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Diritto dell’Unione Europea 2023.

Flavia Fastelli

1° lezione
Parte istituzionale+ materiale (con esercitazioni seconda parte)
L’unione europea è un’organizzazione internazionale, la più evoluta che ci sia,
che nasce da trattati, formata da 27 stati.
La convenzione di Vienna dice che un trattato tra stati è un accordo
internazionale concluso per iscritto tra stati e regolato dal diritto
internazionale, che sia costituito da un solo strumento o da più, qualunque
sia la loro particolare denominazione.
Fasi del trattato internazionale: negoziazione che si conclude con la firma,
l’atto con il quale lo stato si vincola a rispettare il trattato è la ratifica.
Successivamente avviene l’adattamento.
PROCESSO DI INTERGRAZIONE EUROPEA: anni ’50

• stati vogliono cercare un modo per collaborare fra di loro dopo la 2GM
per garantire la pace sul territorio europeo
• per cercare un modo per risolvere il problema della potenza tedesca
senza adottare misure punitive (che avevano portato alla 2GM) quindi
decidono di integrarla
• gli stati uniti spingono per una zona di pace e di sviluppo economico in
Europa come alleati e anche un mercato, stanziano infatti il piano
Marshall per fornire aiuti comuni all’Europa.
3 TENDENZE DEL PROCESSO DI INTEGRAZIONE:

• APPROFONDIMENTO: i legami fra gli stati si sono intensificati sempre


di più, art. 48 TUE che consente la modifica dei trattati al fine di
aumentare le competenze dell’organizzazione per maggiore unione con la
stratificazione di trattati che consentono ciò.
• ALLARGAMENTO: il numero è aumentato da 6 a 27 eccezione Brexit.
Art.49 TUE processo integrazione.
• DIFFERENZIAZIONE: con gli allargamenti sono aumentate le differenze
fra i paesi parte dell’UE, mentre i primi paesi erano omogenei fra di loro.
Alcune norme si applicano così solo ad alcuni stati. Es. politica
monetaria.
FASI DEL PROCESSO: contesto internazionale diverso di ognuna di queste e
quindi le fasi sono state influenzate da ciò.

• 1950-1954: dopoguerra, forte spinta verso l’unificazione politica, si


individuano soluzioni innovative con l’obbiettivo di integrazione e
pace. Finisce con il fallimento dell’idea di una difesa comune.
• 1955- 1991: guerra fredda, influenza questo processo non solo perché
l’unificazione è possibile solo con il blocco occidentale, ma essendo sotto

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il blocco Usa si disinteressano della difesa comune essendo sotto quella


della Nato e approfondiscono un’integrazione economica a piccoli
passi con diversi trattati.
• 1992-2009: Caduta muro di Berlino e fine Urss, fine dei due blocchi e
maggiore instabilità consentita dalla divisione, emergono nuove super
potenze (come Cina). Fase di stallo.
• 2010- oggi: crisi continue di carattere economica asimmetrica, ha
colpito diversamente in base al debito pubblico degli Stati, poi pandemia
in tutta Europa, quindi crisi simmetrica con misure innovative e guerra
in Ucraina. Gli stati si sono svegliati e hanno capito che devono
migliorare l’unificazione.
PRIMA FASE 1950-1954: nasce la prima idea di unificazione ed entra in
vigore il trattato Ceca (approfondimento). Nessun allargamento. Nessuna
differenziazione. Negli anni ’50 c’è necessità di integrazione politica in Europa
per il problema tedesco e per mantenere la pace. L’idea nasce da Jean
Monnet, uomo d’affari e presidente della Società delle Nazioni, che crede che,
essendo l’acciaio e il carbone risorse utili alla guerra e provenienti da territori
contesi tra Francia e Germania, sia opportuno metterli sotto il controllo di
un’organizzazione unica e comune. Idea Fatta propria da Schumann ma
anche de Gasperi. Firmato da 6 paesi: Italia, Francia, Germania e Benelux.
La Ceca aveva come istituzione centrale l’alta autorità formata da pochi
individui indipendenti dagli stati membri, poteva imporre delle tasse alle
imprese produttrici di carbone e acciaio. Altri organi sono Consiglio dei
ministri, che rappresentava gli stati membri, assemblea, che rappresentava i
cittadini, e corte di giustizia (METODO COMUNITARIO che si contrappone
al metodo intergovernativo delle altre organizzazioni con solo istituzioni che
rappresentano solo gli stati). Per l’epoca era molto innovativa. Viene assorbita
dopo 50 anni dall’Ue. Funzione sociale molto importante per i lavoratori del
carbone e dell’acciaio.
Vengono alla luce due altri progetti: Ced (difesa) e Cpe (politico) che non
entreranno mai in vigore. La Ced nasce su iniziativa francese per paura di un
riarmo della Germania, legato alla Nato che sostituiva gli eserciti delle nazioni.
Nel frattempo, l’alta autorità lavora al Cpe con l’idea di un’Europa più
federale. Il Ced non è mai entrato in vigore perché l’assemblea nazionale
francese respinge il progetto (era necessario il consenso 6/6) e il Cpe si blocca
di conseguenza essendo collegato al primo.
Il Regno Unito viene contattato ma decide di rimanerne momentaneamente
fuori.
SECONDA FASE 1955-1991: Divisione mondo in due blocchi, trattati Cee e
Euratom (per problematica energetica) di Roma (approfondimento). Gradualismo,
aumento dei poteri agli organi europei e aumento paesi. Allargamento: entra

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Irlanda, Danimarca, Regno Unito Grecia, Spagna e Portogallo. Differenziazione:


trattato di Schengen (anche Maaschrict) 1985. CEE come antenato dell’Ue, si
decide di creare un mercato comune per continuare il processo di integrazione
di carattere economico, firmato nel ’57 dai 6 stati. Riprende la struttura Ceca
ma con differenze poiché quest’ultima è settoriale e la sovranità è limitata solo
in questo ambito, mentre la Cee è più ampia. Non c’è l’alta autorità ma la
Commission, né tassazione di imprese o a cittadini. Gli altri organi sono
uguali. Con l’Ue rimane la commissione, il consiglio, la corte e l’assemblea
diventa parlamento.
1986-1987: Atto unico modifica i trattati di Roma, poi modificati da
Maastricht
Trattato di Maastricht: per la creazione della moneta europea, con il
consenso della Germania che decide di perdere il marco imponendo però più
vincoli. Differenziazione perché la moneta vincola solo stati che hanno
determinati requisiti.
Regno Unito e Danimarca hanno un’idea diversa idea di unificazione, per loro
solo economica, tanto che RU farà un’organizzazione a parte (EFTA). Norvegia
non entra a seguito di referendum. Gli ultimi tre entrano dopo l’istaurazione di
un regime democratico.
Trattato da Shenghen: 5 stati fondatori (no Italia, differenzazione) per la
libera circolazione delle persone e controllo esterno delle frontiere, si sentiva
quindi l’esigenza di ampliare l’integrazione pur essendo un trattato esterno da
Ue. All’area Shenghen aderirono successivamente altri paesi membri ue e non.

2° lezione
TERZA FASE: 1993-2009 Fase di stallo perché si rompe il clima bipolare, il
mondo diventa instabile, sorgono nuovi attori e l’unione europea rimane
vincolata dai vecchi schemi senza fare grossi passi avanti. Approfondimento:
nuovi trattati ma sono solo modificativi di quelli precedenti. Allargamento:
Austria, Finlandia, Svezia, Rep. Ceca, Cipro, Estonia,
Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Slovacchia, Slovenia, Ungheria, Bulgaria e
Romania; Norvegia esito negativo referendum. Differenziazione: terza fase del
trattato di Maastricht, quindi la circolazione della moneta prima in 12 paesi,
oggi in 20 su 27 e cooperazione rafforzata, che consente ad almeno 9 stati di
svilupparsi più velocemente in alcuni settori e protocolli sulla posizione di RU,
Danimarca e Irlanda a cui viene consentito di non partecipare ad alcune
situazioni.
Trattato di Amsterdam: 1997-1998, ha cambiato la numerazione degli
articoli dei trattati e ha introdotto la cooperazione rafforzata.

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Carta di Nizza: non è un trattato in quanto non ratificata, con i diritti


fondamentali. Nasce a scopo interpretativo dei trattati Ue e poi diventa
vincolante con il trattato il Lisbona.
Trattato di Nizza: firmato nel 2001 e entrato in vigore nel 2003, poco incisivo,
inserisce nuove disposizioni per gli organi e adatta i trattati all’ingresso dei
nuovi stati membri che avverrà nel 2004.
Nel 2004 viene creata una Costituzione europea (che era un trattato), che
viene bocciata a referendum da Francia e Olanda. Usava termini che si
riferivano ad uno Stato (ministro degli esteri, legge, costituzione per esempio).
Di solito si cerca di fare un secondo referendum facendo concessioni agli stati,
soprattutto piccoli (per esempio Irlanda con trattato di Lisbona) ma con la
Francia non si poteva perché a seguito di un ampio dibattito il popolo francese
non avrebbe accettato un altro referendum. Dopo la bocciatura a referendum
gli stati trovano punto di incontro per la prima volta con il Trattato di
Lisbona, molto simile alla Costituzione, ma hanno tolto gli elementi formali
che facevano pensare ad uno stato (come cambiamento di natura dell’unione).
Ha introdotto il Tue e il Tfue.
I nuovi paesi che entrano facevano parte del vecchio blocco sovietico per la
maggior parte, escono da un sistema comunista e hanno un PIL scarso e tra
gli stati inizia ad esserci moltissima differenza tra numero di popolazione,
dimensione territorio e differenze culturali, quindi iniziano a riscontrarsi
difficoltà nell’integrazione politica, tanto che per molti bisognava consolidare
l’unione prima di accogliere i nuovi stati.
QUARTA FASE: 2010- oggi. Crisi economica che arriva prima in Grecia, già in
difficoltà e poi in altri paesi con situazioni economiche già difficili. Poi Covid e
guerra in Ucraina. Questo ha segnato un risveglio tra i popoli Europei,
soprattutto le ultime due crisi di carattere simmetrico rispetto alla prima crisi, in
particolare la guerra ha fatto sentire in pericolo gli stati europei. Il tutto ha
messo in evidenza le debolezze dell’Ue, ma anche molta resistenza. Si è quindi
iniziato a parlare di modificare i trattati per ampliare le competenze e la forza
europea con la Conferenza sul futuro dell’Europa, iniziando ad ascoltare
anche i cittadini. Approfondimento: no nuovi trattati, ma NextGenerationEU
con il quale viene concesso all’Europa di indebitarsi (da cui nasce il Pnrr).
Allargamento: entra Croazia in Ue e esce Brexit, decadono i protocolli stipulati
precedentemente per RU. Differenziazione: Fiscal Compact e Mes che
riguardano solo alcuni stati membri e sono strumenti esterni all’Ue per la crisi
economica e finanziaria. Anche Unione Bancaria per l’eurozona.
STRUTTURA ISTITUZIONALE: ART. 13 TUE

• Politiche: consiglio europeo, consiglio dell’unione europea,


commissione, parlamento
• Controllo: Corte di giustizia, Tribunale e Corte dei conti
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• Banca centrale europea


• Altri organi: comitato economico e sociale, agenzie, comitato delle
regioni, BEI (banca europea per gli investimenti).
1965: fusione organi CEE, Ceca e Eurotom.
ART.13.2 TUE:

• Principio dell’equilibrio istituzionale: ciascun organo lavorano


nell’ambito delle proprie attribuzioni conferite dai trattati (sentenza
Negroni)
• Leale collaborazione: obbligo degli organi di collaborare e non
ostacolare l’attività delle altre (sentenza Parlamento vs Consiglio).
• Autonomia degli organi: tramite i regolamenti che disciplinano il loro
funzionamento.
Non è prevista una distinzione netta tra funzione legislativa ed esecutiva
tra gli organi, dal momento in cui le procedure sono interistituzionali (tranne
giurisdizionale). Quello che gli distingue è l’interesse di ciascun organo:
Consiglio europeo e dell’Ue interesse dello stato, Parlamento dei cittadini,
Commissione dell’Ue.
CONSIGLIO EUROPEO: non c’era all’inizio del processo di integrazione).
Nasce dalla prassi, infatti i capi di stato dei diversi stati membri iniziano a
trovarsi. Nel 1964 si trovano a Parigi e si decide informalmente che questi
incontri si tengono tra capi di Stato o di Governo (in base alla forma
istituzionale) degli stati e ministri degli esteri almeno due volte all’anno.
Nell’atto unico viene menzionato come modifica dei trattati di Roma. Il trattato
di Maastricht crea un legame stretto tra questo organo e le altre istituzioni
dell’unione creando un collegamento con Parlamento. Il trattato di Lisbona lo
trasforma in un’istituzione. Prima aveva competenze più vaste, con Lisbona
più specifiche e atti impugnabili davanti alla Corte.
Composizione: elegge un presidente (prima era il rappresentante dello stato
presidente del consiglio dell’unione europea), alla base i capi di stato e di
governo con l’assistenza di un ministro, la presidente della commissione e
l’alto rappresentante dell’unione per gli affari esteri e la sicurezza che
non è un membro a tutti gli effetti ma può parteciparvi e non vota. VOTANO
SOLO I CAPI DI STATO E DI GOVERNO.
PRESIDENZA: Charles Michel, prepara le riunioni, assicura che ci sia
coesione interna tra gli stati, presenta al Parlamento relazione annuale
sull’attività del Consiglio e assicura la rappresentanza esterna dell’Unione
(difficile coordinare l’attività estera con alto funzionario e presidente
commissione). Incarico dura 2 anni, rinnovabile massimo un’altra volta.
Si riunisce 2 volte ogni semestre o a Bruxelles o luogo di presidenza del
consiglio.
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METODI DECISIONALI: per consensus, cioè non viene votato e l’atto è


adottato se non vi sono opposizioni. I suoi atti decisionali sono le conclusioni,
non impugnabili. Decide sulla funzione di indirizzo politico e integrazione
europea. Il trattato di Lisbona ha aggiunto competenze: revisione dei trattati,
nomina alcune cariche e interviene nella formazione degli organi istituzionali,
ammissione di nuovi stati, politiche economiche tramite decisioni, sono
impugnabili. Le decisioni vengono prese a maggioranza qualificata o
unanimità. Non si tratta di procedure legislative vere e proprie su cui non
interviene me esercita influenza notevole. Ammessa l’astensione, non
l’assenza.

