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L’Assemblea della CECA aveva anche l’obbligo di predisporre un Trattato che istituisse un
Comunità Politica Europea (CPE): esso conteneva una clausola che ne decretò il fallimento,
cioè che la CEP sarebbe entrata in vigore solo dopo l’entrata in vigore della CED.
Al fallimento della CED iniziò a farsi strada l’idea del funzionalismo economico, secondo cui
era preferibile procedere ad un’integrazione graduale delle economie per poter porre le
basi di un’unione politica.
Nel 1955, durante la Conferenza di Messina, i Ministri degli Esteri dei Sei nel Rapporto
Spaak del 1956, proposero la creazione di due nuove comunità: una a carattere economico
e un’altra nel campo dell’energia nucleare. I governi dei Sei, nella Conferenza di Venezia,
approvarono il Rapporto Spaak e il 25 marzo 1957 firmavano a roma sia il Trattato che
istituiva la Comunità Economica Europea (CEE) sia quello che istituiva la Comunità Europea
dell’Energia Atomica (CEEA o Euratom: la sua attività è limitata agli usi pacifici dell’energia
nucleare. Estende la propria competenza anche al campo della sicurezza e della ricerca).
I trattati di Roma entrarono in vigore il 1 Gennaio 1958.
Anche in questa occasione la Gran Bretagna rifiutò di partecipare ai negoziati e pochi anni
dopo promosse la creazione di una zona di libero scambio. La Convenzione della European
Free Trade Assosciation (EFTA) fu firmata dagli stati che non appartenevano alla CEE. L’
EFTA prevedeva quindi la soppressione tra gli Stati membri delle barriere doganali.
La CEE è stata modificata dal Trattato di Maastricht in Comunità Europea (CE) e poi dal
Trattato di Lisbona in Unione Europea (UE).
Per quanto riguarda il diritto di recesso, disciplinato dall’art. 50 TUE, è stato introdotto dal
Trattato di Lisbona: la possibilità di recesso dall’Ue è data a tutti gli Stati membri in qualsiasi
momento e senza addurre particolari motivazioni. L’unica formalità è rappresentata dl fatto
che lo Stato recedente debba notificare il recesso al Consiglio Europeo.
un organo che non era eletto dai cittadini stessi e che non era sottoposto al
controllo parlamentare.
L’unico sistema per eliminare il deficit democratico era quello di rispettare la
separazione dei poteri,attribuendo quello legislativo ad un organo eletto
democraticamente o facendo eleggere il Consiglio dai cittadini. Queste ipotesi
vennero però scartate.
L’improrogabilità di un’ unione economica e monetaria da realizzarsi con la
creazione di una moneta unica. La costruzione comunitaria si fondava
sull’instaurazione del mercato comune, mentre gli Stati erano liberi di gestire
le loro politiche economiche e monetarie. Ma, la libertà di circolazione di
merci, servizi e capitali propria del mercato comune non è compatibile con la
gestione indipendente delle politiche economiche e monetarie da parte degli
Stati.
Il processo che ha portato all’unione economica e monetaria passa attraverso il
Rapporto Werner, l’adozione del c.d. serpente monetario , l’istituzione del
Sistema Monetario Europeo e attraverso il Rapporto Delors che indicava le
tappe per l’introduzione della moneta unica.
Il Trattato di Maastricht,in vigore dal 1993, modificava i Trattati preesistenti, dando vita al
TUE strutturato secondo tre pilastri. Il termine Unione Europea racchiudeva l’insieme delle
relazioni tra gli Stati nell’ambito delle Comunità esistenti(c.d. primo pilastro), nell’ambito
della PESC (politica estera e di sicurezza comune) o del c.d. secondo pilastro, e nell’ambito
della giustizia e affari interni (GIA) o del c.d. terzo pilastro.
La struttura a tre pilastri è stata abolita dal Trattato di Lisbona.
Il trattato di Maastricht è ricordato soprattutto per aver introdotto la moneta unica, cioè
l’Euro.
I problemi non risolti dal Trattato di Amsterdam si sono ripresentati nella Conferenza che è
sfociata nel Trattato di Nizza, in vigore dal 2003. Le innovazioni introdotte da questo
Trattato riguardano la necessità di adeguare la composizione delle istituzioni comunitarie in
vista dell’allargamento UE. Nemmeno questo testo ha risolto il problema del deficit
democratico.
7. Le norme relative all’ammissione dei nuovi Stati e l’evoluzione della membership dell’
UE.
L’ art. 49, c.1, TUE dispone che ogni Stato Europeo può richiedere di entrare a far part dell’
UE se rispetta i valori indicati dall’art. 2 TUE e se si impegna a promuoverli. I valori sono
quelli “del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza,
dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi quelli delle minoranze”.
La domanda di ammissione, della quale vanno informati il Parlamento Europeo e i
Parlamenti degli Stati membri, è trasmessa al Consiglio che deve pronunciarsi all’unanimità
(ciascuno degli stati membri deve essere d’accordo con l’ammissione di un nuovo Stato).
L’art. 49 c.1, TUE specifica anche che bisogna tenere conto dei criteri di ammissibilità decisi
dal Consiglio. Questi Criteri sono:
Criterio politico: lo Stato candidato deve aver raggiunto una stabilità istituzionale che
garantisca il principio di legalità, i diritti umani e la protezione delle minoranze;
Criterio economico: riguarda l’esistenza di un’economia interna funzionante e la
capacità di rispondere alle pressioni concorrenziali;
Capacità di assumersi gli obblighi derivanti dall’appartenenza all’UE, cioè di rispettare
le norme da essa emanate: il c.d. acquis.
L’unico metodo che può risolvere le sfide cui si trova davanti l’Europa è il metodo federale
inteso come trasferimento di alcune competenze ad un ente centrale da parte di Stati
sovrani, i quali rimarrebbero Stati federali privi di soggettività internazionale, soggettività
che competerebbe allo Stato federale.
La federazione Europea sarebbe una federazione “leggera”, i cui compiti dovrebbero
limitarsi a quelli necessari a far fronte alle sfide suddette: politica estera, di sicurezza ed
economica. Le altre competenze rimarrebbero agli Stati federati.
10.I valori fondamentali dell’UE e le sanzioni per la loro violazione; gli obiettivi UE.
L’Ue realizza il più alto livello di integrazione tra i suoi membri più che qualsiasi altra
organizzazione internazionale. Tale livello di integrazione è reso possibile dalla comunanza
tra gli Stati membri di alcuni valori fondanti, elencati nell’art. 2 TUE. Secondo questa norma
l’UE si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia,
dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle
persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni a tutti gli Stati membri.
