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DIRITTO DEL LAVORO

PARTE SECONDA
CAPITOLO 6 INTRODUZIONE: IL MERCATO DEL LAVORO ITALIANO
Il tipico modello contrattuale italiano è il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e a tempo pieno e il
prototipo del lavoratore era il lavoratore maschio adulto.
A partire dagli anni 80 le imprese, spinte dall’esigenza della flessibilità, hanno cominciato a chiedere di:
• Scegliere liberamente i lavoratori: fino al 1970 era vincolante la chiamata numerica.
• Discostarsi da un unico schema negoziale: le imprese possono aver bisogno di uno o più lavoratori per un periodo
determinato.
• Recedere più agevolmente dal contratto di lavoro sdrammatizzando l’assunzione e dunque il rischio economico ad
essa conseguente.

IL SISTEMA DEI TRE PILASTRI NELLA L. 264/1949


1. Monopolio pubblico: l’intervento di soggetti privati non era contemplato per ragioni anti discriminatorie o,
comunque per ridurre la discrezionalità del datore di lavoro nella scelta del lavoratore.
2. Gestione statale ed accentrata del sistema di collocamento, attraverso uffici periferici del Ministero del Lavoro,
senza alcuna partecipazione degli enti territoriali.
3. La natura vincolistica del sistema, sub-specie di iscrizione obbligatoria del lavoratore nelle liste di collocamento.

IL CROLLO DEI TRE PILASTRI in quanto fondavano una regolamentazione obsoleta del lavoro.
- La chiamata numerica diventa nominativa, il lavoratore può essere individuato dal datore. Si afferma l’assunzione
diretta, ovvero il passaggio da un datore all’altro senza passaggi per gli uffici del collocamento
- Il sistema di collocamento non viene più gestito solo dallo Stato centrale, ma da istanze territoriali del Ministero e
dalle Regioni, che divengono i principali interlocutori
- Si afferma una certa liberalizzazione dell’attività di mediazione tra domanda e offerta di lavoro: fanno il loro
ingresso negli anni 90-2000 le agenzie per il lavoro interinale e le agenzie di somministrazione.

Con il d.lgs.n. 276/2003 vengono previste le agenzie del lavoro interinale (oggi per il lavoro), debitamente autorizzate
dal ministero del lavoro, con un patrimonio e forme societarie predeterminate e ulteriori vincolati.
Le attività che tali agenzie possono svolgere sono :
• La somministrazione; fermo restando che di. Regola le parti del contratto del lavoro sono due, nel contatto di
somministrazione esse diventano tre : l’agenzia, il lavoratore e l’utilizzatore. Il lavoratore risulta formalmente
dipendente dall’agenzia e sostanzialmente dipendente dall’impresa utilizzatrice;
• La intermediazione
• La ricerca e selezione del personale
• Il supporto alla ricollocazione professionale
—> Con tale istituto si è inteso evitare fenomeni di "caporalato", ossia sistemi di intermediazione non legittima.

LA COSTITUZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO


Tipologie contrattuali nel LAVORO SUBORDINATO:
Contratto a tempo indeterminato

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Contratti atipici > contratti a tempo determinato/ a termine, a tempo parziale, contratto intermittente. → Lascelta di
un contratto atipico può avvenire anche per una questione di prudenza da parte dell’impresa (es. volontà di assumere
una candidata che si è presentata tramite un’agenzia per il lavoro e non si è sicuri se sarà lei la candidata adeguata alle
esigenze dell’impresa e la stessa cosa vale per lei → per questo esiste una clausola di prova nei contratti, dura
massimo 6 mesi) → sono i contratti più diffusi attualmente

Condizioni:
> Capacità: Art.2 cod.civ.
● Datore di lavoro: capacità di impegnare l’impresa
● Lavoratore: chi può prestare lavoro? Chi può firmare contratti? Per poter essere parte di un contratto di
lavoro è sufficiente aver adempiuto all’obbligo scolastico (16 anni)
Eccezioni: in alcuni settori possono lavorare anche i bambini o i fanciulli se questo non compromette la salute,
l’istruzione o lo sviluppo.
I diritti dei lavoratori minorenni
● Divieto di adibire ad attività particolarmente pericolose (agenti chimici, fisici, biologici)
● Divieto di lavoro notturno
● Necessità di visita medica preassuntiva e a cadenza annuale
Principio generale: parità di trattamento retributiva con gli adulti

> Forma: non esistono regole di forma per il contratto di lavoro > per prassi è che si usi la forma scritta.
Ma c’è la possibilità di svolgimento di lavoro di fatto (non è per forza lavoro in nero) o di contratti conclusi
oralmente.
L’obbligo gravante sul datore di lavoro è di effettuare la comunicazione dell’assunzione (non al lavoratore ma al
Centro per l’impiego) > In mancanza di comunicazione il lavoratore è irregolare.

NEI CONTRATTI ATIPICI


Eccezione per tutelare il lavoratore perché si deroga alla regola generale, l’assunzione a tempo indeterminato.
● Contratto a termine – l’apposizione del termine deve risultare per iscritto
● Contratto a tempo parziale – forma scritta per durata e collocazione temporale
● Contratto di lavoro intermittente – il contratto deve avere forma scritta
● Contratto di apprendistato – forma scritta del contratto e del piano formativo

LA CLAUSOLA DI PROVA
Può essere sempre apposta al contratto di lavoro subordinato > necessario il consenso delle parti.
Se è un contratto a tempo indeterminato rimane tale, ma entrambe le parti possono recedere liberamente, senza
giustificazione.
Durata massima del periodo di prova sei mesi.

LA PRESTAZIONE DI FATTO
Disposizione di carattere eccezionale propria esclusivamente del diritto del lavoro a tutela del lavoratore subordinato:
Invalidità del contratto (di norma) il contratto non produce effetti
Invalidità del contratto nel diritto del lavoro > la nullità o l’annullabilità non producono effetti per il periodo in
cui il contratto ha avuto esecuzione. È fatto salvo il diritto alla retribuzione come tale.

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Quindi il lavoratore che ha svolto l’attività lavorativa “irregolare” di fatto ha diritto alla retribuzione ma c’è
un’ulteriore deroga alla deroga (deroga all’eccezione): salvo che l’attività lavorativa sia svolta in violazione di norme
imperative, del buon costume e dell’ordine pubblico (es. il lavoratore viene incaricato per la compravendita di
sostanze stupefacenti o la prostituzione)
Il lavoratore è tutelato anche se non ha un contratto di lavoro.

Oggi noi non potremo essere assunti con un contratto a termine, o con più contratti a termine, per un periodo superiore
a 3 anni (36 mesi) salvo una proroga di altri 12 mesi e questo perché il contratto a termine veniva usato per
precarizzazione e non per flessibilità.
Il rapporto di lavoro deve essere regolare.

Obblighi informativi del datore di lavoro in caso di assunzione


➔ Prima del decreto trasparenza, le lettere di assunzione e i contratti individuali di lavoro erano incentrati su poche
informazioni, come identità delle parti, retribuzione, orario di lavoro.
Per il resto, rinviavano al contratto collettivo o alle disposizioni di legge attraverso:
❏ clausola di rinvio (regolamentazione per relationem)
❏ comportamenti concludenti
➔ Ora il decreto trasparenza prevede precisi obblighi informativi nel rapporto di lavoro.
Decreto Trasparenza
❏ recepisce la direttiva UE 2019/1152
❏ modifica il d.lgs. 152/1997 sugli obblighi informativi del datore di lavoro inerenti ai rapporti di lavoro
❏ finalità: permettere al lavoratore di conoscere le condizioni derivanti dal proprio rapporto di lavoro in modo chiaro,
semplice e trasparente
❏ entrata in vigore: 13 agosto 2022
❏ il decreto si applica a tutti i rapporti di lavoro già instaurati alla data del 1° agosto 2022

Ambito di applicazione
❏ contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e determinato, anche a tempo parziale
❏ contratto di lavoro somministrato
❏ contratto di lavoro intermittente
❏ collaborazioni etero-organizzate (articolo 2,comma 1, d.lgs. 81/2015)
❏ collaborazioni coordinate e continuative (articolo 409, comma 3, c.p.c.)
❏ contratti di prestazione occasionale
❏ rapporti di lavoro con le pubbliche amministrazioni

Gli elementi obbligatori della comunicazione


Il datore di lavoro è tenuto a comunicare al lavoratore le seguenti informazioni (art. 4, d.lgs. 104/2022):
❏ l’identità delle parti ;
❏ luogo del lavoro;
❏ la sede o il domicilio del datore di lavoro;
❏ l'inquadramento, il livello e la qualifica attribuiti al lavoratore;
❏ la tipologia di rapporto di lavoro;
❏ la data di inizio del rapporto di lavoro e di fine (laddove prevista);
❏ durata del periodo di prova, se previsto;

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❏ il diritto a ricevere la formazione erogata dal datore di lavoro, se prevista;
❏ la durata del congedo per ferie;
❏ la durata degli altri congedi retribuiti;
❏ il periodo di preavviso in caso di recesso del datore di lavoro o del lavoratore;
❏ l'importo iniziale della retribuzione/compenso ed i relativi elementi costitutivi;
❏ la programmazione dell'orario di lavoro (normale, straordinario, condizioni per cambiamento turni);
❏ il contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al rapporto di lavoro con l'indicazione delle parti che lo
hanno sottoscritto;
❏ eventuali contratti collettivi aziendali, applicati al rapporto di lavoro, con l'indicazione delle parti che lo hanno
sottoscritto;
❏ gli enti e gli istituti che ricevono i contributi previdenziali e assicurativi dovuti dal datore di lavoro e qualunque
forma di protezione in materia di sicurezza sociale fornita dal datore di lavoro stesso.

Ulteriori obblighi informativi nel caso di utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati:
Articolo 1-bis d.lgs. 152/1997
Il datore di lavoro deve informare il lavoratore (e le RSA/RSU o OO.SS. territoriali) dell’utilizzo di sistemi
decisionali o di monitoraggio automatizzati deputati a fornire indicazioni rilevanti ai fini della assunzione o del
conferimento dell'incarico, della gestione o della cessazione del rapporto di lavoro, dell'assegnazione di compiti o
mansioni nonché indicazioni incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l'adempimento delle
obbligazioni contrattuali dei lavoratori.

Modalità di comunicazione delle informazioni


Art. 3, d.lgs. 104/2022
Il datore di lavoro comunica a ciascun lavoratore le informazioni:
❏ in modo chiaro e trasparente
❏ in formato cartaceo, oppure elettronico
❏ le informazioni sono conservate e rese accessibili per la durata di cinque anni dalla conclusione del rapporto di
lavoro

Art. 1, commi 2-4, d.lgs. 152/1997


L’obbligo di informazione è assolto mediante:
> consegna, all’atto dell’instaurazione del rapporto di lavoro, del contratto individuale oppure della copia di
comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro.
> le informazioni mancanti devono essere fornite per iscritto al lavoratore entro sette giorni dall’inizio della
prestazione lavorativa.

Sanzioni
Articolo 4 d.lgs. 152/1997
❏ Denuncia del lavoratore all’Ispettorato nazionale del lavoro per mancato, ritardato, incompleto o inesatto
assolvimento degli obblighi informativi
❏ Accertamenti dell’Ispettorato
❏ Applicazione di sanzioni amministrative

CAPITOLO 7 AUTONOMIA E SUBORDINAZIONE

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IL LAVORO SUBORDINATO
L’incontro tra domanda e offerta di lavoro sfocia di regola nella conclusione di un contratto di lavoro di subordinato;
che fonda a sua volta un rapporto tra il datore di lavoro e il lavoratore, sul quale svolgono i propri effetti
prevalentemente le norme del contratto collettivo e, solo in via residuale, il contratto individuale che, come visto, non
può derogare al primo in senso peggiorativo.
Il lavoro subordinato è dunque un contratto tipico, la cui disciplina trova origine nel codice civile; codice che
tuttavia presuppone che le parti considerate si trovino su un piano di parità.

Il prestatore di lavoro subordinato (art 2894 c.c.)


Per arrivare alla qualificazione di lavoratore subordinato dobbiamo partire da due modelli:
Il modello empirico: maschio adulto, bianco, impiegato a tempo pieno ed indeterminato nell’impresa medio grande.
Tale modello genera ed è sotteso al seguente:
Il modello normativo (art. 2094 cc): “È lavoratore subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare
nell’impresa prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore”.
“Alle dipendenze e sotto la direzione” dell’imprenditore > emerge qui il concetto di subordinazione (eterodirezione)
tipica cioè di colui che esegue una attività lavorativa sottoponendosi ad un potere, non su base paritaria, di un altro
soggetto, che è il datore di lavoro (art.2082); la cui nozione va ben oltre quella di imprenditore e comprende altresì i
datori di lavoro non imprenditori, ad esempio sindacati, associazioni, ecc.

A proposito del tipo di attività concretamente svolta dal lavoratore, l'articolo 2095 del codice civile individua le
cosiddette categorie legali, ovvero dirigenti, quadri, impiegati e operai, ai quali la legge spesso fa riferimento per
l'applicazione o meno di parte della normativa di tutela (ad esempio il dirigente più facilmente licenziabili).
Pur essendo distinte nel codice civile le categorie dei lavoratori citate sono altresì disciplinate dalla contrattazione
collettiva, che li accorpa, salvo il caso dei dirigenti, i quali hanno un contratto collettivo dedicato in un unico sistema
di inquadramento.
Comunque, tutte le categorie risultano inquadrabili nell'ambito del lavoro subordinato.

Perché è importante qualificare un rapporto di lavoro come subordinato? Alla qualificazione del rapporto come lavoro
subordinato consegue l’applicazione di tutta la disciplina

L’indice qualificatorio ricavabile dai modelli è quindi: L’ ETERODIREZIONE > esecuzione della prestazione (vedi
modello normativo):
- Alle dipendenze
- Sotto la direzione dell’imprenditore
Ma l’incidenza dall’esterno delle direttive di un soggetto diverso da quello che esegue la prestazione può caratterizzare
altre fattispecie come il contratto de appalto.

Lavoratore autonomo o subordinato?


Il problema dell’insufficienza definitoria spinge verso la ricerca, dei tratti qualificanti della fattispecie al di là della
realtà normativa, i seguenti soggetti:
- Dottrina
- Giurisprudenza

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LA TESI DELLA DOTTRINA
1) La distinzione tipologica nella tradizione romanistica:
• Locatio operarum: obbligazione di mezzi (lavoratore subordinato)
• Locatio operis: obbligazione di risultato (lavoratore autonomo)
Tale distinzione però fallisce in quanto è ormai assodato sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza che anche nelle
obbligazioni di mezzi è possibile scorgere un risultato.
La ripartizione del rischio è una conseguenza della qualificazione e non è il presupposto per la stessa.

2) La nozione tecnico-funzionale: l’eterodeterminazione


“Si può considerare lavoratore subordinato qualunque debitore di opere tenuto ad obbedire alle disposizioni impartite
da un soggetto autorizzato ad esercitare il potere di determinare luogo e tempo dell’adempimento, controllandone
altresì l’esecuzione”.

In alcuni casi anche questa ricostruzione entra in crisi.

3) La nozione socio-economica
Metodo: ricorso ad elementi esterni alla fattispecie normativa:
- Estraneità dei mezzi di produzione
- Debolezza economica
- Inerenza dell’attività al ciclo produttivo

Tuttavia, gli elementi estranei sono caratteri mutevoli e vulnerabili ed in quanto tali lontani da una certa capacità
qualificatoria.

LA TESI DELLA GIURISPRUDENZA


Consapevole dell’insufficienza definitoria del modello codicistico la giurisprudenza (Cass. N. 9967/2005) ha così
sancito:
“Ogni attività umana economicamente rilevante può essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato sia di
rapporto di lavoro autonomo, a seconda delle modalità del suo svolgimento.”
Però alcune attività sono tipicamente svolte in forma subordinata, es. lavoro domestico.

Qualificazione del rapporto da parte del giudice


Va comunque chiarito che la qualificazione del rapporto di lavoro, ai fini dell'applicazione dell'imponente normativa di
tutela favore del lavoratore subordinato, non spetta alla legge, ma esclusivamente al giudice, sulla base delle
definizioni codicistiche da un lato, ma soprattutto di indici della subordinazione individuati dalla giurisprudenza,
dall’altro.

