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Il sociologo tende a vedere la realtà come un insieme di attributi, di relazioni e di variabili che si relazionano
l’una con l’altra a seconda del fenomeno che stiamo analizzando.
LE ORIGINI DEL SISTEMA SOCIALE NEL PENSIERO DEI CLASSICI: POSITIVISMO E MARXISMO
CONCETTUALIZZAZIONE DI SISTEMA AI GIORNI NOSTRI
- ai giorni nostri il sistema è un ordine organizzato di relazioni, la cui emergenza nella realtà risulta
relativamente improbabile (se avessimo analizzato i votanti linea per linea, in maniera orizzontale sarebbe
stato molto difficile farsi domande sul fatto se l’età sia o no una variabile importante per spiegare il voto, se
la religione sia o no una variabile importante per spiegare il voto. Quindi questa idea di realtà spiegata da
relazioni è un’idea che rimane improbabile fino a quando rimaniamo dal punto di vista descrittivo e ci
occupiamo soltanto in maniera lineare di ciascuna unità di analisi nelle linee orizzontali)
- il sistema consiste nell’interdipendenza delle parti, o variabili
- un sistema è “un insieme di oggetti e di relazioni tra gli oggetti e tra i loro attributi” → Hall e Fagen,
citazione di persone che sono nel campo delle scienze dure.
*approccio nomologico: studiare i fenomeno sociali con l’idea di individuare delle leggi generali che poi in
tutte le manifestazioni empiriche sono ricorrenti.
Per Comte
- è legato all’idea di sociologia positiva. Comte dice che lo scopo è quello di fissare le leggi oggettive dello
sviluppo sociale.
- legge del progresso e dei 3 stadi (teologico: per spiegare il fuoco gli uomini guardano al cielo e dicono che
ci deve essere sicuramente un dio lassu che ha accesso il fuoco per noi, metafisico: stadio della filosofia dei
secoli precedenti, dove si cercano dei principi ideali che però non sono legati allo studio della realtà
empirica, positivo: l’ultimo stadio parte da lui). Comte vede questa legge dei tre stadi attuarsi in ogni
evoluzione storica di ogni società.
- contrapposizione tra positivismo (consiste nel ricondurre l’analisi dei fatti sociali al modello delle scienze
naturali, quindi il massimo delle possibilità esplicative derivano da uno studio sperimentale. Ex fisica) e
storicismo (non si rifanno a questo approccio positivista, lo ripudiano. Parlano del fatto sociale come di un
qualcosa di molto particolare, peculiare ed unico che va interpretato e che non saprebbe altrimenti
comprensibile con gli strumenti delle scienze naturali)
STRUTTURA VS SOVRASTRUTTURA
Marx rovescia questa idea prevalente, soprattutto nell’epoca in cui lui viveva (alle sue spalle aveva l’epoca
dei lumi). Marx da un fortissimo ruolo alle variabili economiche, quindi ai modi di produzione e da un ruolo
irrilevante a tutto ciò che lui definisce sovrastruttura, quindi le idee che non fanno altro che corroborare
una situazione di sfruttamento nei modi di produzione che effettivamente poi risulta fortificata da queste
idee, e l’intellettualismo borghese.
Per Marx la religione è “l’oppio dei popoli” , quindi è la droga del popolo. Proprio perché la religione è per
antonomasia la sovrastruttura delle sovrastrutture. È un insieme di idee, un’ideologia, una falsa coscienza
che viene data all’uomo per sopportare meglio il malessere che lui si trova a patire nelle sue giornate e
nella sua vita. Questo malessere però non è un malessere universale e necessario ma è un malessere che
per Marx è contenuto nei moti di produzione. Quindi Marx dice che per eliminare il malessere non bisogna
andare in chiesa ma piuttosto bisogna eliminare questi meccanismi nei modi di produzione che continuano
a generare questo malessere.
• Struttura: rapporti di produzione, organizzazione sociale del lavoro, “sistema” di forze produttive (mezzi di
produzione, tecniche, tecnologia, e le loro relazioni)
• sovrastruttura: produzione ideologica e lo sviluppo di oggettivazione culturali (ma che per l’appunto sono
“falsa coscienza” poiché occultano le condizioni reali → l’uomo per produrre sceglie dei modi di produzione
ineguali, a questo punto una falsa coscienza viene generata per occultare le condizioni reali)
Il capitalismo è quella forma sociale che trasforma il denaro in capitale. Questo è importante perché il
vecchio ciclo M-D-M’ (c’era una merce, questa merce veniva scambiata con del denaro e questo denaro
veniva usato per comprare altra merce) viene trasformato in D-M-D’ (abbiamo un quantitativo di denaro
inziale che serve per produrre una merce, questa merce venduta mi dovrà dare più denaro di quanto, io
capitalista, ne abbia utilizzato per produrre quella merce). La condizione principale è che il denaro D’ sia
maggiore di D. Quindi il denaro non è più un mezzo dello scambio qualitativo (ad esempio scambiare frutta
con carne) bensì il suo fine è dominato da una logica quantitativa (lo scambio ha senso soltanto se D’ è
maggiore di D). si passa quindi da una logica qualitativa ad una logica quantitativa.
Giornata lavorativa:
a____b____c____d
-ab→ il primo terzo di lavoro che il proletario utilizza sarà dedicato alla produzione merci che sarà poi
riscattato dal salario che il proletario percepisce
- bc→ copre i fattori di produzione
- cd→ le merci in più→ plusvalore
Secondo Marx quando un oggetto viene venduto sul mercato, da parte del capitalista, il denaro che verrà
ricavato da questo oggetto in parte andrà a coprire non solo il lavoro impiegato per produrre quel
determinato oggetto ma copre anche i mezzi di produzione (macchinari e materia prima). Quindi una parte
va a coprire il salario del lavoratore, un’altra parte copre il fatto che sono stati impiegati mezzi di
produzione e materia prima precedentemente acquistata dal capitalista e un’altra parte è il plusvalore.
Tutte queste parti sono all’interno di quel lavoro, di quel valore che è contenuto nella forza lavoro che è
data dal proletario. Quindi nel momento in cui il proletario vende la sua merce, la sua forza lavoro, viene
pagato non per la sua forza lavoro ma solo per una quota della sua forza lavoro (marx la definisce una
truffa, perché questa merce non viene pagata per il suo vero valore ma solo per una quota).
Per altri in realtà non si tratta di una truffa, per esempio per Adam Smith (teoria economica totalmente
opposta a quella di Marx) questo plusvalore è sostanzialmente un corrispettivo giusto che entra nelle
tasche del capitalista per premiare la sua iniziativa, il suo rischio, il suo coraggio, il fatto che deve
continuare ad accumulare capitale (= situazione di stress). Questo plusvalore che nella teoria marxista è
una vera e propria truffa ai danni del lavoratore, in altri schei di studi sociali non è assolutamente una truffa
ma è assolutamente funzionale al sistema.
In Marx da una parte abbiamo un’analisi empirica, esplicativa e dall’altra parte un’analisi normativa (si
interrogano su come le cose dovrebbero essere).
Weber incita il sociologo a sbarazzarsi del proprio valore, nel momento in cui ci avviciniamo ad uno studio
di un qualsiasi fenomeno sociale, la prima cosa che dobbiamo fare è sbarazzarci dei nostri propri valori,
della nostra maniera. Perché questo potrebbe creare un bias, un pregiudizio, e potrebbe rendere la nostra
ricerca poco corretta. Se io ho un pregiudizio, è molto probabile che escluderò tutta una serie di variabili
che magari erano importanti e introdurrò altri variabili.
Questa idea di mantenere i piani dell’analisi sociale distinti, quindi da un parte un’analisi esplicativa e da
una parte un’analisi normativa, è una cosa che dobbiamo avere a mente.
Marx parte da un primo livello descrittivo // il secondo livello di analisi sociale è quello esplicativo (devo
sbarazzarmi dei miei presupposti normativi) // il terzo livello è quello programmatico, nel quale il sociologo
può arrivare a dire “sarebbe bene che”, “la soluzione è..”.
Questi livelli devono rimanere distinti.
La critica è che questi due livelli in Marx non rimangono assolutamente distinti, ma rimangono abbastanza
indistinti perché Marx fa parte del tempo in cui gli scienziati e gli intellettuali come classi dirigenti della
nuova società. Tutto questo ci indica che in Marx è molto forte questo principio dell’essere uno scienziato
sociale che ha un ruolo preponderante nel contesto sociale. Per Marx lo scienziato sociale è qualcuno che
interviene nel reale, quindi descrive il reale, lo spiega e interviene in maniera personale e concreta per
cambiare la realtà, fa parte della realtà. Il motivo per cui Marx non ha problema a dire che il plusvalore è
qualcosa di aberrante, un furto è perché Marx vede nel suo ruolo di studioso il ruolo di persona che entra e
fa parte dello stesso fatto sociale, della stessa realtà sociale che sta osservando.
LE CLASSI SOCIALI
Danno la forma a questo progetto sistemico. Le classi sociali per Marx sono operazionabili.
• In Marx la classe sociale viene operazionalizzata in termini di posizione degli individui nei rapporti di
produzione. Marx non misura la classe in “quanti soldi hai”, “che vestiti porti” ecc.. ma la operazionalizza
attraverso la posizione degli individui nei rapporti di produzione. Se questi individui possiedono i mezzi di
produzione allora sono capitalisti, se invece sono al servizio dei mezzi di produzione allora sono operai.
