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Marx

Carl Marx (Treviri 1818 – 1883) fu un importante filosofo del 800; il suo pensiero è complesso, ma
allo stesso tempo ampio e “completo”; infatti nella sua filosofia racchiude vari settori: tra cui
quello economico, sociale e politico.
Proveniente da una famiglia ebrea in seguito convertita al protestantesimo, non sarà mai molto
legato alla religione in quanto crescerà in un ambiente laico che lo porterà a provare un forte
interesse per le idee, in particolare quelle illuministe.
Avendo deciso di indirizzare i suoi studi verso la giurisprudenza e poi sul giornalismo politico ebbe
modo di esporre le sue idee, che però si proposero subito come pensieri radicali, e ciò gli provocó
parecchi problemi, tra cui l’espulsione da vari paesi (Parigi, Belgio), che lo porteranno poi a vivere a
Londra; (paese con una politica liberale che quindi gli permetterà di esprimere le sue idee
liberamente).
Gran parte della sua filosofia si basa sul modo in cui sostiene, e a volte critica alcuni tratti del
pensiero di Hegel e Feuerbach; due filosofi molto vicini a lui dal punto di vista storico.
Trattando di Hegel ne apprezza il modo in cui concettualizza la storia; ovvero come un alternarsi di
contrasti e scontri continui; che definisce “tesi” ed “antitesi”(più in generale questi due termini
stabiliscono l’affermarsi di un qualcosa, e in seguito la negazione dello stesso). Lo sbaglio di Hegel,
secondo Marx è stato credere che alla fine di tutto ci sia sempre una soluzione che viene da sé,
detta “sintesi”; infatti per Marx questa soluzione sicura non c’è sempre; un esempio ne sono le
guerre, i conflitti…che non hanno avuto sempre delle soluzioni egualitarie,, c’è sempre stata una
parte che prevale sull’altra.
Marx continuerà col criticare Hegel per essere caduto nel “misticismo logico”, ovvero aver creduto
nell’esistenza di un percorso storico necessario, che si realizza sempre.
Marx afferma che ciò non avviene a causa di un fattore idealistico, astratto o spirituale; ma a causa
di una necessità materialistica, concreta… In breve va quindi contro il pensiero idealista che vede
prima l’astratto e poi il concreto, cosa sbagliatissima e impossibile per lui.
Più in generale parla di come il liberalismo sia un sistema ipocrita che non riesce a tenere in piedi
la società nel modo in cui promette; ovvero con il raggiungimento di un’uguaglianza tra le classi;
poiché lo stato si schiera con chi ha potere.
Il liberalismo porta quindi a una società egoistica, basata sulla diversità.
La diversità a cui lui accenna si evidenzia nella classe operaia, in cui i lavoratori subiscono un
alienazione principalmente economica; in cui l’uomo non sente più il suo essere tale, ma si sente
un animale, un macchinario; che a sua volta dipende dipendente da vario fattori: si aliena al
prodotto che produce pur non essendo suo; all’attività che svolge, pur non essendo di sua
proprietà; si aliena alla sua essenza, cioè il suo lavoro che essendo meccanico non lo lascia essere
creativo, perde quindi il suo essere… infine si aliena poi al suo prossimo, cioè il capitalista, con cui
ha un rapporto servo-padrone che pone un dominio su di lui.
Marx tenta di trovare una soluzione che liberi l’uomo da questo fenomeno, dicendoci e se si
risolvesse il problema principale, cioè la differenza economica tra classi, si risolverebbero poi tutti
gli altri tipi di alienazione.
Marx mette alla fonte di tutti i problemi il possesso dei mezzi di produzione.
Oltre a quella economica, Marx ispirandosi a Feuerbach parla di alienazione religiosa; tratta della
religione come un qualcosa di inesistente, un mezzo creato dalle classi dominanti per tenere a
bada l’uomo, (la compara all’oppio, a una droga)..