Gli indici di subordinazione:


La Giurisprudenza desume quindi la figura del lavoratore subordinato dai seguenti indici:
• Inserzione del lavoratore nell’organizzazione predisposta dal datore di lavoro
• Sottoposizione alle direttive tecniche, al controllo ed al potere disciplinare
• Esclusività della dipendenza da un solo datore
• Retribuzione a tempo e indipendentemente dal risultato
• Vincolo dell’orario di lavoro

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• Assenza del rischio

La cosiddetta “area grigia”


Rimane tuttavia aperto il problema di un'ampia area grigia, tra autonomia e subordinazione. Abbiamo già detto che per
una loro corretta qualificazione non è sufficiente la nozione codicistica e la giurisprudenza deve osservare la realtà
fattuale, valutando elementi spesso non presenti nelle definizioni di legge.

La fattispecie concreta per essere definita come subordinata non deve perfettamente coincidere con quella astratta
...dunque… i giudici operano un giudizio di approssimazione e non di identità > c.d. metodo sussuntivo.
In termini di valutazione degli indici è sufficiente l’esistenza della maggior parte o dei più significativi indici di
subordinazione.
A definire ulteriormente ciò è intervenuta un ulteriore sentenza (Cass. Sent. N. 1717/2009) “L’elemento che
contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato rispetto al rapporto di lavoro autonomo è l’assoggettamento del
lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, con conseguente limitazione della sua
autonomia ed inserimento nell’organizzazione aziendale, mentre altri elementi, quali l’assenza del rischio, la
continuità della prestazione, l’osservanza di un orario di lavoro e la forma della retribuzione assumono natura
meramente sussidiaria e non decisiva”.

LE CONSEGUENZE DEL METODO TIPOLOGICO


> L’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato può essere riconosciuta anche in assenza di qualcuno degli
indici indicati.
> Rapporti che presentano le stesse caratteristiche fattuali possono subire diverse qualificazioni da parte di diversi
giudici a seconda della rilevanza attribuita agli indici della subordinazione

RICORDA
Non è sindacabile il risultato interpretativo del giudice che riconduce la fattispecie concreta al modello astratto
Limite alla discrezionalità
Legittimità dell’utilizzo degli indici di subordinazione

DIVIETO DELLA DISPONIBILITÀ DEL TIPO


Impossibilità di definire a priori la fattispecie come autonoma o subordinata senza verificare le modalità di
effettivo svolgimento della prestazione.
Destinatari: chiunque
● Il legislatore
● Le parti
Conseguenze
Il nomen iuris rileva come indice da «combinare» con gli altri elementi.

EFFETTI DELLA QUALIFICAZIONE


Se il rapporto è ricondotto alla fattispecie del lavoro subordinato si applica la disciplina nella sua interezza > c.d.
teoria della tassatività della disciplina

LAVORO AUTONOMO

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Se il rapporto è considerato invece come lavoro autonomo si applica la disciplina codicistica o la disciplina
particolare.
Il lavoratore autonomo è definito dall’articolo 2222 cc: «Quando una persona si obbliga a compiere verso
corrispettivo un’opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei
confronti del committente [...]»
Applicazione della disciplina codicistica o della disciplina particolare.

TIPICITÀ DEL LAVORO AUTONOMO


● Si tratta di un’obbligazione di risultato
● Recesso libero da parte del committente
● Corrispettivo: libertà di determinazione, in assenza di accordo applicazione di quello derivante dalle tariffe
professionali.

TRA SUBORDINAZIONE E AUTONOMIA


LA «PARASUBORDINAZIONE»
Contratto di collaborazione continuata e continuativa
Era a questo scopo che è venuto in gioco, sin dal 1973 il contratto di collaborazione continuata e continuativa, da
taluni intesa quale soluzione al problema della qualificazione corretta dei rapporti posti a cavallo tra autonomia e
subordinazione. Si tratta di quello che la dottrina definisce “parasubordinazione”.
Il legislatore introduce la fattispecie con l’Art 409 cod. proc. Civ. indicandone come destinatari “[...] rapporti di
collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata prevalentemente
personale anche se non a carattere subordinato”.

Elementi caratterizzanti:
● continuità: può significare che l’interesse del committente sia soddisfatto da una prestazione che abbia una certa
durata nel tempo o che vi sia un insieme di prestazione che si esauriscono nel solo risultato ma che proseguono nel
tempo.
● coordinamento con l’attività economica del committente
● prevalenza della personalità della prestazione sul capitale ed eventuale personale ausiliario

Art. 409 definizione di coordinamento > non si parla più di inserimento del lavoratore nell’organizzazione
dell’impresa.
Il potere di coordinamento si distingue da quello direttivo per l’intensità.
Riconoscimento al collaboratore di una certa libertà nell’esecuzione della prestazione (assenza di vincoli cogenti
sull’orario di lavoro).

- non è una terza categoria parificata all'autonomia e alla subordinazione


- È il tentativo di far convergere una serie di rapporti che non sono subordinati, ma autonomi e che per la loro
configurazione e per la loro esecuzione si avvicinano al lavoro subordinato (esistono elementi che fanno propendere
per un assimilazione parziale che però non inficia la qualificazione giuridica come lavoro autonomo)
- Lavoratori autonomi nei confronti dei quali il committente esercita una serie di poteri assimilabili ai poteri tipici del
datore di lavoro

Disciplina applicabile: quella del lavoratore autonomo.

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Formalmente si tratta di lavoro autonomo ma, per le modalità del suo concreto svolgimento, è avvicinabile al lavoro
subordinato che è destinatario di tutele (non tutte però!).
> Conseguenze: Nessuna delle tutele forti garantite ai lavoratori subordinati come:
● tutela contro il recesso
● previdenza obbligatoria
● sospensione per infortunio, malattia e gravidanza

Problema:
Attraverso le collaborazioni i datori di lavoro eludono la disciplina «garantista» del lavoro subordinato.
I collaboratori restano estranei alle tutele riservate ai lavoratori subordinati.

LE TUTELE FRAMMENTATE PER I COLLABORATORI


legge n 335/1995
- obbligo di iscrizione alla gestione separata INPS
legge n. 247/2007
- indennità per malattia
- indennità di maternità
legge n. 2/2009
- misura di sostegno al reddito
d.lgs. 81/2008
- applicazione della disciplina in materia di igiene e sicurezza
legge Fornero
- il corrispettivo non può essere inferiore a quello dei lavoratori subordinati
- recesso con preavviso per il solo collaboratore se previsto dal contratto

IL PROBLEMA DELL’UTILIZZO DELLE COLLABORAZIONI A FINI ELUSIVI


Una prima soluzione: LE COLLABORAZIONI A PROGETTO
Nel 2003 con la riforma Biagi ha introdotto le collaborazioni a progetto, intendendo creare una terza via tra lavoro
subordinato e autonomo, introducendo due limiti alla proliferazione:
1) Il lavoro a progetto: le collaborazioni coordinate e continuative dovevano essere riconducibili a uno o più
progetti specifici determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore.
2) Indicazione della durata predeterminata

L’esistenza del progetto diventava la garanzia della genuinità del rapporto di collaborazione
> se mancava si applicava la disciplina del lavoro subordinato.

Superamento delle collaborazioni a progetto


● Difficoltà nell’individuazione del progetto
● Nemmeno con il progetto si riusciva ad evitare l’utilizzo elusivo delle collaborazioni

Problematiche:
● Combattere l’utilizzo delle false collaborazioni
● Garantire una tutela adeguata ai collaboratori, genuini o meno

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JOB ACT 2015 > Abrogazione della disciplina del lavoro a progetto
Riapre la questione relativa all’area grigia tra subordinazione e autonomia, accogliendo in primo luogo l’idea di far
traghettare i contratti di lavoro a progetto esistenti verso la fattispecie del lavoro subordinato; e prevedendo in secondo
luogo che i contratti di lavoro subordinato sono a “tutele crescenti”, ovvero assoggettati a specifiche e inferiori tutele
nei confronti del licenziamento individuale illegittimo.
Infine, con provvedimento specifico, viene introdotto un regime di decontribuzione (riduzione o azzeramento degli
oneri previdenziali) per le nuove assunzioni con contratto di lavoro subordinato.
Il Jobs act amplia il campo di applicazione della disciplina dei rapporti di lavoro subordinati > dispone l’applicazione
della disciplina della subordinazione alle collaborazioni etero-organizzate.

Le COLLABORAZIONI ETERO-ORGANIZZATE > sono una nuova figura


Art.2 d.lgs. 81/205 prevede infatti che “[...] dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina di lavoro subordinato
anche ai rapporti di collaborazione che si concretino in prestazioni di lavoro esclusivamente personali,
continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e ai
luoghi di lavoro”.

ETERO-ORGANIZZAZIONE
Potere di determinare le modalità di esecuzione della prestazione del collaboratore, in particolare i tempi e i
luoghi di lavoro.
> Non è potere gerarchico, disciplinare (che è alla base della eterodirezione)
> Non è il coordinamento dell’art. 409 n. 3 c.p.c., poiché qui è il committente che determina le modalità della
attività lavorativa svolta dal collaboratore.

L’intervento della l. n. 81/2017: definizione di coordinamento > Per coordinamento si intende che il collaboratore
esegue la prestazione in condizioni di autonomia organizzative ed esecutiva nel rispetto delle modalità di
coordinamento predefinite consensualmente con il committente.

Le «due fattispecie» di collaborazioni oggi esistenti ed i tratti distintivi


Art. 2 d.lgs. 81/2015
• Carattere esclusivamente personale della prestazione
• Eteroganizzazione della prestazione (anche con riferimento ai tempi e ai luoghi di lavoro) da
parte del committente
Art. 409 c.p.c.
• Carattere prevalentemente personale della prestazione
• Coordinamento della prestazione con l’attività del committente

IN CONCLUSIONE
Alle “nuove collaborazioni” si applica la disciplina garantistica prevista per il lavoro subordinato.
Per le “collaborazioni ex art. 409 cod. proc. Civ”, a seguito dell’abrogazione della disciplina del lavoro a progetto
non trova applicazione nessuna disciplina garantista.

IL C.D. JOBS ACT DEGLI AUTONOMI (L. 81/2017)


Applicabile sia ai lavoratori autonomi che ai collaboratori genuini
● Abusive le clausole relative a modifiche unilaterali, recesso e termini di pagamento

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● Estensione della DIS – COLL per tutti i collaboratori
● Congedo parentale
● Deducibilità delle spese per formazione e aggiornamento professionale

CAPITOLO 8 - I POTERI E GLI OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO

POTERI DEL DATORE DI LAVORO


Il Potere direttivo > al datore del lavoro in quanto capo dell’impresa e creditore della prestazione di lavoro spetta
il potere di dirigere la prestazione di lavoro.
È un aspetto del più ampio potere organizzativo esercitato dall’imprenditore ed è regolato dagli artt. 2086, 2094, 2104
cc.

Il contenuto del Potere Direttivo


Sotto il profilo del contenuto, il potere direttivo si articola come segue:
1. potere di conformazione
2. “jus variandi” (il potere che ha il datore di lavoro di modificare le mansioni che sono assegnate al lavoratore)
3. potere di vigilanza e controllo (verso la prestazione)
4. potere disciplinare (potere di sanzionare il lavoratore ove si rende inadempiente alle proprie prestazioni lavorative.
È intrinseco al contratto.)

1. POTERE DI CONFORMAZIONE
Mansioni: sono i compiti cui il lavoratore è adibito e di cui il datore può esigere lo svolgimento.
Possibilità offerta dalla legge al datore di lavoro di conformare la prestazione lavorativa, individuando le prestazioni
concrete rientranti nell’obbligo contrattuale del lavoratore, nell’ambito dunque della obbligazione lavorativa assunta
dal lavoratore.
Alle diverse categorie contrattuali (dirigenti, quadri, operai, impiegati) corrisponde non solo un diverso trattamento
da parte della legge ma anche, mediante l’ulteriore sistema di inquadramento in categorie/qualifiche/livelli
contrattuali, utilizzato dai diversi contratti collettivi, un differente trattamento contrattuale.

Ricorda:
● parametro di valutazione della “qualità” del lavoro (art. 36 Cost)
● oggetto della prestazione di lavoro
Il potere di conformazione è il potere di specificare l'oggetto della prestazione di lavoro dedotta in contratto.
Dunque, determinazione del COME, del DOVE e del QUANDO della prestazione di lavoro.

2. JUS VARIANDI

Dunque, possibilità che il lavoratore, nel corso del rapporto, venga adibito a mansioni diverse da quelle inizialmente
convenute (necessità di variare).
“Jus variandi”: potere di modificare unilateralmente le mansioni convenute al momento dell'assunzione.

La problematica concreta (sono tutte ipotesi concrete)

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● Es. assunto come dirigente, può essere destinato a mansioni di impiegato?
● Es. assunto come capo ufficio marketing, può essere destinato a mansioni di Segretaria di direzione?
● Es. assunto come impiegato, può diventare dirigente? Come?
● Es. assunto come responsabile dell’ufficio risorse umane, può essere designato come capo laboratorio di analisi
chimiche, chimico/fisiche?
Con atto unilaterale del datore di lavoro

LA NORMATIVA PREVIGENTE (PRIMA DEL 2015)


Vecchio art. 2103 cc «il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle
corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime
effettivamente svolte [...]»
rapporto datore/lavoratore = rapporto dinamico

Limiti:
1) Divieto di addizione a mansioni inferiori (demansionamento), salvo il caso in cui l’alternativa sarebbe il
licenziamento;
2) Principio di equivalenza delle mansioni successivamente assegnate al lavoratore, per cui le mansioni potevano
essere mutate in senso orizzontale assegnando al lavoratore mansioni equivalenti a quelle previste dal contratto o
precedentemente svolte.

Divieto di adibizione a mansioni inferiori


La sanzione: nullità dei patti contrari.

⚠️
Non può svolgersi neanche con il consenso del lavoratore.
Eccezione al divieto:
Quando il demansionamento è l’unica alternativa al licenziamento (solo per motivi economici).

Sempre possibili, invece, forme di mobilità interna al rapporto:


> orizzontale (→mansioni equivalenti)
> vertical (→ mansioni superiori; di tipo migliorativo)

Conseguenze:
● Legittimo il rifiuto del lavoratore di svolgere mansioni inferiori
Ratio: tutela della professionalità

Eccezioni che si manifestavano in accordo con:


● tutela della salute
● tutela del posto di lavoro
Bilanciamento → professionalità vs. salute/posto di lavoro

LA MOBILITA’ ORIZZONTALE
> principio di irriducibilità della retribuzione
> giudizio di comparazione tra le nuove mansioni e le ultime effettivamente svolte

Il concetto di equivalenza

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Fino al 2015 abbiamo ragionato in termini di equivalenza: possono essere adibiti a mansioni diverse, non inferiori ma
equivalenti.
Mansioni equivalenti = appartengono allo stesso livello di inquadramento. Sono i livelli nei quali il lavoratore viene
collocato quando viene assunto.
L’equivalenza tra mansioni dev’essere intesa in senso «dinamico»
Cass. sent.n. 931/1993: «La privazione di poteri autoritativi e di controllo non implica "ex se" una dequalificazione,
dal momento che il giudizio di equivalenza deve essere effettuato raffrontando il contenuto professionale delle
mansioni di partenza con quello delle mansioni di destinazione in una prospettiva dinamica, di valorizzazione delle
capacità di arricchimento del proprio bagaglio di conoscenze ed esperienze» → il lavoratore deve arricchire il suo
bagaglio di conoscenze ed esperienze. Il lavoratore non poteva essere adibito a mansioni che, seppure equivalenti,
pregiudicavano ogni ulteriore sviluppo della sua professionalità, ledendo così non solo la professionalità
medesima ma altresì la dignità del lavoratore

LA MOBILITÀ VERTICALE «ASCENDENTE»


Art. 2103 c.c.
Effetti:
- immediato: maggiorazione retributiva
- differito: dopo 3 mesi l'assegnazione è definitiva

⚠️ Eccezione: sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto (malattia, infortunio,
gravidanza... No ferie).

LA NORMATIVE VIGENTE: MODIFICHE APPORTATE NEL 2015 DALLO JOBS ACT

>Il nuovo articolo 2103 c.c.

LA MOBILITÀ ORIZZONTALE
Modifica comma 1
“Il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti
all’inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso
livello di inquadramento delle ultime effettivamente svolte.”

Oggi scompare qualunque riferimento al concetto di «equivalenza» come presupposto di legittimità della modifica
delle mansioni.