3° lezione
IL CONSIGLIO dell’unione Europea: rappresenta gli Stati. Esisteva già nel
trattato del ’57 di Roma istitutivo della CEE come istituzione più importante
(ad oggi meno), a differenza della Ceca che aveva in primo piano l’alta autorità.
La composizione è variabile: vi seggono i ministri degli stati membri o
soggetti di rango ministeriale (presidente giunta regionale) e variano in base
all’ordine del giorno del consiglio. Ci sono 10 possibili formazioni decise dal
Consiglio Europeo a maggioranza qualificata. Le riunioni prendono nomi in
base anche alla materia trattata (es. Ecofin). Nel Tue e nel Tfue se ne parla
solo in generale se non per la formazione degli affari generali (composto dai
ministri degli affari europei) e affari esteri (ministri degli esteri), perché per gli
affari generali si occupa del funzionamento dell’organo, in quanto complesso,
e prepara le riunioni del Consiglio europeo; affari esteri per il suo ruolo nella
Pesc (politica estera e di sicurezza) e per la diversa presidenza rispetto alle
altre formazioni. Per la moneta europea si riuniscono informalmente i ministri
dell’economia e delle finanze degli stati dell’eurozona, costituiscono
l’eurogruppo, in previsione dell’ecofin, riguarda 20 stati ed non è una delle 10
formazioni.
La presidenza è a rotazione, prima di Lisbona semestrale secondo un ordine
prestabilito, con problemi di continuità nei lavori del consiglio, dopo Lisbona
si è deciso di raggruppare gli stati a 3 per la presidenza per 18 mesi
accordandosi tra di loro le linee generali. Il presidente non solo delinea le linee
guida, ma facilita il compromesso tra paesi e con il consiglio europeo; unica
eccezione è affari esteri che è presieduto dall’alto rappresentante per gli
affari esteri e la politica di sicurezza (ministro degli esteri per questi
ambiti).
Votazione: frutto di compromessi per accontentare i diversi stati. 3 metodi:

• Maggioranza semplice (solo procedure, es. regolamenti interni,


chiedere alla commissione di fare proposte) o qualificata: il metodo
di calcolo è cambiato sempre per accontentare tutti gli stati. Ad oggi è
il metodo di votazione residuale cioè nei trattati quando non viene
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specificato a che maggioranza o unanimità votare si applica la


qualificata. Nell’Europa a 6 Italia Francia e Germania 4 voti, Belgio e
Olanda 2, Lussemburgo 1. Per la qualificata occorrevano 12 voti
(bastavano gli stati grandi praticamente o con l’aiuto degli stati medi
rendendo Lussemburgo irrilevante). Minoranza di blocco per bloccare
l’atto 6 voti. Con l’allargamento si è continuato ad applicare questo
sistema di PONDERAZIONE DEI VOTI in base alla popolazione fino a
dopo il trattato di Lisbona; ha dato sempre luogo ha molte polemiche,
alcuni stati si sentivano poco rappresentanti. Dal 2017 si calcola in base
agli stati a favore e della % popolazione che rappresentano: nel caso
l’atto sia adottato su proposta della commissione (maggior parte di casi
avendo il monopolio dell’iniziativa legislativa e di solito tiene conto
dell’interesse generale, essendoci questa garanzia sono richieste
percentuali meno gravose) 55% degli stati che rappresentano il 65%
della popolazione; senza iniziativa della commissione 72% degli stati e
65% della popolazione. Minoranza di blocco necessaria per bloccare gli
atti 4 stati (che rappresentano 35% della popolazione, questa
percentuale non è un requisito, servono 4 stati). COMPROMESSO DI
IOANNINA: anni ’90 per tutelare stati piccoli e stati di blocco, quando
una decisione deve approvarsi a maggioranza qualificata e ad opporsi
c’era un gruppo di stati che non raggiungono la minoranza di blocco ma
ci vanno vicino, si richiedono più voti della maggioranza qualificata per
l’approvazione, rivisto con la dichiarazione n.7 allegata ai trattati (con
scopo interpretativo) dice che se c’è un gruppo di stati che
rappresentano il 55% della popolazione o degli stati di blocco, il
consiglio discute una soluzione tenendo conto della loro posizione.
Situazione un po’ cambiata per l’aumento degli stati. Il consiglio cerca
sempre di raggiungere compromessi.
• Unanimità: per CEE era la regola, metodo tipico delle organizzazioni
interazionali classici, ed era previsto che dopo un periodo transitorio
per alcune materie si sarebbe passati alla maggioranza qualificata,
per esempio la politica agricola europea, settore importante a livello
europeo e francese, De Gaulle era contrario alla maggioranza perché
avrebbe rischiato di fronte a un parere favorevole degli altri stati di
essere in minoranza, fa applicare alla Francia il seggio vuoto cioè il
ministro francese non si presenta alle riunioni non dando così la
possibilità di votare dato che era necessaria la presenza di tutti anche
per delega, paralizzando il consiglio. Si arriva al PRIMO
COMPROMESSO DI LUSSEMBURGO (’65), non è parte di un trattato
ma ha condizionato il lavoro del consiglio fino all’atto unico (quindi
per 20 anni) che dice che laddove una decisione è su interessi
fondamentali per uno stato ma era richiesta la qualificata, gli stati
devono discuterne fino ad arrivare all’unanimità. Strumento di cui
però si è abusato anche per tematiche non fondamentali. Gli stati
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vogliono così evitare di trovarsi in minoranza. ASTENSIONE


COSTRUTTIVA: solo per affari esteri, art. 31 Tue (Pesc unico ambito
di funzionamento trattato nel tue, il resto per il funzionamento degli
organi nel Tfue), dice che uno stato può adottare questo istituto nei
casi in cui bisogna votare all’unanimità per astenersi, gli altri stati
possono far entrare in vigore la decisione tranne per chi ha esercitato
l’astensione. Costituisce un modo di differenziazione, essendo
l’ambito internazionale un ambito intergovernativo dove nessuno
stato può essere costretto a fare qualcosa; se esercitata da stati che
rappresentano 1/3 della popolazione europea non può essere
applicato direttamente l’atto. Il processo verso la maggioranza viene
bloccato fino all’atto unico, ad oggi è applicato a 70 ambiti, ma in
quei settori vicini alla sovranità si vota ancora ad unanimità.
FUNZIONI:

• Legislativa insieme a Parlamento europeo


• Approvazione del bilancio, anche da parlamento
• Decisione delle risorse proprie
• Conclude Accordi internazionali
• Funzione esecutiva anche se affievolita
COREPER: organo ausiliario del consiglio, rappresentati di stati che siedono a
Bruxelles in modo permanente per poter garantire la continuità dei lavori.
Sono due, il secondo più importante. Affiancato da 150 comitati tecnici.
Prepara i lavori del consiglio. Fa da filtro tra commissione e consiglio. Discute
sulle proposte della commissione e laddove si trovi punto di incontro (tutti
sono d’accordo) tra rappresentanti va in ordine del giorno nella parte A cioè il
consiglio non discute ma vota e basta perché si è già trovato un accordo. Se
così non fosse va nella parte B dove si va a discutere. Così si va ad alleggerire
il lavoro del Consiglio.
PARLAMENTO: si chiamava assemblea fino al 1962 e non aveva i poteri tipici
del parlamento con poteri scarsi per adozione atti. Inizialmente non era eletta
dai cittadini ma nominata in secondo grado, ogni stato mandava dei propri
parlamentari: avendo doppio ruolo l’Europa passava in secondo piano e
rappresentavano solo la maggioranza.
Nel 1979 viene eletto per la prima volta. Era già prevista questa elezione nel
trattato di Roma con un iter che prevedeva un progetto da parte del
parlamento, la decisione all’umanità del consiglio e l’approvazione dei singoli
stati membri tramite nuove norme costituzionali (sono poche nei trattati le
procedure così gravose); approvato nel 1976 e ogni 5 anni lo si rilegge. Era
previsto che la procedura elettorale fosse uniforme a tutti i paesi, ma non ci
siamo ancora arrivati. Nel 2002 si sono stabiliti alcuni principi: metodo
proporzionale, divieto doppio mandato contemporaneamente, soglia
minima 4%, negli stessi giorni e i risultati proclamati alla chiusura di
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tutti i seggi di tutti i paesi. Le elezioni sono così normate da norme speciali
europee e nazionali specifiche. I gruppi sono organizzati in base
all’appartenenza politica con almeno 23 deputati di 7 paesi diversi.
Art. 14 Tue: COMPOSIZIONE: composto dai rappresentanti dei cittadini
europei, prima del trattato di Lisbona era più corretto e si parlava dei
rappresentanti dei popoli degli stati riuniti, perché non tutti i popoli sono
hanno la stessa rappresentanza in quanto varia in base alla popolazione con
un max di 96 e un minimo di 6: c’è una digressione in questo senso, gli
stati piccoli sono sovra rappresentati e quelli grandi sottorappresentati,
come sottolineato dalla Corte tedesca. Il numero di seggi per ogni stato è
previsto dal consiglio europeo all’unanimità sul principio della proporzionalità
digressiva. Numero massimo 750 membri più presidente, ad oggi 704. Dopo la
Brexit si è deciso di redistribuirli agli strati sottorappresentati e alcuni di
scorta per i nuovi membri o per liste transnazionali, in quanto le elezioni sono
basate su circoscrizioni nazionali, ogni cittadino secondo il progetto ha due
voti uno la circoscrizione nazionale e uno per la transazionale per rendere
europea più l’elezione e che il presidente emerga da queste liste.
La procedura gravosa al 223 tfue con decisione all’unanimità del consiglio,
progetto del parlamento e approvazione degli stati; viene mantenuta nel tue
per uniformare il metodo di voto tra gli stati.
Con il trattato di Maastricht i cittadini europei possono votare e essere votati
in tutti gli stati membri.

4° lezione
Il parlamento europeo ha 3 sedi:

• Strasburgo: sedute plenarie, sono 12 più quella di bilancio


• Bruxelles: riunioni commissioni competenti per materia. dove si svolge
la maggioranza del lavoro e qua si svolgono anche le plenarie aggiuntive
• Lussemburgo: segretariato e servizi (uffici)
3 sedi sono molto costose soprattutto per gli spostamenti dei parlamentari,
viene scelta
Strasburgo per la sua storia e il suo valore simbolico, in quanto città di pace
tra Francia e Germania. Sono stati fatti diversi tentativi per trasferire la sede a
Bruxelles da Strasburgo, ma la Francia si è sempre opposta.
I parlamentari europei non sono perseguibili per le opinioni e i voti espressi
durante il loro mandato. Le immunità di cui godono per la durata delle
sessioni del Parlamento sono immunità riconosciute ai parlamentari del loro
Paese sul territorio nazionale e, nel territorio degli altri Stati membri,
immunità dalla detenzione o da ogni altro procedimento giudiziario, anche per
atti compiuti al di fuori delle loro funzioni, a meno che non vengono colti in
flagranza di reato.
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Il parlamento è suddiviso in gruppi politici, così si evitano i gruppi nazionali.


Si formano quindi dei partiti europei molto più ampi di quelli nazionali. I
gruppi sono formati da 23 parlamentari come minimo provenienti da ¼ degli
stati, quindi no gruppi mono nazionali, come era avvenuto in passato con il
movimento gaullista. Esistono tutt’ora 7 gruppi più i non iscritti, che non si
riconoscono in nessun gruppo e che non possono costituire un unico gruppo
con gli altri non iscritti come in Italia (gruppo misto) in quanto hanno
tendenze politiche diverse.
Destra: rappresentati della commissione
Sinistra: rappresentanti del consiglio
In mezzo i parlamentari, davanti il presidente del gruppo.
Le spese per organizzare il gruppo politico (per esempio quelle di traduzione)
hanno finanziamenti distribuiti tra gruppi politici, è quindi uno svantaggio per
i non iscritti che non hanno neanche uffici. Per i non iscritti è difficile avere
ruoli di spessore all’interno dell’Ue.
E’ possibile costituire intergruppi informali, formati da parlamentari di
gruppi diversi che si occupano di alcune materie di loro competenza per
scambi informali di opinioni.
Il presidente dei vari gruppi più quello del Parlamento europeo costituiscono la
Conferenza dei Presidenti.
Il parlamento si distingue in commissioni permanenti e temporanee
(art.226 tfue, per esempio quelle di inchiesta). Le più importanti sono quelle
permanenti competenti per materia, sono 20 e i parlamentati dei singoli
gruppi si suddividono in esse. Hanno un ruolo importante per l’approvazione
degli atti. Ci sono 3 sottocommissioni: diritti dell’uomo, sicurezza e difesa e
questioni fiscali. Quando non c’è la seduta plenaria, le commissioni lavorano a
Bruxelles. Non è necessario che rispecchiano le maggioranze che hanno in
plenaria.
Ruolo: in molte materie collabora con il consiglio, come se questo fosse la
camera alta, e il parlamento camera bassa.

