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INTRODUZIONE
Il diritto del lavoro è distinto dal diritto civile per le seguenti caratteristiche delle sue norme:
• Inderogabilità
• Imperatività
Il diritto del lavoro si occupa sia dei lavoratori subordinati che di quelli autonomi. I secondi però godono di limitate
tutele. (art 2094, art 2022)
Per lavoro si intende la prestazione di una attività che porta un risultato ad altri.
Il diritto del lavoro nasce per tutelare i lavoratori di fronte alla maggior forza contrattuale del datore di lavoro.
LE ORIGINI
Con la RIVOLUZIONE INDUSTRIALE nasce l’industria moderna. Per evitare disordini sociali dovuti allo scontro
tra la borghesia e i lavoratori si afferma il concetto di diritto del lavoro.
Si verifica quindi la nascita dei sindacati, ovvero coalizioni spontanee di lavoratori volte a fronteggiare il potere
contrattuale del datore di lavoro.
Tale fenomeno si dimostra favorevole anche per le imprese in quanto iniziano ad avere un interlocutore stabile ed
affidabile.
Il primo contratto di lavoro appare quindi ai primi del ‘900 (prima le prestazioni erano ricondotte alla locazione o
vendita anche se con alcune misure di protezione dei lavoratori).
Le prime norme contrattuali riguardavano prevalentemente aspetti specifici ed erano volte ad evitare questioni sociali
significative.
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LA C.D. FASE TRANSITORIA (Governo Badoglio)
Fisionomia:
- Scioglimento e liquidazione dei sindacati fascisti
- Mantenimento in vigore dei contratti collettivi corporativi
- Ricostituzione commissioni interne
- Unità sindacale
Il diritto del lavoro che oggi viene applicato e studiato proviene da un’elaborazione legislativa non solo nazionale, ma
sempre più europea ed internazionale; fondamentalmente sono state fissate, in accordo con gli altri stati membri,
regole europee di trattamento minime ed uniformi allo scopo di evitare che l’utilizzo di manodopera in uno stato
risultassi più conveniente rispetto ad altri.
Le fonti internazionali ed europee costituiscono il minimum di tutela per i rapporti di lavoro subordinato..
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L’OIL è una organizzazione nella quale convergono una pluralità di stati a livello mondiale per fissare regole
minime sull’utilizzo dei lavoratori (es. vietando lavoro minorile e schiavitù, principi di libertà sindacale ecc.).
TLe sue funzioni sono:
- assistenza tecnica agli stati nelle materie di propria competenza
- promozione di convezioni internazionali
- emanazione di raccomandazioni
L’OIL dovrebbe anche assistere gli stati e può emanare altresì Raccomandazioni, ma il suo intervento non non è
efficace nei casi di violazione delle Convenzioni > lo Stato che non recepisce le convenzioni non è infatti soggetto a
sanzioni (soft-law).
Con la “Dichiarazione sui principi e diritti fondamentali del lavoro” (1998) tutti gli stati membri,
sono vincolati all’applicazione dei seguenti 4 principi fondamentali:
- libertà di associazione sindacale e riconoscimento dell’autonomia collettiva
- eliminazione di qualsiasi forma di lavoro forzato
- eliminazione del lavoro infantile
- eliminazione delle discriminazioni in materia di accesso al lavoro per ragioni di razza, sesso, religione, opinione
politica, origine nazionale o sociale.
L’ONU ha previsto tali diritti con l’ART. 23 della “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”
(1948) e con il “Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali” (1966).
Istituita con il Trattato di Versailles del 1919 come strumento per la promozione della giustizia sociale e in
particolare di standard minimi di trattamento dei lavoratori su scala planetaria, oggi denominata “Agenzia
specializzata ONU”.
Il CdE è una organizzazione internazionale tesa a promuovere la democrazia, i diritti umani, l’identità culturale
europea e la ricerca di soluzioni ai problemi sociali in Europa.
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“Realizzare una unione più stretta tra i suoi membri per salvaguardare il promuovere gli ideali e i principi che sono il
loro patrimonio comune e di facilitarne il progresso economico e sociale”.
FONTI PRIMARIE:
- Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea
- Trattato istitutivo dell’Unione Europea
- Carta di Nizza (con il Trattato di Lisbona)
FONTI DERIVATE: atti normativi fondati sui Trattato ed emanati dalle istituzioni:
> Regolamenti : direttamente applicabili, senza misure di attuazione, agli stati membri.
> Decisioni: strumento giuridico di cui dispongono le istituzioni europee per attuare le politiche. Atto obbligatorio
che può essere di portata generale o indirizzata a un destinatario preciso.
> Direttive :
- Obbligatorie per gli stati membri
- Non è necessaria una trasposizione letteraria o uno strumento di diritto preciso quanto il raggiungimento
dell’obiettivo.
