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LEZIONE 1

La coesione sociale: origini del concetto

Il termine coesione sociale è un termine ottocentesco, vi è una data dove collocarlo, il termine è
un’invenzione del padre studioso della sociologia Emile Durkheim, alsaziano, francese. Nel 1893
scrive un libro importantissimo intitolato “la divisione du travail social” in cui per la prima volta
emerge questo concetto di coesione sociale.
Emile intende con questo termine, innanzi tutti scrive in un periodo storico complesso e difficile,
periodo i cui si inizia a profilare una società nuova rispetto al mondo della vecchia europa agricola
post feudale e commerciale, durante tutto l’ottocento si assiste a quella che polani definisce la
grande trasformazione, l’europa cambia completamente il suo assetto dal punto di vista sociale,
produttivo, spaziale e territoriale, nel 1800 vi è il secondo grande ciclo di urbanizzazione europea,
cresce anche quantitativa delle città. Le vecchie città europee erano di dimensioni limitate, le città
dell’ancien regime, le città che venivano fuori dal primo ciclo di urbanizzazione tardo medievale
erano città che raramente superavano i 50/100 mila abitanti. Con il 1800 abbiamo un massiccio
fenomeno di crescita delle città che è accompagnata da una trasformazione dei rapporti sociali, il
vecchio mondo che piano pieno finisce, le società precedenti prima della rivoluzione francese dal
punto di cista politico e dal punto di vista industriale prima della rivoluzione erano società basate
su una rigida suddivisione, in ceti sociali. Terzo stato della rivoluzione non comprende quelli dei
primi due stati ovvero clero e nobiltà. Ceti cui si apparteneva per nascita.
Questo sistema viene completamente scardinato dall’irrompere del nuovo sistema industriale che
crea nuove classi sociali, quelle che marx definì proletariato e borghesia. Si creano tutta una serie di
tensioni e problemi sociali, gigantesca questione sociale che attraversa tutto il 1800 con rivolte e
momenti molto alti di conflitto e tensione politica e il discorso di durkheim si inserisce proprio in
questo orizzonte, orizzonte di grande instabilità. Grande interrogativo, come finirà questa faccenda?
Vengono a crearsi ipotesi molto diverse, i seguaci di marx parleranno per esempio di una teoria del
conflitto, irrisolvibile e radicata nella nuova società. Durheim offre un’altra prospettiva e possibilità
e vuole differenziarsi sia dai conservatori che erano tutti tesi a rimpiangere il vecchio ordine dei ceti
che si era dissolto e che proponevano un ritorno all’antico e dall’altra parte cerca di contrastare la
posizione invece delle ipotesi socialiste declinate in maniera diversa che comunque prevedevano
una progressiva dissoluzione della differenza tra le classi sociali che si erano venute e creare e
l’avvento di una società che si era venuta a creare.
Durkheim per cercare di trovare la chiave interpretativa della società che stava vivendo, va a vedere
come funzionavano le società antiche e per contrapposizione fornisce un quadro di come
funzionano le società a lui contemporanee. Le società del mondo classico come grecia e roma
funzionavano secondo un principio di solidarietà meccanica ovvero che quelle società antiche erano
fondamentalmente eteronome ovvero in cui le norma del comportamento sociale erano dettate da
una serie di prescrizioni rigide che derivavano da credenze condivise, da valori condivisi, per cui le
società antiche sono meccaniche in quanto che ai singoli individui è lasciato margine di libertà molto
limitato. Queste società hanno anche una specializzazione dei singoli che è molto limitata e qui
insegue una classificazione, vi erano tre tipi di cittadino delle società antiche: guerrieri, sacerdoti e
contadini, società tripartite. Quello che è importante secondo durkheim è che in realtà nessuno è
così specializzato da essere indispensabile, con un minimo di addestramento e formazione chiunque
può ricoprire uno dei tre ruoli. Il contadino se formato può diventare guerriero e il guerriero
sacerdote con lo studio. Questo significa che queste società sono naturalmente compatte perché
sono strutturate da queste grandi norme in cui tutti si riconoscono.