Cos’è l’inquadramento?
Nei contratti collettivi sono previste le c.d. declaratorie contrattuali (esse contengono professionalità tra loro
eterogenee), ove allo stesso livello sono collocate le diverse figure che svolgono attività di «livello» equivalente.
In base al livello contrattuale si stabilisce la retribuzione. È quella la funzione dell’individuazione del livello. Non
sono professionalità analoghe ma lavoratori che possono avere lo stesso livello di esperienza pregressa, lo stesso
livello di autonomia...

Un esempio: contratto collettivo commercio


Primo Livello

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A questo livello appartengono i lavoratori con funzioni ad alto contenuto professionale anche con responsabilità di
direzione esecutiva, che sovraintendono alle unità produttive o ad una funzione organizzativa con carattere di
iniziativa e di autonomia operativa nell'ambito delle responsabilità ad essi delegate, e cioè:
● capo di servizio e di ufficio tecnico, amministrativo, commerciale (vendita o acquisti), legale; capo centro EDP;
● gestore o gerente di negozio, di filiale, o di supermercato alimentare anche se integrato in un grande magazzino o
magazzino a prezzo unico;
● responsabile laureato in chimica - farmacia previsto dalle leggi sanitarie per magazzini all'ingrosso di prodotti
farmaceutici e specialità medicinali;
● analista sistemista;
●…

Bisogna eliminare l’incertezza



E la tutela della professionalità?
Perché la mansione sia equivalente è sufficiente che rientri nello stesso livello > non si guarda più la professionalità.
Vantaggi: si elimina una componente di incertezza
Svantaggi: il lavoratore può essere inviato a svolgere attività totalmente estranee al suo «bagaglio professionale» e
alla sua formazione.

LA MOBILITA’ DISCENDENTE (mansioni inferiori):


IL DEMANSIONAMENTO (resta comunque un’eccezione)
Oggi il divieto del «demansionamento» non costituisce più la regola generale.

Modifica comma 2
“In caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incidono sulla posizione del lavoratore, lo stesso può
essere assegnato a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore.”

Modifica comma 4
“Ulteriori ipotesi di assegnazione di mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore possono essere
previste da contratti collettivi, anche aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale.”

Non c’è libertà a demansionare


Limite: esistenza di una modifica «degli assetti organizzativi che incidono sulla posizione del lavoratore».
Problema: espressione vaga, come si accerta se c’è questa modifica?

Nei casi di demansionamento al lavoratore viene riconosciuta una garanzia di natura economica.
Comma 5
“Nelle ipotesi di cui al secondo e quarto comma, il lavoratore ha diritto alla conservazione del livello di

⚠️
inquadramento e del trattamento retributivo in godimento,
fatta eccezione per gli elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente
prestazione lavorativa.”

Il demansionamento in sede protetta (c’è il consenso del lavoratore)

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“Possono essere stipulati accordi individuali di modifica delle mansioni, del livello di inquadramento e della
relativa retribuzione, nell’interesse del lavoratore alla conservazione dell’occupazione, all’acquisizione di una
diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita”.

Condizioni:
- Finalità di:
a) conservazione del posto di lavoro;
b) miglioramento delle condizioni di vita;
c) acquisizione di una diversa professionalità
- Accordo (previsto dalla legge) siglato in sede protetta
- Possibile demansionamento con modifica (diminuzione) della retribuzione + abbassamento di più livelli (dal 1°
posso anche passare al 3)

Obbligo per il datore di lavoro > formazione del lavoratore nel caso di esercizio dello jus variandi in modo da
rendere il lavoratore idoneo allo svolgimento delle nuove mansioni assegnate.

MOBILITÀ VERTICALE: Il passaggio a mansioni superiori


Comma 7
“Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il lavoratore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività
svolta, e l’assegnazione diviene definitiva, salva diversa volontà del lavoratore (può non diventare definitiva), ove la
medesima non abbia avuto luogo per ragioni sostitutive di altro lavoratore in servizio, dopo il periodo fissato dai
contratti collettivi, anche aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale o, in mancanza, dopo sei mesi continuativi.”
Modifica della disciplina della mobilità verticale > la qualifica superiore ora è acquisita dopo 6 mesi, e non più dopo
3, e parlandosi però, questa volta, nell’escludere tale diritto, genericamente di ragioni sostitutive di “altro lavoratore in
servizio”.

3. IL POTERE DI CONTROLLO
In capo al datore di lavoro sussiste il potere di controllo e di vigilanza.
Nell’esercizio di tale potere il datore di lavoro deve rispettare:
tutela della dignità, della riservatezza e della libertà del lavoratore (per questo interviene lo Statuto del Lavoratori) >
normativa sulla privacy
E la necessità di operare il bilanciamento con l’interesse del datore di lavoro.

Alcune previsioni risultano parzialmente superate (guardie giurate) altre hanno dimostrato capacità di evoluzione
tecnologica (impianti audiovisivi)

Lo Statuto dei Lavoratori considera tutte le tipologie di controllo:


> controlli sull’idoneità psico-fisica del lavoratore allo svolgimento delle mansioni;
art. 5 Stat. Lav.: «Accertamenti sanitari»
> controlli sull'esatto adempimento della prestazione di lavoro;
art. 3 Stat. Lav.: «Personale di vigilanza»
> controlli funzionali ad assicurare l'integrità del patrimonio aziendale;

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art. 2 Stat. Lav.: «Guardie giurate»; art. 4 Stat. Lav.: «Impianti audiovisivi»; art. 6 Stat. Lav.: «Visite personali di
controllo»

Qualche precisazione:
L’esercizio del potere di controllo al di fuori dei limiti individuati dalla legge rende il controllo illegittimo.
Es. Il datore di lavoro si accorge che un lavoratore ha rubato, come si fa ad averne la prova? Si guarda dentro alla sua
borsa e si trovano dei soldi; ho guardato nella sua borsa ma ho violato le norme dello Statuto che prevedono che si,
posso guardare dentro la borsa, ma solo se vengono rispettati una serie di requisiti. Questo significa che se il datore
licenza il lavoratore preso dall’ira, quell licenziamento è illegittimo, non si può provare che abbia rubato perchè il
datore ha controllato in modo sbagliato.
Conseguenza: impossibilità di utilizzare il fatto imputato al lavoratore ai fini disciplinari a prescindere dalla
sussistenza o meno del fatto illegittimamente accertato

GUARDIE GIURATE (art. 2 stat. lav.)


Il fine: “[...] solo per scopi di tutela del patrimonio aziendale”
I limiti:
● Divieto di avvalersi delle guardie per vigilare sull'andamento dell'attività di lavoro
● Le guardie non possono contestare ai lavoratori azioni o fatti diversi da quelli che attengono alla
tutela del patrimonio aziendale
● Divieto di effettuare controlli all’interno del luogo di lavoro se non per motivate ed eccezionali
esigenze
Ratio: limitare al più possibile i controlli ed evitare controlli invasivi o occulti per i lavoratori

PERSONALE DI VIGILANZA (art. 3 stat. lav.)


• Possibilità di utilizzare personale di vigilanza per controllare lo svolgimento dell'attività lavorativa (controllare che
la prestazione avvenga in modo corretto)
• Obbligo per il datore di rendere noti sia i nominativi che le mansioni del personale di vigilanza
Ratio: impedire controlli occulti, lesivi della dignità dei lavoratori

I CONTROLLI SANITARI (art. 5 stat. lav.)

● Divieto ad opera del datore di lavoro


● Gli accertamenti sono effettuati tramite servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti INAIL: infortuni
INPS o ASL: per malattia
Su richiesta del datore di lavoro
● Gli istituti sono tenuti ad eseguire i controlli quando il datore di lavoro lo richiede
Ratio: garantire l’imparzialità del controllo sullo stato di salute attraverso strumenti e soggetti a ciò adeguati.

Questione: il regime si estende ai soli lavoratori assunti?


VISITE DI PRE ASSUNZIONE
La posizione della giurisprudenza
Un tempo altalenante sulla legittimità delle visite preassuntive, ora non più, il legislatore è intervenuto e ha eliminato
questo divieto di accertamenti preassuntivi.
L’intervento del legislatore

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Eliminazione del divieto in fase preassuntiva e nel corso del rapporto di lavoro per le attività che presentano un
elevato livello di rischiosità (art. 41, c. 2 bis D.lgs. 81/2008)
Le visite possono essere effettuate anche dal medico competente, che può essere un dipendente

CASI PARTICOLARI
L’infezione da HIV
Legge n. 135/1990, art. 5: “Nessuno può essere sottoposto, senza il suo consenso, ad analisi tendenti ad accertare la
sua infezione da HIV [...]. L’accertata infezione da HIV non può costituire motivo di discriminazione, in particolare
[..] per l’accesso o il mantenimento di posti di lavoro”
Ma al vaglio sulla costituzionalità:
Corte Cost. n. 218/1994: « [...]Illegittimità costituzionale dell’art. 5 nella parte in cui esclude accertamenti per ogni
tipologia di attività. Gli accertamenti sull’assenza di sieropositività sono legittimi quando l’attività da svolgere
comporti rischi per la salute di terzi»

LE VISITE PERSONALI DI CONTROLLO (art. 6 stat. lav.)


«Le visite personali di controllo sul lavoratore sono vietate fuorchè nei casi in cui siano indispensabili ai fini della
tutela del patrimonio aziendale[...]»
Esistendo la necessità di tutela del patrimonio aziendale...
Condizioni di svolgimento:
● al di fuori del luogo di lavoro
● nella salvaguardia della dignità e riservatezza del lavoratore
● applicazione di sistemi di selezione automatica riferiti alla collettività o a gruppi di lavoratori.

Sono previste delle garanzie procedurali:


● accordo con le RSA (rappresentanze sindacali aziendali)
● autorizzazione della DTL (in mancanza dell’accordo con le RSA)
Relativo sia alla decisione di attuare le visite sia alle modalità

DIVIETO DI INDAGINE SULLE OPINIONI (art. 8 stat. lav.) (siamo più nel campo della personalità morale del
lavoratore)
“È fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell’assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di
effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore nonché su
tutti i fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale[...]”

Irrilevanza ad ogni effetto di fatti e comportamenti personali estranei allo svolgimento corretto delle prestazioni
dedotte nel rapporto

Si sono posti dei problemi sui test attitudinali


Pret. Milano, 16 gennaio 1996: «[...] illegittima l’organizzazione di corsi, ma anche di test attitudinali, tendenti ad
indagare aspetti del carattere e della personalità dei lavoratori ai fini dichiaratamente diversi dalla valutazione delle
loro attitudini professionali»

Sulla tutela delle informazioni legittimamente raccolte ed elaborate dal datore di lavoro:
NOTA BENE: siamo al di fuori del campo delle indagini da parte del datori di lavoro

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In assenza di un disciplina settoriale che tuteli la riservatezza del lavoratore, si ha l’applicazione della disciplina
generale di tutela della privacy:
D. Lgs. n. 196/2003 – codice sulla protezione dei dati
● disposizioni generali (parte I)
● disposizioni settoriali: lavoro e previdenza sociale (parte II titolo VIII)
Si tratta di tutele procedimentali attraverso il sistema del consenso del lavoratore e delle autorizzazioni del Garante al
trattamento dei dati
RICORDA: la disciplina sulla privacy si aggiunge a quella statutaria

LE REGOLE IN MATERIA DI PRIVACY prevedono:


● Accountability: rispetto dei principi di responsabilità, caratterizzato da liceità, correttezza, trasparenza, limitazione
delle finalità, integrità, riservatezza
● Protezione dei dati in modo tale che siano trattati solo i dati necessari per ogni specifica finalità del trattamento
● Diritto dell’interessato ad essere adeguatamente informato su raccolta, trattamento, conservazione dei dati

Eccezione al divieto:
Le organizzazioni di tendenza: «[...]è ammissibile un’indagine volta ad accertare l’adesione del lavoratore alla
tendenza di cui è portatrice l’organizzazione[...]. In queste ipotesi, infatti, l’adesione è considerata “fatto rilevante”
ai fini della valutazione dell’attitudine professionale dei lavoratori [...]»
e il problema delle mansioni rilevanti e delle mansioni c.d. “neutre”
Cass. n. 5382/1994: «il licenziamento ideologico[...] è lecito e nelle sole ipotesi in cui l'adesione ideologica
costituisca requisito della prestazione. In particolare, con riferimento a scuole gestite da enti ecclesiastici
[...]l'esigenza di tutela della tendenza confessionale della scuola si pone solo in relazione a quegli insegnamenti che
caratterizzano tale tendenza; non può pertanto ritenersi legittimo il licenziamento intimato da un istituto di istruzione
religioso di confessione cattolica ad un proprio insegnante laico di educazione fisica per avere questi contratto
matrimonio col rito civile e non con quello religioso, in quanto la materia insegnata prescinde completamente
dall'orientamento ideologico del docente ed è indifferente rispetto alla tendenza della scuola»

ARTICOLO 4 STATUTO DEI LAVORATORI


IL CONTROLLO A DISTANZA MEDIANTE APPARECCHIATURE AUDIOVISIVE
La vecchia formulazione della norma:
Divieto generale di utilizzo di strumenti esclusivamente finalizzati al controllo a distanza dell'attività dei lavoratori
MA con la possibilità di utilizzo di strumenti che comportino anche il controllo sull'attività di lavoro a condizione
che:
● Esistano specifiche esigenze organizzative, produttive o di sicurezza sul lavoro
● Autorizzazione delle rappresentanze sindacali o dell’ispettorato del lavoro (procedura codeterminativa)

Problemi:
1. l’informatizzazione del sistema produttivo ha comportato una crescita, in termini quantitativi, degli strumenti il cui
utilizzo da parte del lavoratore implica «naturalmente» anche il controllo sull’attività di lavoro.
2. Che fine fanno le informazioni sul lavoratore raccolte attraverso quegli strumenti?
Qualsiasi informazione raccolta, anche se di fatto rilevante ai fini della valutazione dello svolgimento della prestazione
lavorativa, non dovrebbe essere utilizzata.

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Ma la giurisprudenza «flessibilizzava» il contenuto della norma con: I CONTROLLI DIFENSIVI
«l’utilizzazione delle informazioni è lecita se il controllo è qualificabile come difensivo», cioè giustificato
dall’interesse del datore di lavoro a difendersi dalla commissione di illeciti da parte del lavoratore.
Il controllo sull’accertamento dell’illecito del lavoratore (diverso dall’inadempimento lavorativo, es. i furti) non si
configura come controllo sulla prestazione lavorativa > escono dal campo di applicazione dell’art. 4 Stat. Lav e
delle relative garanzie.

In questo caso quindi si possono utilizzare tutte le informazioni:


● Assenza procedura codeterminata
● Completo utilizzo delle informazioni ottenute attraverso i controlli

La conseguenza estrema di un simile percorso interpretativo...


Cass. 10955/2015: l’agente provocatore: «E’ lecita la condotta del datore di lavoro che, per accertare la commissione
di un presunto comportamento illecito ha creato, tramite il responsabile del personale, un falso profilo femminile su
Facebook, contattato il dipendente e indotto il medesimo ad una conversazione virtuale in orario e luogo di lavoro, da
cui è poi scaturito il licenziamento».

Problemi dei controlli difensivi:


> Se le condotte illecite sono poste in essere durante il lavoro, allora i controlli su queste ultime sono inevitabilmente
controlli sulla prestazione di lavoro.
> Dunque, il rischio è che, attraverso i controlli difensivi, si svuoti il contenuto garantista della norma (che calino le
garanzie e le tutele per i lavoratori perché non c’è il rispetto della procedura).

Il legislatore con il Jobs Act «tenta» di risolvere le questioni problematiche che la norma aveva sollevato nel tempo.

RISCRIVE L’ART.4 STATUTO DEI LAVORATORI


Comma 1:
«Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei
lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del
lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla
rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali»

Rispetto alla vecchia formulazione:


● Il termine «anche» fa presumere che permanga il divieto generale dell’utilizzo di controlli finalizzati
esclusivamente al controllo a distanza dell’attività lavorativa
● Rimane il divieto del controllo intenzionale, lecito quello preterintenzionale
● La legittimità dell’installazione continua ad essere subordinata all’esistenza di esigenze tipizzate
● La legittimità dell’installazione continua ad essere subordinata alla procedura codeterminativa

Può ritenersi risolta la questione problematica connessa al pericolo che i controlli difensivi sfuggono ai limiti garantisti
imposti dalla norma.
Infatti, poiché i controlli difensivi rispondono alla «nuova» esigenza tipizzata della «tutela del patrimonio aziendale»
prevista dalla norma allora c’è la necessità anche per questi controlli del rispetto della procedura codeterminativa.

