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Varano Integrato 2017/18 Sistemi Giuridici Comparati Professora V.

Barsotti

Appunti di Giurisprudenza
del CSX - Centrosinistra per l’Università

CSX mette questo documento a disposizione delle studentesse e degli


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V. Varano - V. Barsotti

La Tradizione Giuridica Occidentale

Capitolo 1° Introduzione al diritto Comparato


1. L’EVOLUZIONE DEL DIRITTO COMPARATO 

E DEL SUO INSEGNAMENTO.
Dalla fine degli anni 70’ gli insegnamenti comparatistici si sono diffusi nelle facoltà
italiane e non solo giuridiche; la loro crescita e la loro diffusione è stata favorita dalla
globalizzazione dell’economia e dall’intensificarsi dei rapporti commerciali e culturali.
Fra questi insegnamenti spicca quello di Sistemi giuridici comparati, che ha lo scopo
di stimolare lo studente a prendere coscienza dell’esistenza di altre e diverse tradizioni
giuridiche, rispetto alla propria.

Sebbene l’attenzione degli studiosi del diritto nei confronti del fenomeno della diversità
si intensifichi agli inizi del 1900, questa è costante nel corso della storia; già prima di
allora, alcuni storici, filosofi e giuristi hanno mostrato interesse per la diversità delle
istituzioni giuridiche: Platone, i decemviri romani, Fortescue e Montesquieu.

Il 1800 invece è caratterizzato da una chiusura netta nei confronti di ciò che è estraneo,
si tratta del secolo delle codificazioni e sopratutto del secolo dello statualismo. 

Tuttavia anche in questo clima NON mancano eventi che testimonino l’importanza 

della comparazione giuridica, come la fondazione di alcune società, quali:

• la Société de Législation Comparée,

• la Society of Comparative Legislation.

Il 1900 può essere indicato come data di nascita del diritto comparato moderno: 

a Parigi si svolge il Congresso internazionale di diritto comparato, sotto la spinta di
Raymond Saleilles e di Edouard Lambert, che coltivano l’idea utopica di creare un
diritto mondiale, fondato sulla base del diritto comparato.

Il periodo che va circa dal 1900 al 1930 è un periodo di lancio euforico del diritto
comparato, a causa di svariati fattori:

A. Il cosiddetto clima dell’Aja, che produce convenzioni volte a istituire una corte
permanente di arbitrato per risolvere pacificamente le controversie fra gli Stati;

B. La formazione di nuovi stati dopo la Prima Guerra Mondiale;

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C. L’affermazione con la Rivoluzione d’ottobre del 1917, di una nuova famiglia di
ordinamenti ispirata ai principi della dottrina marxista.

Questo è anche il periodo in cui si avverte l’esigenza di una cooperazione politica e


giuridica internazionale, la quale si traduce nella costituzione di:

• una Società delle Nazioni e

• una Corte internazionale di giustizia, per evitare il ricorso alla guerra.

Infine nell’epoca contemporanea, il contributo della comparazione si esprime nella


ricerca di valori, di regole e di istituti di portata sovranazionale e universale; infatti NON
è più lecito e possibile considerare il diritto come un fenomeno puramente nazionale,
refrattario alle influenze esterne.

Inoltre, il fenomeno della globalizzazione, accompagnato dalla crisi dell’idea di un
diritto monopolio dello stato e del legislatore nazionale, offre al comparatista un ruolo
fondamentale per quanto riguarda soprattutto la comprensione delle divergenze.

È evidente che ci sia stato un forte sviluppo della comparazione



sia sotto il profilo scientifico, sia sotto il profilo didattico:

I. È aumentata la produzione di opere sistemologiche, ossia opere che, 



analizzati gli ordinamenti giuridici mondiali, cercano di enucleare, al di là delle
differenze di dettaglio, le grandi norme che caratterizzano un ordinamento giuridico.

II. È cresciuta la produzione di studi specialistici dedicati a questo o quell’istituto di


diritto straniero, di monografie comparatistiche,

III. Sono cresciute nei giuristi curiosità e sensibilità per il diritto straniero e comparato.;
tanto che oggi NON è possibile essere giuristi se NON si è anche, in qualche
misura, comparatisti.

Sotto il profilo scientifico, è da sottolineare come ormai è prassi che anche le riviste
giuridiche rivolgano lo sguardo al di fuori dei confini nazionali.

Sotto il profilo didattico, invece, basti sottolineare l’esponenziale aumento di cattedre,


con la prima in Italia risalente al 1960 Roma.

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2. NATURA DEL DIRITTO COMPARATO.


Il diritto comparato è quella parte della scienza giuridica che si propone di sottoporre
a confronto critico e ragionato, più sistemi giuridici nazionali, o gruppi di sistemi: 

nel loro complesso, nel caso si parla di macrocomparazione, o 

relativamente a singoli istituti, nel caso si parla di microcomparazione.

DIRITTO COMPARATO E DIRITTO POSITIVO.

Il diritto comparato è diverso dai tradizionali rami del diritto positivo ed è di


conseguenza molto diverso dalle altre materie oggetto di studio nella facoltà, differisce:
dal diritto privato, dal diritto pubblico, dal diritto costituzionale, dal diritto
internazionale privato e pubblico.

Tuttavia sarebbe più corretto parlare di comparazione giuridica anziché diritto


comparato, dato che questo è in parte scienza, in parte metodo.

Se di norma la comparazione NON è diritto positivo, vi sono tuttavia delle ipotesi in cui
la comparazione può essa stessa presentarsi come diritto positivo. Ad esempio:

A. All’Art. 38 dello Statuto della Corte Internazionale di Giustizia: 



La Corte, la cui funzione è decidere in base al diritto internazionale le controversie
che le sono sottoposte, applica:

a) le convenzioni internazionali…

b) le consuetudini…

c) i principi generali del diritto riconosciuti dalle nazioni civili.

La norma suggerisce un procedimento di comparazione attraverso la quale la 

Corte, che ha sede nel Palazzo della Pace all'Aia, Paesi Bassi, arriverà a distillare i
principi generali che costituiranno la regola per il caso sottoposto ad essa.

B. All’Art.6 del Trattato sul’Unione Europea: […]



3. I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti del l'uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali
comuni agli Stati membri, son parte del diritto dell'Unione in quanto principi
generali. Tale articolo prevede due ipotesi:

A. I diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione, attraverso il paragrafo


terzo questi entrano a far parte del diritto dell’Unione Europea.

B. Le tradizioni costituzionali comuni sono quelle individuate dalla 



Corte di Giustizia di Lussemburgo, tramite il metodo comparativo così da
individuare un principio costituzionale generale.

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Da notarsi è la scelta della dicitura tradizioni costituzionali comuni e non diritti
comuni; questo comporta che la Corte nella attività in questione non guardi alla
lettera le Costituzioni dei 27 stati membri, ma alle più ampie e tradizioni
costituzionali; dove si includono:

a) le modalità di interpretazione del testo, ergo anche dalla giurisprudenza


delle corti costituzionali, se presenti;

b) la storia costituzionale delle nazioni.

L’articolo immagina un numero essenziale di valori trasversali ai vari ordinamenti


costituzionali; ciò è deducibile poiché nel Trattato sono presenti altre
disposizioni che prevedono il ricorso alle tradizioni costituzionali dei singoli e
distinti paesi e non a quelle comuni.

La Corte non potendo tener conto delle tradizioni costituzionali di 27 paesi,
tramite il metodo comparativo, ha ricercato quelle tradizioni che fossero
comuni ad una pluralità di ordinamenti.

C. All’Art. 340 del Trattato di Lisbona: In materia di responsabilità extracontrattuale, la


Comunità deve risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli
stati membri, i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti. 

La Corte di giustizia di Lussemburgo deve far riferimento ai principi generali
comuni al di là dei richiami testuali, distillando dai singoli i valori comuni e sulla base
di questi formulare il risarcimento per il soggetto danneggiato.

D. Alla pratica commerciale internazionale in tema di contratti fra privati o fra privati
e stati; infatti in materia sono frequenti clausole che fanno riferimento ai principi
comuni agli ordinamenti dei contraenti.

Nel contesto europeo è necessario distinguere:

1. L’ordinamento dell’Unione Europea, composta da 28, Inghilterra compresa,


fondata nel 1957 con i Trattati di Roma, originariamente: Italia, Germania, Francia,
Belgio, Olanda e Lussemburgo con il nome di Comunità Economiche Europee. 

Il trattato di Lisbona del 2009 ha poi fondato l’Unione Europea riordinando le fonti. 

La Corte a cui fa capo il diritto dell’Unione è la Corte del Lussemburgo.

2. Il Consiglio d’Europa, fondato dopo il termine della Seconda Guerra Mondiale da


gruppo di stati, il cui scopo era emanare convenzioni per la tutela dei diritti
dell’uomo; la prima fu la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali. Ad oggi essa è sottoscritta da 47 stati.

La Corte a cui fa capo il diritto del Consiglio è la Corte di Strasburgo.

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DIRITTO COMPARATO E DIRITTO STRANIERO.

La comparazione giuridica è diversa dallo studio del diritto straniero:

A. lo studio del diritto straniero è generalmente il presupposto della comparazione

B. lo studio del diritto straniero è implicitamente comparatistico, poiché pone sempre


a confronto la categoria giuridica straniera con le categorie nazionali.

RAPPORTI FRA DIRITTO COMPARATO E ALTRI RAMI DELLA SCIENZA GIURIDICA.

Intercorrono stretti rapporti fra il diritto comparato ed altre discipline NON positive:

1. La teoria generale del diritto: la comparazione è essenziale per comprendere la


relatività dei concetti, delle distinzioni, dei metodi.

2. La storia del diritto: lo storico del diritto è comparatista poiché

A. Valuta il diritto storico oggetto del suo studio alla luce della propria
formazione di giurista nazionale moderno;

B. Oggetto del suo studio può essere una pluralità di diritti antichi da 

sottoporre a comparazione.

3. La sociologia: il sociologo del diritto può essere tanto più convincente se la sua
indagine abbraccia un orizzonte più ampio di una singola società o di un solo diritto.


Parallelamente il comparatista è consapevole che l’analisi sulla law in action
richiede conoscenza dei meccanismi sociali.

4. L’etnologia giuridica: l’etnogiurista

A. osserva valori e diritti spontanei e non verbalizzati delle società tradizionali;

B. si occupa dei modi in cui esse gestiscono eventuali modelli giuridici europei
ricevuti in epoca coloniale.

In entrambe le ipotesi, vi sono profili di affinità e contiguità con il comparatista.

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3. FUNZIONI E FINI DEL DIRITTO COMPARATO.


La comparazione come ogni scienza, non ha bisogno di interrogarsi sui suoi fini; 

tuttavia è una scienza giovane, con una consapevolezza nata appena un secolo fa, per
questo può essere utili domandarsi quali contribuiti offra alla scienza del diritto.

La comparazione, e il comparatista, perseguono alcune funzioni fondamentali.

DIRITTO COMPARATO E CONOSCENZA.

La prima fondamentale funzione della comparazione è quella tipica di ogni scienza: 



gli interessi immediati del comparatista sono interessi di conoscenza pura.

Nel 1987, un gruppo di giuristi raccoltisi attorno a Rodolfo Sacco, ha redatto un


Manifesto della comparazione giuridica, cinque tesi le cosiddette Tesi di Trento: 

Il compito della comparazione giuridica è l’acquisizione di una migliore conoscenza del
diritto, dei dati appartenenti all’area a cui essa si applica. 

L’ulteriore ricerca e promozione del modello legale o interpretativo migliore sono risultati
notevolissimi della comparazione.

Quindi la prima funzione essenziale e primaria, del diritto comparato è senza dubbio 

la conoscenza, tuttavia questa NON è necessariamente una funzione esaustiva, se:

1. Sacco privilegia l’attività di conoscenza pura e fredda, politicamente neutrale;

2. Gorla, come altri, ritiene che la conoscenza che deriva dalla comparazione debba
essere una conoscenza storica.

3. Denti e gli autori del manuale, come altri, ritengono la comparazione uno strumento
di politica del diritto, che si lega: alla riforma nell’ambito dei singoli ordinamenti e
alla ricerca del modello migliore.

DIRITTO COMPARATO E UNIVERSALITÀ DELLA SCIENZA GIURIDICA.

La comparazione mira a restituire alla scienza giuridica il carattere di universalità 



che è proprio di ogni scienza e che questa ha posseduto solo nel periodi di fioritura
dello studio del diritto romano, nelle università, soprattutto italiane, Bologna in primis. 

Tuttavia in merito è opportuno precisare che:

A. Nella tradizione del civil law, il periodo di universalità è finito con la nascita dello
stato moderno e si è consolidato con le grandi codificazioni civilistiche del 1800 

che hanno profondamente minato il carattere extra-statuale del diritto civile.

B. Nella tradizione del common law, al contrario, si è mantenuta un’unità di base,


senza rotture rivoluzionarie.

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DIRITTO COMPARATO E COMPRENSIONE.

Secondo Ascarelli, la comprensione è la massima funzione del diritto comparato:



Comprendersi è un passo sempre necessario per la cooperazione e la pace. 

Rompere il chiuso del proprio sistema giuridico significa allargare il proprio orizzonte e la
propria esperienza e perciò rendersi conto dei propri limiti in uno spirito di modestia.

DIRITTO COMPARATO E COMUNICAZIONE.

Da un punto di vista pratico, il diritto comparato mira a permettere di comunicare a


giuristi appartenenti a tradizioni diverse. 

Fornisce loro la consapevolezza del fatto che la soluzione di un medesimo problema
concreto, a volte implica il coinvolgimento di categorie concettuali, equity, e figure
professionali, pubblic notary, proprie di un ordinamento ma differenti o addirittura
sconosciute all’altro; evitando così errori dettati dalla superficialità.

Un’altra possibile finalità del diritto comparato è quindi quella di fornire gli strumenti per
tradurre correttamente i testi giuridici. Per ottenere tale risultato, infatti, è necessario
che l’interessato sia in grado di accertare che esista, nella lingua verso la quale traduce,
un vocabolo concettualmente analogo a quello della lingua di partenza.

All’interno dell’Unione Europea vi sono circa 20 lingue ufficiali e nonostante le lingue di
lavoro siano tendenzialmente inglese e francese i documenti devono essere redatti in
tutte e 20 le lingue. La difficoltà di produrre testi in inglese e francese e tradurli con
significato specifico giuridico in circa 20 lingue è altamente elevata.

Il comparatista deve intervenire e mettere in guardia relativamente alle possibili


problematiche una volta che le norme divengano law in action.

Nella pratica quando la verifica di corrispondenza produce un risultato positivo, la
traduzione diretta non dà luogo a difficoltà; in caso contrario il traduttore potrà lasciare
il vocabolo nella sua lingua originale oppure creare un neologismo.

DIRITTO COMPARATO E POLITICA LEGISLATIVA.

I legislatori di tutto il mondo sono consapevoli che NON è possibile emanare buone
leggi senza essere al corrente della disciplina offerta da altri paesi.

Il contribuito del comparatista è quello di studiare come certi istituti funzionano in un


ordinamento per controllare che possano funzionare altrettanto bene in un altro:

a causa della diversità degli istituti giuridici da un ordinamento all’altro, del loro
innestarsi su altri, dall’essere oggetto di differenti modalità interpretative.

Per questo si usa la parola trapianto: in determinati casi si può verificare un


attecchimento, in altri un rigetto.

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Ne è un classico esempio il controllo giurisdizionale di costituzionalità.

Controllo giurisdizionale di costituzionalità

Negli ordinamenti sviluppatesi dopo la Seconda Guerra Mondiale è di norma stata


prevista una corte costituzionale; quest’idea dirompente rispetto al parlamentarismo
classico, nasce con la Rivoluzione e la Costituzione statunitense del 1789.

La Corte Suprema nel 1803 decide il caso Marbury v. Madison, caso fondamentale
poiché la Corte decise che, qualora un giudice dovesse risolvere una controversia
concreta e verificasse un contrasto fra la legge ordinaria e la costituzione, questi
dovesse mettere da parte la legge ordinaria ed applicare la costituzione.

Tale potere fu, ed è ancora oggi, riconosciuto a tutti i giudici; per questo tale sistema
chiamato in origine judical review, a posteriori è stato definito dagli studiosi Diffuso.

In Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale quando i vari ordinamenti hanno adottato
un sistema di controllo giurisdizionale di costituzionalità, hanno preso in considerazione
il modello diffuso, ma in gran parte hanno adottato il modello Accentrato.

Al contrario del Giappone dove è stato adottato proprio il modello Diffuso; 



si tratta di un paese con una esperienza singolare in termini di trapianti: 

a partire dai primi del 1900 si è aperto al mondo occidentale ed ha importato il B.G.B., 

il frutto più moderno ed efficiente del grande movimento della codificazione, nell’intento
di farne la locomotiva della modernizzazione dello stato, innestatosi perfettamente.

Subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, al momento della scrittura di una nuova
costituzione, le potenze vincitrici, soprattutto gli Stati Uniti d’America hanno
determinato l’adozione della propria impostazione; ciò si è concretizzato nell’adozione
anche nel paese del judical review.

Al contrario dei risultati in Australia e Nuova Zelanda, il trapianto è stato rigettato.

Questo perché il modello Diffuso nato con il Marbury v. Madison è strettamente legato
alla tradizione di common law e funziona particolarmente bene negli Stati Uniti:

I. grazie al criterio dello Stare Decisis,

II. grazie alla al Principio della separazione dei poteri 



e al Principio del check and balances,

III. grazie al Principio della unicità della giurisdizione 



e quindi di una sola Corte Suprema.

IV. Inoltre negli Stati Uniti, coerentemente con la common law, 



i giudici NON sono giudici di carriera assunti con concorso pubblico.

Tutti principi, questi, NON presenti in Giappone.

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Prassi delle opinioni separate

Ad oggi dei 27 paesi che compongono l’Unione Europea, 19 hanno corti costituzionali,
la maggioranza delle quali è connotata dalla prassi propria del common law delle
opinioni separate.

Ad eccezione de la Corte Costituzionale italiana assieme a quelle di Belgio, Francia e


altri. Diversamente le influenze della Rivoluzione Francese, la concezione del giudice
bocca della legge e l’interpretazione meccanicista hanno impedito che ciò accadesse.

Secondo alcuni autori, proprio attraverso circolazioni, migrazioni e trapianti il diritto si


evolve; poiché circolando da un all’altro sviluppano dei connotati propri, come accade
proprio con la prassi di common law delle opinioni separate:

I. Negli Stati Uniti d’America le sentenze della Corte suprema sono degenerate ed
ad oggi non si rileva quasi mai una opinione di maggioranza.

II. Nell’Europa continentale, ove impiantata questa prassi si è affermato in modo


moderato, sia nella quantità, sia nelle modalità, priva degli eccessi Statunitensi;
proprio perché si trattava di una tradizione non di civil, ma di common law.

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DIRITTO COMPARATO E INTERPRETAIZONE DEL DIRITTO NAZIONALE:

UN DIALOGO TRA CORTI.

Corti supreme, costituzionali e sovranazionali, spesso si trovano a risolvere casi difficili:


eticamente sensibili, che dividono l’opinione pubblica, che comportano un sapere
scientifico profondo e soprattutto in cui il legislatore NON è intervenuto.

Può capitare che in questi casi che le corti rivolgano lo sguardo altrove, ad altri
ordinamenti, nel farlo i giudici devono essere necessariamente comparatisti.

Dalla Seconda Guerra mondiale in poi, si è verificato un incremento generale di tale
tendenza, un fenomeno noto come Dialogo tra Corti dovuto all’espansione della
portata dei diritti fondamentali e la globalizzazione.

Il termine Dialogo tra Corti può forviare:

1. Si può avere un dialogo orizzontale, di una corte che guardi alla propria
corrispettiva all’interno di un’altra istituzione.

2. Si può avere un dialogo verticale, istituzionalizzato.



Ne è un esempio il dialogo fra la Corte di Lussemburgo e le altre corti nazionali.

Si possono distinguere degli ordinamenti in cui i giudici sono più aperti rispetto ad altri
ad utilizzare come metodo interpretativo la comparazione.

Va premesso che generalmente le corti di common law sono più propense a guardare
oltre i propri confini rispetto a quelle di civil law; questo avviene poiché:

I. La common law è tendenzialmente un diritto aperto, ossia al suo interno si


riconosce al giudice il potere di creare il diritto.

La civil law è tendenzialmente un sistema chiuso, dalla Rivoluzione francese in poi
il diritto è espressione del legislatore, la fonte primaria è la legge e di conseguenza,
formalmente, lo spazio creativo lasciato al giudice è ridotto.

II. La common law si distingue poiché i paesi che ne sono accomunati condividono la
lingua inglese, ergo per un giudice, ad esempio, inglese è facile guardare ad una
sentenza statunitense, una canadese, una neozelandese.

La civil law al contrario, si distingue poiché i paesi che ne sono accomunati hanno
medesima cultura giuridica ma diverse e distinte lingue.

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È possibile distinguere 3 grandi gruppi:

1. Primo gruppo, il quale comprende i pesi che NON sono molto favorevoli alla
comparazione.

2. Secondo gruppo, il quale comprende i paesi in cui le corti a volte fanno uso della
comparazione quale strumento di interpretazione.

3. Terzo gruppo, il quale comprende i paesi nei quali i giudici fanno uso della
comparazione come prassi regolare.

Primo gruppo: ordinamenti tendenzialmente chiusi

Esempio per eccellenza è quello della Francia: motivi storici fanno sì che le sentenze
della corte di cassazione francese siano redatti nella forma di un sillogismo perfetto.

Ciò non significa che i giudici francesi non abbiano conoscenza del panorama esterno
in merito a determinati argomenti, ma l’ interpretazione comparativa non trova spazio
nella formulazione delle sentenze francesi.

Anche l’Italia e le sue corti NON brillano per attenzione alla disciplina straniera e per
esplicitazione del metodo comparativo sebbene all’interno della Corte Costituzionale
sia presente un centro studi il quale prevede anche una sezione comparatista. 

Ciò è vero salvo recenti casi:

Caso Englaro, sentenza 21748 del 2007 della Corte di Cassazione.

Si tratta di un caso di assoluta rilevanza, anche mediatica; il problema NON verteva sul
principio costituzionale di rinuncia alle cure mediche, ma sul fatto che se in caso di
mancanza di intendere o di volere del soggetto in questione, la rinuncia potesse essere
effettuata da un altro soggetto qualificato, nel caso, come tutore.

Nella sentenza la Corte di Cassazione sulla necessità del consenso informato per
accettare o rifiutare un trattamento sanitario, fa riferimento espressamente al fatto che
ciò sia sancito nell’ordinamento francese, inglese, statunitense.

Relativamente alla delegazione di tale decisione la Corte produce in modo particolare


una attività comparatista, elencando e riportando in lingua originale, i casi de:

1. La Corte Suprema del New Jersey;

2. La Corte Suprema degli Stati Uniti d’America;

3. La House of Lords inglese.

Si può notare che il metodo comparativo non ha necessariamente la funzione di


trapiantare soluzioni estranee, ma anche quella di permettere un miglior ragionamento,
guardando a come problemi simili ai propri sono affrontati in altri ordinamenti.

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Sentenza 71 del 1987 della Corte Costituzionale.

La disciplina del diritto internazionale privato in caso di divorzio prevedeva


l’applicazione dell’ultima legge nazionale comune dei coniugi e, in mancanza, 

della legge nazionale del marito al momento del matrimonio. 

Si trattava di una previsione ritenuta neutra nel nostro ordinamento prima del caso,
poiché poteva favorire anche la moglie, anziché il coniuge.

La Corte Costituzionale italiana nella sentenza cita il Tribunale Costituzionale Federale


tedesco in 2 momenti:

1. Nel primo momento, anche la giurisprudenza tedesca ha stabilito che il 



Tribunale federale fosse legittimato a giudicare in merito della questione, 

ossia se potesse essere oggetto di un controllo di costituzionalità.

2. Nel secondo momento, anche la giurisprudenza tedesca ha stabilito nel merito


della questione che il solo riferirsi alla legge del marito fosse una violazione del 

Principio di eguaglianza.

Sentenza 123 del 2017 della Corte Costituzionale.

Con questa sentenza la Corte si è pronunciata sulla legittimità di alcuni articoli in tema
di revocazione: l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato determina inammissibili dei
ricorsi effettuati da alcuni dottori dell’Università Federico II di Napoli, causa decadenza;

La Corte di Strasburgo, la afferma che sia stato violato l’art.6 della Convenzione
europea dei diritti dell’uomo e il Principio di salvaguardia dei beni e condanna lo Stato
italiano per violazione del diritto di accesso alle corti e ad un giusto processo; di
conseguenza lo Stato italiano deve ammettere i dottori di fronte ai giudici amministrativi
riaprendo il processo.

E’ da tenersi presente che relativamente all’ambito penale la


Corte Costituzionale italiana aveva già espresso il proprio parere
positivamente alla possibilità di riapertura del processo.

All’interno della sentenza in questione la Corte Costituzionale fa presente che prima la


Corte di Strasburgo aveva chiesto altre riaperture in altri ordinamenti, ma sempre in
luoghi in cui la riapertura del processo amministrativo era già prevista.

Successivamente la Corte sottolinea che:

• La Germania in tal senso dopo la condanna aveva previsto la riapertura.

• In Spagna era stato fatto lo stesso, prevedendo la possibilità di riapertura 



in casi di particolare gravità;

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• in Francia anche si era ammessa la riapertura del processo amministrativo 

in casi in cui fosse impossibile una soluzione con equa soddisfazione.

Di seguito la Corte Costituzionale afferma che nelle altre materie oltre a quella penale,
NON esiste un obbligo generale e che la decisione è rimessa agli stati contraenti,
incoraggiati a provvedere in tal senso pur considerando sempre il Principio della res
iudicata e gli interessi in gioco.

La Corte conclude affermando che anche nel nostro ordinamento la riapertura del
processo, non penale, deve essere valutata con estrema attenzione e che tale
valutazione deve essere fatta dal Legislatore secondo la sua discrezionalità.

Secondo gruppo: ordinamenti tendenzialmente aperti

Esempio per eccellenza è l’Inghilterra, dove fino ad un’importantissima riforma data


dal Constitutional Reform Act del 2008 la corte di vertice inglese si chiamava 

Appel Committed della House of Lords ed era quindi una sezione del Parlamento;

tuttavia questa è sempre stata indipendente, anche in ragione della composizione: 

11 membri della camera facevano solo i giudici della corte superiore.

White v. Jones 1995, sentenza dalla House of Lords.

Il caso aveva ad oggetto un anziano padre che nel fare testamento presso un solicitor
esclude da questo le figlie; prima della morte pentitosene chiede al solicitor di cambiare
il testamento e lasciar loro 18.000 sterline; il solicitor però manca di farlo in tempo. 

Così all’apertura del testamento le figlie citano il solicitor per tourt.

L’opinione di Lord Goff of Chieveley comprende un paragrafo dal titolo esperienze


negli altri paesi, dove riporta che la questione del caso è stata molto discussa in paesi
di common law, ma anche in paesi di civil law: in Nuova Zelanda, Canada, ma anche
Francia, Belgio e soprattutto delle Germania, dove si è giunti alla medesima
conclusione del precedente inglese che riconosce la responsabilità del solicitor.

Secondo il Lord sebbene la comparazione permetta di vedere meglio le cose, in questo
caso l’esperienza della Germania poteva essere forviante. 

Tuttavia grazie a materiale pubblicato in inglese da studiosi comparatisti, afferma che
fosse possibile accedere a dati sufficienti per comprendere il diritto tedesco e tramite la
comparazione: illuminate our understanding of our own.

Il Lord infine conclude la propria opinione concordando con la soluzione tedesca e
determinando la responsabilità del solicitor.

All’interno di tale gruppo è compresa anche l’Ungheria la quale si caratterizza per una
corte costituzionale relativamente giovane e quindi aperta alla comparazione.

Si può inserire in questo gruppo anche il Tribunale Costituzionale Federale tedesco.

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Terzo gruppo: ordinamenti estremamente aperti

Esempi classici sono il Canada e il Sudafrica, la cui storia anche se per motivi diversi,
mostra l’esigenza di essere estremamente aperti:

A. La storia del Canada ha conosciuto e conosce: 



l’appartenenza al Commonwealth, la colonizzazione francese e la vicinanza
geografica, con conseguente influenza culturale, degli Stati Uniti d’America.

Come in passato ancora oggi la società canadese si compone dell’etnia nativa,
l’etnia francese, l’etnia anglofona e ciò fa si che vi sia un pluralismo profondo,

che si traduce non solo in pluricultura, ma anche in plurilinguismo. 


Ciò ha fatto sì che la la corte superiore fosse orientata nei casi più complessi a
guardare all’ordinamento francese, a quello inglese, a quello statunitense ed
anche agli indirizzi della Corte europea dei diritti dell’uomo. 


Più di una volta la corte ha rivolto lo sguardo ad esperienze esterne per poi
rifiutarle sulla base di solide argomentazioni.

B. La storia del Sudafrica è stata estremamente travagliata ed ha conosciuto tra il


1993 e il 1995 una costituzione provvisoria, prima di quella definitiva del 1996. 


Questa comprende il Bill of Rights, relativamente al quale l’Art.39 stabilisce:

When interpreting the Bill of Rights, a court, a tribunal or forum

a) must promote the values that underlie an open and democratic society based on
human dignity, equality and freedom;

b) must consider international law;

c) May consider foreign law.


E’ la prima volta in cui si sia stato costituzionalizzato il metodo comparativo, ciò
probabilmente è dovuto al fatto che essendo una democrazia particolarmente
giovane si necessità di punti di riferimento di altre corti in ambito di diritti umani, sia
per apprendere sia per acquisire legittimazione. 

Uno dei primi riferimenti è stato relativo ad un caso di pena di morte.

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La singolare esperienza statunitense

L’esperienza statunitense è particolare, si tratta di un paese di common law esportatore


di diritto, in origine rispetto i diritti fondamentali, ad oggi rispetto il diritto dell’economia. 

Tuttavia recentemente le citazioni NON sono frequentissime ed il tema sulla apertura
maggiore o minore, è un tema delicato.

Gli Stati Uniti in virtù della loro storia NON hanno mai avuto problemi a fare riferimento
ad altri ordinamenti in ragion:

1. della loro natura coloniale inglese;

2. nascendo come federazione al loro interno le corti degli stati più importanti
sono sempre state citate;

3. le corti superiori hanno sempre intrinsecamente avuto questa tendenza.

Si trovano numerosissimi esempi di casi di sentenze ricche di riferimenti al diritto di altri


stati; tuttavia a partire dagli anni 80’ questa tendenza si è invertita.

I casi emblematici dell’originaria tendenza sono:

A. Muller v. Oregon 190, caso della Corte Suprema:



Lo stato dell’Oregon aveva adottato una legge sociale a favore delle donne,
stabilendo un tetto massimo di ore lavorative per queste. 

Nella costituzione degli Stati Uniti vi sono due clausole nell’art.5 e nel 14esimo
emendamento, per cui nessuno può essere privato della libertà, senza un 

due process of law; la libertà fu interpretata nell’ordinamento, non solo come
personale, ma anche come contrattuale.


Il Sig.Muller affermava in merito che la legge dello stato dell’Oregon violasse la sua
libertà, ergo fosse contraria alla costituzione; l’avvocato difensore Louis Brandeis
scrisse un brief, al fine di giustificare la legittimità della legge, all’interno del quale
fece presente che leggi analoghe erano presenti in altri stati della federazione ed in
altri paesi al di fuori della stessa: Gran Bretagna, Francia, Svizzera, Austria, Olanda,
Germania e addirittura in Italia, in riferimento ad una legge del 1902.

I riferimenti furono ripresi nella loro totalità dalla Corte Suprema, la quale stabilì che
la legittimità della legge dell’Oregon.

B. Greenspan v. Slate, caso della Corte Suprema statale del New Jersey:

Due adolescenti si ritrovarono l’una a casa di un’altra, i proprietari di casa dopo un
incidente che coinvolse l’amica della figlia, portano quest’ultima al pronto soccorso
dove a causa di una frattura, le ingessarono la gamba, infine la riportano dai
genitori. Questi ultimi si rifiutarono di pagare la parcella del servizio medico, in virtù
della mancata richiesta da parte loro di tali servizi sanitari.


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Il common law NON prevede le obbligazioni naturali, l’equity si, ma per ricorrere a
tali principi il giudice deve fornire particolari motivazioni e questi non le trovò. 


Il giudice affermò che i paesi con alla base il diritto romano nell’Europa occidentale,
ritengono la regola di common law una undevellopment law; di seguito dopo aver
citato in modo espresso ed esplicito quanto previsto dai Codici Civili: 

Francese, Tedesco, Austriaco, Svizzero ed Italiano, stabilì il pagamento dei servizi.

Negli anni 80’ la società americana si è polarizzata su alcuni grandi temi socio-politici:
aborto, pena di morte, porto d’armi; molto di più rispetto all’Europa continentale.

Questa contrapposizione si è riflessa e si riflette ancora oggi anche nella giurisdizione
delle Corti, composte da giudici a loro volta polarizzati.

Nei primi anni del nuovo millennio sono stati decisi su questi temi alcuni casi, proprio
facendo riferimento alla giurisprudenza di Corti non americane; ciò ha portato ad un
grande dibattito e alla polemica, non solo su questioni di merito, ma anche di metodo.

I casi in questione sono:

A. Atkins v. Virginia 2002: la Corte Suprema doveva decidere se la legge della


Virginia, che prevedeva la pena di morte per coloro che fossero incapaci di
intendere e di volere al momento dell’omicidio, fosse incostituzionale rispetto l’8°
emendamento della costituzione statunitense che vieta le pene cruente ed inusuali.