• L’altra variabile, fondamentale per capire Marx, è la variabile identitaria. Marx fa una distinzione tra
classe in se e classe per se. Cosa cambia tra le due? Cambia quella che lui chiama la coscienza di classe. Per
essere veramente parte di una classe, bisogna essere consapevoli di far parte di questa classe. Se siamo
proletari ma non siamo consapevoli di essere proletari, effettivamente non si è parte di questa classe
sociale tanto fortemente quanto lo è qualcuno che invece ne è cosciente.
Durkheim dice che c’è un insieme di regole, un insieme di norme a cui gli individui si attengono. Queste
regole, soprattutto con la specializzazione del lavoro, fanno si che gli individui sono più che mai solidamente
connessi gli uni con gli altri. Durkheim dice che questo è tanto più vero nel suo tempo (=momento di
maturità della rivoluzione industriale), in cui ciascuna persona entra nel mercato con quello che produce.
Rovescia l’impostazione degli economisti classici. Quando parla di differenziazione, parla di questo sistema
capitalistico che nelle sue fasi più mature diventa sempre più differenziato. Questo vuol dire che ciascun
autore comincia a produrre e ad avere una funzione differente da quella che hanno gli altri attori.
Per Durkheim la società (industriale, borghese e capitalista) è un organismo, dove ciascuna parte svolge un
ruolo differente da quello che è svolto dalle altre parti, e che non di meno è essenziale per l’organismo
complessivo. Quindi laddove nelle vecchie società e nei vecchi sistemi molti facevano la stessa cosa,
nell’idea di Durkheim di società industriale, capitalista e borghese siamo in un’idea totalmente diversa
dove per l’appunto ciascuno ha un ruolo differente dalle altre parti e quindi il tutto è qualcosa di
completamente differente. E questo tutto richiede la solidarietà di ogni parte. Tanto più andiamo verso
società industrializzate e borghesi tanto più l’idea degli economisti classici è inapplicabile. Non è vero che
gli individui e il profitto individuale è al centro del sistema. Ma al contrario la solidarietà diventa l’elemento
unificante del tutto.
LA SOLIDARIETÀ
Durkheim da padre della sociologia, inizia già ad elaborare i tipi di solidarietà
• Solidarietà meccanica: tipica delle società semplici con minima divisione del lavoro. Fondata sull'identità
delle funzioni delle sue parti (gli individui) e sul prevalere della "coscienza collettiva" sulla coscienza
individuale. (Nella solidarietà meccanica le funzioni delle parti sono le stesse, come per esempio nella
società contadina del 12 secolo, dove ciascuna pare ha un ruolo uguale alle altre)
• Solidarietà organica: conseguente all’aumentare di interazione individuale, dinamica sociale e "densità
morale"(intende che sempre più persone sono insieme), con società a divisione del lavoro crescente.
Cresce la possibilità di differenziazione, ma le varie parti contribuiscono tutte all'unita dell'insieme.
L'EVOLUZIONE SOCIALE
Durkheim non rifiuta l’idea di evoluzionismo sociale.
Differenziazione, ma senza individualismo e utilitarismo (differentemente da Spencer). Pur riconoscendo la
centralità di questa differenziazione sociale ed economica, Durkheim rifiuta l’individualismo e l’utilitarismo.
Rifiuta l’idea che l’evoluzione sociale sia portata avanti da degli individui alla ricerca del proprio profitto e
del proprio benessere. Durkheim rifiuta quindi il principio dell’individualismo, dell’egoismo e
dell’utilitarismo, differentemente di Spencer (autore importante del positivismo). A differenza di Durkheim
riconosce l’importanza dell’individualismo e dell’utilitarismo. Quindi l’evoluzione sociale si basa
sull’altruismo. La solidarietà e l’altruismo sono la base sulla quale l’evoluzione sociale è possibile.
Forniscono le basi.
Fondamento morale e altruismo.
Ma lo sviluppo di ogni nuova moralità richiede tempo (e lo sviluppo dell'industria non ha ancora avuto il
tempo di creare un sistema di regole adeguato).
Durkheim dice che da un lato il progresso tecnologico e industriale ha trasformato radicalmente il campo
economico, ma dall’altro lato non c’è stato il tempo sufficiente per sviluppare una moralità, cioè un insieme
di regole e di norme che sono adeguate a questo nuovo tipo di produzione. È in questo grande conflitto tra
la velocità rapidissima della rivoluzione industriale e di tutte quelle trasformazioni sociali che sono
avvenuto in pochi anni, laddove per cambiare un sistema di regole e di norme ci vuole tempo. Ed è lì che
Durkheim trova il problema, che affronta in maniera totalmente diversa da Marx. Per Marx c’è un
contraddizione di interesse tra la forza operaia e la forza capitalista. C'è una vera differenza fra Marx e
Durkheim perquanto siano entrambi sensibili agli stessi problemi, per quanto siano entrambi sociologi
olistici. Hanno però un’idea totalmente differente sull’evoluzione sociale, da un parte il frutto di una
contraddizione, di una violenza continua di classi contrapposte (di signori e servi, di patrizi e plebei, di
capitalisti e operai) dall’altra invece le parti funzionano bene in vista di un tutto, ma il vero problema è che
non c’è stato tempo per formare una moralità che tenga conto di questa trasformazione.
IL SUICIDIO
Si tratta di un lavoro empirico. Durkheim è molto moderno, funziona nella stessa maniera in cui funziona la
sociologia moderna, ovvero si parte dalla teoria, si fanno delle ipotesi, dopodiché si fanno delle ricerche sul
campo attraverso l’operalizzazione dei concetti e la collezione dei dati. Dopodiché si vede, attraverso
l’analisi dei dati, se l’analisi risponde all’ipotesi che abbiamo fatto.
L’idea di Durkheim è che con il diminuire della coesione sociale i suicidi dovrebbero aumentare.
Questa ipotesi è molto importante. Durkheim è un padre fondatore della sociologia, opera in un momento
in cui altre discipline, come la filosofia e la psicologia, sono già molto operative. Durkheim si trova ad essere
uno dei padri fondatori di una disciplina che si trova ad essere, nella sua epoca, ancora nuova.
La sua grandezza è che riesce a trattare uno di fenomeni più intuitivamente trattabili a livello psicologico
(quali sono le motivazioni che hanno portato al suicidio a livello psicologico?). Fa un dualismo tra società e
individuo.
Per Durkheim il suicidio non è una variabile dipende che segue una variabile indipendente e individuale
psicologica. Il suo fattore esplicativo è la società. Dualismo molto forte tra società e individuo, tra il livello
macro e il livello micro. Questo dualismo è accompagnato dall'idea che il macro spieghi il micro, quindi
persino le singole motivazioni psicologiche del suicidio sarebbero spiegate da qualcosa a livello sociale.
Durkheim riesce a elaborare le sue ipotesi.
“Le deliberazioni umane, quali le raggiunge la coscienza riflessiva, sono spesso mera forma senza altro
oggetto che di corroborare una risoluzione già presa per motivi che la coscienza ignora”: persino le cose che
noi pensiamo di pensare, non sono altro che risoluzioni già prese da motivi totalmente esterni dalla nostra
coscienza. Persino il suicido non è frutto di una motivazione personale ma non è altro che qualcos'altro che
è già stato deciso da noi, che è esterno alla nostra coscienza. frase che testimonia la grandezza di Durkheim,
ma anche i suoi limiti.
• Applicazione della sua teoria sul predominio della forza della società (contro le spiegazioni psicologiche):
col diminuire della coesione sociale i suicidi aumentano. A dove c'è meno solidarietà li avrò più suicidi.
Questa ipotesi è molto importante. Durkheim si trova ad essere il padre fondatore di una disciplina ancora
nuova all'interno di un contento più ampio. La sua grandezza sta nel fatto di trattare uno dei fenomeni più
intuitivamente trattabili.
• Irrigidimento del dualismo società/individuo: i moventi individuali del suicidio non costituiscono le sue
vere cause.
Durkheim dice inoltre che il suicidio non è frutto di un motivo personale ma non è altro che qualcos'altro
che è già stato deciso per noi, fuori dalla nostra coscienza.
I TIPI DI SUICIDIO
• Suicidio "egoistico": quando la società è fondata sull'individualismo. Senza coesione sociale la coscienza
individuale prevale su quella collettiva (Ceteris paribus = ad altre condizioni costanti, se prendiamo due
società più o meno nello stesso periodo storico, più o meno con lo stesso numero di individui, più o meno
con la stessa ripartizione demografica far donne, uomini, bambini e vecchi, più o meno con lo stesso
reddito economico, più o meno con lo stesso grado di istruzione ecc. Ad altre condizioni costanti il tasso di
suicidio varia al variare delle religioni. L'idea di Durkheim è che i suicidi saranno più alti nelle società
protestanti, meno alti nelle società cattoliche e ancora più bassi nelle società ebraiche. L'ebraismo è una
religione che si colloca a livello di solidarietà e di coesione sociale ad un livello più alto più alto di dove si
colloca il cattolicesimo, che si pone su un gradino più alto rispetto al protestantesimo. Quindi nei paesi
europei il tasso di suicidio è minimo nelle comunità ebraiche, mentre nelle società protestanti è più alto). In
questo caso chi decide di togliersi la vita, lo fa in maniera individuale ed egoistica senza cercare di agevolare
la società.