Questo non vi è nelle società moderne perchè queste ultime sono società organiche, di solidarietà
organica ovvero da una parte gli individui sono molto più autonomi nelle società contemporanee
che nelle antiche, in apparenza però perché nella realtà il mondo della società industriale è un
mondo complesso in cui si sviluppano delle tecnologie e dei sistemi di occupazione e relazione che
sono molto delicati e sono molto integrati. Inoltre, in questo mondo delle società organica le
competenze dei singoli sono molto difficilmente sostituibili. Si crea quindi una interdipendenza
molto forte tra un membro e l’altro della società. Per dirlo in parole povere le società
contemporanee sembrano meno integrate di quelle antiche, ma in realtà sono più organiche perché
tutti gli individui svolgono una funzione specifica. Individui parzialmente autonomi, ma nel
momento della dimensione collettiva della produzione sono uno interdipendente all’altro.
Queste società sono estremamente integrate perché sono società funzionali, quindi la coesione
sociale nasce dal fatto che i singoli devono capire di far parte di un sistema delicato di
interdipendenze e questo è un monito che rivolge alle tendenze rivoluzionarie del tempo, non si
può cambiare da così perché ci vogliono delle specifiche competenze, servono delle differenze tra
gli individui nella loro formazione e capacità che sono il frutto di un lungo e complesso processo
sociale. Dunque per far si che la macchina sociale complessiva funzioni bisogna accettare il fatto che
esitano delle differenze, che però non possono essere troppo grandi perché effettivamente una
differenza di retribuzione per le diverse mansioni svolte per esempio, certamente creano tensioni e
conflitti, ma bisogna considerare che questi conflitti e tensioni passano in secondo piano rispetto al
funzionamento della macchina sociale complessiva e al miglioramento anche delle condizioni di vita.
Ottimismo ottocentesco per cui le società progrediscono e vanno verso il maggiore benessere per
tutti: il positivismo.
Poi durkheim postula la superiorità della sociologia. Compte dava alla sociologia il primato delle
scienze, più modestamente durheim che scrive dopo compte dona comunque alla sociologia una
funzione di indirizzo sociale, è vero che esistono disuguagliante economiche, la quetione sociale, i
lavoratori sono poveri, però dobbiamo tenere presente una serie di fattori:
1. quando c’è uno scambio mercantile tra due individui, non è come dicono i teorici che c’è
solo lo scambio, critica l’individualismo metodologico, ma ci deve essere un terzo come
garante ovvero la società, poiché altrimenti potrebbe essere un imbroglio.
2. Gli individui quindi sono il prodotto di un determinato sistema sociale, non i creatori,
3. Gli individui sono interdipendenti
4. E il fatto che esista la società che è un elemento regolativo che definisce il funzionamento
della macchina sociale complessiva fa si che si sia una sorta di morale che anima la società e
che da questa deriva la coesione sociale. La coesione sociale deriva dal fatto che tutti si
rendono conto che ognuno ha il proprio posto, non ci sono ruoli più o meno importanti, ma
ovviamente ci sono differenze in retribuzione ecc. il suo ruolo è complementare e accessorio
rispetto alla mansione principale svolta dall’altro
5. In nome di questo tipo di condizione e situazione lo stato deve quindi intervenire per evitare
che si scavino delle diseguaglianze eccessive che possono nuocere alla coesione
Dopo durkhaim, questa idea di coesione sociale, viene quasi completamente dimenticata. Pian
piano inizia quindi a raffiorare nei primi anni 90 del 1900 quasi 100 anni dopo la sua prima
elaborazione. Questa nozione torna a proporsi soprattutto nella documentazione di alcuni
organismo delle nazioni unite, ma in realtà già prima che l’UNESCO inizia a far proprio questo
concetto, lo si trova anche in altri organismi internazioni. Rapporto fragonard nel 1993 in francia,
bisogna ripenare a vecchi concetti come quello di coesione sociale.
Perché è stato dimenticato questo concetto?