B. Roper v. Simmons 2005: la Corte Suprema doveva decidere se la legge statale


per cui si prevedeva la pena di morte per i minori che avessero commesso omicidio.

In entrambe queste sentenze le leggi furono decretate incostituzionali facendo plurimi


riferimenti ad altri stati esterni alla federazione; ne derivò inevitabilmente una polemica.

Negli Stati Uniti fino al 2003 erano previste delle leggi che si chiamavano sodomy laws
che criminalizzavano determinati tipi di rapporti sessuali, formulate in due modalità:

A. Secondo alcune leggi questi comportamenti erano puniti solo se compiuti da


persone dello stesso sesso.

B. Secondo altre questi comportamenti erano puniti indipendentemente dal sesso.

Nel 1989 la Corte Suprema degli Stati Uniti fu chiamata a decidere sul cado 

Bower v. Hardwick sulla legittimità di una sodomy law della Georgia, che
criminalizzava atti fra persone dello stesso sesso.

La Corte ne stabilità la legittimità e fu oggetto delle critiche più varie.

La sentenza decisiva fu:

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C. Lawrence v. Texas 2003, caso della corte Suprema degli Stati Uniti:

La Corte fu chiamata decidere se la sodomy law del Texas fosse una violazione o
meno dei Principi di libertà e di eguaglianza sanciti dalla costituzione.

La Corte stabilì che fosse una violazione dei principi di libertà sessuale, nel farlo
fece riferimento alla Corte europea dei diritti dell’uomo ed ad altri ordinamenti.


L’opinione di maggioranza della Corte fu resa dal giudice Kennedy, con cui
concordano i giudici Stevens, Souter, Ginsburg, Breyer e relativamente alla quale
O’Connor scrisse una opinione concorrente.

La Corte affermò che il precedente Bower v. Hardwick fosse un precedente
sbagliato: contrario alle molteplici esperienze della Corte europea dei diritti
dell’uomo così come a quelle di molte altre nazioni.


L’opinione concorrente del giudice O’Connor riportò che la legge del Texas fosse
una violazione del Principio di eguaglianza, in virtù della discriminante del sesso, e
perciò illegittima. Tuttavia non contraria al Principio di libertà.

Il giudice Kennedy ribatté che se si fosse fatto vertere l’illegittimità su tale punto, 

lo stato del Texas avrebbe potuto tranquillamente emanarla un’altra volta senza la
discriminante del sesso ed impedire in modo subdolo gli stessi atti.

L’opinione dissenziente del giudice Scalia invece affermò che questa Corte non
dovesse imporre costumi, modi ed usanze straniere agli americani. 

Nel 2003 i diritti degli omosessuali erano un tabù ancor più di quanto non lo siano oggi,
la loro affermazione tramite una sentenza con riferimenti ad altri stati, esterni alla
federazione fu causa di moltissime polemiche.

Nel 2004 alcuni membri della Camera dei Rappresentanti presentarono una risoluzione
per cui le sentenze che applicano la legge degli Stati Uniti, non dovessero essere
basate in tutto o in parte su leggi o pronunce di ordinamenti straniere, a meno che esse
non fossero incorporate nell’ordinamento statunitense tramite legge.

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DIRITTO COMPARATO, GLOBALIZZAZIONE E ARMONIZZAZIONE DEL DIRITTO.

È indispensabile nella realtà contemporanea cercare un’armonizzazione del diritto; 



già nel corso dello scorso secolo diversi fenomeni vi hanno in parte contribuito:

1. Le convenzioni internazionali: la convenzione di Ginevra del 1930 sulla cambiale 



o quella del 1931 sull’assegno. 

Più di recente convenzioni internazionali di ogni tipo sono state elaborate sotto
grazie alla Conferenza dell’Aja sul diritto internazionale privato.

2. La globalizzazione ha coinvolto anche il diritto: sono sorte istituzioni con poteri


normativi accanto e al di sopra degli Stati nazionali che hanno ceduto ad esse parte
della propria sovranità.

3. La cosiddetta soft law, che tende a sostituirsi ai legislatori nazionali per regolare
molte relazioni sociali, soprattutto a carattere transnazionale, ad esempio:

A. L’UNIDROIT ha elaborato una disciplina uniforme dei principi dei contratti


commerciali internazionali, oggi riferimento per corti e collegi arbitrali.

B. Principles and Rules of Transnational Procedure, nato nell’ambito


dell’American Law Institute, con lo scopo primario di proporre un modello
di processo accettabile in tutto il mondo per una soluzione delle controversie
commerciali transazionali e offrire ai legislatori di paesi diversi un modello di
soluzione cui ispirarsi.

4. Il dialogo tra legislatori, che sembra essere sorto con le nuove costituzioni del
secondo dopoguerra; questi tendono a riforme caratterizzate da una filosofia della
convergenza, soprattutto nell'area della giustizia civile.

Di fronte a questi esempi di armonizzazione, il comparatista ha una grande occasione


per fare portare il suo contributo metodologico e di conoscenza all’individuazione delle
vie possibili della convergenza.

Diverso è il caso in cui globalizzazione diventa sinonimo di imperialismo culturale.


In questo caso le istituzioni, quali il Fondo Monetario Internazionale, e quei gruppi di
giuristi ed economisti che esprimono la dottrina del cosiddetto Washington consensus,
pretenderebbero dal diritto comparato di essere uno strumento volto a far emergere ciò
che difetta in altre società, per poi domandare a questi sistemi di rinunciare, in cambio
di aiuti finanziari, alle proprie particolarità politiche e culturali.

Questo è un approccio alla comparazione che va respinto assolutamente, infatti il


comparatista ha anche il compito di capire e di far capire le differenze, intendendole
nelle loro significazioni storiche, sociali, ideali.

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DIRITTO COMPARATO E UNIFICAZIONE E ARMONIZZAZIONE REGIONALE.

I due esempi di unificazione ed armonizzazione a livello regionale più convincenti sono:

1. L’esperienza dei Paesi Scandinavi, che sono riusciti a disciplinare con successo in
maniera uniforme settori relativamente ampi del diritto fin dal 1900.

2. L’Unione Europea, che ha prodotto un livello notevole di armonizzazione, 



fin dalla riunificazione in un’unica comunità europea, avvenuta nel 1967, delle tre
comunità allora presenti: Carbone, Economica, Energia atomica. 

La comunità oggi è articolata in quattro istituzioni: la Commissione, il Consiglio
Europeo, il Parlamento Europeo, la Corte di Giustizia di Lussemburgo.

Accanto al diritto comunitario istituzionale, si è sviluppato un sistema volto sempre più


ad armonizzare le regole, al fine di favorire l’attuazione di un vero mercato unico:

1. Si è aperto il dibattito sull’opportunità di redigere un codice civile europeo. 



Tuttavia comunemente si preferisce un’armonizzazione raggiunta dal basso,
piuttosto che imposta dall’alto; in tal senso ha operato la Commissione Lando, 

che ha prodotto i Principles of European Contract Law.

2. Si è avviata la costruzione un processo civile europeo, nonostante la materia della


procedura sia riservata agli stati, prima con l’art. 65 del Trattato di Amsterdam, 

sia l’art. 81 del Trattato di Lisbona hanno determinato l’emanazione di una serie di
regolamenti e direttive che influenti sul processo degli stati membri.

3. Esplicito in termini di finalità è lo European Law Institute, un organismo


indipendente fondato nel 2011 per promuovere lo sviluppo del diritto europeo;

si propone di migliorare la produzione normativa in Europa e il rafforzamento della
integrazione giuridica europea.

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4. LA VARIETÀ DEI DIRITTI POSITIVI.


Tra le ragioni dell’esistenza e della necessità del diritto comparato c’è la presenza di
una grande varietà di sistemi giuridici.

La diversità degli ordinamenti consiste e si manifesta nella diversità delle regole che
nei vari sistemi risolvono problemi analoghi; tuttavia le distinzioni e le divergenze
attengono in prima istanza alla concezione stessa dell’ordine sociale.

FORME E MANIFESTAZIONI DELLA VARIETÀ.

Si tratta di differenze di relative all’:

Importanza attribuita alla norma giuridica

La norma giuridica può:

1. godere di un primato assoluto e in questo caso il diritto svolge in ruolo preminente


quale organizzatore della società: concezione occidentale.

2. essere sottomessa ad una regola superiore, come ad un ordine religioso: 



diritto islamico e del diritto indù.

3. assumere un ruolo strumentale di preparazione ad un particolare tipo di società


per poi scomparire: concezione marxista del diritto e dello stato nei paesi socialisti.

Elaborazione e produzione della norma giuridica

Le fonti normative possono essere varie e può essere diverso il rapporto tra loro. 

Le principali nei sistemi moderni sono: la legge, la consuetudine, la giurisprudenza e la
dottrina; il ruolo di tali fattori cambia da sistema a sistema e da epoca ad epoca. Inoltre:

• la norma giuridica di produzione legislativa può presentarsi con maggiore o minore


generalità ed astrattezza.

• il quadro normativo può essere tendenzialmente stabile oppure più dinamico ed


esigere frequenti aggiornamenti, ciò che accade negli ordinamenti contemporanei.

Interpretazione ed applicazione della norma giuridica

In merito all’interpretazione può aversi:

1. Un atteggiamento più formalista, ascrivibile ai paesi di common law;

2. Una maggiore attenzione allo spirito della regola, ascrivibile ai paesi di civil law.

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In alcuni ordinamenti vi può essere un’attenuazione della regola di stretto diritto
mediante ricorso a principi equitativi; oggi però, il giudice può ricorrere all’equità solo
nei limiti in cui il diritto positivo glielo consente.

Infine vi possono essere differenze rispetto all’effettività della norma giuridica, 



in tal senso rilevano le differenze relative al ruolo della giurisdizione, il giudice di:

1. common law, detentore di un vero e proprio potere e di un’autorità morale,

2. civil law, reclutato in maniera burocratica, avente le caratteristiche di un funzionario.

FATTORI DI AVVICINAMENTO.

Le diversità fra i vari diritti possono essere superate da una molteplicità di fattori, fra i
quali in particolare la circolazione di tecniche e modelli giuridici.

La circolazione di tecniche e modelli giuridici

Tra i compiti del diritto comparato vi è quello di individuare perché alcuni modelli
giuridici abbiano avuto particolare fortuna e come abbiano circolato. La circolazione dei
modelli giuridici avviene principalmente per imposizione e per imitazione, quest’ultima
si verifica grazie al prestigio ed all’efficienza del modello. Ne sono esempi:

A. Il diritto romano che nel tempo ha perso il suo particolarismo locale, passando da
ius quiritium a ius gentium. Si è imposto in 2 tempi: prima attraverso le conquiste
militari, poi attraverso la rinascita degli studi nell’Europa medievale.

B. Il diritto canonico che è stato un importante fattore di uniformità, ad esempio


nell’ambito del diritto di famiglia. A lungo le giurisdizioni ecclesiastiche sono state le
sole competenti per le questioni temporali legate alla religione; poi le giurisdizioni
laiche hanno esteso le loro competenze in settori di appartenenza della Chiesa.

C. Il diritto islamico, la Sharia, che ha valenza universale, in quanto insieme di precetti


rivelati da Dio ali uomini; le sue fonti primarie sono il Corano e la Sunnah.

D. Il Code civil del 1804 si è imposto ratione auctoritatis e si è mantenuto auctoritate


rationis; la sua influenza esula dal continente europeo, lo si ritrova anche in altri
continenti che hanno subito la colonizzazione.

E. La pandettistica tedesca ha prodotto degli schemi teorici che hanno dato luogo a
molte imitazioni da parte della dottrina di altri paesi.

Infine merita di essere sottolineato che circa un terzo del mondo vive oggi in un regime
influenzato dal common law inglese, anch’essa si è imposta ratione auctoritatis e si è
mantenuta auctoritate rationis.

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5. COMPARAZIONE GIURIDICA E CLASSIFICAZIONI: 



LE FAMIGLIE GIURIDICHE.
John Merryman ne La tradizione di civil law definisce:

A. Sistema giuridico un complesso operativo di istituzioni, procedure e norme


giuridiche vigenti in un dato territorio o per un gruppo particolare di persone.

B. Tradizione o famiglia giuridica l’insieme di quei sistemi giuridici che condividono


atteggiamenti profondamente radicati e storicamente condizionati, su:

a) la natura del diritto, sul suo ruolo nella società e nell’assetto politico;

b) sull’organizzazione e il funzionamento di un sistema giuridico;

c) sul modo in cui il diritto è o deve essere, creato, applicato, studiato,


perfezionato e insegnato.

La tradizione giuridica immette il sistema giuridico in una prospettiva culturale.

Il manuale si concentra sulle differenze e le similitudini tra la civil law e la common law,
ossia le due più antiche e diffuse tradizioni giuridiche del occidente contemporaneo;
Tuttavia è necessario evitare:

1. Di farsi sviare dall’eurocentrismo, che può portare a sottovalutare la ricca varietà


dei sistemi che si trovano nel mondo contemporaneo.

2. La secca contrapposizione fra civil law e common law: 2 aspetti di una medesima
grande tradizione giuridica occidentale, con sempre maggiori convergenze.

IL CARATTERE RELATIVO DI OGNI CLASSIFICAZIONE.

E’ necessario tener presente che la disciplina della classificazione dei vari sistemi
giuridici ha un carattere fortemente relativo dovuto al fatto che:

A. Ogni classificazione ha senso come mezzo e non come fine, ossia si giustifica
solo se la conoscenza comparata dei sistemi risulti in qualche modo accresciuta.

B. Ogni classificazione vale solo con riferimento al momento storico in cui


l’osservatore si colloca ed è soggetta a modificazioni via via che la storia si svolge;

Infine la classificazione è resa particolarmente complessa dal fato che i sistemi giuridici
sono entità dinamiche in cui possono osservassi numerose stratificazioni e livelli.

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LE CLASSIFICAZIONI PROPOSTE.

E’ possibile individuare in ordine cronologico, a partire dal 1950, diverse classificazioni,


ognuna porta un preciso significato, dovendo suo malgrado trascurare alcuni aspetti:

A. Arminjon, Nolde e Wolff in Traité de droit comparé 



propongono una classificazione dei sistemi moderni in base al loro 

contenuto intrinseco, distinguendo così sette famiglie:

1. Gruppo francese, 

deriva la sua autonomia dal Codice napoleonico;

2. Gruppo tedesco, 

raccoglie la tradizione dei codici civili austriaco, tedesco e svizzero;

3. Gruppo scandinavo, 

caratterizzato dalle proprie codificazioni;

4. Gruppo inglese, 

con la preminenza del diritto giurisprudenziale;

5. Gruppo indù;

6. Gruppo islamico;

7. Gruppo russo, 

traente la sua autonomia dal rilievo attribuito al governo dell’economia.

B. David, nel suo Traité élémentaire de droit civil comparé 



propone una classificazione dei sistemi moderni in considerazione del 

fattore ideologico e del fattore tecnico-giuridico:

(1) Sistema di diritto occidentale, 



diviso in gruppo francese e gruppo anglo americano;

(2) Sistema di diritto sovietico;

(3) Sistema di diritto musulmano;

(4) Sistema di diritto indù;

(5) Sistema di diritto cinese;

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C. David ne Les grands systèmes de droit contemporains 

riduce il numero delle famiglie a 4:

1. Famiglia romano-germanica, distinta dall’influenza del diritto romano e:

A. dal ruolo preminente della dottrina,

B. dalla concezione del diritto come regola di condotta e 



modello di organizzazione sociale,

C. dal primato del diritto privato.

2. Famiglia di common law, caratterizzata:

A. dal ruolo preminente dei giudici,

B. dall’idea di norma come strumento per risolvere controversie concrete,

C. dal primato del diritto pubblico.

3. Famiglia dei diritti socialisti, caratterizzata dagli obiettivi che il giurista si


propone, ossia l’attuazione dei principi fissati dal marxismo leninismo.

4. Sistemi filosofici o religiosi, gruppo più fluido che comprende sistemi in cui
l’idea di diritto e la sua rilevanza si pongono in maniera diversa rispetto a tutte le
tradizioni occidentali. Data la grande differenza che dell’ultimo gruppo rispetto ai
precedenti, l’autore parla di altri sistemi.

D. Zweigert e Kötz nella loro Introduzione 



propongono quale criterio distintivo l’idea di stile, che racchiude vari elementi:

A. Evoluzione storica,

B. Particolare mentalità giuridica,

C. Istituti giuridici particolari,

D. Fonti del diritto e metodi per la loro interpretazione,

E. Ideologia.

In base a questi elementi, le famiglie distinte sono 4:

1. Famiglia romanistica;

2. Famiglia germanica;

3. Famiglia di common law;

4. Famiglia nordica.

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Ugo Mattei sostiene che le classificazioni tradizionali possono ad oggi considerarsi
superate perché il mondo è mutato profondamente anche sul piano giuridico.

Propone dunque una classificazione che tiene contro di alcuni importanti mutamenti:

dal crollo dei regimi socialisti dell’Europa orientale, con il successo della medesima
ideologia in Cina; alla raggiunta indipendenza di tutto il mondo africano.

La classificazione in questione tiene conto che altri due meccanismi svolgono funzione
fondamentalmente analoga a quella del diritto: la politica e la tradizione.

Secondo l’autore i sistemi giuridici possono essere classificati a seconda del modello di
controllo sociale in essi prevalente; in ogni sistema giuridico tutti e tre i modelli possono
considerarsi all’opera: ciò che muta è solamente il rapporto di forza tra essi.

1. Famiglia caratterizzata dall’egemonia del diritto come modello di


organizzazione sociale.

Si tratta la tradizione giuridica occidentale, in cui la distinzione fra civil law e 

common law si pone come una sottodistinzione all’interno di una famiglia dotata di
notevole omogeneità, fornita dalla egemonia professionale, ossia: 

Separazione fra diritto e politica e Secolarizzazione del diritto.

Della famiglia fanno parte:

A. Sistemi di common law di Sistemi di civil law;

B. Sistemi c.d. misti, ossia tutti i sistemi in cui nell’ambito delle micro scelte
il momento giuridico NON incontra una concorrenza notevole da parte di
circuiti di organizzazione sociale alternativi.

2. Famiglia caratterizzata dalla politica come modello di organizzazione sociale.



La famiglia contiene tutti i sistemi in cui NON c’è stato il divorzio fra diritto e politica;
comprende:

C. Molti paesi ex socialisti dell’Europa orientale, tranne quelli in


cui:l’influenza socialista sul substrato di civil law è stata meno profonda,
come la Polonia, o il riassorbimento nel diritto occidentale è stato
completo, come l’ex DDR.

D. I paesi in via di sviluppo africani e latino americani, come Cuba.

Ugo Mattei vede nella transitorietà un elemento caratterizzane di questa famiglia: 



in quanto tali paesi saranno da collocare in questa famiglia fin quando protesi verso un
obiettivo politico, al cui raggiungimento il diritto è funzionalizzato.

3. Famiglia caratterizzata dall’egemonia della tradizione religiosa o filosofica


come modello di organizzazione sociale.

Nei paesi ricompresi in questa famiglia NON c’è stata la secolarizzazione del diritto,
ossia il divorzio fra diritto e tradizione religiosa e/o filosofica; comprende:

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a) Paesi musulmani;

b) Paesi indù;

c) Paesi dell’estremo oriente.

Si tratta di paesi in cui c’è diritto e c’è politica, ma appare prevalente la presenza di
regole di matrice religiosa o filosofica. Sono loro caratteristiche comuni:

1. la prevalenza del principio gerarchico su quello democratico;

2. l’enfasi sui doveri piuttosto che sui diritti.

L’aspetto interessante della classificazione di Mattei è il carattere dinamico:



un ordinamento può muoversi lungo i lati di un ipotetico triangolo, i cui vertici sono
segnati da Tradizione, Politica, Diritto. 

Anche in questo modello di classificazione la famiglia giuridica occidentale assume
una notevole centralità, poiché:

caratterizzata dall’egemonia del diritto;

gli ordinamenti che gravitano nell’orbita delle altre famiglia 



sembrano tendere al suo modello.

RIFLESSIONE CONCLUSIVA SUL TEMA DELLE CLASSIFICAZIONI.

Tutte le classificazioni proposte trascurano un aspetto peculiare e quasi tutte tendono


ad ignorare le peculiarità dei sistemi tribali, i sistemi dell’Africa sub-sahariana, anche a
causa della miriade di regole non scritte.

Ad oggi la sensazione è quella di una crisi delle classificazioni tradizionali la quale


costituisce un segno evidente di alcuni fenomeni tipici della nostra epoca, che tendono
ad attenuare le differenze fra ordinamenti, uno su tutti la globalizzazione che tende a
produrre approssimazione e confusione dei sistemi giuridici.

Ciò che deriva da questo fenomeno è una diffusione sempre maggiore di sistemi ibridi,
che sempre più spesso tendono a sottrarsi agli inquadramenti tradizionali.

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CAPITOLO 3° 

LA TRADIZIONE DI COMMON LAW
SEZIONE I. LE ORIGINI.
1.1. COMMON LAW: SIGNIFICATO E NATURA
COMMON LAW / CIVIL LAW.

Con l’espressione common law si intendono concetti diversi a seconda del contesto, 

ma viene soprattutto utilizzata nella contrapposizione con l’espressione civil law; 

si tratta di una contrapposizione di natura sistemologica.

Quella di common law è la famiglia che ha le sue radici nel diritto inglese e che
comprende numerosi ordinamenti a causa anzitutto della estesa circolazione del
modello, avvenuta per motivi politici seguendo l’espansione dell’impero britannico; 

a partire dal 1600, le compagnie coloniali iniziano ad esportare la common law nelle
Americhe, in India e in Africa, fino ad Australia e Nuova Zelanda.

La common law ha avuto un diverso grado di penetrazione nei numerosi paesi a


causa di diversi fattori:

A. Al tipo di rapporto istituzionale instaurato tra madrepatria e colonia;

B. Alla durata della presenza inglese;

C. Al grado di sviluppo e di efficienza del diritto autoctono.

A ciò deve aggiungersi l’influenza che questo modello ha avuto a causa del suo
prestigio e della sua efficienza, ne è un esempio l’influenza del modello statunitense sul
diritto pubblico e privato di diversi ordinamenti.

Tra i vari ordinamenti di common law vi possono essere notevoli differenze, come se ne
riscontrano soprattutto tra Inghilterra e Stati Uniti; nonostante ciò la presenza di alcuni
fattori particolari conferisce alla famiglia di common law una certa omogeneità:

1. Il Calvin’s Case, secondo cui i popoli di origine inglese portano con sé il proprio
diritto quando si insediano in un territorio ove non è in vigore un sistema civilizzato.

2. Il Privy Council, una corte sovranazionale per il Commonwealth, che adesso ha


perso molta della sua importanza.

3. La natura giurisprudenziale del common law ha garantito omogeneità fra i vari


ordinamenti, rendendo meno netto il divario prodotto dalle scelte legislative.

4. La comunanza linguistica che ha favorito e favorisce l’omogeneità e la quasi


completa intercambiabilità di categorie e concetti giuridici.

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COMMON LAW / EQUITY.

La contrapposizione tra common law ed equity è di natura storica:

A. La common law in senso stretto è quel ramo del diritto inglese elaborato dalla
giurisprudenza delle corti di Westminster a partire dalla conquista normanna 1066.

B. L’equity è il ramo del diritto inglese, anch’esso di origine giurisprudenziale,


sviluppato dalla Corte di Cancelleria, fin dal 1300, caratterizzato da rimedi
processuali estranei al rigore della common law.

COMMON LAW / STATUTE LAW.

La contrapposizione tra common law e statute law trova le sue radici nella 

diversa fonte di produzione della regola giuridica:

A. Common law indica il diritto giurisprudenziale, 



comprendente common law in senso stretto ed equity.

B. Statute law indica invece il diritto di creazione legislativa, 



formato dalle acts, ossia dalle leggi.

IL “DIRITTO INGLESE”.

Il diritto inglese è il diritto del regno d’Inghilterra, del quale, dal 1536, fanno parte
anche il Galles e l’isola di Wight:

1. NON è il diritto della Gran Bretagna, entità territoriale e politica formatasi dalla
fusione del Regno d’Inghilterra e quello di Scozia, il quale ha conservato il proprio
ordinamento giuridico.

2. NON è il diritto del Regno Unito, formato da Inghilterra, Scozia e Irlanda del Nord,
uno stato con l’autorità politica nazionale nei parlamenti di Westminster.

3. NON è il diritto dell’Isola di Man e delle isole della Manica, non facenti parte del
Regno Unito, pur soggette alla sovranità del suo Parlamento.

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1.2. LE ORIGINI DELLA COMMON LAW E L’AFFERMAZIONE DELLE


CORTI CENTRALI DI WESTMINSTER
Il diritto inglese è un sistema di norme e istituti NON separabili in tutto o in parte dal loro
passato, ma legato alle tecniche e alla giurisprudenza accumulatesi dal 1100 ad oggi.

Il suo punto di partenza è la cosiddetta Conquista di Guglielmo di Normandia 



del 1066, quando questi sconfigge Hastings, ultimo sovrano sassone.

STRUTTURA UNITARIA DELLA MONARCHIA NORMANNA.

L’apparato istituzionale normanno è funzionale al potere di vertice. 



Lo schema feudale comprende oltre al re:

A. I Lords, legati al Re per il godimento dei fondi e sotto il profilo politico militare;

B. I subtenants, legati ai Lords per la terra e al sovrano sotto il profilo politico militare.

Si tratta di una monarchia feudale, che NON conosce la feudalizzazione delle funzioni
pubbliche, tale da separare il re dai sudditi. 

Per questo i signori feudali inglesi non conquistano quella posizione di potere tipica dei
proprietari dei grandi feudi in Francia e Germania.

LA CENTRALIZZAZIONE DELLE CORTI.

La struttura unitaria dello Stato si manifesta anche nell’amministrazione della giustizia


e nella sua organizzazione che hanno come carattere originario e permanente quello
della centralizzazione delle corti e della concentrazione a Londra di giudici e avvocati.

Il processo di accentramento regio della giurisdizione si compie su tre piani:

I. L’affermazione delle corti regie;

II. La giustizia itinerante;

III. Il sistema dei writs.

La forte centralizzazione dell’amministrazione della giustizia presso le corti regie ha


avuto importanti riflessi sulla formazione del diritto inglese:

I. Ha favorito lo sviluppo e l’espansione della common law,

II. Ha ostacolato la penetrazione del diritto romano comune.

III. Ha prodotto un sistema carente a livello locale, 



fino all’introduzione delle country courts nel 1846.

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LE CORTI REGIE DI WESTMINSTER.

Le origini della common law si trovano nella Curia Regis, corte londinese dei sovrani
normanni, in cui il re, coadiuvato dai grandi vassalli e dagli alti funzionari, presiede alla
direzione dello Stato, e quindi anche all’amministrazione della giustizia.

Si tratta si di un organo centrale, tuttavia tale centralità non è sinonimo di staticità


locale, si tratta piuttosto di un attributo funzionale, in quanto le competenze dell’organo
sono una diretta emanazione del re; e lo sono restate nonostante abbia dovuto operare
diviso in sezioni, senza la presenza del re e talvolta lontano dal luogo della sua corte.

La Curia Regis ha in origine carattere eccezionale: la competenza del re in materia di


giustizia è limitata poiché la maggior parte dei compiti di amministrazione della
medesima sono delegati ai feudatari. Si caratterizza fin dalle origini poiché:

I. I giuristi che vi operano sono giuristi a tempo pieno,

II. Fin dai tempi più antichi le decisioni delle corti regie sono repertoriate.

Gradualmente, si specializzano al suo interno 3 organismi:

• Exchequer
• Common Pleas
• King’s Bench
Queste inizialmente operano come commissioni della curia e in seguito come vere e
proprie corti autonome detentrici della funzione giurisdizionale.

L’Exchequer

L’Exchequer nasce come sezione speciale della Curia con compiti contabili:
l’amministrazione del tesoro reale e nella raccolta delle entrate. 

Tuttavia verso la fine del 1200, questa si articola in due organi:

1. l’Eschequer of Account and Receipt, 



organismo con funzioni contabili e amministrative;

2. la Court of Exchequer, la quale ha una giurisdizione soprattutto fiscale.

Tuttavia la sua giurisdizione si estende a molte questioni di carattere debitorio per


mezzo di finzioni; la più comune è la Quominus secondo la quale un credito non
soddisfatto può impedire al creditore il pagamento di tributi, per questo la Court
interviene con un apposito writ, che autorizza l’attore a convenire l’inadempiente avanti
i suoi giudici in modo da ottenere l’esalazione del credito.

Sarà poi abolita dalle grandi riforme del 1800.

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La Court of Common Pleas

La Court of Common Pleas è la corte delle udienze comuni, competente a conoscere


delle liti tra commoners; nasce a partire dal regno di Enrico III, nel 1272 viene nominato
il primo Chief Justice of Common Pleas ed entro il 1300 i membri della corte, sono
scelti tra i servientes ad legem, ossia la corporazione dei giuristi più esperti.

Viene a costituire uno stabile organo giudiziario in grado di svolgere un’attività


processuale quantitativamente rilevante, seppur con costi elevati.

Si tratta della Corte principale dell’Inghilterra, padrona dell’elaborazione della maggior
parte della materia casistica per bocca di giuristi di elevatissimo calibro.

Il King’s Bench

Il King’s Bench è in origine presieduta dal sovrano e lo segue nelle sue peregrinazioni,
ma afferma precocemente la propria indipendenza; dal 1268, il King’s Bench si
compone di giudici tecnici del diritto presieduti da un Chief Justice ed a partire dalla
fine del 1300 ha sede fissa a Westminster.

La competenza del King’s Bench attiene alle cause che interessano la corona, in cui
cioè il re è direttamente coinvolto come organo sovrano:

A. In materia penale, la corte giudica reati di ordine pubblico:

1. in primo grado è limitata al luogo in cui si trova e per il tempo in cui vi si trova,

2. in secondo grado è titolare di una supervisory jurisdiction su tutta la giustizia


penale, mediante alcuni importanti strumenti processuali quali: 

il writ of certiorari, il writ of error e la motion for new trial.

B. In materia civile, è competente a giudicare:

A. in primo grado nei casi di trespass, ossia di illecita e violenta invasione della
sfera giuridica personale o patrimoniale di un soggetto.

B. Nei confronti delle corti inferiori, esercita una funzione di controllo per mezzo
dei prerogative writs, rimedi straordinari ottenibili solo dietro la prova della
inadeguatezza o inutilizzabili di quelli ordinari.

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LE CORTI SPECIALI.

Indipendenti dalla giurisdizione ordinaria, si affermano precocemente anche importanti


tribunali di giurisdizione speciale. Questi sono:

A. Le corti ecclesiastiche, competenti a conoscere qualsiasi controversia che


riguarda direttamente i chierici o i beni della Chiesa, reati come bestemmia ed
eresia, alcune questioni testamentarie e quelle matrimoniali; giudicano tutto questi
casi in base ad diritto canonico.

B. Le corti mercantili, applicano la lex mercatoria, ossia il diritto comune della pratica
dei commerci; svolgono una importante attività fino al 1400, quando inizia il declino
che porta al loro assorbimento da parte delle corti ordinarie.

C. Le corti marittime, che applicano un diritto fondato nello ius gentium e nelle
relazioni internazionali; svolgono la loro attività per tutto il medioevo, fino al declino
e l’assorbimento da parte delle corti ordinarie.

LA GIUSTIZIA ITINERANTE.

Caratteristica cruciale dell’amministrazione della giustizia è la Giustizia Itinerante,


termine con cui ci si riferisce:

A. alla mancata istituzione di corti locali lontane da Londra,

B. ed al peregrinare del sovrano stesso nelle varie terre a rendere giustizia.

La sua istituzione nel 1072 è finalizzata ad emarginare la giustizia feudale e ad


estendere la giurisdizione della monarchia a tutto il regno senza dover ricorrere a corti
regie periferiche permanenti, che avrebbero potuto assumere pericolose autonomie.
Sotto Enrico II, l’Inghilterra viene divisa in circuiti comprendenti varie contee e la visita
periodica della corte itinerante sospende l’autorità delle giurisdizioni locali.

Altro organo locale in tema di amministrazione della giustizia è lo sheriff, 



il sovrano normanno lo riforma rafforzando il vincolo di subordinazione con la
corona e lo fa sia:

1. tramite un regime di controlli ispettivi

2. trasformando la carica da ereditaria a elettiva, con durata di un anno.

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1.3. IL SISTEMA DEI WRITS


Dagli inizi del 1100 la Curia Regis inizia gradualmente a sostituire le corti locali e ciò
avviene in relazione ai suoi pregi rispetto a quest’ultime.

La giustizia regia si afferma con forza in quanto giustizia più efficiente; efficienza che si
afferma sia sotto il profilo sostanziale, sia sotto quello processuale:

A. Offre nuove forme di tutela quando il caso concreto lo richiede creando nuovi writs;

B. Offre un processo più rapido e razionale: 



Il trial by jury, che vede protagonisti il giudice di professione e la giuria dei pari
dell’imputato; prima il trial si svolgeva by duel.

Il termine jury, giuria, è utilizzato in quanti i suoi membri erano chiamati a decidere
su controversie loro vicine dovendo giurare di dire soltanto la verità; il giudice
giudica il diritto, il fatto è giudicato dalla giuria. 


Le sue caratteristiche salienti, soprattutto rispetto al passato, sono:

1. La pubblicità, se nel processo stesso sono coinvolti come giurati membri del
popolo, è inevitabile che debba essere un processo aperto.

2. L’oralità, essendo coinvolti membri del popolo, dato che questi solitamente non
conoscevano il latino, il processo doveva svolgersi oralmente.

