Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
Se guardiamo il diritto costituzionale dei singoli stati troviamo che normalmente il recesso, cioè
l'uscita di un territorio dalla unità dell'ordinamento costituzionale statale non è normalmente
consentito, non sicuramente sotto forma di recesso volontario e unilaterale (come invece è
stabilito nel caso dei paesi che hanno aderito all'Unione Europea).
Queste discussioni si sono volute invece evitare nel caso dell'Unione Europea perché
l'adesione a questo organismo particolare, che non è uno stato ma è più di un'organizzazione
internazionale, si è voluto che fosse mantenuta sul piano della volontarietà e del
permanere di un desiderio di fare parte di una compagine unitaria.
Ma una volta che si è stati parte di un organismo integrato che ha prodotto del diritto, che
produce delle politiche, che ha innestato dei rapporti all'interno degli organi giudiziari tra il
paese membro e l'unione, un contesto nel quale sono maturati rapporti e legami molto stretti, la
separazione non è cosa facile.
infatti
Sembra strano che qui non sia richiesta l'unanimità, come per esempio è richiesta in
ingresso, qualora uno stato presenti la propria candidatura per entrare nell'Unione.
RAGIONE PRECISA si vuole evitare che il singolo stato nel momento in cui si
svincola dai legami che lo legano l'Unione Europea, debba sottostare a condizionamenti
o un sostanziale diritto di veto da parte di ciascuno degli altri 26 paesi che compongono
l'Unione Europea.
6) Il Parlamento Europeo a sua volta è tenuto a dare il via libera sulla base
dell'accordo che è stato raggiunto, quindi non è soltanto una valutazione
complessiva sull'uscita ma è una valutazione anche di dettaglio che viene data, che
viene espressa in forma di approvazione dal Parlamento, perché alcune delle clausole
potrebbero non essere gradite o potrebbero avere dei riflessi anche piuttosto complessi
nei confronti dell'intera Unione.
È normale che i due organi massimi dell'Unione stessa, i due legislatori, si pronuncino entrambi
nel merito dell'accordo raggiunto.
Nella procedura sono coinvolti CONSIGLIO E PARLAMENTO.
- I trattati cessano di essere applicabili al paese interessato a decorrere dalla data di entrata in
vigore dell’accordo o due anni dopo la notifica del recesso
- Il Consiglio europeo può decidere di prorogare tale termine
- Qualsiasi paese uscito dall’UE può chiedere di rientrarvi, ma è sottoposto a nuova
procedura di adesione
POST ACCORDO
Situazioni che si creano una volta che lo Stato membro cessa questa sua posizione.
- Una volta che l'accordo entrerà in vigore I trattati non sono più applicabili
(essendo degli accordi internazionali), non sono più efficaci nei confronti di questo
paese.
Sottolineare che la volontà di non far più parte dell'Unione prevale in ogni caso anche sulle
ragioni degli accordi e delle intese.
Il Consiglio Europeo resta comunque arbitro di prolungare questo termine (è anche avvenuto in
un caso) perché si può considerare:
- la complessità delle situazioni da definire
- la buona fede anche delle parti
- l'esistenza di problemi oggettivi all'interno della compagine statale da un lato o
dell'unione dall'altro, nel definire le procedure e i contenuti dell'accordo.
Nuova procedura di adesione, quindi l'azzeramento totale della situazione che è avvenuto
almeno in termini formali esige che si riavvii completamente una procedura nuova.
È un vero e proprio divorzio e come per i divorzi in generale, qualora i coniugi divorziati
desiderasse fare rinascere il loro rapporto matrimoniale, bisogna che un nuovo matrimonio
venga stipulato.
1. Ogni Stato membro può decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall’Unione.
2. Lo Stato membro che decide di recedere notifica tale intenzione al Consiglio europeo. Alla luce degli orientamenti formulati dal Consiglio
europeo, l'Unione negozia e conclude con tale Stato un accordo volto a definire le modalità del recesso, tenendo conto del quadro delle
future relazioni con l’Unione (...) Esso è concluso a nome dell'Unione dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata previa
approvazione del Parlamento europeo.
