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Riassunto Elementi di diritto dell'Unione Europea. Parte


istituzionale. Ordinamento e struttura dell'Unione Europea -
parte istituzionale
Diritto dell'Unione Europea (Università degli Studi di Perugia)

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Introduzione: LE ORIGINI E LO SVILUPPO DELL’INTEGRAZIONE EUROPEA

1. Le spinte europeistiche del secondo dopoguerra e la nascita della CECA


L’Unione Europea (UE) comprende 27 Stati membri ed è disciplinata da 2 trattati: il Trattato
sull’Unione Europea (TUE) e il Trattato sul funzionamento dell’unione Europea (TFUE). Il
loro testo è stato approvato con il Trattato di Lisbona il 13 dicembre 2007.
Dopo la seconda guerra mondiale gli Stati europei percepivano il bisogno di:
a. Ricostruire le economie abbattute dalla guerra: gli USA avevano approvato il Piano
Marshall per rafforzare la coesione di un’area destinata ad opporsi alle pressioni
ideologiche dell’URSS. Così, sedici stati conclusero una convenzione che prevedeva
l’istituzione dell’ Organizzazione Europea per la cooperazione e lo Sviluppo
economico (OCSE).
b. Proteggersi dall’imperialismo sovietico: l’Organizzazione del Patto Atlantico del Nord
(NATO),stipulato a Washington nel 1949, fu la risposta del mondo occidentale
all’espansionismo comunista. Il patto che già esisteva tra Francia e Gran Bretagna fu
esteso nel 1948 anche a Belgio Olanda e Lussemburgo (Benelux) e nel 1954 aderirono
anche Italia e Germania: divenne così l’Unione Dell’Europa Occidentale (UEO).
Nel 1949, venne costituito il Consiglio d’Europa (CdE), un’organizzazione aperta a tutti gli
stati europei accomunati dagli ideali di libertà e democrazia. Il suo principale mezzo
d’azione è la predisposizione di convenzioni internazionali da concludersi tra gli Stati
membri come ad esempio la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo
e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma nel 1950. La Corte europea per i diritti
dell’uomo (corte CEDU) assicura il rispetto della convenzione. Il
blocco sovietico nel 1949 istituisce il Consiglio di Mutua Assistenza Economica (Comecon o
CMEA) e nel 1955 il Patto di Varsavia in risposta alla NATO. Sia il CMEA che il Patto di
Varsavia sono stati sciolti con il crollo dell’impero Sovietico nel 1989.
Dopo il Piano Shuman, Francia, Gran Bretagna, Italia, Belgio, Olanda e Lussemburgo (c.d.
Sei) firmarono nel 1951 il Trattato c.d. di Parigi che istituiva la Comunità Europea del
Carbone e dell’Acciaio (CECA) e che sarebbe entrato in vigore circa un anno dopo.
L’obiettivo della CECA era quello di istituire un mercato comune dei prodotti
carbosiderurgici sottoponendoli al controllo dell’Alta Autorità. La Ceca era stata istituita per
una durata di circa 50 anni: nel 2002 tutte le attività e le passività della Ceca furono
trasferite alla comunità europea.

2. Dalla Ceca ai Trattati di Roma: la nascita della CEE e della CEEA.


I Sei negoziarono e firmarono, nel 1952, il Trattato che istituiva la Comunità Europea di
difesa (CED) che si proponeva di creare un esercito europeo attraverso l’unificazione degli
eserciti nazionali sotto un unico organo di comando, il Commissariato. La CED doveva avere
vita temporanea ma non entrò mai in vigore.

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L’Assemblea della CECA aveva anche l’obbligo di predisporre un Trattato che istituisse un
Comunità Politica Europea (CPE): esso conteneva una clausola che ne decretò il fallimento,
cioè che la CEP sarebbe entrata in vigore solo dopo l’entrata in vigore della CED.
Al fallimento della CED iniziò a farsi strada l’idea del funzionalismo economico, secondo cui
era preferibile procedere ad un’integrazione graduale delle economie per poter porre le
basi di un’unione politica.

Nel 1955, durante la Conferenza di Messina, i Ministri degli Esteri dei Sei nel Rapporto
Spaak del 1956, proposero la creazione di due nuove comunità: una a carattere economico
e un’altra nel campo dell’energia nucleare. I governi dei Sei, nella Conferenza di Venezia,
approvarono il Rapporto Spaak e il 25 marzo 1957 firmavano a roma sia il Trattato che
istituiva la Comunità Economica Europea (CEE) sia quello che istituiva la Comunità Europea
dell’Energia Atomica (CEEA o Euratom: la sua attività è limitata agli usi pacifici dell’energia
nucleare. Estende la propria competenza anche al campo della sicurezza e della ricerca).
I trattati di Roma entrarono in vigore il 1 Gennaio 1958.
Anche in questa occasione la Gran Bretagna rifiutò di partecipare ai negoziati e pochi anni
dopo promosse la creazione di una zona di libero scambio. La Convenzione della European
Free Trade Assosciation (EFTA) fu firmata dagli stati che non appartenevano alla CEE. L’
EFTA prevedeva quindi la soppressione tra gli Stati membri delle barriere doganali.
La CEE è stata modificata dal Trattato di Maastricht in Comunità Europea (CE) e poi dal
Trattato di Lisbona in Unione Europea (UE).

3. Le norme relative alle revisioni dei Trattati e al recesso dagli stessi.


I Trattati di Roma hanno subito numerose modifiche: l’art. 48 TUE prevede una procedura
di revisione ordinaria e due procedure di revisione semplificate.

a) PROCEDURA DI REVISIONE ORDINARIA: uno Stato membro, il Parlamento europeo o


la Commissione può presentare un progetto di modifica dei Trattati al Consiglio che in
seguito lo trasmette al Consiglio Europeo e lo notifica ai Parlamenti Nazionali degli
Stati membri.
Il Consiglio Europeo decide a maggioranza semplice sull’opportunità di procedere alle
modifiche proposte. Tale decisione deve essere adottata dopo aver consultato il
Parlamento Europeo e la Commissione. Il Consiglio Europeo deve consultare anche la
BCE nel caso la modifica interessi la politica monetaria.
Nel caso di decisione favorevole del Consiglio Europeo, il Presidente convoca una
Convenzione composta dai rappresentanti dei Parlamenti Nazionali, dei Capi di Stato,
del Parlamento Europee della Commisione. [Il Consiglio Europeo non è obbligato a
convocare la Convenzione “qualora l’entità della modifica non lo giustifichi”. ]

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La Convenzione esamina il progetto di modifica e adotta una raccomandazione rivolta


ai rappresentanti dei Governi degli stati membri (CIG) che è incaricata di concordare
all’unanimità le modifiche da apportare.
L’art. 48 n.5, TUE contiene anche una norma relativa al caso di mancata ratifica da
parte di tuttigli Stati Membri.
La procedura di revisione ordinaria può riguardare qualsiasi norma dei Trattati: l’art.
48 Tue specifica che le modifiche possono accrescere o ridurre le competenze
attribuite all’Unione.

b) PROCEDURE DI REVISIONE SEMPLIFICATE: sono due e sono caratterizzate dal fatto


che non prendono in considerazione né la convocazione della Convenzione né del
CIG. E’ prevista dall’art. 48 TUE. In queste procedure il Consiglio Europeo svolge un
ruolo preminente.
 La prima procedura di revisione semplificata riguarda le norme della parte
terza del TFUE, relative alle politiche e alle azioni interne dell’UE. Le modifiche
sottoposte a questa procedura sono adottate dal Consiglio Europeo che
delibera all’unanimità, su proposta di uno Stato membro, del Parlamento
Europeo o della Commissione. Nel caso di modifiche nel settore monetario, il
Consiglio deve consultare la BCE.
La decisione del Consiglio deve essere approvata da tutti i membri.
 La seconda procedura di revisione semplificata prevede due casi. Il primo caso
esclude il requisito dell’unanimità a favore dell’adozione della maggioranza
qualificata per quanto riguarda un certo filone di decisioni. Il secondo caso
riguarda la possibilità di modificare la procedura di decisione del Consiglio da
procedura legislativa speciale a procedura legislativa ordinaria per un genere
circoscritto di atti.
In entrambi questi due casi la modifica del TUE e del TFUE può essere adottata dal Consiglio
Europeo di sua iniziativa con decisione presa all’unanimità. Al requisito della ratifica da
parte degli Stati membri è stato sostituito un intervento dei Parlamenti nazionali: il
Consiglio Europeo deve trasmettere ai Parlamenti il testo della modifica e non può adottarla
se uno solo dei Parlamenti notifichi la propria opposizione entro sei mesi.
L’art. 353 TFUE stabilisce che la procedura di revisione semplificata non può essere adottata
in materia di bilancio né per sospendere il diritto di voto di uno Stato membro.

Le semplificazioni rispetto alla procedura ordinaria consistono nel fatto che: 1. La


convenzione non viene convocata; 2. La firma del Trattato di modifica da parte del CIG è
sostituita da una decisione del Consiglio. Rimangono invariati il requisito dell’unanimità
degli Stati membri per approvare la modifica e permane anche la necessità di approvazione
all’interno di tutti gli Stati membri.

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Per quanto riguarda il diritto di recesso, disciplinato dall’art. 50 TUE, è stato introdotto dal
Trattato di Lisbona: la possibilità di recesso dall’Ue è data a tutti gli Stati membri in qualsiasi
momento e senza addurre particolari motivazioni. L’unica formalità è rappresentata dl fatto
che lo Stato recedente debba notificare il recesso al Consiglio Europeo.

4. Le revisioni dei trattati e il dibattito che le ha accompagnate:


a) L’esigenza della cooperazione politica e l’Atto Unico Europeo.
Le revisioni ordinarie dei testi originari si sono avute in 5 occasioni: 1. Nel 1987 con l’Atto
Unico Europeo; 2. Nel 1993 con il Trattato di Maastricht; 3. Nel 1999 con il Trattato di
Amsterdam; 4. Nel 2003 con il Trattato di Nizza; 5. Nel 2007 con il Trattato di Lisbona.
Pochi anni dopo la firma dei Trattati di Roma, il funzionamento economico cominciava a
mostrare dei limiti; si fece largo, quindi, l’ipotesi che per consolidare l’integrazione
economica, occorresse una cooperazione anche minima a livello politico tra gli Stati
membri. Si dette inizio a un’operazione di conciliazione che trova riscontro nei Rapporti
sull’Unione Europea preparati da personalità politiche di spicco. Si possono citare il
Rapporto Fouchet (1961), il Rapporto di Copenaghen (1973), il Rapporto Spinelli (1984), il
Rapporto Dooge (1985). Quest’ultimo conteneva la proposta di convocare una conferenza
intergovernativa cui affidare l’incarico di predisporre un Trattato sull’Unione Europea i cui
tratti caratteristici erano: - l’istituzione di un mercato interno entro il 1992; - la
cooperazione tra gli Stati membri in materia di politica estera e di difesa. Questa proposta
fu approvata a Milano così come il cosiddetto Libro Bianco in cui erano elencati i
provvedimenti che avrebbero dovuto essere emanati per la realizzazione del mercato
interno.
In risposta all’Atto Unico Europeo (AUE) che modificava e completava i Trattati di Roma e
Parigi, fu instaurata l’Unione Europea intesa come forma di cooperazione tra gli Stati
membri in materia di politica estera e di sicurezza comune.

5b) I Trattati di Maastricht, Amsterdam e Nizza: il dibattito sul deficit democratico,


sull’unione economica e monetaria e sulle modifiche istituzionali richieste
dall’allargamento.
Il dibattito riguardante l’integrazione europea mise a fuoco due problemi:
 Il difetto di legittimità democratica del processo decisionale comunitario (c.d.
deficit o gap democratico). Gli atti comunitari di natura legislativa, cioè i
regolamenti, che erano direttamente applicabili ai cittadini erano emanati da

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un organo che non era eletto dai cittadini stessi e che non era sottoposto al
controllo parlamentare.
L’unico sistema per eliminare il deficit democratico era quello di rispettare la
separazione dei poteri,attribuendo quello legislativo ad un organo eletto
democraticamente o facendo eleggere il Consiglio dai cittadini. Queste ipotesi
vennero però scartate.
 L’improrogabilità di un’ unione economica e monetaria da realizzarsi con la
creazione di una moneta unica. La costruzione comunitaria si fondava
sull’instaurazione del mercato comune, mentre gli Stati erano liberi di gestire
le loro politiche economiche e monetarie. Ma, la libertà di circolazione di
merci, servizi e capitali propria del mercato comune non è compatibile con la
gestione indipendente delle politiche economiche e monetarie da parte degli
Stati.
Il processo che ha portato all’unione economica e monetaria passa attraverso il
Rapporto Werner, l’adozione del c.d. serpente monetario , l’istituzione del
Sistema Monetario Europeo e attraverso il Rapporto Delors che indicava le
tappe per l’introduzione della moneta unica.

Il Trattato di Maastricht,in vigore dal 1993, modificava i Trattati preesistenti, dando vita al
TUE strutturato secondo tre pilastri. Il termine Unione Europea racchiudeva l’insieme delle
relazioni tra gli Stati nell’ambito delle Comunità esistenti(c.d. primo pilastro), nell’ambito
della PESC (politica estera e di sicurezza comune) o del c.d. secondo pilastro, e nell’ambito
della giustizia e affari interni (GIA) o del c.d. terzo pilastro.
La struttura a tre pilastri è stata abolita dal Trattato di Lisbona.
Il trattato di Maastricht è ricordato soprattutto per aver introdotto la moneta unica, cioè
l’Euro.

Il Trattato di Amsterdam, in vigore dal 1999, ha apportato modifiche minori al TUE


lasciando irrisolto il problema del deficit democratico. Tra le innovazioni apportate, si
ricordano l’introduzione nel Trattato CE del Titolo VIII sull’occupazione e l’introduzione
delle norme sulla cooperazione forzata. Il trattato ha anche effettuato una semplificazione
dei trattati comunitari, eliminando le disposizioni obsolete.

I problemi non risolti dal Trattato di Amsterdam si sono ripresentati nella Conferenza che è
sfociata nel Trattato di Nizza, in vigore dal 2003. Le innovazioni introdotte da questo
Trattato riguardano la necessità di adeguare la composizione delle istituzioni comunitarie in
vista dell’allargamento UE. Nemmeno questo testo ha risolto il problema del deficit
democratico.

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6c) La convenzione sul futuro dell’Unione, il Trattato sulla Costituzione Europea e il


Trattato di Lisbona
Il Consiglio Europeo tenutosi a Laeken nel 2001 ha istituito una Convenzione sul futuro dell’
Europa composta da rappresentanti del Parlamento Europeo, della Commissione, dei
governi e dei Parlamenti nazionali. Con la Dichiarazione di Laeken il Consiglio Europeo ha
definito il mandato della Convenzione: essa doveva individuare le principali linee per un
progetto di revisione dei Trattati che poi sarebbe stato sottoposto a una CIG.
Nel 2004 il Consiglio Europeo ha approvato il Trattato che adotta una Costituzione per
l’Europa, conosciuto meglio come Costituzione Europea. Questa fu ratificata solo da 18 Stati
su 27 e non entrò mai in vigore. Decisivi furono i risultati negativi dei referendum tenutisi in
Francia e Olanda.
Preso atto dei risultati dei referendum francese e olandese, il Consiglio Europeo convoca
una nuova CIG per esaminare una proposta di modifica dei Trattati. I lavori della CIG si
concludono con l’approvazione del “Trattato sull’Unione Europea e il Trattato che
istituisce la Comunità Europea” firmato a Lisbona il 13 Dicembre 2007. Questo Trattato
recepisce le modifiche sostanziali e formali previste dalla Costituzione mai entrata in vigore.
Il Trattato apporta delle modifiche sostanziali e formali al Trattato Ce modificandolo anche
nel nome, cambiato in Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE).
L’Unione Europea ha le sue fondamenta giuridiche nel TUE e nel TFUE.

7. Le norme relative all’ammissione dei nuovi Stati e l’evoluzione della membership dell’
UE.
L’ art. 49, c.1, TUE dispone che ogni Stato Europeo può richiedere di entrare a far part dell’
UE se rispetta i valori indicati dall’art. 2 TUE e se si impegna a promuoverli. I valori sono
quelli “del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza,
dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi quelli delle minoranze”.
La domanda di ammissione, della quale vanno informati il Parlamento Europeo e i
Parlamenti degli Stati membri, è trasmessa al Consiglio che deve pronunciarsi all’unanimità
(ciascuno degli stati membri deve essere d’accordo con l’ammissione di un nuovo Stato).
L’art. 49 c.1, TUE specifica anche che bisogna tenere conto dei criteri di ammissibilità decisi
dal Consiglio. Questi Criteri sono:

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 Criterio politico: lo Stato candidato deve aver raggiunto una stabilità istituzionale che
garantisca il principio di legalità, i diritti umani e la protezione delle minoranze;
 Criterio economico: riguarda l’esistenza di un’economia interna funzionante e la
capacità di rispondere alle pressioni concorrenziali;
 Capacità di assumersi gli obblighi derivanti dall’appartenenza all’UE, cioè di rispettare
le norme da essa emanate: il c.d. acquis.

La verifica dei criteri va effettuata durante la fase dei negoziati pre-adesione.


La pronuncia del Consiglio non determina l’ingresso del nuovo Stato nell’UE, ma ad essa fa
seguito la conclusione di un accordo tra il nuovo Stato (o i nuovi Stati) e gli Stati originari.
L’accordo entra in vigore soltanto se è ratificato da tutti gli Stati contraenti secondo le
proprie norme costituzionali.
Ogni Trattato di adesione prevede un periodo transitorio concesso ai nuovi Stati per
adattarsi alla normativa preesistente (acquis dell’UE).