3. La concentrazione, il processo aveva inizio la mattina e terminava la sera,


poiché i giurati dovevano operare per il loro sostentamento e perché sarebbe
stato molto complesso riunire in un secondo momento le medesime persone e
far si che queste si ricordassero di quanto detto in precedenza.

IL FUNZIONAMENTO DEL SISTEMA DEI WRITS.

Il writ è un ordine del sovrano, in forma di lettera, scritto in latino su una pergamena e
munito del sigillo reale; essendo alto il costo della pergamena, lo scritto doveva essere
breve, da qui il suo nome.

Si tratta di uno strumento autoritario, un comando diretto allo sheriff o al Lord che
presiede una corte, volto a sottrarre la trattazione di una causa ai signori feudali o alle
corti locali. Il suo presupposto infatti è che la lite sia prima portata di fronte alle corti
locali e che la parte non abbia soddisfazione nella sua sede naturale.

Il writ è lo strumento imprescindibile per la tutela del diritto, tant’è che nella common
law un diritto soggettivo può dirsi esistente se è presente un writ che lo rende
azionabile; nel tempo vengono con la concessione di nuovi writs per tutelare nuove
situazioni, si affermano nuovi diritti e si espande la common law.

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Il writ è elaborato e scritto nella segreteria del cancelliere e può avere 2 destinatari:

• Lo sceriffo, nel caso contiene l’ordine di eseguire un servizio o di presentarsi davanti


la corte regia a spiegare le ragioni della sua disobbedienza:

• Il Lord titolare di una corte feudale, con l’invito a rendere giustizia all’attore e
avvertendolo che in caso contrario la questione sarà risolta presso le corti reali.

L’inosservanza dell’ordine in questione è considerata un’offesa, e può comportare


l’imprigionamento del responsabile.

Si hanno due tipi di writ:

• I writ ordinari, concessi dietro un modesto pagamento consolidati nella prassi


giudiziaria e annotati in un apposito Registrum brevium.

• I writ straordinari, non elencati nel registro e ottenuti dai poveri per concessione
gratuita, o dai benestanti dietro pagamento. 

Possono divenire ordinari se si consolidano nella pratica.

La concessione del writ da parte del cancelliere rientra nel suo potere discrezionale e
che tale concessione è la chiave per aprire le porte delle corti di common law, ma non
le impegna ad una pronuncia favorevole all’attore.

L’affermazione del writ come strumento essenziale dell’esercizio del potere delle corti di
common law si deve a due fattori:

Fattore economico, la cancelleria vende i singoli writs agli interessati, portando


notevoli proventi al tesoro reale, nella misura in cui li concede contro pagamento.

Fattore politico, sarà la causa della crisi del sistema, con la creazione di nuovi
rimedi si estende la competenza e dunque il potere delle corti reali a scapito del
potere dei baroni titolari delle concorrenti signorili.

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LA CRISI DEL SISTEMA DEI WRITS.

La Magna Charta Libertatum, è una carta accettata nel 1215 dal re Giovanni
d'Inghilterra a Runnymede, nei pressi di Windsor; redatta dall'Arcivescovo di
Canterbury per raggiungere la pace tra l'impopolare re e un gruppo di baroni ribelli.

Rappresenta il punto di partenza per la tutela dei diritti di libertà nella struttura
costituzionale inglese; è il primo documento con cui i baroni riescono a porre un argine
al potere del re, disponendo alle clausole 60 e 61 che: il diritto esistente li avrebbe
vincolati allo stesso modo e che la violazione di tale principio da parte del re avrebbe
legittimato i baroni a sottrarsi al proprio dovere di lealtà, nonché la loro insurrezione.

Le Provisions of Oxford, invece, sono imposte nel 1258 dai baroni quale corrispettivo
del loro aiuto in armi e in denaro ad Enrico III; con queste, si intende sottrarre il
governo del regno al sovrano per affidarlo a un comitato riformatore, che deve:
nominare il Chief Justice, il Tesoriere e il Cancellieri, verificare il loro operato e infine
disporre la riforma di quanto sembra necessario riformare.

Soprattutto, si produce la cosiddetta cristallizzazione del sistema dei writs: 



viene negato al cancelliere il potere di emettere nuovi writs straordinari o atipici se non
con l’approvazione esplicita del re e del suo gran consiglio. 

Si blocca lo sviluppo della common law e la giustizia entra in un grave stato di crisi.

IL SUPERAMENTO DELLA CRISI E L’EVOLUZIONE DEL WRIT OF TRESPASS.

Lo Statute of Westminster II, 1285

Attraverso lo Statute of Westminster II del 1285 di Edoardo I, si attenua l’irrigidimento


del sistema e si determina la ripresa del corso della common law, seppur lenta.

Alla sezione 24 si consente alla cancelleria di utilizzare le formule conosciute per


ammettere nuove azioni in consilium casu, ossia in fattispecie diverse ma simili a
quelle previste nel Registrum. Tuttavia questa modalità sarà utilizzata in rari casi.

La tecnica dell’action on the case: dal trepass al trepass on the case

Sempre lentamente, ma la common law prosegue il suo percorso invece tramite l’opera
delle corti, le quali ampliano il proprio potere fornendo tutela anche a situazioni simili a
quelle tutelate dai writs, dando impulso al procedimento on the case.

Ammettono che l’attore, ottenuto un writ noto, esponga in una dichiarazione i fatti del
caso in modo molto dettagliato così da evidenziare l’opportunità della concessione del
writ alla propria situazione ancorché diversa. A tal fine è il writ of trespass.

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Questo è concesso inizialmente a chi ha subito una illecita e violenta invasione della
sua sfera giuridica personale o patrimoniale; 

In origine i suoi elementi costitutivi sono: transgressio, vi et armis, contra pace regnum;
e secondo lo schema classico, ve ne sono 3 tipologie: to person, to goods, to land.

Interpretandolo in modo estensivo i giudici cominciano a offrire tutela per i danni


causati da responsabilità indiretta o colposa per giungere infine alla tutela contrattuale.

Così tra il 1300 e il 1400 le corti elaborano il writ of trespass on the case che non
riguarda più i casi di applicazione diretta e illecita della forza fisica; questa diventa
irrilevante, mentre acquista rilievo il dato sostanziale che l’attore sia stato vittima di un
danno causato dal comportamento negligente o doloso di un altro soggetto.

L’assumpsit: origine della tutela contrattuale

L’estensione analogica porta al writ of trespass on the case in assumpsit, nell’ipotesi di


danno derivante dalla non corretta condotta contrattuale della controparte.

In questo caso l’attore riporta che il convenuto si sia assunto di fare qualcosa, ma non
avendola adempiuto abbia arrecato danno alla persona o ai beni dell’attore. 

Particolarmente rilevante è Slade’s case, poiché:

1. prima di questo, per poter usufruire della tutela dell’assumpsit la promessa di


adempiere doveva essere espressa,

2. dopo le corti offrono analogia tutela anche ad una promessa implicita; questa forma
prende il nome di indebitatus assumpsit.

Nel caso del writ of trespass la sanzione consisteva nell’imprigionamento del


responsabile e dal risarcimento del danno, tutte le nuove azioni che da questo
scaturiscono portano l’impronta delle azioni delittuosi e sfociano nel risarcimento; 

ma resta estranea la possibilità di esecuzione forzata in forma specifica.

“Ubi remedium Ibi ius” e “remedies precede rights”

Viene spontaneo il confronto tra lo sviluppo iniziale della common law e del diritto
romano; in entrambe le tradizioni:

A. Il rimedio precede il diritto e la tutela dei diritti si realizza solo previo ottenimento
di particolari documenti da un organo non giurisdizionale; i quali peraltro sono
raccolti in un registro.

B. Si è superata la rigidità del sistema tramite tecniche artificiose.

C. I giuristi pensano in termini di forme d’azione, si interessano ai fatti concreti per


poterli collocare nelle varie formule invece di elaborare un sistema di diritto
sostanziale.

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1.4 LA COURT OF CHANCERY E LO SVILUPPO DELL’EQUITY


L’equity è il sistema di diritto sviluppato e creato dalla Chancery Court che ha
affiancato il sistema di common law a partire dal 1300, imprimendo all’ordinamento
inglese quel carattere dualistico che non è scomparso neppure oggi.

LE RAGIONI DELL’AFFERMAZIONE DELL’EQUITY.

L’affermazione dell’equity deriva anzitutto dalla crisi della giustizia amministrata dalle
corti di Westminster dovuta al suo irrigidimento; la sua procedura diviene così
formalistica che è frequente la perdita della controversia per motivi tecnici.

Così i ricorrenti si rivolgono al sovrano, titolare del potere e fonte di giustizia, affinché
intervenga a soddisfare la coscienza e per opera di carità, ossia giudichi con aequitas.

In origine la petizione viene rivolta anzitutto al Cancelliere che se lo ritiene opportuno, la


trasmette al re; ma dalla Guerra delle Due Rose, del 1455, diventa sempre più difficile
per il sovrano riunirsi con il suo consiglio e si sviluppa così una giurisdizione autonoma
del cancelliere, che produce un proprio corpo di regole e principi: appunto, l’equity.

CARATTERISTICHE ESSENZIALI DELL’EQUITY.

L’affermazione dell’equity poggia sulle sue caratteristiche:

1. La complementarità rispetto alla common law, espressa dalla massima 



equity follows the law, il cancelliere interviene per temperarne il rigore, 

se la sua integrale applicazione costituirebbe una summa iniuria.

2. La inorganicità e asistematicità rispetto alla common law, fra queste vi è un


rapporto simile a quello che, sei sitemi di civil law, sussiste tra il codice e la
legislazione speciale; o anche tra diritto pretorio e ius civile.

3. L’ampia discrezionalità del Cancelliere.

L’equity si distingue dalla common law, sul piano pratico, in relazione:

A. Modello processuale: il cancelliere è per lungo tempo un ecclesiastico, il quale si


avvale di chierici che conoscono bene il diritto canonico, per questo il processo di
equity si presenta come inquisitorio, scritto, segreto e senza giuria.

B. Rimedi concessi: le corti di common law si sono concentrate sui rimedi volti a
recuperare la terra ed ad ottenere il risarcimento dei danni; 

mentre queste agiscono sui beni l’equity agisce in personam. Attraverso lo
strumento dell’injunction il cancelliere può emettere ordini di fare e di non fare.

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Il rapporto tra i due rami del diritto inglese ha avuto anche momenti di aspro contrasto:
soprattutto all’inizio del 1600, con la contesa tra:

• le tendenze assolutistiche della monarchia e della Chancery Court,

• le resistenze del Parlamento e delle corti di common law.

Il conflitto si risolve con un decreto di Giacomo I Stuart del 1616, che dichiara la
supremazia dell’equity in caso di conflitto; successivamente cancellieri politicamente
avveduti, eviteranno il contrasto contribuendo a garantire la pacifica convivenza.

ESEMPI DI RIMEDI ELABORATI DALL’EQUITY.

Sono esempi di rimedi elaborati dalla Chancery Court:

I. La specific performance, se un contratto non viene eseguito:

1. la common law offre il risarcimento del danno,

2. La Cancelleria elabora la figura dell’esecuzione in forma specifica del


contratto.

II. La dottrina dell’undue violence, in materia di vizi del consenso:

1. la common law ha riguardo solamente alla violenza fisica come motivo di


annullamento del contratto.

2. La Cancelleria elabora la dottrina della violenza morale.

III. Il trust, si tratta rapporto fiduciario in origine ideato per motivi di riservatezza e che
ha poi adempiuto a vari scopi relativi soprattutto alla gestione di patrimoni cospicui:

1. la common law non riconosce alcun valore all’accordo fiduciario,

2. La Cancelleria non nega che la titolarità del bene spetti a Caio, ma riconosce
e tutela l’obbligazione che questi assume nei confronti di Tizio.

Con il passare del tempo l’equity cessa di essere una giustizia morale: dopo il 1616
assume i caratteri di rigidezza ed inflessibilità della common law;

A. L’ufficio di Lord Chancellor NON viene più affidato a ecclesiastici, ma a uomini


politici, per lo più giuristi.

B. Le decisioni sono regolarmente conservate in appositi reports e cominciano a


seguire piuttosto la strada dei precedenti;

Così finisce proprio per diventare un secondo e ben definito complesso di casi, istituti,
dottrine che si pone al fianco della common law.

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SEZIONE II. L’AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA


2.1 LE GRANDI RIFORME DELLA GIUSTIZIA:

DALLA SECONDA METÀ DEL 1800 ALL’INIZIO DEL TERZO
MILLENNIO
Nel 1800 l’amministrazione della giustizia si compone di 3 rami diversi di 

sempre minore coordinazione: le Corti di Westminster, la Chancery Court e le Corti
marittime ed ecclesiastiche.

Inoltre si riscontra in Inghilterra una notevole tendenza verso la centralizzazione della
giustizia civile ed una opposta tendenza alla decentralizzazione della giustizia penale.

LE PRIME RIFORME E I JUDICATURE ACTS 1873-1875.

Manifestatasi l’insostenibilità del sistema rispetto al nuovo secolo, vengono disposte


serie di importanti riforme processuali, ispirate al pensiero di Jeremy Bentham, volte
ad affidare alla legge un ruolo più significativo.

Il Country Courts Acts 1846

Il Country Courts Act istituisce una rete di corti locali, distribuite in 500 distretti a loro
volta raggruppati in circa 60 circuiti, ognuna delle quali fa capo ad un giudice togato.

Con tale riforma si riesce nell’intento di tutelare il credito dei piccoli e medi
commercianti, i quali rifuggivano dalla concessione di questo per il timore di non poterlo
recuperare, data la mancanza di tribunali e di procedure semplici e poco costose.

Le riforme processuali

Nella prima parte del 1800 il legislatore intraprende anche altre riforme processuali:

A. Uniformity of Process Act: produce l’uniformità delle citazioni in 



tutte le corti di common law.

B. Real Property Limitation Act: riduce le azioni reali da 60 a 3.

C. Chancery Pratice Amendment Act: determina l’attribuzione alle corti di equity di


disporre delle questioni incidentali di common law.

D. Common Law Procedure Act: consiste nel tentativo di fondere alcuni aspetti
processuali della civil law e della common law.

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Judicature Acts

Le numerosi corti concorrenti sono tutte ricomprese in un’unica 



Supreme Court of Justice, che si articola su 3 livelli di giurisdizione:

1. Prima Istanza:

A. High Court of Justice, competente in materia civile, prevede 3 sezioni:

a) Queen’s Bench, competente a conoscere le cause prima attribuite alle 3


originarie corti regie.

b) Chancery, competente a conoscere le cause prima attribuite alla


Chancery Court.

c) Probate, Divorce and Admirality, competente in materia di successioni,


matrimonio e diritto marittimo.

B. Crown Court, competente in materia penale.

2. Seconda Istanza:

C. Court of Appeal, organizzata in due sezioni: civile e penale.

Segue l’idea che l’appello debba essere un riesame della causa, a seguito del
quale la nuova decisione può sostituire quella impugnata; da subito però si
afferma il Principio dell’inesistenza del diritto di appello, che è solo una ipotesi
che si verifica in base ad alcune condizioni, fra cui il consenso del giudice a quo.

3. Terza Istanza:

D. House of Lords, alla quale con l’Appellate Jurisdiction Act del 1876, viene
confermata la giurisdizione di ultima istanza affidata ad una sua speciale
suddivisione: l’Appellate Committee; è una vera e propria corte suprema

• grazie sia all’autorità delle sue pronunce, che vincolano tutte le corti inferiori,

• grazie sia alla grande discrezionalità con la quale sceglie le cause da seguire.

Inoltre è presente il Judical Committee of the Privy Council: consiglio privato della
corona che costituisce ancora, per istanze particolari, l’ultima istanza in alcuni paesi del
Commonwealth; è competente a dirimere i conflitti tra le autonomie, quali le assemblee
legislative di Scozia, Galles ed Irlanda, e l’autorità centrale del Governo di Londra.

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L’amministrazione congiunta di common law ed equity

Con Judicature Acts si dispone che le varie sezioni della High Court e la Court of
Appeal debbano applicare tutte le regole e i principi del diritto inglese nel suo
complesso, senza considerare se si sono sviluppate at law o in equity, stabilendo che,
in caso di contrasto tra le due sulla stessa materia, prevalgano le rules of equity.

Questo semplifica molto la procedura di giudizio; tuttavia, la distinzione tra i due rami
permane, infatti il rimedio di equity risente della propria origine eccezionale, la sua
concessione rientra tra i poteri discrezionali della corte, ergo è concordato solo previa
dimostrazione dell’inadeguatezza del rimedio di common law.

Il rule making power e le nuove regole processuali

Conseguenza necessaria della riforma è l’emanazione di nuove regole processuali; 



la loro emanazione avviene nel 1883 e il loro spirito è quello di assicurare l’uniformità, 

la semplicità e l’efficacia dei procedimenti, eliminando ogni obsoleto tecnicismo.

A tal proposito viene anche riformato il sistema dei writs ottenendo una notevole
semplificazione: sono abolite le forms of action e i numerosi writs vengono sostituiti da
un unico writ of summons, che rappresenta l’atto introduttivo del giudizio fino al 1999,
quando l’atto introduttivo viene modificato e denominato claim form.

IL CONSTITUTIONAL REFORM ACT 2005 E LA NUOVA SUPREME COURT.

Il Constitutional Reform Act del 2005, fortemente propiziato dallo Human Rights Act
del 1998, ha modificato il vertice della giurisdizione inglese; le sollecitazioni erano
dovute alla contiguità tra potere legislativo e giudiziario che scaturiva dal ruolo di
giudice dell’Appellate Comittee della House of Lords.

Questa è stata sostituita da una nuova Supreme Court, del tutto separata e
indipendente dal Parlamento, composta di 12 giudici; i cui poteri sono rimasti gli stessi.

Il procedimento di selezione dei giudici avviene in 4 passaggi:

1. Il Lord Chancellor convoca la Selection Commission,

2. La Selection Commission sceglie i nomi dei giudici,

3. Il Lord Chancellor indica i nomi al Primo Ministro,

4. Il Primo Ministro raccomanda la loro nomina alla regina.

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2.2. IL CETO DEI GIURISTI E LA MAGISTRATURA LAICA


BARRISTERS E SOLICITORS.

Col passare del tempo diventa difficile per i litiganti stare in giudizio di persona, per
questo a partire dal 1200 è frequente il ricorso ad un attorney come rappresentante, 

un professionista con una formazione prettamente pratica; al quale successivamente si
affianca il narrator, una figura che gode di una superiore dignità professionale.

Al di sopra di tutte queste categorie sono presenti i serjeants of law, fra i quali
vengono scelti i giudici che hanno il compiti definire giuridicamente la controversia.

In Inghilterra l’educazione giuridica degli apprendisti si svolge nelle Inns of Court,


mentre l’insegnamento delle scuole e delle università è tenuto in scarsa considerazione.
L’educazione del giurista è da sempre di tipo pratico.

Nel corso del 1600 inizia un processo di trasformazione che porta alla definitiva
affermazione, con l’esclusione delle altre categorie, dei barristers e dei solicitors:

A. I barristers, la cui istruzione è affidata alle Inns of Court, 



esercitano tradizionalmente attività di consulenza e soprattutto di patrocinio di
fronte alle corti superiori, essendo titolari del right of audience.

B. I solicitors, la cui istruzione viene affidata alla Law Society. 



Questi compaiono nel 1400 con compiti prettamente amministrativi,
successivamente il loro lavoro diviene quello di tenere rapporti con i clienti e
preparare il materiale informativo e probatorio necessario al barrister.

La loro capacità di stare in giudizio innanzi alle corti superiori è limitata, mentre è
riconosciuta quella di udienza di fronte alle country courts e ai giudici di pace.

Tale sistema, tuttavia, era causa di notevoli complicazioni e, in particolare, di un


consistente aggravio di costi del processo, in quanto richiedeva la presenza di due
diverse figure di legale per affrontare una causa.

Il Courts and Legal Services Act del 1990 ha riformato la disciplina, togliendo ai
barristers il monopolio del right of audience e attribuendolo, tra gli altri, ai solicitors.

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I GIUDICI: LA TRADIZIONE ED IL RINNOVAMENTO 

DEL CONSTITUTIONAL REFORM ACT 2005

A partire dal 1300 si consolida la consuetudine di reclutare i giudici inglesi tra le file
degli avvocati più prestigiosi.

Storicamente i giudici superiori inglesi sono nominati dalla Corona su proposta del
Lord Chancellor che li seleziona tra i barristers con una certa esperienza professionale e
di maggior prestigio. Questo tipo di scelta implica che:

• La comunità dei giudici sia formata a partire da un gruppo professionale ristretto,


appunto quello dei barristers e ciò garantisce una selezione accurata.

• I giudici nominati ripropongono i caratteri della piccola comunità dei barristers,


bianchi, maschi, di mezza età e scarsamente rappresentativi della società.

• Il legame tra gli avvocati e i giudici, a loro volta ex-avvocati, permette a questi
ultimi di svolgere le proprie funzioni con più facilità e immediatezza.

Il Courts and Legal Services Act del 1990 ha inciso in maniera abbastanza profonda
sull’assetto della professione forense, disponendo che i giudici della High Court
venissero scelti dal Lord Chancellor tra i barristers e i solicitors titolari del right of
audience con almeno 10 anni di esperienza e nominati dalla Regina; ciò ha impedito lo
svilupparsi della contrapposizione tra il bar, l’avvocatura, e il bench, magistratura.

Il Lord Chancellor, tuttavia, costituiva una notevole anomalia del sistema inglese, in
quanto, da un lato, era il solo incaricato alla nomina dei giudici e, dall’altro, era una
figura fortemente politicizzata, dato che partecipava in tutte le funzioni di governo.

Tali anomalie e contraddizioni sono state eliminate dal Constitutional Reform Act del
2005 che ha profondamente riformato il sistema di reclutamento dei giudici.

Il Lord Chancellor, questi NON è più da considerarsi un magistrato, dato che gli
vengono sottratte tutte le funzioni giurisdizionali, ma conserva un ruolo importante con
riferimento al sistema di reclutamento dei giudici:

1. La Judicial Appointments Commission, una commissione composta da 15


membri proposti dal Lord Chancellor e nominati dalla regina, seleziona i candidati
per ciascun posto che si renda vacante presso qualunque corte ad eccezione della
Supreme Court. Successivamente comunica tale scelta al Lord Chancellor.

2. Il Lord Chancellor, che non è rigidamente vincolato alla volontà della commissione,
nomina direttamente la persona scelta o la raccomandata per la nomina alla Regina.

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La selezione avviene tra i barristers e i solicitors titolati del Right of audience sempre in
base al merito ed alle loro capacità, ma si prevede espressamente per la commissione
l’obbligo di prendere in considerazione anche l’elemento della diversità tra le persone
che vengono scelte: per rispondere all’esigenza di una magistratura più rappresentativa
della società inglese.

In tema di garanzie il Constitutional Reform Act prevede che:

A. I magistrati di livello inferiore alla High Court possono essere rimossi per
incapacità e cattiva condotta

dal Lord Chancellor di concerto con il Lord Chief Justice.

B. I magistrati della High Court e delle corti superiori possono essere rimossi solo
dalla Regina su risoluzione congiunta delle due camere del Parlamento.

Tradizionalmente si è sempre sottolineato il numero ristretto dei giudici inglesi e ciò è


vero ancora oggi se si considera che il numero dei giudici supera di poco i 1000. 

Di questi solo 154 sono giudici delle corti superiori, gli unici a cui vengono riconosciuti
queste 4 caratteristiche:

1. Hanno creato e creano la common law;

2. Sono gli unici tutelati dall’istituto del contempt of court con cui si puniscono le
offese alla corte;

3. Possono pronunciare la dichiarazione di incompatibilità;

4. Sono depositari del potere giudiziario, che risulta essere concentrato tutto a Londra.

La disparità numerica tra l’Inghilterra e il continente, si spiega facendo riferimento a 2


ordini di motivi:

• Il ricorso, nei secoli, ad organismi alternativi per la soluzione delle controversie: 



Justice of the Peace e Special Tribunals.

• La particolare struttura del processo civile: solo poco più dell’1% delle cause
iniziate annualmente di fronte alle corti ordinare arriva al trial, ovvero il dibattimento
presieduto da un giudice di professione, e ciò perché si riserva ai pochi giudici togati
la soluzione di questioni relativamente complesse e nuove.

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MAGISTRATURA LAICA.

La presenza della magistratura laica in un ordinamento, ossia di una magistratura non


formata da professionisti, porta con sé 2 principali vantaggi:

1. A livello economico, dato che i giudici di pace sono molto meno pagati 

dei giudici togati;

2. A livello educativo e sociale, dato dal fatto che i cittadini possono partecipare in
prima persona alle giurie nel processo civile.

Justice of the Peace: magistrates

I giudici di pace NON sono professionisti, non ricevono alcun compenso per la loro
prestazione e per questo sono chiamati great unpaid.

Fanno eccezione quelli operanti nelle grandi città:

A. i primi sono nominati dal Lord Chancellor che, tramite una commissione, li sceglie
tra gli abitanti più in vista della contea,

B. i secondi, detti stipendiary magistrates, sono scelti tra i barristers e i solicitors con
almeno sette anni di anzianità.

Essi si occupano di tutte le cause penali ed hanno una buona competenza anche in
materia civile; in entrambi i casi possono condannare solo a pene pecuniarie, o al
massimo alla libertà vigilata.

Special Tribunals

Nonostante l’impostazione negativa apportata dal pensiero di Dicey nei confronti del
diritto amministrativo, l’attività legislativa relativa al Welfare State ha imposto la
necessità di istituire gli Special Tribunals. 

A questi è stata data competenza di giurisdizione nelle cause che insorgono fra Stato e
cittadini o fra cittadini privati per questioni inerenti proprio il Welfare State. 


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2.3. LE LINEE ESSENZIALI DEL PROCESSO ADVERSARY E LE


RIFORME DELLA GIUSTIZIA CIVILE
LE LINEE ESSENZIALI DEL MODELLO ADVERSARY DI PROCESSO.

La struttura del processo inglese prevede una netta distinzione in 2 fasi, 



la fase pre trial e la fase trial.

Pre Trial

La pre trial, ossia il pre-dibattimento, il quale inizia con le primissime battute del
processo e si conclude con l’avvio del dibattimento. 

In questa fase il caso è nelle mani delle parti, sono rari gli interventi del giudice, infatti se
si presentano particolari difficoltà, interviene il master, un funzionario della corte.

Le funzioni fondamentali del pre trial sono 3:

1. Si prepara la causa per il dibattimento, si predispongono tutti gli atti che vanno
dalla proposizione della domanda all’udienza:

(1) si individuano le parti della causa e si definisce la cause of action,


ossia il fondamento dell’azione, le motivazioni.

(2) si scambiano i pleadings, ossia le memorie attraverso le quali le parti


dispongono le questioni controverse,

(3) si svolge la discovery, ossia lo scambio degli eventi che possono


costituire prove per il dibattimento.

2. Si predispongono gli strumenti procedurali, volti a definire la controversia evitando


i dibattimento. Tra questi:

A. L’offer to settle: il convenuto può depositare presso la corte una somma di


denaro atta a soddisfare la pretesa dell’attore che, se non accetta l’offerta,
comporta il proseguimento del giudizio.

B. Il default judgement: la sanzione per la mancata osservanza degli adempimenti


richiesti da una norma o da un provvedimento del giudice

3. Si possono ottenere provvedimenti di carattere provvisorio e interinale per la


tutela di diritti e interessi in attesa che abbia inizio e si svolga il dibattimento. 


In particolare è possibile richiedere al giudice l’emanazione di un 

interlocutory injunction, ossia un ordine di fare o di non fare, volto ad ottenere 

una tutela rapida e immediata.

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Trial

Il dibattimento è caratterizzato da 3 elementi tipici del processo civile adversary:

• Oralità: le prove sono assunte oralmente davanti al giudice nel dibattimento;



la loro selezione è rigorosa.

• Concentrazione: il dibattimento, in cui si attua l’interrogatorio e il 



controinterrogatorio dei testimoni, tende a risolversi in una sola udienza o in più
udienze in stretta successione tra loro.

• Immediatezza: la distribuzione dei poteri tra giudice e parti rende il processo 



un libero scontro tra contendenti che, nel rispetto delle regole, si sfidando davanti ad 

un giudice passivo.

RIFORME RECENTI.

Il Report del Civil Justice Review Body del 1988 ha condotto a due importanti atti:

• Il Courts and Legal Services Act, che ha sancito la rottura del monopolio dei
barristers presso le corti superiori.

• Il Country Courts Jurisdiction Order, che ha portato all’ampliamento della


competenza delle Country Courts e all’alleggerimento di quelle della High Court.

Mentre il Lord Woolf’s Final Report, nel 1996, individua nei costi, nella lungaggine e
nella complessità i mali maggiori dell’impianto processuale inglese; nasce così:

A. Il Principio del case management, secondo cui il giudice deve svolgere un ruolo
attivo in tutte le fasi al fine di coadiuvare le parti nella ricerca della soluzione più
rapida; di fianco al quale si afferma anche

B. Il Principio del rapporto equilibrato tra la complessità della causa, determinata


sulla base delle pretese, e la complessità della macchina processuale; così si
individuano tre corsie processuali in ordine di complessità: 

la Small claim track, la Fast track, la Multi track.

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SEZIONE III. LE FONTI DEL DIRITTO


3.1. LA GERARCHIA DELLE FONTI E LA NOZIONE INGLESE DI
COSTITUZIONE
La distanza che separa il Regno Unito dal resto del continente è percepibile a partire
dal concetto stesso di Costituzione; nel panorama del Costituzionalismo moderno il
Regno Unito fa eccezione sotto un duplice profilo:

Presenta vari atti normativi solenni di età remota ad esempio la 



Magna Charta e il Bill of Rights.

NON presenta una costituzione intesa come documento scritto, ma un diritto


costituzionale: un complesso di regole che disciplinano i rapporti tra i poteri dello
stato e contribuiscono a definire la forma di governo.

Relativamente a questioni moderne se si considera il Principio della supremazia del


Parlamento, teorizzato da Dicey, si comprende quanto sia stata difficoltosa l’adesione
del Regno Unito alla Comunità Europea; raggiunta infatti solo attraverso un’intensa
attività della giurisprudenza che è arrivata a riconoscere la supremazia del diritto
costituzionale su quello interno.

In questo quadro si inserisce lo Human Rights Act del 1998, una legge in materia
costituzionale che ha posto fine a un lungo dibattito sul ruolo della 

Convenzione europea per la tutela dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. 

Prevede che tutte le disposizioni legislative passate e future, siano lette e applicate in
conformità alla Convenzione e attribuisce ai giudici, in caso di contrasto fra legge
interna e la convenzione, il potere di pronunciare una dichiarazione di incompatibilità.

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3.2. LA GIURISPRUDENZA E IL PRINCIPIO STARE DECISIS


La regola per cui casi analoghi debbano essere giudicati in modo analogo è applicata
in tutto il continente, risponde all’esigenza: di certezza del diritto, di prevedibilità delle
decisioni e di parità di trattamento.

Invece la dottrina del binding precedent è una caratteristica peculiare del modello
inglese, secondo questa i precedenti giudiziari sono vincolanti e devono essere seguiti,
anche quanto NON risulti giusto farlo.

L’AFFERMAZIONE DELLA REGOLA DELLO STARE DECISIS.

Il principio dello stare decisis NON è da sempre effettivamente vincolante,

1. Nella fase di maggior sviluppo della common law i giudici sono ben consapevoli del
fatto di potersi discostare dalle decisioni precedenti.

2. Nel tempo però si è verificato un irrigidimento della regola:

A. Con i Judicature Acts, che propongono un sistema di corti organizzato in


modo accentrato e gerarchico,

B. Con la corrente che impose la concezione scientifica delle discipline sociali,

Si afferma così la teoria dichiarativa, secondo la quale il precedente è vincolante in


maniera assoluta, non in quanto opinione di un giudice più antico, ma in quanto
verbalizzazione di una regola di diritto consuetudinario.

È importante sottolineare che il vincolo del rispetto del precedente non è previsto in
alcun atto legislativo, emergendo da una scelta degli stessi giudici.

3. Solo in tempi piuttosto recenti si è di nuovo cominciato a riconoscere ai giudici una


funzione creativa come dimostrano importanti pronunce delle corti superiori inglesi:

A. Mirehouse v. Rennel, si afferma che il sistema di common law consiste


nell’applicazione a nuove circostanze delle regole giuridiche che i giudici
derivano dai principi giuridici e dai precedenti giudiziari.

B. Beamish v. Beamish, si afferma che la regola del diritto posta dai Lords a base
del giudizio come ultima e suprema Corte d’Appello di questo Regno, deve
essere considerata diritto vigente fino a che non sia modificata dal Parlamento.

C. London Street Tramways v. London Country Council, si afferma che la


decisione presa dalla corte in punto di diritto è successivamente vincolante per
la stessa corte e che è impossibile sollevare di nuovo una questione identica a
quella già decisa come se si trattasse di una res intera da essere riesaminata.

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TEORIA E PRASSI DELLA REGOLA STARE DECISIS.

Una corte è tenuta a seguire tutti i casi decisi da una corte gerarchicamente superiore e
le corti in grado di impugnazione risultano essere vincolate alle loro decisioni
precedenti. Ma la sola parte del precedente che realmente vincola è la ratio decidendi.

Operatività verticale ed orizzontale della regola del precedente

Per operatività verticale si intende l’espressione della regola dello stare decisis tra
giurisdizioni di diverso grado.

Le corti inferiori, compresa la Court of Appeal, sono vincolate alla House of Lords, che
è ormai vincolata alle decisioni della Corte di giustizia europea.