3. I trattati cessano di essere applicabili allo Stato interessato a decorrere dalla data di entrata in vigore dell'accordo di recesso o, in
mancanza di tale accordo, due anni dopo la notifica (...) salvo che il Consiglio europeo, d'intesa con lo Stato membro interessato, decida
all'unanimità di prorogare tale termine.
4. (...) il membro del Consiglio europeo e del Consiglio che rappresenta lo Stato membro che recede non partecipa né alle deliberazioni né
alle decisioni del Consiglio europeo e del Consiglio che lo riguardano (...)
5. Se lo Stato che ha receduto dall'Unione chiede di aderirvi nuovamente, tale richiesta è oggetto della procedura di cui all'articolo 49.
Dettagli articolo 50
1) l'iniziativa dello Stato è una iniziativa unilaterale
Lo Stato notifica l'intenzione al Consiglio Europeo, notificare vuol dire rendere noto
vuol dire “ti faccio sapere che” non “ti chiedo l'autorizzazione a”, quindi è un atto
sostanzialmente recettizio che infatti fa partire il timer dei 2 anni oltre i quali se non c'è
accordo, se non c'è intesa l'addio diventa comunque definitivo.
**Ma il primo comma di questo articolo 50 dice anche in un inciso “conformemente alle
proprie norme costituzionali”. Questo è un problema molto delicato perché potrebbe
aprirsi una discussione anche a livello europeo sul fatto se la decisione di uscita sia
stata assunta in maniera conforme alle norme costituzionali di quel paese.
Si potrebbe pensare che questo sia un caso piuttosto remoto ma è proprio quello che si
è verificato nel caso es. della Brexit.
C’è stata una divaricazione interna a questo paese dopo che la decisione è stata
assunta per tramite di referendum ed è stato accertato dalla Corte di Giustizia, dall'alta
corte di Londra che la titolarità ad esprimersi in via definitiva sul recesso non compete
al popolo perché in quello ordinamento solo il Parlamento è sovrano e nessun governo
quindi può, nemmeno sulla base di una decisione popolare maggioritaria, aspettarsi che
le sue azioni non debbano essere scrutinate e valutate dal Parlamento.
La sovranità parlamentare quindi ha obbligato Theresa May a presentare una legge ad
hoc alle camere e a promuovere l'avvio della procedura per divorziare dall'Unione
Europea.
Ulteriore problema relativo al Regno Unito: una parte del Regno Unito è stata più
favorevole al Remain -rimanere all'interno dell'Unione- si tratta ad esempio della Scozia,
che gode di un regime di ampia autonomia e oltretutto ha anche tentato alcuni anni fa di
separarsi e di scindere il rapporto che la lega da secoli all'Inghilterra/all'interno del
Regno Unito.
La corte suprema britannica ha escluso che ci fossero poteri di veto da parte delle
assemblee di Scozia/Galles/Irlanda del Nord rispetto alla Brexit e quindi ha ritenuto che
questo non rientrasse nei poteri oggetto di devolution a favore di queste regioni del
paese.
L’ordinamento costituzionale interno va quindi tenuto presente
2) Lo stato membro una volta che è definitiva la posizione assunta può negoziare e
concludere l'accordo di uscita articolo 50, tenendo conto del quadro delle future
relazioni con l'Unione.
È un accordo non soltanto retrospettivo, di chiusura dei conti tra l'unione e questo paese
ma è un accordo prospettico che deve per quanto è possibile fare salve le conquiste
positive di questa cooperazione e quindi di assicurarsi che rimangano buoni rapporti tra
l'unione e questo paese.
In che misura l'articolo 50 è stato utile come guida, quali sono stati i comportamenti dello Stato
e dell'Unione in relazione a questa vicenda.