(Vedere pagg. 33-34 per ordine di adesione all’UE degli Stati)

8. Le prospettive future dell’integrazione europee.


La realizzazione del mercato interno nell’ambito dell’UE ha contribuito al progresso
economico degli Stati membri e ha raggiunto l’obiettivo di creare le condizioni per una pace
duratura tra gli Stati. Inoltre, l’introduzione della moneta unica tra alcuni degli Stati membri
e la creazione della c.d. area di Shengen, cioè uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia
dell’UE si sono rivelati un successo.
Gli aspetti problematici restano due:
 Il deficit democratico, che mina la legittimità delle istituzioni UE
 L’inefficienza del processo decisionale. È sempre più difficile, con 27 stati,
raggiungere l’unanimità del Consiglio che è richiesta per le decisioni più difficili. Per le
decisioni che,invece, il Consiglio può adottare a maggioranza qualificata, le modifiche
entreranno in vigore solo nel 2017.
Questi problemi non consentiranno all’UE di fare fronte alle sfide di fronte alle quali è
sottoposta. Queste sfide sono la realizzazione di una politica estera e di difesa unica e di
una politica economica unica.
L’UE è tuttora di fronte a due alternative,già identificate dalla Dichiarazione di Laeken:
a. Mantenere lo status quo  alternativa che non pone rimedio ai due problemi

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b. Risolvere il problema del deficit democratico e dell’inefficienza del processo


decisionale. Per realizzare una politica estera unitaria non sono adeguati né il
metodo intergovernativo né il metodo comunitario.

L’unico metodo che può risolvere le sfide cui si trova davanti l’Europa è il metodo federale
inteso come trasferimento di alcune competenze ad un ente centrale da parte di Stati
sovrani, i quali rimarrebbero Stati federali privi di soggettività internazionale, soggettività
che competerebbe allo Stato federale.
La federazione Europea sarebbe una federazione “leggera”, i cui compiti dovrebbero
limitarsi a quelli necessari a far fronte alle sfide suddette: politica estera, di sicurezza ed
economica. Le altre competenze rimarrebbero agli Stati federati.

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Capitolo I: CARATTERISTICHE GENERALI DELL’UNIONE EUROPEA E SUE COMPETENZE

9. La natura giuridica dell’UE


L’art. 1 c.3, TUE, sancisce che l’UE sostituisce e succede alla Comunità Europea. La natura
giuridica dell’UE è quella di una organizzazione internazionale. Ad essa gli Stati membri
hanno attribuito competenze per conseguire i loro obiettivi comuni: attraverso i Trattati, gli
Stati hanno assunto l’obbligo reciproco di consentire a farsi sostituire dalle istituzioni
dell’UE quanto all’esercizio di determinate competenze. Gli obiettivi dell’UE sono quelli
comuni agli Stati membri.
L’UE è fondata su atti conclusi in forma di accordi internazionali (Trattati) ad ha natura
internazionalistica.
L’art 4, n.2, TUE stabilisce che l’UE rispetta l’identità nazionale degli Stati insita nella loro
struttura fondamentale, politica e costituzionale, escludendo qualsiasi evoluzione in senso
federale.
L’UE è posta in condizione di entrare direttamente in contatto con gli individui che sono
assoggettati sia a norme statali che a norme dell’UE (c.d. governante multilivello).

10.I valori fondamentali dell’UE e le sanzioni per la loro violazione; gli obiettivi UE.

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L’Ue realizza il più alto livello di integrazione tra i suoi membri più che qualsiasi altra
organizzazione internazionale. Tale livello di integrazione è reso possibile dalla comunanza
tra gli Stati membri di alcuni valori fondanti, elencati nell’art. 2 TUE. Secondo questa norma
l’UE si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia,
dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle
persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni a tutti gli Stati membri.

Secondo l’art. 49 c.1, TUE ogni nuovo Stato per essere ammesso nell’UE e per godere dei
diritti che ne derivano, deve rispettare tali valori e promuoverli. Ogni violazione va incontro
a sanzioni di tipo intergovernativo e politico. Le sanzioni per lo Stato membro che si rende
colpevole di una violazione dei valori sopra citati contemplano, secondo l’art. 7 TUE una
procedura d’allarme o una procedura ordinaria.
 Procedura d’urgenza: prevista dall’art. 7, n.1 TUE. Il Consiglio può constatare che
esiste un evidente rischio di violazione dei valori fondanti da parte di uno Stato
membro: la delibera ha luogo su proposta di un Terzo degli Stati membri o del
Parlamento Europeo o della Commissione. Il Consiglio deve ascoltare lo Stato
membro in questione e poi deliberare. Questa procedura d’allarme ha luogo quando
non è ancora in atto una violazione dell’art. 2 TUE.
 Procedura ordinaria: prevista dall’art. 7, nn. 2- 4 TUE. In questo caso, il Consiglio
Europeo può constatare, deliberando all’unanimità, l’esistenza di una violazione
grave e persistente da parte di uno Stato membro. Questa misura deve essere
preceduta dalla proposta di un terzo degli Stati membri o della Commissione e
dall’approvazione da parte del Parlamento Europeo.

Gli obiettivi dell’UE sono stabiliti dall’art. 3 TUE:


a. Promuovere la pace, i valori dell’Ue e il benessere dei suoi popoli;
b. Offrire ai cittadini UE uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere
interne e in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone;
c. Istituire un’unione economica e monetaria la cui moneta è l’euro;
d. Intrattenere delle relazioni esterne attraverso cui promuovere i propri valori
contribuendo alla pace, alla sicurezza e allo sviluppo mondiale.

11.La delimitazione delle competenze UE secondo il principio di attribuzione; la clausola


di flessibilità e i poteri impliciti.
L’UE persegue i suoi obiettivi “in ragione delle competenze che le sono attribuite nei
Tarttati” (art. 3, n.6, TUE): gli Stati membri non hanno attribuito all’UE delle competenze di
natura generale, ma solo quelle che sono specificatamente indicate nei Trattati. L’art. 4,
n.1, TUE stabilisce che qualsiasi competenza non attribuita all’UE nei Trattati, appartiene

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agli Stati membri. La delimitazione circa le competenze dell’ UE trova il suo fondamento nel
principio di attribuzione (art.5, n.1, TUE). Le competenze dell’UE sono poi classificate dal
TFUE in competenze esclusive, concorrenti e di sostegno/ coordinamento/completamento
dell’azione degli Stati membri. Il fondamento dell’esercizio di tali competenze è poi
fondato sui principi di sussidiarietà e proporzionalità.

In base al principio di attribuzione, sono gli Stati membri a conferire le competenze all’UE.
Questo principio non è,però, sempre facilmente applicabile poiché a volte le competenze
sono indicate in maniera specifica mentre a volte riguardano un’intera materia (per es. la
politica agricola, i trasporti,…).
A ciò si è cercato di rimediare attraverso l’uso della c.d. clausola di flessibilità e anche
attraverso la giurisprudenza relativa ai c.d. poteri impliciti.
La clausola di flessibilità è utilizzata tutte le volte che un’azione comunitaria è giustificata
dalla necessità di raggiungere gli obiettivi dell’UE, senza che i Trattati prevedano specifici
poteri. Il ricorso alla clausola di flessibilità prevede sempre la necessità di una decisione
unanime del Consiglio e, quindi, del consenso di tutti gli Stati membri all’allargamento delle
competenze dell’UE. La Corte di Giustizia ha sempre chiarito l’esigenza di limitare il ricorso
alla clausola di flessibilità ai casi in cui nessun’altra disposizione del Trattato conferisce alle
istituzione dell’UE i poteri necessari per adottare un atto.
La Corte di Giustizia ha iniziato a delineare una versione comunitaria della teoria dei poteri
impliciti.

12.Le competenze dell’UE: esclusive, concorrenti e di


sostegno/coordinamento/completamento dell’azione degli Stati membri.
Le competenze dell’UE possono essere di tre tipi:
a. Esclusive rispetto a quelle degli Stati membri: nei settori in cui l’UE ha competenza
esclusiva, solo l’UE può adottare atti giuridicamente vincolanti. Gli Stati membri
possono farlo solo se autorizzati dall’UE o per attuare atti dell’UE. Secondo l’art. 3
TFUE, i settori in cui l’UE ha competenza esclusiva sono: unione doganale, regole di
concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno, politica monetaria
per gli Stati membri che hanno adottato l’euro, conservazione delle risorse marine
ne l quadro della politica comune della pesca, politica commerciale comune. A tali
competenze si aggiunge anche quella di concludere accordi internazionali.
b. Concorrenti : tutte quelle competenze che non sono esclusive o che non riguardano
il sostegno, coordinamento o completamento dell’azione degli Stati membri.
Secondo l’art. 4 TFUE l’UE ha competenza concorrente nei seguenti settori: mercato
interno, politica sociale, coesione economica, sociale e territoriale, ambiente,
trasporti, energia, sicurezza, giustizia,…

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c. Di sostegno, completamento o coordinamento degli Stati membri: i settori in cui


l’UE può svolgere tali attività sono: tutela e miglioramento della salute umana,
industria, cultura, turismo, istruzione e formazione professionale, protezione civile,
cooperazione amministrativa.

Le politiche economiche, per espresso disposto dell’art. 5 TFUE restano di competenza dei
soli Stati membri, l’UE può limitarsi a dare indicazioni in materia.

13.L’esercizio delle competenze dell’UE: esigenze da rispettare e principi di sussidiarietà,


di prossimità e di proporzionalità.
Gli artt. 7  17 TFUE specificano le esigenze dell’UE: eliminazione delle ineguaglianze,
promozione della parità tra uomo e donna, lotta alle discriminazioni fondate su sesso,
razza, religione,… tutela dell’ambiente, protezione dei consumatori, funzione dei servizi di
interesse economico generale, protezione dei dati personali,… Un atto che disponesse cose
contrarie a queste potrebbe essere impugnato di fronte alla Corte di Giustizia per violazione
dei Trattati.
L’esercizio delle competenze UE è sottoposto a due principi regolatori: il principio di
sussidiarietà e il principio di proporzionalità. Essi sono definiti dall’art. 5 n.3 e 4, TUE e dal
Protocollo allegato al testo di Lisbona:
 Principio di sussidiarietà  può essere orizzontale, per ciò che riguarda i rapporti tra
autorità pubblica e sfera privata; e verticale, per quanto riguarda i rapporti tra i
diversi livelli del potere pubblico. Questo principio si applica solo nei settori che non
sono di competenza esclusiva dell’UE: l’ Unione Europea può intervenire se gli Stati
membri non riescono a risolvere il problema e se l’intervento è necessario per
trovare una soluzione migliore al problema stesso.
Questo principio è connesso con il principio di prossimità, secondo cui le decisioni
dell’UE sono prese “il più vicino possibile ai cittadini dell’Unione”.
 Principio di proporzionalità  formulato dall’art. 5 n.4 TUE come segue: “il
contenuto e la forma dell’azione dell’Unione si limitano a quanto necessario per il
conseguimento degli obiettivi dei trattati”.

Il Protocollo stabilisce le procedure di attuazione dei principi di sussidiarietà e di


proporzionalità, contemplando un intervento dei Parlamenti nazionali. Ogni proposta di
legge dell’UE deve essere trasmessa ai Parlamenti nazionali; la proposta deve essere
motivata e deve rispettare i Principi suddetti. Entro 8 settimane da che hanno ricevuto la
proposta, ogni Parlamento nazionale può presentare ai Presidenti delle istituzioni UE un
parere che espone le ragione che lo inducono a pensare che la proposta in questione non
rispetta i principi. La proposta viene riesaminata dalla commissione e ciò porterà o al
mantenimento o al ritiro della stessa.

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Un Parlamento nazionale che ritiene che un atto dell’UE sia contrario al principio di
sussidiarietà può indurre il suo Governo a presentare un ricorso alla Corte di Giustizia.

14.Le norme di diritto sostanziale dell’UE che realizzano i suoi obiettivi: spazio di libertà,
sicurezza e giustizia; mercato interno; unione economica e monetaria; relazioni
esterne (rinvio).
Gli obiettivi specifici dell’UE sono elencati nell’art. 3, nn. 2 – 5, TUE:
 Obiettivo relativo allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia: l’UE e gli Stati membri
esercitano una competenza concorrente (Titolo V Parte Terza del TFUE). Queste
norme trattano delle politiche relative ai controlli alle frontiere, all’asilo,
all’immigrazione, alla cooperazione giudiziaria in materia civile,…
 Obiettivo del mercato interno: (Titoli 1 4, Parte Terza, TFUE) comporta una spazio
senza frontiere interne in cui è assicurata la libera circolazione delle merci, delle
persone, dei servizi e dei capitali. Originariamente si parlava di mercato comune => la
libertà di circolazione di cose, persone, servizi e capitali avveniva secondo le regole
del Paese di destinazione, cioè gli veniva garantita parità di trattamento. In seguito,
con una serie di sentenze la Corte di Giustizia ha sostituito il principio del Paese di
destinazione con il principio del paese di origine secondo cui agli elementi che
fruiscono della libertà di circolazione non è possibile imporre condizioni più onerose
di quelle dello Stato di origine.
 Obiettivo dell’unione economica e monetaria: (Titolo VIII, Parte Terza TFUE). Le
politiche economiche sono di competenza degli Stati membri. L’UE ha una
competenza esclusiva solo per quanto riguarda la politica monetaria degli Stati
membri, la cui moneta è l’euro.
 Obiettivo delle relazioni esterne (Titolo V, TUE e Parte V TFUE) vedi capitolo
Quarto.

15.L’UE e gli Stati membri: la leale cooperazione reciproca.


Il principio di leale cooperazione tra UE e Stati membri è formulato dall’art. 4, n.3, TUE. Il
secondo e il terzo comma di questa norma contengono obblighi a carico degli Stati membri
e riflettono formulazioni precedenti, mentre il primo comma sottolinea per la prima volta
espressamente la reciprocità dell’obbligo di rispetto e assistenza tra UE e Stati membri.
L’art. 4, n. 2, TUE sancisce a carico dell’UE, l’obbligo di rispettare l’uguaglianza degli Stati
membri dinanzi ai Trattati, l’ identità nazionale insita nella loro struttura fondamentale e le
funzioni essenziali dello Stato.
L’obbligo di leale cooperazione o di buona fede comunitaria, fa si che gli Stati membri
pongano le proprie strutture e meccanismi interni a servizio dell’interesse dell’UE,
garantendo il raggiungimento del risultato voluto dall’UE stessa.

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16.L’UE e i cittadini: i principi democratici, la democrazia rappresentativa e la


cittadinanza europea.
Il titolo II del TUE, intitolato “Disposizioni relative ai Principi democratici” , contiene il
principio secondo cui il funzionamento dell’UE si fonda sulla “democrazia rappresentativa”.
Tali norme vogliono coinvolgere nel funzionamento dell’UE i cittadini europei. L’art. 10 TUE
definisce il concetto di democrazia rappresentativa basandosi sui seguenti dati: - i cittadini
europei sono direttamente rappresentati nel Parlamento Europeo; - i rappresentanti
degli Stati membri nel Consiglio europeo e nel Consiglio sono responsabili davanti ai
Parlamenti nazionali e ai cittadini; - ogni cittadino ha il diritto di partecipare alla vita
democratica dell’UE; - i partiti politici a livello europeo contribuiscono ad esprimere la
volontà dei cittadini dell’UE.

L’art. 9 TUE definisce la nozione di cittadinanza dell’Unione: è cittadino UE chiunque abbia


la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell’UE si acquista e si perde a seguito
dell’acquisto o della perdita della cittadinanza nazionale. Nei casi in cui uno Stato membro
riconosca ad un individuo una doppia cittadinanza, tale cittadinanza non pregiudica per
l’individuo il godimento della cittadinanza dell’UE: la cittadinanza europea, infatti, si
aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce.

Il cittadino UE gode del diritto:


 Di circolare liberamente e di soggiornare nel territorio degli Stati membri (art.21
TFUE);
 Di elettorato attivo e passivo nello Stato di residenza per le elezioni del Parlamento
Europeo e per quelle comunali (art. 22 TFUE)
 Alla protezione diplomatica e consolare da parte di uno qualunque degli Stati membri
(art. 23 TFUE). Tale tutela comprende i casi di decesso, incidente grave, arresto, atti
di violenza, ma non comporta aiuti economici senza l’autorizzazione dello Stato
membro di cittadinanza;
 Di petizione al Parlamento europeo, di ricorso al Mediatore europeo, di rivolgersi alle
istituzioni e agli organi dell’UE.

17.Il coinvolgimento dei Parlamenti nazionali.


Le disposizioni relative ai principi democratici si completano con una serie di norme relative
al coinvolgimento dei Parlamenti nazionali con l’intento di far funzionare bene l’UE. Tali
norme sono contenute nell’art. 12 TUE e completate da altre disposizioni del TFUE.
Art. 12 lettera a ,TUE: prevede che i Parlamenti nazionali siano informati sui progetti di atti
legislativi che le istituzioni dell’UE intendono emanare. Ai Parlamenti nazionali devono

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essere consegnati i documenti di consultazione che la Commissione produce e tutte le


proposte di atti legislativi inoltrate al Parlamento Europeo e al Consiglio.
Art. 12 lettera b, TUE: prevede che i Parlamenti nazionali vigilino sul rispetto del principio di
sussidiarietà e prevede la facoltà per essi di inviare ai presidenti del Parlamento Europeo
dei pareri motivati qualora ritengano che questo principio non sia rispettato.
Art. 12 lettera c, TUE prevede che i Parlamenti nazionali, nell’ambito dello spazio di libertà,
sicurezza e giustizia, partecipino ai meccanismi di valutazione ai fini dell’attuazione delle
politiche dell’UE.
Art. 12 lettera d, TUE permette anche ai Parlamenti Nazionali di partecipare alle procedure
di revisione dei Trattati.
Art. 12 lettera e, TUE prevede il diritto dei Parlamenti nazionali ad essere informati sulle
domande di adesione di Stati terzi all’UE.
L’art. 12 lettera f, TUE dispone che i Parlamenti nazionali partecipino ad una cooperazione
interparlamentare.
L’art. 81 n.3, u.c., TFUE attribuisce a ciascun Parlamento nazionale il diritto di veto in merito
a questioni che riguardano il diritto di famiglia.