Secondo l’art. 49 c.1, TUE ogni nuovo Stato per essere ammesso nell’UE e per godere dei
diritti che ne derivano, deve rispettare tali valori e promuoverli. Ogni violazione va incontro
a sanzioni di tipo intergovernativo e politico. Le sanzioni per lo Stato membro che si rende
colpevole di una violazione dei valori sopra citati contemplano, secondo l’art. 7 TUE una
procedura d’allarme o una procedura ordinaria.
Procedura d’urgenza: prevista dall’art. 7, n.1 TUE. Il Consiglio può constatare che
esiste un evidente rischio di violazione dei valori fondanti da parte di uno Stato
membro: la delibera ha luogo su proposta di un Terzo degli Stati membri o del
Parlamento Europeo o della Commissione. Il Consiglio deve ascoltare lo Stato
membro in questione e poi deliberare. Questa procedura d’allarme ha luogo quando
non è ancora in atto una violazione dell’art. 2 TUE.
Procedura ordinaria: prevista dall’art. 7, nn. 2- 4 TUE. In questo caso, il Consiglio
Europeo può constatare, deliberando all’unanimità, l’esistenza di una violazione
grave e persistente da parte di uno Stato membro. Questa misura deve essere
preceduta dalla proposta di un terzo degli Stati membri o della Commissione e
dall’approvazione da parte del Parlamento Europeo.
agli Stati membri. La delimitazione circa le competenze dell’ UE trova il suo fondamento nel
principio di attribuzione (art.5, n.1, TUE). Le competenze dell’UE sono poi classificate dal
TFUE in competenze esclusive, concorrenti e di sostegno/ coordinamento/completamento
dell’azione degli Stati membri. Il fondamento dell’esercizio di tali competenze è poi
fondato sui principi di sussidiarietà e proporzionalità.
In base al principio di attribuzione, sono gli Stati membri a conferire le competenze all’UE.
Questo principio non è,però, sempre facilmente applicabile poiché a volte le competenze
sono indicate in maniera specifica mentre a volte riguardano un’intera materia (per es. la
politica agricola, i trasporti,…).
A ciò si è cercato di rimediare attraverso l’uso della c.d. clausola di flessibilità e anche
attraverso la giurisprudenza relativa ai c.d. poteri impliciti.
La clausola di flessibilità è utilizzata tutte le volte che un’azione comunitaria è giustificata
dalla necessità di raggiungere gli obiettivi dell’UE, senza che i Trattati prevedano specifici
poteri. Il ricorso alla clausola di flessibilità prevede sempre la necessità di una decisione
unanime del Consiglio e, quindi, del consenso di tutti gli Stati membri all’allargamento delle
competenze dell’UE. La Corte di Giustizia ha sempre chiarito l’esigenza di limitare il ricorso
alla clausola di flessibilità ai casi in cui nessun’altra disposizione del Trattato conferisce alle
istituzione dell’UE i poteri necessari per adottare un atto.
La Corte di Giustizia ha iniziato a delineare una versione comunitaria della teoria dei poteri
impliciti.
Le politiche economiche, per espresso disposto dell’art. 5 TFUE restano di competenza dei
soli Stati membri, l’UE può limitarsi a dare indicazioni in materia.
Un Parlamento nazionale che ritiene che un atto dell’UE sia contrario al principio di
sussidiarietà può indurre il suo Governo a presentare un ricorso alla Corte di Giustizia.
14.Le norme di diritto sostanziale dell’UE che realizzano i suoi obiettivi: spazio di libertà,
sicurezza e giustizia; mercato interno; unione economica e monetaria; relazioni
esterne (rinvio).
Gli obiettivi specifici dell’UE sono elencati nell’art. 3, nn. 2 – 5, TUE:
Obiettivo relativo allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia: l’UE e gli Stati membri
esercitano una competenza concorrente (Titolo V Parte Terza del TFUE). Queste
norme trattano delle politiche relative ai controlli alle frontiere, all’asilo,
all’immigrazione, alla cooperazione giudiziaria in materia civile,…
Obiettivo del mercato interno: (Titoli 1 4, Parte Terza, TFUE) comporta una spazio
senza frontiere interne in cui è assicurata la libera circolazione delle merci, delle
persone, dei servizi e dei capitali. Originariamente si parlava di mercato comune => la
libertà di circolazione di cose, persone, servizi e capitali avveniva secondo le regole
del Paese di destinazione, cioè gli veniva garantita parità di trattamento. In seguito,
con una serie di sentenze la Corte di Giustizia ha sostituito il principio del Paese di
destinazione con il principio del paese di origine secondo cui agli elementi che
fruiscono della libertà di circolazione non è possibile imporre condizioni più onerose
di quelle dello Stato di origine.
Obiettivo dell’unione economica e monetaria: (Titolo VIII, Parte Terza TFUE). Le
politiche economiche sono di competenza degli Stati membri. L’UE ha una
competenza esclusiva solo per quanto riguarda la politica monetaria degli Stati
membri, la cui moneta è l’euro.
Obiettivo delle relazioni esterne (Titolo V, TUE e Parte V TFUE) vedi capitolo
Quarto.
Per quanto riguarda il numero dei partecipanti, l’art20,TUE prevede che la cooperazione
rafforzata possa instaurarsi tra almeno 9 Stati dell’UE, ma l’art. 328, TFUE specifica che la
Commissione e gli Stati membri debbano adoperarsi perché partecipino il maggior numero
di Stati possibile. Quindi, la cooperazione forzata deve essere aperta a tutti gli Stati membri
anche nei momenti successivi alla sua costituzione. Uno Stato dell’UE che volesse
partecipare in u secondo momento deve comunicarlo al Consiglio e alla Commissione e
deve essere autorizzato dal Consiglio stesso.
Quanto all’oggetto, la cooperazione rafforzata può riguardare solo i settori in cui l’UE ha
competenza non esclusiva. La cooperazione deve promuovere la realizzazione degli
obiettivi dell’Unione, proteggere i suoi interessi e rafforzare il suo processo di integrazione.
(art. 20, n.1, TUE) La cooperazione
rafforzata può essere autorizzata solo come ultima istanza, cioè nel momento in cui il
Consiglio stabilisce che gli obiettivi che la cooperazione si prefigge on possono essere
raggiunti, entro un tempo ragionevole, dagli Stati membri. (art. 20, n.2, TUE).
La cooperazione deve rispettare i diritti e gli obbligji degli Stati membri che non vi
partecipano, mentre questi ultimi non possono ostacolarne l’attuazione (art. 334, TFUE).