Tema di discussione del tipo di rapporto che si innesca da partire dal momento in cui uno stato
notifica la decisione di uscita dall'ordinamento dell'Unione Europea tutto è sicuramente molto
più complesso di quanto non appaia dalla formulazione dell'articolo 50 del trattato sull'Unione
Europea.
BREXIT
- Il Regno Unito ha lasciato l'Unione europea il 31 gennaio 2020 dopo averne fatto parte per
47 anni
- Conformemente all'accordo di recesso ora è ufficialmente paese terzo e non partecipa più al
processo decisionale dell'UE
BREXIT cioè l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea, uscita che si è realmente
concretizzata il 31 gennaio del 2020 dopo ben 47 anni di permanenza nell'Unione da parte
di un paese che ha sempre avuto delle traiettorie piuttosto diverse e distanti, per storia
comportamenti, struttura economica, assetto finanziario, dal funzionamento e dalle politiche
generali dell'Unione Europea.
Molto spesso il Regno Unito aveva già fatto uso delle clausole di “opting-out”, es:
- si era già tenuta ai margini delle formule di cooperazione rafforzata
- non era entrata nella moneta unica
Però formalmente questo divorzio è scattato soltanto il 31 gennaio 2020 e quindi da quel
momento non è più da considerarsi il Regno Unito un paese dell'Unione Europea, è a tutti gli
effetti un paese terzo che ha riacquistato una sua totale indipendenza, fatti salvi alcuni
passaggi che riguardano le situazioni transitorie che si stanno regolando in via definitiva
attraverso ulteriori negoziati. (divorzio definitivo + ulteriori accordi e negoziati).
- Dal febbraio del 2020 l'Unione Europea non conta neanche più tra i suoi parlamentari gli
eletti del Regno Unito.
Nella primavera del 2019 si erano tenute anche in Gran Bretagna le elezioni europee,
ma erano state viste come un momento rafforzativo della decisione di lasciare l'Unione e
avevano visto un'affluenza peraltro piuttosto moderata sapendo che non sarebbero
rimasti a lungo questi Parlamentari a difendere gli interessi del Regno Unito nella
assemblea di Strasburgo e Bruxelles, quindi questa elezione era stata una prova
generale di un eventuale successivo referendum confermativo che poi in verità non ci è
stato.
- Dal primo febbraio gli europarlamentari non partecipano (più quelli eletti nel Regno
Unito) nella attività del Parlamento Europeo
- la Gran Bretagna non partecipa più al Consiglio Europeo
- né ha più un commissario in esercizio all'interno della Commissione Europea
TAPPE DELLA BREXIT
- 23 giugno 2016. Nel Regno Unito referendum per scegliere se lasciare o meno
l’UE: 'Leave', 52%, ‘Remainers’, 48%. Il premier conservatore David Cameron,
dopo aver indetto il referendum e guidato la campagna 'Remain', si dimette
- 11 luglio 2016. Theresa May nuovo primo ministro
- 15 dicembre 2016. Il Consiglio "Affari generali”, previa raccomandazione della
Commissione, autorizza l'apertura dei negoziati, adotta direttive di negoziato e nomina
negoziatore dell'Unione Michel Barnier come capo negoziatore, incaricato di riferire ai
leader e al Consiglio per tutta la durata dei negoziati, informando anche il Parlamento
europeo "periodicamente e con precisione".
- 29 marzo 2017. May manda al presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk la
lettera che fa avvia la procedura ex art. 50. Si fissa al 29 marzo 2019 la data per
l'uscita dall’UE
- 25 novembre 2018. Accordo Regno Unito - UE sui termini per l'uscita di Londra
dall’Unione
- 15 gennaio 2019, Il governo May è bocciato dal Parlamento inglese sull’accordo
- 20 marzo 2019. May chiede all'UE una proroga fino al 30 giugno. L'UE offre due date: il
22 maggio se l'accordo è approvato, altrimenti il 12 aprile.
- 11 aprile 2019. May chiede un altro rinvio, i leader UE ne accordano uno “flessibile" (fino
al 31 ottobre, ma se Londra l'accordo approva l’accordo potrà lasciare prima).