Per operatività orizzontale, invece, si intende l’espressione della regola dello stare
decisis tra giurisdizioni di pari grado. 

Si è dibattuto, sulla posizione della House of Lords e della Court of Appeal:

A. La Court of Appeal nel 1944 pubblicò quelle che sono le 3 eccezioni al principio
secondo cui essa è vincolata dalle sue stesse decisioni:

1. La Corte ha facoltà di decidere a quale di più sentenze in conflitto si atterrà;

2. La Corte può rifiutare di attenersi ad una sentenza da essa stessa emessa


qualora questa non sia compatibile con una sentenza della House of Lords;

3. La Corte non ha l’obbligo di attenersi ad una sentenza da essa stessa


emessa se si accerta che detta sentenza sia stata pronunciata per incuriam.

B. La House of Lords, con la pubblicazione del Practice Statement nel 1966, 



dichiarò che per il futuro NON si sarebbe più sentita vincolata ai propri precedenti
se ciò fosse apparso conveniente; tuttavia dal 1966 la house of Lords ha effettuato
un overruling solo in pochissimi casi.

Lord Denning sostenne che la Corte d’Appello si sarebbe dovuta sottrarre, qualora
fosse apparso conveniente, all’obbligo di seguire i propri precedenti, seguendo
l’esempio della House of Lords.

Tale posizione, tuttavia, è stata contestata perché di fronte ad una sentenza ingiusta
della corte d’appello è comunque lecito domandare l’istanza di terzo grado, cosa che
invece non è possibile fare nella medesima situazione con riguardo alla House of Lords.

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La distinzione tra ratio decidendi e obiter dictum

La ratio decidendi rappresenta il principio giuridico sotteso alla decisione che ha


determinato quel particolare risultato; la sua determinazione spetta al giudice che ha il
potere di compiere il distinguishing, distinzione in considerazione degli elementi di fatto.

L’obiter dictum è tutto ciò che non rientra nella ratio del caso. 

Nell’ipotesi in cui la sentenza di una corte non sia presa all’unanimità dei consensi: 

sia le opinioni concorrenti che quelle dissenzienti risultano essere obiter dictum.

La tecnica dell’overruling prevede l’abrogazione di una regola giurisprudenziale


vincolante; però tale abrogazione ha un’efficacia retroattiva sino al momento del
precedente annullato e non si tratta di un semplice cambiamento di una regola, 

quanto piuttosto della correzione di un errore che si considera sia sempre stato tale.

Accanto all’overruling, sono tecniche di manipolazione del precedente:

• L’Anticipatory overruling: una corte inferiore si sottrae al rispetto di un precedente 



di una corte superiore quando risulta certo che quest’ultima non seguirà più quel
particolare precedente. I giudici inglesi mostrano prudenza nell’usarlo.

• Il Prospective overruling: una corte abroga un suo precedente, limitando l’effetto


retroattivo di tale abrogazione. I giudici inglesi sono indifferenti al suo utilizzo.

In definitiva tra il giudice di civil law e quello di common law intercorrano soltanto
alcune differenze formali: il giudice di civil law è libero di discostarsi da qualsiasi
decisione di un’altra corte; il giudice di common law può farlo soltanto nei limiti in cui
le tecniche permesse glielo consentono.

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3.3 LEGGE E SUA INTERPRETAZIONE


IL RAPPORTO TRA LEGGE E GIURISPRUDENZA.

Sebbene il Bill of Rights del 1688 consacri il Principio della supremazia della legge, 

il Parlamento si astiene per quasi un secolo e mezzo dal legiferare nelle materie di
prevalente interesse delle corti, lasciando così che la common law si sviluppi.

L’aumento della produzione legislativa

Tuttavia in seguito:

A. All’inizio del 1800 il Parlamento intraprende una consistente attività legislativa, volta
ad eliminare alcune delle caratteristiche antiquate della common law.

B. All’inizio del 1900 la common law entra in the age of the statutes,

C. Nel secondo dopoguerra, la common law subisce la massiccia fioritura della


legislazione inglese.

Apparentemente nell’ambito delle fonti il ruolo della legge, degli statutes, è quello di
vertice della gerarchia. Tuttavia a fianco della formale supremazia della legge si
percepisce una sua sostanziale inferiorità rispetto alla common law giurisprudenziale. 

E questo poiché pur prevalendo sulle altre fonti, la legge vive concretamente nei limiti
che le sentenze le assicurano: il rispetto della legge, infatti, sebbene si imponga
sempre, acquista validità solo quanto è applicato dalle corti.

E’ anche vero però che le sentenze condizionano la legge, solo nei limiti in cui questa
lo permette, poiché il parlamento si cautela impiegando una formulazione puntigliosa,
analitica e casistica, lascia poco spazio all’interpretazione del giudice.

Il diritto comunitario e lo Human Rights Act: un nuovo ruolo per il giudice inglese?

Eventi recenti hanno nuovamente esaltato ruolo e funzione del giudice, 



pur in presenza del Principio della supremazia del Parlamento.

Su tutti l’entrata in vigore dello Human Rights Act nel 2000 rappresenta la più
significativa redistribuzione di potere politico dal Bill of Rights: prevede che alcuni diritti
della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali siano direttamente giustiziabili presso le corti inglesi:

• TUTTI i giudici devono interpretate le leggi inglesi in modo da essere compatibili con
i diritti tutelati dalla Convenzione.

• I giudici superiori hanno il potere di emettere, qualora la riscontrino, 



una dichiarazione di incompatibilità: sarà poi il Parlamento o il Governo a decidere
se introdurre o meno una legge che modifichi la norma in questione.

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La codificazione

Sebbene il pensiero di Bentham NON faccia presa in Inghilterra, l’idea di codificazione


non è estranea a questo ordinamento. 

La realizzazione dell’opera di codificazione si può osservare in materia processuale
con la riforma del 1999, che fissa le Civil Procedure Rules le quali si definiscono loro
stesse a new procedural code.

Tuttavia la tradizione di common law continua a distinguersi per l’atteggiamento


rispetto al codice; infatti i common lawyers NON condividono 2 elementi propri del
concetto continentale di codificazione:

• Il fatto che il codice rappresenti una cesura con il passato

• Il fatto che il codice debba essere considerato completo e centrale

LO STILE DELLA LEGGE E LA SUA INTERPRETAZIONE.

L’interprete inglese si limita ad un’interpretazione restrittiva degli statutes, tale da


circoscrivere l’impatto delle disposizioni legislative, lasciando spazio alla creazione
giurisprudenziale del diritto.

L’approccio ermeneutico restrittivo è espresso dalla literal rule, per cui l’interprete deve
attribuire ad una determinata disposizione il senso reso palese dalle parole. 

La rigidità di tale impostazione, tuttavia, si è in parte smussata, dato che ormai altri 

due criteri ermeneutici sebbene secondari affiancano quello letterale:

• La golden rule: consente di discostarsi dal significato più naturale della norma se
questo porti ad esiti assurdi, e di scegliere invece il significato che conduca ad un
risultato ragionevole.

• La mischief rule, che ammette di interpretare la norma in modo tale da rimuovere


effettivamente la specifica carenza che ha spinto il legislatore ad emanare quella
determinata legge.

Vi è poi un altro elemento utilizzato dalle corti inglesi per interpretare i testi legislativi,

le presunzioni, i cui esempi più noti sono:

• Si deve presumere che il Parlamento NON intenda limitare le libertà individuali;

• Si deve presumere che il Parlamento NON intenda limitare i property rights;

• La giurisdizione delle corti NON deve essere limitata.

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3.4. LA CONSUETUDINE
La consuetudine svolge un ruolo assai limitato nell’ordinamento inglese, e lo svolge a
patto che sia di consuetudine immemorabile: 

può dirsi vigente solo se si può provare che essa sia stata ininterrottamente osservata
fin da epoca anteriore al 1189, il che risulta, se non impossibile, almeno molto arduo.

3.5. IL RUOLO DELLA DOTTRINA


Il ruolo della dottrina in Inghilterra tradizionalmente è considerato di scarso rilievo,
secondo la prospettiva che vuole il professore protagonista degli ordinamenti di civil law
e il giudice di quelli di common law.

Vanno però sottolineati due elementi fondamentali:

• Alcune opere di dottrina sono state qualificate come books of authority e sono
ritenute di altissimo rilievo.

• L’evoluzione recente mostra come l’università inglese, ad oggi svolga un ruolo


fondamentale nell’educazione del giurista.

Attualmente la dottrina influenza in misura notevole lo sviluppo del diritto inglese.

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SEZIONE IV - LA COMMON LAW NEGLI STATI UNITI


4.2. LA RICEZIONE DELLA COMMON LAW NELLE COLONIE 

E L’INDIPENDENZA
Il diritto statunitense condivide con quello inglese la natura giurisprudenziale, oltre
alla lingua in cui è espresso, tuttavia gli Stati Uniti presentano caratteristiche peculiari
che impongono una specifica analisi:

1. La presenza di una Costituzione scritta; in Inghilterra al contrario è presente un


diritto costituzionale, ma non una costituzione scritta.

2. Un recente incremento della produzione legislativa, ciò anche in ragione della


forma di stato federale; in Inghilterra è presente una monarchia parlamentare
costituzionale profondamente diversa.

3. L’importanza cruciale della dottrina.

Durante il 1600 si stabiliscono i primi insediamenti coloniali inglesi nell’odierno


territorio statunitense e con il trascorrere del tempo risulta necessario dover individuare
quale sia il diritto da applicarvi.

Una possibile soluzione è il principio generale che deriva dal Calvin’s Case del 1608,
giudicato dalle corti di Westminster, per cui la common law inglese è applicabile a tutti i
territori annessi all’Inghilterra ed a tutti i cittadini inglesi nella misura in cui le sue regole
sono appropriate alle condizioni di vita che regnano nelle colonie. 

Questo principio NON è soddisfacente, in quanto la società coloniale manca di
depositari della common law, rimasti in patria, di giudici, di un sistema di corti e da dola
non è ancora in grado di far fronte all’alto tecnicismo della stessa.

Sul finire del 1600 le cose cambiano: inizia a diffondersi una particolare cultura giuridica
facente riferimento ai Commentari di Blackstone, autore di una sistematizzazione del
diritto inglese che lo rende maggiormente fruibile.

Comincia così a formarsi un nucleo di giuristi che conosce meglio il diritto inglese, di
seguito si formano le relative scuole, le prime corte e con esse i giudici.

A partire dal 1700, tuttavia, parallelamente si afferma anche la volontà di costituire una
nazione che sia imperniata attorno ad ideali universali. 

Le tredici colonie si staccano dalla madrepatria attraverso la Dichiarazione
d’Indipendenza, firmata il 4 luglio 1776, e dopo aver intrapreso una lunga guerra,

nel 1782 elaborano ed approvano gli Articles of Confederation, con i quali
riconoscono sovranità agli stati.

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A questi però vengono sottratti i poteri attribuiti al Congresso: formato dai
rappresentanti degli stati e disponendo ciascuno stato, paritariamente di un solo voto.
L’esperimento del Congresso fallisce, probabilmente in ragione della scarsità di poteri
che vengono a questo attribuiti. L’art.2 degli Articles of Confederation afferma infatti
che ciascun stato rimane sovrano, libero ed indipendente, mantiene potere e
giurisdizione a meno che la competenza in questione non sia stata attribuita
espressamente al Congresso; a cui sono affidate competenze principalmente di 

natura militare ed estera.

Fallita tale esperienza è convocata la Convenzione di Filadelfia, dalla quale prende vita
la Costituzione americana redatta nel 1787 ed entrata in vigore nel 1788. 

Il processo di ratifica non è facile, dati gli scontri tra federalisti ed antifederalisti. 

Alla vittoria dei primi concorrono pubblicazioni di enorme valore, su tutte: 

The Federalist, una raccolta di 85 articoli o saggi, scritti con lo scopo di convincere i
membri dell'assemblea dello Stato di New York alla ratifica della Costituzione.

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4.3. L’IMPORTANZA DELLA COSTITUZIONE E DEL BILL OF RIGHTS


GLI ARTICOLI ORIGINARI DELLA COSTITUZIONE.

La Costituzione statunitense è il frutto di un compromesso federalisti e antifederalisti; 



la natura compromissoria del testo è tangibile soprattutto nei primi 3 articoli
riguardanti l’organizzazione dello stato federale.

Agli originari 7 articoli, se ne sono aggiunti sino ad oggi 27, i primi 10 



dei quali ratificati nel 1791 e costituenti il Bill of Rights, l’ultimo dei quali nel 1992.

La costituzione è stata modificata poco per un duplice ordine di ragioni:

1. Il meccanismo di modifica è molto aggravato: prevede maggioranze elevate.

2. La costituzione è intesa sin da subito come un testo sacrale: più che esteso deve
essere interpretato, i canadesi affermano interpretato come un Living Tree.

Nella carta fondamentale americana all’idea di separazione dei poteri si affianca quella
di check and balances, secondo la quale ciascun potere ha la possibilità di controllare
l’altro, essendo a sua volta controllato.

Articolo I

L’articolo I è dedicato al potere legislativo federale. 



Tale potere è attribuito al Congresso, un organo bicamerale composto da:

A. La Camera dei rappresentanti: composta da tanti rappresentanti per stato quanti


ne su base proporzionale alla popolazione, si tratta della camera del popolo
americano. Si rinnova ogni 2 anni.

B. Il Senato: formato da due rappresentanti per Stato indipendentemente dalla sia


grandezza, dalla sua forza e dalla sua popolazione, è la camera della federazione. 

Si rinnova per 1/3 ogni 2 anni, complessivamente ogni 6 anni; la sua durata
maggiore conferisce una maggiore continuità all’amministrazione dello Stato.

A differenza del nostro Parlamento si tratta di un bicameralismo imperfetto: 



le 2 camere hanno meccanismi diversi, ciò minimizza il rischio immobilismi politici.

Il Congresso ha competenza legislativa:

1. SOLO per le materie tassativamente previste: moneta, tasse, difesa, diritto


d’autore, diritto marittimo, commercio con l’estero e tra i singoli stati.

2. In tema sono previste clausole estremamente rilevanti:

A. La necessary and proper clause, in forza della quale il Congresso ha il


potere di emanare leggi necessarie e adatte all’esercizio di quanto
esplicitamente attribuito.

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B. La interstate commerce clause, in forza della quale il Congresso ha il
potere di emanare leggi relative al commercio fra stati, il quale implica il
coinvolgimento di moltissimi aspetti.

Si sono rivelate nel tempo strumenti molto utili all’ideale federalista portando 

ad un ampliamento del potere di intervento del legislatore nazionale.

3. Si è affermata nel tempo una interpretazione estensiva: tutto quello che rientra
all’interno della materia tributaria federale rientra all’interno della competenza del
Congresso; il recente Obama Care si è basato sul sistema tributario.

Nelle altre materie, come nei settori principali del diritto privato, la competenza è dei
singoli stati federati.

Articolo II

L’articolo II è dedicato al potere esecutivo federale. 



Tale potere è attribuito al Presidente degli Stati Uniti, il quale nella forma
Presidenziale, raccoglie quelle che nel nostro ordinamento sono le funzioni del
Presidente del Consiglio e della Repubblica.

Il Presidente è eletto dal corpo elettorale con un sistema indiretto per cui:

1. Gli elettori votano secondo la legge elettorale del proprio stato 



i grandi elettori dello stesso;

2. I grandi elettori votano uno dei vincitori delle primarie dei partiti, solitamente in
conformità a quanto gli è stato affidato dai cittadini sotto vincolo politico; 

affinché il candidato divenga Presidente deve raggiungere 270 grandi elettori che in
tutto sono 538.

In ragione di questa modalità in campagna elettorale ad essere cruciali sono 



gli swing state, quelli in cui storicamente e culturalmente l’esito NON è certo.

Le critiche a tale modalità riguardano anzitutto la valenza del principio maggioritario


stretto the winner takes all; a causa del quale il sistema NON garantisce che chi ha
preso più voti al termine sia il vincitore: Trump vs. Clinton, ma soprattuto Bush vs. Gore.

Il Presidente, oltre a quello esecutivo, detiene anche il potere di:

A. stipulare i trattati internazionali;

B. nominare gli ambasciatori, i giudici della Corte Suprema e 



tutti gli altri ufficiali degli Stati Uniti.

Il Presidente può essere destituito SOLO con il procedimento di impeachment, con la


messa in stato d’accusa da parte della Camera dei rappresentanti e il giudizio da parte
del Senato, presieduto dal Chief Justice della Corte Suprema.

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Articolo III

L’articolo III è dedicato al potere giudiziario. Tratta:

1. della Corte Suprema, al di sotto della quale, si stabilisce, il Congresso ha facoltà di


istituire altre corti altre;

2. della individuazione della competenza delle corti, dato che al fianco


dell’organizzazione federale sono presenti anche le corti di ciascuno Stato, 

si tratta un dualismo perfetto tra potere giudiziario nazionale e federale.

Articoli IV

L’articolo IV è dedicato all’organizzazione federale, fissa in merito:

Il divieto di indipendentismo dei singoli stati costituiti: nessun nuovo stato potrà
essere costituito entro la giurisdizione di uno stato preesistente.

Il divieto di annessione di uno stato da parte di un altro a meno del consenso dei
due parlamenti degli stati interessati e del Congresso.

Nella sezione n°4 stabilisce la forma repubblicana di ciascuno stato:



una forma democratica in cui sia presente la separazione dei poteri.

Articolo V

L’articolo V è dedicato al procedimento di revisione costituzionale; 



Il potere è del Congresso ma l’iniziativa spetta due soggetti:

A. Il Congresso con i 2/3 dei voti dei membri;

B. Gruppo di Stati pari a 2/3, esercitato tramite delibere parlamentari.

La proposta confluisce al Congresso il quale convoca la Convenzione; questa formula


gli emendamenti che una volta approvati dalla stessa devono essere ratificati. 

Sta poi al Congresso decidere se la scelta deve essere dei parlamentari stessi o degli
elettori. Deve essere raggiunta l’approvazione dei:

A. 3/4 degli Stati con deliberazioni parlamentari;

B. attraverso commissioni elette dai cittadini; metodo utilizzato solo se l'iniziativa è dei
2/3 degli stati, poiché ci vorrebbe troppo poco per arrivare ai 3/4.

Stabilisce inoltre che la pari dignità fra gli Stati della Federazione NON è revisionabile;
se questo regola cadesse, la federazione sarebbe una transizione verso stato unitario.

Articoli VI e VII

Gli articoli VI e VII trattano di norme fortemente omogenee tra loro: 



volte a garantire i diritti individuali.

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IL BILL OF RIGHTS.

I primi 10 emendamenti alla costituzione costituiscono il Bill of Rights datato 1791,


ossia la carta dei diritti fondamentali dei cittadini americani; da notarsi che è approvato
nello stesso periodo in cui in Francia vige il regime del terrore.

Il Bill of Rights rappresenta il risultato dei timori degli antifederalisti rispetto la nascita
del nuovo stato centrale: i primi 10 emendamenti sono proposti subito dopo la ratifica
della costituzione per ribadire la natura limitata dei poteri del Federal Government.

Il carattere innovativo del Bill of Rights sta nella:

A. Completezza dell’elenco dei diritti, molti parte del patrimonio della common law,

B. Rigidità, derivante dal controllo giudiziario di costituzionalità delle leggi che


conduce ad un’efficace tutela delle libertà individuali.

Il contenuto essenziale del Bill of Rights

La maggior parte delle tutele previste riguardano le modalità che devono essere
rispettate per l’attuazione della giustizia federale penale e civile, si temeva infatti che la
legge federale dettasse modi per l’attuazione della sua volontà lesivi delle libertà:

• Il 4° emendamento, protegge la persona, l’abitazione e la corrispondenza da


perquisizioni e sequestri illegittimi.

• Il 5° emendamento, stabilisce il Principio del Trial by Jury, ossia il rinvio a giudizio


solo da parte della giuria. 

Contiene la clausola 39 della Magna Charta, per cui non si può essere privati di beni,
libertà e vita se non in seguito a regolare e legale processo il due process of law.

• Il 6° emendamento, relativo al processo penale, garantisce il diritto al giudice


naturale e alla giuria, a presentare testimoni a favore e interrogare quelli a carico, 

oltre che ad avere un difensore.

• Il 7° emendamento, prevede la garanzia della giuria.

• L’8° emendamento, pone il divieto di pene crudeli ed inusitate e prevede il diritto


alla libertà provvisoria, in corso di processo, dietro cauzione.

Il Bill of Rights include importanti garanzie anche estranee al campo processuale:

• Il 1° emendamento, tutela la libertà di parola, di stampa, di riunione, di culto ed


impedisce l’adozione da parte del governo di una religione ufficiale.

• Il 5° emendamento, grazie alla tutela della due process of law prevede l’uguaglianza
per tutti i cittadini, e al divieto di espropriazione senza indennizzo.

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DUE PROCESS CLAUSE.

La due process of law, è una clausola di ampio rilievo nella cultura di common law, 

strettamente legata alla nozione di Rule of Law, con cui si intende sottrarre i consociati
all’arbitrio del potere statale; in merito il Professor. Fioravanti afferma che: 

la Rivoluzione Americana è stata fatta contro il Sovrano inglese, che aveva violato i diritti
dei coloni, in essa si combinano Individualismo e storicismo in funzione antistatualista.

Al suo interno la teoria americana ha tradizionalmente individuato:

1. La Procedural due process

Questa prima accezione si riferisce ad un giudizio fair sotto il profilo 



tecnico processuale: la proprietà, la vita, la libertà di chiunque NON possono subire
restrizioni senza una serie di garanzie formali, ad esempio il diritto al contraddittorio, ad
una giuria rappresentativa della società e ad un giudice terzo e imparziale.

2. La Substantive due process

Questa seconda accezione è quella che la Corte suprema ha tentato di impiegare a


garanzia dei diritti sostanziali di libertà e proprietà. Un esempio del suo utilizzo:

- Lochner v. New York sentenza della Suprema 1905. 



Con essa la Corte dichiara illegittima la legge dello stato di New York che limita a
dieci ore giornaliere la durata massima del lavoro per i panettieri, perché in contrasto
con la libertà di contrattare tutelata appunto dalla due process clause. 


Fu lungimirante il giudice Holmes che con la sua opinione dissenziente affermò che
la Costituzione NON incorporasse una particolare teoria economica, nemmeno quella
sostenuta dalla maggioranza del laàissez-faire, principio proprio del liberalismo
economico, favorevole al non intervento dello Stato.

- West Coast Hotel v. Parrish sentenza della Corte Suprema 1937,



Con essa la Corte ritiene valida la legge dello stato di Washington che prevede un
salario minimo per le donne lavoratrici, affermando così che 

la libertà contrattuale NON è illimitata. 

Di conseguenza ammette la possibilità che il governo regoli l’attività economica.

La giurisprudenza relativa alla due process clause chiarisce la posizione della 



Corte Suprema nel sistema istituzionale ed il funzionamento dei checks and balances. 

Prima di West Coast Hotel v. Parrish, la Corte aveva dichiarato incostituzionale la
legislazione del primo New Deal; Roosevelt allora idea il Court Packing Plan.

Il provvedimento prevede che il presidente possa nominare un giudice aggiuntivo al


compimento del settantesimo anno di ciascuno dei giudici in carica, NON essendo

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fissato il numero dei giudici dalla Costituzione. Così avrebbe potuto nominare 6 giudici,
rovesciando la l’opinione e la giurisprudenza della stessa; la Corte per questo ribalta la
sua giurisprudenza evitando nuove nomine.

L’interpretazione estensiva della due process clause è stata anche utilizzata per
riconoscere i cosiddetti Penumbra Rights, ossia diritti non previsti in Costituzione ma
tutelati dalla Corte suprema in quanto entrano nella sfera d’azione del due process:
Brown v. Bordov Education nel 1954 riconosce i pari diritti delle persone di colore,
Roe v. Wade nel 1973 stabilisce il diritto di interruzione della gravidanza.

IL X EMENDAMENTO.

Il 10° emendamento tratta il tema del federalismo. 



Nella costituzione americana contrappongono due serie di organi:

• quelli federali, il Congresso, il Presidente e il sistema di Corti;

• quelli statali: il potere legislativo, il governatore e l’autonoma organizzazione


giudiziaria di ogni stato federato.

La distribuzione del potere e la divisione delle competenze tra queste due serie di
organi è regolata principio secondo il quale: la competenza legislativa statale è la
regola; mentre la competenza federale è l’eccezione. 

E’ un principio originale, poiché dispone si che il diritto federale nasca limitato ma che
nasca superiore a quello statale, il contrario di ciò che avviene, ad esempio, in Canada.

Tuttavia i rapporti tra competenze federali e statali NON sono riconducibili ad una
formula e sono complicati dalla circostanza che anche nelle materie demandate al
Congresso, la competenza degli Stati non è esclusa ma residuale e quindi concorrente.

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4.3. L’ARTICOLO III DELLA COSTITUZIONE E 



L’ORGANIZZAZIONE GIUDIZIARIA
La Costituzione degli Stati Uniti dedica al potere giudiziario federale l’articolo III:

1. Il Primo paragrafo stabilisce che:



Esiste il Potere giudiziario degli Stati Uniti d'America, questo è affidato a una Corte
Suprema e a quelle di grado inferiore che il Congresso vorrà creare. 

Di seguito determina le garanzie di indipendenza dei giudici federali.

Si crea una sola Corte suprema e si attribuisce il potere al Congresso di istituire altre
corti federali perché:

A. E’ il risultato fra le lotte di federalisti ed antifederalisti: i primi speravano di


avere la maggioranza al Congresso e istituirne diverse, i secondi allo stesso
modo evitare l’istituzione di altre corti.

B. E’ una delle manifestazioni del Principio dei check and balances: 



essendo il legislatore ordinario a determinare il numero delle corti, la loro
composizione e la loro competenza, bilancia il fortissimo potere giudiziario.

2. Il Secondo paragrafo individua la competenza delle corti, che nascono dotate di


Limited Jurisdiction in quanto possono conoscere solo dei casi e delle controversie
espressamente previsti.

A fianco dell’organizzazione giudiziaria federale sono presenti le corti di ciascuno stato:


si pone dunque un dualismo perfetto tra giudiziario nazionale e locale.

LE CORTI FEDERALI.

L’attuale sistema giudiziario degli Stati Uniti a livello federale è stato creato a partire dal
Judiciary Act del 1789 ed è organizzato su 3 livelli di giurisdizione:

1. District Courts: sono 94, circa 600 giudici, in ogni Stato deve essercene almeno 1;

2. Courts of Appeal: sono 13, circa 200 giudici, 11 regolari e 2 speciali:

A. il Circuit of Washington, il Federal Circuit, 



con competenze relative ai poteri federali,

B. il Circuit of Columbia, che segue regole molto particolari.

3. U.S. Supreme Court: 



si tratta di una corte composta da 8 justice associate e da un Chief Justice. 

A riprova dei check and balances, la Corte Suprema è istituita dalla Costituzione,

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ma il numero dei suoi membri è stabilito con legge ordinaria.

L’articolo III prevede per la Corte Suprema 2 ipotesi diverse di competenza:

A. Original Jurisdiction, riguardante le controversie in cui:

A. parte della controversia è uno stato oppure

B. parte di una controversia è un rappresentante democratico federale.

B. Appellate Jurisdiction, riguardante i ricorsi:

1. delle sentenze federali di appello,

2. delle corti supreme statali, in tal caso si distingue fra:

A. Federal Question jurisdiction, 



Competenza per Materie federali; vi si ricorre per avere un terzo neutrale o
per un torto subito dall'amministrazione pubblica.

B. Diversity jurisdiction, 

Competenza di offrire soluzione al conflitto fra cittadini di più stati.

Sotto la presidenza Marshall la Corte, in precedenza depositaria di un potere piuttosto


limitato, comincia ad assumere quel ruolo fondamentale che conserva anche oggi. 

A dimostrazione di questa particolare importanza, la Corte Suprema può permettersi
una severa selezione delle questioni da trattare e lo strumento tecnico con il quale
opera tale selezione è il writ of certiorari.

Quest’organo giurisdizionale è talmente importante da aver avuto un ruolo centrale


nell’evoluzione sulla posizione giuridica delle persone di colore:

inizialmente, con Plessy v. Ferguson del 1896, la Corte aveva sostenuto la legittimità
costituzionale della regolamentazione segregata dei mezzi di trasporto, purché i
servizi offerti fossero gli stessi,

ma nel 1954, con Brown v. Board of Education of Topeka, la Corte compie un


overruling, dichiarando costituzionalmente illegittima la segregazione razziale.

La procedura delle Corti federali

Nel 1934 il Congresso incarica la Corte Suprema di redigere norme di procedura civile
valide per tutto il sistema federale: nel 1938 la Corte approva le Federal Rules of Civil
Procedure, emendate varie volte e alle quali gli stati si sono uniformati.

Lo scopo delle quali è quello di assicurare la giusta, rapida ed economica risoluzione


delle controversie.

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Nonostante i tentativi di riforma, il processo civile americano continua a caratterizzarsi
per tecniche e istituti che sono espressione di certi valori profondi e condivisi che fanno
parlare di un American Exceptionalism, caratterizzato da: libertà, egualitarismo,
individualismo, liberismo e diffidenza verso lo Stato.

I GIUDICI FEDERALI.

Il sistema di reclutamento dei Justice prevede la nomina da parte del Presidente,



a cui però deve precedere il consenso del Senato, con un ruolo fondamentale.

Relativamente a tale nomina il Presidente trova un limite al suo arbitro nella 

necessità di equilibrio per cui in sostituzione di un giudice donna dovrà instaurarsi un
giudice donna etc. etc.

I giudici federali conservano il loro ufficio a vita during good behavior, ossia fino a che
non se ne renderanno indenni con la loro condotta, così da essere rimossi solo
attraverso un procedimento di impeachment.

I giudici federali minori sono invece nominati dal Ministro della giustizia, il cui potere
proviene comunque dalla delega del Presidente. Vengono scelti tra: i giudici delle corti
inferiori, i professori delle facoltà giuridiche, i public officers.

LE CORTI STATALI.

Le corti statali sono solitamente organizzate su tre gradi di giurisdizione. 



Lo stato di New York annovera come primo grado una Supreme Court, come secondo
una Supreme Court Appellate Division e come terzo la New York Court of Appeals.

I GIUDICI STATALI.

I giudici delle corti statali sono nominati principalmente tramite l’utilizzo di due sistemi,
ai quali se ne aggiunge un terzo:

1. Elezione popolare: i giudici sono eletti direttamente dal corpo elettorale.

2. Nomina del Governatore: ricalcando il modello federale, le nomine del governatore


devono essere ratificate dal consenso del Senato.

3. Sistemi misti: ne è un esempio la California in cui il Governatore nomina giudice,


previo consenso di una commissione, e dopo un anno questo deve presentarsi
all’elettorato per la conferma; se confermato, rimane in carica 12 anni.

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4.4. MARBURY V. MADISON E IL CONTROLLO DI 



COSTITUZIONALITÀ DELLE LEGGI
Il potere di giudicare della legittimità costituzionale delle leggi federali e statali, ossia il
potere di judicial review, NON è previsto espressamente dalla costituzione, ma è
sancito dal Chief Justice Marshall con la sentenza Marbury v. Madison del 1803. 

Tuttavia tale potere era già stato teorizzato durante l’elaborazione della Costituzione
stessa: la quale viene intesa quale Supreme Law of the Land.

La nota sentenza nasce dalla nomina a giudice di pace di Marbury da parte del
Presidente Adams, federalista, poco prima che scada il suo mandato.

Madison, funzionario dell’amministrazione del neoeletto Presidente Jefferson,
antifederalista, NON completa la procedura di notificazione.

Marbury NON essendo un giurista, ma un politico, aveva la forte esigenza di dare


credibilità a se stesso e alla Corte affidatagli. Per questo agisce in giudizio 

presso la Corte Suprema appellandosi al Judiciary Act, legge federale che assegnava
alla stessa la competenza di emettere Writs of Mandamus nei confronti di chi esercita
il potere in nome degli Stati Uniti d'America; in forza del quale Madison avrebbe dovuto
notificare la nomina. La Costituzione però nell'articolo III prevede che: 

In tutti i casi che riguardano un Ambasciatore, altri pubblici Ministri e Consoli, ed in cui è
parte uno Stato, la Corte Suprema deve avere giurisdizione di primo grado. In tutti gli
altri casi la Corte Suprema avrà giurisdizione d’Appello.

Marshall, presidente della Corte Suprema, ex segretario di Stato del presidente degli
Stati Uniti John Adams dello stesso partito di Marbury, nega il rimedio a Marbury. 

Pone la questione del rapporto tra il Judiciary Act e la Costituzione concludendo che la
disposizione in questione del primo è incompatibile con la distinzione tra la
competenza in primo grado e in grado d’impugnazione prevista dalla seconda. 

Dunque, riconosce un contrasto tra la norma della legge e quella della Costituzione.

Marshall stabilisce così il potere di judicial review, sancendo il potere e il dovere di


ogni giudice di disapplicare una norma di legge che ritenga in contrasto con la
Costituzione. Lo fa concependo il controllo di costituzionalità delle leggi come un
corollario dell’obbligo del giudice di decidere un caso; da questo deriva il carattere di
concretezza di questo modello, per cui il giudizio di legittimità costituzionale di una
legge è strettamente funzionale alla soluzione di una controversia reale ed effettiva. 

Tale modello viene definito diffuso poiché NON esiste un giudice costituzionale ad hoc,
ma è svolto da tutti i giudici ordinari nel momento in cui devono risolvere una
controversia concreta. Per il buon funzionamento del sistema, a garanzia
dell’eguaglianza e della certezza del diritto, è imprescindibile la presenza della regola
dello stare decisis che eleva il giudizio della Corte Suprema.