Le direttive comunitarie, hanno assunto un ruolo fondamentale nella costruzione di un diritto del lavoro uniforme per
gli stati membri dell’UE; ogni stato può recepire le Direttive in modo più o meno puntuale e preciso, anche
interpretandole, ma così facendo rischia, in un momento successivo, di essere portato innanzi alla Corte di Giustizia,
proprio in quanto non rispettoso dei principi previsti nella Direttiva stessa, inattuata o attuata in modo non conforme.
Nel caso delle direttive gli stati membri risultano liberi di scegliere gli strumenti per la loro attuazione; non è
necessaria una trasposizione letterale: la Direttiva pone l’obbiettivo finale, ma lo stato è libero di raggiungerlo nel
modo che ritiene più utile ed opportuno.
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Le mansioni, corrispondenti all'oggetto principale dell'obbligazione contrattuale del lavoratore, vengono raggruppate
in un livello (o categoria) contrattuale al quale corrisponde un preciso trattamento economico e normativo.
Nei contratti individuali, non si rinvengono pattuizioni significative perché, per far introdurre a tale livello elementi
aggiuntivi, e ovviamente migliorativi per il lavoratore, è necessario avere una discreta forza negoziale.
Il Diritto del Lavoro nasce per impedire un gioco "al ribasso" delle condizioni di lavoro (retributive e normative) da
parte del datore di lavoro. Ragione per la quale le regole giuridiche valide "per tutti" sono quelle previste dalla
legge, ma, soprattutto, dal contratto collettivo.
- COSTITUZIONE
I riferimenti costituzionali del Diritto del Lavoro sono quelli precedentemente indicati.
art.1 afferma che l’Italia è fondata sul lavoro; ma delinea anche, gli art.36 (proporzionalità e sufficienza della
retribuzione, ma anche durata della giornata lavorativa e riposo), 37 (parità della donna lavoratrice e tutela dei minori),
38 (previdenza e sicurezza sociale), 39 (libertà sindacale), 40 (diritto di sciopero).
Diverse tipologie:
• Contratto collettivo costituzionale è previsto dall’art.39 della costituzione. Questo articolo afferma il principio di
libertà sindacale. Nel momento in cui tale norma non viene attuata si pone un problema: poiché il contratto
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collettivo è un contratto e, quindi, si applica alle parti che l’hanno stipulato o agli iscritti alle organizzazioni
sindacali contraenti, risulta impossibile applicarlo a tutti i datori di lavoro e lavoratori.
• Contratto collettivo corporativo: implicitamente abrogato
• Contratto collettivo esteso erga omnes: con il quale il legislatore induce a recepire in appositi d.lgs. i contenuti dei
CCNL, tale meccanismo è stato ritenuto incostituzionale
• Contratto collettivo di diritto comune: applicabile solo ed esclusivamente alle parti iscritte alle organizzazioni
sindacali stipulanti.
Contrattazione: procedimento che le parti si danno per raggiungere l’accordo (non formale).
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• funzione gestionale: riguarda situazioni di crisi aziendale. Diventa così uno strumento di gestione dei rapporti di
lavoro, permettendo di gestire situazioni particolari. È quindi possibile, attraverso il contratto collettivo aziendale,
ripartire sostanzialmente i sacrifici.
• ripartizione dei sacrifici in situazioni di crisi: simile alla precedente ma con ulteriori profili problematici,
derivanti dall’assenza di una previsione di legge sovrastante e coinvolgente comunque, come il precedente, il
problema dell’efficacia soggettiva del contratto aziendale.
Qui si pone un problema di relazione tra di loro: l’ordine tradizionale è quello per cui la legge fissa i minimi, il
contratto collettivo va oltre nei diversi istituti e il contratto individuale, dove è possibile, riesce ad attribuire qualcosa
in più o nulla.
1. rapporti tra legge e contratto collettivo → tendenzialmente il contratto collettivo non può peggiore le previsioni
di legge
2. rapporti tra legge e contratto individuale → il contratto individuale non potrà mai andare sotto a quanto previsto
dalla legge né quanto previsto dal contratto collettivo perché il principio fondante della materia è quello di non
abbandonare il lavoratore da solo in quanto incapace di attendere ai propri diritti, è debole.
3. rapporti tra contratto collettivo e contratto individuale → il contratto individuale non può andare sotto a quanto
previsto dal contratto collettivo.
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- Normalmente la legge prevale sulle norme contrattuali
- Principio di favor
- La legge spesso rinvia alla contrattazione
Talora la legge può rinviare al contratto collettivo considerando sia la fonte più idonea a disciplinare la materia.
Il contratto collettivo può declinare le regole in considerazione delle particolarità del caso concreto.