Nel caso di cooperazione rafforzata nel settore della politica estera e di sicurezza comune,
gli Stati presentano direttamente al Consiglio , che decide all’unanimità (in questo caso il
Parlamento Europeo è solo informato, art. 329, n.2, TFUE). Nel campo della politica di
difesa e di sicurezza comune, l’art, 46, n.6, TUE prevede anche una cooperazione
strutturata permanente, cioè la possibilità di un livello più alto di integrazione tra alcuni
soltanto degli Stati membri.
Esistono anche casi in cui solo alcuni degli Stati membri hanno adottato forme di
integrazione più avanzate, ma queste sono state decise dagli Stati interessati al di fuori dei
Trattati. Ne è un esempio il c.d. Sistema Shengen che risulta dall’Accordo sulla soppressione
graduale delle frontiere comuni.
d. Commissione
e. Corte di Giustizia dell’Unione Europea
f. Banca Centrale Europea
g. Corte dei Conti.
A questi organi si applicano le norme dei Trattati riferiti alle istituzioni. L’art. 341,TFUE
stabilisce che la sede delle “istituzioni” è fissata con decisione comune dai Governi degli
Stati membri.
Le relazioni tra le istituzioni dell’UE sono basate sul rispetto di due principi elaborati dalla
Corte di Giustizia:
- Principio dell’equilibrio istituzionale: comporta che ogni istituzione eserciti le sue
competenze nel rispetto delle altre istituzione e implica che agisca nei limiti dei poteri
che gli sono conferiti dai Trattati.
- Principio della leale cooperazione: comporta il dovere reciproco di agevolare e non
ostacolare l’esercizio delle competenze di ciascuna istituzione.
- Presenta al Parlamento Europeo una relazione dopo ogni riunione del Consiglio
Europeo;
- Assicura la rappresentanza esterna dell’UE nell’ambito della politica estera e di
sicurezza comune.
Il Consiglio Europeo si riunisce due volte a semestre, su convocazione del Presidente. Le sue
delibere sono adottate secondo il metodo del consenso, che non prevede votazioni formali
da parte dei suoi membri. Alle votazioni non partecipano né il Presidente del Consiglio
Europeo né il Presidente della Commissione (art. 235, TFUE).
Il Consiglio Europeo è un organo collegiale di Stati, nel senso che l’individuo che partecipa
alle riunioni lo fa in rappresentanza dello Stato di appartenenza e non a titolo individuale.
22.(c) il Consiglio.
Funzioni: il Consiglio, insieme al Parlamento Europeo, esercita la funzione legislativa e la
funzione di bilancio (art. 16, TUE). L’esercizio congiunto delle due funzioni implica che
occorra l’accordo delle due istituzioni, il Consiglio che rappresenta gli Stati membri e il
Parlamento Europeo che rappresenta i cittadini europei:il mancato accordo tra le due
istituzioni paralizza l’azione dell’UE.
Il Consiglio accentra anche buona parte della funzione esecutiva.
Composizione: è composto da un rappresentante di ciascuno Stato membro a livello
ministeriale, quindi partecipano alle riunioni ministri, sottosegretari,…
Il Consiglio si riunisce in varie formazioni corrispondenti ai settori di attività dell’UE. L’elenco
di tali formazioni è stabilito dal Consiglio Europeo e deve comprendere una formazione
“Affari generali”, che assicura la coerenza dei lavori delle varie formazioni del Consiglio e
prepara le riunioni del Consiglio Europeo e deve comprendere una formazione “Affari
Esteri” che elabora l’azione esterna dell’UE.
I membri della Commissione sono scelti in base alla loro competenza e al loro impegno
europeo.
I commissari devono avere piena indipendenza, non devono cioè, accettare istruzioni da
alcun governo, istituzione, organismo. Gli Stati membri devono impegnarsi a rispettare
l’indipendenza dei Commissari.
L’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza agisce come
membro e Vicepresidente e anche come mandatario del Consiglio.
I Commissari:
- Si astengono dagli atti incompatibili con le loro funzioni;
- Non possono, per la durata delle loro funzioni, esercitare altre attività professionali;
- Dopo la cessazione delle loro funzioni devono rispettare i doveri di onestà
nell’accettare altre funzioni.
In caso di violazione di questi obblighi, la Corte di Giustizia può pronunciare le dimissioni
d’ufficio del Commissario in questione.
La procedura di nomina dei Commissari si svolge in più fasi:
a. Il Consiglio Europeo propone al Parlamento Europeo, che ha il compito di eleggerlo,
un candidato alla carica di Presidente della Commissione.
b. Eletto il presidente della Commissione, il Consiglio adotta l’elenco degli altri candidati
che intende nominare come Commissari.
c. Il Presidente, l’Alto rappresentante dell’unione per gli affari esteri e la politica di
sicurezza e i Commissari sono soggetti ad un voto di approvazione da parte del
Parlamento Europeo.
d. Dopo il voto di approvazione, la Commissione è nominata dal Consiglio Europeo che
delibera a maggioranza qualificata.
Il Presidente della Commissione :
Definisce gli orientamenti generali per l’esercizio dei compiti della Commissione;
Decide sull’organizzazione interna della Commissione
Nomina i vicepresidenti della Commissione, escluso l’Alto rappresentante dell’Unione
per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, che è vicepresidente per diritto.
Attribuisce ai Commissari le loro funzioni
Può richiedere a un Commissario di rassegnare le sue dimissioni (escluso l’Alto
rappresentante).
I Commissari durano in carica per 5 anni, il loro mandato può cessare per decesso,
dimissioni d’ufficio o dimissioni volontarie.
La Commissione al loro interno è assistita da un Segretariato ed è organizzata in Direzioni
Generali con a capo un Commissario, competenti per materia.
La sede è a Bruxelles e le decisione sono prese a maggioranza dei suoi membri.
L’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (art. 27, TUE)
è nominato dal Consiglio Europeo a maggioranza qualificata con l’accordo del Presidente
della Commissione. Il Consiglio Europeo ha anche il potere di porre fine al suo mandato. Egli
contribuisce all’elaborazione della politica estera e di sicurezza comune, della politica di
difesa comune dell’UE. Egli è anche uno dei vicepresidenti della Commissione.
I giudici e gli avvocati generali della Corte di Giustizia e del Tribunale sono nominati di
comune accordo dai Governi degli Stati membri e vanno scelti tra personalità che offrono
garanzia di indipendenza. Durano in carica 6 anni e i loro mandati sono rinnovabili. I giudici
e gli avvocati generali devono esercitare le loro funzioni in piena imparzialità, godono
26.Gli altri organi e organismi: Comitato economico e sociale, Comitato delle regioni,
altri comitati e agenzie europee.