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4.5. LA COMPLESSITÀ DEL FEDERALISMO AMERICANO E 



IL RAPPORTO TRA GIURISDIZIONE FEDERALE E STATALE
Il potere legislativo risiede nei singoli stati, ma, per le materie espressamente previste
dalla Costituzione, viene attribuito al Congresso federale. 

Il potere giudiziario, a sua volta appartiene agli stati, ma in casi eccezionali viene
attribuito alle corti federali; le quali sono dotate di Limited jurisdiction e possono
essere adite solo nei casi in cui la costituzione le riconosce esplicitamente competenti.
L’articolo III della Costituzione prevede la competenza federale in 2 ipotesi:

1. Federal Question jurisdiction, 



Competenza per Materie federali; vi si ricorre per avere un terzo neutrale o per un
torto subito dall'amministrazione pubblica.

2. Diversity jurisdiction, 

Competenza di offrire soluzione al conflitto fra cittadini di più stati.

Apparentemente quindi la distinzione tra giurisdizione statale e federale è chiara, ma la


situazione si complica se si considera che in alcune ipotesi, in particolare quelle di
diversity jurisdiction in cui le corti federali sono chiamate ad applicare il diritto statale.

Tale diritto statale può essere letto:

• In senso tecnico comprendendo i soli atti emanati dall’organo legislativo centrale;

• In senso ampio comprendendo anche la common law, ossia i precedenti delle corti.

Swift v. Tyson 1842

Nel caso Swift v. Tyson il giudice Story afferma che il termine laws è da intendersi
come legge e non come diritto e quindi la corte federale, se il caso non viene risolto da
un atto legislativo dello stato, deve applicare la General common law. 

Tuttavia l’impostazione adottata da questa sentenza genera numerosi problemi:

1. Sul piano pratico, poiché può verificarsi un ingiustificato dualismo di soluzioni


giuridiche a seconda che si investa nel giudizio un organo statale o uno federale:

nel primo caso si applica il diritto statale nel suo insieme: leggi e common law;

nel secondo caso, in mancanza di leggi statali si applica la General common law.

2. Sul piano costituzionale: prevedendo la competenza delle corti federali nei casi di
soggetti di diversa cittadinanza si viene ad autorizzare la creazione di un diritto
federale in materie in cui il Congresso non può legiferare.

La soluzione adottata in Swift v. Tyson pone vari problemi, il precedente viene superato
successivamente con Erie Railroad Co. v. Tompkins.

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Black and White Taxicab v. Brown and Yellow Taxicab 1928

Nel Kentucky la compagnia Brown and Yellow Taxi Club stipula un contratto con la
stazione ferroviaria, così da avere l’esclusiva per assistere i clienti al di fuori della
stazione stessa.

Successivamente la compagnia Black and White Taxi Club si presenta per operare il
medesimo servizio; ne deriva una controversia che si conclude a favore di quest’ultima. 

Questo perché la Corte del afferma che il patto di esclusiva che limita la concorrenza è
illegittimo per la giurisprudenza del Kentucky.

La Brown and Yellow Taxi Club si accorge che le corte federali anche quando applicano
il diritto del Kentucky applicano solo la Statute law, tuttavia se questa manca applica la
General common law. 

Per questo dà vita ad una Diversity Corporate Jurisdiction, ossia costituisce la
società nello stato del Tennessee, e attraverso la stessa stipula il medesimo contratto.

Al ripresentarsi della controversia, dato che essa coinvolge stati diversi il giudice NON è
più statale, ma federale e NON essendoci Statute Law in materia questi applica la
General common law ribaltando la sentenza statale. 

Si tratta di un tipico caso di forum shopping.

Erie Railroad Co. v. Tompkins 1938

In Pennsylvania il Signor Tompkins attraversando dei binari della Erie Railroad Co.,
viene urtato dallo sportello di un vagone di un treno della compagnia, con sede a New
York, ed agisce presso la corte federale della Pennsylvania.

La compagnia eccepisce che secondo la giurisprudenza della Corte Suprema della


Pennsylvania, Tompkins non ha diritto al risarcimento in quanto trespasser e dunque il
proprietario del suolo sarà responsabile solo in caso di dolo. 

Tompkins ribatte affermando che debba essere applicata solo la Statute law e solo in
assenza di questa la General common law, che prevede il risarcimento.

La Corte d’appello accoglie la tesi di Tompkins; ma la Erie Railroad Co. fa ricorso alla
Corte Suprema, la quale cassa la decisione d’appello e impone che la controversia sia
decisa secondo la common law della Pennsylvania.

È utile sottolineare l’opinione della Corte redatta dal giudice Brandeis: 



eccetto che nelle materie regolate dalla Costituzione federale e dalle leggi del
Congresso, il diritto che deve essere applicato in ogni fattispecie è il diritto di uno
stato particolare. Che sia formulato dal suo parlamento con legge scritta o dalla sua
corte suprema in una decisione non è cosa che riguarda le autorità federali: 

there is no Federal General common law.

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4.6. FATTORI DI SEMPLIFICAZIONE E UNIFORMAZIONE 



DEL DIRITTO AMERICANO
Nonostante non possa considerarsi esistente una common law federale, il sistema delle
fonti statunitensi risulta comunque complesso e frammentario: comprende 

la common law dei singoli stati, le leggi statali, le leggi del Congresso nelle materie di
sua competenza e la Costituzione.

Tuttavia esistono diversi fattori di unificazione, da ricercarsi principalmente: 



nella Costituzione, nella dottrina e nelle leggi uniformi.

LE LAW SCHOOLS E LA DOTTRINA.

Una delle maggiori differenze tra la common law americana e inglese si riscontra nel
diverso ruolo delle università: negli USA sono centrali nella formazione del giurista.

Le law schools americane NON educano solamente al diritto statale, ma mirano


all’insegnamento dei principi generali del diritto americano nel suo insieme.

Langdell e il case method

La vera e propria affermazione dell’importanza delle università si ha nel 1860, quando


Langdell, divenuto preside dell’Università di Harvard, rivoluziona completamente il
metodo di insegnamento. 

Lo fa introducendo il case method, un metodo di insegnamento socratico e quindi
dialogico il quale porta con sé un nuovo genere letterario: il casebook, un manuale che
contiene una raccolta selezionata di casi della giurisprudenza.

Propone di studiare i casi cercando di scorgere i principi di diritto che esprimono. 

Il fine ultimo è quello di ordinare i principi così reperiti in un sistema logico e coerente.

Alcuni teorici ritengono che Langdell sia il primo esponente del formalismo giuridico
americano, in quanto dimostra un approccio fortemente dogmatico che lo porta a
formulare teorie tanto ampie da coprire vaste aree della common law.

Quindi università e formazione del giurista a differenza che in Inghilterra, tendono


inequivocabilmente a coincidere e ciò determina l’affermazione del ruolo dei professori.

Il superamento del formalismo giuridico

Il nuovo approccio del giudice Holmes, cui dette seguito Pound, fondatore intorno al
1900 della scuola sociologica, sancisce il superamento del formalismo giuridico.

Secondo il pensiero della scuola sociologica la deduzione di un dato normativo NON


può provenire dall’interpretazione e dalla decisione giudiziale, piuttosto dalla

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valutazione delle nuove esigenze della società; pone l’accento sugli effetti concreti
delle regole e considera il diritto come un mezzo per ordinare gli interessi sociali.

A partire dal 1930, la scuola sociologica fa posto al realismo giuridico; 



la nuova corrente, che si pone come reazione al formalismo, volge l’attenzione piuttosto
che alla scoperta di che cosa sia la legge, all’analisi del processo.

Due tra i maggiori esponenti della scuola Llewellyn e Frank, affermano che per loro 

il diritto NON può più discendere dalle paper rules e dai manuali, piuttosto da un’attenta
osservazione empirica del judicial behaviour, ossia di ciò che le corti effettivamente
fanno e decidono.

Secondo i realisti attraverso il processo che i giudici realizzano un interesse sociale,


per questo è necessario che la soluzione del caso debba sempre essere adeguata al
contesto sociale ed economico. 

Al case book si sostituisce il cases and materials, secondo il quale le sentenze delle
corti superiori NON possono più essere il solo oggetto meritevole di analisi giuridica.

Le teorie postmoderne

Il realismo giuridico ha una influenza tale che a partire dalla sua affermazione gli studi
giuridici divengono maggiormente sofisticati ed eclettici; accanto a questa scuola, ne
nascono altre che ne rappresentano la continuazione e l’estremizzazione:

A. Economic analysis of law: teoria che applica il criterio dell’efficienza accanto a


quello della giustizia per valutare, spiegare o prescrivere regole giuridiche in
qualsivoglia campo;

B. Critical legal studies: fenomeno intellettuale che estremizzando gli aspetti più
distruttivi del realismo giuridico conclude la completa coincidenza tra il
ragionamento giuridico e ragionamento politico;

C. Teoria giuridica femminista: teoria il cui intento è smascherare le pretesa neutralità


e universalità del diritto rivelandone il carattere discriminatorio in quanto
sessualmente, storicamente e socialmente connotato;

D. Teoria della differenza razziale: teoria il cui intento è smascherare la pretesa ed


universalità del diritto cercando di dimostrare che la supremazia della razza bianca e
il suo potere è dovuto al ruolo che il diritto le ha sempre attribuito;

Le ultime due teorie indagano la possibilità di trasformare la relazione tra


diritto e potere razziale e sessuale un chiave di anti-subordinazione.

E. Diritto e letteratura: teoria che propone di adottare studi e prospettiva letteraria al


fine di comprendere ed affrontare meglio il diritto e la sua interpretazione.

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LE LAW SCHOOLS E LA PROFESSIONE LEGALE.

La law school rappresenta il luogo in cui ci si prepara all’esercizio della professione


legale. Per diventare lawyer, negli USA è necessario:

1. Un diploma conseguito nelle law schools accreditate presso l’American Bar


Association, nelle quali si può essere ammessi solo dopo aver superato un 

esame su scala nazionale.

2. Aver superato il bar exam, che verte in gran parte sui principi generali del diritto
americano, si ottiene il patrocinio presso le corti e il titolo di attorney at law.

IL RESTATEMENT E L’IDEA DI CODIFICAZIONE.

Altro fattore unificanti del diritto americano è il Restatement, un prodotto della dottrina
il cui fine principale consiste nel riassumere i principi della giurisprudenza a tutti i livelli
operandone una sistematizzazione e razionalizzazione.

I restatements ricordano i codici continentali e costituiscono il solo surrogato possibile
della codificazione americana, la cosiddetta unofficial codification.

L’idea di codificazione, tuttavia, si collega anche al nome di David Dudley Field, un


avvocato americano, che predispone 2 diversi progetti di codificazione:

I. Un progetto di codice di procedura civile, preso a modello da numerosi stati;

II. Un progetto di codice civile, che riscuote minor successo.

Deve comunque tenersi presente che il codice NON gode della centralità tipica dei
paesi dell’Europa continentale, piuttosto si come una legge ordinaria che deve fare i
conti con la common law.

LO UNIFORM COMMERCIAL CODE.

La necessità di una disciplina giuridica omogenea porta all’istituzione nel 1892, della
National Conference on Commissioners on Uniform State Laws. 

Questa è incaricata di formulare per alcune materie leggi unificanti, da presentare poi
agli organi legislativi per essere promulgate. 

Tali sforzi contribuiscono ad incentivare l’unificazione giuridica tra gli stati, soprattutto
nell’ambito del diritto commerciale: il risultato più importante infatti è lo 

Uniform Commercial Code, UCC, che disciplina i contratti commerciali e presenta
struttura, sistematica e contenuto tipici di un codice.

Ha molta importanza anche in considerazione dei canoni ermeneutici che impone,
sempre improntati a favorire la armonizzazione.

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4.7. ANCORA QUALCHE OSSERVAZIONE IN TEMA 



DI FONTI DEL DIRITTO
LA REGOLA STARE DECISIS.

Negli Stati Uniti la regola dello stare decisis abbia un’efficacia meno rigida rispetto
all’Inghilterra; negli Stati Uniti le decisioni delle corti superiori vincolano le corti di grado
inferiore, le differenze sussistono in considerazione della portata orizzontale:

A. La Corte Suprema Federale, diversamente dalla House of Lords, NON si è mai


sentita vincolata alle proprie decisioni: dovendo interpretare una costituzione scritta,
rigida e composta da clausole indeterminate, ha sviluppato un approccio
ermeneutico di tipo teologico, che tiene conto dello spirito dei tempi.

B. La struttura federale dell’ordinamento e la pluralità delle sue giurisdizioni fanno si


che le corti federali di pari grado non siano tra loro vincolate.

C. Le corti statunitensi oltre all’overruling e il distinguishing, tradizionalmente proprie


della common law, hanno sviluppato anche tecniche nuove, quali il prospettive
overruling e l’anticipatory overruling.

D. Le sentenze statunitensi sono pubblicate per intero, la loro repertoriazione


sistematica produce l’effetto opposto che in Inghilterra, ossia NON determinando 

un irrigidimento della regola dello Stare decisis.

GLI STATUTES.

Negli Stati Uniti vi sono vari fattori che determinano una maggiore difficoltà nel
considerare la legge un accessorio rispetto alla giurisprudenza, come in Inghilterra:

1. Anzitutto, la presenza di leggi sia federali che locali; a cui deve aggiungersi la 

presenza della Costituzione che ha fatto acquisire familiarità al giurista con lo ius
scriptum di portata generale.

2. Inoltre mentre il giurista inglese è guidato dalle singole parole della norma, quello
americano tende a cercarne la policy sottesa.

3. Infine, il legislatore americano ha disposto statutes dotati di un livello semantico di


respiro ben più ampio rispetto alla tradizione classica inglese.

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CAPITOLO 2° LA TRADIZIONE DI CIVIL LAW


SEZIONE I. LE ORIGINI.
1.1. LA FORMAZIONE STORICA
IL DIRITTO, E LA SUA CRISI, NEI SECOLI VI - XI.

Si può parlare di tradizione giuridica di civil law, il cui centro primario è nell’Europa
Continentale, solo a partire dalla fine degli anni 1000, inizi del 1100. Prima il sistema
giuridico si fondava sulle consuetudini, dato che la caduta dell’Impero romano aveva
spinto al declino sia le istituzioni politiche, sia quelle giuridiche, cioè il diritto romano.

Il diritto dotto era progressivamente stato sostituito da quello volgare, spontaneamente


applicato dalle popolazioni e basato sul principio della personalità del diritto.

Quindi il contesto in cui comincia a formarsi la tradizione di civil law si caratterizza per
la sua fisionomia disorganica e per lo stato di arretratezza in cui versa il diritto.

IL RINASCIMENTO GIURIDICO.

La scienza giuridica rinasce in stretto contatto con la situazione storica: il rinascimento


giuridico si inserisce intorno all’anno 1000 in un periodo caratterizzato da un profondo
rinnovamento in tutti i campi, legato allo sviluppo delle città e dei commerci.

In questo nuovo e caotico contesto SOLO il diritto si mostra in grado di assicurare


l’ordine e la sicurezza necessari al progresso e solo il diritto romano, sembra
possedere queste caratteristiche. Rinascimento giuridico vuol dire essenzialmente
rinascimento dello studio del diritto romano.

Quale diritto romano

Il diritto romano preso in analisi è il diritto del Corpus Iuris Civilis, voluto da Giustiniano
e pubblicato tra il 529 e il 534 d.C.

Tale Corpus si articola in 4 parti:

1. Il Codex, che consiste in una raccolta di decreti imperiali;

2. I Digesta, che consiste in una raccolte delle opinioni di 39 giureconsulti;

3. Le Institutiones, che sostituiscono l’analoga opera di Gaio;

4. Le Novellae, che raccolgono gli atti normativi promulgati tra il 534 e il 565 d.C.

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Relativamente al diritto romano devono essere svolte alcune riflessioni:

Il Corpus Iuris Civilis si propone come una rottura con il passato, dato che tutto il
diritto precedente viene spazzato via;

Il giurista di civil law rinasce come interprete di un testo autorevole;

La civil law ha nella dottrina il suo fulcro principale, come testimonia l’attribuzione fin
dalle origini di forza di legge alle opinioni dei giureconsulti e alle Institutiones.

Perché il diritto romano

Nell’Europa del 1100 erano presenti molteplici fonti normative che impedivano la
formazione di un forte potere centralizzato, tipico al contrario dell’Inghilterra. 

Per superare i vari diritti locali, il diritto comincia a essere concepito e insegnato come
un modello di organizzazione sociale, che indica ai giudici cosa è necessario fare.

Ad essere concepito come il fulcro della cultura di civil law è proprio il diritto romano
poiché:

1. Data la sua ricchezza e la sua raffinatezza, è dotato di un grande prestigio


ed è accessibile in quanto scritto in latino. 

Inoltre, in seguito all’opera di Tommaso d’Aquino, si è liberato del
pregiudizio che portava a considerarlo come il prodotto di un mondo pagano.

2. E’ collegato con l’ideologia imperiale, in quanto tende ad esaltare una


concezione volontaristica e legislativa del diritto che è utile all’impero.

3. Data la sua concezione autoritaria e statutaria, ben si sposa con i disegni di


predominio della Chiesa anche sul piano temporale.

IL RUOLO E LA STRUTTURA DELLE UNIVERSITÀ.

Come funziona l’università medievale

Il rinascimento giuridico è legato all’insegnamento che si impartisce nelle università, 



a partire da quella di Bologna, la più antica fondata nel 1088. L’Università, prima di
finire sotto il controllo della Chiesa, era un’istituzione libera, composta da:

• Studenti riuniti in corporazioni, assumevano e pagavano personalmente i professori.


Bologna costituisce l’archetipo di questa modalità organizzativa.

• Professori, riuniti in una propria associazione, avevano il diritto di esaminare e


ammettere i candidati al dottorato e di imporre le relative tasse.

A Bologna, in particolare, emerse un professore, chiamato Irnerio, attorno al quale si


raccolsero studenti provenienti da ogni parte d’Europa.

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LE SCUOLE DI GIURISTI FIORITE NELLE UNIVERSITÀ.

I giuristi che hanno maggiormente contribuito alla rinascita e alla diffusione del diritto
romano possono essere riuniti in 4 scuole principali:

1. I GLOSSATORI;

La loro opera tende non alla chiarificazione, ma all’esegesi analitica del testo; 

questa li porta a considerare i passi del Corpus nei loro rapporti reciproci, in riferimento
al complesso del sistema giuridico, che concepiscono come un unitario e armonico.

Hanno una concezione autoritaria del diritto romano, che porta al rafforzamento del
concetto di diritto come manifestazione di autorità.

Il culmine dell’opera dei glossatori, ma anche il motivo della crisi del loro metodo, è
costituito dalla Magna Glossa di Accursio, una raccolta di circa 96.000 glosse, che di
fatto sostituisce il Corpus iuris civilis, divenendo il fulcro di ogni insegnamento.

2. I CANONISTI;

Compiono un lavoro di riorganizzazione delle fonti canoniche; ad opera soprattutto 



di Graziano da Chiusi che pubblicò la Concordantia Discordantium Canonum, 

la prima consolidazione del diritto della Chiesa che costituisce la base del diritto
canonico rimasta in vigore fino al primo Codex Iuris Canonici del 1917.

Il diritto della Chiesa dette un importante contributo:

• alla costruzione dello ius commune, 



la cui recezione fu favorita dalla diffusione del diritto canonico,

• alla definizione del processo, 



nella struttura che divenne poi tipica in tutto il continente.

3. I COMMENTATORI;

Mutano l’approccio al diritto romano: a differenza della glossa il commento è diretto a


mettere in luce il sensus, ovvero il principio giuridico racchiuso nel testo.

L’impulso creativo risulta accentuato anche e soprattutto perché la cultura giuridica


tende a liberarsi della soggezione alla romanità imperiale.

Il rapporto tra diritto romano e iura propria viene ribaltato, in modo tale che al primo
viene attribuito un carattere semplicemente sussidiario.

Il centro di principale fioritura del commento è infatti la Francia, caratterizzata da un


ordinamento giuridico con vaste aree di prevalenza del diritto consuetudinario sul diritto
romano, e conseguente maggiore indipendenza dei giuristi.

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4. Gli UMANISTI;

Il loro obiettivo è quello di restituire al diritto romano la sua portata autentica e il suo
senso originale, sia contenutistico che formale; per questo concettualmente si
contrappongono ai commentatori.

Anticipano l’idea della codificazione: il Corpus Iuris era incrostato di glosse e di


interpolazioni che era ormai impensabile il recupero del testo originale, l’unica soluzione
era rappresentata da una nuova codificazione.

La lex mercatoria: un cenno

Contemporaneamente allo sviluppo del diritto romano, comincia a prendere forma


anche un altro sistema giuridico, quello della comunità dei mercanti.

Nei grandi centri mercantili le corporazioni erano le basi di un sistema di diritto


commerciale terrestre e marittimo più aperto alla libertà contrattuale e amministrato da
corti speciali secondo procedure meno costose, meno lente e meno complicate della
procedura romano-canonica.

La lex mercatoria, nata come diritto di una comunità particolare, diviene ben presto un
diritto commerciale comune a tutta Europa.

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1.2. IL FENOMENO DELLA RECEZIONE


Il diritto romano NON è mai rimasto semplice conoscenza accademica, ma si è saputo
calare nella realtà, influenzando profondamente il diritto praticato.

Inoltre, dato che era il miglior diritto esistente secondo il giudizio di autorevoli giuristi,
NON è mai stato imposto, quanto piuttosto recepito come idea.

In tale fenomeno di recezione hanno svolto un ruolo più o meno importante


principalmente 3 elementi, ovvero: le consuetudini, la legislazione e la giurisprudenza.

LE CONSUETUDINI E IL LORO RUOLO NELLA DIFFUSIONE.

La difficile affermazione delle consuetudini in una realtà socio-economica nuova ha


indotto i sovrani a promuovere grandi compilazioni del diritto consuetudinario stesso. 

Tuttavia se tali consuetudini vengono redatte per iscritto ed organizzate in un sistema
normativo, questo deve essere ispirato al modello del diritto romano.

Accade così che anche sovrani fortemente diffidenti dal vecchio Sacro Romano Impero,
quali quello francese o quelli dei paesi nordici, fecero della compilazione scritta delle
consuetudini un forte strumento di recezione del diritto romano.

LA LEGISLAZIONE E IL SUO RUOLO NELLA DIFFUSIONE.

Il ruolo della legislazione è piuttosto marginale: si occupa quasi esclusivamente di


diritto pubblico, dato che nelle materie privatistiche il diritto romano rappresenta la
risposta più valida e immediata per la regolamentazione dei rapporti.

LA GIURISPRUDENZA E IL SUO RUOLO NELLA DIFFUSIONE.

La giurisprudenza svolgendo un ruolo secondario, ha favorito la recezione del diritto


romano nei seguenti paesi:

in Germania, dove la frammentazione politica successiva alla disgregazione del


Sacro Romano Impero ha portato a favorire la recezione del diritto romano.

Nei paesi latini, dove la giurisprudenza, essendo troppo debole, non è mai riuscita
ad affermarsi; basti considerare che solo nel 1700 i giudici saranno liberi
dall’obbligo di seguire la communis opinio doctorum.

- Fa eccezione la Francia che al contrario attraverso la giurisprudenza dei suoi


Parlements crea il vero diritto comune; questi partecipano al governo del Regno 

e ricorrendo al concetto di equità, temperano il diritto romano.

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1.3. PREMESSE STORICHE DELLA CODIFICAZIONE


Neppure il diritto romano riesce a sopperire al problema della molteplicità delle fonti,
ma riesce ad affermarsi soltanto a livello nazionale dove NON arriva la giurisprudenza; 

a livello locale invece, continuano ad avere la meglio le consuetudini, che danno vita ad
un particolarismo giuridico che genera confusione e contraddittorietà.

La stessa Francia, il simbolo dello Stato moderno, vive una situazione di 



estremo particolarismo:

A. sia perché i paesi del nord sono maggiormente fedeli al diritto consuetudinario, 

mentre quelli del sud al diritto romano;

B. sia perché il diritto è diverso a seconda dell’ordine con cui si applica: un borghese
si sposa secondo il diritto canonico e conclude contratti secondo il diritto romano.

Emblematica è la situazione del diritto penale: vi è assoluta mancanza di principi chiari


e la pena varia a seconda di chi sia il colpevole, di quale sia il bene danneggiato o di chi
sia la vittima del reato. Situazione di incertezza fortemente contrastata dalla nascente
classe borghese, bisognosa della certezza del diritto.

Crisi della situazione politico-sociale del medioevo

Durante il 1600 emerge uno Stato assoluto che tende a livellare i particolarismi,
insofferente verso organismi autonomi e la molteplicità delle fonti giuridiche. 

Il sovrano, in particolare modo quello francese, vuole raggiungere la razionalizzazione
del sistema giuridico e per farlo deve necessariamente potenziare oltre all’apparato
legislativo, anche il controllo dell’amministrazione della giustizia.

Proprio a tale scopo, in Francia vengono pubblicate le famose Ordinanze di Luigi XIV,
1638-1715, volte a riorganizzare le fonti ed a togliere potere ai giuristi; così la Francia si
svincola da quelle che erano le sue prospettive medioevali ed inverte la rotta:

1. Si tende a limitare le autonomie e il potere dei nobili;

2. Si tende a costruite uno Stato centralizzato, che abbia una burocrazia ed


un’economia nazionale ed un unico corpo di leggi;

3. Si critica l’idea che il diritto romano possa essere eterno e al contrario 



si esalta la creazione di un nuovo diritto che si imponga a livello nazionale.

In questo contesto si afferma la scuola del diritto naturale, ovvero il giusnaturalismo,


che vede il diritto come una norma umana, sganciata da ogni presupposto oggettivo.

Tale movimento, fondato sul concetto del soggettivismo, porta avanti gli ideali di laicità
dei diritto, di limitatezza del potere sovrano e di funzione garantista dello Stato.

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SEZIONE II. L’EPOCA DELLE CODIFICAZIONI.


2.1. IL CODE CIVIL DES FRANÇAIS DEL 1804
Il Code civil del 1804, primo vero codice dell’età moderna, costituisce il modello delle
codificazioni privatistiche dei sistemi a base romanistica. 

Rappresenta una svolta rispetto ai precedenti:

A. Perché riformula i rapporti civili, obbedendo a scelte sistematiche,

B. Perché assume il modello garantistico a guida di una coerente organizzazione del


diritto, segnando così il trionfo dell’ideologia della classe borghese.

ALLE RADICI DEL CODE.

Il Code Civil costituisce il rifiuto del modo di produrre diritto proprio del droit coutumier:
con esso il diritto non proviene più dal basso, ma si pone dall’alto, assumendo il
carattere di diritto nazionale unico, completo ed esclusivo. 

Con il codice, dato che la legge diventa l’unica fonte capace di esprimere la volontà
generale, si passa dal concetto di diritto a quello di legge.

Tale codice non è solo la conseguenza degli eventi rivoluzionari e della volontà di
Napoleone, ma deve essere considerato come il risultato di vari fattori:

1. La Rivoluzione, intesa in senso non solo storico-politico, ma anche intellettuale,


che conosce il diffondersi e l’affermarsi:

a) del movimento giusnaturalista,

b) della dottrina della separazione dei poteri,

c) della fede nel razionalismo,

d) del principio liberalistico e di quello nazionalistico, che vede nel


sistema giuridico l’espressione di idee nazionali e di unità culturale.

2. Una lunga evoluzione, sintesi dell’esperienza germanica del nord 



e di quella romana del sud che ha determinato l’esigenza presente di creare un
diritto consuetudinario comune attraverso la redazione delle consuetudini.

Proprio a questo è finalizzata precocemente l’ordinanza di Montils lei Tours del


1454; la compilazione è una raccolta ed a differenza della codificazione NON
indica una rottura con il passato. La semplice compilazione però è un’opera
creativa, in quanto chi opera la selezione seppur con mani non del tutto slegate,
ha una certa discrezionalità: può definire la consuetudine e i vuoti normativi.

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La compilazione avviene indirettamente anche grazie ai Parlemant, 

corti distribuite in varie città; queste avevano:

A. funzione giurisdizionale;

B. il ruolo di registrazione degli atti regi, i quali, in particolari casi, potevano


essere rifiutati e imposti dal re, solo recandosi lì di persona;

C. inoltre come i pretori romani pubblicano raccolte delle proprie decisioni, le


quali compongono un’attività para legislativa.

Tali giudici, ad un certo momento, per concessione del re, iniziano vendere le
proprie cariche ed a fissarne l’ereditarietà: divenendo organi privilegiati e
conservativi. Per queste ragioni dopo la Rivoluzione il ruolo dei giudici in
Francia, sarà trattato con estrema diffidenza.

Entro il 1780 tutte le consuetudini sono compilate.

3. La presenza di un ceto di giuristi potente e rispettato; fra i quali i compositori di


una dottrina dotata di grande prestigio, che coltivò a lungo l’idea di unità di fondo
del diritto francese, rendendo così possibile l’opera di codificazione.

LA RIVOLUZIONE E IL DROIT INTERMÉDIAIRE.

Tra la prima riunione dell’Assemblea nazionale del 1789 e la presa del potere da parte di
Napoleone nel 1799, in Francia si impose un diritto rivoluzionario, noto con
l’espressione di diritto intermedio, che sconvolse l’ancien regime, sostituendovi la
concezione di una società illuminata centrata sull’individuo e sullo stato.

Contemporaneamente l’impulso dato alla codificazione, che l’Assemblea costituente


aveva annoverato fra i suoi espliciti obiettivi, produsse 3 progetti:

1. Un 1° progetto predisposto nel 1793, da Cambacérès, composto da circa 700


articoli, ma fu respinto perché considerato troppo complesso.

2. Un 2° progetto predisposto nel 1794, formato da circa 300 



articoli, fu respinto perché considerato troppo sintetico.

3. Un 3° progetto fu ripresentato da Cambacérès, ma le discussioni su di esso furono


interrotte dalla presa del potere da parte di Napoleone.

L’IMPULSO DI NAPOLEONE ALLA CODIFICAZIONE.

Napoleone nominò subito una nuova commissione composta da 4 membri: 



2 rappresentati dei paesi del nord e 2 rappresentanti dei paesi del sud.


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Questa soli 4 mesi terminò i lavori ma il progetto, tuttavia, doveva essere approvato da
vari organi, tra i quali il Tribunato che, essendo ostile a Napoleone, respinse il progetto.

Nel 1803, invece, in seguito al rinnovamento della composizione del Tribunato, il


progetto fu approvato senza resistenze, con 36 atti normativi riuniti in una sola legge il
31 marzo del 1804, che entrò in vigore il 1 gennaio del 1806.

Una certa impronta di Napoleone sul Codice è evidente, come ad esempio nell’uso di
una terminologia chiara e in un certo disegno patriarcale della famiglia.

Tale progetto era una codificazione vera e propria, originale, caratterizzata da 



3 elementi principali:

1. Un potere politico deciso a volere la codificazione;

2. Una scelta favorevole a regole di ampio respiro, a carattere non casistica, non
frammentario e non provvisorio;

3. Una matura elaborazione di queste regole ad opera della dottrina.

STILE E STRUTTURA DEL CODE.

Il Code Civil è redatto in un stile semplice ed elegante, in teoria per poter essere
compreso anche dal non giurista, elemento questo che ha fortemente contribuito alla
sua ampia circolazione.

Lo stile utilizzato influenza anche il modo in cui la norma è formulata: essa si colloca a
metà tra i principi generali e le regole casistiche.

Per quanto riguarda la struttura il Codice si compone di 2281 articoli, distribuiti in:

• Titolo introduttivo, composto di 6 articoli, le cui norme principali sono:

B. Art.4, che dispone il divieto di non liquet. Il giudice infatti deve sapersi muovere
nelle regole poste dal legislatore, e deve sempre decidere la controversia

C. Art.5, che dispone al giudice il divieto di sostituirsi al legislatore, 



ossia vieta di risolvere le controversie sulla base di decisioni precedenti, 

in ossequio al principio della separazione dei poteri.

1. Primo libro, dedicato alle persone;

In questo libro trova espressione il concetto di eguaglianza proprio del grido


rivoluzionario e lo fa nel concetto di unicità del soggetto di diritto; l’art. 8, stabilisce
quali titolari dei diritti ciili tout français.

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L’altra importante riflessione contenuta nel primo libro è quella relativa alla centralità
dell’individuo: fra questo e lo Stato non risulta esserci più posto per gruppi intermedi,
eccezion fatta per la famiglia, che è essa stessa rivoluzionata.

Si passa da una famiglia profondamente patriarcale ad un modello che prevede una


l’emancipazione dell’individuo ai 18 anni di età; NON si ha una vera e propria
equiparazione fra uomo e donna, ma il matrimonio è laicizzato e concepito come
contratto, un insieme di pattuizioni, ed in quanto tale può anche essere sciolto.

2. Secondo libro, che ruota attorno al dogma della proprietà, il valore cardine della
nascente classe borghese vittoriosa sull’ancien regime.

La proprietà è un valore portato dalla scuola del diritto naturale in accordo con l’anima
borghese della Rivoluzione; l’idea della proprietà che ne scaturisce è un diritto assoluto,
tutelabile erga omnes.

Quest’idea di proprietà non si diffonde nella common law, dove la proprietà, soprattutto
quella terriera, è ancora concepita come un fascio di interessi stratificati.

3. Terzo libro, che contiene la disciplina assai poco omogenea di istituti che
sarebbero collegabili dal fatto di essere diversi modi di acquisto della proprietà.