- 23 e 30 maggio 2019. Elezioni europee e dimissioni di May da Downing Street
- 23 luglio 2019. Boris Johnson leader del partito Conservatore è nuovo Primo
Ministro.
- 28 agosto 2019. Il Parlamento britannico è 'sospeso' per cinque settimane, ma la
Corte Suprema dichiara la decisione illegittima: i deputati tornano a Westminster.
- 19 ottobre 2019. Johnson chiede all’UE un altro rinvio. Bruxelles lo concede fino al 31
gennaio.
- 12 dicembre 2019. Nuove elezioni nel Regno Unito, netta maggioranza per Boris
Johnson.
- 23 gennaio 2020. Westminster approva la legge per l’uscita dall'UE diventa legge.
- 29 gennaio 2020. Il Parlamento europeo approva l'accordo sul Brexit.
- 31 gennaio 2020 (h. 23 di Londra, mezzanotte nell'Europa centrale): il Regno Unito
lascia ufficialmente la UE.
Sono tutte molto significative e in qualche modo mettono in luce la natura del rapporto che lega
i paesi membri all'Unione.
Partiamo dal momento in cui, a seguito alla decisione del governo Cameron di consultare
l'opinione pubblica britannica circa la permanenza o meno all'interno dell'Unione Europea, nel
giugno del 2016 si è tenuto il referendum per scegliere se mantenere in essere questo
legame o se interrompere questa relazione. Vittoria significativa anche se non larghissima il
Leave coloro che erano favorevoli all'uscita dall'Unione sono prevalsi al 52% sui Remainers,
che erano il 48%.
DI CONSEGUENZA
come avviene generalmente in questi casi all'interno della politica britannica, che è piuttosto
netta su questo punto, il leader conservatore e capo del governo David Cameron è stato
costretto alle dimissioni e gli è succeduta Theresa May, come primo ministro.
Trascorrono molti mesi prima che Theresa May inoltri al Presidente del Consiglio
Europeo Donald Tusk, la lettera di avvio della procedura lettera con la quale viene
fissata la data per l'uscita perché due anni devono decorrere prima che ci sia in difetto di
accordo questa dissoluzione, questo scioglimento del legame tra Regno Unito e l'Unione
Europea.
Come mai passano tutti questi mesi? Per quale ragione da una votazione referendaria del luglio
del 2016 si aspetta alla fine del marzo del 2017 per assumere questa decisione di notificare
l'uscita all'Unione Europea? vedi necessità di voto parlamentare/conformità di ordinamento
costituzionale.
Theresa May era sicuramente molto tentata dal dare avvio immediatamente alla procedura ma
è stata frenata da ricorsi interni che hanno portato alla pronuncia definitiva dell'alta corte
di Londra in base alla quale non era sufficiente la pronuncia popolare per quanto netta e
per quanto chiara ma sarebbe stato necessario che il parlamento assumesse le decisioni
conseguenti e che quindi deliberasse l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea.
L'Unione Europea non ha aspettato di ricevere la lettera ufficiale della Gran Bretagna, è ormai
evidente che questo paese ha fatto la sua scelta anche se rimangono da sciogliere alcuni nodi
tecnici all'interno dell'ordinamento britannico, quindi il 15 dicembre 2016 prima ancora della
notifica del recesso, il “consiglio affari generali” - preso atto delle raccomandazioni che gli
ha rivolto la commissione - autorizza l'apertura dei negoziati, adotta le direttive negoziali
del caso e nomina un negoziatore capo che dovrà riferire puntualmente ai leader dell'Unione,
al consiglio e informare il Parlamento Europeo in maniera periodica e accurata dello sviluppo
delle trattative. Un commissario europeo che diventa capo del negoziato britannico, su cui
fa perno tutta l'operazione di discussione dei vari aspetti tecnici e politici della Brexit.