Eccezioni:
Il comune denominatore delle situazioni di derogabilità in peius risiede nell’occupazione che rappresenta un bene
primario del lavoratore, anche alla luce del ruolo che la retribuzione conseguente svolge per il lavoratore e la propria
famiglia.
> Possibilità di derogare peggiorativamente al contratto nazionale con un contratto collettivo aziendale per
specifici motivi di crisi o altresì maggiori opportunità (es. nel caso di un’improvvisa commessa nel mese di agosto,
sebbene il contratto collettivo nazionale prevedesse la chiusura dell’impresa, la stessa può aver stipulato o stipulare un
contratto collettivo aziendale con il quale si rinviano le ferie per rispondere alla richiesta del mercato), ma è necessario
specificare che la stessa normativa fa salvi i diritti previsti da norme costituzionali, i principi previsti da
convenzioni internazionali e fonti comunitarie (va da sé, cioè, che con un contratto collettivo aziendale non sarà
possibile prevedere casi di lavoro minorile, previsione in evidente contrasto con le fonti internazionali di diritto del
lavoro).
Nell’eventuale scontro tra interesse alla conservazione del posto di lavoro e tutela della professionalità finisce per
cedere il secondo.
La legge tuttavia impone dei tetti alla contrattazione collettiva > le politiche dei redditi al fine del contenimento
delle spinte inflazionistiche ne sono un esempio.
2. I RAPPORTI TRA LEGGE E CONTRATTO INDIVIDUALE → qui c’è il diritto del lavoro vero e proprio.
Emerge la regola della inderogabilità assoluta > Art. 2113 Codice civile: « Le rinunzie e le transazioni che hanno ad
oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili di legge [...] e di contratto collettivo non
sono valide» → sanzione di nullità.
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Se il contratto individuale è globalmente (raffronto per istituti) peggiorativo > sostituzione automatica delle clausole
peggiorative.
Il lavoratore a livello individuale non può consentire deroghe né alla legge né al contratto collettivo perché la norma in
materia di lavoro è una norma che non può essere derogata con atti di autonomia individuale, se non in senso
migliorativo.
Il lavoratore non può negoziare in quanto è considerato in posizione di debolezza.
Tale posizione viene meno se affiancato da un terzo (giudice, commissioni di conciliazione) > il lavoratore potrà
disporre di alcuni diritti derivanti dalla legge e dal contratto collettivo.
Le norme del contratto collettivo sono dunque equiparate alle norme della legge, nel senso che fissano uno
standard di trattamento su quale il singolo lavoratore non può negoziare, poiché è considerato in una posizione di
debolezza dall’ordinamento giuridico.
Il contratto collettivo, che risulta costituito da due parti (obbligatoria e normativa), pone una serie di regole che si
applicano ai contratti individuali del lavoro, i quali appaiono frequentemente vuoti dove c’è rinvio al contratto
collettivo.
> Il principio di libertà sindacale consente al datore di lavoro di applicare qualsivoglia contratto collettivo, purché esso
rispetti una retribuzione proporzionata alla qualità della prestazione.
Nel contratto collettivo possiamo distinguere una parte normativa e una parte obbligatoria
RICORDA: la c.d. parte obbligatoria del contratto collettivo (è la prima parte) regola anche i rapporti tra le imprese ed
associazioni sindacali (parti collettive).
La scelta del contratto collettivo applicabile: parte obbligatoria e parte normativa. Il contratto collettivo, che risulta
costituito da due parti (obbligatoria e normativa), pone una serie di regole che si applicano ai contratti individuali del
lavoro.
La convenienza di applicare un contratto collettivo è data, anche per il datore di lavoro, dall'applicare così un
trattamento uniforme per tutti i dipendenti. È auspicabile che venga applicato un contratto collettivo firmato da
un'organizzazione sindacale effettivamente rappresentativa nell'ambito dell'impresa e che non si applichi un contratto
collettivo palesemente fuori standard normativi e retributivi.
4. Il rapporto tra contratti collettivi di diverso livello: ben prima di quanto oggi si dica, il contratto collettivo
aziendale era ritenuto capace e legittimato a derogare, anche in senso peggiorativo, a previsioni del contratto
nazionale.
Laddove il contratto nazionale è stato firmato da CGIL, CISL e UIL, una sua eventuale deroga a livello aziendale
presupporrà di fatto le firme delle rappresentanze delle medesime confederazioni. Il lavoratore non sindacalizzato ha
sempre la possibilità di andare davanti al giudice per richiedere la non applicazione del contratto, perché non iscritto
alla organizzazione sindacale stipulante; e, spesso e volentieri, i lavoratori iscritti a un'organizzazione non stipulante
chiedono infatti che venga applicata solo la parte migliorativa del contratto.
