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L'unione europea può essere inclusa tra le organizzazioni internazionali ma è un tipo molto
particolare con le proprie caratteristiche. Alcuni autori affermano che la comunità europea crea
dei propri modelli di organizzazione internazionale definiti modello originale. L'unione europea
deve essere concepita come modello in costante evoluzione. Il processo di integrazione europea
nasce all'indomani della fine della Seconda guerra mondiale. Inizialmente era basato su strumenti
economici e solo più di recente divenuti politico strategici. L'idea di unire i paesi nasce prima della
Seconda guerra mondiale intorno al 1930 quando il ministro degli Esteri francese Briand presenta
un progetto di Unione federale degli Stati, ma queste idee rimasero tali solo a livello teorico.
Vincitori della Seconda guerra mondiale possono considerarsi gli Stati Uniti insieme alla Gran
Bretagna mentre la reale sconfitta e la Germania. L'idea era quella di evitare di umiliare
nuovamente il paese sconfitto e per attuare ciò vennero in soccorso dell’Europa gli Stati Uniti con
il cosiddetto Piano Marshall. Esso comprendeva una serie di aiuti per la ricostruzione, tuttavia,
però più che per l'Europa gli americani fecero un favore a sé stessi portando in Europa il
capitalismo di stampo americano. Ma uno degli aspetti che fu più spinto degli americani fu quello
che i paesi europei dovessero unirsi tra di loro. Tra la fine della Seconda guerra mondiale e l'inizio
della guerra fredda nascono in Europa una serie di organizzazioni europee come l'organizzazione
per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), il Consiglio d'Europa, l'unione dell’Europa
occidentale, la NATO e il COMECON. Per inglobare la Germania nei paesi europei bisognava unire
più stabilmente questi paesi, alla fine degli anni 40 si fronteggiarono tre opinioni sulle quali doveva
fondarsi l'idea di questa Unione. La posizione con-federalista era quella del generale De Gaulle
Secondo cui gli Stati europei dovevano unirsi in una Confederazione tra Stati che lasciasse
invariata la sovranità nazionale. Si utilizzava l'espressione Europa delle nazioni. La posizione
federalista avanzata da Altiero Spinelli con il manifesto di Ventotene del 1941 con l'idea che per la
pace i popoli dovessero rinunciare la loro sovranità e creare una nuova entità, una Federazione
europea che fosse indipendente senza passare per lo stato nazionale. La posizione funzionalista
basata sull'idea che il processo di integrazione europea dovesse farsi in piccole tappe e che gli Stati
dovessero cominciare a cooperare su attività prevalentemente economiche, per questo si parla di
funzionalismo economico. Questa idea prese piede il 9 maggio 1950 con la dichiarazione di
Schumann avanzata dalla Francia ed elaborata da Monnet. È considerata come l'atto di nascita del
processo di integrazione europeo. Era una proposta che la Francia faceva la Germania ma che era
aperta a tutti gli Stati e sanciva come obiettivo finale dell'integrazione l'evitare che tra gli Stati
europei potesse scoppiare un'altra guerra dopo la Seconda guerra mondiale. Il secondo elemento
che emerge è il fatto che il processo di integrazione europeo è un processo che va a piccoli passi e
in modo concreto sui singoli settori.
Nel 1950 si sceglie come settore per attuare la dichiarazione quello siderurgico che porterà alla
nascita della Comunità europea del carbone e dell'acciaio (CECA) . La Francia, infatti, propose alla
Germania di porre le risorse siderurgiche di entrambi i paesi sotto il controllo di un'autorità
sovranazionale che avrebbe gestito la produzione, evitando così il riarmo tedesco. La dichiarazione
venne estesa a tutti i paesi che vollero aderire e oltre alla Germania accettarono Belgio, Olanda e
Lussemburgo e l'Italia. La CECA entra in vigore nel 1952. Nasce così la base dell'organizzazione
sovranazionale in cui le istituzioni gestiscono la sovranità nazionale al posto degli Stati. Questa
sovranazionalità riguardava da un lato l'esistenza di organi indipendenti dagli Stati i cui membri
erano nominati dagli Stati ma non erano rappresentanti, dall'altro la possibilità di emanare norme
giuridiche non solo vincolanti per gli Stati ma vincolanti all'interno degli Stati. Erano norme che
creavano diritti e obblighi direttamente per i cittadini degli Stati membri, diventando così una
fonte normativa al di sopra delle leggi statali. Il successo della CECA porto a iniziare a negoziare nel
1952 la Comunità Europea Difesa (CED). Era sostanzialmente una comunità che riproduceva la
CECA ma in ambito militare al fine di creare un esercito europeo. Tuttavia, il fatto è che fossero
passati poco meno di 10 anni dalla fine della seconda guerra mondiale e alcuni stati erano
impegnati in guerre, essa fa si che non entrò mai in vigore. Nel 1955 si aprì a Messina la
conferenza che avrebbe portato alla nascita della Comunità Economica Europea (CEE) e della
Comunità Europea dell'energia atomica (EURATOM). Quest'ultima esiste ancora e ha come
oggetto l'energia atomica poiché all'epoca si riteneva che la risorsa energetica del futuro sarebbe
stata la nucleare. Oggi ha cambiato la propria attività verso la ricerca di centrali nucleare che non
siano né inquinanti né pericolose. La grande evoluzione fu la CEE che aveva un carattere
rigorosamente economico, essa garantiva le quattro libertà di circolazione delle merci,
circolazione dei lavoratori, circolazione dei servizi, circolazione dei capitali. L'obiettivo era la
creazione di un mercato comune con facilità di spostamento simile al mercato interno. Dal 1958
inizia un processo di evoluzione che prende sensualmente due strade: l'allargamento ovvero l'
aumentare il numero dei membri e l'approfondimento ovvero rendere il vincolo tra i membri più
forte. Ma più si allarga il numero più è difficile creare legami.
ALLARGAMENTO
Dal punto di vista giuridico dovremmo parlare di ammissione poiché l'adesione è la possibilità che
uno Stato ha di entrare a far parte di un trattato quando esprime la volontà di farlo e ha i requisiti
previsti per l'ingresso. Proprio per questo nelle organizzazioni internazionali si parla di procedura
di ammissione poiché non bastano solo questi due elementi ma serve anche una sorta di
gradimento da parte degli Stati che sono già membri. La procedura di ammissione nell'unione
europea è disciplinata all'articolo 49 del TUE che prevede una serie di requisiti per lo Stato che
vuole entrarne a far parte. ‘Ogni Stato europeo che rispetti i valori di quell'articolo due e si
impegna a promuoverli può domandare di diventare membro dell'unione’. Da ciò emerge come
possono entrare a far parte dell'unione solamente gli Stati, una condizione più complessa riguarda
l’obbligo di essere uno stato europeo poiché il trattato non specifica se bisogna riferirsi a un
carattere geografico o una distinzione geopolitica. Tuttavia, si sceglie la linea geopolitica anche se
tutto dipende dagli Stati membri. Inoltre, serve che lo stato si impegni a rispettare e promuovere i
valori dell'articolo 2 del trattato ovvero il rispetto della dignità umana, della libertà, della
democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani. Nel Consiglio
europeo del 1993 sono stati definiti i criteri di Copenaghen per i quali in ambito politico devono
esserci delle istituzioni democratiche ovvero lo stato deve avere una democrazia parlamentare
per un carattere tecnico, requisiti economici ovvero lo stato di avere un'economia di mercato e
delle norme a tutela della concorrenza e il rispetto dell'acquis communutaire, esso comprende
tutte le norme dei trattati, tutte le dichiarazioni politiche e tutti gli accordi internazionali. Lo stato
che entra a far parte dell'unione europea deve rispettare ciò. Non esiste differenza giuridica fra gli
Stati fondatori e quelli che entrano in un momento successivo. Proprio per questo vi è un lungo
periodo di preparazione dello Stato prima dell'entrata, infatti, deve essere già dotato di norme che
rispettano gli obblighi derivanti dalla sua scelta. La prima fase, quindi, è una domanda che è lo
stato trasmette al Parlamento europeo e al Parlamento internazionali. L'articolo 49 afferma che se
una domanda viene accettata dal Consiglio si passa ad una negoziazione tra le parti ma in realtà la
procedura è molto più lunga. Vi è la fase comunitaria dove la domanda viene inviata dalla
commissione al Consiglio, il quale deve ottenere il parere sull'adesione dal Parlamento europeo e
una volta ottenuti inizia un'altra fase. La fase internazionale che riguarda il negoziato tra gli Stati
membri e il nuovo stato. Esso comprende le cosiddette strategie di preadesione cioè quelle
attività di preparazione che lo stato deve fare per poter essere pienamente rispettoso dell'acquis
communautarie. Ci sono casi semplici e casi più complicati come quello dell’allargamento ad Est
dove gli Stati non avevano una grande struttura sociale. L'unione europea supporta questa fase di
preparazione con dei fondi e più il caso è complicato e più il supporto dell'unione è molto
presente. Il trattato di adesione prevede degli adattamenti tecnici che devono essere fatti i trattati
in vigore. Questi devono essere ratificati da tutti gli Stati firmatari secondo le procedure
costituzionali dei paesi membri dell'unione. Una volta completate le ratifiche lo stato entra a far
parte formalmente dell'unione. Attualmente sono in corso i negoziati con la Serbia dal 2014, col
Montenegro dal 2012, con la Turchia dal 2005.
APPROFONDIMENTO
Nel 1992 si arriva al trattato di Maastricht che introduce crea l'unione europea. Il contesto storico
nel quale ci troviamo è quello dell'invasione del Kuwait da parte dell'iraq di Saddam Hussein, è in
una situazione in cui la comunità internazionale non sa come reagire. Emerge quindi la debolezza
dell'Unione sul piano politico poiché non è istituzionalmente pronta ad affrontare un'emergenza
del genere ma soprattutto perché gli Stati non erano obbligati all'appartenenza alla comunità
europea. Un'altra situazione di tensione è quella che riguarda la prima guerra di Jugoslavia dove gli
USA si tirano indietro e l'Europa, pur tentando di mediare, non riesce ad ottenere alcun risultato.
Questo dato allarma i membri della conferenza intergovernativa che decidono che ci si dovesse
occupare di dare alla comunità europea una competenza in materia strategica e politico militare.
In merito a ciò da un lato ci furono i paesi più europeisti che ritenevano fosse anche giunto il
tempo di dare tale competenza alla comunità, d'altra parte c'erano i paesi più atlantisti che
ritenevano come caposaldo della difesa fosse la NATO. In tutto questo si inserisce la Commissione
europea che cerca di fare mediazione e cerca di trovare un modo per inserire all'interno dei
trattati tale competenza. Tuttavia, i criteri di votazione erano molto spesso a maggioranza e non e
quindi la Commissione ipotizza di raggiungere questa competenza che avrebbe funzionato
secondo dei sistemi e dei meccanismi diversi rispetto a quelli comunitari. La paura dei paesi
atlantisti era quella che col passare del tempo questa competenza sarebbe diventata comunitaria
mentre gli Stati europei erano preoccupati che questo potesse influenzare le altre politiche.
L'unica soluzione era quella di separare nettamente questi settori. L'immagine che viene data di
quest'unione era divisibile in tre pilastri: il primo era il pilastro della Comunità europea,
precedentemente Comunità economica europea, il secondo pilastro è costituito dalla nuova
Politica Estera e di Sicurezza Comune ovvero la PESC, il terzo pilastro viene chiamato GAI ovvero
Giustizia Affari Interni che guarda la sicurezza interna tentando di lottare contro il crimine
transnazionale. Questi tre pilastri erano nettamente separati tra di loro nel senso che non c'erano
dei collegamenti ma funzionavano secondo criteri differenti, tutto questo però doveva essere
riunificato in qualche modo. Per questo il trattato introduce delle disposizioni comuni che si
trovano all'inizio e che sono valide per tutti i pilastri. Esse contengono per esempio gli obiettivi
dell'unione e la tutela dei diritti fondamentali. Alla fine, abbiamo le disposizioni finali che si
collocano alla fine del trattato e che rappresentano la base del nostro tempio, sono disposizioni di
carattere tecnico come, per esempio, quelle riguardo le procedure di revisione e di adesione da
parte degli stati.
Con il trattato di Maastricht nasce l'Unione Europea. Esso ha subito due revisioni la prima nel 98
con il trattato di Amsterdam, il quale tende solo a migliorare i difetti rilevati nel funzionamento
dei pilastri e la seconda nel 2001 con il trattato di Nizza, il quale preparava l'ingresso simultaneo di
ben 10 stati che avvenne nel 2004. Questo allargamento ad est ha messo in dubbio il principio
della sostenibilità secondo cui l'ingresso di nuovi stati non deve mettere in crisi l'equilibrio
esistente all'interno della comunità, non c'è riuscito ma c'è andato molto vicino. Il 2001 è anche
l'anno in cui inizia il processo per la Costituzione europea, infatti, viene convocato il Consiglio
Europeo di Lachen che decide di iniziare una nuova grande revisione dei trattati ma rinnova anche
il mezzo per arrivare a suddetta revisione. Fino a quel momento si era utilizzato un metodo
classico di conclusione di un accordo internazionale con i plenipotenziari che creano una
conferenza ma questo comportava tempi molto lunghi e una segretezza dei lavori. Dato che
l'Unione Europea è costituita da un trattato talmente pervasivo della vita dei cittadini si ritenne
necessario che questi avessero il diritto di partecipare all'elaborazione del trattato. Nasce quindi la
Convenzione europea che è composta da 207 persone tra rappresentanti del Parlamento
europeo, della commissione, dei governi e dei parlamenti nazionali. Tutti questi soggetti si devono
incontrare per discutere delle modifiche da fare i trattati ed elaborare una serie di opzioni.
La Commissione europea strutturava i propri lavori in tre fasi: una fase di ascolto sostanzialmente
aperta alla società civile dove chiunque a titolo personale, d'accademia, di ricerca, di associazioni
non governative poteva dire la propria opinione sulla possibilità di modificare un singolo più
settore, una fase di elaborazione dove la Convenzione a un certo punto comincia a raccogliere
tutti i contributi ed elaborare un progetto e una fase di scrittura dove la Convenzione anziché
predisporre un documento aperto elabora un vero e proprio progetto di trattato cosiddetto chiavi
in mano cioè tutto completo. Questo progetto viene portato alla Conferenza intergovernativa
convocata nel 2003, essa prende per buono la maggior parte del progetto e nel 2004 presenta il
proprio trattato che viene approvato dal consiglio e aperto le notifiche degli Stati. Il progetto fallì
per una serie di motivi, i principali sono motivi formali come il fatto che già lo stesso nome aveva
l'ambizione a trasformare trattati in una costituzione ma in realtà, anche se all'apparenza poteva
sembrare così, si trattava di un trattato internazionale da un punto di vista giuridico. Le altre
perplessità riguardavano la corposità della costituzione europea e anche il fatto che fosse
complicata da leggere quindi la maggior parte dei cittadini non fu in grado di leggere e
comprendere autonomamente questo trattato. Il fallimento creò un periodo di stasi dove la
costituzione venne dichiarata morta sino al 2007 quando ci fu una ripartenza.