COMITATO ECONOMICO E SOCIALE (CES): rappresenta gli interessi corporativi all’interno
dell’UE.
COMITATO DELLE REGIONI (CDR): è composto dalle collettività regionali e locali, i quali
devono essere titolari di un mandato elettorale.
CES e CDR sono organi collegiali di individui, in quanto i loro membri non sono vincolati da
nessun mandato ed esercitano le loro funzioni consultive in piena indipendenza e
nell’interesse dell’UE. Il numero dei loro componenti non deve superare i 350, cifra fissata
dal Consiglio; i membri durano in carica 5 anni.
I pareri emessi dal CES e dal CDR nell’ambito della loro funzione consultiva possono essere:
- Obbligatori: quando i Trattati prevedono che un certo atto non possa essere adottato
senza averli ottenuti;
- Facoltativi: quando i destinatari dei pareri hanno la facoltà di richiederli.
Nel diritto dell’UE un atto è considerato legislativo non sulla base del suo contenuto ma
sulla base della procedura adottata per la sua emanazione secondo l’art.289 TFUE gli atti
adottati con procedura legislativa sono atti legislativi. Il Consiglio Europeo non può emanare
atti legislativi; nemmeno in ambito di politica estera e di sicurezza comune si parla di atti
legislativi.
Solo per gli atti legislativi i lavori del Consiglio si svolgono in seduta pubblica e solo per
questo tipo di atti è previsto il controllo da parte dei Parlamenti nazionali riguardo
all’osservanza del principio di sussidiarietà.
Gli artt. 14 e 16, TUE stabiliscono che la funzione legislativa è esercitata congiuntamente dal
Parlamento Europeo e dal Consiglio. Tale esercizio può avvenire secondo una procedura
legislativa ordinaria (Consiglio decide a maggioranza qualificata) o secondo procedure
legislative speciali (Consiglio deve decidere all’unanimità). La Commissione non ha il potere
di emanare atti normativi a meno che non attui un atto legislativo o non sia stata delegata.
Per conoscere quali sono gli organi coinvolti negli atti definiti come legislativi, bisogna
riferirsi ai Trattati.
Nonostante siano previste delle “passerelle” per agevolare il passaggio dalle procedure
legislative speciali a quella ordinaria, l’art. 48, TUE stabilisce che tale passaggio debba
avvenire secondo una procedura di revisione semplificata.
28.1. Le procedure per l’adozione degli atti legislativi: (a) il potere di iniziativa.
L’Art. 17 n. 2 TUE stabilisce che “un atto legislativo può essere adottato solo su proposta
della Commissione, salvo che i trattati non dispongano diversamente. Gli altri atti sono
adottati su proposta della Commissione, se i trattati lo prevedono”.
La proposta della Commissione, che costituisce un atto formale, può essere indirizzata o al
Consiglio o al Consiglio e al Parlamento Europeo (libri bianchi -> contengono più proposte
della Commissione).
In origine, il potere di iniziativa per gli atti legislativi era di competenza esclusiva della
Commissione poi, questo potere è progressivamente diminuito. Gli Stati membri
imbrigliano il potere di iniziativa della Commissione con l’istituzione del COREPER: ciò, fa si
che il dialogo tra Commissione e Consiglio venga sostituito dal dialogo tra Commissione e
COREPER. Questo condiziona il potere d’iniziativa della Commissione, dato che il COREPER
riesamina tutte le sue proposte. Un’ altro limite, introdotto dalla prassi, vuole che i Consigli
EU indichino alla Commissione i principi direttivi.
La proposta della Commissione può essere frutto della propria iniziativa, oppure può essere
la conseguenza di una richiesta avanzata dal Consiglio, dal Parlamento Europeo o da un
milione di cittadini.
Se nei Trattati è prevista la proposta della Commissione per adottare un atto del Consiglio,
questo può emendarla solo deliberando all’unanimità e comunque non può travisare la
natura proposta dalla Commissione. La Commissione, finché Consiglio non delibera, può
modificare o ritirare la sua proposta.
L’Art. 289 TFUE stabilisce che la proposta della Commissione è obbligatoria per adottare la
procedura legislativa ordinaria.
Ogni proposta di un atto legislativo deve essere trasmessa e dettagliatamente motivata ai
parlamenti nazionali.
29.La funzione normativa delegata e la funzione esecutiva: (a) gli atti normativi
delegati.
L’art. 290, TFUE prevede che un atto legislativo può delegare alla Commissione il potere di
emanare atti, definiti atti non legislativi di portata generale, che integrano o modificano
elementi non essenziali dell’atto stesso. Tali atti delegati sono veri e propri atti normativi di
competenza della Commissione. Essi hanno un rango inferiore rispetto agli atti legislativi.
Infatti, l’atto legislativo che contiene la delega alla Commissione deve delimitare gli
obiettivi, il contenuto, la portata e la durata della delega di potere (art.290,TFUE). Tale atto
legislativo di delega deve fissare le condizioni cui è soggetta la delega stessa: queste
condizioni possono includere il potere da parte del Parlamento o del Consiglio di revocare
la delega o di fissare un termine per sollevare obiezioni. Gli atti così emanati dalla
Commissione devono contenere la denominazione (regolamento)“delegato” o (direttiva)
“delegata”.
La Commissione ha il potere di emanare atti normativi di esecuzione su delega Consiglio. Il
controllo da parte del Consiglio e degli stati membri su questa attività normativa è stato
effettuato attraverso
l’affiancamento alla Commissione di comitati composti da rappresentanti degli stati membri
e presieduti da un rappresentante della Commissione. I comitati indirizzano pareri alla
Commissione e possono essere:
- consultivi -> la Commissione può discostarsi dal parere;
- di gestione -> se la Commissione adotta un parere in difformità dal comitato, deve
comunicarlo al Consiglio e questo può prendere una decisione contraria alla posizione della
Commissione;
- di regolamentazione con controllo -> il parere del comitato è vincolante per la
Commissione, la quale, se vuole adottare un provvedimento diverso, deve formulare al
Consiglio una proposta in merito.
all’operato delle istituzioni; dall’altro c’è il controllo di natura giuridica che riguarda sia gli
Stati membri che le istituzioni.
solo se producono effetti giuridici verso terzi. Sono esclusi dal ricorso di legittimità
raccomandazioni e pareri, le proposte della Commissione, le disposizioni emesse nel
quadro della politica estera e di sicurezza comune e gli atti degli Stati membri.