• Suicidio "altruistico": quando la coscienza collettiva prevale su quella individuale con l'appiattimento di
funzione individuale e sociale. Nel momento in cui la mia funzione individuale non è altro che quella
sociale, cioè nel momento in cui a livello sociale il mio suicidio può essere qualcosa di conveniente, ecco
che abbiamo un suicido altruistico. per esempio meglio che si suicidano nel momento in cui i loro mariti
muoiono/ quando i vecchi si suicidano perché diventano un peso per il resto della collettività.
• Suicidio "anomico": quando la società non agisce come potere regolativo in situazioni di crisi/prosperità
economica. che si tratti di crisi o di prosperità, nel momento in cui abbiamo una situazione di cambiamento
molto radicale c'è un bisogno molto forte di regole, solidarietà e di un'autorità morale che agisce da regola:
il liberismo economico (Adam Smith) come il materialismo economico (Marx) nella loro idolatria per la
prosperità economica; non si avvedono del valore delle singole attività e dei vari servizi sociali (e delle
relative remunerazioni a loro dovuta). Per entrambi la società non è soltanto il prodotto di una produzione,
di una prosperità e di un andare avanti. Durkheim si rifà a questa visione molto organicistica per cui da
molto valore alle singole attività che vengono praticate da ciascuna parte. Durkheim si rende conto che la
remunerazione non è semplicemente relativa alla produzione di un prodotto ma è relativa a qualsiasi ruolo
che all'interno di questa produzione gioca, anche nell'ultima delle sue parti. In questa visione organicistica il
tutto ha un'importanza fondamentale.
CONTRO IL SOCIALISMO
Durkheim si confronta con il socialismo. Dato che il socialismo si proclamava una nuova analisi dei rapporti
di produzione, della nuova società.
Durkheim riconosce che sociologia e socialismo hanno radici comuni (quando l'ordine economico si impone
su quello politico e religioso), ma il socialismo ha una funzione pratica di mutamento sociale allorché la
sociologia ha una funzione conoscitiva e scientifica.
Marx vede nel sociologo la funzione di pratica sociale, per Marx l'intellettuale deve calarsi nella sua realtà
ad aiutare la trasformazione sociale, in particolare la classe operaia. Per Marx il sociologo ha una funzione
pratica di mutamento sociale.
Durkheim definisce questa socialismo, non sociologia. Per Durkheim la sociologia ha una funzione
conoscitiva. Per Durkheim i due piani sono molto chiari. Da una parte esiste la sociologia come analisi
scientifica, oggettiva, distaccata del fenomeno sociale. Prima osservo la realtà è la descrivo e poi attraverso
l'analisi normativa cerco di capire cosa deve essere fatto.
La forza morale è necessaria per l'ordine sociale: l'attività economica non può essere sufficiente. Le autorità
morali devono garantire questa influenza regolatrice.
La religione coincide con la forza morale mantenendo la coesione degli individui nella società. La
partecipazione religiosa è a fondamento della società, e la regione e il primo di tutti i fenomeni sociali.
Marx e Durkheim partono da presupposti molto simili ma arrivano a conclusioni totalmente differenti. Con
Marx che dice che la religione è l'oppio dei popoli e Durkheim che dice che è a fondamento, alla base della
società, ed è il primo di tutti i fenomeni sociali.
Primo autore, tra i vari, dello sviluppo della sociologia americana è George Mead. È un autore classico,
attuale.
L' "INTERAZIONISMO SIMBOLICO" DI MEAD
• Mead è condizionato dal comportamentismo. Nella scienze sociali troviamo una divisione tra coloro che
guardano soprattutto ai comportamenti e coloro che si rifanno molto alle attitudini. La sociologia americana
era partita come comportamentalistica per poi diventare attitudinale. La biforcazione tra comportamenti e
attitudini era molto presente. I sociologi si concentravano sui comportamenti, tutta la parte "psicologica"
veniva lasciata agli psicologici. Mead è influenzato da questo comportamentismo
• Mead dice che il comportamentismo può studiare anche il "privato" (come facciamo da qualcosa che è
esterno, ovvero il comportamento, ad arrivare al privato!?): quest'ultimo si forma tramite l'interazione nel
comportamento . Il privato si forma tramite l'interazione nel comportamento perché...
• ...il privato non è a priori indipendente ma si forma attraverso l'interazione, la comunicazione, il
linguaggio
• Il significato, partendo dallo studio del linguaggio, ha dunque una realtà oggettiva che è indipendente da
uno stato di coscienza soggettivo.
IL SIGNIFICATO
• Per Mead il significato diretto non è altro che la reazione di un organismo all'azione di un altro organismo
• Nell'uomo il significato può diventare cosciente, ed in questo caso il gesto assume un significato non
diretto ma simbolico (simbolo significativo). Il significato è legato a questo rapporto di azione e reazione
che lega gli individui attraverso il linguaggio.
• Il linguaggio come espressione somma di questo processo (al gesto vocale si reagisce con l'attribuzione di
un significato Inter-soggettivo). Mead ci sta dicendo che attraverso la comunicazione, gradualmente,
arriviamo a dare un significato inter-soggettivo a quel fenomeno sociale a cui ci stiamo riferendo.
Per Mead questo passaggio tra una coscienza individuale soggettiva e il fatto sociale si realizza attraverso
l'interazione, e quindi l'interazione non fa altro che apportare ad un'interazione di soggettività ed è da
questa interazione che sorge un significato inter-soggettivo, inter-individuale e quindi di per se oggettivo.
LA CREAZIONE DELLA REALTÀ (per Marx, Durkheim e Comte era qualcosa di completamente distaccato da
parte del soggetto che invece rifletteva ed analizzava la realtà)
• Si attua attribuendo significati agli oggetti (attraverso il linguaggio si riempie la realtà, altrimenti priva di
senso, con oggetti dotati di "senso comune") ((ciascuno operalizza un termine in maniera differente))
• La società e i fatti sociali non sono altro che un insieme di significati condivisi a cui gli individui sono
arrivati attraverso una interazione che ha dato un significato inter-soggettivo
• ... e così anche il "privato" (stato di coscienza) si spiega risalendo al sociale
Per Mead il se, non è altro che prodotto dall'interazione che io ho avuto con le opinioni degli altri rispetto
alla visione che hanno di me stesso.
Io imparo chi sono solo attraverso le opinioni che gli altri hanno di me
LE ISTITUZIONI
• Quando dinanzi a determinate situazioni sociali si hanno reazioni individuali comuni
• Ma il comportamento non è unico (il ladro e il poliziotto hanno egualmente interiorizzato l'istituzione
della proprietà privata)
• Non si giunge a una chiarificazione di "sistema sociale" ma si guarda ai "meccanismi" simbolico-
integrazionisti
Mead non giunge mai a una chiarificazione di sistema sociale, ma è talmente attento ai meccanismi. Questa
idea di meccanismi che attraverso il linguaggio azione e reazione producano certi significati che poi
vengono condivisi. Che riescono a legare ciò che c'è dentro di noi e ciò che c'è fuori da noi arrivando a
creare anche un senso comune delle istituzioni. Tutto questo processo che va dal basso all'alto si risolve in
qualcosa di molto sistemico e nel momento in cui Mead ragiona sulle istituzioni, per quanto sia una parte
della sua opera più trascurabile, ci dà il senso di dove lui va a parare. Va a parare su un approccio basato sui
meccanismi che ci aiuta a capire quale sia tutta la serie di passaggi necessari per andare da quel livello
esteriore, fuori di noi, al livello interiore. Mead ci ha permesso di capire tutta una serie di passaggi, passaggi
che ci permettono di capire tutto questo viaggio fra il se e la società.
Durkheim dualismo forte tra l'oggetto e il soggetto, tra il marco e il micro, tra ciò che è oggettivo e ciò che è
soggettivo ecc.
TALCOTT PARSONS (Colorado Springs, 13 dicembre 1902 – Monaco di Baviera, 8 maggio 1979) è stato un
sociologo statunitense.
Parsons produsse una teoria generale per l'analisi della società chiamata "struttural-funzionalista", nella
quale sono evidenti i richiami a Durkheim, Weber, all'antropologia culturale nonché all'etnologia. Cercò di
combinare "azione sociale" e "struttura" in un'unica teoria non limitata al solo funzionalismo.
Il suo lavoro ha avuto grande influenza negli anni cinquanta e sessanta, particolarmente in America (dove la
ricerca era quasi solamente empirica) proponendo una visione delle scienze sociali più raffinata. Pur
essendo un riferimento per sociologi contemporanei importanti come Habermas e Luhmann, il suo favore si
è gradualmente ridotto nel tempo e il più importante tentativo di far rivivere il pensiero di Parsons, sotto
l'etichetta di "neofunzionalismo", si deve al sociologo Jeffrey Alexander
• Idea di integrazione in termini culturali e normativi (a dispetto del variare delle espressioni). Parsons si
rende conto che le società cambiano. A dispetto di tutta questa varietà l’idea è, comunque, che ogni società
ha come quesito fondamentale quello dell'integrazione che si basa su aspetti culturali e normativi .
• Individualizzazione dei requisiti minimi dell'integrazione in una società culturalmente frazionata (ma
viaggiando con schemi esplicativi validi al di là delle specificità storiche della realtà sociale). Quest’idea che
un sistema funziona ed è integrato efficientemente davanti all’estrema differenziazione delle sue parti a
livello culturale è qualcosa che sorprende i sociologi del tempo ed è qualcosa che diventa molto importante
all’interno dell’opera di Parsons.
• Approccio teleologico (contro una concezione positivista dell’azione, ovvero che un’azione produca
sempre una reazione). Per Parsons l’azione segue la funzionalità, la finalità e non segue in maniera
positivistica un’altra azione. Quindi non si tratta di una schema a catena azione-reazione.