Complessa la materia oggetto del negoziato, in meno di un anno questi dettagli anche
fondamentali del recesso vengono definiti e a novembre del 2018 siamo a disporre di un
testo di accordo problemi - lo rimarranno per molti mesi- tutti sul versante di Londra, dove il
Parlamento inglese non condivide la proposta concordata dal governo May con
Bruxelles.
Si apre una complessa partita a scacchi sulla proroga del termine per avere una Brexit
concordato tra Unione Europea e la Gran Bretagna, l'alternativa è tra
- accordo che ne definisca i termini
- la scadenza del termine come calcolata in funzione della notifica che era avvenuta due
mesi prima
Il rinvio è ottenuto e i leader europei dimostrano una disponibilità a questa soluzione più
flessibile, e si va quindi ad una proroga sempre che non si riesca a chiudere prima un accordo.
L'accordo risulta difficile perché osteggiato sul fronte di Westminster, dalla fronda interna
al partito conservatore e dalle incertezze anche del partito laburista.
Crisi e indecisione all’interno del Parlamento britannico.
Cambio di governo tra Theresa May e poi Johnson perché si possa riprendere un percorso
di trattativa per raggiungere quindi ad una definizione concordata degli accordi.
C'è ancora un ulteriore problema costituzionale interno per la Gran Bretagna: Boris
Johnson tenta un'operazione di forza, tenta di disporre la sospensione del parlamento
britannico per poter decidere autonomamente dei contenuti di questo accordo la corte
suprema di Londra interviene dichiarando questa decisione illegittima e rimettendo in campo
l'autorità dei parlamentari nel votare l'accordo.
Ennesimo rinvio fino al 31 dicembre 31 gennaio del 2020 si giunge ad una definizione della
questione dopo che il Parlamento è rinnovato con le nuove elezioni, nel dicembre del 2019
Boris Johnson ottiene una maggioranza molto che gli permette di far approvare rapidamente la
legge per l'uscita dall'Unione Europea della Gran Bretagna.
La strada per l'accordo è spianata, l'accordo che è già stato raggiunto da tempo tra la capitale
europea e quella del Regno Unito, il Parlamento Europeo approva quindi il 29 gennaio 2020
l'accordo di Brexit e il 30 gennaio il Regno Unito saluta definitivamente l'Unione Europea
ed esce da questo ordinamento.
Step ulteriore per quanto riguarda la definizione delle rispettive posizioni si entra il primo
febbraio 2020 in un periodo transitorio, un periodo che è propedeutico alla definizione
poi stabile dei rapporti tra i due paesi, ma che tiene conto del fatto che ci sono flussi
notevolissimi di scambio in atto:
- sono flussi di persone: parliamo di milioni di persone dell'Unione Europea, cittadini
dell’Unione Europea che risiedono ormai stabilmente in Gran Bretagna, ci sono
centinaia di migliaia di cittadini del Regno Unito che risiedono stabilmente o lavorano in
Unione Europea, nel resto dell'Unione Europea,
- assetto complessivo del mercato e un quadro di unione doganale che non può saltare
dall'oggi al domani, non ne sarebbero pronte le strutture dei due diversi ambiti, ma
soprattutto il Regno Unito non è ancora attrezzato per ricostituire una sua totale
Indipendenza anche dal punto di vista doganale
- negoziati molto complessi da svolgere per quanto riguarda il percorso futuro delle
relazioni:
ACCORDO DI RECESSO
- Nota finanziaria. Bisogna anche saldare i conti perché sono aperte delle politiche
finanziate in diverso modo e per diversi periodi.
- Questione del confine tra Repubblica d'Irlanda e Irlanda del Nord, territorio
estremamente delicato perché è un territorio che ha vissuto una delle guerre civili più
dolorose del quadro europeo dell'ultima parte del Novecento, ossia quella legata al
terrorismo nordirlandese che ha avuto una felice soluzione 20 anni fa, ma questa
decisione concordata e l'assetto che è stato definito all'epoca risente del nuovo assetto
che si viene a creare nel momento in cui viene ripristinata una frontiera interna
all'Unione europea che non esisteva in quel tempo. Il fatto che la Gran Bretagna fosse
parte dell'Unione Europea ha enormemente facilitato le relazioni interne tra Irlanda e
Irlanda del Nord, ha consentito anche agli operatori economici, commerciali, finanziari di
lavorare con una continuità territoriale che non è più tale nel momento in cui Londra
lascia l'Unione Europea.