18.Le cooperazioni rafforzate e l’integrazione differenziata.


Nei Trattati è prevista anche la possibilità di cooperazioni rafforzate soltanto tra alcuni degli
stati membri. Le norme che riguardano tale disciplina sono contenute nell’art. 20,TUE e
negli artt. 326 334, TFUE.

Per quanto riguarda il numero dei partecipanti, l’art20,TUE prevede che la cooperazione
rafforzata possa instaurarsi tra almeno 9 Stati dell’UE, ma l’art. 328, TFUE specifica che la
Commissione e gli Stati membri debbano adoperarsi perché partecipino il maggior numero
di Stati possibile. Quindi, la cooperazione forzata deve essere aperta a tutti gli Stati membri
anche nei momenti successivi alla sua costituzione. Uno Stato dell’UE che volesse
partecipare in u secondo momento deve comunicarlo al Consiglio e alla Commissione e
deve essere autorizzato dal Consiglio stesso.

Quanto all’oggetto, la cooperazione rafforzata può riguardare solo i settori in cui l’UE ha
competenza non esclusiva. La cooperazione deve promuovere la realizzazione degli
obiettivi dell’Unione, proteggere i suoi interessi e rafforzare il suo processo di integrazione.
(art. 20, n.1, TUE) La cooperazione
rafforzata può essere autorizzata solo come ultima istanza, cioè nel momento in cui il
Consiglio stabilisce che gli obiettivi che la cooperazione si prefigge on possono essere
raggiunti, entro un tempo ragionevole, dagli Stati membri. (art. 20, n.2, TUE).
La cooperazione deve rispettare i diritti e gli obbligji degli Stati membri che non vi
partecipano, mentre questi ultimi non possono ostacolarne l’attuazione (art. 334, TFUE).

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In merito alla procedura, la richiesta di istituire una cooperazione rafforzata, va presentata


dagli Stati interessati, alla Commissione che può:
- inoltrarla al Consiglio ( il Consiglio decide previa autorizzazione del Parlamento
Europeo, art. 329 n. 1 TFUE);
- può rifiutarla informando gli Stati circa i motivi per cui ha rifiutato la proposta.

Nel caso di cooperazione rafforzata nel settore della politica estera e di sicurezza comune,
gli Stati presentano direttamente al Consiglio , che decide all’unanimità (in questo caso il
Parlamento Europeo è solo informato, art. 329, n.2, TFUE). Nel campo della politica di
difesa e di sicurezza comune, l’art, 46, n.6, TUE prevede anche una cooperazione
strutturata permanente, cioè la possibilità di un livello più alto di integrazione tra alcuni
soltanto degli Stati membri.

Esistono anche casi in cui solo alcuni degli Stati membri hanno adottato forme di
integrazione più avanzate, ma queste sono state decise dagli Stati interessati al di fuori dei
Trattati. Ne è un esempio il c.d. Sistema Shengen che risulta dall’Accordo sulla soppressione
graduale delle frontiere comuni.

Mentre la nozione di cooperazione rafforzata comporta un rafforzamento del processo di


integrazione dell’UE, si assiste anche a casi di dissociazione da parte di alcuni Stati membri.
In questo caso si parla di integrazione differenziata.

Capitolo II: ISTITUZIONI, ORGANI, FUNZIONI DELL’UNIONE EUROPEA E RELATIVE


PROCEDURE.

19.Il quadro istituzionale dell’UE.


Il quadro istituzionale dell’UE promuove i valori fondamentali dell’Unione, perseguirne gli
obiettivi, servire i suoi interessi , quelli dei suoi cittadini e quelli degli Stati membri (art. 13,
n.1, TUE).
L’art. 13, TUE eleva al rango di istituzioni:
a. Parlamento Europeo
b. Consiglio Europeo
c. Consiglio

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d. Commissione
e. Corte di Giustizia dell’Unione Europea
f. Banca Centrale Europea
g. Corte dei Conti.

A questi organi si applicano le norme dei Trattati riferiti alle istituzioni. L’art. 341,TFUE
stabilisce che la sede delle “istituzioni” è fissata con decisione comune dai Governi degli
Stati membri.
Le relazioni tra le istituzioni dell’UE sono basate sul rispetto di due principi elaborati dalla
Corte di Giustizia:
- Principio dell’equilibrio istituzionale: comporta che ogni istituzione eserciti le sue
competenze nel rispetto delle altre istituzione e implica che agisca nei limiti dei poteri
che gli sono conferiti dai Trattati.
- Principio della leale cooperazione: comporta il dovere reciproco di agevolare e non
ostacolare l’esercizio delle competenze di ciascuna istituzione.

20.Composizione e funzionamento delle istituzioni dell’UE: (a) il Parlamento Europeo.


Il Parlamento Europeo è composto dai rappresentanti dei cittadini dell’UE (art. 14, TUE).
Esercita, insieme al Consiglio, la funzione legislativa, la funzione di bilancio e svolge alcune
funzioni di controllo.
I membri del Parlamento sono eletti a suffragio universale diretto, libero e segreto.
Tra le norme comuni che gli Stati membri devono rispettare c’è quella secondo cui le
elezioni debbano svolgersi con il metodo proporzionale. A parte le norme comuni, la
procedura elettorale è diversa da stato a stato. L’art.223, TFUE prevede che il Parlamento
Europeo elabori un progetto con lo scopo di stabilire per le elezioni una procedura
uniforme in tutti gli Stati membri o principi comuni agli Stati membri. Ciascun cittadino
del’Unione gode dell’elettorato attivo e passivo per il Parlamento Europeo nel paese di
residenza.
Il numero dei componenti è pari a 751 membri. Per quanto riguarda il numero di
parlamentari da eleggersi in ogni Stato membro, il TUE stabilisce che “la rappresentanza dei
cittadini è garantita in modo degressivamente proporzionale”. A nessuno Stato possono
essere assegnati meno di sei seggi, né più di novantasei. Nel rispetto di questi limiti, la
composizione del Parlamento è decisa dal Consiglio Europeo all’unanimità.
La durata del mandato è di 5 anni; lo Statuto dei parlamentari è stabilito dal Parlamento
Europeo che delibera con regolamento. Per quanto riguarda le incompatibilità alla carica,
non può essere parlamentare europeo chi è membro delle altre istituzioni UE o di un
governo nazionale (Parlamento europeo deve rappresentare cittadini e no Stati).
L’organizzazione e il funzionamento del Parlamento Europeo, sono disciplinati da un
regolamento interno adottato a maggioranza dai membri che lo compongono. Al proprio

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interno, il Parlamento non è organizzato secondo la nazionalità dei propri componenti, ma


secondo gruppi che condividono idee politiche affini. Quanto all’organizzazione dei loro
lavori, i parlamentari si suddividono in commissioni permanenti, cui le competenze sono
attribuite per materia.
Il Parlamento Europeo elegge al proprio interno un Presidente e alcuni Vicepresidenti, che
costituiscono l’Ufficio di Presidenza. Quest’ultimo nomina un Segretario Generale, a capo
del Segretariato, il cui compito è quello di assistere l’Ufficio di Presidenza.
La sede del Parlamento Europeo è a Strasburgo, ove si tengono le dodici sedute plenarie
mensili. Le sedute plenarie aggiuntive si tengono a Bruxelles dove si riuniscono le
commissioni del Parlamento. e
Il Segretariato Generale è a Lussemburgo.
Le immunità e i privilegi: Parlamentari Europei non possono essere ricercati, detenuti o
perseguiti per le proprie opinioni o per i voti espressi nell’esercizio delle proprie funzioni.
Per la durata delle sessioni del Parlamento godono sul territorio nazionale dell’immunità
riconosciuta ai parlamentari del loro Paese e sul territorio degli stati membri sono esenti da
detenzione e procedimento giudiziario. L’ Immunità viene meno in caso di flagranza di
delitto e può essere tolta dal Parlamento Europeo.
Il Parlamento Europeo delibera a maggioranza dei suffragi espressi (TFUE). Il quorum si ha
quando sono presenti 1/3 dei membri del Parlamento. Per le delibere più importanti (in
materia di bilancio, per le elezioni del Presidente della Commissione, per l’ ammissione dei
nuovi Stati) serve la maggioranza assoluta dei componenti. Per delibere cruciali (verifica
della violazione dei valori UE da parte di uno stato membro) è prevista la maggioranza dei
componenti e dei 2/3 dei voti espressi.

21.(b) il Consiglio Europeo.


Il Consiglio Europeo ha il compito di dare all’UE “gli impulsi necessari al suo sviluppo” e di
definirne gli orientamenti e le priorità politiche generali (art. 15, TUE). Il suo ruolo è, quindi,
di indirizzo politico. Il TUE precisa che il Consiglio Europeo non esercita funzioni legislative.
Composizione: capi di Stato o di Governo degli Stati membri, dal suo Presidente e dal
Presidente della Commissione. Anche l’alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri
e la politica di sicurezza partecipa ai lavori del Consiglio Europeo, ma non ne fa parte.
Il Presidente è eletto dal Consiglio Europeo a maggioranza qualificata per un mandato di 2
anni e mezzo, rinnovabile una sola volta. Il Consiglio Europeo può porre fine al mandato del
suo Presidente per impedimento o colpa grave (art. 15,TUE).
Le funzioni del Presidente del Consiglio sono di carattere procedurale o strumentale; egli
infatti:
- Convoca e presiede le riunioni del Consiglio Europeo;
- Assicura la preparazione e la continuità dei suoi lavori;
- Cerca di facilitare il raggiungimento del consenso al suo interno;

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- Presenta al Parlamento Europeo una relazione dopo ogni riunione del Consiglio
Europeo;
- Assicura la rappresentanza esterna dell’UE nell’ambito della politica estera e di
sicurezza comune.

Il Consiglio Europeo si riunisce due volte a semestre, su convocazione del Presidente. Le sue
delibere sono adottate secondo il metodo del consenso, che non prevede votazioni formali
da parte dei suoi membri. Alle votazioni non partecipano né il Presidente del Consiglio
Europeo né il Presidente della Commissione (art. 235, TFUE).
Il Consiglio Europeo è un organo collegiale di Stati, nel senso che l’individuo che partecipa
alle riunioni lo fa in rappresentanza dello Stato di appartenenza e non a titolo individuale.

Votazioni: Per le delibere importanti, come la constatazione di una violazione da parte di


uno Stato membro, per ciò che riguarda la politica estera e di sicurezza comune,… occorre
l’unanimità; il Consiglio Europeo decide a maggioranza qualificata per l’elezione del proprio
Presidente; si hanno le delibere a maggioranza semplice nel caso in cui,ad esempio, il
Consiglio Europeo debba approvare il proprio regolamento interno.
Quando il Consiglio Europeo procede a votazione, ogni membro può ricevere delega da uno
degli altri membri; l’astensione di membri presenti o rappresentanti non ostacola il
raggiungimento dell’unanimità, ma l’assenza di uno dei membri può ostacolare tale
raggiungimento.

22.(c) il Consiglio.
Funzioni: il Consiglio, insieme al Parlamento Europeo, esercita la funzione legislativa e la
funzione di bilancio (art. 16, TUE). L’esercizio congiunto delle due funzioni implica che
occorra l’accordo delle due istituzioni, il Consiglio che rappresenta gli Stati membri e il
Parlamento Europeo che rappresenta i cittadini europei:il mancato accordo tra le due
istituzioni paralizza l’azione dell’UE.
Il Consiglio accentra anche buona parte della funzione esecutiva.
Composizione: è composto da un rappresentante di ciascuno Stato membro a livello
ministeriale, quindi partecipano alle riunioni ministri, sottosegretari,…
Il Consiglio si riunisce in varie formazioni corrispondenti ai settori di attività dell’UE. L’elenco
di tali formazioni è stabilito dal Consiglio Europeo e deve comprendere una formazione
“Affari generali”, che assicura la coerenza dei lavori delle varie formazioni del Consiglio e
prepara le riunioni del Consiglio Europeo e deve comprendere una formazione “Affari
Esteri” che elabora l’azione esterna dell’UE.

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Esistono anche altre formazioni: “Economia e finanza”, “Giustizia e affari interni”,


“Occupazione e politica sociale”, “Trasporti”, …in modo da comprendere tutti i settori
dell’attività dell’UE.
La presidenza del Consiglio e delle sue formazioni è stabilita dal Consiglio Europeo, a
maggioranza qualificata, è esercitata da gruppi di 3 Stati membri per un periodo di 18 mesi.
Il Consiglio si riunisce se convocato dal suo Presidente o dalla Commissione (art. 237 TFUE).
Esso non è quindi un organo permanente.
Il Consiglio è assistito da un Segretario Generale e dal Comitato dei Rappresentanti
Permanenti dei Governi degli Stati membri (COREPER  composto dai rappresentanti
diplomatici, è responsabile della preparazione dei lavori del Consiglio e dell’esecuzione dei
compiti che il Consiglio gli assegna. È un organo permanente).
Votazioni: Secondo l’art. 16, TUE il Consiglio delibera a maggioranza qualificata, se non
disposto diversamente dai Trattati. Per questo tipo di sistema di voto è necessaria la doppia
maggioranza(consenso di almeno il 55% dei membri del Consiglio con un minimo di 15 Stati
che rappresentino Stati membri con almeno il 65% della popolazione UE). La “minoranza di
blocco”, cioè il numero di Stati in grado di bloccare, con il dissenso, il raggiungimento della
suddetta maggioranza, sarebbe, in un UE a 27 Stati, di 13 Stati o, in alternativa, di un
numero di Stati con una popolazione superiore al 35% del totale. L’ art. 16, TUE precisa che
la minoranza di blocco relativa alla popolazione deve comprendere almeno 4 Stati.
Secondo i trattati, sono circa 70 i casi in cui il Consiglio decide all’unanimità ( in materia di
lotta alla discriminazione, di misure relative alla sicurezza sociale, di misure fiscali, di
intervento dell’autorità di uno Stato membro in un altro Stato membro,…). Il Consiglio
decide a semplice maggioranza dei membri che lo compongono in caso di provvedimenti
interorganici o adempimenti procedurali che lo coinvolgono.
Ciascun membro del Consiglio può ricevere delega da uno solo degli altri membri; le
astensioni non sono un ostacolo all’adozione di decisioni unanimi, mentre l’assenza di uno
o più Stati membri non consente di raggiungere l’unanimità.
Il Consiglio ha sede a Bruxelles, ma in alcuni mesi dell’anno si riunisce a Lussemburgo. Le
sedute sono pubbliche se si vota un atto legislativo, altrimenti avvengono a porte chiuse.

23.(d) la Commissione e l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la


politica di sicurezza.
La Commissione (art. 17, TUE) è considerata la “guardiana” dei Trattati. promuove
l’interesse generale dell’UE, vigila sull’applicazione del diritto comunitario sotto il controllo
della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, esercita poteri di iniziativa, di esecuzione e di
controllo.
Fino al 31 ottobre 2014, la Commissione è composta da un cittadino di ciascuno Stato
membro, dal Presidente e dall’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la
politica di sicurezza.

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I membri della Commissione sono scelti in base alla loro competenza e al loro impegno
europeo.
I commissari devono avere piena indipendenza, non devono cioè, accettare istruzioni da
alcun governo, istituzione, organismo. Gli Stati membri devono impegnarsi a rispettare
l’indipendenza dei Commissari.

L’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza agisce come
membro e Vicepresidente e anche come mandatario del Consiglio.
I Commissari:
- Si astengono dagli atti incompatibili con le loro funzioni;
- Non possono, per la durata delle loro funzioni, esercitare altre attività professionali;
- Dopo la cessazione delle loro funzioni devono rispettare i doveri di onestà
nell’accettare altre funzioni.
In caso di violazione di questi obblighi, la Corte di Giustizia può pronunciare le dimissioni
d’ufficio del Commissario in questione.
La procedura di nomina dei Commissari si svolge in più fasi:
a. Il Consiglio Europeo propone al Parlamento Europeo, che ha il compito di eleggerlo,
un candidato alla carica di Presidente della Commissione.
b. Eletto il presidente della Commissione, il Consiglio adotta l’elenco degli altri candidati
che intende nominare come Commissari.
c. Il Presidente, l’Alto rappresentante dell’unione per gli affari esteri e la politica di
sicurezza e i Commissari sono soggetti ad un voto di approvazione da parte del
Parlamento Europeo.
d. Dopo il voto di approvazione, la Commissione è nominata dal Consiglio Europeo che
delibera a maggioranza qualificata.
Il Presidente della Commissione :
 Definisce gli orientamenti generali per l’esercizio dei compiti della Commissione;
 Decide sull’organizzazione interna della Commissione
 Nomina i vicepresidenti della Commissione, escluso l’Alto rappresentante dell’Unione
per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, che è vicepresidente per diritto.
 Attribuisce ai Commissari le loro funzioni
 Può richiedere a un Commissario di rassegnare le sue dimissioni (escluso l’Alto
rappresentante).

I Commissari durano in carica per 5 anni, il loro mandato può cessare per decesso,
dimissioni d’ufficio o dimissioni volontarie.
La Commissione al loro interno è assistita da un Segretariato ed è organizzata in Direzioni
Generali con a capo un Commissario, competenti per materia.
La sede è a Bruxelles e le decisione sono prese a maggioranza dei suoi membri.

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L’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (art. 27, TUE)
è nominato dal Consiglio Europeo a maggioranza qualificata con l’accordo del Presidente
della Commissione. Il Consiglio Europeo ha anche il potere di porre fine al suo mandato. Egli
contribuisce all’elaborazione della politica estera e di sicurezza comune, della politica di
difesa comune dell’UE. Egli è anche uno dei vicepresidenti della Commissione.

24.(e) La Corte di Giustizia dell’Unione Europea.