• Co-legislatore con il Consiglio: Nel 1957 aveva semplici poteri


consultivi per l’approvazione degli atti, il suo parere non era vincolante;
nel 1986 con l’atto unico ha anche poteri di procedura di
cooperazione (non esiste più) e parere conforme (ad oggi
approvazione) che è vincolante per il consiglio, ma il parlamento non
può intervenire sul contenuto. Con Maastricht viene introdotta la
codecisione o procedura legislativa ordinaria, consiglio e parlamento
sullo stesso piano in quanto entrambi possono anche intervenire sul
contenuto

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Rachele Santangelo a.a. 22/23


Bilancio con il Consiglio: hanno uguale potere sulle spese, ma il
parlamento ha solo poteri di consultazione sulle entrate (questo
comporta una diminuzione del potere anche sulle spese).
• Accordi internazionali
• Nomina il mediatore europeo: soggetto al quale i cittadini possono
rivolgersi se vittima di casi di cattiva amministrazione degli organi ue.
• Poteri di controllo sulla commissione: interviene sulla nomina della
commissione, controlla l’operato con interrogazioni a cui la commissione
è obbligata a rispondere e può votare la sfiducia nei confronti della
commissione che è obbligata a dimettersi in toto (non al singolo
commissario).
Il voto può avvenire o per alzata di mano o in via elettronica, in alcuni casi
anche nominale. Ci sono sia casi di voto segreto che palese, quest’ultima è la
regola. La maggioranza se non è specificata è la maggioranza dei suffragi
espressi. Ci sono dei casi in cui la maggioranza è più gravosa per l’elezione del
presidente o l’ingresso di un nuovo stato, cioè la maggioranza dei membri;
dei 2/3 quindi molto gravosa per la mozione di censura o 3/5 per gli
emendamenti del bilancio.
LIMITI: il parlamento non esprime un governo (la Commissione, che ha potere
esecutivo); non si pronuncia sulle entrate; non ha poteri in materia di politica
estera e sicurezza, tutto viene deciso dal consiglio e dal consiglio europeo
all’unanimità. Non ha potere di iniziativa legislativa, in quanto in mano alla
commissione anche se può sollecitarla. Viene eletto in base a circoscrizioni
nazionali e i temi di dibattito per le elezioni si concentrano sempre sul piano
nazionale, problema superabile con le liste transazionali.
LA COMMISSIONE: rappresenta un interesse superiore, cioè quello
dell’unione europea. Nella Ceca c’era l’alta autorità che aveva un fortissimo
livello di autonomia, in quanto i membri erano totalmente indipendenti dagli
stati e poteri di decidere su tasse e risorse. Rispetto alle idee di Jean Monnet,
che voleva un vero e proprio organo esecutivo con impulso politico e non
burocratico e molto snello come l’alta autorità, gli stati dopo la nascita della
CEE non volevano lasciare troppi poteri ad un organo indipendente che
prende decisioni su tematiche più ampie rispetto alla Ceca, quindi è molto
meno snello e influente a livello politico.
Doveva essere formata da un numero di commissari di 2/3 del numero degli
stati membri, così che fosse a rotazione e a turno qualche stato non entrasse,
per accrescere l’indipendenza. A seguito della bocciatura del Trattato di
Lisbona da parte dell’Irlanda a referendum, le vennero fatte diverse
concessioni, tra cui che il consiglio sceglierà di tenere un membro per ogni
paese all’interno della commissione, infatti era previsto nel trattato di Lisbona

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Rachele Santangelo a.a. 22/23


che il consiglio europeo potesse prendere decisioni all’unanimità riguardo
all’art. 17 del tue sulla Commissione. Ad oggi quindi 27 membri compreso
l’alto rappresentante che costituisce quello del suo paese. Prima degli
ingressi del 2004 gli stati più grandi avevano 2 commissari, gli altri 1, per un
totale di 20 membri.
Il presidente nomina dei vicepresidenti che oggi sono 8. Ogni Commissario è
responsabile di un settore ed è a capo di una o più Direzioni Generali che
sono attualmente 33.
Ha un ruolo ibrido: è indipendente, ma per la procedura di nomina
intervengono sia lo stato che il parlamento (legame forte tra stato di
appartenenza e commissario). Ha poi un ruolo di cuscinetto tra i diversi stati e
organi.
per la nomina coinvolge il parlamento e gli stati membri, quindi
esiste un legame tra stato e commissario. Prima di Maastricht:
nomina da parte dei governi nazionali e prassi del Parlamento europeo
di "confermare" la Commissione, nonostante questo potere non fosse
richiesto dai trattati, come pressione politica da parte del Parlamento.
Con Maastricht: Il Parlamento europeo approva il Presidente, scelto dai
Capi di governo e di stato e poi la Commissione nel suo complesso. Oggi,
dopo Lisbona il Presidente è scelto dal Consiglio europeo, tenuto conto
dei risultati delle elezioni del Parlamento europeo, quindi scelto da chi
ha ottenuto la maggioranza alle elezioni, ed eletto dal Parlamento
europeo, così da tenere conto della maggioranza del parlamento. Prima
delle elezioni europee ogni gruppo politico sceglieva colui che avrebbe
candidato a presidente della commissione (spitzenkandaten), dopo le
elezioni europee il consiglio e il parlamento erano vincolati da tale
scelta; non è previsto dai trattati ma era una prassi, nel 2019 non viene
eletto uno spitzenkandidaten, nonostante il parlamento avrebbe
accettato solo canditati di questo tipo. Quindi l’elezione del presidente è
più democratica, perché basata sul partito di maggioranza in
Parlamento, ancora no i commissari. I commissari vengono nominati
dal presidente neoeletto della commissione con il consiglio in base alle
proposte fatte da ogni singolo stato. La commissione è quindi non
omogenea politicamente. Il parlamento può approvare o rifiutare il
pacchetto dei commissari nel suo complesso, non può bocciare il singolo
commissario; informalmente, minaccia di bocciare l’intera commissione,
costringendo lo stato in questione a cambiare commissario. Prima del
voto di approvazione il Parlamento in seduta plenaria tiene
un’audizione del Presidente della commissione e dei commissari presso
le commissioni corrispondenti al suo ramo di competenza, per
verificarne l’idoneità e la competenza. Se la lista è approvata, viene

12
Rachele Santangelo a.a. 22/23


nominata dal consiglio europeo a maggioranza qualificata. Ha un
mandato di 5 anni, corrispondente a quello del Parlamento, è difficile
che un commissario riesca a partecipare a più mandati. I membri sono
scelti in base a impegno europeo, competenza e indipendenza dallo stato
di provenienza e da altre istituzioni (art.17 Tue), tranne per l’alto
rappresentante che è portavoce dell’Ue (e in particolare del consiglio) per
la sicurezza e la difesa comune. Vige il metodo della collegialità, non
esistono atti riconducibili ad un singolo commissario. Un commissario
può essere obbligato a dimettersi dalla corte di giustizia su istanza di
commissione o consiglio quando non ha più le condizioni richieste o per
colpa grave, o dal presidente della commissione per semplici questioni di
opportunità politica, non può chiederlo all’alto rappresentante perché
necessita anche del parere del consiglio, inizialmente aveva bisogno
della maggioranza della commissione (esempio Santer, a causa di un
commissario e dei comportamenti poco leciti fu costretta a dimettersi
l’intera commissione, perché non c’era uno strumento adeguato).
• Determina l’agenda politica ma la decisione vera e propria è presa
dal consiglio e del parlamento europeo. 5° lezione
FUNZIONI:

• Presidente: definisce gli orientamenti generali della Commissione;


attribuisce le aree ai commissari; nomina i vicepresidenti (no Alto-
rappresentante che è automaticamente vicepresidente); può obbligare i
singoli commissari a dimettersi.
Commissione nel suo complesso: viene definita guardiano dei trattati
cioè verifica il rispetto del diritto dell’unione da parte degli stati e ne
autorizza le deroghe; quasi monopolio iniziativa legislativa (sono pochi
casi in qui spetta ad altri organi o agli stati membri); assicura la
rappresentanza esterna (no pesc dove c’è l’alto rappresentante) e negozia
gli accordi con gli stati terzi; funzioni coordinamento e esecuzione; da
esecuzione al bilancio e gestire i programmi dell’Ue.
Non è mai avvenuta una mozione di censura; nel 1998 a causa di accuse
ad un Commissario e alle non dimissioni di quest’ultimo, la commissione,
temendo la mozione di sfiducia, si è dimessa in toto. Dopo la commissione
Santer, nasce la commissione Prodi con un’impronta manageriale molto
efficiente e dall’aspetto più burocratico che politico. La commissione Iunker
del 2014 decide che la commissione deve concentrarsi su aspetti più
rilevanti e non di dettaglio, stessa impronte attuale, con i vicepresidenti
che coordinano gli altri commissari delle aree simili.
ALTO-RAPPRESENTANTE: ministro degli esteri, rappresentante dell’UE nella
pesc, ha un doppio cappello: presiede la commissione affari esteri nel consiglio
13
Rachele Santangelo a.a. 22/23


ed è uno dei vicepresidenti della commissione. Nominato con una procedura
simile a quella dei commissari: la sua figura è scelta dal consiglio europeo a
maggioranza qualificata con il presidente della commissione su proposta degli
stati membri e sottoposto al voto di approvazione del Parlamento. Si avvale di
uffici simili a quelli di un ministero. Interviene solo per la politica estera in
ambito di sicurezza e difesa (problemi di coordinamento con presidenti della
commissione e del consiglio europeo che hanno anche loro rappresentanza
all’estero). Nel suo ambito le cui decisioni vengono prese all’unanimità degli
stati del consiglio europeo.
PROCEDIMENTO EURO: l’idea di creare una moneta unica nasce nel 1969
nel vertice dell’Aja tra i capi di stato e di governo, si incarica una commissione
di indagare sulla possibilità di farlo. La commissione redige il piano Verner
(capo della commissione), sosteneva che era necessario creare una moneta
unitaria ma non era possibile farlo se non veniva creata da una politica fiscale
ed economica unica (ancora non totalmente realizzata), con un bilancio più
ampio di quello odierno, senza troppe oscillazioni tra le diverse monete
europee. Nasce così il serpente europeo che stabilisce che le oscillazioni tra
monete non potevano superare un certo limite e anche nei confronti del
dollaro, ma dopo pochi mesi alcuni mesi alcuni stati escono. Nel 1979 viene
fatto un nuovo tentativo con il sistema monetario europeo, con cui viene
creato un paniere di monete europee e si fissano dei tassi di cambio stabili.
Rapporto Delors (presidente commissione del 1989) mette in luce
l’importanza di una moneta unica senza trasferire la politica fiscale ed
economia a livello europeo con conseguenze dirette su Maastricht. Il trattato
di Maastricht è stato frutto di due conferenze: una di politica monetaria con
governanti degli stati e 3 esperti indipendenti e l’altra intergovernativa con i
ministri degli esterisui trattati. Il trattato prevede stabilisce tre fasi e prevede
che prima o poi tutti gli stati aderiscano all’euro:

• Liberalizzazione dei movimenti di capitali


• Coordinamento tra le politiche monetarie nazionali con a capo
l’istituto monetario europeo.
• Passaggio alla moneta unica: art. 140 tfue e protocolli 12-13
stabiliscono requisiti economici e giuridici per lo stato che vuole entrare
nell’unione monetaria. Requisiti

14
economici, per esempio, debito pubblico e inflazione, che all’inizio
sono stati interpretati in maniera molto ampia. Requisiti giuridici:
indipendenza banca centrale di ogni stato e la possibilità di attuare
quanto stabilito dalla BCE. I primi 11 stati (su 15) entrano a far parte
della terza fase nel 1998 e nel 2001 si aggiunge la Grecia (quindi poi
saranno 12). Danimarca e RU decidono di non entrarvi. La Svezia non
aveva i requisiti giuridici, ma in realtà era una scusa per non entravi
dato che poteva cambiare lo statuto della propria banca centrale. Nel
2002 inizia a circola tra i primi 12 stati. Ad oggi 20. Gli altri stati
vengono detti CON DEROGA, con delle disposizioni che non si applicano
a questi stati. Quando l’Ecofin prende decisioni sull’eurozona, votano
solo gli stati che vi fanno parte (eurogruppo è una riunione informale
non del consiglio, non prevista dai trattati e non prende decisioni). Su
27 stati, 20 con euro, 6 aderiranno quando ci saranno le condizioni,
Danimarca con deroga.
SEBC: cioè il sistema di cui fa parte la Bce con le banche centrali di ogni stato
(sistema europeo delle banche centrali)
EUROSISTEMA: BCE+ banche nazionali degli stati dell’eurozona.
BCE: riguarda solo gli stati dell’eurozona, ha personalità giuridica
autonoma, propri organi (indipendenza istituzionale e quindi non riceve
istruzione dai governi e non è responsabile davanti al parlamento europeo),
capitale (indipendenza finanziaria, ha un proprio bilancio e emana da sola
atti (indipendenza funzionale), ma è sempre soggetta alle norme dell’unione;
solo norme del TFUE no TUE. Voleva creare al suo interno un’agenzia simile
all’Olaf contro le frodi, ma esistendo già a livello europeo l’Olaf venne
condannata dalla corte di giustizia in quanto anche la banca è sottoposta al
diritto Ue. Organi:

• Consiglio esecutivo: presidente, vicepresidente e 4 membri, durata di 8


anni e non possono essere rinnovati (indipendenti). Organo molto
piccolo per gli affari correnti. Viene nominato dal coniglio europeo (in
seduta ristretta, solo stati eurozona) con approvazione parlamento e
consiglio direttivo.
• Consiglio generale: composto dal presidente della Bce, vicepresidente e
i governatori di tutte le banche centrali europee per coordinare l’azione
degli stati che non sono nell’eurozona con quelli che sono all’interno. Gli
stati fuori dall’euro versano una parte minima di capitale per il
funzionamento di questo consiglio.
• Consiglio direttivo: membri comitato esecutivo (6 voti), più i
governatori delle banche centrali degli stati dell’eurozona (15 voti).
Decide sulla politica monetaria. Per paura che gli stati avessero troppo
peso, per alcune votazioni gli stati sono divisi in due gruppi: quello dei
paesi più forti economicamente (5 membri) e l’altro composto da (15
membri). Nel primo gruppo a rotazione votavano solo 4 stati e nel
15
secondo solo 11 a rotazione. Consente talvolta di prendere decisioni
spinose ai quali gli stati esclusi si sarebbero opposti. Votano a
maggioranza qualificata. Per le decisioni di carattere finanziario in cui si
applica la ponderazione dei voti in base al capitale sottoscritto.
Partecipa anche il commissario economico e monetario.
La banca centrale europea ha un proprio capitale sottoscritto per la maggior
parte dagli stati dell’eurozona in base al pil e alla popolazione di ogni stato. I
profitti vengono messi per il 20% in un fondo di riserva, l’altra parte ripartita
tra gli stati in base alle quote versate. Per le perdite sempre coperte con il
fondo e se non basta le banche centrali nazionali proporzionalmente.

Emana:

• atti interni, tra le banche centrali nazionali: indirizzi e istruzioni che


prevalgono sul diritto nazionale
• esterni, che producono conseguenze ai terzi: regolamenti (di portata
generale e astratta), decisioni (atti individuali) e pareri (di consultazione
per gli atti degli altri organi).
Ha un ruolo per la revisione dei trattati.
Rapporti con altri organi:

• consiglio (quindi ecofin 27 stati): il presidente viene invitato quando


riguarda questioni di politica monetaria. Quando si riunisce
l’eurogruppo (solo ministri euro) viene sempre invitato.
• Commissario: il commissario economico e monetario partecipa alle
riunioni del consiglio direttivo
• Parlamento: rimane informato delle attività della Bce, tramite relazione
annuale del presidente. Le commissioni competenti possono ascoltare il
presidente e i membri del comitato esecutivo. Il presidente compare 4
volte davanti alla commissione competente.