LA STRUTTURA DELL'AZIONE SOCIALE prima opera di Parsons degli anni 30. In questo libro troviamo una
serie di elementi molto importanti. Di cosa è fatta questa società? Parsons identifica:
• l’Attore: chi compie l'azione
• la Fine: direzione verso cui è orientato il processo dell'azione
• la Situazione: contesto (diverso dalla situazione a cui mira il fine), fatto di elementi trasformabili ("mezzi"
di cui l’attore di serve per produrre la sua finalità) e non trasformabili ("condizioni", le condizioni sono date.
L’autore non può modificarle. Si tratta di qualcosa che è dato ed è esterno)
• Per scegliere i mezzi adeguati ai fini bisogna adeguarsi alle norme: azione come conformazione alle
norme.
Per vivere bisogna adeguarsi alle norme, e non fare riferimento alle proprie preferenze o alle proprie
disposizioni. Bisogna adeguarsi non a quello che uno sa di se stesso ma alle norme collettive.
Gli individui imparano ad agire attraverso l’intermediazione e l’interiorizzazione delle norme.
“gli uomini non soltanto rispondo a stimoli ma cercano di conformare la loro azione a modelli i quali sono
ritenuti desiderabili dall’attore e da altri membri della collettività” (dalla “Struttura dell’azione sociale”)
questa frase ci riporta a Mead.
“IL SISTEMA SOCIALE” opera più importante di Parsons. Primo autore a parlare in maniera esplicita del
sistema sociale.
L'integrazione come problema centrale → diventa il problema principale per Parsons
L'azione può essere studiata:
• Rispetto alla personalità dell'attore o degli attori.
• Rispetto alla cultura, ai segni e ai simboli comuni che permettono l'interazione
• Rispetto alle relazioni tra i vari attori
• Il sistema delle personalità – ambito psicologico – (è formato da tutte le aspettative che si hanno verso gli
altri individui). Psicologicamente viviamo in una realtà nella quale, possiamo, e facciamo rifermento a tutta
una serie di aspettative che noi abbiamo degli altri. Interiorizziamo non solo le nostre aspettative ma anche
quelle degli altri. Siamo coscienti delle aspettative che gli altri hanno di noi. Tutto questo sistema di
aspettative forma il sistema della personalità.
• Sistema della cultura – ambito antropologico – (segni e simboli come sistema coordinato). L’idea che c'è
tutta una serie di significati, di simboli e di segni condivisi; che si muovono in maniera coordinata all'interno
di un sistema. (esempio della proprietà privata per Mead: la proprietà privata è tale sia per il ladro che per
il poliziotto, per quanto le loro azioni siano diverse)
• Sistema della società – ambito sociologico – (rete di rapporti e di posizioni assegnate)
Secondo Parsons questi tre sistemi sono congruenti, tutti e tre si muovono e si articolano coerentemente
l'uno con l'altro.
“il sistema sociale dipende da un minimo necessario di appoggio ce gli viene fornito da ciascuno degli altri
sistemi… il sistema sociale non deve prestare affidamento a modelli culturali che non siano in grado di
definire un minimo di ordine o che impongano pretese impossibili ai soggetti” (tratto da “Il sistema sociale”)
INTERAZIONE PERSONALITÀ/CULTURA/SOCIETÀ
La singola personalità, per Parsons, sorge in un contesto di relazioni sociali a loro volta possibili in un
contesto culturale fatto di certi segni e simboli.
Un sistema sociale richiede personalità formatesi in grado di agire nel sistema attraverso l'interiorizzazione
dei principi della cultura. Ancora una volta abbiamo personalità, cultura e società concatenate l’una con
l’altra.
Parsons parla di un elemento "catettico": in ogni azione c'è la motivazione di raggiungere conseguenze
positive e di evitare conseguenze negative (conseguente ad una sufficiente "conoscenza" della situazione e
"valutazione" delle alternative presenti).
L'"interiorizzazione" permette alla cultura di diventare costitutiva della personalità (Nel mondo di tutti i
giorni è molto difficile scindere la propria personalità dalla cultura che si è interiorizzata attraverso
l’ambiente esterno); ego ha delle aspettative nei confronti di alter in genere (cf. La nozione di "altro
generalizzato" in Mead → attraverso l’altro generalizzato, e quindi attraverso la conoscenza dell’altro che
guarda su di noi è possibile arrivare alla conoscenza di se stessi ≠ da Durkheim, non riesce a mettere in
relazione queste due cose). In Parsons non solo sappiamo che la persona con la quale stiamo parlando ha
delle aspettative ma riusciamo anche a generalizzare, a chiederci e a rappresentarci quali siano le
aspettative di tutti coloro che ci stanno attorno.
DIMENSIONE RELAZIONALE
• il Sistema sociale in Parsons è definito in termini di interazione, non semplicemente tra individui ma tra le
loro posizioni sociali (status) e alle attività collegate a tali posizioni (ruoli). Parsons si rende conto che le reti
non sono formate da relazioni di individui particolari, ma sono reti formate sulla base di posizioni e di ruoli.
• Lo status definisce la posizione del soggetto rispetto agli altri soggetti nell'ambito di un sistema di
relazioni considerato come struttura; il ruolo definisce ciò che il soggetto compie nelle sue relazioni con gli
altri.
• Un sistema sociale definisce specifiche posizioni in una rete di rapporti dotati di una certa stabilità e
relativi comportamenti previsti; dunque il sistema sociale ha vita indipendente dai singoli soggetti (lo status
e il ruolo degli studenti all'interno di un sistema universitario esistono a prescindere dalla loro personalità).
MANCA ESEMPIO ALLA LAVAGNA → LEZIONE DEL 29.04 MINUTO LEZIONE 15:24
Sistema basato sulle interazioni. Quale è la differenza, l’originalità di Parsons rispetto a Mead?
Per Mead l’approccio è bottom up. In Mead gli attori interagiscono dal livello micro, in maniera graduale
con questo scambio di simboli e segni, fino ad arrivare ad un sistema simbolico più ampio. Arrivando anche
a conoscere il sé individuale attraverso la scoperta del sé sociale. In Parsons invece l’approccio è opposto,
un approccio top down. Quindi un approccio olistico che non parte dal livello individuale, dal livello micro e
dallo scambio. Al contrario è un’idea di sistema che va compresa in maniera olistica. Parsons si occupa della
struttura a livello macro, e vede nella dimensione relazionale, quindi nelle interazioni quello che mette
insieme il sistema sociale. Da una parte abbiamo Mead che parte da una sensibilità bottom up e dall’altra
Parsons che ha una sensibilità top down.
I punti di unione sono tanti, per esempio la proprietà privata. Le istituzioni non sono altro che frutto di
qualcosa che viene condiviso dagli attori. Mentre da Parsons questa proprietà viene analizzata in termini
macro strutturali, nell’altra l’interesse è micro nello scambio che c’è tra gli attori.
Ci sono autori che spesso approcciano lo studio di un qualsiasi fenomeno sociale partendo da un livello
micro per arrivare a un livello macro (bottom up). Dall’altro abbiamo invece un procedimento strutturale (si
parte da qualcosa di aggregato da parte di una struttura, e da qui si cerca di spiegare quello che succede a
livello micro).
Parsons di discosta da un approccio “individualiggiante”, ma è sensibile al concetto di struttura.
“VARIABILI STRUTTURALI” → sono per Parsons caratteristiche che variano a livello strutturale. Sono
variabili strutturali perché si riferiscono alle scelte possibili rispetto ai ruoli.
• Alternativa affettiva vs neutralità affettiva (a seconda che si scelga la gratificazione sulla base dell'impulso
affettivo, o altrimenti la rinuncia alla gratificazione sulla base della disciplina)
• Alternativa tra interessi privati vs collettivo (a seconda che si dia priorità al proprio tornaconto/interesse
personale o all'interesse collettivo)
• Alternativa universalismo vs particolarismo (a seconda che il soggetto consideri l'oggetto (sociale) nei suoi
tratti di categoria o nella sua singolarità)
• Alternativa realizzazione vs attribuzione (a seconda che il soggetto consideri l'oggetto per quello che
produce e per le sue prestazioni, o alternativamente per le sue proprie qualità intrinseche)
• Alternativa specificità vs diffusione (a seconda che il soggetto consideri solo alcuni aspetti dell'oggetto o la
sua totalità)
Parsons individua un’idea strutturale di azienda: neutralità affettiva, interesse collettivo, universalismo,
realizzazione, diffusione.
Per Parsons quindi ci sono delle alternative, non sempre c’è una conformità per cui la scelta è data. Le
combinazioni non sono combinazioni casuali.
PREREQUISITI FUNZIONALI
Il problema principale rimane comunque quello di identificare le condizioni minime per il funzionamento e
il mantenimento del sistema
• l’adattamento all’ambiente costante
• il conseguimento degli scopi
• l’integrazione e il controllo
• la latenza delle motivazioni
* per Parsons un sistema sociale si caratterizza in una certa serie di variabili strutturali fatte in un certo
modo. Le strutture sociali non sono il frutto di combinazioni casuali ma sono il frutto di una necessaria
combinazione di variabili disposte in una certa maniera. Per Parsons l’idea è che ci sia una forma strutturale
necessaria. Da una parte è vero che ci sono queste alternative ma la struttura sociale (seppur in questa
libertà di alternative) è necessariamente data. Questa necessarietà del sistema sociale è fondamentale.