La Corte di Giustizia dell’UE è un’istituzione unitaria, suddivisa in più formazioni: corte di
Giustizia, Tribunale e Tribunali specializzati. Il compito della Corte di Giustizia dell’UE è
quello di assicurare il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati
nell’ambito delle competenze attribuite a ciascuna delle sue formazioni (art. 19, TUE). Tali
competenze sono esplicate dalla Corte di Giustizia UE attraverso due tipi di pronunce:
- In via contenziosa: cu ricorsi presentati da Stati membri, istituzioni dell’UE o persone
fisiche e giuridiche;
- In via pregiudiziale: su richiesta dei giudici nazionali, relativamente all’interpretazione
del diritto comunitario.

CORTE DI GIUSTIZIA: è composta da un giudice per Stato membro ed è assistiti da 8 avvocati


generali. Si riunisce in seduta plenaria solo in via eccezionale, mentre le varie cause sono
affidate a sezioni composte da 3 o 5 giudici. L’avvocato generale è un collaboratore della
Corte, il cui compito è quello di presentare pubblicamente conclusioni motivate sulle cause
nell’interesse dell’applicazione del diritto UE.
TRIBUNALE: deve essere composto da almeno un giudice per Stato membro, può essere
assistito da avvocati generali scelti tra i giudici stessi del tribunale. In alcuni casi, funge da
organo giurisdizionale di primo grado in quanto è competente a conoscere in prima istanza
i ricorsi per annullamento di atti delle istituzioni e per invocare la responsabilità
extracontrattuale dell’UE. Le sentenze del Tribunale possono essere impugnate davanti alla
Corte di Giustizia solo per motivi di diritto ( cioè vizi di competenza, di procedura o di
violazione del diritto comunitario). Possono impugnare le sentenze dei Tribunali le parti
soccombenti; l’impugnazione non ha effetto sospensivo sulla sentenza. Il Tribunale in altri
casi funge come organo giurisdizionale di secondo grado in quanto gli vengono presentati
ricorsi contro le decisioni dei Tribunali specializzati ( Tribunale della funzione pubblica
dell’Unione Europea).

I giudici e gli avvocati generali della Corte di Giustizia e del Tribunale sono nominati di
comune accordo dai Governi degli Stati membri e vanno scelti tra personalità che offrono
garanzia di indipendenza. Durano in carica 6 anni e i loro mandati sono rinnovabili. I giudici
e gli avvocati generali devono esercitare le loro funzioni in piena imparzialità, godono

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dell’immunità di giurisdizione, non possono esercitare funzioni politiche, amministrative, e


possono essere rimossi dalle loro funzioni se non sono più in possesso di questi requisiti.
La Corte di Giustizia e il Tribunale designano un loro Presidente (in carica 3 anni), nominano
un Cancelliere e stabiliscono un proprio Regolamento di procedura che deve essere
approvato dal Consiglio.
Lo Statuto della Corte di Giustizia Europea contiene norme sull’organizzazione e sulle regole
di procedura del Tribunale, della Corte di Giustizia e dei Tribunali specializzati. Ha un rango
pari a quello dei trattati.
Le sentenze della Corte di giustizia Europea che comportano un obbligo pecuniario hanno
titolo esecutivo, al pari delle decisioni del Consiglio, della Commissione, della BCE.
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha sede a Lussemburgo.

25.(f) La Banca Centrale Europea e la Corte dei Conti.


La BCE e le banche centrali nazionali costituiscono il Sistema Europeo delle banche Centrali
(SEBC). Ad essi è affidata la gestione della politica monetaria.
L’art 282, TFUE attribuisce alla BCE una personalità giuridica distinta rispetto a quella
dell’UE e dispone che la BCE è indipendente nell’esercizio dei suoi poteri e nella gestione
delle sue finanze, da istituzioni, organi o organismi dell’UE e dai Governi degli Stati membri.
Ha sede a Francoforte.
La Corte dei Conti assicura il controllo dei conti dell’UE (art. 285, TFUE). Essa controlla la
legittimità e la regolarità delle entrate e delle spese dell’UE e si accerta che la gestione
finanziaria avvenga in modo corretto. La Corte dei Conti esercita, in alcuni casi, anche una
funzione consultiva. È composta da un cittadino di ciascuno degli Stati membri ed esercita
le sue funzioni in piena indipendenza, nell’interesse dell’UE. Come per la BCE, per la Corte
dei Conti, si parla di un organo collegiale di individui. I membri della Corte dei Conti durano
in carica 6 anni e l’elezione avviene a maggioranza qualificata da parte del Consiglio in
conformità alle proposte presentate da ciascuno Stato membro. Ha sede a Lussemburgo.

26.Gli altri organi e organismi: Comitato economico e sociale, Comitato delle regioni,
altri comitati e agenzie europee.
COMITATO ECONOMICO E SOCIALE (CES): rappresenta gli interessi corporativi all’interno
dell’UE.
COMITATO DELLE REGIONI (CDR): è composto dalle collettività regionali e locali, i quali
devono essere titolari di un mandato elettorale.
CES e CDR sono organi collegiali di individui, in quanto i loro membri non sono vincolati da
nessun mandato ed esercitano le loro funzioni consultive in piena indipendenza e
nell’interesse dell’UE. Il numero dei loro componenti non deve superare i 350, cifra fissata
dal Consiglio; i membri durano in carica 5 anni.
I pareri emessi dal CES e dal CDR nell’ambito della loro funzione consultiva possono essere:

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- Obbligatori: quando i Trattati prevedono che un certo atto non possa essere adottato
senza averli ottenuti;
- Facoltativi: quando i destinatari dei pareri hanno la facoltà di richiederli.

I Trattati prevedono altri Comitati con funzione consultiva:


 Comitato dei Trasporti (art. 99, TFUE);
 Comitato economico e finanziario (art. 134, TFUE);
 Comitato per l’occupazione (art. 150, TFUE);
 Comitato di amministrazione del Fondo Sociale Europeo (art. 163, TFUE).

Recentemente, è nata la tendenza a creare agenzie europee per fini specifici:


- Europol e Eurojust con lo scopo di rafforzare la lotta da parte degli organi di polizia e
giudiziari contro le forme più gravi di violazione;
- Agenzia europea per la sicurezza alimentare (ASEA)
- Agenzia dell’UE per i diritti fondamentali, che dispone di poteri decisionali verso gli
interessati.

27.La Banca Europea per gli Investimenti.


La BEI è disciplinata dagli artt. 308 e 309, TFUE e dal proprio Statuto; è dotata di autonoma
personalità giuridica. È amministrata e gestita da un Consiglio dei governatori, un Consiglio
di amministrazione ed un Comitato direttivo. A sottolineare l’autonomia della BEI rispetto
all’UE esistono altri fattori:
 La Bei ha i suoi “membri” che sono gli Stati membri dell’UE;
 Dispone di un proprio sistema di finanziamento e bilancio: ha un proprio
capitale.
Sul piano giuridico, l’attività della BEI è inserita nel sistema dei controlli giurisdizionali
dell’UE.
La Bei svolge la propria attività nell’interesse dell’UE, tra le sue funzioni si ricordano la
concessione dei prestiti per finanziare i progetti che hanno lo scopo di valorizzare le regioni
UE meno sviluppate, di ammodernare o riconvertire le imprese,…
A beneficiare dei prestiti possono essere sia gli Stati membri che le imprese private; la BEI
non persegue fini di lucro.

28.La funzione legislativa: gli atti legislativi dell’UE


Nell’attività dell’UE si identificano le funzioni legislativa, esecutiva, di controllo e
giurisdizionale che sono esercitate tramite procedure che prevedono l’intervento di più
organi dando vita ad atti complessi.

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Nel diritto dell’UE un atto è considerato legislativo non sulla base del suo contenuto ma
sulla base della procedura adottata per la sua emanazione  secondo l’art.289 TFUE gli atti
adottati con procedura legislativa sono atti legislativi. Il Consiglio Europeo non può emanare
atti legislativi; nemmeno in ambito di politica estera e di sicurezza comune si parla di atti
legislativi.
Solo per gli atti legislativi i lavori del Consiglio si svolgono in seduta pubblica e solo per
questo tipo di atti è previsto il controllo da parte dei Parlamenti nazionali riguardo
all’osservanza del principio di sussidiarietà.
Gli artt. 14 e 16, TUE stabiliscono che la funzione legislativa è esercitata congiuntamente dal
Parlamento Europeo e dal Consiglio. Tale esercizio può avvenire secondo una procedura
legislativa ordinaria (Consiglio decide a maggioranza qualificata) o secondo procedure
legislative speciali (Consiglio deve decidere all’unanimità). La Commissione non ha il potere
di emanare atti normativi a meno che non attui un atto legislativo o non sia stata delegata.
Per conoscere quali sono gli organi coinvolti negli atti definiti come legislativi, bisogna
riferirsi ai Trattati.
Nonostante siano previste delle “passerelle” per agevolare il passaggio dalle procedure
legislative speciali a quella ordinaria, l’art. 48, TUE stabilisce che tale passaggio debba
avvenire secondo una procedura di revisione semplificata.

28.1. Le procedure per l’adozione degli atti legislativi: (a) il potere di iniziativa.
L’Art. 17 n. 2 TUE stabilisce che “un atto legislativo può essere adottato solo su proposta
della Commissione, salvo che i trattati non dispongano diversamente. Gli altri atti sono
adottati su proposta della Commissione, se i trattati lo prevedono”.
La proposta della Commissione, che costituisce un atto formale, può essere indirizzata o al
Consiglio o al Consiglio e al Parlamento Europeo (libri bianchi -> contengono più proposte
della Commissione).
In origine, il potere di iniziativa per gli atti legislativi era di competenza esclusiva della
Commissione poi, questo potere è progressivamente diminuito. Gli Stati membri
imbrigliano il potere di iniziativa della Commissione con l’istituzione del COREPER: ciò, fa si
che il dialogo tra Commissione e Consiglio venga sostituito dal dialogo tra Commissione e
COREPER. Questo condiziona il potere d’iniziativa della Commissione, dato che il COREPER
riesamina tutte le sue proposte. Un’ altro limite, introdotto dalla prassi, vuole che i Consigli
EU indichino alla Commissione i principi direttivi.
La proposta della Commissione può essere frutto della propria iniziativa, oppure può essere
la conseguenza di una richiesta avanzata dal Consiglio, dal Parlamento Europeo o da un
milione di cittadini.
Se nei Trattati è prevista la proposta della Commissione per adottare un atto del Consiglio,
questo può emendarla solo deliberando all’unanimità e comunque non può travisare la

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natura proposta dalla Commissione. La Commissione, finché Consiglio non delibera, può
modificare o ritirare la sua proposta.
L’Art. 289 TFUE stabilisce che la proposta della Commissione è obbligatoria per adottare la
procedura legislativa ordinaria.
Ogni proposta di un atto legislativo deve essere trasmessa e dettagliatamente motivata ai
parlamenti nazionali.

28.2. (b) la procedura legislativa ordinaria.


La procedura legislativa ordinaria costituisce il meccanismo generale di adozione degli atti
legislativi. Essa consiste nell’adozione congiunta di un regolamento, di una direttiva o di una
decisione da parte del Parlamento Europeo e del Consiglio, su proposta della Commissione
(art. 289, TFUE).
L’art. 294 TFUE stabilisce i dettagli della procedura legislativa ordinaria che si svolge in 4
fasi:
- I provvedimenti sottoposti a questa procedura possono essere adottati solo con il
consenso di entrambe le istituzioni (consiglio e parlamento Europeo), a cui compete il
diritto di veto.
- In caso di dissenso tra Parlamento Europeo e Consiglio, si convoca un comitato di
conciliazione con il compito di raggiungere un accordo;
- Se c’è l’accordo del Parlamento Europeo, nelle ultime fasi della procedura il Consiglio
può adottare anche a maggioranza qualificata
- Il ruolo svolto dalla Commissione è quello di mediatore tra Consiglio e Parlamento
Europeo.

[Dettagli: la procedura inizia con la presentazione di una proposta da parte della


Commissione. Su tale proposta il Parlamento EU inoltra al Consiglio la sua posizione: se il
Consiglio è d’accordo, l’atto è adottato e la procedura si conclude. Se il Consiglio non è
d’accordo, il Parlamento EU formalizza la sua posizione e la trasmette al Parlamento stesso.
PRIMA LETTURA.
Se il Parlamento entro 3 mesi dalla trasmissione della posizione del Consiglio la approva o
non si pronuncia, l’atto si considera adottato e la procedura si conclude. Se respinge la
posizione del Consiglio, l’atto si considera non adottato. Il Parlamento può comunicare al
Consiglio e alla Commissione proposte di modifica sulla posizione del Consiglio. A sua volta,
il Consiglio può approvare queste modifiche cosi che l’atto è adottato, o non approvarle con
la conseguente convocazione di un comitato di conciliazione. SECONDA LETTURA.
Alla seconda lettura segue la fase dellaCONCILIAZIONE: il comitato di conciliazione ha il
compito di raggiungere un accordo su un progetto comune. Se entro 6 settimane dalla
convocazione il comitato non raggiunge un accordo, l’atto si considera non adottato.

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Se il comitato di conciliazione raggiunge un accordo su un progetto, si apre la fase della


TERZA LETTURA: il Parlamento Europeo e il Consiglio, entro 6 settimane, devono adottare
l’atto altrimenti la procedura si conclude con un insuccesso.]

28.3. (c) Le procedure legislative speciali.


La procedura legislativa speciale non è definita dai Trattati: sono considerate procedure
speciali tutte quelle in cui non è imposta una procedura ordinaria. Il tratto comune alla
procedura speciale e a quella ordinaria è “l’adozione di un regolamento, di una direttiva o di
una decisione da parte del Parlamento EU con la partecipazione del Consiglio o da parte del
Consiglio con la partecipazione del Parlamento EU” (art. 289, TFUE).
Sono solo 3 i casi in cui è il Parlamento Europeo a decidere con la partecipazione del
Consiglio, e questi casi sono marginali (adozione dello Statuto dei membri del Parlamento
Europeo, definizione delle modalità per l’esercizio del potere d’inchiesta del Parlamento e
adozione dello Statuto del Mediatore Europeo).

L’adozione di un atto legislativo da parte del Consiglio con la partecipazione del


Parlamento, ricorre più di frequente e in questi casi, il Consiglio è chiamato a decidere
all’unanimità. Il Parlamento in queste decisioni del Consiglio, può fornire una semplice
consultazione o deve approvare l’atto. La partecipazione del Parlamento al processo
decisionale dell’UE attraverso la sua consultazione, nei Trattati costituisce la regola. I poteri
del Parlamento sono aumentati,ma il suo ruolo è rimasto è rimasto consultivo per numerosi
casi.
La consultazione del Parlamento Europeo da luogo all’emissione da parte sua di un atto
formale, il parere, che è obbligatorio, nel senso che la sua mancanza renderebbe l’atto del
Consiglio illegittimo. Formalmente il parere del Parlamento Europeo non è vincolante per il
Consiglio, ma praticamente il Parlamento non formulando il parere potrebbe ritardare la
decisione del Consiglio.
Non è necessario che il Parlamento esprima il parere sul testo definitivo purché tale testo
non sia modificato sostanzialmente in seguito. Qualora la proposta della Commissione sia
modificata nel corso della procedura, il Parlamento dovrà essere nuovamente consultato
prima che il Consiglio possa decidere.
Il Parlamento Europeo ha anche la possibilità di indirizzare al Consiglio pareri facoltativi in
tutti i casi in cui il Trattato non prevede per il Consiglio l’obbligo di consultare il Parlamento.
L’intervento del Parlamento è molto più incisivo quando, per l’adozione di un atto
legislativo, è prevista la sua previa approvazione
( ha quindi diritto di veto).

29.La funzione normativa delegata e la funzione esecutiva: (a) gli atti normativi
delegati.

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L’art. 290, TFUE prevede che un atto legislativo può delegare alla Commissione il potere di
emanare atti, definiti atti non legislativi di portata generale, che integrano o modificano
elementi non essenziali dell’atto stesso. Tali atti delegati sono veri e propri atti normativi di
competenza della Commissione. Essi hanno un rango inferiore rispetto agli atti legislativi.
Infatti, l’atto legislativo che contiene la delega alla Commissione deve delimitare gli
obiettivi, il contenuto, la portata e la durata della delega di potere (art.290,TFUE). Tale atto
legislativo di delega deve fissare le condizioni cui è soggetta la delega stessa: queste
condizioni possono includere il potere da parte del Parlamento o del Consiglio di revocare
la delega o di fissare un termine per sollevare obiezioni. Gli atti così emanati dalla
Commissione devono contenere la denominazione (regolamento)“delegato” o (direttiva)
“delegata”.
La Commissione ha il potere di emanare atti normativi di esecuzione su delega Consiglio. Il
controllo da parte del Consiglio e degli stati membri su questa attività normativa è stato
effettuato attraverso
l’affiancamento alla Commissione di comitati composti da rappresentanti degli stati membri
e presieduti da un rappresentante della Commissione. I comitati indirizzano pareri alla
Commissione e possono essere:
- consultivi -> la Commissione può discostarsi dal parere;
- di gestione -> se la Commissione adotta un parere in difformità dal comitato, deve
comunicarlo al Consiglio e questo può prendere una decisione contraria alla posizione della
Commissione;
- di regolamentazione con controllo -> il parere del comitato è vincolante per la
Commissione, la quale, se vuole adottare un provvedimento diverso, deve formulare al
Consiglio una proposta in merito.

29.1. (b) Gli atti di esecuzione.


Gli atti normativi di esecuzione sono delegati alla Commissione, mentre gli atti di
esecuzione sono atti vincolanti destinati a operare negli Stati. Sono le autorità nazionali
preposte a garantire l’esecuzione degli stessi. Se sono necessarie condizioni uniformi di
attuazione, p.es. relativamente alle regole di concorrenza, la competenza è della
Commissione, sottoposta comunque al controllo degli Stati membri. La competenza di
esecuzione è anche attribuita al Consiglio relativamente alle disposizioni sulla politica estera
e di sicurezza comune. Tra gli atti di esecuzione vi sono regolamenti di esecuzione, direttive
di esecuzione, decisioni di esecuzione.

