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A.

LE FONTI

Le fonti possono essere:


• di diritto internazionale;
• di diritto comunitario;
• di diritto interno;
• della contrattazione collettiva.

DIRITTO INTERNAZIONALE
Nel diritto internazionale vengono regolati i rapporti tra i Paesi, l’organo del
diritto del lavoro è l’O.I.L. (Organizzazione Internazionale del Lavoro), che
stabilisce gli standard normativi (le regole minimali), ma è sprovvisto di organi
sanzionatori. Gli atti di diritto internazionale vincolano gli Stati che li
sottoscrivono e il passaggio tra diritto internazionale e interno è attraverso una
legge di ratifica (legge ordinaria). L’O.I.L. è composto dai rappresentanti dei
lavoratori, dei datori di lavoro e dei governi e gli atti che emana sono le
convenzioni e le raccomandazioni: le convenzioni entrano in vigore con un
certo numero di adesione degli stati e il testo approvato dall’assemblea vincola
gli stati partecipanti; le raccomandazioni hanno spesso lo stesso titolo delle
convenzioni e le affiancano, contengono le parti non completamente condivise
(non approvate da tutti) e non hanno carattere vincolante.
L’O.I.L. fu costituito dopo la prima guerra mondiale e la prima convenzione fu
emanata nel 1919, riguardante le ore di lavoro. Tra le convenzioni più
importanti si ricordano la n.87 del 1948 riguardante la libertà e protezione del
diritto sindacale e la n.98 del 1949 sul diritto di organizzazione e contrattazione
a livello collettivo.

DIRITTO COMUNITARIO
Il diritto comunitario trova la sua fonte nel trattato costitutivo CEE (Roma,
1957), nato come atto di diritto internazionale. Con la sottoscrizione di questo
trattato si è creato un nuovo organismo a cui sono affidate alcune competenze,
privandosene (lasciando l’esclusiva alla CE) o condividendole. Tutte le
normative riguardanti il mercato unico europeo sono esclusive della potestà
legislativa comunitaria.
Gli organi dell’Unione Europea sono: il Parlamento Europeo, che lavora su
proposte legislative della Commissione Europea, che ha poteri di iniziativa
(propositività) legislativa e controllo; il Consiglio Europeo, che è composto dai
Capi di Stato e Capi di Governo e approva le direttive (delle quali negli ultimi
anni è richiesta anche l’approvazione del Parlamento) e la Corte di Giustizia
(C.G.C.E.) che giudica sull’adeguamento o meno del diritto interno al diritto
comunitario.
Il diritto comunitario si divide in:
• primario: se ha efficacia diretta nei confronti degli Stati membri (Trattato
costitutivo);
• derivato (secondario): trae la sua legittimità dal Trattato  diritto che
deriva dal Trattato.
Il Trattato è stato ratificato per entrare efficacemente nel nostro ordinamento.

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Art. 11. L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli
altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali;
consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità
necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni;
promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Le fonti di diritto derivato sono le direttive, i regolamenti e le raccomandazioni


e le decisioni.
Le decisioni danno indicazioni relative ad orientamenti da tenere.
Il regolamento può essere emanato solo nelle materie indicate dal Trattato e
ha efficacia immediata e diretta nell’ordinamento interno. Tale efficacia può
essere verticale, se si applica direttamente ai diversi ordinamenti od
orizzontale, se si applica direttamente anche ai cittadini degli Stati membri.
La direttiva trova la sua base giuridica nel Trattato ed ha efficacia immediata
verso gli Stati membri. In generale ha solo efficacia verticale. La direttiva
vincola gli Stati membri al raggiungimento di un obiettivo. Il recepimento delle
direttive si ha attraverso una legge ordinaria approvata dal Parlamento: la
legge comunitaria. La Legge La Pergola, nome tecnico legge 9 marzo 1989,
n.86, è un importante atto normativo che prende il nome dall'allora "ministro
per il coordinamento delle politiche comunitarie" proponente Antonio La
Pergola. Di fatto ha segnato un sensibile cambiamento a livello sostanziale
della ricezione, in Italia, degli atti normativi dell'Unione Europea, in particolar
modo le direttive. La nazione, prima di questa legge, era una delle più lente nel
recepire le iniziative comunitarie.
La legge è stata abrogata dalla Legge Buttiglione, 11/2005. Questa riproduce
numerose norme della La Pergola. Adegua la legislazione in materia
comunitaria alla legge Cost. 3/2001 e istituisce il CIACE (comitato
interministeriale per gli affari comunitari europei.)
La legge istituì un meccanismo annuale, con il quale il Parlamento italiano è
tutt'oggi tenuto ad approvare una legge comunitaria contenente provvedimenti
volti a conformare l'ordinamento italiano agli obblighi comunitari sorti nell'anno
in questione, quindi regolamenti, direttive, decisioni e raccomandazioni CECA,
ma anche obblighi derivati da sentenze della Corte di giustizia europea.
Le direttive, spesso, sono recepite con legge delega.
Negli ultimi anni ci sono stati adeguamenti al diritto comunitario extra legge
comunitaria: adeguamenti ad hoc, specifici per casi urgenti.

CONTROLLO SUGLI ADEGUAMENTI


Fase pre-contenziosa
La fase pre-contenziosa è di competenza della Commissione europea, che può
avviarla d'ufficio (art. 226 del Trattato CE), oppure su richiesta di qualsiasi altro
Stato membro (art. 227 del Trattato CE); non è escluso, tuttavia, che l'impulso
possa provenire da un'interrogazione parlamentare presentata al Parlamento
europeo da un deputato, ovvero da una denuncia di privati cittadini.
In via preliminare, quindi, la Commissione, nella forma del Collegio dei
Commissari, ove rilevi l'effettiva violazione di una norma comunitaria, concede
allo Stato membro sottoposto alla procedura un termine di due mesi per
presentare le proprie osservazioni circa gli addebiti mossi, tramite l'invio di una
lettera di messa in mora. Laddove lo Stato interessato non risponda entro i
termini, ovvero non fornisca chiarimenti soddisfacenti, la Commissione emette
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un parere motivato con cui opera una formale diffida ad adempiere nei
confronti dello Stato sotto procedura.
Fase giurisdizionale o contenziosa
Qualora lo Stato in causa non si conformi al parere nel termine fissato dalla
Commissione, questa, ovvero lo Stato membro che abbia eventualmente
avviato la procedura, sono legittimati a proporre ricorso per inadempimento
alla Corte di Giustizia Europea.
Se la Corte di Giustizia decide riconoscendo la violazione del diritto comunitario
da parte dello Stato ritenuto inadempiente, quest'ultimo ha l'obbligo di porre
immediatamente rimedio alla violazione accertata. Se poi la Commissione
ritiene che lo Stato membro non abbia preso i provvedimenti che l'esecuzione
della sentenza emessa dalla Corte comporta, allora può dar corso ad una
ulteriore procedura di infrazione e ad un nuovo giudizio innanzi alla stessa
Corte per l'esecuzione della sentenza, chiedendo il pagamento di una somma
forfetaria e di una penalità di mora (art. 228 del Trattato CE).
L'avvocato generale è un funzionario pubblico diverso dai giudici, con il
compito di fornire a questi ultimi un parere legale, obbligatorio ma non
vincolante, per la soluzione delle questioni di diritto sollevate nel processo al
quale assiste. Emette le conclusioni che sono pubblicate nella Gazzetta
Europea. Nella Corte di Giustizia Europea vi sono otto avvocati generali che si
alternano nei singoli processi. Spesso la Corte di Giustizia accoglie le
conclusioni.
Sentenza che deriva da una procedura di infrazione:
CGCE Data C-n.causa/anno
Commissione Europea vs Stato membro
Sentenza
I  da indicazioni sul recepimento
II  può sanzionare
La sentenza della Corte crea diritto nel momento che da una certa
interpretazione di una direttiva.
Nell’interpretazione della legge, il giudice interno deve seguire i principi del
diritto comunitario (obbligo di interpretazione conforme). Quando un giudice
italiano reputa un processo non giudicabile (contrastante) sospende il
processo, rinvia alla Corte di Giustizia una serie di questioni in merito ad articoli
contrastanti e solo quando la Corte emette la corretta interpretazione, il
giudice potrà emettere giudizio.
Rinvio intergiudiziale:
CGCE Data C-…/…
Sogg. Vs sogg.  causa interna
Il singolo cittadino può ricorrere direttamente alla Corte di Giustizia. Se il
cittadino si sente privato di un diritto della CE non recepito (completamente o
in parte); avrà diritto ad un risarcimento danni causato dal mancato o parziale
recepimento della direttiva, ma solo se in questa è presente un diritto
soggettivo.

RECEPIMENTO DEL DIRITTO COMUNITARIO E RIPARTO DI COMPETENZE


Per il recepimento del diritto comunitario c’è stata anche una modifica
costituzionale (art. 117).

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Art. 117. La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel
rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento
comunitario e dagli obblighi internazionali.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con
l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non
appartenenti all'Unione europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza;
sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle
risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del
Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti
pubblici nazionali;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa
locale;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile1 e penale; giustizia
amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti
civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
n) norme generali sull'istruzione;
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni,
Province e Città metropolitane;
q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo
statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale;
opere dell'ingegno;
s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.

Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti


internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero;
tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni
scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale;
professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i
settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo;
protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di
trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e
integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza
pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali
e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse
rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e
agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta

1 Il diritto del lavoro rientra nell’ambito del diritto civile.

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alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi
fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non
espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro
competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti
normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi
internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di
procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio
del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione
esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle
Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane
hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e
dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli
uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono
la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il
migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi
comuni.
Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e
intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme
disciplinati da leggi dello Stato.

Articolo risultante dalla sostituzione del precedente testo operata con l'art. 3
della legge cost. n. 3 del 2001, supra cit.

Il testo originario era il seguente:


«Art. 117 La Regione emana per le seguenti materie norme legislative nei limiti
dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, sempreché le norme
stesse non siano in contrasto con l'interesse nazionale e con quello di altre
Regioni: ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla
Regione; circoscrizioni comunali; polizia locale urbana e rurale; fiere e mercati;
beneficenza pubblica ed assistenza sanitaria ed ospedaliere; istruzione
artigiana e professionale e assistenza scolastica; musei e biblioteche di enti
locali; urbanistica; turismo ed industria alberghiera; tranvie e linee
automobilistiche di interesse regionale; viabilità, acquedotti e lavori pubblici di
interesse regionale; navigazione e porti lacuali; acque minerali e termali; cave
e torbiere; caccia; pesca nelle acque interne; agricoltura e foreste; artigianato;
altre materie indicate da leggi costituzionali.
Le leggi della Repubblica possono demandare alla Regione il potere di
emanare norme per la loro attuazione».

Nel Trattato è presente il principio di riparto di competenza legislativa inteso


come collaborazione tra Comunità e Stati membri.

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Sulla tutela e sicurezza del lavoro c’è un’importante sentenza della Corte
Costituzionale (359/2003) sul contenzioso del riparto di competenze tra
Regione Lazio e Stato in materia legislativa di mobbing.

GERARCHIA DELLE FONTI


1. Costituzione/ordinamento comunitario;
2. Leggi ordinarie;
3. Normativa concorrente;
4. Contrattazione collettiva  si pone a fianco e in subordine della legge  se è
la legge che delega la contrattazione collettiva, l’efficacia deriva dalla legge e
quindi hanno lo stesso effetto.

LE FONTI INTERNE
Art. 2. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia
come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e
richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica,
economica e sociale.
Art. 3. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla
legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni
politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e
sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini,
impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione
di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Art. 4. La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove
le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la
propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o
spirituale della società.
Art. 35. La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.
Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori.
Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad
affermare e regolare i diritti del lavoro.
Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge
nell'interesse generale, e tutela il lavoro italiano all'estero.
Art. 36. Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità
e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla
famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non
può rinunziarvi.
Art. 37. La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse
retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono
consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare
alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.
La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.
La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad
essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.
Art. 39. L'organizzazione sindacale è libera.
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Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione
presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge.
È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un
ordinamento interno a base democratica.
I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati
unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di
lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle
quali il contratto si riferisce.
Art. 40. Il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano.
Art. 41. L'iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno
alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività
economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini
sociali.

CONTRATTAZIONE COLLETTIVA
Esistono due forme più tipiche di sindacalismo:
• di mestiere  I sindacato in Italia: tipografi;
• di categoria.
La contrattazione collettiva nasce dal rapporto che venne a crearsi tra i
rappresentanti dei datori di lavoro e i rappresentanti dei lavoratori (sindacati).

STORIA DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA


Il primo passo della contrattazione collettiva fu la determinazione dei salari
minimi; erano vincolati solo coloro che aderivano alla federazione dei datori di
lavoro.
Le prime forme di legislazione sociale sono apparse a cavallo tra l’ottocento e il
novecento: nel 1886 una legge sulla limitazione dell’orario di lavoro dei
bambini e delle donne e nel 1897 una norma riguardante l’assicurazione
obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro.
Nell’epoca liberale non vi era intervento dello Stato per quanto riguardava la
contrattazione collettiva.
Le organizzazioni sindacali crebbero e si trasformarono in confederazioni. La
struttura organizzativa dei sindacati è così articolata: Da una parte ci sono le
strutture di categoria (chiamate anche strutture "verticali"), che organizzano i
lavoratori addetti a produzioni simili (ad esempio chimici, metalmeccanici,
bancari, trasporti, enti locali); dall’altra una struttura organizzativa
intercategoriale (confederazione o struttura "orizzontale") a cui sono affiliate
tutte le categorie. Nel 1906 nacque la Confederazione Generale del Lavoro
(CGdL ), con il periodo fascista si trasformò in C.G.I.L..
Con il periodo fascista scomparve il diritto sindacale, ma si creò un
ordinamento del lavoro moderno:
• poteva essere registrato un solo sindacato per categoria, di matrice
fascista e rappresentante tutti i lavoratori, iscritti e non iscritti;
• un solo sindacato rappresentante i datori di lavoro;
• i contratti stipulati erano applicati a tutti (efficacia erga omnes)  facenti
o non facenti parte dei sindacati;

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• il C.C.N.L. stipulato continuava a produrre i suoi effetti anche dopo la
scandenza o dopo che una parte ne avesse chiesto la rescissione
(ultrattività);
• i contratti collettivi erano inderogabili.
Il diritto corporativo cadde con la caduta del fascismo. Con il D. Lgs. Lgt. 369
del 1944 si soppresse l’ordinamento corporativo, con il conseguente
scioglimento di tutte le confederazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro, ma
restarono in vigore i contratti collettivi (art. 43). Per gli impiegati era stata fatta
una norma ad hoc, per questa ragione sono rimasti in vigore i contratti
collettivi (altrimenti ci sarebbe stato un vuoto normativo.)

D. LSG. LGT. 23 NOVEMBRE 1944, N. 369


SOPPRESSIONE DELLE ORGANIZZAZIONI SINDACALI FASCISTE E
LIQUIDAZIONE DEI RISPETTIVI PATRIMONI
1. Sono sciolte: la Confederazione fascista degli agricoltori, la Confederazione
fascista degli industriali, la Confederazione fascista dei commercianti, la
Confederazione fascista delle aziende di credito e della assicurazione, la
Confederazione fascista dei lavoratori dell’agricoltura, dei lavoratori
dell’industria, la Confederazione fascista dei lavoratori del commercio, la
Confederazione fascista dei lavoratori delle aziende di credito e della
assicurazione, la Confederazione fascista dei professionisti e artisti.
Sono pure sciolte: le Federazioni nazionali fasciste, i Sindacati nazionali fascisti
aderenti alle confederazioni indicate nel comma precedente, e ogni altra
organizzazione sindacale fascista.
43. Per i rapporti collettivi ed individuali, restano in vigore, salvo le successive
modifiche,
le norme contenute nei contratti collettivi, negli accordi economici, nelle
sentenze della Magistratura del lavoro e nelle ordinanze corporative (omissis).

Con l’entrata in vigore della Costituzione non è più possibile stipulare contratti
con efficacia erga omnes e ultrattivi (art. 39).

Art. 39. L’organizzazione sindacale è libera.


Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione
presso
uffici locali o centrali, secondo le norme di legge.
È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un
ordinamento
interno a base democratica.
I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati
unitariamente in
proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia
obbligatoria
per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.
Questo articolo è divisibile in due parti: nella prima è presente il primo comma
nel quale è ribadito la libertà dell’organizzazione sindacale; nella seconda parte
si individuano i meccanismi per stipulare i contratti collettivi, infatti stabilisce
una personalità giuridica “speciale” (solo per controllare se lo Statuto è
democratico), ma questa parte non è mai stata applicata.
L’organizzazione più indicata per i sindacati è l’associazione non riconosciuta.
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Nel 1948 la C.G.I.L. si scisse in tre:
CGIL CISL UIL

Con orientamento Con orientamento Con orientamento laico,


socialista ma non socialista
centro-cattolico

La CISL si oppose da subito all’applicazione della seconda parte dell’art. 39,


con appoggio della Democrazia Cristiana salita al Governo nel 1948.
Conseguenze della non applicazione della seconda parte dell’art. 39:
1. i sindacati non possiedono personalità giuridica;
2. i contratti collettivi stipulati sono di diritto comune (sono soggetti alle
normali regole contrattuali.)
La Corte Costituzionale, con sentenza n.1 del 1963, sancì la costituzionalità del
D. Lgs. Lgt. 369/1944, dandone una sua lettura dell’articolo 43: […l'art. 43 del
decreto n. 369 del 1944, nel sopprimere l'organizzazione sindacale, ha voluto
mantenere in vita con forza di legge tutte le norme contenute sia nei contratti
collettivi di lavoro che negli accordi economici proprio per fini di utilità sociale,
in quanto la soppressione dell'ordinamento corporativo avrebbe travolto tutto
un settore di rapporti economici con evidente danno per la sicurezza e la
libertà sia di singole persone sia di vasti ceti sociali che nell'ordinamento stesso
avevano trovato la necessaria tutela.
Pertanto, la sopravvivenza dei singoli accordi economici, lungi dal violare l'art.
41 della Costituzione, trova la sua ragione d'essere in principi di utilità sociale,
da questo richiamati, poiché con tali accordi si sono disciplinati, nell'interesse
della sicurezza e della certezza delle relazioni sociali, alcuni particolari rapporti
giuridici. …
D'altra parte, il mantenimento in vigore delle norme corporative è un problema
unitario, che ha avuto una ratio unitaria e non si può frazionare in un esame
analitico estraneo all'interesse generale che lo ha dettato. Quindi, per poter
dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'art. 43 non basterebbe dimostrare
che un singolo contratto o una singola clausola violano principi costituzionali,
ma si dovrebbe dimostrare che è in contrasto con la Costituzione la volontà di
mantenere in vita tutta la disciplina collettiva dei rapporti di lavoro del periodo
corporativo.
Tale disciplina è indirizzata al raggiungimento di una utilità sociale generale,
perfettamente compatibile con l'art. 41 della Costituzione. L'art. 43, infatti, non
considera le varie utilità particolari, ma solo quella generale di conservare le
forme di autodisciplina di categoria, pur sostituendo al sistema soppresso altro
sistema. Si potrebbe dire, sotto questo profilo, che l'art. 43 regola una
situazione transitoria di successione di norme, conservando la disciplina
collettiva con tutte le sue caratteristiche…
Nel suo chiaro significato letterale e nel suo spirito la disposizione denunziata
mostra l'intento di assicurare l'ultrattività delle norme corporative allora
vigenti. Il legislatore, di fronte alla soppressione di quell'ordinamento, non
volendo che si determinasse una frattura immediata, stabilì che le norme
corporative restassero in vigore.

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Ma, nel disporre tale sopravvivenza, il legislatore non intese affatto mutare la
natura, il valore e l'efficacia che quelle norme avevano nell'ordinamento già
vigente e nell'ordine di gerarchia delle fonti che ad esse spettava
nell'ordinamento stesso…
In questa sede sarà sufficiente rilevare che l'intento dell'art. 43 fu ispirato a
manifesta utilità sociale nel momento in cui, soppresso l'ordinamento
sindacale, si ebbe cura di assicurare la sopravvivenza delle norme corporative
considerate nel loro complesso. Ed altrettanto manifesta è l'attuale utilità
sociale di mantenere in vita quel complesso di norme - ai sensi e nei limiti e
con gli effetti che giova ancora una volta richiamare - fino a quando, in base
agli strumenti di produzione normativa ammessi dalla Costituzione, non sia
possibile adeguarle alle nuove esigenze.
Nessuno, in questa controversia, ha messo in dubbio che l'art. 43, assicurando
la sopravvivenza dei contratti collettivi di lavoro e rendendo possibile un
collegamento con il sistema che il legislatore adotterà in applicazione dell'art.
39 della Costituzione, abbia spiegato una benefica efficacia nel campo sociale.
Ora, anche se fosse vero che solo i contratti collettivi di lavoro e gli accordi
economici ad essi equiparabili siano rimasti in vita, basterebbe questo per
render sicura l'affermazione che l'art. 43 era e continua ad essere sorretto da
evidenti scopi di utilità sociale.]
Efficacia limitata dei contratti collettivi:
 vincola le parti;
 chi è iscritto nel sindacato delega implicitamente i rappresentanti per i
datori di lavoro;
 per i lavoratori non è vincolante il contratto collettivo stipulato;
 se è iscritto il datore di lavoro, il contratto collettivo si applica a tutti i
lavoratori;
 il sindacato stipula il contratto collettivo per tutti i lavoratori.
Se il datore di lavoro, nella lettera di assunzione o nel contratto individuale di
lavoro, fa rinvio al CCNL il contratto collettivo è vincolante. Anche gli elementi
essenziali possono essere rinviati al contratto collettivo e anche in quel caso
diventa vincolante.
Le retribuzioni sono affidate alla contrattazione collettiva, anche se si sta
discutendo su una retribuzione minima garantita.

Art. 36. Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità


e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla
famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non
può rinunziarvi.

Il lavoratore che si sente sfruttato si può rivolgere al giudice.


Nel 1959, venne approvata la c.d. “Legge Vigorelli” (o erga omnes), causa la
scarsa affiliazione dei datori di lavoro ai sindacati ed era una serie di norme
transitorie per garantire un equo trattamento, con questa legge i CCNL
venivano inseriti in un decreto legislativo, avendo così efficacia di legge. Erano
disposizioni transitorie in quanto si credeva nell’applicazione della seconda
parte dell’art. 39 Cost.
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Ci fu anche una “Vigorelli bis” e alla vigilia della “Vigorelli ter”, con sentenza
n.106 del 1962, dichiarò incostituzionale la proroga di questo meccanismo, in
quanto in contrapposizione con la seconda parte dell’art. 39 Cost., ma salvando
la prima “Vigorelli” poiché di carattere transitorio ed eccezionale.

LEGGE 14 LUGLIO 1959, N. 741


NORME TRANSITORIE PER GARANTIRE MINIMI DI TRATTAMENTO
ECONOMICO E NORMATIVO AI LAVORATORI.
Preambolo
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato; Il
Presidente della
Repubblica: Promulga la seguente legge:
Art. 1.
Il Governo è delegato ad emanare norme giuridiche, aventi forza di legge, al
fine di assicurare minimi inderogabili di trattamento economico e normativo nei
confronti di tutti gli appartenenti ad una medesima categoria. Nella
emanazione delle norme il Governo dovrà uniformarsi a tutte le clausole dei
singoli accordi economici e contratti collettivi, anche intercategoriali, stipulati
dalle associazioni sindacali anteriormente alla data di entrata in vigore della
presente legge.
Art. 2.
Le norme di cui all'art. 1 dovranno essere emanate per tutte le categorie per le
quali risultino stipulati accordi economici e contratti collettivi riguardanti una o
più categorie per la disciplina dei rapporti di lavoro, dei rapporti di associazione
agraria, di affitto a coltivatore diretto e dei rapporti di collaborazione che si
concretino in prestazione d'opera continuativa e coordinata.
Art. 3.
Gli accordi economici ed i contratti collettivi, ai quali il Governo deve
uniformarsi nella emanazione delle norme predette, sono quelli
preventivamente depositati, a cura di una delle associazioni stipulanti, presso il
Ministero del lavoro e della previdenza sociale che ne accerta l'autenticità.
L'accordo o il contratto depositati debbono essere pubblicati in apposito
bollettino.
Le norme previste dall'art. 1 non possono essere emanate prima che sia
trascorso un mese da tale pubblicazione.
Art. 4.
Si considerano associazioni stipulanti quelle che hanno sottoscritto gli accordi
ed i contratti collettivi o che abbiano ad essi aderito.
Nell'emanare le norme di cui all'art. 1 della presente legge il Governo dovrà
uniformarsi anche ai contratti integrativi provinciali, cui abbiano fatto rinvio
contratti collettivi nazionali od a quei contratti collettivi stipulati in sede
provinciale da associazioni affiliate ad associazioni aventi carattere nazionale
che non prevedano, nel caso di esistenza di norme nazionali, condizioni inferiori
per i lavoratori.
Art. 5.

11
Le norme di cui all'art. 1 della presente legge non potranno essere in contrasto
con norme imperative di legge.
Art. 6.
Le norme di cui all'art. 1 della presente legge saranno emanate con decreto
legislativo, su proposta del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, entro
un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge o nel minor termine
in caso di entrata in vigore della legge applicativa dell'art. 39 della
Costituzione.
Art. 7.
I trattamenti economici e normativi minimi, contenuti nelle leggi delegate, si
sostituiscono di diritto a quelli in atto, salvo le condizioni, anche di carattere
aziendale, più favorevoli ai lavoratori.
Essi conservano piena efficacia anche dopo la scadenza o il rinnovo
dell'accordo o contratto collettivo cui il Governo si è uniformato sino a quando
non intervengano successive modifiche di legge o di accordi e contratti
collettivi aventi efficacia verso tutti gli appartenenti alla categoria.
Alle norme che stabiliscono il trattamento di cui sopra si può derogare, sia con
accordi o contratti collettivi che con contratti individuali, soltanto a favore dei
lavoratori.
Art. 8.
Il datore di lavoro che non adempie agli obblighi derivanti dalle norme di cui
all'art. 1 della presente legge è punito con una ammenda da lire 5000 a lire
100.000 per ogni lavoratore cui si riferisce la violazione.
Art. 9.
La vigilanza per l'applicazione della presente legge è affidata al Ministero del
lavoro e della previdenza sociale, che la esercita a mezzo dell'Ispettorato del
lavoro, ed al Ministero della marina mercantile per il settore di propria
competenza, salvi i poteri di vigilanza spettanti agli altri Ministeri.

LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA OGGI E I DIRITTI DEI LAVORATORI


LEGGE 20 MAGGIO 1970, N. 300
NORME SULLA TUTELA DELLA LIBERTÀ E DIGNITÀ DEI LAVORATORI,
DELLA LIBERTÀ SINDACALE E DELL’ATTIVITÀ SINDACALE NEI LUOGHI DI
LAVORO E NORME SUL COLLOCAMENTO
TITOLO I
DELLA LIBERTA' E DIGNITA' DEL LAVORATORE
ART. 1 - Libertà di opinione.
I lavoratori, senza distinzione di opinioni politiche, sindacali e di fede religiosa,
hanno diritto, nei luoghi dove prestano la loro opera, di manifestare
liberamente il proprio pensiero, nei rispetto dei principi della costituzione e
delle norme della presente legge.
ART. 2 - Guardie giurate.
Il datore di lavoro può impiegare le guardie particolari giurate, di cui agli artt.
133 e seguenti del T.U. approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773, soltanto
per scopi di tutela del patrimonio aziendale.
Le guardie giurate non possono contestare ai lavoratori azioni o fatti diversi da
quelli che attengono alla tutela del patrimonio aziendale.
È fatto divieto al datore di lavoro di adibire alla vigilanza sull'attività lavorativa
le guardie di cui al primo comma, le quali non possono accedere nei locali dove
si svolge tale attività, durante lo svolgimento della stessa, se non
12
eccezionalmente per specifiche e motivate esigenze attinenti ai compiti di cui
al primo comma.
In caso di inosservanza da parte di una guardia particolare giurata delle
disposizioni di cui al presente articolo, l'Ispettorato del lavoro ne promuove
presso il questore la sospensione dal servizio, salvo il provvedimento di revoca
della licenza da parte del prefetto nei casi più gravi.
ART. 3 - Personale di vigilanza.
I nominativi e le mansioni specifiche del personale addetto alla vigilanza
dell'attività lavorativa debbono essere comunicati ai lavoratori interessati.
ART. 4 - Impianti audiovisivi.
È vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di
controllo a distanza dell'attività dei lavoratori.
Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze
organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi
anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, possono
essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali
aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna.
In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l'Ispettorato del
lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l'uso di tali impianti.
Per gli impianti e le apparecchiature esistenti, che rispondono alle
caratteristiche di cui al secondo comma del presente articolo, in mancanza di
accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o con la commissione
interna, l'Ispettorato del lavoro provvede entro un anno dall'entrata in vigore
della presente legge, dettando all'occorrenza le prescrizioni per l'adeguamento
e le modalità di uso degli impianti suddetti.
Contro i provvedimenti dell'Ispettorato dei lavoro, di cui ai precedenti secondo
e terzo comma, il datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali o, in
mancanza di queste, la commissione interna, oppure i sindacati dei lavoratori
di cui al successivo art. 19 possono ricorrere, entro 30 giorni dalla
comunicazione del provvedimento, al Ministro per il lavoro e la previdenza
sociale.
ART. 5. - Accertamenti sanitari.
Sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla
infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente.
Il controllo delle assenze per infermità può essere effettuato soltanto
attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, i quali sono
tenuti a compierlo quando il datore di lavoro lo richieda.
Il datore di lavoro ha facoltà di far controllare la idoneità fisica del lavoratore da
parte di enti pubblici ed istituti specializzati di diritto pubblico.
ART. 6. - Visite personali di controllo.
Le visite personali di controllo sul lavoratore sono vietate fuorché nei casi in cui
siano indispensabili ai fini della tutela del patrimonio aziendale, in relazione alla
qualità degli strumenti di lavoro o delle materie prime o dei prodotti.
In tali casi le visite personali potranno essere effettuate soltanto a condizione
che siano eseguite all'uscita dei luoghi di lavoro, che siano salvaguardate la
dignità e la riservatezza del lavoratore e che avvengano con l'applicazione di
sistemi di selezione automatica riferiti alla collettività o a gruppi di lavoratori.
Le ipotesi nelle quali possono essere disposte le visite personali, nonché, ferme
restando le condizioni di cui al secondo comma del presente articolo, le relative
modalità debbono essere concordate dal datore di lavoro con le
13
rappresentanze sindacali aziendali oppure, in mancanza di queste, con la
commissione interna.
In difetto di accordo su istanza del datore di lavoro, provvede l'ispettorato del
lavoro.
Contro i provvedimenti dell'ispettorato del lavoro di cui al precedente comma,
il datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di
queste, la commissione interna, oppure i sindacati dei lavoratori di cui al
successivo art. 19 possono ricorrere, entro 30 giorni dalla comunicazione del
provvedimento, al Ministro per il lavoro e la previdenza sociale.
ART. 7. - Sanzioni disciplinari.
Le norme disciplinari relative alle sanzioni alle infrazioni in relazione alle quali
ciascuna di esse può essere applicata ed alle procedure di contestazione delle
stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione
in luogo accessibile a tutti.
Esse devono applicare quanto in materia é stabilito da accordi e contratti di
lavoro ove esistano.
Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei
confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l'addebito e
senza averlo sentito a sua difesa.
Il lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante dell'associazione
sindacale cui aderisce o conferisce mandato.
Fermo restando quanto disposto dalla legge 15 luglio 1966, n. 604, non
possono essere disposte sanzioni disciplinari che comportino mutamenti
definitivi del rapporto di lavoro; inoltre la multa non può essere disposta per un
importo superiore a quattro ore della retribuzione base e la sospensione dal
servizio e dalla retribuzione per più di dieci giorni.
In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale non
possano essere applicati prima che siano trascorsi cinque giorni dalla
contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa.
Salvo analoghe procedure previste dai contratti collettivi di lavoro e ferma
restando la facoltà di adire l'autorità giudiziaria, il lavoratore al quale sia stata
applicata una sanzione disciplinare può promuovere, nei venti giorni successivi,
anche per mezzo dell'associazione alla quale sia iscritto ovvero conferisca
mandato, la costituzione, tramite l'ufficio provinciale del lavoro e della
massima occupazione, di un collegio di conciliazione ed arbitrato, composto da
un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro scelto di
comune accordo o, in difetto di accordo, nominato dal direttore dell'ufficio del
lavoro.
La sanzione disciplinare resta sospesa fino alla pronuncia da parte del collegio.
Qualora il datore di lavoro non provveda, entro dieci giorni dall'invito rivoltogli
dall'ufficio del lavoro, a nominare il proprio rappresentante in seno al collegio di
cui al comma precedente, la sanzione disciplinare non ha effetto.
Se il datore di lavoro adisce l'autorità giudiziaria, la sanzione disciplinare resta
sospesa fino alla definizione del giudizio.
Non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due
anni dalla loro applicazione.
ART. 8. - Divieto di indagini sulle opinioni.
E' fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell'assunzione, come nel corso dello
svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di

14
terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti
non rilevanti ai fini della valutazione dell'attitudine professionale del lavoro.
ART. 9. - Tutela della salute e dell'integrità fisica.
I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare
l'applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie
professionali e di promuovere la ricerca, l'elaborazione e l'attuazione di tutte le
misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica.
ART. 10. - Lavoratori studenti.
I lavoratori studenti, iscritti e frequentanti corsi regolari di studio in scuole di
istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali,
pareggiate o legalmente riconosciute o comunque abilitate al rilascio di titoli di
studio legali, hanno diritto a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi e
la preparazione agli esami e non sono obbligati a prestazioni di lavoro
straordinario o durante i riposi settimanali.
I lavoratori studenti, compresi quelli universitari, che devono sostenere prove
di esame, hanno diritto a fruire di permessi giornalieri retribuiti.
Il datore di lavoro potrà richiedere la produzione delle certificazioni necessarie
all'esercizio dei diritti di cui al primo e secondo comma.
ART. 11. - Attività culturali, ricreative e assistenziali.
Le attività culturali, ricreative ed assistenziali promosse nell'azienda sono
gestite da organismi formati a maggioranza dai rappresentanti dei lavoratori.
Le rappresentanze sindacali aziendali, costituite a norma dell'art. 19, hanno
diritto di controllare la qualità del servizio di mensa secondo modalità stabilite
dalla contrattazione collettiva.
ART. 12. - Istituti di patronato.
Gli istituti di patronato e di assistenza sociale, riconosciuti dal Ministero del
lavoro e della previdenza sociale, per l'adempimento dei compiti di cui al
decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 29 luglio 1947, n. 804,
hanno diritto di svolgere, su un piano di parità, la loro attività all'interno
dell'azienda, secondo le modalità da stabilirsi con accordi aziendali.
ART. 13. - Mansioni del lavoratore.
L'art. 2103 del codice civile è sostituito dal seguente: "Il prestatore di lavoro
deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle
corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito
ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna
diminuzione della retribuzione.
Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al
trattamento corrispondente all'attività svolta, e l'assegnazione stessa diviene
definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di
lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo
fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi.
Egli non può essere trasferito da una unità produttiva ad un'altra se non per
comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.
Ogni patto contrario è nullo.
Titolo II
Della libertà sindacale
Art. 14 Diritto di associazione e di attività sindacale
Il diritto di costituire associazioni sindacali, di aderirvi e di svolgere attività
sindacale, è garantito a tutti i lavoratori all’interno dei luoghi di lavoro.
Art. 15 Atti discriminatori (*).
15
È nullo qualsiasi patto od atto diretto a:
a) subordinare l’occupazione di un lavoratore alla condizione che aderisca o
non aderisca ad una associazione sindacale ovvero cessi di farne parte;
b) licenziare un lavoratore, discriminarlo nella assegnazione di qualifiche o
mansioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti disciplinari, o recargli altrimenti
pregiudizio a causa della sua affiliazione o attività sindacale ovvero della sua
partecipazione ad uno sciopero.
Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano altresì ai patti o atti
diretti a fini di discriminazione politica, religiosa, razziale, di lingua o di sesso,
di handicap, di età o basata sull’orientamento sessuale o sulle convinzioni
personali.
(*) Art. così modificato dall’art. 13, l. 9 dicembre 1977, n. 903 e dall’art. 4,
comma 1, d. lgs. n. 216/2003
Art. 16 Trattamenti economici collettivi discriminatori.
È vietata la concessione di trattamenti economici di maggior favore aventi
carattere discriminatorio a mente dell’art. 15.
Il pretore, su domanda dei lavoratori nei cui confronti è stata attuata la
discriminazione di cui al comma precedente o delle associazioni sindacali alle
quali questi hanno dato mandato, accertati i fatti, condanna il datore di lavoro
al pagamento, a favore del Fondo adeguamento pensioni, di una somma pari
all’importo dei trattamenti economici di maggior favore illegittimamente
corrisposti nel periodo massimo di un anno.
Art. 17 Sindacati di comodo
E’ fatto divieto ai datori di lavoro e alle associazioni di datori di lavoro di
costituire o sostenere, con mezzi finanziari o altrimenti, associazioni sindacali
di lavoratori.
Titolo III
Dell’attività sindacale
Art. 19. - Costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali.
Rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei
lavoratori in ogni unità produttiva, nell'ambito[: a) delle associazioni aderenti
alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale (1);
b)] delle associazioni sindacali [non affiliate alle predette confederazioni,] che
siano firmatarie di contratti collettivi [nazionali o provinciali] di lavoro applicati
nell'unità produttiva(1).
Nell'ambito di aziende con più unità produttive le rappresentanze sindacali
possono
istituire organi di coordinamento.
(1) Con D.P.R. 28 luglio 1995, n. 312 (Gazz. Uff. 29 luglio 1995, n. 176), in esito
al referendum indetto con D.P.R. 5 aprile 1995 (Gazz. Uff. 11 aprile 1995, n. 85)
è stato abrogato l'art. 19, primo comma, lettera a) nonché l'art. 19, primo
comma, lettera b), limitatamente alle parole “non affiliate alle predette
confederazioni” e alle parole “nazionali o provinciali”, della legge 20 maggio
1970, n. 300. L'abrogazione ha effetto decorsi sessanta giorni dalla data di
pubblicazione del decreto n. 312 del 1995 nella Gazzetta Ufficiale.

Lo Statuto dei Lavoratori stabilisce la possibilità di costituire RSA


(rappresentanze sindacali aziendali) e dall’accordo interconfederale del 1993
sono nate le RSU (rappresentanze sindacali unitarie).

16
PROTOCOLLO 23 LUGLIO 1993
SULLA POLITICA DEI REDDITI E DELL’OCCUPAZIONE, SUGLI ASSETTI
CONTRATTUALI, SULLE POLITICHE DEL LAVORO E SUL SOSTEGNO AL
SISTEMA PRODUTTIVO
1 Politica dei redditi e dell’occupazione
La politica dei redditi è uno strumento indispensabile della politica economica,
finalizzato a conseguire una crescente equità nella distribuzione del reddito
attraverso il contenimento dell'inflazione e dei redditi nominali, per favorire lo
sviluppo economico e la crescita occupazionale mediante l'allargamento della
base produttiva e una maggiore competitività del sistema delle imprese.
In particolare il governo, d'intesa con le parti sociali, opererà con politiche di
bilancio tese:
a) all'ottenimento di un tasso di inflazione allineato alla media dei paesi
comunitari economicamente più virtuosi;
b) alla riduzione del debito e del deficit dello Stato e alla stabilità valutaria.
L'attuale fase d'inserimento nell'Unione europea sottolinea la centralità degli
obiettivi indicati e la necessità di pervenire all'ampliamento delle opportunità di
lavoro attraverso il rafforzamento dell’efficienza e della competitività delle
imprese, con particolare riferimento ai settori non esposti alla concorrenza
internazionale e della pubblica amministrazione.
Una politica dei redditi così definita, unitamente all'azione di riduzione
dell’inflazione, consente di mantenere l'obiettivo della difesa del potere
d’acquisto delle retribuzioni e dei trattamenti pensionistici.
Le parti ritengono che azioni coerenti di politica di bilancio e di politica dei
redditi, quali quelle sopraindicate, concorreranno ad allineare il costo del
denaro in Italia con quello del resto d'Europa.
Il governo dichiara di voler collocare le sessioni di confronto con le parti sociali
sulla politica dei redditi in tempi coerenti con i processi decisionali in materia di
politica economica, in modo da tener conto dell’esito del confronto
nell'esercizio dei propri poteri e delle proprie responsabilità.
(omissis)
2 Assetti contrattuali
1. Gli assetti contrattuali prevedono: Contratto collettivo nazionale di lavoro di
categoria;
Secondo livello di contrattazione, aziendale o alternativamente territoriale,
laddove previsto, secondo l’attuale prassi, nell’ambito di specifici settori.
2. Il Ccnl ha durata quadriennale per la materia normativa e biennale per la
materia retributiva.
La dinamica degli effetti economici del contratto sarà coerente con i tassi di
inflazione programmata assunti come obiettivo comune. Per la definizione di
detta dinamica sarà tenuto conto delle politiche concordate nelle sessioni di
politica dei redditi e dell’occupazione, dell’obiettivo mirato della salvaguardia
del potere d’acquisto delle retribuzioni, delle tendenze generali dell’economia e
del mercato del lavoro, del raffronto competitivo e degli andamenti specifici del
settore. In sede di rinnovo biennale dei minimi contrattuali ulteriori punti di
riferimento del negoziato saranno costituiti dalla comparazione tra l’inflazione
programmata e quella effettiva intervenuta nel precedente biennio, da valutare
anche alla luce di eventuali variazioni delle ragioni di scambio del paese,
nonché dell’andamento delle retribuzioni.