I pilastri del terzo libro sono:

A. il dogma della libertà contrattuale, all’articolo 1134 e 1108; la libertà oltre che
economica è prevista nel codice anche come di credo, di manifestazione del
pensiero; inoltre è anche negativa che ha rilevanza soprattutto in ambito penale.

B. i 5 articoli relativi alla responsabilità da atto illecito.

Questo libro comprende anche la disciplina delle successione, modellata anche


secondo quanto elaborato nella fase del diritto intermediario; per questo incentrata su
una successione necessaria o obbligatoria funzionale all’abbattimento del il diritto di
Maggiorascato un tempo posseduto dai nobili, i quali altrimenti avrebbero avuto la
possibilità di tramandare il patrimonio interamente. Si tratta di una scelta politica.

Bisogna ricordare che il codice rappresenta una sintesi tra esperienza giuridica del
nord della Francia, a base consuetudinaria, e quella del sud, a base romanistica: 

ciò facendo, finisce per dare più spazi a elementi di origine germanica di quanto non
faccia il codice civile tedesco, in quanto quest’ultimo fu influenzato dalla pandettistica
tedesca, seguendo quindi la tradizione romanistica molto più fedelmente.

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IL PROCESSO DI ADEGUAMENTO DEL CODE.

Il Code Civil si presenta come l’archetipo dei codici borghesi del 1800, riflette la
struttura economica e sociale del suo tempo di conseguenza manca ad esempio la
disciplina del rapporto di lavoro.

Il Code Civil costituisce un monumento della cultura giuridica francese:

1. Il Presidente della Corte Costituzionale Paolo Grossi sostiene che questo codice fu
considerato come un mito a livello immediato, ma che è stato mitizzato anche
dopo; si è verificato una sorta di catechismo, testo punto di riferimento assoluto.

2. La Professoressa Barsotti riporta la precocità della sacralità del testo riconducendo


la stessa alla precedente rinascita del diritto all’Alma Mater sul Corpus Iuris Civilis.

Si è comunque assistito ad un fenomeno di decodificazione, ossia al moltiplicarsi di


disposizioni legislative al di fuori del codice, senza il quale questo non avrebbe potuto
essere ancora oggi in vigore.

Sono anche stati fatti tentativi di riforma del Code, in virtù dell’evidenza dei vantaggi di
un’eventuale opera di ricodificazione globale, ma sono sempre naufragati.

Nell’attesa di veder realizzati i progetti di riforma relativi al diritto delle obbligazioni e dei
beni, dei quali nel tempo si avverte sempre più l’immobilismo, molti sono stati gli
interventi adeguatori, che hanno permesso al codice di rimanere, almeno in parte, al
passo coi tempi. Tali interventi sono stati operati:

I. Dal legislatore, che è intervenuto in particolare:

A. sul diritto di famiglia, riformato per rispondere alle esigenze prospettate dal
nuovo ruolo della donna,

B. sul diritto dei contratti, limitando sempre più l’autonomia contrattuale.

II. Dalla giurisprudenza, attraverso una interpretazione evolutiva favorita dal


particolare livello semantico di alcune disposizioni, come quelle relative alla
disciplina dell’illecito civile. 

Sull’esempio della common law, una giurisprudenza creativa, che sfruttando gli
spazi lasciati aperti dal legislatore, ha superato il criterio tradizionale della colpa.

III. Dalla dottrina, che ha contribuito in maniera crescente:

A. Nei decenni successivi alla sua entrata in vigore, fu protagonista la scuola


dell’exégèse, che si limitò ad effettuare un esegesi grammaticale e logica del
testo legislativo e ad ignorare le decisioni giudiziarie.

B. Verso la fine del 1800 il quadro muta si sviluppa la scuola della libera ricerca
scientifica, con un’interpretazione che tenga conto delle esigenze della società.

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LA DIFFUSIONE DEL MODELLO CODE CIVIL.

Così come accadde per il diritto romano anche il Code civil, pur avendo inizialmente
conosciuto una diffusione ratione auctoritatis, deve la sua diffusione all’auctoritatis
rationis. Esempi di tale diffusione sono:

1. Il Belgio, che, pur con modifiche e differenti interpretazioni, ha mantenuto il modello


francese anche dopo l’indipendenza ottenuta nel 1830;

2. L’Olanda, dove il modello francese ha resistito fino al nuovo codice;

3. Il Portogallo, dove il modello francese ha resistito fino al nuovo codice;

4. L’Italia, il cui codice del 1865 si ispira fortemente al Code;

5. La Spagna, dove si afferma il modello francese nonostante la forte imposizione


delle consuetudini locali, che in molteplici materie sovrastavano il codice;

6. I paesi del centro e del Sud America: i codici di

• Bolivia e Messico sono per larghi tratti mere traduzioni del testo francese,

• Cile e Argentina, pur basandosi sul modello francese, sono caratterizzati da una
buona dose di originalità;

7. La Louisiana e il Quebec, dove nonostante la forte influenza della common law,


resiste l’impostazione francese, la cui portata, tuttavia, è attualmente di difficile
identificazione.

8. I paesi africani e asiatici colonizzati dalla Francia e dall’Egitto, nonostante non sia
stato dominato dalla Francia.

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2.2. L’ALLGEMEINES LANDRECHT PRUSSIANO DEL 1794 (ALR)


Gli stati tedeschi portano al fenomeno della codificazione un contributo perfettamente
autonomo, che non sfocia mai come in Francia nella rivoluzione.

Storia

La prima esperienza codicistica, denominata ALR, ossia ordinamento territoriale


generale delle terre germaniche, è quella prussiana del 1794.

Federico II di Prussia riprese il progetto di Federico Guglielmo I; ma la Guerra dei Sette
anni rinviò la realizzazione di un progetto, il Corpus Iuris Federicianum, che era
praticamente soltanto di diritto comune.

Per questo si dovette attendere il 1780 affinché il cancelliere Von Cramer desse inizio 

a quel progetto di codice che, dopo 14 anni di rielaborazioni, sfocerà nell’ALR sotto
l’imperatore Federico Guglielmo II.

Struttura e principi

L’ALR, che si presenta nei suoi 17.000 articoli in maniera assai differente dal Code Civil:
è il prodotto più genuino del diritto della ragione che, cercando di prendere in esame
tutte le fattispecie possibili, pretende di disciplinare non solo la materia civilistica del
diritto privato, ma anche il diritto costituzionale ed ecclesiastico.

Il codice civile prussiano, dominato dai principi di chiarezza e completezza, può


essere definito come la traduzione prussiana del tardo assolutismo illuminato
europeo. Tale codice consta di 3 parti:

A. L’introduzione, contenente norme generali di più evidente matrice giusnaturalista;

B. La prima parte, relativa ai diritti reali, disciplina un diritto privato che guarda al
soggetto nelle relazioni con gli altri.

C. La seconda parte, relativa alle associazioni, disciplina i diritti ed i doveri del


soggetto all’interno delle varie comunità: famiglia e ceto.

L’introduzione è la parte dell’ALR che contiene i riferimenti più evidenti alla matrice
giusnaturalista, come ad esempio il sancire:

I. La prevalenza del bene comune sugli interessi individuali;

II. Che i diritti degli uomini sono fondati sulla libertà naturale che ciascuno ha di
perseguire il proprio bene senza ledere il diritto altrui;

III. Che i diritti del singolo traggono la loro origine dalla nascita, dal ceto e dagli atti a
cui la legge attribuisce efficacia costitutiva.

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Si è discusso se sia veramente possibile collocare l’ALR tra i codici ottocenteschi o se,
invece, sia maggiormente corretto collocarlo fra le raccolte di leggi del 1700.

La buona formulazione, il buon collegamento e la concisione, però, lo avvicinano
molto alle codificazioni moderne.

Difetti

Nonostante la matrice giusnaturalista, il codice NON è privo di incrostazioni feudali. 



Wieacker, storico del diritto romano, ne sottolineò i limiti:

1. la acritica fede nella ragione,

2. la sfiducia nei confronti dei cittadini,

3. la visione superata della società,

4. la convinzione in un diritto completamente giusto,

5. la presunzione di poter regolare tutti i rapporti inter-soggettivi.

Inoltre è possibile constatare altre problematiche poste dallo stesso codice:

1. La prima parte individua un soggetto e diritti ed obblighi uguali per tutti, MA

la seconda parte invece moltiplica il soggetto nella famiglia e nei vari ceti.

2. Ha carattere paternalistico, è un manuale di felicità del sovrano illuminato, che


invade la libertà negativa dei cittadini. Parallelamente è un manuale di punizione, il
paternalismo è sviluppato e caratterizzato quindi da sfiducia nell’individuo: manca
autonomia privata.

3. E’ eccessivamente casistico e particolareggiato.

Influenza e diffusione

Tuttavia il Codice prussiano ebbe un’influenza molto inferiore ai suoi meriti ed al suo
valore intrinseco: l’ALR ebbe infatti vita breve, in quanto fu sostituito dal BGB, ed
ebbe diffusione modesta, dato che al di fuori dei confini prussiani era costretto a
soccombere di fronte ai ben più solidi modelli francese e austriaco.

Ciò fu dovuto anche agli attacchi ricevuti dalla giurisprudenza e dalla dottrina, innescati
proprio dalla volontà dell’ALR di ridurre queste ultime a semplici guardiani della legge.

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2.3. IL CODICE CIVILE AUSTRIACO DEL 1811 (ABGB)


Anche in Austria la codificazione ha alle spalle il giusnaturalismo razionalista di
sovrani illuminati.

Storia

Il processo di formulazione che porta all’ABGB è piuttosto articolato:

I. La prima commissione venne incaricata da Maria Teresa d’Austria, che impartì


l’ordine di redigere un codice del SOLO diritto privato, tenendo conto sia del diritto
romano che del diritto della ragione, in modo tale da unificare il soggetto del diritto. 


Il primo progetto, presentato nel 1766, fu respinto da Maria Teresa in persona. 

Per questo quale primo progetto vero e proprio si considera il Codice Giuseppino,
pubblicato nel 1786.

II. Nel 1796 l’opera di codificazione proseguì sotto Leopoldo II, grazie a Carl Von
Martini, il cui secondo progetto, diviso in 3 parti e con ampie aperture al diritto della
ragione, fu approvato in via sperimentale in Galizia, ma poi non fu esteso.

III. Di questa sperimentazione tenne conto l’ultima commissione, nominata nel 1801
compose il terzo progetto, influenzata fortemente da Franz von Zeiller.

IV. Respinto e riesaminato tre volte, il quarto, codice fu promulgato nel giugno 1811.

Struttura e principi

L’AGBG si compone di 1502 articoli ed è quindi un codice breve, chiaro ed intellegibile;


brevità tuttavia causa di lacune, che sono state colmate negli anni da tre Novelle.

Il codice è suddiviso in tre parti, precedute da un’Introduzione:

I. Diritto delle persone

II. Diritti sulle cose: diritti reali, in numero chiuso; diritti personali sulle cose; contratti e
responsabilità extracontrattuale, di cui si segnala la clausola generale dell’art.1295:
ciascuno ha diritto di pretendere dal danneggiante il risarcimento dei danni che
questo con colpa gli ha provocato.

III. Le disposizioni comuni: costituzione, modificazione, estinzione di diritti ed


obblighi, prescrizione ed usucapione.

Benché diverso, l’ABGB ha tuttavia punti di contatto con il Code Napoleon, come:

A. il principio di statalismo,

B. la vocazione liberale e l’ideologia garantista,

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C. la certezza giuridica derivi dalla conoscibilità delle norme, esposta a partire dal
Preambolo, dove lo stesso imperatore Francesco I impone il rispetto del testo.

È inoltre presente una marcata matrice kantiana, in particolare modo dove si afferma
l’uguaglianza dei cittadini tra di loro e nei confronti dello Stato.

Si possono fare 4 riferimenti per evidenziare il richiamo al giusnaturalismo:

1. Per colmare le lacune legislative, dopo l’analogia, il codice consente il ricorso ai


principi del diritto naturale;

2. Il legislatore ha voluto categoricamente escludere la consuetudine dalle fonti del


diritto;

3. Il legislatore riconosce all’uomo una serie di diritti innati;

4. Il legislatore attribuisce un rilievo assoluto al diritto di proprietà.

Difetti

L’ABGB è quindi un codice illuminista, tuttavia si tratta tuttavia di un codice in


stridente contrasto con la realtà sociale dell’Austria del tempo:

• Nonostante venga riconosciuta la libertà della persona come diritto innato, fino al
1848 persiste la servitù della gleba

• Nonostante venga stabilito il principio per cui i rapporti tra i proprietari terrieri sono
regolati dalle disposizioni di legge, sono ancora riscontrati molti privilegi feudali

Sebbene l’ondata rivoluzionaria del 1848 intervenga per sedare queste contraddizioni,
la restaurazione portò ad alcuni passi indietro, specialmente in materia familiare, dove

- il matrimonio dei cattolici torno sotto al regime del diritto canonico e le relative
controversie ai tribunali ecclesiastici,

- in materia di istruzione, sottomessa al controllo ecclesiastico.

Influenza e diffusione

L’influenza di questo codice all’estero è veramente minima e si limita al Centro Europa,


ai Balcani e al Lombardo Veneto, dove resta in vigore fino all’Unità d’Italia.

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2.4. IL CODICE CIVILE TEDESCO DEL 1900 (BGB)


PREMESSA.

La Germania, anche all’indomani del congresso di Vienna del 1815, conserva ancora
le sue caratteristiche medievali che ostacolano la rielaborazione delle consuetudini e la
graduale costruzione di un diritto privato tedesco:

A. Il potere imperiale, ancora debole, comporta che la Germania sia ancora divisa in
39 stati sovrani;

B. NON esiste una giustizia regia forte e di un ceto di giuristi imperiali influente, data
la mancanza di una corte superiore con poteri effettivi e penetranti;

Tale mancanza ha così portato alla naturale e totale romanizzazione del diritto privato
tedesco, di cui la scuola storia è stata poi la dimostrazione.

La funzione unificante, dunque, è riscontrabile nella sola dottrina:

I. spinta dall’ideale dell’unità culturale giuridica tedesca;

II. favorita da un’università che è intesa come una comunità di professori e studenti
che circola liberamente in tutta l’area di lingua tedesca.

LA “SCIENZA GIURIDICA”: LA SCUOLA STORICA E LA PANDETTISTICA.

Secondo la nuova idea romantica, il vero diritto non è il prodotto di una legislazione
nazionale, nozione illuministica, ma della storia di un singolo popolo, espresso
attraverso i giuristi che il popolo stesso ha prodotto.

Questa è la radice della scuola storica, il cui fondatore Carl von Savigny sosteneva
che il diritto NON potesse essere cristallizzato nelle formule di un codice, data la sua
natura fortemente mutevole, prodotto del Volkgeist, ossia dallo spirito del popolo.

La Scuola storica respinge quindi l’arbitrio del legislatore, non crede alla fissità dei
modelli ed attribuisce alla consuetudine il ruolo di fonte primaria.

Oltre alle consuetudini, per la scuola storica assumeva un’importanza fondamentale il


diritto romano, in particolare quello di fonte giustinianea. 

Tale diritto era visto come espressione di un mondo spirituale e concettuale superiore e
più puro, suscettibile di essere adottato come diritto vigente.

Lo sforzo di elaborare un ordine fu compiuto soprattutto dai successori di Savigny,


esponenti della nuova Scuola Pandettistica, la quale aveva come unico obiettivo
l’elaborazione sistematica e dogmatica del materiale giuridico.

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I cui membri, essendo tenuti non a creare le regole giuridiche, piuttosto a predisporre gli
strumenti di conoscenza del diritto, seguono un metodo ispirato a quello della
matematica e delle altre scienze esatte; si tratta di un metodo:

A. Concettuale: identificazione dell’elemento concettuale costitutivo in presenza del


quale le ipotesi da considerarsi rientrano nella categoria oggetto di definizione, e in
assenza del quale le ipotesi non rientrano nella categoria

B. Dogmatico: i concetti definiti non ammettono eccezioni, sono dogmi

C. Sistematico: in presenza di più definizioni, la definizione corretta è quella che si


armonizza bene con le altre del sistema, Principio della coerenza.

IL PROCESSO DI CODIFICAZIONE. STRUTTURA DEL BGB.

Il presupposto politico che conduce la Germania alla codificazione è l’unificazione


politica nel Reich del 1870, seguita dall’emendamento costituzionale che assegna
all’imperatore la competenza a legiferare sul diritto privato nel suo insieme.

Dopo un lungo lavoro progettuale di due successive commissioni il Codice civile


tedesco fu promulgato nel 1896, entrando poi in vigore il 1 gennaio del 1900.

Il codice è il frutto maturo della pandettistica tedesca, che trova consacrazione nel
libro I, che dà forma legislativa alla dottrina e che costituisce un unicum delle
codificazioni civilistiche.

Il BGB, composto da 2385 articoli, si suddivide in 5 libri, seguendo la partizione del


diritto privato in 5 materie operata dai pandettisti:

1. La parte generale contiene i caratteri concettuali comuni dei rapporti giuridici.

Qui si trovano le norme generali sulle persone fisiche e giuridiche, alcune definizioni
riguardanti i beni e il concetto di negozio giuridico; tuttavia libri da 2 a 5 contengono
un numero considerevole di eccezioni a tali regole generali.

2. Il 2 libro, sulle obbligazioni, concerne i rapporti obbligatori e pertanto la disciplina


dei contratti e quelle delle obbligazioni nascenti da atto illecito;

3. Il 3 libro è dedicato ai diritti sui beni e contiene la disciplina dei diritti reali e della
proprietà, ancora solidamente ancorata alla concezione individualistica;

4. Il 4 libro disciplina il diritto di famiglia, ispirato alla concezione conservatrice e


patriarcale del Code civil;

5. Il 5 libro regola le successioni.

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FILOSOFIA DEL BGB.

Il BGB chiude l’epoca delle vittorie del liberalismo, riflette: il dominio della grande
borghesia sulla vita pubblica e del liberalismo sulla vita privata; si tratta di un codice
fortemente conservatore, che rappresenta un mondo in via di dissoluzione.

Il fatto che NON attribuisca alcun compito sociale al diritto privato si riflette su vari
ambiti, dalla struttura patriarcale della famiglia al rapporto di lavoro ignaro del
sindacalismo.

Il BGB aspra a prospettare un sistema chiuso, caratterizzato da:

A. Definitività, la costruzione dogmatica si avvale di concetti immutabili e conclusivi;

B. Completezza, si nega che possano esistere lacune;

C. Esclusività, l’interprete può riferirsi a precetti diversi dalla legge in casi tassativi.

Questi elementi comportano la secondaria importanza della consuetudine e una


identificazione fra diritto e legge intesa come manifestazione della ragione dello Stato.

La valvola di sfogo di questo sistema è costituita dalle Generalklausen, le clausole


generali che sono indirizzate al giudice, ad esempio buona fede, buoni costumi, usi del
traffico, giusta causa, sproporzione:

1. Finalizzate a vincolare il giudice al principio generale lì espresso e, data la latitudine


ampia ed estensibile di tale principio, di renderlo più libero.

2. Costituiscono una concessione del positivismo legislativo all’auto-responsabilità


del giudice ed ad un etica sociale meta-positiva.

3. Rendono l’opera più adattabile ai mutamenti e più duratura di quanto il legislatore


avrebbe potuto prevedere.

Tuttavia, nascondono un pericolo: nel caso si allenti l’apparto dogmatico potrebbe


presentarsi il rischio della fuga nelle clausole generali, favorendo la nascita di una
giurisprudenza equitativa priva di principi guida, facile in periodi di dittature o di crisi.

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L’EVOLUZIONE DEL DIRITTO TEDESCO DOPO LA CODIFICAZIONE.

Il diritto tedesco fino al 1918

Pur essendo stato il baluardo borghese del 1800 piuttosto che il preludio del 1900, il
BGB, dopo aver attraversato svariate vicissitudini politiche, è sopravvissuto.

Fino al 1918 è rimasto pressoché intatto, coerentemente con la prassi tipica dei periodi
appena successivi alle codificazioni, ovvero quelli dominati dal positivismo, dalla teoria
pura del diritto e dalla stretta aderenza al testo del codice.

Il diritto tedesco durante Weimar

Nel periodo della Repubblica di Weimar ha conosciuto profondi interventi di modifica:

1. La giurisprudenza, grazie alla cosiddetta Scuola del diritto libero, ha fatto largo uso
delle clausole generali per adeguarlo alle mutate condizioni economiche e sociali.

2. Il legislatore, ha dovuto mettere mano, da un lato, alla materia del diritto del lavoro,
e dall’altro alla disciplina della proprietà privata, passando alla concezione de 

la proprietà obbliga.

Il diritto tedesco nel nazismo

Nel 1933 Hilter viene nominato cancelliere e con ciò si afferma definitivamente il
nazionalsocialismo, movimento totalitario, razzista e rivoluzionario; elementi che
ebbero una forte ripercussione sulla sfera giuridica.

Il nazismo però NON è riuscito a distruggere completamente il BGB grazie anche ai


giuristi che in gran parte si sono limitati ad un tributo formale verso il regime. 

Il codice quindi di fatto è uscito vittorioso dagli anni più bui della storia tedesca,
nonostante la proposta di sostituzione del BGB con un “codice popolare”, che
contenesse gli elementi caratteristici del regime dalla nuova teoria delle fonti del
diritto alle leggi razziali di Norimberga del 1935.

Il diritto tedesco nel secondo dopoguerra

La Costituzione del 1949 costituisce uno dei principali motivi ispiratori della riforma del
diritto tedesco. 2 elementi assumono un’importanza preminente:

• L’intervento del legislatore, caratterizzato da una forte apertura sociale e da uno


spirito egualitario, liberale e umanitario.

• Il ruolo determinante assunto dalla Corte Costituzionale federale che garantendo


il rispetto dei principi fondamentali della Costituzione e dei diritti dell’individuo, ha
contribuito ringiovanimento dell’impianto giuridico tedesco.

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LA DIFFUSIONE DEL MODELLO BGB.

La diffusione del BGB è stata modesta e limitata nel tempo, la sua influenza,
principalmente per la parte generale del codice, è risentita dal Brasile al Portogallo,
all’Europa centrale e meridionale, fino all’Estremo Oriente.

Ma l’influenza più profonda e duratura si è avuta in Grecia. Ciò è dovuto al fatto che:

A. Durate tutta la dominazione ottomana il diritto praticato in Grecia è quello 



romanico bizantino.

B. Poi con l’ascesa al trono di Grecia del principe Otto Von Wittelsbach, 

si comincia a guardare con grande attenzione all’opera dei pandettisti.

La conseguenza è che l’attuale codice civile greco, data la sua evoluzione storica, la
sua sistematicità e il suo contenuto, può essere senza dubbio considerato come
appartenente ai sistemi germanici.

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2.5. IL CODICE CIVILE SVIZZERO DEL 1912 (ZGB)


PREMESSA.

Nel 1400 il territorio elvetico era autonomo dal Sacro Romano Impero e mentre in
quest’ultimo vi fu un’ampia recezione del diritto romano, in Svizzera NON venne meno
la centralità delle consuetudini germaniche. 

Quindi, nel corso del 1700, il diritto del territorio elvetico consisteva essenzialmente
nelle consuetudini di origine germanica, applicate da giudici laici elettivi.

La conquista napoleonica portò alla creazione dello Stato unitario svizzero e all’idea di
un diritto privato unitario; poi all’indomani del congresso di Vienna, si diede vita ad un
sistema federale in cui ciascun cantone manteneva la propria indipendenza.

Uno dopo l’altro i cantoni decisero di introdurre un proprio codice civile. 



Si divisero però circa il modello da seguire:

• Nella zona meridionale e nella parte occidentale, zone francofone o di lingua


italiana, fu seguito il Code Civil;

• Nella Svizzera centrale di lingua tedesca fu seguito il modello austriaco.

• Nel 1855 il cantone di Zurigo si dotò di un codice che influenzò molto il futuro ZGB,
redatto da giuristi locali formati da Von Savigny.

LA CODIFICAZIONE SVIZZERA.

Nonostante la Svizzera tenesse molto al suo isolamento rispetto al resto d’Europa,


verso la metà del 1800, si cominciò ad avvertire l’esigenza di rendere unitario il
sistema giuridico.

Il cammino verso un codice unitario del diritto privato svizzero si svolse attraverso
alcune tappe importanti: dall’integrazione nazionale della Confederazione nel 1848 alla
Costituzione federale del 1874 sino alla modifica costituzionale che estende la
potestà legislativa della Federazione a tutto il diritto civile.

Il protagonista della codificazione svizzera fu Eugen Huber, professore di Basile, 



e data la sua importanza nella preparazione, a volte si ritiene il codice opera solo sua.

STRUTTURA E CARATTERISTICHE DELLO ZGB.

Huber era spinto verso il ramo germanistico della scuola storica, ne è la riprova lo ZGB,
che rifiuta il modello del BGB nei suoi aspetti romanistici ed eccessivamente dotti. 

Il suo stile tende a seguire la lingua comune, evitando termini tecnici e a non ricorrere
troppo spesso ai rinvii tra vari articoli.

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Lo ZGB è composto, oltre che dall’Introduzione, breve, da 4 libri:

1. Diritto delle persone;

2. Diritto di famiglia;

3. Diritto delle successioni;

4. Diritti reali.

5. Ad essi si aggiunge un quinto libro, l’OR, che è formalmente separato.

Tra le caratteristiche peculiari vi è la deliberata incompletezza, riscontrabile su 2 piani:

A. Di per sé il codice NON va oltre la delineazione dei tratti salienti di ciascun istituto
giuridico, sta al giudice seguendo le linee tracciate elaborare la regola da applicare.

B. Inoltre contiene clausole generali con cui il legislatore attribuisce espressamente


un ruolo centrale di integrazione alla giurisprudenza.

I giudici peraltro sono elettivi e in molti cantoni il giudice di prima istanza è laico.

Il carattere aperto e il ruolo della giurisprudenza sono resi palesi dall’art. 1, comma 2:
Nei casi non previsti dalla legge il giudice decide secondo la consuetudine e, in difetto
di questa secondo la regola che egli adotterebbe come legislatore. Nel fare ciò egli
dovrà ispirati alla dottrina più consolidata e alla giurisprudenza già formata. 

Tuttavia la norma non è stata molto utilizzata dalla giurisprudenza elvetica.

SUCCESSO E DIFFUSIONE DELLO ZGB.

Secondo Zweigert e Kötz, il successo dello ZGB e la sua diffusione sono dovuti ai suoi
meriti intrinseci, fra cui rientrano:

1. L’equilibrio con cui Huber seguì una via intermedia tra il concettualismo del BGB e
la chiarezza del Code Civil

2. L’espresso riconoscimento del potere creativo della giurisprudenza.

Secondo i due autori tedeschi, lo ZGB dovrebbe essere preso in considerazione per un
futuro eventuale codice civile europeo.

Il successo dello ZGB è rilevabile nella circostanza che tutti gli ordinamenti nei quali si è
proceduto a codificare il diritto privato, nel periodo successivo alla sua entrata in vigore,
ne hanno tenuto conto.

Esempio noto è il caso della Turchia, la quale si è rivolta al modello svizzero quando ha
voluto adottare un codice per modernizzare il proprio diritto durante la rivoluzione
culturale guidata da Kemal Atatürk.

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2.6. LE CODIFICAZIONI ITALIANE


IL CODICE DEL 1865.

I codici di alcuni Stati Preunitari

Dopo la Restaurazione, grossa parte degli stati preunitari adottarono dei codici civili
fortemente ispirati al Code Civil, eccezion fatta per il Lombardo Veneto, che adottò
l’ABGB, e per lo Stato Pontificio e la Toscana, in cui vigeva il diritto comune.

All’unificazione politica dove seguire l’unificazione legislativa, compito non molto


difficile poiché la disciplina giuridica era pressoché omogenea in tutto il Paese e il 

Code Civil rappresentava un ottimo esempio:

I. sia per la sua origine romanistica,

II. sia in quanto riflesso della condizione economica e sociale dell’Italia,

III. sia perché l’unificazione italiana era stata possibile proprio grazie all’aiuto dei
francesi contro gli austriaci.

Il codice del 1865

Il codice del 1865, che per larghi tratti si presenta come una mera traduzione del Code
Civil, con il fulcro centrale nel concetto dell’individualismo.

Tuttavia a differenza del Codice francese:

A. Si fa espressamente riferimento alla possibilità di colmare le lacune 



attraverso l’analogia ed i principi generali;

B. Si amplia l’esercizio dei diritti civili anche allo straniero, 



senza condizioni di reciprocità;

C. Si stabilisce l’indissolubilità del matrimonio.

Per quanto riguarda la struttura, il codice civile viene suddiviso in tre libri:

1. Il Libro Primo viene dedicato alle Persone;

2. Il Libro Secondo viene dedicato ai Beni, alla Proprietà ed alle sue Modificazioni;

3. Il Libro Terzo viene dedicato ai modi di acquistare e di trasmettere la proprietà e


gli altri diritti sulle cose.

Manca, come nel Code Civil, ogni regolamentazione effettiva del rapporto di lavoro: la
locazione di opere è nel libro della proprietà.

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IL CODICE DEL 1942.

Il codice del 1865 NON riesce a sopravvivere alla trasformazione economica e politica
che investe l’Italia unificata a cavallo del 1900; per questo nel 1923 il Governo delega
una commissione per la risistemazione dei 3 libri del codice. 

Il codice successivo del 1942si compone di 6 libri:

1. Della persona e della famiglia.

2. Delle successioni.

Libri che mettendo in evidenza un’impostazione tradizionalista dell’istituto familiare, con


una larga possibilità di intervento dello Stato.

3. Della proprietà, a livello concettuale, risulta essere il più distante dal Code Civil:
dato che la proprietà è ormai percepita in funzione della persecuzione di un
interesse pubblico.

4. Delle obbligazioni, dedicato al rapporto obbligatorio generale ed alle fonti di


obbligazione.

5. Del lavoro, il più innovativo fra i libri del codice, ma anche quello maggiormente
colpito dall’impostazione del regime.

6. Della tutela dei diritti.

La maggiore innovazione del nuovo codice civile è rappresentata dall’unificazione del


diritto privato, che ha permesso di estendere in maniera soddisfacente a tutti i rapporti
le regole che fino a quel momento erano esclusive del commercio. Il Codice civile del
1942 NON rappresenta affatto una svolta epocale paragonabile a quella del Code.

I giuristi che misero a punto il testo però accorti tanto da riuscire a conservare quella
neutralità che ha permesso al codice di salvarsi nel post regime.

Per quanto attiene ai fattori che hanno influito sul testo successivamente:

- La legislazione speciale è conferita di ampio rilievo dallo stesso Codice ed assume


il ruolo di portatrice di autonomi principi regolatori.

- La Costituzione repubblicana modifica radicalmente i principi di base del diritto


privato e toglie a quest’ultimo e al codice civile la funzione costituzionale.

- La giurisprudenza e la dottrina contribuiscono nell’adeguamento del codice anche


ai valori costituzionali. Di grande rilievo è stato il ruolo della Corte Costituzionale.

- Il diritto dell’Unione influenza profondamente il Codice, come avviene anche in altri


stati membri oltre l’Italia ne è un esempio Codice del Consumo.

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SEZIONE III. LE FONTI DEL DIRITTO.


3.1. PREMESSA. LA NOZIONE DI NORMA GIURIDICA
Il codice impersona l’ideale di norma giuridica espresso dalla tradizione di civil law,
questa viene concepita come regola di condotta dotata di quella generalità che le
consente di situarsi fra la decisione della lite e i principi.

La generalità riconosciuta alla norma giuridica fa si che nei paesi di civil law il compito
del giurista sia concepito come compito di interpretazione delle formule legislative e
si svolga prevalentemente in modo nascosto.

Di conseguenza nei paesi di civil law la regola è sufficientemente ampia da lasciare un


certo margine di libertà all’interprete; mentre nei paesi di common law la regola è
formulata in modo molto preciso.

Questo porta ad una diversa idea della regola di diritto:

A. Se nella common law la regola è concepita in forma giurisprudenziale;

B. Nella civil law la regola è concepita in forma legale e dottrinale.

3.2. LA GERARCHIA DELLE FONTI


La gerarchia delle fonti è oggi molto più complessa di quanto non faccia intendere, ad
esempio, l’art. 1 delle nostre preleggi:

1. Costituzioni e trattati internazionali tendono ovunque a prevalere sulla legge; così


come non può essere trascurato il ruolo di giurisprudenza e dottrina.

2. Fenomeno della globalizzazione influenza, in quanto recesso di trasferimento dagli


stati ai mercati, anche la dimensione giuridica, e le fonti in particolare.

3.3. LE COSTITUZIONI
I paesi appartenenti alla tradizione di civil law presentano tutti, al vertice della gerarchia,
costituzioni scritte alla cui disposizioni si riconosce un prestigio particolare, politico e
giuridico, che si riflette nelle previsioni di speciali procedure di revisione e di
controllo di costituzionalità delle leggi.

Tali costituzioni diventano il punto di riferimento dell’ordinamento, al quale devono


ispirarsi legislatori, giuridica, amministratori e cittadini.

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LE PROCEDURE DI REVISIONE.

Le costituzioni rigide si definiscono tali perché per essere modificate sono richieste
procedure aggravate rispetto alle ordinarie procedure legislative.

L’aggravamento non ha il solo fine di rendere più difficile la revisione, ma quello di


ricercare un consenso vasto e mediato. Solitamente, il potere di revisione viene
affidato all’Assemblea legislativa ordinaria come in Italia, in Germania e in Spagna.

Le costituzioni non sempre possono essere modificate in ogni loro parte: talvolta si
pongono limiti al potere di revisione, come il limite dei principi fondamentali
nell’ordinamento italiano, ribadito più volte dalla Corte, partendo dall’art. 139 Cost.