- Questa impostazione porta Merton ad essere più sensibile alla Presenza di fattori disfunzionali e di
elementi senza funzioni
- questo Conflitto tra struttura sociale e culturale causa la devianza quando la posizione degli attori
impedisce la realizzazione delle finalità culturali per via dei mezzi indicati dalle norme.
Tipologie che Merton identifica
• Si ha conformità: quando si accettano le finalità culturali e le norme istituzionali
• C'è innovazione: quando prioritarizzo le finalità culturali (non necessariamente utilizzo i mezzi indicati
dalle norme istituzioni per perseguire quella finalità)
• C'è ritualismo: priorità data alle norme istituzionali (non mi porta della finalità)
• C'è rinuncia: quando si rifiutano entrambe
• C'è ribellione: come la rinuncia, implica la rinuncia delle finalità e dei mezzi, ma sostituzione con nuove
finalità e norme
- L'anomia come impossibilità strutturale di realizzare le finalità se non violando le norme (ipotesi
verificabile). Merton si colloca come Parsons su un punto di vista molto strutturale. Merton riesce a
studiare la devianza a livello micro, individuale e psicologico. Lo riesce a fare con uno schema esplicativo
che rimane a livello macro, quindi a livello strutturale proprio perché dalla variabile a livello macro spiego il
comportamento e le attitudini degli individui. Rimane in un impostazione fortemente strutturale, quindi da
questo punto di vista c’è piena continuità con Parsons, però allo stesso tempo riesce a produrre un ipotesi
verificabile nel momento in cui parla di una discontinuità.
La scuola di Francoforte rompe con il positivismo, rompe con gli approcci che abbiamo studiato fino ad
oggi.
IL CONTESTO DELLA SCUOLA "FRANCOFORTE" periodo storico del XX secolo (sono autori che scrivono fino
agli anni 70→ osservano i fallimenti del marxismo)
• La situazione storica del marxismo tra le due guerre: la perdita dell'originario impulso critico di
opposizione. Da una parte il marxismo fallisce ai loro occhi storici come autori che vivono un certo periodo
storico. Da un’altra parte fallisce perché da grande teoria critica diventa una teoria giustificazionista che
andava a sostenere lo stalinismo. Era diventato da teoria critica e forza propulsiva per il cambiamento, per
la liberta e per il riscatto dell’uomo a teoria di giustificazione di un sistema totalitario.
Questi autori vedono inoltre che, se da una parte il marxismo è diventano un’altra forma di totalitarismo,
dall’altra si è piegato in una sorta di revisionismo riformatore che però è rimasto bloccato all’interno dello
stato borghese. L’idea era quella che il marxismo diventava sostanzialmente una teoria positivista, nel
senso che era un meccanismo legato agli aspetti socio economici e che veniva visto come un meccanismo
operativo deterministico, e che quindi sarebbe avvenuto. Quindi non c’era bisogno di fare quello che aveva
fatto Stalin, Lenin ecc ovvero prendere le armi in mano e rovesciare il potere costituito, ma si poteva
benissimo prendere parte al parlamentarismo borghese, alle elezioni democratiche. Agli occhi della scuola
di Francoforte questa deriva era qualcosa che comportava la dannazione del marxismo. Il marxismo era
diventano un contentino delle classi sfruttate, contenuto nello stato borghese, contenuto vincolato senza
alcuna carica propulsiva. Questi autori sono molti legati al marxismo, perché vedono in Marx la capacità
del cambiamento, per Marx il dovere dell’intellettuale, dello scienziato era di prendere parte al sociale per
migliorarlo e per cambiare gli aspetti sociali. (Weber non pensa che lo scienziato sociale debba trasformare
la società che sta studiando ≠ Marx). Per la scuola di Francoforte (Durkheim, Adorno, e Marcuse) la grande
forza del marxismo era stata tradita da quelli che erano stati gli sviluppi storici. Da una parte marxismo
come stampella giustificazionista ideologica al servizio del totalitarismo stalinista dall’altra parte marxismo
legato, contenuto all’interno del parlamentarismo borghese.
• Influenza di Marx, Hegel, Freud…
Questi autori della scuola di Francoforte recuperano l'approccio negativo e quindi prendono una grande
distanza dall’approccio positivista.
Freud è il grande autore dell’idea del dominio e della repressione dell’inconscio. Dominio che si realizza
attraverso la repressione, questa idea è molto forte nella scuola di Francoforte. Gli studiosi della scuola di
Francoforte storicizzano e contestualizzano nel tessuto politico l'opera di Freud.
• …ma anche fenomenologia ed esistenzialismo (nello stesso modo in cui il nostro esistere è la continua
negazione di quello che siamo per realizzare altre possibilità, così l'ordine costituito non è che una
possibilità e quindi può essere trasformato)
• Rifiuto del meccanismo che vede gli aspetti politici e intellettuali della società come rispecchiamento della
struttura economica, e critica antipositivista del marxismo (la politica, la società e le cose che ci circondano
non possono essere un semplice rispecchiamento della struttura economica (invece questo era ciò che
avevamo imparato in Marx→ c’è una certa specularità tra la struttura economica ovvero la struttura e la
sovrastruttura politica, ideologica, culturale e religiosa ecc. dall’altra). Se è vero che la scuola di Francoforte
si impossessa del marxismo, lo fa però in una critica antipositivista, quindi rovesciando e confutando una
gran parte del marxismo che per l’appunto vedeva questa specularità molto forte tra struttura economica
da una parte e aspetti politici dall’altra.
Il tutto fondamentale che c’è tra gli studiosi della scuola di Francoforte e il marxismo è proprio questa
ambizione, questo desiderio snodato di trasformazionismo. Marcuse, Durkheim e Adorno sono in realtà
molto lontani dal marxismo, da molti punti di vista. Proprio perché non vedono le variabili socio
economiche come qualcosa che va studiato in se stesso per arrivare a qualcos’altro. Loro cercano di
domandarsi quello che c’è all’infuori del sistema socio economico. Il grande trait d’union è proprio quello di
trasformare la società.
IL CONCETTO DI “DOMINIO”
- La psicoanalisi di Freud: l'interiorizzazione inconscia dell'autorità della società attraverso l'autorità paterna
- “Nonostante tutte le differenze fondamentali che li distinsero nei singoli periodi storici, i tipi umani hanno
in comune il fatto che sono determinati in tutti i tratti fondamentali dal rapporto di dominio che
contrassegna di volta in volta la società” (“Studi sull’autorità e la famiglia→ prima opera della scuola di
Francoforte)
- Ubiquità del dominio, ma le forme specifiche del suo rapporto con la struttura della società mutano
storicamente (storicizzare Freud).
IL CONCETTO DI "RAGIONE"
• L'idea della ragione di Hegel: esame della realtà in termini di quanto ci sia di inadeguato (e che deve
essere mutato). Per Hegel questa ragione è sempre alla cerca di quello che non è adeguato nella realtà, è
proprio questo il fondamento attraverso il quale la realtà deve essere interpretata come qualcosa di
mutevole e cambiabile. La ragione nega continuamente l'esistente, è alla ricerca continua di qualcosa che
non varia nell'esistente in maniera tale da mutare la realtà.
• La realtà oggettiva come ostacolo (che deve essere sempre negato): la ragione indica il carattere
"negativo" della realtà (necessità di negarla; libertà del soggetto ovvero di colui che analizza le cose;
razionalità come liberazione da ciò che si oppone come limite). Il dovere dello scienziato è quello di negare
continuamente la propria libertà e la propria razionalità, scovando ciò che è irrazionale.
• La ragione viene storicizzata → Carattere storico della ragione perché in costante rapporto negativo con
la realtà; abbiamo quindi un aspetto critico di opposizione all'ordine costituito (e non apologia della società
in atto). Quest'idea di ragione storica, quindi l'idea che la ragione si pone continuamente in un rapporto
negativo e di contraddizione della realtà, è proprio questo quello che gli studiosi di Francoforte prendono
da Hegel in maniera tale da ergersi a forza critica contro l'ordine costituito.
La vita della ragione si manifesta nella continua lotta dell’uomo per comprendere ciò che esiste e
trasformarlo in accordo con la realtà compresa. La ragione è anche e essenzialmente una forza storica… Il
termine che designa la ragione come storia è «spirito», che indica il mondo storico (riferimento a Hegel)
considerato in relazione con il progresso razionale dell’umanità: il mondo storico non come susseguirsi di
azioni e avvenimenti, ma come lotta incessante per adattare il mondo allo sviluppo delle possibilità del
genere umano (‘Ragione e Rivoluzione’)
L'IRRAZIONALITA’ DELLA SOCIETA’ CAPITALISTA (se diciamo che è irrazionale stiamo usando il criterio della
ragione)
Concetto hegeliano di «totalità»: l’insieme non può dirsi razionale se vi sono elementi irrazionali (la
presenza del proletariato)
L’esistenza del proletariato contraddice la pretesa realtà della ragione… il destino del proletariato non è la
realizzazione delle potenzialità umane, ma è il contrario (‘Ragione e Rivoluzione’)
La vera Ragione porta alla > Rivoluzione: ovvero alla negazione dell’ordine economico e politico costituito…
… ma anche…
La Ragione porta alla > Rivoluzione: che è negazione del positivismo
Penuria: principio attraverso il quale si reprimono gli istinti di piacere che gli individui hanno (Freud).