b) MOTIVI per cui gli atti possono essere impugnati davanti alla Corte sono i vizi di
legittimità: l’incompetenza, che si ha quando un atto è emanato da un organo che
non è competente a farlo;
la violazione delle forme sostanziali, che si ha quando un atto è emanato senza il
rispetto delle procedure o forme previste che sono indispensabili per la validità
dell’atto;
lo sviamento di potere, che si ha quando un organo esercita i propri poteri per fini
diversi da quelli per i quali gli sono stati conferiti i poteri;
la violazione dei Trattati o di qualsiasi regola di diritto relativa alla loro applicazione:
la Corte ha considerato illegittimi gli atti contrari ai Trattati, agli atti delle istituzioni, ai
principi generali e alle norme relative alla protezione dei diritti fondamentali
dell’uomo e agli accordi internazionali stipulati dall’UE.
c) SOGGETTI legittimati a proporre ricorsi: gli Stati membri, il Parlamento Europeo, il
Consiglio e la Commissione c.d. ricorrenti privilegiati poiché il loro ricorso non è
soggetto a nessun limite.
Anche la Corte dei Conti, la BCE e il CDR, c.d. ricorrenti semi-privilegiati, possono
proporre i ricorsi di legittimità, ma solo per salvaguardare le proprie prerogative.
Il ricorso di legittimità può essere presentato anche da parsone fisiche o giuridiche,
c.d. ricorrenti non privilegiati, solo contro atti adottati nei loro confronti, che li
riguardano direttamente ed individualmente e che non comportino misure
d’esecuzione. Le persone giuridiche legittimate ad agire possono essere anche
regioni, comuni e altri enti locali.
d) TERMINI PER LA PROPOSIZIONE: i ricorsi devono essere proposti entro 2 mesi dalla
pubblicazione dell’atto, dalla sua notifica al ricorrente o dal giorno in cui il ricorrente
ne è venuto a conoscenza.
e) CONSEGUENZE del ricorso alla Corte: il ricorso non ha effetto sospensivo dell’atto
impugnato; è facoltà della Corte ordinare la sospensione dell’esecuzione dell’atto o
disporre provvedimenti provvisori . se la Corte ritiene fondati i motivi del ricorso,
dichiara l’atto nullo e non avvenuto (art. 264, TFUE).
f) Collegato col ricorso di legittimità, è il RICORSO IN CARENZA (art. 265, TFUE). Esso
permette alla Corte di controllare il comportamento delle istituzioni, organi e
organismi dell’UE sanzionandone l’inattività, quando i Trattati prevedono che
dovrebbero emanare provvedimenti. Tale ricorso può essere presentato contro
Parlamento, Consiglio, Consiglio Europeo, Commissione, BCE e altri organi dell’UE. I
ricorsi delle persone fisiche o giuridiche sono ammessi solo per la mancata
fisiche o giuridiche, ma NON dalle istituzioni UE poiché finirebbero con l’agire contro sé
stesse. La responsabilità dell’UE sorge per gli atti dichiarati illegittimi o sulla base dell’esito
di un ricorso in carenza. La responsabilità dell’UE sussiste solo in relazione al
comportamento delle sue istituzioni o dei suoi agenti e non quando il danno derivi da atti
emanati da organi degli Stati membri.
Per quanto riguarda la responsabilità contrattuale dell’UE la Corte non ha competenza
esclusiva. Sono i giudici nazionali competenti in via generale a giudicare le controversie
relative ai contratti di cui l’UE è parte. Tuttavia, in certi casi, i Trattati attribuiscono la
competenza alla Corte relativamente alla responsabilità dell’UE: ciò avviene quando il
contratto di cui l’UE è parte, contiene una clausola compromissoria.
31.2. Cenni sulle altre competenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea
- Competenza pregiudiziale;
- Competenze di tipo contenzioso: sono quelle relative alle controversie tra l’UE e i
suoi agenti e alle controversie tra gli Stati membri. L’art. 270, TFUE stabilisce che la
Corte è competente in via esclusiva a conoscere le controversie tra l’UE e i suoi
agenti. Nell’ambito della Corte di Giustizia dell’UE, queste controversie sono di
competenza del Tribunale della funzione pubblica dell’UE.
- Funzione consultiva: si esplica con riferimento alla stipulazione di accordi
internazionali da parte dell’UE. L’art. 218, TFUE dispone che gli organi dell’UE
possano domandare il parere della Corte di Giustizia circa la compatibilità con i
Trattati di un accordo internazionale che l’UE intende stipulare.
- I prelievi, gli importi supplementari o altri dazi fissati dalle Istituzioni UE sugli scambi
con paesi terzi si tratta dei c.d. prelievi agricoli (a carico degli importatori di paesi
terzi) e dei dazi riscossi secondo la tariffa doganale esterna comune(dazi doganali):
riscossi dagli organi degli Stati membri e versati alla Commissione ;
- Una percentuale aggiuntiva sull’imponibile IVA degli Stati membri;
- Un’aliquota sull’importo complessivo del prodotto nazionale lordo degli Stati membri
(c.d. risorsa PNL). Questa risorsa è la maggior fonte di finanziamento dell’UE.
finanziaria. Incassa le entrate ed effettua le spese. È il Parlamento Europeo che dà atto alla
Commissione dell’esecuzione del bilancio (art. 319, TFUE).
Ruolo della Corte dei Conti: assicura il controllo dei conti: controlla la regolarità delle
entrate e delle spese e presenta al Consiglio e al Parlamento una dichiarazione in cui attesta
l’affidabilità dei conti e la regolarità delle operazioni. La corte dei Conti può fare controlli
diretti sulle altre istituzioni UE e sugli Stati membri. Presenta alle altre istituzioni una
relazione annua sui conti dopo la chiusura di ciascun esercizio.
conclusione di un accordo sia necessaria per raggiungere gli obiettivi dell’UE; c) nel
caso di competenze concorrenti, quando l’UE ha già esercitato tali competenze sul
piano interno attraverso l’emanazione di norme comuni.
36.2. Accordi internazionali degli Stati membri ed accordi dell’Ue: gli accordi degli
Stati membri anteriori ai Trattati, gli accordi degli Stati membri anteriori ai Trattati,
gli accordi multilaterali e gli accordi misti.
Gli Stati membri, prima dell’entrata in vigore dei Trattati, sono titolari esclusivi della
capacità di concludere accordi internazionali nelle materie oggetto dei Trattati stessi: in
alcuni casi hanno perso questa capacità a favore di una competenza esclusiva dell’UE,
mentre in altri casi l’hanno conservata insieme a quella concorrente dell’UE.