6° lezione
Art.127 TFUE: compiti della Bce che sono quasi limitati rispetto ai compiti
delle banche centrali degli stati federali. Ha come obbiettivo la stabilità dei
prezzi.
SEBC sostiene le politiche economiche generali dell'Unione al fine di
contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell'Unione. I compiti essenziali del
SEBC sono: definire e attuare la politica monetaria dell'Unione. svolgere le
operazioni sui cambi (art. 219) detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta
estera degli Stati membri promuovere e regolare il regolare funzionamento dei
sistemi di pagamento. Queste competenze non sono più prerogativa dello stato
singolo.

16
Durante le crisi, in particolare quella del Covid, la BCE è stata contestata per
essersi intromessa troppo nella politica economica (prerogativa degli stati),
questo perché politica fiscale, economica e monetaria sono separate
(quest’ultima in mano alla BCE), perché i singoli stati non volevano delegare la
politica economica e fiscale all’Ue (non è così da nessun’altra parte). Questo
comporta il rischio che la moneta potrebbe collassare se queste politiche sono
divergenti: creano così il patto di stabilità e di crescita (1997; 60% debito-
3% deficit del PIL).
Clausola di Novellaut: art.125 TFUE L’unione non si fa carico degli impegni
assunti dalle amministrazioni statali. Può essere interpretato in maniera più
rigida cioè che l’unione non può aiutare gli stati membri o secondo
un’interpretazione più flessibile, non è obbligata a farlo, è una sua facoltà. La
seconda interpretazione è stata usata durante le crisi. Se ci fosse stato scritto
che l’Ue era obbligata ad aiutare gli stati, questi avrebbero tenuto comportanti
non prudenti, così si evita il rischio dell’azzardo morale.
Art. 123 TFUE vietati acquisti diretti presso gli stati di titoli di debito. L’Ue lo
ha fatto più volte indirettamente, sul mercato, aggirando il divieto di questo
articolo.
Art. 122.2 TFUE: in caso di calamità naturali o in caso di crisi grave, non
causata dallo stato stesso, l’Ue può correre in aiuto agli stati. Il primo stato ad
usare l’articolo è stato la Grecia che si trovava in crisi, ma venne anche
contestata perché fu anche lei stessa causa della sua crisi.
Art.136 TFUE: MES, (meccanismo europeo di stabilità) solo per eurozona. E’
stato aggiunto un paragrafo apposta a questo articolo per consentire la sua
attivazione.
INTERVENTI BCE DURANTE LA CRISI ECONOMICA DEL 2010 E PANDEMICA
2020:

• Acquisto titoli greci, anche se declassati cioè ad elevato rischio per la


situazione economica dello Stato. Non direttamente ma sul mercato,
aggirando il 123.
• Scudo anti-spread (confronto tra due titoli di ugual tipo, di solito quello
di riferimento è quello tedesco e più è alto più è problematico). La Bce ha
acquistato titoli di stato di paesi in crisi come l’Italia.
• OMT di Draghi: programma di acquisto di titoli di stato illimitata (le
altre misure erano temporanee). Possono beneficiarvi solo gli stati
richiedenti il MES. Mai usato.
• Quantitative Easing: immettere liquidità nel mercato acquistando dei
titoli solo degli stati dell’eurozona. Acquisto non superiore al 33% del
debito pubblico di ogni singolo stato. Per un totale di 60 mld al mese.
• PEPP: crisi del covid, acquisto di titoli di stati in difficoltà senza
condizionalità. Il NextGenerationU è successivo in quanto frutto di un
lungo lavoro. Questo strumento invece è stato immediato.
17
Alla Corte costituzionale tedesca possono arrivare anche i cittadini che
contestano questa misura in forza dell’art.123 TFue, che viene respinta in
quanto non vi è acquisto diretto. Tuttavia, la corte sottolinea che la Bce con
queste misure si occupa anche di politica economica.
CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UE:

• Art.19 TUE: assicura il rispetto dei diritti e l’interpretazione dei trattati.


• 251-261 TFUE
• Statuto con regolamento di procedura in un protocollo ai trattati.
La prima parte dello statuto può essere modificato con una procedura
gravosa, la seconda ordinaria. Le procedure che usa sono indicate nei
regolamenti.
La giurisdizione è obbligatoria, tendenzialmente nelle altre organizzazioni
internazionali è di carattere arbitrale, cioè le parti devono aver accettato la
giurisdizione della corte prima del giudizio. Quindi gli stati che entrano
nell’Ue devono per forza accettare la giurisdizione europea, che quindi
assomiglia molto alla giurisdizione statale.
E’ permanente, non viene formata di volta in volta.
La giurisdizione è esclusiva, le sue competenze e i suoi ricorsi sono
sottratte dai giudici nazionali.
Le sentenze devono essere eseguite negli stati come sentenze nazionali.
Possono rivolgersi anche gli individui, non solo gli stati da sempre.
Svolge il ruolo di:

• Giudice amministrativo, quindi sul comportamento delle istituzioni


europee.
• Giudice costituzionali, interpreta una norma europea richiesta dal
giudice nazionale al fine di stabilire se gli atti delle istituzioni interne
siano legittimi. Competenza indiretta (non dice apertamente se sono
illegittimi).
• Giudice internazionale, risolve le controversie fra stati, per esempio,
con le procedure di infrazione.
• Giudice del lavoro, controversie tra unione e i suoi funzionari.
FUNZIONI:

• Non ha competenze sulla politica estera e sicurezza. Art. 40 TUE ha


il compito di verificare che non ci siano interferenze tra Pesc e gli altri
settori dell’unione. In quanto funzionano con logiche differenti, il primo
intergovernativo, il secondo comunitario con organi diversi; può anche
annullare gli atti che violino le competenze dell’uno e dell’altro.
• Funzione contenziosa: controversie. 3 tipi: giudizio comportamento
degli stati rispetto al diritto dell’Ue (infrazione 258 TFUE e ss),
18
comportamento istituzioni europee (annullamento; responsabilità per
i danni al singolo; carenza quando doveva fare qualcosa e non lo ha
fatto), controversie tra unione e i suoi agenti.
• Funzione non contenziosa: parere senza risolvere una controversia tra
le parti in causa. Rinvio pregiudiziale, il giudice nazionale chiede
l’interpretazione corretta di una norma dell’unione dato che la corte ha il
monopolio del diritto UE, talvolta non usa un’interpretazione letterale
ma teleologica, quindi, alla luce delle finalità generali delle norme.
Competenza consultiva per gli accordi internazionali, valuta la
compatibilità tra trattati europei e accordi internazionali, in caso di
incompatibilità non si può procedere.
ORGANI: all’inizio esisteva solo la Corte di giustizia delle comunità
europee, che funzionava molto bene in relazione al rinvio pregiudiziale. Si è
sentita quindi l’esigenza di creare un nuovo organo, il tribunale (1989), per
le controversie con i singoli individui. Nel 2004 viene creato il tribunale
della funzione pubblica, infatti con il trattato di Nizza c’è la possibilità di
creare corti per singole materie, in questo caso la materia è controversie tra
Ue e i suoi funzionari, quindi controversi di lavoro. Con Lisbona, quanto
parliamo di Corte di Giustizia dell’Ue parliamo sia di tribunale che di Corte
di giustizia. Nel 2016 scompare il tribunale della funzione pubblica perché
assorbito dal Tribunale.
Per la nomina dei giudici e degli avvocati generali intervengono solo gli stati
membri di comune accordo. Art.255 TFUE prevede che sulla formazione
intervenga un comitato dei 7 saggi (ex membri), fornendo un parere sulla
competenza dei giudici dell’unione.

7° lezione
CORTE DI GIUSTIZIA: 27 giudici (ogni giudice per stato membro) e 11
avvocati generali, scelti dagli stati membri, non c’è il requisito di
cittadinanza, per cui i paesi possono eleggere giudici di altri paesi europei
Avvocati Generali: soggetti che presentano in termini imparziali la
conclusione sulle cause. La corte di giustizia non è vincolata dalle
conclusioni dell’avvocato generale.
I membri rimangano in carica 6 anni e vengono rinnovati parzialmente
ogni 3. Decide in sezioni formate da 3 a 5 giudici o nella Grande Sezione
(11 membri) o in seduta plenaria per le questioni più importarti.
Il procedimento si svolge nella lingua del convenuto, tranne se è
un’istituzione dell’Ue (dove si usa il francese, lingua ufficiale della corte).
Per i rinvii pregiudiziali la lingua è quella del giudice che fa il rinvio.

TRIBUNALE: 54 giudici, due per ogni stato e a turno uno fa l’avvocato


generale.
Nomina e formazione uguale a corte di giustizia.

19
Il tribunale ha competenza generale salvo le competenze che sono
direttamente lasciate alla corte di giustizia (rinvii pregiudiziali, controversie
tra stati membri e infrazione). In passato era il contrario.
Le sentenze del tribunale possono essere impugnate dalla parte
soccombente, dagli stati membri e dalle istituzioni davanti alla Corte di
Giustizia per questioni di diritto. Se in futuro ci saranno nuove camere
giurisdizionali (come il Tribunale di funzione pubblica) potranno essere
impugnate davanti a tribunale e poi alla corte.
ALLARGAMENTO: EFTA nel 1961: unione solo doganale che nasce come
alternativa all’Ue con RU, Svizzera, Danimarca, Norvegia, Svezia, Austria e
Portogallo; RU, che l’ha creata, si rende conto che la sua dimensione era
troppo piccola rispetto alle sue esigenze commerciali e alla CEE; quindi,
pochissimi anni dopo Danimarca, Norvegia, RU decidono di entrare
nell’unione. De Gaulle era contrario all’ingresso del RU perché pensava
fosse dipendente da Usa e che fosse un ostacolo alla Francia nell’unione.
Pompidou, il successivo presidente francese, accetta la presenza della Gran
Bretagna, che poteva bilanciare quella della Germania. Così questi stati
entrano tranne la Norvegia per l’esito contrario al referendum. Con questa
prima tappa entrano RU e Danimarca che avevano idee di integrazione
economica più blande. Gli ingressi successivi furono più semplici da
portare avanti: 1981,1986, 1995 e 2004 (per gli stati per i quali si è
disgregato l’URSS che non avevano un PIL elevato), 2007 e 2013. Islanda
ha ritirato la domanda di adesione. Gli stati candidati ad oggi sono:
Moldavia, Albania, Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia, Turchia e
Ucraina.

CRITERI PER L’ADESIONE: art. 49 TUE+ criteri di Copenaghen stabiliti


dal consiglio europeo e non presenti nei trattati.
• Art. 49: Stato europeo che deve essere conforme all’art. 2 del TUE.
Deve essere quindi un soggetto di diritto internazionale situato nel
continente europeo (no Marocco che ha fatto domanda). Art.2 rispetto
dignità umana e diritti umani, democrazia, stato di diritto.
Quest’ultimo criterio si afferma dopo Amsterdam in quanto non ci si è
mai posto il problema di far entrare un paese che non fosse
democratico. Diverso l’EFTA che ha fatto entrare anche il Portogallo
sottoposto ancora a dittatura, in quanto non mirava ad un’unione
anche politica ma solo economica.
• Copenaghen: criterio politico (coincide con art. 2 TUE), economico
(economia di mercato stabile) e criterio dell’aquis (deve riuscire ad
attuare tutte le norme dell’Ue).
FASI:
• Fase UE: detta anche istituzionale, lo stato deve depositare la
candidatura al consiglio su cui la commissione da un parere
fondamentale e determinante. Il consiglio all’unanimità dà lo status di
candidato con approvazione del parlamento. Per la negoziazione
20
(guardare paragrafo statale) è necessaria una decisione del Consiglio
europeo. Il progetto di accordo finale (frutto della negoziazione) sarà
sottoposto di nuovo al Parlamento per la sua approvazione.
• Statale: detta anche intergovernativa, per adeguarsi alla normativa
dell’unione. Deve essere negoziato un trattato tra gli membri e lo stato
che aderisce in conferenze intergovernative annuali con la
partecipazione della commissione, il documento deve essere ratificato
da tutti gli Stati. Deve essere stabilito come viene adattato nel nuovo
stato membro l’aquis che viene diviso in 35 capitoli e come regolare i
periodi transitori. Il tutto verrà approvato dallo stato aderente e dagli
altri stati membri (e infine dal Parlamento, paragrafo fase ue).

RECESSO (art.50 TUE): esiste solo da Lisbona come soluzione art.7 del Tue,
creato col trattato di Amsterdam per gli stati che commettono violazione dello
stato diritto che prevede sanzioni tra cui che tali stati non possono votare in
consiglio (tale decisione deve essere presa all’unanimità). Lo stato in questione
sarebbe parte dell’Ue ma irrilevante, quindi si permetteva come via d’uscita il
recesso. Essendo che l’Ue si basa su trattati, era possibile recedere anche
prima di Lisbona applicando il recesso del trattato (es. Groenlandia che esce
nel 1984 con il consenso di tutti gli stati membri dopo che aveva ottenuto una
certa autonomia da Danimarca. Ma in questo caso non è stato un recesso di
uno stato sovrano ma una parte di territorio di uno stato a cui non si
applicano le norme Ue, quindi non recesso vero e proprio). Procedimento vago
con mancanza di tempistiche.
La procedura inizia con il deposito della notifica di recesso da parte dello
stato interessato. Tale notifica si può ritirare se non sono trascorsi 2 anni o se
non ci sono accordi. Si apre una negoziazione tra Ue(se ne occupa il consiglio
europeo, non con gli stati come allargamento) e lo stato che vuole recedere. Se
entro 2 anni non si trova accordo c’è un recesso senza accordo, quindi TUE e
TFUE smettono di applicarsi in automatico. L’accordo deve essere approvato a
maggioranza qualificata dal
Parlamento. Questa ipotesi è meglio perché permette periodi transitori. Un
accordo per i rapporti successivi sarà separato (per esempio con BREXIT). I
trattati non si applicheranno più da quando l’accordo di recesso entra in
vigore.