Attraverso questa repressione e questo dominio si garantisce il fatto che gli individui non sono sempre fuori
a ricercare il proprio piacere ma spendono molto del loro tempo nel lavoro, e quindi attraverso il lavoro si
riesce ad incanalare questa energia degli uomini e a fare in modo che ci sia una locazione delle risorse tra
quello che si produce via lavoro e quello che si consuma e si ottiene attraverso il soddisfacimento dei propri
piaceri.
Questo è quello che dice Freud mentre quello che dice Marcuse è che questa penuria, che nell'idea di
repressione e di dominio viene data come una penuria fondamentale nell'approccio di Freud, come se
questa penuria facesse parte del mondo in maniera necessaria, in realtà quello che dice Marcuse è che un
approccio del genere ci rende ciechi davanti al fatto che tale penuria è organizzata.
Marcuse e i teorici della scuola di Francoforte si pongono quest’idea del superamento, e di come ci si può
porre in termini rivoluzionari, nel senso di superamento dell’ordine esistente.
La loro grande preoccupazione è come si può produrre il cambiamento.
Il pretesto della penuria, che ha giustificato la repressione istituzionalizzata fin dai suoi inizi, diventa meno
plausibile man mano che le conoscenze dell’uomo e il suo controllo della natura aumentano i mezzi per
soddisfare i bisogni umani con una fatica umana minima (qui siamo in Marx→ l’idea della tecnologia che
permette sempre di più il fatto di diminuire il bisogno di manodopera. Questo è l’aspetto irrazionale per i
critici di Francoforte perché la tecnologia, il progresso tecnologico dovrebbe liberare le energie degli
individui, dovrebbe permettere questa liberazione proprio perché il lavoro non diventa più quel mezzo
necessario per agire al principio della penuria) . La povertà che continua a regnare in vaste zone del mondo,
non dipende più principalmente dalla povertà delle risorse naturali, ma dal modo nel quale queste sono
distribuite e utilizzate… La tecnica ha un effetto negativo sull’utilizzazione repressiva dell’energia, poiché
riduce il tempo necessario alla produzione dei mezzi di vita… (visto che riduce il tempo necessario dovrebbe
avere la dinamica, la possibilità di liberare migliori energie)
Ma quanto più è vicina la possibilità reale di liberare l’individuo.. tanto più grande diventa il bisogno di
mantenere e di organizzare razionalmente queste costrizioni per evitare che l’ordine del potere istituito si
dissolva. La civiltà deve difendersi contro lo spettro di un mondo che potrebbe essere libero. Se la società
non può usare la propria produttività sempre più crescente per ridurre la repressione.. la produttività deve
venire rivolta contro l’individuo, diventa essa stessa uno strumento di controllo universale (‘Eros e civiltà)
(siamo all’interno di una prospettiva molto anticapitalista, molto antisistema, molto di dx)
(La produttività, piuttosto che il criterio di liberazione, diventa un criterio di nuova schiavitù. L’irrazionalità
che gli studiosi del sistema di Francoforte individuano all’interno del progresso, della tecnica e della
scienza, c’è qualcosa che da una parte sembrerebbe promettere la libertà e dall’altra invece riescono a fare
esattamente il contrario.
L’organizzazione della libertà e della stessa possibilità di opposizione entro forme irreggimentate negano la
possibilità di opposizione radicale. Tutto questo, la stessa scienza, le arti e la filosofia moderna diventano
qualcosa che piuttosto che aiutare l’uomo a liberarsi, piuttosto che liberare le energie, le facoltà individuali,
fanno tutto il contrario, ovvero producono una nuova schiavitù.
•L’industria culturale organizza le attività culturali integrando gli individui nella cultura dominante,
espressione ideologica del potere.
In questo processo, la dimensione interiore della mente, in cui l’opposizione allo status quo può prendere
radice, viene dissolta… La spinta del progresso porta la Ragione a sottomettersi ai fatti della vita, e alla
capacità dinamica di produrre in maggiore copia fatti connessi allo stesso sviluppo della vita. L’efficienza del
sistema ottunde negli individui la capacita di riconoscere che esso (sistema) non contiene fatti che non siano
veicolo del potere repressivo dell’insieme (il sistema contiene, secondo Marcuse, fatti che sono veicolo del
potere repressivo dell’insieme). Se gli individui si ritrovano nelle cose che plasmano la loro vita, essi lo fanno
non formulando la legge delle cose, ma accettandola: non la legge della fisica, ma la legge della
società (‘L’uomo a una dimensione’)
(C’è tutta quest’idea di una ragione che non riesce più a funzionare, che non riesce più a contraddire il dato
esistente. Uno stordimento dell’individuo all’interno del fatto sociale nel contesto di trionfo del positivismo
e quindi l’idea che viviamo in un mondo che è formulato e forgiato su un potere repressivo che ci fa
accettare delle leggi, ma che non sono leggi della fisica ma sono leggi della società tale quale la viviamo in
questo preciso momento, e in questa precisa posizione geografica)
Come si supera questo stato dei fatti? Grande problema della scuola di Francoforte.
Uno dei punti per cui vengono criticati è che sono molto bravi dal punto di vista d’istruzioni e molto meno
bravi dal punto di vista di costruzione.
IL SUPERAMENTO DELLA PARALISI DELLA CRITICA (analizzato fra gli anni 30 e gli inizi degli anni 60)
•Maggiore difficolta della Scuola di Francoforte
•La ‘negazione determinata’ come ‘negazione politica’
•Il pensiero negativo svincolato dalla sua base oggettiva (perché? Perché secondo gli studiosi della scuola di
Francoforte il proletariato, o comunque la classe dei lavoratori che secondo Marx era la forza propulsiva
non è altro che forza che non è più capace di avere una funzione di opposizione) : il nuovo ruolo per ‘il
sostrato dei reietti’ (Marcuse parla di immigrati, disabili, minoranze etniche, precari ecc.) che porta ‘la
coscienza più avanzata dell'umanità al rifiuto del sistema.
SMELSER (allievo di Parsons) ...PRIMI PASSI INNANZZI (primo autore che riflette sui movimenti collettivi)
cerca dia vere un’elaborazione sofisticata su quello che è un movimento collettivo, sulla politica conteziosa.
Smelser è il primo che lancia una riflessione sui movimenti sociali, sul contentious politics, sull’azione
collettiva e si interroga su come questa azione collettiva si collochi a metà fra l’ordine costituito e l’azione.
• Individuazione di una serie di livelli di specificità delle componenti dell'azione (Smelser identifica una
gerarchia delle azioni, e procede attraverso dei livelli di specificità che vanno dal più specifico al più
generale): dal perseguimento dei propri i fini all'elaborazione di valori (livello più specifico per ex. acquisire
una competenza per svolgere un determinato lavoro)a fondamento della società (livello più generale) (che
a loro volta condizionano indirettamente l'azione)
• si ha una" tensione strutturale": "quando l'azione sociale strutturata è sotto tensione ed i mezzi
istituzionalizzati per dominare la tensione sono inadeguati.
Ad un certo punto c’è una tensione (quest’ultima può essere di qualsiasi tipo) e non si riesce a rimediare a
quest’ultima.
• Quando la tensione è a livello individuale (specifico), si ha la riformulazione della situazione al rispettivo
livello di specificità.
•Nel comportamento collettivo, invece, si passa direttamente ai livelli più generali come se quelli più
specifici (le tecniche individuali per portare a compimento un'azione) si ristabilissero in seguito alla
riformulazione dei livelli più generali.
Nel mirino di Smelser ci sono molti degli studiosi della scuola di Francoforte
Per Smelser quando c’è una tensione a livello specifico allora basta andare a rimediare a quel livello
specifico e la tensione può essere risolta. Questo per l’azione individuale, invece nell’azione collettiva molti
autori iniziano ad interrogarsi su come cambiare un livello più generale rispetto a quello più specifico.
Smelser è critico dell'azione collettiva. Secondo lui , spesso, l’azione collettiva va direttamente ad
interrogarsi a livelli più generali come se poi quegli specifici si ristabilissero in sede della riformulazione dei
livelli più generali.
Spesso si fa l’errore, nell’azione collettiva, di pensare che quando io cambio i principi generali allora questo
vuol dire che anche il livello individuale verrà automaticamente risolto, quando invece non è
necessariamente così.
..l’insuccesso americano in occasione del lancio dello sputnik russo portò gli americani a interrogarsi
ansiosamente sulla propria organizzazione tecnologica, sulla propria organizzazione scolastica, sulla propria
scienza, e, in certi casi, sul proprio sistema sociale, perfino sulla bontà del pluralismo democratico
Smelser arriva a dire che c’è un’IRRAZIONALITÀ DEL COMPORTAMENTO COLLETTIVO
È irrazionale porre rimedio a inadeguatezze tecnologiche riformulando direttamente i principi generali della
società!
(È irrazionale dire che possiamo risolvere il ritardo degli americani rispetto ai russi negli anni 60 per quello
che riguarda la conquista dello spazio rifacendoci al pluralismo democratico).
... come è irrazionale mettere in crisi l'intero sistema economico per risolvere una crisi economica!
Il riferisti impazientemente alla necessità di una riformulazione dei principi universali costituisce l'errore
tipico del comportamento collettivo non istituzionalizzato.
Smelser critica molto questo comportamento collettivo (La società tradizionale e autoritaria cambia,
abbiamo quindi questo fermento collettivo e questa ascesa ai movimenti collettivi). Nella misura in cui tali
movimenti collettivi pensano che cambiando l’ordine generale delle cose si possa cambiare l’ordine
specifico e particolare delle cose, per Smelser non è così. Quando c’è una tensione bisogna rimediare allo
stesso livello in cui quella tensione è presente.