L’art. 351 TFUE stabilisce che gli accordi conclusi dagli stati membri prima dell’entrata in
vigore dei trattati o prima della loro adesione all’UE, restano validi; ma, se sono
incompatibili con i Trattati, gli stati membri devono “eliminare le incompatibilità
constatate”.
In alcuni casi si può verificare una successione dell’UE nei diritti e negli obblighi derivanti
dagli accordi conclusi dagli stati membri prima dell’entrata in vigore dei Trattati o dagli
accordi con oggetto non rientrante nelle competenze dell’UE. Es.: GATT, le cui disposizioni
sono diventate vincolanti x UE (Corte di giustizia ha ritenuto che UE è parte del GATT non
per ammissione, ma per successione, essendo tale competenza trasferita dagli stati membri
all’UE.
36.3. Gli accordi di associazione: gli accordi con i paesi ACP e lo Spazio Economico
Europeo in particolare.
L’art. 217, TFUE parla di una categoria di accordi che l’UE può concludere con Stati terzi ed
organizzazioni internazionali: i c.d. “accordi di associazione” e aggiunge che l’associazione è
caratterizzata da diritti e obblighi reciproci, da azioni comuni e da procedure particolari. La
prassi chiarisce che un accordo di associazione deve istituzionalizzare la collaborazione tra
UE e soggetti terzi. Gli accordi di associazione possono essere conclusi in tutti i campi in cui
si esplica l’azione esterna dell’UE, in particolare nell’ambito della cooperazione allo sviluppo
e della politica commerciale comune.
[ Gli accordi di associazione prevedono la creazione di organi propri dell’associazione
stessa:
Con molti Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (c.d. paesi ACP) l’UE ha costituito una
particolare associazione. Tali paesi erano delle colonie e ad essi si applicava il regime dei
paesi e territori d’oltremare. Con il raggiungimento dell’indipendenza il suddetto regime
doveva essere disciplinato su base convenzionale. Ciò è avvenuto con una serie di
convenzioni che si sono susseguite fino all’Accordo di partenariato del 2003. Lo scopo di
questa associazione è stato fin dal principio quello di promuovere il loro sviluppo
economico e sociale e l’instaurazione di relazioni economiche con l’UE. Piano piano questa
associazione supera l’ambito commerciale per assumere una connotazione politica
incentrata sulla lotta alla povertà, buon governo, lotta alla corruzione, rispetto dei diritti
umani e delle libertà fondamentali,…
Altra forma di associazione riguarda i paesi dell’EFTA, relativamente ai quali esiste una
compatibilità tra le loro situazioni socio-economiche tanto che molti di essi sono poi entrati
a far parte dell’UE. Con tali Stati si è poi giunti a un accordo di associazione che istituiva un
grande Spazio Economico Europeo (SEE). Questo accordo prevede la creazione di una zona
di libero scambio tra i paesi membri nella quale merci, persone, capitali e servizi circolino
liberamente.
terroristico, calamità naturale o provocata dall’uomo sul territorio di uno Stato membro, UE
e Stati membri agiscono in uno spirito di solidarietà). Le misure di attuazione della clausola
di solidarietà sono decise dal Consiglio a maggioranza qualificata.
Una norma che contiene un principio generale di diritto rango superiore alle
norme specifiche
L’atto di un’istituzione dell’UE (= atto derivato) non deve essere contrario ai Trattati.
Gli atti non legislativi delegati alla Commissione rango inferiore rispetto agli atti
legislativi
Gli atti di esecuzione rango inferiore rispetto agli atti a cui va data esecuzione
Principi generali di diritto enunciati nei Trattati e quelli relativi alla tutela dei diritti
fondamentali rango superiore rispetto al diritto derivato dell’UE
Accordi internazionali rango inferiore rispetto ai Trattati/ rango superiore agli atti
di diritto derivato.
Per quanto riguarda una gerarchia delle fonti del diritto derivato (atti emanati secondo la
procedura legislativa ordinaria, regolamenti, direttive e decisioni) non è stata definita.
41.2. I principi relativi alla protezione dei diritti fondamentali dell’uomo; l’adesione
dell’UE alla CUDU e la Carta dei diritti fondamentali dell’UE.
Secondo l’art. 6 TUE, i diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) costituiscono principi
generali che fanno parte del diritto dell’UE: quindi, gli organi dell’UE e quelli degli Stati
L’art.6,Tue abilita l’UE ad aderire alla CEDU precisando che l’adesione non modifica le
competenze dell’UE. Il principale vantaggio dell’adesione dell’UE alla CEDU è ravvisato nel
fatto che l’UE viene posta allo stesso livello degli Stati, poiché deve rispettare le norme
CEDU di conseguenza, i singoli possono agire contro l’UE dinanzi alla Corte CEDU.
In caso di contrasto tra norme dell’UE e norme della CEDU, l’individuo ricorre alla Corte
CEDU contro il proprio Stato per quanto riguarda i provvedimenti che attuano il diritto
comunitario.
Il caso di contrasto tra il diritto UE e le norme della CEDU non può ipotizzarsi perché le
norme della CEDU sono incluse tra i principi generali dell’ordinamento europeo. Tuttavia, la
Corte CEDU per evitare contrasti tra le normative, ha sottolineato che l’UE in materia di
diritti fondamentali offre una tutela equivalente a quella della CEDU.
L’UE, oltre a riconoscere le norme della CEDU quali principi generali del proprio
ordinamento, ha deciso di dotarsi della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea
(c.d. Carta di Nizza) proclamata da Parlamento Europeo, Consiglio e Commissione.
L’art. 6, TUE stabilisce che l’UE riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta e
che questa ha lo stesso valore giuridico dei Trattati. Le disposizioni della Carta di Nizza non
estendono le competenze dell’UE, e l’art. 51 della Carta stabilisce che le norme contenute
in essa non si applicano a organi, istituzioni dell’UE mentre si applicano agli stati membri
solo nell’attuare il diritto dell’Unione.
La Carta come scopo si pone quello di rendere più visibili i diritti fondamentali derivanti
dalle tradizioni costituzionali e dagli obblighi internazionali.
La Carta non ha una legittimazione democratica della commissione che l’ha redatta e il suo
inserimento nelle fonti del diritto dell’UE aggrava il deficit democratico europeo.
L’incidenza della Carta è attenuata rispetto a Polonia e Regno Unito: i questi stati i diritti
individuali sono protetti soltanto dalle norme costituzionali interne e dalle norme della
CEDU.
decisioni, raccomandazioni e pareri ( cd. Atti tipici). Le istituzioni emanano anche altri atti
cd. Atipici che sono previsti dai Trattati o affermatisi con la prassi.