BREXIT: il RU non aderisce alla CEE, nel 1960 da vita all’EFTA ma poi si
rende conto che è meglio aderire alla CEE a cui aderisce negli anni ’70. Sin da
subito mostra un atteggiamento dubbioso, già nel 1975 c’è un primo
referendum che dà però esito positivo per rimanere nella comunità. La Tatcher
è contraria all’integrazione europea, con un atteggiamento ostruzionistico per
essere coinvolto il meno possibile e versando meno denaro, bloccando le
iniziative anche degli altri stati. Nel 2015 cambia l’atteggiamento, Cameron
promette di rinegoziare l’accordo di ingresso per ottenere condizioni più
favorevoli. Nel 2016 il Consiglio europeo ne discute e si raggiunge un accordo

21
con cui gli vengono concesse alcune garanzie in cambio di atteggiamenti non
più ostruzionistici. A seguito del referendum negativo del 2016, nel 2017 viene
notificato il recesso. La procedura parte così in ritardo, sono state concesse
due proroghe dal consiglio europeo, fino al 2019 quando venne approvato
l’accordo interno per il recesso. Nel 2020 venne approvato un accordo molto
lungo tra RU e Ue per i nuovi rapporti.

REVISIONE DEI TRATTATI:


• Revisione ordinaria art.48 par.2-5 TUE. Iniziativa: qualsiasi stato
membro, commissione o Parlamento. Progetto che viene passato al
Consiglio che decide se passarlo al Consiglio europeo e notificarlo ai
parlamenti nazionali, che con la maggioranza semplice decide se
modificare il trattato consultandosi con gli altri organi (Parlamento e
Commissione, o BCE se per materie di sua competenza). Se decide di
farlo convoca una Convenzione (es. quella della Carta dei diritti
fondamentali di Nizza che non è una semplice rappresentazione
intergovernativa, vi sono parlamentari nazionali e europei, membri della
commissione…) che decide per consenso. Quando vengono completati i
lavori la convenzione invia una raccomandazione alla conferenza
intergovernativa (rappresentanti degli stati), convocata dal presidente del
consiglio, che vota all’unanimità e infine avviene la ratifica da parte degli
stati. Questa procedura serve anche per modificare le competenze
dell’Ue. In caso di difficoltà con le rettifiche, quindi quando viene
approvata da 4/5 degli stati, interviene il consiglio europeo.
• Revisione semplificata che sono due, solo in ipotesi specifiche.

E’ necessario il consenso di tutti gli stati membri, ma possono farlo anche un


gruppetto di stati membri secondo i principi del diritto internazionale, facendo
valere la modifica solo per loro.

8° lezione
PROCEDURE SEMPLICIFICATE: più rapide, solo ipotesi specifiche, che
richiede l’unanimità degli stati:
• La prima, 48 par.6, serve per la modifica della parte terza del TFUE,
in merito a tutte le politiche dell’unione europea (no pesc).
L’iniziativa può venire da stato membro, parlamento, commissione; la
decisione spetta al consiglio europeo all’unanimità con consultazione di
commissione e parlamento (ed eventualmente BCE). L’approvazione da
parte degli stati membri avviene secondo gli strumenti costituzionali
previsti (in Italia con legge depositata dal governo entro 30 gg). NON
POSSONO ESSERE ATTRIBUITE NUOVE COMPETENZE ALL’UNIONE
CON QUESTA PROCEDURA. Già utilizzata con il Mes.
• PASSERELLE: consentono di passare ad una decisione all’unanimità a
maggioranza qualificata in consiglio europeo oppure da procedura

22
legislativa speciale e una ordinaria. Ci vuole sempre una decisione
unanime, quindi mai utilizzata. 48 par 7 tale procedura può essere
utilizzata solo per mettere in atto una passerella. E’ il consiglio europeo
che ha iniziativa e decide all’unanimità con approvazione del parlamento
europeo. Non vi deve essere alcuna opposizione entro 6 mesi dei
parlamenti nazionali. NON SI APPLICA NEL SETTORE MILITARE O
NELLA DIFESA, DISPOSIZIONI FINANANZIARIE, PROCEDURE PER
VIOLAZIONE DEI VALORI UE, MODIFICARE LA CLAUSULA DI
FLESSIBILITA’. Per le passerelle sono poi previste delle discipline
speciali per singoli ambiti dive si possono utilizzare: politiche sociali,
ambiente, cooperazione rafforzata…

Art.5 TUE: principi base in materia di competenza dell’Unione:


• Principio di attribuzione: titolarità delle competenze tra Unione e Stati
membri; ribadito più volte nel TUE. L’Ue agisce nei limiti delle
competenze attribuitegli dagli Stati nei trattati per realizzare gli
obbiettivi stabiliti dei trattati stessi. Le competenze che non sono
dell’unione sono degli stati membri, senza che vi sia un elenco delle reali
competenze statali. La questione degli obbiettivi dei trattati ha fatto in
modo che la corte di giustizia europea abbia usato la teoria dei poteri
impliciti (un’organizzazione non ha solo i poteri stabiliti nei trattati in
maniera esplicita ma tutte quelle competenze che sono necessarie per il
raggiungimento degli obbiettivi anche se tali competenze non sono
esplicitate nei trattati), utilizzata in maniera comunque limitata alle sue
competenze esterne. Clausola di flessibilità: (art 352 tfue) trascrizione
della teoria dei poteri impliciti, quando l’unione non abbia un potere
necessario per un obbiettivo previsto nei trattati, il consiglio
all’unanimità, su proposta della commissione e approvazione del
parlamento, gliela attribuisce. Si parla di obbiettivi previsti nei trattati in
quanto si tratta di aggiunte che rientrerebbero sempre nelle sue
competenze e non competenze del tutto nuove. Tale clausola è stata
molto utilizzata durante il periodo dell’atto unico, per esempio per le
competenze di ambiente, tutela del consumatore, energia, questo perché
inizialmente si diceva dovesse essere utilizzata per assicurare il
funzionamento del mercato comune e non faceva riferimento al quadro
delle politiche definite dai trattati. Essendo il suo utilizzo così ampio si
sono individuati dei limiti alla sua applicazione: l’utilizzo della clausola
deve essere l’ultima spiaggia, deve così esserci una lacuna nei trattati;
non può essere fatto per apportare modifiche sostanziali all’ordinamento
dell’unione (usare art. 48, sentenza Corte in merito a ratifica per l’Ue
della Cedu) questo concetto è ribadito anche dalla dichiarazione 42
allegata ai trattati di Lisbona; rispetto del principio di sussidiarietà; non
per armonizzare le normative degli stati membri quando i trattati lo
escludono; no pesc. La dichiarazione 41 dice che può essere utilizzata
per lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, il mercato interno e lo
23
sviluppo sostenibile, le relazioni esterne, esclusa la PESC. Sono esclusi
l'obiettivo di promuovere la pace, i valori dell'UE e il benessere dei suoi
popoli, e l'UEM.

LE COMPETENZE DELL’UNIONE SONO:


• Esclusive: elencati all’art. 3 TUE; competenze solo dell’unione, gli stati
membri non possono fare niente a meno che autorizzate dall’unione. I
settori sono doganale, regole di concorrenza politica monetaria, politica
commerciale comune, tutela delle risorse del mare. per ridare
competenza agli stati membri in uno di questi settori è necessaria una
revisione dei trattati
• Concorrenti: art.4 TUE; sia Ue e sia stati membri, in un settore di
competenza concorrente bisogna capire chi può esercitare la competenza
e lo si fa tramite il principio di sussidiarietà. I principali settori sono:
mercato interno, coesione economica e sociale, protezione dei
consumatori, ambienti, energia, agricoltura. La titolarità dell’esercizio
deve essere stabilita in base al principio di sussidiarietà.
• Di sostegno, coordinamento e completamento: competenze meno
incisive, la competenza rimane nazionale, ma le competenze nazionali
vengono coordinate e sostenute dall’unione europea (es. industria,
turismo, tutela della salute umana…). Paragrafi 3-4 dell’art.4 elenca
competenze di coordinamento, per esempio nel settore della ricerca e
dello sviluppo tecnologico, sviluppo e aiuto umanitario.

• Principio di sussidiarietà: ripartizione esercizio delle competenze


laddove la titolarità sia comune. “Nei settori che non sono di sua
competenza esclusiva l'Unione interviene soltanto se e in quanto gli
obiettivi dell'azione prevista non possano essere conseguiti in misura
sufficiente dagli Stati membri, né a livello centrale, né a livello regionale
e locale, ma possono, a motivo della portata e degli effetti dell'azione in
questione, essere conseguiti meglio a livello dell'Unione.” Il rispetto di
questo principio è da parte della corte di giustizia e dal protocollo sui
principi di sussidiarietà e proporzionalità. Più la normativa dell’unione è
completa
più gli stati membri non possono legiferare, per rispandere le
competenze degli stati devono essere abrogati gli atti dell’unione
(preemption).
• Principio di proporzionalità: criterio dell’esercizio delle competenze
dell’Ue. Il contenuto e la forma di azione dell’unione si limita a quanto
necessario per il conseguimento degli obbiettivi dei trattati, in maniera
proporzionale agli obbiettivi dei trattati (non superiore).

PROTOCOLLO SUI PRINCIPI DI SUSSIDARIETA’ E PROPORZIONALITA’: ha


lo stesso valore dei trattati. Serve per verificare se gli atti sono conformi a
questi principi. Per il principio di sussidiarietà:
24
• CARTELLINO GIALLO: dice che quando l’unione realizza atti legislativi
deve trasmetterli ai parlamenti nazionali, ogni parlamento ha 2 voti, se
entro due settimane un 1/3 dei voti espressi (1/4 per la pesc), reputa
che ci sia stata una violazione del principio di sussidiarietà c’è il
CARTELLINO GIALLO: chi ha proposto l’atto può decidere di ritirarlo,
modificarlo o lasciarlo invariato motivando.
• CARTELLINO ARANCIONE: se a reputare una violazione del principio di
sussidiarietà sia la maggioranza semplice, scatta il CARTELLINO
ARANCIONE e nel caso la Commissione decida di mantenere invariato
(può anche modificarlo e ritirarlo), Parlamento e consiglio devono
pronunciarsi decidendo se bloccare l’atto.

PESC: dichiarazione n. 13 “le disposizioni PESC lasciano impregiudicate le


competenze degli Stati membri per la formulazione e la conduzione della
loro politica estera”, competenze che tendenzialmente rimangono nazionali,
si possono assimilare alle competenze completamento e coordinamento.

9° lezione
Non ci sono funzioni svolte solo da un organo, tutte le funzioni prevedono
la partecipazione di tutti gli organi. Si distinguono per gli interessi che
portano. Stessa cosa vale per il potere legislativo, condiviso fra Consiglio e
Parlamento. Inizialmente non era il Parlamento (all’epoca assemblea) ad
avere competenze legislative, aveva infatti competenze limitate, ma solo il
Consiglio, come ad oggi avviene con la procedura di consultazione con cui
il parlamento ha una funzione consultiva. Con l’atto unico vengono
introdotte due nuove procedure:
• di parere conforme (o approvazione): il consiglio chiede al parlamento
un parere vincolante.
• Procedure di cooperazione: ad oggi non più esistente.

Con il trattato di Maastricht viene introdotta la codecisione (ad oggi


procedura legislativa ordinaria), con il Parlamento è pari al Consiglio nella
formulazione e approvazione di quell’atto, potendo proporre emendamenti.
Lisbona elimina la procedura di cooperazione e cambia i nomi delle procedure
esistenti. Ha introdotto la distinzione tra atti legislativi e non legislativi, che
dipende dalla procedura con la quale l’atto è stato realizzato:
• Tutti gli atti adottati con procedura legislativa ordinaria o speciale
(consultazione o approvazione) sono atti legislativi. Sessioni aperte al
pubblico e documenti accessibili al pubblico, controllo principio di
sussidiarietà da parte dei parlamenti nazionali.
• Tutti gli atti adottati con procedure diverse (per esempio pesc) sono atti
non legislativi. Sono per esempio gli atti del consiglio europeo (che non
è legislatore, per esempio pesc), atti del consiglio (es. pesc), commissione
(es. funzione esecutiva), atti di consiglio su proposta della commissione.

25
Attori delle procedure legislative:
• Commissione: ruolo rilevante ha la direzione generale competente e il
servizio giuridico
• Consiglio: Coreper e gruppi di lavoro interno intervengono nella
procedura legislativa
• Parlamento europeo: commissione competente per materia
• Consiglio europeo: NON ESERCITA FUNZIONI LEGISLATIVE. Le sue
conclusioni influenzano tali procedure, a volte sono da impulso.

Iniziativa: per l’adozione degli atti legislativi è la commissione ad avere


iniziativa, salvo che i trattati non dispongano diversamente. Per gli atti non
legislativi il potere di iniziativa della commissione è stabilito dai trattati. I
limiti al potere della commissione sono:
• Gli orientamenti del consiglio europeo
• Iniziativa dell’iniziativa + ICE: il parlamento e il consiglio possono
chiedere alla commissione di fare una proposta. Ice: iniziativa cittadini
europei.
• Esecuzione di obblighi assunti dall’Ue con stati terzi
Per modificare la proposta della commissione è necessaria l’unanimità del
consiglio. Se però la proposta viene totalmente stravolta e la estende ai campi
esterni all’unione è atto illegittimo. La commissione può anche ritirare le
proprie proposte (es. Iunker ha ritirato molte proposte della commissione
Prodi). Il ritiro deve essere motivato e solo prima che il consiglio abbia
discusso della proposta e dopo averne discusso con Parlamento europeo e
consiglio.

PROCEDURA LEGISLATIVA ORDINARIA: si chiamava codecisione, si svolge


in 3 fasi (3 letture), anche se poi, nella maggior parte dei casi, si conclude in
prima lettura. E’ richiesto l’accordo di parlamento e consiglio. L’iniziativa è
della commissione che la trasmette al Parlamento europeo e al consiglio. Il
presidente del parlamento europeo e i presidenti di gruppo decidono a quale
commissione assegnare la proposta (possono essere anche più commissioni).
Nell’ambito della commissione competente viene nominato un relatore. Gli
altri gruppi politici possono nominare dei relatori ombra che affiancano il
relatore e controllano il lavoro. Il lavoro finale viene proposto al Parlamento
per l’approvazione, poi la parola passa al Consiglio (se ne occupa il COREPER,
in base al comitato più adeguato per materia). Se il consiglio approva lo stesso
testo del parlamento si conclude in prima lettura. Se invece il consiglio non
approva, deve adottare una posizione comune che trasmette al parlamento
europeo, che ha a disposizione 3 mesi per approvare l’atto, così inizia la
seconda lettura; se respinge non è adottato e può proporre emendamenti su
cui viene richiesto il parere della commissione e sottoposti al consiglio che se
riapprova l’atto è adottato, sennò si passa in terza lettura, dove viene
chiamato un comitato di conciliazione (membri del consiglio 27, 27 membri
26
del parlamento e la commissione) dove si discute per 6 settimane di tempo, al
termine dei quali se non si trova un accordo non viene approvato, se viene
approvato va in Parlamento e in consiglio entro 6 settimane deve essere
approvato. Durante queste procedure intervengono i triloghi, cioè riunioni
informali dei soggetti incaricati della negoziazione di parlamento, commissione
e consiglio per cercare di trovare un compromesso, prima della votazione
ufficiale, in modo che alla prima votazione si conclude la procedura con la
prima lettura.