Nel 2007 il Consiglio europeo decide di convocare una nuova conferenza interrogativa nel
tentativo di salvare il più possibile del trattato sulla costituzione europea. Ciò che effettivamente
cambia il nome ovvero Trattato che modifica il trattato sull'unione europea e il trattato che
istituisce la Comunità europea. Viene epurato il testo da quello utilizzo di termini che poteva far
pensare alla nostra di una Costituzione e quindi la nascita di una Federazione, il contenuto
normativo rimane pressoché identico e quindi sostanzialmente abbiamo solo una revisione di
carattere formale.
Il Trattato di Lisbona rispetto alla Costituzione europea separa i trattati istitutivi dell'Unione in due
punti da un lato c'è il Trattato sull'unione europea che ha più o meno una cinquantina di articoli
ed è il trattato che dice cosa l’Unione è, dall'altro il Trattato sul funzionamento dell'Unione
europea che è un trattato più grande il quale dice cosa l'unione fa ovvero si riferisce alle
competenze. Il trattato di Lisbona istituisce una nuova Unione europea che sostituisce la vecchia
Unione e la Comunità europea. Quindi dal 2009 la comunità europea non esiste più. Quando
parliamo di successione parliamo sostanzialmente di una successione intesa in senso atecnico. La
nuova Unione europea è un sistema giuridico, non abbiamo più i pilastri ed abbiamo l'unione
europea col proprio ordinamento. Per quanto riguarda la struttura delineata dal nuovo trattato
abbiamo un corpo centrale che rappresenta l’UE e che viene chiamato competenze di stampo
comunitario, su questo vi è una parte che fa sempre parte dell'unione europea ma si chiama PESC.
In questa il Parlamento europeo non ha nessun potere nel processo decisionale, gli atti vengono
adottati all'unanimità e la Corte di giustizia non ha competenze di controllare. Con la PESC
abbiamo sistema giuridico in cui vi è una politica nella quale gli Stati non cedono sovranità
nazionale ma semplicemente si coordinano a livello europeo. Per quanto riguarda il settore GAI
esso viene totalmente comunitarizzato e quindi settori come asilo, immigrazione, cooperazione in
materia civile e penale diventano politiche di stampo comunitario. Il processo che ha visto la
nascita del trattato di Lisbona ha apportato delle modifiche che riguardano le procedure di
revisione che sono disciplinate dall'articolo 48 TUE. le procedure di revisione sostanzialmente
sono tre:
- la procedura ordinaria di revisione che è sostanzialmente la procedura generale. Essa
prevede: una parte iniziale che riguardo alla creazione la convocazione della convenzione
dove l'iniziativa per revisionare i trattati può essere espressa dal governo di qualsiasi Stato
membro. Questi possono sottoporre al consiglio progetto intesi a modificare i trattati. I
progetti per la revisione sono trasmesso al consiglio europeo e notificati ai parlamenti
nazionali, qualora il consiglio europeo adotti, a maggioranza semplice, una decisione
favorevole, il presidente del consiglio convoca una convenzione. La convenzione esamina il
progetto di modifica ed adotta per consensus ovvero per acclamazione una
raccomandazione ad una conferenza di rappresentanti dei governi degli Stati membri. E
questo fa da lavoro preparatorio in vista della convocazione della conferenza
intergovernativa, dove i plenipotenziali degli Stati dovranno poi trasformare i documenti e
scrivere il trattato. Dopodiché le modifiche entrano in vigore dopo che sono state notificate
da tutti gli Stati membri. Ma se al termine di un periodo di due anni i 4/5 degli Stati membri
non hanno ratificato ed uno più sto di membri ha incontrato difficoltà la questione è
deferita consiglio europeo. Quando lo stato ha delle difficoltà bisogna capire il perché,
quindi qual è il problema e in seguito si cerca di trovare una soluzione come per esempio
fare applicare le norme controverse in maniera diversa o di escludere lo stato da quella
determinata materia. Nel caso in cui non si riesca a risolvere la questione il trattato non
entra in vigore.
- La prima procedura di revisione semplificata riguarda una procedura che permette la
modifica della parte terza del trattato sul funzionamento, la quale contiene le politiche
dell'Unione. Se si decide che è necessario apportare modifiche, il governo di qualsiasi Stato
membro o il Parlamento europeo o la commissione europea possono sottoporre al
consiglio progetti per modificare questa disposizione e questo può adottare una decisione
che le modifica del tutto o in parte. Questa entra in vigore solo previa approvazione degli
Stati membri. Caratteristiche di questa procedura sono il fatto che non viene convocata
una conferenza intergovernativa, le modifiche vengono decise mediante decisione del
consiglio europeo all'unanimità e la decisione entra in vigore dopo l'approvazione degli
Stati membri secondo le rispettive norme costituzionali. Quindi non è necessaria la ratifica
ma l'approvazione che è un metodo più informale.
- la seconda procedura di revisione semplificata si riferisce due casi specifici: il primo
quando il trattato sul funzionamento prevede che il consiglio deliberi all'unanimità in un
settore o in un caso determinato, il consiglio europeo prodotta una decisione che consente
al consiglio di deliberare a maggioranza qualificata. il secondo quando il TFUE prevede che
il consiglio adotti atti legislativi secondo una procedura legislativa speciale, il consiglio può
fare adottare questa decisione attraverso una procedura legislativa ordinaria. Ovvero
quella dove il Parlamento è co-legislatore.
La Brexit è il primo caso l'uscita di un paese membro dell'unione europea. Si riteneva che l'uscita
non potesse esistere a causa del fenomeno dell'irreversibilità, quest'idea si basava da un lato sul
fatto che i trattati dell'epoca non prevedevano una clausola di recesso e dall'altro che l'obiettivo
ultimo del processo di integrazione era il procedere verso il federalismo. Tuttavia quando si parla
di impossibilità di uscita bisogna limitare il campo all'esperienza comunitaria. Questo perché i
trattati erano e sono soggetti al diritto internazionale ovvero alla Convenzione di Vienna sul diritto
dei trattati del 1969. Questa convenzione prevede che uno stato possa uscire da un trattato
quando vi è un mutamento fondamentale delle circostanze intervenuto rispetto alle quali
esistente al momento dell'adesione del trattato (art 62) e quando tutti gli stati sono d'accordo (art
54). Tuttavia un precedente è stato quello della Groenlandia che è fino agli anni 70 era una regione
della Danimarca successivamente ha acquisito una grande autonomia che ha comportato il fatto
che non facesse più parte della CE, ma in questo caso siamo di fronte a un mutamento di stato.
Con il Trattato di Lisbona viene inserita una clausola di recesso. I motivi erano principalmente due
il primo era per dare un contentino agli Stati a causa del sempre più veloce processo di
integrazione europea, il secondo riguardava le pressioni che avevano fatto gli Stati dell'est Europa
ovvero quelli entrati con l'allargamento del 2004. Riguardo questa clausola si sviluppano due
orientamenti uno voleva che recesso dovesse essere un diritto autonomo dello Stato e non
avrebbe dovuto prevedere né autorizzazione né obbligo di motivazione, il secondo sosteneva che
non avrebbe dovuto essere un atto unilaterale dello Stato bensì un processo svolto con un
negoziato tra il recedente e l'Unione. Prevale però la prima linea e nasce l'articolo 50 del TUE, il
quale decide le modalità di uscita ordinaria dall'unione ovvero gli accordi per evitare che ci siano
ripercussioni negative sia per lo stato che per l'unione stessa. Ma prevede che il recesso valga per
tutto ciò che concerne dell'unione.
La procedura prevista dall'articolo 50 video come primo elemento la notifica al Consiglio europeo
dell'intenzione di far uscire dall'Unione europea. Essa deve essere fatta secondo le regole
costituzionali dello Stato. Questo perché in caso della Brexit il primo ministro affermava che la
notifica era un atto governativo mentre la Corte Suprema ha dichiarato fosse parlamentare.
Successivamente vengono formulati gli ordinamenti da parte del Consiglio europeo e infine viene
formato il negoziato dell'accordo di recesso. Dato che deve contenere anche le future relazioni per
lo stato uscente e l'unione si vanno a creare due accordi distinti: l'accordo di recesso in senso
stretto che se non è concluso entro due anni dalla notifica fa sì che lo stato esca senza
quest'ultimo e l'accordo sui rapporti futuri tra l'unione e lo stato che ha effettuato il recesso,
esso si occupa delle future relazioni tra questi andando a prevedere cosa potrà accadere nel
futuro.
L'articolo 50 è stato applicato dopo il referendum del 23 giugno 2016 indetto dal primo ministro
Cameron e che vide la vittoria del leave ovvero della fazione favorevole all'uscita del GB dal UE. In
merito a ciò sarebbero sorti dei problemi sul quando far partire i due anni riguardo il valore della
notifica poiché da un lato si voleva far decorrere il tempo dal risultato del referendum e dall'altro
dal momento della notifica formale. Si sceglie la seconda ipotesi e infatti il tempo decorre dal 29
Marzo 2017 anno in cui viene presentata la notifica. Fatto a quest'ultimo entra in vigore l'articolo
50, il 29 Aprile 2007 il consiglio europeo stabilisce l'orientamenti per l'accordo di recesso, il 3
maggio 2017 vengono consigliati negoziati e il 29 maggio vengono aperti.
Gli orientamenti indicati dal consiglio europeo sono quello in cui un paese non membro non può
avere gli stessi diritti di un paese non membro, il fatto che non sono possibili accordi su singoli
aspetti e il fatto che non sono ammessi negoziati con singoli Stati membri poiché a negoziare solo
l'unione europea nel suo complesso. Al momento dell'inizio dei negoziati sarebbero dei problemi
anche su come interpretare l'articolo 50 poiché secondo l’UE e si doveva prima avere l'accordo di
recesso e successivamente discutere dei rapporti futuri, secondo il GB si doveva avere due
negoziati paralleli per i due accordi in contemporanea, ipotesi scartata dall’UE che riteneva che gli
accordi si sarebbero potuti influenzare a vicenda.
L'accordo di recesso entrato in vigore il 1 Febbraio del 2020 e si divide in sei parti: le disposizioni
comuni che riguardano l'interpretazione coerente con i principi dell'unione. La situazione
relativa ai cittadini dell'unione europea che sono residenti GB al momento dell'accesso e i
cittadini GB residenti in uno Stato membro dell'unione dove per i primi viene istituita la residenza
permanente ovvero la possibilità di accedere ai vari servizi alla cittadinanza mentre per i secondi vi
è uno status di soggiorno che varia da stato a stato. La situazione relativa alle merci immesse sul
mercato prima della fine del periodo di transizione ovvero di quel regolamento sulle dogane,
sulle accise, sulle disposizioni in materia di proprietà intellettuale. Il periodo di transizione che è
iniziato il 1 Febbraio 2020 ed è terminato il 31 dicembre 2020, In questo periodo il GB non essendo
più un membro dell'unione non parteciperà più alla vita politica tuttavia il diritto europeo continua
ad applicarsi ecco perché la Brexit non si è avvertita ancora appieno. Disposizioni finanziarie
ovvero quelli impegni finanziari ancora pendenti poiché il bilancio europeo è un bilancio
quinquennale ed è stato approvato precedentemente all'uscita del GB. Il governance ovvero la
parte relativa al funzionamento dell'accordo, viene creato un comitato misto composto da 10
membri dell'unione 10 del GBE 5 di comune accordo e ciò che emergerà da questo collegio sarà
vincolante per le parti.
Il protocollo sull'Irlanda e l’Irlanda del Nord è la ragione per cui sono state chieste le proroghe.
Questo perché l'isola dell’Irlanda è divisa in due Stati: l'Irlanda del nord che è parte della Gran
Bretagna e la Repubblica di Irlanda che è uno stato se. A partire dagli anni 60 questi due paesi
hanno attraversato una sanguinosa guerra civile che ho visto i negoziati della pace iniziare nel 96 e
finire nel 98. L'accordo finale prevedeva che da un lato la maggior parte dei cittadini nord irlandesi
voleva rimanere nel GB, dall'altro la maggior parte dei cittadini della Repubblica vuole riunire
l'isola. In sostanza con questo trattato l'Irlanda del nord può unirsi alla Repubblica d'irlanda senza
che il GB possa opporsi. Questo accordo ha funzionato perché dal 92 con il completamento del
Mercato unico europeo non ci sono mai state barriere tra le due irlande e lo scambio si è
integrato grazie al’UE. Con la Brexit si è sviluppata la paura di un nuovo conflitto e per questo
durante i negoziati si è puntualizzato che non si possono creare barriere tra Irlanda e Irlanda del
nord, che non si devono indebolire gli accordi del Venerdì Santo e si deve proteggere il libero
spostamento tra il nord e il sud dell’Irlanda. Dopo diversi confronti se è arrivata alla creazione del
backstop. Esso prevede che l'Irlanda del nord rimanga collegata ad alcune normative, nello
specifico quando la merce che proviene all'interno del Nord Irlanda è destinata a rimanere
all'interno del GB si applica il codice doganale inglese quando dovrà entrare all'interno dell’UE
verrà applicato il codice comunitario. Per non protrarre all'infinito questa situazione è stato
inserito il cosiddetto meccanismo di consenso secondo il quale dopo quattro anni l'assemblea
d’Irlanda può decidere se continuarlo o meno.
Ultimo documento previsto è la dichiarazione politica che definisce le future relazioni tra UE e GB.
Questo si incentra sulla dichiarazione di entrambe le parti di creare un accordo di libero scambio
che preveda l'eliminazione dei dazi doganali e dei contingenti tra l'unione ed il Regno Unito, una
concorrenza leale tra le due parti. A Marzo 2020 cominceranno i negoziati per dare forma a questo
accordo di libero scambio. Il DG ha riferito di immaginare il proprio accordo proprio come quello
tra UE e Canada. Il 3 Febbraio la commissione ha presentato la proposta di negoziato. Questo
accordo non dovrebbe avere tre fondamentali disposizioni: di carattere generale, di carattere
economico e sulla sicurezza.
La tutela dei diritti fondamentali è sancita da una serie di disposizioni del trattato sull'Unione.