Fondamentalmente il motivo è che se ne occupava qualcun altro di metterla in opera, nel senso che
quello che aveva intuito durkheim cioè il fatto che queste società industriali da una parte fossero
così strettamente intrecciate di relazioni da rendere difficile di pensare delle trasformazioni radicali
dei loro assetti e dall’altra che lo stato dovesse intervenire cercando di moderare le diseguaglianze
sociali ecc ecc era stato poi in pratica fatto proprio e concretizzato da quelle che erano state le
istituzione dello stato assistenziali così come si era andato delineando nei paesi avanzati dopo la
seconda guerra mondiale. Progettare l’architettura di una società nuova in cui non ci siano più quelle
discrepanze così radicali che avevano alimentato i poteri totalitari dell’ante guerra. Questo si fa con
un meccanismo lineare, gli stati del welfare funziona questo stato assistenziale che aiuta e sostiene
il cittadino dalla culla alla bara, il cittadino è tutelato e protetto: lo stato utilizza una parte del reddito
fiscale che giunge dalla tassazione per finanziare un sistema pubblico di sanità trasporto scuola casa
popolare. Le esigenze fondamentali dei cittadini di questi stati sono seguiti da questo welfare, che
garantisce certezze e basi solide per poter sviluppare le proprie capacità e i propri talenti. Tutto
questo perciò fa passare in ombra la questione tardo ottocentesca della coesione sociale, anzi
semmai in questo periodo la critica che fanno alcuni economisti conservatori allo stato assistenziale
è che è fin troppo tutelante che la presenza ingombrante dello stato assistenziale impedisce ad
alcune energie economiche di sviluppare le loro potenzialità. Sono troppo protetti, la gente si
impigrisce ecc ecc. questo tipo di orizzonte tramonta rapidamente dopo la metà degli anni Settanta,
quando si concludono i trenta gloriosi anni, ovvero gli anni che vanno dal 1945 al 1974/75, 30 anni
in cui secondo questi studiosi in europa si è stati meglio dal punto di vista delle garanzie ecc. questa
epoca finisce quando da una parte subentrano delle crisi economiche legate ad esempio al prezzo
del petrolio che rallenta la crescita dei paesi sviluppati con l’innalzamento del prezzo del petrolio
che era materia prima indispensabile e dall’altro verso in questi anni inizia a profilarsi la rivoluzione
tecnologica dell’informazione che finirà per trasferire verso un orizzonte più ampio tutta la pratica
della produzione, mentre al tempo stesso si sviluppano piccole sacche di nuova povertà anche nei
paesi sviluppati. Tutto inizia a cambiare e le società avanzate iniziano a diventare molto più diseguali
di quanto non fossero in passato.
Allora torna in auge il termine di coesione sociale e come spesso accade certi concetti tornano in
auge quando si sente che qualcosa non funziona più. Analogia con i tempi di durkheim che si trova
a parlare di coesione sociale in un contesto in cui il conflitto è molto maggiore della coesione.
Quando viene reimpiegato il concetto di coesione sociale nessuno si prende la briga di definirlo
chiaramente, addirittura nel 2003 viene creato per la prima volta in francia un ministero ad hoc, ma
nessuno si preoccupa di definire che cosa sia la coesione sociale, mentre durkheim aveva avuto il
pregio di spiegare chiaramente che cosa intendeva per il termine di coesione sociale, in realtà
quando poi il concetto 100 anni dopo viene nuovamente utilizzato nessuno cerca di darne una
definizione in positivo, all’inizio arriva quasi a presentarsi come la denuncia di un vuoto, di
un’assenza. Il termine si definisce quasi da sé, si dà per scontato che tutti sappiano che cosa era il
termine della coesione sociale. Negli anni successivi ci sono alcuni lavori che cercano di definire
questo termine, però il riferimento a durkheim è un riferimento di maniera, tutti lo citano, ma
nessuno poi va a vedere nel dettaglio come avesse formulato il concetto originario.