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PARTE PRIMA
Capitolo 3 - I SOGGETTI SINDACALI E I LIVELLI CONTRATTUALI
LE ORGANIZZAZIONI DEI LAVORATORI E DELLE IMPRESE
La legge ha un ruolo tutto sommato limitato. È servita a far crescere i trattamenti economici e di tutela del lavoro
subordinato ma un ruolo fondamentale l’hanno giocato le organizzazioni sindacali che hanno visto un loro boom post
costituzionale > il sindacato unitario negli anni ’50 ha avuto un grandissimo potere che poi si è anche sviluppato nel
corso del tempo fino ad arrivare all’approvazione dello Statuto dei lavoratori nel ‘70, ma è altresì vero che le
organizzazioni sindacali giocano l’una contro l’altra, salvo poi quando trovano punti di accordo.
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Per i lavoratori:
• CGIL (partito comunista) → maggior sindacato nel nostro paese
• CISL (partito democratico cristiano)
• UIL (i lavoratori che appartenevano ai partiti laici)
Sono sigle storiche nel senso che nascono nel dopoguerra dopo un primo periodo di unificazione e corrispondevano ai
partiti politici dell’epoca. Queste organizzazioni sindacali a volte anche separatamente cercavano di porsi nelle
condizioni di influenzare le scelte del governo da un lato e dall’altro di porsi come interlocutori privilegiati di fronte
alla controparte ed essa è data senza distinzioni politiche.
I MODELLI ORGANIZZATIVI
Come si organizza un sindacato?
Struttura orizzontale → raggruppamento per eguale ambito geografico (es. camera provinciale del lavoro: tipica
struttura territoriale della CGIL) → sul territorio;
Struttura verticale → raggruppamento per settore o categoria di appartenenza dell’impresa (es. metalmeccanici):
ci sono delle federazioni affiliate alla CGIL che rappresentano i diversi settori più impensabili (es. lombricoltura).
Il pluralismo sindacale nel nostro paese a partire dal ’48 cioè a partire dall’approvazione della carta costituzionale ha
avuto piena attuazione (è la libertà sindacale).
In Italia si è sviluppato un sindacalismo di settore o categoria che si divide a seconda del settore, ma si è sviluppato
poco il sindacalismo di mestiere (o corporativo) caratterizzato ad esempio da scioperi di gruppi di lavoratori
caratterizzati dalla propria professionalità cioè da una prestazione lavorativa specifica → sciopero dei macchinisti o
dei capitreno o del personale di servizio (prestazioni specifiche, non in generale tutti coloro che hanno a che fare con i
treni).
In Italia tutto ciò ha funzionato meno perché noi abbiamo sempre accolto da un punto di vista della politica sindacale,
un’idea di sindacato generale, cioè espressione degli interessi di tutti.
L’organizzazione sindacale è libera, non è disciplinata dalla legge ordinaria, si verifica un fenomeno di astensione
della legge.
Fonti internazionali: convenzione OIL: libertà nei confronti dello Stato e libertà nei confronti dei datori di lavoro.
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I profili individuali e collettivi della libertà sindacale: la libertà sindacale ha delle ricadute sui profili individuali e
sui profili collettivi.
Libertà sindacale significa che al datore di lavoro non deve interessare se il lavoratore sia o non sia iscritto
all’organizzazione sindacale > quando ci si iscrive ad un’organizzazione sindacale, il datore di lavoro, che trattiene un
po’ di busta paga, un po’ di retribuzione come contributo all’organizzazione sindacale, sa qual è l’organizzazione
sindacale ma non sa qual è il lavoratore. Come avviene? Secondo un noto meccanismo per cui la tessera è divisa in
due, da una parte si riceve l’ordine di versamento del contributo sindacale al sindacato x e dall’altra si riceve un ordine
di trattenuta della retribuzione del lavoratore ma non si abbinano.
- Libertà sindacali del lavoratore verso il datore di lavoro > statuto dei lavoratori
- Libertà dei sindacati verso lo stato > La costituzione art. 39 limitatamente al comma 1
Lo stesso vale per quanto riguarda il contratto collettivo di categoria: come segnalato in precedenza, l’accordo siglato
tra i rappresentanti dei lavoratori e quelli dell’azienda valgono per tutti i dipendenti, e non solo per gli iscritti al
sindacato.
LO STATUTO DEI LAVORATORI E L’INGRESSO DEI SINDACATI IN AZIENDA → nel Fino al 1970 dentro
le imprese non c’erano forme di rappresentanza o meglio c’erano delle forme embrionali di rappresentanza senza
diritti concretamente affermati, non avevano alcun diritto riconosciuto dalla legge, potevano essere riconosciute
informalmente dal datore di lavoro. Nel’70 cambiano le cose in senso positivo per i lavoratori e le organizzazioni
sindacali > l’obiettivo dello Statuto era quello di legittimare giuridicamente la presenza del sindacato nei luoghi di
lavoro.