17
3. La contrattazione aziendale riguarda materie e istituti diversi e non ripetitivi
rispetto a quelli retributivi propri del Ccnl. Le erogazioni del livello di
contrattazione aziendale sono strettamente correlate ai risultati conseguiti
nella realizzazione di programmi, concordati tra le parti, avendo come obiettivo
incrementi di produttività, di qualità e altri elementi di competitività di cui le
imprese dispongano, compresi i margini di produttività, che potrà essere
impegnata per accordo tra le parti, eccedente quella eventualmente già
utilizzata per riconoscere gli aumenti retributivi a livello di Ccnl, nonché ai
risultati legati all'andamento economico dell'impresa.
Le parti prendono atto che, in ragione della funzione specifica e innovativa
degli istituti della contrattazione aziendale e dei vantaggi che da essi possono
derivare all'intero sistema produttivo attraverso il miglioramento dell'efficienza
aziendale e dei risultati di gestione, ne saranno definite le caratteristiche e il
regime contributivo-previdenziale mediante un apposito provvedimento
legislativo promosso dal governo, tenuto conto dei vincoli di finanza pubblica e
della salvaguardia della prestazione previdenziale dei lavoratori.
La contrattazione aziendale territoriale è prevista secondo le modalità e negli
ambiti di applicazione che saranno definiti dal contratto nazionale di categoria
nello spirito dell'attuale prassi negoziale con particolare riguardo alle piccole
imprese. II contratto nazionale di categoria stabilisce anche la tempistica,
secondo il principio dell'autonomia dei cicli negoziali, le materie e le voci nelle
quali essa si articola.
Al fine dell'acquisizione di elementi di conoscenza comune per la definizione
degli obiettivi della contrattazione aziendale, le parti valutano le condizioni
dell'impresa e del lavoro, le sue prospettive di sviluppo anche occupazionale,
tenendo conto dell'andamento e delle prospettive della competitività e delle
condizioni essenziali di redditività.
L'accordo di secondo livello ha durata quadriennale. Nel corso della sua
vigenza le parti, nei tempi che saranno ritenuti necessari, svolgeranno
procedure di informazione, consultazione, verifica o contrattazione previste
dalle leggi, dai Ccnl, dagli accordi collettivi e dalla prassi negoziale vigente, per
la gestione degli effetti sociali connessi alle trasformazioni aziendali quali le
innovazioni tecnologiche, organizzative e i processi di ristrutturazione che
influiscono sulle condizioni di sicurezza, di lavoro e di occupazione, anche in
relazione alla legge sulle pari opportunità.
4. II Ccnl di categoria definisce le procedure per la presentazione delle
piattaforme contrattuali nazionali, aziendali o territoriali, nonché i tempi di
apertura dei negoziati al fine di minimizzare i costi connessi ai rinnovi
contrattuali ed evitare periodi di vacanze contrattuali.
Le piattaforme contrattuali per il rinnovo dei Ccnl saranno presentate in tempo
utile per consentire l'apertura delle trattative tre mesi prima della scadenza dei
contratti. Durante tale periodo, e per il mese successivo alla scadenza, le parti
non assumeranno iniziative unilaterali né procederanno ad azioni dirette. La
violazione di tale periodo di raffreddamento comporterà come conseguenza a
carico della parte che vi avrà dato causa l'anticipazione o lo slittamento di tre
mesi del termine a partire dal quale decorre l'indennità di vacanza
contrattuale.
5. II governo si impegna a promuovere, entro la fine del 1997, un incontro di
verifica tra le parti finalizzato alla valutazione del sistema contrattuale previsto

18
dal presente protocollo al fine di apportare, ove necessario, gli eventuali
correttivi.
Indennità di vacanza contrattuale. Dopo un periodo di vacanza contrattuale
pari a tre mesi dalla data di scadenza del Ccnl ai lavoratori dipendenti ai quali
si applica il contratto medesimo non ancora rinnovato sarà corrisposto, a
partire dal mese successivo ovvero dalla data di presentazione delle
piattaforme ove successiva, un elemento provvisorio della retribuzione.
L’importo di tale elemento sarà pari al 30 per cento del tasso di inflazione
programmato, applicato ai minimi retributivi contrattuali vigenti, inclusa l’ex
indennità di contingenza.
Dopo sei mesi di vacanza contrattuale detto importo sarà pari al 50 per cento
dell’inflazione programmata. Dalla decorrenza dell’accordo di rinnovo del
contratto l’indennità di vacanza contrattuale cessa di essere erogata.
Tale meccanismo sarà unico per tutti i lavoratori.
Rappresentanze sindacali. Le parti, al fine di una regolamentazione del sistema
di relazioni industriali e contrattuali, concordano quanto segue:
a) Le organizzazioni sindacali dei lavoratori stipulanti il presente protocollo
riconoscono come rappresentanza sindacale aziendale unitaria nelle singole
unità produttive quella disciplinata dall’intesa quadro tra Cgil, Cisl e Uil sulle
Rappresentanze sindacali unitarie, sottoscritta in data 1° marzo 1991.
Al fine di assicurare il necessario raccordo tra le organizzazioni stipulanti i
contratti nazionali e le rappresentanze aziendali delle deleghe assegnate dai
contratti medesimi la composizione delle rappresentanze deriva per 2/3 da
elezione da parte di lavoratori e per 1/3 da designazione o elezione da parte di
organizzazioni stipulanti il Ccnl, che hanno presentato liste, in proporzione ai
voti ottenuti.
b) Il passaggio dalla disciplina delle Rsa a quello delle Rsu deve avvenire a
parità di trattamento legislativo e contrattuale, nonché a parità di costo per
l'azienda in riferimento a tutti gli istituti.
c) La comunicazione all'azienda e all'organizzazione imprenditoriale di
appartenenza dei rappresentanti sindacali componenti le Rsu ai sensi del punto
a) sarà effettuata per iscritto a cura delle organizzazioni sindacali.
d) Le imprese, secondo modalità previste nei Ccnl, metteranno a disposizione
delle organizzazioni sindacali quanto è necessario per lo svolgimento delle
attività strumentali all'elezione delle predette sentenze sindacali unitarie,
come, in particolare, l'elenco dei dipendenti e gli spazi per l'effettuazione delle
operazioni di voto e di scrutinio.
e) La legittimazione a negoziare al secondo livello le materie oggetto di rinvio
da parte del Ccnl è riconosciuta alle rappresentanze sindacali unitarie e alle
organizzazioni sindacali territoriali dei lavoratori aderenti alle organizzazioni
stipulanti il medesimo Ccnl, secondo le modalità determinate dal Ccnl.
f) Le parti auspicano un intervento legislativo finalizzato a una generalizzazione
dell'efficacia soggettiva dei contratti collettivi aziendali che siano espressione
della maggioranza dei lavoratori, nonché all'eliminazione delle norme
legislative in contrasto con tali princìpi. II governo si impegna a emanare un
apposito documento legislativo inteso a garantire l'efficacia “erga omnes” nei
settori produttivi dove essa appaia necessaria al fine di normalizzare le
condizioni concorrenziali delle aziende.
Nota. Il presente capitolo sugli assetti contrattuali contiene princìpi validi per
ogni tipo di rapporto di lavoro.
19
Per il rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione resta fermo il dl
29/1993.
(omissis)

3 Politiche del lavoro


Il governo predisporrà un organico disegno di legge per modificare il quadro
normativo in materia di gestione del mercato del lavoro e delle crisi
occupazionali, al fine di renderlo più adeguato alle esigenze di un lavoro attivo
e consensuale e di valorizzare le opportunità occupazionali che il mercato del
lavoro può offrire se dotato di una più ricca strumentazione che lo avvicini agli
assetti in atto negli altri paesi europei.
Il disegno di legge verrà redatto, attraverso un costruttivo confronto con le
parti sociali, sulla base delle linee guida di seguito indicate.
Il governo si impegna, inoltre, a completare la disciplina del mercato del lavoro
operata con la legge n. 223/91, integrandola con la nuova normativa sul
collocamento obbligatorio per invalidi già in discussione in Parlamento.
(omissis)
Riattivazione del mercato del lavoro.
(omissis)
b) Saranno definite le azioni positive per le pari opportunità uomo-donna che
considerino l'occupazione femminile come una priorità nei progetti e negli
interventi, attraverso la piena applicazione delle leggi n. 125 e n. 215, un
ampliamento del loro finanziamento, una loro integrazione con gli altri
strumenti legislativi e contrattuali, con particolare riferimento alla politica
attiva del lavoro.
(omissis)
d) Per rendere più efficiente il mercato del lavoro va disciplinato anche nel
nostro paese il lavoro interinale. La disciplina deve offrire garanzie idonee a
evitare che il predetto istituto possa rappresentare il mezzo per la
destrutturazione di lavori stabili. In particolare il ricorso al lavoro interinale sarà
consentito alle aziende del settore industriale e terziario, con esclusione delle
qualifiche di esiguo contenuto professionale. II ricorso al lavoro interinale sarà
ammesso nei casi di temporanea utilizzazione in qualifiche non previste dai
normali assetti produttivi dell'azienda, nei casi di sostituzione dei lavoratori
assenti nonché nei casi previsti dai contratti collettivi nazionali applicati
dall'azienda utilizzatrice. La disciplina deve prevedere che l'impresa fornitrice
sia munita di apposita autorizzazione pubblica; che i trattamenti economici e
normativi del rapporto di lavoro alle dipendenze delle dette imprese siano
disciplinati da contratti collettivi; che si agevoli la continuità del rapporto con
l'impresa fornitrice; che quest'ultima si impegni a garantire un trattamento
minimo mensile; che il lavoratore abbia diritto, per i periodi lavorati presso
l'impresa utilizzatrice, a un trattamento non inferiore a quello previsto per i
lavoratori dipendenti da quest'ultima.
Trascorsi sei mesi senza che sia intervenuta la stipula del contratto collettivo,
la disciplina, che sarebbe stata di competenza dello stesso, sarà emanata con
regolamento del ministro del Lavoro, sentite le parti sociali. Dopo due anni di
applicazione, va prevista una verifica tra le parti, promossa dal governo,
mirante a valutare la possibilità di un ampliamento dell'ambito di applicazione
dell'istituto.
20
4 Sostegno al sistema produttivo
1. Ricerca e innovazione tecnologica.
(omissis)
2. Istruzione e formazione professionale.
(omissis)
3. Finanza per le imprese e internazionalizzazione.
(omissis)
4. Riequilibrio territoriale, infrastrutture e domanda pubblica.
(omissis)
soprattutto la riforma degli appalti che appare idonea a rilanciare la

5. Politica delle tariffe.


(omissis)

Questo protocollo è il risultato di una contrattazione triangolare con il Governo


terzo attore.

ACCORDO INTERCONFEDERALE
PER LA COSTITUZIONE DELLE RAPPRESENTANZE SINDACALI UNITARIE
In Roma, addì 1° dicembre 1993 tra Confindustria, Intersind e Cgil, Cisl, Uil si
conviene
quanto segue:
Parte prima
Premessa
Il presente accordo assume la disciplina generale in materia di rappresentanze
sindacali unitarie, contenuta nel Protocollo stipulato fra governo e parti sociali il
23 luglio 1993.
Modalità di costituzione e di funzionamento
1. Ambito e iniziativa per la costituzione
Rappresentanze sindacali unitarie possono essere costituite nelle unità
produttive nelle quali l'azienda occupi più di 15 dipendenti, a iniziativa delle
associazioni sindacali firmatarie del Protocollo 23 luglio 1993.
Hanno potere di iniziativa anche le associazioni sindacali firmatarie il Ccnl
applicato nell'unità produttiva ovvero le associazioni sindacali abilitate alla
presentazione delle liste elettorali ai sensi del punto 4, parte seconda, a
condizione che abbiano comunque espresso adesione formale al contenuto del
presente accordo.
L'iniziativa di cui al primo comma deve essere esercitata, congiuntamente o
disgiuntamente, da parte delle associazioni sindacali come sopra individuate,
entro tre mesi dalla stipula del presente accordo.
In caso di oggettive difficoltà per l'esercizio dell'iniziativa entro il termine di cui
sopra, l'iniziativa stessa potrà avere luogo anche dopo detto termine.
La stessa iniziativa, per i successivi rinnovi, potrà essere assunta anche dalla
Rsu e dovrà essere esercitata almeno tre mesi prima della scadenza del
mandato.
2. Composizione
Alla costituzione della Rsu si procede, per due terzi dei seggi, mediante
elezione a suffragio universale e a scrutinio segreto tra liste concorrenti. Il
residuo terzo viene assegnato alle liste presentate dalle associazioni sindacali
firmatarie del contratto collettivo nazionale di lavoro applicato nell'unità
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produttiva, e alla sua copertura si procede, mediante elezione o designazione,
in proporzione ai voti ricevuti.
Nella definizione dei collegi elettorali, al fine della distribuzione dei seggi, le
associazioni sindacali terranno conto delle categorie degli operai, impiegati e
quadri di cui all'articolo 2095 Cc, nei casi di incidenza significativa delle stesse
nella base occupazionale dell'unità produttiva, per garantire un'adeguata
composizione della rappresentanza.
Nella composizione delle liste si perseguirà un'adeguata rappresentanza di
genere, attraverso una coerente applicazione delle norme anti discriminatorie.
3. Numero dei componenti
Fermo restando quanto previsto nel Protocollo d'intesa del 23 luglio 1993, sotto
il titolo rappresentanze sindacali, al punto B (vincolo della parità di costi per le
aziende), salvo clausole più favorevoli dei contratti o accordi collettivi di lavoro,
il numero dei componenti le Rsu sarà pari almeno a:
a. 3 componenti per la Rsu costituita nelle unità produttive che occupano fino a
200 dipendenti;
b. 3 componenti ogni 300 o frazione di 300 dipendenti nelle unità produttive
che occupano fino a 3000 dipendenti;
c. 3 componenti ogni 500 o frazione di 500 dipendenti nelle unità produttive di
maggiori dimensioni, in aggiunta al numero di cui la precedente lettera b).
4. Diritti, permessi, libertà sindacali, tutele e modalità di esercizio
I componenti delle Rsu subentrano ai dirigenti delle Rsa nella titolarità dei
diritti, permessi e libertà sindacali e tutele già loro spettanti per effetto delle
disposizioni di cui al titolo 3° della Legge n. 300/1970.
Sono fatte salve le condizioni di miglior favore eventualmente già previste nei
confronti delle associazioni sindacali dal Ccnl o accordi collettivi di diverso
livello, in materia di numero dei dirigenti della Rsa, diritti, permessi e libertà
sindacali.
Nelle stesse sedi negoziali si procederà, nel principio dell'invarianza dei costi,
all'armonizzazione nell'ambito dei singoli istituti contrattuali, anche in ordine
alla quota eventualmente da trasferire ai componenti della Rsu.
In tale occasione, sempre nel rispetto dei princìpi sopra concordati, le parti
definiranno in via prioritaria soluzioni in base alle quali le singole condizioni di
miglior favore dovranno permettere alle organizzazioni sindacali con le quali si
erano convenute, di mantenere una specifica agibilità sindacale.
In tale ambito sono fatti salvi in favore delle organizzazioni aderenti alle
associazioni sindacali stipulanti il Ccnl applicato nell'unità produttiva, i seguenti
diritti:
a. diritto a indire, singolarmente o congiuntamente l'assemblea dei lavoratori
durante l'orario di lavoro, per 3 delle 10 ore annue retribuite, spettanti a
ciascun lavoratore ex articolo 20, Legge n. 300/1970;
b. diritto ai permessi non retribuiti, di cui all'articolo 24, Legge n. 300/1970;
c. diritto di affissione di cui all'articolo 25, Legge 300/1970.
5. Compiti e funzioni
Le Rsu subentrano alle Rsa e ai loro dirigenti nella titolarità dei poteri e
nell'esercizio delle funzioni a essi spettanti per effetto di disposizioni di legge.
La Rsu e le competenti strutture territoriali delle associazioni sindacali
firmatarie del contratto collettivo nazionale di lavoro, possono stipulare il
contratto collettivo aziendale di lavoro nelle materie, con le procedure,

22
modalità e nei limiti stabiliti dal contratto collettivo nazionale applicato
nell'unità produttiva.
6 Durata e sostituzione nell'incarico
I componenti della Rsu restano in carica per 3 anni, al termine dei quali
decadono automaticamente. In caso di dimissioni di componente elettivo, lo
stesso sarà sostituito dal primo dei non eletti appartenente alla medesima lista.
Il componente dimissionario, che sia stato nominato su designazione delle
associazioni sindacali stipulanti il contratto collettivo nazionale di lavoro
applicato nell'unità produttiva, sarà sostituito mediante nuova designazione da
parte delle stesse associazioni.
Le dimissioni e conseguenti sostituzioni dei componenti le Rsu non possono
concernere un numero superiore al 50% degli stessi, pena la decadenza della
Rsu con conseguente obbligo di procedere al suo rinnovo, secondo le modalità
previste dal presente accordo.
7. Decisioni
Le decisioni relative a materie di competenza delle Rsu sono assunte dalle
stesse in base ai criteri previsti da intese definite dalle organizzazioni sindacali
dei lavoratori stipulanti il presente accordo.
8. Clausola di salvaguardia
Le organizzazioni sindacali, dotate dei requisiti di cui all'articolo 19, L. 20
maggio 1970, n. 300, che siano firmatarie del presente accordo o, comunque,
aderiscano alla disciplina in esso contenuta, partecipando alla procedura di
elezione della Rsu, rinunciano formalmente ed espressamente a costituire Rsa
ai sensi della norma sopra menzionata.

Parte seconda - Disciplina della elezione della Rsu


1.Modalità per indire le elezioni
Almeno 3 mesi prima della scadenza del mandato della Rsu le associazioni
sindacali di cui al punto 1 dell'accordo per la costituzione della Rsu,
congiuntamente o disgiuntamente, o la Rsu uscente, provvederanno a indire le
elezioni mediante comunicazione da affiggere nell'apposito albo che l'azienda
metterà a disposizione della Rsu e da inviare alla Direzione aziendale. Il
termine per la presentazione delle liste è di 15 giorni dalla data di
pubblicazione dell'annuncio di cui sopra; l'ora di scadenza s'intende fissata alla
mezzanotte del quindicesimo giorno.
2. Quorum per la validità delle elezioni
Le organizzazioni sindacali dei lavoratori stipulanti il presente accordo
favoriranno la più ampia partecipazione dei lavoratori alle operazioni elettorali.
Le elezioni sono valide ove alle stesse abbia preso parte più della metà dei
lavoratori aventi diritto al voto.
Nei casi in cui detto quorum non sia stato raggiunto, la commissione elettorale
e le organizzazioni sindacali prenderanno ogni determinazione in ordine alla
validità della consultazione in relazione alla situazione venutasi a determinare
nell'unità produttiva.
3. Elettorato attivo e passivo
Hanno diritto di votare tutti gli operai, gli impiegati e i quadri non in prova in
forza all'unità produttiva alla data delle elezioni.
Ferma restando l'eleggibilità degli operai, impiegati e quadri non in prova in
forza all'unità produttiva, candidati nelle liste di cui al successivo punto 4, la
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contrattazione di categoria regolerà limiti ed esercizio del diritto di elettorato
passivo dei lavoratori non a tempo indeterminato.
4. Presentazione delle liste
All'elezione della Rsu possono concorrere liste elettorali presentate dalle:
a. associazioni sindacali firmatarie del presente accordo e del contratto
collettivo nazionale di lavoro applicato nell'unità produttiva;
b. associazioni sindacali formalmente costituite con un proprio statuto e atto
costitutivo a condizione che:
1. accettino espressamente e formalmente la presente regolamentazione;
2. la lista sia corredata da un numero di firme di lavoratori dipendenti dall'unità
produttiva pari al 5% degli aventi diritto al voto.
Non possono essere candidati coloro che abbiano presentato la lista e i membri
della Commissione elettorale.
Ciascun candidato può presentarsi in una sola lista. Ove, nonostante il divieto
di cui al precedente comma, un candidato risulti compreso in più di una lista, la
Commissione elettorale di cui al punto 5, dopo la scadenza del termine per la
presentazione delle liste e prima di procedere all'affissione delle liste stesse ai
sensi del punto 7, inviterà il lavoratore interessato a optare per una delle liste.
Il numero dei candidati per ciascuna lista non può superare di oltre 1/3 il
numero dei componenti la Rsu da eleggere nel collegio.
5. Commissione elettorale
(omissis)
6. Compiti della Commissione
(omissis)
7. Affissioni
Le liste dei candidati dovranno essere portate a conoscenza dei lavoratori, a
cura della Commissione elettorale, mediante affissione nell'albo di cui al punto
1, almeno otto giorni prima della data fissata per le elezioni.
8. Scrutatori
(omissis)
9. Segretezza del voto
Nelle elezioni il voto è segreto e diretto e non può essere espresso per lettera
né per interposta persona.
10. Schede elettorali
La votazione ha luogo a mezzo di scheda unica, comprendente tutte le liste
disposte in ordine di presentazione e con la stessa evidenza.
In caso di contemporaneità della presentazione l'ordine di precedenza sarà
estratto a sorte.
Le schede devono essere firmate da almeno due componenti del seggio; la loro
preparazione e la votazione devono avvenire in modo da garantire la
segretezza e la regolarità del voto.
La scheda deve essere consegnata a ciascun elettore all'atto della votazione
dal Presidente del seggio.
Il voto di lista sarà espresso mediante crocetta tracciata sull'intestazione della
lista.
Il voto è nullo se la scheda non è quella predisposta o se presenta tracce di
scrittura o analoghi segni di individuazione.
11. Preferenze
L'elettore può manifestare la preferenza solo per un candidato della lista da lui
votata.
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Il voto preferenziale sarà espresso dall'elettore mediante una crocetta apposta
a fianco del nome del candidato preferito, ovvero segnando il nome del
candidato preferito nell'apposito spazio della scheda.
L'indicazione di più preferenze date alla stessa lista vale unicamente come
votazione della lista, anche se non sia stato espresso il voto della lista. Il voto
apposto a più di una lista, o l'indicazione di più preferenze date a liste
differenti, rende nulla la scheda.
Nel caso di voto apposto ad una lista e di preferenze date a candidati di liste
differenti, si considera valido solamente il voto di lista e nulli i voti di
preferenza.
12. Modalità della votazione
Il luogo e il calendario della votazione saranno stabiliti dalla Commissione
elettorale, previo accordo con la Direzione aziendale, in modo tale da
permettere a tutti gli aventi diritto l'esercizio del voto, nel rispetto delle
esigenze della produzione.
Qualora l'ubicazione degli impianti e il numero dei votanti lo dovessero
richiedere, potranno essere stabiliti più luoghi di votazioni, evitando peraltro
eccessivi frazionamenti anche per conservare, sotto ogni aspetto, la segretezza
del voto.
Nelle aziende con più unità produttive le votazioni avranno luogo di norma
contestualmente.
Luogo e calendario di votazione dovranno essere portati a conoscenza di tutti i
lavoratori,
mediante comunicazione nell'albo esistente presso le aziende, almeno 8 giorni
prima del giorno fissato per le votazioni.
13. Composizione del seggio elettorale
(omissis)
14. Attrezzatura del seggio elettorale
(omissis)
15. Riconoscimento degli elettori
(omissis)
16. Compiti del Presidente
(omissis)
17. Operazioni di scrutinio
(omissis)
18. Attribuzione dei seggi
Ai fini dell'elezione dei due terzi dei componenti delle Rsu, il numero dei seggi
sarà ripartito, secondo il criterio proporzionale, in relazione ai voti conseguiti
dalle singole liste concorrenti. Il residuo terzo dei seggi sarà attribuito in base
al criterio di composizione della Rsu previsto dall'articolo 2, 1° comma, parte I,
del presente accordo.
Nell'ambito delle liste che avranno conseguito voti, i seggi saranno attribuiti in
relazione ai voti di preferenza ottenuti dai singoli candidati e, in caso di parità
di voti di preferenza, in relazione all'ordine nella lista.
19. Ricorsi alla Commissione elettorale
(omissis)
20. Comitato dei garanti
(omissis)
21. Comunicazione della nomina dei componenti della Rsu

25
La nomina, a seguito di elezione o designazione, dei componenti della Rsu una
volta definiti gli eventuali ricorsi, sarà comunicata per iscritto alla direzione
aziendale per il tramite della locale organizzazione imprenditoriale
d'appartenenza a cura delle organizzazioni sindacali di rispettiva appartenenza
dei componenti.
22. Adempimenti della Direzione aziendale
La Direzione aziendale metterà a disposizione della Commissione elettorale
l'elenco dei dipendenti aventi diritto al voto nella singola unità produttiva e
quanto necessario a consentire il corretto svolgimento delle operazioni
elettorali.
23. Clausola finale
Il presente accordo potrà costituire oggetto di disdetta a opera delle parti
firmatarie, previo preavviso pari a 4 mesi.

Il Protocollo di luglio e l’accordo di dicembre 1993:


 non hanno efficacia generale  sono vincolanti solo per i datori di lavoro
appartenenti alle associazioni di categoria firmatarie;
 hanno stabilito due livelli di contrattazione:
 I livello CCNL  stabilisce i trattamenti minimi/standard
 II livello:
• Contratti collettivi territoriali
• Contratti collettivi aziendali } Devono coordinarsi con i CCNL

CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UNIONE EUROPEA


(Nizza, 7 dicembre 2000)
Art. 12. Libertà di riunione e di associazione
1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di riunione pacifica e alla libertà di
associazione a tutti i livelli, segnatamente in campo politico, sindacale e civico,
il che implica il diritto di ogni individuo di fondare sindacati insieme con altri e
di aderirvi per la difesa dei propri interessi.
(omissis)
Art. 28. Diritto di negoziazione e di azioni collettive
I lavoratori e i datori di lavoro, o le rispettive organizzazioni, hanno,
conformemente al diritto comunitario e alle legislazioni e prassi nazionali, il
diritto di negoziare e di concludere contratti collettivi, ai livelli appropriati, e di
ricorrere, in caso di conflitti di interessi, ad azioni collettive per la difesa dei
loro interessi, compreso lo sciopero.
Art. 30. Tutela in caso di licenziamento ingiustificato
Ogni lavoratore ha il diritto alla tutela contro ogni licenziamento ingiustificato,
conformemente al diritto comunitario e alle legislazioni e prassi nazionali.
Art. 31. Condizioni di lavoro giuste ed eque
1. Ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose.
2. Ogni lavoratore ha diritto a una limitazione della durata massima del lavoro
e a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie annuali retribuite.

La durata dei contratti collettivi è di 4 anni; ogni due anni si procede a una
ricontrattazione per quanto riguarda la parte economica. Il parametro di
riferimento è il tasso di inflazione programmato (TIP) stabilito dal Governo.

26
REGOLE DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA
Le regole della contrattazione collettiva si trovano agli artt. 2066 e seguenti del
Codice Civile.

Art. 2066. Inderogabilità. 2 — I contratti individuali non possono derogare


alle ordinanze corporative e agli accordi economici collettivi, salvo che questi lo
consentano.
Le clausole dei contratti individuali, difformi dalle norme inderogabili contenute
nelle ordinanze e negli accordi previsti nel presente capo, sono sostituite di
diritto dalle norme suddette.
La disposizione del comma precedente non si applica ai contratti stipulati prima
dell’entrata in vigore dell’ordinanza corporativa o dell’accordo economico
collettivo. L’ordinanza e l’accordo possono tuttavia stabilire che le norme in
essi contenute si applichino anche ai contratti ad esecuzione continuata o
periodica in corso, per la parte non ancora eseguita.
Art. 2067. Soggetti. — I contratti collettivi di lavoro sono stipulati dalle
associazioni professionali 3 4

2 (1) Art. implicitamente abrogato in seguito alla soppressione dell’ordinamento corporativo.


Cfr. art. 1, d. gen.
1. Indicazione delle fonti. — Sono fonti del diritto:
1) le leggi [Cost. 70-82, 87, 117, 121, 138; d. gen. 10 ss.];
2) i regolamenti [Cost. 87, 1176, 1213; d. gen. 3, 4];
3) [le norme corporative] *;
4) gli usi [d. gen. 8, 9].
* Il r.d.l. 9-8-1943, n. 721 ha soppresso l’ordinamento corporativo. Il d.lgs.lgt. 23-11-1944, n.
369 ha successivamente soppresso le organizzazioni sindacali fasciste. Per la sopravvivenza
delle norme relative alla disciplina dei contratti collettivi di lavoro.
Le corporazioni erano organi di collegamento tra le organizzazioni sindacali, sorti nell’epoca
fascista, allo scopo di regolamentare il mondo del lavoro, superando gli antagonismi al servizio
della produzione nazionale.
L’art. 43 del d.lgs.lgt. 23-11-1944, n. 369 (che ha soppresso le organizzazioni sindacali fasciste)
ha disposto che restano in vigore le norme corporative di disciplina dei contratti collettivi ed
individuali di lavoro che non siano state modificate e che siano, altresì, compatibili con le
successive norme repubblicane e con la stessa Costituzione. Di fatto, l’ambito attuale di
operatività delle norme corporative si riduce a quelle categorie di lavoratori che non siano
tutelate da contratti collettivi di lavoro di diritto comune o perché non iscritti ad associazioni
sindacali o perché ad essi non sia stata legislativamente estesa l’efficacia degli stessi.

3 Il contenuto del contratto collettivo si distingue in una parte normativa, riguardante la


regolamentazione dei futuri rapporti individuali (livelli retributivi, orario di lavoro, ferie etc.), e
in una obbligatoria, che vincola a determinati comportamenti le associazioni dei lavoratori e dei
datori (es.: clausole di tregua sindacale). Il contratto collettivo, talvolta, svolge una funzione
compositiva di conflitti di interessi o diritti di gruppi professionali, che si esprime in genere in
convenzioni transattive [v. 1965].
Le disposizioni del contratto collettivo sono applicabili solo a coloro che aderiscono alle
associazioni stipulanti. Tuttavia partendo dal principio costituzionale della retribuzione
sufficiente (art. 36 Cost.) si è precisato che, ai fini della determinazione dell’equa retribuzione,
il giudice debba tener conto delle clausole salariali contenute nei contratti collettivi di
categoria.
In pratica la giurisprudenza assume i minimi retributivi previsti dai contratti collettivi quale
parametro cui riferirsi per determinare la retribuzione sufficiente. In tal modo si estende
l’applicabilità dei contratti collettivi di diritto comune, nella parte relativa ai minimi retributivi,
anche nei confronti dei datori e lavoratori non iscritti alle associazioni stipulanti.

27
Art. 2068. Rapporti di lavoro sottratti a contratto collettivo. — Non
possono essere regolati da contratto collettivo i rapporti di lavoro, in quanto
siano disciplinati con atti della pubblica autorità in conformità della legge.
Sono altresì sottratti alla disciplina del contratto collettivo i rapporti di lavoro
concernenti prestazioni di carattere personale [o domestico] [2240] 5.
Art. 2069. Efficacia. 6 7— Il contratto collettivo deve contenere l’indicazione
della categoria d’imprenditori e di prestatori di lavoro, ovvero delle imprese o
dell’impresa [2082], a cui si riferisce, e del territorio dove ha efficacia [2071] 8
9
.

Si è così consentito a lavoratori dipendenti da imprese non aderenti alle associazioni sindacali
(e quindi non tenute a rispettare i minimi retributivi dei contratti collettivi) di invocare
l’applicazione delle tariffe salariali sindacali.
I contratti collettivi in esame sono detti di diritto comune in quanto agli stessi si applicano le
norme dei contratti in genere [v. 1321 ss.].
La contrattazione collettiva, attualmente, si sviluppa su tre livelli: il più alto è caratterizzato
dagli accordi interconfederali, stipulati dalle grandi confederazioni sindacali dei lavoratori e dei
datori di lavoro. Il secondo livello è quello dei contratti collettivi nazionali di categoria (c.c.n.l.),
stipulati per ogni categoria dai sindacati aderenti alle tre maggiori confederazioni (CGIL, CISL e
UIL) e, di solito, con successiva adesione di altri sindacati aderenti a confederazioni minori
(CISAL) o autonomi, e cioè che non aderiscono ad alcuna confederazione. Tali contratti di
regola valgono per l’intero territorio nazionale.
Il terzo livello è quello dei contratti aziendali stipulati all’interno delle singole aziende e che
vincolano naturalmente solo le imprese stipulanti. Essi tuttavia non rappresentano una mera
somma di più contratti individuali ma sono veri e propri contratti collettivi e possono derogare
anche in peius ai contratti di «ambito maggiore».

4 Cfr. d.lgs.lgt. 23-11-1944, n. 369 (Soppressione delle organizzazioni sindacali fasciste e


liquidazione dei rispettivi patrimoni). Per il pubblico impiego, cfr. artt. 40-50, d.lgs. 30-3-2001,
n. 165 (T.U. pubblico impiego).

5 Comma dichiarato illegittimo con sent. Corte cost. 9-4-1969, n. 68 nella parte in cui dispone
che siano sottratti alla disciplina nel contratto collettivo i rapporti di lavoro concernenti
prestazioni di carattere domestico.

6
Efficacia soggettiva

7 Cfr. art. 36, l. 20-5-1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori); cfr. art. 11, l. 19-1-1955, n. 25
(Disciplina dell’apprendistato); art. 8, l. 18-12-1973, n. 877 (Nuove norme per la tutela del
lavoro a domicilio).

8 I contratti collettivi di diritto comune vincolano solo gli iscritti alle associazioni stipulanti [v.
2067]. Ai non iscritti il contratto collettivo si applica solo nel caso in cui sia stato accettato
mediante comportamenti concludenti. Tuttavia, in mancanza di diretta applicabilità del
contratto collettivo, il giudice può assumere i minimi salariali da esso previsti come parametri
(punti di riferimento) ai fini dell’adeguamento della retribuzione in favore del lavoratore [v.
Cost. 36].
L’adesione al contratto collettivo da parte del non iscritto comporta l’accettazione integrale del
contenuto del contratto stesso. V. amplius sub art. 2067.

9 Il contratto collettivo spiega la sua efficacia all’interno del territorio nazionale, non
applicandosi ad attività lavorative che vengono svolte fuori i confini statali, salva diversa
volontà delle parti contraenti.

28
In mancanza di tali indicazioni il contratto collettivo è obbligatorio per tutti gli
imprenditori e i prestatori di lavoro rappresentati dalle associazioni stipulanti.
Art. 2070. Criteri di applicazione. 10— L’appartenenza alla categoria
professionale, ai fini dell’applicazione del contratto collettivo, si determina
secondo l’attività effettivamente esercitata dall’imprenditore [2082, 2195;
Cost. 39] 11.
Se l’imprenditore esercita distinte attività aventi carattere autonomo, si
applicano ai rispettivi rapporti di lavoro le norme dei contratti collettivi
corrispondenti alle singole attività.
Quando il datore di lavoro esercita non professionalmente un’attività
organizzata, si applica il contratto collettivo che regola i rapporti di lavoro
relativi alle imprese che esercitano la stessa attività 12.
Art. 2071. Contenuto. 13 — Il contratto collettivo deve contenere le
disposizioni occorrenti, secondo la natura del rapporto [per attuare i principi
della Carta del Lavoro e] 14 per dare esecuzione alle norme di questo codice
concernenti la disciplina del lavoro, i diritti e gli obblighi degli imprenditori e dei
prestatori di lavoro [2096].
Deve inoltre indicare le qualifiche e le rispettive mansioni dei prestatori di
lavoro appartenenti alla categoria a cui si riferisce la disciplina collettiva 15.
Deve infine contenere la determinazione della sua durata 16.
Art. 2072. Deposito e pubblicazione. 2 11 — Il deposito e la pubblicazione
del contratto collettivo sono regolati dalle leggi speciali.

10 Efficacia oggettiva: le parti decidono le categorie coinvolte. Può servire anche


indirettamente per individuare le categorie contrattuali per i datori di lavoro non iscritti, e le
retribuzioni saranno stabilite dal giudice.

11 Il criterio di individuazione del contratto collettivo applicabile al rapporto di lavoro è


costituito dall’appartenenza dell’imprenditore [v. 2082] alla categoria professionale,
appartenenza da determinare in base all’attività concretamente svolta da quest’ultimo, non
rilevando l’adesione delle parti ad associazioni sindacali di categoria [v. 2061] non
corrispondenti all’attività effettivamente esercitata. Si deve tener conto dell’attività
effettivamente svolta dall’imprenditore con riferimento al complesso ciclo produttivo
dell’impresa, nonché al risultato conseguito attraverso la collaborazione dei lavoratori
dipendenti.

12 Nel caso in cui il datore di lavoro eserciti due diverse (ma non autonome) attività,
l’individuazione del contratto collettivo applicabile al rapporto di lavoro deve effettuarsi con
riguardo all’attività prevalente.

13
Non più applicabili, altrimenti andrebbero a ledere la libertà sindacale contenuta nell’art. 39
Cost.

14
Parole soppresse ex art. 3, d.lgs.lgt. 14-9-1944, n. 287.

15 La determinazione dei requisiti indispensabili per l’appartenenza [v. 2095] alle categorie
fondamentali dei prestatori di lavoro, nonché per l’attribuzione agli stessi delle singole
qualifiche, compete all’autonomia negoziale delle associazioni sindacali, non solo in forza
dell’art. 2070, comma 2, e 96 disp. att., ma anche in virtù del principio costituzionale di libertà
sindacale [v. Cost. 39]; per determinati lavori (es.: lavori portuali) è la legge che può
determinare specifici requisiti di natura fisica o morale per l’attribuzione di particolari
qualifiche.

29
Prima della pubblicazione l’autorità governativa deve accertare che ricorrano
le condizioni richieste per la validità del contratto collettivo.
La pubblicazione può essere rifiutata, se il contratto collettivo non contiene le
disposizioni e le indicazioni richieste dall’articolo 2071, salvo che le parti si
siano obbligate a integrarlo con successivi patti da stipularsi entro un termine
stabilito. Se i patti integrativi non sono stipulati nel termine, può essere adita la
magistratura del lavoro per la formazione delle disposizioni integrative.
Contro il rifiuto di pubblicazione è ammesso ricorso alla magistratura del
lavoro a norma delle leggi speciali.
Art. 2073. Denunzia. 2 — La denunzia del contratto collettivo deve farsi
almeno tre mesi prima della scadenza.
Se, avvenuta la denunzia, le associazioni professionali non hanno, un mese
prima della scadenza, provveduto alla stipulazione e al deposito del nuovo
contratto collettivo, ed è rimasto infruttuoso l’esperimento di conciliazione
previsto nell’articolo 412 del codice di procedura civile, può essere adita la
magistratura del lavoro per la formazione di nuove condizioni di lavoro.
Art. 2074. Efficacia dopo la scadenza. 2 17— Il contratto collettivo, anche
quando è stato denunziato, continua a produrre i suoi effetti dopo la scadenza,
fino a che sia intervenuto un nuovo regolamento collettivo.
Art. 2075. Efficacia nel caso di variazioni nell’inquadramento. 2 — Il
contratto collettivo conserva efficacia nei confronti della categoria alla quale si
riferisce, anche se la rappresentanza legale di questa, per effetto di variazioni
nell’inquadramento, spetta ad altra associazione.
Questa ha però facoltà di denunziare il contratto collettivo indipendentemente
dal termine fissato per la scadenza di esso.
Art. 2076. Contratto collettivo annullabile. 2 — Il contratto collettivo
annullabile conserva efficacia fino a che intervenga una sentenza di
annullamento passata in giudicato.
La domanda di annullamento è proposta davanti la magistratura del lavoro
dalle associazioni interessate o dal pubblico ministero.
La domanda deve essere proposta, sotto pena di decadenza, entro sei mesi
dalla pubblicazione del contratto collettivo.
Art. 2077. Efficacia del contratto collettivo sul contratto individuale. 18
— I contratti individuali di lavoro tra gli appartenenti alle categorie alle quali si
riferisce il contratto collettivo devono uniformarsi alle disposizioni di questo
[2113] 19.
16 Il termine finale apposto ad un contratto collettivo concerne l’impegno ad astenersi da
eventuali rivendicazioni fino alla data concordata, ma non già la durata dei diritti dei singoli
lavoratori acquisiti in applicazione del contratto stesso e che, in un rapporto a tempo
indeterminato, permangono in capo al titolare per tutta la durata di questo.

17 Non applicabile perché viola l’autonomia sindacale dell’art. 39 Cost. Saranno le parti nel
CCNL a stabilire clausole di ultrattività; se non ci sono, la retribuzione considerata equa è
quella del contratto scaduto.

18
Inderogabilità dei contratti collettivi: se il contratto è applicabile è anche inderogabile.

19 Il comma 1 è da ritenersi tuttora in vigore in quanto compatibile con il principio secondo cui
i contratti collettivi post-corporativi, per la loro natura privatistica, vincolano al loro rispetto

30
Le clausole difformi dei contratti individuali, preesistenti o successivi al
contratto collettivo, sono sostituite di diritto da quelle del contratto collettivo,
salvo che contengano speciali condizioni più favorevoli ai prestatori di lavoro
[1339, 1419, 2133] 20 21.
Art. 2078. Efficacia degli usi. — In mancanza di disposizioni di legge e di
contratto collettivo si applicano gli usi. Tuttavia gli usi più favorevoli ai
prestatori di lavoro prevalgono sulle norme dispositive di legge [d. gen. 8] 22.
Gli usi non prevalgono sui contratti individuali di lavoro [disp. att. 95, 98].
Art. 2079. Rapporti di associazione agraria e di affitto a coltivatore
diretto. — La disciplina del contratto collettivo di lavoro si applica anche ai
rapporti di associazione agraria regolati dal capo II del titolo II [2141 ss.] ed a
quelli di affitto a coltivatore diretto del fondo [1647 ss.] 23.

solo gli iscritti alle associazioni sindacali stipulanti. Pertanto, l’obbligatorio adattamento dei
contratti individuali alle norme dei contratti collettivi, nonché l’inderogabilità di questi ultimi,
ben si adeguano al criterio ispiratore della regolamentazione collettiva, che è quello di
sottoporre la pluralità dei soggetti rappresentati dalle associazioni stipulanti ad una comune
disciplina e di sottrarre la regolamentazione dei rapporti individuali alla libera disponibilità delle
parti.

20 Il comma 2 sancisce l'inderogabilità da parte del contratto individuale delle disposizioni del
contratto collettivo, salvo che le disposizioni del contratto individuale siano più favorevoli.
Dalla inderogabilità del contratto collettivo da parte di quello individuale consegue la nullità
delle clausole del contratto individuale difformi da quelle del contratto collettivo.
Tuttavia tale nullità non travolge l'intero contratto individuale, ma comporta solo l'inserzione
automatica delle corrispondenti clausole generali previste dal contratto collettivo in luogo delle
clausole contenute nel contratto individuale risultanti peggiorative di quelle fissate dal
contratto collettivo.
La comparazione tra contratto collettivo e contratto individuale va fatta ponendo a confronto i
trattamenti complessivi desumibili dalle due discipline: una volta individuata la disciplina più
favorevole questa si applica integralmente.
In materia retributiva tale confronto non comprende i benefici concessi per particolari meriti del
lavoratore o per la particolare qualità o onerosità della prestazione lavorativa (Cass.
5259/1987).
La disposizione in esame concerne i rapporti tra contrattazione collettiva, anche di livello
aziendale, e contrattazione individuale e, pertanto, non si applica in tema di rapporti tra
contratti collettivi nazionali e contratti collettivi aziendali. Il contrasto tra contratti collettivi di
diverso ambito territoriale (nazionale, regionale, provinciale, aziendale) deve essere risolto
secondo il principio di autonomia. Si tratta, quindi, di accertare la reale volontà delle parti, visto
che il principio dell’autonomia contrattuale comporta il rispetto tra le reciproche posizioni delle
negoziazioni collettive, qualunque sia il loro ambito territoriale.

21 Cfr. art. 7, l. 14-7-1959, n. 741 (Norme transitorie per garantire minimi di trattamento
economico e normativo ai lavoratori).

22 Cfr. art. 17, r.d.l. 13-11-1924, n. 1825 (Disposizioni relative al contratto d’impiego privato),
conv. in l. 18-3-1926, n. 562.

23
Il comma 1 ha mantenuto ferma l’estensione della disciplina del contratto collettivo sancita
dalla l. 437/1933 ai contratti agrari [v. Libro V, Titolo II, Capo II, Sez. II]. Anche la l. 203/1982
(Norme sui contratti agrari), art. 45, ultimo comma, riconosce la facoltà alle organizzazioni
professionali agricole di stipulare accordi collettivi in materia di contratti agrari; ciò
confermerebbe il disposto normativo dell’art. 2079.

31
Tuttavia in questi rapporti il contratto collettivo non deve contenere norme
relative al salario, all’orario di lavoro, alle ferie, al periodo di prova, od altre che
contrastino con la natura dei rapporti medesimi 24.
Art. 2080. Colonia parziaria e affitto con obbligo di miglioria. 25 — Nei
contratti individuali di colonia parziaria [2164 ss.] e di affitto a coltivatore
diretto [1647], con l’obbligo di miglioria, conservano efficacia le clausole
difformi dalle disposizioni del contratto collettivo stipulato durante lo
svolgimento del rapporto.
Art. 2081. Norme equiparate al contratto collettivo. 2 — Le disposizioni
sul contratto collettivo di lavoro contenute in questo capo valgono, in quanto
applicabili, per le altre norme corporative che disciplinano rapporti di lavoro.

La contrattazione di secondo livello non è resa obbligatoria dall’accordo del


1993 e non esiste nelle piccole e medie imprese. Un obiettivo del protocollo
sulle relazioni industriali è quello di far stabilire i minimi nella contrattazione
collettiva per lasciare maggior margine di manovra alla contrattazione di
secondo livello.
I sindacati che partecipano all’elezione della RSU non possono costituire RAS,
ma possono essere presenti RAS formate da iscritti a sindacati autonomi o non
partecipanti all’elezione della RSU o non sottoscrittori dell’accordo del 1993.
Solitamente i contratti aziendali sono sottoposti a referendum (non
giuridicamente vincolante).

2113. Rinunzie e transazioni. 26 — Le rinunzie [1236] e le transazioni [1965]


27
, che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da
disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi

24 Il comma 2 fissa dei limiti alla disciplina collettiva, quando questa ha per oggetto un
rapporto di associazione agraria o di affitto a coltivatore diretto. Tali limiti si giustificano, in
quanto gli elementi esclusi dalla regolamentazione (salario, orario di lavoro, ferie) mal si
adattano alla struttura dei rapporti associativi o di affitto. Tali limitazioni, inoltre, operano solo
quando le organizzazioni sindacali stipulanti le riconoscono necessarie in base alla natura del
rapporto che si intende disciplinare.

25 Cfr. l. 3-5-1982, n. 203 (Norme sui contratti agrari).

26
Art. così sostituito ex l. 11-8-1973, n. 533 (art. 6) (Controversie individuali di lavoro).
Alla conciliazione nell’ambito del pubblico impiego non si applicano le norme di cui al presente
articolo, ex art. 66, c. 5, d.lgs. 30-3-2001, n. 165 (T.U. pubblico impiego). Cfr. art. 8, l. 26-5-
1965, n. 590 e art. 23, l. 11-2-1971, n. 11, in materia di contratti agrari.
Sulle sedi di certificazione competenti per le rinunzie e transazioni di cui al presente articolo,
cfr. artt. 68, 76 e 82, d.lgs. 10-9-2003, n. 276 (Riforma del mercato del lavoro) nonché d.m. 21-
7-2004 (G.U. 24-8-2004, n. 198).

