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KARL MARX (1818-1883)

COGLIERE IL PROPRIO TEMPO NEL PENSIERO


MARX. LA CRITICA COME SCIENZA E COME PRASSI

• In Marx il concetto di critica compie un salto di qualità:


1) SCIENZA. Per la prima volta, la critica assume uno statuto propriamente
scientifico, nella misura in cui si salda con la conoscenza economica, storica e
appunto scientifica della società. L’ingiustizia non è presa in analisi innanzitutto
dal punto di vista morale, ma dal punto di vista delle condizioni oggettive che la
producono, che devono essere il primo oggetto di studio. In questo traspare
anche la dimensione interdisciplinare del pensiero marxiano, unica nel suo
genere.
II) PRASSI. Per la prima volta, la critica filosofica si salda strettamente ad una
prospettiva politica di trasformazione della società. Il compito della filosofia non è
semplicemente quello di capire il mondo, ma quello di cambiarlo (cfr. Thesen).
Per fare ciò, il problema dell’organizzazione politica diviene esso stesso un
problema filosofico centrale.
CRITICA AD HEGEL

• In linea con Feuerbach (del quale non condivide tuttavia le conclusioni), Marx
rimprovera al pensiero hegeliano di aver invertito soggetto e predicato,
facendo dell’essere reale, concreto (natura, oggetto) un predicato del pensiero
(spirito, soggetto). In questo senso, secondo Marx, la dialettica hegeliana deve
essere ribaltata, rimessa sui piedi, dal momento che «cammina sulla testa».
• Ciò è visibile in particolare nell’idea hegeliana dello Stato espressa nei
Lineamenti di filosofia del diritto, che finisce per giustificare l’esistente (regime
prussiano) come punto d’arrivo della storia e manifestazione finale di un
ordine necessario che regge la storia (Critica della filosofia hegeliana del
diritto, 1843). In questo modo Hegel maschera le contraddizioni reali presenti
considerandole come indifferenti al cammino dell’Idea. Per Marx, al contrario,
è esattamente da queste contraddizioni che una vera dialettica filosofica
dovrebbe prendere le mosse.
CRITICA A FEUERBACH

• Per quanto abbia riconosciuto l’errore contenuto nell’idealismo di Hegel, il


materialismo naturalistico di Feuerbach è a sua volta insufficiente, secondo
Marx.
• L’errore di Feuerbach consiste nel presupporre un’essenza naturale dell’uomo,
nel prendere in analisi l’essere umano come esemplare di una specie naturale
che avrebbe caratteristiche fisse, immutabili, predeterminate.
• Secondo Marx tale concezione («vecchio materialismo») è a sua volta astratta,
unilaterale, incapace di cogliere la realtà concreta dell’uomo: l’uomo è sempre
inserito in una dialettica concreta, in un insieme di rapporti sociali e come tale
è sempre al contempo produttore e prodotto delle sue condizioni di vita.
• Il materialismo di Feurbach è dunque inerte, non conduce a nessuna
emancipazione, perché non è dialettico, cioè non riconosce e affronta le
contraddizioni reali che caratterizzano i rapporti sociali (Tesi su Feuerbach,
1845).
• Ma quali sono tali contraddizioni e come analizzarle? In Sulla
questione ebraica Marx prende in analisi le Dichiarazioni dei diritti
dell’uomo e del cittadino (1789) e le varie costituzioni prodotte dalla
rivoluzione francese per mettere in luce il carattere contraddittorio
dello Stato liberale. L’emancipazione politica offerta dallo stato
liberale non coincide con l’emancipazione umana, ma,
paradossalmente, con la legittimazione della diseguaglianza reale.
SULLA QUESTIONE
EBRAICA
(1844)
BOURGEOIS VS. CITOYEN

• L’individuo che vive nello stato liberale è dunque scisso, spaccato in due:
• Come membro della società civile (come borghese), egli è sciolto da ogni
legame, libero di esercitare il proprio egoismo, posto in costante competizione
con gli altri, anzi strutturalmente egoista, perché necessariamente costretto a
cercare solamente il proprio utile. Usa i propri simili come mezzi.
• Come cittadino, cioè membro di una comunità politica, egli sarebbe tenuto
invece a pensare in termini di volontà generale, ad orientarsi verso il bene
comune, a ragionare in termini universali. Dovrebbe considerare i propri simili
come fini.
• A prevalere nella realtà sociale è l’egoismo, mentre la dimensione politica
diventa un’apparenza, una copertura ideologica. Lo stato, al contrario di quello
che pensava Hegel, è «universalità illusoria», i cui principi nascondono e
proteggono la realtà di una lotta egoistica.
CRITICA DELLA LIBERTÀ LIBERALE

• La radice di questa situazione si trova in un concetto puramente negativo della


libertà: per il liberalismo essa è considerata come «diritto di fare tutto ciò che
non nuoce ad altri», come un sistema di limitazioni dove ognuno deve avere il
suo spazio libero da intrusioni. In questo senso essa coincide semplicemente
con il diritto alla proprietà privata e alla sicurezza.
• Questo concetto di libertà è errato secondo Marx perché esso isola gli
uomini, li aliena considerandoli come atomi separati gli uni dagli altri. Questa
libertà è «diritto all’isolamento e all’egoismo». Essa sta a fondamento della
alienazione politica.
• Al contrario, secondo Marx, occorre formulare un concetto positivo della
libertà come «potere, dominio sulle circostanze e le condizioni in cui un
individuo vive».
• La libertà liberale assume l’aspetto di una beffa per colui che non ha di che
vivere: a che serve infatti essere provvisti di libertà formale se non si è padroni
delle condizioni concrete entro le quali esercitarla?

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