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VITA
Karl Marx nasce nel 1818 a Treviri, in Germania, e muore nel 1883 a Londra. La sua famiglia è
ebrea, ma il padre di Marx, essendo avvocato, è costretto a convertirsi per continuare la sua
professione. Da giovane si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza, ma non essendo la sua strada
passa poi a Filosofia. A Berlino conosce i giovani hegeliani e studia la materia. Il titolo della sua tesi
di laurea è La differenza tra la filosofia della natura di Democrito e Epicuro: si tratta quindi di una
filosofia materialistica. Egli desidera diventare professore universitario, ma le sue idee sono
troppo progressiste e troppo critiche nei confronti della religione. Allora si dedica al giornalismo
politico, diventando caporedattore del giornale la “Gazzetta renana”, ma le norme del governo
prussiano diventano più rigide e questo giornale deve chiudere i battenti. Marx va allora a Parigi,
dove scrive degli articoli nella rivista degli Annali francotedeschi, che testimoniano il suo passaggio
al comunissimo. Qui fa amicizia con Engels, figlio di un imprenditore tessile di Manchester, che lo
aiuta economicamente. Inoltre Engels e Marx collaborano nella scrittura. Marx viene espulso dalla
Francia per le sue idee comuniste e si trasferisce a Bruxelles. Non potendo partecipare al primo
congresso di Londra del comunismo, Engels va per rappresentarlo. Intanto conosce Proudhon, un
socialista francese, che però successivamente critica perché lo considera un falso socialista.
Quando torna in Prussia, Marx fonda la “Nuova gazzetta renana”. Torna a Parigi, dove però non è
bel accolto, e si stabilisce allora a Londra. Qui scrive e soprattutto studia, iniziando la stesura del
Capitale. Con Engels, fonda l’Internazionale Operaia (o Prima Internazionale), un’associazione con
l’intento di unire l’intera classe operaia per migliorare le loro condizioni.
OPERE
Gli ambiti dello scibile studiati da Marx sono diversi: economia, filosofia, storia, teoria del diritto e
dello Stato. Nei suoi studi e in tutta la sua vita, Marx ha perseguito l’ideale dell’unione tra teoria e
prassi; quest’ultima è la tendenza a fornire un’interpretazione dell’uomo e del mondo che sia
anche impegno di trasformazione rivoluzionaria.
Nello Stato liberale, quello che è importante è la proprietà privata. Essa va bene per la borghesia,
ma non per le condizioni di vita dei lavoratori.
Marx, come aveva fatto Hegel, distingue tra borghese e cittadino: il borghese è colui che cerca il
proprio interesse ricavando profitto dalla sua attività; il cittadino invece cerca il rispetto dei diritti,
un interesse comune.
Secondo Hegel, all’interno dello Stato prevale il cittadino. Secondo Marx invece avviene il
contrario: nello Stato è il borghese che prevale sul cittadino, perché la proprietà privata è difesa
dallo Stato stesso.
Infatti, anziché essere lo Stato che imbriglia la società civile, innalzandola al bene comune, è
piuttosto la società civile che imbriglia lo Stato, abbassandolo a semplice strumento degli interessi
particolari delle classi più forti. Lo Stato non fa che riflettere e sancire gli interessi particolari dei
gruppi e delle classi.
La civiltà moderna rappresenta nel contempo la società dell’egoismo e delle particolarità reali, e
della fratellanza e delle universalità illusorie. Secondo Marx la falsa universalità dello Stato deriva
dunque dal tipo di società che si è formata nel mondo odierno.
Rifacendosi ancora una volta a Hegel, che aveva descritto il sistema borghese come la società del
bellum omnium contra omnes, Marx sorge i tratti essenziali della civiltà moderna
nell’individualismo e nell’atomismo, ossia nella separazione del singolo dal tessuto comunitario. E
siccome lo Stato post-rivoluzionario aveva legalizzato questa situazione, riconoscendo quali diritti
dell’uomo la libertà individuale e la proprietà privata, esso non è altro che la proiezione politica di
una società strutturalmente a-sociale.
L’ideale di società è una sorta di compenetrazione perfetta tra singolo e genere, tra individuo e
continuità, e nella quale ciascuno è realmente solo un momento dell’intero démos.
L’ALIENAZIONE
L’alienazione è la condizione in cui l’uomo non è più sé stesso. L’alienazione ha quattro forme:
riguardo al prodotto, riguardo all’attività, riguardo all’essenza e riguardo al prossimo.
L’operaio del 1800, è alienato: egli si priva dei prodotti che costruisce e li dà all’imprenditore;
come in Feuerbach, l’uomo si priva di qualcosa per darlo a un altro (prodotto). È l’imprenditore
che decide le ore di lavoro, le mansioni da svolgere, ecc. L’operaio è quindi costretto a seguire
delle regole dettate da un altro (attività). L’uomo dovrebbe sentirsi realizzato quando lavora.
Il lavoro per Marx è un’attività antichissima: nel momento in cui l’uomo ha avvertito i suoi bisogni,
ha iniziato a lavorare. Il lavoro è quindi il soddisfacimento dei propri bisogni primari, materiali. Poi
nella storia è nato anche il lavoro intellettuale. Ci sono tante cose che distinguono gli uomini dagli
animali, ma prima di tutto c’è il lavoro. Gli animali agiscono per istinto; gli uomini utilizzano
l’intelligenza.
Marx infatti è consapevole che nel lavoro ci sia sacrificio, ma è grazie a ciò che egli realizza la sua
essenza. L’uomo è alienato rispetto al proprio Wesen, cioè alla propria essenza, alla propria specie
(essenza). La prerogativa dell’uomo nei confronti dell’animale è infatti il lavoro libero, cioè creativo
e universale, di qualsiasi ambito; mentre nella società capitalistica è costretto ad un lavoro forzato.