- Regno Unito partecipa all'unione doganale, al mercato unico (quattro le libertà) ed a tutte
le politiche dell’UE
L”acquis” dell'UE continua ad applicarsi integralmente a UE e ogni sua modifica
si applica al Regno Unito
- efficacia diretta e la supremazia del diritto dell’UE
- rispetto di competenza della CGUE
- in politica commerciale dell’UE, UK può negoziare accordi commerciali con Paesi
terzi, ma diventano operativi solo previa autorizzazione UE
- rispetto di obbligazioni conseguenti ad accordi internazionali conclusi dall’UE
Analisi rapporto tra l'Unione europea e la Gran Bretagna nel periodo transitorio, cioè
negli ultimi 11 mesi di quest'anno, dopo che dal primo febbraio siamo entrati in questa
fase intermedia in cui l'intera Gran Bretagna si sta allontanando dall'ordinamento dell'Unione.
la Corte di Giustizia continua in questo periodo a dover essere rispettata nella sua
giurisprudenza da parte della Regno Unito.
Tutte le obbligazioni e tutti gli impegni che ha assunto nel quadro delle sue
relazioni internazionali nel corso dei 47 anni di permanenza nell'Unione Europea
devono essere rispettati. Cioè non bisogna pensare che dall'oggi al domani si sia già
automaticamente svincolato questo paese.
Garanzia molto importante di esercizio temporaneo dei diritti che erano assicurati dalle
norme europee ai cittadini potremmo dire dei due versanti, cioè cittadini europei che si
sono insediati nel Regno Unito e cittadini britannici che viceversa risiedono nell'Unione
Europea.
Es. abbiamo una situazione per cui lo status di residenti consente ai cittadini europei che vivono
ed operano nel Regno Unito di avere possibilità di fruire della sanità pubblica, della sicurezza
sociale, nello stesso modo in cui ne fruivano in precedenza, ma la condizione che viene posta è
che essi siano in possesso di un permesso di permanenza e che siano vissuti nel Regno Unito
per almeno 5 anni.
*** 3.200.000 cittadini Ue residenti nel Regno Unito e 700.000 italiani fra questi.
Il fatto che continuino a beneficiare di questo status è di grande importanza, ma viene definito in
modo ancora più preciso questo aspetto dal fatto che sia previsto uno status
“pre-settled”/predefinito di residenza e che la residenza definitiva possa maturare per alcuni di
essi anche successivamente alla data del 31 dicembre 2020.
Quindi è un distacco morbido che permette di non perdere l’aquis individuel di queste persone,
il loro patrimonio giuridico non viene ad essere sterilizzato dalla situazione transitoria in essere.
La libera circolazione ha al momento una data limite nel 31 dicembre 2020, per cui a
partire da quel momento anche la libera circolazione potrebbe trovare degli ostacoli.
Questione quindi della titolarità dei diritti e del loro riconoscimento formale
NB
Tenere presente che tutte le disposizioni che riguardano la protezione dei diritti dei cittadini
dell'Unione Europea - per esempio residenti nel Regno Unito - sono state incorporate nel diritto
britannico da queste disposizioni transitorie, quindi sono di diretta applicazione e questa è una
auto-limitazione a cui ha acconsentito l'ordinamento britannico e non possono essere modificate
unilateralmente dal Regno Unito attraverso una sua legge.
a) Notare come abbia abdicato in parte alla propria sovranità il Parlamento di Londra
nell'accettare che non siano modificate in peius le posizioni di questi cittadini.