L'articolo 2 predispone quei principi che rappresentano il fondamento del processo di integrazione
europea, si riferisce al rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia,
dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani. L'importanza di questa
disposizione riguarda il fatto che innanzitutto devono essere rispettati dagli Stati che vogliono
entrare a far parte dell'unione ma anche da quelli che sono già nell'unione. Questi valori sono
considerati come parametri di legittimità per tutti gli atti adottati e le attività compiute. Per
comprendere meglio l'articolo 2 dobbiamo analizzare l'articolo 6 il quale afferma che l'unione
riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'unione.
Questo articolo si riferisce a due documenti la Carta dei diritti fondamentali dell'unione e la
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. La
prima è il risultato del lungo processo iniziato quando ci si è resi conto che nell'ordinamento
mancavano riferimenti alla tutela dei diritti. L'unico accenno era alla parità salariale tra lavoratori e
lavoratrici anche se non è stato inserito come principio di parità tra uomo e donna ma era diretto
sostanzialmente limitare la concorrenza tra i paesi membri che prevedevano questa parità
salariale. Per questo prima la Corte costituzionale tedesca e poi quella italiana evidenziarono
questa lacuna dell'ordinamento. La Corte di giustizia ha riconosciuto questa mancanza e allo
stesso organo è stata attribuita la funzione di colmare queste lacune; infatti, tramite delle
sentenze ha elaborato dei principi che sono poi divenuti fonti dell'ordinamento, noti come principi
generali dell'ordinamento dell'unione. Nel 1969 con la sentenza Stauder che riconosce i diritti
fondamentali come principi generali di diritto, l'altra nel 75 con la sentenza Rutili con il quale si fa
un riferimento alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Essa è un catalogo di diritti
fondamentali che una volta ratificata deve essere rispettata dagli Stati membri non soltanto verso i
propri cittadini ma su tutti coloro che si trovano sul territorio. Prevede un sistema di controllo che
gira sulla Corte europea dei diritti dell'uomo che ha il compito di controllare che gli Stati membri
rispettino questo dovere. Tra i vari protocolli allegati ce nè uno che prevede che gli Stati membri
aderiscano alla giurisdizione della Corte europea dei diritti dell’uomo; quindi, i diritti fondamentali
entrano all'interno dell'unione. Nel 99 si è pensato che fosse necessario apportare un elemento di
chiarezza, infatti, iniziarono i lavori che avrebbero portato all'elaborazione della carta dei diritti
fondamentali dell’Ue. Questa è stata elaborata come una sorta di codificazione dei diritti
fondamentali e comprende un elenco di diritti divisi per categoria. La carta non era vincolante
anche se la situazione cambia col trattato di Lisbona nel 2007 che le dà lo stesso valore di un
trattato. Il paragrafo 2 dell'articolo 6 fa si che venga autorizzata ma nello specifico obbliga l'unione
a darsi da fare per aderire alla convenzione. Un primo tentativo venne fatto negli anni 90 anche se
la Corte di giustizia rispose negativamente all'adesione perché la comunità europea aderisce e
rispetta i diritti ma non ha il potere di aderire alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
Questa lacuna verrà colmata dall'articolo 6 paragrafo 2 del Trattato di Lisbona che obbliga l'unione
ad aderire. Nel 2010 per aderire alla convenzione si è lavorato alla bozza di un trattato anche se
anche in questo caso la Corte di giustizia da parere negativo ritenendo che i meccanismi esistenti
tra le competenze della convenzione le competenze della Corte di giustizia non fossero congruenti.
Dal 2013 lavori sono fermi. Nel 1988 nel trattato di Amsterdam, modificato da quello di Nizza, è
stato inserito l'articolo 7 che prevede una procedura da attivare nel caso in cui uno stato violi
diritti fondamentali previsti. Un esempio l'abbiamo nel 2000 quando in Austria va al potere di un
leader di un partito di estrema destra xenofoba Haider. Questa situazione fece attivare l'articolo 7
il quale prevede due procedure: la procedura di allarme e la procedura ordinaria, che riguardano
il pericolo di violazione o la violazione conclamata di un articolo del trattato. Il risultato è
l'apertura di una causa dinanzi alla Corte di giustizia. Nella procedura d'allarme il consiglio delibera
a maggioranza dei 4/5 l'esistenza di un rischio. La votazione può aver luogo su proposta di 1/3
degli Stati e prima della votazione il consiglio può ascoltare lo stato in questione. La decisione del
consiglio è una decisione di constatazione. La procedura ordinaria invece ha come protagonista il
consiglio europeo che può constatare la violazione, la decisione deve essere proposta da 1/3 degli
Stati o dalla commissione e deve essere approvata dal Parlamento anche se lo stato può
presentare le sue osservazioni. Il Consiglio europeo fa una decisione di constatazione a
maggioranza qualificata e possono spendere alcuni diritti dello Stato in questione. Il problema di
questa procedura è la difficoltà ad ottenere la maggioranza ma per fronteggiare tale situazione è
stato creato uno strumento, una specie di meccanismo di preallarme che ha lo scopo di
permettere alla commissione di avviare una discussione con lo stato in questione cercando di
limitare la violazione. La cittadinanza europea è stata introdotta dal trattato di Maastricht del 92, è
uno status che si aggiunge alla cittadinanza nazionale e per essere cittadini europei è sufficiente
essere cittadini di uno Stato membro. L'unione non entra nelle modalità con cui lo stato concede la
propria cittadinanza. La cittadinanza europea prevede solo una serie di diritti per i cittadini europei
ma il principale di questi consiste nella libera circolazione, altri elementi sono il diritto di
elettorato, attivo e passivo o il diritto di petizione ovvero il poter presentare petizione al
Parlamento europeo. Vi anche quello di protezione diplomatica e consolare all'estero.
COMPETENZE DELL’UNIONE
Quando parliamo di competenze dobbiamo distinguerle in VERTICALI e ORIZZONTALI. Le prime si
riferiscono al rapporto tra competenze dell'unione e competenze nazionali, le seconde riguardano
le funzioni che ha ogni singola istituzione all'interno del sistema. Il meccanismo di distribuzione
delle competenze è articolato infatti non esiste una netta separazione ma la grande maggioranza
delle competenze dell'unione vedono una grande partecipazione degli Stati. Quando parliamo di
competenze dell'unione europea dobbiamo valutarne prima l’ESISTENZA e quindi se queste
esistono, poi la NATURA ovvero il numero dei titolari di una competenza e se in un ambito può
agire solo l'unione abbiamo una competenza esclusiva, se agiscono anche gli Stati è condivisa, se
agiscono solo gli Stati esclusiva, infine dobbiamo valutare l’INTENSITA’ ovvero cosa può
effettivamente fare l'unione in una materia con i suoi poteri. Il principio principale che regola la
competenza è contenuto nell'articolo 5 TUE che parla del principio di attribuzione ma anche del
principio di sussidiarietà e di proporzionalità. Questa norma contiene al suo interno il principio di
attribuzione che si limita a dire che l'unione agisce solo per quelle competenze che le sono
attribuite dagli Stati, ma anche il principio di specialità. Il primo viene visto come un contentino.
Poiché accentua il fatto che l'unione abbia solo competenze attribuite dagli Stati. Ciò comporta
che le competenze dell'unione sono l'eccezione mentre le competenze nazionali sono la regola,
l'unione ha competenze attribuite dagli Stati che hanno la pienezza delle competenze. Ciò
comporta che in un trattato deve sempre esistere la norma che autorizza l'unione a fare quella
cosa, ciò viene definito base giuridica. L'unione non ha le stesse competenze in tutte le materie in
alcune a una competenza esclusiva come, per esempio, la politica commerciale, in altre di
coordinamento, come in materia sanitaria. Il secondo principio che abbiamo considerato è quello
di specialità esso ci dice che le attività che svolge l'unione devono essere finalizzate alle
realizzazioni degli obiettivi dell'unione stessa. Questo perché le organizzazioni internazionali sono
enti strumentali nel senso che vengono creati dagli Stati per soddisfare il loro bisogno. Gli obiettivi
di carattere generale dell'unione sono previsti dall'articolo 3 che dice che l’Unione: promuove la
pace, offre i cittadini uno spazio di libertà, instaura un mercato interno, combatte l'esclusione
sociale e le discriminazioni, istituisce un'unione economica e monetaria, promuove i suoi valori
nelle relazioni col resto del mondo, persegue i suoi obiettivi con mezzi appropriati. Oltre questo
obiettivi ne esistono altri più specifici, quindi il principio di specialità è un principio molto
importante perché collega la competenza all'obiettivo. Riguardo il metodo di attribuzione delle
competenze dobbiamo vedere come il trattato le attribuisce. Ci sono due modi il primo riguarda il
mercato interno ovvero le libertà fondamentali e l'altro le politiche dell'unione. Per queste ultime
l'attribuzione è materiale, quindi, individua la competenza sulla base della materia, per le libertà
l'attribuzione è funzionale ovvero che il trattato attribuisce all'unione un obiettivo da raggiungere.
L'obiettivo dell'unione è l'armonizzazione delle legislazioni ovvero accontentare il più possibile
tutti gli Stati soprattutto nell’ambito del mercato. Tutte queste misure realizzate per le esigenze
dei vari Stati hanno come finalità la liberalizzazione della circolazione delle merci e proprio per
questo si dice funzionale. Riguardo la natura delle competenze, cioè il numero dei titolari,
dobbiamo citare la modifica fatta al trattato di Lisbona. Questo perché oggi sono previsti degli
elenchi di materie distinti per tipologia e per natura della competenza cosa che prima non c'era.
Infatti, si doveva ricavare dai trattati chi era titolare della competenza e se ci fosse una
competenza esclusiva o concorrente. Nella prima parte del trattato dall'articolo due in poi
possiamo distinguere le competenze esclusive dell'unione, competenze condivise divisa a loro
volta in competenze concorrenti e parallele ed infine incompetenze complementari.
Le competenze esclusive sono quelle in cui solo l'unione può legiferare, gli Stati non possono se
non autorizzati dall'unione in casi molto particolari. Anche se in un determinato settore l'unione
legifera gli Stati non possono fare nulla. Queste competenze sono elencate nell'articolo 3 e si
riferiscono all'unione doganale, alla definizione delle regole di concorrenza, alla politica monetaria,
alla conservazione delle risorse biologiche e alla politica commerciale comune. Le competenze
condivise, descritte all'articolo 4, vengono definite concorrenti. La caratteristica è che la
competenza dello Stato e la competenza dell'unione sono alternate o meglio alternative. Con
questa competenza gli Stati possono legiferare adottare atti giuridicamente vincolanti nel settore,
ma questa possibilità è valida fino a che non decide di legiferare l'unione poiché in quel momento
gli Stati perdono il potere, questo prende il nome di effetto di preclusione. Il rischio è quello di
una competenza esclusiva per occupazione ovvero la possibilità che l'Europa possa acquisire una
competenza esclusiva in materia che prevedono competenze condivise. Laddove però si dovesse
verificare l'occupazione su una materia essa è reversibile poiché il trattato dice che gli Stati
riprendono a esercitare la competenza laddove l'unione smette di esercitare la sua. Al paragrafo 4
sono elencate materie come il mercato interno, la politica sociale, l'agricoltura e la pesca,
l'ambiente e la protezione dei consumatori. Questa competenza oltre che a essere concorrente
può anche essere parallela ovvero esercitata simultaneamente dall'unione e dagli Stati poiché
l'attività dell'unione non preclude l'attività degli Stati. Nella politica di aiuto o sviluppo vi è una
differenza poiché se l'unione europea aiuto un paese in via di sviluppo, per esempio, con aiuti
ambientali e ciò viene fatto da un altro paese membro questo non crea danno all'unione ma
aumenta l'aiuto dato a quel paese. Le competenze complementari sono elencate all'articolo 6 del
trattato, esse sostengono, coordinano o completano l'azione degli Stati membri. In primo luogo,
sostengono ovvero la l'unione aiuta dando dei fondi, coordinano ovvero l'unione non si sostituisce
agli Stati nel disciplinare con la materia ma fa in modo che la modalità di disciplinarla non sia
troppo diversa cercando di convincere gli Stati a collaborare, e completano ovvero l'azione fatta
dall'unione per dare all'attività dello Stato in un determinato settore una dimensione europea di
più ampio respiro un esempio è l'Erasmus. Quindi le politiche complementari sono quelle in cui gli
Stati hanno il potere di legiferare e l'unione ha il potere di sostegno o completamento, rientrano
settori come la salute umana, l'industria, la cultura, il turismo, l'istruzione, la gioventù e lo sport.
Non vanno poi dimenticati il principio di sussidiarietà, il quale afferma che ci sono situazioni in cui
è opportuno che agisca l’unione ed altre che lasci il campo libero agli Stati. In virtù di questo
principio nei settori in cui non ha competenza esclusiva l'unione interviene soltanto quando ci
sono due requisiti ovvero che gli obiettivi che si vogliono raggiungere non possono essere raggiunti
sufficientemente a livello nazionale e che possano essere raggiunti meglio dall'unione europea, se
manca uno di questi elementi agiscono gli Stati. Altro principio è quello di proporzionalità che si
applica a tutte le competenze e si riferisce al contenuto e alla forma dell'azione dell'unione che
deve limitarsi a quanto necessario per il conseguimento dell'obiettivo dei trattati.
ISTITUZIONI DELL’UNIONE
Le istituzioni sono elencate all'articolo 13 del TUE, rientrano il Parlamento europeo, il consiglio
europeo, il consiglio, la commissione europea, la Corte di giustizia dell'unione europea, la banca
centrale europea e la Corte dei conti. Le istituzioni si dividono dagli organi poiché sono gli organi
più importanti del cioè quelli che svolgono le funzioni principali e hanno la responsabilità del
processo legislativo. La loro caratteristica è la capacità di autoregolamentarsi nel senso che
ciascuna istituzione elabora e adotta un proprio regolamento interno. Essere sottoposto hanno
due principi quello dell'equilibrio istituzionale per cui ogni istituzione deve esercitare le sue
competenze nell'aspetto delle altre e quello di leale cooperazione per il quale le istituzioni tra di
loro devono agevolarsi reciprocamente.
CONSIGLIO EUROPEO
È disciplinato dall'articolo 15 del TUE. Secondo il quale esso definisce gli impulsi necessari lo
sviluppo e le priorità e politiche generali dell'unione ma non ha funzioni legislative. Esso nasce
dalle riunioni di capi di Stato di governo, la prima si ebbe nel 1960, la seconda nel 1974 fino a poi
istituzionalizzare il consiglio. Prima è stata prevista la sua esistenza dal trattato e poi si è parlato
delle sue funzioni. Attualmente è composto dai capi di Stato e di governo, dal presidente del
consiglio europeo che formano l'istituzione. Vi partecipa anche l'Alto rappresentante per la politica
estera. Il presidente del consiglio europeo è una figura autonoma nel senso che un componente
aggiuntivo, è eletto dai soli capi di Stato di governo a maggioranza qualificata e per un periodo di
due anni e mezzo che è rinnovabile una sola volta. Di solito è un ex capo di Stato ed essendo un
componente aggiuntivo ciò non toglie che oltre che essere il presidente del consiglio siete
ugualmente nel consiglio stesso. La differenza con l'alto rappresentante è il fatto che quest'ultimo
rappresenta l'unione a livello ministeriale. Il consiglio europeo si riunisce a quattro volte l'anno di
solito le riunioni durano due giorni, alla fine viene reso noto e pubblicato un documento che viene
chiamato conclusioni del consiglio europeo. Di solito quando si adottano delle decisioni viene fatto
per consensus anche se in alcuni casi serve la maggioranza qualificata o l'unanimità.