Marx osserva che le relazioni tra operaio e imprenditore sono basate sullo sfruttamento di
quest’ultimo sul primo; allora siccome l’operaio e abituato a questa condizione, di conseguenza
anche le relazioni con il prossimo sono contaminate da questo male (prossimo).
LA DISALIENAZIONE
La dis-alienzaione dell’uomo si identifica con il superamento del regime della proprietà privata e
con l’avvento del comunismo. La storia si configura come il luogo della perdita e della riconquista,
da parte dell’uomo, della propria essenza. È per via degli avvenimenti storici che l’uomo è arrivato
alla sua condizione attuale di alienazione. Marx critica Feuerbach per la sua visione di alienazione,
perché quest’ultimo credeva che l’alienazione fosse un aspetto del tutto psicologico, interno,
mentre per Marx è il frutto del corso del tempo.
Nelle forze produttive ci sono gli uomini che lavorano, proprietari e dipendenti, macchinari e
anche le conoscenze.
Per rapporti di produzione si intende i rapporti che si instaurano tra gli uomini nel corso della
produzione. Tra persone impiegate nel processo di lavoro c’è quindi un rapporto, seppur negativo,
che si distingue in ruoli.
Prima viene l’aspetto manuale, il lavoro, le cose costruite dall’uomo, e poi viene la coscienza.
LA STORIA
la storia è un insieme di tappe, dove le società si susseguono, a causa dello squilibrio che si viene a
creare tra strutture e sovrastrutture. Dovrebbe esserci equilibrio, ma necessariamente e
ciclicamente questo equilibrio viene a meno, la classe dominante viene sostituita dalla classe
dominata.
Società asiatica
Società antica
Società feudale
Società capitalista
Futura società comunista (o socialista)
La borghesia non è capace di stare ferma, è innato nella borghesia il bisogno di ricerca di forze
produttive, ma così facendo quasi tutti saranno operai. Dunque, nel momento in cui tra le due
classi viene a meno l’equilibrio, ossia quando la classe operaia è di molto maggiore rispetto alla
borghesia, scoppia la rivoluzione.
Quando si arriverà alla futura società comunista, la proprietà privata verrà abolita. Così
scompariranno anche le classi sociali e il ciclo continuo della storia sarà interrotto. Allora anche lo
Stato verrà a meno, il quale non faceva altro che favorire una classe piuttosto che un’altra.
Queste sono le vie delle riforme, al posto della rivoluzione. Inoltre si è emancipati quando
“ognuno secondo le sue capacità; a ognuno secondo i suoi bisogni”.
IL CAPITALE
Nell’opera Il capitale Marx riflette sulla merce. La merce ha un valore d'uso e un valore di scambio:
Il valore d'uso è il soddisfacimento di un bisogno.
Il valore di scambio è il fatto di scambiare una merce con un'altra in modo equilibrato,
come quando c'era il baratto, e dipende dalla quantità di lavoro e di tempo socialmente
necessaria per produrre quella merce. Una merce che è il risultato di un lavoro che impiega
tanto tempo, costa di più rispetto ad una merce che è il risultato di un lavoro che impiega
un tempo inferiore. Inoltre più prodotto c'è, più il prezzo diminuisce.
Marx contesta il feticismo delle merci. Il feticcio è un oggetto a cui si attribuiscono dei poteri
magici. Marx dice che siamo abituati a vedere la merce e non ci domandiamo da dove ha origine.
Ci dimentichiamo che è il prodotto del lavoro dell'uomo e la prendiamo come un feticcio.
Attraverso la merce vuole far capire come evolverà la società.
D.M.D'. (denaro-merce-più denaro) è la formula dopo la Rivoluzione Industriale. Una persona che
possiede il denaro acquista della merce e poi si accorge di avere più denaro. Questa persona è il
capitalista, che acquista una merce molto particolare, ovvero l'operaio. Il salario che riceve
l'operaio è ciò che gli serve per vivere. L'operaio lavora 12 ore al giorno, alla fine della sua giornata
di lavoro ha prodotto tanto. Il salario che ha ricevuto però è decisamente inferiore rispetto a ciò
che ha prodotto, riceve solo il salario della metà delle ore che effettivamente ha svolto. D' è il plus-
valore e deriva dal plus-lavoro che l'operaio gratuitamente dà al datore di lavoro. 6 ore
dell'operaio non sono pagate. Con questa teoria Marx intende fornire una spiegazione scientifica
dello sfruttamento capitalistico.
plusvalore
Saggio del plusvalore=
capitale variabile
plusvalore
Saggio del profitto=
capitale costante +capitale variabile
Saggio sta per tasso.
Il capitale variabile è l'insieme dei salari dati agli operai.
Il capitale costante è la somma spesa per mantenere l'azienda.
La necessità, per il capitalismo, di un continuo rinnovamento tecnologico, genera la caduta
tendenziale del saggio del profitto. Il saggio del profitto è sempre minore del saggio del plusvalore,
poiché aumentando il denominatore, quindi accrescendosi smisuratamente il capitale costante
(macchine e materie prime), il profitto diminuisce. È un elemento che porta alla crisi del
capitalismo. Si arriverà ad un punto in cui il profitto non ci sarà più.
LA RIVOLUZIONE
La rivoluzione diventa inevitabile e ci sarà una fase intermedia che è la dittatura del proletariato.
Una dittatura di tanti contro i pochi borghesi. Tuttavia, si tratta di una misura storica di transizione,
che mira al superamento di sé medesima e di ogni forma di Stato.
L’attesa società comunista è senza divisione del lavoro, senza proprietà privata, senza classi, senza
sfruttamento, senza miseria, senza divisioni fra gli uomini e lo Stato.