27 Gli atti di rinuncia e transazione non vanno confusi con le cd. quietanze a saldo e cioè quei
documenti, a firma del lavoratore, in cui viene dichiarato di aver percepito determinate somme
(es.: per 13a mensilità, trattamento di fine rapporto etc.) e nelle quali egli si dichiara
soddisfatto di ogni spettanza. Tali dichiarazioni non hanno l’efficacia di una rinuncia al diritto di
credito, per cui non precludono al lavoratore la possibilità di far valere eventuali ulteriori
pretese, entro il lasso di tempo nel quale si compie la prescrizione del diritto.

32
concernenti i rapporti di cui all’articolo 409 del codice di procedura civile, non
sono valide 28.
L’impugnazione deve essere proposta, a pena di decadenza [2964], entro sei
mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della rinunzia o della
transazione, se queste sono intervenute dopo la cessazione medesima [disp.
att. 197].
Le rinunzie e le transazioni di cui ai commi precedenti possono essere
impugnate con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, del lavoratore idoneo
a renderne nota la volontà.
Le disposizioni del presente articolo non si applicano alla conciliazione
intervenuta ai sensi degli articoli 185, 410 e 411 del codice di procedura civile
29 30.

Art. 409 - Controversie individuali di lavoro


1. Si osservano le disposizioni del presente capo nelle controversie relative a:
1) rapporti di lavoro subordinato privato [ c.c. 2094, 2099 ss., 2126, 2135 ],
anche se non inerenti all'esercizio di una impresa [ c.c. 2082, 2239 ];
2) rapporti di mezzadria, di colonia parziaria [ c.c. 2141, 2164 ], di
compartecipazione agraria, di affitto a coltivatore diretto [ c.c. 1647 ], nonché
rapporti derivanti da altri contratti agrari, salva la competenza delle sezioni
specializzate agrarie;
3) rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale [ c.c. 1742, 2209 ] ed
altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera
continuativa e coordinata, prevalentemente personale anche se non a
carattere subordinato [ 413 c. 4; c.c. 230bis, 2203 ]31;
4) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici che svolgono
esclusivamente o prevalentemente attività economica [ c.c. 2093, 2129, 2201,
2221 ];
5) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici ed altri rapporti di lavoro
pubblico, sempreché non siano devoluti dalla legge ad altro giudice.

28 L’invalidità sancita dalla norma costituisce ipotesi di annullabilità [v. 1441], sia perché può
essere fatta valere in un breve termine di decadenza, sia perché in mancanza di impugnazione
viene sanato il negozio inizialmente invalido.

29 Nei casi previsti dall’ultimo comma le procedure di cui agli artt. 185-410-411 c.p.c., che si
riferiscono agli atti dispositivi avvenuti dinanzi al giudice, alle commissioni delle Direzioni
provinciali del lavoro o secondo modalità previste dalla contrattazione collettiva, sono
considerate idonee a far sì che il lavoratore non operi in stato di soggezione rispetto al datore
di lavoro.

30 Cfr. artt. 11 e 12, d.lgs. 23-4-2004, n. 124 (Razionalizzazione delle funzioni ispettive in
materia di previdenza sociale e di lavoro).

31
Definizione di co co co. La prevalenza della personalità è sia rispetto all’utilizzo di beni
strumentali, ma è anche una legittimazione ad avere ausiliari.

33
34
B. Contratto individuale e rapporti di lavoro

Fino al 1942, con l’entrata in vigore dell’attuale Codice Civile, non esisteva una
disciplina specifica per il lavoro subordinato; c’era una spaccatura fra operai,
che, salvo casi eccezionali, non disponevano di una disciplina, e impiegati, che,
nel settore pubblico disponevano di una disciplina ad hoc e dal 1924 fu
introdotta anche quella dell’impiego privato.

IL RAPPORTO DI LAVORO NEL CODICE DEL 1865


Nel codice civile del 1865 il rapporto di lavoro subordinato, così come oggi
inteso, non era regolamentato, ma era di fatto disciplinato secondo lo schema
della locazione. Particolare rilevanza rivestono al riguardo gli artt. 1570, 1627 e
1628 del vecchio codice. Segnatamente, l'art. 1570 sanciva che "La locazione
delle opere è un contratto per cui una delle parti si obbliga a fare per l'altra una
cosa mediante la pattuita mercede". L'art. 1627 distingueva tre specie di
locazioni d'opere e d'industria, includendovi "quella per cui le persone
obbligano la propria opera all'altrui servizio". L'art. 1628, infine, enunciava il
principio per cui l'obbligo di prestare la propria attività all'altrui servizio deve
essere temporaneo "o per una determinata impresa".
Il codice del 1865 consacra, quindi, quale eredità della non troppo lontana
Rivoluzione Francese, il principio di libertà, in virtù del quale nessuna attività
può essere prestata per un tempo indeterminato. Partendo da quanto previsto
dal codice, si distinse quale criterio per individuare il rapporto di lavoro
subordinato, fra locatio operarum, in cui il soggetto si obbliga a prestare
semplicemente la propria attività, e locatio operis, in cui un soggetto si obbliga
a garantire un dato risultato. La prima forma di locazione disciplinava il lavoro
subordinato, laddove la seconda disciplinava il lavoro autonomo. La
ricostruzione del rapporto di lavoro subordinato secondo il modello della locatio
operarum comportò una ripartizione dei rischi dell'utilità del lavoro e
dell'impossibilità del lavoro. Il primo dei suddetti rischi (c.d. commodum
obligationis) è quello che incide sull'utilità scaturente dalla prestazione di
lavoro e dipende dalla difficoltà - sotto il profilo tecnico-economico - del
risultato 32. Il rischio dell'impossibilità del lavoro (c.d. periculum obligationis) è
connesso al sopravvenuto verificarsi del caso fortuito o della forza maggiore
che impediscano lo svolgimento della prestazione lavorativa 33. Per quel che
concerne la ripartizione del rischio dell'utilità del lavoro esso si ricollega alla
variabilità del rendimento delle energie prestate dal soggetto, che comporta
un'incertezza dell'entità del risultato derivante dall'attività lavorativa. Tale
rischio è ripartito in modo diverso nella locatio operis e nella locatio operarum,
in quanto nella prima è posto per intero a carico del locatore - lavoratore

32 Rientra in tale alea il difetto del materiale di lavoro che comporti un allungamento dei tempi
di lavorazione o l'aumento del costo della materia prima, in quanto fattori che si traducono in
un abbassamento del margine di utile della prestazione.

33 Tale impedimento dell'esecuzione della prestazione può fondarsi su ragioni soggettive,


inerenti la persona del lavoratore (malattia, infortunio, ecc.) ovvero su circostanza oggettive,
attinenti ad esempio alla forzosa cessazione del processo produttivo dovuto alla mancanza
della materia prima oggetto del processo di lavorazione.

35
autonomo, che deve assicurare il conseguimento di un dato risultato (c.d. opus
perfectum), sopportando i costi necessari. Nella locatio operarum, invece, tale
risultato è a carico del conduttore - datore, limitandosi il lavoratore a prestare
la propria attività lavorativa. Il rischio dell'impossibilità è, invece, disciplinato in
modo eguale in entrambe le forme di locatio, in virtù del principio in base al
quale casum sentit debitor34. In base a tale principio il debitore la cui
prestazione sia divenuta impossibile è liberato dall'obbligo di eseguirla, ma non
ha diritto a conseguire la controprestazione.
LA STRUTTURA DEL RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO: LE
POSIZIONI DELLE PARTI
LAVORATORE SUBORDINATO DATORE DI LAVORO

Obbligo di prestare lavoro Obbligo di corrispondere la


subordinato retribuzione (art. 2094 c.c.)
OBBLIGAZIONI
(art. 2094 c.c.) FONDAMENTAL
I

Obbligo di diligenza Obbligo di tutelare l’integrità


fisica e morale del lavoratore
(art. 2101 c. 1 c.c.)
(art.2087 c.c.)

Obbligo di obbedienza Potere direttivo

(art. 2104 c. 2 c.c.) (artt. 2086 e 2094 c.c.)

Ius variandi

(art. 2103 c.c.)

Obbligo di fedeltà (art. 2105 POSIZIONI Potere di trasferimento


c.c.) ULTERIORI
(art. 2103 c.c.)

Potere disciplinare

(artt. 2106 c.c. e art. 7 Stat.


Lav.)

Diritto di manifestare Potere (facoltà) di controllo

34 Il principio era sancito dall'art. 1225 del vecchio codice ed è attualmente previsto dall'art.
1463 c.c.

36
liberamente il proprio (artt. 2, 3, 4, 5, 6, 8 Stat.
pensiero Lav.)

(art. 1 Stat. Lav.)

Potere di licenziamento

(artt. 2118, 2119 c.c.; art. 18


Stat. Lav; l. 108/1990; l.
Potere di dimettersi
223/1991)

DALLA NOZIONE DI LOCATIO OPERARUM ALLA DIPENDENZA DEL


DATORE DI LAVORO
Con l'affermarsi della fase c.d. di legislazione sociale, che costituisce la prima
fase del diritto del lavoro, muta il modo di considerare il modello di rapporto di
lavoro subordinato.
In particolare, si passa dall'approccio di tipo formale del c.c. del 1865, che
enfatizzava l'oggetto del contratto (contrapponendo le energie lavorative al
risultato), ad un approccio di tipo sostanziale, che si concentra sulla
dipendenza del lavoratore dal datore di lavoro (le "catene" di cui parla Marx), e
topografico, basato sull'inserimento nella fabbrica del lavoratore.
Alla fine dell'800 la giurisprudenza, in particolare quella dei probiviri 35,
aggiunse, quale ulteriore elemento atto a distinguere il rapporto di lavoro
autonomo e subordinato, la disponibilità del tempo del lavoratore da parte del
datore di lavoro, evidenziando che l'inserimento e la dipendenza costituiscono
solo le modalità mediante le quali il datore di lavoro decide di impiegare il
tempo del lavoratore.
La nozione di subordinazione nasce nel 1901, anno in cui Ludovico Bassi
pubblica "Il contratto di lavoro nell'ordinamento giuridico italiano", primo
manuale di diritto del lavoro.
Nell'opera, lo studioso costruisce una nozione unitaria, derivante dal complesso
degli elementi costituiti dall'inserimento nella fabbrica, dalla disponibilità del
tempo e dalla dipendenza del lavoratore, utilizzando, appunto, tale nozione.
Il concetto di subordinazione è frutto, quindi, di un'evoluzione sociale e
giuridica, che, partendo dalla nozione di contratto di locatio operis ed operarum
funzionale alla ripartizione del rischio, affianca ad essa altri criteri (dipendenza,
inserimento in fabbrica e disponibilità del tempo), fino a giungere
all'elaborazione di un termine unitario.
Esso è stato consacrato nel c.c. del 1942, cui collaborò lo stesso Barassi.
Nonostante l'espressa definizione di lavoratore subordinato contenuta nell'art.
2094 c.c. dottrina e giurisprudenza si sono dovute confrontare con le difficoltà
sostanziali e giuridiche derivanti dalla lettera della norma.

35 I probiviri sono una magistratura di tipo privato e paritetico perché costituiti da


rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori. Essi rivestono una grande rilevanza, perché
attraverso l'intervento dei probiviri si crea un canale di formazione autonoma delle regole da
applicare ai rapporti di lavoro.

37
Sotto il primo profilo, vi sono ipotesi particolari di lavoro, rispetto al quale
l'utilizzo degli elementi prospettati dell'art. 2094 c.c. non si rivela sufficiente ai
fini di una loro qualificazione.
Sotto il profilo giuridico, ci si è invece chiesti se gli elementi di dipendenza e
direzione, utilizzati dall'art. 2094 c.c. come criteri qualificanti il rapporto di
lavoro subordinato, di fatto manchino nel lavoro autonomo.
In particolare, si è osservato che nel lavoro autonomo il lavoratore deve
garantire un dato risultato, per come richiesto dal soggetto che ha
commissionato il lavoro, il quale può dettare le caratteristiche che l'opus deve
possedere per essere perfetta.
Tale critica ha trovato una conferma a livello normativo nelle previsioni
contenute in tema di contratto d'opera e di appalto.
Segnatamente, l'art. 2224 c.c. prevede che il prestatore d'opera deve
procedere all'esecuzione dell'opera secondo le condizioni stabilite dal contratto
ed a regola d'arte, stabilendo che, in mancanza, il committente può fissare un
congruo termine, entro la quale il prestatore d'opera deve conformarsi a
quanto prescritto.
La suddetta norma prevede, quale sanzione per l'inutile decorrenza del
termine, il diritto del committente a recedere dal contratto, salvo il diritto al
risarcimento del danno.
In materia di appalto, l'art. 1661 riconosce al committente il diritto di apportare
variazioni al progetto.
Le predette disposizioni, secondo quanto osservato da attenta dottrina e
giurisprudenza, confermerebbero che anche il lavoro autonomo è un lavoro in
qualche modo eterodiretto, ponendo in crisi la qualificazione del solo lavoro
subordinato come lavoro caratterizzato dalla dipendenza e dalla direzione.
Ciò, ha determinato il sorgere di diverse teorie volte ad individuare la vera
essenza del lavoro subordinato rispetto al lavoro autonomo.
A ciò si aggiunga la critica formulata dalla dottrina in ordine alla distinzione
(che richiamava il rapporto tra locatio operis ed operarum ) tra attività e
risultato.
In particolare, tale dottrina osserva come "i concetti di attività e di risultato
posseggono un ineliminabile margine di relatività", in quanto "ogni attività
lavorativa produce un risultato immediato prima di quello finale", cosi come
anche nel contratto d'opera può rilevare il mero svolgimento di un'attività.

DISTINZIONE TRA SUBORDINAZIONE E LAVORO AUTONOMO


La distinzione fra rapporto di lavoro autonomo e subordinato ha costituito
fertile oggetto di dibattiti e scontri in dottrina e giurisprudenza, data l'indubbia
rilevanza che essa riveste sia sotto il profilo teorico sia sotto l'aspetto più
strettamente pratico.
A tale distinzione si ricollegano, infatti, diverse conseguenze.
Ed invero, al rapporto di lavoro subordinato si applica la tutela giuslavoristica
prevista dal codice civile, dalle leggi speciali e dai contratti collettivi di lavoro,
laddove il rapporto di lavoro autonomo soggiace alla disciplina del contratto
d'opera, se ha carattere personale, ovvero alla disciplina sull'impresa, nel caso
in cui rivesta carattere imprenditoriale.
Più precisamente, al rapporto di lavoro subordinato si ricollegano diversi effetti,
distinti dalla dottrina in effetti diretti ed indiretti.

38
I primi incidono sullo stesso contenuto del rapporto di lavoro, investendo
diversi aspetti (applicazione dei contratti collettivi, diritto alla retribuzione,
trattamento di fine rapporto).
I secondi incidono sulle conseguenze riconnesse all'instaurazione del rapporto
di lavoro, a cui si ricollegano situazioni giuridiche di carattere previdenziale,
amministrativa e finanche penale 36.
Il rapporto di lavoro autonomo e subordinato, in particolare, è stato al centro di
un'accesa querelle non ancora sopita, concernente l'individuazione di criteri
atti a distinguere le due tipologie di lavoro.
Parte consistente della dottrina ha utilizzato, al fine di distinguere tra rapporto
di lavoro autonomo e subordinato, la ripartizione tra obbligazioni di mezzi e di
risultato, classificazione elaborata originariamente in Francia e ripresa in Italia
con riferimento alla teoria generale delle obbligazioni.
Con il termine di obbligazioni di mezzo si indicano le obbligazioni in cui il
debitore è tenuto a svolgere una determinata attività a prescindere dal
conseguimento o meno di un dato risultato.
Con il termine di obbligazioni di risultato (definite anche obbligazioni generali di
prudenza e diligenza) si fa riferimento alle obbligazioni in cui il debitore deve
assicurare un dato risultato a prescindere dalle modalità di svolgimento di una
determinata attività.
La distinzione fra i suddetti tipi di obbligazione si riflette sul contenuto della
prestazione e, quindi, sul regime della responsabilità.
Ciò in quanto, nelle obbligazioni di mezzo la prestazione prescinde dall'esito
dell'attività posta in essere dal debitore, con la conseguenza che la prestazione
è esattamente adempiuta quando l'attività è svolta dal debitore nel modo
dovuto.
Nelle obbligazioni di risultato, invece, è quest'ultimo che deve essere
assicurato e che costituisce, quindi, quanto dovuto dal debitore.
Il mancato conseguimento del risultato comporta l'inadempimento del debitore
a prescindere dalla prova del comportamento diligente da questi tenuto.
Secondo la teoria delle obbligazioni di mezzo e risultato, il lavoro autonomo
costituisce una tipica obbligazione di risultato, mentre il lavoro subordinato
rappresenta un'ipotesi di obbligazione di mezzi.
Tuttavia, tale teoria è stata sottoposta a serrate critiche da parte di chi ha
evidenziato la presenza di ipotesi non riconducibili allo schema prospettato.
In particolare, si è richiamata l'esistenza di ipotesi di lavoro autonomo
caratterizzato da un'obbligazioni di mezzi e, al contrario, l'esistenza di rapporti
di lavoro subordinato caratterizzati dalla presenza di un'obbligazione di
risultato.
Con riferimento alla prima ipotesi, si pensi al caso di un medico, libero
professionista, il quale si obbliga a svolgere la propria attività di cura ed
assistenza medica, ma non a guarire il paziente.
Con riferimento alla seconda ipotesi, può richiamarsi il caso del programmatore
di computer, dipendente presso una società, che deve assicurare la
realizzazione di un programma e, quindi di un dato risultato.
Secondo la Teoria socio-economica della subordinazione, di matrice marxiana,
il lavoratore subordinato si caratterizza per non essere mai proprietario né dei

36 Si pensi alla disciplina della sicurezza sui luoghi di lavoro.

39
mezzi di produzione né dei risultati della stessa, a differenza del lavoratore
autonomo.
La qualificazione del rapporto di lavoro come subordinato si fonda su un
presupposto di carattere socio-economico, costituito dalla debolezza e
dall'inferiorità del lavoratore nei confronti del datore di lavoro.
Tale debolezza si verifica in ogni fase del rapporto di lavoro, anche nella fase
antecedente al suo instaurarsi, e determina la totale alienazione del lavoratore
dal processo di produzione e dall'organizzazione dell'attività lavorativa, nonché
dalla proprietà o dal controllo dei mezzi di produzione.
Tuttavia, anche la suddetta teoria è stata oggetto di critiche, essendosi
osservato che anche il lavoratore autonomo può non essere proprietario dei
mezzi di produzione e che una situazione di inferiorità fra le parti del rapporto
può verificarsi anche in ipotesi diverse dal rapporto di lavoro subordinato.
Alle teorie propugnate dalla dottrina, si è affiancata l'opera della
giurisprudenza, che ha elaborato degli indici di subordinazione.
Essa ha adottato un approccio diverso, abbandonando una prospettiva astratta
per analizzare, in concreto, le modalità di svolgimento del rapporto di lavoro,
distinguendo al suo interno gli elementi propri della subordinazione e quelli
propri dell'autonomia.
A tale prima fase di scomposizione del rapporto di lavoro segue poi una
qualificazione dello stesso in termini di lavoro autonomo o subordinato.
Tale qualificazione segue un iter diverso a secondo del metodo utilizzato: il
metodo c.d. tipologico, adoperato dalla giurisprudenza maggioritaria fino alla
metà degli anni ottanta ed il metodo c.d. sussuntivo, prevalente nella
giurisprudenza più recente.
Il primo, attraverso la tecnica dell'approssimazione, tenta di avvicinare per
quanto possibile la fattispecie concreta al tipo 37, il secondo riconduce invece la
fattispecie concreta alla fattispecie astratta, partendo da una rigorosa
definizione del modello di lavoro subordinato e procedendo secondo un giudizio
c.d. sillogistico.
Attraverso il metodo tipologico si costruiscono diversi gradi di subordinazione,
dalla più intensa (il lavoratore nella catena di montaggio) alla più ridotta (per
es. il dirigente) fino a giungere al lavoratore autonomo.
L'utilizzo di un metodo piuttosto di un altro influenza le stesse modalità di
ricorso, da parte della giurisprudenza, ai c.d. indici di subordinazione.
Secondo il modello sussuntivo, infatti, seguito da rilevante parte della dottrina
e consistente giurisprudenza, la riconduzione di un rapporto di lavoro nell'alveo
della fattispecie astratta di rapporto di lavoro subordinato può verificarsi solo
nel caso in cui ricorrano tutti gli elementi della subordinazione e non solo alcuni
indici.
La considerazione di un diverso grado di subordinazione ha condotto molti
giuristi ad invocare una modularizzazione del diritto del lavoro, ovvero ad
un'applicazione della disciplina in materia di lavoro subordinato in modo più o
meno intenso a seconda dell'intensità della subordinazione.

37 Cfr. Cass. 2 settembre 2000, n. 11502, secondo la quale il giudice deve procedere alla
qualificazione di un rapporto di lavoro come subordinato o autonomo secondo un giudizio di
carattere sintetico, rilevando alcuni indici significativi e valutandoli nel complesso nel rispetto
delle peculiarità del caso concreto.

40
In tal senso, il diritto del lavoro dovrebbe essere applicato mediante moduli,
cioè attraverso pacchetti di tutela diversi a seconda del quantum di
subordinazione.
Tale proposta è stata, peraltro oggetto di serrate di critiche.
Si è infatti osservato, in primis, che una differenziazione della disciplina è già
presente nel nostro ordinamento, in cui non a tutti i lavoratori si applica l'intera
disciplina costituente il diritto del lavoro, come nel caso delle norme in materia
di licenziamento, non operanti nei confronti dei dirigenti.
Si è inoltre evidenziato sotto il profilo strutturale, che la considerazione del
quantum di subordinazione pone l'accento sull'effetto derivante dal contratto di
lavoro e non sulla sua causa.
Secondo un consolidato orientamento è alla causa che occorre guardare al fine
di distinguere tra rapporto di lavoro autonomo e subordinato.
Infatti, se tanto il contratto di lavoro autonomo quanto quello subordinato sono
contratti sinallagmatici, ponendosi le prestazioni in termini di corrispettività
(scambio lavoro - compenso), tuttavia, nel contratto di lavoro subordinato vi è
un peculiare elemento, costituito dall'organizzazione, che manca nel contratto
di lavoro autonomo.
Ciò in quanto il datore di lavoro ha interesse all'organizzazione dell'attività
lavorativa, per la realizzazione della quale deve esservi una prestazione
continuata, la disponibilità del lavoratore ed il suo inserimento
nell'organizzazione.
Questi tre presupposti vengono linguisticamente unificati con l'espressione di
collaborazione, per cui causa del contratto di lavoro subordinato è la
collaborazione, o meglio lo scambio tra la subordinazione (data dall'inserimento
del lavoratore nell'impresa, dalla continuità della prestazione e dalla sua
disponibilità funzionale) e la retribuzione, funzionale alla collaborazione.
In tal senso la collaborazione costituisce causa del contratto, mentre la
subordinazione ne rappresenta l'effetto.
Quest'ultima, infatti, costituisce la modalità attraverso la quale il lavoratore
viene inserito nell'organizzazione e sottoposto ai poteri direttivi e sanzionatori
del datore, necessari ad assicurare la collaborazione del lavoratore.
Questa teoria supera il problema del quantum di subordinazione, precisando
che se sul piano formale vi può essere una maggiore o minore subordinazione,
sotto il profilo sostanziale la subordinazione è eguale, perché esprime il vincolo
giuridico derivante dal contratto di lavoro subordinato, cioè l'assoggettamento
ai poteri direttivi e disciplinari del datore di lavoro.
E' stato al riguardo affermato che: "la collaborazione nell'impresa è il risultato
della prestazione dell'attività del lavoratore e, nello stesso tempo, il criterio per
la tipizzazione della subordinazione: si identifica, insomma, con lo scopo tipico
della prestazione e quindi con la stessa causa individuatrice del tipo negoziale
del contratto di lavoro subordinato. Nella struttura dell'obbligazione di lavoro,
l'elemento della collaborazione sottolinea l'importanza dell'aspettativa del
creditore al risultato della prestazione e, perciò, del suo interesse al
coordinamento, quindi alla organizzazione, dell'attività lavorativa del debitore.
Non tratta, peraltro, del risultato, finale dell'organizzazione produttiva nel suo
complesso, ma del risultato dell'attività prestata dal lavoratore
nell'adempimento della sua obbligazione".
La difficoltà di stabilire in modo certo la sussistenza di un rapporto di lavoro
autonomo o subordinato è confermato dalle pronunce, spesso contrastanti,
41
della giurisprudenza, che ha di volta in colta delineato dei criteri di distinzione
fra le due tipi di rapporto di lavoro.
Secondo la giurisprudenza prevalente, c'è la subordinazione quando si accerta
la sussistenza di un vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo e
disciplinare del datore di lavoro (c.d. eterodirezione), cui, peraltro, può
affiancarsi una posizione di minore o maggiore autonomia - a seconda del
contenuto della prestazione - del lavoratore nello svolgimento della propria
attività lavorativa.
Facendo applicazione del requisito dell'eterodirezione, la Cassazione ha ad
esempio ritenuto incompatibile con il rapporto di lavoro subordinato la facoltà,
riconosciuta al prestatore, di rifiutare in qualunque momento ed
insindacabilmente la propria prestazione 38.
L'esistenza di un vincolo di dipendenza e di assoggettamento ai poteri del
datore di lavoro costituisce quindi il criterio fondamentale cui la giurisprudenza
ricorre.
Al contempo, essa ha individuato altri criteri c.d. sussidiari, costituiti dalla
continuità temporale della prestazione, dallo stabile inserimento dal lavoratore
nell'organizzazione lavorativa, dal coordinamento dell'attività del lavoratore
con l'assetto organizzativo deciso dal datore di lavoro, dall'esclusività del
rapporto, dall'inesistenza di una organizzazione imprenditoriale in capo al
lavoratore,
Dai suddetti elementi sarebbe possibile desumere l'esistenza di un vincolo di
soggezione del lavoratore ai poteri del datore di lavoro.
Per parte della dottrina tali elementi invece costituiscono non criteri sussidiari
ma elementi fondamentali, che devono sussistere al fine di qualificare il
rapporto come lavoro subordinato.
Infine, ulteriori criteri sussidiari, che possono concorrere alla qualificazione del
rapporto di lavoro, sono costituiti dall'osservanza di un orario di lavoro
predeterminato, dal pagamento di una retribuzione a cadenza periodica senza
rischio del risultato, dalla mancanza in capo al lavoratore del rischio d'impresa.
La giurisprudenza ha, inoltre affiancato, quale ulteriore criterio, la volontà delle
parti contrattuali di qualificare il rapporto di lavoro come lavoro subordinato.
Si è già evidenziato che il criterio principale utilizzato per la qualificazione del
rapporto di lavoro come rapporto di lavoro subordinato è costituito dalla
soggezione del lavoratore ai poteri direttivi e disciplinari del datore.
L'esercizio di tali poteri, secondo consolidata giurisprudenza, distingue il
rapporto di lavoro subordinato dal lavoro autonomo, in cui vi possono essere,
tutto al più, delle direttive, impartite al fine dell'esecuzione dell'opera.
La soggezione del lavoratore nei confronti dei potere direttivo, organizzativo e
disciplinare costituisce l'essenza stessa del requisito della subordinazione (cfr.
ex multis Cass. n. 5905/05, n. 20549/04, 9151/04, 8569/04).
Così, in un caso sottoposto all'attenzione della Suprema Corte (sentenza n.
9151/04) e concernente il ricorso di una segretaria volto ad accertare
l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato con una ditta di autonoleggio.
Nel caso in esame, il ricorso era stato accolto in primo grado ma riformato dalla
Corte d'Appello, che aveva affermato la natura autonoma del rapporto di lavoro
per l'esistenza di una retribuzione variabile, perché ricollegata in parte ad una

38 E' il caso del "pony express", deciso dalla Cassazione con sentenza 10 luglio 1991, n. 7608.

42
percentuale sui corrispettivi dei noleggi), e dalla mancanza di un vincolo
assoluto di presenza in ufficio della ricorrente, che doveva limitarsi in alcuni
casi a garantire la mera reperibilità telefonica.
Riformando la sentenza dei giudici di secondo grado, la Corte di Cassazione ha
individuato, quale criterio decisivo ai fini della distinzione fra rapporto di lavoro
autonomo e subordinato, "l'assoggettamento del prestatore al potere direttivo
(e disciplinare) del datore di lavoro, ossia al potere di precisare il contenuto
della prestazione lavorativa e di controllarne l'esecuzione".
Secondo la Corte l'esercizio dei suddetti poteri "si estrinseca in specifiche
disposizioni e non in generali direttive, compatibili anche con il lavoro
autonomo, nel relativo controllo sull'esecuzione e, quindi, si risolve
nell'inserimento del lavoratore nell'organizzazione produttiva diretta dal
datore".
La Corte cassa quindi la sentenza con rinvio per aver omesso la Corte di
Appello di utilizzare il criterio ribadito dalla Corte, omettendo di accertare, al
riguardo, le precise mansioni, l'orario di lavoro e la responsabilità in caso di
danni.
Laddove non sia possibile accertare in modo diretto l'esistenza dell'elemento
dell'eterodirezione, secondo parte della giurisprudenza è possibile ricorrere ai
criteri sussidiari, i quali, possono essere valutati nel loro insieme e concorrere
in via indiziaria al convincimento del giudice sull'esistenza del requisito della
subordinazione, qualora rivestano i caratteri delle "presunzioni gravi, precise e
concordanti" , previste dall'art. 2729 c.c. 39
A tale orientamento se ne contrappone un altro più restrittivo, che nega la
possibilità per il giudice di qualificare come di lavoro subordinato un rapporto
che sia privo dell'elemento dell'eterodirezione , anche in presenza di indici
sussidiari 40.
L''inserimento del lavoratore nell'organizzazione datoriale riveste particolare
rilevanza ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come subordinato,
tanto che secondo l'orientamento prevalente fino alla metà degli anni '80,
l'"inserimento organico" del lavoratore nel processo produttivo dell'impresa
(c.d. etero-organizzazione), costituiva elemento sufficiente per affermare
l'esistenza della subordinazione, anche in mancanza di una completa etero
direzione 41.
Tale orientamento è stato, peraltro, seguito da alcune più recenti pronunce,
con riferimento a particolari figure professionali, come, ad esempio gli addetti
alla ricezione di scommesse nelle agenzie ippiche o i soggetti che svolgono
l'attività giornalistica.
Con riferimento ai primi, la Cassazione ha affermato che: "in materia di
qualificazione giuridica del rapporto di personale addetto alla ricezione di
scommesse in sala corse, elementi di fatto dai quali è desumibile la natura
subordinata del rapporto sono l'inserimento del lavoratore nella organizzazione

39 Cfr. Cass. 1 aprile 1995, n. 3853, in DPL, 1995, n. 36, 2384; Cass. 10 luglio 1999, n. 7304,
GLav, 1999, n. 32-33, 30.

40 Cfr. ex pluribus Cass. 17 aprile 1990, n. 3170, in RGL, 1991, II, 195; Cass. 5 dicembre 1998,
n. 12357, in RFI, 1998, voce Lavoro (rapp.), 576.

41 Cfr. in tal senso, Cass. 14 ottobre 1985, n. 5024, in IP, 1986, 381; Cass. 1 settembre 1986, n.
5363, ivi, 1987, 923.

43
aziendale con prestazione di sole energie lavorative corrispondenti all'attività
dell'impresa, nel rispetto di un orario di lavoro strettamente collegato con gli
orari di apertura e chiusura delle sale corse, nonché il pagamento della
retribuzione non in base al risultato raggiunto, ma secondo le ore prestate nei
diversi turni, mentre resta irrilevante la discontinuità della prestazione che non
sia dovuta ad una libera scelta del lavoratore, ma risponda, al contrario, a
criteri di distribuzione del lavoro in turni prefissati dal datore e con modalità di
erogazione prestabilite in considerazione delle esigenze aziendali" 42.
Con riferimento al lavoro giornalistico, la Cassazione ha affermato che in
presenza di un inserimento del lavoratore nell'organizzazione produttiva e del
suo assoggettamento al potere gerarchico dell'imprenditore deve riconoscersi
la natura subordinata della prestazione, anche laddove essa venga svolta per
un tempo molto limitato nell'arco della giornata 43.
Più recentemente, si è osservato che: "i caratteri distintivi del rapporto di
lavoro subordinato sono costituiti dall'inserimento del lavoratore
nell'organizzazione aziendale e dal suo assoggettamento ai poteri direttivi e
disciplinari del datore di lavoro (con conseguente limitazione di autonomia) e
tali caratteri sono i medesimi per qualunque tipo di lavoro, pur potendo essi
assumere aspetti e intensità diversi in relazione alla maggiore o minore
elevatezza delle mansioni esercitate o al contenuto (più o meno intellettuale
e/o creativo) della prestazione pattuita; con riguardo al lavoro giornalistico, ed
in ragione delle caratteristiche di esso e delle connesse difficoltà di cogliere in
maniera diretta e immediata i suddetti caratteri distintivi, può farsi ricorso ad
alcuni indici rivelatori della natura subordinata del rapporto, rilevando a tal fine
la circostanza che il giornalista si tenga stabilmente a disposizione dell'editore,
per eseguirne le istruzioni, anche negli intervalli tra una prestazione e l'altra, e
rilevando invece in senso contrario la circostanza che le prestazioni siano
singolarmente convenute in base ad una successione di incarichi con
retribuzione commisurata alla singola prestazione" 44.
A tali decisioni, che esaltano l'importanza dell'inserimento del lavoratore
nell'organizzazione datoriale, si contrappone un orientamento contrario della
stessa Cassazione 45, che esclude l'inserimento del lavoratore nell'azienda dagli
indici di qualificazione, in quanto esso rappresenterebbe una mera
conseguenza dell'obbligo di disponibilità delle energie del lavoratore nei
confronti del datore di lavoro, con la sua conseguente soggezione al suo potere
direttivo e disciplinare.
In particolare, la Cassazione ha osservato che: "Nelle situazioni ove, per la
particolare attività (come in alcune forme di lavoro in agricoltura), alcuni
aspetti (orari, mansioni) non assumono natura rigida, il mero inserimento del
lavoratore nell'azienda non è parametro di qualificazione nel senso della
subordinazione, ne può costituire elemento esclusivo per dedurre la
subordinazione stessa; il parametro di qualificazione si risolve, quindi,

42 Cass. civ. , 1 marzo 2001, n. 2970, in Giust. Civ. Mas., 2001, 375.

43 Cfr. Cass. 16 maggio 2001, n. 6727.

44 Cass. civ. 9 aprile 2004, n. 6983 in Giust. Civ. Mass., 2004, f. 4.

45 Cfr. Cass. 25 febbraio 2000, n. 2171.

44
necessariamente negli elementi (non diversamente deducibili) dei quali
l'inserimento è mera conseguenza: la sussistenza e la permanenza dell'obbligo
del lavoratore di mantenere a disposizione del datore l'attività lavorativa nella
sua indifferenziata materialità (come "operae") e la sussistenza e la
permanenza del suo conseguente assoggettamento al potere direttivo e
disciplinare del datore di lavoro stesso".
Diverso il ruolo attribuito dalla giurisprudenza al nomen juris dato dalle parti al
contratto di lavoro stipulato.
A partire dagli anni '70 si è, infatti, diffuso un orientamento che considera il
nomen juris utilizzato dalle parti e, più in generale, la volontà da loro espressa
in sede di stipulazione del contratto, un "elemento di carattere fondamentale e
prioritario", ai fini della qualificazione del rapporto "salva sempre la necessità
di verificare alla stregua delle effettive modalità di svolgimento del rapporto
l'esattezza della qualificazione operata dalle parti" 46.
Si fa, a riguardo, applicazione del criterio ermeneutico posto dall'art. 1362 c.c.,
rappresentato dall'interpretazione del contratto secondo "la comune intenzione
delle parti", da ricostruire tenendo conto, peraltro, del comportamento dei
contraenti nel corso dello svolgimento del rapporto 47.
E' stato, tuttavia, osservato che tale orientamento ha in sé un'ambiguità di
fondo, data dal fatto che in alcune pronunce si fa riferimento al mero dato
esteriore rappresentato dal nomen juris dato dalle parti, in altre, invece, si
rinvia alle dichiarazioni riguardanti il contenuto del rapporto - ossia il
programma negoziale pattuito - o un suo aspetto avente valore essenziale e
qualificante.
La giurisprudenza più recente ha affermato che il nomen juris, pur costituendo
un elemento importante ai fini della qualificazione del rapporto in termini di
lavoro subordinato, non riveste un ruolo assoluto ed assorbente.
In particolare, la Cassazione ha affermato che: "Ai fini della distinzione tra
lavoro autonomo e subordinato (per quest'ultimo il fondamentale requisito
della subordinazione configurandosi come vincolo di soggezione del lavoratore
al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro,
estrinsecantesi nell'emanazione di ordini specifici, oltre che nell'esercizio di
un'assidua attività di vigilanza e controllo nell'esecuzione delle prestazioni
lavorative, da apprezzarsi concretamente con riguardo alla specificità
dell'incarico conferito al lavoratore e al modo della sua attuazione) non deve
prescindersi dalla volontà delle parti contraenti e, sotto questo profilo, va
tenuto presente il nomen juris utilizzato, il quale però non ha un rilievo
assorbente, poiché deve tenersi altresì conto, sul piano della interpretazione
della volontà delle stesse parti, del comportamento complessivo delle
medesime, anche posteriore alla conclusione del contratto, ai sensi dell'art.
1362, comma 2, c.c., e, in caso di contrasto fra dati formali e dati fattuali
relativi alle caratteristiche e modalità della prestazione, è necessario dare
prevalente rilievo ai secondi. Tuttavia, quando sia proprio la conformazione
fattuale del rapporto ad apparire dubbia, non ben definita o non decisiva,

46 Cass. 7 aprile 1992 n. 4220, in Riv. it. dir. lav. 1993, II, 258.

47 Cfr. Cass 20 gennaio 1995 n. 649, in Lav. giur. 1995, 600.

45
l'indagine deve essere svolta in modo tanto più accurato sulla volontà espressa
in sede di costituzione del rapporto" 48.
L'orientamento che ha attribuito rilevanza decisiva al nomen juris è stato,
peraltro, oggetto di critiche di parte della giurisprudenza, secondo cui ai fini
della qualificazione del rapporto di lavoro come lavoro subordinato deve essere
data prevalenza al dato fattuale delle concrete modalità di svolgimento del
rapporto di lavoro.
A ciò si aggiunga la scarsa affidabilità che la qualificazione del contratto di
lavoro da parte dei contraenti riveste nella prassi, in cui accade spesso che le
parti qualifichino un contratto come autonomo al fine di sottrarsi alla disciplina
prevista per il rapporto di lavoro subordinato.
Per tali ragioni, la giurisprudenza ha da ultimo affermato che il nomen juris
dato dalle parti al rapporto di lavoro ha solo rilevanza probatoria residuale.
La progressiva evoluzione delle modalità di svolgimento del rapporto di lavoro
ed, in particolare, della sua organizzazione, l'affermarsi di professionalità
sempre più specializzate e l'imporsi di processi di esteriorizzazione e
terziarizzazione di intere fasi del ciclo produttivo, hanno condotto parte della
giurisprudenza a proporre un nuovo modello, definito della c.d. subordinazione
"attenuata".
Tale giurisprudenza ha, infatti, evidenziato come i suddetti fattori abbiano reso
sempre più difficile il configurarsi, con riferimento a particolari fattispecie di
rapporto di lavoro, di un vincolo di subordinazione, stante l'impossibilità di un
effettivo esercizio del potere di controllo sulle singole fasi dell'attività
lavorativa.
La Suprema Corte ha, in particolare, affermato che: "Ai fini della distinzione tra
rapporto di lavoro subordinato e rapporto di lavoro autonomo, il vincolo di
soggezione del lavoratore al potere direttivo del datore di lavoro - inteso come
sottoposizione a ordini specifici e al diretto e costante controllo datoriale delle
diverse fasi di esecuzione delle prestazioni lavorative - diviene, con l'evolversi
dei sistemi di organizzazione del lavoro verso una sempre più diffusa
esteriorizzazione di interi settori del ciclo produttivo o di una serie di
professionalità specifiche, sempre meno significativo della subordinazione,
mentre, in riferimento a tali nuove realtà, assume valore di indice determinante
della subordinazione l'assunzione per contratto dell'obbligazione di porre a
disposizione del datore di lavoro le proprie energie lavorative e di impiegarle,
con continuità, fedeltà e diligenza, secondo le direttive di ordine generale
impartite dal datore di lavoro e in funzione dei programmi cui è destinata la
prestazione, per il perseguimento dei fini propri dell'impresa datrice di lavoro"
49
.
A questa innovativo orientamento giurisprudenziale si è andata affiancando la
posizione di attenta dottrina, che al fine di adeguare la distinzione fra lavoro
48 Cass. civ. 23 luglio 2004, n. 13884 in Giust. Civ. Mas., 2004, f. 7-8.

49 Cass. Civ. 6 luglio 2001, n. 9167. Nel caso sottoposto al suo esame, in base al suddetto
principio essa ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, che aveva escluso il carattere
subordinato del rapporto di lavoro di una propagandista di prodotti farmaceutici la cui
prestazione doveva svolgersi, seppure con margini di discrezionalità, secondo le direttive di
ordine generale impartite dalla casa farmaceutica che immetteva sul mercato i prodotti e per
le finalità proprie dell'impresa stessa.

46
autonomo e subordinato all'evoluzione dell'organizzazione dell'attività
lavorativa, ha distinto tra autonomia tecnico-esecutiva, propria anche del
rapporto di lavoro subordinato e che lo caratterizzerà sempre più, in ragione
del mutamento delle forme di organizzazione del lavoro, ed autonomia
economico-organizzativa, assente, invece, nel lavoro subordinato.

Riferimenti normativi
Art. 2094. Prestatore di lavoro subordinato. — È prestatore di lavoro
subordinato 50 chi si obbliga mediante retribuzione 51 a collaborare nell’impresa,
prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la
direzione dell’imprenditore52 53.
Art. 2095. Categorie 54 dei prestatori di lavoro. — I prestatori di lavoro
subordinato si distinguono in dirigenti, quadri, impiegati e operai 55.
Le leggi speciali [e le norme corporative] 2, in relazione a ciascun ramo di
produzione e alla particolare struttura dell’impresa, determinano i requisiti di
appartenenza alle indicate categorie [disp. att. 95, 96].
Art. 2224. Esecuzione dell’opera. — Se il prestatore d’opera non procede
all’esecuzione dell’opera secondo le condizioni stabilite dal contratto e a regola
d’arte il committente può fissare un congruo termine 56, entro il quale il
prestatore d’opera deve conformarsi a tali condizioni.
50 Dal lavoro subordinato (locatio operarum) si distingue il lavoro autonomo (locatio operis) [v.
Libro V, Titolo II]. L’elemento che li differenzia è il requisito della subordinazione, intesa come
collaborazione in regime di assoggettamento del lavoratore alle direttive, alla vigilanza e al
controllo del datore. Non sempre, comunque, è facile distinguere i due tipi di rapporto. Per
agevolare tale compito, la dottrina e la giurisprudenza hanno individuato degli indici di
subordinazione che sono: a) l’osservanza di un orario di lavoro; b) l’assenza del rischio
economico del lavoro; c) la natura della prestazione; d) la continuità della prestazione; e) la
predeterminazione della retribuzione; f) l’inserimento stabile del lavoratore nell’organizzazione
del datore. La presenza di tutti questi indici, o la loro prevalenza, consente di qualificare il
rapporto di lavoro come subordinato.

51 Onerosità del lavoro subordinato. Di regola il corrispettivo del lavoro subordinato è stabilito
a tempo (ossia in base alle ore di lavoro svolte). Accanto a questo sistema di retribuzione il
codice prevede anche quello a cottimo [v. 2099], legato cioè alla produttività.

52 La norma non dà una definizione diretta del rapporto di lavoro subordinato, ma fornisce la
nozione del soggetto che la disciplina del lavoro nell’impresa intende tutelare [v. 2095-2134].

53
Cfr. art. 1, l. 18-2-1973, n. 77 (Nuove norme per la tutela del lavoro a domicilio); l. 16-12-1980,
n. 858 (Interpretazione autentica e modificazione dell’art. 1 della legge 18 dicembre 1973, n.
877); artt. 3 e 4, l. 23-3-1981, n. 91 (Norme in materia di rapporti tra società e sportivi
professionisti); artt. 20 ss., d.lgs. 10-9-2003, n. 276 (Riforma del mercato del lavoro).

54 La nozione di categoria è prevista in contrapposizione a quella di qualifica e mansioni.


Queste ultime indicano le attività lavorative, da svolgersi concretamente, previste in contratto.
La qualifica è il nome con cui si indica un insieme di lavoratori, ai quali, in rapporto alle
mansioni svolte (anche diverse tra loro), spetta un identico trattamento economico
(compenso).