IL CONTROLLO DI COSTITUZIONALITÀ DELLE LEGGI.

Gli ordinamenti con costituzioni scritte e rigide si caratterizzano anche per la presenza
di un sistema di controllo di costituzionalità delle leggi, ossia un sistema di giudizio
della conformità ai principi costituzionali delle leggi ordinarie e delle altre fonti.

Tradizionalmente se ne individuano 2 grandi modelli:

A. Un sistema diffuso:

1. Il potere di controllo spetta a tutti gli organi giudiziari i quali lo esercitano


incidentalmente, ossia nella decisione di una controversia concreta.

2. Si tratta del modello americano, in quanto realizzato per la prima volta negli
U.S.A. a partire dalla sentenza Marbury v. Madison: il giudice, nella causa,
disapplica le leggi che ritiene in contrasto.

3. Ha quindi carattere concreto, con efficacia inter partes ed ex post.

B. Un sistema accentrato:

1. Il potere di controllo è attribuito ad un solo organo giudiziario ad hoc.

2. Si tratta del modello austriaco, in quanto realizzato per la prima volta in 



Austria con la Costituzione del 1920; una Corte Costituzionale che esercita il
controllo in via principale su richiesta di organi politici.

3. Si tratta di un modello astratto, con efficacia erga omnes ed ex nunc.

Dal 1929 in poi, vi è la possibilità anche di un ricorso in via incidentale e concreto.

Sia il modello diffuso sia il modello accentrato si sono imposti in numerosi paesi. 

Tuttavia sono molte, le varianti di entrambi; le differenze possono essere le più svariate.

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In Germania e in Italia si è adottato un modello di tipo austriaco, ossia accentrato; 

poi adottato anche in momenti successivi: in Spagna e Portogallo con le costituzioni
democratiche intorno al 1970 e poi in vari paesi con la caduta dell’Unione Sovietica.

I sistemi si declinano differentemente ma presentano degli elementi comuni che
definiscono NON un modello, MA un’idea di giustizia costituzionale europea:

1. C’è una corte costituzionale, ossia sono modelli quasi sempre accentrati;

2. La corte generalmente è composta solo in parte da giudici che provengono dalle


corti ordinarie, ma si compone anche di soggetti estranei alle stesse;

3. La corte giudica della costituzionalità delle leggi, ma ha anche altre competenze:

a) in parte è un organo politico, ossia dirime le controversie fra autorità


centrale ed altri livelli,

b) inoltre in Italia giudica della ammissibilità dei referendum, 



in Germania della democraticità dei partiti,

c) infine permette ricorso individuale diretto da parte dei cittadini, nel caso
in cui ritengano siano stati violati principi e diritti sanciti dalla costituzione;

4. Modalità di accesso alla corte: in Italia le vie di accesso sono 2 la via incidentale e
principale; l’idea europea si caratterizza proprio per l’incidentalità.

Insieme ai sistemi di controllo giurisdizionale di costituzionalità, per completare la


prospettica, è opportuno considerare anche un controllo di carattere politico; 

l’esempio è quello della Francia, fino alla riforma costituzionale del 2008; 

la motivazione storica risiede nella valenza classica della Rivoluzione francese e con
essa l’amore dei francesi per l’Assemblea Generale e la sfiducia nei giudici.

La Costituzione del 1958 affida al Conseil Constitutionnel solo un controllo di


costituzionalità preventivo; ciò si deve alla volontà del Generale De Gaulle di affermare
più direttamente il potere esecutivo, distinguendone le competenze dal legislativo, ciò
fa si che si verifichino probabilmente dei conflitti è rende necessario un arbitro.

Il Conseil giudica la legittimità delle leggi organiche, dei regolamenti e delle leggi
ordinarie prima che il procedimento di formazione sia concluso. 

Nei primi 2 casi il controllo è obbligatorio, per le leggi ordinarie il sindacato può essere
sollecitato dal Presidente della Repubblica, dal Primo Ministro, dai Presidenti di
Assemblea Nazionale e Senato, dal 1974 da 60 deputati o senatori.

Dagli anni ’70 si è assistito ad un cambiamento che è culminato nella riforma del 2008,
questa ha portato il Conseil a proporsi anche come garante dei diritti fondamentali ed
stato introdotto un meccanismo di controllo di costituzionalità delle leggi a posteriori e
in via incidentale affidato al Conseil.

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3.4. IL DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA


La gerarchia delle fonti è divenuta oggi molto più complessa rispetto al passato a causa
dell’Unione Europea, la quale, dotata di proprie istituzioni politiche e giudiziarie,
costituisce ormai un ordinamento sovranazionale.

Le Costituzioni nazionali contengono generalmente “clausole europee” volte ad


autorizzare la cessione di poteri e di competenze alle istituzioni europee come è per
l’Art.11 della Costituzione italiana.

Le fonti dell’UE si differenziano in:

• Primarie: ne fanno parte i trattati istitutivi, ovvero:

1. Il Trattato sull’Unione Europea (TUE);

2. Il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE);

3. La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, 



che ha lo stesso valore giuridico dei trattati grazie all’art. 6, par. 1, TUE.

• Derivate: sono atti delle istituzioni dell’Unione e si distinguono in:

A. Vincolanti, tra queste:

1. Il regolamento, obbligatorio per tutti i Paesi Membri e direttamente applicabile;

2. La direttiva, che vincola i risultati ma lascia discrezionalità agli stati in quanto


alla forma e ai mezzi;

3. La decisione, diversa dal regolamento poiché indirizzata a specifici destinatari.

B. Non vincolanti, ossia:

1. Il parere, rivolto all’istituzione che lo ha richiesto, non vincolandone le scelte

2. La raccomandazione, un monito rivolto ad un’istituzione affinché si conformi ad


un determinato comportamento; non è vincolante, ma può assumere particolare
rilievo, come ha infatti precisato la Corte di Giustizia.

Un’altra fonte fondamentale sono i cosiddetti principi generali desunti dai Trattati o
dalle tradizioni comuni agli stati membri ed enunciati dalla giurisprudenza della Corte
di Giustizia. Infatti in base all’art. 6, par. 3, TUE, fanno parte del diritto dell’Unione in
quanto principi generali.

L’analisi della giurisprudenza della Corte di giustizia diviene poi essenziale per
comprendere come le fonti europee interagiscono con le fonti nazionali.

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Il diritto internazionale dei trattati entra a far parte del diritto interno italiano tramite
legge ordinaria, poiché i Trattati di Roma furono ratificati proprio tramite legge ordinaria.

Il diritto dell’Unione però ha è riuscito ad inserirsi nell’ordinamento solo dopo un
processo articolato e difficile:

1. Questo percorso è iniziato con la decisione della Corte di Giustizia delle Comunità
Europee Van Gend en Loos v. Nederlandse Administratie der Belastingen 

che ha sancito l’efficacia diretta del diritto dell’Unione.

2. Il successivo passaggio è quello che coinvolge la sentenza della Corte


Costituzionale 14 del 1964, il cosiddetto Costa v. Enel.

Ivi la Corte afferma che se una legge italiana successiva viola un regolamento
precedente NON esiste rimedio sul piano del diritto interno, l’Italia risponderà
nell’ambito dell’ordinamento dell’Unione ma non sarà in sé patologica. 

Tale interpretazione minimizzava il primato del diritto dell’Unione e per questo fu
rigettata polemicamente dalla Corte di Giustizia Europea.

Tuttavia emerge la consapevolezza che NON è possibile sostenere l’appartenenza


all’Unione senza la supremazia del diritto comunitario, ergo la Corte comincia a
guardare all’Art.11 della Costituzione con occhi particolari, nella misura in cui in
condizioni di parità è possibile riconoscere una limitazione della sovranità.

3. Il passo seguente si ha con la sentenza della Corte Costituzionale 183 del 1973,

ivi la Corte afferma che ragioni di uguaglianza e certezza del diritto suggeriscono le
norme di diritto comunitario NON possono essere caratterizzate né come diritto
internazionale, né come diritto straniero, né come diritto dei singoli stati.

Devono avere pieno effetto ed applicazione diretta in ciascuno degli stati membri
senza la necessità di una legge di incorporazione.

4. Successivamente con la sentenza della Corte Costituzionale 232 del 1975 con cui
questa stabilisce che in caso di contrasto fra una legge italiana successiva ed un
regolamento è presente una patologia e questo poiché la legge italiana successiva
non può contrastare contro una europea precedente. 

La Corte individua quale modalità di risoluzione del conflitto l’incostituzionalità della
legge rispetto all’Art.11; tuttavia la Corte di Giustizia non fu soddisfatta poiché la
questione diveniva così tutta nazionale.

5. Decisiva fu la sentenza della Corte di Giustizia Simmenthal del 9 marco 1978, con
cui si è stabilito che: il giudice nazionale, incaricato di applicare, nell’ambito della
propria competenza, le disposizioni del diritto comunitario, ha l’obbligo di garantire
la piena efficacia di tali norme, disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa,
qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale, anche posteriore,
senza doverne chiedere od attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante
qualsiasi altro procedimento costituzionale. Predica quindi un sindacato diffuso.

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6. Pone la soluzione ed il regime definitivo è fissato dalla sentenza della Corte
Costituzionale Granital 170 del 1984.

Ivi la Corte stabilisce che ogni giudice, ove rilevi contrasto tra un legge italiana
successiva ed un regolamento, deve non dare applicazione alla legge italiana. 

Si tratta di una deroga all’Art.101 della Costituzione che stabilisce che il giudice è
soggetto solo alla legge.

Il Primato del diritto dell’Unione è soggetto a contro-limiti: si ferma di fronte ai 



Principi Supremi della Costituzione: nel caso in cui si verificasse una fattispecie in cui
un regolamento violasse i principi supremi si dovrebbe impugnare di fronte alla Corte
Costituzionale la legge italiana che ha dato attuazione ai Trattati dell’Unione, nella parte
in cui a consentito l’entrata in vigore di quel regolamento.

A dire quali sono i Principi Supremi è sempre la Corte Costituzionale.

Tale teoria, presente anche in Germania, è stata formulata già a partire dal 1973.

Più recentemente si è sviluppato il cosiddetto rinvio pregiudiziale, che permette alla


Corte di giustizia di pronunciarsi sull’interpretazione dei Trattati, nonché sulla validità ed
interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni dell’Unione ed apre un canale di
comunicazione importante tra giudici nazionali e giudici europei.

3.5. IL DIRITTO INTERNAZIONALE E LA CONVENZIONE EUROPEA DEI


DIRITTI DELL’UOMO
Un discorso diverso da quello appena svolto per il diritto dell’UE deve riguardare il
diritto internazionale e in particolare la CEDU.

In alcune costituzioni continentali, si riconosce espressamente ai trattati interazioni


valore superiore alle leggi ordinarie. 

In Italia manca una simile previsione costituzionale, infatti l’art. 10 non si applica alle
norme internazionali pattizie. Queste ultime, per la cosiddetta dottrina dualista,
necessitano di uno specifico ordine di esecuzione e sono introdotte nell’ordinamento
italiano con la forza di legge propria dello stesso; così, per lungo tempo si è ritenuto
che anche la CEDU dovesse assumere nel sistema delle fonti rango di legge ordinaria.

Tuttavia la Corte Costituzionale nelle sentenze gemelle nn. 348 e 349 del 2007 ha
fornito alla CEDU la specifica copertura costituzionale dell’art. 117 Cost. Pur non
essendo incorporata nell’ordinamento italiano, la CEDU, come interpretato dalla Corte
di Strasburgo, diviene un cosiddetto parametro interposto di costituzionalità,
collocandosi in posizione intermedia tra Costituzione e legge.

I giudici comuni quindi, non possono disapplicare la legge interna che ritengano non
conforme alla Convenzione. Dovranno infatti sollevare una questione di legittimità
costituzionale dinnanzi alla Corte Costituzionale.

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3.6. LE LEGGI
Tra le fonti del diritto, la tradizione legata alla Rivoluzione e la codificazione collocano la
legge al vertice della gerarchia, dove questa resta fino alla stagione delle costituzioni.

Nonostante la legislazione speciale dettata dalle esigenze dello sviluppo economico, 



il codice tende a rimanere al centro del sistema: attribuisce vita ed organizzazione
sistematica ad ogni norma positiva; a questo l’interprete deve rivolgersi nei casi dubbi.

Un rapporto analogo si pone, negli ordinamenti di common law, tra common law e
legge, ogni volta che sia necessario tornare a principi non desumibili da quest’ultima.
Può dirsi che la common law sta alla statutory law come il codice sta legge speciale.

3.7. I REGOLAMENTI
Il regolamento, in particolare quello governativo, è la tipica fonte secondaria che nella
gerarchia si colloca al di sotto della legge e non può ad essa derogare.

L’espansione della fonte regolamentare rende sempre meno credibile che il


regolamento sia SOLO lo strumento mediante il quale il governo emana su delega del
legislatore, una regolamentazione dettagliata che il questi NON è in grado di produrre.

Nella V Repubblica è stato previsto un potere regolamentare non subordinato al potere


legislativo e dunque per sua natura autonomo sottoposto alla giurisdizione del Conseil
d’erat che ne controlla la legittimità con riferimento al diritto superiore.

3.8. LE CONSUETUDINI
Il monopolio acquisito dal legislatore sulla produzione normativa ha relegato la
consuetudine in una posizione marginale.

Ciò è dimostrato dal fatto che è ovunque esclusa ammessa la validità di fonte legale
alle consuetudini secundum legem mentre sono escluse le consuetudini contra legem.

Discussa è invece la validità della consuetudine praeter legem, ossia riguardante cioè
materie non regolate dalla legge.

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3.9. L’ORGANIZZAZIONE GIUDIZIARIA E 



IL RUOLO DELLA GIURISPRUDENZA
L’ORGANIZZAZIONE GIUDIZIARIA.

Il modello ispiratore della struttura e dell’organizzazione attuali delle corti e dello


status del giudice è quello che ha origine nella Francia rivoluzionaria. 

Anche la giustizia era parte dell’ancien regime; i rivoluzionari si diressero contro i
Parlements, contro i giudici professionisti, sostituiti da giudici elettivi, e contro
l’interpretazione giurisprudenziale della legge.

Passata la ventata rivoluzionaria, il modello assume l’assetto al quale tuttora si ispira


con la legge sull’ordinamento giudiziario promulgata da Napoleone nel 1810. 

Questo prevede un sistema di corti articolato su 3 gradi:

1. Prima istanza, articolata in 2 livelli, 



uno a competenza limitata e uno a competenza generale

2. Appello, un riesame in fatto e in diritto del giudizio di primo grado.

3. Corte suprema, che si atteggia come cassazione, in diritto, o revisione, in fatto.

Le corti di ultima istanza difettano di strumenti efficaci di selezione dei ricorsi ed è


costretta ad emettere migliaia di sentenze; ciò non li permette di concentrarsi sulle
questioni più importanti e svolgere la funzione di nomofilattica che li è propria.

La seconda caratteristica dell’organizzazione giudiziaria dei paesi di civil law è data


dalla pluralità di giurisdizioni: a fianco della giurisdizione ordinaria, civile e penale,
figurano uno o più sistemi di giustizia specializzata, tributaria o amministrativa, 

oltre ad un sistema di giustizia costituzionale.

Altra caratteristica comune è che il potere giudiziario è esercitato principalmente da


giudici di professione che progrediscono nella carriera sulla base dell’anzianità, del
merito o di entrambi i criteri; si tratta di funzionari dello stato distinti da ampie garanzie
di indipendenza che li circondano, su tutte l’inamovibilità dalla sede e dalle funzioni.

Per quanto riguarda lo stile delle sentenze, caratteristiche comuni sono:

A. L’esistenza di una motivazione, che a volte è la Costituzione a richiedere;

B. L’impersonalità della sentenza: infatti tranne qualche eccezione, la sentenza di


civil law non palesa i voti espressi dai membri del collegio né tanto meno le opinioni.

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IL RUOLO DELLA GIURISPRUDENZA NEL SISTEMA DELLE FONTI.

Il movimento della codificazione segna il passaggio dal diritto alla legge e definisce il
ruolo del giudice come quello di operatore di una macchina progettata dal legislatore.

Quindi la giurisprudenza NON è formalmente fonte del diritto, ossia le sentenze NON
hanno formalmente efficacia al di là dei casi che decidono.

La realtà però è diversa, oggi è evidente il ruolo del diritto giurisprudenziale, il giudice:

- anche se trincera la propria attività creativa dietro lo schermo della interpretazione e


della concretizzazione della volontà del legislatore,

- è chiamato a riempire gradualmente i vuoti che il legislatore lascia, utilizzando le


tecniche ermeneutiche che questi gli propone, e le valvole di sfogo che gli offre.

Bisogna sottolineare che il ruolo creativo della giurisprudenza è di grande importanza


nei periodi di stabilità della società e del diritto, in cui può essere sufficiente la
gradualità e l’occasionalità degli interventi del giudice a colmare le lacune del diritto
scritto, e via via adeguarlo alle nuove esigenze.

Talvolta vi sono addirittura situazioni in cui è forte la tentazione dei parlare di dottrina
del precedente anche nella civil law; i giudici, infatti, tendono a seguire i loro
predecessori e i valori della certezza, della prevedibilità e dell’uguaglianza richiedono
che casi simili siano decisi allo stesso modo. 

La giurisprudenza abbia un’autorità fortemente persuasiva. 

Tuttavia, bisogna tener conto di alcune differenze importanti presenti tra la dottrina
dello stare decisis e la prassi delle corti:

1. Al metodo induttivo della common law si contrappone il metodo deduttivo della


civil law, secondo il quale il giudice NON va di caso in caso, ma applica una
determinata norma ai fatti della causa in forza di un atto di sussunzione. 

Ne deriva una sentenza, quella di civil law, in cui viene attribuito scarsissimo rilievo
ai fatti e di cui circola e si conosce talvolta la sola massima.

2. La pluralità di corti supreme, la loro articolazione in varie camere o sezioni, 



il numero di giudice che le compongono attribuisce ad esse e alle loro decisioni
un’autorità più diffusa.

3. Le corti supreme di civil law difettano poi di quel potere discrezionale che
consente alle corti supreme di common law di decidere poche decine di casi ogni
anno di concentrarsi soprattutto sul proprio ruolo nomofilattico.

4. L’autorità delle decisioni delle corti di civil law è attenuata dal fatto che i loro sono
giudici, all’apice della carriera e che hanno sviluppato capacità tecniche notevoli di
applicazione della norma piuttosto che di emanare pronunce policy oriented.

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3.10. IL RUOLO DELLA DOTTRINA


La dottrina ha avuto un ruolo preponderante nella formazione ed evoluzione della
tradizione di civil law. Tuttavia, il codice l’ha allontanata dalla produzione del diritto.
Essa conserva comunque un suo ruolo di protagonista della cultura giuridica di civil law
che, almeno indirettamente, continua a proporla come fonte di diritto:

1. La preparazione degli schemi concettuali necessari per un’opera di codificazione è


compito della dottrina

2. L’influenza della dottrina, in alcuni casi, è direttamente riconosciuta dal legislatore,


come nel caso dell’art. 1 ZGB.

3. Critiche diffuse della dottrina nei confronti di una norma giudizialmente prodotta
inducono spesso le corti a riesaminarla.

4. Una decisione che può fondarsi su una dottrina condivisa, infatti ha maggiori
possibilità di legittimarsi come precedente rispetto una decisione controcorrente.

5. Il genere letterario del commentario, costituisce, soprattutto in alcuni ordinamenti,


uno strumento di lavoro indispensabile per qualunque operatore del diritto.

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SEZIONE IV. I SISTEMI GIURIDICI 



DELL’EUROPA ORIENTALE.
4.1. L’EUROPA ORIENTALE: UNA AREA GEOGRAFICA 

O UNA FAMIGLIA GIURIDICA?
PREMESSA.

Uno dei caratteri della civil law è la presenza di momenti di rottura con il passato.
Questo vale anche per i paesi dell’Europa orientale, che vivono 3 momenti di frattura:

1. La dissoluzione dei grandi imperi dopo la Prima Guerra Mondiale;

2. La sovietizzazione, dopo la Seconda Guerra Mondiale;

3. Il crollo del sistema socialista alla fine degli anni ’80.

L’esperienza socialista introduce alcuni fattori unificanti che spingono i compartisti a


considerare l’Europa orientale una famiglia giuridica a sé.

SUDDIVISIONE INTERNA.

La definizione di Europa orientale deve essere intesa in senso lato, ossia comprensiva
di tutta l’area della Mitteleuropa: Europa centrale, a partire dall’Austria, fino agli Urali.

4.2. CENNI DI STORIA DEL DIRITTO


PREMESSA.

Le soluzioni di continuità hanno creato in questi paesi, molteplici strati nel diritto; il
sustrato è rappresentato dal sistema giuridico precedente al periodo socialista al quale
si ricollega il diritto attualmente vigente.

LE ORIGINI.

Occorre eseguire 2 distinzioni fondamentali:

A. Da un lato, è importante avere presente i territori inclusi nel Sacro Romano Impero,
Boemia, Moravia, Slovenia e alcune regioni polacche. 

Il diritto romano penetrò attraverso università, la più celebre è quella di Praga.

B. Dall’altro bisogna considerare il fattore religioso che ci induce a distinguere tra:

1. Paesi cristiani occidentali, cattolici o protestanti: diritto canonico e romano;

2. Paesi cristiani orientali, ortodossi,:diritto canonico delle varie Chiese ortodosse;

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LE PRIME CODIFICAZIONI.

Boemia, la Moravia e la Slovenia fino agli inizi del 1800 fanno parte del Sacro Romano
Impero, tutto ciò che vale per questo, vale anche per i corrispondenti territori, in cui era
applicato l’ABGB; utilizzato anche in Ungheria, fino al 1860.

L’eclettismo della codificazione est-europea

In Europa orientale si trovano sia esempi di imposizione sia esempi di imitazione


volontaria di codici stranieri. E possibile tripartire l’Europa orientale in:

A. Sistemi orientati verso il modello francese: Romania; Bulgaria;

B. Sistemi orientati verso il modello germanico: Repubblica Ceca; Ungheria etc.;

C. Sistemi compositi: Russia; Polonia.

La Scuola Pandettistica nell’Europa Centrale

I giuristi est-europei prestano maggiore attenzione alla dottrina occidentale, soprattutto


all’opera dei Pandettisti; a cui hanno contribuito i giuristi cechi, polacchi e ungheresi.

IL DIRITTO SOCIALISTA.

La Seconda Guerra Mondiale provoca una profonda spaccatura tra la parte occidentale
e quella orientale del continente; il secondo momento di rottura per i paesi orientali è la
sovietizzazione, che allontana questi paesi dalla famiglia di civil law. 

Nell’ideologia marxista-leninista, il socialismo è una fase transitoria verso il
comunismo, per questo la concezione socialista del diritto, si fonda su:

A. Il principio della legalità socialista, in virtù del quale i cittadini devono obbedire
alle leggi perché esse sono giuste, in quanto emanate da uno stato socialista.

B. Il principio dell’unitarietà del potere statale, in virtù del quale tutti e tre i poteri
sono affidati al soviet supremo, unico rappresentante del popolo sovrano.

Il diritto privato socialista

Secondo Lenin tutto il diritto è pubblico. In realtà, però, nel periodo socialista, il
diritto privato NON è scomparso, ma è stato inglobato dal diritto pubblico.

La sopravvivenza di alcune categorie giuridiche di civil law nel periodo socialista

Con la Rivoluzione Russa, viene formalmente abrogato tutto il diritto previgente.


Nonostante questo, resistono alcuni istituti di civil law.

I paesi satellite, questi non hanno mai seguito pienamente l’esempio sovietico di
abrogazione integrale, da un lato perché questi avevano una tradizione giuridica forte.

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4.3. L’EREDITÀ DEL SISTEMA SOCIALISTA. 



LE PECULIARITÀ DEI SISTEMI GIURIDICI EST-EUROPEI
PREMESSA.

Il crollo del sistema socialista fa riemergere la distinzione tra Europa centro-orientale


ed orientale in senso stretto.

LA TRANSIZIONE DEMOCRATICA.

La fine del regime deriva da diversi fattori, come: l’inefficienza economica, la perdita
della legittimazione ideologica, la mancata flessibilità del sistema.

È importante distinguere tra: Europa orientale in senso stretto, dove il socialismo è
stato instaurato in via rivoluzionaria, ed Europa centro-orientale, dove il regime è stato
imposto; i secondi avevano un migliore punto di partenza nella transizione democratica.

TRACCE DEL PERIODO SOCIALISTA NEL DIRITTO DEI PAESI EST-EUROPEI.

Le riforme del periodo di transizione hanno investito l’economia e la politica,


caratteristici del sistema socialista, utilizzando il diritto come strumento, e non come
oggetto della riforma. Anche se, permangono ancora impostazioni socialiste.

Tracce di forma

2 esempi possono essere tratti dall’ordinamento ungherese:

1. La struttura unicamerale del Parlamento;

2. Nella codificazione privatistica, prevale la tesi dell’unitarietà del diritto civile.

Tracce di diritto sostanziale

2 esempi tratti dall’ordinamento polacco:

• Nella procedura civile è retaggio il locus standi del pubblico ministero che può
iniziare un processo indipendentemente dalla volontà delle parti.

• Nel codice civile sono sopravvissute le clausole generali dei principi della
convivenza sociale e dello scopo socio-economico.

Tracce di una concezione socialista del diritto

È ancora più rilevante l’impronta di una concezione socialista del diritto nella mentalità
dei giuristi; si manifesta nei metodi di interpretazione applicati: l’ostilità nei confronti
dell’interpretazione teleologica, riconducibile alla natura dittatoriale del regime; il
metodo teleologico lascerebbe troppo spazio alla discrezionalità dell’interprete.

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4.4. LE FONTI DEL DIRITTO


LE COSTITUZIONI.

Anche nei paesi dell’Europa orientale, la Costituzione si pone al vertice della gerarchia.

Nelle varie costituzioni si possono notare tracce residue del modello sovietico,
tuttavia attualmente tutti i paesi hanno una costituzione di stampo democratico-liberale.

La giustizia costituzionale

Tutti i paesi ex socialisti hanno introdotto un sistema di controllo di costituzionalità delle


leggi, secondo un modello accentrato, ad eccezione dell’Estonia.

IL DIRITTO EUROPEO.

11 paesi sono parte dell’Unione Europea, e altri 12 ne sono rimasti fuori. Tutti i paesi,
tranne la Bielorussia, sono firmatari della CEDU e membri del Consiglio d’Europa.

LE LEGGI.

La legge assume lo stesso valore che negli altri paesi di civil law.

4.5. L’ORGANIZZAZIONE GIUDIZIARIA E IL RUOLO 



DELLA GIURISPRUDENZA
Il sistema di corti articolato su 3 gradi, di origine francese, si diffonde in tutta Europa,
compresa quella orientale. 

Durante l’epoca socialista, questa struttura diventa uno strumento di controllo del
potere giudiziario, con l’inserimento nelle corti di vertice di persone leali al partito.

La maggior parte delle corti di ultima istanza dell’Europa dell’Est segue il modello
tedesco di revisione, in cui la corte si presenta come un vero terzo grado di giudizio.

Il ruolo della giurisprudenza è diverso dai sistemi dell’Europa occidentale: era


presente una concezione statica e semplicistica del diritto. quindi non vi è quindi
una autorità persuasiva della giurisprudenza, come anche della dottrina.

4.6. IL RUOLO DELLA DOTTRINA


La dottrina storicamente ha avuto lo stesso ruolo che ha intrapreso anche nel resto dei
sistemi di civil law. Unico tratto di distinzione è il diffuso approccio positivista
presente nella dottrina est-europea, che si afferma anche grazie alla dottrina socialista,
il quale non riconosce ai giudici il potere di creare il diritto.

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CAPITOLO 4° LA TRADIZIONE 

GIURIDICA DEI PAESI NORDICI
BREVE RIASSUNTO. PUNTI PRINCIPALI.
1. PREMESSA
Per paesi Scandinavi o Nordici, si intendono: Svezia, Finlandia, Danimarca, Norvegia e
Islanda. Caratteristica peculiare è l’affermazione di un positivismo legislativo molto
marcato pur in assenza di codificazioni nel senso proprio: vi è una differente
ordinazione del materiale normativo; l’elevata continuità storica li avvicina
all’esperienza britannica.

2. LA SUDDIVISIONE INTERNA DELLA FAMIGLIA NORDICA E 



LA LINGUA COME ELEMENTO UNIFICANTE
La famiglia nordica può essere divisa in 2 sottoinsiemi:

1. Tradizione nordica orientale, trainata dalla Svezia, 



che ha influito sul diritto finlandese;

2. Tradizione nordica occidentale, trainata dalla Danimarca, 



che ha influito sul diritto norvegese ed islandese.

Il pluralismo linguistico non ha posto particolari ostacoli alla circolazione delle idee 

ed alla comunicazione tra giuristi.

3. LA PRECOCE AFFERMAZIONE DELLE FONTI LEGISLATIVE E 



LA LORO EVOLUZIONE
Il cemento culturale della tradizione giuridica è stato fornito dalla precoce affermazione
di fonti a carattere prevalentemente legislativo; i testi più antichi, del 1200, sono leggi
provinciali e quelli adottati dalle città, redatti nelle lingue nazionali e non in latino. 

Il successivo sviluppo vede la redazione di testi normativi unificati per ognuno dei
paesi nordici; resta comunque una normativa distinta per le campagne e per le città.
Spesso questi testi unificati hanno convissuto nella prassi con le leggi provinciali.

LA “CODIFICAZIONE MANCATA” IN SVEZIA.

Dopo il 1809 si avvia una breve stagione in cui appare possibile un rinnovamento del
paese, in un periodo di estrema francesizzazione. Nel 1826 è presentata una proposta
di legge civile generale, ma a causa del suo stampo troppo liberale, venne considerata
dalla Corte Suprema eccessivamente innovativa, parere che bloccò l’opera di riforma.

CSX Pagina 113 A.Carrassa & M.Boschi


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L’AVVIO DELLA COOPERAZIONE LEGISLATIVA NORDICA.

Il punto di svolta nella costruzione di una dottrina giuridica nordica è l’avvio degli
incontri nordici dei giuristi nel 1872: ogni 3 anni riunivano giuristi teorici e pratici per la
discussione di problemi di comune interesse.

La collaborazione proseguì senza la creazione di alcuna struttura ad hoc, né con la
formalizzazione di vincoli giuridici in trattati internazionali. Importanti sono le leggi in
materia di compravendita di beni mobili, di contratto promulgate tra il 1905 e il 1915.

La cooperazione resiste anche al secondo conflitto mondiale, toccando aree come la


responsabilità civile ed extracontrattuale. 

La tecnica utilizzata fu sempre quella del coordinamento del lavoro preparatorio.
L’ultima fase è stata in buona parte legata alla realizzazione di un particolare modello di
welfare state che ha reso gli ordinamenti nordici il laboratorio sociale dell’Europa.

4. LE PECULIARITÀ NORDICHE NELLA STRUTTURA



E NEI CARATTERI DELLA LEGISLAZIONE
LO STILE DELLE LEGGI.

La legislazione recente dei paesi nordici è normalmente una legislazione di elevata


qualità linguistica. 

Si riscontra il frequente uso di clausole generali o comunque di richiami a criteri di
valutazione abbastanza indefiniti, ad esempio i vari riferimenti alla ragionevolezza.

IL PESO DEI LAVORI PREPARATORI NEL SISTEMA DELLE FONTI.

Si osserva la tendenza a considerare i lavori preparatori come una fonte del diritto
pari ordinata alla legge in senso stretto; senza mai affermarne la vincolatività giuridica.

La forza dei lavori preparatori come “fonte occulta”: le ricadute sulla tecnica legislativa

La fedeltà delle corti alle indicazioni contenute nei lavori preparatori finiva per
consentire un doppio livello legislativo, potendo inserire una norma di dettaglio o nel
testo o nei lavori preparatori. Flessibilità molto utilizzata dai legislatori. 

Le clausole di ragionevolezza contenute negli articoli di una legge possono risultare
ingannevoli per l’osservatore straniero: l’ ampia discrezionalità è suscettibile di
trasformarsi in una norma casistica con la lettura dei lavori preparatori.

Il considerare i lavori preparatori come fonti di rango sostanzialmente legislativo andava


inquadrata in uno scenario peculiare, data la dimensione ridotta dei paesi nordici e delle
loro comunità di giuristi. Tuttavia oggi questa caratteristica comincia ad entrare in
crisi, per varie ragioni: da una scena politica molto più instabile all’accesso nell’UE.

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5. LA COSTITUZIONE NEL SISTEMA DELLE FONTI DEL DIRITTO:


PROSPETTIVE DI CAMBIAMENTO
Un fattore di cambiamento è dato dall’aumentata importanza del controllo giudiziario
di costituzionalità; tutti i paesi nordici hanno di costituzioni rigide, ma il controllo
giudiziario di costituzionalità sull’attività del legislatore è stato ad oggi poco incisivo:

1. In Svezia la norma poteva essere disapplicata solo in caso di vizio evidente; ed i


giudici sono sempre stati restii a farlo a causa del ruolo del Parlamento; 

ma nel 2011 si è verificato un rafforzamento del controllo di costituzionalità.

2. In Finlandia, infatti era presente una semplice commissione costituzionale che


esercitava il controllo in via preventiva ed astratta; dal 2000, le corti hanno acquisito
il potere di disapplicare le leggi manifestamente incostituzionali.

3. In Norvegia nella prassi sono le corti a disapplicare le leggi in contrasto con la


costituitone, senza necessità di una particolare “gradazione” del contrasto. 