L’attacco più drastico al sistema che provoca crisi economiche e depressioni negli affari consisterebbe
nell’eliminare il sistema stesso e introdurre alcuni valori socialistici (evidente critica ai movimenti socialistici
di sx). Tale soluzione è di portata più ampia che non quella che prevede semplicemente la promulgazione di
leggi e regolamenti, in quanto essa implica una riorganizzazione dei valori da cui leggi e regolamenti sono
legittimati (Smelser)
Comportamentismo collettivo: tendenza molto più ampia nella scienza che coinvolgeva soprattutto le
scienze psicologiche. Sostanzialmente sono gli anni in cui il comportamentismo diventa uno de campi
disciplinari più importanti della psicologia. La psicologia comincia a dire che tutto deve essere visto nel
comportamento individuale, e quindi piuttosto che indagarsi sull’inconscio, sul subconscio, sulla
depressione, il dominio ecc quello che conta è capire come i comportamenti degli individui sono legati e
quindi intervenire solo sul comportamento.
Secondo il comportamentismo non bisogna curare il malessere originale che c’è dietro ad una patologia
psicologica.
Critica al comportamentismo e critica all’idea di irrazionalità del comportamento collettivo → due principi
fondamentali
Ma:
• Black civil rights movement
• Leftism attraverso Europa e Us (per esempio la Scuola di Francoforte)
• Movimenti femministi, studenteschi, pacifisti, ambientalisti e di liberazione nazionale, ecc.
Si inizia ad individuare una certa TIPICITÀ DEI "MOVIMENTI SOCIALI"→ si inizia ad individuare una serie di
caratteristiche che questi movimenti sociali gradualmente acquistano. I movimenti sociali, tra gli anni 60 e
70, diventano in se stessi un fenomeno della realtà sociale che è fortemente caratterizzato da
caratteristiche, da qualità che sono totalmente diverse da quelle che sono altre forze del sistema politico e
sociale che fino a quel momento erano centrali per la comprensione della società.
• Differenze con i partiti: non si ricercano voti ma mobilitazione del consenso per mezzo della protesta
• Differenze con i gruppi di pressione: non si rappresentano solo gli interessi dei membri e simpatizzanti ma
si cerca di agire a livello più generale su società e politica.
Questo punto offre l’interrogativo fondamentale di tutta la teoria dell’azione collettiva→ paradosso
dell’azione collettiva→ perché mai un individuo dovrebbe mobilitarsi se i benefici sono divisi a livello
generale e collettivo? Secondo questo paradosso non ci dovrebbe essere azione collettiva. Perché se è vero
che gli uomini sono razionali allora è paradossale che ci sia azione collettiva, perché l’azione collettiva
sarebbe portata avanti da degli individui che rischiano a livello personale e che supportano dei costi per
l’azione collettiva. Quello che succede è che in caso di successo, il successo verrà ripartito tra tutti.
• I movimenti vanno al di là delle caratteristiche personali, attitudini e orientamenti degli attori individuali
(e dunque limiti del "comportamentismo")
• I movimenti non possono essere ridotti a "tensioni strutturali" o credenze irrazionali in genere da
associarsi ad azioni e orientamenti di individui marginali.
3 grandi approcci che dominano lo studio dell’azione collettiva e che per l’appunto mettono fuori gioco uan
volta per tutte il comportamentismo e l’idea dell’azione collettiva come irrazionalità
RESOURCE MOBILIZATION THEORY (= teoria della mobilitazione delle risorse)→ paradigma nato e asciutto
negli USA
• Il potenziale di mobilitazione è presente in ogni società ma si trasforma in azione collettiva quando gli
attori utilizzano con successo "incentivi selettivi” per l'azione. L’idea dell’incentivo selettivo è proprio l’idea
di rimediare al paradosso dell’azione collettiva. Come faccio io a far si che l’azione di tutti gli individui
converga collettivamente? Lo faccio attraverso degli incentivi selettivi ovvero dando dei premi che sono
selettivi, e che quindi vengono dati solo a chi partecipa.
• Solo gli attori meglio forniti in risorse possono mobilitarsi (dunque l'opposto di Smelser)
• L'analisi delle SMOs (organizzazioni di movimento sociale) è fondamentale, ma la razionalità coinvolge
anche il livello individuale endogeno. Vale a dire che di colpo gli studiosi (siamo negli anni 70) vanno ad
individuare delle organizzazione che si mobilitano, le risorse che queste organizzazioni detengono e
cominciare ad analizzare quale sia la razionalità che è sottesa alla mobilitazione collettiva.
• L’enfasi è posta su macro-dinamiche visto che disponibilità di risorse, il livello di organizzazione di una
società, ecc. sono variabili esplicative cruciali. I teorici e i ricercatori della Resource Mobilization Theory
parlano del quantitativo di risorse che magari sono disponibili in un dato luogo ed in un dato momento.
Parlano del livello di organizzazione della società, che è sviluppato in un dato luogo e in un dato momento.
Cominciano a riflettere su tutta una serie di variabili a livello macro (strutturali) e che nel loro modello
diventano variabili esplicative cruciali. Ragion per cui questi studiosi si aspetteranno che ci sia più
mobilitazione in una società ricca di risorse, e in una società con un alto livello di organizzazione sociale (per
ex. USA) piuttosto che in un altro posto dove c’è un altro periodo storico in cui c’è povertà di risorse che
possono essere allocate e dove il livello di organizzazione sociale è molto basso.
Per i teorici della Resource Mobilization Theory è molto importante la presenza di una struttura
organizzativa perché diventa un elemento che aiuta la previsione di mobilitazione.
• Collezione e allocazione di risorse, reclutamento della membership (avere una membership ricca di
risorse è diverso da avere una memebership che non lo è), coordinamento di campagne di protesta, diverse
formule organizzative (densità organizzativa, relazioni centro/periferia, relazioni Inter-organizzative, ecc.)
POLITICAL OPPORTUNITY STRUCTURE è l’approccio più strutturale perché mentre l’approccio del resource
mobilization theory si sofferma soprattutto su variabili di risorse economiche, l’irrazionalità ecc. è diverso
dal new social movements che invece si basa più sugli aspetti dell’identità ecc. ma ambedue sono simili
perché guardano a ciò che c’è dentro al movimento. Con gli studiosi della political opportunity structure si
abbandona l’idea di guardare dentro, si lascia l’enfasi sulle variabili endogene e ci si muove sulle variabili
esogene.
• Enfasi su fattori esogeni e a livello macro-
• Le tensioni nella società non sono sufficienti a produrre mobilitazione (come in RMT)
Even a cursory look at modern history shows that outbreaks of collective action cannot be derived from the
level of deprivation that people suffer or from the disorganization of their societies; for these preconditions
are more constant than the movements they supposedly cause. What varies widely from time to time, and
from place to place, are political opportunities, and social movements are more closely related to the
incentives they provide for collective action than to underlying social or economic structure (Tarrow)
• Allignammo shifts
• Conflitto tra le elites
• Struttura di alleati/ oppositori
• ... Espansione drammatica delle variabili (incluso le percezioni)
Altre grande differenza con Parsons, in Luhmann una centralità fondamentale è quella dell’ambiente
SISTEMA VS. AMBIENTE
- L’ambiente, con la sua elevata e crescente complessità, è collegato ai sistemi in una relazione di
opportunità e minaccia (Luhmann si confronta molto su questo confine che esiste fra i fenomeni sociali e i
loro ambiente. In Luhamann è molto importante capire che questo ambiente è allo stesso tempo qualcosa
di esterno ma anche qualcosa di intimamente collegato al sistema) : l'ambiente impone esigenze e il
sistema deve sviluppare strategie per far fronte ad esse.
Il sistema per rimanere tale deve confrontarsi continuamente con questo ambiente. Da una parte abbiamo
un ambiente che diventa sempre più complesso, dall’altra abbiamo un sistema che per rimanere sistema
deve ingaggiarsi, deve rispondere a questa complessità crescente dell’ambiente e quindi lui stesso, sistema,
diventare complesso.
- I sistemi sociali si rafforzano nella loro capacità di rapportarsi alle sfide all'ambiente. Sviluppando le sue
complessità interne, un sistema diventa sempre più capace di ridurre le complessità ambientali.
Un sistema per rimanere separato dall’ambiente deve misurarsi con la complessità di questo ambiente.
- E quindi La capacità di confortarsi con l'ambiente è proporzionale alla complessità interna del sistema.
Nelle sue ultime opere Luhmann arriva a dire che ciascuno di noi è un sistema a se stante, e nel momento
in cui comunica con le altre persone si trova ad interagire con altri sistemi, che sono le altre persone, con
ambiente circostante. E quindi vede nella comunicazione il momento in cui il sistema si confronta con
l’ambiente. Questo accento sulla comunicazione è fondamentale e rende un parallelismo con Habermas (in
Habermas la comunicazione è portata avanti da soggetti attivi che attraverso al comunicazione pongono le
basi normative del sistema sociale, in Luhmann invece si tratta di uno scambio quasi meccanico che esiste
tra il sistema e il suo ambiente).
Luhmann ha una visione astorica e antiumanistica della società, Luhamnn non vede al centro del mondo
l’individuo, l’essere umano, la funzione vitale ma vede il sistema al centro e gli essere umani non fanno
altro che svolgere un ruolo all’interno di questo sistema.