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Gli strumenti utilizzati per rendere la prestazione lavorativa
Il legislatore nel 2015 modifica anche l’art. 4 al comma 2:
Art. 4, comma 2: « La disposizione di cui al primo comma non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per
rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze».
Può ritenersi risolta la prima questione problematica della norma:
Infatti, l’uso da parte del lavoratori di strumenti per rendere la prestazione dai quali derivi «naturalmente» anche un
controllo sulla prestazione non è più «appesantito» dalla procedura codeteminativa.
Ma cosa si intende per strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa?
> «Strumenti»: non solo le apparecchiature materiali assegnate in dotazione al lavoratore, ma anche i programmi
software incorporati in tali apparecchiature;
> «utilizzati per rendere la prestazione lavorativa» Esistenza di una stretta correlazione tra gli strumenti tecnologici
e le mansioni svolte dal lavoratore

Se l’impresa dà in dotazione uno strumento tecnologico il cui utilizzo non sia strettamente collegato allo svolgimento
delle mansioni sarà necessaria la procedura codeterminativa per l’uso legittimo dello stesso da parte del lavoratore.

UN ESEMPIO:
Per le app installate in palmari che consentono la geolocalizzazione del lavoratore
Non è necessaria la procedura codeterminativa nel caso in cui lo strumento è assegnato ad un lavoratore adibito a
servizi sul campo di assistenza alla clientela e l’app serve a coordinare tali servizi.
Infatti, in questo caso: «La funzionalità di localizzazione geografica consente di ottimizzare la gestione ed il
coordinamento degli interventi effettuati dai tecnici sul campo, incrementandone la tempestività a fronte delle richieste
dei clienti soprattutto in caso di emergenza e/o calamità naturali. La localizzazione consente altresì di rafforzare le
condizioni di sicurezza del lavoro effettuato dai tecnici stessi, permettendo l’invio mirato di eventuali soccorsi
soprattutto in aree remote e non facilmente raggiungibili e comunque di supportare più rapidamente i lavoratori in
caso di difficoltà»

Modifica: art. 4, comma 3: «le informazioni raccolte ai sensi del primo e del secondo comma sono utilizzabili a
tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle
modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo
30 giugno 2003, n. 196»

Può ritenersi risolta l’altra parte della «seconda» questione problematica della vecchia norma, cioè l’incertezza sul se e
sul come utilizzare le informazioni raccolte per mezzo dei controlli.
NOTA BENE
La legittimità dell’utilizzo delle informazioni «condizionata» al:
● rispetto del comma 1 e 2 della norma
● adeguata informazione «preventiva» fornita al lavoratore
● rispetto delle norme dal codice sulla privacy
L’assenza di una delle condizione rende l’informazione inutilizzabile per qualunque fine

4. IL POTERE DISCIPLINARE
Nozione: potere del datore di lavoro di irrogare sanzioni a fronte di un inadempimento del lavoratore.

20
Ovviamente il datore di lavoro può, non è obbligato ad esercitare il potere disciplinare, trattandosi dell’esercizio di un
potere di natura privatistica e dunque non finalizzato ad altri interessi, quale potrebbe esser l’interesse pubblico. Ciò
spiega come l’ambito del lavoro, al dirigente, considerato l’alter ego del datore di lavoro incomba, invece, l’obbligo di
attivare il procedimento disciplinare, pena una propria responsabilità.

Il potere disciplinare costituisce dunque una sorta di “braccio armato” del potere direttivo. Costituisce cioè la norma
secondaria, sanzionatoria rispetto a quanto disposto in tema di potere direttivo; l’altra faccia del potere direttivo.

I LIMITI
● sostanziali (art. 2106 c.c.)
● procedurali (art. 7 Stat. lav.)

I limiti sostanziali (della proporzionalità, che è un limite penalistico) art. 2106 cod. civ.
A. Sussistenza del fatto addebitato, cioè dell’inadempimento contrattuale.
Inadempimento contrattuale:
> art. 2104 c.c. «Diligenza del lavoratore» (si sanziona il lavoratore se ha degli atteggiamenti/dei comportamenti
specifici che comportano una riduzione della fiducia negli adempimenti successivi da parte del datore di lavoro): la
comune diligenza è quella DELLA DILIGENZA DEL BUON PADRE DI FAMIGLIA ma questa dev’essere
strettamente collegata alla prestazione lavorativa (cambia il livello di diligenza richiesta a seconda della prestazione;
es. impiegata e medico chirurgo).
> art. 2105 c.c. «Obbligo di fedeltà» (ci sono obblighi specifici).
“Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l'imprenditore, né
divulgare notizie attinenti all'organizzazione e ai metodi di produzione dell'impresa, o farne uso in modo da poter
recare ad essa pregiudizio.”
Onere della prova in capo al datore di lavoro (devono essere provati i fatti).
> art. 2106 c.c. L'inosservanza delle disposizioni contenute nei due articoli precedenti può dar luogo all'applicazione di
sanzioni disciplinari(1), secondo la gravità dell'infrazione.

B. Rispetto del principio di proporzionalità tra infrazione e sanzione


Ruolo della contrattazione collettiva che riempie di contenuto il principio di proporzionalità.
...ma: Cass. sent. n. 1604/1998: « [...] il giudice può valutare in concreto la sussistenza del requisito della
proporzionalità, nonostante le previsioni nei contratti collettivi di specifiche ipotesi di infrazioni e delle relative
sanzioni».

Caso di assenza del requisito della proporzionalità cosa succede alla sanzione irrogata?
Ciò comporta l'annullabilità della sanzione.

I limiti procedurali
art. 7 stat. lav.
1. affissione del codice disciplinare → dev’essere affisso in un luogo accessibile ai lavoratori
2. contestazione dell’infrazione
3. difesa del lavoratore
4. applicazione della sanzione
5. eventuale impugnazione

21
> Dopo aver affisso il codice disciplinare, il datore di lavoro provvederà alla contestazione dell'addebito o infrazione
al lavoratore, il quale esercita il proprio diritto di difesa.
Decorsi 5 giorni dalla contestazione dell’addebito può aversi l'applicazione della sanzione.
La violazione della procedura comporta l'annullabilità della sanzione disciplinare.

IL CODICE DISCIPLINARE
Funzione: predeterminazione delle infrazioni disciplinari e delle sanzioni ad esse connesse > serve un
contemperamento: non devono essere né troppo specifiche né troppo generali.

Cass. sent.n. 7370/1996: «[...] il codice disciplinare non deve necessariamente contenere una precisa e sistematica
previsione delle singole infrazioni, delle loro varie gradazioni e delle corrispondenti sanzioni, essendo invece
sufficiente una proporzionata correlazione tra le singole ipotesi di infrazione, sia pure di carattere schematico e
non dettagliato, e le corrispondenti previsioni sanzionatorie, anche se suscettibili di attuazione discrezionale ed
adattamento secondo le concrete ed effettive inadempienze del lavoratore, nel rispetto del principio per cui le sanzioni
disciplinari devono avere un grado di specificità sufficiente ad escludere che la collocazione della condotta del
lavoratore sia interamente devoluta ad una valutazione unilaterale del datore di lavoro[...]».

⚠️
Il codice deve essere affisso in luogo accessibile a tutti.
Eccezione alla regola: con riguardo al licenziamento disciplinare secondo la giurisprudenza l’affissione non
costituisce una formalità necessaria quando la contestazione ha ad oggetto la violazione di doveri che traggono
origine dalla legge o da regole appartenenti al patrimonio deontologico di ogni persona, corrispondenti alla coscienza
comune.

LE SANZIONI
Limiti: art. 7 c. 4 Stat. Lav.: « [...] non possono essere disposte sanzioni disciplinari che comportino mutamenti
definitivi del rapporto di lavoro[...]» anche in caso di licenziamento per motivi disciplinari il datore di lavoro dovrà
sempre applicare la procedura sopra descritta. 


Le sanzioni previste tipicamente dalla contrattazione collettiva, ma in verità desumibili anche dalla lettera dello statuto
dei lavoratori sono normalmente:
● rimprovero verbale: la sanzione più lieve, per la quale non occorre rispettare il decorso dei 5 giorni dalla
contestazione;
● ammonizione scritta: per la quale il datore di lavoro concede al lavoratore di giustificarsi, quindi non può procede
all’irrogazione della sanzione prima dei 5 giorni;
● multa (massimo 4 ore della retribuzione base)
● sospensione dal servizio e dalla retribuzione: massimo 10 giorni
● il licenziamento

Il procedimento nel dettaglio:


1. AFFISSIONE DEL CODICE
2. LA CONTESTAZIONE DELL’ADDEBITO
Funzione: garantire il diritto di difesa del lavoratore

22
REQUISITI:
● forma scritta (salvo rimprovero verbale)
● rispetto dei principi di:
- immediatezza: non può trascorrere più del tempo ragionevole necessario al datore di lavoro per fare un minimo di
accertamenti. Intervallo di tempo non predefinito, ma dipendente dal tipo di addebito e dalla struttura organizzativo
del datore di lavoro

- specificità: deve essere tale da poter permettere al lavoratore di esercitare il diritto di difesa
- immutabilità

3. LA DIFESA DEL LAVORATORE


« [...] In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale non possono essere applicati

💡
prima che siano trascorsi cinque giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa».
Ratio: consentire le difese del lavoratore prima che la sanzione sia applicata (ma la ratio profonda di questa
regola è evitare che il datore di lavoro sia mosso da un moto di rabbia e che a caldo infligga al lavoratore delle
sanzioni disciplinari che magari ragionando con un po’ più di attenzione non infliggerebbe) Il lavoratore può farsi
assistere da un rappresentante sindacale

4. L’APPLICAZIONE DELLA SANZIONE


LIMITI TEMPORALI
● termine dilatorio 5 giorni
● termine perentorio definito dai contratti collettivi
QUESTIONE: ricevute le giustificazione del lavoratore a propria difesa prima della decorrenza del termine di 5
giorni, il datore di lavoro può irrogare la sanzione?

5. L’IMPUGNAZIONE DELLA SANZIONE


Promuovere la costituzione, tramite la ITL, di un collegio di conciliazione e di arbitrato.
Attivazione delle analoghe procedure previste dai contratti collettivi.
Adire l'autorità giudiziaria.

IL LICENZIAMENTO DISCIPLINARE
Le sanzioni disciplinari sono legate alla violazione degli articoli precedenti il 2106 c.c., ovvero l’inadempimento
contrattuale del lavoratore, reagiscono cioè alla violazione degli specifici obblighi contrattuali dello stesso.

Questione: si applica la procedura ex art. 7 Stat. Lav?


Corte Cost. n. 204/1982: «[...] illegittimità dell'art. 7 nella parte in cui non prevede che i commi 1,2,3 si applichino
al licenziamento disciplinare».

Questione: la violazione delle garanzie procedurali a quale tutela contro il licenziamento illegittimo dà accesso?

Prima
“La reintegrazione nel posto di lavoro è applicabile anche all’ipotesi di licenziamento disciplinare irrogato senza
l’osservanza delle garanzie procedurali”.

23
Al licenziamento per motivi disciplinari in violazione della procedura si applicava, la reintegrazione di cui
all’originario art. 18 St.Lav.

Dopo la riforma Fornero:


Art. 18 c. 6 Stat. Lav.: applicazione della tutela indennitaria c.d. «debole»: il licenziamento disciplinare viziato
sotto il punto di vista procedurale sarà sanzionato con una «[...]indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata
in relazione alla gravità della violazione formale o procedurale [..] tra un minimo di sei ed un massimo di dodici
mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto[...]».

Dopo il Jobs Act: d.lgs. 23/2015 art. 6: applicazione della tutela indennitaria c.d. «debole»: «[...] indennità non
assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a una mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per
il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non
superiore a dodici mensilità [...]».

OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO


Il datore di lavoro ha anche degli obblighi: (l’obbligo principale è quello retributivo)
Anche se il rapporto di lavoro subordinato è ancora a tempo indeterminato, nel momento in cui il datore di lavoro
intende liberarsi del lavoratore non incontrerà molte difficoltà, potendo porre tra i costi l’eventualità di un
licenziamento illegittimo, con costi oggi qualificabili ex ante.

L’OBBLIGO DI DILIGENZA DEL LAVORATORE


L’obbligo del prestatore di lavoro di usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta.
Ai sensi dell’art 2105 c.c. il prestatore di lavoro “non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza
con l’imprenditore, né divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne
uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio”.

L’OBBLIGO DI SICUREZZA DEL DATORE DI LAVORO E DEL LAVORATORE


L’altro obbligo fondamentale è l’OBBLIGO DI SICUREZZA: l’inserimento del lavoratore subordinato in
un’organizzazione produttiva dà un rilievo particolare all’ambiente di lavoro; cioè il datore di lavoro deve garantire al
lavoratore un ambiente di lavoro sicuro e privo di rischi eccessivi e ulteriori.

Le FONTI dell’obbligo:
Costituzione
Art. 32: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività[...]» →
a discapito di altri interessi.
Art. 41: «[...] L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo
da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana[...]».
L’individuo è libero di svolgere un’attività economica solo che questa attività non può svolgersi in modo da arrecare
danno alla dignità, utilità sociale, sicurezza di tutti...
Art. 2087 c.c. (è una norma flessibile; come l’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, quello dei controlli): vincola il datore
di lavoro ad un obbligo di sicurezza nei confronti del lavoratore, imponendogli di adottare tutte le misure possibili
che, secondo le particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutela dell’integrità fisica e
personalità morale dei prestatori di lavoro.

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Essa tra le altre cose, è stata utilizzata anche per sanzionare il mobbing, giacché in tali ipotesi il datore di lavoro crea
o comunque consente una situazione che non garantisce l’integrità fisica ed anzi pregiudica la personalità morale del
lavoratore.

Tali misure sono continuamente alimentate dai mutamenti dell’organizzazione del lavoro e produttiva, dalle stesse
modifiche della struttura dell’impresa e delle stesse attività lavorative.
→ devo adattare le misure di sicurezza all’avanzare dei tempi e al mutato contesto economico e organizzativo
dell’impresa perché l’obiettivo è l’EFFETTIVITA’ del diritto
Questione: qual è il contenuto di «tutte le misure possibili»?

Per garantire l’effettività del diritto:


Art. 9 Stat. Lav.: «I lavoratori, mediante loro rappresentanze (diverse dale RSA e RSU), hanno diritto di controllare
l'applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la
ricerca, l'elaborazione e l'attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica» →
norma poco praticata.
I contenuti degli obblighi a carico del datore di lavoro sono stati specificati dal d.lgs. n.626/1994 in attuazione della
disciplina comunitaria Dir. n. 89/389/CE

Oggi è stato implementato: Testo Unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (d.lgs.
81/2008) → normativa vigente (il Testo Unico è una raccolta organizzata di testi vigenti).
Esso raccoglie tutto ciò che in precedenza era stato fatto in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro.

La «rivoluzione» nella concezione di sicurezza nei luoghi di lavoro (il Testo Unico si fonda su due principi
fondamentali):
1. il principio della prevenzione dei rischi
2. il modello partecipativo della sicurezza
La recente normativa tratteggia il sistema della prevenzione dei rischi chiarendo in primo luogo che il rischio non va
rincorso successivamente, ma va al contrario previsto e anticipato.

1. IL PRINCIPIO DELLA PREVENZIONE DEI RISCHI


Obiettivo: eliminazione o riduzione al minimo dei rischi mediante un’attività di programmazione degli interventi.
Uno degli strumenti predisposti:
● DVR: documento per la valutazione dei rischi connessi allo svolgimento della prestazione lavorativa finalizzato
all’individuazione delle fonti di pericolo e all’entità del danno che ne può derivare → ogni impresa deve predisporre
un proprio documento.

2. IL MODELLO PARTECIPATIVO DELLA SICUREZZA


Una pluralità di soggetti chiamati a dare attuazione al principio di prevenzione:
● datore di lavoro
● dirigenti
● preposti
● ASL
● Direzione del Lavoro- Servizi Ispettivi
● addetti al servizio di prevenzione e protezione ed il relativo rappresentante

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● il medico competente
● i lavoratori
● il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza

OBBLIGO DEL DATORE DI LAVORO


LA RETRIBUZIONE (altro obbligo fondamentale quello retributivo) è collegata alle mansioni svolta, al tipo di
attività svolta, all’inquadramento del lavoratore e al settore di appartenenza perché ci sono dei settori più ricchi e dei
settori meno ricchi.