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ARTICOLO 19
Vecchio art. 19 st. lav. Costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali
“Rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva
nell’ambito:
a) [Delle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale];
b) Delle associazioni sindacali [non affiliate alle predette confederazioni] che siano firmatarie di contratti collettivi
[nazionali o provinciali] di lavoro applicati nell'unità produttiva”
Originariamente l’art. 19 Statuto dei Lavoratori andava a salvaguardare l’effettiva rappresentanza sindacale aziendale
prevedendo che l’iniziativa per la costituzione delle RSA dovesse essere assunta da tutti i lavoratori dell’azienda anche
se non iscritti al sindacato.
Nello specifico le RSA dovevano essere costituite nell’ambito delle associazioni sindacali che aderivano alle
confederazioni maggiormente rappresentative > si era finiti per escludere la possibilità di costituire rappresentanze
nei luoghi di lavoro che potevano essere effettivamente rappresentative ma non rientravano nel sistema dato delle
“confederazioni maggiormente rappresentative”.
La ratio della prima versione dell’art 19 era quella della rappresentatività presunta in favore delle confederazioni
storiche (CGIL, CISL, UIL).
Le conseguenze di ciò si manifestano con la proposta di legge per la modifica dell’art 19:
• Eliminare il riferimento al sindacato maggiormente rappresentativo che attribuiva il monopolio ai tre sindacati;
• Introdurre un modello di rappresentanza elettiva, mediante il meccanismo del voto utile a misurare l’effettiva
rappresentatività.
> Tutte le proposte di legge falliscono in quanto contrarie ai commi 2-4 dell’art 39 della costituzione.
MODIFICA DELL’ART.19
- Abrogazione della lettera a) dunque il riferimento al sindacato maggiormente rappresentativo;
- Abrogazione dei termini nazionali e provinciali alla lettera b)
Con il referendum del 1995 il concetto di maggiore rappresentatività continua a sopravvivere, ma viene a cadere il
monopolio della rappresentanza del sindacato confederale.
> Per poter accedere ai diritti sociali previsti per lo stesso statuto c’era la necessità di sottoscrivere un contratto
collettivo applicato all'unità produttiva.
La rappresentanza
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Diverso è il tema della rappresentanza: essa è una forma di rappresentanza giuridica costituita attraverso il contratto di
mandato.
Il problema sta in ciò: non tutti i lavoratori sono ovviamente iscritti ad un'organizzazione sindacale, dunque come è
possibile ritenere rappresentativo un sindacato?
Ci sono due diversi tipi di rappresentanza, a doppio canale, o a canale unico, il nostro ordinamento giuridico ha
prescelto il secondo:
1. Modello a canale doppio: Coesistono due organismi con natura e funzioni distinte:
• Rappresentanza elettiva dei lavoratori e con poteri partecipativi
• Rappresentanza associativa del sindaco con poteri negoziali
2. Modello a canale unico: un unico organismo ha la rappresentanza associativa e la rappresentanza elettiva
coniugando in sé ogni funzione.
Il modello di rappresentanza costruito dall’art 19 non è ulteriormente dettagliato dalla legge (astensione della legge);
cosicché le elezioni, il funzionamento delle rappresentanze, il numero di rappresentanti,... è demandato ai regolamenti
delle singole organizzazioni, le quali hanno la massima autonomia (emerge il fatto che le organizzazioni sindacali non
hanno intenzione di farsi condizionare dal legislatore).
Per ritenere che un sindacato sia maggiormente rappresentativo esistono dei criteri :
1. Quantitativi:
il numero degli iscritti
2. Qualitativi:
• Presenza a livello nazionale
• Diffusione intercategoriale, intesa non solo nel senso delle categorie legali (ossia operai, impiegati, quadri e
dirigenti), ma anche settoriale (metalmeccanici, chimici, tessili, ecc.)
• Capacità di svolgere attività di autotutela, cioè contrattazione collettiva e sciopero
• Capacità di porsi quale interlocutore nei confronti del potere politico, governativo e parlamentare.
La forma di rappresentanza nei luoghi di lavoro in Italia è a canale unico, un unico organismo ha la rappresentanza
associativa e la rappresentanza elettiva coniugando in sé ogni funzione.
Le RSU diventano il nuovo organismo di rappresentanza dei lavoratori sul luogo di lavoro. Le regole per le
elezioni sono le seguenti:
- Elette a suffragio universale (lav. Iscritti e non ai sindacati)
- Voto segreto
- Elezione sulla base di liste presentate (solo) da:
a) Associazioni sindacali firmatarie dell’accordo e del contratto collettivo nazionale di lavoro applicato CCNL
nell’unità produttiva;
b) Associazioni sindacali formalmente costituite con un proprio statuto a condizione che la lista sia corredata da un
numero di firme di lavoratori dipendenti pari al 5% degli aventi diritto al voto.