55 Comma così sostituito ex art. 1, l. 13-5-1985, n. 190 (Riconoscimento quadri intermedi).

56 Si attribuisce così implicitamente un potere di verifica da parte del committente, potere che
è, invece, espressamente previsto dall’art. 1662 nel contratto di appalto.

47
Trascorso inutilmente il termine fissato 57, il committente può recedere dal
contratto, salvo il diritto al risarcimento dei danni.
Art. 1661. Variazioni ordinate dal committente. — Il committente può
apportare variazioni al progetto, purché il loro ammontare non superi il sesto
del prezzo complessivo convenuto. L’appaltatore ha diritto al compenso per i
maggiori lavori eseguiti, anche se il prezzo dell’opera era stato determinato
globalmente.
La disposizione del comma precedente non si applica quando le variazioni, pur
essendo contenute nei limiti suddetti, importano notevoli modificazioni della
natura dell’opera o dei quantitativi nelle singole categorie di lavori previste nel
contratto per l’esecuzione dell’opera medesima.
Art. 2729. Presunzioni semplici. — Le presunzioni non stabilite dalla legge
sono lasciate alla prudenza del giudice [c.p.c. 116], il quale non deve
ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti 58.
Le presunzioni non si possono ammettere nei casi in cui la legge esclude la
prova per testimoni.
Art. 1362. Intenzione dei contraenti. — Nell’interpretare il contratto si
deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al
senso letterale delle parole.
Per determinare la comune intenzione delle parti, si deve valutare il loro
comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto 59.
Art. 2086. Direzione e gerarchia nell’impresa. — L’imprenditore è il capo
dell’impresa e da lui dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori60.

57 Se il tempo trascorre senza che il prestatore si sia uniformato alla richiesta del committente,
questi può recedere dal contratto, ove ritenga di non potersi avvalere dell’opera così come
realizzata.
Nel contratto d’opera il termine iniziale ha scarso valore, mentre ciò che importa al
committente è che l’opera gli venga consegnata nel termine finale stabilito.

58 Si è affermato in giurisprudenza che il giudice può fondare il proprio convincimento anche


su una sola presunzione che risulti essere in contrasto con gli altri elementi di giudizio acquisiti
al processo, purché questa sia di una tale precisione e gravità da rendere detti elementi
inattendibili.
Al riguardo, si è anche precisato che la prova per presunzioni, ove sia ammessa, è una prova
completa, avente la stessa efficacia dimostrativa degli altri elementi probatori, e non uno
strumento di grado subordinato. Ben può, perciò, il giudice porla a base del proprio
convincimento con preferenza rispetto alle altre prove acquisite.

59 Nell’interpretazione del contratto il giudice deve valutare la volontà comune delle parti:
l’interprete non deve limitarsi al senso letterale che emerge dalle parole adoperate, ma deve
valutare anche il comportamento complessivo delle parti (riferito sia alla fase anteriore alla
stipulazione, sia a quella della conclusione, sia alla fase posteriore del contratto). Tale
comportamento può essere costituito sia da atti materiali, sia da atti giuridici.

60Tra l’imprenditore e i suoi collaboratori si instaura un rapporto di lavoro subordinato [v.


2094], nell’ambito del quale l’imprenditore assume funzioni di direzione e di controllo.
Al potere gerarchico dell’imprenditore, funzionale all’efficienza al ciclo produttivo, si ricollega il
potere di infliggere sanzioni disciplinari [v. 2106]. Cfr. anche artt. 7 e 19 ss., l. 300/1970
(Statuto dei lavoratori).

48
Art. 2087. Tutela delle condizioni di lavoro. — L’imprenditore è tenuto ad
adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del
lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la
personalità morale dei prestatori di lavoro 61.
Art. 2103. Mansioni del lavoratore. 62 — Il prestatore di lavoro 63 deve
essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto 64 o a quelle
corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito
ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna
diminuzione della retribuzione 65. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori
il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta, e
l’assegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto
luogo per sostituzione del lavoratore assente con diritto alla conservazione del
posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non

61 Cfr. art. 9, l. 20-5-1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori) e d.lgs. 23-2-2000, n. 38 (Disposizioni
in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali); in
particolare gli artt. 12 (che specifica il concetto di infortunio in itinere) e 13 (che fornisce una
definizione di danno biologico ai fini della rendita INAIL). Nonché d.lgs. 19-9-1994, n. 626 che
ha dato attuazione a direttive comunitarie riguardanti il miglioramento della sicurezza e della
salute dei lavoratori.
La norma pone, a carico dell’imprenditore, l’obbligo: di tutelare l’integrità psicofisica dei
dipendenti mediante l’adozione ed il mantenimento in efficienza dei presidi antinfortunistici atti
a preservare i lavoratori dai rischi connessi alla loro attività.
La norma gli impone altresì di adeguare gli strumenti di protezione ai progressi tecnologici in
modo da assicurare una costante protezione nel tempo ai dipendenti.
Il datore è altresì tenuto ad impartire direttive ed istruzioni idonee a rendere edotti i dipendenti
dai rischi connessi alla mancata attuazione delle disposizioni ed a vigilare sull’effettiva
attuazione delle misure di sicurezza adottate.
La responsabilità che deriva dalla violazione degli obblighi disposti dall’art. 2087 è di natura
contrattuale [v. Libro IV, Titolo I, Capo II] ma non è escluso un concorso anche di responsabilità
extracontrattuale [v. Libro IV, Titolo IX], in quanto il diritto alla salute è un diritto soggettivo
assoluto. A presidio del rispetto di tale obbligo vi sono anche numerose norme penali,
contenute nel codice penale (artt. 437, 451 c.p.) ed in numerose leggi speciali.

62 Art. così sostituito ex l. 20-5-1970 n. 300 (art. 13) (Statuto dei lavoratori). Per il pubblico
impiego cfr. art. 52, d.lgs. 30-3-2001, n. 165 (T.U. pubblico impiego).

63 Cfr. art. 3, c. 1, l. 9-12-1977 n. 903 (Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di
lavoro); cfr. art. 3, c. 3, d.lgs. 26-3-2001, n. 151 (T.U. maternità e paternità); d.lgs. 9-7-2003, n.
216 (Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro).

64 La norma, nella sua parte iniziale, stabilisce il principio della contrattualità della prestazione
cui il lavoratore è tenuto, che deve essere determinata o determinabile al momento
dell’assunzione con riferimento ai compiti concretamente assegnati.

65 Con riferimento alle mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, è opportuno
precisare che si intendono equivalenti quelle mansioni che non comportano una diversa
collocazione del lavoratore nella gerarchia dell’impresa e che gli garantiscono lo svolgimento e
l’aumento delle capacità professionali acquisite.
Nel contratto di somministrazione di manodopera, previsto e disciplinato dal d.lgs. 276/2003,
nel caso in cui si adibisca il lavoratore a mansioni superiori o comunque a mansioni non
equivalenti a quelle dedotte in contratto, l'utilizzatore deve darne immediata comunicazione
scritta al somministratore consegnandone copia al lavoratore medesimo; in caso di
inadempimento l'utilizzatore risponde in via esclusiva per le differenze retributive e per
l'eventuale risarcimento del danno derivante dall'assegnazione a mansioni inferiori (art. 23).

49
superiore a tre mesi. Egli non può essere trasferito da una unità produttiva ad
un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive 66.
Ogni patto contrario è nullo 67.
Art. 2104. Diligenza del prestatore di lavoro. — Il prestatore di lavoro
deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta,
dall’interesse dell’impresa e da quello superiore della produzione nazionale 68.
Deve inoltre osservare le disposizioni per l’esecuzione e per la disciplina del
lavoro impartite dall’imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali
gerarchicamente dipende 69.
Art. 2105. Obbligo di fedeltà. 70 — Il prestatore di lavoro non deve trattare
affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né

66 Con riferimento alle mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, è opportuno
precisare che si intendono equivalenti quelle mansioni che non comportano una diversa
collocazione del lavoratore nella gerarchia dell’impresa e che gli garantiscono lo svolgimento e
l’aumento delle capacità professionali acquisite.
Nel contratto di somministrazione di manodopera, previsto e disciplinato dal d.lgs. 276/2003,
nel caso in cui si adibisca il lavoratore a mansioni superiori o comunque a mansioni non
equivalenti a quelle dedotte in contratto, l'utilizzatore deve darne immediata comunicazione
scritta al somministratore consegnandone copia al lavoratore medesimo; in caso di
inadempimento l'utilizzatore risponde in via esclusiva per le differenze retributive e per
l'eventuale risarcimento del danno derivante dall'assegnazione a mansioni inferiori (art. 23).
Cfr. art. 6, l. 13-5-1985, n. 190 (Riconoscimento quadri intermedi).

67 Deroghe al divieto di demansionamento, previsto dalla norma, si hanno:


— in presenza di esigenze straordinarie sopravvenute;
— nell’ipotesi prevista dall’art. 7 del d.lgs. 151/2001 (che riprende quanto già disposto dall’art.
3, l. 1204/71 e dall’art. 5 d.lgs. 645/96) che vieta al datore di adibire le lavoratrici durante il
periodo di gestazione e fino a 7 mesi dopo il parto a mansioni pregiudizievoli della salute
autorizzandolo, a tal fine, a spostare le lavoratrici anche a mansioni inferiori;
— nel caso di cui all’art. 4, co. 11, l. 223/91 relativamente ai lavoratori eccedenti, in presenza
di un accordo sindacale che prevede il riassorbimento anche parziale dei lavoratori esuberanti.
La giurisprudenza più recente annovera anche eventi sopravvenuti riferibili alla persona del
lavoratore (ma a lui non imputabili a titolo di colpa), che determinino l’impossibilità di eseguire
le mansioni di assegnazione: in tali circostanze (quali ad esempio l’incompatibilità
sopravvenuta per motivi di salute alle mansioni attuali o l’aggravamento delle condizioni
dell’invalido avviato obbligatoriamente) l’interesse alla conservazione del posto di lavoro
consentirebbe di derogare al divieto di dequalificazione previsto dall’art. 2103 c.c.
Dalla norma è desumibile l’illegittimità (non conformità alla legge per vizi di forma o di
sostanza) di ogni modifica in peius (in peggio) delle mansioni.
La nullità prevista dal comma 2 non è però riferibile ai casi in cui la modifica in peius sia dovuta
ad una situazione di urgenza determinata da forza maggiore [v. 1218].

68 Il comma 1 dell’articolo enuncia le caratteristiche della diligenza richiesta al prestatore di


lavoro nell’adempimento delle obbligazioni contrattuali, ponendo i relativi criteri di valutazione.
Con particolare riferimento al concetto di produzione nazionale, alcuni autori ritengono che
questo dovrebbe essere sostituito con quello di solidarietà economica [v. Cost. 2].

69 La seconda parte della norma prevede l’obbligo di obbedienza del lavoratore alle direttive
che l’imprenditore e i suoi collaboratori impartiscono per adeguare la prestazione lavorativa
alle esigenze dell’impresa. Si tratta di una soggezione giuridica in quanto il lavoratore soggiace
all’esercizio del potere altrui e alle modificazioni che questo produce nella sua posizione
giuridica.

70 Il dovere di fedeltà si sostanzia nell’obbligo di tenere un comportamento leale verso il


datore di lavoro e di tutelarne in ogni modo gli interessi.

50
divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione
dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio 71.
Art. 2118. Recesso dal contratto a tempo indeterminato. 72 — Ciascuno
dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato ,
dando preavviso nel termine e nei modi stabiliti [dalle norme corporative] 2,
dagli usi o secondo equità 73.
In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l’altra parte a
un’indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata
per il periodo di preavviso.
La stessa indennità è dovuta dal datore di lavoro nel caso di cessazione del
rapporto per morte del prestatore di lavoro 74.
Art. 2119. Recesso per giusta causa. — Ciascuno dei contraenti può
recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a
tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato,
qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche
provvisoria, del rapporto 75. Se il contratto è a tempo indeterminato, al
prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l’indennità indicata
nel secondo comma dell’articolo precedente 76.
Non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto il fallimento
dell’imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa dell’azienda [l.f. 194].

Esso si configura come obbligo accessorio a quello principale di svolgere la propria attività
lavorativa.

71 La norma prevede espressamente l’obbligo di fedeltà ponendo due distinti doveri, entrambi
di contenuto negativo (obblighi di non fare): a) divieto di concorrenza; b) obbligo di
riservatezza (divieto di diffondere notizie attinenti l’impresa con pregiudizio per essa). L’obbligo
di riservatezza permane anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro, per un ragionevole
lasso di tempo; il divieto di concorrenza opera, invece, solo in costanza di rapporto e, proprio
per tale caratteristica, va tenuto distinto dal patto di non concorrenza [v. 2125], di analogo
contenuto ma operante in una fase successiva alla cessazione del rapporto di lavoro.

72 Il recesso può essere attuato sia dal prestatore di lavoro (dimissioni) sia dal datore di lavoro
(licenziamento). In generale, il recesso è un negozio unilaterale recettizio (acquista efficacia nel
momento in cui viene a conoscenza dell’altra parte) e costituisce esercizio di un diritto
potestativo in quanto produce effetti, benché manifestazione unilaterale di volontà, nella sfera
giuridica di un altro soggetto.

73 Cfr. artt. 1-2, l. 9-1-1963, n. 7 (Divieto di licenziamento delle lavoratrici per causa di
matrimonio); l. 15-7-1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuali) e l. 11-5-1990, n. 108
(Disciplina dei licenziamenti individuali); art. 10, l. 12-3-1999, n. 68 (Norme per il diritto al
lavoro dei disabili); artt. 54, 56, 59, d.lgs. 26-3-2001, n. 151 (T.U. maternità e paternità); art.
10, c. 4, d.lgs. 6-9-2001, n. 368 sulla facoltà di recesso dei dirigenti dai contratti di lavoro a
tempo determinato; art. 48, d.lgs. 10-9-2003, n. 276 (Riforma del mercato del lavoro).

74 Tra le cause di estinzione del rapporto di lavoro, la norma prevede anche la morte del
prestatore di lavoro: di regola, invece, non produce l’estinzione la morte del datore di lavoro, in
quanto, in tale ipotesi, il rapporto di lavoro continua con i successori dell’imprenditore.

75 Tale situazione ricorre quando sono commessi fatti di particolare gravità, anche estranei
alla sfera del contratto (es.: gravissimo inadempimento; condanna penale per gravi reati), tali
da configurare una irrimediabile negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro e
della fiducia che sta alla base di esso.

51
L. 20 maggio 1970, n. 300.
Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà
sindacale e
dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento.
TITOLO I
Della libertà e dignità del lavoratore
Art. 1. Libertà di opinione.
1. I lavoratori, senza distinzione di opinioni politiche, sindacali e di fede
religiosa, hanno diritto, nei luoghi dove prestano la loro opera, di manifestare
liberamente il proprio pensiero, nel rispetto dei principi della Costituzione e
delle norme della presente legge.
Art. 2. Guardie giurate.
1. Il datore di lavoro può impiegare le guardie particolari giurate, di cui agli
articoli 133 e seguenti del testo unico approvato con regio decreto 18 giugno
1931, numero 773, soltanto per scopi di tutela del patrimonio aziendale.
2. Le guardie giurate non possono contestare ai lavoratori azioni o fatti diversi
da quelli che attengono alla tutela del patrimonio aziendale.
3. È fatto divieto al datore di lavoro di adibire alla vigilanza sull'attività
lavorativa le guardie di cui al primo comma, le quali non possono accedere nei
locali dove si svolge tale attività, durante lo svolgimento della stessa, se non
eccezionalmente per specifiche e motivate esigenze attinenti ai compiti di cui
al primo comma.
4. In caso di inosservanza da parte di una guardia particolare giurata delle
disposizioni di cui al presente articolo, l'Ispettorato del lavoro ne promuove
presso il questore la sospensione dal servizio, salvo il provvedimento di revoca
della licenza da parte del prefetto nei casi più gravi.
Art. 3. Personale di vigilanza.
1. I nominativi e le mansioni specifiche del personale addetto alla vigilanza
dell'attività lavorativa debbono essere comunicati ai lavoratori interessati.
Art. 4. Impianti audiovisivi.
1. È vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di
controllo a distanza dell'attività dei lavoratori.
2. Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze
organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi
anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, possono
essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali

La giusta causa si distingue dal giustificato motivo previsto dall’art. 3, l. n. 604/1966, che
costituisce l’ulteriore presupposto integrante l’obbligo di motivazione del licenziamento e che si
verifica allorché l’inadempimento del lavoratore sia di minore gravità rispetto all’ipotesi della
giusta causa. L’inadempimento che costituisce «giustificato motivo di licenziamento» deve
necessariamente attenere agli obblighi contrattuali del lavoratore, e non anche a fatti esterni al
rapporto di lavoro; inoltre, data la minore rilevanza dell’inadempimento, non si legittima una
interruzione immediata del rapporto sicché dovranno essere osservati i termini di preavviso ai
sensi dell’art. 2118.

76 Indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di
preavviso. Cfr. art. 4, l. 15-8-1949, n. 533 (Norme sulla durata dei contratti individuali di lavoro
dei salariati fissi dell’agricoltura e sulle relative controversie); art. 1, l. 15-7-1966, n. 604
(Norme sui licenziamenti individuali).

52
aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In
difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l'Ispettorato del
lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l'uso di tali impianti.
3. Per gli impianti e le apparecchiature esistenti, che rispondano alle
caratteristiche di cui al secondo comma del presente articolo, in mancanza di
accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o con la commissione
interna, l'Ispettorato del lavoro provvede entro un anno dall'entrata in vigore
della presente legge, dettando all'occorrenza le prescrizioni per l'adeguamento
e le modalità di uso degli impianti suddetti.
4. Contro i provvedimenti dell'Ispettorato del lavoro, di cui ai precedenti
secondo e terzo comma, il datore di lavoro, le rappresentanze sindacali
aziendali o, in mancanza di queste, la commissione interna, oppure i sindacati
dei lavoratori di cui al successivo art. 19 possono ricorrere, entro 30 giorni dalla
comunicazione del provvedimento, al Ministro per il lavoro e la previdenza
sociale.
Art. 5. Accertamenti sanitari.
1. Sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla
infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente.
2. Il controllo delle assenze per infermità può essere effettuato soltanto
attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, i quali sono
tenuti a compierlo quando il datore di lavoro lo richieda.
3. Il datore di lavoro ha facoltà di far controllare la idoneità fisica del lavoratore
da parte di enti pubblici ed istituti specializzati di diritto pubblico.
Art. 6. Visite personali di controllo.
1. Le visite personali di controllo sul lavoratore sono vietate fuorché nei casi in
cui siano indispensabili ai fini della tutela del patrimonio aziendale, in relazione
alla qualità degli strumenti di lavoro o delle materie prime o dei prodotti.
2. In tali casi le visite personali potranno essere effettuate soltanto a
condizione che siano eseguite all'uscita dei luoghi di lavoro, che siano
salvaguardate la dignità e la riservatezza del lavoratore e che avvengano con
l'applicazione di sistemi di selezione automatica riferiti alla collettività o a
gruppi di lavoratori.
3. Le ipotesi nelle quali possono essere disposte le visite personali, nonché,
ferme restando le condizioni di cui al secondo comma del presente articolo, le
relative modalità debbono essere concordate dal datore di lavoro con le
rappresentanze sindacali aziendali oppure, in mancanza di queste, con la
commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro,
provvede l'Ispettorato del lavoro.
4. Contro i provvedimenti dell'Ispettorato del lavoro di cui al precedente
comma, il datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali o, in
mancanza di queste, la commissione interna, oppure i sindacati dei lavoratori
di cui al successivo articolo 19 possono ricorrere, entro 30 giorni dalla
comunicazione del provvedimento, al Ministro per il lavoro e la previdenza
sociale.
Art. 7. Sanzioni disciplinari.
1. Le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione alle
quali ciascuna di esse può essere applicata ed alle procedure di contestazione
delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante
affissione in luogo accessibile a tutti. Esse devono applicare quanto in materia
è stabilito da accordi e contratti di lavoro ove esistano.
53
2. Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei
confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l'addebito e
senza averlo sentito a sua difesa.
3. Il lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante dell'associazione
sindacale cui aderisce o conferisce mandato.
4. Fermo restando quanto disposto dalla legge 15 luglio 1966, n. 604, non
possono essere disposte sanzioni disciplinari che comportino mutamenti
definitivi del rapporto di lavoro; inoltre la multa non può essere disposta per un
importo superiore a quattro ore della retribuzione base e la sospensione dal
servizio e dalla retribuzione per più di dieci giorni.
5. In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale
non possono essere applicati prima che siano trascorsi cinque giorni dalla
contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa.
6. Salvo analoghe procedure previste dai contratti collettivi di lavoro e ferma
restando la facoltà di adire l'autorità giudiziaria, il lavoratore al quale sia stata
applicata una sanzione disciplinare può promuovere, nei venti giorni successivi,
anche per mezzo dell'associazione alla quale sia iscritto ovvero conferisca
mandato, la costituzione, tramite l'ufficio provinciale del lavoro e della
massima occupazione, di un collegio di conciliazione ed arbitrato, composto da
un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro scelto di
comune accordo o, in difetto di accordo, nominato dal direttore dell'ufficio del
lavoro. La sanzione disciplinare resta sospesa fino alla pronuncia da parte del
collegio.
7. Qualora il datore di lavoro non provveda, entro dieci giorni dall'invito
rivoltogli dall'ufficio del lavoro, a nominare il proprio rappresentante in seno al
collegio di cui al comma precedente, la sanzione disciplinare non ha effetto. Se
il datore di lavoro adisce l'autorità giudiziaria, la sanzione disciplinare resta
sospesa fino alla definizione del giudizio.
8. Non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due
anni dalla
loro applicazione.
Art. 8. Divieto di indagini sulle opinioni.
1. È fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell'assunzione, come nel corso dello
svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di
terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti
non rilevanti ai fini della valutazione dell'attitudine professionale del lavoratore.

Importante, in questa discussione, il D.L. 1825/1924 sull’impiego privato,


approvato per ragioni politiche del regime di catalogare la piccola borghesia
(impiegati). È importante poiché assegna diritti.

R.D.L. 13 novembre 1924, n. 1825


Convertito in Legge 18.3.1926 n. 562
Disposizioni relative al contratto d’impiego privato.
Art. 1. Il contratto d’impiego privato, di cui nel presente decreto, è quello per il
quale una società o un privato, gestori di un’azienda, assumono al servizio
dell’azienda stessa 77, normalmente a tempo indeterminato, l’attività
professionale dell’altro contraente, con funzioni di collaborazione tanto di

77 dipendenza

54
concetto che di ordine78, eccettuata pertanto ogni prestazione che sia
semplicemente di mano d’opera.
Il contratto d’impiego privato può anche essere fatto con prefissione di
termine; tuttavia saranno applicabili in tal caso le disposizioni del presente
decreto che presuppongono il contratto a tempo indeterminato, quando
l’aggiunzione del termine non risulti giustificata dalla specialità del rapporto ed
apparisca invece fatta per eludere le disposizioni del decreto.
Artt. 2 – 20 (omissis).

LAVORO A PROGETTO
(Artt. 61-68 D. Lgs. 276/2003, Circ 01/2004, Circ 17/2006)
Titolo VII - TIPOLOGIE CONTRATTUALI A PROGETTO E OCCASIONALI
Capo I - Lavoro a progetto e lavoro occasionale
Art. 61. - Definizione e campo di applicazione
1. Ferma restando la disciplina per gli agenti e i rappresentanti di commercio, i
rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente
personale e senza vincolo di subordinazione, di cui all'articolo 409, n. 3, del
codice di procedura civile devono essere riconducibili a uno o più progetti
specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e
gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato79, nel rispetto
del coordinamento con la organizzazione del committente e
indipendentemente dal tempo impiegato per l'esecuzione della attività
lavorativa.
2. Dalla disposizione di cui al comma 1 sono escluse le prestazioni occasionali,
intendendosi per tali i rapporti di durata complessiva non superiore a trenta
giorni nel corso dell'anno solare con lo stesso committente, salvo che il
compenso complessivamente percepito nel medesimo anno solare sia
superiore a 5 mila euro, nel qual caso trovano applicazione le disposizioni
contenute nel presente capo.
3. Sono escluse dal campo di applicazione del presente capo le professioni
intellettuali per l'esercizio delle quali é necessaria l'iscrizione in appositi albi
professionali, esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto
legislativo, nonché i rapporti e le attività di collaborazione coordinata e
continuativa comunque rese e utilizzate a fini istituzionali in favore delle
associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive
nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva
riconosciute dal C.O.N.I., come individuate e disciplinate dall'articolo 90 della
legge 27 dicembre 2002, n. 289. Sono altresì esclusi dal campo di applicazione
del presente capo i componenti degli organi di amministrazione e controllo
delle società e i partecipanti a collegi e commissioni nonché coloro che
percepiscono la pensione di vecchiaia.
4. Le disposizioni contenute nel presente capo non pregiudicano l'applicazione
di clausole di contratto individuale o di accordo collettivo più favorevoli per il
collaboratore a progetto.
Art. 62. – Forma

78 Impiegato d’ordine e impiegato di concetto

79 Obbligazione di risultato.

55
1. Il contratto di lavoro a progetto é stipulato in forma scritta e deve contenere,
ai fini della prova, i seguenti elementi:
a) indicazione della durata, determinata o determinabile, della prestazione di
lavoro;
b) indicazione del progetto o programma di lavoro, o fasi di esso, individuata
nel suo contenuto caratterizzante, che viene dedotto in contratto80;
c) il corrispettivo e i criteri per la sua determinazione, nonché i tempi e le
modalità di pagamento e la disciplina dei rimborsi spese;
d) le forme di coordinamento del lavoratore a progetto al committente sulla
esecuzione, anche temporale81, della prestazione lavorativa, che in ogni caso
non possono essere tali da pregiudicarne l'autonomia nella esecuzione
dell'obbligazione lavorativa;

80
Il progetto deve essere sufficientemente specifico e identificabile (v. art. 69).

81 Non coincide con l’imposizione di un orario.

56
e) le eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del collaboratore a
progetto, fermo restando quanto disposto dall'articolo 66, comma 4.
Art. 63. – Corrispettivo
1. Il compenso corrisposto ai collaboratori a progetto deve essere
proporzionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito, e deve tenere conto
dei compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro
autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto.
Art. 64. - Obbligo di riservatezza
1. Salvo diverso accordo tra le parti il collaboratore a progetto può svolgere la
sua attività a favore di più committenti82.
2. Il collaboratore a progetto non deve svolgere attività in concorrenza con i
committenti né, in ogni caso, diffondere notizie e apprezzamenti attinenti ai
programmi e alla organizzazione di essi, né compiere, in qualsiasi modo, atti in
pregiudizio della attività dei committenti medesimi.
Art. 65. - Invenzioni del collaboratore a progetto
1. Il lavoratore a progetto ha diritto di essere riconosciuto autore della
invenzione fatta nello svolgimento del rapporto.
2. I diritti e gli obblighi delle parti sono regolati dalle leggi speciali, compreso
quanto previsto dall'articolo 12-bis della legge 22 aprile 1941, n. 633, e
successive modificazioni.
Art. 66. - Altri diritti del collaboratore a progetto
1. La gravidanza, la malattia e l'infortunio del collaboratore a progetto non
comportano l'estinzione del rapporto contrattuale, che rimane sospeso, senza
erogazione del corrispettivo.
2. Salva diversa previsione del contratto individuale, in caso di malattia e
infortunio la sospensione del rapporto non comporta una proroga della durata
del contratto, che si estingue alla scadenza. Il committente può comunque
recedere dal contratto se la sospensione si protrae per un periodo superiore a
un sesto della durata stabilita nel contratto, quando essa sia determinata,
ovvero superiore a trenta giorni per i contratti di durata determinabile.
3. In caso di gravidanza, la durata del rapporto é prorogata per un periodo di
centottanta giorni, salva più favorevole disposizione del contratto individuale.
4. Oltre alle disposizioni di cui alla legge 11 agosto 1973, n. 533, e successive
modificazioni e integrazioni, sul processo del lavoro e di cui all'articolo 64 del
decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni, ai
rapporti che rientrano nel campo di applicazione del presente capo si applicano
le norme sulla sicurezza e igiene del lavoro di cui al decreto legislativo n. 626
del 1994 e successive modifiche e integrazioni, quando la prestazione
lavorativa si svolga nei luoghi di lavoro del committente, nonché le norme di
tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, le norme di cui
all'articolo 51, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e del decreto
del Ministero del lavoro e della previdenza sociale in data 12 gennaio 2001,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 71 del 26 marzo 2001.
Art. 67. - Estinzione del contratto e preavviso
1. I contratti di lavoro di cui al presente capo si risolvono al momento della
realizzazione del progetto o del programma o della fase di esso che ne
costituisce l'oggetto.

82 La pluricommitenza è indice di autonomia.

57
2. Le parti possono recedere prima della scadenza del termine per giusta causa
ovvero secondo le diverse causali o modalità, incluso il preavviso, stabilite dalle
parti nel contratto di lavoro individuale.

Art. 68. - Rinunzie e transazioni


1. I diritti derivanti dalle disposizioni contenute nel presente capo possono
essere oggetto di rinunzie o transazioni tra le parti in sede di certificazione del
rapporto di lavoro di cui al Titolo V del presente decreto legislativo.
1. Nella riconduzione a un progetto, programma di lavoro o fase di
esso dei contratti di cui all’articolo 61, comma 1, i diritti derivanti da
un rapporto di lavoro già in essere possono essere oggetto di rinunzie
o transazioni tra le parti in sede di certificazione del rapporto di
lavoro di cui al Titolo VIII del presente decreto legislativo secondo lo
schema dell’articolo 2113 del codice civile. (DLGS 251/2004)
Art. 69. - Divieto di rapporti di collaborazione coordinata e
continuativa atipici e conversione del contratto
1. I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza
l'individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso ai
sensi dell'articolo 61, comma 1, sono considerati rapporti di lavoro subordinato
a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto.
2. Qualora venga accertato dal giudice che il rapporto instaurato ai sensi
dell'articolo 61 sia venuto a configurare un rapporto di lavoro subordinato, esso
si trasforma in un rapporto di lavoro subordinato corrispondente alla tipologia
negoziale di fatto realizzatasi tra le parti.
3. Ai fini del giudizio di cui al comma 2, il controllo giudiziale é limitato
esclusivamente, in conformità ai principi generali dell'ordinamento,
all'accertamento della esistenza del progetto, programma di lavoro o fase di
esso e non può essere esteso fino al punto di sindacare nel merito valutazioni e
scelte tecniche, organizzative o produttive che spettano al committente.

LA CERTIFICAZIONE
Titolo VIII - PROCEDURE DI CERTIFICAZIONE
Capo I - Certificazione dei contratti di lavoro
Art. 75. - Finalità
1. Al fine di ridurre il contenzioso in materia di qualificazione dei contatti di
lavoro intermittente, ripartito, a tempo parziale e a progetto di cui al presente
decreto, nonché dei contratti di associazione in partecipazione di cui agli
articoli 2549-2554 del codice civile, le parti possono ottenere la certificazione
del contratto secondo la procedura volontaria stabilita nel presente Titolo.
1. Al fine di ridurre il contenzioso in materia di qualificazione dei
contratti di lavoro le parti possono ottenere la certificazione del
contratto secondo la procedura volontaria stabilita nel presente
Titolo. (DLGS 251/2004)
Art. 76. - Organi di certificazione
1. Sono organi abilitati alla certificazione dei contratti di lavoro le commissioni
di certificazione istituite presso:
a) gli enti bilaterali costituiti nell'ambito territoriale di riferimento ovvero a
livello nazionale quando la commissione di certificazione sia costituita
nell'ambito di organismi bilaterali a competenza nazionale;
58
b) le Direzioni provinciali del lavoro e le province, secondo quanto stabilito da
apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali entro sessanta
giorni dalla entrata in vigore del presente decreto;
c) le università pubbliche e private, comprese le Fondazioni universitarie,
registrate nell'albo di cui al comma 2, esclusivamente nell'ambito di rapporti di
collaborazione e consulenza attivati con docenti di diritto del lavoro di ruolo ai
sensi dell'articolo 66 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio
1980, n. 382;
c-bis) il Ministero del lavoro e delle politiche sociali – Direzione
generale della tutela delle condizioni di lavoro, esclusivamente nei
casi in cui il datore di lavoro abbia le proprie sedi di lavoro in almeno
due province anche di regioni diverse ovvero per quei datori di lavoro
con unica sede di lavoro associati ad organizzazioni imprenditoriali
che abbiano predisposto a livello nazionale schemi di convenzioni
certificati dalla commissione di certificazione istituita presso il
Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nell’ambito delle risorse
umane e strumentali già operanti presso la Direzione generale della
tutela delle condizioni di lavoro; (fin2006)
c-ter) i consigli provinciali dei consulenti del lavoro di cui alla legge 11
gennaio 1979, n. 12, esclusivamente per i contratti di lavoro instaurati
nell’ambito territoriale di riferimento e senza nuovi o maggiori oneri
per la finanza pubblica. (fin 2006)
1-bis. Nel solo caso di cui al comma 1, lettera c-bis), le commissioni di
certificazione istituite presso le direzioni provinciali del lavoro e le
province limitano la loro funzione alla ratifica di quanto certificato
dalla commissione di certificazione istituita presso il Ministero del
lavoro e delle politiche sociali. (fin 2006)
2. Per essere abilitate alla certificazione ai sensi del comma 1, le università
sono tenute a registrarsi presso un apposito albo istituito presso il Ministero del
lavoro e delle politiche sociali con apposito decreto del Ministro del lavoro e
delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'istruzione, della università
e della ricerca. Per ottenere la registrazione le università sono tenute a inviare,
all'atto della registrazione e ogni sei mesi, studi ed elaborati contenenti indici e
criteri giurisprudenziali di qualificazione dei contratti di lavoro con riferimento a
tipologie di lavoro indicate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
3. Le commissioni istituite ai sensi dei commi che precedono possono
concludere convenzioni con le quali prevedano la costituzione di una
commissione unitaria di certificazione.
Art. 77. - Competenza
1. Nel caso in cui le parti intendano presentare l'istanza di avvio della
procedura di certificazione presso le commissioni di cui all'articolo 76, comma
1, lettera b), le parti stesse devono rivolgersi alla commissione nella cui
circoscrizione si trova l'azienda o una sua dipendenza alla quale sarà addetto il
lavoratore. Nel caso in cui le parti intendano presentare l'istanza di avvio della
procedura di certificazione alle commissioni istituite a iniziativa degli enti
bilaterali, esse devono rivolgersi alle commissioni costituite dalle rispettive
associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro.
Art. 78. - Procedimento di certificazione e codici di buone pratiche
1. La procedura di certificazione é volontaria e consegue obbligatoriamente a
una istanza scritta comune delle parti del contratto di lavoro.
59
2. Le procedure di certificazione sono determinate all'atto di costituzione delle
commissioni di certificazione e si svolgono nel rispetto dei codici di buone
pratiche di cui al comma 4, nonché dei seguenti principi:
a) l'inizio del procedimento deve essere comunicato alla Direzione provinciale
del lavoro che provvede a inoltrare la comunicazione alle autorità pubbliche nei
confronti delle quali l'atto di certificazione é destinato a produrre effetti. Le
autorità pubbliche possono presentare osservazioni alle commissioni di
certificazione;
b) il procedimento di certificazione deve concludersi entro il termine di trenta
giorni dal ricevimento della istanza;
c) l'atto di certificazione deve essere motivato e contenere il termine e
l'autorità cui é possibile ricorrere;
d) l'atto di certificazione deve contenere esplicita menzione degli effetti, civili,
amministrativi, previdenziali o fiscali, in relazione ai quali le parti richiedono la
certificazione.
3. I contratti di lavoro certificati, e la relativa pratica di documentazione,
devono essere conservati presso le sedi di certificazione, per un periodo di
almeno cinque anni a far data dalla loro scadenza. Copia del contratto
certificato può essere richiesta dal servizio competente di cui all'articolo 4-bis,
comma 5, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, oppure dalle altre
autorità pubbliche nei confronti delle quali l'atto di certificazione é destinato a
produrre effetti.
4. Entro sei mesi dalla entrata in vigore del presente decreto legislativo, il
Ministro del lavoro e delle politiche sociali adotta con proprio decreto codici di
buone pratiche per l'individuazione delle clausole indisponibili in sede di
certificazione dei rapporti di lavoro, con specifico riferimento ai diritti e ai
trattamenti economici e normativi. Tali codici recepiscono, ove esistano, le
indicazioni contenute negli accordi interconfederali stipulati da associazioni dei
datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul
piano nazionale.
5. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali vengono altresì
definiti appositi moduli e formulari per la certificazione del contratto o del
relativo programma negoziale, che tengano conto degli orientamenti
giurisprudenziali prevalenti in materia di qualificazione del contratto di lavoro,
come autonomo o subordinato, in relazione alle diverse tipologie di lavoro.
Art. 79. - Efficacia giuridica della certificazione83
1. Gli effetti dell'accertamento dell'organo preposto alla certificazione del
contratto di lavoro permangono, anche verso i terzi84, fino al momento in cui sia
stato accolto, con sentenza di merito, uno dei ricorsi giurisdizionali esperibili ai
sensi dell'articolo 80, fatti salvi i provvedimenti cautelari.
Art. 80. - Rimedi esperibili nei confronti della certificazione

83 Si riducono le possibilità di andare in giudizio.

84 Riferito soprattutto all’INPS.

60
1. Nei confronti dell'atto di certificazione, le parti e i terzi nella cui sfera
giuridica l'atto stesso è destinato a produrre effetti, possono proporre ricorso,
presso l'autorità giudiziaria di cui all'articolo 413 del codice di procedura civile,
per erronea qualificazione del contratto oppure difformità tra il programma
negoziale certificato e la sua successiva attuazione. Sempre presso la
medesima autorità giudiziaria, le parti del contratto certificato potranno
impugnare l'atto di certificazione anche per vizi del consenso.
2. L'accertamento giurisdizionale dell'erroneità della qualificazione ha effetto
fin dal momento della conclusione dell'accordo contrattuale. L'accertamento
giurisdizionale della difformità tra il programma negoziale e quello
effettivamente realizzato ha effetto a partire dal momento in cui la sentenza
accerta che ha avuto inizio la difformità stessa.
3. Il comportamento complessivo tenuto dalle parti in sede di certificazione del
rapporto di lavoro e di definizione della controversia davanti alla commissione
di certificazione potrà essere valutato dal giudice del lavoro, ai sensi degli
articoli 9, 92 e 96 del codice di procedura civile.
4. Chiunque presenti ricorso giurisdizionale contro la certificazione ai sensi dei
precedenti commi 1 e 3, deve previamente rivolgersi obbligatoriamente alla
commissione di certificazione che ha adottato l'atto di certificazione per
espletare un tentativo di conciliazione ai sensi dell'articolo 410 del codice di
procedura civile.
5. Dinnanzi al tribunale amministrativo regionale nella cui giurisdizione ha sede
la commissione che ha certificato il contratto, può essere presentato ricorso
contro l'atto certificatorio per violazione del procedimento o per eccesso di
potere.

Art. 81. - Attività di consulenza e assistenza alle parti


1. Le sedi di certificazione di cui all'articolo 75 svolgono anche funzioni di
consulenza e assistenza effettiva alle parti contrattuali, sia in relazione alla
stipulazione del contratto di lavoro e del relativo programma negoziale sia in
relazione alle modifiche del programma negoziale medesimo concordate in
sede di attuazione del rapporto di lavoro, con particolare riferimento alla
disponibilità dei diritti e alla esatta qualificazione dei contratti di lavoro.
Capo II - Altre ipotesi di certificazione
Art. 82. - Rinunzie e transazioni
1. Le sedi di certificazione di cui all'articolo 76, comma 1, lettera a), del
presente decreto legislativo sono competenti altresì a certificare le rinunzie e
transazioni di cui all'articolo 2113 del codice civile a conferma della volontà
abdicativa o transattiva delle parti stesse.
Art. 83. - Deposito del regolamento interno delle cooperative
1. La procedura di certificazione di cui al capo I é estesa all'atto di deposito del
regolamento interno delle cooperative riguardante la tipologia dei rapporti di
lavoro attuati o che si intendono attuare, in forma alternativa, con i soci
lavoratori, ai sensi dell'articolo 6 della legge 3 aprile 2001, n. 142, e successive
modificazioni. La procedura di certificazione attiene al contenuto del
regolamento depositato.

61
2. Nell'ipotesi di cui al comma 1, la procedura di certificazione deve essere
espletata da specifiche commissioni istituite nella sede di certificazione di cui
all'articolo 76, comma 1, lettera b). Tali commissioni sono presiedute da un
presidente indicato dalla provincia e sono costituite, in maniera paritetica, da
rappresentanti delle associazioni di rappresentanza, assistenza e tutela del
movimento cooperativo e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori,
comparativamente più rappresentative.
Art. 84. - Interposizione illecita e appalto genuino
1. Le procedure di certificazione di cui al capo primo possono essere utilizzate,
sia in sede di stipulazione di appalto di cui all'articolo 1655 del codice civile sia
nelle fasi di attuazione del relativo programma negoziale, anche ai fini della
distinzione concreta tra somministrazione di lavoro e appalto ai sensi delle
disposizioni di cui al Titolo III del presente decreto legislativo.
2. Entro sei mesi dalla entrata in vigore del presente decreto, il Ministro del
lavoro e delle politiche sociali adotta con proprio decreto codici di buone
pratiche e indici presuntivi in materia di interposizione illecita e appalto
genuino, che tengano conto della rigorosa verifica della reale organizzazione
dei mezzi e della assunzione effettiva del rischio tipico di impresa da parte
dell'appaltatore. Tali codici e indici presuntivi recepiscono, ove esistano, le
indicazioni contenute negli accordi interconfederali o di categoria stipulati da
associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale.