PROCEDURE LEGISLATIVE SPECIALI:

• Consiglio adotta l’atto con la partecipazione del parlamento, non


hanno lo stesso ruolo e non sono in condizioni di parità. Il parlamento
può dare un parere obbligatorio ma non vincolante (consultiva) o
approvare con un semplice si o no
(parere conforme o di approvazione), che il consiglio deve chiedere
obbligatoriamente e deve seguire. In caso di violazione della richiesta
del parere obbligatorio l’atto è impugnabile davanti alla corte, non c’è
limite di tempistiche, tuttavia di fronte alla mancanza di leale
cooperazione del parlamento il consiglio può approvare da solo l’atto
(sentenza Corte). Nel caso in cui il consiglio modifichi sostanzialmente la
proposta della commissione, il parlamento europeo deve essere
riconsultato.
• Parlamento adotta l’atto con la partecipazione del consiglio, più
rare e per questioni interne, non hanno lo stesso ruolo e non sono in
condizioni di parità (per esempio per le commissioni di inchiesta e
mediatore europeo).

10° lezione
BASE GIURIDICA: fondamento normativo sulla base del quale adottare l’atto.
L’unione non ha competenza generale, ma solo le materie attribuitegli dai
trattati. Quindi bisogna valutare se l’unione europea è competente ad adottare
quel tipo di atto. Di solito la si trova nella parte del preambolo dell’atto
adottato. Possono essere:
• Generiche: disposizioni che possono fondare le competenze dell’Ue in
varie materie, definibili anche come trasversali
• Specifiche: relative a singole materie. Prevale su quella generica.
La base giuridica ci dice qual è L’AMBITO DI APPLICAZIONE delle singole
disposizioni (per es. art.46 TFUE: libera circolazione dei lavoratori), ci dice IL
TIPO DI ATTO CHE È POSSIBILE ADOTTARE (per es. 46 TFUE direttiva o
regolamento) e la PROCEDURA che deve essere seguita (per es. art. 46 TFUE
ordinaria con consultazione del comitato economico e sociale).
SCELTA DELLA BASE GIURIDICA: il trattato non dice nulla sui criteri da
adottare così la corte di giustizia li ha individuati, cioè criteri oggettivi,

27
tenendo conto dello scopo e del contenuto dell’atto. Tra la generale e la
specifica, va preferita quest’ultima laddove le norme abbiano la stessa
tematica. Se l’atto ha più scopi differenti va applicata la teoria del CENTRO
DI GRAVITÀ (sentenza Parlamento vs. Consiglio) bisogna capire se ne ha uno
prevalente usando la sua base giuridica. Qualora non ci fosse una finalità
prevalente, possiamo applicare più norme, abbiamo un CUMULO DI BASI
GIURIDICHE, le norme devono prevedere una procedura identica (non è
possibile se c’è di mezzo la PESC, in cui si adottano due atti separati), se le
basi giuridiche prevedono procedure diverse si adottano due atti diversi o si
segue la base giuridica che prevede maggior coinvolgimento del parlamento
europeo (sentenza Commissione vs Consiglio).

FUNZIONE NORMATIVA DELEGATA E FUNZIONE ESECUTIVA: oggi due


norme diverse, prima erano prese in considerazione in un’unica norma.
Nell’unione europea non esiste un vero e proprio governo, chi svolge la
funzione esecutiva nel senso politico del termine è il Consiglio europeo. Art.
202 TCE “Il Consiglio conferisce alla Commissione, negli atti che esso adotta, le
competenze di esecuzione delle norme che stabilisce. Il Consiglio può sottoporre
l'esercizio di tali competenze a determinate modalità. Il Consiglio può anche
riservarsi, in caso specifici, di esercitare direttamente competenze di esecuzione.
Le suddette modalità devono rispondere ai principi e alle norme che il Consiglio,
deliberando all'unanimità su proposta della Commissione previo parere del
Parlamento europeo, avrà stabilito in via preliminare”. Articolo molto generale,
funzione ripartita tra commissione e consiglio, quest’ultimo che la attribuiva
alla prima stabilendo le modalità. La Corte aveva interpretato la disposizione
come inclusiva delle competenze di esecuzione e delle competenze delegate.
Nel caso delle competenze di esecuzione era previsto il meccanismo della
comitologia, tutte le volte che in cui il consiglio conferisce alla commissione
funzioni esecutive, le attività della commissione venivano sottoposte ai
comitati formati da funzionari degli stati membri, l’agire della commissione
non è quindi del tutto libero. Oggi le due funzioni sono disciplinate da
disposizioni diverse: gli artt. 290 e 291 TFUE.
FUNZIONE DI ESECUZIONE: All’interno dell’Ue non esiste un vero e proprio
organo esecutivo, tali funzioni sono più o meno ripartite tra commissione e
consiglio europeo.
• emanazione di atti delegati (art. 290 TFUE): delega orizzontale (dal
legislatore UE alla Commissione) di poteri legislativi. La commissione
stabilisce la normativa di dettaglio. Un atto legislativo può delegare
alla Commissione il potere di adottare atti non legislativi di portata
generale che integrano o modificano determinati elementi non
essenziali dell'atto legislativo. L'atto legislativo indica gli obiettivi, il
contenuto, la portata e la durata della delega. La delega può essere a
tempo indeterminato o limitata a un certo periodo di tempo. Come si
determinano quali sono gli elementi essenziali di un atto? La sentenza
Repubblica Ceca: quando sono necessarie scelte discrezionali di politica

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o di bilanciamento di interessi o che incidono sui diritto delle persone
non possono essere modificati dall’atto delegato. Sentenza Frontex. Gli
atti adottati devono contenere nel titolo l'espressione "delegato".
Controllo sull'esercizio della delega spetta al PE e Consiglio che possono
decidere di revocare la delega o l'atto delegato può entrare in vigore solo
se, entro un termine fissato, PE e Consiglio non hanno sollevato
obiezioni. Controllo paritario con procedura ordinaria, procedura
speciale solo consiglio.
• funzione di attuazione di atti (art. 291 TFUE) delega verticale (dagli
Stati alla Commissione) di poteri esecutivi. Simile a comitologia. L'UE
non ha un proprio apparato amministrativo sul territorio degli Stati
membri: sono quindi in linea di principio gli Stati membri ad adottare le
misure necessarie per dare attuazione al diritto dell'Unione. Gli Stati
membri adottano tutte le misure di diritto interno necessarie per
l'attuazione degli atti giuridicamente vincolanti dell'Unione. Allorché
sono necessarie condizioni uniformi di esecuzione, gli Stati conferiscono
competenze di esecuzione alla Commissione. Nel titolo dell'atto va
indicata l'espressione "di esecuzione". Il controllo sull'attività della
Commissione è attuato attraverso un meccanismo simile alla comitologia
(comitati composti da rappresentanti di stati membri con poteri
consultivi o più incisivi; in caso di parere negativo la commissione non
adotta l’atto, può presentare una proposta modificata o fare ricorso ad
un comitato d’appello, che se darà parere negativo le impedirà di
adottare l’atto) . Art. 11 reg. 182/2011 prevede una forma di controllo
estremo da parte di Parlamento europeo e di consiglio, qualora ecceda i
suoi poteri.
FUNZIONE DI CONTROLLO POLITICO: si differenzia dal controllo di natura
giuridica, esercitato dalla Corte di giustizia su Stati membri e istituzioni
relativamente alla compatibilità della loro azione con il diritto Ue; controllo
esercitato dal PE quasi esclusivamente sulla Commissione con la relazione
generale della commissione, le interrogazioni, petizioni, commissione di
inchiesta, mediatore europeo, mozione di sfiducia. Il parlamento europeo
ha la tendenza ad interpretare il suo controllo non come controllo politico, ma
come riferito alla correttezza dei Commissari (sovrapposizione con la Corte).

11° lezione
FUNZIONE DI BILANCIO: risorse e procedure per l’approvazione del bilancio.
Ci sono due diverse procedure per le entrate e per le spese. La procedura
delle spese vede la partecipazione di tutte le istituzioni europee, assomiglia
alla procedura legislativa ordinaria. La procedura delle entrate è di carattere
intergovernativo il cui ruolo principale è svolto dal consiglio e dagli stati
europei, e un ruolo limitato dal Parlamento europeo. Il bilancio deve essere in
pareggio, dopo la crisi covid l’UE ha fatto debito con escamotage.

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La CECA è stata l’unica organizzazione internazionale in grado di finanziarsi
tramite imposte che venivano versate direttamente nel bilancio. È stata l’unica
organizzazione internazionale che aveva questo potere, infatti l’Ue non ha
potere fiscale. Era compito dell’alta autorità imporre prelievi per il massimo
dell’1% (per superare il limite era necessaria una decisione del consiglio a
maggioranza dei 2/3). Più un’organizzazione è autonoma dal punto di vista
finanziario più è indipendente dagli stati membri. Se invece si basa su
finanziamenti degli stati, come l’Ue oggi, allora è fortemente dipendente dagli
stati membri. La forte autonomia fiscale della Ceca è dovuta al fatto che le
competenze che le erano date erano limitate ad un settore e gli stati per questo
concedevano maggiore indipendenza.

CEE: le competenze dell’organizzazione si allargano a tutto il mercato e a tutti


i settori, si è stabilito espressamente che i contributi sono da parte degli stati
membri (minore indipendenza rispetto agli stati), anche se l’art.201 prevedeva
che l’organizzazione si poteva finanziare con risorse proprie (tariffe doganale),
tramite una procedura gravosa con proposta della commissione, approvazione
del consiglio all’unanimità, parere non vincolante del parlamento e doveva
essere riadottata dagli stati membri. Procedura gravosa perché si passerebbe
da un’organizzazione dipendente dagli stati membri ad una più indipendente.
Gli stati all’inizio erano 6 quindi sarebbe stato semplice raggiungere
l’unanimità. La tariffa doganale comune è la tariffa che si paga quando una
merce arriva da uno stato terzo in uno stato membro, in quanto si voleva
creare uno spazio doganale unico. La procedura al 201 doveva essere una
tantum, salvo poi sostituirlo con un meccanismo più rapido, per far diventare
indipendente l’unione.
La prima volta che si inizia a parlare di risorse proprie nel 1970 dal consiglio
europeo che prevede prelievi agricoli, dazi doganali e IVA comunitaria
(piccola quota di iva nazionale che viene versata all’unione). Solo i primi due
sono definibili come risorse proprie in quanto di competenza dell’unione. L’Iva
comunitaria è un’imposta nazionale che in parte viene versata all’unione,
inizialmente aveva carattere residuale, le risorse non coperte dalle prime due
risorse venivano coperte da questa. Nel 1988 i prelievi iniziano a diminuire e le
spese aumentano per l’aumento delle competenze dell’organizzazione, quindi,
viene stabilita una quarta risorsa che è una percentuale del PIL che diventa
residuale (come all’inizio era l’Iva comunitaria), che copre il 70%. Dato che la
principale forma di risorsa è da parte degli stati, questi stabiliscono il valore
del bilancio dell’unione e un tetto massimo delle risorse (1%, dimensione
molto piccola del bilancio) dato che nei periodi di crisi non sono portati a
versare. E’ stata aggiunta una risorsa sulla plastica, che come le altre
risorse, vengono riscosse dagli stati che ad oggi possono trattenere fino al 25%
per le spese di riscossione. Il tutto ha scatenato il meccanismo da parte degli
stati di contare quante risorse danno e ricevono e ottenere degli sconti.
Con il NextGenerationU si è concesso all’unione di fare debito, anche se ciò
non sarebbe possibile, per un periodo di tempo limitato e finalizzato a spese

30
determinate, quindi non entrano nel meccanismo del pareggio di bilancio.
Essendo che al debito bisogna far fronte al bilancio, si è dovuto alzare il tetto
delle risorse dall’1% al 2% temporaneamente, quindi, gli stati dovrebbero
versare di più, sono state introdotte nuove risorse proprie, con una decisione
e un regolamento seguendo la procedura all’art. 201 (cee).

PROCEDURA DETERMINAZIONE ENTRATE: quindi l’art.201 viene ripreso al


311 TFUE, senza un meccanismo più rapido, doveva essere una tantum ma è
ancora utilizzato. L’unione non è effettivamente indipendente dal punto di
vista fiscale dato che la risorsa principale viene dagli stati, che stabiliscono dei
tetti alle risorse. Questi erano gli obbiettivi iniziali poi disattesi. Quando è
stata introdotta la quarta risorsa è stato introdotto lo strumento del quadro
finanziario pluriennale, che doveva essere approvato ogni 5 anni con
l’ingresso del nuovo parlamento, mentre ad oggi è ogni 7. Traccia dei binari
sul quale il bilancio deve scorrere, prevede l’ampiezza delle spese,
composizione e priorità di bilancio. Al 312 TFUE viene stabilito che il quadro
finanziario pluriennale deve essere approvato dal consiglio all’unanimità con
approvazione parlamento. Il consiglio può anche prevedere la passerella
(approvata all’unanimità) con maggioranza qualificata per l’approvazione. Ad
oggi le priorità sono: politica agricola, transizione verde, salute, migrazioni,
sicurezza e difesa.