L’art. 296, TFUE stabilisce che quando i Trattati non specificano il tipo di atto da adottare,
sono le istituzioni dell’UE che lo decidono di volta in volta.
Le istituzioni dellUE non possono emanare atti normativi che abbiano valore maggiore dei
Trattati.
42.1 I regolamenti.
L’art. 228,TFUE individua 3 caratteristiche dei regolamenti:
Hanno portata generale i destinatari dei regolamenti sono una o più categorie di
soggetti determinati.
Sono obbligatori in tutti i loro elementi ciò li distingue dalle direttive che impone ai
destinatari solo il fine da raggiungere, lasciando la piena discrezionalità per ciò che
riguarda i mezzi. Può succedere che il regolamento abbia bisogno di un
provvedimento d’attuazione.
Sono direttamente applicabili in ciascuno degli Stati membri gli Stati membri hanno
deciso che i regolamenti siano direttamente applicabili anche agli individui.
Gli Stati membri hanno introdotto un meccanismo di adattamento automatico del loro
ordinamento a quello dell’UE attraverso la ricezione automatica dei regolamenti, senza il
bisogno di un ordine di esecuzione. I regolamenti possono essere fatti valere direttamente
dai singoli in giudizio.
I regolamenti sono “atti legislativi” se adottati con procedura legislativa ordinaria o speciale;
se adottati dalla Commissione sono denominati “regolamenti delegati” o “regolamenti di
esecuzione”.
42.2. Le direttive.
La direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da
raggiungere, la forma e i mezzi necessari per lo scopo sono a discrezione degli organi
nazionali.
La direttiva, rispetto al regolamento, è un atto meno invasivo della sovranità degli Stati
membri ma è comunque vincolante per quanto riguarda il suo contenuto.
Esistono anche le cd. Direttive dettagliate che contengono una disciplina molto articolata
della materia da lasciare poco spazio all’esercizio del potere discrezionale degli Stati. La
disciplina delle direttive dettagliate non ha trovato opposizione da parte degli Stati membri
ne da parte della Corte di Giustizia.
Le direttive sono rivolte agli Stati membri, a tutti o solo ad alcuni di essi.
È necessario adottare misure di attuazione nel diritto nazionale da parte degli Stati, entro il
termine imperativo fissato dalla direttiva. L’omissione di tali misure espone gli Stati
inadempienti al ricorso alla Corte di Giustizia.
42.3. Le decisioni
La decisione è caratterizzata dall’obbligatorietà in tutti i suoi elementi (art.288, TFUE). Se
designa i destinatari ed ha portata individuale, è obbligatoria solo verso questi ultimi. Le
decisioni non possono avere portata generale, quelle a portata individuale possono essere
rivolte a uno o più Stati membri o a uno o più individui. Gli Stati membri si devono
adeguare senza la necessità di emanare misure di attuazione.
Le decisioni rivolte agli individui sono emesse dalla Commissione e sono particolarmente
importanti quelle relative all’applicazione delle regole di concorrenza che possono
comportare obblighi pecuniari.
Anche se raccomandazioni o pareri non sono vincolanti, ciò non implica che siano sprovvisti
di rilevanza giuridica.
42.6. Requisiti formali degli atti dell’UE; motivazione, base giuridica e principio di
trasparenza.
L’emanazione di atti giuridici, deve sottostare a dei requisiti formali in mancanza dei quali,
l’atto risulterebbe viziato e potrebbe essere dichiarato nullo.
Il primo di tali requisiti, è la motivazione: essa è necessaria per tutti gli atti giuridici dell’UE.
Anche se non espressamente richiesto dai Trattati, la motivazione comprende l’indicazione
della base giuridica dell’atto, cioè l’indicazione delle disposizioni dei Trattati. Queste
disposizioni sono importanti
poiché la loro individuazione determina il tipo di procedura da adottare nell’emanazione
dell’atto.
La pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (GUUE) è necessaria solo per
gli atti legislativi, le raccomandazioni e le direttive rivolte agli Stati membri e per le decisioni
che non hanno portata individuale. Gli atti soggetti a pubblicazione entrano in vigore alla
data da essi stabilita o nel 20°giorno successivo a tale pubblicazione. Gli atti non soggetti a
pubblicazione vanno notificati ai loro destinatari ed entrano in vigore a partire da tale
notifica.
Per quanto riguarda la firma, gli atti adottati secondo la procedura legislativa ordinaria,
vanno firmati dal Presidente del Parlamento UE e dal Presidente del Consiglio; quelli
adottati con procedura legislativa speciale e quelli non legislativi vanno firmati dal
Presidente dell’istituzione che li ha adottati.
Gli atti dell’UE sono redatti nelle 23 lingue ufficiali.
Il principio di trasparenza del processo decisionale, secondo l’art. 1 TUE, richiede che le
decisioni dell’UE vengano prese nel modo più trasparente possibile. Ciascuna istituzione
dell’UE deve garantire la trasparenza dei propri lavori e deve definire nel regolamento
interno, le condizioni che riguardano l’accesso pubblico ai documenti. Parlamento UE e
Consiglio si riuniscono in sedute pubbliche e qualsiasi cittadino dell’UE ha il diritto di
accedere ai documenti delle istituzioni entro determinati limiti.
L’efficacia diretta per i singoli è stata disposta dalla Corte di Giustizia anche sulle norme che
erano destinate solo agli Stati. Ciò si è verificato sia rispetto alle norme dei Trattati che ad
atti delle istituzioni europee che ad accordi internazionali conclusi dall’UE.
Il primo caso in cui la Corte ha affermato che una norma dei Trattati destinata agli
Stati potesse essere fatta valere dai singoli dinanzi ai giudici nazionali, è stato il caso
van Gend & Loos (cfr. pag. 285). Dalla giurisprudenza si rileva che la Corte ha
attribuito diretta efficacia per i singoli a norme dei Trattati rivolte agli Stati.; in questi
casi, la Corte ha applicato il principio dell’effetto utile. Quando le norme dei Trattati
lasciano alle istituzioni nazionali o europee un margine di discrezionalità o sono
troppo generiche, la Corte nega l’efficacia diretta. Efficacia
diretta cd. Verticale conferisce al singolo il diritto di far valere le norme nei
confronti dell’autorità pubblica (es. libera circolazione delle merci; divieto di
discriminazioni); efficacia diretta cd. Orizzontale garantisce al singolo il diritto di far
valere la norma dei Trattati nei confronti di un privato (es. regole di concorrenza, art.
101, 102, TFUE).
