singole rivolte, che
prendono di mira i rapporti di produzione e soprattutto i mezzi di produzione, distruggendo
i macchinari e le fabbriche. Marx considera questa una fase di passaggio, inutile al fine
della rivoluzione, in quanto gli operai sono ancora frammentati, non sono un gruppo coeso
e rivoluzionario, si stanno unendo in piccoli gruppi contro il singolo proprietario. 
Lo sviluppo del capitalismo porta gli operai a raggrupparsi in realtà sempre più grandi,
rendendosi conto che le loro condizioni sono simili ovunque danno vita a veri e propri
sindacati. Lo sciopero sindacale è una forma leggermente più potente, ma per Marx è
ancora insufficiente per una rivoluzione permanente. Marx dice però che ogni lotta di
classe è anche una lotta politica, dunque i proletari si uniscono in un vero e proprio
partito. 
Per la rivoluzione è necessaria una sovversione universale del proletariato, un
abbattimento non solo dei capitali borghesi, ma anche di tutte le sovrastrutture: la nazione,
la famiglia, la politica. Come elemento di transizione deve instaurarsi una vera e propria
dittatura del proletariato, quindi uno stato comunista. Ma il vero traguardo a cui Marx
aspira non è questo, bensì una società senza classi, senza leggi, senza stato, in cui
nessuno è posto nella condizione di sfruttare l’altro, ma si darà e si riceverà in modo equo.
Per dirla con un’altra citazione,

Ognuno (lavorerà) secondo le sue capacità, a ognuno (verranno dati dei beni) secondo i suoi
bisogni.

Karl Marx – Critica del Programma di Gotha

In conclusione, per chiarire un fraintendimento comune, dopo aver visto il pensiero di Marx
possiamo capire senz’altro che l’esperienza politica che tendiamo a collegare al
marxismo, l’Urss, pur essendo partita dalle idee del Manifesto, non ha affatto rispecchiato
quelle che erano le sue speranze. Non si è mai trattato di una società aclassista, non si è
mai superata una fase statale, non possiamo certo parlare di uno stato privo di dittatura. 

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