RSU eredi universali delle RSA > unitarie tra di loro, escludendo le altre (lo faccio per evitare che altri costituiscano
rsa). Bisogna aderire all’accordo interconfederale del 1993.
La RSU a differenza della RSA è rappresentativa di tutti i lavoratori.
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Funzioni:
• Titolari dei diritti del titolo III dello Statuto dei lavoratori
• Contitolari, con le competenti strutture territoriali delle associazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo
nazionale, della contrattazione federale.
Le finalità del modello erano quindi (uguali a quelle delle rsa ma tecnica diversa):
• Verificare la rappresentatività in azienda;
• Garantire un coordinamento tra i soggetti dell’azione contrattuale centrale e dei soggetti dell’azione contrattuale
decentrata.
La tecnica > legittimazione elettiva e tecnica del terzo riservato: inizialmente nelle RSU 2/3 erano eletti mentre 1/3
veniva indicato dal sindacato.
Il vantaggio delle RSU da un punto di vista del sistema sindacale è evidente: esse creano un maggiore collegamento
fra sindacato interno di una unità produttiva (per unità produttiva intendendosi un’impresa o parte di un’impresa) e il
sindacato esterno, il quale stipula il contratto collettivo di categoria. > non parliamo più di RSA isolata all’interno
dell’impresa e scollegata, ma di RSU connessa con il sindacato esterno.
Clausola 8 “Le organizzazioni sindacali firmatarie del presente accordo, rinunciano formalmente a costituire
RSA”.
RICORDA: possibile coesistenza delle RSU e delle RSA. (Cambia con l'accordo del 2013)
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- Il diritto a permessi sindacali retribuiti e non: i dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto a
permessi retribuiti; i dirigenti sindacali aziendali hanno diritto a permessi non retribuiti per la partecipazione a
trattative sindacali o a congressi e convegni di natura sindacale, in misura non inferiore a 8 giorni all’anno;
- Il diritto ad avere luoghi deputati allo svolgimento dell’attività sindacale: nelle unità produttive con almeno 200
dipendenti il datore di lavoro deve porre un idoneo locale comune all'interno dell'unità produttiva o nelle immediate
vicinanze; in quelle con un numero inferiore di dipendenti le rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di
usufruire di un locale idoneo per le loro riunioni.
—> Questi diritti sindacali spettano solo ai lavoratori che abbiano costituito RSA.
Occorre considerare sempre che l'attività principale delle organizzazioni sindacali è quella di addivenire ad un accordo
sindacale e che, dunque, le condizioni di lavoro sono sempre il portato di un negozio tra le parti e non l'esito di una
decisione unilaterale del datore di lavoro. Non sono ammessi infatti, nel nostro ordinamento, i sindacati di comodo,
sanzionati dall'articolo 17 dello statuto dei lavoratori.
IL CONTRATTO COLLETTIVO > è un contratto quindi è valido solo tra le parti che lo hanno stipulato e non
tra tutti.
Corpo della legge > disciplina dell’efficacia soggettiva.
Anima della legge > la legge e il contratto sono inderogabili.
La funzione obbligatoria: svolta dalle clausole obbligatorie che prevedono obblighi in capo alle parti stipulanti.
Esempio: clausole di tregua sindacale.
Le disposizioni della prima parte possono prevedere clausole di tregua sindacale, nel senso che, firmato il contratto
collettivo, i sindacati si obbligano a non mettere in discussione quanto previsto almeno per un dato periodo.
Cosa succede se il sindacato sigla delle clausole di tregua? Sono importanti, ma riguardano le parti (i sindacati) .
Cosa succede in caso di violazione di queste clausole? Sono sanzionabili la violazione delle regole della parte
obbligatoria solo per chi ha aderito.
> Non c’è inadempimento del contratto di lavoro
> Può subire delle sanzioni endo-associative da parte del proprio sindacato firmatario della clausola della tregua
sindacale, previste e irrogate dalla stessa associazione sindacale.
L’ordinamento quindi non prevede specifiche sanzioni e il lavoratore anche se iscritto al sindacato firmatario del
contratto collettivo a lui applicato, può comportarsi da “free rider”.
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La libertà sindacale è declinabile sia in senso positivo (libertà di e da) ma anche in senso negativo (libertà di non).
IL CONTRATTO DECENTRATO:
- Viene stipulato a livello territoriale od aziendale
- Disciplina il trattamento economico normativo applicabile a livello decentrato e le relazioni sindacali al medesimo
livello.