È previsto dall'articolo 16 del TUE, è un organo a composizione variabile, cioè si riunisce in diverse
formazioni costituite dai ministri competenti per la materia che deve essere trattata. Essi si
incontrano con una periodicità che varia a seconda dell'importanza della formazione o anche a
livello di competenza che l’UE ha in quella determinata materia. Dal trattato sono previste due
formazioni quella degli affari generali che assicura la coerenza tra le varie formazioni del consiglio
e quella degli affari esteri che si occupa della politica estera dell'unione. Oltre a queste ce n'è una
particolarmente importante che l’ECOFIN che riunisce i ministri dell'economia e delle finanze. se il
consiglio si riunisce in formazioni rimane un organo unico ciò significa che può agire sempre nella
pienezza dei poteri. Anche il consiglio ha una Presidenza che però si distingue dalla Presidenza del
consiglio europeo perché si tratta di una Presidenza semestrale a rotazione. La Presidenza è
esercitata a turno dagli Stati membri ogni sei mesi però gli Stati collaborano strettamente a gruppi
di tre, per questo ogni gruppo viene chiamato trio e fissa gli obiettivi a lungo termine preparando
un programma comune. L'introduzione di questo trio è un'innovazione piuttosto recente. Questo
procedimento basato su cambiamenti repentini ogni sei mesi e facendo ruotare gli Stati far sì che
uno stato sia presidente per molto tempo o che due Stati contigui siano l'uno dopo l'altro
presidente. Il consiglio adotta le proprie decisioni all'unanimità oppure a maggioranza qualificata
ponderata che prevede in realtà una doppia maggioranza. La doppia maggioranza prevede che un
atto venga adottato dal consiglio nel momento in cui raggiunge i voti favorevoli del 55% degli Stati
membri che rappresentino almeno il 65% della popolazione europea. Cioè previsto per evitare che
una decisione possa essere presa esclusivamente dagli Stati grandi. I lavori del consiglio sono
coadiuvati dal COREPER che è un organo fisso con sede a Bruxelles e che ha due formazioni la
prima che tratta gli affari correnti di procedure tecniche e quindi meno importante, la seconda che
tratta affari di rilievo politico, economico e finanziario.
LA COMMISSIONE EUROPEA
È l'istituzione che rappresenta l'interesse generale dell'unione ovvero l'insieme dell'interesse degli
Stati. È fformatada commissari numero pari al numero degli Stati membri che non rappresentano
gli Stati da cui provengono ma rappresentano l'interesse generale dell'unione, per questo viene
definita come un organo di individui. Inizialmente era previsto un numero di commissari pari ai 2/3
del numero degli Stati, tuttavia, una clausola del trattato di Lisbona prevedeva che in caso di si
sarebbero potuti lasciare un numero pari a quello degli Stati. Così è successo soprattutto grazie
alla pressione dell’Irlanda che riteneva essere penalizzata in un sistema di rotazione. A ciascun
commissario è attribuito un portafoglio c'è un insieme di materie di cui si deve preoccupare. La
commissione è un organo collegiale cioè adotta le proprie decisioni a maggioranza, tuttavia, non
viene comunicata all'esterno poiché si deve dare l'impressione che la decisione sia dell'intera
commissione e non di una parte. Per la nomina della commissione si parte dalle elezioni del
presidente della commissione. Il consiglio europeo a maggioranza qualificata propone al
Parlamento europeo un candidato alla carica di presidente tenendo conto dei risultati delle
elezioni. Questa frase fu interpretata dal Parlamento come un vero e proprio diritto di presentare
un candidato ma se nel 2014 le lezioni video la presenza di una vittoria abbastanza rilevante del
partito popolare europeo, nelle ultime la situazione è molto più omogenea. Infatti, la scelta del
presidente della commissione è diventata oggetto di trattative tra il consiglio europeo e il
Parlamento europeo che hanno fatto emergere la tedesca Ursula von der Leyen. Una volta eletto il
presidente il consiglio adottano l'elenco dei commissari che sono individuati tra gli Stati membri. I
soggetti designati devono presentarsi davanti alla commissione parlamentare che gli pone
un'audizione e in caso di bocciatura è previsto che lo stato il cui candidato faccia parte lo
sostituisca proponendo un nuovo individuo. La commissione gode di poteri di proposta, partecipa
al processo legislativo dell'unione, ha dei poteri di controllo rispetto agli obblighi derivanti
dall'appartenenza all'unione, ha poteri di attuazione circa gli atti normativi e ha anche poteri di
rappresentanza esterna che divide con l'alto rappresentante.
ALTO RAPPRESENTANTE
L'alto rappresentante dell'unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza è una figura peculiare
dell'unione. Questa figura è stata creata sostanzialmente allo scopo di garantire una
rappresentanza esterna all'unione, esso infatti viene nominato dal consiglio europeo è dura in
carica 5 anni. Esso è sia un rappresentante del consiglio europeo ed un mandatario degli Stati per
tutto ciò che riguarda la politica estera ma è anche vicepresidente della commissione e
commissario per le relazioni interne. Questo significa che nelle funzioni per la politica estera e la
sicurezza comune può accettare indicazioni dagli Stati, nell'ambito di relazioni esterne deve agire
come commissario e non può ricevere istruzioni dagli Stati. Esso in quanto commissario è a capo di
una struttura amministrativa che si chiama servizio europeo per l'azione esterna, è formato da
funzionari che derivano dal segretariato generale del consiglio, della commissione dalle vecchie
direzioni generali e oltre ad essere una struttura centralizzata e burocratica che ha sede a
Bruxelles anche delle sedi distaccate. L'altra caratteristica dell'alto rappresentante è dato dalla
procedura di nomina esso viene nominato dal consiglio europeo a maggioranza qualificata con
l'accordo del presidente della commissione. Per quanto riguarda invece la funzione di
vicepresidente esso deve presentarsi davanti alla commissione e potrebbe essere soggetto ad una
bocciatura virgola in questo caso dovrebbe essere sostituito dal consiglio europeo che
evocherebbe all'alto rappresentante entrambi i suoi poteri ma in realtà non è mai successa una
cosa del genere.
IL PARLAMENTO EUROPEO
Disciplinato dall'articolo 14 del TUE è l'organo di rappresentanza democratica dell'unione. Nel
tempo ha avuto un aumento dei suoi poteri che hanno portato quel superamento del deficit
democratico ovvero la scarsa rappresentatività delle istanze popolari da parte dei cittadini degli
Stati membri e si è sempre considerato la scarsità di poteri del Parlamento europeo in quanto
unico organo di rappresentanza popolare. Nel 1976 il consiglio europeo decide per il passaggio alle
elezioni a suffragio universale diretto, la prima si è avuta nel 1979. Precedentemente il Parlamento
europeo era un organo rappresentanza popolare in diretta poiché chi sedeva nel Parlamento era
anche un parlamentare nazionale che aveva il doppio mandato. Dal 79 le elezioni si hanno ogni 5
anni tra il giovedì e la domenica poiché non tutti gli Stati membri erano abituati a votare e fine
settimana. Per lo spoglio si attende che anche l'ultimo paese abbia votato per non influenzare i
risultati. Nel 2002 viene eliminato il doppio mandato anche se non è stata ancora adottata una
legge elettorale uniforme. Il cittadino europeo che risiede stabilmente in Italia ha diritto a votare a
essere letto in Italia alle elezioni del Parlamento europeo. Esso è formato da 705 parlamentari,
prima della Brexit ne erano 751, dopo, sono stati liberati 73 seggi ma di questi solo 27 ne sono
stati redistribuiti. Il numero dei seggi parlamentari che spetta a ciascuno Stato dipende da due
criteri, dall'ampiezza dello Stato e dalla densità demografica. Infatti, gli Stati più grandi e con
maggiore popolazione hanno un numero maggiore di seggi, tuttavia, questi criteri non sono
applicati matematicamente nel senso che i paesi più piccoli hanno una sorta di rappresentanza in
base ai reali numeri.
I parlamentari all'interno del Parlamento si riuniscono in partiti politici che hanno la caratteristica
di essere gruppo parlamentare multinazionali cioè organizzati per affinità politiche e non per
nazionalità. Per formare un gruppo parlamentare sono necessari almeno 25 deputati che devono
provenire da un quarto degli Stati membri, attualmente ce ne sono 10. Una caratteristica è quella
che è nel Parlamento europeo non esiste il gruppo misto. Il Parlamento europeo lavora
ovviamente in plenaria ma lavora anche in commissione, esistono le commissioni permanenti e
quelle temporanee: le prime sono quelle che hanno un ruolo fondamentale nella procedura di
nomina della commissione e sono quelle che rispondono ai diversi portafogli dei commissari, le
seconde possono essere fatte su richiesta di un quarto dei deputati per le ragioni più svariate,
molto spesso sono commissioni di inchiesta e cioè vengono istituite per esaminare
l'amministrazione dell'unione. L'assemblea nomina un presidente eletto per due anni e mezzo e a
maggioranza assoluta dei voti per i primi tre scrutini e do il quarto in poi in base ai voti in generale.
il presidente ha funzioni amministrative, disciplinare virgola di rappresentanza e dirigi lavori
dell'assemblea, attualmente è l'italiano David Sassoli e insieme a 14 vicepresidenti e 5 questori
forma l'ufficio di Presidenza. un ruolo importante è quello dei parlamentari nazionali questo
perché lo sviluppo del ruolo del Parlamento europeo è il risultato della necessità di superare il
cosiddetto deficit democratico, cioè il fatto che le decisioni europee così importanti per i cittadini
inizialmente create da organi che non venivano eletti direttamente da questi. Per aumentare
questa democraticità l'unione ha incrementato il ruolo e i poteri del Parlamento europeo
Parlamento l'aumento di rappresentanza di quest'ultimo. Si è arrivati sostanzialmente ad un
momento in cui si doveva decidere se aumentare ulteriormente il livello di democraticità
dell'unione e se farlo attraverso un'ulteriore incremento dei poteri del Parlamento, tuttavia,
questo è stato considerato un passaggio un po troppo forte che avrebbe propeso troppo verso
quello status di Stato federale e quindi l'alternativa che è stata intrapresa è stata quella di affidare
un ruolo più ampio ai parlamenti nazionali. Un riferimento l'abbiamo in quella condizione
necessaria che uno stato deve avere per entrare nell'unione ovvero quello di essere una
democrazia parlamentare. Per favorire i contatti tra i vari parlamenti esiste il cosiddetto COSAC,
essa è la conferenza delle commissioni per gli affari europei che si riunisce dal 1989 e nella quale si
incontrano i parlamentari nazionali che si occupano degli affari europei al fine di scambiarsi idee e
di collaborare. Il ruolo di questa conferenza è cresciuto nel tempo proprio per dare importanza ai
parlamenti nazionali che sono arrivate ad incontrarsi fino a due volte l'anno. Il cosac hai iniziato ad
inviare anche dei contributi alle istituzioni sulle attività legislative. Quello che però è stato
rafforzato nell'ambito del trattato di Lisbona è stato il potere attribuito i parlamentari nazionali di
operare un controllo sull'applicazione del principio di sussidiarietà ovvero quel principio secondo il
quale l'unione quando ho una competenza concorrente, deve dimostrare, per intervenire, che il
suo intervento sia più efficace rispetto a quello nazionale. Tutte le proposte della commissione
sono inviate ai parlamenti nazionali per una questione di informazione e quando queste proposte
riguardano un atto che rientra in una materia di competenza concorrente può essere fatto il
cosiddetto esame nazionale. Se il Parlamento e monocamerale sono previsti due voti se è
bicamerale sono previsti un voto a ciascuna delle due camere. Una volta svolto questo esame il
Parlamento nazionale ritiene se sia stato rispettato o meno il principio di sussidiarietà e per farlo a
8 settimane. Successivamente devi inviare i pareri motivati e se questi rappresentano la
maggioranza dei voti attribuiti ai parlamentari nazionali la commissione deve riesaminare la
proposta, motivarla e trasmetterlo al consiglio e al Parlamento che la controllano a loro volta. Nel
caso dell'unione europea quando parliamo di funzione legislativa parliamo di una funzione che
viene realizzata da una molteplicità di istituzione che vengono poste tra loro in un rapporto di
collaborazione funzionale. La funzione legislativa viene esercitata da tre istituzioni ovvero la
commissione, il consiglio e il Parlamento. La commissione ha il potere di proposta mentre invece il
Parlamento e il consiglio adottano congiuntamente l'atto, tra questi non esiste un rapporto di
subordinazione. L'articolo 289 del trattato sul funzionamento prevede due tipi di procedure quella
legislativa ordinaria e quelle speciali. Entrambi i tipi di procedure iniziano sempre con la proposta
della commissione, esso è un atto formale della natura inter-organica, quindi, è un atto che si
rivolge alle altre istituzioni. Il potere di proposta della commissione è anche un potere esclusivo,
tuttavia, nel corso degli anni gli Stati hanno cercato di limitare o di controllare ciò e l'hanno fatto
prima di tutto attraverso la creazione del COREPER che è un organo di preparazione dei lavori del
consiglio. Esso a differenza del consiglio risiede permanentemente a Bruxelles è proprio per
questo gli Stati riescono maggiormente ad influenzare la commissione nel momento in cui questa
presenta la sua proposta. Molto spesso la commissione eh tende a rendere nota intenzione di dare
vita a una nuova proposta prima di formalizzarla, infatti, presenta i cosiddetti libri verdi che
contengono le linee generali di quello che poi diventerà in futuro una proposta. nel corso del
tempo poi si sono moltiplicati i sollecitatori esterni l'articolo 241 inserisce tra questi il consiglio e
anche il Parlamento europeo all'articolo 225. Nell'ultimo periodo anche il consiglio europeo è
diventato un sollecitatore esterno anche senza una base nei trattati esercitando una funzione di
impulso non solo nei confronti del consiglio ma anche nei confronti della commissione. Infine
dobbiamo ricordare l'articolo 11 numero 4 del trattato sull'unione che prevede la cosiddetta
iniziativa popolare, adesso ha consiste nella possibilità che gruppi di cittadini e almeno un milione
possano invitare la commissione a presentare delle proposte. Con la modifica che ha subito il
regolamento nel 2019 questa procedura è stata un po modificata infatti il gruppo dei cittadini deve
essere composto da almeno 5 cittadini europei provenienti da almeno 7 Stati membri questi
devono aver raggiunto la maggiore età e la proposta deve contenere un titolo, la descrizione degli
obiettivi e le disposizioni dei trattati pertinenti. Essa viene inviata alla commissione che la pubblica
in un registro previo controllo e una volta pubblicata si hanno 12 mesi per raggiungere un milione
di sostegni che deve venire da un numero di Stati membri pari a un quarto del totale e che devono
essere pari al numero dei seggi che lo stato nel Parlamento moltiplicato per il numero complessivo
dei membri. Se questo numero viene raggiunto la commissione incontro gli organizzatori e
pubblica una comunicazione, tuttavia, è necessario ricordare che la commissione non ha l'obbligo
di presentarla e inoltre Se decide di formalizzarla deve spiegare perché lo ritiene opportuno e
allegare una scheda finanziaria, che può essere ritirata in ogni momento. Ovviamente parliamo di
proposta e non di iniziativa poiché essa è un atto già completo presenta il preambolo, il titolo, gli
articoli a differenza dell'iniziativa che indica una situazione nella quale l'atto si forma all'interno
dell'organo.