IL LAVORO A PROGETTO NELLE CIRCOLARI


MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
CIRCOLARE N. 1/2004
Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 14 gennaio 2004 n. 10
Roma, 8 gennaio 2004
Prot. 5/25011/M/LAV.PR
Oggetto:Disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative nella modalità
c.d. a progetto. Decreto legislativo n. 276/03.
I. IL CONTRATTO DI COLLABORAZIONE COORDINATA E CONTINUATIVA NELLA
MODALITA C.D. A PROGETTO: DEFINIZIONE E CAMPO DI APPLICAZIONE
La definizione di lavoro a progetto – e la relativa disciplina – è contenuta negli
articoli da 61 a 69 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.
Ai sensi dell'art. 61, comma 1, i rapporti di collaborazione coordinata e
continuativa di cui all'art. 409, n. 3, c.p.c. devono essere "riconducibili a uno o
più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal
committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del
risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente
e indipendentemente dal tempo impiegato per l'esecuzione della attività
lavorativa".
L'art. 61 non sostituisce e/o modifica l'art. 409, n. 3, c.p.c. bensì individua, per
l'ambito di applicazione del decreto e - nello specifico - della medesima
disposizione, le modalità di svolgimento della prestazione di lavoro del
collaboratore, utili ai fini della qualificazione della fattispecie nel senso della
autonomia o della subordinazione.
Sul piano generale, peraltro, il lavoro a progetto non tende, allo stato, ad
assorbire tutti i modelli contrattuali riconducibili in senso lato all'area della c.d.
parasubordinazione. L'articolo 61, oltre a definire positivamente le modalità di
62
svolgimento delle collaborazioni coordinate e continuative c.d. a progetto,
esclude infatti dalla riconducibilità a tale tipo contrattuale:
le prestazioni occasionali, intendendosi per tali i rapporti di durata complessiva
non superiore a trenta giorni nel corso dell'anno solare con lo stesso
committente, salvo che il compenso complessivamente percepito nel
medesimo anno solare, sempre con il medesimo committente, sia superiore a 5
mila Euro. Si tratta di collaborazioni coordinate e continuative per le quali, data
la loro limitata "portata", si è ritenuto non fosse necessario il riferimento al
progetto e, dunque, di sottrarle dall'ambito di applicazione della nuova
disciplina; tali rapporti di collaborazione coordinata e continuativa si
distinguono sia dalle prestazioni occasionali di tipo accessorio rese da
particolari soggetti di cui agli articoli 70 e seguenti del decreto legislativo, sia
dalle attività di lavoro autonomo occasionale vero e proprio, ossia dove non si
riscontra un coordinamento ed una continuità nelle prestazioni e che proprio
per questa loro natura non sono soggette agli obblighi contributivi previsti per
le collaborazioni coordinate e continuative bensì a quelli di cui all'articolo 44,
comma 2, del decreto-legge n. 269 del 30 settembre 2003, convertito, con
modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326;
gli agenti ed i rappresentanti di commercio continuano ad essere regolati dalle
discipline speciali;
le professioni intellettuali, per le quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi
professionali, esistenti alla data del 24 ottobre 2003;
le collaborazioni rese nei confronti delle associazioni e società sportive
dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline
sportive associate ed agli Enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI
(art.90 legge n. 289/02);
componenti di organi di amministrazione e controllo di società;
partecipanti a collegi e commissioni;
collaboratori che percepiscano pensione di vecchiaia.
La disciplina che emerge dall'art. 61 è, come detto, finalizzata a impedire
l'utilizzo improprio o fraudolento delle collaborazioni coordinate e continuative.
Al di fuori del campo di applicazione dell'art. 61 si collocano, con tutta
evidenza, fattispecie che non presentano significativi rischi di elusione della
normativa inderogabile del diritto del lavoro.
Occorre, peraltro, ribadire che sia l'introduzione nel nostro ordinamento della
fattispecie dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa nella
modalità a progetto sia la previsione di rapporti di collaborazione coordinata e
continuativa a carattere occasionale ex art. 61, comma 2, del d. lgs. n. 276/03,
non hanno certamente comportato l'abrogazione delle disposizioni del
contratto d'opera di cui all'art. 2222 e ss. del codice civile. Ne consegue che, ad
esempio, nel caso di un prestatore d'opera che superi, nei rapporti con uno
stesso committente, uno dei due limiti previsti dall'art. 61, comma 2, del d. lgs.
n. 276/03, non necessariamente dovrà veder qualificato il proprio rapporto
come collaborazione a progetto o a programma, ben potendosi verificare il
caso che quel prestatore abbia reso una o più prestazioni d'opera ai sensi
dell'art. 2222 e seguenti del codice civile.
L'articolo 3 della legge n. 91 del 23 marzo 1981 ha previsto, al secondo
comma, talune ipotesi in cui la prestazione sportiva dell'atleta è resa nella
forma del contratto di lavoro autonomo; lavoro autonomo che può anche
svolgersi, qualora ne ricorrano i presupposti, in forma di collaborazione
63
coordinata e continuativa. Deve ritenersi che in quest'ultimo caso, trattandosi
di attività tipiche contemplate espressamente dal legislatore, non si applichi la
disposizione che prevede la necessità dell'indicazione di un progetto.
Va precisato, altresì, che nell'espressione "collegi e commissioni" delle società,
sopra richiamati, sono inclusi anche quegli organismi aventi natura tecnica.
Nella esclusione dei percettori di pensione di anzianità, è evidente che
debbano essere compresi quei soggetti, titolari di pensione di anzianità o di
invalidità che, ai sensi della normativa vigente, al raggiungimento del 65° anno
di età, vedono automaticamente trasformato il loro trattamento in pensione di
vecchiaia.
Va peraltro rilevato che, ai sensi dell'art. 1 del decreto legislativo n. 276/03, la
pubblica amministrazione può continuare a stipulare contratti di collaborazione
senza tener conto dei limiti introdotti dalla novella mantenendo il riferimento
all'art. 409 n. 3 c.p.c. la cui previsione, per i rapporti che vedano una parte
pubblica, non ha subito modificazioni in attesa delle eventuali future
determinazioni da adottarsi, ai sensi del comma 8 dell'art. 86 del decreto
legislativo n. 276/03, da parte del Ministro per la Funzione pubblica e delle
organizzazioni sindacali, in sede di armonizzazione dei profili conseguenti
all'entrata in vigore del decreto legislativo in argomento.
Si deve evidenziare, infine, che nell'ambito di applicazione della disciplina in
esame dal 24 ottobre 2003 non è più possibile porre in essere rapporti
ascrivibili alla collaborazione coordinata e continuativa che non siano
riconducibili alla modalità del lavoro a progetto, fatte salve le ipotesi di cui
all'articolo 61, sopra richiamate, per le quali continua a trovare applicazione la
previgente disciplina.
II. I REQUISITI QUALIFICANTI DELLA FATTISPECIE
Le collaborazioni coordinate e continuative secondo il modello approntato dal
legislatore, oltre al requisito del progetto, programma di lavoro o fase di esso,
che costituisce mera modalità organizzativa della prestazione lavorativa,
restano caratterizzate dall'elemento qualificatorio essenziale, rappresentato
dall'autonomia del collaboratore (nello svolgimento della attività lavorativa
dedotta nel contratto e funzionalizzata alla realizzazione del progetto,
programma di lavoro o fase di esso), dalla necessaria coordinazione con il
committente, e dall'irrilevanza del tempo impiegato per l'esecuzione della
prestazione.
Quanto a quest'ultimo requisito, va comunque ricordato che l'art. 62, comma 1,
lett. d), del decreto legislativo, prevede che tra le forme di coordinamento
dell'esecuzione della prestazione del collaboratore a progetto
all'organizzazione del committente sono comprese anche forme di
coordinamento temporale. Ond'è che l'autonomia del collaboratore a progetto
si esplicherà pienamente, quanto al tempo impiegato per l'esecuzione della
prestazione, all'interno delle pattuizioni intervenute tra le parti su dette forme
di coordinamento.
Tali requisiti costituiscono il fulcro della differenziazione tra la tipologia
contrattuale in esame e quelle riconducibili, da un lato, al lavoro subordinato e,
dall'altro, al lavoro autonomo (art. 2222 c.c.).
Con particolare riguardo al lavoro a tempo determinato, ove la prestazione è
resa con vincolo di subordinazione ed il termine delimita pertanto
esclusivamente il periodo in cui il lavoratore è a disposizione del datore di
lavoro per lo svolgimento delle mansioni contrattualmente individuate, il lavoro
64
a progetto si differenzia per ciò che la durata del rapporto è funzionale alla
realizzazione del progetto, programma di lavoro o fase di esso, in regime di
totale autonomia.
In tal senso, infatti, è significativo che ai sensi dell'art. 61, comma 1, il
collaboratore deve gestire il progetto in funzione del risultato, che assume
rilevanza giuridica indipendentemente dal tempo impiegato per l'esecuzione
dell'attività lavorativa.
Del tutto coerentemente, del resto, ai sensi dell'art. 67, comma 1, il contratto si
risolve al momento della realizzazione del progetto o del programma di lavoro
o della fase di esso.
IL PROGETTO
Il progetto consiste in un'attività produttiva ben identificabile e funzionalmente
collegata ad un determinato risultato finale cui il collaboratore partecipa
direttamente con la sua prestazione.
Il progetto può essere connesso all'attività principale od accessoria
dell'impresa.
L'individuazione del progetto da dedurre nel contratto compete al committente.
Le valutazioni e scelte tecniche, organizzative e produttive sottese al progetto
sono insindacabili.
IL PROGRAMMA O LA FASE DI ESSO
Il programma di lavoro consiste in un tipo di attività cui non è direttamente
riconducibile un risultato finale.
Il programma di lavoro o la fase di esso si caratterizzano, infatti, per la
produzione di un risultato solo parziale destinato ad essere integrato, in vista di
un risultato finale, da altre lavorazioni e risultati parziali.
L'AUTONOMA GESTIONE DEL PROGETTO O DEL PROGRAMMA
Nell'ambito del progetto o del programma la definizione dei tempi di lavoro e
delle relative modalità deve essere rimessa al collaboratore.
Ciò perché l'interesse del creditore è relativo al perfezionamento del risultato
convenuto e non, come avviene nel lavoro subordinato, alla disponibilità di una
prestazione di lavoro eterodiretta.
Le collaborazioni coordinate e continuative nella modalità a progetto hanno
una durata determinata o determinabile, in funzione della durata e delle
caratteristiche del progetto, del programma di lavoro o della fase di esso. Nel
caso di programma di lavoro la determinabilità della durata può dipendere
dalla persistenza dell'interesse del committente alla esecuzione del progetto,
programma di lavoro o fase di esso. La determinabilità del termine è dunque
funzionale ad un avvenimento futuro, certo nell'an ma non anche
necessariamente nel quando.
IL COORDINAMENTO
Indipendentemente da ciò, pur tuttavia, il collaboratore a progetto può operare
all'interno del ciclo produttivo del committente e, per questo, deve
necessariamente coordinare la propria prestazione con le esigenze
dell'organizzazione del committente.
Il coordinamento può essere riferito sia ai tempi di lavoro che alle modalità di
esecuzione del progetto o del programma di lavoro, ferma restando,
ovviamente,l'impossibilità del committente di richiedere una prestazione o
un'attività esulante dal progetto o programma di lavoro originariamente
convenuto.
III. LA FORMA
65
Il contratto è stipulato in forma scritta.
È una forma richiesta ad probationem e non ad substantiam.
Contenuto necessario, ai fini della prova del rapporto posto in essere, sono i
seguenti elementi:
indicazione della durata, determinata o determinabile, della prestazione di
lavoro;
indicazione del progetto o programma di lavoro, o fasi di esso, individuato nel
suo contenuto caratterizzante, che viene dedotto in contratto;
il corrispettivo e i criteri per la sua determinazione, nonché i tempi e le
modalità di pagamento e la disciplina dei rimborsi spese;
le forme di coordinamento del lavoratore a progetto al committente sulla
esecuzione, anche temporale, della prestazione lavorativa, che in ogni caso
non possono essere tali da pregiudicarne l'autonomia nella esecuzione
dell'obbligazione lavorativa;
le eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del collaboratore a
progetto, (oltre quelle previste ex art. 66, comma 4, del d. lgs. n. 276/03).
E' opportuno sottolineare che, seppure la forma scritta sia richiesta solo ai fini
della prova, quest'ultima sembra assumere valore decisivo rispetto alla
individuazione del progetto, del programma o della fase di esso in quanto in
assenza di forma scritta non sarà agevole per le parti contrattuali dimostrare la
riconducibilità della prestazione lavorativa appunto a un progetto, programma
di lavoro o fase di esso.
IV. POSSIBILITA' DI RINNOVO
Analogo progetto o programma di lavoro può essere oggetto di successivi
contratti di lavoro con lo stesso collaboratore.
Quest'ultimo può essere a maggior ragione impiegato successivamente anche
per diversi progetti o programmi aventi contenuto del tutto diverso.
Tuttavia i rinnovi, così come i nuovi progetti in cui sia impiegato lo stesso
collaboratore, non devono costituire strumenti elusivi dell'attuale disciplina.
Ciascun contratto di lavoro a progetto deve pertanto presentare,
autonomamente considerato, i requisiti di legge.
V. IL CORRISPETTIVO
Il corrispettivo deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro
eseguito.
Il parametro individuato dal legislatore è costituito dai compensi normalmente
corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione
del rapporto.
Pertanto, stante la lettera della legge (art. 63) non potranno essere in alcun
modo utilizzate le disposizioni in materia di retribuzione stabilite nella
contrattazione collettiva per i lavoratori subordinati.
La quantificazione del compenso deve avvenire in considerazione della natura
e durata del progetto o del programma di lavoro, e, cioè, in funzione del
risultato che il collaboratore deve produrre. Le parti del rapporto potranno,
quindi, disciplinare nel contratto anche i criteri attraverso i quali sia possibile
escludere o ridurre il compenso pattuito nel caso in cui il risultato non sia stato
perseguito o la qualità del medesimo sia tale da comprometterne l'utilità.
VI. LE TUTELE
Tra gli scopi dichiarati dal Legislatore era espressamente individuato
l'incremento delle tutele per i collaboratori.

66
L'art. 66, infatti, appronta un sistema di tutele minimo con particolare
riferimento alla gravidanza, alla malattia ed all'infortunio stabilendo in primo
luogo che essi non comportano l'estinzione del rapporto contrattuale, che
rimane sospeso, senza erogazione del corrispettivo.
Malattia e infortunio: fermo restando l'invio, ai fini della prova, di idonea
certificazione scritta, la sospensione del rapporto non comporta una proroga
della durata del contratto, che si estingue alla scadenza (la previsione è
derogabile dalle parti), ma il committente può recedere dal contratto se la
sospensione si protrae per un periodo superiore a un sesto della durata
stabilita nel contratto, quando essa sia determinata, ovvero superiore a trenta
giorni per i contratti di durata determinabile.
Gravidanza: fermo restando l'invio, ai fini della prova, di idonea certificazione
scritta, la durata del rapporto è prorogata per un periodo di 180 giorni, salva
più favorevole disposizione del contratto individuale.
Si applicano inoltre al collaboratore:
le disposizioni di cui alla legge n. 533 del 1973 sul processo del lavoro;
l'articolo 64 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, che prevede per le
lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui alla legge n. 335/95, art.2,
comma 26, non iscritte ad altre forme obbligatorie l'applicazione dell'art. 59
della legge n. 449/97;
il decreto legislativo n. 626 del 1994 e successive modifiche e integrazioni
(ovviamente quando la prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di lavoro del
committente, nonché le norme di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le
malattie professionali, le norme di cui all'art.51, comma 1, della legge 23
dicembre 1999, n. 488, e del decreto del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale 12 gennaio 2001).
Riguardo in particolare alla protezione contro i rischi lavorativi, occorrerà
naturalmente considerare che, stante la ratio del d.lgs. n. 626 - principalmente
orientata alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori subordinati, ed alla
corrispondente responsabilizzazione dei datori di lavoro - non poche
prescrizioni di tale provvedimento (per lo più sanzionate penalmente) risultano
di problematica applicazione nei confronti di figure, come quelle dei
collaboratori, fortemente connotate da una componente di autonomia nello
svolgimento della prestazione (in funzione del risultato, ancorchè nel rispetto
del coordinamento con la organizzazione del committente). Non a caso, per i
lavoratori autonomi (figure, sotto questo profilo, assai prossime ai
collaboratori) lo stesso d.lgs. 626 ha previsto uno specifico regime di tutela
(art. 7).
In proposito, l'attuazione della delega (di cui all'articolo 3 della legge di
semplificazione 2001, n. 229 del 2003) per il riassetto normativo in materia di
salute e sicurezza nei luoghi di lavoro costituisce l'occasione per un
adattamento dei principi generali di tutela prevenzionistica alle oggettive
peculiarità del lavoro a progetto.
VII. SVOLGIMENTO DEL RAPPORTO ED OBBLIGHI DEL COLLABORATORE
Il collaboratore può svolgere la sua attività a favore di più committenti, tuttavia
il contratto individuale può limitare in tutto od in parte tale facoltà.
Il collaboratore non deve svolgere attività in concorrenza con i committenti né,
in ogni caso, diffondere notizie e apprezzamenti attinenti ai programmi e alla
organizzazione di essi, né compiere, in qualsiasi modo, atti in pregiudizio della
attività dei committenti medesimi.
67
VIII. RISOLUZIONE DEL RAPPORTO
In tema di risoluzione del contratto l'art. 66 prevede che esso si risolva al
momento della realizzazione del progetto o del programma o della fase di esso
che ne costituisce l'oggetto.
Inoltre le parti possono recedere prima della scadenza del termine per giusta
causa ed altre cause e modalità (incluso il preavviso) stabilite dalle parti nel
contratto di lavoro individuale.
Si deve ritenere pertanto che indipendentemente dal termine apposto al
contratto qualora il progetto sia ultimato prima della scadenza il contratto
debba intendersi risolto.
Tuttavia se, come ha inteso il legislatore, è il progetto l'elemento
caratterizzante della collaborazione il corrispettivo determinato nel contratto
sarà dovuto comunque per l'intero.
IX. RINUNZIE E TRANSAZIONI
I diritti derivanti dalle disposizioni contenute nelle predette disposizioni
possono essere oggetto di rinunzie o transazioni tra le parti in sede di
certificazione del rapporto di lavoro secondo lo schema dell'art. 2113 c.c.
X. SANZIONI
I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza
l'individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso
sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla
data di costituzione del rapporto. Si tratta di una presunzione che può essere
superata qualora il committente fornisca in giudizio prova della esistenza di un
rapporto di lavoro effettivamente autonomo.
Qualora invece, in corso di rapporto, venga accertato dal giudice che il
rapporto instaurato sia venuto a configurare un contratto di lavoro subordinato
per difetto del requisito dell'autonomia, esso si trasforma in un rapporto di
lavoro subordinato corrispondente alla tipologia negoziale di fatto realizzatasi
tra le parti.
Il controllo giudiziale è limitato esclusivamente, in conformità ai principi
generali dell'ordinamento, all'accertamento della esistenza del progetto,
programma di lavoro o fase di esso e non può essere esteso fino al punto di
sindacare nel merito valutazioni e scelte tecniche, organizzative o produttive
che spettano al committente.
Detto controllo, inoltre, concerne in entrambi i casi l'esistenza nei fatti di un
progetto e non la sua mera deduzione nel contratto.
La mancata deduzione del progetto nel contratto, infatti, preclude solo la
possibilità di dimostrarne l'esistenza e la consistenza con prova testimoniale.
XI. REGIME TRANSITORIO
L'art. 86, comma 1, prevede che le collaborazioni coordinate e continuative
stipulate ai sensi della disciplina vigente al momento di entrata in vigore del
decreto e che non possono essere ricondotte ad un progetto o a una fase di
esso, mantengono efficacia fino alla scadenza e, in ogni caso, non oltre un
anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo medesimo, ossia non
oltre il 24 ottobre 2004.
Sempre per le collaborazioni in atto che non possono essere ricondotte ad un
progetto o a una fase di esso è prevista la facoltà di stabilire termini più lunghi
di efficacia transitoria, purché ciò sia stabilito nell'ambito di un accordo
aziendale con il quale il datore di lavoro contratta con i sindacati interni la
transizione di questi collaboratori o verso il lavoro a progetto, così come
68
disciplinato dal decreto legislativo n. 276/03, o verso una forma di rapporto di
lavoro subordinato che può essere individuata fra quelle disciplinate dal "nuovo
regime" dei rapporti di lavoro previsti dal medesimo d. lgs. (job on call, job
sharing, distacco, somministrazione, appalto), ma anche già disciplinate
(contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, a termine, a tempo
parziale, ecc.).

Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale


Direzione generale per l'Attività Ispettiva
Direzione generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro
Roma, 14 Giugno 2006
Circolare n. 17/2006 85
Prot. N. 878/14.4.06/Segr.
Prot. N. 25/I/0000521
Oggetto: collaborazioni coordinate e continuative nella modalità a
progetto di cui agli artt. 61 e ss. d.lgs. n. 276/2003. Call center.
Attività di vigilanza. Indicazioni operative.
Con la circolare n. 1/2004 questo Ministero aveva già fornito, con specifico
riferimento ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa a progetto di
cui agli artt. 61 e ss. del d.lgs. n. 276/2003, prime indicazioni, di carattere
generale, utili per un corretto ed efficace accertamento da parte degli organi di
vigilanza.
Le problematiche via via emerse rendono necessario fornire ora istruzioni su
singole tipologie di attività, in relazione alle quali l'applicazione del citato art.
61 ha evidenziato una maggiore esigenza di chiarimenti.
Con il presente documento, questo Ministero, congiuntamente con l'Istituto
nazionale della previdenza sociale e l'Istituto nazionale per l'assicurazione
contro gli infortuni sul lavoro, intende pertanto fornire adeguate istruzioni con
specifico riferimento ai call center, valutando nel prosieguo l'opportunità di
fornire con ulteriori provvedimenti indicazioni relativamente ad altre tipologie
per le quali l'applicazione dell'art. 61 del d.lgs. n. 276/2003 ha parimenti
presentato profili di problematicità.
Occorre innanzitutto evidenziare che con la presente circolare si forniscono
indicazioni di carattere operativo rivolte al solo personale ispettivo del
Ministero del lavoro e della previdenza sociale e degli Istituti previdenziali, al
fine di uniformare il più possibile il criterio di valutazione da adottare nella
lettura del fenomeno in esame.
In proposito, le Direzioni regionali e provinciali del lavoro dovranno avviare, ai
sensi dell'art. 8 del d.lgs. n. 124/2004, un'adeguata attività di carattere
informativo, volta ad istruire gli operatori del settore sulla corretta utilizzazione
della tipologia contrattuale delle collaborazioni coordinate e continuative a
progetto di cui agli artt. 61 e ss. del d.lgs. n. 276/2003.
La predetta fase di opportuna informazione, i cui tempi e modalità verranno
stabiliti dalla Commissione centrale di coordinamento di cui all'art. 3 del d.lgs.
n. 124/2004 entro trenta giorni dall'emanazione della presente circolare, è
volta ad assicurare omogeneità di comportamento tra gli operatori del settore
ed è, pertanto, necessariamente preliminare all'avvio da parte degli ispettori di

85 Fornisce indicazioni operative per gli ispettori.

69
una vigilanza mirata a verificare la genuinità delle collaborazioni a progetto
poste in essere.
Si fa fin d'ora riserva di valutare l'opportunità di intervenire nuovamente sulla
materia, una volta verificate, anche a seguito di attento monitoraggio degli
esiti della presente circolare, l'evoluzione e le dinamiche organizzative del
settore.
Criteri di individuazione e specificazione del progetto o programma di
lavoro
Il mercato del lavoro nel settore dei call center continua ad essere
caratterizzato, anche successivamente all'entrata in vigore del d.lgs. n. 276 del
2003 ed alla introduzione del lavoro a progetto, da un consistente utilizzo di
contratti di collaborazione autonoma.
In tale prospettiva si deve anzitutto precisare che in considerazione delle
novità introdotte dal d.lgs. n. 276 del 2003 i presupposti per la stipulazione di
un contratto di lavoro a progetto devono in generale essere individuati con
riferimento: a) ai criteri di individuazione e specificazione del progetto o
programma di lavoro; b) ai requisiti essenziali che devono connotare
l'autonomia del collaboratore nella gestione dei tempi di lavoro; c) alle
modalità di coordinamento consentite tra il committente ed il lavoratore.
Pertanto, ai sensi dell'art. 61 del d.lgs. n. 276 del 2003, le collaborazioni
coordinate e continuative devono essere riconducibili ad uno o più progetti
specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e
che, pur potendo essere connessi all'attività principale od accessoria
dell'impresa - come specificato dalla circolare 1 dell'8 gennaio 2004 -, non
possono totalmente coincidere con la stessa o ad essa sovrapporsi.
Il progetto, il programma o fase di esso così determinati diventano parte del
contratto di lavoro e devono essere specificati per iscritto ed individuati nel
loro contenuto caratterizzante.
La finalità di tale disposizione è quella di delimitare l'utilizzo del lavoro
coordinato e continuativo a quelle sole prestazioni che siano genuinamente
autonome perché effettivamente riconducibili alla realizzazione di un
programma o progetto o fasi di esso gestite dal lavoratore in funzione del
risultato.
Risultato che le parti definiscono in tutti i suoi elementi qualificanti al momento
della stipulazione del contratto e che il committente, a differenza del datore di
lavoro, non può successivamente variare in modo unilaterale.
In considerazione di ciò, un progetto, un programma di lavoro od una fase di
esso possono essere individuati anche nell'ambito delle attività operative
telefoniche offerte dai call center purché in ogni caso idonei a configurare un
risultato, determinato nei suoi contenuti qualificanti, che l'operatore telefonico
assume l'obbligo di eseguire entro un termine prestabilito e con possibilità di
autodeterminare il ritmo di lavoro.
È quindi necessario che l'ispettore riscontri l'esistenza in concreto degli
elementi connotanti una genuina collaborazione a progetto così come vengono
descritti nella presente circolare.
Il progetto o programma di lavoro deve in primo luogo essere individuato con
riferimento ad una specifica e singola "campagna" la cui durata costituisce il
necessario termine esterno di riferimento per la durata stessa del contratto di
lavoro a progetto.

70
Ai fini della corretta e compiuta determinazione del risultato richiesto al
collaboratore è dunque necessario che il progetto, programma di lavoro o fase
di esso sia qualificato tramite la specificazione:
a) del singolo committente finale cui è riconducibile la campagna (con
riferimento ai call center che offrono servizi in outsourcing la campagna di
riferimento sarà dunque quella commissionata da terzi all'impresa stessa);
b) della durata della campagna, rispetto alla quale il contratto di lavoro a
progetto non può mai avere una durata superiore;
c) del singolo tipo di attività richiesta al collaboratore nell'ambito di tale
campagna (promozione, vendita, sondaggi, ecc.);
d) della concreta tipologia di prodotti o servizi oggetto dell'attività richiesta al
collaboratore;
e) della tipologia di clientela da contattare (individuata con riferimento a
requisiti oggettivi e/o soggettivi).
In considerazione di tali requisiti essenziali e qualificanti è senz'altro
configurabile un genuino progetto, programma di lavoro o fase di esso, con
riferimento alle campagne out bound nell'ambito delle quali il compito
assegnato al collaboratore è quello di rendersi attivo nel contattare, per un
arco di tempo predeterminato, l'utenza di un prodotto o servizio riconducibile
ad un singolo committente.
Ciò in considerazione della intrinseca delimitazione temporale di tale tipologia
di attività e della possibilità di definire compiutamente il risultato richiesto al
collaboratore anche con riguardo ai requisiti soggettivi ed oggettivi dell'utenza
contattata ed al tipo di prestazione concretamente dovuta per ogni contatto
telefonico effettuato. Il lavoratore out bound, infatti, può prefigurare il
contenuto della sua prestazione sulla base del risultato oggettivamente
individuato dalle parti con il contratto.
Inoltre, l'ispettore al fine di apprezzare il carattere di autonomia della
prestazione deve verificare l'esistenza di postazioni di lavoro attrezzate con
appositi dispositivi che consentano al collaboratore di autodeterminare il ritmo
di lavoro.
Nelle attività in bound l'operatore non gestisce, come nel caso dell'out bound,
la propria attività, né può in alcun modo pianificarla giacché la stessa consiste
prevalentemente nel rispondere alle chiamate dell'utenza, limitandosi a
mettere a disposizione del datore di lavoro le proprie energie psicofisiche per
un dato periodo di tempo.
Ne consegue che il personale ispettivo, qualora verifichi che l'attività lavorativa
come descritta è disciplinata da un contratto di collaborazione coordinata e
continuativa a progetto, procederà, dovendo ricondurre tale attività alla
subordinazione, adottando i conseguenti provvedimenti di carattere
sanzionatorio e contributivo.
Nell'ambito del progetto o programma di lavoro così definito al collaboratore
non può essere richiesta un'attività diversa da quella specificata nel contratto.
L'ispettore, pertanto, dovrà verificare che, tra i criteri assunti per la
determinazione del compenso, vi sia il riferimento al risultato enucleato nel
progetto, programma di lavoro o fase di esso.
Requisiti essenziali per l'autonomia della prestazione
L'art. 61 del d.lgs. n. 276 del 2003 dispone che il progetto o programma di
lavoro deve essere gestito autonomamente dal collaboratore in funzione del
risultato ed indipendentemente dal tempo impiegato per l'esecuzione
71
dell'attività lavorativa. Ciò, come noto, al fine di garantire al collaboratore una
sostanziale ed effettiva autonomia nell'esecuzione della prestazione.
Ne deriva che il collaboratore a progetto cui è assegnato l'incarico di compiere
le operazioni telefoniche sopra descritte può essere considerato autonomo alla
condizione essenziale che il collaboratore stesso possa unilateralmente e
discrezionalmente determinare, senza necessità di preventiva autorizzazione o
successiva giustificazione, la quantità di prestazione da eseguire e la
collocazione temporale della stessa.
Ciò implica che il collaboratore non può essere soggetto ad alcun vincolo di
orario, anche se all'interno di fasce orarie prestabilite. Di conseguenza, deve
poter decidere, nel rispetto delle forme concordate di coordinamento, anche
temporale, della prestazione:
a) se eseguire la prestazione ed in quali giorni;
b) a che ora iniziare ed a che ora terminare la prestazione giornaliera;
c) se e per quanto tempo sospendere la prestazione giornaliera.
Da un punto di vista organizzativo ne consegue che l'assenza non deve mai
essere giustificata e la presenza non può mai essere imposta.
Anche sotto questo profilo, dunque, i requisiti di legittimità del contratto di
lavoro a progetto ben sono configurabili con riferimento ad attività telefoniche
out bound.
Forme consentite di coordinamento
Sempre ai sensi dell'art. 61 del d.lgs. n. 276 del 2003 il fondamentale requisito
dell'autonomia può essere contemperato con le esigenze di coordinamento
della prestazione con l'organizzazione produttiva dell'azienda.
A tal fine, nell'ambito della specifica operatività dei call center, possono
rientrare tra le forme di coordinamento:
a) la previsione concordata di fasce orarie nelle quali il collaboratore deve
poter agire con l'autonomia sopra specificata. Le fasce orarie individuate per
iscritto nel contratto non possono essere unilateralmente modificate
dall'azienda né questa può assegnare il collaboratore ad una determinata
fascia oraria senza il suo preventivo consenso;
b) la previsione concordata di un numero predeterminato di giornate di
informazione finalizzate all'aggiornamento del collaboratore. La collocazione di
tali giornate di informazione deve essere concordata nel corso di svolgimento
della prestazione e non unilateralmente imposta dall'azienda;
c) la previsione concordata della presenza di un assistente di sala la cui attività
può consistere nel fornire assistenza tecnica al collaboratore;
d) la previsione concordata di un determinato sistema operativo utile per
l'esecuzione della prestazione.
E' in ogni caso escluso sia l'esercizio del potere disciplinare che l'esercizio del
potere di variare unilateralmente le condizioni contrattuali originariamente
convenute.

UFFICIO PERSONALE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI


SERVIZIO MOBILITÀ
CIRCOLARE N. 4/2008
Roma, lì 18 aprile 2008
A tutte le pubbliche amministrazioni
di cui all’articolo 1, comma 2, del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165
72
OGGETTO: Legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008) - Linee
guida ed indirizzi in
materia di mobilità.
Premessa.
La legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008) introduce alcune
novità in tema di assegnazioni temporanee e di mobilità del personale.
Il quadro normativo generale rimane caratterizzato da un particolare favor
riservato all’istituto della mobilità quale strumento per conseguire una più
efficiente distribuzione organizzativa delle risorse umane nell’ambito della
pubblica amministrazione globalmente intesa, con significativi riflessi sul
contenimento della spesa pubblica, nonché sull’effettività del diritto al lavoro
quale diritto costituzionalmente garantito.
Anche a riscontro dei numerosi quesiti proposti dalle amministrazioni, appare
opportuno fornire alcuni chiarimenti dedicati alla disciplina generale della
mobilità, oltre che alla normativa contenuta nella legge finanziaria vigente.
1. L’assegnazione temporanea: le novità introdotte dall’articolo 3,
comma 79.
L’articolo 3, comma 79, della legge n. 244 del 2007, ha sostituito l’articolo 36
del decreto legislativo n. 165 del 2001 intervenendo a mutare la disciplina
relativa al ricorso alle tipologie di lavoro flessibile nelle pubbliche
amministrazioni.
I primi quattro commi del nuovo articolo 36 così dispongono:
“1. Le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di
lavoro subordinato a tempo indeterminato e non possono avvalersi delle forme
contrattuali di lavoro flessibile previste dal codice civile e dalle leggi sui
rapporti di lavoro subordinato nell’impresa se non per esigenze stagionali o per
periodi non superiori a tre mesi, fatte salve le sostituzioni per maternità
relativamente alle autonomie territoriali. Il provvedimento di assunzione deve
contenere l’indicazione del nominativo della persona da sostituire.
2. In nessun caso è ammesso il rinnovo del contratto o l’utilizzo del medesimo
lavoratore con altra tipologia contrattuale.
3. Le amministrazioni fanno fronte ad esigenze temporanee ed eccezionali
attraverso l’assegnazione temporanea di personale di altre amministrazioni per
un periodo non superiore a sei mesi, non rinnovabile.”
4. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 non possono essere derogate dalla
contrattazione collettiva.”
Tali previsioni sono finalizzate a ribadire la regola generale del ricorso a
rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato nelle pubbliche
amministrazioni, riconducendo i rapporti di lavoro a tempo determinato alle
sole esigenze della assoluta temporaneità (tre mesi) e del picco produttivo
(stagionalità) e si collocano in un disegno normativo, tracciato dalla legge
finanziaria per il 2008, rivolto ad un significativo contenimento del ricorso
all’assunzione di personale con contratti di lavoro flessibile 86.

86 Indici sintomatici del lavoro a progetto:


• Specificità del progetto/programma;
• Modalità di inserimento del lavoratore;
• Contenuto della prestazione, valutato per risultato;
• Verifica dell’autonomia del collaboratore;
• Compenso relativo al risultato;
• Proroga/rinnovo del contratto.

73
Da quanto evidenziato deriva, pertanto, la necessità di effettuare una
interpretazione sistematica del novellato articolo 36, leggendo la disposizione
contenuta nel comma 3 in coerenza con il disposto del comma 1. Essa, infatti,
assolve la funzione di contemperare gli effetti del ridimensionamento del
ricorso a rapporti di lavoro flessibile attraverso la individuazione di un nuovo
istituto che si aggiunge a quelli già codificati dall’ordinamento, attraverso il
quale le amministrazioni hanno la possibilità di richiedere l’utilizzo di personale
ad altri datori di lavoro pubblici temporaneamente – non più di sei mesi non
rinnovabili – ed eccezionalmente, laddove non sia possibile utilizzare altre
forme di lavoro flessibile.
Ulteriormente il legislatore afferma che per le esigenze individuate nei commi 1
e 3 le amministrazioni possono utilizzare solo gli istituti ivi indicati e con le
modalità ivi contenute, stabilendo che la contrattazione collettiva non può
derogare a tali previsioni.
Appare pertanto opportuno chiarire che l’intervento normativo in questione non
ha inteso innovare o ridisciplinare il comando od altri analoghi istituti, già
previsti e che comunque sono regolati da specifiche disposizioni di legge o dai
contratti collettivi nazionali, bensì ha inteso introdurre un nuovo strumento di
flessibilità organizzativa in un quadro normativo generale di forte contenimento
degli istituti di lavoro flessibile.
Si evidenzia inoltre che alla straordinarietà ed all’urgenza che sottendono il
ricorso a tale nuovo istituto dovrebbe corrispondere una celerità di
espletamento delle procedure di assegnazione temporanea da parte
dell’amministrazione di appartenenza dei dipendenti richiesti, onde non
vanificare la natura stessa dell’assegnazione. Conseguentemente ogni diniego
di nulla osta all’utilizzo di tale personale potrà essere sostenuto solo da
motivazioni analoghe, insistenti sugli stessi elementi di straordinarietà ed
urgenza, comprovate dai documenti di programmazione triennali ed annuali del
fabbisogno.
In ogni caso, come già evidenziato, l’assegnazione temporanea è uno
strumento, previsto dalla legge o dalla contrattazione collettiva, diretto a
soddisfare esigenze temporanee. Qualora tali esigenze dovessero divenire
permanenti occorre procedere nell’ambito della programmazione dei
fabbisogni all’inquadramento del personale utilizzato.
2. Il principio del previo esperimento delle procedure di mobilità.
Dal complesso delle disposizioni che governano i processi di mobilità di
personale nella pubblica amministrazione si enuclea il principio del “previo
esperimento delle procedure di mobilità”, che privilegia l’acquisizione di risorse
umane tramite la mobilità rispetto alle ordinarie misure di reclutamento e che
può affiancarsi ai principi generali indicati dall’articolo 1, comma 1, lettere a),
b) e c), nonché dall’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del
2001, cui debbono conformarsi le pubbliche amministrazioni in termini di
efficienza, razionalizzazione del costo del lavoro, migliore utilizzazione delle
risorse umane.
Tale principio si ricava sostanzialmente dal complesso delle disposizioni che
regolano il regime delle assunzioni, fra cui in primo luogo l’articolo 39 della
legge n. 449 del 1997, ed in particolare il comma 3-ter, il quale ha disposto che
al fine di garantire la coerenza con gli obiettivi di riforma organizzativa e
riqualificazione funzionale delle amministrazioni interessate, le richieste di
autorizzazione ad assumere debbono essere corredate da una relazione
74
illustrativa dalla quale si evinca l’impraticabilità di soluzioni alternative legate
all’attivazione di procedure di mobilità.
Le successive disposizioni che richiamano l’obbligo del previo esperimento
delle procedure di mobilità assumono una valenza ricognitiva di un principio
affermato chiaramente dall’ordinamento e rispetto al quale la Corte
Costituzionale ha ravvisato la qualità di criterio di organizzazione dettato dal
legislatore statale per governare i processi di acquisizione del personale al fine
di contenere la spesa corrente (sentenze n. 390 del 2004, n. 388 del 2004 e n.
88 del 2006).
A sua tutela è intervenuto poi il legislatore con la novella dell’articolo 30,
comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 (ex articolo 16, comma 1, lett.
b), della legge n. 246 del 2005), che ha comminato la nullità degli accordi,
degli atti o anche delle clausole dei contratti collettivi volti ad eludere, per
l’appunto, l’applicazione del principio del previo esperimento delle procedure di
mobilità rispetto al reclutamento di nuovo personale.
Al riguardo, deve segnalarsi che il contratto collettivo nazionale 2006/2009 del
Comparto Ministeri, all’articolo 26, nel definire, a norma dell’art. 30 del decreto
legislativo n. 165 del 2001 dianzi citato, le procedure e i criteri generali per
l’attuazione dell’istituto, ha previsto che “nel quadro di meccanismi che
favoriscono la mobilità fra sedi ed amministrazioni diverse, periodicamente le
amministrazioni pubblicano bandi di mobilità, anche al fine di consentire,
prioritariamente l’assorbimento del personale coinvolto nei processi di
trasformazione, soppressione e riordino di altre pubbliche amministrazioni.”
Il sistema si completa con le disposizioni recate dall’articolo 5, comma 1-
quater, del decreto legge n. 7 del 2005 (convertito dalla legge n. 43 del 2005),
che ha aggiunto il comma 2-bis all’art. 30 citato, sull’obbligo che hanno le
amministrazioni di procedere, prima di attivare le procedure concorsuali per la
copertura delle vacanze in organico, all’immissione in ruolo dei dipendenti,
provenienti da altre amministrazioni, e collocati presso di esse in posizione di
comando o fuori ruolo che facciano domanda di trasferimento. Queste
previsioni sottolineano l’intento del legislatore di garantire una più efficiente
allocazione delle risorse umane quando si ricorre ad istituti tipicamente
temporanei per corrispondere ad esigenze durature. Occorre pertanto definire
queste situazioni di incertezza, che si verificano tutte le volte in cui, a
prescindere dai limiti posti dalla contrattazione, la durata dell’utilizzo di
personale supera la programmazione triennale del fabbisogno.
Proprio per gli aspetti ora evidenziati la mobilità non può soddisfare l’adeguato
accesso dall’esterno per concorso pubblico perché risponde al principio
costituzionale di buon andamento, che si concretizza nella migliore
distribuzione delle risorse umane; l’istituto pertanto si colloca a monte di tutte
le altre procedure finalizzate alla provvista di personale.
Le concrete modalità di attuazione del previo esperimento delle procedure di
mobilità possono essere ricondotte ai bandi di mobilità che le amministrazioni
possono predisporre, dando adeguata pubblicità, anche tramite pubblicazione
nella Gazzetta ufficiale, e fissando procedure e criteri nel rispetto delle
previsioni vigenti in tema di relazioni sindacali, per coprire le vacanze di
organico e soddisfare i fabbisogni di personale sulla base della rilevazione
annuale prevista dall’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del
2001.

75
3. Regime delle assunzioni e procedimenti di mobilità di personale tra
amministrazioni appartenenti a comparti diversi (c.d. mobilità
“intercompartimentale”).
La mobilità di personale tra amministrazioni appartenenti a comparti diversi
(c.d. mobilità “intercompartimentale”) è regolata dalle disposizioni contenute
nell’articolo 1, comma 47, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, che così
recita: “In vigenza di disposizioni che stabiliscono un regime di limitazione
delle assunzioni di personale a tempo indeterminato, sono consentiti
trasferimenti per mobilità, anche intercompartimentale, tra amministrazioni
sottoposte al regime di limitazione, nel rispetto delle disposizioni sulle
dotazioni organiche e, per gli enti locali, purché abbiano rispettato il patto di
stabilità interno per l'anno precedente”.
Questa disciplina, che consente la mobilità intercompartimentale all’interno dei
due diversi blocchi delle amministrazioni soggette a regimi di limitazione delle
assunzioni e di quelle non soggette a limitazioni, garantisce la necessaria
neutralità della mobilità sugli equilibri economico-finanziari ed impedisce che
essa sia esperita come leva per nuove assunzioni di personale. In proposito,
appare opportuno ricordare che la mobilità di personale non può essere
considerata cessazione: a seguito del trasferimento infatti, il rapporto di lavoro
prosegue con un altro datore di lavoro e dunque l’amministrazione cedente può
solo beneficiare dell’avvenuta cessione del contratto in termini di risparmio di
spesa e di razionalizzazione degli organici, mentre la spesa permane in termini
globali.
Ciò significa che occorre operare una distinzione fra cessazione in un’ottica
aziendale e cessazione come economia di spesa per l’intero settore pubblico;
distinzione in base al quale il legislatore ha costruito la disciplina vigente in
tema di assunzioni. Pertanto, la cessazione per mobilità non può essere
considerata utile ai fini delle assunzioni vincolate alle cessazioni verificatesi
nell’anno precedente.
Tanto premesso e ricordato che la verifica sul libero espletamento dei
procedimenti di mobilità intercompartimentale dipende, ai sensi del precitato
art. 1, comma 47, della legge n. 311/2004, dal regime vigente per le nuove
assunzioni di personale nelle pubbliche amministrazioni, diversamente regolato
dalle leggi finanziarie, per gli anni 2008 e 2009 debbono ritenersi soggette a
regime limitativo le amministrazioni indicate nel comma 523 dell’articolo unico
della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e, dunque, le amministrazioni dello Stato,
anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le agenzie fiscali, di cui
agli articoli 62, 63 e 64 del decreto legislativo n. 300 del 1999, gli enti pubblici
non economici e gli enti di cui all’articolo 70, comma 4, del decreto legislativo
n. 165 del 2001.
Analoga considerazione vale per gli Enti di ricerca i quali, ai sensi del comma
643 dell’articolo unico della legge n. 296 del 2006, per il biennio 2008/2009,
possono procedere ad assunzioni di personale con rapporto di lavoro a tempo
indeterminato entro il limite dell'ottanta per cento delle proprie entrate correnti
complessive, come risultanti dal bilancio consuntivo dell'anno precedente,
purché entro il limite delle risorse relative alla cessazione dei rapporti di lavoro
a tempo indeterminato complessivamente intervenute nel precedente anno.
Per gli enti non sottoposti al patto di stabilità interno permane un regime
limitativo considerata la formulazione del comma 562 dell’articolo 1 della legge
n. 296 del 2006, salvo che gli stessi non si avvalgano della deroga introdotta
76
dalla legge finanziaria 2008, finalizzata a consentire una maggiore flessibilità
per garantire esigenze istituzionali inderogabili.
Nella medesima situazione si trovano, infine, le camere di commercio,
industria, artigianato ed agricoltura che, ai sensi dell’articolo 3, comma 116,
della legge n. 244 del 2007, possono procedere a nuove assunzioni entro limiti
puntualmente individuati dalla norma con riferimento alle risultanze degli indici
di equilibrio economico-finanziario.
Viceversa per gli enti sottoposti al rispetto del patto di stabilità interno (regioni,
province autonome di Trento e di Bolzano, province e comuni con popolazione
superiore a 5.000 abitanti) il comma 557 dell’articolo 1 della legge n. 296 del
2006, ha indicato il solo obiettivo della riduzione della spesa per il personale,
sempre nell’ambito dei limiti riconducibili al rispetto del patto di stabilità
interna, abrogando espressamente, tra le altre, le disposizioni di cui all’articolo
1, comma 98, della legge n. 311 del 2004, sui vincoli assunzionali per le
medesime. Disposizioni sostanzialmente analoghe sono state previste per gli
enti del Servizio sanitario nazionale dall’articolo 1,comma 565, della predetta
legge n. 296 del 2006. Per quelli afferenti alle Regioni soggette all’attuazione
dei piani di rientro dal disavanzo sanitario occorre tuttavia considerare, fini
della presente circolare, l’eventuale previsione, nell’ambito di tali piani, di
misure limitative delle assunzioni. In tale ipotesi il trasferimento per mobilità di
personale proveniente da altre regioni e/o comparti può ritenersi attuabile solo
se compatibile con gli obiettivi finanziari previsti in materia di personale dai
suddetti piani.
Occorre, poi, ricordare che non sono soggetti a regime di limitazione delle
assunzioni le Università, le Istituzioni di alta formazione e specializzazione
artistica e musicale gli Ordini e Collegi professionali, nonché il personale del
comparto Scuola.
Tutto ciò considerato, per gli anni 2008 e 2009 può attuarsi la mobilità
intercompartimentale di personale dalle amministrazioni non soggette a vincoli
assunzionali, solo se autorizzata ai sensi dell’articolo 39, comma 3-ter, della
legge n. 449 del 1997, poiché, in tal caso, si tratta a tutti gli effetti di una
nuova assunzione.
4. Gli accordi di mobilità: le disposizioni previste dalla legge
finanziaria per il 2008.
Anche al fine di ovviare alle problematiche dianzi esaminate in materia di
mobilità intercompartimentale, l’articolo 3, comma 124 e seguenti, della legge
finanziaria per l’anno 2008 consente ad amministrazioni soggette a regime di
limitazione e, dunque, alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento
autonomo, alle agenzie, incluse le agenzie fiscali, agli enti pubblici non
economici, agli enti di ricerca ed agli enti di cui all’articolo 70, comma 4, del
decreto legislativo n. 165 del 2001, di stipulare accordi di mobilità - anche
intercompartimentale, come anticipato - con altre amministrazioni, per
assicurare la funzionalità dei propri uffici che presentino consistenti vacanze in
organico e, al contempo, la ricollocazione di dipendenti in situazioni di esubero.
Gli accordi disciplinano modalità e criteri per il trasferimento, nonché i percorsi
di formazione che siano ritenuti necessari ad un efficiente inserimento del
personale trasferito nell’organizzazione dell’amministrazione ricevente.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica
ed il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria
generale dello Stato, possono autorizzare la stipula di tali accordi per il biennio
77
2008/2009, in esito alla verifica della compatibilità e coerenza con gli obiettivi
di finanza pubblica.
La disposizione dettata nel successivo comma 128, destinata a soddisfare le
gravi carenze di personale negli uffici giudiziari del Ministero della giustizia,
conferma il sistema costruito dal comma 47 dell’articolo 1 della legge n. 311
del 2004, pur nel rinvio al comma 124 citato per quanto concerne la stipula
degli accordi.
L’autorizzazione alla stipula degli accordi può collocarsi all’interno del
procedimento delineato dall’articolo 33 del decreto legislativo n. 165 del 2001,
nel rispetto delle relazioni sindacali ivi stabilite dal legislatore, nella fase in cui
sia stata verificata l’impossibilità di pervenire ad un accordo sulla ricollocazione
totale o parziale del personale eccedente nell’ambito della medesima
amministrazione, o presso altre amministrazioni collocate nell’ambito della
medesima provincia.
L’ipotesi di accordo deve essere inviata alla Presidenza del Consiglio dei
Ministri – Dipartimento della funzione pubblica – Ufficio per il personale delle
pubbliche amministrazioni ed al Ministero dell’economia e delle finanze –
Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato – Ispettorato per gli
ordinamenti del personale e analisi dei costi del lavoro pubblico i quali
procederanno alle verifiche inerenti il mantenimento degli equilibri economico-
finanziari, le equiparazioni dei profili professionali e la riduzione degli organici
conseguente ai processi di mobilità attivati. In esito alla verifica positiva verrà
rilasciata l’autorizzazione con apposito decreto interdirettoriale.
5. Il personale in disponibilità.
Meritano alcune notazioni finali le problematiche sulla gestione del personale in
disponibilità di cui agli articoli 33, 34 e 34-bis del decreto legislativo n. 165 del
2001. Quest’ultimo, introdotto dall’articolo 7 della legge n. 3 del 2003, impone
alle amministrazioni che procedono a nuove assunzioni di comunicare al
Dipartimento della funzione pubblica ed alle strutture regionali e provinciali di
cui al decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469 i posti da mettere a
concorso in modo da poterli coprire mediante l’acquisizione del personale in
disponibilità iscritto negli appositi elenchi. Infatti come noto, a norma
dell’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001 le
amministrazioni sono tenute ad effettuare annualmente rilevazioni sulle
eccedenze di personale su base territoriale per area o categoria, qualifica e
profilo professionale.
Si tratta di disposizioni che rendono effettivo il diritto al lavoro di cui agli
articoli 4 e 120 della Costituzione. Secondo la Corte Costituzionale (Sent. n. 388
del 2004) l’articolo 34 del decreto legislativo enuncia il principio per cui il
personale in esubero presso qualsiasi pubblica amministrazione deve poter
essere ricollocato, durante il periodo di disponibilità, presso altre
amministrazioni. In tal modo si evita la cessazione definitiva del rapporto di
lavoro ma si realizza, anche, un contenimento della spesa per il personale,
seppure in termini globali, infatti il comma 6 di tale articolo stabilisce che le
nuove assunzioni sono subordinate alla verificata impossibilità di ricollocare il
personale in disponibilità iscritto nelle liste. La disciplina dettata dall’articolo
34-bis costituisce una concreta attuazione di quei principi e con essi si coordina
in quanto al comma 5 è sancita la nullità di diritto delle assunzioni effettuate in
violazione delle prescrizioni contenute nel medesimo articolo. La Corte, al
riguardo, afferma che tutta la disciplina dell’articolo 34-bis è volta alla tutela di
78
interessi generali a presidio dei quali ben può il legislatore prevedere la nullità
degli atti posti in essere in violazione di norme imperative.
Infine, proprio in considerazione dei principi tutelati dalla disciplina in esame, al
fine di assicurare in modo costante e puntuale la verifica delle esigenze
assuzionali delle pubbliche amministrazioni per valutare le possibilità di
ricollocazione del personale in disponibilità, si ritiene che in caso di scorrimento
di graduatorie di concorsi già espletati, nei limiti della vigente disciplina della
validità delle graduatorie, occorra riproporre la richiesta di assegnazione di
personale in disponibilità agli uffici competenti, provinciali e regionali di cui al
decreto legislativo n. 469 del 1997 e Dipartimento della funzione pubblica.