● La retribuzione è la principale prestazione cui è tenuto il datore di lavoro nei confronti del lavoratore.
● La retribuzione = elemento di corrispettività che caratterizza il contratto di lavoro come un contratto ONEROSO
> nel senso che quando c’è lavoro subordinato deve esserci retribuzione.
Nel lavoro senza retribuzione (volontariato, stage (sembra lavoro ma non è lavoro, viene insegnato il mestiere),
praticantato, lavoro familiare, lavoro dei religiosi) la controprestazione è un’utilità diversa dalla retribuzione
(apprendimento, impegno sociale, fini non di lucro, legami affettivi → fini NON di lucro)
● Il contratto di lavoro è un contratto a prestazioni CORRISPETTIVE > una prestazione esiste ed è dovuta finché
esiste ed è dovuta l’altra.

⚠️ Il principio è valido anche se subisce alcune eccezioni: es. nei periodi di sospensione del rapporto→
malattia...→ Art. 2110 c.c ma è una deroga.
La norma dell’art. 36 Cost. è riconosciuta come immediatamente precettiva > dunque il giudice può sindacare se la
retribuzione spettante al lavoratore sia conforme al dettato costituzionale, utilizzando come parametro i CCNL di
categoria. 


Principio generale: la retribuzione equivalente a quella prevista dai contratti collettivi applicabili alla categoria o al
settore produttivo cui appartiene il prestatore di lavoro è conforme ai requisiti costituzionali della proporzionalità e
della sufficienza.
Pertanto, la retribuzione base prevista dai contratti collettivi della categoria del settore produttivo, costituisce il livello
minimo vincolante, per tutti i rapporti di lavoro di quella categoria o di quel settore, ed anche a prescindere dalla
diretta applicabilità del contratto.

Ma a quanto deve ammontare la retribuzione?


Ma soprattutto chi stabilisce la retribuzione? I contratti collettivi che diventano il parametro di riferimento, anche
per il giudice, per stabilire qual è la retribuzione sufficiente prima però:

L’art 36 Costituzione:
● PRINCIPIO DI PROPORZIONALITÀ’ (nesso oggettivo) rispetto a:
➔ Alla quantità. Commisurazione all’orario di lavoro.
➔ Alla qualità. Commisurazione al “valore” del lavoro (mansioni).

● PRINCIPIO DI SUFFICIENZA
➔ Limite all’autonomia contrattuale delle parti.
➔ Collegamento con i principi di libertà e dignità della persona.
➔ Riferimento ad elementi estranei al rapporto di lavoro (bisogni della famiglia).

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(Il diritto del lavoro è fatto per evitare il fenomeno della concorrenza a ribasso tra i lavoratori stessi, quindi ci
dev’essere una linea al di sotto della quale la retribuzione non è considerata sufficiente; il contratto collettivo è il
parametro di questa linea della retribuzione del lavoratore subordinato).

LE FONTI DELLA RETRIBUZIONE


Fonte principale di determinazione della retribuzione: contratto collettivo (art. 2099 c.c.).

L’art. 2099 demanda al giudice la determinazione della retribuzione in mancanza di contratti collettivi o accordi
individuali tra le parti.
> Il rimedio predisposto dall’ordinamento non è quello della nullità totale del contratto, bensì quello della sostituzione
automatica delle clausole nulle.

È possibile che il giudice si distacchi dalle tabelle contenute nei contratti collettivi applicando il contratto di un
settore merceologico diverso.

Tra i principi costituzionali in tema di retribuzione devono essere annoverati anche quelli di non discriminazione e di
uguaglianza.
Il principio di non discriminazione inibisce trattamenti differenziati per specifici motivi : anzitutto per motivi di
sesso fra lavoratori e lavoratrici e poi per motivi di età tra adulti e minori.

Il principio di uguaglianza comporterà, invece, in positivo, una parificazione del trattamento dei lavoratori che
ricoprono la stessa posizione professionale.

Vari livelli:
○ Accordi interconfederali
○ CCNL (è il luogo fondamentale della negoziazione in materia retributiva)
○ Contratti collettivi di secondo livello (qui si negoziano, in materia retributiva, elementi legati
all’andamento economico dell’impresa, la produttività, la redditività...)
○ Contratto individuale (non è un contratto collettivo; può prevedere elementi retributivi
ulteriori = retributivi in senso lato o aumenti secchi monetari, in mellius)

LA STRUTTURA DELLA RETRIBUZIONE


● Complessità della struttura della retribuzione
● Inesistenza di una nozione onnicomprensiva di retribuzione
● Spetta al contratto collettivo determinare, caso per caso, quale sia la nozione di retribuzione
utilizzata per la determinazione di un dato istituto (ad es.: compenso per straordinario...)

ELEMENTI FISSI
● Retribuzione BASE o TABELLARE → la retribuzione di cui all’art. 36
➔ Costituisce la retribuzione sufficiente ex art. 36 Cost.
➔ È differenziata in relazione alle qualifiche

● (ex) INDENNITÀ DI CONTINGENZA

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➔ Si tratta della c.d. “scala mobile”
➔ Oggi è corrisposta nell’importo “congelato” al 31 dic. 1991

● AUMENTI CONTRATTUALI

● SCATTI DI ANZIANITÀ
➔ Automatismi retributivi

ELEMENTI VARIABILI
● PREMI E SUPERMINIMI a volte i superminimi sono casuali mentre spesso e volentieri sono legati ad una
diligenza e competenza del lavoratore o sono legati al passaggio da un’azienda ad un’altra in cui per aumentare il
trattamento economico che incentiva il lavoratore a spostarsi si utilizza questo strumento del superminimo, cioè
qualcosa che va oltre il minimo tabellare per essere appetibile).
➔ Corrisposti anche individualmente

● INDENNITÀ
➔ Compensano particolari modalità di svolgimento della prestazione es. lavoro in una sede disagiata (cioè dove vi
è un rischio, c’è un compenso retributivo nei confronti di questo rischio)?

● MAGGIORAZIONI
Per le quali viene retribuito in maniera superiore il lavoro straordinario, cioè il lavoro che va oltre all’orario di
lavoro contrattuale.

● INDENNITÀ DI VACANZA CONTRATTUALE

🚫
➔ Prevista dall’accordo 23 luglio 1993 (protocollo Ciampi) e corrisposta in caso di ritardo nel rinnovo del
contratto collettivo, è stata abolita nel 2009 e sostituita con un altro meccanismo di salvaguardia del potere di
acquisto dei salari.

ELEMENTI DIRETTI: è la retribuzione base, tutto ciò che viene corrisposto in considerazione e in modo post
numerario, cioè retribuito successivamente, dell’attività lavorativa

ELEMENTI INDIRETTI
(cosiddetti differiti):
● GRATIFICHE (13a, 14a ecc.) le mensilità aggiuntive che sono la tredicesima e la quattordicesima, maturano
durante il rapporto (pro quota) ma vengono corrisposte al termine dell’annualità.
➔ Originariamente erano liberalità
➔ Maturano durante il rapporto di lavoro
● TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO (T.F.R.) → elemento fondamentale (si chiamava indennità di anzianità)
➔ Corrisposto al termine del rapporto di lavoro in ragione dell’anzianità di servizio (si v. oltre) → (è un elemento
differito che matura durante lo svolgimento dell’attività lavorativa che verrà corrisposto alla cessazione del rapporto).
● RETRIBUZIONE FERIALE (è una maggiorazione)
➔ Corrisposta nei periodi di ferie e festività
➔ Commisurata alla retribuzione “normale”

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LE FORME DELLA RETRIBUZIONE → è in denaro
Le forme di retribuzione indicate all’interno del codice civile sono le seguenti: retribuzione a tempo, retribuzione a
cottimo, partecipazione agli utili o ai prodotti, provvigione ed in natura.

● Retribuzione normale (o diretta): corrisposta come compenso per l’attività svolta durante l’orario di lavoro →
viene corrisposta al termine del periodo lavorativo con riferimento all’orario di lavoro svolto
● Retribuzione differita (o indiretta): compensa l’intera retribuzione resa nell’anno e nell’intero
rapporto ed è calcolata assumendo come parametro quella diretta (si fa riferimento ad un arco temporale più ampio)

La retribuzione del lavoratore subordinato NON può mai essere aleatoria → cioè lasciata ad un evento incerto.

ART. 2099 c.c.


● RETRIBUZIONE A TEMPO → rispecchia la vita lavorativa. Più oggettiva ma ha un lato oscuro: la perdita di
tempo, viene retribuita anche la perdita di lavoro nel luogo di lavoro (a sfavore dell’impresa).
➔ Principale forma retributiva
➔ Commisurata al tempo di lavoro (ora, giorno, settimana, mese)
➔ È l’unica che può essere corrisposta in via esclusiva, perché garantisce il rispetto del principio di
sufficienza.

● RETRIBUZIONE A COTTIMO → è stato abbandonato perché rischioso e lesivo all’integrità psico- fisica del
lavoratore (a sfavore del lavoratore).
➔ La quantificazione del trattamento retributivo è proporzionale ai risultati prodotti
➔ Generalmente è adottato il sistema del c.d. COTTIMO MISTO (una quota della retribuzione è calcolata
normalmente sulla base del tempo, l’altra sulla base del risultato).
A garanzia del diritto costituzionale ad una retribuzione sufficiente i contratti collettivi escludono che il cottimo
possa costituire l’unica forma di retribuzione. Inoltre la retribuzione a cottimo, anche parziale, è vietata nel
contratto di apprendistato. Il cottimo integrale rappresenta invece la regola nel lavoro a domicilio.

● LA RETRIBUZIONE INCENTIVO → qui c’è un leggero spostamento verso la retribuzione come variabile
dipendente.
● È una forma derivata dal cottimo
● Viene commisurata a variazioni di:
➔ REDDITIVITÀ
➔ PRODUTTIVITÀ
● Comporta, in qualche misura, il coinvolgimento dei lavoratori nel rischio d’impresa.
● La competenza sulla determinazione delle modalità di erogazione della retribuzione incentivante è devoluta alla
contrattazione aziendale.

● RETRIBUZIONE IN NATURA → riguarda determinati settori quelli tipici nei quali un soggetto è “retribuito”
mediante anche mediante altre prestazioni che sono, ad esempio, vitto e alloggio (quindi in qualcosa di diverso
dalla moneta).
● Forma di retribuzione che risale alle prime esperienze industriali
● Continua ad avere rilievo in alcune forme di lavoro. Es: lavoro domestico; lavoro nel settore della pesca.
● Riscoperta dai nuovi sistemi retributivi

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● Previsione di benefici accessori alla retribuzione (c.d. Fringe benefits). Es. Alloggio, auto aziendale, ecc.
● Problema (lavoristico, fiscale e previdenziale) della valutazione economica degli elementi
corrisposti in natura e della disciplina applicabile

● LA RETRIBUZIONE A PROVVIGIONI
Caratterizzata dal fatto che il compenso è ragguagliato in percentuale agli affari trattati dal lavoratore.
È la tipica forma retributiva dei lavoratori subordinati adibiti ad attività particolari, che si esprimono nella
trattazione di affari per il datore di lavoro.
● Calcolata sulla base degli affari PROMOSSI o CONCLUSI
● È caratteristica di alcuni rapporti di lavoro autonomo o parasubordinato (agenzia, rappresentanza commerciale)
● È prevista anche nel lavoro subordinato (che prende delle provvigioni)
● Lavoratori con funzioni di rappresentanza:
➔ Commessi viaggiatori
➔ Piazzisti (il piazzista è colui che piazza, cioè porta e vende; es. il lavoratore che vende il folletto)
ecc.

● PARTECIPATIVE
≠ il caso dell’AZIONARIATO dei lavoratori (prevista dal c.c.) es. Alitalia
Partecipazione ai PRODOTTI (Film: la tempesta perfetta)
➔Diffusa soprattutto in agricoltura
➔ Il rischio della trasformazione in denaro grava sul lavoratore
Partecipazione agli UTILI (prevista dal c.c. e fa riferimento agli utili netti) si distingue infine la partecipazione agli
utili, ove la partecipazione segue il risultato dell’impresa.
➔ In base agli utili NETTI dell’impresa
➔ Diritto di informazione dei lavoratori

L’azionariato dei dipendenti, anch’esso diretto a conseguire finalità partecipative, coinvolgendo i lavoratori, in
particolare quelli di livello elevato, nel buon risultato dell’impresa, comporta al contempo il vantaggio, per l’azienda,
di flessibilizzare il costo del lavoro.
Le stock options sono infatti forme atipiche di distribuzione di azioni ai dipendenti dirette in particolar modo ai
dirigenti dell’azienda per incentivarne la produttività.
Si tratta di piani che attribuiscono ai dipendenti la possibilità di esercitare entro un determinato periodo di tempo
un’opzione di acquisto di proprie azioni ad un prezzo che fissato al momento dell’offerta, rimane bloccato per tutto il
periodo in cui può essere esercitata l’opzione.

IL TFR (trattamento di fine rapporto) → PROBLEMA: il calcolo


● Si tratta di una forma di retribuzione differita
● Ha sostituito l’indennità di anzianità (che faceva riferimento all’ultima retribuzione x gli anni di
anzianità)
● Fonti di disciplina: art. 2120 c.c. e L. n. 297/82 → nell’82 il sistema cambia

Base di calcolo (art. 2120, c. 2, cod. civ.): «tutte le somme, compreso l’equivalente delle prestazioni in natura,
corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro a titolo non occasionale, con esclusione di quanto è corrisposto a
titolo di rimborso spese».

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➔ Salvo diversa previsione dei contratti collettivi
➔ Rivalutazione annuale

Il lavoratore può richiedere un’anticipazione del t.f.r. in presenza di alcune condizioni:


➔ Spese sanitarie
➔ Acquisto prima casa
➔ Sostegno economico durante il congedo parentale
➔ A partire dal 2007, il lavoratore deve scegliere se destinare il proprio TFR ai fondi di previdenza complementare.

LA BUSTA PAGA
Il datore di lavoro è tenuto a consegnare all’atto della corresponsione della retribuzione al lavoratore il prospetto che
indica tutte le spettanze retributive, nonché le trattenute previdenziali e fiscali (l. n. 4 del 1953).
La differenza tra il netto percepito dal lavoratore e il costo per il datore di lavoro è il cosiddetto cuneo fiscale.
La retribuzione è un credito alimentare → cioè dev’essere GARANTITA

LE GARANZIE DEL CREDITO RETRIBUTIVO: tutele per la retribuzione


Prescrizione estintiva: 5 anni (art. 2948 c.c.)
○ Decorrenza dalla maturazione del credito solo per i rapporti di lavoro assoggettati alla c.d. «tutela reale» (art. 18
Stat. Lav.)
○ Altrimenti la prescrizione decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro Rinvio: ed oggi?
Rivalutazione automatica dei crediti e interessi legali in caso di mancato pagamento
Privilegio generale sui beni mobili (art. 2751 bis cod. civ.) → meccanismo di soddisfacimento del
credito sui beni mobili del datore di lavoro
Fondo di garanzia per insolvenza datore di lavoro (l. 297/82 e l. 80/1992)
Limitata pignorabilità retribuzione

IL TEMPO DELLA PRESTAZIONE LAVORATIVA


L’orario di lavoro
La dimensione temporale ha rappresentato uno degli aspetti che più hanno caratterizzato la prestazione lavorativa, in
quanto il lavoro subordinato consiste tradizionalmente nello scambio fra retribuzione e disponibilità di tempo.
Per orario di lavoro si intende la quantità e la qualità della prestazione dovuta.

L’orario normale settimanale


All'interno del decreto legislativo l'orario di lavoro viene definito come "qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al
lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio delle sue funzioni"
L'orario normale di lavoro viene fissato in 40 ore settimanali.
Ad ogni modo i contratti collettivi hanno la facoltà di stabilire una durata minore rispetto a quella legale. Essi poi
possono prevedere i cosiddetti orari multiperiodali, ossia calcolati rapportando l'orario normale alla durata media
delle prestazioni lavorative in un arco temporale che può estendersi al massimo un anno: l'orario normale è rispettato

⚠️
se viene rispettata la media delle 40 ore nell'arco temporale fissato.
Eccezioni all'applicazione della disciplina dell'orario normale che inseriscono quei lavoratori "la cui durata
dell'orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell'attività esercitata, non è misurata o predeterminata o può essere
determinata dai lavoratori stessi"; a questi lavoratori deve comunque essere garantito il rispetto dei principi generali
della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, non dovendo essere quindi costretti ad un superlavoro.