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- Redistribuzione della produttività settoriale
2)AZIENDALE O TERRITORIALE
- Durata di 4 anni
- Materie specifiche relative alla singola impresa
- Redistribuzione di ulteriori incrementi di produttività
I principi contenuti nell’ CC AZIENDALE (accordo del 2009) senza la partecipazione della CGIL
• Funzione centrale nella determinazione della parte variabile della retribuzione
• Prevede forme retributive legate a produttività e redditività
• Prevede deroghe anche peggiorative ai CCNL
Accordo interconfederale del 28 Giugno 2011 > firmato da tutte le confederazioni (anche la CGIL)
Contenuti:
• Accordo unitario
• Prevede la misurazione della rappresentatività del sindacato per l’accesso alle trattative del CCNL pari al 5%
• Disciplina il contratto collettivo aziendale sottoscritto da RSA e RSU
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L’ultimo passaggio in materia, questa volta legislativo è rinvenibile nel l.n. 148/2011 (vedi sotto), con esso viene
perseguito l'obiettivo di una efficacia generale dei contratti collettivi aziendali, mediante :
• Una modifica delle regole consolidate del sistema della contrattazione collettiva
• La ormai consueta pressione per la quale il contratto aziendale può derogare al contratto nazionale
• La nuova e radicale previsione per il quale i contratti di secondo livello (aziendale e territoriale) possono derogare sia
a norma di contratto collettivo, ed è ciò che più contra, di legge
L’ ART 8 L. 148/2011
Previsione di carattere assolutamente eccezionale
Relativa ai contratti collettivi di prossimità (aziendali o territoriali)
Ha previsto che i contratti aziendali possano derogare sia a norme di legge che di CCNL a date condizioni ma
anche in senso peggiorativo.
I contratti aziendali (quelli particolari previsti dalla stessa norma) possono “realizzare specifiche intese” efficaci
nei confronti di tutti i lavoratori interessati qualora siano sottoscritti alle condizioni di cui sopra.
Condizioni individuate
● Approvazione a maggioranza delle rsu/rsa costituite nell’ambito dei sindacati comparativamente più
rappresentativi
● Rispetto delle finalità individuate dalla norma (es. superamento situazione di crisi)
● Oggetto: materie che rientrano nell’elenco previsto dalla norma (elenco molto vasto)
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È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica.
I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro
iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle
quali il contratto si riferisce.
Il problema dunque dell’applicazione del contratto collettivo nazionale si pone realmente solo nel caso in cui il datore
di lavoro non aderisca ad alcuna associazione imprenditoriale.
Soluzioni:
A) IL RINVIO
Nel momento dell’assunzione, nel contratto o nella lettera di assunzione il datore di lavoro rinvia:
- Ad un determinato contratto collettivo
- Ad una linea contrattuale
B) L’ADESIONE DI FATTO O RINVIO IMPLICITO
Adesione di fatto o rinvio implicito sono considerati comportamenti concludenti dotati di rilievo negoziale,
comportando l’obbligo per l’impresa di continuare ad applicare il CCNL.
L’applicazione di fatto del CCNL da parte di impresa non affiliata all'organizzazione imprenditoriale (adesione
esplicita e implicita) è considerata un comportamento concludente dotato di rinvio negoziale.
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Comporta l’applicazione generalizzata esclusivamente della parte di contratto collettivo contenente i minimi retributivi
e le ore della retribuzione riconducibili al minimo ex art.36 cost.
Passaggi fondamentali della teoria:
Art.36 prevede che la retribuzione dei lavoratori debba essere proporzionata al lavoro prestato comunque sufficiente
a garantire al lavoratore e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
Per determinare la retribuzione sufficiente il giudice è tenuto ad individuare un parametro di riferimento.
Tale parametro è individuato nelle previsioni retributive dei contratti collettivi di diritto comune > applicazione erga
omnes di quei minimi.
Per quanto riguarda l’efficacia soggettiva del contratto collettivo aziendale la questione si pone in termini diversi:
Essendo stipulato direttamente dal datore il problema non si pone > il datore di lavoro è vincolato sicuramente
In secondo luogo, storicamente i contratti aziendali avevano funzione acquisitiva > ogni lavoratore anche non iscritto
aveva tutto l’interesse a voler vedere applicato tale contratto.
Oggi i contratti aziendali hanno perso la funzione acquisitiva > i lavoratori aderenti ad un'organizzazione sindacale
dissenziente possono sottrarsi all’applicazione purché respingono in blocco il contratto. Il dissenso vale fino ad un
certo punto, se lo rifiuto, lo rifiuto in blocco.
Es. i lavoratori dovranno rinunciare anche ai premi di produzione per non vedersi soggetti ai trattamenti peggiorativi
contenuti nel contratto aziendale.
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A) la prima ipotesi è regolata dal citato accordo interconfederale del 2011, per il quale il contratto collettivo aziendale
risulta vincolante per tutti i lavoratori presenti nell’impresa interessa se approvato dalla maggioranza dei componenti
delle RSU.
B) in mancanza di R.S.U., l’accordo aziendale è vincolante per tutti se approvato dalla maggioranza delle R.S.A.