LAVORATORE SOCIO DI COOPERATIVA87


Art. 1. (Soci lavoratori di cooperativa).
1. Le disposizioni della presente legge si riferiscono alle cooperative nelle quali
il rapporto mutualistico abbia ad oggetto la prestazione di attività lavorative da
parte del socio, sulla base di previsioni di regolamento che definiscono
l'organizzazione del lavoro dei soci.
2. I soci lavoratori di cooperativa:
a) concorrono alla gestione dell'impresa partecipando alla formazione degli
organi sociali e alla definizione della struttura di direzione e conduzione
dell'impresa;
b) partecipano alla elaborazione di programmi di sviluppo e alle decisioni
concernenti le scelte strategiche, nonché alla realizzazione dei processi
produttivi dell'azienda;
c) contribuiscono alla formazione del capitale sociale e partecipano al rischio
d'impresa, ai risultati economici ed alle decisioni sulla loro destinazione;
d) mettono a disposizione le proprie capacità professionali anche in relazione al
tipo e allo stato dell'attività svolta, nonché alla quantità delle prestazioni di
lavoro disponibili per la cooperativa stessa.
3. Il socio lavoratore di cooperativa stabilisce con la propria adesione o
successivamente all'instaurazione del rapporto associativo un ulteriore e
distinto rapporto di lavoro, in forma subordinata o autonoma o in qualsiasi altra
forma, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata non occasionale, con
cui contribuisce comunque al raggiungimento degli scopi sociali.
Dall'instaurazione dei predetti rapporti associativi e di lavoro in qualsiasi forma
derivano i relativi effetti di natura fiscale e previdenziale e tutti gli altri effetti
giuridici rispettivamente previsti dalla presente legge, nonché, in quanto
compatibili con la posizione del socio lavoratore, da altre leggi o da qualsiasi
altra fonte.

Disciplina del licenziamento: quando viene meno il rapporto sociale, viene


meno anche il rapporto di lavoro.

ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE (Artt. 2549-2554 c.c., art.86 D.Lgs


276/2003 c. 2)
Art. 2549. Nozione. — Con il contratto di associazione [1321, 1350 n. 9] in
partecipazione l’associante attribuisce all’associato una partecipazione agli utili

87 Si può affiancare un ulteriore rapporto di lavoro in qualsiasi forma  può essere certificato.

79
della sua impresa o di uno o più affari 88 verso il corrispettivo di un determinato
apporto [2553] 89.
Art. 2550. Pluralità di associazioni. — Salvo patto contrario, l’associante
non può attribuire partecipazioni per la stessa impresa o per lo stesso affare ad
altre persone senza il consenso dei precedenti associati.
Art. 2551. Diritti ed obbligazioni dei terzi. — I terzi acquistano diritti e
assumono obbligazioni soltanto verso l’associante [2554].
Art. 2552. Diritti dell’associante e dell’associato. — La gestione
dell’impresa o dell’affare spetta all’associante [2557].
Il contratto può determinare quale controllo possa esercitare l’associato
sull’impresa o sullo svolgimento dell’affare per cui l’associazione è stata
contratta [2261, 2476].
In ogni caso l’associato ha diritto al rendiconto dell’affare compiuto, o a quello
annuale della gestione se questa si protrae per più di un anno [1713, 1983].
Art. 2553. Divisione degli utili e delle perdite. — Salvo patto contrario,
l’associato partecipa alle perdite nella stessa misura in cui partecipa agli utili 90,
ma le perdite che colpiscono l’associato non possono superare il valore del suo
apporto [l.f. 77].
Art. 2554. Partecipazione agli utili e alle perdite. — Le disposizioni degli
articoli 2551 e 2552 si applicano anche al contratto di cointeressenza agli utili
di un’impresa senza partecipazione alle perdite 91 e al contratto con il quale un

88 Mentre è indiscusso che l’associato possa essere tanto un imprenditore quanto un


esercente un’arte o una professione o, più in generale, un soggetto non imprenditore, più
controverso è stabilire se l’associante debba rivestire necessariamente la qualifica di
imprenditore.
Se, da un lato, infatti, il riferimento «ad uno o più affari» in alternativa agli utili dell’impresa
farebbe supporre che l’associante possa essere anche non imprenditore, lo stesso inciso può
essere interpretato come la possibilità per l’associato di aderire non solo alla totalità dei
rapporti dell’impresa, bensì ad un solo ramo o ad un solo affare, facendo così propendere per la
soluzione che sostiene la necessità che l’associante sia, d’obbligo, imprenditore.

89 Sulle procedure di certificazione dei contratti di lavoro, cfr. artt. 75-82, d.lgs. 10-9-2003, n.
276 (Riforma del mercato del lavoro). Cfr. anche art. 86, c. 2, d.lgs. cit. che così dispone: «Al
fine di evitare fenomeni elusivi della disciplina di legge e contratto collettivo, in caso di rapporti
di associazione in partecipazione resi senza una effettiva partecipazione e adeguate erogazioni
a chi lavora, il lavoratore ha diritto ai trattamenti contributivi, economici e normativi stabiliti
dalla legge e dai contratti collettivi per il lavoro subordinato svolto nella posizione
corrispondente del medesimo settore di attività, o in mancanza di contratto collettivo, in una
corrispondente posizione secondo il contratto di settore analogo, a meno che il datore di
lavoro, o committente, o altrimenti utilizzatore non comprovi, con idonee attestazioni o
documentazioni, che la prestazione rientra in una delle tipologie di lavoro disciplinate nel
presente decreto ovvero in un contratto di lavoro subordinato speciale o con particolare
disciplina, o in un contratto nominato di lavoro autonomo, o in un altro contratto
espressamente previsto nell’ordinamento».

90 Si discute in dottrina quali siano le conseguenze nell’ipotesi in cui la quota di partecipazione


agli utili non sia stata convenzionalmente fissata. Secondo una prima opinione la quota di
partecipazione agli utili andrebbe determinata tenendo conto del rapporto tra valore
dell’apporto dell’associato e valore dell’impresa o dell’affare. Secondo altra opinione, il
contratto dovrebbe contenere quanto meno un criterio di massima per determinare la misura
della partecipazione agli utili, configurandosi, in difetto, una nullità del contratto per
indeterminatezza dell’oggetto [v. 1346].

91

80
contraente attribuisce la partecipazione agli utili ed alle perdite della sua
impresa, senza il corrispettivo di un determinato apporto [2265].
Per le partecipazioni agli utili attribuite ai prestatori di lavoro [2094] resta salva
la disposizione dell’articolo 2102 92.

Art. 86. - Norme transitorie e finali


1. Le collaborazioni coordinate e continuative stipulate ai sensi della disciplina
vigente, che non possono essere ricondotte a un progetto o a una fase di esso,
mantengono efficacia fino alla loro scadenza e, in ogni caso, non oltre un anno
dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento.
Termini diversi, anche superiori all'anno, di efficacia Termini diversi,
comunque non superiori al 24 ottobre 2005, di efficacia delle
collaborazioni coordinate e continuative stipulate ai sensi della disciplina
vigente potranno essere stabiliti nell'ambito di accordi sindacali di transizione
al nuovo regime di cui al presente decreto, stipulati in sede aziendale con le
istanze aziendali dei sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano
nazionale. (DLGS 251/2004)

92 In tale forma di cointeressenza l’apporto dell’associato è, secondo l’opinione dominante,


elemento essenziale, in quanto la partecipazione agli utili senza partecipazione alle perdite e
senza apporto assume il carattere di un negozio di liberalità [v. 769].
Dalla previsione del comma 3 della norma in esame si desume che il rapporto di lavoro
subordinato [v. 2094] retribuito con la partecipazione agli utili è una fattispecie distinta dalla
cointeressenza, così come dall’associazione in partecipazione [v. 2549].

81
2. Al fine di evitare fenomeni elusivi della disciplina di legge e contratto
collettivo, in caso di rapporti di associazione in partecipazione resi senza una
effettiva partecipazione e adeguate erogazioni a chi lavora, il lavoratore ha
diritto ai trattamenti contributivi, economici e normativi stabiliti dalla legge e
dai contratti collettivi per il lavoro subordinato svolto nella posizione
corrispondente del medesimo settore di attività, o in mancanza di contratto
collettivo, in una corrispondente posizione secondo il contratto di settore
analogo, a meno che il datore di lavoro, o committente, o altrimenti utilizzatore
non comprovi, con idonee attestazioni o documentazioni, che la prestazione
rientra in una delle tipologie di lavoro disciplinate nel presente decreto ovvero
in un contratto di lavoro subordinato speciale o con particolare disciplina, o in
un contratto nominato di lavoro autonomo, o in altro contratto espressamente
previsto nell'ordinamento.
3. In relazione agli effetti derivanti dalla abrogazione delle disposizioni di cui
agli articoli da 1 a 11 della legge 24 giugno 1997, n. 196, le clausole dei
contratti collettivi nazionali di lavoro stipulate ai sensi dell'articolo 1, comma 2,
lettera a), della medesima legge e vigenti alla data di entrata in vigore del
presente decreto, mantengono, in via transitoria e salve diverse intese, la loro
efficacia fino alla data di scadenza dei contratti collettivi nazionali di lavoro,
con esclusivo riferimento alla determinazione per via contrattuale delle
esigenze di carattere temporaneo che consentono la somministrazione di
lavoro a termine. Le clausole dei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulate
ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 24 giugno 1997, n. 196, vigenti
alla data di entrata in vigore del presente decreto, mantengono la loro efficacia
fino a diversa determinazione delle parti stipulanti o recesso unilaterale.
4. Le disposizioni di cui all'articolo 26-bis della legge 24 giugno 1997, n. 196, e
di cui al n. 5-ter dell'articolo 2751-bis del codice civile si intendono riferiti alla
disciplina della somministrazione prevista dal presente decreto.
5. Ferma restando la disciplina di cui all'articolo 17, comma 1, della legge 28
gennaio 1994, n. 84, come sostituito dall'articolo 3 della legge 30 giugno 2000,
n. 186, i riferimenti che lo stesso articolo 17 fa alla legge 24 giugno 1997, n.
196, si intendono riferiti alla disciplina della somministrazione di cui al presente
decreto.
6. Per le società di somministrazione, intermediazione, ricerca e selezione del
personale, ricollocamento professionale già autorizzate ai sensi della normativa
previgente opera una disciplina transitoria e di raccordo definita con apposito
decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali entro trenta giorni dalla
entrata in vigore del presente decreto. In attesa della disciplina transitoria
restano in vigore le norme di legge e regolamento vigenti alla data di entrata in
vigore del presente decreto legislativo.
7. L'obbligo di comunicazione di cui al comma 4 dell'articolo 4-bis del decreto
legislativo n. 181 del 2000 si intende riferito a tutte le imprese di
somministrazione, sia a tempo indeterminato che a tempo determinato.
8. Il Ministro per la funzione pubblica convoca le organizzazioni sindacali
maggiormente rappresentative dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche
per esaminare i profili di armonizzazione conseguenti alla entrata in vigore del
presente decreto legislativo entro sei mesi anche ai fini della eventuale
predisposizione di provvedimenti legislativi in materia.

82
9. La previsione della trasformazione del rapporto di lavoro di cui all'articolo 27,
comma 1, non trova applicazione nei confronti delle pubbliche amministrazioni
cui la disciplina della somministrazione trova applicazione solo per quanto
attiene alla somministrazione di lavoro a tempo determinato. La vigente
disciplina in materia di contratti di formazione e lavoro, fatto salvo quanto
previsto dall'articolo 59, comma 3, trova applicazione esclusivamente nei
confronti della pubblica amministrazione. Le sanzioni amministrative di cui
all'articolo 19 si applicano anche nei confronti della pubblica amministrazione.
10. All'articolo 3, comma 8, del decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) la lettera b) é sostituita dalla seguente:
«b) chiede alle imprese esecutrici una dichiarazione dell'organico medio annuo,
distinto per qualifica, nonché una dichiarazione relativa al contratto collettivo
stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative,
applicato ai lavoratori dipendenti;»;
b) dopo la lettera b) sono aggiunte, in fine, le seguenti:
«b-bis) chiede un certificato di regolarità contributiva. Tale certificato può
essere rilasciato, oltre che dall'INPS e dall'INAIL, per quanto di rispettiva
competenza, anche dalle casse edili le quali stipulano una apposita
convenzione con i predetti istituti al fine del rilascio di un documento unico di
regolarità contributiva;
b-ter) trasmette all'amministrazione concedente, prima dell'inizio dei lavori
oggetto della concessione edilizia o all'atto della presentazione della denuncia
di inizio attività, il nominativo dell'impresa esecutrice dei lavori unitamente alla
documentazione di cui alle lettere b) e b-bis).».
b-ter. trasmette all’amministrazione concedente prima dell’inizio dei
lavori, oggetto del permesso di costruire o della denuncia di inizio di
attività, il nominativo delle imprese esecutrici dei lavori unitamente
alla documentazione di cui alle lettere b) e b-bis). In assenza della
certificazione della regolarità contributiva, anche in caso di variazione
dell’impresa esecutrice dei lavori, è sospesa l’efficacia del titolo
abilitativo.». (DLGS 251/2004)
10-bis. Nei casi di instaurazione di rapporti di lavoro nel settore edile, i datori di
lavoro sono tenuti a dare la comunicazione di cui all’articolo 9-bis, comma 2,
del decreto-legge 1 ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla
legge 28 novembre 1996, n. 608, così come sostituito dall’articolo 6, comma 3,
del decreto legislativo n. 297 del 19 dicembre 2002, il giorno antecedente alla
data di instaurazione dei rapporti. Il presente comma si applica a decorrere
dalla data stabilita dal decreto di cui al comma 7 dell’articolo 4-bis, del decreto
legislativo 21 aprile 2000, n. 181, introdotto dall’articolo 6, comma 1, del
decreto legislativo 19 dicembre 2002, n. 297. (DLGS 251/2004)
10-bis. Nei casi di instaurazione di rapporti di lavoro nel settore edile,
i datori di lavoro sono tenuti a dare la comunicazione di cui all'articolo
9-bis, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito,
con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, e successive
modificazioni, il giorno antecedente a quello di instaurazione dei
relativi rapporti, mediante documentazione avente data certa. (Legge
248/2006)

83
10-ter. La violazione degli obblighi di cui al comma 10-bis è punita con
la sanzione amministrativa pecuniaria di cui all’articolo 19, comma 3.
(DLGS 251/2004)
11. L'abrogazione ad opera dell'articolo 8 del decreto legislativo 19 dicembre
2002, n. 297, della disciplina dei compiti della commissione regionale per
l'impiego di cui all'articolo 5 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, non si intende
riferita alle regioni a statuto speciale per le quali non sia effettivamente
avvenuto il trasferimento delle funzioni in materia di lavoro ai sensi del decreto
legislativo 23 dicembre 1997, n. 469.
12. Le disposizioni di cui agli articoli 13, 14, 34, comma 2, di cui al Titolo III e di
cui al Titolo VII, capo II, Titolo VIII hanno carattere sperimentale. Decorsi
diciotto mesi dalla data di entrata in vigore, il Ministro del lavoro e delle
politiche sociali procede, sulla base delle informazioni raccolte ai sensi
dell'articolo 17, a una verifica con le organizzazioni sindacali, dei datori e dei
prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale
degli effetti delle disposizioni in esso contenute e ne riferisce al Parlamento
entro tre mesi ai fini della valutazione della sua ulteriore vigenza.
13. Entro i cinque giorni successivi alla entrata in vigore del presente decreto, il
Ministro del lavoro e delle politiche sociali convoca le associazioni dei datori di
lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul
piano nazionale al fine di verificare la possibilità di affidare a uno o più accordi
interconfederali la gestione della messa a regime del presente decreto, anche
con riferimento al regime transitorio e alla attuazione dei rinvii contenuti alla
contrattazione collettiva.
14. L'INPS provvede al monitoraggio degli effetti derivanti dalle misure del
presente decreto, comunicando i risultati al Ministero del lavoro e delle
politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze, anche ai fini della
adozione dei provvedimenti correttivi di cui all'articolo 11-ter, comma 7, della
legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, ovvero delle misure
correttive da assumere ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera i-quater della
medesima legge. Limitatamente al periodo strettamente necessario alla
adozione dei predetti provvedimenti correttivi, alle eventuali eccedenze di
spesa rispetto alle previsioni a legislazione vigente si provvede mediante
corrispondente rideterminazione, da effettuare con decreto del Ministro del
lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle
finanze, degli interventi posti a carico del Fondo di cui all'articolo 1, comma 7,
del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazione, dalla
legge 19 luglio 1993, n. 236.

LAVORO A TEMPO DETERMINATO


La stabilità di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dipende dalle
condizioni a cui il datore di lavoro può recedere dal contratto. Per lavoro
temporaneo si definisce tutto quello che non è a tempo indeterminato.
La legge del 1924 sull’impiego privato ammetteva contratti a tempo
determinato a determinate condizioni: secondo la specialità del rapporto e
l’esigenza doveva essere di carattere temporaneo. L’art. 2097 c.c. riprendeva il
concetto di specialità del rapporto, ma per come era scritto si interpretava che
serviva o questa specialità o la forma scritta del contratto., questo articolo è
stato abrogato con la l. 230/1962 nella quale si definivano alcune tassative
ipotesi per stipulare contratti a termine:
84
• Assunzione in sostituzione di lavoratori momentaneamente assenti;
• Lavoratori da adibire a lavori atipici rispetto al processo produttivo;
ove non rientrasse nelle ipotesi, il contratto passava automaticamente a tempo
indeterminato. La disciplina sanzionatoria era molto pesante (es. la proroga del
rapporto, anche solo di un giorno oltre la scadenza, trasformava il contratto).
Con il passare degli anni sono state aggiunte ipotesi fino a raggiungere
l’attuale disciplina che non prevede più ipotesi tassative, ma macroipotesi: si
parla di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo (anche in materia
di trasferimento e licenziamento) e sostitutivo. Le ragioni del contratto a
termine possono anche essere legate all’attività ordinaria, ma deve sussistere
un esigenza temporanea (questo precetto è consolidato in giurisprudenza, ma
non è esplicitamente scritto in nessuna norma).

Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato.


DIRETTIVA 1999/70/CE DEL CONSIGLIO
del 28 giugno 1999
relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato.
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 139,
paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione,
considerando quanto segue:
(1) con l'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, le disposizioni dell'accordo
sulla politica sociale annesso al protocollo sulla politica sociale allegato al
trattato che istituisce la Comunità europea, sono state inserite negli articoli da
136 a 139 del trattato che istituisce la Comunità europea;
(2) le parti sociali possono, a norma dell'articolo 139 paragrafo 2 del trattato,
richiedere congiuntamente che gli accordi a livello comunitario siano attuati da
una decisione del Consiglio su proposta della Commissione;
(3) il punto 7 della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei
lavoratori stabilisce tra l'altro che la realizzazione del mercato interno deve
portare ad un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori
nella Comunità europea. Tale processo avverrà mediante il ravvicinamento di
tali condizioni, che costituisca un progresso, soprattutto per quanto riguarda le
forme di lavoro diverse dal lavoro a tempo indeterminato, come il lavoro a
tempo determinato, il lavoro a tempo parziale, il lavoro interinale e il lavoro
stagionale;
(4) il Consiglio non è stato in grado di deliberare sulla proposta di direttiva
relativa a determinati rapporti di lavoro per quanto riguarda le distorsioni di
concorrenza (1), né sulla proposta di direttiva relativa a determinati rapporti di
lavoro per quanto riguarda le condizioni di lavoro (2);
(5) le conclusioni del Consiglio europeo di Essen hanno sottolineato la necessità
di provvedimenti per "incrementare l'intensità occupazionale della crescita, in
particolare mediante un'organizzazione più flessibile del lavoro, che risponda
sia ai desideri dei lavoratori che alle esigenze della competitività";
(6) la risoluzione del Consiglio del 9 febbraio 1999 relativa agli orientamenti in
materia di occupazione per il 1999 invita le parti sociali a tutti i livelli
appropriati a negoziare accordi per modernizzare l'organizzazione del lavoro,
comprese forme flessibili di lavoro, al fine di rendere le imprese produttive e

85
competitive e di realizzare il necessario equilibrio tra la flessibilità e la
sicurezza;
(7) la Commissione, in base all'articolo 3, paragrafo 2 dell'accordo sulla politica
sociale, ha consultato le parti sociali sul possibile orientamento di un'azione
comunitaria relativa alla flessibilità dell'orario di lavoro e alla sicurezza dei
lavoratori;
(8) la Commissione, reputando a seguito di tale consultazione che un'azione
comunitaria era opportuna, ha nuovamente consultato le parti sociali sul
contenuto della proposta in questione, a norma dell'articolo 3, paragrafo 3 di
detto accordo;
(9) le organizzazioni intercategoriali a carattere generale Unione delle
confederazioni delle industrie della Comunità europea (UNICE), Centro europeo
dell'impresa a partecipazione pubblica (CEEP), Confederazione europea dei
sindacati (CES) hanno informato la Commissione, con lettera congiunta del 23
marzo 1998, che intendevano avviare il procedimento previsto all'articolo 4 di
detto accordo; che esse hanno chiesto alla Commissione, con lettera
congiunta, un periodo supplementare di tre mesi; la Commissione è venuta
incontro a questa richiesta prorogando il periodo previsto per le trattative fino
al 30 marzo del 1999;
(10) il 18 marzo 1999 dette organizzazioni intercategoriali hanno concluso un
accordo quadro sul lavoro a tempo determinato e che esse hanno trasmesso
alla Commissione la loro domanda congiunta affinché sia data attuazione a tale
accordo quadro con decisione del Consiglio su proposta della Commissione, a
norma dell'articolo 4, paragrafo 2 dell'accordo sulla politica sociale;
(11) il Consiglio, nella sua risoluzione del 6 dicembre 1994 "relativa ad alcune
prospettive di una politica sociale dell'Unione europea: contributo alla
convergenza economica e sociale dell'Unione"(3), ha invitato le parti sociali a
sfruttare le possibilità di concludere accordi, in quanto sono di norma più vicine
alla realtà sociale e ai problemi sociali;
(12) le parti contraenti, nel preambolo all'accordo quadro sul lavoro a tempo
parziale concluso il 6 giugno 1997, hanno annunciato di voler considerare la
necessità di simili accordi relativi ad altre forme di lavoro flessibile;
(13) le parti sociali hanno voluto attribuire particolare attenzione al lavoro a
tempo determinato, pur dichiarando le proprie intenzioni di esaminare
l'esigenza di accordi analoghi per il lavoro temporaneo;
(14) le parti contraenti hanno voluto concludere un accordo quadro sul lavoro a
tempo determinato che stabilisce i principi generali e i requisiti minimi per i
contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato; hanno espresso
l'intenzione di migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo
l'applicazione del principio di non discriminazione, nonché di creare un quadro
per la prevenzione degli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di
contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato;
(15) l'atto appropriato per l'attuazione dell'accordo quadro è costituito da una
direttiva ai sensi dell'articolo 249 del trattato; tale atto vincola quindi gli Stati
membri per quanto riguarda il risultato da raggiungere, ma lascia ad essi la
scelta della forma e dei mezzi;
(16) in base ai principi di sussidiarietà e proporzionalità definiti dall'articolo 5
del trattato, gli obiettivi della presente direttiva non possono essere realizzati
in misura sufficiente dagli Stati membri e possono quindi essere meglio

86
perseguiti a livello comunitario; la presente direttiva non eccede quanto è
necessario per realizzare tali obiettivi;
(17) per quanto riguarda i termini utilizzati nell'accordo quadro la presente
direttiva, senza definirli precisamente, lascia agli Stati membri il compito di
provvedere alla loro definizione secondo la legislazione e/o la prassi nazionale,
come per altre direttive adottate nel settore sociale che utilizzano termini
simili, purché dette definizioni rispettino il contenuto dell'accordo quadro;
(18) la Commissione ha elaborato la sua proposta di direttiva, in linea con la
propria comunicazione del 14 dicembre 1993 concernente l'attuazione del
protocollo sulla politica sociale, e alla propria comunicazione del 20 maggio
1998 che adegua e promuove il dialogo sociale a livello comunitario, tenendo
conto della rappresentatività delle parti contraenti, del loro mandato e della
legittimità di ciascuna clausola dell'accordo quadro; i firmatari hanno una
rappresentatività cumulativa sufficiente;
(19) la Commissione ha informato il Parlamento europeo e il Comitato
economico e sociale sottoponendo loro il testo dell'accordo corredato della sua
proposta di direttiva e della rispettiva relazione in linea con la sua
comunicazione riguardante l'attuazione dell'accordo sulla politica sociale;
(20) il Parlamento europeo ha adottato il 6 maggio 1999 una risoluzione
sull'accordo quadro delle parti sociali;
(21) l'attuazione dell'accordo quadro contribuisce alla realizzazione degli
obiettivi di cui all'articolo 136 del trattato, HA ADOTTATO LA PRESENTE
DIRETTIVA:
Articolo 1
Scopo della presente direttiva è attuare l'accordo quadro sui contratti a tempo
determinato, che figura nell'allegato, concluso il 18 marzo 1999 fra le
organizzazioni intercategoriali a carattere generale (CES, CEEP e UNICE).
Articolo 2
Gli Stati membri mettono in atto le disposizioni legislative, regolamentari e
amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi
entro il 10 luglio 2001 o si assicurano che, entro tale data, le parti sociali
introducano le disposizioni necessarie mediante accordi. Gli Stati membri
devono prendere tutte le disposizioni necessarie per essere sempre in grado di
garantire i risultati prescritti dalla presente direttiva. Essi ne informano
immediatamente la Commissione.
Gli Stati membri possono fruire di un periodo supplementare non superiore ad
un anno, ove sia necessario e previa consultazione con le parti sociali, in
considerazione di difficoltà particolari o dell'attuazione mediante contratto
collettivo. Essi devono informare immediatamente la Commissione di tali
circostanze.
Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui al primo paragrafo,
queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da
tale riferimento all'atto della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale
riferimento sono stabilite dagli Stati membri.
Articolo 3
La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta
ufficiale delle Comunità europee.
Articolo 4
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Lussemburgo, addì 28 giugno 1999.
87
ALLEGATO
CES-UNICE-CEEP
Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato
Preambolo
Il presente accordo quadro illustra il ruolo che le parti sociali possono svolgere
nell'ambito della strategia europea per l'occupazione adottata durante il vertice
straordinario del Lussemburgo nel 1997 e, rappresentando il seguito
dell'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale, è un ulteriore contributo in
direzione di un migliore equilibrio fra "la flessibilità dell'orario di lavoro e la
sicurezza dei lavoratori".
Le parti firmatarie dell'accordo riconoscono che i contratti a tempo
indeterminato sono e continueranno ad essere la forma comune dei rapporti di
lavoro fra i datori di lavoro e i lavoratori. Esse inoltre riconoscono che i contratti
a tempo determinato rispondono, in alcune circostanze, sia alle esigenze dei
datori di lavoro sia a quelle dei lavoratori.
Il presente accordo stabilisce i principi generali e i requisiti minimi relativi al
lavoro a tempo determinato, riconoscendo che la loro applicazione dettagliata
deve tener conto delle realtà specifiche delle situazioni nazionali, settoriali e
stagionali. Esso indica la volontà delle parti sociali di stabilire un quadro
generale che garantisca la parità di trattamento ai lavoratori a tempo
determinato, proteggendoli dalle discriminazioni, e un uso dei contratti di
lavoro a tempo determinato accettabile sia per i datori di lavoro sia per i
lavoratori.
Il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo determinato, ad eccezione
di quelli messi a disposizione di un'azienda utilizzatrice da parte di un'agenzia
di lavoro interinale. È intenzione delle parti considerare la necessità di un
analogo accordo relativo al lavoro interinale.
Il presente accordo si riferisce alle condizioni di lavoro dei lavoratori a tempo
determinato e riconosce che le questioni relative ai regimi legali di sicurezza
sociale rientrano nella competenza degli Stati membri. Al riguardo, le parti
sociali prendono nota della Dichiarazione sull'occupazione del Consiglio
europeo di Dublino (1996), che sottolinea fra l'altro la necessità di elaborare
sistemi di sicurezza sociale più favorevoli all'occupazione, sviluppando "sistemi
di protezione sociale che si adattino ai nuovi tipi di lavoro e forniscano
l'adeguata protezione sociale alle persone impegnate in tali lavori": le parti
ribadiscono il parere espresso nell'accordo del 1997 sul lavoro a tempo
parziale, secondo la quale gli Stati membri dovrebbero attuare
immediatamente la Dichiarazione.
Inoltre, si riconosce che sono necessarie innovazioni ai sistemi di protezione
sociale complementari dei lavoratori, per adattarli alla situazione attuale e in
particolare per garantire la trasferibilità dei diritti.
La CES, l'UNICE e il CEEP invitano la Commissione a presentare il presente
accordo quadro al Consiglio, affinché quest'ultimo decida di rendere vincolanti
le relative disposizioni negli Stati membri aderenti all'Accordo sulla politica
sociale annesso al protocollo (n. 14) sulla politica sociale allegato al trattato
che istituisce la Comunità europea.
Le parti invitano la Commissione a inserire nella sua proposta per l'attuazione
dell'accordo un'esortazione agli Stati membri, affinché adottino le leggi, i
regolamenti e le disposizioni amministrative opportune per applicare la
88
decisione del Consiglio entro due anni dall'adozione della stessa, o per
garantire(1) che le parti sociali concertino le misure necessarie entro la
scadenza di detto periodo. Qualora necessario e previa consultazione
con le parti sociali, gli Stati membri potranno disporre di un anno
supplementare per conformarsi a questa disposizione, in modo da ovviare a
particolari difficoltà o procedere all'attuazione mediante contratto collettivo.
Le parti firmatarie del presente accordo chiedono che le parti sociali siano
consultate prima di qualunque iniziativa di ordine legislativo, normativo o
amministrativo assunta da uno Stato membro per conformarsi al presente
accordo.
Senza che ciò pregiudichi il ruolo dei tribunali nazionali e della Corte di
giustizia, le parti firmatarie del presente accordo chiedono che la Commissione
in prima istanza sottoponga loro per un parere tutte le questioni relative
all'interpretazione a livello europeo dell'accordo stesso.
Considerazioni generali
1. Visto l'Accordo sulla politica sociale annesso al protocollo (n. 14) sulla
politica sociale allegato al trattato che istituisce la Comunità europea, e in
particolare i suoi articoli 3.4 e 4.2;
2. considerando che l'articolo 4.2 dell'Accordo sulla politica sociale dispone che
gli accordi conclusi a livello comunitario possono essere attuati, su richiesta
congiunta delle parti firmatarie, da una decisione del Consiglio su proposta
della Commissione;
3. considerando che la Commissione, nel suo secondo documento di
consultazione sulla flessibilità dell'orario di lavoro e la sicurezza dei lavoratori,
ha annunciato l'intenzione di proporre una misura comunitaria giuridicamente
vincolante;
4. considerando che il Parlamento europeo, nel suo parere relativo alla
proposta di direttiva sul lavoro a tempo parziale, ha invitato la Commissione a
presentare immediatamente proposte di direttive sulle altre forme di impiego
flessibile, come il lavoro a tempo determinato e il lavoro interinale;
5. considerando che il Consiglio europeo, nelle sue conclusioni relative al
vertice straordinario sull'occupazione adottate a Lussemburgo, ha invitato le
parti sociali a negoziare accordi per "modernizzare l'organizzazione del lavoro,
comprese formule flessibili di lavoro, onde rendere produttive e competitive le
imprese e raggiungere il necessario equilibrio tra la flessibilità e la sicurezza";
6. considerando che i contratti di lavoro a tempo indeterminato rappresentano
la forma comune dei rapporti di lavoro e contribuiscono alla qualità della vita
dei lavoratori interessati e a migliorare il rendimento;
7. considerando che l'utilizzazione di contratti di lavoro a tempo determinato
basata su ragioni oggettive è un modo di prevenire gli abusi;
8. considerando che i contratti di lavoro a tempo determinato rappresentano
una caratteristica dell'impiego in alcuni settori, occupazioni e attività atta a
soddisfare sia i datori di lavoro sia i lavoratori;
9. considerando che più della metà dei lavoratori a tempo determinato
nell'Unione europea sono donne, e che il presente accordo può pertanto
contribuire al miglioramento delle pari opportunità fra le donne e gli uomini;
10. considerando che il presente accordo demanda agli Stati membri e alle
parti sociali la formulazione di disposizioni volte all'applicazione dei principi
generali, dei requisiti minimi e delle norme in esso stesso contenuti, al fine di
tener conto della situazione di ciascuno Stato membro e delle circostanze
89
relative a particolari settori e occupazioni, comprese le attività di tipo
stagionale;
11. considerando che il presente accordo tiene conto dell'esigenza di
migliorare le disposizioni relative alla politica sociale, di aumentare la
competitività dell'economia comunitaria e di evitare di imporre vincoli
amministrativi, finanziari e legali suscettibili di inibire la creazione e lo sviluppo
di piccole e medie imprese;
12. considerando che le parti sociali sono le più adatte a trovare soluzioni
rispondenti alle esigenze sia dei datori di lavoro sia dei lavoratori, per cui deve
essere assegnato loro un ruolo di spicco nell'attuazione e applicazione del
presente accordo, LE PARTI CONTRAENTI HANNO CONCORDATO QUANTO
SEGUE:
Obiettivo (clausola 1)
L'obiettivo del presente accordo quadro è:
a) migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto
del principio di non discriminazione;
b) creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti
dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo
determinato.
Campo d'applicazione (clausola 2)
1. Il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo determinato con un
contratto di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai
contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro.
2. Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali e/o le parti sociali
stesse possono decidere che il presente accordo non si applichi ai:
a) rapporti di formazione professionale iniziale e di apprendistato;
b) contratti e rapporti di lavoro definiti nel quadro di un programma specifico di
formazione, inserimento e riqualificazione professionale pubblico o che
usufruisca di contributi pubblici.
Definizioni (clausola 3)
1. Ai fini del presente accordo, il termine "lavoratore a tempo determinato"
indica una persona con un contratto o un rapporto di lavoro definiti
direttamente fra il datore di lavoro e il lavoratore e il cui termine è determinato
da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il
completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico.
2. Ai fini del presente accordo, il termine "lavoratore a tempo indeterminato
comparabile" indica un lavoratore con un contratto o un rapporto di lavoro di
durata indeterminata appartenente allo stesso stabilimento e addetto a
lavoro/occupazione identico o simile, tenuto conto delle qualifiche/competenze.
In assenza di un lavoratore a tempo indeterminato comparabile nello stesso
stabilimento, il raffronto si dovrà fare in riferimento al contratto collettivo
applicabile o, in mancanza di quest'ultimo, in conformità con la legge, i
contratti collettivi o le prassi nazionali.
Principio di non discriminazione (clausola 4)
1. Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo
determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei
lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un
contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano
ragioni oggettive.
2. Se del caso, si applicherà il principio del pro rata temporis.
90
3. Le disposizioni per l'applicazione di questa clausola saranno definite dagli
Stati membri, previa consultazione delle parti sociali e/o dalle parti sociali
stesse, viste le norme comunitarie e nazionali, i contratti collettivi e la prassi
nazionali.
4. I criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di
lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia
per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di
periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive.
Misure di prevenzione degli abusi (clausola 5)
1. Per prevenire gli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o
rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione
delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi
nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme
equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle
esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative
a:
a) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o
rapporti;
b) la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo
determinato successivi;
c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.
2. Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali
stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti
di lavoro a tempo determinato:
a) devono essere considerati "successivi";
b) devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato.
Informazione e possibilità di impiego (clausola 6)
1. I datori di lavoro informano i lavoratori a tempo determinato dei posti
vacanti che si rendano disponibili nell'impresa o stabilimento, in modo da
garantire loro le stesse possibilità di ottenere posti duraturi che hanno gli altri
lavoratori. Tali informazioni possono essere fornite sotto forma di annuncio
pubblico in un luogo adeguato dell'impresa o dello stabilimento.
2. Nella misura del possibile, i datori di lavoro dovrebbero agevolare l'accesso
dei lavoratori a tempo determinato a opportunità di formazione adeguate, per
aumentarne le qualifiche, promuoverne la carriera e migliorarne la mobilità
occupazionale.
Informazione e consultazione (clausola 7)
1. I lavoratori a tempo determinato devono essere presi in considerazione in
sede di calcolo della soglia oltre la quale, ai sensi delle disposizioni nazionali,
possono costituirsi gli organi di rappresentanza dei lavoratori nelle imprese
previsti dalle normative comunitarie e nazionali.
2. Le normative per l'applicazione della clausola 7.1 vengono definite dagli
Stati membri previa consultazione delle parti sociali e/o dalle parti sociali
stesse ai sensi delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, vista
anche la clausola 4.1.
3. Nella misura del possibile, i datori di lavoro dovrebbero prendere in
considerazione la fornitura di adeguata informazione agli organi di
rappresentanza dei lavoratori in merito al lavoro a tempo determinato
nell'azienda.
Disposizioni di attuazione (clausola 8)
91
1. Gli Stati membri e/o le parti sociali possono mantenere o introdurre
disposizioni più favorevoli per i lavoratori di quelle stabilite nel presente
accordo.
2. Il presente accordo non pregiudica ulteriori disposizioni comunitarie più
specifiche, in particolare per quanto riguarda la parità di trattamento e di
opportunità uomo-donna.
3. L'applicazione del presente accordo non costituisce un motivo valido per
ridurre il livello generale di tutela offerto ai lavoratori nell'ambito coperto
dall'accordo stesso.
4. Il presente accordo non pregiudica il diritto delle parti sociali di concludere,
al livello appropriato, ivi compreso quello europeo, accordi che adattino e/o
completino le disposizioni del presente accordo in modo da tenere conto delle
esigenze specifiche delle parti sociali interessate.
5. La prevenzione e la soluzione delle controversie e delle vertenze scaturite
dall'applicazione del presente accordo dovranno procedere in conformità con le
leggi, i contratti collettivi e la prassi nazionali.
6. Le parti contraenti verificano l'applicazione del presente accordo cinque anni
dopo la data della decisione del Consiglio, se richiesto da una delle parti
firmatarie dello stesso.
Questa direttiva si propone di garantire la parità di trattamento tra lavoratore a
termine e lavoratore a tempo indeterminato ed evitare l’uso indiscriminato dei
contratti a termine. In Italia si parla di parità di trattamento con tutto il
personale dell’azienda.