La principale critica che fa a Feuerbach è quella di aver pensato alla religione come un’illusione a
livello personale attraverso la quale l’uomo riesce ad aggirare le sue responsabilità, mentre invece
è un qualcosa di più grande che tocca la politica e ha come fine la dominanza di una classe sociale
sull'altra.
A questo punto elabora una sua dottrina economica che parte da una concezione materialistica
della storia, che ci allontana dall’astratto, facendoci comprendere che tutta la storia e l’evoluzione
sono sempre state basate sui bisogni dell’uomo, sul suo lavoro…(caccia, tecniche agricole,
macchinari, rivoluzione Industriale, tecnologie ec..), tutti questi bisogni hanno pian piano creato la
struttura della società che hanno composto poi le sovrastrutture, formate dal rapporto tra forze
produttive e rapporti di produzione.
Questo rapporto influenza poi la cultura, la società, la filosofia, la mentalità, le leggi, ec.. (la
sovrastruttura).
Secondo Marx i perni di questo rapporto iniziale possono identificarsi in due classi sociali;
borghesia (pian piano in declino) e il proletariato (sempre più in crescita).
I rapporti di produzioni(borghesia) che rallentano e le forze produttive(proletariato), veloci e in
continuo cambiamento arriveranno pian piano ad un contrasto che porterà ad una rivoluzione.
Questa parte del suo pensiero si trova nella sua opera: “il manifesto”.
Scrive poi “il capitale”, in cui c’è un’accezione ancora più impuntata sull’economia;
parla del valore sbagliato che si associa alle merci, e può essere: d’uso; ovvero il valore soggettivo
che ognuno attribuisce all’oggetto; e il valore di scambio, cioè la forza lavoro e il tempo impiegato
per la produzione. Quindi di per sé le merci non hanno un valore, ciò che conta è la forza lavoro
che c’è dietro; il suo scopo è eliminare il cosi detto “feticismo delle merci”, un fenomeno molto
diffuso, che tende a dare un valore superiore alle merci stesse piuttosto che al resto.
Spiega come il capitalismo abbia abbandonato lo schema economico M.D.M (merci, denaro, merci)
appartenente al periodo medievale e basato su un economia di sussistenza; e l’abbia sostituito con
D.M.D’(in questo caso il capitalista parte da un budget, con lo scopo di avere più soldi di quelli con
cui è partito).
Come si fa a produrre più denaro di quello iniziale? Lo spiega il “Fenomeno del plus valore”,che ha
come base una merce capace di produrre valore, che viene prodotta da operai salariati che
producono valore a loro volta; quindi in una relazione tra salario e valore della merce si scopre che
la forza lavoro é sottopagata(questo perché gli operai disponibili
sono ,aggiorni di quelli necessari, e di conseguenza il capitalista paga sempre il minimo
indispensabile, questo sfruttamento gli reca guadagno extra; da qui D.M.D’.
Il capitalismo ha però dei difetti strutturali che lo porteranno a crollare, come il continuo desiderio
di aumentare il plus valore, quindi il guadagno. Si é provato ad aumentare l’orario lavorativo e a
migliorare il lavoro(macchinari), così da produrre di più e in meno tempo.
Ci si getta su industrie che sembrano avere molto potenziale, ma si arriva a produrre troppo
rispetto alla richiesta (ad esempio un eccesso di produzione di macchine elettriche rispetto alla
richiesta del mercato, così molte macchine saranno invendute e quindi molte industrie falliranno).
A causa di ciò e di altri fattori ci sarà il bisogno di migliorare il prodotto in modo da venderlo,;
questo porterà a un guadagno minore rispetto all’ investimento sui macchinari, e ciò porterà al
fallimento.
Il proletariato ha la funzione di velocizzare questo fallimento, attraverso delle rivoluzioni a cui
seguiranno due fasi: socialista( si avrà una dittatura del proletariato che assumerà il potere delle
fabbriche). Comunista ( in cui il salario non sarà più distribuito sulla base del merito, ma del
bisogno); anche se Marx darà una visione molto astratta e teorizzata di questo società post-
rivoluzionaria.

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