Inoltre, i tribunali britannici, le corti britanniche devono fare riferimento diretto a
questo bagaglio di diritti dei cittadini dell'Unione Europea assumendo come
riferimento la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea
quindi continuano a fare ricorso le Corti del Regno Unito, le corti di Common Law al rinvio
pregiudiziale alla Corte di Giustizia e questo per un periodo di almeno 8 anni dall'entrata
in vigore dell'accordo di recesso.
Quindi abbiamo una situazione singolare di ultrattività della Corte di Giustizia dell'Unione
Europea durante il periodo non solo transitoria, ma durante un lungo periodo anche in cui
dovrebbe già essere in vigore un regime definitivo.
b) Vicende che devono essere regolate anche senza ricorso alla giurisdizione, abbiamo un
doppio dispositivo che è stato introdotto:
- abbiamo una azione di vigilanza da parte della Commissione Europea sui diritti
dei cittadini dell'Unione
- nel Regno Unito vigilanza da parte di una autorità indipendente
2) LIQUIDAZIONE FINANZIARIA- PENDENZE FINANZIARIE
UK onorerà tutti gli obblighi finanziari dovuti per la sua partecipazione all'UE fino al 31 dicembre 2020 (di
scadenza dell'attuale quadro finanziario pluriennale del bilancio UE, nonché gli altri impegni finanziari già
assunti totale tra i 45 e i 60 miliardi di euro
Conto da pagare di questa Brexit aspetti relativi alla liquidazione finanziaria delle
pendenze e delle situazioni attive e passive nei rapporti tra i due ordinamenti.
Stabilito nell'accordo l'impegno del Regno Unito ad onorare tutti gli obblighi finanziari
legati alla partecipazione pregressa all'Unione Europea.
Dove quindi il Regno Unito fosse associato a determinate politiche, al finanziamento di
determinate attività, è costretto il Regno Unito a continuare ad alimentare questi fondi fino
al 31 dicembre 2020.
Per una fortunata coincidenza, il 2020 è l'ultimo anno di esercizio del periodo di
programmazione finanziaria 2014-2020, quindi si chiude in quel momento un ciclo e si chiudono
quindi dei finanziamenti anche di lunga durata e questo ha leggermente facilitato il
consolidamento del conto finale nella maniera più semplice.
Ma ci sono però degli altri impegni che hanno un quadro più prolungato e che richiederanno
ancora quindi ulteriori sostegni economici affinché anche altri soggetti come enti territoriali
privati aziende così via possano continuare per un determinato periodo, fino a chiusura dei
relativi quadri finanziari, a fruire di certi benefici, contributi, sovvenzioni o altro da parte
dell'Unione Europea.
- dopo periodo transitorio (31/12/2020, prolungabile per altri due anni) l'Irlanda del Nord resta
allineata per 4 anni agli standard europei (legislazione su merci, norme sanitarie, produzione e
commercializzazione dei prodotti agricoli, IVA, accise e di aiuti di Stato)
- a livello doganale, Irlanda del Nord resta parte del territorio doganale UK
- dopo i 4 anni, l'Assemblea dell'Irlanda del Nord può mantenere in vigore tale regime di volta in
volta, oppure no, per altri 4 anni (maggioranza semplice) o per 8 anni (con la maggioranza cross-
community)
- applicazione selettiva dazi doganali europei per merci in ingresso dal Regno Unito o da
Paesi terzi nell'Irlanda del Nord (solo se tali merci entrano nel mercato unico)
Ultimo grande scoglio nella trattativa.
Protocollo di definizione dei rapporti tra la Repubblica d'Irlanda e Irlanda del Nord
Dal punto di vista doganale invece la Irlanda del Nord diventa a tutti gli effetti comunque parte
del territorio doganale del Regno Unito e questo regime è soggetto ad una possibilità di opzione
successiva collegato a delle decisioni che dovrà assumere l'ordinamento della provincia del
nord, cioè l'assemblea nordirlandese potrà decidere se:
- mantenere il regime in vigore oppure no e potrà farlo in questo caso a maggioranza
semplice
- se vorrà prolungare la durata di questo regime per un periodo più lungo bisognerà che
assuma la decisione con una maggioranza detta cross Community.
