STRUTTURA E SOVRASTRUTTURA
Abbiamo detto che secondo Marx l’economia è la base strutturale di ogni società. Ma
dove si colloca tutto il resto?
Tutte le concezioni ideologiche, come il diritto, la religione, la politica, lo stato, sono riunite
in un unico blocco detto sovrastruttura, inteso letteralmente come ciò che si appoggia
sopra la struttura. Quindi la struttura, essendone la base, influisce sulla sovrastruttura
della società, in altri termini, il rapporto produttivo determina l’ordinamento sociale.
La sovrastruttura è anche detta ideologia, perché di fatto è questo: un insieme di concetti
ideologici che costituisce la forma mentis della società. Essa coincide con i valori della
classe dominante ed è, secondo Marx, lo strumento attraverso cui questa controlla le
classi inferiori mantenendo la sua posizione di leadership sociale. Capite bene, quindi, che
per lui è una componente fortemente negativa della società. In quest’ottica possiamo
leggere la celeberrima citazione secondo cui:
La religione è l’oppio dei popoli
Marx dice ciò perché la religione è certamente un ottimo mezzo per mantenere l’ordine
sociale, in particolare per controllare i ceti medio-bassi. Ma perché si parla di controllo?
Cos’è questa classe dominante?
BORGHESIA E PROLETARIATO
Marx ha quindi analizzato l’anatomia generale delle società umane nella storia.
Osservando come funzionano i rapporti di produzione, giunge ad una conclusione
fondamentale, riassunta nell’incipit del Manifesto del partito comunista:
La storia di ogni società sinora esistita è la storia delle lotte di classe.
In ogni periodo storico c’è sempre stata una classe dominante che ha sfruttato una classe
oppressa. Se oggi ripensiamo, ad esempio, al feudalesimo, questa divisione ci pare
abbastanza chiara. Ma come si applica questo dualismo alla società in cui Marx vive?
Plusvalore e pluslavoro
Il potere sociale dei borghesi è dato dal loro potere economico, dal fatto che essi abbiano
un accumulo di capitali che permette loro di mantenere una fabbrica, dei mezzi di
produzione e degli operai sottopagati. Perché sottopagati? Il punto è proprio qui: secondo
Marx, l’accumulo di capitali da parte dei borghesi è possibile solo grazie allo sfruttamento
del lavoro degli operai. Essi ricevono una paga inferiore rispetto a quella dovuta per il loro
lavoro, da ciò che sottraggono agli operai i borghesi ricavano le risorse da accumulare
come capitali. Per dirla in termini marxisti, dallo sfruttamento del lavoro proletario i
borghesi ricavano un plusvalore che può essere accumulato, viceversa gli operai svolgono
un pluslavoro non pagato.
Da ciò si evince che i borghesi si collocano in una posizione di potere solo grazie allo
sfruttamento dei proletari: senza i proletari non potrebbero arricchirsi, quindi non
potrebbero aumentare il loro potere. I proletari sono quindi in una posizione ideale per
sovvertire il sistema classista, in quanto veri detentori del potere e in quanto non hanno
niente da perdere, essendo inseriti in un sistema che si basa sul loro sfruttamento. Nel
momento in cui il proletario si rende conto della sua importanza nel sistema il suo lavoro
morto, sterile, che lo assoggetta come schiavo, diventa un lavoro vivo, che dà la forza per
sovvertire il sistema. Ma come si sovverte il sistema? E dove vuole arrivare Marx?
LA RIVOLUZIONE PROLETARIA
Dopo essersi resi conto della loro condizione, gli operai danno vita a singole rivolte, che
prendono di mira i rapporti di produzione e soprattutto i mezzi di produzione, distruggendo
i macchinari e le fabbriche. Marx considera questa una fase di passaggio, inutile al fine
della rivoluzione, in quanto gli operai sono ancora frammentati, non sono un gruppo coeso
e rivoluzionario, si stanno unendo in piccoli gruppi contro il singolo proprietario.
Lo sviluppo del capitalismo porta gli operai a raggrupparsi in realtà sempre più grandi,
rendendosi conto che le loro condizioni sono simili ovunque danno vita a veri e propri
sindacati. Lo sciopero sindacale è una forma leggermente più potente, ma per Marx è
ancora insufficiente per una rivoluzione permanente. Marx dice però che ogni lotta di
classe è anche una lotta politica, dunque i proletari si uniscono in un vero e proprio
partito.
Per la rivoluzione è necessaria una sovversione universale del proletariato, un
abbattimento non solo dei capitali borghesi, ma anche di tutte le sovrastrutture: la nazione,
la famiglia, la politica. Come elemento di transizione deve instaurarsi una vera e propria
dittatura del proletariato, quindi uno stato comunista. Ma il vero traguardo a cui Marx
aspira non è questo, bensì una società senza classi, senza leggi, senza stato, in cui
nessuno è posto nella condizione di sfruttare l’altro, ma si darà e si riceverà in modo equo.
Per dirla con un’altra citazione,
Ognuno (lavorerà) secondo le sue capacità, a ognuno (verranno dati dei beni) secondo i suoi
bisogni.
In conclusione, per chiarire un fraintendimento comune, dopo aver visto il pensiero di Marx
possiamo capire senz’altro che l’esperienza politica che tendiamo a collegare al
marxismo, l’Urss, pur essendo partita dalle idee del Manifesto, non ha affatto rispecchiato
quelle che erano le sue speranze. Non si è mai trattato di una società aclassista, non si è
mai superata una fase statale, non possiamo certo parlare di uno stato privo di dittatura.