Decreto Legislativo 6 settembre 2001, n. 368


"Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul
lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES"
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 235 del 9 ottobre 2001
con le modifiche apportate dalla legge
Legge 6 agosto 2008 , n. 133
“Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione
tributaria”
pubblicata sul S.O. n. 196 alla Gazzetta Ufficiale n. 195 del 21 agosto 2008
Legge 24 dicembre 2007, n. 247 (protocollo del Welfare)
"Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e
competitività per favorire l’equità e la crescita sostenibili, nonchè ulteriori
norme in materia di lavoro e previdenza sociale"
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 301 del 29 dicembre 2007
Legge 23 dicembre 2005, n. 266
" Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
( legge finanziaria 2006 ) "
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29 dicembre 2005 - Supplemento
ordinario n. 211
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa
all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dalla CES,
dall'UNICE e dal CEEP;

92
Vista la legge 29 dicembre 2000, n. 422, ed, in particolare, l'articolo 1, commi 1
e 3, e l'allegato B;
Vista la deliberazione preliminare del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 28 giugno 2001;
Acquisiti i pareri delle permanenti commissioni parlamentari della Camera dei
deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio del Ministri, adottata nella riunione del 9
agosto 2001;
Sulla proposta del Ministro per le politiche comunitarie, del Ministro del lavoro e
delle politiche sociali e del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto
con il Ministro degli affari esteri e con il Ministro della giustizia;
Emana
il seguente decreto legislativo:
Premessa
a) i contratti a termine in corso alla data di entrata in vigore della presente
legge continuano fino al termine previsto dal contratto, anche in deroga alle
disposizioni di cui al comma 4-bis dell’articolo 5 del decreto legislativo 6
settembre 2001, n. 368, introdotto dal presente articolo;
b) il periodo di lavoro già effettuato alla data di entrata in vigore della presente
legge si computa, insieme ai periodi successivi di attività ai fini della
determinazione del periodo
massimo di cui al citato comma 4-bis, decorsi quindici mesi dalla medesima
data.
Art. 1.
Apposizione del termine
Il contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo indeterminato.
1. E' consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro
subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o
sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro.
2. L'apposizione del termine e' priva di effetto se non risulta, direttamente o
indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni di cui al
comma l.
3. Copia dell'atto scritto deve essere consegnata dal datore di lavoro al
lavoratore entro cinque giorni lavorativi dall'inizio della prestazione.
4. La scrittura non e' tuttavia necessaria quando la durata del rapporto di
lavoro, puramente occasionale, non sia superiore a dodici giorni.
Art. 2.
Disciplina aggiuntiva per il trasporto aereo ed i servizi aeroportuali
1. E' consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro
subordinato quando l'assunzione sia effettuata da aziende di trasporto aereo o
da aziende esercenti i servizi aeroportuali ed abbia luogo per lo svolgimento
dei servizi operativi di terra e di volo, di assistenza a bordo ai passeggeri e
merci, per un periodo massimo complessivo di sei mesi, compresi tra aprile ed
ottobre di ogni anno, e di quattro mesi per periodi diversamente distribuiti e
nella percentuale non superiore al quindici per cento dell'organico aziendale
che, al 1° gennaio dell'anno a cui le assunzioni si riferiscono, risulti
complessivamente adibito ai servizi sopra indicati. Negli aeroporti minori detta
percentuale può essere aumentata da parte delle aziende esercenti i servizi
aeroportuali, previa autorizzazione della direzione provinciale del lavoro, su
istanza documentata delle aziende stesse. In ogni caso, le organizzazioni
93
sindacali provinciali di categoria ricevono comunicazione delle richieste di
assunzione da parte delle aziende di cui al presente articolo.
1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche quando l’assunzione
sia effettuata da imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste per un
periodo massimo complessivo di sei mesi, compresi tra aprile ed ottobre di ogni
anno, e di quattro mesi per periodi diversamente distribuiti e nella percentuale
non superiore al 15 per cento dell’organico aziendale, riferito al 1º gennaio
dell’anno cui le assunzioni si riferiscono. Le organizzazioni sindacali provinciali
di categoria ricevono comunicazione delle richieste di assunzione da parte
delle aziende di cui al presente comma.
Art. 3.
Divieti
1. L'apposizione di un termine alla durata di un contratto di lavoro subordinato
non è ammessa:
a) per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
b) salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso unità produttive
nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti
collettivi ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, che
abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il
contratto di lavoro a tempo determinato, salvo che tale contratto sia concluso
per provvedere a sostituzione di lavoratori assenti, ovvero sia concluso ai sensi
dell'articolo 8, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, ovvero abbia una
durata iniziale non superiore a tre mesi;
c) presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti
o una riduzione dell'orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale,
che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a
termine;
d) da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai
sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e
successive modificazioni.

Art. 4.
Disciplina della proroga
1. Il termine del contratto a tempo determinato puo' essere, con il consenso del
lavoratore, prorogato solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a
tre anni. In questi casi la proroga e' ammessa una sola volta e a condizione che
sia richiesta da ragioni oggettive e si riferisca alla stessa attivita' lavorativa per
la quale il contratto e' stato stipulato a tempo determinato. Con esclusivo
riferimento a tale ipotesi la durata complessiva del rapporto a termine non
potra' essere superiore ai tre anni.
2. L'onere della prova relativa all'obiettiva esistenza delle ragioni che
giustificano l'eventuale proroga del termine stesso e' a carico del datore di
lavoro.
Art. 4-bis
Disposizione transitoria concernente l'indennizzo per la violazione delle norme
in materia di apposizione e di proroga del termine 1. Con riferimento ai soli
giudizi in corso alla data di entrata in vigore della presente disposizione, e fatte
salve le sentenze passate in giudicato, in caso di violazione delle disposizioni di
cui agli articoli 1, 2 e 4, il datore di lavoro è tenuto unicamente a indennizzare
94
il prestatore di lavoro con un'indennità di importo compreso tra un minimo di
2,5 ed un massimo di sei mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto,
avuto riguardo ai criteri indicati nell'articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n.
604, e successive modificazioni .
Art. 5.
Scadenza del termine e sanzioni Successione dei contratti
1. Se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del termine inizialmente
fissato o successivamente prorogato ai sensi dell'articolo 4, il datore di lavoro
e' tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione
per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al venti per cento fino al
decimo giorno successivo, al quaranta per cento per ciascun giorno ulteriore.
2. Se il rapporto di lavoro continua oltre il ventesimo giorno in caso di contratto
di durata inferiore a sei mesi, nonchè decorso il periodo complessivo di cui al
comma 4-bis, ovvero oltre il trentesimo giorno negli altri casi, il contratto si
considera a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini.
3. Qualora il lavoratore venga riassunto a termine, ai sensi dell'articolo 1, entro
un periodo di dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a
sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata
superiore ai sei mesi, il secondo contratto si considera a tempo indeterminato.
4. Quando si tratta di due assunzioni successive a termine, intendendosi per
tali quelle effettuate senza alcuna soluzione di continuità, il rapporto di lavoro
si considera a tempo indeterminato dalla data di stipulazione del primo
contratto.
4-bis. Ferma restando la disciplina della successione di contratti di cui ai commi
precedenti, e fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a
livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale qualora per effetto
di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti
il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia
complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi,
indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto
e l’altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato ai sensi del
comma 2. In deroga a quanto disposto dal primo periodo del presente comma,
un ulteriore successivo contratto a termine fra gli stessi soggetti può essere
stipulato per una sola volta, a condizione che la stipula avvenga presso la
direzione provinciale del lavoro competente per territorio e con l’assistenza di
un rappresentante di una delle organizzazioni sindacali comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale cui il lavoratore sia iscritto o conferisca
mandato. Le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale stabiliscono con
avvisi comuni la durata del predetto ulteriore contratto. In caso di mancato
rispetto della descritta procedura, nonchè nel caso di superamento del termine
stabilito nel medesimo contratto, il nuovo contratto si considera a tempo
indeterminato.
4-ter. Le disposizioni di cui al comma 4-bis non trovano applicazione nei
confronti delle attività stagionali definite dal decreto del Presidente della
Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525, e successive modifiche e integrazioni,
nonchè di quelle che saranno individuate dagli avvisi comuni e dai contratti
collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di
lavoro comparativamente più rappresentative.
95
4-quater. Il lavoratore che, nell’esecuzione di uno o più contratti a termine
presso la stessa azienda, abbia prestato attività lavorativa per un periodo
superiore a sei mesi ha diritto di
precedenza fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a
livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale nelle assunzioni a
tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici
mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a
termine.
4-quinquies. Il lavoratore assunto a termine per lo svolgimento di attività
stagionali ha diritto di precedenza, rispetto a nuove assunzioni a termine da
parte dello stesso datore di lavoro per le medesime attività stagionali.
4-sexies. Il diritto di precedenza di cui ai commi 4-quater e 4-quinquies può
essere esercitato a condizione che il lavoratore manifesti in tal senso la propria
volontà al datore di lavoro entro rispettivamente sei mesi e tre mesi dalla data
di cessazione del rapporto stesso e si estingue entro un anno dalla data di
cessazione del rapporto di lavoro.
Art. 6.
Principio di non discriminazione
1. Al prestatore di lavoro con contratto a tempo determinato spettano le ferie e
la gratifica natalizia o la tredicesima mensilità, il trattamento di fine rapporto e
ogni altro trattamento in atto nell'impresa per i lavoratori con contratto a
tempo indeterminato comparabili, intendendosi per tali quelli inquadrati nello
stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dalla contrattazione
collettiva, ed in proporzione al periodo lavorativo prestato sempre che non sia
obiettivamente incompatibile con la natura del contratto a termine.
Art. 7.
Formazione
1. Il lavoratore assunto con contratto a tempo determinato dovrà ricevere una
formazione sufficiente ed adeguata alle caratteristiche delle mansioni oggetto
del contratto, al fine di
prevenire rischi specifici connessi alla esecuzione del lavoro.
2. I contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati
comparativamente più rappresentativi possono prevedere modalità e strumenti
diretti ad agevolare l'accesso dei lavoratori a tempo determinato ad
opportunità di formazione adeguata, per aumentarne la qualificazione,
promuoverne la carriera e migliorarne la mobilità occupazionale.
Art. 8.
Criteri di computo
1. Ai fini di cui all'articolo 35 della legge 20 maggio 1970, n. 300, i lavoratori
con contratto a tempo determinato sono computabili ove il contratto abbia
durata superiore a nove mesi.
Art. 9.
Informazioni
1. I contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati
comparativamente più rappresentativi definiscono le modalita' per le
informazioni da rendere ai lavoratori a tempo determinato circa i posti vacanti
che si rendessero disponibili nell'impresa, in modo da garantire loro le stesse
possibilità di ottenere posti duraturi che hanno gli altri lavoratori.

96
2. I medesimi contratti collettivi nazionali di lavoro definiscono modalità e
contenuti delle informazioni da rendere alle rappresentanze dei lavoratori in
merito al lavoro a tempo determinato nelle aziende.
Art. 10.
Esclusioni e discipline specifiche
1. Sono esclusi dal campo di applicazione del presente decreto legislativo in
quanto già disciplinati da specifiche normative:
a) i contratti di lavoro temporaneo di cui alla legge 24 giugno 1997, n. 196, e
successive modificazioni;
b) i contratti di formazione e lavoro;
c) i rapporti di apprendistato, nonchè le tipologie contrattuali legate a fenomeni
di formazione attraverso il lavoro che, pur caratterizzate dall'apposizione di un
termine, non costituiscono rapporti di lavoro.
2. Sono esclusi dalla disciplina del presente decreto legislativo i rapporti di
lavoro tra i datori di lavoro dell'agricoltura e gli operai a tempo determinato
così come definiti dall'articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 11 agosto
1993, n. 375.
3. Nei settori del turismo e dei pubblici esercizi e' ammessa l'assunzione diretta
di manodopera per l'esecuzione di speciali servizi di durata non superiore a tre
giorni, determinata dai contratti collettivi stipulati con i sindacati locali o
nazionali aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano
nazionale. Dell'avvenuta assunzione deve essere data comunicazione al centro
per l'impiego entro cinque giorni.
Tali rapporti sono esclusi dal campo di applicazione del presente decreto
legislativo.
4. In deroga a quanto previsto dall’articolo 5, comma 4-bis, è consentita la
stipulazione di contratti di lavoro a tempo determinato, purche' di durata non
superiore a cinque anni, con i dirigenti, i quali possono comunque recedere da
essi trascorso un triennio e osservata la disposizione dell'articolo 2118 del
codice civile. Tali rapporti sono esclusi dal campo di applicazione del presente
decreto legislativo, salvo per quanto concerne le previsioni di cui agli articoli 6
e 8.
5. Sono esclusi i rapporti instaurati con le aziende che esercitano il commercio
di esportazione, importazione ed all'ingresso di prodotti ortofrutticoli.
6. Restano in vigore le discipline di cui all'articolo 8, comma 2, della legge 23
luglio 1991, n. 223, all'articolo 10 della legge 8 marzo 2000, n. 53, ed
all'articolo 75 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
7. La individuazione, anche in misura non uniforme, di limiti quantitativi di
utilizzazione dell'istituto del contratto a tempo determinato stipulato ai sensi
dell'articolo 1, comma 1, e' affidata ai contratti collettivi nazionali di lavoro
stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi. Sono in ogni caso
esenti da limitazioni quantitative i contratti a tempo determinato conclusi:
a) nella fase di avvio di nuove attività per i periodi che saranno definiti dai
contratti collettivi nazionali di lavoro anche in misura non uniforme con
riferimento ad aree geografiche e/o comparti merceologici;
b) per ragioni di carattere sostitutivo, o di stagionalità, ivi comprese le attività
già previste nell'elenco allegato al decreto del Presidente della Repubblica 7
ottobre 1963, n. 1525, e successive modificazioni;
c) per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi;
d) con lavoratori di età superiore a 55 anni.
97
8. Sono esenti da limitazioni quantitative i contratti a tempo determinato non
rientranti nelle tipologie di cui al comma 7, di durata non superiore ai sette
mesi, compresa la eventuale proroga, ovvero non superiore alla maggiore
durata definita dalla contrattazione collettiva con riferimento a situazioni di
difficoltà occupazionale per specifiche aree geografiche. La esenzione di cui al
precedente periodo non si applica a singoli contratti stipulati per le durate
suddette per lo svolgimento di prestazioni di lavoro che siano identiche a
quelle che hanno formato oggetto di altro contratto a termine avente le
medesime caratteristiche e scaduto da meno di sei mesi.
9. E' affidata ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati
comparativamente più rappresentativi, la individuazione di un diritto di
precedenza nella assunzione presso la stessa azienda e con la medesima
qualifica, esclusivamente a favore dei lavoratori che abbiano prestato attività
lavorativa con contratto a tempo determinato per le ipotesi già previste
dall'articolo 23, comma 2, della legge 28 febbraio 1987, n. 56. I lavoratori
assunti in base al suddetto diritto di precedenza non concorrono a determinare
la base di computo per il calcolo della percentuale di riserva di cui all'articolo
25, comma 1, della legge 23 luglio 1991, n. 223.
10. In ogni caso il diritto di precedenza si estingue entro un anno dalla data di
cessazione del rapporto di lavoro ed il lavoratore può esercitarlo a condizione
che manifesti in tal senso la propria volontà al datore di lavoro entro tre mesi
dalla data di cessazione del rapporto stesso.
Art. 11.
Abrogazioni e disciplina transitoria
1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo sono abrogate
la legge 18 aprile 1962, n. 230, e successive modificazioni, l'articolo 8-bis della
legge 25 marzo 1983, n. 79, l'articolo 23 della legge 28 febbraio 1987, n. 56,
nonchè tutte le disposizioni di legge che sono comunque incompatibili e non
sono espressamente richiamate nel presente decreto legislativo.
2. In relazione agli effetti derivanti dalla abrogazione delle disposizioni di cui al
comma 1, le clausole dei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulate ai sensi
dell'articolo 23 della citata legge n. 56 del 1987 e vigenti alla data di entrata in
vigore del presente decreto legislativo, manterranno, in via transitoria e salve
diverse intese, la loro efficacia fino alla data di scadenza dei contratti collettivi
nazionali di lavoro.
3. I contratti individuali definiti in attuazione della normativa previgente,
continuano a dispiegare i loro effetti fino alla scadenza.
4. Al personale artistico e tecnico delle fondazioni di produzione musicale
previste dal decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, non si applicano le
norme di cui agli articoli 4 e 5.
Art. 12.
Sanzioni
1. Nei casi di inosservanza degli obblighi derivanti dall'articolo 6, il datore di
lavoro è punito con la sanzione amministrativa da L. 50.000 (pari a 25,82 euro)
a L. 300.000 (pari a 154,94 euro). Se l'inosservanza si riferisce a più di cinque
lavoratori, si applica la sanzione amministrativa da L. 300.000 (pari a 154,94
euro) a L. 2.000.000 (pari a 1.032,91 euro).

Legge 24 dicembre 2007, n. 247

98
"Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza,
lavoro e competitività per favorire l’equità e la crescita sostenibili,
nonchè ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale"
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 301 del 29 dicembre 2007
Art. 1
1-42 (omissis)
43. In fase di prima applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 40 a 42:
a) i contratti a termine in corso alla data di entrata in vigore della
presente legge continuano fino al termine previsto dal contratto, anche in
deroga alle disposizioni di cui al comma 4-bis dell’articolo 5 del decreto
legislativo 6 settembre 2001, n. 368, introdotto dal presente articolo;
b) il periodo di lavoro già effettuato alla data di entrata in vigore della
presente legge si computa, insieme ai periodi successivi di attività ai fini della
determinazione del periodo massimo di cui al citato comma 4-bis, decorsi
quindici mesi dalla medesima data.
44-46 (omissis)

Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112


"Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la
perequazione Tributaria"
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 147 del 25 giugno 2008 - Suppl. Ordinario
n.152/L
Art. 1-38 (omissis)
Art. 39 Adempimenti di natura formale nella gestione dei rapporti di
lavoro
1-9 (omissis)
10. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono soppressi, e fermo
restando quanto previsto dal decreto di cui al comma 4:
a)-l) (omissis)
m) i commi 32, lettera d) , 38, 45, 47, 48, 49, 50, dell'articolo 1 della legge 24
dicembre 2007, n. 247;

Convertito in legge con: Legge 6 agosto 2008, n. 133, "Conversione in legge,


con modificazioni, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante
disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione
tributaria" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 195 del 21 agosto 2008 -
Suppl. Ordinario n. 196

LAVORO INTERINALE
Direttiva volta alla dissociazione tra il datore di lavoro e chi utilizza il lavoro:

DIRETTIVA 2008/104/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO


del 19 novembre 2008 relativa al lavoro tramite agenzia interinale
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 137,
paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo,
99
previa consultazione del Comitato delle regioni,
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato,
considerando quanto segue:
(1) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi
riconosciuti dalla carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. In
particolare, essa intende garantire il pieno rispetto dell’articolo 31 della carta,
secondo il quale ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e
dignitose, a una limitazione della durata massima del lavoro, a periodi di riposo
giornalieri e settimanali e a ferie annuali retribuite.
(2) La carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori al punto 7
prevede tra l’altro che la realizzazione del mercato interno debba condurre a
un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori nella
Comunità europea. Ciò avverrà mediante il ravvicinamento, nel progresso, di
tali condizioni, soprattutto per quanto riguarda le forme di lavoro, come il
lavoro a tempo determinato, il lavoro a tempo parziale, il lavoro tramite
agenzia interinale e il lavoro stagionale.
(3) Il 27 settembre 1995 la Commissione ha consultato le parti sociali a livello
comunitario a norma dell’articolo 138, paragrafo 2, del trattato sul possibile
orientamento di un’azione da adottare a livello comunitario relativa alla
flessibilità dell’orario di lavoro e alla garanzia del posto di lavoro per i
lavoratori.
(4) In seguito a tale consultazione la Commissione ha ritenuto auspicabile
l’adozione di un’azione comunitaria e il 9 aprile 1996 ha ulteriormente
consultato le parti sociali a norma dell’articolo 138, paragrafo 2, del trattato sul
contenuto della proposta prevista.
(5) Nel preambolo dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato
concluso il 18 marzo 1999 le parti firmatarie hanno dichiarato che intendono
valutare la necessità di un accordo analogo per il lavoro tramite agenzia
interinale e hanno deciso di non inserire i lavoratori tramite agenzia interinale
nella direttiva sul lavoro a tempo determinato.
(6) Le organizzazioni intersettoriali di carattere generale, vale a dire l’Unione
delle confederazioni europee dell’industria e dei datori di lavoro (UNICE), il
Centro europeo delle imprese a partecipazione pubblica e delle imprese di
interesse economico generale (CEEP) e la Confederazione europea dei
sindacati (CES), hanno comunicato alla Commissione, con una lettera
congiunta del 29 maggio 2000, l’intenzione di avviare la procedura di cui
all’articolo 139 del trattato. Con un’un ulteriore lettera congiunta del 28
febbraio 2001 esse hanno chiesto alla Commissione di prorogare il periodo di
cui all’articolo 138, paragrafo 4, di un mese. La Commissione ha concesso tale
periodo e ha prorogato il termine di negoziazione fino al 15 marzo 2001.
(7) Il 21 maggio 2001 le parti sociali hanno riconosciuto che i loro negoziati sul
lavoro tramite agenzia interinale non avevano condotto a un accordo.
(8) Nel marzo 2005 il Consiglio europeo ha ritenuto indispensabile rilanciare la
strategia di Lisbona e procedere a un riorientamento delle priorità verso la
crescita e l’occupazione.
Il Consiglio ha approvato gli orientamenti integrati per la crescita e
l’occupazione 2005-2008 che cercano tra l’altro di favorire al tempo stesso
flessibilità e sicurezza occupazionale e di ridurre la segmentazione del mercato
del lavoro, tenendo debito conto del ruolo delle parti sociali. 5.12.2008 IT
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea L 327/9
100
(9) Conformemente alla comunicazione della Commissione sull’agenda sociale
per il periodo fino al 2010, che è stata accolta con soddisfazione dal Consiglio
europeo del marzo 2005 in quanto contributo alla realizzazione degli obiettivi
della strategia di Lisbona con il rafforzamento del modello sociale europeo, il
Consiglio europeo ha ritenuto che, per i lavoratori e le imprese, nuove forme di
organizzazione del lavoro e una maggiore differenziazione dei contratti, che
combinino meglio flessibilità e sicurezza, contribuiscano a migliorare la
capacità di adattamento.
Inoltre, il Consiglio europeo del dicembre 2007 ha approvato i principi comuni
concordati di flessicurezza che rappresentano l’equilibrio tra la flessibilità e la
sicurezza sul mercato del lavoro e aiutano sia i lavoratori sia i datori di lavoro a
cogliere le opportunità offerte dalla globalizzazione.
(10) Il ricorso al lavoro temporaneo tramite agenzia, la posizione giuridica, lo
status e le condizioni di lavoro dei lavoratori tramite agenzia interinale
nell’Unione europea sono caratterizzati da una grande diversità.
(11) Il lavoro tramite agenzia interinale risponde non solo alle esigenze di
flessibilità delle imprese ma anche alla necessità di conciliare la vita privata e
la vita professionale dei lavoratori dipendenti. Contribuisce pertanto alla
creazione di posti di lavoro e alla partecipazione al mercato del lavoro e
all’inserimento in tale mercato.
(12) La presente direttiva stabilisce un quadro normativo che tuteli i lavoratori
tramite agenzia interinale che sia non discriminatorio, trasparente e
proporzionato nel rispetto della diversità dei mercati del lavoro e delle relazioni
industriali.
(13) La direttiva 91/383/CEE del Consiglio, del 25 giugno 1991, che completa le
misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute
durante il lavoro dei lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata
determinata o un rapporto di lavoro temporaneo, stabilisce le disposizioni
applicabili ai lavoratori tramite agenzia interinale in materia di sicurezza e
salute sul lavoro.
(14) Le condizioni di base di lavoro e d’occupazione applicabili ai lavoratori
tramite agenzia interinale dovrebbero essere almeno identiche a quelle che si
applicherebbero a tali lavoratori se fossero direttamente impiegati dall’impresa
utilizzatrice per svolgervi lo stesso lavoro.
(15) I contratti di lavoro a tempo indeterminato rappresentano la forma
comune dei rapporti di lavoro. Nel caso dei lavoratori legati all’agenzia
interinale da un contratto a tempo indeterminato, tenendo conto della
particolare tutela garantita da tale contratto, occorrerebbe prevedere la
possibilità di derogare alle norme applicabili nell’impresa utilizzatrice.
(16) Per far fronte in modo flessibile alla diversità dei mercati del lavoro e delle
relazioni industriali, gli Stati membri possono permettere alle parti sociali di
definire condizioni di lavoro e d’occupazione, purché sia rispettato il livello
globale di tutela dei lavoratori tramite agenzia interinale.
(17) Inoltre, in determinate circostanze limitate, gli Stati membri dovrebbero
poter derogare, sulla base di un accordo concluso dalle parti sociali a livello
nazionale, entro dei limiti, al principio della parità di trattamento, purché sia
previsto un livello di tutela adeguato.
(18) Il miglioramento della base minima di tutela dei lavoratori tramite agenzia
interinale dovrebbe essere accompagnato da un riesame delle eventuali
restrizioni o divieti imposti al ricorso al lavoro tramite agenzia interinale.
101
Essi possono essere giustificati soltanto da ragioni d’interesse generale che
investono in particolare la tutela dei lavoratori, le prescrizioni in materia di
salute e sicurezza sul lavoro nonché la necessità di garantire il buon
funzionamento del mercato del lavoro e la prevenzione di abusi.
(19) La presente direttiva non pregiudica l’autonomia delle parti sociali né
dovrebbe incidere sulle relazioni tra queste ultime, compreso il diritto di
negoziare e di concludere contratti collettivi conformemente alle legislazioni e
alle prassi nazionali pur rispettando l’attuale normativa comunitaria.
(20) Le disposizioni della presente direttiva relative alle restrizioni o ai divieti di
ricorso al lavoro tramite agenzia interinale non pregiudicano legislazioni o
prassi nazionali che vietano di sostituire lavoratori in sciopero con lavoratori
tramite agenzia interinale.
(21) Gli Stati membri dovrebbero prevedere procedure amministrative o
giudiziarie al fine di salvaguardare i diritti dei lavoratori tramite agenzia
interinale e dovrebbero prevedere sanzioni effettive, dissuasive e
proporzionate in caso di mancata ottemperanza agli obblighi previsti dalla
presente direttiva.
(22) La presente direttiva dovrebbe essere applicata nel rispetto delle
disposizioni del trattato in materia di libera prestazione di servizi e libertà di
stabilimento e fatta salva la direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito
di una prestazione di servizi. L 327/10 IT Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
5.12.2008
(23) Poiché l’obiettivo della presente direttiva, ossia l’istituzione di un quadro
armonizzato a livello comunitario per la tutela dei lavoratori tramite agenzia
interinale, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e
può dunque, a causa delle dimensioni o degli effetti dell’azione prevista, essere
realizzato meglio a livello comunitario tramite l’introduzione di prescrizioni
minime applicabili all’intera Comunità, la Comunità può intervenire, in base al
principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente
direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in
ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1. Ambito d’applicazione
1. La presente direttiva si applica ai lavoratori che hanno un contratto di lavoro
o un rapporto di lavoro con un’agenzia interinale e che sono assegnati a
imprese utilizzatrici per lavorare temporaneamente e sotto il controllo e la
direzione delle stesse.
2. La presente direttiva si applica alle imprese pubbliche e private che sono
agenzie di lavoro interinale o imprese utilizzatrici che esercitano un’attività
economica con o senza fini di lucro.
3. Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, possono prevedere
che la presente direttiva non si applichi ai contratti o ai rapporti di lavoro
conclusi nell’ambito di un programma specifico di formazione, d’inserimento e
di riqualificazione professionali, pubblico o sostenuto da enti pubblici.
Articolo 2. Finalità
La presente direttiva è volta a garantire la tutela dei lavoratori tramite agenzia
interinale e migliorare la qualità del lavoro tramite agenzia interinale
102
garantendo il rispetto del principio della parità di trattamento di cui all’articolo
5 nei confronti dei lavoratori tramite agenzia interinale e riconoscendo tali
agenzie quali datori di lavoro, tenendo conto nel contempo della necessità di
inquadrare adeguatamente il ricorso al lavoro tramite agenzia interinale al fine
di contribuire efficacemente alla creazione di posti di lavoro e allo sviluppo di
forme di lavoro flessibili.
Articolo 3. Definizioni
1. Ai fini della presente direttiva si intende per:
a) «lavoratore»: qualsiasi persona che, nello Stato membro interessato, è
protetta in qualità di lavoratore nel quadro del diritto nazionale del lavoro;
b) «agenzia interinale»: qualsiasi persona fisica o giuridica che, conformemente
alla legislazione nazionale, sottoscrive contratti di lavoro o inizia rapporti di
lavoro con lavoratori tramite agenzia interinale al fine di inviarli in missione
presso imprese utilizzatrici affinché prestino temporaneamente la loro opera
sotto il controllo e la direzione delle stesse;
c) «lavoratore tramite agenzia interinale»: il lavoratore che sottoscrive un
contratto di lavoro o inizia un rapporto di lavoro con un’agenzia interinale, al
fine di essere inviato in missione presso un’impresa utilizzatrice per prestare
temporaneamente la propria opera sotto il controllo e la direzione della stessa;
d) «impresa utilizzatrice»: qualsiasi persona fisica o giuridica presso cui e sotto
il cui controllo e direzione un lavoratore tramite agenzia interinale presti
temporaneamente la propria opera;
e) «missione»: il periodo durante il quale il lavoratore tramite agenzia interinale
è messo a disposizione di un’impresa utilizzatrice affinché presti
temporaneamente la propria opera sotto il controllo e la direzione della stessa;
f) «condizioni di base di lavoro e d’occupazione»: le condizioni di lavoro e
d’occupazione previste da disposizioni legislative, regolamentari e
amministrative, da contratti collettivi e/o da altre disposizioni vincolanti di
portata generale in vigore nell’impresa utilizzatrice relative a:
I) l’orario di lavoro, le ore di lavoro straordinario, le pause, i periodi di riposo, il
lavoro notturno, le ferie e i giorni festivi;
II) la retribuzione.
2. La presente direttiva lascia impregiudicate le definizioni di retribuzione,
contratto di lavoro, rapporto di lavoro o lavoratore, contenute nella legislazione
nazionale.
Gli Stati membri non escludono dall’ambito d’applicazione della presente
direttiva i lavoratori, i contratti o i rapporti di lavoro unicamente per il fatto che
riguardano lavoratori a tempo parziale, lavoratori a tempo determinato o
persone che hanno un contratto o un rapporto di lavoro con un’agenzia
interinale. 5.12.2008 IT Gazzetta ufficiale dell’Unione europea L 327/11
Articolo 4. Riesame dei divieti e delle restrizioni
1. I divieti o le restrizioni imposti quanto al ricorso al lavoro tramite agenzie di
lavoro interinale sono giustificati soltanto da ragioni d’interesse generale che
investono in particolare la tutela dei lavoratori tramite agenzia interinale, le
prescrizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro o la necessità di
garantire il buon funzionamento del mercato del lavoro e la prevenzione di
abusi.
2. Entro il 5 dicembre 2011 gli Stati membri, previa consultazione delle parti
sociali, conformemente alla legislazione dei contratti collettivi e delle prassi
nazionali, riesaminano le restrizioni o i divieti sul ricorso al lavoro tramite
103
agenzia interinale al fine di accertarne la fondatezza in forza delle disposizioni
di cui al paragrafo 1.
3. Se i summenzionati divieti o restrizioni sono fissati da contratti collettivi, il
riesame di cui al paragrafo 2 può essere effettuato dalle parti sociali che hanno
negoziato il pertinente contratto.
4. I paragrafi 1, 2 e 3 lasciano impregiudicati i requisiti nazionali in materia di
registrazione, autorizzazione, certificazione, garanzia finanziaria o controllo
delle agenzie di lavoro interinale.
5. Gli Stati membri comunicano alla Commissione i risultati del riesame di cui ai
paragrafi 2 e 3 entro il 5 dicembre 2011.
CAPO II
CONDIZIONI DI LAVORO E D’OCCUPAZIONE
Articolo 5. Principio della parità di trattamento
1. Per tutta la durata della missione presso un’impresa utilizzatrice, le
condizioni di base di lavoro e d’occupazione dei lavoratori tramite agenzia
interinale sono almeno identiche a quelle che si applicherebbero loro se fossero
direttamente impiegati dalla stessa impresa per svolgervi il medesimo lavoro.
Ai fini dell’applicazione del primo comma le regole in vigore nell’impresa
utilizzatrice riguardanti:
a) la protezione delle donne in stato di gravidanza e in periodo di allattamento
e la protezione dei bambini e dei giovani e
b) la parità di trattamento fra uomini e donne e ogni azione volta a combattere
qualsiasi forma di discriminazione fondata su sesso, razza o origine etnica,
religione o convinzioni personali, disabilità, età o tendenze sessuali, devono
essere rispettate a norma di quanto stabiliscono le disposizioni legislative,
regolamentari e amministrative, i contratti collettivi e/o le altre disposizioni di
portata generale.
2. Per quanto riguarda la retribuzione, gli Stati membri possono, previa
consultazione delle parti sociali, prevedere una deroga al principio di cui al
paragrafo 1 nel caso in cui i lavoratori tramite agenzia interinale che sono
legati da un contratto a tempo indeterminato a un’agenzia interinale continuino
a essere retribuiti nel periodo che intercorre tra una missione e l’altra.
3. Dopo aver consultato le parti sociali, gli Stati membri possono accordare
loro, al livello appropriato e alle condizioni da essi previste, l’opzione di
mantenere o concludere contratti collettivi che, nel rispetto della protezione
globale dei lavoratori tramite agenzia interinale, possono stabilire modalità
alternative riguardanti le condizioni di lavoro e d’occupazione dei lavoratori
tramite agenzia interinale, diverse da quelle di cui al paragrafo 1.
4. A condizione che sia garantito ai lavoratori tramite agenzia interinale un
livello adeguato di protezione, gli Stati membri che non possiedono né un
sistema legislativo che dichiari i contratti collettivi universalmente applicabili,
né un sistema legislativo o di prassi che consenta di estendere le disposizioni di
tali contratti a tutte le imprese simili in un determinato settore o area
geografica possono, previa consultazione delle parti sociali a livello nazionale e
in base a un accordo concluso dalle stesse, stabilire modalità alternative
riguardanti le condizioni di base di lavoro e d’occupazione in deroga al principio
di cui al paragrafo 1. Tali modalità alternative possono prevedere un periodo di
attesa per il conseguimento della parità di trattamento.
Le modalità alternative di cui al presente paragrafo sono conformi alla
normativa comunitaria e sufficientemente precise e accessibili da consentire ai
104
settori e alle aziende interessate di individuare e assolvere i loro obblighi. Gli
Stati membri precisano, in particolare, in applicazione dell’articolo 3, paragrafo
2, se regimi professionali di sicurezza sociale, inclusi i regimi pensionistici, i
regimi relativi alle prestazioni per malattia o i regimi di partecipazione
finanziaria dei lavoratori, sono compresi nelle condizioni di base di lavoro e
d’occupazione di cui al paragrafo 1. Tali modalità alternative lasciano inoltre
impregiudicati eventuali accordi a livello nazionale, regionale, locale o
settoriale che non siano meno favorevoli ai lavoratori.
5. Gli Stati membri adottano le misure necessarie, conformemente alla
legislazione e/o le pratiche nazionali, per evitare il ricorso abusivo
all’applicazione del presente articolo e, in particolare, per prevenire missioni
successive con lo scopo di eludere le disposizioni della presente direttiva. Essi
informano la Commissione di qualsiasi misura in tal senso. L 327/12 IT Gazzetta
ufficiale dell’Unione europea 5.12.2008
Articolo 6. Accesso all’occupazione, alle attrezzature collettive e alla
formazione professionale
1. I lavoratori tramite agenzia interinale sono informati dei posti vacanti
nell’impresa utilizzatrice, affinché possano aspirare, al pari degli altri
dipendenti dell’impresa, a ricoprire posti di lavoro a tempo indeterminato. Tali
informazioni possono essere fornite mediante un avviso generale
opportunamente affisso all’interno dell’impresa presso la quale e sotto il
controllo della quale detti lavoratori prestano la loro opera.
2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché siano dichiarate
nulle o possano essere dichiarate nulle le clausole che vietano o che abbiano
l’effetto d’impedire la stipulazione di un contratto di lavoro o l’avvio di un
rapporto di lavoro tra l’impresa utilizzatrice e il lavoratore tramite agenzia
interinale al termine della sua missione. Il presente paragrafo lascia
impregiudicate le disposizioni in virtù delle quali le agenzie di lavoro interinale
ricevono un compenso ragionevole per i servizi resi all’impresa utilizzatrice in
relazione alla missione, all’impiego e alla formazione dei lavoratori tramite
agenzia interinale.
3. Le agenzie di lavoro interinale non richiedono compensi ai lavoratori in
cambio di un’assunzione presso un’impresa utilizzatrice o nel caso in cui essi
stipulino un contratto di lavoro o avviino un rapporto di lavoro con l’impresa
utilizzatrice dopo una missione nella medesima.
4. Fatto salvo l’articolo 5, paragrafo 1, i lavoratori tramite agenzia interinale
accedono, nell’impresa utilizzatrice, alle strutture o alle attrezzature collettive
e, in particolare, ai servizi di ristorazione, alle infrastrutture d’accoglienza
dell’infanzia e ai servizi di trasporto alle stesse condizioni dei lavoratori
impiegati direttamente dall’impresa stessa, a meno che ragioni oggettive
giustifichino un trattamento diverso.
5. Gli Stati membri adottano le misure adeguate o favoriscono il dialogo tra le
parti sociali, conformemente alle loro tradizioni e pratiche nazionali, al fine di:
a) migliorare l’accesso dei lavoratori tramite agenzia interinale alle opportunità
di formazione e alle infrastrutture d’accoglienza dell’infanzia nelle agenzie di
lavoro interinale, anche nei periodi che intercorrono tra una missione e l’altra,
per favorirne l’avanzamento della carriera e l’occupabilità;
b) migliorare l’accesso dei lavoratori tramite agenzia interinale alle opportunità
di formazione di cui godono i lavoratori delle imprese utilizzatrici.
Articolo 7. Rappresentanza dei lavoratori tramite agenzia interinale
105
1. I lavoratori tramite agenzia interinale sono presi in considerazione, alle
condizioni stabilite dagli Stati membri, per il calcolo della soglia sopra la quale
si devono costituire gli organi rappresentativi dei lavoratori previsti dalla
normativa comunitaria e nazionale o dai contratti collettivi in un’agenzia
interinale.
2. Gli Stati membri hanno la facoltà di prevedere, alle condizioni da essi
definite, che i lavoratori tramite agenzia interinale siano presi in
considerazione, in un’impresa utilizzatrice, come lo sono o lo sarebbero i
lavoratori direttamente impiegati dall’impresa medesima per lo stesso periodo
di tempo, per il calcolo della soglia sopra la quale si possono costituire gli
organi rappresentativi dei lavoratori previsti dalla normativa comunitaria e
nazionale e dai contratti collettivi.
3. Gli Stati membri che si avvalgono della facoltà di cui al paragrafo 2 non sono
tenuti ad applicare le disposizioni del paragrafo 1.
Articolo 8. Informazione dei rappresentanti dei lavoratori
Fatte salve le disposizioni nazionali e comunitarie, più restrittive e/o più
specifiche, relative all’informazione e alla consultazione e, in particolare, la
direttiva 2002/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo
2002, che istituisce un quadro generale relativo all’informazione e alla
consultazione dei lavoratori, l’impresa utilizzatrice è tenuta a fornire
informazioni adeguate sul ricorso a lavoratori tramite agenzia interinale
all’interno dell’impresa all’atto della presentazione dei dati sulla propria
situazione occupazionale agli organi rappresentativi dei lavoratori, istituiti
conformemente alla normativa comunitaria e nazionale.
CAPO III
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 9. Requisiti minimi
1. La presente direttiva lascia impregiudicato il diritto degli Stati membri di
applicare o introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative
più favorevoli ai lavoratori, o di agevolare o consentire contratti collettivi o
accordi conclusi tra le parti sociali più favorevoli ai lavoratori.
2. In nessun caso l’attuazione della presente direttiva costituisce una ragione
sufficiente per giustificare una riduzione del livello generale di protezione dei
lavoratori rientranti nel suo ambito d’applicazione. La sua attuazione lascia
impregiudicati i diritti degli Stati membri e/o delle parti sociali, tenuto conto di
eventuali cambiamenti della situazione, di emettere disposizioni legislative,
regolamentari o contrattuali diverse da quelle che esistono al momento
dell’adozione della presente direttiva, purché i requisiti minimi previsti dalla
presente direttiva siano rispettati. 5.12.2008 IT Gazzetta ufficiale dell’Unione
europea L 327/13
Articolo 10. Sanzioni
1. Gli Stati membri dispongono misure idonee in caso di inosservanza della
presente direttiva da parte di agenzie interinali o imprese utilizzatrici. In
particolare, essi si adoperano affinché sussistano procedure amministrative o
giudiziarie appropriate intese a fare rispettare gli obblighi che derivano dalla
presente direttiva.
2. Gli Stati membri determinano il regime delle sanzioni applicabili a violazioni
delle disposizioni nazionali di attuazione della presente direttiva e adottano
ogni misura necessaria a garantirne l’attuazione. Le sanzioni previste devono
essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano queste
106
disposizioni alla Commissione entro il 5 dicembre 2011. Gli Stati membri
comunicano alla Commissione tempestivamente ogni ulteriore modifica di tali
disposizioni. In particolare, essi garantiscono che i lavoratori e/o i loro
rappresentanti dispongano di procedure adeguate ai fini dell’esecuzione degli
obblighi previsti dalla presente direttiva.

Articolo 11. Attuazione


1. Gli Stati membri adottano e pubblicano le disposizioni legislative,
regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente
direttiva entro il 5 dicembre 2011, o si accertano che le parti sociali attuino le
disposizioni necessarie mediante accordo, mentre gli Stati membri devono
adottare tutte le misure necessarie a consentire loro di garantire in qualsiasi
momento il conseguimento degli obiettivi della presente direttiva. Essi ne
informano immediatamente la Commissione.
2. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un
riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento
all’atto della pubblicazione ufficiale.
Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
Articolo 12. Riesame da parte della Commissione
Entro il 5 dicembre 2013 la Commissione, in consultazione con gli Stati membri
e le parti sociali a livello comunitario, riesamina l’applicazione della presente
direttiva per proporre, se del caso, le modifiche necessarie.
Articolo 13. Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta
ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 14. Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Prima di questa direttiva, in merito, esisteva solo una direttiva del 1991 sulla
sicurezza dei lavoratori temporanei, dal momento che erano più soggetti a
infortuni, che sanciva obblighi di formazione/informazione.
Dopo il D. Lgs. 276/2003 si chiama SOMMINISTRAZIONE DEL LAVORO.

D. Lgs 276/2003
Titolo III – SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO, APPALTO DI SERVIZI,
DISTACCO
Capo I - Somministrazione di lavoro
Art. 20. - Condizioni di liceità
1. Il contratto di somministrazione di lavoro può essere concluso da ogni
soggetto, di seguito denominato utilizzatore, che si rivolga ad altro soggetto, di
seguito denominato somministratore, a ciò autorizzato ai sensi delle
disposizioni di cui agli articoli 4 e 5.
2. Per tutta la durata della somministrazione i lavoratori svolgono la propria
attività nell'interesse nonché sotto la direzione e il controllo dell'utilizzatore.
Nell'ipotesi in cui i lavoratori vengano assunti con contratto di lavoro a tempo
indeterminato essi rimangono a disposizione del somministratore per i periodi
in cui non svolgono la prestazione lavorativa presso un utilizzatore, salvo che
esista una giusta causa o un giustificato motivo di risoluzione del contratto di
lavoro.