Ciò accade anche in Danimarca, anche se quello di judicial review sembra 

rimanere un potere immanente.

LA TUTELA DEI DIRITTI FONDAMENTALI.

Nella tradizione nordica la costituzione è uno strumento di organizzazione del potere


politico, più che un baluardo a difesa delle libertà individuali:

1. In Svezia la protezione dei diritti umani è stata affidata in via primaria ai trattati
internazionali, a partire dalla CEDU ed ai i documenti costituzionali.

2. In Finlandia gli eventuali conflitti vengono risolti attraverso strumenti ermeneutici.

3. In Norvegia la legge stessa di incorporazione della CEDU prevede che in caso di


conflitto, debba prevalere la Convenzione.

4. In Danimarca la CEDU è poi stata incorporata nel 1992.

6. CORTI, GIUDICI E PROCESSO


L’istituzione di corti centrali avviene in epoca tarda, con l’istituzione della Corte
d’Appello di Stoccolma nel 1614 e con la Corte Suprema Danese nel 1661.

La giurisprudenza ha assunto un ruolo sempre più significativo. 

Tutte le corti supreme nordiche, sulla scia della common law, ammettono la presenza di
opinioni dissenzienti e hanno sviluppato sistemi di selezione dei casi; mentre il
reclutamento iniziale dei giudici è affidato alle stesse corti.

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CAPITOLO 5° INCONTRI DELLA


TRADIZIONE GIURIDICA OCCIDENTALE
SEZIONE I. L’INCONTRO CON L’AMERICA LATINA.
1.1. PREMESSA
I sistemi dell'America Latina vengono ascritti alla famiglia di civil law, nonostante
presentino elementi che hanno indotto a inquadrarli in una famiglia autonoma a causa
dell'influenza statunitense specie nell'area del diritto pubblico.

Inoltre va considerata la presenza del diritto autoctono accanto a quello occidentale; 



i detentori del potere, infatti, hanno sempre lasciato che le vicende della vita quotidiana
continuassero ad essere regolate da diritto indigeno di tipo consuetudinario.

1.2. LO SVILUPPO DI UN SISTEMA GIURIDICO LATINO - AMERICANO


L’INDIPENDENZA E LA CODIFICAZIONE.

La colonizzazione dell'America Latina si verificò nel corso del 1600; l’indipendenza


delle varie colonie si realizzò in un arco di tempo breve, grazie all'occupazione della
penisola da parte di Napoleone e all'esilio dei legittimi sovrani di Spagna e Portogallo.

In tutti i nuovi stati inizialmente l'indipendenza NON comportò una censura dal punto di
vista giuridico: rimase in vigore l'ordinamento anteriore costituito dal diritto della
madrepatria e da un corpus di disposizioni speciali dettate per le colonie.

I leader dei nuovi stati indipendenti presero subito in considerazione l'idea della
codificazione; processo che è possibile distinguere 3 fasi:

• La prima fase, successiva all'indipendenza, si caratterizza per l'adozione di codici


che sono la mera traduzione, del Code Civil, come ad esempio Bolivia e Costa Rica.

• La seconda fase, si caratterizza per il tentativo di riformulare in termini moderni il


diritto di epoca coloniale; si continua comunque ad attingere in misura significativa al
Code Civil e ad altre codificazioni europee: per il Codice peruviano e il Codice cileno.

• La terza fase, inizia intorno al 1860, con l’estensione a tutti gli stati dell’America
Latina: la maggior parte degli stati sudamericani adottarono, seppur con qualche
adattamento, il Codice cileno.

Il Codice messicano, invece, fu ampiamente influenzato dal diritto francese. 

Il Codice civile argentino attinse in misura significativa ai modelli preesistenti. 

Il progetto di Codice civile brasiliano, redatto dal famoso giurista Augusto Teixeira de
Freitas, risultava chiaramente influenzato dalla Pandettistica tedesca.

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LE TENDENZE DEL XX SECOLO.

I mutamenti sociali, politici ed economici del 1900 hanno reso necessari interventi di
aggiornamento dei codici civili latino-americani, in vari ordinamenti siglate esigenze
hanno portato proprio a nuovi codici; in questa fase un rilievo significativo lo ha
assunto la dottrina italiana, in virtù dell’affinità culturale e dell’essere sintesi delle
diverse tradizioni romanistiche.

Più rapida è stata invece l'obsolescenza dei codici di commercio, a tale fenomeno si è
associata la crescente influenza della common law, dovuta al predominio commerciale
dell'Inghilterra prima e degli Stati Uniti poi; concretizzatasi in buona sostanza
nell’importazione di modelli statunitensi.

Un particolare veicolo di questa importazione è stata anche la spinta verso


l'armonizzazione e l'unificazione del diritto di tutto il continente americano. 

Il panamericanismo, ossia la politica di cooperazione a livello continentale sotto
l'egemonia degli USA ha incontrato resistenza e gli si è contrapposto l'ibero-
americanismo, l'ideale di un'unificazione del diritto della sola America latina.

1.3. IL COSTITUZIONALISMO IN AMERICA LATINA 



TRA TEORIA E PRASSI
IL PERIODO SUCCESSIVO ALLE GUERRE DI INDIPENDENZA.

Con l'indipendenza i nuovi stati avviano la stesura di carte costituzionali ispirandosi ai


modelli francese e statunitense. Le prime Costituzioni regolano il funzionamento
della forma di governo e accolgono l'idea di tripartizione del potere statale

Le prime forme di giustizia costituzionale risentono della cultura giacobina e dell’idea


del Parlamento organo sovrano, fissando un controllo di tipo politico, accogliendo
forme di controllo giurisdizionale solo intorno al 1850.

IL COSTITUZIONALISMO DEL XX SECOLO E 



LA COSTITUZIONE MESSICANA DEL 1917.

In paesi non ancora consolidati sotto il profilo politico istituzionale l'adozione di carte
costituzionali sul modello statunitense o europeo non ha di fatto contribuito in modo
significativo alla stabilità politica, economica e sociale dell'America Latina.

A partire dalla metà degli anni ’80 de secolo scorso, quasi tutti gli ordinamenti
conoscono fasi di transizione costituzionale ma nonostante, quindi, la fine dei regimi
dittatoriali, rimane ancora viva la percezione di un profondo divario tra quanto sancito
sulla carta e quanto realizzato nella prassi applicativa.

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L'esempio di chiaro in proposito è la Costituzione messicana del 1917, punto di arrivo
di una lunga e sanguinosa guerra civile; 136 articoli di chiara impronta progressista:

A. Si riconoscono numerosi diritti al riconoscimento di diritti; MA nonostante


l’ampliamento del catalogo delle libertà proclamate, in un secondo tristemente si
verifica la loro continua violazione.

B. L'organizzazione è di tipo federale, con una forma di governo presidenziale e con un


sistema di pesi e contrappesi; MA il potere attribuito al Presidente e all'Esecutivo
risulta molto più forte: ha prerogative in teoria appartenenti al legislativo, gli
strumenti dell’emendamento costituzionale e la disciplina dello stato di emergenza.

LE NUOVE TENDENZE DEL COSTITUZIONALISMO.

I sistemi giuridici latino-americani dedicano una particolare attenzione alle garanzie


processuali di tutela dei diritti fondamentali e alla giustizia costituzionale.

Un esempio è dato dal recurso de amparo: amparar significa difendere, in particolare i


diritti di libertà dell’individuo verso lo Stato. Il juicio de amparo consente al singolo
illegittimamente leso in un diritto costituzionale ad opera di un atto del pubblico potere
di ottenere riparazione dinnanzi al giudice ordinario o costituzionale. 

A partire dalla sua incorporazione nella Convenzione Americana sui Diritti dell’Uomo,
ha assunto una dimensione internazionale.

1.4. CORTI, GIUDICI E PROCESSO


Ne deriva in questi ordinamenti un sistema processuale efficiente e un potere
giudiziario indipendente da ogni altro potere; tant’è che la quasi totalità degli
ordinamenti latino-americani riconosce ai giudici garanzie ed immunità costituzionali.

Solo alcuni ordinamenti possiedono una Corte costituzionale; altri attribuiscono le


funzione ad essa proprie ad una Sala Constitucional interna alla Corte Suprema; 

altri ancora vedono la presenza di una Corte Suprema senza alcuna distinzione.

Per quanto concerne le procedure di nomina dei giudici superiori. Negli ordinamenti
a maggiore influenza statunitense, i giudici della Corte Suprema sono nominati dal
Presidente con l'approvazione del Senato; altri sistemi vedono invece un maggior
coinvolgimento dell'Assemblea legislativa o dello stesso giudiziario; un numero
importanti di Paesi accoglie, infine, sistemi di nomina misti.

Per quanto concerne infine il diritto processuale, il modello diffuso in tutti i Paesi
dell'area, sia in campo civile sia in campo penale, è quello di civil law, nonostante, sia
stata forte l'influenza degli Stati Uniti.

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SEZIONE II. L’INCONTRO CON LA CINA.


2.1. IL DIRITTO CINESE NELLA SUA VERSIONE AUTOCTONA
L’IMPERO CELESTE E L’IDEOLOGIA CONFUCIANA.

Nel II secolo a.C., si viene a creare uno stato unitario, che perdura fino al 1911.

A partire dal 206 a.C. l’impero cinese fonda il proprio sistema istituzionale su 2 scuole:

A. La scuola legista; si basa sulla convinzione che l’uomo sia malvagio e che 

siano necessarie severe leggi scritte, richiama quindi la certezza del diritto e 

l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge.

B. La scuola confuciana; diviene presto ideologia di stato. 



Tende a riprodurre l’Ordine naturale delle cose all’interno del quale è necessario il
rispetto del principio gerarchico e del principio di differenziazione. 

Identifica l’armonia nazionale come una condizione di pace e di equilibrio nei
rapporti interpersonali e nei rapporti tra individuo e società; la legge è un male
necessario, volto alla repressione dei comportamenti contrari all’ordine naturale.

L’impero cinese vive nella sua versione autoctona prima dell’arrivo delle potenze
occidentali; che all’arrivo si scontrano con un mondo permeato di cultura confuciana.

2.2. L’INCONTRO CON LE POTENZE OCCIDENTALI


LE GUERRE DELL’OPPIO E I PATTI DISEGUALI.

Con le guerre dell’oppio inizia la storia della Cina moderna; nel 1842 la Cina esce
sconfitta dal conflitto e l’Inghilterra la obbliga a firmare il primo di una serie di trattati
c.d. ineguali al fine di imporre il suo dominio economico.

Sono degne di nota le clausole di extraterritorialità, in cui si prevede si prevede che in


tutti i procedimenti giudiziari in cui è coinvolto il cittadino di un paese straniero, la
vertenza debba risolversi davanti al tribunale consolare secondo regole straniere.

IL DECLINO DELL’IMPERO E LE PRIME TRACCE 



DELLA TRADIZIONE GIURIDICA OCCIDENTALE.

Shen Jiaben nel 1902 fu incaricato di riconsiderare e revisionare le norme in vigore


nell’ordinamento cinese.

Viene quindi istituita una commissione per la codificazione il cui progetto finale del
1911, si ispira principalmente al BGB. Inoltre nel 1906 l’impero promulga un editto sulla
preparazione di una costituzione basata sull’osservazione dei maggiori modelli stranieri.

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IL PARTITO NAZIONALISTA, I SEI CODICI E L’INFLUENZA DEL DIRITTO TEDESCO.

Dal 1927 al 1949 il Partito Nazionalista cinese, dopo aver riunificato la Cina, è l’unico
al governo e percepisce un senso di inadeguatezza del diritto cinese tradizionale. 

Inizia quindi una nuova fase di codificazione stimolata dal confronto con la legislazione
delle potenze coloniali.

Ne derivano dal 1928 al 1935 i Sei codici: una legge costituzionale, un codice civile ed
uno penale con i relativi codici di procedura e nella legge sull’organizzazione giudiziaria;
i quali si ispirano principalmente al diritto tedesco filtrato dal diritto giapponese.

La loro reale applicazione è molto discussa in considerazione della effettività delle
disposizioni in materia di famiglia, successioni ed obbligazioni che costituiscono un
insieme di norme estranee alla tradizione giuridica cinese. 

Tali codici, rimangono in vigore solo fino al 1949.

2.3. LA MOMENTANEA INTERRUZIONE DEL “VIAGGIO” 



DI CIVIL LAW E COMMON LAW
LE FASI SOCIALISE-MAOISTE E IL NICHILISMO GIURIDICO.

A causa del diverso impatto delle nuove leggi fra le città e le campagne, il territorio si
frammento e il Partito comunista controlla alcune zone in base ad un modello diverso di
organizzazione della società segnata dall’imitazione dell’esempio russo-sovietico.

L’ideologia rivoluzionaria guidata da Mao Zedong, che prende il potere nel 1949, data
della fondazione della Repubblica Popolare Cinese, è ostile ai sei codici stranieri.

Il Partito comunista che ricusa il principio della separazione dei poteri: l’organo
supremo è l’Assemblea Nazionale del Popolo, che è determinante anche nella nomina
delle più alte cariche dello Stato. Tutti i tribunali e le facoltà giuridiche vengono chiuse;
l’annientamento della tradizione giuridica continuerà fino alla morte di Mao, nel 1976.

2.4. IL RINNOVATO INTERESSE PER IL DIRITTO OCCIDENTALE


LA RIFORMA GIURIDICA COINVOLGE TUTTO L’ORDINAMENTO CINESE.

Deng Xiaoping nuovo leader del Partito, approccia il diritto come strumento per il
raggiungimento degli obiettivi del Partito.

LA COSTITUZIONE DEL 1982 E LA “GIUSTIZIA COSTITUZIONALE” CINESE.

La costituzione del 1982 segna un distacco rispetto alle costituzioni socialiste: 



è la principale fonte del diritto; garantita da una “supervisione costituzionale”
esercitare dalle stessa Assemblea Nazionale Popolare tramite una procura.

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L’INFLUENZA DELL’OCCIDENTE SULLA COSTITUZIONE.

La costituzione è stata emendata solo quattro volte: la prima nel 1988, lo Stato
ammette l’esistenza del settore privato dell’economia; viene protetto il diritto d’uso
sulla terra; l’ultima nel 2004 si rafforza la garanzia della proprietà privata e si afferma
che lo Stato rispetta e protegge i diritti umani.

L’INFLUENZA DELL’OCCIDENTE SUL DIRITTO E LA PROCEDURA CIVILE.

La riforma tocca tendenzialmente tutti i settori del diritto in una continua commistione
di elementi di civil law e di common law. 

Per il momento, nell’attesa di un codice civile unitario, il diritto privato è regolare dalla
legge fondamentale del 1986 sui Principi generali di diritto civile.

L’AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA.

L’ordinamento giudiziario è composto da corti ordinarie, localmente organizzate in


modo gerarchico, costituite dalle Assemblee popolari presenti ai vari livelli
amministrativi, e da corti speciali. 

Al vertice della piramide giudiziaria vi è la Corte Suprema del Popolo, al di sotto della
quale vi sono altri tre livelli: corti superiori, corti intermedie e corti di base.

La giurisprudenza non è fonte del diritto, ma uno dei principali poteri della Corte
suprema è quello di interpretare le leggi emettendo pareri, chiarimenti o normative di
attuazione, fonti del diritto de facto.

Nel 2011, è entrato in atto il c.d. Meccanismo dei casi guida. 



Consiste nella selezione di casi di particolare importanza idonea a guidare le future
decisioni dei giudici nella risoluzione di casi simili. 

Tale meccanismo si distanzia dalla dottrina del precedente vincolante: i casi hanno
mera forza persuasiva.

Grande importanza continua ad avere la conciliazione amministrata esercitata dai


comitati popolari dislocati nei quartieri e nei villaggi, nonché quella informale che trova
applicazione nei nuclei sociali di base anch’essa di matrice confuciana e ancora diffusa
nelle molteplici zone rurali.

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SEZIONE III. L’INCONTRO CON IL GIAPPONE.


3.1. IL PRIMO INCONTRO: LA CINA
Nel V secolo d.C. il Giappone adottò insieme alla scrittura cinese, alla religione
buddista e a molta parte della filosofia confuciana, anche i principi giuridici che in
questa trovavano accoglienza, come la diffidenza nei confronti della legge e la gerarchia
della società e del diritto.

La casta dei militari e dello shogun assume gradualmente il controllo effettivo del
paese e produce diritto; l’affermazione definitiva avvenne quando Tokugawa Ieyasu
completò il processo di unificazione nazionale: la sua dinastia si distinse per l’adozione
del confucianesimo come ideologia ufficiale.

3.2. L’APERTURA AI MODELLI OCCIDENTALI E 



L’INCONTRO CON LA CIVIL LAW
La dinastia si dimostrò inadeguata a far fronte alle esigenze durante il 1800: da un lato
lo sviluppo dell’economia, dall’altro l’isolazionismo politico, che a metà ottocento,
costrinsero il Giappone all’apertura delle frontiere e alla firma dei trattati ineguali.

Lo sdoganato crollò nel 1868, segnando il ripristino dell’autorità imperiale, in


particolare dell’Imperatore Mutsuhito, Meiji, il quale iniziò un periodo di riforme
rivolgendosi a modelli occidentali, di civil law., soprattuto quello tedesco:

A. Codice civile del 1898, basato principalmente sul BGB.

B. Costituzione ottriata del 1889, basato sul il modello prussiano.

3.3 IL SECONDO DOPOGUERRA E L’INFLUENZA STATUNITENSE


L’ultima fase di sviluppo è segnata dalla fine della seconda guerra mondiale. 

Massiccia è l’influenza degli USA, manifestatasi anche nella costituzione del 1947:

A. rigida, che accoglie il principio della separazione dei poteri, 



il potere legislativo è affidato ad una Dieta bicamerale elettiva, l’esecutivo al
Governo, legato alla Dieta da un rapporto di fiducia, il potere giudiziario ad una
magistratura teoricamente indipendente.

B. Rinuncia alla guerra, introduce il principio di laicità dello Stato e sancisce la


protezione dei diritti fondamentali dei cittadini.

C. Si introduce inoltre un controllo diffuso di costituzionalità delle leggi, affidato in


ultima analisi ad una Corte Suprema.

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L’AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA.

Per secoli, il regime feudale giapponese ha praticamente bandito come immorale la


professione dell’avvocato. La legittimazione è avvenuta in epoca Meiji, solo dal 1980
gli avvocati vedono aumentare il proprio prestigio sociale ed economico.

Per quanto riguarda i giudici, la loro indipendenza è garantita in modo enfatico dalla
costituzione, che proclama la loro soggezione solo alla costituzione e alle leggi.

Particolarmente penetrante è stata l’influenza del diritto nord-americano sul processo


civile e penale.

L’influenza americana ha portato all’adozione di un nuovo codice penale nel 1996: 



il legislatore è intervenuto per rendere il processo più avversiario, abolendo il potere di
assumere prove d’ufficio, introducendo l’istituto della cross-examination e forme di
Discovery anche nei confronti dei terzi e anche prima dell’instaurazione del giudizio.

Tradizionalmente in Giappone: Il processo davanti a un giudice è considerato un’ultima


ed eccezionale istanza, sì da legittimare l’affermazione secondo la quale è il processo
che può essere definito alternativo alla mediazione, e non viceversa.

Durante lo shongunato, il “principio della transizione” era una della caratteristiche


principali del sistema processuale. Nel 1922 fu istituito un procedimento speciale di
mediazione presso le corti civili chiamato Chotei, formato da un giudice e 2
conciliatori. Se le parti raggiungono una soluzione, questa avrà valore di sentenza.

Il Chotei è tuttora la via più utilizzata, data la poca flessibilità e l’incompletezza del
diritto positivo, data la breve durata e i costi decisamente minori.

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SEZIONE IV. L’INCONTRO CON L’INDIA.


4.1. PREMESSA
L'incontro fra la tradizione giuridica occidentale e quella indù avvenne a seguito della
dominazione britannica nel subcontinente indiano, durante la quale venne introdotta la
common law inglese a scapito del diritto indigeno.

4.2. IL DIRITTO TRADIZIONALE PERSONALE INDÙ


Viene sostenuto che il diritto indù sia il più antico sistema di diritto esistente al mondo:
vero se si tiene presente che già i Veda possono essere ritenuti testi da cui discendono
regole di comportamento sociale.

Secondo questi la società è stata organizzata in base a categorie sociali, cui il singolo
apparteneva dalla nascita. Alle diverse categorie corrispondeva un diverso dharma,
codice di comportamento.

I primi scritti relativi portano il nome di dharmastrata, sono circa 100 e formano un
precetto unico; le si possono ritrovare nelle diverse consuetudini che venivano
rispettate dagli indù nelle relazioni sociali e nel campo religioso. Il dharma non è una
legge immutabile ma, al contrario, si dimostra sensibile all'evoluzione della società.

4.3. LA DOMINAZIONE BRITANNICA, LA DEFORMAZIONE DEL


DIRITTO INDÙ E LA COSTITUZIONE DI UN DIRITTO TERRITORIALE
La storia del diritto inglese in India ha avuto inizio nel 1600 con la nascita della
Compagnia delle Indie, che ebbe totale giurisdizione sui sudditi inglesi presenti nei
suoi insediamenti, a partire dalla Charter del 1661. 

Nel 1772 il governatore Hastings dispose che le corti avrebbero dovuto seguire il diritto
indù o musulmano in materia di successioni, matrimoni, mentre nelle altre avrebbero
dovuto decidere secondo i principles of justice, equity, and good coscience.

Durante il periodo musulmano, dal 1200 al 1800, il diritto islamico sostituì il diritto indù
quale diritto ufficiale; l’altro tuttavia, rimase in vigore in materia di persone e il
contenzioso tra indù continuò ad essere regolato dai notabili del villaggio o della casta.

Successivamente il nuovo diritto di ispirazione inglese, applicabile a tutti gli abitanti


dell'India senza distinzione, si impose come diritto territoriale.

I britannici insediarono dei giudici metropolitani. Tuttavia, l'operato di questi ultimi portò
ad una distorsione del diritto indù: il giudice inglese credette erroneamente che i

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dharmasastra contenessero il diritto positivo indiano e si sforzò di trovare in tali testi la
regola di diritto applicabile alla controversia concreta.

Il diritto indù aveva disciplinato in modo preciso la famiglia, la casta, la terra e la


successioni; il resto fu soppiantato da una Anglo-Indu law, la quale sviluppò una
case-law che venne applicato dai tribunali indiani.

Con il tempo un numero sempre maggiore di decisioni giudiziarie, opera dei giudici
inglesi dei tribunali indiani, venne pubblicato. Si cessò così la redazione di raccolte di
diritto personale e cominciarono a diffondersi raccolte di giurisprudenza.

4.4. L’INFLUENZA IN INDIA DELLE IDEE DI BENTHAM: L’EPOCA


DELLE CODIFICAZIONI
Con il Charter Act del 1833 si aprì il periodo della codificazione grazie alla diffusione nel
subcontinente delle idee di Jeremy Bentham; la codificazione apparve lo strumento
migliore per trapiantare ed abolire le istituzioni della civiltà indiana.

Tra il 1859 e il 1861 entrarono in vigore il codice di procedura civile, il codice penale e il
codice di procedura penale. I riformatori britannici, ma guardarono anche ad altre
esperienze giuridiche.

4.5. L’INDIPENDENZA E IL DIRITTO VIGENTE: 



ANCORA TRACCE DELLA TRADIZIONE GIURIDICA OCCIDENTALE
L'indipendenza dell'India, raggiunta nel 1947, NON ha significato una rimessa in
discussione delle concezioni radicatesi al tempo della dominazione britannica, né ha
messo in pericolo l'opera di legislazione compiuta fino a quella data.

La nuova Costituzione del 1950 ha sovrapposto al diritto vigente al momento


dell'indipendenza, un testo di 395 articoli. Essa è il risultato di un'importante
comparazione giuridica: la parte iniziale della Costituzione, in cui vengono sanciti i
diritti e le libertà fondamentali, è di ispirazione americana; la parte relativa alla struttura
federale è ispirata al modello canadese e australiano.

A partire dall’indipendenza, si è registrato un aumento dell’influenza della cultura
giuridica americana: ad oggi l’India è una Unione federale di 28 Stati; al vertice del
potere giudiziario, la Corte Suprema, fa frequente il ricorso al diritto comparato.

Tratto tipico dell'ordinamento indiano è relativo al ruolo del giudice, il quale crea norme
giuridiche se il legislatore è carente; questo può funzionare grazie all’art.141 della
costituzione, che impone la regola del precedente.

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SEZIONE V. L’INCONTRO CON I PAESI ISLAMICI.


5.1. PREMESSA
LE APERTURE DEL DIRITTO ISLAMICO AL DIRITTO STRANIERO.

Il diritto islamico, pur confessionale, personale, extrastatuale e apparentemente


immutabile, NON è mai stato completamente impermeabile alle influenze esterne. 

Due sono stati in particolare i momenti di maggior apertura del diritto islamico verso
elementi di diritto stranieri: i primi due secoli della sua formazione, dal 600 all’800, e il
periodo pre e post coloniale, 1800 e 1900. La trasformazione del diritto islamico fu
causata dall'incontro modelli francese e inglese, soprattutto il primo.

Nel periodo post-coloniale l'influenza occidentale ha avuto alla sua base la contrastata
dialettica tra šarīa e siyāsa šar'iyya; la prima è la legge rivelata da Dio e rivolta ai
musulmani per regolare la dimensione interiore della loro vita; la seconda è invece il
diritto emanato dal potere politico.

QUALE “MONDO MUSULMANO”?

Le 4 fonti del diritto islamico sono:

1. il Corano: libro delle rivelazioni del Profeta Maometto;

2. La sunna: consuetudine rinvenibile nei racconti sul comportamento del Profeta;

3. L’ijma: accordo della Comunità sulle questioni concernenti la šarīa;

4. Il qiyàs: procedimento analogico.

Le espressioni paesi islamici, paesi arabi e paesi del Medio Oriente sono locuzioni
NON coincidenti tra loro:

A. Per paesi arabi intendiamo tutti i paesi la cui lingua ufficiale è l’arabo;

B. Per paesi islamici intendiamo tutti i paesi la cui religione ufficiale è musulmana;

C. Per paesi del Medio Oriente intendiamo tutti quei paesi (sia arabi che non e sia
musulmani che non), compresi in una regione che va dalla penisola araba all'India.

5.2. LE TRACCE DI CIVIL LAW NEI PAESI ISLAMICI


TAPPE DELLE TRASFORMAZIONI DEL DIRITTO ISLAMICO NEL DIRITTO PRIVATO.

Il primo incontro del diritto europeo con quello islamico riguardò il diritto commerciale e
penale nel corso del 1800 secolo nell'Impero ottomano attraverso il regime delle
Capitolazioni, sistema con cui i francesi assicuravano ai propri cittadini residenti nel

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Medio Oriente la possibilità di essere amministrati dalle loro leggi; che crebbe nel
momento in cui cominciano ad essere applicate nei rapporti tra europei e musulmani.

Non solo fu recepita l’idea di codice e ripreso lo schema introdotto da Napoleone, ma
furono recepiti direttamente numerosi istituti e norme di origine occidentale, soprattutto
francese. Questa fase fu denominata periodo delle riforme benefiche o Tanzimat.

I tre modelli nel diritto privato

Sono stati identificati 3 modelli, differenti per la diversa influenza occidentale:

1. Modello ottomano: più antico e si caratterizzò per l'imitazione del modello


francese, sia nella scelta di duplicazione delle fonti del diritto privato, sia per l'opera
di consolidazione delle norme in materia di obbligazioni e contratti;

2. Modello maghrebino: si distinse dagli altri per aver preso in considerazione solo la
disciplina delle obbligazioni e dei contratti; nacque così il Code Santillana.

3. Modello egiziano: si caratterizzò, come il modello ottomano, per l'iniziale


codificazione bipartita diritto commerciale e diritto civile.

Il diritto di famiglia

Nonostante la sua origine divina anche il diritto islamico di famiglia ha nel tempo subito
numerose modificazioni NON derivanti dall'influenza diretta dei modelli europei.

A partire dal secondo dopoguerra anche i paesi del Maghreb intrapresero la
codificazione del diritto di famiglia:

1. Tunisia: una prima Commissione tentò la codificazione del diritto di famiglia già
durante il protettorato francese nel 1947; tuttavia, l'opera si ebbe solo a seguito
dell'indipendenza del 1956;

2. Marocco: raggiunta l'indipendenza, questo Stato si dotò di un Codice dello Statuto


personale, emanato a tappe tra il 1957 e il 1958. Nel 1993 è stato introdotto il
consenso della donna per contrarre il matrimonio;

3. Algeria: con la legge della famiglia del 1984 regolò il matrimonio, il divorzio, la tutela
e l'assistenza, le successioni legittime e la donazione;

4. Egitto: mancò un'opera di codificazione del diritto di famiglia; vennero


semplicemente adottati numerosi testi che modificarono profondamente la šarīa.

IL RUOLO DEI MODELLI EUROPEI NELLO SVILUPPO 



DEL DIRITTO COSTITUZIONALE.

Tra gli elementi caratterizzanti il diritto islamico, quello dell'extraterritorialità e quello


della religiosità hanno inciso particolarmente sul costituzionalismo.

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L'extraterritorialità del diritto, ha influito sul costituzionalismo inteso come apparato di
norme superiori emanate da un'autorità statuale, non avendo favorito la nascita del
concetto di nazione, che è estraneo al diritto islamico; inoltre incide sullo stato di diritto,
esclude ad esempio uno dei suoi corollari, ossia quello della separazione dei poteri.

Le tappe del processo di trasformazione politico istituzionale

Il processo di trasformazione delle istituzioni costituzionali dei paesi arabi ha 



2 fasi principali:

1. La prima va dal 1900 al 1980 ed è caratterizzata dall'adozione di modelli di


democrazia europei. Ma seguito delle varie indipendenze conquistate vennero
progressivamente erosi i principi occidentali recepiti, si parla infatti di 

“costituzioni in un mondo non costituzionale”;

2. Nel 1990 il rifiuto graduale di modelli occidentali raggiunse il suo culmine nella fase
detta “revivalismo islamico”.

Le tracce di civil law nell’organizzazione giudiziaria

Anche l'organizzazione giudiziaria dei paesi arabo-musulmani nel corso del 1800 ha
subito radicali cambiamenti, influenzati dai modelli occidentali, soprattutto nella
struttura delle Corti e nel ruolo del giudice.

Nell’Islam classico il giudice rivestiva il ruolo di qadì, giudice monocratico, di sesso


maschile, con giurisdizione esclusiva sui musulmani; dopo l'influenza occidentale il qadì
divenne organo collegiale: nacquero al suo posto le giurisdizioni d'Appello.

Le riforme del 1800 condussero all'unificazione del sistema sulla divisione francese del
sistema giudiziario in tribunali di prima istanza, Corti d'Appello e Corte di Cassazione
sul modello francese. Le corti sono competenti in materia civile, penale, e commerciale.
Esistono tribunali amministrativi e un controllo accentrato di costituzionalità delle leggi.

Il controllo di costituzionalità delle leggi

Il controllo di costituzionalità delle leggi nel mondo islamico si è sviluppato


gradualmente, contemporaneamente all'affermarsi di quello europeo (1970 circa);
tuttavia non svolge oggi un ruolo significativo pur essendo previsto nella maggior parte
dei paesi. Il controllo accentrato è stato adottato ispirandosi dal modello francese.

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5.3. LE TRACCE DI COMMON LAW NEL DIRITTO ISLAMICO:



L’ESEMPIO DELL’INDIA, IL DIRITTO “ANGLO-MAOMETTANO”
La common law riuscì ad affermarsi in particolar modo in India, combinandosi in modo
originale con il diritto islamico, tanto da creare un sistema giuridico indipendente
denominato diritto anglo-maomettano.

Alcuni compartisti hanno sottolineato come le politiche coloniali inglesi tendenti a


preservare il sistema giuridico precedente, furono influenzate a loro volta da quelle
islamiche: che lasciarono ai non musulmani libertà di restare fedeli alle proprie leggi.

IL DIRITTO APPLICABILE: IL DIRITTO “ANGLO-MAOMETTIANO”.

Simmetricamente a quanto verificatosi per il diritto indù, il sistema giurisdizionale creato


dal piano Hastings del 1772 comportò l’applicazione agli indigeni di religione
Maomettana delle norme islamiche.

Si venne così a creare un diritto Anglo-Maomettano che vide le forme giurisdizionali


inglesi utilizzate da giudici inglesi per applicare norme islamiche conosciute attraverso il
sostegno dei native law officers, maulavis.

LE TRACCE DI COMMON LAW.

La composizione delle corti che dovevano applicare le norme coraniche non solo favorì
in india una maggiore influenza della common law e dell’equità, ma comportò anche la
conseguenza della formazione di un sistema di corti unificato.

Tra i segni dell'incontro del sistema inglese e di quello islamico vi è l'applicazione della
teoria del precedente da parte delle Corti indiane; portò inoltre alla recezione dell'idea
di codificazione del diritto.

I SUNNITI.

I Sunniti si presentano come i depositari dell'ortodossia islamica, perché sono rimasti


fedeli alla "tradizione” del Profeta. Si oppongono, con maggiore o minore violenza, a
tutte le "dissidenze" dell'ISLAM. Costituiscono la maggioranza dei musulmani.

GLI SCIITI.

Alla morte del Profeta Maometto, un gruppo di musulmani si radunò intorno ad Ali,
ritenendo che il Califfato e l'Imamato gli spettassero di diritto, in ragione del suo grado
di parentela con il Profeta; poi si sono divisi in diverse sette a seconda degli Imam.

La maggior parte degli sciiti si trova oggi in Iran.

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