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L’orario settimanale massimo
Al fine di tutelare l'integrità psicofisica del lavoratore la legge prevede che venga fissato anche un orario massimo
settimanale da calcolare includendo le ore di lavoro straordinario.
La determinazione è demandata in linea di principio alla contrattazione collettiva di qualsiasi livello, che rimane però
in ogni caso assoggettata al limite legale non superabile né derogabile di 48 per ogni periodo di sette giorni,
comprese le ore di lavoro straordinario.
Tale soglia deve essere rispettata con riferimento a una durata media dell'orario di lavoro da calcolarsi in un arco
temporale non superiore a 4 mesi.
—> I contratti collettivi si limitano quindi a prevedere un orario normale giornaliero (di solito di 8 ore), ma non un
orario massimo. Comunque la durata massima giornaliera della prestazione può essere evinta indirettamente dal
riconoscimento del diritto del lavoratore al riposo giornaliero di 11 ore consecutive ogni 24 ore: è facile concludere
che la durata della giornata lavorativa non possa superare le 13 ore.

Le pause, i riposi, le ferie


In caso di lavoro eccedente le 6 ore il lavoratore ha diritto ad una pausa non inferiore a 10 minuti, da godersi anche
sul posto di lavoro, per consentire il recupero delle energie e l'eventuale consumazione del pasto. La durata e le
modalità attuative della pausa sono demandate dalla contrattazione collettiva, in difetto della quale supplisce la
previsione legale della durata non inferiore a 10 minuti nell'arco della giornata lavorativa.
Inoltre, la legge prevede riposi periodici settimanali e annuali.
Per quanto attiene al riposo settimanale è disposto che il lavoratore abbia diritto ogni 7 giorni a un periodo di almeno
24 ore consecutive da cumulare con le ore di riposo giornaliero, ossia per un totale di 24 + 11 ore, cioè 35 ore di
riposo consecutivo ogni settimana.

Il diritto del lavoratore a un periodo annuale di ferie retribuito e viene riconosciuto dalla costituzione, che ne
sancisce l’irrinunciabilità.
Il lavoratore ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuito non inferiore a 4 settimane, inclusi i giorni non
lavorativi, e la contrattazione collettiva può estendere tale periodo, ma non ridurlo. La collocazione temporale del
periodo di ferie spetta al datore di lavoro, tenuto conto degli interessi del lavoratore.
Fatte salve eventuali deroghe le ferie devono essere godute per almeno due settimane nel corso dell'anno di
maturazione, e per le restanti due nei 18 mesi successivi al termine di quell'anno.
Durante le ferie spetta la normale retribuzione; di norma il trattamento feriale è limitato alla retribuzione base e alle
voci più ricorrenti.
È previsto che il periodo di 4 settimane non possa essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute,
salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro, in quanto la ragione del riconoscimento delle ferie annuali è
connessa anche al soddisfacimento di primari bisogni fisici e personali.
Con il Jobs Act è stata introdotta la possibilità di cedere a titolo gratuito i riposi e le ferie maturati ad altri
dipendenti dello stesso datore di lavoro ("cessione solidale"), ma solo se finalizzate a consentire al lavoratore
beneficiario di assistere i figli minori che necessitano di assistenza per ragioni di salute.
Nel caso in cui sopravvenisse una malattia durante le ferie, questa ne sospenderebbe il decorso e il lavoratore è
legittimato a recuperare i giorni di ferie perduti > occorre che il lavoratore sia affetto da una malattia tale da
impedire in modo apprezzabile la fruizione delle ferie.

Il lavoro straordinario

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Lavoro straordinario = lavoro che eccede l'orario normale settimanale di 40 ore. È previsto che il lavoro
straordinario deve essere computato a parte e compensato con le maggiorazioni retributive previste dai contratti
collettivi> la legge rinvia dunque completamente ad essi.
La contrattazione collettiva può prevedere in alternativa, o in aggiunta alle maggiorazioni retributive, che i lavoratori
usufruiscano di riposi compensativi.
Il lavoro eccedente il limite orario stabilito dalla contrattazione collettiva se inferiore a 40 ore non è di per sé
straordinario agli effetti di legge, ma viene definito dalla contrattazione quale lavoro supplementare. Pertanto, nel
caso in cui la contrattazione collettiva preveda un limite settimanale di orario normale pari ad esempio a 36 ore, al
lavoro prestato oltre tale soglia - ma sempre entro il limite legale di 40 ore - non si applicherà la disciplina relativa al
lavoro straordinario, ma solo quella contrattuale prevista per il lavoro supplementare.

Il lavoro notturno
Una disciplina specifica è dedicata al lavoro notturno, cioè il lavoro svolto durante il periodo notturno (almeno 7 ore
consecutive comprendenti l'intervallo tra le 24 e le 5, consistente in almeno 3 ore del tempo giornaliero normale per un
minimo di 80 giorni lavorativi all'anno, o un'altra parte dell'orario di lavoro determinata dai contratti collettivi).
È espressamente previsto dalla legge il divieto di adibire al lavoro dalle 24 alle 6 le donne dall'accertamento dello
stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino. Non sono inoltre obbligati a prestare lavoro
notturno:
- la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a 3 anni o il lavoratore padre convivente con la stessa;
- la lavoratrice o il lavoratore unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a 12 anni;
- la lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore nei primi 3 anni dall'ingresso del minore in famiglia;
- la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile.

Obblighi procedurali per il datore di lavoro che voglia far ricorso al lavoro notturno: informare e consultare
sull'introduzione del lavoro notturno le RSA aderenti alle organizzazioni firmatarie del contratto collettivo applicato in
azienda.

L'orario di lavoro notturno non può comunque superare le 8 ore in media nelle 24 ore, salva l'individuazione, da
parte della contrattazione collettiva, di un periodo di riferimento più ampio sul quale calcolare tale limite come media.

CAPITOLO 9 LA FLESSIBILITÀ TIPOLOGICA

LE TIPOLOGIE CONTRATTUALI DI LAVORO SUBORDINATO


Strumento per l’analisi: modello di riferimento
L’art. 2094 c.c. è la norma di riferimento dell’intero sistema del diritto del lavoro, ha come paradigma un contratto ed
un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Art. 2094 c.c. e ss.: contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato / a tempo pieno (tipologia standard).
Esistono altri modi in cui un lavoratore subordinato può collaborare all’interno dell’impresa, queste tipologie si sono
succedute nel tempo per rispondere ad un'esigenza di flessibilizzazione riguardo alla struttura classica del lavoro
subordinato.
Il lavoratore può avere interesse ad altre tipologie contrattuali diverse da quella tradizionale.

9.1 MODELLI CHE SI DISCOSTANO DAL MODELLO DI RIFERIMENTO

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L’oggetto della «deviazione» rispetto al modello standard descritto dall’ art. 2094 cod.civ. si muovono su varie
direttrici:
1. la durata del rapporto di lavoro. Il legislatore ed il mondo produttivo hanno insistito molto sul contratto a termine
in quanto strumento di maggiore flessibilità da un certo punto di vista.
2. la durata e l’articolazione temporale della prestazione. Tipico risulta il caso del contratto di lavoro a tempo
parziale
3. la causa del contratto. Vengono presi in considerazione i contratti aventi anche natura formativa, in cui il datore di
lavoro ha una obbligazione retributiva da un lato e una obbligazione formativa dall’altro.
4. la dissociazione tra datore di lavoro ed utilizzatore della prestazione.
Attraverso diversi istituti l’utilizzatore della prestazione lavorativa non è il datore di lavoro : si parla di rapporti
trilaterali in cui il datore di lavoro formale può non coincidere con quello sostanziale. Si introduce quindi un terzo, un
altro soggetto, e questo vale sia per le ipotesi della somministrazione che nell’ambito dell’utilizzo di appalti di lavoro,
in cui il datore di lavoro tende a godere della prestazione di lavoratori non propri mediante un meccanismo di appalto.

1. Quando l’«atipicità» riguarda la durata del rapporto


9.2 IL CONTRATTO DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO
(cosa muove l’impresa ad utilizzare questa tipologia contrattuale? Fondamentalmente è che l’impresa non si vuole
legare per tutta la vita al lavoratore, successivamente è anche perché le imprese hanno dei progetti specifici, hanno
tempi diversi...)

💡Ratio: evitare che i rapporti a tempo indeterminato potessero trasformarsi in un vincolo perpetuo similmente ai
rapporti di natura servile
RICORDA: la possibilità per entrambi i contraenti di recedere liberamente, salvo l’osservanza dei termini di
preavviso, era proprio la conseguenza dello sfavore nei confronti dei vincoli «perpetui».

Il cambio di rotta
IL CONTRATTO A TERMINE (è l’opposto del contratto previsto negli anni ’80; dev’essere un’eccezione).
Interpretato come:
• ostacolo all’interesse alla continuità dell’occupazione
• privazione delle tutele garantite al dipendente dal contratto a tempo indeterminato

Conseguenza: evoluzione della normativa


Necessità di affermare che il contratto di lavoro è «normalmente» a tempo indeterminato.
r. d. l. 1825/1924, Art. 1: « Il contratto di impegno privato [...] può anche essere fatto con prefissione di un termine
[...]; tuttavia [...] l’aggiunzione del termine [...] giustificata dalla specialità del rapporto» → solo in questi casi si
può usare il contratto a termine e questo risponde all’esigenza di tutela del lavoratore.

Sanzioni > si applicano le disposizioni che presuppongono il contratto a tempo indeterminato, quando
l’aggiunzione del termine non risulti giustificata dalla specialità del rapporto ed apparisca fatta per eludere le
disposizioni sul contratto a tempo indeterminato».

Questioni: cosa si intende per «specialità» del rapporto? il legislatore ne precisa il contenuto?

La legge 230/1962: casi tassativi e specialità del rapporto

34
Vengono potenziati gli strumenti per limitare il ricorso al contratto a termine. Si prevede la possibilità di apporre un
termine al rapporto di lavoro (contrariamente a quanto previsto dall’art. 2097, abrogato) e quindi una durata
predeterminata, ma solo in specifici casi tassativi.

Ricorda: Il termine è un elemento accidentale del contratto.


Previsione tassativa delle ipotesi di utilizzo del contratto a termine > significa che soltanto nelle limitate ipotesi
previste dal legislatore è possibile ricorrere al contratto a termine. In assenza di tali ipotesi il contratto si trasformava
in un contratto a tempo indeterminato per evitare l’uso massiccio del contratto a termine.

• attività stagionali puntualmente elencate (sgusciatura delle mandorle; raccolta e spremitura delle olive; trattura della
seta; ecc.)
• sostituzione dei lavoratori assenti per malattia, infortunio maternità
• personale artistico o tecnico della produzione di spettacoli

Ma una serie di elementi spingono a un ulteriore utilizzo del contratto a termine che inizia a perdere quella
caratteristica di deroga, di residualità rispetto al contratto di lavoro a tempo indeterminato.

Dal sistema fordista al just in time: il contratto a termine come strumento di flessibilità
Volgendo lo sguardo al mercato:
Il fenomeno: crisi del sistema industriale taylorista/fordista.
Le cause: frammentazione del mercato di massa e diversificazione della domanda ed espansione globale dei confini
del mercato.
Gli effetti: l’efficienza dell’impresa si realizza attraverso la prontezza di risposta alle mutevoli esigenze dei mercati.

Si passa al sistema just in time (deve dare risposte)→ ricerca di flessibilità dell’impresa e ricerca di flessibilità delle
assunzioni.

Tutti i fattori produttivi, tra cui il lavoro, devono essere acquisiti ed arrivare in produzione nel preciso momento in cui
ve ne sia bisogno e nella quantità necessaria.
Si tratta di un modello orientato al massimo risparmio delle risorse e alla flessibilità organizzativa.

La «nuova» funzione del contratto a termine: strumento di flessibilità nell’/dell’organizzazione aziendale


Questione: come viene bilanciato il generale sfavore per il contratto a termine con la necessità «economica» di
promuoverlo come strumento di flessibilità?
Risposta: attraverso la riduzione della rigidità della disciplina e promozione dello strumento del contratto a termine.

La riduzione della rigidità attraverso gli spazi riservati alla contrattazione collettiva
La riduzione della rigidità attraverso gli spazi riservati alla contrattazione collettiva.
l. 56/1987: il legislatore riconosce alla contrattazione collettiva la possibilità di introdurre «altre» ipotesi di legittima
apposizione del termine rispetto a quelle tassativamente previste dalla legge.

Pensando all’espansione del contratto a termine: NON DIMENTICARE che spesso l’autonomia collettiva prevede il
ricorso al lavoro a termine per rispondere all’interesse generale all’occupazione.

35
Ulteriore funzione del contratto a termine:
Funzione di ridurre la disoccupazione: significa che per l’apposizione del termine non è più rilevante la specialità
del rapporto, quanto la particolare condizione del lavoratore (disoccupato).
Assumendo a termine si ha la certezza dei costi.
Il contratto a tempo determinato oltre i confini dello Stato.

La direttiva comunitaria 99/70/CE: i requisiti


Il diritto comunitario interviene:
Nota direttiva sul contratto di lavoro a tempo determinato: DIR 99/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a
tempo determinato del 18 marzo 1999
Anche la Comunità Europea riconosce «[...] la necessità di modernizzare l’organizzazione del lavoro attraverso
formule flessibili che garantiscano la produttività e la competitività delle imprese» → legittima l’utilizzo del
contratto a termine.
Ma le necessità economiche devono essere bilanciate con l’esigenza di tutela dei lavoratori.

Ma al tempo stesso precisa: « [...] I contratti di lavoro a tempo indeterminato rappresentano la forma comune di
rapporti di lavoro e contribuiscono alla qualità di vita dei lavoratori e a migliorarne il rendimento, mentre i contratti a
tempo determinato rappresentano una caratteristica dell’impiego in alcuni settori, occupazione e attività atte a
soddisfare sia i datori di lavoro che i lavoratori»

RICORDA: che tra le disposizioni previste a tutela dei lavoratori, la direttiva precisa le misure utilizzabili dagli Stati
per prevenire un utilizzo abusivo del contratto a termine ed evitare che il ricorso a questa tipologia contrattuale
condanni il lavoratore ad una «perpetua» precarietà.

Le misure per prevenire gli abusi.


Le legislazioni degli Stati membri devono prevedere che in caso di ricorso al contratto a termine vengano specificate:
• le ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo
• la durata massima totale dei contratti successivi
• il numero dei rinnovi possibili dei suddetti contratti
• il primo contratto non deve essere oggetto di limitazioni di legge, perché la stessa direttiva comunitaria riconosce la
effettiva necessità di una flessibilità organizzativa dell’impresa.

Obiettivo: la preoccupazione del legislatore è quella di prevenire gli abusi derivanti dalla successione nel tempo di
diversi contratti a termine.

• si tratta di misure alternative fra loro


• permettono di controllare le «successioni» dei contratti a termine
• non riguardano il primo contratto (il primo contratto è “libero”)

Il D.Lgs. 368/2001 e i contenuti della clausola generale

L’ Italia e l’attuazione della Direttiva sul contratto a termine


D.Lgs. 368/2001: abroga la l. 230/1962 e successive modifiche

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Art. 1 (causalone, c’è dentro un po’ di tutto): «È consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di
lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo»→ è lasciato
all’interpretazione: È UN PROBLEMA
Chi decide se esistono ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo?
In caso di contestazione decide il giudice.
La conseguenza dell'assenza delle legittime ragioni consiste nella trasformazione del contratto a termine in
contratto a tempo indeterminato.

Il legislatore non predetermina più le «ipotesi speciali» di legittima apposizione del termine > Dunque, necessità di
dare un contenuto alla clausola (o norma) c.d. generale delle «ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e
sostitutivo».