107
3. Il contratto di somministrazione di lavoro può essere concluso a termine o a
tempo indeterminato. La somministrazione di lavoro a tempo indeterminato é
ammessa:
a) per servizi di consulenza e assistenza nel settore informatico, compresa la
progettazione e manutenzione di reti intranet e extranet, siti internet, sistemi
informatici, sviluppo di software applicativo,caricamento dati;
b) per servizi di pulizia, custodia, portineria;
c) per servizi, da e per lo stabilimento, di trasporto di persone e di trasporto e
movimentazione di macchinari e merci;
d) per la gestione di biblioteche, parchi, musei, archivi, magazzini, nonché
servizi di economato;
e) per attività di consulenza direzionale, assistenza alla certificazione,
programmazione delle risorse,sviluppo organizzativo e cambiamento, gestione
del personale, ricerca e selezione del personale;
f) per attività di marketing, analisi di mercato, organizzazione della funzione
commerciale;
g) per la gestione di call-center, nonché per l'avvio di nuove iniziative
imprenditoriali nelle aree Obiettivo 1 di cui al regolamento (CE) n. 1260/1999
del Consiglio, del 21 giugno 1999, recante disposizioni generali sui Fondi
strutturali;
h) per costruzioni edilizie all'interno degli stabilimenti, per installazioni o
smontaggio di impianti e macchinari, per particolari attività produttive, con
specifico riferimento all'edilizia e alla cantieristica navale,le quali richiedano più
fasi successive di lavorazione, l'impiego di manodopera diversa per
specializzazione da quella normalmente impiegata nell'impresa;
i) in tutti gli altri casi previsti dai contratti collettivi di lavoro nazionali o
territoriali stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro
comparativamente più rappresentative. (L 247/2007)
4. La somministrazione di lavoro a tempo determinato é ammessa a fronte di
ragioni di carattere tecnico,produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se
riferibili all'ordinaria attività dell'utilizzatore. La individuazione, anche in misura
non uniforme, di limiti quantitativi di utilizzazione della somministrazione a
tempo determinato é affidata ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati
da sindacati comparativamente più rappresentativi in conformità alla disciplina
di cui all'articolo 10 del decreto legislativo6 settembre 2001, n. 368.
5. Il contratto di somministrazione di lavoro é vietato:
a) per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
b) salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso unità produttive
nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti
collettivi ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23luglio 1991, n. 223, che
abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il
contratto di somministrazione ovvero presso unità produttive nelle quali sia
operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell'orario, con diritto al
trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle
stesse mansioni cui si riferisce il contratto di somministrazione;
c) da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai
sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e
successive modifiche.
Art. 21. - Forma del contratto di somministrazione

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1. Il contratto di somministrazione di manodopera é stipulato in forma scritta e
contiene i seguenti elementi:
a) gli estremi dell'autorizzazione rilasciata al somministratore;
b) il numero dei lavoratori da somministrare;
c) i casi e le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo
di cui ai commi 3 e 4dell'articolo 20;
d) l'indicazione della presenza di eventuali rischi per l'integrità e la salute del
lavoratore e delle misure di prevenzione adottate;
e) la data di inizio e la durata prevista del contratto di somministrazione;
f) le mansioni alle quali saranno adibiti i lavoratori e il loro inquadramento;
g) il luogo, l'orario e il trattamento economico e normativo delle prestazioni
lavorative;
h) assunzione da parte del somministratore della obbligazione del pagamento
diretto al lavoratore del trattamento economico, nonché del versamento dei
contributi previdenziali;
i) assunzione dell'obbligo dell'utilizzatore di rimborsare al somministratore gli
oneri retributivi e previdenziali da questa effettivamente sostenuti in favore dei
prestatori di lavoro;
j) assunzione dell'obbligo dell'utilizzatore di comunicare al somministratore i
trattamenti retributivi applicabili ai lavoratori comparabili;
k) assunzione da parte dell'utilizzatore, in caso di inadempimento del
somministratore, dell'obbligo del pagamento diretto al lavoratore del
trattamento economico nonché del versamento dei contributi previdenziali,
fatto salvo il diritto di rivalsa verso il somministratore.
2. Nell'indicare gli elementi di cui al comma 1, le parti devono recepire le
indicazioni contenute nei contratti collettivi.
3. Le informazioni di cui al comma 1, nonché la data di inizio e la durata
prevedibile dell'attività lavorativa presso l'utilizzatore, devono essere
comunicate per iscritto al prestatore di lavoro da parte del somministratore
all'atto della stipulazione del contratto di lavoro ovvero all'atto dell'invio presso
l'utilizzatore.
4. In mancanza di forma scritta, con indicazione degli elementi di cui alle
lettere a), b), c), d) ed e) del comma 1, il contratto di somministrazione é nullo
e i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell'utilizzatore.
(DLGS 251/2004)
Art. 22. - Disciplina dei rapporti di lavoro
1. In caso di somministrazione a tempo indeterminato i rapporti di lavoro tra
somministratore e prestatori di lavoro sono soggetti alla disciplina generale dei
rapporti di lavoro di cui al codice civile e alle leggi speciali. (L 247/2007)
2. In caso di somministrazione a tempo determinato il rapporto di lavoro tra
somministratore e prestatore di lavoro é soggetto alla disciplina di cui al
decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, per quanto compatibile, e in ogni
caso con esclusione delle disposizioni di cui all'articolo 5, commi 3 e 4
all'articolo 5,commi 3 e seguenti. Il termine inizialmente posto al contratto
di lavoro può in ogni caso essere prorogato,con il consenso del lavoratore e per
atto scritto, nei casi e per la durata prevista dal contratto collettivo applicato
dal somministratore. (L 247/2007)
3. Nel caso in cui il prestatore di lavoro sia assunto con contratto stipulato a
tempo indeterminato, nel medesimo é stabilita la misura della indennità
mensile di disponibilità, divisibile in quote orarie, corrisposta dal
109
somministratore al lavoratore per i periodi nei quali il lavoratore stesso rimane
in attesa di assegnazione.
La misura di tale indennità é stabilita dal contratto collettivo applicabile al
somministratore e comunque non é inferiore alla misura prevista, ovvero
aggiornata periodicamente, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali. La predetta misura é proporzionalmente ridotta in caso di assegnazione
ad attività lavorativa a tempo parziale anche presso il somministratore.
L'indennità di disponibilità é esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di
contratto collettivo.
4. Le disposizioni di cui all'articolo 4 della legge 23 luglio1991, n. 223, non
trovano applicazione anche nel caso di fine dei lavori connessi alla
somministrazione a tempo indeterminato. In questo caso trovano applicazione
l'articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e le tutele del lavoratore di cui
all'articolo 12. (L247/2007)
5. In caso di contratto di somministrazione, il prestatore di lavoro non é
computato nell'organico dell'utilizzatore ai fini della applicazione di normative
di legge o di contratto collettivo, fatta eccezione per quelle relative alla materia
dell'igiene e della sicurezza sul lavoro.
6. La disciplina in materia di assunzioni obbligatorie e la riserva di cui
all'articolo 4-bis, comma 3, del decreto legislativo n. 181 del 2000, non si
applicano in caso di somministrazione. (sentenza CC 50/2005)
Art. 23. - Tutela del prestatore di lavoro esercizio del potere
disciplinare e regime della solidarietà.
I lavoratori dipendenti dal somministratore hanno diritto a un trattamento
economico e normativo complessivamente non inferiore a quello dei dipendenti
di pari livelli dell'utilizzatore, a parità di mansioni svolte. Restano in ogni caso
salve le clausole dei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulate ai sensi
dell'articolo 1, comma 3, della legge 24 giugno 1997, n. 196.
2. La disposizione di cui al comma 1 non trova applicazione con riferimento ai
contratti di somministrazione conclusi da soggetti privati autorizzati nell'ambito
di specifici programmi di formazione, inserimento e riqualificazione
professionale erogati, a favore dei lavoratori svantaggiati, in concorso con
Regioni, Province ed enti locali ai sensi e nei limiti di cui all'articolo 13.
3. L'utilizzatore é obbligato in solido con il somministratore a corrispondere ai
lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali.
4. I contratti collettivi applicati dall'utilizzatore stabiliscono modalità e criteri
per la determinazione e corresponsione delle erogazioni economiche correlate
ai risultati conseguiti nella realizzazione di programmi concordati tra le parti o
collegati all'andamento economico dell'impresa. I lavoratori dipendenti dal
somministratore hanno altresì diritto a fruire di tutti i servizi sociali e
assistenziali di cui godono i dipendenti dell'utilizzatore addetti alla stessa unità
produttiva, esclusi quelli il cui godimento sia condizionato alla iscrizione ad
associazioni o società cooperative o al conseguimento di una determinata
anzianità di servizio.
5. Il somministratore informa i lavoratori sui rischi per la sicurezza e la salute
connessi alle attività produttive in generale e li forma e addestra all'uso delle
attrezzature di lavoro necessarie allo svolgimento della attività lavorativa per la
quale essi vengono assunti in conformità alle disposizioni recate dal decreto
legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni ed
integrazioni. Il contratto di somministrazione può prevedere che tale obbligo
110
sia adempiuto dall'utilizzatore; in tale caso ne va fatta indicazione nel contratto
con il lavoratore. Nel caso in cui le mansioni cui é adibito il prestatore di lavoro
richiedano una sorveglianza medica speciale o comportino rischi specifici,
l'utilizzatore ne informa il lavoratore conformemente a quanto previsto dal
decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni ed
integrazioni. L'utilizzatore osserva altresì, nei confronti del medesimo
prestatore, tutti gli obblighi di protezione previsti nei confronti dei propri
dipendenti ed é responsabile perla violazione degli obblighi di sicurezza
individuati dalla legge e dai contratti collettivi.
6. Nel caso in cui adibisca il lavoratore a mansioni superiori o comunque a
mansioni non equivalenti a quelle dedotte in contratto, l'utilizzatore deve darne
immediata comunicazione scritta al somministratore consegnandone copia al
lavoratore medesimo. Ove non abbia adempiuto all'obbligo di informazione,
l'utilizzatore risponde in via esclusiva per le differenze retributive spettanti al
lavoratore occupato in mansioni superiori e per l'eventuale risarcimento del
danno derivante dalla assegnazione a mansioni inferiori.
7. Ai fini dell'esercizio del potere disciplinare, che é riservato al
somministratore, l'utilizzatore comunica al somministratore gli elementi che
formeranno oggetto della contestazione ai sensi dell'articolo 7 della legge 20
maggio 1970, n. 300.
8. In caso di somministrazione di lavoro a tempo determinato é nulla ogni
clausola diretta a limitare, anche indirettamente, la facoltà dell'utilizzatore di
assumere il lavoratore al termine del contratto di somministrazione.
9. La disposizione di cui al comma 8 non trova applicazione nel caso in cui al
lavoratore sia corrisposta una adeguata indennità, secondo quanto stabilito dal
contratto collettivo applicabile al somministratore.
Art. 24. - Diritti sindacali e garanzie collettive
1. Ferme restando le disposizioni specifiche per il lavoro in cooperativa, ai
lavoratori delle società o imprese di somministrazione e degli appaltatori si
applicano i diritti sindacali previsti dalla legge 20 maggio1970, n. 300, e
successive modificazioni.
2. Il prestatore di lavoro ha diritto a esercitare presso l'utilizzatore, per tutta la
durata della

111
somministrazione, i diritti di libertà e di attività sindacale nonché a partecipare
alle assemblee del personale dipendente delle imprese utilizzatrici.
3. Ai prestatori di lavoro che dipendono da uno stesso somministratore e che
operano presso diversi utilizzatori compete uno specifico diritto di riunione
secondo la normativa vigente e con le modalità specifiche determinate dalla
contrattazione collettiva.
4. L'utilizzatore comunica alla rappresentanza sindacale unitaria, ovvero alle
rappresentanze aziendali e, in mancanza, alle associazioni territoriali di
categoria aderenti alle confederazioni dei lavoratori comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale:
a) il numero e i motivi del ricorso alla somministrazione di lavoro prima della
stipula del contratto di somministrazione; ove ricorrano motivate ragioni di
urgenza e necessità di stipulare il contratto, l'utilizzatore fornisce le predette
comunicazioni entro i cinque giorni successivi;
b) ogni dodici mesi, anche per il tramite della associazione dei datori di lavoro
alla quale aderisce o conferisce mandato, il numero e i motivi dei contratti di
somministrazione di lavoro conclusi, la durata degli stessi, il numero e la
qualifica dei lavoratori interessati.
Art. 25. - Norme previdenziali
1. Gli oneri contributivi, previdenziali, assicurativi ed assistenziali, previsti dalle
vigenti disposizioni legislative, sono a carico del somministratore che, ai sensi e
per gli effetti di cui all'articolo 49 della legge9 marzo 1989, n. 88, é inquadrato
nel settore terziario. Sulla indennità di disponibilità di cui all'articolo 22, comma
3, i contributi sono versati per il loro effettivo ammontare, anche in deroga alla
vigente normativa in materia di minimale contributivo.
2. Il somministratore non é tenuto al versamento della aliquota contributiva di
cui all'articolo 25, comma 4, della legge 21 dicembre 1978, n. 845.
3. Gli obblighi per l'assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali
previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e
successive modificazioni, sono determinati in relazione al tipo e al rischio delle
lavorazioni svolte. I premi e i contributi sono determinati in relazione al tasso
medio, o medio ponderato, stabilito per la attività svolta dall'impresa
utilizzatrice, nella quale sono inquadrabili le lavorazioni svolte dai lavoratori
temporanei, ovvero sono determinati in base al tasso medio, o medio
ponderato, della voce di tariffa corrispondente alla lavorazione effettivamente
prestata dal lavoratore temporaneo, ove presso l'impresa utilizzatrice la stessa
non sia già assicurata.
4. Nel settore agricolo e in caso di somministrazione di lavoratori domestici
trovano applicazione i criteri erogativi, gli oneri previdenziali e assistenziali
previsti dai relativi settori.
Art. 26. - Responsabilità civile
1. Nel caso di somministrazione di lavoro l'utilizzatore risponde nei confronti
dei terzi dei danni a essi arrecati dal prestatore di lavoro nell'esercizio delle sue
mansioni.
Art. 27. -Somministrazione irregolare

112
1. Quando la somministrazione di lavoro avvenga al di fuori dei limiti e delle
condizioni di cui agli articoli 20 e 21, comma 1, lettere a), b), c), d) ed e), il
lavoratore può chiedere, mediante ricorso giudiziale a norma dell'articolo 414
del codice di procedura civile, notificato anche soltanto al soggetto che ne ha
utilizzato la prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze
di quest'ultimo, con effetto dall'inizio della somministrazione.
2. Nelle ipotesi di cui al comma 1 tutti i pagamenti effettuati dal
somministratore, a titolo retributivo o di contribuzione previdenziale, valgono a
liberare il soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione dal debito
corrispondente fino a concorrenza della somma effettivamente pagata. Tutti gli
atti compiuti dal somministratore per la costituzione o la gestione del rapporto,
per il periodo durante il quale la somministrazione ha avuto luogo, si intendono
come compiuti dal soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione.
3. Ai fini della valutazione delle ragioni di cui all'articolo 20, commi 3 e 4, che
consentono la somministrazione di lavoro il controllo giudiziale é limitato
esclusivamente, in conformità ai principi generali dell'ordinamento,
all'accertamento della esistenza delle ragioni che la giustificano e non può
essere esteso fino al punto di sindacare nel merito valutazioni e scelte
tecniche, organizzative o produttive che spettano all'utilizzatore.
Art. 28. - Somministrazione fraudolenta
1. Ferme restando le sanzioni di cui all'articolo 18, quando la somministrazione
di lavoro é posta in essere con la specifica finalità di eludere93 norme
inderogabili di legge o di contratto collettivo applicato al lavoratore,
somministratore e utilizzatore sono puniti con una ammenda di 20 euro per
ciascun lavoratore coinvolto e ciascun giorno di somministrazione.

TRASFERIMENTO D’AZIENDA
Art. 2112. Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di
trasferimento d’azienda. 94 — In caso di trasferimento d’azienda 95, il
rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i
diritti che ne derivano 96.
Il cedente ed il cessionario sono obbligati, in solido , per tutti i crediti che il
lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui agli

93 Quasi inapplicabile, perché è indicata la specifica finalità di elusione.

94 Art. modificato ex l. 29-12-1990, n. 428 (art. 47, c. 3) e successivamente sostituito ex art. 1,


c. 1, d.lgs. 2-2-2001, n. 18 a decorrere dal 1° luglio 2001, in attuazione della dir. 98/50/CE.
Quest’ultima direttiva, unitamente alla precedente dir. 77/187/CEE, è stata abrogata dalla dir.
2001/23/CE che ne riprende in parte il contenuto e che dovrà essere attuata dallo Stato italiano
stante la delega contenuta nell’art. 1, c. 1, l. 39/2002 (legge comunitaria 2001).

95 Il trasferimento dell’azienda da un imprenditore ad un altro può attuarsi, per atto tra vivi
(inter vivos), in forme diverse, quali: la vendita [v. 2556 ss.], la concessione in usufrutto [v.
2561], l’affitto [v. 2562] o altro contratto commerciale da cui derivi il trasferimento solo di una
parte dell’azienda, avente propria autonomia funzionale. Per le ipotesi di trasferimento a causa
di morte (mortis causa) dell’azienda, il codice non prevede disposizioni particolari, dovendosi
applicare le regole generali in materia di successioni.

96 Il legislatore ha voluto che il trasferimento dell’azienda, comunque avvenuto (vendita,


usufrutto etc.), non sia di pregiudizio per il prestatore di lavoro, sia sotto il profilo della
continuazione del rapporto, sia sotto il profilo del mantenimento dei diritti già maturati.

113
articoli 410 e 411 del codice di procedura civile il lavoratore può consentire la
liberazione del cedente dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro 97.
Il cessionario è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti
dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del
trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti
collettivi applicabili all’impresa del cessionario. L’effetto di sostituzione si
produce esclusivamente fra contratti collettivi del medesimo livello.
Ferma restando la facoltà di esercitare il recesso ai sensi della normativa in
materia di licenziamenti, il trasferimento d’azienda non costituisce di per sé
motivo di licenziamento. Il lavoratore, le cui condizioni di lavoro subiscono una
sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento d’azienda, può
rassegnare le proprie dimissioni con gli effetti di cui all’articolo 2119, primo
comma 98.
Ai fini e per gli effetti di cui al presente articolo si intende per trasferimento
d’azienda qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o
fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica
organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che
conserva nel trasferimento la propria identità, a prescindere dalla tipologia
negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato,
ivi compresi l’usufrutto o l’affitto d’azienda. Le disposizioni del presente
articolo si applicano altresì al trasferimento di parte dell’azienda, intesa come
articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata
identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo
trasferimento 99.
Nel caso in cui l’alienante stipuli con l’acquirente un contratto di appalto la cui
esecuzione avviene utilizzando il ramo d’azienda oggetto di cessione, tra
appaltante e appaltatore opera un regime di solidarietà di cui all’articolo 29,
comma 2 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 100.

97 Il cessionario (acquirente) acquista l’azienda a titolo derivativo [v. Libro III, Titolo II, Capo III]
ma non così la qualità di imprenditore [v. 2082], che viene acquistata a titolo originario [v.
Libro III, Titolo II, Capo III].
Pertanto il cessionario non esercita la stessa impresa che ha acquistato, esercita un’impresa
nuova ad essa corrispondente (non c’è successione nell’impresa).

98 Si prevede che le eventuali dimissioni presentate dal lavoratore, le cui condizioni di lavoro
subiscono una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento d’azienda,
costituiscano un recesso per giusta causa ex art. 2119 c.c.: in pratica opera una presunzione
assoluta di giusta causa a favore del lavoratore, con la rilevante conseguenza della possibilità
di recedere prima della scadenza del termine se il rapporto è a tempo determinato, oppure
senza necessità di preavviso se è a tempo indeterminato e in tal caso con diritto percepire
l’indennità sostitutiva di mancato preavviso.

99 Comma così sostituito ex art. 32, c. 1, d.lgs. 10-9-2003, n. 276 (Riforma del mercato del
lavoro) «fermi restando i diritti dei prestatori di lavoro in caso di trasferimento d’azienda di cui
alla normativa di recepimento delle direttive europee in materia».

100 Comma aggiunto ex art. 32, c. 2, d.lgs. 10-9-2003, n. 276 (Riforma del mercato del
lavoro); le parole da «di cui» a «n. 276» così sostituiscono le precedenti «di cui all’articolo
1676» ex d.lgs. 276/2003 cit. (art. 32, c. 2, come modificato ex art. 9, d.lgs. 6-10-2004, n. 251).
A seguito della modifica, in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o
datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, entro il limite di un anno dalla
cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi
previdenziali dovuti, salvo diverse previsioni dei contratti collettivi.

114
LE NOVITA’ IN TEMA DI TRASFERIMENTO D’AZIENDA
Direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente
il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al
mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di
imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti
Direttiva 2001/23/CE del Consiglio del 12 marzo 2001 concernente il
ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al
mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di
stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti IL CONSIGLIO
DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo
94, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento
europeo(1), visto il parere del Comitato economico e sociale(2),
considerando quanto segue: (1) La direttiva 77/187/CEE del Consiglio, del
14 febbraio 1977, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli
Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di
trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di
stabilimenti(3) è stata modificata in maniera sostanziale(4) ed è, perciò,
opportuno, per motivi di chiarezza, procedere alla sua codificazione. (2)
L'evoluzione economica implica, sul piano nazionale e comunitario,
modifiche delle strutture delle imprese effettuate, tra l'altro, con
trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di
stabilimenti a nuovi imprenditori in seguito a cessioni contrattuali o a
fusioni. (3) Occorre adottare le disposizioni necessarie per proteggere i
lavoratori in caso di cambiamento di imprenditore, in particolare per
assicurare il mantenimento dei loro diritti. (4) Sussistono differenze negli
Stati membri per quanto riguarda l'entità della protezione dei lavoratori in
questo settore e occorre attenuare tali differenze. (5) La carta comunitaria
dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata il 9 dicembre 1989
("Carta sociale"), nei punti 7, 17 e 18 dispone in particolare che la
realizzazione del mercato interno deve portare ad un miglioramento delle
condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori nella Comunità europea. Tale
miglioramento deve consentire, ove necessario, di sviluppare taluni aspetti
della regolamentazione del lavoro, come le procedure per il licenziamento
collettivo o quelle concernenti i fallimenti. Occorre sviluppare
l'informazione, la consultazione e la partecipazione dei lavoratori, secondo
modalità adeguate, tenendo conto delle prassi vigenti nei diversi Stati
membri. L'informazione, la consultazione e la partecipazione devono essere
realizzate tempestivamente, in particolare in occasione di ristrutturazioni o
fusioni di imprese che incidono sull'occupazione dei lavoratori. (6) Nel 1977
il Consiglio ha adottato la direttiva 77/187/CEE per promuovere
l'armonizzazione delle legislazioni nazionali relative al mantenimento dei
diritti dei lavoratori e chiedere ai cedenti e ai cessionari di informare e
consultare in tempo utile i rappresentanti dei lavoratori. (7) Detta direttiva
è stata in seguito modificata alla luce dell'impatto del mercato interno,
delle tendenze legislative degli Stati membri per quanto riguarda il
salvataggio delle imprese con difficoltà economiche, della giurisprudenza

115
della Corte di giustizia delle Comunità europee, della direttiva 75/129/CEE
del Consiglio, del 17 febbraio 1975, concernente il ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi(5), e
delle norme legislative già in vigore nella maggior parte degli Stati membri.
(8) La sicurezza e la trasparenza giuridiche hanno richiesto un chiarimento
della nozione giuridica di trasferimento alla luce della giurisprudenza della
Corte di giustizia. Tale chiarimento non ha modificato la sfera di
applicazione della direttiva 77/187/CEE, quale interpretata dalla Corte di
giustizia. (9) La Carta sociale riconosce l'importanza della lotta contro tutte
le forme di discriminazione, in particolare quelle basate sul sesso, sul
colore, sulla razza, sulle opinioni e sulle credenze. (10) La presente direttiva
deve far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione
indicati nell'allegato I, parte B,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
CAPO I Ambito di applicazione e definizioni
Articolo 1
1. a) La presente direttiva si applica ai trasferimenti di imprese, di
stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti ad un nuovo imprenditore
in seguito a cessione contrattuale o a fusione.
b) Fatta salva la lettera a) e le disposizioni seguenti del presente articolo, è
considerato come trasferimento ai sensi della presente direttiva quello di
un'entità economica che conserva la propria identità, intesa come insieme
di mezzi organizzati al fine di svolgere un'attività economica, sia essa
essenziale o accessoria.
c) La presente direttiva si applica alle imprese pubbliche o private che
esercitano un'attività economica, che perseguano o meno uno scopo di
lucro. Una riorganizzazione amministrativa di enti amministrativi pubblici o
il trasferimento di funzioni amministrative tra enti amministrativi pubblici,
non costituisce trasferimento ai sensi della presente direttiva.
2. La presente direttiva si applica se e nella misura in cui l'impresa, lo
stabilimento o la parte di impresa o di stabilimento da trasferire si trovi
nell'ambito d'applicazione territoriale del trattato.
3. La presente direttiva non si applica alle navi marittime.
Articolo 2
1. Ai sensi della presente direttiva si intende:
a) per "cedente", ogni persona fisica o giuridica che, in conseguenza di un
trasferimento a norma dell'articolo 1, paragrafo 1, perde la veste di
imprenditore rispetto all'impresa, allo stabilimento o a parte dell'impresa o
dallo stabilimento;
b) per "cessionario", ogni persona fisica o giuridica che, in conseguenza di
un trasferimento a norma dell'articolo 1, paragrafo 1, acquisisce la veste di
imprenditore rispetto all'impresa, allo stabilimento o a parte dell'impresa o
dello stabilimento;
c) per "rappresentanti dei lavoratori" ed espressioni connesse, i
rappresentanti dei lavoratori previsti dalla legislazione o dalla prassi degli
Stati membri;
d) per "lavoratore", ogni persona che nello Stato membro interessato è
tutelata come tale nell'ambito del diritto nazionale del lavoro.
2. La presente direttiva non lede il diritto nazionale per quanto riguarda la
definizione di contratto o di rapporto di lavoro. Tuttavia, gli Stati membri
116
non potranno escludere dall'ambito di applicazione della presente direttiva
i contratti o i rapporti di lavoro a motivo unicamente:
a) del numero di ore di lavoro prestate o da prestare;
b) di rapporti di lavoro disciplinati da un contratto di lavoro di durata
determinata a norma dell'articolo 1, punto 1, della direttiva 91/383/CEE del
Consiglio, del 25 giugno 1991, che completa le misure volte a promuovere
il miglioramento della sicurezza e della salute durante il lavoro dei
lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata determinata o un rapporto
di lavoro interinale(6);
o c) di rapporti di lavoro interinali a norma dell'articolo 1, punto 2, della
direttiva 91/383/CEE e del fatto che l'impresa, lo stabilimento o la parte
d'impresa o di stabilimento trasferita è l'agenzia di lavoro interinale che è il
datore di lavoro o parte di essa.
CAPO II Mantenimento dei diritti dei lavoratori
Articolo 3
1. I diritti e gli obblighi che risultano per il cedente da un contratto di lavoro
o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento sono, in
conseguenza di tale trasferimento, trasferiti al cessionario. Gli Stati membri
possono prevedere che il cedente, anche dopo la data del trasferimento,
sia responsabile, accanto al cessionario, degli obblighi risultanti prima della
data del trasferimento da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro
esistente alla data del trasferimento.
2. Gli Stati membri possono adottare i provvedimenti necessari per
garantire che il cedente notifichi al cessionario tutti i diritti e gli obblighi
che saranno trasferiti al cessionario a norma del presente articolo, nella
misura in cui tali diritti e obblighi siano o avessero dovuto essere noti ai
cedente al momento del trasferimento. Il fatto che il cedente ometta di
notificare al cessionario tali diritti e obblighi non incide sul trasferimento di
detto diritto o obbligo e dei diritti di qualsiasi lavoratore nei confronti del
cessionario e/o del cedente in relazione a detto diritto o obbligo.
3. Dopo il trasferimento, il cessionario mantiene le condizioni di lavoro
convenute mediante contratto collettivo nei termini previsti da quest'ultimo
per il cedente fino alla data della risoluzione o della scadenza del contratto
collettivo o dell'entrata in vigore o dell'applicazione di un altro contratto
collettivo. Gli Stati membri possono limitare il periodo del mantenimento
delle condizioni di lavoro, purché esso non sia inferiore ad un anno.
4. a) A meno che gli Stati membri dispongano diversamente, i paragrafi 1 e
3 non si applicano ai diritti dei lavoratori a prestazioni di vecchiaia, di
invalidità o per i superstiti dei regimi complementari di previdenza
professionali o interprofessionali, esistenti al di fuori dei regimi legali di
sicurezza sociale degli Stati membri.
b) Anche quando essi non prevedono, a norma della lettera a), che i
paragrafi 1 e 3 si applichino a tali diritti, gli Stati membri adottano i
provvedimenti necessari per tutelare gli interessi dei lavoratori e di coloro
che hanno già lasciato lo stabilimento del cedente al momento del
trasferimento per quanto riguarda i diritti da essi maturati o in corso di
maturazione, a prestazioni di vecchiaia, comprese quelle per i superstiti,
dei regimi complementari di cui alla lettera a) del presente paragrafo.
Articolo 4

117
1. Il trasferimento di un'impresa, di uno stabilimento o di una parte di
impresa o di stabilimento non è di per sé motivo di licenziamento da parte
del cedente o del cessionario. Tale dispositivo non pregiudica i
licenziamenti che possono aver luogo per motivi economici, tecnici o
d'organizzazione che comportano variazioni sul piano dell'occupazione. Gli
Stati membri possono prevedere che il primo comma non si applichi a
talune categorie delimitate di lavoratori non coperti dalla legislazione o
dalla prassi degli Stati membri in materia di tutela contro il licenziamento.
2. Se il contratto di lavoro o il rapporto di lavoro è risolto in quanto il
trasferimento comporta a scapito del lavoratore una sostanziale modifica
delle condizioni di lavoro, la risoluzione del contratto di lavoro o del
rapporto di lavoro è considerata come dovuta alla responsabilità del datore
di lavoro.
Articolo 5
1. A meno che gli Stati membri dispongano diversamente, gli articoli 3 e 4
non si applicano ad alcun trasferimento di imprese, stabilimenti o parti di
imprese o di stabilimenti nel caso in cui il cedente sia oggetto di una
procedura fallimentare o di una procedura di insolvenza analoga aperta in
vista della liquidazione dei beni del cedente stesso e che si svolgono sotto il
controllo di un'autorità pubblica competente (che può essere il curatore
fallimentare autorizzato da un'autorità pubblica competente).
2. Quando gli articoli 3 e 4 si applicano ad un trasferimento nel corso di una
procedura di insolvenza aperta nei confronti del cedente
(indipendentemente dal fatto che la procedura sia stata aperta in vista
della liquidazione dei beni del cedente stesso) e a condizione che tali
procedure siano sotto il controllo di un'autorità pubblica competente (che
può essere un curatore fallimentare determinato dal diritto nazionale), uno
Stato membro può disporre che:
a) nonostante l'articolo 3, paragrafo 1, gli obblighi del cedente risultanti da
un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro e pagabili prima dei
trasferimento o prima dell'apertura della procedura di insolvenza non siano
trasferiti al cessionario, a condizione che tali procedure diano adito, in virtù
della legislazione dello Stato membro, ad una protezione almeno
equivalente a quella prevista nelle situazioni contemplate dalla direttiva
80/987/CEE del Consiglio, del 20 ottobre 1980, concernente il
ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla tutela dei
lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro(7);
e/o b) il cessionario, il cedente o la persona o le persone che esercitano le
funzioni del cedente, da un lato, e i rappresentanti dei lavoratori, dall'altro,
possano convenire, nella misura in cui la legislazione o le prassi in vigore lo
consentano, modifiche delle condizioni di lavoro dei lavoratori intese a
salvaguardare le opportunità occupazionali garantendo la sopravvivenza
dell'impresa, dello stabilimento o di parti di imprese o di stabilimenti.
3. Uno Stato membro ha facoltà di applicare il paragrafo 2, lettera b), a
trasferimenti in cui il cedente sia in una situazione di grave crisi economica
quale definita dal diritto nazionale, purché tale situazione sia dichiarata da
un'autorità pubblica competente e sia aperta al controllo giudiziario, a
condizione che tali disposizioni fossero già vigenti nel diritto nazionale il 17
luglio 1998. La Commissione presenterà una relazione sugli effetti della

118
presente disposizione entro il 17 luglio 2003 e sottoporrà eventuali
proposte adeguate al Consiglio.
4. Gli Stati membri adottano gli opportuni provvedimenti al fine di impedire
che l'abuso delle procedure di insolvenza privi i lavoratori dei diritti loro
riconosciuti a norma della presente direttiva.
Articolo 6
1. Qualora l'impresa, lo stabilimento o parte di un'impresa o di uno
stabilimento conservi la propria autonomia, sussistono lo status e la
funzione dei rappresentanti o della rappresentanza dei lavoratori
interessati dal trasferimento, secondo le stesse modalità e alle stesse
condizioni esistenti prima della data del trasferimento, previsti dalle
disposizioni legislative, regolamentari e amministrative o da accordi, a
patto che siano soddisfatte le condizioni necessarie per la costituzione della
rappresentanza dei lavoratori. Il primo comma non si applica se, in virtù
delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative o della prassi
degli Stati membri o si termini di un accordo con i rappresentanti dei
lavoratori, esistono le condizioni necessarie per la nuova designazione dei
rappresentanti dei lavoratori o la nuova costituzione della rappresentanza
dei lavoratori. Nel caso in cui il cedente sia oggetto di una procedura
fallimentare o di una procedura di insolvenza analoga aperta in vista della
liquidazione dei beni del cedente stesso e che si svolge sotto il controllo di
un'autorità pubblica competente (che può essere il curatore fallimentare
autorizzato da un'autorità pubblica competente), gli Stati membri possono
adottare i provvedimenti necessari al fine di garantire che i lavoratori
trasferiti siano adeguatamente rappresentati fino alla nuova elezione o
designazione di rappresentanti dei lavoratori. Qualora l'impresa, lo
stabilimento o la parte di un'impresa o di uno stabilimento non conservi la
propria autonomia, gli Stati membri adotteranno i provvedimenti necessari
per garantire che i lavoratori trasferiti, che erano rappresentati prima del
trasferimento, continuino ad essere adeguatamente rappresentati per il
periodo necessario a provvedere ad una nuova costituzione o designazione
della rappresentanza dei lavoratori, conformemente alla legislazione o alla
prassi nazionale.
2. Qualora il mandato dei rappresentanti dei lavoratori interessati dal
trasferimento scada a causa del trasferimento, questi rappresentanti
continuano a beneficiare delle misure di protezione previste dalle
disposizioni legislative, regolamentari e amministrative o dalla prassi degli
Stati membri.
CAPO III Informazione e consultazione
Articolo 7
1. Il cedente e il cessionario sono tenuti ad informare i rappresentanti dei
rispettivi lavoratori interessati da un trasferimento sui seguenti punti: -
data o data proposta del trasferimento, - motivi del trasferimento, -
conseguenze giuridiche, economiche e sociali, del trasferimento per i
lavoratori, - misure previste nei confronti dei lavoratori. Il cedente è tenuto
a comunicare tali informazioni ai rappresentanti dei suoi lavoratori in tempo
utile prima dell'attuazione del trasferimento. Il cessionario è tenuto a
comunicare tali informazioni ai rappresentanti dei suoi lavoratori in tempo
utile ed in ogni caso prima che i suoi lavoratori siano direttamente lesi dal
trasferimento nelle loro condizioni d'impiego e di lavoro.
119
2. Se il cedente o il cessionario prevedono misure nei confronti dei rispettivi
lavoratori, essi sono tenuti ad avviare in tempo utile consultazioni in merito
a tali misure con i rappresentanti dei rispettivi lavoratori al fine di ricercare
un accordo.
3. Gli Stati membri le cui disposizioni legislative, regolamentari e
amministrative prevedono la possibilità per i rappresentanti dei lavoratori
di ricorrere ad un'istanza di arbitrato per ottenere una decisione su misure
da adottare nei confronti dei lavoratori, possono limitare gli obblighi previsti
nei paragrafi 1 e 2 ai casi in cui il trasferimento realizzato comporta una
modifica a livello dello stabilimento che può implicare svantaggi sostanziali
per una parte consistente dei lavoratori. L'informazione e la consultazione
devono almeno riferirsi alle misure previste nei confronti dei lavoratori.
L'informazione e la consultazione devono aver luogo in tempo utile prima
dell'attuazione della modifica a livello dello stabilimento di cui al primo
comma.
4. Gli obblighi di cui al presente articolo si applicano indipendentemente dal
fatto che la decisione riguardante il trasferimento sia presa dal datore di
lavoro o da un'impresa che lo controlla. Nell'esame delle pretese violazioni
degli obblighi in materia di informazione e di consultazione previsti nella
presente direttiva, non si deve tener conto quale mezzo di difesa del fatto
che tale violazione è avvenuta in quanto l'impresa che controlla il datore di
lavoro non gli ha trasmesso le informazioni necessarie.
5. Gli Stati membri possono limitare gli obblighi previsti nei paragrafi 1, 2 e
3 alle imprese o agli stabilimenti che soddisfano, per quanto riguarda il
numero dei lavoratori occupati, le condizioni per l'elezione o la
designazione di un organo collegiale che rappresenti i lavoratori.
6. Gli Stati membri possono prevedere che, qualora in un'impresa o in uno
stabilimento non vi siano rappresentanti dei lavoratori per motivi
indipendenti dalla volontà degli stessi, i lavoratori interessati debbano
essere informati in precedenza: - della data o della data proposta del
trasferimento, - dei motivi del trasferimento, - delle conseguenze
giuridiche, economiche e sociali del trasferimento per i lavoratori, - delle
misure previste nei confronti dei lavoratori.
CAPO IV Disposizioni finali
Articolo 8
La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di
applicare o di introdurre disposizioni legislative, regolamentari o
amministrative più favorevoli ai lavoratori o di incoraggiare o consentire
l'applicazione di accordi collettivi o di accordi tra le parti sociali più
favorevoli ai lavoratori.
Articolo 9
Gli Stati membri introducono nelle loro normative nazionali i provvedimenti
atti a consentire a tutti i lavoratori e ai loro rappresentanti che si ritengono
lesi dall'inosservanza degli obblighi derivanti dalla presente direttiva, di
tutelare i loro diritti con un'azione in giudizio dopo eventuali ricorsi ad altri
organi competenti.
Articolo 10
La Commissione presenta al Consiglio una relazione sugli effetti delle
disposizioni della presente direttiva entro il 17 luglio 2006. Essa propone le
modifiche che risultano necessarie.
120
Articolo 11
Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative che essi adottano nel settore
disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 12
La direttiva 77/187/CEE come modificata dalla direttiva di cui all'allegato I,
parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai
termini d'attuazione indicati all'allegato I, parte B. I riferimenti alla direttiva
abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la
tavola di concordanza di cui all'allegato II.
Articolo 13
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla
data della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità
europee.
Articolo 14
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Legge 428/90:
Art. 47. Trasferimenti di azienda.
1. Quando si intenda effettuare, ai sensi dell’art. 2112 del codice civile, un
trasferimento d’azienda in cui sono occupati più di quindici lavoratori,
l’alienante e l’acquirente devono darne comunicazione per iscritto, almeno
venticinque giorni prima, alle rispettive rappresentanze sindacali costituite,
a norma dell’art. 19 della
legge 20 maggio 1970, n. 300, nelle unità produttive interessate, nonchè
alle rispettive associazioni di categoria. In mancanza delle predette
rappresentanze aziendali, la comunicazione deve essere effettuata alle
associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente
rappresentative sul piano nazionale. La comunicazione
alle associazioni di categoria può essere effettuata per il tramite
dell’associazione sindacale alla quale aderiscono o conferiscono mandato.
L’informazione deve riguardare:
a) i motivi del programmato trasferimento d’azienda;
b) le sue conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori;
c) le eventuali misure previste nei confronti di questi ultimi.
2. Su richiesta scritta delle rappresentanze sindacali aziendali o dei
sindacati di categoria, comunicata entro sette giorni dal ricevimento della
comunicazione di cui al comma 1, l’alienante e l’acquirente sono tenuti ad
avviare, entro sette giorni dal ricevimento della predetta richiesta, un
esame congiunto con i soggetti sindacali richiedenti.
La consultazione si intende esaurita qualora, decorsi dieci giorni dal suo
inizio, non sia stato raggiunto un accordo.
Il mancato rispetto, da parte dell’acquirente o dell’alienante, dell’obbligo di
esame congiunto previsto nel presente articolo costituisce condotta
antisindacale ai sensi dell’art. 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300.
3. I primi tre commi dell’art. 2112 del codice civile sono sostituiti dai
seguenti: «trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con
l'acquirente ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.
L'alienante e l'acquirente sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il
lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui agli
121
articoli 410 e 411 del codice di procedura civile
il lavoratore può consentire la liberazione dell'alienante dalle obbligazioni
derivanti dal rapporto di lavoro. L'acquirente è tenuto ad applicare i
trattamenti economici e normativi, previsti dai contratti collettivi anche
aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo
che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all'impresa
dell'acquirente».
4. Ferma restando la facoltà dell’alienante di esercitare il recesso ai sensi
della normativa in materia di licenziamenti, il trasferimento d’azienda non
costituisce di per sè motivo di licenziamento.
5. Qualora il trasferimento riguardi aziende o unità produttive delle quali il
CIPI abbia accertato lo stato di crisi aziendale a norma dell’art. 2, quinto
comma, lettera c), della legge 12 agosto 1977, n. 675, o imprese nei
confronti delle quali vi sia stata dichiarazione di fallimento, omologazione di
concordato preventivo consistente
nella cessione dei beni, emanazione del provvedimento di liquidazione
coatta amministrativa ovvero di sottoposizione all’amministrazione
straordinaria, nel caso in cui la continuazione dell’attività non sia stata
disposta o sia cessata e nel corso della consultazione di cui ai precedenti
commi sia stato raggiunto un accordo circa il
mantenimento anche parziale dell’occupazione, ai lavoratori il cui rapporto
di lavoro continua con l’acquirente non trova applicazione l’art. 2112 del
codice civile, salvo che dall’accordo risultino condizioni di miglior favore.
Il predetto accordo può altresì prevedere che il trasferimento non riguardi il
personale eccedentario e che quest’ultimo continui a rimanere, in tutto o in
parte, alle dipendenze dell’alienante.
6. I lavoratori che non passano alle dipendenze dell’acquirente,
dell’affittuario o del subentrante hanno diritto di precedenza nelle
assunzioni che questi ultimi effettuino entro un anno dalla data del
trasferimento, ovvero entro il periodo maggiore stabilito dagli accordi
collettivi. Nei confronti dei lavoratori predetti, che vengano
assunti dall’acquirente, dall’affittuario o dal subentrante in un momento
successivo al trasferimento d’azienda, non trova applicazione l’art. 2112
del codice civile.

APPALTO
Art. 1655. Nozione. — L’appalto è il contratto con il quale una parte
assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio
rischio 101, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo
in danaro102.

101 L’obbligazione dell’appaltatore rientra nell’ampia categoria delle obbligazioni di risultato:


essa, infatti, ha per oggetto non già la prestazione di un’attività lavorativa, ma la prestazione
del risultato dell’attività lavorativa, sicché il rischio che l’attività produttiva non dia il risultato
promesso grava sull’appaltatore  c’è, inoltre, una responsabilità solidale per i corrispettivi tra
committente, appaltatore e subappaltatore.

102 Le parti, e in particolare il committente, possono essere coadiuvate da altri soggetti, quali
il progettista e il direttore dei lavori; quest’ultimo ha il compito di rappresentare [v. 1387] il
committente, e quindi non può esercitare poteri più ampi di quelli spettanti a quest’ultimo.
Cfr. artt. 29 e 84, d.lgs. 10-9-2003, n. 276 (Riforma del mercato del lavoro).

122
D. Lgs. 276/2003
Capo II - Appalto e distacco
Art. 29. – Appalto
1. Ai fini della applicazione delle norme contenute nel presente titolo, il
contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell'articolo 1655
del codice civile, si distingue dalla somministrazione di lavoro per la
organizzazione dei mezzi necessari da parte dell'appaltatore, che può
anche risultare, in relazione alle esigenze dell'opera o del servizio dedotti in
contratto, dall'esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei
lavoratori utilizzati nell'appalto, nonché per la assunzione, da parte del
medesimo appaltatore, del rischio d'impresa.
2. In caso di appalto di servizi il committente imprenditore o datore di
lavoro é obbligato in solido con l'appaltatore, entro il limite di un anno dalla
cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti
retributivi e i contributi previdenziali dovuti.
3. Salvo diverse previsioni dei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati
da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più
rappresentative, in caso di appalto di opere o di servizi il committente
imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, entro
il limite di un anno dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai
lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti. (DLGS
251/2004)
2. In caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore
o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con
ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due
anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i
trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti. (L 296/2006)
3. L'acquisizione del personale già impiegato nell'appalto a seguito di subentro
di un nuovo appaltatore, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di
lavoro, o di clausola del contratto d'appalto, non costituisce trasferimento
d'azienda o di parte d'azienda.
3-bis. Quando il contratto di appalto sia stipulato in violazione di
quanto disposto dal comma 1, il lavoratore interessato può chiedere,
mediante ricorso giudiziale a norma dell’articolo 414 del codice di
procedura civile, notificato anche soltanto al soggetto che ne ha
utilizzato la prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle
dipendenze di quest’ultimo. In tale ipotesi si applica il disposto
dell’articolo 27, comma 2. (DLGS 251/2004)
3-ter. Fermo restando quando previsto dagli articoli 18 e 19, le
disposizioni di cui al comma 2 del presente articolo non trovano
applicazione qualora il committente sia una persona fisica che non
esercita attività di impresa o professionale. (DLGS 251/2004)

L’appalto risulta più conveniente della somministrazione, ma nella


somministrazione può esserci diversità di trattamento.

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