Nella procedura legislativa ordinaria l'adozione dell'atto viene solo quando le volontà delle due
istituzioni coinvolte, consiglio e Parlamento convergono su uno stesso testo. La procedura inizia
con la proposta della commissione che viene inviato simultaneamente al Parlamento e al consiglio
e se questo e adottano la proposta senza alcuna modifica l'atto viene immediatamente adottato,
ma questo è solo un'eventualità remota. Di solito il Parlamento attraverso gli emendamenti inizia a
presentare modifiche che vengono inviato al consiglio che può decidere di accettarlo di proporne
delle altre. Se non c'è ancora accordo tra il consiglio e il Parlamento viene convocato il comitato di
conciliazione che è un organo paritetico e cioè possiede un numero di membri uguali per il
consiglio e per il Parlamento. Esso ha il compito di creare con un numero più ristretto di persone
una soluzione. Dal comitato può uscire un testo che arriva in terza lettura affinché venga adottato
cosa che accade se le due istituzioni lo accettano, tuttavia, il reale problema e che l'atto una volta
arrivato al consiglio è sottoposto a un numero minore di votazioni poiché ne fanno parte meno
persone rispetto al Parlamento. Nel caso l'atto non viene approvato dal Parlamento l'Inter si
blocca e l'atto decade. La commissione cerca di avere un ruolo all'interno di questo processo
poiché dal lato all'interno che si giunga ad un atto e che si completi l'iter, dall'altro all'interesse che
l'atto adottato non sia molto diverso da quello proposto. Essa si serve del dialogo attraverso
dell'incontro e tra le istituzioni nei quali si può parlare agevolmente e cercare di sciogliere
eventuali nodi. Molto spesso però il consiglio è sostituito dal COREPER che il più delle volte prende
la decisione formale relativa all'adozione dell'atto. Oltre quella ordinaria abbiamo la procedura
legislativa speciale che si caratterizza per il fatto che non ci siano simmetrie tra i poteri del
Parlamento e quelli del consiglio, infatti, sono previste dall'articolo 289 del trattato sul
funzionamento procedure che vedono l'adozione da parte del consiglio con la partecipazione del
Parlamento e viceversa ma in realtà esiste solo il primo tipo di procedura legislativa speciale.
Questo perché la partecipazione del Parlamento europeo avviene attraverso le malattie di un
parere semplice obbligatorio ma non vincolante; quindi, necessario da dare ma del quale il
consiglio può non tener conto. Ci sono casi in cui il Parlamento deve dare l’approvazione; quindi, il
consiglio deve rispettare il parere di questo, tuttavia, il problema è che, anche in questo caso, non
vi è simmetria tra i poteri questo perché a differenza della procedura legislativa ordinaria in cui il
Parlamento può emanare emendamenti per modificare l'atto virgola in quella speciale, anche se è
richiesta la sua approvazione, ha semplicemente un potere di veto su un atto che è stato creato
dal consiglio. Per capire se l'atto è stato adottato con una procedura legislativa ordinaria o con una
speciale basta andare a vedere chi firma l'atto perché nel primo caso sarà firmato da entrambi,
consiglio e Parlamento, nel secondo caso soltanto dal presidente del consiglio. Il paragrafo 7
dell'articolo 48 del trattato sull'unione europea previde una procedura di revisione dei trattati, che
può essere ordinaria o semplificata. Sostanzialmente ecco la procedura che permette di modificare
quel disposizioni del trattato che prevedono l'adozione di un atto mediante una procedura
legislativa speciale trasformando questa in una procedura legislativa ordinaria.
FUNZIONE NORMATIVA E FUNZIONE DI ESECUZIONE
Entrambe queste funzioni vedono da parte della commissione l'emanazione di atti normativi. il
trattato CEE prevedeva all'articolo 202 che il consiglio conferiva la commissione competenze di
esecuzione delle norme e all'articolo 211 chiedere competenze erano conferiti dal consiglio alla
commissione per l'attuazione delle norme. Quindi la commissione da un lato riceveva un potere
veramente di esecuzione degli atti dall'altro un vero e proprio potere di delega. Il trattato di
Lisbona ha chiarito le due funzioni inserendo nell'articolo 290 del TFUE la funzione normativa
delegata nell'articolo 291 quella esecutiva.
Articolo 290 afferma come un atto legislativo può delegare alla commissione il potere di adottare
atti non legislativi di portata generale che integrano modificano determinati elementi non
essenziali dell'atto legislativo. Da questa formula si capisce come l'atto nel quale è contenuta la
delega alla commissione può essere solo un atto legislativo, questi atti non potranno mai essere
legislativi ma saranno atti normativi che hanno il fine di integrare o modificare determinati
elementi non essenziali dell'atto legislativo. Tra questi rientrano le prescrizioni fondamentali
dell'atto, cioè quelle disposizioni che hanno più un'origine, una matrice una natura di carattere
politica e non di natura tecnica. Lotto legislativo dire stabilire gli obiettivi della delega, il
contenuto, la durata e la portata ed essendoci deleganti e delegati i primi possono esercitare un
controllo sui secondi. Nel 2009 la commissione europea ha fatto una comunicazione con lo scopo
di dare al consiglio e al Parlamento la propria interpretazione dell'articolo 290. Secondo lei l'atto
per essere delegato deve essere di portata generale e non deve modificare determinati elementi
non essenziali dell'atto legislativo. dichiara anche che intende consultare sistematicamente gli
esperti nazionali e le autorità nazionali a cui poi spetterà applicare gli atti delegati. Specifica la
regola nel senso che la ritiene un caso eccezionale è un atto motivato, cioè nel momento in cui
consiglio e Parlamento decidono di revocare la delega devono spiegare alla commissione perché lo
fanno. Inoltre, dovrebbe essere possibile una revoca parziale- infine ritiene che debba esistere un
termine entro cui questo diritto di opposizione possa essere esercitato e anche l'opposizione deve
essere motivata, spiegare perché l'atto emanata dalla commissione non piace al consiglio e al
Parlamento. attualmente molti di questi aspetti sono rispettati come la revoca parziale e la
motivazione ma anche riguardo il diritto di opposizione.
All'articolo 291 TFUE viene disciplinata la funzione di esecuzione normativa da parte della
commissione. Il compito di dare esecuzione agli atti normativi dell'unione è una responsabilità
primaria degli Stati membri; tuttavia, esistono dei casi in cui in alcune materie è fondamentale che
vi siano condizioni uniformi di esecuzione. Questo accade per esempio quando l'unione delle
competenze molto forti come in materia agricola. In questa ipotesi gli atti di attuazione devono
sicuramente caratterizzarsi per una loro uniformità e per questa ragione le istituzioni possono
prevedere di conferire poteri di esecuzione alla commissione. Questo potere in realtà spetta agli
Stati ma inevitabilmente vi sono delle differenze sui modi con cui uno stato o altro da esecuzione
agli atti dell'unione. un elemento da sottolineare che la funzione di esecuzione non riguarda solo
gli atti legislativi ma qualunque atto vincolante dell'unione quindi il Parlamento e il consiglio
oppure solo il consiglio possono prevedere all'interno dell'atto che è necessario ed eventuali atti di
esecuzione siano realizzati e posti in essere dalla commissione.
Il controllo da parte degli Stati avviene attraverso dei comitati che si affiancano alla commissione
quando esercita la funzione di attuazione. quando la funzione di esecuzione riguarda un atto
legislativo adottato con procedura ordinaria il comitato istituito dal consiglio e dal Parlamento,
quando invece è adottato con procedura legislativa speciale e solo il consiglio che crea questo
comitato. Le procedure attraverso cui i comitati affiancano la commissione durante l'attività di
esecuzione normativa è divisa in due procedure la prima è la procedura di esame, la seconda è la
procedura consultiva.
PROCEDURA D’ESAME
È la procedura che limita di più il potere della commissione, si applica per i casi le misure più
importanti. In questa procedura il comitato presente il suo parere se nella maggioranza qualificata
voto a favore, la commissione deve adottare l'atto, ma se la maggioranza vota contro l'atto la
commissione non può adottarlo. Tuttavia da un lato la commissione ha la facoltà di adottare l'atto
o di modificarlo nel caso in cui non si riesce a raggiungere la maggioranza, dall'altro se la votazione
risulta essere negativa, può rinviare il caso al comitato d'appello. Esso è un organo stabile nel
senso che ogni volta che viene attribuito alla commissione la possibilità di emanare atti di
esecuzione viene istituito un comitato ad hoc ma anche la caratteristica di avere un proprio
regolamento interno. Esso è formato dai rappresentanti degli Stati membri che esprimono il loro
parere.
LA PROCEDURA CONSULTIVA
Questa invece è la procedura che si applica per i casi meno importanti e questo perché il potere di
controllo degli Stati sulla commissione minore. Questa prevede che il parere del comitato non sia
vincolante per la commissione ma il regolamento prevede che questa deve tenere nella massima
considerazione del parere del comitato. Ciò vuol dire che a volte la commissione decide di
apportare delle modifiche perseguire le indicazioni del comitato anche se potrebbe emanare l'atto
anche se questo fosse in contrasto con il parere del comitato.
Nel 2014 la Corte di giustizia è intervenuta nella sentenza commissione contro Parlamento e
consiglio distinguendo le due funzioni: quando il legislatore conferisce alla commissione un potere
delegato in virtù dell'articolo 290, quest'ultime chiamato da dottore enorme che integrano
modificano determinati elementi non essenziali di tale atto e il contenuto, la portata e la durata
della delega devono essere esplicitamente delimitati dell'atto legislativo che conferisce questo
delega. Quando invece il legislatore conferisce un potere di esecuzione alla commissione sulla
base dell'articolo 291 quest'ultime chiamate a precisare il contenuto e di un atto legislativo per
garantire la sottrazione a condizioni uniforme in tutti gli Stati membri. Da queste due sentenze
dobbiamo ricavare che la differenza tra la funzione delegata e quella di esecuzione è una
distinzione giuridica poiché la prima è parte integrante della funzione normativa poiché modifica o
integra elementi, la seconda si colloca al di fuori della funzione legislativa poiché è basata su un
atto normativo che mira a rendere operative delle misure che sono già complete.
Nell’UE abbiamo tre tipi di controllo: Controllo politico esercitato dal Parlamento europeo e che
vede come destinatari la commissione anche il consiglio. Controllo operato dalla commissione che
è un controllo che si rivolge sostanzialmente nei confronti degli Stati o anche nei confronti delle
imprese che operano all'interno degli Stati. Controllo giurisdizionale operato dalla Corte di giustizia
nei confronti sia degli Stati e sia delle altre istituzioni.
CONTROLLO POLITICO
Per quanto riguarda il potere di informazione è solo una conseguenza di una serie di rapporti e
relazioni che varie istituzioni fanno al Parlamento europeo. bisogna distinguere in un controllo a
posteriori quando la relazione contiene già un'attività svolta dall'istituzione e quindi fa un
riassunto davanti al Parlamento di ciò che è già fatto e un controllo a priori poiché la relazione
presentata contiene un'attività che la commissione farà punto la commissione europea presenta
ogni anno la relazione generale che ora resoconto di tutte le attività svolte nell'anno precedente,
essa è divisa in capitoli e per materie settore e conto centinaia di pagine punto alla fine esiste una
discussione in Aula e quindi anche un voto di approvazione del Parlamento. Contestualmente a ciò
la commissione presenta anche il programma dell'anno successivo sul quale il Parlamento può
intervenire con un controllo a priori. Esistono poi delle altre relazioni che riguardano argomenti
specifici come la cittadinanza, la dimensione economica e sociale ecc. anche il consiglio presenta
delle relazioni alla commissione, a cadenza annuale e che prevede un controllo a posteriori. Il
secondo tipo di attività che può fornire al Parlamento delle informazioni sono le audizioni e le
commissioni di inchiesta. Per audizioni si intende semplicemente che un membro della
commissione il presidente viene chiamato dalla commissione parlamentare competente per
esporre alcune questioni, le commissioni di inchiesta sono delle vere e proprie commissioni
temporanee di durata di un anno che vengono create dal Parlamento al fine di investigare su
determinate questioni. Sulla base del principio di leale collaborazione l'istituzione coinvolta a
diversi curare la collaborazione con la commissione di inchiesta. Lo strumento principale di
controllo e di informazione e soprattutto quello delle interrogazioni parlamentari. Disciplinate
dall'articolo 230 è possibile che vengano indirizzate alla commissione che è obbligata a rispondere.
Esse si dividono in interrogazioni con richiesta di risposta orale virgola in interrogazioni con
richiesta di risposta scritta virgola in question time e in interpellanze principali.
Il secondo potere, che forma il potere di controllo politico, è il potere di sanzione del Parlamento
europeo. Esso riguarda sostanzialmente la mozione di censura che è rivolta esclusivamente alla
commissione e che prevede che il Parlamento possa provocare le dimissioni di questa. è una sorta
di mozione di sfiducia e si basa su quel rapporto che è stretto ed esistente tra la commissione e il
Parlamento e che vede oggi la commissione essere quasi un'espressione della maggioranza
parlamentare. La procedura è disciplinata dall'articolo 234 del TFUE: la mozione di censura deve
essere presentata al presidente del Parlamento da almeno 1/10 dei deputati e deve essere
motivata, dal momento della presentazione al momento del dibattito devono passare almeno 24
ore e tra il dibattito e la votazione devono passare altre 48, la mozione approvata se votano a
favore i 2/3 dei deputati che rappresentino almeno la maggioranza dei componenti del
Parlamento. Si tratta di una procedura particolarmente complessa che però permette i contatti tra
commissione, Parlamento, Stati membri anche consiglio per risolvere la situazione. Nella prassi
una mozione di censura non è stata mai approvata anche se nessuno state presentati un paio,
essere si sono risolte o grazie proprio a queste cose 72 ore oppure perché se arrivate le dimissioni
volontarie della commissione. In linea di principio le ragioni che possono portare alla mozione di
censura sono quelle politiche, simili a quelle per la sfiducia parlamentare anche se si sono
affermate mozioni di censura non per opportunità politica ma per comportamento della
commissione. La gravità della procedura sta nel fatto che comporta alle dimissioni dell'intera
commissione poiché non è prevista una cesura individuale. L'altro rappresentante cessò di essere
membro della commissione ma per decadere dalla carica è necessario un voto del consiglio
europeo.