30.La funzione di controllo.


La funzione di controllo si esplica nei confronti dell’istituzioni UE e nei confronti del Stati
membri. Tale controllo è di duplice tipo: da una parte c’è il controllo politico relativamente

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all’operato delle istituzioni; dall’altro c’è il controllo di natura giuridica che riguarda sia gli
Stati membri che le istituzioni.

30.1. Il controllo politico del Parlamento Europeo.


Il Parlamento Europeo detiene il controllo di natura politica. I limiti del controllo politico del
Parlamento possono concretarsi in provvedimenti cui sono collegate conseguenze
giuridiche in due casi:
- Mozione di censura approvata dal Parlamento Europeo sull’operato della
Commissione: 1/10 parlamentari possono presentare al presidente una mozione di
censura: questa deve essere messa ai voti almeno dopo 3 giorni dalla presentazione e
con scrutinio pubblico. Se approvata con maggioranza di 2/3 dei voti espressi, i
membri della Commissione saranno costretti a dare collettivamente le dimissioni.
Finora, di 5 mozioni di sfiducia, 3 soltanto sono state messe ai voti, ma non sono
state approvate.

- Procedura di approvazione del bilancio (art. 233 TFUE): la Commissione deve


sottoporre all’ esame del Parlamento EU la relazione generale annuale dell’attività
europea dell’anno precedente. Sono importanti anche le interrogazioni che i membri
del Parlamento possono rivolgere alla Commissione, al Consiglio EU o al Consiglio
(solo la Commissione è obbligata a rispondere; le interrogazioni possono richiedere
anche una risposta scritta).

Il Parlamento Europeo ha anche il potere di:


- accogliere petizioni da parte di ogni persona fisica e giuridica residente in uno Stato
membro dell’Unione, su questioni che rientrano nel campo di attività dell’UE .
- nominare un mediatore,cioè un difensore civico, abilitato a ricevere le denunce dei
cittadini dell’UE in casi di cattiva amministrazione da parte delle istituzioni e degli
organi UE.
- costituire, su richiesta di ¼ dei parlamentari, commissioni temporanee di inchiesta
per esaminare denunce di cattiva amministrazione nell’applicazione del diritto
comunitario.

30.2. Il controllo sugli inadempimenti degli Stati membri.


Il Controllo di natura giuridica nell’ambito dell’UE,si esercita con riferimento agli obblighi
derivanti agli Stati membri, da trattati o atti UE.
Il Controllo sugli inadempimenti è affidato alla Commissione, che ha il potere di vigilare sull’
applicazione del diritto UE sotto il controllo della Corte di Giustizia (art. 17 n. 1 TUE): la
Commissione è “guardiana dei trattati”.

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La Commissione gode del potere di “raccogliere informazioni e procedere a necessarie


verifiche” (art. 337 TFUE): essa stabilisce quando uno “stato membro abbia mancato a uno
degli obblighi a lui incombenti” e pone lo stato “in condizioni di presentare le sue
osservazioni” attraverso una lettera di messa in mora/intimazione. Con la lettera di messa in
mora, si instaura una procedura giurisdizionale di conciliazione tra Commissione e stato, nel
corso della quale la Commissione accerta e valuta le ragioni dello Stato e cerca di ottenere,
in via amichevole, la conformazione agli obblighi. In caso di insuccesso, la Commissione
può indirizzare allo Stato un parere motivato non vincolante, che indica il termine entro cui
lo Stato è invitato a conformarsi. Se lo stato persiste nell’infrazione oltre il termine, la
Commissione può portare il caso davanti alla Corte di Giustizia.
Alla Corte di Giustizia si può anche rivolgere anche ciascun stato membro che reputi che un
altro abbia mancato a un obbligo derivante da trattato. La Commissione svolge opera di
mediazione tra i due: mette gli stati in condizione di “presentare in contraddittorio le loro
osservazioni scritte e orali”. La Commissione ha 3 mesi di tempo per emettere un parere
motivato: decorso questo tempo, lo stato accusatore può ricorrere alla Corte di Giustizia.
Se la Corte ritiene il ricorso fondato, emette una sentenza che riconosce l’esistenza
dell'infrazione.
Nel momento in cui la Corte riconosce l’infrazione, lo Stato è tenuto a prendere i
provvedimenti esplicitati dalla sentenza (art. 260 TFUE). Se lo Stato non prende questi
provvedimenti, si ha una seconda infrazione per mancato rispetto di una sentenza della
Corte: sia la Commissione che gli stati possono ricorrere nuovamente presso la Corte. Se il
secondo ricorso è proposto dalla Commissione, questa non deve emettere pareri motivati,
ma deve precisare l’importo della penalità dovuta dallo Stato che non si è conformato alla
sentenza della Corte. La Corte, quando riconosce tale inadempimento, con una sentenza
c.d. di doppia condanna può adottare una sanzione pecuniaria anche superiore rispetto a
quella proposta dalla Commissione.
Se singoli vogliono ricorrere contro il proprio stato per l’inadempimento di questi al diritto
UE, possono farlo negli stati di appartenenza davanti alle strutture giurisdizionali nazionali.

30.3. Il controllo di legittimità sugli atti delle istituzioni e i ricorsi in carenza.


Il controllo giuridico si esercita anche nei confronti degli atti delle istituzioni UE. Tali atti
sono sottoposti ad un giudizio di legittimità da parte della Corte di Giustizia dell’UE (artt.
263, 264, TFUE). È soggetto a controllo anche il comportamento omissivo delle istituzioni
dell’UE: c.d. ricorso in carenza (art.265, TFUE).
a) OGGETTO del controllo di legittimità della Corte (art. 263, TFUE): gli atti legislativi, gli
atti del Consiglio, della Commissione e della BCE, gli atti del Parlamento Europeo e del
Consiglio Europeo destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi. Sono
impugnabili anche gli atti di conclusione o di applicazione di accordi internazionali
stipulati dall’UE. Gli atti del Parlamento Europeo sono soggetti al ricorso alla Corte

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solo se producono effetti giuridici verso terzi. Sono esclusi dal ricorso di legittimità
raccomandazioni e pareri, le proposte della Commissione, le disposizioni emesse nel
quadro della politica estera e di sicurezza comune e gli atti degli Stati membri.
b) MOTIVI per cui gli atti possono essere impugnati davanti alla Corte sono i vizi di
legittimità: l’incompetenza, che si ha quando un atto è emanato da un organo che
non è competente a farlo;
la violazione delle forme sostanziali, che si ha quando un atto è emanato senza il
rispetto delle procedure o forme previste che sono indispensabili per la validità
dell’atto;
lo sviamento di potere, che si ha quando un organo esercita i propri poteri per fini
diversi da quelli per i quali gli sono stati conferiti i poteri;
la violazione dei Trattati o di qualsiasi regola di diritto relativa alla loro applicazione:
la Corte ha considerato illegittimi gli atti contrari ai Trattati, agli atti delle istituzioni, ai
principi generali e alle norme relative alla protezione dei diritti fondamentali
dell’uomo e agli accordi internazionali stipulati dall’UE.
c) SOGGETTI legittimati a proporre ricorsi: gli Stati membri, il Parlamento Europeo, il
Consiglio e la Commissione c.d. ricorrenti privilegiati poiché il loro ricorso non è
soggetto a nessun limite.
Anche la Corte dei Conti, la BCE e il CDR, c.d. ricorrenti semi-privilegiati, possono
proporre i ricorsi di legittimità, ma solo per salvaguardare le proprie prerogative.
Il ricorso di legittimità può essere presentato anche da parsone fisiche o giuridiche,
c.d. ricorrenti non privilegiati, solo contro atti adottati nei loro confronti, che li
riguardano direttamente ed individualmente e che non comportino misure
d’esecuzione. Le persone giuridiche legittimate ad agire possono essere anche
regioni, comuni e altri enti locali.
d) TERMINI PER LA PROPOSIZIONE: i ricorsi devono essere proposti entro 2 mesi dalla
pubblicazione dell’atto, dalla sua notifica al ricorrente o dal giorno in cui il ricorrente
ne è venuto a conoscenza.
e) CONSEGUENZE del ricorso alla Corte: il ricorso non ha effetto sospensivo dell’atto
impugnato; è facoltà della Corte ordinare la sospensione dell’esecuzione dell’atto o
disporre provvedimenti provvisori . se la Corte ritiene fondati i motivi del ricorso,
dichiara l’atto nullo e non avvenuto (art. 264, TFUE).
f) Collegato col ricorso di legittimità, è il RICORSO IN CARENZA (art. 265, TFUE). Esso
permette alla Corte di controllare il comportamento delle istituzioni, organi e
organismi dell’UE sanzionandone l’inattività, quando i Trattati prevedono che
dovrebbero emanare provvedimenti. Tale ricorso può essere presentato contro
Parlamento, Consiglio, Consiglio Europeo, Commissione, BCE e altri organi dell’UE. I
ricorsi delle persone fisiche o giuridiche sono ammessi solo per la mancata

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emanazione nei propri confronti di un atto (NO raccomandazione o parere) destinato


a produrre effetti giuridici nei loro confronti.
Il ricorso deve essere preceduto da una messa in mora, cioè una richiesta di agire
rivolta all’istituzione che è ritenuta inattiva: trascorsi 2 mesi, se l’istituzione non ha
preso posizione, il ricorso può essere presentato alla Corte. I ricorsi in carenza non
possono essere effettuati in ambito di politica estera e di sicurezza comune.

31.La funzione giurisdizionale.


L’ordinamento dell’UE contiene un sistema di garanzie giurisdizionali che consentono di
controllare la legittimità delle sue azioni e il rispetto delle norme di e tutelare i diritti
attribuiti ai soggetti. La funzione giurisdizionale è ripartita tra i giudici nazionali e la Corte di
Giustizia dell’UE. Il diritto europeo è parte integrante del diritto interno degli Stati membri,
quindi i giudici nazionali sono preposti a garantirne l’applicazione in caso di controversie.
L’art. 19, TUE stabilisce che la Corte di Giustizia UE assicura il rispetto del diritto
nell’interpretazione e nell’applicazione dei Trattati, in quanto ad essa spettano le
competenze che i Trattati le attribuiscono.
Secondo l’art. 275, TFUE, le competenze della Corte hanno carattere speciale e chiarisce
che l’UE è sottoposta alla giurisdizione dei giudici nazionali. Le competenze
specificatamente attribuite alla Corte dai Trattati, lo sono in via esclusiva, cioè con
esclusione della competenza dei giudici nazionali.
Le competenze di tipo contenzioso attribuite alla Corte di Giustizia dell’UE dai Trattati sono
quelle relative ai:
- ricorsi per infrazione relativi ad inadempimenti degli Stati,
- ai ricorsi di annullamento degli atti delle istituzioni dell’UE per vizi di legittimità,
- ai ricorsi in carenza.
Esistono due livelli di funzione giurisdizionale: quella esercitata in via generale dai giudici
nazionali e quella esercitata in specifiche materie dalla Corte di Giustizia dell’UE. Questi
livelli non sono però distinti: ai giudici nazionali compete l’applicazione del diritto dell’UE,
ma per la sua interpretazione occorre la collaborazione (fornita attraverso la competenza
pregiudiziale) della Corte di Giustizia.

31.1. Le controversie in materia di responsabilità dell’UE.


La Corte è competente a giudicare anche controversie relative alla responsabilità
extracontrattuale dell’UE. L’ art. 340 TFUE recita:“In materia di responsabilità
extracontrattuale, l'Unione deve risarcire i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi
agenti nell'esercizio delle loro funzioni”. Si tratta di competenza esclusiva e di piena
giurisdizione nel senso che la Corte ha ampia discrezionalità per determinare la
responsabilità delle istituzioni UE. La fonte di diritto per la Corte sono i “principi generali
comuni ai diritti degli stati membri”. L’azione è promossa dagli Stati membri o dalle persone

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fisiche o giuridiche, ma NON dalle istituzioni UE poiché finirebbero con l’agire contro sé
stesse. La responsabilità dell’UE sorge per gli atti dichiarati illegittimi o sulla base dell’esito
di un ricorso in carenza. La responsabilità dell’UE sussiste solo in relazione al
comportamento delle sue istituzioni o dei suoi agenti e non quando il danno derivi da atti
emanati da organi degli Stati membri.
Per quanto riguarda la responsabilità contrattuale dell’UE la Corte non ha competenza
esclusiva. Sono i giudici nazionali competenti in via generale a giudicare le controversie
relative ai contratti di cui l’UE è parte. Tuttavia, in certi casi, i Trattati attribuiscono la
competenza alla Corte relativamente alla responsabilità dell’UE: ciò avviene quando il
contratto di cui l’UE è parte, contiene una clausola compromissoria.

31.2. Cenni sulle altre competenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea
- Competenza pregiudiziale;
- Competenze di tipo contenzioso: sono quelle relative alle controversie tra l’UE e i
suoi agenti e alle controversie tra gli Stati membri. L’art. 270, TFUE stabilisce che la
Corte è competente in via esclusiva a conoscere le controversie tra l’UE e i suoi
agenti. Nell’ambito della Corte di Giustizia dell’UE, queste controversie sono di
competenza del Tribunale della funzione pubblica dell’UE.
- Funzione consultiva: si esplica con riferimento alla stipulazione di accordi
internazionali da parte dell’UE. L’art. 218, TFUE dispone che gli organi dell’UE
possano domandare il parere della Corte di Giustizia circa la compatibilità con i
Trattati di un accordo internazionale che l’UE intende stipulare.

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Capitolo III: LE DISPOSIZIONI FINANZIARIE E IL BILANCIO DELL’UNIONE EUROPEA.

32.Le entrate dell’UE e il problema delle risorse proprie.


Le disposizioni finanziarie, sono contenute nella Parte Sesta, Titolo II, del TFUE. Anche il
bilancio dell’Ue è costituito da entrate e uscite: le entrate derivano dal sistema di
finanziamento dell’UE; le uscite sono costituite dalle spese per il funzionamento dell’UE.
Secondo il principio della “sana gestione finanziaria”, entrate e uscite devono risultare in
pareggio (art. 310, TFUE).
Per quanto riguarda il Finanziamento delle organizzazioni interne, queste sono indipendenti
e si autofinanziano per evitare che gli Stati membri possano condizionarle ed indirizzare la
loro politica.
L’art. 311, TFUE stabilisce che il bilancio,escluse le altre entrate, è finanziato integralmente
tramite risorse proprie. Le risorse proprie non possono essere deliberate dal Consiglio. Il
Consiglio può adottare con una procedura legislativa speciale una decisione che stabilisce le
disposizioni relative al sistema delle risorse proprie dell’UE: tale decisione entra in vigore
solo se approvata dagli Stati membri. Il sistema delle risorse dell’UE è attualmente stabilito
dalla decisione del Consiglio n.2007/436, del 7 Giugno 2007.
Le risorse proprie dell’UE sono:

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- I prelievi, gli importi supplementari o altri dazi fissati dalle Istituzioni UE sugli scambi
con paesi terzi  si tratta dei c.d. prelievi agricoli (a carico degli importatori di paesi
terzi) e dei dazi riscossi secondo la tariffa doganale esterna comune(dazi doganali):
riscossi dagli organi degli Stati membri e versati alla Commissione ;
- Una percentuale aggiuntiva sull’imponibile IVA degli Stati membri;
- Un’aliquota sull’importo complessivo del prodotto nazionale lordo degli Stati membri
(c.d. risorsa PNL). Questa risorsa è la maggior fonte di finanziamento dell’UE.

33.Le spese dell’UE, il quadro finanziario pluriennale e la procedura di approvazione,


esecuzione e controllo del bilancio dell’UE.
Le spese dell’UE che devono essere contenute entro i limiti dei proventi delle risorse
proprie (art. 312, TFUE), sono quelle per il proprio funzionamento e quelle necessarie alle
attività di propria competenza.
L’andamento delle spese è assicurato da quadri finanziari che devono essere stabiliti per
periodi di almeno 5 anni: l’UE prima di adottare atti che comportano spese, deve assicurarsi
che tali spese possano essere finanziate entro i limiti delle risorse proprie e rispettino il
quadro finanziario. Il quadro finanziario pluriennale è fissato dal Consiglio con un
regolamento adottato secondo una procedura legislativa speciale, che prevede l’unanimità
dei membri del Consiglio e l’approvazione del Parlamento.
[ Procedura di approvazione del bilancio annuale  esso è stabilito dal Parlamento e dal
Consiglio congiuntamente. Entro il 1°luglio di ogni anno, ciascun istituto dell’UE prepara
una previsione delle proprie spese per l’anno successivo. La Commissione prepara e
sottopone a Consiglio e Parlamento entro il 1°settembre un progetto preliminare di bilancio
che comprenda una previsione delle entrate ed una previsione delle spese. Il Consiglio
adotta la sua posizione sul progetto di bilancio e la comunica al Parlamento entro il
1°ottobre. Se entro 42 giorni il Parlamento approva o non delibera: bilancio si considera
adottato; se il Parlamento adotta emendamenti al progetto, questo è trasmesso al Consiglio
e alla Commissione (fase di Prima Lettura). A questo punto si apre la fase della conciliazione
tra Parlamento e Consiglio: se il comitato di conciliazione non raggiunge un accordo sul
progetto comune di bilancio, la Commissione dovrà sottoporre un nuovo progetto di
bilancio. Se viene raggiunto un accordo, si apre la fase di seconda lettura. In seguito, se il
Parlamento EU o il Parlamento e il Consiglio respingono il progetto, la Commissione dovrà
sottoporre un nuovo progetto di bilancio. Se il progetto comune è approvato il Presidente
del Parlamento EU constata che il progetto di bilancio è definitivamente adottato. ]
Senza un bilancio approvato, si applica il c.d. regime “dei dodicesimi” (art. 315, TFUE)in
base al quale l’UE in ciascun mese non può spendere più di un dodicesimo di quanto era
disponibile nel bilancio dell’anno precedente.
Ruolo della Commissione: ha il compito di dare esecuzione al bilancio (art. 317,TFUE) in
cooperazione con gli Stati membri ed in conformità al principio della buona gestione

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finanziaria. Incassa le entrate ed effettua le spese. È il Parlamento Europeo che dà atto alla
Commissione dell’esecuzione del bilancio (art. 319, TFUE).
Ruolo della Corte dei Conti: assicura il controllo dei conti: controlla la regolarità delle
entrate e delle spese e presenta al Consiglio e al Parlamento una dichiarazione in cui attesta
l’affidabilità dei conti e la regolarità delle operazioni. La corte dei Conti può fare controlli
diretti sulle altre istituzioni UE e sugli Stati membri. Presenta alle altre istituzioni una
relazione annua sui conti dopo la chiusura di ciascun esercizio.