NB
Delicati equilibri politici dell'Irlanda del Nord
Legati alla comprensione reciproca e alla condivisione di scelte tra cattolici e protestanti che
hanno diritto ad un rapporto garantito di equilibrio all'interno della loro assemblea
legislativa e quindi si vuole fare in modo che si guardi con favore ad una decisione assunta
consensualmente tra le diverse componenti politiche di questa assemblea.
Aspetto che riguarda le merci in ingresso dal Regno Unito o da Paesi terzi verso L'Irlanda
del Nord.
Bisogna evitare che Irlanda del nord diventi una piastra di trasferimento di merci in condizione di
maggior favore soluzione: una applicazione dei dazi doganali in maniera più selettiva.
NEGOZIATO PER ACCORDO DEFINITIVO
Anche i periodi transitori hanno termine ed è importante che fin da subito parta il negoziato per
l'accordo definitivo.
L'Unione Europea si è affidata al negoziatore capo che è Michel Barnier, l'ex commissario
europeo.
Il Consiglio europeo ha già autorizzato questo negoziato e ha già dato le sue direttive.
qui siamo al di fuori, siamo oltre l'applicazione dell'articolo 50 del trattato sull'Unione
Europea e quindi la nuova base giuridica di questo accordo definitivo è quella definita
dall'articolo 217 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea.
Si tratta quindi di un vero e proprio accordo con paese terzo, intesa che viene raggiunta
con un soggetto che si colloca al di fuori dell'ordinamento dell'Unione e che istituisce una
associazione con diritti ed obblighi reciproci, che predispone ad azioni in comune secondo delle
procedure che dovranno essere definite di volta in volta.
“L'Unione può concludere con uno o più paesi terzi o organizzazioni internazionali accordi che istituiscono
un'associazione caratterizzata da diritti ed obblighi reciproci, da azioni in comune e da procedure
particolari”
CONDIZIONI DI ACCORDO
Cosa conterrà questo accordo definitivo?
a) mantenimento dell'accordo del Venerdì santo (Good friday agreement o accordo di Belfast) del
1998 tra il Regno unito e l'Irlanda.
b) instaurazione tra l'UE e UK di un nuovo partenariato: cooperazione commerciale ed economica,
cooperazione delle autorità di contrasto e giudiziarie in materia penale, politica estera, sicurezza
e difesa, cooperazione tematica
- secondo M. Barnier, almeno tre elementi necessari:
1) un accordo di libero scambio con garanzie di parità di condizioni (level playing field); 2)
2) sicurezza interna (obblighi CEDU e dati personali)
3) sicurezza esterna
Lo possiamo già sapere sulla base delle indicazioni che sono state date e rese pubbliche
Si tratta della intesa raggiunta nel 98 tra Regno Unito e l'Irlanda che ha messo fine alla
guerra civile nord- irlandese. Il Good Friday agreement o accordo di Belfast ha stabilito una
serie di punti fermi tra:
Tutti questi aspetti sono stati definiti dall’accordo che ha voluto il governo Blair a
quell'epoca.
Si vuole fare in modo che l'apertura di questa fase post Brexit non sia l'occasione o pretesto per
rilanciare la conflittualità.
2) si vuole che ci sia un nuovo partenariato tra Unione Europea e Regno Unito dal punto di
vista commerciale, economico, di Giustizia, di politica estera. Futuro ancora per quanto
è possibile amichevole e concorde.
Secondo il negoziatore Michel Barnier, tre saranno gli elementi irrinunciabili di questo
accordo:
- il libero scambio con garanzie di parità di condizioni
- la sicurezza interna
- la sicurezza esterna dei due campi
Questo è la cornice all'interno della quale verrà definito sulla base dell'articolo 217 del Trattato
sul funzionamento dell'Unione il quadro definitivo forti Tra Londra e Bruxelles