Per quanto riguarda il controllo politico la terza espressione di esso è data dal mediatore dalle
petizioni. Le petizioni rappresentano delle richieste che possono essere sostanzialmente
presentate dai cittadini europei al Parlamento affinché si chieda a quest'ultimo di poter svolgere
qualche attività o risolvere qualche questione, il mediatore si occupa di risolvere quelle questioni
di cattiva amministrazione da parte principalmente della commissione. Diciamo che il mediatore
risolve quelle questioni che non rappresentano una vera e propria violazione di norme.
LE FONTI
Non esiste una vera e propria gerarchia delle fonti ma può essere ricostruita facendo riferimento
al diritto internazionale generale e una serie di disposizioni all'interno del trattato. Al primo posto
abbiamo il diritto primario inteso come i trattati, questa supremazia deriva dall'articolo 263 del
TFUE secondo cui la Corte di giustizia è competente a pronunciarsi laddove ci siano norme che
violano i trattati. Tra il diritto primario e il diritto derivato abbiamo le fonti intermedie che sono i
principi generali di diritto elaborati dalla Corte di giustizia e gli accordi internazionali. Questo
perché l'articolo 216 afferma che gli accordi sono vincolanti per gli Stati membri e ciò vuol dire che
prevalgono sul diritto derivato ma anche all'articolo 18 prevede che gli accordi internazionali non
debbano valutare il diritto primario ponendo in un punto più elevato a quest'ultimo. Solo una volta
dopo un controllo è stato modificato il diritto primario ed è stato il trattato di adesso nella
Convenzione europea dei diritti dell'uomo mai molti altri casi viene sempre modificato l'accordo
internazionale per renderlo compatibile con il diritto primario.
DIRITTO PRIMARIO
Il diritto primario formato dei trattati istitutivi che sono il TUE e il TFUE. quando si è passati al
trattato di Lisbona si è avuta l'idea di dividere in due il trattato in uno molto ristretto TUE e l'altro
più lungo TFUE. i due trattati hanno la stessa natura e lo stesso valore, cioè citato all'articolo uno
comma tre e all'articolo uno comma due. Nonostante ciò ci sono state molte discussioni in
dottrina riguardo la relazione tra questi trattati e se avessero un rapporto di gerarchia. Per quanto
riguarda il primo aspetto dobbiamo dire che due trattati sono strettamente connessi perché
rappresentano due aspetti dello stesso fenomeno cioè quello dell'unione, anche se rimangono due
trattate autonomi. Per quanto riguarda la questione del rapporto gerarchico alcuni hanno
sottolineato come il TUE debba considerarsi più importante, Non è propriamente corretto dato
che il TFUE contiene una parte relativa ai diritti della cittadinanza che individuano i diritti
fondamentali dei cittadini europei. Il diritto primario è formato anche dai trattati di adesione di
tutti i nuovi Stati membri ma anche con i protocolli allegati trattati punto il protocollo è un
documento che viene allegato ai trattati internazionali e assume la stessa natura e la stessa forza
del trattato a cui è legato. Possono servire a varie ragioni da un lato ad evidenziare la natura
peculiare specifica di un determinato gruppo di norme, dall'altro nel compito di introdurre delle
deroghe per specifici paesi o gruppi di paesi. Mentre protocolli hanno lo stesso valore giuridico dei
trattati, le dichiarazioni non hanno valore giuridico sono semplicemente degli atti con cui le
istituzioni l'unione o i singoli stati dicono qualcosa. Immediatamente dopo il diritto primario
abbiamo le fonti intermedie che suono quegli accordi internazionali e quei principi generali
elaborati dalla Corte di giustizia, queste diventano parte dell'ordinamento attraverso il diritto
pretorio. Questi principi generali di diritto sono sono presi o dallo stesso ordinamento comunitario
o da quello dell'unione, è il più importante è stato quello del principio del primato cioè il principio
secondo cui le norme dell'ordinamento dell'unione prevalgono sulle norme di diritto interno. La
Corte può anche ricavare i principi generali del diritto internazionale ma anche, molto spesso, dagli
ordinamenti interni degli Stati appunto la Corte adatta ai principi che sono collocati negli
ordinamenti nazionali o lire labora attraverso l'operazione di filtraggio punto nel momento in cui
viene questa elaborazione abbiamo un principio che diventa un principio dell'unione punto
secondo alcuni questi principi andrebbero a livello di diritto primario secondo altri andrebbero
addirittura al di sopra di questo tuttavia per avere una posizione intermedia è meglio collocarlo il
tra diritto primario il diritto derivato.
DIRITTO DERIVATO
Il diritto derivato è dato dal diritto ha creato dalle istituzioni cioè da quelle fonti di terzo grado. Il
TFUE all'articolo 288 individua i cosiddetti atti tipici che si dividono in vincolanti ovvero
regolamenti, direttive decisioni e non vincolanti ovvero le raccomandazioni e i pareri.
IL REGOLAMENTO
La direttiva è un atto che presenta due caratteristiche innanzitutto si rivolge agli Stati e non ai
cittadini poi crea in capo agli Stati un obbligo di risultato che si realizza livello dell'unione
attraverso l'emanazione della direttiva e a livello statale nell'introduzione di atti di recepimento
per realizzare suddetto contenuto. La creazione di una direttiva comporta per lo stato l'obbligo di
emanare l'atto di recepimento. Per garantire l'effetto utile alla direttiva gli Stati devono seguire il
principio di equipollenza secondo cui la direttiva va interpretata allo stesso modo e con gli stessi
atti che avrebbe utilizzato se fosse stata disciplinata ex novo. Se per esempio la direttiva ha un
oggetto che disciplinato da una legge dello Stato l'atto di recepimento deve essere fatto attraverso
una legge dello Stato. Potrebbe accadere la situazione in cui in uno stato una volta emanata una
direttiva si trova già all'interno dell'ordinamento ma questo caso di conformità spontanea è molto
limitato. Il recepimento della direttiva deve avvenire in un determinato periodo di tempo che varia
da qualche settimana a un mese in base alla complessità. L'assenza di recepimento comporta una
violazione del diritto dell'unione da parte dello Stato membro. Un caso particolare è quello delle
direttive dettagliate, poiché nel definire il risultato la direttiva può essere più vaga lasciando più
discrezionalità agli Stati oppure più dettagliato. Raggiungendo però un grande livello di dettaglio la
direttiva potrebbe equivalere ad un regolamento, tuttavia, il problema delle direttive dettagliate
sta nel fatto che in alcuni casi il trattato prevede che in una determinata materia possa essere
emanata una direttiva ma non un regolamento. La dottrina sottolinea questo problema poiché
l'obiettivo della direttiva è quello di produrre un'armonizzazione del diritto, dato che il
regolamento produce un’uniformazione del diritto. Ci sono determinati settori in cui è
fondamentale che la disciplina sia uguale in tutti gli Stati altri invece in cui c'è una forte
componente di cultura nazionale e la discrezionalità è maggiore.
Articolo 288 del TFUE prevede come atto anche le decisioni che sono definite come un atto
obbligatorio in tutti i suoi elementi punto si dividono in decisioni particolari che sono quelle
decisioni che hanno specifici destinatari e vengono notificate una volta emanate, e le decisioni di
portata generale che si dirigono a tutti gli Stati e sono sostanzialmente delle altre obbligatori,
mentre quelle particolari hanno un carattere amministrativo. Esiste un'altra categoria di decisione
ovvero quelle di carattere organizzativo cioè quelle che vengono emanate per nominare il membro
di un'istituzione e che non si rivolgono all'esterno dell'unione.
Dobbiamo adesso accennare ha due arti di diritto derivato che non sono vincolanti: le
raccomandazioni e i pareri. Le prime sono una manifestazione di volontà con la quale l'istituzione
chiede al destinatario di tenere una certa condotta, siamo di fronte a un'altro che in realtà nel suo
contenuto potrebbe avere valore normativo ma che in realtà è una semplice esortazione. I secondi
sono un atto che non ha contenuto normativo ma si usa per esplicitare il punto di vista di colui che
lo emana. Dalle istituzioni vanno distinti i pareri emanati dalla Corte di giustizia che sono invece
atti di natura diversa e previsti dall'articolo 218 paragrafo 11 E che soprattutto hanno un carattere
vincolante.
Le istituzioni oltre a quelli previsti dall'articolo 288 possono emanare altri atti. Prima di tutto
dobbiamo distinguere atti atipici che sono disciplinati dal trattato ma non dall'articolo come per
esempio la proposta della commissione poi regolamenti interni delle istituzioni. E atti non previsti
dai trattati che sono molto più numerosi e non sono previsti da nessuna disposizione del trattato,
la loro caratteristica è quella di non essere vincolanti. Questi tipi di atti possono essere a rilevanza
interna tre quali rientrano gli accordi interistituzionali Ovvero quella categoria che ha come parti
contraenti le istituzioni, le principali istituzioni che concorrono sono consiglio commissione e
Parlamento. Sono in sostanza dei gentlemen Agreement tra le istituzioni. Questi non sono proprio
accordi ma si basano sul principio della buona fede. E a rilevanza esterna ovvero quegli atti che
non sono previsti dei trattati ma che hanno comunque effetto sui terzi, qui il riferimento principale
e alle comunicazioni della commissione attraverso le quali essa indica alla propria interpretazione
e valuta l'applicazione di determinate norme del trattato. Questo documento ha un'importante
impatto per le imprese proprio perché la commissione materia di concorrenza un potere di
sanzione e quindi è importante sapere come questa la pensi appunto un altro atto a rilevanza
esterna e la dichiarazione che è un atto che potrebbe assomigliare ad un parere e con cui l'unione
europea dice all'esterno cosa pensa di una determinata situazione, ovviamente non ha nessun
effetto giuridico. L'ultimo principio è quello dello smascheramento dell'atto che è stato elaborato
dalla Corte di giustizia sostenendo che un atto quando deve essere valutato ai fini ad esempio di
una causa non bisogna andare a vedere il titolo che l'atto ha ricevuto dall'istituzione che lo ha
emanato poiché nel caso degli atti legislativi e la commissione che del titolo quando presenta la
sua proposta, quindi bisogna vedere il contenuto.
Nel rapporto tra questi due ordinamenti che viene definita adattamento del diritto interno al
diritto internazionale, la possibilità per le norme internazionali di far parte di quelle interne passa
attraverso l'intervento del legislatore. In Italia, per esempio, le norme di diritto internazionale
entrano nel nostro ordinamento grazie all'articolo 10, questa norma viene chiamato
trasformazione prevalente, Cioè permette automaticamente alle norme internazionali di entrare
nel diritto interno. Per quanto riguarda i trattati internazionali conclusi dall'Italia è necessario che
vi sia l'intervento del legislatore che di solito avviene parallelamente alla ratifica e prende il nome
di atto di esecuzione. Una caratteristica dei rapporti tra ordinamento statale e quello
internazionale e il rango con cui le norme dell'ordinamento vengono introdotte. Il principio che
vige è quello secondo il quale la norma ha lo stesso valore della norma che lo immette. Per
esempio, le norme di diritto internazionale hanno rango superiore a quello della legge ordinaria
mentre per quanto riguarda i trattati entrano nel nostro ordinamento come legge ordinare. Il
rapporto tra l'ordinamento dell’UE e l'ordinamento statale si basa sul principio di mediatezza che a
sua volta si articola in due principi quello dell'effetto diretto è quello della diretta applicabilità.
Entrambi indicano che la norma dell'unione europea entra nell'ordinamento internazionale
direttamente in virtù dell'appartenenza dello Stato dell'unione. Nel caso dell'unione europea però
il rango delle norme del diritto dell'unione immessa nell'ordinamento nazionale hanno un rango
che non è stato deciso dallo stato ma è stato deciso dall'unione attraverso un principio generale di
diritto cioè quello del primato. Questo principio permette di applicare il diritto dell'unione in modo
uniforme all'interno dell'ordinamento e permette di evitare che l'uniforme applicazione del diritto
dell'unione possa essere vanificata da un'opera del legislatore nazionale.
La diretta applicabilità è la qualità che hanno alcuni atti le cui norme non prevedono alcun
provvedimento da parte dello Stato per produrre i loro effetti, gli effetti diretti sono qualcosa di
simile, infatti, capita che la Corte di giustizia utilizzi questi termini come sinonimi, tuttavia, si
preferisce distinguere questi concetti poiché rappresentano due facce della stessa medaglia. Sei la
prima pone l'accento sulla capacità che ha la norma di entrare nell'ordinamento nazionale senza
intervento del legislatore, la seconda evidenzia l'idoneità della norma a creare diritti e obblighi in
capo ai singoli cittadini. Esistono casi in cui le norme non sono direttamente applicabili ma
possono produrre effetti diretti come per esempio le direttive, ma anche casi in cui gli atti sono
direttamente applicabili ma non producono effetti diretti come il regolamento. gli effetti diretti
possono essere verticali e cioè che si manifestano nei rapporti tra i singoli dello Stato e orizzontali
che si manifestano nei rapporti tra singoli quando si può far valere gli effetti diretti nei confronti di
altri privati. In linea di massima possono produrre effetti diretti tutte le norme vincolanti come
quelle dei trattati istitutivi, il resto del diritto primario, i principi generali di diritto del Ue enorme
contenuti in accordi internazionale. nello specifico una norma produce effetti diretti se è chiara
precisa e incondizionata. Una norma è chiara e precisa quando contiene un precetto giuridico
sufficientemente definito affinché i soggetti destinatari possano comprenderne la portata e il
giudice possa applicarlo nei giudizi mentre e incondizionata se il precetto è completo e se non
richiede degli atti di attuazione. Oltre che all'enorme dei trattati che ovviamente sono chiare,
precise e incondizionate, possono produrre effetti diretti anche disposizioni dei trattati che
impongono obblighi agli Stati. Per capire meglio g ti amo la sentenza della Corte di giustizia del
1963 che ha creato il principio degli effetti diretti ovvero la sentenza Van Gend e Loos. Questa
discuteva sull'articolo 12 del trattato CEE Che prevedeva delle more del completamento del
mercato comune, Ed essendo chiara, precisa e incondizionata crea il diritto in capo ai singoli
cittadini di far valere di fronte al giudice nazionale l'eventuale violazione del proprio stato del
divieto di imporre questi dazi doganali. Con questa sentenza la Corte di giustizia elabora e crea il
principio degli effetti diretti individuando le caratteristiche che deve avere la norma per produrli.
riguardo gli effetti diretti orizzontali La Corte è tornata sulla constatazione prendendo l'esempio
del divieto di discriminazioni fondate sulla nazionalità che si rivolge a tutti i soggetti
dell'ordinamento dell'unione. Quindi questo divieto è una norma che riguarda le relazioni anche
tra privati e che deve essere garantito dal giudice nazionale. Questo principio è stato sancito nella
sentenza aragonese del 6 giugno del 2000 Dalla quale emerge che sia una norma del trattato
vengono riconosciuti degli effetti diretti orizzontali, in capo al singolo si creano non solo dei diritti
tutelabili dal giudice nazionale ma anche degli obblighi la cui violazione può essere sanzionata. Per
quanto riguarda il regolamento, essendo direttamente applicabile, produce effetti diretti, tuttavia,
questo è il chiaro esempio in cui i due concetti lo hanno tenuti separati poiché può succedere che
un regolamento pur rimanendo un atto direttamente applicabile non sia atto a produrre effetti
diretti, questo è il caso di un regolamento non self-executing dove per una disciplina non del tutto
esaustiva abbiamo un regolamento che è direttamente applicabile ma che non produce effetti
diretti.