Capitolo IV: L’AZIONE ESTERNA DELL’UNIONE EUROPEA.

34.Aspetti generali dell’azione esterna dell’UE.


Uno degli obiettivi dell’UE è quello di intrattenere con il resto del mondo una rete di
relazioni esterne attraverso cui promuovere i propri valori e interessi.
Sono il Consiglio e la Commissione, assistiti dall’Alto Rappresentante per gli affari esteri e la
politica di sicurezza, a garantire la coerenza dell’azione esterna dell’UE. Tutta l’azione
esterna comunitaria è assoggettata all’individuazione di interessi e obiettivi strategici
dell’UE da parte del Consiglio Europeo.
L’Alto Rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, deve vigilare sulla
coerenza dell’azione esterna dell’UE e deve adempiere alle responsabilità che incombono
sulla Commissione nel settore delle relazioni esterne.
Al Parlamento Europeo non viene attribuito nessun ruolo in materia, se non che deve
partecipare alla procedura di conclusione degli accordi internazionali.
Nell’azione esterna dell’UE c’è anche la politica di vicinato che l’UE vuole sviluppare con i
paesi limitrofi.
Le norme relative all’azione esterna dell’UE sono contenute nel Titolo V del TUE (->
contiene norme specifiche in materia di politica estera e sicurezza comune) e nella Parte
Quinta del TFUE (-> disciplina 5 aree su cui deve svolgersi l’azione dell’UE: politica
commerciale comune; cooperazione economica, finanziaria e tecnica con paesi terzi; aiuto
umanitario; misure restrittive.

35.L’azione esterna e la soggettività internazionale dell’UE.


L’azione esterna dell’UE presuppone che essa sia un soggetto di diritto internazionale e
capace di essere titolare di diritti ed obblighi nei confronti degli altri soggetti. Il principio di
effettività è il criterio guida per determinare la soggettività internazionale di un ente:
quando le organizzazioni internazionali esercitano delle prerogative proprie di soggetti di

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diritto internazionale, tali organizzazioni internazionali sono soggetti di diritto


internazionale.
L’art. 47, TUE dispone che “l’Unione ha personalità giuridica”, mentre l’art. 335, TFUE
dispone che in ogni Stato membro l’Unione ha la più ampia capacità giuridica riconosciuta
alle persone giuridiche, può acquistare o alienare beni mobili e immobili e può stare in
giudizio. È la Commissione che rappresenta l’UE nei rapporti di diritto interno e la
conseguenza è che l’UE può essere titolare di diritti e obblighi contrattuali e può prendere
parte a procedimenti giurisdizionali all’interno degli Stati membri. L’UE può agire come
soggetto di diritto anche all’interno di Stati terzi, ed essendo soggetto di diritto
internazionale è capace di concludere accordi con Stati terzi.

36.Gli accordi internazionali.


La più importante manifestazione della soggettività internazionale dell’UE è la capacità di
concludere accordi con Stati terzi.

36.1. Il problema dell’esistenza di una competenza generale dell’UE a concludere


accordi internazionali.
Esiste una competenza generale dell’UE a concludere accordi internazionali? È di natura
esclusiva? Bisogna tener presenti 2 norme:
- art. 216 TFUE -> “L'Unione può concludere un accordo con uno o più paesi terzi o
organizzazioni internazionali qualora i trattati lo prevedano o qualora la conclusione di un
accordo sia necessaria per realizzare, nell'ambito delle politiche dell'Unione, uno degli
obiettivi fissati dai trattati, o sia prevista in un atto giuridico vincolante dell'Unione, oppure
possa incidere su norme comuni o alterarne la portata”.
- art. 3 n. 2 TFUE -> “L'Unione ha inoltre competenza esclusiva per la conclusione di accordi
internazionali allorché tale conclusione è prevista in un atto legislativo dell'Unione o è
necessaria per consentirle di esercitare le sue competenze a livello interno o nella misura in
cui può incidere su norme comuni o modificarne la portata”.
Secondo la Corte di Giustizia, l’UE ha il potere implicito di esercitare all’esterno competenze
di cui gode sul piano interno, anche attraverso la conclusione di accordi internazionali. P.es.
Sentenza AETS, 31 marzo 1971: la delibera del Consiglio che autorizzava gli stati membri a
stipulare un accordo internazionale in tema di trasporti su strada, non poté essere applicata
perché le norme comuni in materia di trasporti su strada erano già state emanate.
Il principio del parallelismo tra competenze interne e competenze esterne ha una doppia
funzione:
- definire la competenza generale dell’UE in materia di accordi internazionali
- escludere la competenza degli stati a concludere autonomamente accordi con stati
terzi. Tale esclusione si ha in 3 casi: a) nei casi di accordi vertenti su materie che
appartengono alle competenze assegnate in via esclusiva all’UE; b) nel caso in cui la

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conclusione di un accordo sia necessaria per raggiungere gli obiettivi dell’UE; c) nel
caso di competenze concorrenti, quando l’UE ha già esercitato tali competenze sul
piano interno attraverso l’emanazione di norme comuni.

In conclusione, l’UE ha competenza a concludere accordi internazionali quando i trattati o


un atto legislativo lo prevedono, in base a principio del parallelismo e quando tale
conclusione è necessaria x raggiungimento di un suo obiettivo interno.

36.2. Accordi internazionali degli Stati membri ed accordi dell’Ue: gli accordi degli
Stati membri anteriori ai Trattati, gli accordi degli Stati membri anteriori ai Trattati,
gli accordi multilaterali e gli accordi misti.
Gli Stati membri, prima dell’entrata in vigore dei Trattati, sono titolari esclusivi della
capacità di concludere accordi internazionali nelle materie oggetto dei Trattati stessi: in
alcuni casi hanno perso questa capacità a favore di una competenza esclusiva dell’UE,
mentre in altri casi l’hanno conservata insieme a quella concorrente dell’UE.
L’art. 351 TFUE stabilisce che gli accordi conclusi dagli stati membri prima dell’entrata in
vigore dei trattati o prima della loro adesione all’UE, restano validi; ma, se sono
incompatibili con i Trattati, gli stati membri devono “eliminare le incompatibilità
constatate”.
In alcuni casi si può verificare una successione dell’UE nei diritti e negli obblighi derivanti
dagli accordi conclusi dagli stati membri prima dell’entrata in vigore dei Trattati o dagli
accordi con oggetto non rientrante nelle competenze dell’UE. Es.: GATT, le cui disposizioni
sono diventate vincolanti x UE (Corte di giustizia ha ritenuto che UE è parte del GATT non
per ammissione, ma per successione, essendo tale competenza trasferita dagli stati membri
all’UE.

36.3. Gli accordi di associazione: gli accordi con i paesi ACP e lo Spazio Economico
Europeo in particolare.
L’art. 217, TFUE parla di una categoria di accordi che l’UE può concludere con Stati terzi ed
organizzazioni internazionali: i c.d. “accordi di associazione” e aggiunge che l’associazione è
caratterizzata da diritti e obblighi reciproci, da azioni comuni e da procedure particolari. La
prassi chiarisce che un accordo di associazione deve istituzionalizzare la collaborazione tra
UE e soggetti terzi. Gli accordi di associazione possono essere conclusi in tutti i campi in cui
si esplica l’azione esterna dell’UE, in particolare nell’ambito della cooperazione allo sviluppo
e della politica commerciale comune.
[ Gli accordi di associazione prevedono la creazione di organi propri dell’associazione
stessa:

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- Consiglio di associazione formato da rappresentanti dell’UE + rappresentanti dello


Stato associato; determina gli indirizzi di politica generale tramite decisioni
vincolanti;
- Comitato di associazione o Comitato degli Ambasciatori costituito dal Consiglio di
associazione; ha funzioni esecutive;
- Commissione o Conferenza parlamentare dell’associazione rappresentanti del
Parlamento Europeo e del Parlamento dell Stato associato; funzione di controllo
sull’attività del Consiglio di associazione.]

Con molti Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (c.d. paesi ACP) l’UE ha costituito una
particolare associazione. Tali paesi erano delle colonie e ad essi si applicava il regime dei
paesi e territori d’oltremare. Con il raggiungimento dell’indipendenza il suddetto regime
doveva essere disciplinato su base convenzionale. Ciò è avvenuto con una serie di
convenzioni che si sono susseguite fino all’Accordo di partenariato del 2003. Lo scopo di
questa associazione è stato fin dal principio quello di promuovere il loro sviluppo
economico e sociale e l’instaurazione di relazioni economiche con l’UE. Piano piano questa
associazione supera l’ambito commerciale per assumere una connotazione politica
incentrata sulla lotta alla povertà, buon governo, lotta alla corruzione, rispetto dei diritti
umani e delle libertà fondamentali,…

Altra forma di associazione riguarda i paesi dell’EFTA, relativamente ai quali esiste una
compatibilità tra le loro situazioni socio-economiche tanto che molti di essi sono poi entrati
a far parte dell’UE. Con tali Stati si è poi giunti a un accordo di associazione che istituiva un
grande Spazio Economico Europeo (SEE). Questo accordo prevede la creazione di una zona
di libero scambio tra i paesi membri nella quale merci, persone, capitali e servizi circolino
liberamente.

36.4. La procedura di conclusione degli accordi internazionali dell’UE e i loro effetti


giuridici.
La procedura di conclusione degli accordi è descritta dall’art. 218, TFU.
Il Consiglio autorizza l’avvio dei negoziati, definisce le direttive di negoziato, autorizza la
firma e conclude gli accordi. L’autorizzazione all’avvio dei negoziati è data dal Consiglio su
raccomandazione della Commissione o dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari
esteri e la politica di sicurezza. Il Consiglio designa il negoziatore o il capo della squadra di
negoziato dell’UE (->Alto rappresentante) e a cui può impartire direttive e a cui affianca un
comitato speciale. Il Consiglio adotta le decisioni per autorizzare la firma e conclude
l’accordo. Tutte le delibere del Consiglio sono adottate a maggioranza qualificata,
l’unanimità è richiesta:
- Quando l’accordo riguarda un settore per cui è richiesta unanimità;

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- Per accordi di associazione;


- Per accordi di cooperazione economica, finanziaria e tecnica;
- Per un accordo di adesione dell’UE alla CEDU.
La Commissione ha l’incarico di negoziare gli accordi nel campo della politica commerciale
comune. L’approvazione del Parlamento Europeo è richiesta solo nel caso in cui gli
l’adozione degli atti dell’UE richieda la procedura legislativa ordinaria. La consultazione del
Parlamento Europeo è richiesta per gli altri accordi internazionali. Il Consiglio deve avere il
parere del Parlamento prima di concludere l’accordo; in casi di urgenza, il Consiglio può
fissare un termine al Parlamento per la formulazione del parere. L’intervento del
Parlamento non è richiesto per gli accordi nell’ambito della politica estera e di sicurezza
comune. L’art. 218, TFUE prevede che il Parlamento, il Consiglio, la Commissione o uno
Stato membro possano domandare alla Corte di Giustizia un parere circa la compatibilità
con i Trattati di un determinato accordo. Se la Corte rileva un’incompatibilità, l’accordo può
essere concluso solo se modificato.
Per quanto riguarda gli effetti giuridici degli accordi conclusi dall’UE, essi vincolano le
istituzioni dell’UE e gli Stati membri. Questi accordi sono parte integrante dell’ordinamento
dell’UE.

37.Il diritto di legazione attivo e passivo.


Per le organizzazioni internazionali, il diritto di legazione non discende dal diritto
internazionale generale, ma è materia regolata su base convenzionale.
Legazione attiva  art.221, TFUE: le delegazioni dell’UE presso i paesi terzi e le
organizzazioni internazionali ne assicurano la rappresentanza preso gli stessi. Tali
delegazioni sono sotto l’autorità dell’Alto rappresentante dell’Unione e cooperano con le
missioni diplomatiche e consolari degli Stati membri presso i paesi terzi ed organizzazioni
internazionali.
Legazione passiva  molte missioni diplomatiche sono accreditate presso l’UE. Quando ad
accreditare le missioni presso l’UE sono gli Stati membri, si usa il termine “rappresentanze
permanenti”, mentre le rappresentanze degli Stati terzi si chiamano “missioni permanenti”.

38.Le misure restrittive dell’UE e la clausola di solidarietà.


Nell’ambito dell’azione esterna dell’UE, l’art. 215, TFUE stabilisce che quando l’UE adotta
una decisione che prevede l’interruzione delle relazioni economiche e finanziarie con uno o
più paesi terzi, è il Consiglio che adotta misure restrittive necessarie. Tali misure possono
anche essere prese nei confronti di persone fisiche o giuridiche. Sul piano del diritto
internazionale generale, le misure restrittive si qualificano come ritorsioni o contromisure (
 Parlamento e Consiglio possono adottare misure restrittive contro il terrorismo).
Le disposizioni sull’azione esterna dell’UE, contenute nella Parte Quinta del TFUE, si
concludono con la clausola di solidarietà (art. 222,TFUE stabilisce che in caso di attacco

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terroristico, calamità naturale o provocata dall’uomo sul territorio di uno Stato membro, UE
e Stati membri agiscono in uno spirito di solidarietà). Le misure di attuazione della clausola
di solidarietà sono decise dal Consiglio a maggioranza qualificata.

Capitolo V: L’ORDINAMENTO GIURIDICO DELL’UNIONE EUROPEA.

39.Generalità: l’ordinamento giuridico dell’UE, il diritto internazionale, i diritti interni


degli Stati membri e le loro garanzie.
L’UE ha la natura giuridica di un’organizzazione internazionale ed è un soggetto di diritto
internazionale. Da ciò, 2 conseguenze:
a) Siccome l’UE è un’organizzazione basata su un trattato, il suo ordinamento giuridico è
derivato rispetto all’ordinamento internazionale poiché in esso trova le sue garanzie
primarie. L’ ordinamento giuridico dell’UE è autonomo sia rispetto al dir. internaz.
che al diritto interno degli Stati membri. Quindi, se l’ordinamento comunitario deve
operare all’interno degli Stati membri, ha bisogno della cooperazione degli Stati. In
caso di conflitti tra ordinamento UE e ordinamenti interni, questi si risolvono
basandosi sul primato del primo sui secondi.

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b) La seconda conseguenza è che l’UE è sottoposta a tutte le norme di diritto


internazionale generale. Anche le istituzioni dell’UE devono conformarsi a tali norme
di diritto internazionale.

Se la violazione di una norma internazionale avvenisse nell’ambito dell’azione esterna


dell’UE, costituirebbe un illecito internazionale con la conseguenza che gli altri membri
della comunità, eventualmente lesi, potrebbero adottare tutte le contromisure che
costituiscono le garanzie primarie del dir. internaz. Se la violazione delle norme internaz.
avesse luogo tramite l’emanazione di atti interni all’UE, tali atti sarebbero considerati
illegittimi nell’ordinamento comunitario stesso.
Gli Stati membri, nei loro rapporti interni, devono ricorrere alle garanzie proprie
dell’ordinamento UE c.d. secondarie rispetto a quelle del dir.internaz. generale (tra tali
garanzie: controllo che la Corte di Giustizia esercita in caso di inadempimento degli Stati
membri). Se le garanzie secondarie risultassero inefficaci, gli Stati membri avrebbero la
possibilità di ricorrere alle garanzie primarie.
L’art. 7, TUE prevede sanzioni per gli Stati che violano i valori dell’art. 2, TUE e
l’ordinamento comunitario prevede misure di carattere internazionalistico, come forme di
autotutela a favore degli Stati membri.

40.Le fonti dell’ordinamento dell’UE e la loro gerarchia; generalità.


Le fonti dell’ordinamento UE sono di due tipi:
- Primarie  costituite dai Trattati (TUE, TFUE)
- Secondarie  costituite dagli atti emanati dalle istituzioni UE (c.d. diritto derivato) in
conformità coi Trattati.
- Tra queste fonti si pongono in posizione intermedia i principi generali di diritto
elaborati dalla Corte di giustizia e gli accordi internazionali conclusi dall’UE.
L’art. 1, TUE stabilisce che i 2 Trattati hanno lo stesso valore giuridico e non stabilisce una
gerarchia poiché in entrambi i trattati sono previste sia norme sui principi fondamentali sia
norme sul funzionamento, e molto spesso alcune norme sono ripetute in entrambi i
Trattati.

 Una norma che contiene un principio generale di diritto rango superiore alle
norme specifiche
 L’atto di un’istituzione dell’UE (= atto derivato) non deve essere contrario ai Trattati.
 Gli atti non legislativi delegati alla Commissione rango inferiore rispetto agli atti
legislativi
 Gli atti di esecuzione  rango inferiore rispetto agli atti a cui va data esecuzione
 Principi generali di diritto enunciati nei Trattati e quelli relativi alla tutela dei diritti
fondamentali  rango superiore rispetto al diritto derivato dell’UE

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 Accordi internazionali rango inferiore rispetto ai Trattati/ rango superiore agli atti
di diritto derivato.
Per quanto riguarda una gerarchia delle fonti del diritto derivato (atti emanati secondo la
procedura legislativa ordinaria, regolamenti, direttive e decisioni) non è stata definita.