L’efficacia diretta dei regolamenti, sia orizzontale che verticale, è riconosciuta tutte le
volte che la norma regolamentare è self-executing.
Per quanto riguarda le direttive, inizialmente l’opinione della dottrina e della
giurisprudenza, non gli ha riconosciuto l’efficacia diretta per i singoli basandosi su ciò
che sosteneva l’art. 288, TFUE il quale sosteneva che solo i regolamenti erano
direttamente applicabili. In seguito, la Corte di Giustizia ha ribaltato questo
orientamento con delle sentenze basandosi sul principio dell’effetto utile. La Corte ha
poi riconosciuto ai singoli la possibilità di far valere i precetti di una direttiva rivolta
agli Stati e non attuata in 3 casi:
- Se la direttiva impone agli Stati membri obblighi chiari e precisi (cd. Direttive
dettagliate) ha efficacia diretta per i singoli senza la necessità di disposizioni di
attuazione;
- L’efficacia diretta per i singoli si ha nel caso in cui le direttive impongono agli
Stati obblighi di non facere, per loro natura self-executing;
- È riconosciuta l’efficacia diretta per i singoli quando la direttiva chiarisce un
obbligo già previsto dai Trattati.
L’efficacia diretta riconosciuta alle direttive va intesa come una sanzione indiretta per
gli Stati che non l’hanno attuata. Poiché le direttive sono vincolanti solo per gli
Stati, la loro efficacia diretta per i singoli è ammessa solo in senso verticale.
Per quanto riguarda l’efficacia diretta per i singoli delle decisioni, esse sono già
provviste di applicabilità diretta e di efficacia diretta.
Efficacia diretta (verticale) per i singoli, è stata riconosciuta alle norme degli accordi
internazionali conclusi dall’UE.
44.Il primato dell’ordinamento dell’UE sui diritti interni degli Stati membri.
L’ordinamento dell’UE può entrare in conflitto con i diritti interni: questi conflitti sono stati
risolti poiché si è affermato il primato del diritto dell’UE sui diritti interni degli Stati membri.
l’affermazione di tale primato è opera della giurisprudenza della Corte di Giustizia: CASO
COSTA-ENEL e CASO SIMMENTHAL (cfr. pag 296-297). Accanto al principio dell’efficacia
diretta, la Corte afferma anche altri principi:
- quello del primato della norma dell’ordinamento europeo su quella interna, anche
posteriore;
- E quello del primato del diritto europeo anche sulle norme costituzionali degli Stati
membri ( la Corte Costituzionale italiana ritiene che il primato del diritto europeo
incontri un limite, poiché tale diritto non può prevalere sulle norme costituzionali
interne relative ai diritti fondamentali).
Il primato del diritto europeo è stato affermato anche nel diritto processuale interno: la
Corte di Giustizia ha sancito che il giudice nazionale deve disapplicare la norma interna che
impedisce di l’emissione di un provvedimento per attuare il diritto europeo.
La Corte ha affermato anche che il primato del diritto europeo comporta l’obbligo di
interpretazione conforme: la norma nazionale va interpretata dal giudice interno nel senso
della sua conformità a quella dell’UE. La distinzione tra interpretazione conforme della
norma interna e sua disapplicazione è importante perché il primato del diritto europeo
riguarda solo le norme self-executing. Se la norma non è self-executing, il giudice deve
applicare la norma interna.
Quindi, l’art. 117, Cost. non vale ad introdurre automaticamente i Trattati nel nostro
ordinamento a livello costituzionale senza un ordine di esecuzione. I trattati restano “di
rango subordinato alla Costituzione, ma intermedio tra questa e la legge ordinaria”
(sentenza Corte Costituzionale 2007). Le norme dei trattati, non avendo rango
costituzionale (come invece le norme di diritto internazionale generale), possono essere
sottoposte a vaglio di costituzionalità.
50.(d) i limiti al riconoscimento del primato del diritto dell’UE nell’ordinamento italiano.
Il riconoscimento del primato del diritto dell’UE su diritto interno italiano, incontra dei
limiti.
La Corte di Giustizia ha affermato che la norma UE si impone per sua forza su quella
interna con la conseguenza che ogni provvedimento nazionale di esecuzione dei
trattati avrebbe valore solo dichiarativo e non necessario. Ma l’art. 117, c.1, Cost. non
introduce un procedimento di immissione automatica come fa l’art. 10 Cost. per le
norme di diritto internazionale generale. L’art. 117, c.1, Cost. menziona
l’ordinamento UE come limite per la potestà legislativa di stato e regioni. Di
conseguenza, per immettere i Trattati nel nostro ordinamento, è necessario un
ordine di esecuzione.
La Corte Cost. ha sempre precisato che la prevalenza del diritto comunitario non
opera per le norme del diritto UE che sono contrarie ai principi del nostro
ordinamento costituzionale o ai diritti inalienabili della persona. La Corte Cost. si è
sempre riservata il diritto di effettuare un controllo di costituzionalità per evitare
l’immissione di norme in contrasto con tali principi fondamentali (cd. Teoria dei
contrlimiti). Ciò avviene nonostante la prevalenza del diritto UE.
Il primato del diritto UE sul diritto interno e l’inapplicabilità delle norme contrarie alla Cost.
valgono solo per le norme self-executing, quelle, cioè, direttamente applicabili o provviste
di efficacia diretta.
Il Decentramento regionale Italiano ha creato il problema del ruolo che devono svolgere le
regioni rispetto all’elaborazione e all’attuazione del diritto derivato UE. Si sono dovute
rispettare 2 opposte esigenze:
- Lo stato è unico titolato a rispondere a livello internazionale,
- ma regioni rivendicano un ruolo attivo nella partecipazione all’elaborazione e
all’attuazione diritto UE.
Attualmente è l’art. 117, c.1, Cost. che stabilisce la competenza legislativa concorrente di
stato e regioni.
Art. 117, c.5 Cost. -> stabilisce il processo di formazione delle norme UE “Le Regioni e le
Province autonome (Trento e Bolzano), nelle materie di loro competenza, partecipano alle
decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari”. La Legge Buttiglione
prevede che il Presidente del Consiglio o il Ministro delle politiche comunitarie trasmettano
i progetti di atti dell’UE alla Conferenza dei Presidenti di regioni e province autonome, che a
Per il caso di inadempimento da parte delle regioni , l’art. 120 c.2, Cost. stabilisce che il
governo “può sostituirsi a organi delle regioni…nel caso di mancato rispetto…della
normativa comunitaria” anche la legge La Loggia contiene regole che disciplinano
l’intervento sostitutivo successivo dello stato.