Lo stesso accordo prevede altresì la possibilità di svolgere un referendum confermativo dell’accordo aziendale,
laddove esso sia richiesto da almeno un’organizzazione firmataria dell’accordo interconfederale o dal 30% dei
lavoratori dell’impresa.
Se approvati secondo le modalità indicate, i contratti aziendali vincolano anche i sindacati dissenzienti. Ciò tuttavia
non esclude, dato che si tratta di regole di un diritto sindacale e non da provvedimenti di legge, che il singolo
lavoratore si ritenga estraneo anche a un accordo aziendale validato mediante lo strumento referendario.
Per questo il legislatore, sempre del 2011, ha ritenuti di sovraccaricare il sistema appena predisposto dalle parti sociali
con il già citato art. 8 della legge n.148.
Non vi sono limiti interni al diritto di sciopero riconosciuto nel nostro ordinamento.
Può ritenersi sciopero non solo l'astensione che interessa l'intera giornata lavorativa e la totalità dei lavoratori, ma
anche quella realizzata secondo modalità articolate o anomale, ad esempio poste in essere durante circoscritti intervalli
temporali (sciopero a singhiozzo), nonché priva di un termine finale (sciopero ad oltranza), o che ancora riguardi solo
alcuni reparti o settori (sciopero a scacchiera).
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1) Un primo limite è stato individuato dalla giurisprudenza, ovvero nella protezione costituzionale della libertà
dell'iniziativa imprenditoriale.
Il danno provocato al datore di lavoro dallo sciopero, per quanto naturale e legittima conseguenza dell'istituto, non
può ritenersi illimitato. Bisogna distinguere tra:
> “danno alla produzione”: il mancato utile per l'impresa, è ritenuto ammissibile a prescindere dall'entità del
sacrificio economico subito dal datore di lavoro;
> “danno alla produttività” qualifica invece lo sciopero come illegittimo, perché incide sulla capacità produttiva
dell'impresa, ovvero sulla possibilità per il datore di lavoro di continuare la propria iniziativa economica al termine
dello sciopero > compromette la capacità di rimanere sul mercato.
2) Un secondo limite esterno è rappresentato dai diritti della persona, costituzionalmente tutelati, quali il diritto alla
vita, alla salute, alla libertà ed alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all'assistenza e previdenza sociale,
all'istruzione e dalla libertà di comunicazione. L'astensione collettiva può infatti compromettere il godimento di tali
diritti (ad es. lo sciopero dei trasporti locali e gli effetti che produce per gli studenti ed i lavoratori che li utilizzano).
>> È intervenuta la legge, la quale ha introdotto precisi obblighi procedurali ed il vincolo di garantire comunque le
prestazioni indispensabili, individuate nei contratti collettivi nazionali per i lavoratori subordinati e dei codici di
autoregolamentazione per i lavoratori autonomi.
La legge prevede altresì meccanismi di monitoraggio e controllo della corretta attuazione degli obblighi, affidati ad
un organo apposito e indipendente (la commissione di garanzia) e specifiche sanzioni nei confronti dei soggetti
coinvolti nell'astensione in caso di violazione. —> Il legislatore ha cercato di evitare che il diritto di sciopero potesse
compromettere altri diritti del medesimo rango costituzionale.
Con riferimento alle clausole di tregua sindacale (ossia impegni da parte dei soggetti sindacali che sottoscrivono il
contratto collettivo a non scioperare) in assenza di un intervento legislativo, la dottrina maggioritaria ritiene che dette
clausole non possono produrre effetti nei confronti dei singoli lavoratori, ma solo nei confronti dei soggetti sindacali
che le hanno sottoscritte. I lavoratori, dunque, anche qualora risultino destinatari di un contratto collettivo che contiene
simili clausole, rimangono liberi di esercitare il proprio diritto di sciopero durante tutta la durata dell'accordo
collettivo.
• I beni protetti dalla disposizione sono: la libertà, l'attività sindacale e il diritto di sciopero > in caso di violazioni
l'articolo 28 consente di ricorrere al giudice del lavoro.
• Non rileva l’intenzionalità della condotta antisindacale, che risulta dunque lesiva anche solo nella sua oggettività.
• I comportamenti antisindacali possono riguardare violazioni di diritti previsti sia nella legge che nella
contrattazione collettiva.
• Il procedimento ex art. 28 ha natura di procedimento sommario: l'istruttoria può ordinare al datore di lavoro o ad
altri soggetti di cessare il comportamento e rimuoverne gli effetti.
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• Nei confronti del citato decreto può essere spedita un'opposizione che si concluderà con una sentenza di primo
grado.
• Il mancato adeguamento del datore di lavoro al decreto o alla sentenza del giudice comporta l'inottemperanza ad
ordini dell'autorità, con l'arresto fino a tre mesi o ammenda.
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