41.Le fonti primarie e le fonti intermedie


Fonti primarie  Trattati: TUE e TFUE
Fonti intermedie  fonti con rango superiore rispetto al diritto derivato.

41.1. I Trattati e i principi generali di diritto che vi sono contenuti.


I Trattati costituiscono la fonte primaria poiché si rifanno direttamente alla volontà degli
Stati che hanno dato vita all’UE. Tra i Trattati vanno inclusi quelli che li modificano e quelli
relativi all’ammissione di nuovi membri nell’UE. Le norme dei Trattati non possono essere
modificate da nessuna delle altre fonti del diritto dell’UE. Nei Trattati si comprendono
anche i Protocolli e gli Allegati, le Dichiarazioni allegate ai Trattati hanno solo valore
interpretativo delle disposizioni.
I provvedimenti del Consiglio o del Parlamento che apportano modifiche o integrazioni ai
Trattati costituiscono accordi internazionali veri e propri.
I Trattati contengono principi generali di diritto che hanno rango superiore rispetto a tutte
le altre disposizioni. Tali principi, ad esempio, sono:
 I diritti fondamentali (art. 6, TUE);
 Il principio di uguaglianza dei cittadini dell’Unione (art.9, TFUE)è collegato con le
norme sulla cittadinanza europea;
 Il principio di non discriminazione (artt. 18 e 19, TFUE)vieta ogni discriminazione
basata sulla nazionalità, sul sesso, sulla religione, la razza, l’origine, l’età o
l’orientamento sessuale. il Consiglio è abilitato ad adottare all’unanimità tutti i
provvedimenti per combattere le suddette discriminazioni, anche gli Stati membri
devono contribuire a combatterle. Ci sono altre norme dei Trattati che specificano il
divieto di discriminazione con riferimento alla parità tra i sessi sia in generale sia nel
lavoro. L’art. 157,TFUE obbliga gli Stati ad assicurare l’applicazione del principio della
parità di retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore.
 Principio di attribuzione, di sussidiarietà, di leale cooperazione, di buona gestione
finanziaria…

41.2. I principi relativi alla protezione dei diritti fondamentali dell’uomo; l’adesione
dell’UE alla CUDU e la Carta dei diritti fondamentali dell’UE.
Secondo l’art. 6 TUE, i diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) costituiscono principi
generali che fanno parte del diritto dell’UE:  quindi, gli organi dell’UE e quelli degli Stati

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membri hanno l’obbligo di conformarsi ad essi nell’emanare,attuare, eseguire e


interpretare le norme di diritto dell’UE. In caso di violazione di questo obbligo, i singoli
hanno la possibilità di ricorrere alla Corte europea per i diritti dell’uomo (Corte CEDU)
oppure di effettuare il ricorso di legittimità alla Corte di Giustizia.

L’art.6,Tue abilita l’UE ad aderire alla CEDU precisando che l’adesione non modifica le
competenze dell’UE. Il principale vantaggio dell’adesione dell’UE alla CEDU è ravvisato nel
fatto che l’UE viene posta allo stesso livello degli Stati, poiché deve rispettare le norme
CEDU  di conseguenza, i singoli possono agire contro l’UE dinanzi alla Corte CEDU.
In caso di contrasto tra norme dell’UE e norme della CEDU, l’individuo ricorre alla Corte
CEDU contro il proprio Stato per quanto riguarda i provvedimenti che attuano il diritto
comunitario.
Il caso di contrasto tra il diritto UE e le norme della CEDU non può ipotizzarsi perché le
norme della CEDU sono incluse tra i principi generali dell’ordinamento europeo. Tuttavia, la
Corte CEDU per evitare contrasti tra le normative, ha sottolineato che l’UE in materia di
diritti fondamentali offre una tutela equivalente a quella della CEDU.

L’UE, oltre a riconoscere le norme della CEDU quali principi generali del proprio
ordinamento, ha deciso di dotarsi della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea
(c.d. Carta di Nizza) proclamata da Parlamento Europeo, Consiglio e Commissione.
L’art. 6, TUE stabilisce che l’UE riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta e
che questa ha lo stesso valore giuridico dei Trattati. Le disposizioni della Carta di Nizza non
estendono le competenze dell’UE, e l’art. 51 della Carta stabilisce che le norme contenute
in essa non si applicano a organi, istituzioni dell’UE mentre si applicano agli stati membri
solo nell’attuare il diritto dell’Unione.

La Carta come scopo si pone quello di rendere più visibili i diritti fondamentali derivanti
dalle tradizioni costituzionali e dagli obblighi internazionali.
La Carta non ha una legittimazione democratica della commissione che l’ha redatta e il suo
inserimento nelle fonti del diritto dell’UE aggrava il deficit democratico europeo.
L’incidenza della Carta è attenuata rispetto a Polonia e Regno Unito: i questi stati i diritti
individuali sono protetti soltanto dalle norme costituzionali interne e dalle norme della
CEDU.

Garantire i diritti fondamentali dell’uomo è, comunque, compito essenziale delle


Costituzioni interne degli Stati, in proposito la Corte Costituzionale Italiana ha chiarito che
l’ordinamento dell’UE non può prevalere sulle norme costituzionali che proteggono i diritti
fondamentali.

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41.3. I principi generali di diritto elaborati dalla Corte di Giustizia.


La Corte di Giustizia ha elaborato principi generali dell’ordinamento dell’UE, c.d. principi
generali comuni ai diritti degli Stati membri, cui fa riferimento anche l’art. 340, TFUE. La
Corte non ha allargato l’ambito percettivo dei Trattati, ma ha colmato delle lacune dei
Trattati: a questo proposito si è parlato di diritto non scritto dell’UE. La Corte ha utilizzato
questi principi, a cui ha riconosciuto un rango preminente a quello del diritto derivato,
come parametri di legittimità degli atti UE e per gli atti interni degli Stati membri. Tra i
principi generali elaborati dalla giurisprudenza, ricordiamo:
 Il principio della certezza del diritto (ogni situazione deve essere valutata alla luce
delle norme vigenti al momento del verificarsi del fatto);
 Il principio della tutela del legittimo affidamento;
 Il principio del rispetto dei diritti quesiti;
 Il principio dell’effetto utile (ogni norma deve essere interpretata in modo da poter
raggiungere il suo scopo);
 Il principio di buona fede;
 Il principio dell’arricchimento senza causa;
 Il principio di equità;
 Il principio di legalità (ogni atto delle istituzioni dell’UE deve essere legittimato dai
Trattati).

41.4. Gli accordi internazionali dell’UE.


Anche gli accordi internazionali stipulati dall’UE fanno parte del diritto comunitario e,
secondo l’art. 216, TFUE vincolano le istituzioni dell’Unione e gli Stati membri. Tali accordi
sono vincolanti per l’UE e nella gerarchia delle fonti dell’ordinamento comunitario, si
pongono in una posizione preminente rispetto al diritto derivato. Di conseguenza, un atto
dell’UE contrario a un accordo internazionale può essere annullato dalla Corte di Giustizia.
Gli accordi internazionali sono in posizione subordinata rispetto ai Trattati, i quali
prevalgono sugli impegni internazionali contrastanti. La Corte di Giustizia può esercitare il
controllo di legittimità nei confronti degli accordi: ciò potrebbe evidenziare un contrasto tra
le norme dei Trattati e quelle dell’ accordo. Un contrasto porterebbe gravi conseguenze sul
piano delle relazioni internazionali dell’UE poiché la sentenza della Corte non ha effetto
sullo Stato con cui l’UE ha concluso l’accordo. Il miglior sistema per prevenire tali contrasti è
la richiesta alla Corte di Giustizia di un parere prima della conclusione degli accordi.

42.Le fonti secondarie.


Le fonti secondarie costituiscono il cd. Diritto derivato dell’UE e sono rappresentate dagli
atti delle sue istituzioni. L’art. 288, TFUE specifica che l’UE emana regolamenti, direttive,

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decisioni, raccomandazioni e pareri ( cd. Atti tipici). Le istituzioni emanano anche altri atti
cd. Atipici che sono previsti dai Trattati o affermatisi con la prassi.
L’art. 296, TFUE stabilisce che quando i Trattati non specificano il tipo di atto da adottare,
sono le istituzioni dell’UE che lo decidono di volta in volta.
Le istituzioni dellUE non possono emanare atti normativi che abbiano valore maggiore dei
Trattati.

42.1 I regolamenti.
L’art. 228,TFUE individua 3 caratteristiche dei regolamenti:
 Hanno portata generale  i destinatari dei regolamenti sono una o più categorie di
soggetti determinati.
 Sono obbligatori in tutti i loro elementi ciò li distingue dalle direttive che impone ai
destinatari solo il fine da raggiungere, lasciando la piena discrezionalità per ciò che
riguarda i mezzi. Può succedere che il regolamento abbia bisogno di un
provvedimento d’attuazione.
 Sono direttamente applicabili in ciascuno degli Stati membri gli Stati membri hanno
deciso che i regolamenti siano direttamente applicabili anche agli individui.
Gli Stati membri hanno introdotto un meccanismo di adattamento automatico del loro
ordinamento a quello dell’UE attraverso la ricezione automatica dei regolamenti, senza il
bisogno di un ordine di esecuzione. I regolamenti possono essere fatti valere direttamente
dai singoli in giudizio.
I regolamenti sono “atti legislativi” se adottati con procedura legislativa ordinaria o speciale;
se adottati dalla Commissione sono denominati “regolamenti delegati” o “regolamenti di
esecuzione”.

42.2. Le direttive.
La direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da
raggiungere, la forma e i mezzi necessari per lo scopo sono a discrezione degli organi
nazionali.
La direttiva, rispetto al regolamento, è un atto meno invasivo della sovranità degli Stati
membri ma è comunque vincolante per quanto riguarda il suo contenuto.
Esistono anche le cd. Direttive dettagliate che contengono una disciplina molto articolata
della materia da lasciare poco spazio all’esercizio del potere discrezionale degli Stati. La
disciplina delle direttive dettagliate non ha trovato opposizione da parte degli Stati membri
ne da parte della Corte di Giustizia.
Le direttive sono rivolte agli Stati membri, a tutti o solo ad alcuni di essi.
È necessario adottare misure di attuazione nel diritto nazionale da parte degli Stati, entro il
termine imperativo fissato dalla direttiva. L’omissione di tali misure espone gli Stati
inadempienti al ricorso alla Corte di Giustizia.

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42.3. Le decisioni
La decisione è caratterizzata dall’obbligatorietà in tutti i suoi elementi (art.288, TFUE). Se
designa i destinatari ed ha portata individuale, è obbligatoria solo verso questi ultimi. Le
decisioni non possono avere portata generale, quelle a portata individuale possono essere
rivolte a uno o più Stati membri o a uno o più individui. Gli Stati membri si devono
adeguare senza la necessità di emanare misure di attuazione.
Le decisioni rivolte agli individui sono emesse dalla Commissione e sono particolarmente
importanti quelle relative all’applicazione delle regole di concorrenza che possono
comportare obblighi pecuniari.

42.4. Le raccomandazioni e i pareri.


Raccomandazioni e pareri non sono vincolanti.
 Raccomandazioni  è un atto molto usato nel diritto delle organizzazioni
internazionali (soprattutto ONU), in quanto, attraverso di esse gli organi di
un’organizzazione internazionale cercano di ottenere un determinato
comportamento da parte degli Stati membri. Nel diritto dell’UE, il potere di emanare
raccomandazioni è attribuito al Consiglio , mentre la Commissione e la BCE possono
adottare raccomandazioni quando i Trattati lo prevedono. Esse possono essere
emesse nei confronti di Stati , di privati o di istituzioni dell’UE. Esistono anche
raccomandazioni interorganiche con cui il Consiglio indirizza il Parlamento Europeo in
materia di esecuzione del bilancio.
 Pareri  sono atti attraverso cui l’organo che li emette precisa al destinatario dei
parei, la sua posizione su una determinata materia. Hanno per lo più natura
interorganica.

Anche se raccomandazioni o pareri non sono vincolanti, ciò non implica che siano sprovvisti
di rilevanza giuridica.

42.5. Gli atti atipici.


L’art. 288, TFUE elenca anche altri atti che le istituzioni UE possono emanare. A parte gli atti
interni emanati dalle istituzioni dell’UE, ci sono altri atti previsti dai Trattati , come le
proposte della Commissione. La prassi conosce anche altri atti delle istituzioni UE come
lettere, comunicazioni, inviti, dichiarazioni, risoluzioni, conclusioni,…
Il criterio per individuare la rilevanza giuridica di tutti questi atti atipici si trae dalla
giurisprudenza della Corte di Giustizia che invita a guardare sempre alla sostanza dell’atto.

42.6. Requisiti formali degli atti dell’UE; motivazione, base giuridica e principio di
trasparenza.

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L’emanazione di atti giuridici, deve sottostare a dei requisiti formali in mancanza dei quali,
l’atto risulterebbe viziato e potrebbe essere dichiarato nullo.
Il primo di tali requisiti, è la motivazione: essa è necessaria per tutti gli atti giuridici dell’UE.
Anche se non espressamente richiesto dai Trattati, la motivazione comprende l’indicazione
della base giuridica dell’atto, cioè l’indicazione delle disposizioni dei Trattati. Queste
disposizioni sono importanti
poiché la loro individuazione determina il tipo di procedura da adottare nell’emanazione
dell’atto.
La pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (GUUE) è necessaria solo per
gli atti legislativi, le raccomandazioni e le direttive rivolte agli Stati membri e per le decisioni
che non hanno portata individuale. Gli atti soggetti a pubblicazione entrano in vigore alla
data da essi stabilita o nel 20°giorno successivo a tale pubblicazione. Gli atti non soggetti a
pubblicazione vanno notificati ai loro destinatari ed entrano in vigore a partire da tale
notifica.
Per quanto riguarda la firma, gli atti adottati secondo la procedura legislativa ordinaria,
vanno firmati dal Presidente del Parlamento UE e dal Presidente del Consiglio; quelli
adottati con procedura legislativa speciale e quelli non legislativi vanno firmati dal
Presidente dell’istituzione che li ha adottati.
Gli atti dell’UE sono redatti nelle 23 lingue ufficiali.
Il principio di trasparenza del processo decisionale, secondo l’art. 1 TUE, richiede che le
decisioni dell’UE vengano prese nel modo più trasparente possibile. Ciascuna istituzione
dell’UE deve garantire la trasparenza dei propri lavori e deve definire nel regolamento
interno, le condizioni che riguardano l’accesso pubblico ai documenti. Parlamento UE e
Consiglio si riuniscono in sedute pubbliche e qualsiasi cittadino dell’UE ha il diritto di
accedere ai documenti delle istituzioni entro determinati limiti.

43.I destinatari dell’ordinamento dell’UE; l’applicabilità e l’efficacia diretta per i singoli.


Le norme dell’ordinamento europeo hanno applicabilità diretta maggiore ai singoli che
appartengono agli Stati membri. L’applicabilità ai singoli implica che non ci sia bisogno di un
atto di esecuzione specifico da parte degli Stati, poiché è sufficiente l’atto di esecuzione dei
Trattati che prevedono l’applicabilità. Solo le norme self-executing (= norme provviste
degli elementi necessari alla loro applicabilità) che sono destinate ai singoli, possono avere
diretta applicabilità.
L’applicabilità diretta ai singoli, implica che questi assumano gli obblighi derivanti dalla
norma, ma implica anche che possano far valere i loro diritti dinanzi ai giudici nazionali ( 
efficacia diretta per i singoli). Tutte le norme europee che hanno applicabilità diretta ai
singoli, hanno anche efficacia diretta.

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L’efficacia diretta per i singoli è stata disposta dalla Corte di Giustizia anche sulle norme che
erano destinate solo agli Stati. Ciò si è verificato sia rispetto alle norme dei Trattati che ad
atti delle istituzioni europee che ad accordi internazionali conclusi dall’UE.
 Il primo caso in cui la Corte ha affermato che una norma dei Trattati destinata agli
Stati potesse essere fatta valere dai singoli dinanzi ai giudici nazionali, è stato il caso
van Gend & Loos (cfr. pag. 285). Dalla giurisprudenza si rileva che la Corte ha
attribuito diretta efficacia per i singoli a norme dei Trattati rivolte agli Stati.; in questi
casi, la Corte ha applicato il principio dell’effetto utile. Quando le norme dei Trattati
lasciano alle istituzioni nazionali o europee un margine di discrezionalità o sono
troppo generiche, la Corte nega l’efficacia diretta. Efficacia
diretta cd. Verticale conferisce al singolo il diritto di far valere le norme nei
confronti dell’autorità pubblica (es. libera circolazione delle merci; divieto di
discriminazioni); efficacia diretta cd. Orizzontale garantisce al singolo il diritto di far
valere la norma dei Trattati nei confronti di un privato (es. regole di concorrenza, art.
101, 102, TFUE).
 L’efficacia diretta dei regolamenti, sia orizzontale che verticale, è riconosciuta tutte le
volte che la norma regolamentare è self-executing.
 Per quanto riguarda le direttive, inizialmente l’opinione della dottrina e della
giurisprudenza, non gli ha riconosciuto l’efficacia diretta per i singoli basandosi su ciò
che sosteneva l’art. 288, TFUE il quale sosteneva che solo i regolamenti erano
direttamente applicabili. In seguito, la Corte di Giustizia ha ribaltato questo
orientamento con delle sentenze basandosi sul principio dell’effetto utile. La Corte ha
poi riconosciuto ai singoli la possibilità di far valere i precetti di una direttiva rivolta
agli Stati e non attuata in 3 casi:
- Se la direttiva impone agli Stati membri obblighi chiari e precisi (cd. Direttive
dettagliate) ha efficacia diretta per i singoli senza la necessità di disposizioni di
attuazione;
- L’efficacia diretta per i singoli si ha nel caso in cui le direttive impongono agli
Stati obblighi di non facere, per loro natura self-executing;
- È riconosciuta l’efficacia diretta per i singoli quando la direttiva chiarisce un
obbligo già previsto dai Trattati.
L’efficacia diretta riconosciuta alle direttive va intesa come una sanzione indiretta per
gli Stati che non l’hanno attuata. Poiché le direttive sono vincolanti solo per gli
Stati, la loro efficacia diretta per i singoli è ammessa solo in senso verticale.
 Per quanto riguarda l’efficacia diretta per i singoli delle decisioni, esse sono già
provviste di applicabilità diretta e di efficacia diretta.
 Efficacia diretta (verticale) per i singoli, è stata riconosciuta alle norme degli accordi
internazionali conclusi dall’UE.