Dopo i regolamenti e le norme di diritto primario La Corte di giustizia nel 1970 ha affermato la
possibilità che anche le decisioni potessero produrre gli effetti diretti, sempre che però la norma
sia chiara, precisa e incondizionata. Secondo la Corte le decisioni sono attivi vincolanti per gli Stati
e pertanto sarebbe incompatibile privare i singoli della possibilità di invocare tali atti di fronte al
giudice nazionale appunto la sentenza in questione è quella di grado del 1970 che riguardava la
possibilità che una decisione in materia di concorrenza nel settore dei trasporti potesse produrre
degli effetti diretti nei rapporti tra Stati e singoli e quindi creare dei diritti soggettivi che il giudice
nazionale avrebbe dovuto tutelare. La ratio che si trova alla base degli effetti diretti delle decisioni
riguarda il fatto che queste sono atti che creano obblighi nei confronti dello Stato e questo obbligo
fa nascere un diritto equivalente in capo al cittadino che quest'ultimo può far valere di fronte al
giudice nazionale.
Rifacendosi alle decisioni la Corte si è pronunciata in merito agli effetti diretti che riguardano le
direttive. Di regola non è la direttiva produrre effetti diretti ma possono essere singole enorme
contenute all'interno della direttiva a cui possono essere riconosciuti effetti diretti. La Corte
basandosi sullo stesso principio delle decisioni riconosce con la sentenza Van Duyn del 1974
l'esistenza degli effetti diretti per le direttive. Se la direttiva è un atto obbligatorio che si rivolge nei
confronti degli Stati allora sarebbe impensabile farvene in meno la natura obbligatoria dell'atto e
non far scaturire un corrispondente diritto del cittadino. La ratio è la stessa così come i termini
della sentenza sulle decisioni. Tuttavia, la direttiva è un atto particolare poiché oltre a produrre
effetti solo se le norme sono chiare, precise incondizionate, necessità di un altro requisito ovvero il
fatto che la direttiva sia scaduta e non attuata o attuata in maniera scorretta. Il problema di
valutare se questi diritti possono essere fatti derivare per il singolo cittadino sia nel momento in
cui l'atto di recepimento manca per colpa dello Stato che non ha recepito entro i termini previsti
punto in questo caso il cittadino e il diritto di andare a vedere attraverso il ricorso al giudice
nazionale se nella direttiva originaria si possa individuare una norma sufficientemente chiara,
precisa ed incondizionata che possa attribuire al cittadino dei diritti. Nel caso delle direttive
l'efficacia diretta un duplice ruolo poiché da un lato costituisce un modo attraverso cui i singoli
possono far valere i diritti nascenti dall'atto che verrebbero pregiudicati se lo stato non lo
recepisse e dall'altro quello di sanzionare lo stato inadempiente evitando che questo possa valersi
del suo inadempimento per sottrarsi agli obblighi prescritti dalla direttiva. Ovviamente la direttiva
è un atto obbligatorio solamente nei confronti degli Stati, i diritti e gli obblighi derivano dall'atto di
recepimento che obbliga gli Stati al raggiungimento il tuo risultato e che quindi afferma che la
direttiva non possa produrre effetti diretti orizzontali. L'effetto diretto di una direttiva opera
esclusivamente attribuendo diritti al singolo che può rivendicare nei confronti dello Stato.
Un problema delle direttive deriva dal fatto che queste producano soltanto effetti diretti verticali.
Per capire meglio questo problema possiamo parlare del divieto di licenziamento della lavoratrice
in gravidanza e per un certo periodo dopo il parto punto se questa direttiva non viene percepita
dallo stato era una lavoratrice viene licenziata, potrebbe rivolgersi al proprio giudice nazionale per
far annullare il licenziamento. Tuttavia, però tanto che gli effetti diretti della direttiva sono soltanto
verticali il giudice può annullare il licenziamento solo se il datore di lavoro della lavoratrice è lo
stato in caso contrario dovrebbe rigettare la richiesta poiché si creerebbe un effetto diretto
orizzontale. In questo caso la disparità di trattamento è evidente. La Corte di giustizia si è resa
conto di questa disparità, tuttavia, non può sulla base della ratio delle direttive modificare il
proprio orientamento. Tuttavia, si è cercato di ovviare a questo problema con due rimedi:
l'estensione della nozione di Stato e l'introduzione del principio dell'interpretazione conforme.
Il primo rimedio individuato dalla Corte di giustizia è stato quello di estendere la nozione di Stato il
più possibile in modo da accrescere l'ambito dello Stato stesso dando così più possibilità di vedersi
riconosciuti i propri diritti e di rientrare nella categoria degli effetti diretti verticali. Su questo
aspetto prendiamo come riferimento la sentenza Foster del 12 luglio del 1990. in questa sentenza
viene data una definizione di Stato ai fini degli effetti diretti di una direttiva che poi viene ripetuta
con variazioni minime solamente di forma virgola di espressione nella giurisprudenza successiva. È
stata estesa la definizione di Stato considerando stato tutti gli enti, le autorità e gli organi ai quali
lo stato con un atto di pubblica autorità concesso dei privilegi, delle situazioni e dei diritti che non
sono equivalenti a quelli normalmente goduti dai privati.
Ricapitolando: se la direttiva è scaduto e non recepita il cittadino che vuole far valere un proprio
diritto deve rivolgersi al giudice nazionale che è valuta l'esistenza di disposizioni chiare precise ed
incondizionate all'interno della direttiva da cui trarre il diritto appunto successivamente dive
valutare se il singolo rivendica il diritto nei confronti dello Stato e quindi riconosce il diritto, ma nel
momento in cui si trovi di fronte a disposizioni non chiare, precise di ed incondizionate o davanti a
un altro singolo, deve passare al rimedio dell'interpretazione conforme. se è possibile verrà
riconosciuto il diritto ma se ciò non fosse applicabile l'ultima strada è quella che il singolo si rivolga
al giudice nazionale affinché questo riconosca la responsabilità dello Stato e quindi ottenere la
liquidazione di un risarcimento.
Il secondo aspetto del principio di immediatezza e il principio del primato. Esso nasce come
principio generale di diritto dell'unione e viene creato dalla Corte di giustizia. Dice una cosa
semplice ovvero che il diritto dell'unione prevale sul diritto interno che se in contrasto deve essere
disapplicato. Questo principio viene elaborato poiché in un ordinamento caratterizzato da norme
che hanno la capacità di entrare direttamente negli ordinamenti nazionali era necessario che
quest'enorme avessero la stessa forza all'interno dell'ordinamento dei singoli stati e che non
potessero essere modificati a piacimento da questi. L'unico modo era privare gli Stati del potere di
decidere autonomamente il rango delle norme dell'unione ma anche scegliere un rango che
dovesse essere superiore a tutte le norme dell'ordinamento interno. Questi due aspetti sono
soddisfatti con il principio del primato. Esso viene elaborato dalla Corte di giustizia nella sentenza
costa Enel del 15 luglio 1964 Che afferma come il principio del primato è una condizione essenziale
del diritto comunitario, che per effetto del principio del primato le norme dell'ordinamento
comunitario si impongono sulle norme degli ordinamenti nazionali e che questo principio deve
essere rispettato dallo stato nel suo insieme quindi oltre che al legislatore anche la p.a e i giudici
nazionali.
La controversia tra Corte costituzionale italiana e Corte di giustizia nasce perché, quando sorge il
processo di integrazione europea, era evidente che gli state aderendo alla comunità avrebbero
accettato delle limitazioni piuttosto pesanti. La situazione in Italia era diversa poiché per la ratifica
dei trattati istitutivi delle comunità si poteva procedere con una legge costituzionale, tuttavia, ciò
non fu fatto poiché si era consapevoli dell'esistenza in Parlamento di una certa opposizione che
non avrebbe mai fatto raggiungere la ratifica. Quindi pur di ratificare il governo decise di attuarla
mediante una semplice legge ordinaria. Questa situazione ha creato due problemi da un lato il
fatto che essendo ratificate come legge ordinaria il giudice si trova in difficoltà in caso di contrasto
e dall'altro il fatto che potevano essere o meno sottoposte ad un controllo di costituzionalità.
Dobbiamo di nuovo a chiamare in causa la sentenza costa Enel e affermare come ce ne siano 2 una
emanato dalla Corte costituzionale e l'altra della Corte di giustizia. La situazione nasce quando il
signor costa si rifiuta di pagare le bollette dell'enel ritenendo che la legge di nazionalizzazione
fosse in contrasto con il trattato che prevedeva lo smantellamento dei Monopoli di Stato. Questa
controversia fece si che il giudice conciliatore di Milano da un lato rinvio alla Corte di giustizia e
dall'altro alla Corte costituzionale per valutare l'eventuale violazione dell'articolo 11 della
costituzione. La sentenza della Corte di giustizia pone in essere il principio del primato mentre
quella della Corte costituzionale dice esattamente l'opposto. Poiché secondo la Corte l'articolo 11
è una natura permissiva cioè permette all'Italia di far parte di organizzazioni internazionali ma non
ha nulla a che vedere con il rango, ciò significa che nel nostro diritto il diritto dell'unione ha lo
stesso livello della legge ordinaria e quindi si applica il principio della successione delle leggi nel
tempo.
Dopo questo contrasto tra le due sentenze c'è stato un progressivo riavvicinamento soprattutto da
parte della Corte costituzionale. La prima sentenza che ritorna sul problema è quella del 1975 sulle
industrie chimiche secondo cui la Corte costituzionale dice che il vigente ordinamento non
conferisce al giudice italiano il potere di disapplicare le norme interne incompatibili con quelle
dell'unione. Di fronte a questa determinata situazione il giudice non può scegliere quale norma
applicare ma è tenuto a sollevare la sua legittimità costituzionale. La Corte costituzionale dice che
in un contrasto tra il regolamento comunitario ad una norma interna il giudice applica il primo solo
quando il regolamento e successivo ad una norma interna, quando accade il contrario è possibile
che il giudice blocca il procedimento. La Corte di giustizia risponde indirettamente alla Corte
costituzionale nella sentenza del 1978 Simmenthal In cui dice che l'applicabilità diretta va intesa
nel senso che le norme di diritto comunitario devono esplicare la pienezza dei loro effetti e sono
fonte immediata di diritti e di obblighi sia per gli Stati membri che per i singoli ma anche i giudici
che hanno il compito di tutelare i diritti attribuiti ai singoli dal diritto comunitario.
Dopo la sentenza la Corte costituzionale nel 1984 giunge ad una soluzione con la sentenza
Granital. In questa sentenza la Corte dice che quando la norma successiva è incompatibile si
applica il principio della successione delle leggi nel tempo dopo, così come quando la norma
interna virgola che è incompatibile è stata emanata dopo quella comunitaria. In caso di conflitto
può essere abrogata. La Corte sostanzialmente cambia la sua opinione ma non la sua idea, poiché
se la Corte di giustizia immaginava un rapporto gerarchico, la Corte costituzionale ritiene che i due
ordinamenti siano distinti e autonomi e non si pongano uno sotto l'altro ma uno a fianco all’altro.
Il giudice nazionale non può abrogare la norma interna incompatibile ma semplicemente non la
applica cioè evita che questo avvenga rilievo. esso se si trova davanti ad una controversia dove vi è
da un lato il regolamento e dall'altro una legge internazionale incompatibile semplicemente il
giudice decide di applicare il regolamento comunitario.
L’UE è una comunità di diritto con un sistema di tutela giurisdizionale particolarmente efficace. il
controllo di conformità che viene esercitato dagli organi è un meccanismo di controllo obbligatorio
nel senso che ogni Stato deve accettare questa forma di controllo, incondizionato cioè non è
sottoposto ad una preventiva accettazione degli Stati membri e completo cioè vi partecipano sia
giudici nazionali che europei. tutto ciò è previsto dall'articolo 19 del TUE. Quando si legge a Corte
di giustizia dell'unione si indica l'intero sistema giurisdizionale europeo diviso a sua volta in Corte
di giustizia tout court e tribunale. L'articolo 19 parla anche dei tribunali specializzati, in realtà era
stato istituito un tribunale speciale composto da 7 giudici che aveva come compito quello di
risolvere le controversie relative al personale dell'unione ma attualmente non esiste. I giudici
nazionali hanno un ruolo importante poiché sono chiamati ad applicare il diritto dell'unione
all'interno del proprio paese agendo come i giudici comunitari. gli organi giurisdizionali dell'unione
sono si soggetti al principio di competenze di attribuzione cioè possono esercitare solamente
quelle competenze conferite loro dei trattati mentre tutto il resto compete ai giudici nazionali.