I contenuti della clausola generale


Ragioni di carattere tecnico: far fronte ad esigenze per l’esecuzione di una complessa e transitoria attività che
richiede mansioni non rintracciabili nell’attuale contesto aziendale (manca il jolly).
Ragioni di carattere produttivo: provvedere ad un incremento straordinario, occasionale e non prevedibile
dell’attività aziendale (tutto ciò che è prevedibile non rientra in questa categoria).
Ragioni di carattere organizzativo: provvedere alla copertura di posti vacanti a causa di processi di
riorganizzazione e ristrutturazione in atto oppure di inizializzazione di nuovi processi produttivi.
Ragioni di carattere sostitutivo: provvedere alla copertura di posti resi temporaneamente vacanti.

Le suddette ragioni giustificano l’apposizione del termine se fondate su esigenze di carattere temporaneo
(Giurisprudenza).
Se le esigenze sono di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo, MA non sono temporanee il datore di
lavoro deve assumere (o il Giudice riqualificherà il rapporto) a tempo indeterminato > perché il contratto a tempo
indeterminato continua ad essere la forma “comune” di rapporto di lavoro.

Presupposti e la sanzione in caso di difetto delle ragioni giustificatrici:


• Il datore di lavoro deve precisare per iscritto il termine se manca si può fare ricorso e chiedere la trasformazione a
tempo indeterminato.
• Le ragioni che giustificano l’assunzione a tempo determinato devono essere indicate perché c’è la verifica da parte
del giudice dell’inesistenza di un nesso di causalità tra le esigenze addotte dal datore di lavoro e la singola assunzione
a termine.
> Il rapporto si considera a tempo indeterminato fin dalle origini (da quando l’ho costituito) = conversione del
contratto a termine

Dunque: Trib. Milano 21 novembre 2006: «Le ragioni giustificatrici dovranno essere di immediata percezione e
ciò allo scopo di consentire al lavoratore ed al giudice di valutare l'effettività della causale allegata per evitare che la
clausola del termine sia utilizzata in frode alla legge anche laddove non ricorrano reali esigenze aziendali».

La corsa verso la «liberalizzazione» del contratto a termine


Dall’attuazione della Direttiva Europea con il D.Lgs. 368/2001 ad oggi, numerosi sono stati gli interventi del
legislatore sulla disciplina del contratto a termine, finalizzati quasi sempre a favorire il ricorso.

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Le tappe principali:

La L. 133/2008 e la non temporaneità


La l. 133/2008 propone un’espansione «qualitativa» delle ragioni che giustificano l’apposizione del termine

Art. 1 D.Lgs. 368/2001 «È consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a
fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo anche se riferibili alla ordinaria attività
del datore di lavoro»

- Rimane il requisito delle ragioni di carattere tecnico, produttivo...ma si innova prevedendo che può trattare anche di
un’attività lavorativa/organizzativa ordinaria (prima solo attività straordinarie)
- Viene meno il carattere della temporaneità delle esigenze che prima legittimava il ricorso al contratto a termine

La L. 92/2012 (legge Fornero) e la a-causalità


Il contratto a termine diventa a-causale > non vige l’obbligo di specificare il motivo dell’assunzione e qui c’è stato
un boom delle assunzioni a termine e questo gioca un ruolo fondamentale anche sul piano dell’occupazione dei
lavoratori.

➔ Art. 1 d.Lgs. 368/2001, comma 1-bis: «Il requisito di cui al comma 1 non è richiesto nell'ipotesi del primo
rapporto a tempo determinato, di durata non superiore a dodici mesi, concluso fra un datore di lavoro [...] e un
lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione [...]»

La l. 78/2014 e il consolidamento dell’ a-causalità


L. 78/2014: la generale legittimazione del contratto a termine acausale. Il contratto è sempre a causale.

Art. 1 comma 1 D.Lgs. 368/2001: «E' consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro
subordinato di durata non superiore a trentasei mesi, comprensiva di eventuali proroghe, concluso fra un datore di
lavoro e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione [...], il numero complessivo di contratti a
tempo determinato stipulati da ciascun datore di lavoro ai sensi del presente articolo non può eccedere il limite del 20
per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato [...]»

Il legislatore italiano si conforma alle prescrizioni europee:


Art. 4: «Il termine del contratto a tempo determinato può essere, con il consenso del lavoratore, prorogato solo
quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni.
In questi casi le proroghe sono ammesse, fino ad un massimo di cinque volte, nell'arco dei complessivi trentasei
mesi, indipendentemente dal numero dei rinnovi, a condizione che si riferiscano alla stessa attività lavorativa per la
quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato. Con esclusivo riferimento a tale ipotesi la durata
complessiva del rapporto a termine non potrà essere superiore ai tre anni».

La legittima apposizione del termine non è più connessa all’esistenza di ragioni giustificatrici, ma al rispetto di:
• limiti temporali: durata massima 36 mesi comprensivi di proroghe e rinnovi. Non è possibile quindi apporre un
termine superiore a 36 mesi salvo una sola proroga di un anno davanti alla Dtl Direzione Territoriale del Lavoro CON
AUTORIZZAZIONE.

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• limiti numerici: non può eccedere 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al primo gennaio
dell’anno di assunzione o diversi tetti individuati dalla contrattazione collettiva)

• Numero delle proroghe: sono ammesse, fino ad un massimo di 5 volte, nell'arco dei complessivi 36 mesi,
indipendentemente dal numero dei rinnovi.

Il d.lgs 81/2015 - Job’s Act


Ulteriore svolta: massima flessibilità con il Jobs Act (d.lgs 81/2015 art. 19-29) → (la normativa introdotta dal
governo Renzi nel 2015, essa riscrive tutta la disciplina dei diversi contratti atipici con una serie di modificazioni nel
senso della maggiore flessibilità) abroga la disciplina del contratto a termine riconfermando, tuttavia, l’impianto della
l. 74/2014.

Ma con qualche precisazione sulle sanzioni in caso di violazione dei «limiti», in caso di:
● violazione dei limiti temporali
➔ trasformazione in contratto a tempo indeterminato dalla data del superamento
● violazione del numero delle proroghe > entro 36 mesi
➔ trasformazione in contratto a indeterminato dalla data di decorrenza della proroga «illegittima»
● violazione dei limiti quantitativi > 20%
➔ sanzione amministrativa

Necessità di impugnare, a pena decadenza, il contratto a termine nel doppio termine di 120 giorni per
l’impugnazione stragiudiziale; 180 giorni per quella giudiziale e stabilisce che in caso di trasformazione del
contratto a termine, il lavoratore possa percepire un’indennità fissa in un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità
che vale a ristorare l’intero danno subito dal lavoratore.

I divieti nel ricorso al contratto a termine (il contratto a termine non è sempre premesso)
• per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero
• presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi che abbiano
riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato (crisi
dell’azienda)
• presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell'orario, con diritto al
trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a
termine (crisi dell’azienda)
• da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi

Le modifiche introdotte dal c.d. Decreto Dignità (Di Maio ex ministro del lavoro)→ “distruzione” del contratto a
termine.
Con il d.l. n. 87/2018 viene reintrodotto il sistema delle causali (le giustificazioni) nel contratto a termine: necessità di
specificare la causale per i contratti di durata superiore ai 12 mesi.
• fino a 12 mesi il contratto può essere a-causale
• trascorsi i 12 mesi devono essere necessariamente presenti e specificate le causali previste dalla legge.

Proroghe e rinnovi:
• Viene limitato il numero: non più 5 ma massimo 4

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• Le proroghe che comportino il superamento o che comunque eccedano i 12 mesi debbano essere sorrette dalla
causale
• Anche tutti i rinnovi, rientranti nei primi 12 mesi o successivi debbano essere sorretti dalla causale.

La durata:
Sempre il Decreto Dignità ha modificato la disciplina con riguardo alla durata massima del contratto e della
successione dei diversi contratti a termine, che oggi non potranno avere, in entrambi i casi, durata superiore (non più a
36) ma a 24 mesi. 

La modifica legislativa, infine, ha limitando il numero delle proroghe che divengono al massimo quattro, fermo
restando il limite temporale complessivo, ora di 24 mesi.

Le causali: (ciò che rende impossibile ad oggi adottare un contratto a termine):

a) esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri
lavoratori.
• Esigenze di sostituzione: è la stessa causale che era prevista nella disciplina del 2001.
• Esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività:
❖ Ritorna il carattere della temporaneità
❖ Le esigenze dovranno essere oggettivamente riscontrabili
❖ Estranee rispetto all’attività ordinaria, il contratto dev’essere concluso per attività che non rientrino in quelle
normalmente svolte dall’azienda. Un parametro può essere anche l’oggetto sociale.

b) esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell'attività ordinaria.


❖ A differenza che nella lettera a), qui si è nel campo dell’attività ordinaria
❖ Anche in questo caso, carattere della temporaneità
❖ Significativi: problema, chi lo determina? E con riferimento a che momento? Presumibilmente una valutazione ex
ante
❖ Non programmabili: si escludono quindi tutti gli incrementi di attività che hanno una certa cadenza, come i picchi
di attività stagionali es. saldi, festività…

Dalla ratio e dalla formulazione della norma sembra che i tre requisiti debbano sussistere congiuntamente, e risulta
particolarmente significativo il fatto che l’esigenza debba derivare da incrementi “non programmabili”: dovrà
escludersi la possibilità di far ricorso a tale casuale per giustificare assunzioni a tempo determinato di personale da
impiegare nelle punte stagionali, casi nei quali l’incremento di attività risulta invece programmabile.

Riepilogando, attualmente i limiti alla possibilità di stipulare contratti a tempo determinato sono sia di tipo
quantitativo che di tipo qualitativo: limitatamente ai primi dodici mesi di contratto opereranno esclusivamente i limiti
di carattere quantitativo, superati i dodici mesi ai limiti di carattere quantitativo, che rimangono fermi, si
aggiungeranno anche quelli di carattere qualitativo.
Successivamente a questo, ci furono dei cali di assunzione a tempo determinato.

2. Quando l’«atipicità» riguarda la durata e l’articolazione temporale della prestazione


9.3 IL LAVORO A TEMPO PARZIALE (può essere un’opportunità) → questa tipologia viene introdotta negli anni
’80 ma viene snobbata, viene accolta positivamente però nelle pubbliche amministrazioni.

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RIFERIMENTI NORMATIVI
• D.Lgs. 61/2000 (e successive modifiche)
• Oggi abrogato e riscritto dal Jobs Act (art. 4-12 d. lgs. 81/2015)
Per non dimenticare le fonti «multilivello» del diritto del lavoro:
• Direttiva (comunitaria) sul tempo parziale 97/81/CE attuativa dell’Accordo collettivo quadro a livello europeo del
6 giugno 1998

Definizione: nel lavoro a tempo parziale la prestazione lavorativa è quantitativamente inferiore a quella
dell’orario normale a tempo pieno determinata dalla legge o dai contratti collettivi (è la riduzione dell’orario rispetto
all’orario normale).
Ricorda: orario normale di lavoro → prima era 48 ore
• Fonte legale: 40 ore settimanali (ma multiperiodali = si possono superare le 40 ore settimanali se in un altro periodo
sono al di sotto delle 40 ore settimanali)
• Fonte negoziale: < 40 ore settimanali (meno)

💡 Ratio:
• soddisfare l’interesse di alcune fasce di lavoratori indisponibili ad un lavoro a tempo pieno (donne; studenti
lavoratori)
• rispondere alle esigenze di piena occupazione (aumentare il numero di occupati)

Le «vecchie» tre tipologie del part-time:


➔ PART-TIME ORIZZONTALE: la riduzione dell’orario è prevista in relazione al solo orario normale giornaliero di
lavoro.
Esempio: 4 ore al giorno per l’intera settimana
➔ PART-TIME VERTICALE: l’attività lavorativa è svolta ad orario giornaliero pieno, ma limitatamente a periodi
predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno.
Esempio: Nella settimana 8 ore al giorno per 3 giorni
➔ PART-TIME MISTO: risulta dalla combinazione delle modalità orizzontale e verticale.
Esempio: Nella settimana 4 ore al giorno per quattro giorni
Oggi il d.lgs 81/2015 elimina le distinte «tipologie»

I vincoli (sempre Jobs Act)


La forma scritta: → per la verifica
● del contratto
● della riduzione dell’orario
● della collocazione temporale dell’orario (quando lavoro)

Le sanzioni
> Sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno se l’assenza di forma scritta riguarda l’accordo
relativo al part-time e le clausole di riduzione dell’orario.
> Il giudice determina la distribuzione dell’orario di lavoro: se l’assenza di forma scritta riguarda la collocazione
temporale dell’orario.

41
I criteri di riferimento del giudice: contemperamento delle esigenze del datore di lavoro con quelle del lavoratore
(responsabilità familiari) (art. 10, c. 2 d.lgs. 81/2015).

E’ riconosciuto al datore di lavoro una flessibilizzazione «temporale» del lavoratore, vi sono due ulteriori
meccanismi di flessibilità relativi al contratto di lavoro a tempo parziale:
1) Le variazioni in aumento dell’orario di lavoro:
• il lavoro supplementare
• le clausole elastiche

IL LAVORO SUPPLEMENTARE
Variazione «unilaterale» in aumento dell’orario di lavoro: il datore di lavoro richiede al lavoratore lo svolgimento
di lavoro supplementare, in aggiunta a quello concordato ma entro il limite legale delle 40 ore.
LIMITI AL POTERE DATORIALE:
● i contratti collettivi definiscono il numero massimo di ore e le causali per il ricorso al lavoro supplementare.
● in assenza di contratti collettivi il datore di lavoro può chiedere lo svolgimento di prestazioni di lavoro
supplementare in misura non superiore al 25% delle ore di lavoro settimanali concordate (una soglia
massima).
● in ogni caso: maggiorazione del 15% della retribuzione oraria globale di fatto per il lavoro supplementare.
N.B. il lavoratore può rifiutare lo svolgimento del lavoro supplementare se prova l’esistenza di esigenze lavorative,
di salute, familiari o di formazione professionale.
La Corte costituzionale al suo tempo disse che non può esserci nel nostro ordinamento giuridico part-time a chiamata.

LE CLAUSOLE ELASTICHE
Variazione pattuita:
• Della collocazione temporale della prestazione. Es. spostare al pomeriggio la prestazione lavorativa originariamente
concordata al mattino
• In aumento dell’orario di lavoro (sempre entro il limite delle 40 ore). Es. aumentare l’orario di lavoro ridotto
LIMITI:
• rispetto delle previsioni collettive in materia
• la variazione deve essere oggetto di uno specifico patto scritto
• diritto al preavviso di due giorni da parte del datore di lavoro
• diritto a «specifiche compensazioni» per il sacrificio sofferto (es. maggiorazioni retributive o riposi compensativi)

E se la contrattazione collettiva nulla prevede? (ma di solito prevede)

💡
• pattuizione per iscritto delle clausole dinanzi alle commissioni di certificazione
Ratio: la volontà del lavoratore è tutelata in una sede protetta

Questione: può il lavoratore che ha sottoscritto il patto ripensare alla disponibilità ad essere «elastico»?
Si «diritto al ripensamento»:
• gravi ragioni di salute del lavoratore, dei familiari
• ragioni di studio e di formazione
RICORDA: il rifiuto del lavoratore di concordare variazioni dell’orario di lavoro non costituisce giustificato motivo
di licenziamento.

42
Quando c’è il diritto al part-time? In caso di:
• lavoratori affetti da patologie oncologiche
• lavoratrici che optano per il part time in luogo del congedo parentale facoltativo.

IL PRINCIPIO CARDINE DELLA DIRETTIVA: principio di non discriminazione per i lavoratori part-time.
Il lavoratore part-time, pur avendo un orario diverso è un lavoratore subordinato come tutti gli altri

Il passato: IL LAVORO RIPARTITO (JOB SHARING) (abrogato con il Job’sAct)

D.Lgs. 276/2003 (riforma Biagi), Art. 41-45: «[...]speciale contratto di lavoro con il quale due lavoratori assumono
in solido l’adempimento di un’unica prestazione» → guerra tra poveri
In altre parole:
• due persone si dividono «lo stesso posto di lavoro»
• i lavoratori possono gestire autonomamente e discrezionalmente la ripartizione dell'attività lavorativa ed effettuare
sostituzioni fra loro
• entrambi i lavoratori sono direttamente e personalmente responsabili dell'intera obbligazione

💡
lavorativa
Ratio: bilanciamento tra le esigenze di flessibilità delle imprese e le esigenze dei lavoratori Ma: Jobs Act (art. 55 c.
1 lett. d) d.lgs. 81/ 2015) abroga la disciplina

9.4 IL LAVORO INTERMITTENTE O «A CHIAMATA» → è subordinato


Art. 13-18 d.lgs. 81/2015, già d. lgs. 276/2003 art. 33-40: «il contratto mediante il quale un lavoratore si pone a
disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione per lo svolgimento di prestazioni di
carattere discontinuo o intermittente».
Il contratto nasce come un contratto senza obblighi per le parti:
• il datore di lavoro può utilizzare la prestazione
• il lavoratore non è obbligato a rispondere alla chiamata
Salvo: il lavoro intermittente con obbligo di disponibilità da parte del prestatore che dovrà rispondere alla chiamata,
pena la possibile legittima risoluzione del contratto e in tal caso: è presente una corresponsione di un'indennità c.d. di
«disponibilità» → non vi è quasi mai.