Perchè torna proprio nei primi anni 90? Bisogna riflettere nelle trasformazioni che sono avvenute,
gli anni più selvaggi della globalizzazione (i 30 di prima), in questi primi 15 anni la globalizzazione si
fa mondo e pianeta, il libero mercato unifica il pianeta e questo comporta una ricaduta pesantissima
sulle società avanzate, da una parte queste società già scontavano la riduzione del welfare e lo stato
welfariano perché gli stati avevano avuto meno risorse da investire, non ti do i soldi in tasca, ma ti
do la scuola pubblica gratuita. Servizi in cambio di denaro, al posto di salario. Il sistema aveva
funzionato molto bene, ma si comincia a inceppare dopo gli anni 70 perché le risorse sono sempre
più ridotte. Nei primi anni 90 i processi accelerati di globalizzazione hanno cambiato l’assetto dei
paesi sviluppati, le società dei paesi sviluppati sono passate da essere società industriali a post
industriali, gli oggetti si sono distribuiti a livello planetario, delocalizzazione delle imprese, processi
che sono stati anche permessi e sostenuti dai nuovi media e comunicazioni. Es. telefonata
intercontinentale negli anni 70. È chiaro che quando la nuova tecnologia ha favorito le
comunicazioni e gli spostamenti. La globalizzazione è stata agevolata da nuove possibilità di
comunicazione e trasporti e ha avuto come suo aspetto la deindustrializzazione dei paesi
industrializzati, ha creato una situazione inedita, il vecchio mondo della società industriale si è
dissolto e ha lasciato il posto a un mondo nuovo molto più complesso.
Il processo di redistribuzione su scala planetaria della produzione e con la nascita di nuove centrali
produttive in paesi remoti che non avevano una tradizione industriale, ha alterato moltissimi
equilibri e come li hanno alterati anche i processi di finanziarizzazione dell’economia e che hanno
conosciuto il loro culmine nella grande crisi del 2008 dove noi eravamo ancora nel pieno del cono
d’ombra di questa crisi ancora prima della pandemia che ha contribuito a peggiorare le condizioni
dell’economia dei paesi sviluppati. Questa idea durkhaniana in cui le diverse imprese e le
specializzazioni dei singoli si dispongono come organi di un medesimo corpo perde forza nell’era in
cui la globalizzazione mette in competizione tutto con tutto e si crea un nuovo sistema che molto
studiosi tra cui manuel castels, famoso sociologo catalano, che nella sua celebre trilogia sulla nascita
della società delle reti ha messo in evidenza come la globalizzazione funzioni come un sistema di
reti piuttosto che come un corpo organico, alcuni elementi diventano decisivi e in cui le singole
imprese giocano una partita fatta di alleanza che possono in ogni momento essere messe in
discussione e venire rescisse a seconda della competizione ecc, gli stessi territori subiscono questo
nuovo sistema nella loro organizzazione. Hanno una sede circa centrale in un paese poi le attività
della produzione sparpagliate e contabilità in un altro ancora.
Per questo la coesione sociale ritorna in un momento in cui c’è uno smarrimento del concetto di
società locale e nazionale e questo movimento planetario delle imprese che va ben oltre i confini
nazionali rendono difficile il perché del riaffacciarsi del concetto se non lo inquadriamo nel contesto
dell’affacciarsi di una nuova questione sociale come sostiene in un libro interessante robert castel
sulle metamorfosi della questione sociale del 1995 in francia. In questo libro, che è una delle chiavi
per capire la contemporaneità, dice che siamo in una situazione diversa di quella del passato perché
bisogna affrontare problemi che si pensavano passati come la casa e il precariato, questa nuova
coesione sociale che avanza trova dei governi che non la sanno gestire e di qui il richiamo alla
questione della questione sociale, castel dice che si moltiplicano nelle società avanzate condizioni
di vulnerabilità disaffiliazione, ci si sente sempre meno parte di una struttura sociale che funziona e
che opera positivamente. Condizione di fragilità dal punto di vista occupazionale in cui anche
persone che hanno una formazione e delle qualifiche di alto livello possono trovarsi a dover passare
da un lavoro precario all’altro o a non avere una continuità lavorativa. Mentre un tempo si entrava
in una condizione a tempo indeterminato con relativa facilità.