Questi devono applicare nell'ambito delle loro competenze le norme dell'unione e disapplicare
quale interna incompatibili ovviamente se l'enorme sono dotate di effetti diretti il giudice il
compito di garantire l'applicazione del diritto di Unione ma può anche essere aiutato dalla Corte di
giustizia attraverso l'invio pregiudiziale. nell'operare come aggiunge comunitario il giudice
nazionale applica il diritto processuale nazionale ovvero utilizza le norme del diritto processuale
attraverso il principio dell'autonomia procedurale. Le fonti del diritto processuale dell'unione
vedono come fonte primaria il diritto primario che comprende l'articolo 19 del TUE, gli articoli dal
251 al 181 del TFUE e lo statuto della Corte di giustizia dell'unione europea contenuto in un
protocollo che viene aggiornato di solito ogni 2/3 anni. Oltre al diritto primario esistono delle fonti
di diritto derivato come di procedura distinti il regolamento di procedura della Corte di giustizia
regolamento di procedura del tribunale e in ultimo abbiamo gli strumenti di soft Law come le
raccomandazioni all'attenzione dei giudici nazionali relative alla presentazione delle domande di
pronuncia pregiudiziale e le istruzioni pratiche alle parti relative alle cause innanzi alla Corte.
LA CORTE DI GIUSTIZIA
IL TRIBUNALE
Il tribunale nasce nel 1989, prima del trattato di Lisbona era chiamato tribunale di primo grado. Le
ragioni che hanno portato alla creazione del tribunale sono da un lato a quella di aiutare la Corte
di giustizia a far fronte al crescente numero di cause liberando quest'ultima dalle cause anche
meno rilevanti dal punto di vista giuridico, dall'altro quello di dare vita un doppio grado di giudizio
per quanto riguarda quelle cause introdotte dai singoli e quindi dalle persone fisiche e giuridiche.
L'obiettivo era quello di ricreare un sistema simile a quello nazionale per tutelare al meglio i diritti
dei singoli punto nel corso del tempo c'è stata una crescita progressiva che ha previsto due giudici
per ogni Stato membro punto per quanto riguarda i criteri e le modalità di nomina dei giudici del
tribunale questi sono gli stessi previsti per la Corte punto il tribunale ha sede in Lussemburgo e
opera in 10 sezioni composte da 5 giudici, inoltre esiste anche qui la grande sezione composta da
15 giudici. Quattro sezioni si occupano in modo specifico delle cause riguardanti il personale
mentre le altre sei si occupano delle cause relative alla proprietà intellettuale. Si penso anche di
creare dei tribunali specializzati, questa scelta era diretta sostanzialmente aumentare la velocità
delle cause, liberando i due organi principali da una mole di lavoro in ogni differente come quella
delle cause sulla funzione pubblica. Tuttavia, la scelta che è stata fatta nel 2015 è stata quella di
ricentralizzare la competenza di questi tribunali specializzati nel tribunale e ampliare il numero di
giudici di quest'ultimo. Nel tribunale per sveltire maggiormente il lavoro è previsto che una causa
possa essere affidata ad un giudice unico. questo ha scelta risiede nel presidente della sezione che
se ritiene che per quella causa esista una giurisprudenza chiara ed ampia può affidarla ad un
giudice unico. Casi in cui questa possibilità è esclusa a priori e quando la causa riguarda la validità
di un atto ha portata generale, verte sulla concorrenza o sulle concentrazioni di impresa e riguarda
le organizzazioni comuni di mercato. le sentenze del tribunale possono essere impugnate per
motivi di diritto di fronte alla Corte. Le competenze della Corte di giustizia dell’UE sono organizzate
in azioni che sono tassative ciò significa che possono essere spedite di fronte alla Corte solo le
azioni previste e disciplinate dal trattato. La giurisdizione si divide in giurisdizione contenziosa e
non contenziosa. La prima prevede che esista un contenzioso tra due parti quindi un attore un
convenuto e la Corte il compito di operare un controllo diretto, la seconda prevede che la Corte
non sia il giudice della controversia ma opera solamente un controllo indiretto. Per quanto
riguarda il comportamento degli Stati ne parliamo di una procedura di infrazione cioè che mira a
valutare il fatto che lo stato si sia comportato conformemente agli obblighi derivanti
dall'appartenenza all'unione oppure che l'abbia violato. In secondo luogo, la Corte controlla il
comportamento delle istituzioni attraverso l'attività principale che queste svolgono punto quindi il
controllo sulle istituzioni è di fatto un controllo di legittimità degli atti che queste emanano. In
questo caso parliamo di azione di annullamento che prevede l'annullamento di un atto dell'unione
o azione in carenza vale a dire dell'omissione colpevole dell'emanazione di un atto. La Corte si
occupa anche della responsabilità extracontrattuale per i danni causati dalle istituzioni o il
contenzioso in materia personale. Infine, la giurisdizione non contenziosa contempla il rinvio
pregiudiziale.
per quanto riguarda la procedura di infrazione questa può essere promossa dalla commissione da
uno Stato membro e si divide in due fasi: fase precontenziosa e fase contenziosa. La prima è
particolarmente importante e può durare più anni perché possono esserci violazioni
particolarmente complesse virgola in questa fase la commissione ha piena discrezionalità e di
solito la commissione dà precedenza a quelle che ritiene più gravi secondo tre criteri: Quale
violazione dei principi fondamentali del diritto dell'unione, quelle che pregiudicano l'effettivo
funzionamento dell'ordinamento dell'unione e quelle che riguardano il mancato recepimento di
una direttiva. la procedura inizia con un primo atto emanato dalla commissione la cosiddetta
lettera di messa in mora, quest'atto contesta allo stato l'esistenza della violazione, indica gli
elementi di fatto di diritto secondo i quali c'è stata la violazione e individuo le specifiche
disposizioni che sono state violate. Questa è un documento informale cioè un atto attraverso cui la
commissione dà la possibilità allo stato di potersi difendere. Ciò avviene attraverso memorie o
incontri organizzati, tuttavia, se la commissione giudica insufficienti le indicazioni viene
predisposto il parere motivato. È un atto formale in cui si precisano ancora una volta gli addebiti
contestati e viene assegnato allo stato un termine che serve per potersi conformare al parere e
porre fine alla violazione. a questo punto la commissione può ricorrere alla Corte di giustizia
virgola non è obbligata e poi decidere di non ricorrere a quest'ultimo anche quando lo stato non
adempia. La seconda è la fase contenziosa che viene anche chiamata azione di inadempimento
punto in questa fase la commissione l'attore della causa è lo stato e il convenuto ed il ricorso è
recepibile se è stata la svolta correttamente la fase precontenziosa, se è decorso il tempo previsto
dal parere motivato, se vi è coincidenza tra le censure mosse dallo stato di fronte alla Corte e
quelle contenute nel parere motivato. Per quanto riguarda la sentenza della Corte di giustizia
questa può essere di condanna oppure di assoluzione ma in ogni caso essa è prima di tutto
dichiarativa cioè accerta o meno l'esistenza dell'inadempimento, in secondo luogo è obbligatoria
secondo l'articolo 216 del TFUE. Non esistendo un termine per l'esecuzione da parte dello Stato se
e questo non la esegue, la commissione, ha fatto passare un termine congruo può presentare un
nuovo ricorso con una nuova procedura di infrazione e con un nuovo oggetto punto in questo caso
parliamo della doppia condanna e la fase precontenziosa è semplificata cioè non ci sono ne parere
motivato e ne lettera di messa in mora. Ci sono due casi in cui la sentenza della Corte su richiesta
della commissione può condannare lo stato al pagamento di una sanzione, questi sono il caso di
sentenza di condanna per violazione dell'obbligo di eseguire una sentenza è il caso di mancata
comunicazione delle misure di attuazione di una direttiva quindi il mancato recepimento. La
procedura di infrazione può essere iniziata anche da uno Stato membro che denuncia la violazione
di una norma da parte di un altro stato. È previsto che lo stato debba rivolgersi alla commissione e
che questa debba svolgere una funzione di conciliazione per risolvere la controversia. lo stato che
promuove l'azione non deve dimostrare un proprio interesse e se la commissione non riesce a
risolvere la controversia deve emanare un parere motivato. Se dà ragione allo stato ricorrente il
parere motivato diventa del tutto analogo a quello tradizionale e la procedura continua con la
commissione che prende il posto dello Stato di corrente e continua fino ad arrivare eventualmente
di fronte alla Corte di giustizia. Se per la commissione l'infrazione non esiste allora lo stato poi sto
stesso a dire direttamente la Corte di giustizia.
il ricorso deve essere presentato entro due mesi dalla pubblicazione dell'atto della notifica, a
questi si devono aggiungere i termini di distanza ovvero 10 giorni e la presentazione del ricorso
non sospende l'efficacia dell'atto impugnato. Le cause di invalidità sono l'incompetenza che può
essere territoriale, temporale, materiale funzionale, la violazione delle forme sostanziali, lo
sviamento di potere virgola e la violazione dei trattati di qualsiasi regola di diritto relativo alla sua
applicazione. Se l'atto ha portata generale l'atto viene dichiarato dalla Corte nullo e non avvenuto
con effetti ex tunc ed erga omnes, è come se l'atto non fosse stato emanato. Se l'atto stabilisce dei
destinatari si produce solo nei confronti del ricorrente e non può estendersi a terzi estranei.
L'annullamento può essere anche parziale limitarsi solo ad alcune parti dell'atto.
RINVIO PREGIUDIZIALE
È la principale competenza della Corte di giustizia ed è dovuto all'efficacia diretta che comportano
gli effetti dei regolamenti, per esempio, e quindi la capacità della norma di creare diritti e obblighi
in capo ai cittadini i cui diritti possono essere fatti valere e tutelati di fronte al giudice nazionale. Il
giudice nazionale un giudice di frontiera cioè quello che la responsabilità principale all'interno di
ciascuno Stato di tutelare la corretta e diretta applicazione del diritto dell'unione. Il rinvio
pregiudiziale uno strumento offerto dal giudice nazionale che vi può ricorrere quando durante un
processo sorgono questa è una relativa all'interpretazione della norma dell'unione o della validità
della stessa. Se per la soluzione che è di fronte necessario sciogliere una questione che riguarda
l'interpretazione della norma dell'unione o la validità di un atto il giudice nazionale sospende il
processo invia la Corte di giustizia i quesiti chiamati appunto questioni pregiudiziali.
Caratteristiche del rinvio pregiudiziale sono il fatto che ha come obiettivo il creare tra Corte di
giustizia il giudice nazionale un dialogo finalizzato l'applicazione del diritto dell'unione. E anche un
mezzo per far sì che il diritto dell'unione abbia un'applicazione uniforme in tutta l'Ue, infatti si
deve pensare e quando il giudice applica ho interpreta lo fa la luce del proprio background che può
essere diverso da un paese all'altro, quindi era necessario garantire una sorta di centralizzazione
dell'interpretazione per forza che è questa potesse assumere delle caratteristiche uniforme in tutti
gli Stati. Il rinvio ha una natura incidentale cioè non è un mezzo di ricorso autonomo ma si
inserisce di fronte ad un giudizio già instaurato di fronte ad un giudice nazionale. E nelle mani del
giudice nazionale quindi egli può essere sollecitato dalle parti, ma, nonostante ciò, è il giudice
nazionale che ha la piena discrezionalità per la Corte di giustizia. La presenza di un dubbio da parte
del giudice è fondamentale per fare il rinvio pregiudiziale; quindi, affinché nasca la necessità di
operare l'invio è necessario che il giudice maturi un dubbio relativo all'interpretazione e in questo
caso parliamo di rinvio pregiudiziale sull'interpretazione oppure quando il dubbio matura sulla
validità abbiamo il rinvio pregiudiziale sulla validità. Ciò che cambia solo l'oggetto. Il rinvio
pregiudiziale una competenza esclusiva della Corte di giustizia quella attraverso la quale essa crea
quei principi generali dell'ordinamento.
Non esiste un elenco di giudici nazionali che possono fare rinvio ma secondo l'articolo 267 del
TFUE ci sono sei criteri che individuano la nozione di giurisdizione internazionale: l'origine legale
dell'organo che deve essere istituito da una fonte di diritto e non da un accordo tra le parti, il
carattere permanente che non deve esercitare funzioni giurisdizionali in via occasionale,
l'obbligatorietà, la natura contraddittoria del procedimento, il giudice deve decidere secondo
diritto e non secondo equità e l'indipendenza dell'organo. Questi requisiti non hanno tutti la stessa
rilevanza alcuni sono più importanti comeil criterio dell'indipendenza altri come la natura
contraddittoria del procedimento hanno assunto una rilevanza più relativa. Anche se ciò ha
permesso alla Corte di giustizia ed accettare sempre più rinvii pregiudiziali, le corti costituzionali
non fanno molti rinvii pregiudiziali, come la Corte costituzionale italiana che per molti anni ha
sostenuto di non aver bisogno di fare rinvii pregiudiziali. Questo perché La Corte non ha mai
riconosciuto di fatto una prevalenza della Corte di giustizia dell’UE non ha mai accettato di porsi in
una situazione subalterna. nel 2008 la Corte costituzionale ho fatto per la prima volta un rinvio
pregiudiziale riferito alla legittimità costituzionale da alcune imposte mentre solo nel 2013 ah fatto
il primo rinvio nell'ambito di un giudizio di costituzionalità. Quando parliamo di rinvio pregiudiziale
dobbiamo distinguere i casi in cui ho obbligatorio i casi in cui è facoltativo: nel primo caso quando
e una giurisdizione avversa le cui decisioni non possono essere proposti giurisdizionali di diritto
interno, la seconda quando è una giurisdizione avversa e c'è la possibilità di un ricorso
giurisdizionale di diritto interno. Questa distinzione è stata fatta sia per evitare un carico eccessivo
alla Corte ma anche per renderlo strumento efficace. Tuttavia, sia per il caso obbligatori che per
quelli facoltativi il giudice di unica ultima istanza è obbligato a fare rinvio pregiudiziale nel
momento in cui maturò un dubbio circa l'interpretazione di un anno norma o lavori dita di un atto.
Quindi si applica il rinvio pregiudiziale quando il giudice di ultimo unica istanza ha un dubbio
nell'interpretazione della norma poi in caso di rinvio sulla validità quando il giudice nazionale
anche non di ultima o unica istanza ritenga che un atto dell’UE sia viziato.
Spetta al giudice nazionale chi ha la diretta conoscenza dei fatti di causa valutare quanti e quali
quesiti pregiudiziali sottoporre alla Corte di giustizia appunto questo è competenza si scontra però
con il potere della Corte di giustizia di fissare i limiti della propria giurisdizione e quindi la
valutazione fatta dal giudice in merito alla necessità dei quesiti viene vagliata dalla Corte che può
modificare i quesiti laddove formulati in modo improprio. Questo porta al fatto che il giudice
nazionale deve descrivere chiaramente in maniera esaustiva e fatti di causa proprio perché
solamente così la Corte di giustizia ha appena conoscenza della causa punto la Corte di giustizia
può anche rifiutarsi di rispondere cioè è capitato una sola volta nel 1980 con la famosa causa
foglia-novello nella quale La Corte di giustizia si accorse che il rinvio pregiudiziale era volto a far sì
che la Corte si pronunciasse sulla incompatibilità di una norma nazionale con il diritto dell’UE.