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44.Il primato dell’ordinamento dell’UE sui diritti interni degli Stati membri.
L’ordinamento dell’UE può entrare in conflitto con i diritti interni: questi conflitti sono stati
risolti poiché si è affermato il primato del diritto dell’UE sui diritti interni degli Stati membri.
l’affermazione di tale primato è opera della giurisprudenza della Corte di Giustizia: CASO
COSTA-ENEL e CASO SIMMENTHAL (cfr. pag 296-297). Accanto al principio dell’efficacia
diretta, la Corte afferma anche altri principi:
- quello del primato della norma dell’ordinamento europeo su quella interna, anche
posteriore;
- E quello del primato del diritto europeo anche sulle norme costituzionali degli Stati
membri (  la Corte Costituzionale italiana ritiene che il primato del diritto europeo
incontri un limite, poiché tale diritto non può prevalere sulle norme costituzionali
interne relative ai diritti fondamentali).

Il primato del diritto europeo è stato affermato anche nel diritto processuale interno: la
Corte di Giustizia ha sancito che il giudice nazionale deve disapplicare la norma interna che
impedisce di l’emissione di un provvedimento per attuare il diritto europeo.
La Corte ha affermato anche che il primato del diritto europeo comporta l’obbligo di
interpretazione conforme: la norma nazionale va interpretata dal giudice interno nel senso
della sua conformità a quella dell’UE. La distinzione tra interpretazione conforme della
norma interna e sua disapplicazione è importante perché il primato del diritto europeo
riguarda solo le norme self-executing. Se la norma non è self-executing, il giudice deve
applicare la norma interna.

45.L’interpretazione delle norme dell’ordinamento dell’UE.


Per garantire il primato del diritto europeo sul diritto interno, i Trattati hanno affidato alla
Corte di Giustizia dell’UE la competenza esclusiva per risolvere le questioni di
interpretazione del diritto dell’UE. La Corte, attraverso l’esercizio di tale competenza
interpretativa, ha finito con lo svolgere un ruolo di “supplenza normativa” nei casi di
inattività o lentezza delle istituzioni europee. L’art 267, TFUE prevede la competenza
interpretativa attraverso il meccanismo del rinvio pregiudiziale. Nell’ambito della Corte di
Giustizia dell’UE, la competenza pregiudiziale spetta alla Corte di Giustizia; tuttavia, in
futuro anche il Tribunale avrà competenza pregiudiziale in materie determinate. La
competenza pregiudiziale non si può esercitare in materia di politica estera e di sicurezza
comune.

a) OGGETTO DEL RINVIO  è una questione relativa all’interpretazione dei Trattati o di un


atto emanato dalle istituzioni dell’UE. Anche i Trattati conclusi dall’UE possono essere

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oggetto di rinvio pregiudiziale. L’interpretazione da parte della Corte può essere


richiesta solo in presenza di un giudizio pendente davanti a una giurisdizione nazionale.
Il giudice a quo, prima di effettuare il rinvio pregiudiziale deve valutare se esistono dubbi
interpretativi e se l’interpretazione della norma è rilevante ai fini della decisione della
causa pendente.
Il rinvio pregiudiziale per l’interpretazione della norma dell’UE si è trasformato in rinvio
alla Corte di Giustizia per la valutazione sulla conformità al diritto dell’UE delle norme
interne.
Il rinvio pregiudiziale per l’interpretazione di una norma dell’UE, è diventato uno
strumento di controllo sugli inadempimenti degli Stati membri. E’avvenuto anche che,
dopo la sentenza della Corte, la Commissione ha portato lo Stato inadempiente dinanzi
alla Corte di Giustizia.
L’oggetto del rinvio può essere relativo alla validità di un atto emanato da una istituzione
dell’UE. Il rinvio pregiudiziale di validità opera nel caso in cui il giudice interno si ponga il
problema della presenza di vizi di legittimità nell’atto comunitario che deve applicare.
b) SOGGETTI LEGITTIMATI AD EFFETTUARE IL RINVIO PREGIUDIZIALE  le giurisdizioni
nazionali (qualsiasi tipo di giurisdizione: civile o penale, ordinaria o speciale,
amministrativa o costituzionale). L’unico requisito è che il procedimento nazionale si
debba risolvere in una pronuncia a carattere giurisdizionale. I giudici nazionali possono
rivolgersi alla Corte di Giustizia sia di propria iniziativa che su richiesta di una delle parti
del procedimento pendente: in questo secondo caso spetta al giudice valutare
l’esistenza del dubbio interpretativo. Le giurisdizioni nazionali di ultima istanza (Corte
Costituzionale) sono obbligate a sottoporre alla Corte di Giustizia le questioni relative
all’interpretazione del diritto dell’UE rilevanti ai fini delle loro decisioni. Gli altri gradi di
giurisdizione non sono obbligate e possono interpretare il diritto dell’UE.
Per quanto riguarda la validità di un atto dell’UE, ogni giudice nazionale può respingere i
motivi di invalidità degli atti e dichiarare l’atto valido. Se il giudice nazionale ritiene l’atto
comunitario viziato, deve effettuare un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia.
c) PROCEDIMENTO DINANZI ALLA CORTE DI GIUSTIZIA  la decisione con cui il giudice
nazionale si rivolge alla Corte, è notificata dal Cancelliere della Corte alle parti in causa,
alla Commissione, agli Stati membri e all’istituzione che ha adottato l’atto di cui si
contesta validità o interpretazione.
d) EFFETTI DELLE SENTENZE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA  non sono erga omnes, ma
operano solo con riferimento al procedimento pendente davanti al giudice a quo.
In teoria, lo stesso giudice o altri giudici possono ripresentare la medesima questione in
procedimenti diversi.
Se un atto viene dichiarato invalido, l’atto produce i suoi effetti e resta valido in tutti i
casi al di fuori di quello oggetto del procedimento.

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La Corte di Giustizia ha affermato che i giudici devono disapplicare l’atto dell’UE


accertato come illegittimo.
L’istituzione da cui proviene l’atto accertato come illegittimo, deve modifare l’atto stesso
eliminando le cause di illegittimità.

Capitolo VI: I RAPPORTI TRA L’ORDINAMENTO DELL’UE E L’ORDIANAMENTO ITALIANO.

46.Cenni sul problema dell’adattamento del diritto italiano al diritto internazionale


pattizio; l’art. 117, c.1, Cost.
L’art. 10 Cost. stabilisce che“L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del
diritto internazionale generalmente riconosciute”. Quindi, le norme di diritto internazionale
generale sono immesse automaticamente nell’ordinamento senza il bisogno di uno
specifico atto interno; godono anche di rango costituzionale.
Nella prassi, il procedimento più usato è l’immissione dei Trattati tramite ordine di
esecuzione. La mancata emanazione di un ordine di esecuzione comporta l’inapplicabilità.
L’art. 117 c. 1 Cost. stabilisce che “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle
Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento
comunitario e dagli obblighi internazionali”.
La Legge La Loggia del 2003 stabilisce che “costituiscono vincoli alla potestà legislativa dello
stato e delle regioni, quelle disposizioni derivanti da norme di diritto internazionale
generalmente riconosciute, da accordi di reciproca limitazione della sovranità,
dall’ordinamento comunitario e dai trattati internazionali”. Una sentenza della Corte
Costituzionale ha stabilito che con l’art. 117, c.1, Cost. si è realizzato un rinvio alla norma
convenzionale qualificata come norma interposta, soggetta a verifica di compatibilità con
norme della Costituzione. Qualora il giudice dubiti della compatibilità della norma interna
con la disposizione convenzionale interposta, deve investire la Corte della relativa
questione di legittimità costituzionale rispetto al parametro dell’art. 117 c. 1.

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Quindi, l’art. 117, Cost. non vale ad introdurre automaticamente i Trattati nel nostro
ordinamento a livello costituzionale senza un ordine di esecuzione. I trattati restano “di
rango subordinato alla Costituzione, ma intermedio tra questa e la legge ordinaria”
(sentenza Corte Costituzionale 2007). Le norme dei trattati, non avendo rango
costituzionale (come invece le norme di diritto internazionale generale), possono essere
sottoposte a vaglio di costituzionalità.

47.L’adattamento dell’ordinamento italiano al diritto dell’UE: (a) le soluzioni prospettate


dalla dottrina.
Prima dell’introduzione dell’art. 117 c.1 Cost., l’Italia ha dovuto affrontare il problema di
adattamento ai Trattati e vi ha provveduto emanando ordini di esecuzione con legge
ordinaria (p.es. con Trattati CEE e CEEA, nel 1957). L’aver seguito questa prassi ha avuto 2
conseguenze:
a) le norme dei trattati erano inefficaci se contrastavano con la Costituzione;
b) una legge ordinaria successiva e modificativa dei Trattati stessi, sarebbe stata efficace
sulla base del principio lex posterior derogat priori.
Entrambe queste conseguenze erano in diretta antitesi con l’orientamento che la Corte di
Giustizia assumeva in tema di primato del diritto UE sui diritti interni. La dottrina, quindi,
cerca una soluzione per evitare le conseguenze; quindi, fa ricorso:
- all’art. 11 Cost. secondo cui “L'Italia…consente, in condizioni di parità con gli altri Stati,
alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia
fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo” :
questa norma fu inserita per preparare l’ingresso dell’Italia nell’ONU, ma poi fu ripresa per
giustificare in Italia, l’applicabilità diretta di atti europei di natura legislativa .
- al principio di specialità, il quale consente il prevalere di una norma internazionale su una
interna finchè non ci sia la volontà del legislatore di venir meno agli impegni internazionali.
48.(b) Il difficile percorso della giurisprudenza costituzionale.
La Giurisprudenza per affrontare il problema dell’adattamento ha emesso delle sentenze:
- Corte Cost., sentenza 14/1964 (Costa COSTA-ENEL) sancisce che, sebbene l’art. 11 Cost.
consentisse limitazioni di sovranità contenute in via pattizia, non significa che le leggi
ordinarie di esecuzione dei trattati avessero rango costituzionale => secondo Corte Cost.,
dato che Trattato CE ha esecuzione con legge ordinaria, una legge ordinaria successiva (in
questo caso nazionalizzazione energia elettrica), poteva derogare al trattato stesso:il fatto
che lo stato Italiano poteva emanare leggi in contrasto con i trattati sottoscritti era
inaccettabile per la Corte Giustizia e per i partner UE.
- Corte Cost., sentenza 183/1973 (Frontini c. Amministrazione delle Finanze) + sentenza
232/1975 (industrie chimiche Italia centrale c. Min. commercio) la Corte adottò una
soluzione basata sull’interpretazione estensiva del termine “limitazioni di sovranità” (art. 11
Cost.). La Corte sostiene che la norma di diritto UE è immessa nel nostro ordinamento non

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in base a un ordine di esecuzione, ma all’art. 11 Cost.: quindi, norma dell’UE non


sottoponibile a sindacato di legittimità costituzionale ed assume rango costituzionale nel
nostro ordinamento.
- Corte Cost., sentenza 170/1984 (Granital c. Amministrazione delle Finanze) riconosce il
diritto del giudice nazionale a disapplicare una norma interna contraria a una norma UE. Per
la Corte di Giustizia il diritto UE si integra nell’ordinamento interno e prevale su questo;
mentre, la Corte Cost. sostiene che l’ordinamento UE è autonomo e distinto da quello
interno. I due ordinamenti si coordinano tramite la ripartizione delle competenze. Secondo
questa sentenza, la norma UE non abroga la norma interna incompatibile, ma impedisce
che essa abbia rilievo/venga applicata nella risoluzione di una controversia. Anche se
inapplicabile, la norma interna rimane in vita: non essendo dichiarate illegittime,
conservano applicabilità/efficacia fuori dall’ ambito di competenza UE (p.es. nei cfr. di
cittadini extra-UE).
- Corte Cost., sentenza 64/1990 + sentenza 168/1991 viene sancita l’efficacia diretta
verticale delle direttive UE per i singoli.
- Corte Cost., sentenza 384/1994 (caso regione Umbria) + sentenza 94/1995 (Caso Regione
Sicilia) la Corte Costituzionale si è avvicinata ancora di più alle posizioni della Corte di
Giustizia lasciando intendere la necessità di impedire l’emanazione di norme regionali in
conflitto con l’ordinamento UE.

49.(c) il riconoscimento a livello costituzionale dell’ordinamento dell’UE e del suo


primato: l’art. 117,c.1, Cost.
I problemi sarebbero stati evitati se inizialmente l’Italia avesse capito il fenomeno dell’
integrazione UE e se avesse provveduto a modificare la Costituzione introducendo la c.d.
“clausola Europea” consistente nel riconoscimento dell’adesione dell’Italia all’UE e nel
riconoscimento del primato dell’UE sull’ordinamento italiano.
L’ordinamento UE è per la prima volta menzionato dal nuovo art. 117 co. 1 Cost. (introdotto
con l. cost. 3/2001) “…vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario…” e dalla l. 131/2003
(La Loggia) “costituiscono vincoli alla potestà legislativa dello stato e delle regioni le
disposizioni derivanti da accordi di reciproca limitazione della sovranità, di cui all’art. 11
della Cost., dall’ordinamento comunitario e dai trattati internazionali”.
Una violazione del diritto UE costituisce una violazione dell’art. 117, c.1, Cost. per norma
interposta(cioè la norma dell’ordinamento comunitario): le norme interne contrastanti
sono costituzionalmente illegittime.
Il richiamo dell’art. 117, c.1, Cost. all’ordinamento UE deve essere inteso come richiamo ad
un sistema normativo esterno rispetto all’ordinamento italiano.

50.(d) i limiti al riconoscimento del primato del diritto dell’UE nell’ordinamento italiano.

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Il riconoscimento del primato del diritto dell’UE su diritto interno italiano, incontra dei
limiti.
 La Corte di Giustizia ha affermato che la norma UE si impone per sua forza su quella
interna con la conseguenza che ogni provvedimento nazionale di esecuzione dei
trattati avrebbe valore solo dichiarativo e non necessario. Ma l’art. 117, c.1, Cost. non
introduce un procedimento di immissione automatica come fa l’art. 10 Cost. per le
norme di diritto internazionale generale. L’art. 117, c.1, Cost. menziona
l’ordinamento UE come limite per la potestà legislativa di stato e regioni. Di
conseguenza, per immettere i Trattati nel nostro ordinamento, è necessario un
ordine di esecuzione.
 La Corte Cost. ha sempre precisato che la prevalenza del diritto comunitario non
opera per le norme del diritto UE che sono contrarie ai principi del nostro
ordinamento costituzionale o ai diritti inalienabili della persona. La Corte Cost. si è
sempre riservata il diritto di effettuare un controllo di costituzionalità per evitare
l’immissione di norme in contrasto con tali principi fondamentali (cd. Teoria dei
contrlimiti). Ciò avviene nonostante la prevalenza del diritto UE.

Il primato del diritto UE sul diritto interno e l’inapplicabilità delle norme contrarie alla Cost.
valgono solo per le norme self-executing, quelle, cioè, direttamente applicabili o provviste
di efficacia diretta.

51.L’attuazione del diritto dell UE nell’ordinamento italiano; il ruolo delle regioni.


Il Diritto derivato UE, quando è direttamente applicabile -> non necessita di atti di
esecuzione interni.
Le norme sprovviste di applicabilità diretta -> necessitano di misure di attuazione .

Il Decentramento regionale Italiano ha creato il problema del ruolo che devono svolgere le
regioni rispetto all’elaborazione e all’attuazione del diritto derivato UE. Si sono dovute
rispettare 2 opposte esigenze:
- Lo stato è unico titolato a rispondere a livello internazionale,
- ma regioni rivendicano un ruolo attivo nella partecipazione all’elaborazione e
all’attuazione diritto UE.
Attualmente è l’art. 117, c.1, Cost. che stabilisce la competenza legislativa concorrente di
stato e regioni.
Art. 117, c.5 Cost. -> stabilisce il processo di formazione delle norme UE “Le Regioni e le
Province autonome (Trento e Bolzano), nelle materie di loro competenza, partecipano alle
decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari”. La Legge Buttiglione
prevede che il Presidente del Consiglio o il Ministro delle politiche comunitarie trasmettano
i progetti di atti dell’UE alla Conferenza dei Presidenti di regioni e province autonome, che a

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loro volta li riportano nei consigli regionali/provinciali. Le regioni/province possono


comunicare entro 20 giorni loro osservazioni.
Art. 117, c.5, Cost. -> riguardo all’attuazione del diritto comunitario derivato da parte delle
regioni, l’art. 117 stabilisce che “regioni e provincie autonome nelle materie di loro
competenza, provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli atti dell'UE, nel rispetto delle
norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del
potere sostitutivo in caso di inadempienza”. Anche l’art. 16 della Legge Buttiglione prevede
che regioni e province autonome possono dare immediata attuazione alle direttive UE in
materie di loro competenza.

Per il caso di inadempimento da parte delle regioni , l’art. 120 c.2, Cost. stabilisce che il
governo “può sostituirsi a organi delle regioni…nel caso di mancato rispetto…della
normativa comunitaria” anche la legge La Loggia contiene regole che disciplinano
l’intervento sostitutivo successivo dello stato.

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