Con questa tipologia, siamo ai confini del lavoro irregolare

Presupposti:
• esigenze oggettive individuate dai contratti collettivi (qualsiasi livello) o dai decreti ministeriali.
• individuazione, ad opera della contrattazione collettiva, di periodi dell’anno «predeterminati nell’arco della
settimana, del mese, dell’anno» durante i quali ricorrere a questa tipologia
contrattuale
• ragioni soggettive legate all’età dei lavoratori (max 24 anni, min. 55).

I limiti quantitativi al ricorso al lavoro intermittente:


• per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro per un periodo complessivamente non superiore alle
quattrocento giornate di effettivo lavoro nell'arco di tre anni solari.

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Sanzione: conversione in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.

I divieti al ricorso al lavoro intermittente


• sostituzione di scioperanti
• nelle unità produttive che hanno proceduto a licenziamenti collettivi
• imprese che non hanno effettuato la valutazione dei rischi

Misure contro l’utilizzo abusivo del lavoro intermittente (comunicazione preventiva)


Utilizzato per coprire il lavoro nero, irregolare, in caso di ispezioni.
Durante i periodi di non lavoro il lavoratore non è titolare di alcun diritto riconosciuto ai lavoratori subordinati.
> Ne deriva l’importanza di distinguere periodo di lavoro e di non lavoro e di controllare la durata di ogni chiamata.

Alla luce di prassi scorrette prima dell’utilizzo della prestazione:


Obbligo di comunicazione alla DTL della durata della prestazione > in caso di violazione c’è una sanzione
amministrativa.

9.5 IL LAVORO OCCASIONALE


Il lavoro occasionale si atteggia come il risultato della proposta di referendum abrogativo della disciplina del
voucher.
Il legislatore consente ora di distinguere abbastanza chiaramente due figure:
a) le prestazioni occasionali
b) il contratto per prestazioni occasionali.

1. Le prestazioni occasionali
Prima del recente intervento le prestazioni occasionali erano riconducibili al lavoro autonomo, purché con un reddito
annuo non superiore a 5000 euro e senza obbligo di iscrizione separata INPS.
Il lavoratore occasionale ha diritto all’assicurazione INPS e INAIL, al riposo giornaliero e alle pause e riposi
settimanali.
I compensi sono esenti da imposizione fiscale e non incidono sullo stato di disoccupato.
• sono destinate alle persone fisiche al di fuori dell’esercizio di un’attività professionale o di un’impresa
• vengono formalizzate attraverso il “libretto di famiglia”. Il meccanismo prevede l’iscrizione di datore e lavoratore a
un portale gestito dall’INPS. I datori utilizzatori possono acquistare attraverso la piattaforma il “Libretto Famiglia” per
il pagamento delle prestazioni occasionali. (es. lavori domestici, giardinaggio, assistenza ai bambini e anziani,
insegnamento privato). Nel Libretto i titoli hanno valore nominale di 10 euro e sono utilizzabili per compensare
prestazioni di durata non superiore a un’ora.
• Le singole prestazioni con la comunicazione dei dati identificativi del prestatore, del compenso, del luogo, data..
sono gestite in via telematica

2. Il contratto per prestazioni occasionali


Un impiego professionale presuppone invece l’instaurazione del contratto a prestazione occasionale.
È il contratto mediante il quale un utilizzatore acquisisce con modalità semplificate prestazioni di lavoro
occasionali o salutarie di ridotta entità

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• È destinato ad utilizzatori in qualche modo “professionali” (professionisti, lavoratori autonomi, imprenditori,
associazioni, fondazioni, altri enti privati). Utilizzabile solo dai datori di lavoro che abbiano alle proprie dipendenze
non oltre 5 lavoratori
• Non è imposta alcuna formalizzazione . Ma l’utilizzatore, per evitare abusi, è tenuto a trasmettere almeno un’ora
prima dell’inizio della prestazione attraverso il portale informatico INPS una dichiarazione contenente i dati
identificativi del lavoratore, il luogo della prestazione, oggetto, data, compenso
• Il compenso al prestatore viene erogato direttamente dall’INPS entro il 15 del mese successivo
• È vietato nel settore agricolo, edilizia, esecuzione di appalti, opere e servizi
• Di tale contratto possono avvalersi le PA per esigenze temporanee o eccezionali e in ambiti definiti (attività di
solidarietà)

Per evitare abusi e favorire controlli in tempo reale, l’utilizzatore professionale è però tenuto a trasmettere almeno
un’ora prima dell’inizio della prestazione, attraverso il portale informatico dell’INPS.

Entrambe le ipotesi sono sottoposte a particolari limiti:


a. Per ciascuno prestatore, con riferimento alla totalità degli utilizzatori, compensi di importo complessivamente non
superiore a 5000 euro.
b. Per ciascun utilizzatore, con riferimento alla totalità dei prestatori, compensi di importo complessivamente non
superiore a 5000 euro.
c. Per le prestazioni complessivamente rese da ogni prestatore in favore del medesimo utilizzatore, a
compensi di importo non superiore a 2500 euro.

Sanzioni:
In caso di superamento dei limiti
> il rapporto si converte in rapporto a tempo pieno e indeterminato (ciò non vale per le PA né per gli utilizzatori non
professionali)

In caso di caso di violazione dell’obbligo di comunicazione preventiva dell’inizio della prestazione;


E in caso di impiego delle prestazioni occasionali da parte di utilizzatori esclusi dalla legge (datori > 5 dipendenti,
settore agricolo, edile,..)
> Sanzione amministrativa da 500 a 2500 euro

3. Quando l’atipicità» riguarda la causa del contratto... (causa formativa)


Si stipula un contratto di lavoro subordinato per creare un meccanismo di corrispettività tra la prestazione di lavoro e il
pagamento di una retribuzione
La causa tipica del contratto di lavoro subordinato è lo scambio tra prestazione e retribuzione a cui si aggiunge
quell’obbligo di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro
Come si può complicare la causa del contratto? Si può complicare introducendo dentro questo sinallagma, cioè questo
rapporto corrispettivo tra le prestazioni, un elemento ulteriore che è quello formativo: il datore di lavoro non solo
paga la prestazione ma svolge un’attività, in parallelo, formativa.

9.6 IL CONTRATTO DI FORMAZIONE E LAVORO (eliminato nel privato, consentito solo nelle PA)

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In principio fu il contratto di formazione e lavoro introdotto nel nostro ordinamento dalla legge n.863/1984 a essere il
contratto con funzione anche formativa, anche se aveva prevalentemente una funzione occupazionale in quanto
funzionava bene.

La causa mista: allo scambio tra lavoro e retribuzione si aggiunge l’obbligo formativo a carico del datore di lavoro.

Il meccanismo consentiva alle imprese di assumere con un contratto a tempo determinato e formativo (il cfl)
garantendosi
- da un lato la possibilità di recedere alla sua scadenza (al massimo biennale)
- dall’altro inquadrando in un più basso livello contrattuale con una retribuzione a sua volta inferiore

Il d.lgs. 276/2003 elimina il CFL per tutti i datori di lavoro privati.


Consentito esclusivamente per la pubblica amministrazione

9.7 IL CONTRATTO DI APPRENDISTATO (è l’erede del contratto di formazione e lavoro)→ riguarda


determinate fasce d’età e quindi di lavoratori (dà accesso al mercato del lavoro).
Il contratto di apprendistato è un contratto di lavoro a causa mista attraverso il quale un soggetto si pone a disposizione
di un altro soggetto in cambio di formazione e poi retribuzione.
Ma dopo numerosi interventi si approda al Testo Unico sull’apprendistato, d.lgs. 167/2011 (anch’esso più volte
modificato).
Ma anche tale provvedimento «è caduto sotto la mannaia del furore riformistico renziano».
Oggi disciplina abrogata (fino ad un certo punto) e riscritta dagli art. 41-47 d.lgs. 81/2015 Renzi

LA CAUSA MISTA
= La causa tipica prestazione di lavoro contro retribuzione viene arricchita con la finalità formativa.
Senza dimenticare le finalità occupazionali → si favorisce l’occupazione dei giovani che costa meno in termini
contributivi e anche in termini di retribuzione, si assume ad un livello inferiore perché gli viene dato altro, cioè la
formazione
Art. 41: « [...] È un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e all’occupazione dei
giovani».

I TRE TIPI di apprendistato


1. apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il
certificato di specializzazione tecnica superiore:
- rivolto ai giovani tra i 15 e 25 anni
- teso a far maturare non solo la qualifica professionale ma decorsi i tre anni anche un diploma professionale, e
certificato di specializzazione tecnica superiore
- durata non superiore a 3 anni o a 4 nel caso di diploma professionale quadriennale
2. apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere:
- rivolto ai soggetti tra 18 e 29 anni,
- finalizzato al conseguimento della qualifica professionale con formazione pratica e teorica ai fini dell’inquadramento
nel contratto collettivo applicato in azienda
- durata non superiore ai 3 anni
3. apprendistato di alta formazione e ricerca:

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- per i giovani tra i 18 e 29 anni in possesso di un diploma di istruzione secondaria superiore
- Finalizzato al conseguimento del titolo di studio universitario e di alta formazione, compresi i dottorati di ricerca, o
allo svolgimento di attività di ricerca, o di praticantato per l’accesso alle professioni il cui esercizio è regolato dagli
ordini professionali
- con una competenza mista Regioni-Università

La disciplina generale comune ai vari tipi è frutto di una ripartizione delle competenze tra legge e contrattazione
collettiva.

LA DISCIPLINA COMUNE (nella legge)


Requisiti di forma:
• stipulazione per iscritto del contratto
• obbligo della previsione almeno sintetica del piano formativo individuale
• durata minima non inferiore a 6 mesi
• terminato il periodo di apprendistato, il datore di lavoro può recedere ad nutum (liberamente, rispettando i
termini del preavviso). In caso di mancato recesso, il rapporto di lavoro prosegue come ordinario rapporto di lavoro
subordinato a tempo indeterminato

LA DISCIPLINA COMUNE (nella contrattazione collettiva)


→ la disciplina del contratto di apprendistato trova la propria fonte nella contrattazione collettiva.
Rimessa ad appositi accordi interconfederali ovvero ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle
associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

INCENTIVI ALL’UTILIZZO DELLA TIPOLOGIA IN ESAME


• possibilità di inquadrare l’apprendista fino a due livelli inferiori rispetto alla categoria corrispondente alla qualifica
da conseguire
• possibilità di stabilire la retribuzione dell’apprendista in misura percentuale ed in modo graduale all’anzianità di
servizio
• possibilità anche con il concorso delle regioni di finanziare i percorsi formativi aziendali per il tramite di fondi
paritetici interprofessionali (dal Fondo sociale europeo)
• possibilità del recesso ad nutum al termine del periodo di formazione
• agevolazioni contributive
• non computabilità degli apprendisti nell’organico ai fini dell’applicazione di discipline speciali (lavoratore
trasparente, c’è ma non si conta).

Limiti all’utilizzo della tipologia per fini elusivi:


• limite quantitativo alle assunzioni mediante contratto di apprendistato nella medesima impresa. Vi è un numero
massimo di apprendisti anche se assunti con un contratto di somministrazione a tempo indeterminato
- proporzione di 3 a 2 rispetto i lavoratori specializzati già presenti.
- un rapporto 1 a 1 per datori con meno di 10 dipendenti. Il rapporto tra num. apprendisti e lavoratori specializzati non
può superare il 100%
- un massimo di 3 apprendisti per datori senza o con non più di 3 lavoratori specializzati/qualificati

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• assunzione di nuovi apprendisti condizionata alla «stabilizzazione» di una percentuale di apprendisti che hanno
concluso il periodo di formazione → finalità occupazionale

Sanzioni:
• In caso di violazione dei limiti > Conversione del contratto a tempo indeterminato sin dalla data della
costituzione del rapporto
• In caso di violazione della percentuale di stabilizzazione > assunzione di un solo apprendista senza alcuna
sanzione. Gli altri assunti in violazione della % sono considerati lavoratori subordinati a tempo indeterminato sin dalla
data di costituzione del rapporto
• In caso di mancato adempimento, da parte del datore, nella erogazione della formazione > solo sanzione economica

IL CONTRATTO DI INSERIMENTO → più moderno


La causa mista: allo scambio tra lavoro e retribuzione si aggiunge la realizzazione di un progetto individuale di
adattamento alle competenze professionali del lavoratore al fine dell’ inserimento o reinserimento nel mercato del
lavoro.
Introdotto dal D.Lgs. 276/2003, a seguito dell’eliminazione del CFL, è stato abrogato dalla L. 92/2012 («Riforma
Fornero»)

IL LAVORO AGILE (SMART WORK)


Con la l. n 81/2017 viene introdotta una nuova modalità di rapporto di lavoro subordinato: il lavoro agile o smart work

La norma lo definisce prevedendo “La prestazione lavorativa viene eseguita in parte all’interno di locali aziendali e
in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro
giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva” (art.18)

Quindi viene prevista la possibilità di svolgere parte della prestazione dalla propria abitazione o comunque da un
luogo differente da quello di lavoro (anche se soprattutto nelle imprese multinazionali era già prevista da numerosi
contratti collettivi prima dell’intervento legislativo).

Il lavoro agile si pone come successore del telelavoro, previsto a livello di accordo quadro europeo, con scarso
successo però nelle nostre realtà salvo il settore pubblico.
Il lavoro agile costituisce una modalità di svolgimento di lavoro utilizzabile nell’ambito di contratti di lavoro
subordinato sia a tempo determinato e indeterminato.

Finalità
Le finalità che portano le imprese e il lavoratore a ricorrere al lavoro agile sono molteplici:
- Il lavoratore può agevolare la conciliazione dei tempi d vita e di lavoro (eliminando ad es. i tempi per gli
spostamenti)
L’azienda ne beneficia in termini di maggior rendimento del lavoratore e di risparmio di alcuni costi legati alla
presenza fisica

L’accordo individuale
La l. n. 81/2017 demanda ad un accordo individuale tra le parti

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- la previsione delle modalità di svolgimento del lavoro agile: tempi della prestazione e di riposto – diritto alla
disconnessione – e i luoghi in cui può svolgere prestazione.
- L’accordo disciplina l’esercizio del potere di controllo da parte del datore sulla prestazione resa all’esterno dei locali
aziendali
- individua le condotte connesse all’esecuzione della prestazione lavorativa all’esterno che danno luogo
all’applicazione di sanzioni disciplinari.

L’accordo può essere sia a tempo determinato che indeterminato.

Recesso:
La legge disciplina anche la possibilità di recesso che sarà subordinato al rispetto di un periodo di preavviso di
almeno 30 giorni nel caso di contratto a tempo indeterminato.
- Onere escluso solo in presenza di giustificato motivo
- Consentito nel caso di contratto a tempo determinato solo in presenza di giustificato motivo

Parità di trattamento
Un principio fondamentale nel lavoro agile è la parità di trattamento, i lavoratori hanno “diritto ad un trattamento
economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato in attuazione dei contratti collettivi di cui
art 51 dlgs 15 giugno 2015 n.81 nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente
all’interno dell’azienda”

- Al lavoratore che svolge la prestazione di lavoro agile è garantita la protezione della salute e della sicurezza da parte
del datore che annualmente deve consegnare un’informativa scritta in cui sono individuati i diversi rischi a cui è
sottoposto il lavoratore
- Il lavoratore avrà diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dipendenti da rischi
connessi alla prestazione lavorativa resa all’esterno dei locali aziendali
- Alla tutela contro gli infortuni sul lavoro occorsi durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di
abitazione a quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali

4. Quando l’«atipicità» riguarda la dissociazione tra datore di lavoro e utilizzatore della prestazione.
LA SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO e IL CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE
Vedi capitolo dopo

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