Alcuni autori che pur non trattando specificamente di coesione sociale, ma di capitale sociale, però
fanno riferimento a questioni molto vicine a quelle che sollevava durkheim e che sono state poi
riprese dagli organismi dell’unione europea. In particolare coleman e putnam, il primo è un
sociologo originale e interessante che nei suoi primi lavori lui già inizia a rendersi conto che le società
avanzate stanno conoscendo una serie di intoppi e rallentamenti che presentano dei problemi dal
punto di vista della tenuta sociale complessiva già nella seconda metà degli anni 80. Venir meno di
un certo tipo di relazioni di vicinato, affievolirsi delle reti solidali, legate ai processi di
trasformazione, il venir meno della struttura a base sostanzialmente femminile che alimentava le
reti di vicinato tradizionali. Inoltre diceva sempre coleman anche la dimensione del vicinato ha
smesso di essere una dimensione di riferimento per la propria identità personale e collettiva perché
è diventato un vicinato di sconosciuti. Saltano alcune reti che tenevano anche quartieri sfavoriti.
Coleman ha voluto principalmente sottolineare il fatto che esiste un bagaglio di relazioni e valori
che si vanno a costituire nel corso dell’esistenza grazie anche a un determinato ambito o milieu di
appartenenza dove si cresce. Coleman insiste sul fatto che questo capitale sociale è dato anche dalla
capacità delle persone di lavorare insieme e che secondo lui è legato dal grado con cui le comunità
vivono norme di coesione sociale e qui torna durkheim (capacità di lavorare insieme), ma vede
anche la componente soggettiva.
Putnam nel suo libro cerca di spiegare il perché del successo dell’italia dei distretti., ovvero dell’italia
della produzione su scala piccola e media che ha fatto la fortuna del paese fino a tutti gli anni 80
prima di subire a un processo di declino legata anche ad alcuni fattori della globalizzazione. Putnam
definisce il capitale sociale e tornano temi di durkheim come efficienza della società del suo insieme
e la forza individuale del singolo. Il capitale sociale inteso come una serie di atteggiamenti e
patrimoni condivisi che secondo putnam favorisce poi una dimensione e di produzione anche
economica e di creatività e solidità sociale per questo reciproco gioco di riconoscimento. Allora
questo tipo di condizione crea l’humus, il terreno fertile perché si possano sviluppare delle attività
che sono sostenute da un impegno civico, da una presenza di cittadini e di essere cittadini
consapevoli. il concetto di capitale sociale si avvicina molto al concetto odierno di cittadinanza
attiva. C’è un continuo ricorso a partire dai primi 90 a concetti che mettano in luce l’importanza
delle reti sociali proprio nel momento in cui queste sembrano che si vadano affievolendo.
Non a caso qualcuno ha parlato di coesione sociale come di un quasi concetto che nasce in un epoca
di crisi, ovvero non è un concetto chiaramente definito, ma che può avere grandi accezioni e
interpretazioni, ma che ha profonde giustificazioni dal punto di vista storico e sociale perché
l’emergere di questo concetto è segnale di un progressivo allentamento di quelle che sono le
relazioni tra le persone. Tutti questi approcci che mettono in luce le reti sono a volte approcci come
in coleman segnati anche dalla consapevolezza dell’esistenza di un’altra faccia della medaglia, non
a caso putnam che aveva studiato anche questo tipo di relazioni nelle città statunitensi, in uno dei
suoi libri più amari mette in luce anche negli stati uniti il venir meno di questo tipo di relazione.
America che scompare, non è più quella di un tempo dive la gente andava a giocare il sabato sera
insieme, in cui da relazioni amicali diventano relazioni conflittuali e di ostilità in cui piano piano
anche il concetto di capitale sociale che egli aveva introdotto si sfilaccia e va a scomparire
all’orizzonte.

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