3 DIMENSIONI DELL’AMBIENTE
• Dimensione temporale
• Dimensione materiale
• Dimensione simbolica
Luhmann si è interessato a diversi tipi di sistemi (all’arte, al mercato, alla famiglia, all’individuo ecc.), per
ciascuna di queste realtà Luhmann ha ragionato in termini di sistemi. Ecco perché ciascun sistema si ritrova
a dover fare i conti con tre dimensioni principali dell'ambiente.
• Interazione (poco stabile → stabile nel senso si non stabilizzato , ad esempio fra sconosciuti). Per
Luhmann un sistema sociale e tanto più sistema quanto più complesso e più stabile è. Inoltre è tanto più
sistema quanto più riesce a confrontarsi con le sfide dell’ambiente circostante.
• Organizzazione (sistema sociale che "stabilisce" comportamenti altrimenti instabili).
• Società quando ci si muove sul piano societario (Luhmann nelle sue ultime opere si confronta sulla
"società mondiale" con tutti i sistemi di comunicazione e di organizzazione).
Luhmann rovescia l’idea di Parsons, dando più importanza alle funzioni.
L’idea di Luhmann è capire in che misura queste funzioni costituiscono effettivamente la causa soggiacente
al sistema sociale.
CAUSA ≠ FINE
* abbiamo un approccio esplicativo (causa) quando cerchiamo ci capire quali sono le cause che producono
l’effetto.
* abbiamo un approccio teleologico (finalistico) quando cerchiamo di capire quali sono le motivazioni per
cui un certo fenomeno ha luogo.
In un approccio struttural-funzionalista – partendo da Parsosn – quello che diventava rilevante era capire le
funzioni per le quali l’azione sociale viene svolta.
In Luhmann questi due momenti (**) vengono nuovamente riavvicinati. La grande finalità di Luhmann è
cercare di individuare fenomeni diversi che hanno la facoltà di realizzare funzioni relativamente simili.
"FUNCTIONAL EQUIVALENTS"
- Fenomeni diversi hanno la facoltà di realizzare funzioni relativamente simili
- Assunta come problema di riferimento una determinata causa, l'analisi delle equivalenze funzionali ordina
un certo campo di effetti funzionalmente equivalenti rispetto a quella causa→ ex. rispetto al pluralismo
culturale, l’analisi delle equivalenze funzionali mi ordina questo campo in termini di effetti funzionalmente
equivalenti, perché il pluralismo culturale dipenderà dai pakistani in UK e dai marocchini in Italia.
- La funzione è definita in modo che risulti indipendente dal vecchio concetto di causa e nello stesso tempo
comprensivo di essa.
(Nel momento in cui mi interrogo sul pluralismo religioso, sul cosa porta il pluralismo religioso, sugli effetti
del pluralismo religioso ecco che parlare di “functional equivalents” è una maniera per interrogarmi sulla
causa che mi porta al pluralismo religioso).
- I fenomeni sociali non dipendono da processi mono causali o da precondizioni necessarie, ma da una
pluralità di circostanze funzionalmente orientate verso una certa gamma di esiti possibili (≠ da Shutz e
Husserl).
- L'attenzione scientifica risulta così rivolta alla descrizione di fenomeni la cui caratteristica è quella di poter
produrre l'uno indipendentemente dall'altro il medesimo effetto.
ANTI-UMANESIMO / ANTI-STORICISMO
• Realtà sociale come intreccio di mere correlazioni sistema-ambiente (continuo aggiustamento di ogni
sistema rispetto alla complessità crescente dell'ambiente circostante secondo le tre dimensioni), il cui gioco
progressivamente sempre più complesso resta aperto a possibilità infinite.
Quindi ogni sistema trovandosi di fronte a questo aggiustamento rispetto all'ambiente comincia a correlarsi
nella soluzione di quelle tre dimensioni e quindi le possibilità rimangono infinite. Il gioco delle possibilità è
infinito, la maniera in cui l'interazione come tipo di sistema sociale 1 poi vada a finire questo non lo
sappiamo, questo vale anche per il tipo di sistema sociale 2 e 3.
• Non c'è Nessuna "mano invisibile" (tema forte negli economisti classici) che guida segretamente la storia,
selezionando provvidenzialmente i fatti e riducendo la contingenza dei fenomeni sociali (la mano invisibile
non è socialmente quella di Adam Smith, ma anche quando abbiamo fatto Marx abbiamo detto che vedeva
la storia come un materialismo dialettico in cui le classi si fronteggiavano l'una con l'altra è che
irrimediabilmente c'era un progresso che portava verso il comunismo. Quindi la storia dell'umanità era
stata una lotta di classi e poi finalmente si andava verso una storia senza classi. Tutta questa idea di un
mondo con le mani invisibili, con il progresso, scompare in Luhmann e quello che rimane è una correlazione
quasi meccanica tra sistema e ambiente, non c'è più una vocazione storica e umanistica che conduce le
cose).
• L'evoluzione dei sistemi, e la loro crescente complessità è affidata contro ogni filosofia della storia di tipo
organicistica o finalistico, all'intervento da fattori non solo casualmente indeterminati, ma in larga misura
sottratti alla possibilità di controllo dei soggetti umani. Il soggetto vivente non è "attore" principale degli
eventi e dei processi sociali. L'uomo non è al centro del mondo, la storia non è al centro del sistema sociale.
Quindi l'evoluzione dei sistemi non è affidata all'intervento di fattori non solo causalmente determinati ma
anche in larga misura sottratti alla possibilità di controllo dei soggetti. Tutto questo approccio actor-centric,
quindi centrato sugli attori, in Luhmann scompare e quello che vediamo è un approccio totalmente olistico
che porta alle estreme conseguenze d'ispirazione di Parsons e che per l'appunto caccia fuori gli attori e li fa
rimanere nel sistema fintanto che svolgono un certo ruolo. All'interno del sistema ci sono dei ruoli che poi
vengono assolti, implementati da degli attori ma che sostanzialmente che sono sostituibili l'uno con l'altro
fin tanto che svolgono quel ruolo.
• I vari protagonisti di eventi e processi non sono più gli uomini o i gruppi con i loro bisogni materiali e il
loro "valori", ma i ruoli e le funzioni, i sistemi e gli ambienti: tutto un mondo di "datità" (= di dati olistici) e
di relazioni in qualche modo oggettive, nel quale gli individui operano come meri elementi interscambiabili.
In Luhmann siamo approdati ad una teorizzazione dei sistemi sociali che estrema (estremismo opposto a
quello degli economisti classici → gli economisti classici vedevano solo individui e per loro il sistema era il
mercato nel quale arrivano gli individui e iniziano a scambiarsi le cose. Ogni individuo sa quello che vuole,
quello che prende, conosce i valori, conosce le sue e le preferenze degli altri. Quindi il mercato non è altro
che la somma degli atti di questi individui che arrivano al mercato). Per Luhmann siamo all'opposto, quello
che conta è il sistema, e gli individui che sono dentro sono nient'altro che dei punti all'interno di questo
sistema. Punti che per l'appunto possono essere implementati da altri individui. Il sistema nella tradizione
liberale, classica era qualcosa di molto molto scarno e l'accento principale era dato all'attore individuale,
all'uomo. Qui invece abbiamo l'opposto, il sistema è in tutto e gli attori ci sono, ma ci sono soltanto perché
devono schiacciare un pulsante, quello che conta è quello che fa quel pulsante.
• Lo stato di diritto è invece per Luhmann la forma più sviluppata dell'autonomia, anzi dell'assolutezza, nel
senso etimologioco di "sciolto da ogni legame" (esterno) (→ idea di autonomia ovvero l'idea di essere
autosufficienti) del sistema politico moderno.
Per Luhmann il sistema democratico è qualcosa di totalmente autonomo che non ha nulla a che vedere con
il cittadino.
• Attraverso la positivizzazione del diritto (=porre in legge i diritti) lo stato moderno si è liberato da ogni
vincolo proveniente da altri sottosistemi ideologico-sociali come la morale, la religione, il denaro-proprietà,
i vincoli dinastici, ecc.
(Nell'idea dei fondatori del diritto democratico c'era il fatto di liberare l'individuo da dei sistemi
particolaristici -per ex sistema famigliare-). Per Luhmann il diritto lungi dall'essere collegato ai cittadini
diventa lui stesso un sistema in totale autonomia rispetto a molti altri sistemi (che sia il denaro rispetto al
capitale, la religione ecc)
• Lo stato moderno può operare presupponendo a priori il passivo consenso dei cittadini, i quali si
dispongono di ubbidire senza particolari motivazioni. Del resto l'imponente aumento della complessità
social, dei flussi di informazione e dunque delle competenze che sarebbero indispensabili per sorvegliare la
gestione della cosa pubblica pone il cittadino nell'impossibilità di seguire attivamente la gestione del
sistema democratico.
L'interrogativo è che la complessità è talmente aumentata, c'è una complessità tale per cui è diventato
molto complicato per il singolo cittadino di gestire tutte le informazioni e tutte le procedure che lo
porterebbero a formare quella sfera pubblica in maniera razionale, lucida e serena dopo un percorso di
riflessione, di scambio e di discorso con gli altri cittadini. Per Luhmann tutta questa idea, molto
habermansiana, di uno scambio razionale all'interno della sfera pubblica che pone il cittadino al centro
della democrazia è un'idea illusoria. Luhmann vede un sistema mondiale a complessità crescente e che
raggiunge livelli di complessità che non sono più comprensibili dal punto di vista del singolo cittadino e che
infatti rendono il sistema sempre più forte e sempre più autonomo rispetto agli altri sistemi (che sia il
sistema etico, religioso, famigliare, sulle tradizioni ecc).