ADOZIONE BILANCIO: art. 314 TFUE, complessa, assomiglia alla procedura


legislativa ordinaria, parlamento e consiglio sullo stesso piano (in alcuni casi il
primo può prevalere). Scadenze precise, se non vengono rispettate si applica il
sistema dei dodicesimi, ogni mese le istituzioni dell’unione non possono
spendere più di 1/12 del bilancio dell’anno precedente. La commissione dà
esecuzione al bilancio. Approvazione finale dell’esecuzione del parlamento
(procedura di discarico).
FUNZIONE INTERNAZIONALE: o azione esterna:
• PESC (solo TUE)
• altro: politica commerciale comune, cooperazione allo sviluppo, aiuto
umanitario…
PESC: art. 24 TUE: copre tutte le questioni di politica estera e sicurezza, in
futuro sarà possibile una difesa comune (art.42 simile a procedura del 311
per assumere la difesa comune a livello europeo). Non pregiudica
l’applicazione delle procedure relative alle altre politiche dell’unione (art.40), il
garante di ciò è la corte di giustizia. È stata introdotta con Maastricht, come
distinta dagli altri settori dell’unione con meccanismi che anche ad oggi non
coincidono con gli altri settori dell’unione (es. non segue le procedure
legislative classiche), infatti il trattato sosteneva che l’unione poggiasse sulla
comunità, sulla PESC e giustizia e affari interni (poi assorbiti nel primo). La
PESC è definita e attuata dal Consiglio europeo, che determina le linee
generali che la pesc deve seguire, e dal Consiglio, che attua quelle linee e che

31
deliberano all'unanimità, salvo nel caso in cui i trattati dispongano
diversamente. Il Consiglio europeo definisce gli interessi strategici, gli
obbiettivi e gli interessi generali della politica estera (potere decisionale). Il
Consiglio attua gli orientamenti generali e le linee strategiche stabiliti dal
Consiglio europeo.
Art. 31 TUE: Le decisioni a norma del presente capo sono adottate dal
Consiglio europeo e dal Consiglio che deliberano all'unanimità, salvo nei casi in
cui il presente capo dispone diversamente. E' esclusa l'adozione di atti
legislativi. L'adozione di decisioni a maggioranza è esclusa nel settore militare
e della difesa ed è prevista solo per decisioni da adottare sulla base di atti
adottati precedentemente all'unanimità dal Consiglio europeo o dal Consiglio
(in questi casi si può adottare il freno di emergenza cioè se un membro del
consiglio intende opporsi all’adozione di un atto a maggioranza qualificata per
motivi politici non si procede all’adozione, l’alto rappresentante cerca una
soluzione con lo stato membro in questione, in mancanza di risultato il
consiglio deliberando a maggioranza qualificata può decidere che sia il
consiglio europeo ad occuparsene che decide all’unanimità) o quando c'è una
proposta dell’alto rappresentante presentata a seguito di una richiesta del
Consiglio europeo.
ASTENSIONE COSTRUTTIVA: uno stato può adottare questo istituto nei casi
in cui bisogna votare all’unanimità per astenersi, gli altri stati possono far
entrare in vigore la decisione tranne per chi ha esercitato l’astensione.

12° lezione
Gli atti che possono essere adottati nell’ambito della PESC:
• definizione di orientamenti generali del consiglio europeo
• decisioni che definiscono le azioni dell’unione nell’ambito della polita
estera e europea, le posizioni dell’Ue e le modalità di attuazione delle
decisioni, decisi dal consiglio all’unanimità.
ALTO RAPPRESENTANTE: è il mandatario del consiglio e del consiglio
europeo nell’ambito della PESC. Si avvale di una commissione che lo aiuta dal
punto di vista diplomatico.

COMMISSIONE: ruolo residuale, in quanto l’iniziativa spetta all’alto


rappresentante e dagli stati membri.

PARLAMENTO EUROPEO: solo consultato dall’alto rappresentante in alcuni


casi sui principali aspetti e sulle scelte fondamentali della PESC.

CORTE DI GIUSTIZIA: ha il compito di controllare che la pesc non


interferisca con gli altri settori e le altre procedure (per esempio che gli atti
della pesc vengano emanati con i procedimenti legislativi). Spetta anche il
controllo degli atti della pesc quando l’atto viene impugnato per misure
restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche oppure il giudice
nazionale può chiedere alla corte che l’atto venga annullato.
32
ESERCITAZIONE

13° lezione
Art. 216 TFUE: l'Unione può concludere un accordo con uno o più paesi terzi o
organizzazioni internazionali qualora i trattati lo prevedano o qualora la
conclusione di un accordo sia necessaria per realizzare, nell'ambito delle
politiche dell'Unione, uno degli obiettivi fissati nei trattati, o sia previsto in un
atto giuridico vincolante dell'Unione, oppure possa incidere su norme comuni o
alterarne la portata. Norma molto difficile. Bisogna distinguere due ipotesi:

• competenza espressa dai trattati. Nel 1957 c’erano solo due ambiti in
cui poteva fare trattati: tariffario e commerciale (anche in ambito sociale e
ambientale perché interpretato in maniera più ampia). Il secondo sono
accordi di associazione con trattamenti di favore in cambio del rispetto dei
diritti umani e altri principi stabiliti nei trattati (art. 217 TUE utilizzato
durante il processo di integrazione, il più importante è quello di Cotonou in
vigore, Spazio Economico Europeo tra Ue e Efta, accordi tra Ue e Brexit). Si
sono aggiunti: ambiente, ricerca scientifica e tecnologica, sviluppo,
cooperazione internazionale, aiuti umanitari e moneta. • competenza
implicita, che si può dedurre da altri principi e non dai trattati (sentenza
AETS sul trasporto non fra le competenze esplicite, il consiglio riteneva
facesse parte delle competenze statali. La commissione sostiene che l’Ue è
competente perché può adottare atti interni sul trasporto). La corte di
giustizia, dando ragione alla commissione, parla del PRINCIPIO DEL
PARALLELISMO, cioè tutte le volte che, per la realizzazione una politica
comune prevista dal trattato, la Comunità ha adottato delle disposizioni
contenenti, sotto qualsiasi forma, norme comuni, gli Stati membri non
hanno più il potere di contrarre con gli Stati terzi obbligazioni che incidono
su dette norme o ne alterino la portata, per evitare accordi internazionali
che vadano a contraddire la disciplina interna europea (questo principio si
adotta anche per esclusiva/concorrente). Quindi quando l’Ue è competente
sul piano interno può concludere accordi internazionali in queglo ambiti.
Nella sentenza Kramer afferma che può essere esercitata anche laddove la
competenza interna non sia stata esercitata. Viene ancora riallargata con la
teoria dei poteri impliciti, quindi tutte le competenze necessarie per
raggiungere i suoi fini anche con accordi internazionali.

1. Competenza esclusiva: conclude l’accordo da sola. Quando nel trattato


dice espressamente che l’unione ha competenza esclusiva in quella
materia a fare trattati internazionali. Quando ha una competenza
esclusiva sul piano interno (parallelismo). Quando c’è competenza
concorrente sul piano interno ma è coperta interamente dagli atti
dell’unione europea.

33
2. Competenza concorrente: con gli stati membri negozia e conclude
l’accordo. Quando è scritto che nel trattato che l’unione ha competenza
concorrente con gli stati che può concludere accordi internazionali.
Competenza concorrente interna sui cui l’unione non ha ancora
legiferato. Se gli stati finanziano l’accordo, gli stati membri vi devono
partecipare.

PROCEDURA: art. 218 TFUE


Si applica la stessa procedura solenne del diritto internazionale. In forma
esclusiva: NEGOZIAZONE: il consiglio autorizza ad iniziare questa fase ed
impartisce le direttive che la commissione o l’alto rappresentante devono
seguire. Poi il consiglio autorizza la FIRMA dell’accordo. RATIFICA: spetta al
consiglio (conclude l’accordo, che deve essere ratificato anche dall’altra parte).
Esistono accordi in forma semplificata, senza ratifica che finisce con la firma.
Il parlamento europeo deve essere consultato, in altri casi deve dare il parere
conforme (approvazione), nella pesc è semplicemente informato.
Alla corte di giustizia si può chiedere se il trattato sia compatibile con i trattati
istitutivi, il suo parere è vincolante, se contrasta non potrà essere concluso il
trattato (successo con la CEDU).
Gli accordi in forma mista (concorrete) sono molto frequenti perché talvolta
non si è sicuri che le competenze rientrino in quelle dell’unione e quindi si
richiede la partecipazione di tutti gli stati membri. È più complessa perché
tutti gli stati devono partecipare e ratificare l’accordo (di solito per accorciare i
tempi si prevedere che i trattati entrino in vigore in anticipo e
provvisoriamente). Per gli accordi misti possono crearsi dei dubbi in merito a
chi tocca ratificare il trattato, talvolta viene stabilito direttamente nel trattato
stesso altre volte tramite la convezione Montego Bay che a tutela degli altri
contraenti, che ha stabilito quali sono gli obblighi che gravano sugli stati e
quali gravano sull’unione. Gli stati insieme all’unione devono cooperare per
adempiere gli obblighi assunti (commissione contro Svezia). Quando le materie
di competenza degli stati hanno un ruolo accessorio o ausiliario, l’Ue conclude
l’accordo senza la partecipazione di costoro.

Il principio del parallelismo non si può applicare tra le competenze delle


istituzioni dell’UE.

In caso di convenzioni o trattati di materia di dell’unione che non può


partecipare perché prevede la partecipazione dei soli stati, questi vengono
autorizzati a partecipare dall’unione a suo nome.
I trattati conclusi prima di entrare nell’Ue:
• Art. 351 i trattati rimangono validi ma se vi sono incompatibilità gli stati
devono fare il possibile per eliminare le incompatibilità.
• L’Ue succede gli stati ed entra nell’accordo al posto di essi oppure entra
insieme agli stati, quando vi sono materie di competenza Ue.

34
14° lezione
Gerarchia:
• Fonti di diritto primario: trattati costitutivi
• Fonti intermedi: trattati dell’UE
• Fonti di diritto derivato: atti, decisioni…

Fonti di diritto primario: TUE e TFUE. Con la Ceca c’era solo un trattato,
iniziano ad essere due con Maastricht e poi con Lisbona.
Nelle TUE ci sono le norme più importanti e quelle trasversali, nel TFUE ci
sono le norme sulle politiche, con eccezioni, cioè la pesc disciplinata nel TUE e
nel TFUE ci sono talvolta norme trasversali (es. clausola di flessibilità).
Ci si chiede se questi trattati hanno una semplice natura internazionalistica o
costituzionale. La corte talvolta si è riferita a questi come di natura
costituzionale. Il dibattito si è fatto ancora più confuso con la costituzione
europea, si parlava di trattato costituzionale. In realtà se si guarda la
procedura di revisione si rifà alle regole del diritto internazionale, quindi si
può dire che ha fondamento internazionalistico. IL TFUE ha una rigidità
attenuata perché le si applicano le procedure semplificate (non al TUE).
PROTOCOLLI: si trovano in allegato ai trattati delle fonti primarie e sono sul
loro stesso livello. Si inseriscono le norme di carattere transitorio, regimi
differenziati di alcuni stati (per es. Danimarca e Irlanda) e per non appesantire
il testo dei trattati. Le dichiarazioni allegate ai trattati hanno valore solo
interpretativo.
ATTI DI ADESIONE, LA CARTA DAI DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UE (da
Lisbona), NORME ADOTTATE A INTEGRAZIONE DEI TRATTATI: equiparate
ai trattati esecutivi.

EVOLUZIONE DEI DIRITTI FONDAMENTALI: si è partiti da un’assenza di


disposizioni nei trattati istitutivi (quindi vi erano solo le norme degli stati e la
cedu, mancava uno strumento per l’Ue). ben presto ci si rende conto che tale
assenza è un problema, interviene la Corte di Giustizia che tramite sentenze
afferma una serie di principi sui diritti umani:
• sentenza Stauder: prima vi era stata una sentenza della corte per la
diminuzione del prezzo del burro per chi si trovava in condizioni di
povertà, ma le sentenze erano scritte in lingue diverse ed erano
discordanti tra di loro in merito alla consegna del documento di identità.
Stauder, cittadino tedesco, riteneva che la consegna del documento
d‘identità violasse la sua privacy, mentre nella sentenza italiana e
francese non se ne prevedevano la consegna (quella tedesca e olandese
si). La corte stabilisce che di fronte a sentenze di lingue diverse non
compatibili va applicata la sentenza che garantisce meglio i diritti
fondamentali all’individuo.
• sentenza Handelsgesellsschaft: riguardante il prezzo del mais, si fa
ricorso in corte di giustizia perché si riteneva che l’atto violasse i diritti

35
umani. La corte dice che per avere un catalogo dei diritti bisogna far
riferimento alle costituzioni degli stati membri.
• Sentenza Nold e Rutili: i diritti che devono essere rispettati si trovano
anche nei trattati internazionali (per es. CEDU, stipulato nell’ambito del
Consiglio d’Europa 1950, elenca una serie di diritti che devono essere
rispettati).
• sentenza Frontini e Solange I: dalla Corte costituzionale italiana e
tedesca. La corte italiana dice che se un atto dell’unione europea
violasse i diritti fondamentali della costituzione avrebbe fatto uscire
l’Italia dall’Ue, in quando l’ordine di esecuzione sarebbe stato illegittimo,
elabora così la teoria dei controlimiti. La corte tedesca elabora una
teoria simile, ma sostiene che difronte all’incostituzionalità dell’atto non
lo farebbe applicare. Questo per la mancanza di un catalogo di diritti
fondamentali che ne garantisce il rispetto all’interno dell’unione.
Le prime disposizioni le troviamo nel trattato di Maastricht che dice che pur
non esistendo un catalogo dei diritti umani, vengono filtrati i principi
costituzionali comuni e la convenzione europea dei diritti umani dalla corte
all’interno dell’UE.
Nel trattato di Amsterdam si introducono i primi principi sui diritti umani e lo
stato di diritto che gli stati che aderiscono all’unione europea devono
rispettare. Infine, si arriverà alla carta dei diritti fondamentali dell’Unione
Europea.
Art.7 TUE: inizialmente prevedeva una procedura che doveva essere attivata
nel caso in cui uno stato violasse in modo grave i diritti fondamentali previsti
all’art.2 del Tue (all’epoca introdotto da Amsterdam). Il trattato di Nizza
introduce un nuovo comma dellart.7 non solo quando vi sia una violazione,
ma anche quando vi sia un rischio che questa violazione si realizzi (caso della
vittoria di un partito xenofobo in Austria).
Procedura di allarme: in caso di rischio di violazione può essere iniziata da
1/3 degli stati, commissione o Parlamento. A decidere è il consiglio con una
maggioranza 4/5 con cui conferma la violazione (approvata dal parlamento). Si
conclude quindi con una constatazione e una raccomandazione per lo stato in
questione (prima bisogna sentire anche lo stato in questione)
Procedura ordinaria: quindi quando la violazione c’è stata, su proposta degli
1/3 degli stati o commissione, il consiglio europeo all’unanimità può decidere
che vi sia una violazione (previa approvazione del parlamento europeo), può
sospendere alcuni diritti dello stato in questione a maggioranza qualificata
(per es. diritti di voto al consiglio), lo stato verrebbe escluso dalle decisioni più
importanti e quindi lo stato può recedere dall’unione. Lo stato in questione
può presentare osservazioni.
Si tratta di procedure politiche mai attuate dagli stati membri per paura che
prima o poi toccasse a loro e le decisioni non possono essere impugnate alla
Corte di Giustizia. Nel 2014 la commissione fa una comunicazione che invia
agli stati per introdurre una procedura preventiva in caso di violazione, la
commissione in questi casi apre un dialogo con lo stato, se non è soddisfatta
36
manda una raccomandazione con le misure da adottare e il termine per farlo
e se non raggiunge il risultato voluto può avviare la procedura all’art.7.
Proposte di avvio della procedura di allarme sono state fatte per Ungheria e
Polonia per violazione dello stato di diritto, ma il consiglio non ha preso una
decisione.
La corte di giustizia invece ha potuto agire con procedure di infrazione nei
confronti di Ungheria e Polonia per violazione del diritto dell’UE, in relazione al
potere giudiziario (equo processo, dipendenza della magistratura
dall’esecutivo…). Sono state condannate a pagare una somma di denaro. Con
la Polonia ha funzionato.
Il regolamento recente 2020/2092 prevede la possibilità di sospendere
l’erogazione di fondi o di ridurli nei confronti di stati che abbiano commesso
violazioni dello stato di diritto in grado di compromettere gli interessi finanziari
dell’Unione. Polonia e Ungheria hanno impugnato questo regolamento, ma la
Corte ha respinto l’impugnazione.

CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UNIONE EUROPEA: nel 2000 a


Nizza, è stato frutto di una convezione. Nasce a scopo interpretativo, ma con il
trattato di Lisbona diventa vincolante e ha lo stesso valore dei trattati. I diritti
che prevede sono molto simili alla CEDU. Dell’art.51 in poi si trova l’ambito di
applicazione della carta e il rapporto con la CEDU (visto che filtrandolo viene
applicato dalla corte di giustizia) che non è ancora del tutto chiaro. Modificata
a Strasburgo nel 2007.

15° lezione
Viene realizzata in momento di stallo dell’UE, lo si vede dal fatto che la carta
escludeva l’attribuzione di nuove competenze ne incideva sul diritto
dell’unione. Questo perché Polonia e Regno Unito non volevano perché
preoccupati per l’introduzione di diritti familiari e sociali nel loro stato di cui
non volevano l’introduzione. Viene aggiunto un protocollo per questi due stati
in cui viene limitata la possibilità dei giudici di giudicare in base alla carta, ma
ad oggi non ha nessun valore, perché già stabilito dalla carta che non si
applica in via generale e non estende le competenze unionali.
Troviamo diritti e principi, questi di distinguono perché questi ultimi non
possono essere fatti valere direttamente in giudizio. I diritti possono subire
limitazioni se queste rispondono a finalità di interesse generale a tutela dei
diritti e le libertà altrui.
Quando le disposizioni della cedu e della carta coincidono per significato e
portata, si applica direttamente l’interpretazione usata per la cedu (secondo la
giurisprudenza della corte europea), salvo che la carta di Nizza ne conferisca
una protezione più estesa.
Art.51 ambito dell’applicazione della carta: istituzioni e ai suoi atti,
organi e organismi dell’unione e agli stati membri in attuazione del
diritto dell’unione. La corte, attraverso varie sentenze, sin dagli anni ‘80 si è

37
posta il problema della difformità tra i diritti della carta di Nizza e gli atti
interni. La corte si è detta competente solo dove lo stato agisse in attuazione
del diritto dell’unione e non nel diritto interno. Esempio sentenza Cinetec,
norma francese che vietava la distribuzione di film in cassetta prima che
fossero trascorsi 12 mesi dalla proiezione al cinema, ritenuta contraria alla
libertà di pensiero, ma la Corte non si reputa competente perché non ha a che
fare col diritto Ue.
Gli stati europei fanno parte sia della Cedu che della carta di Nizza (con due
corti diverse), ma la corte di giustizia ha compiti più ampi, la corte
europea dei diritti umani verifica semplicemente la convenzione dei
diritti umani i diritti applicati negli stati. L’ambito di applicazione della
corte di giustizia è più ampio, quindi ha dovuto cercare di far convivere
diritti fondamentali e libertà di carattere economico (es. circolazione):
esempio Controversia autostrada del Brennero per manifestazione che aveva
bloccato la circolazione, la corte fa prevalere il diritto alla manifestazione di
pensiero perché la manifestazione era autorizzata e occupava un piccolo tratto
di strada. Sentenza omega sul gioco che simula omicidi, in cui emerge come
prevale la dignità umana sulla possibilità di poter esportare un gioco
all’estero.
Talvolta alle corti è stata sottoposta la stessa questione. Caso Irlanda,
dove non era possibile interrompere la gravidanza, delle associazioni
studentesche distribuivano volantini sui luoghi in cui era possibile farlo. Le
autorità volevano evitarlo e fanno ricorso alle due corti. La corte UE non se ne
può occupare perché non c’entra con l’attuazione del diritto dell’unione
europea. La corte europea dei diritti umani invece se ne può occupare anche
se è una norma interna.
Un caso in cui sono state date soluzioni diverse è sulla possibilità d fare
ispezioni nelle imprese dalle autorità nazionali o la commissioni che potrebbe
contrastare con l’art. 8 della cedu (non c’era la carta di Nizza): la corte di
giustizia sostiene che questo diritto tutela solo il domicilio privato e non quello
professionale (perché deve bilanciare più esigenze), la corte europea dei diritti
umani si trovava di fronte ad un caso simile ma con l’autorità statale e
sostiene che si intende anche il domicilio professionale.
Casi in cui il diritto dell’UE e quello della cedu contrastino: è successo
quando Gibilterra è stata esclusa dalle elezioni del parlamento europeo da un
atto ue, mentre nella Cedu si parla di organizzare sui territori degli stati
aderenti elezioni libere e democratiche. Viene fatto ricorso alla corte cedu da
una cittadina di Gibilterra contro RU. Per la corte europea dei diritti umani il
Regno Unito è nel torto perché la decisione in questione è stata presa con
discrezionalità dal Regno Unito, avrebbe potuto rispettare la cedu non votando
a favore dell’atto.
Altro caso è il regolamento Dublino sui richiedenti asilo, il Belgio ha trasferito
in Grecia un richiedente asilo perché era il suo stato d’entrata, ma in Grecia

38
non esiste una struttura che tuteli il richiedente, quest’ultimo fa ricorso in
forza di alcuni articoli della cedu. La corte europea dice che però nel
Regolamento ci sono diverse deroghe che si possono applicare (in questo caso
da parte del Belgio) per non venire meno alla Cedu. Altro caso è un sequestro
delle autorità irlandesi nei confronti di una società su un aeromobile della
compagnia di bandiera della ex Jugoslavia, perché l’UE aveva fatto un
regolamento di esecuzione dell’onu (era obbligata ad attuarlo) che, come
sanzione per la guerra in Jugoslavia, prevede il sequestro di vari beni. La
società fa valere davanti alla corte il suo diritto di proprietà. L’Irlanda non
aveva scelta e non poteva essere condannata. La corte ritiene che sia
soddisfatta dal diritto ue, in quanto si è creato un sistema sufficiente di tutela
dei diritti umani, tanto che non ne vede nessuna violazione.

Se l’Ue fosse stata è parte della CEDU, il problema sarebbe stato che l’Ue
aveva non rispettato la convenzione e non lo stato (Irlanda) che si trova tra
due fuochi (diritto Ue e Cedu).
E’ stato fatto un tentativo di adesione negli anni ’70, ma l’House of Lords
boccia il suo ingresso. Negli anni ’90 si cerca di entrare sfruttando il principio
della clausola di flessibilità, perché entrare era necessario per gli obbiettivi
ue, ma la corte di giustizia dice che non è possibile usare la clausola di
flessibilità come base giuridica facendo fare dei salti qualitativi dell’unione
(bisogna usare il 48 non il 352 come base giuridica), in quanto l’Ue si
troverebbe sottoposta alla corte europea dei diritti umani.
Con Lisbona all’art.6 si crea la base giuridica sulla quale l’adesione sarebbe
possibile ed è stato approvato il protocollo 14 cedu per concedere alle
organizzazioni di aderire. Nel 2014 si ritenta ma la corte dice di no perché non
accetta l’dea di essere sottoposta ad un controllo esterno e una violazione
all’art. 344 sull’esclusiva della corte ue per risolvere le controversie tra gli stati
membri. È in corso un ulteriore tentativo.

16° lezione
Le funzioni della carta:

• istituire un parametro di legittimità degli atti dell’unione: è


possibile impugnare un atto diritto derivato di fronte alla corte per
violazione della carta. Sentenza Schrems, la commissione autorizzava
l’invio dei dati degli utenti di Facebook verso gli stati uniti, questo
comportamento è incompatibile con il diritto alla privacy previsto dalla
carta. Sentenza Klymenko per sanzioni del consiglio contro un individuo
contrari alla carta perché non aveva motivato in maniera sufficiente il
diritto all’equo processo. Anche per comportamento delle istituzioni
dell’Ue, es. tribunale che non prende una decisione in tempi ragionevoli
(sentenza GascognèSack). Comporta anche che i giudici nazionali
disapplichino le norme interne che hanno dato esecuzione ad atti
contrari alla carta.
39
• Parametro interpretativo: come strumento che si adatta ai tempi. Il
diritto dell’unione va applicato in base a questa. Sentenza Google Spain:
individuo che non vuole che su Google compaia un vecchio fallimento;
diritto all’oblio non previsto ma interpretando il diritto UE in base alla
carta lo si può dedurre.
PRINCIPI DI DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA: principi formulati dalla
corte. Fanno parte del diritto primario, non scritte con funzione interpretativa,
parametro di legittimità, colmare le lacune. Si possono dedurre:

• Dall’ordinamento dell’unione: da una lettura complessiva dei trattati


(es.
prevalenza diritto UE su quello interno per un buon funzionamento
dell’Ue) non sono scritti esplicitamente nei trattati ma si possono
dedurre; principi elaborati da specifiche disposizioni dei trattati (es.
uguaglianza tra le cittadinanze) previsti espressamente dai trattati;
principi di logica giuridica.
• Dagli ordinamenti statali: art. 340 TUE in materia extracontrattuale il
trattato ci dice quando devono essere applicati questi principi. Principi
degli ordinamenti costituzionali comuni sui diritti fondamentali che li
tutelano, ci sono ancora nonostante la presenza della carta, ma non
hanno la stessa importanza di quando la carta non era vincolante,
prima infatti hanno svolto un ruolo importantissimo (guardare parte
della carta).
FONTI INTERMEDIE: trattati internazionali conclusi dall’UE. Rango:

• Art. 218 TFUE: la corte di giustizia deve verificare la compatibilità dei


trattati istitutivi. Sono quindi subordinati ai trattati istitutivi.
• Art. 216 TFUE: gli accordi vincolano le istituzioni dell’Ue, quindi il
diritto derivato (gli atti delle istituzioni) è subordinato a queste fonti
intermedie.
FONTI DI DIRITTO DERIVATO: art 288 TFUE Per esercitare le competenze
dell'Unione, le istituzioni adottano regolamenti, direttive, decisioni,
raccomandazioni e pareri. Il regolamento ha portata generale. Esso è
obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli
Stati membri. La direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto
riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi
nazionali in merito alla forma e ai mezzi. La decisione è obbligatoria in tutti i
suoi elementi. Se designa i destinatari è obbligatoria soltanto nei confronti di
questi. Le raccomandazioni e i pareri non sono vincolanti. Ci dice quali sono tali
fonti e le loro caratteristiche: raccomandazioni e pareri sono non vincolanti,
mentre gli altri lo sono. Se i trattati non dicono che atto adottare, sono le
istituzioni che decidono. I regolamenti di solito in materia di competenza
esclusiva, le direttive in materie di competenza concorrente. Nello scegliere lo
strumento deve utilizzare lo strumento di proporzionalità in base ai fini che

40
si vuole raggiungere, si scelgono strumenti più o meno incisivi (cercando di
comprimere il meno possibile la sovranità statale). Teoria dello
smascheramento: la natura di un atto non dipende dalla sua denominazione
(la corte di giustizia può per esempio valutare che raccomandazioni siano
vincolanti), la corte guarda alla sostanza. Obbligo di motivazione dell’atto
(riguardo a base giudica, principio di sussidiarietà e procedura) per valutarne
la legittimità, nel preambolo troviamo i considerando che aiutano a leggere
l’atto e i motivi che hanno portato alla loro formazione. La pubblicazione su
gazzetta obbligatoria per tutti gli atti legislativi e per gli atti non legislativi
consistenti in regolamenti, direttive rivolte a tutti gli Stati e decisioni che non
designano i destinatari. Nell’ambito del diritto derivato non c’è gerarchia,
l’unica è quella dell’art.290 su atto di base e atto delegato.
REGOLAMENTI: distingue l’ue dalle altre organizzazioni internazionali:

• Portata generale: utilizza categorie generali e astratte come le leggi


interne. Regolamenti post attentato torri gemelle per il blocco dei beni di
soggetti individuati nominatamente, la portata generale non è attaccata
da ciò perché i destinatari sono gli stati che devono congelare tali beni.
• Obbligatori in tutti gli elementi: va applicato nella sua interezza, è di
solito è un atto completo quindi non ha bisogno di fonti ulteriori.
• Direttamente applicabili: dopo il periodo di vocatio legis va applicato
direttamente senza trasformarli in norme interne (che è anche vietato,
prassi italiana anni ’70 condannata dalla corte di giustizia), come se
fosse creato dal legislatore interno. Deve essere applicato
simultaneamente in tutti gli stati membri (motivo di condanna della
prassi italiana).
LE DIRETTIVE: si può rivolgere a tutti gli stati membri o solo ad alcuni. È
obbligatoria in tutti gli elementi, ma è incompleta in quanto indica allo stato
il risultato da raggiungere ma è lo stato che sceglie quali strumenti usare per
attuarla. Quindi può essere attuata in maniera diversa in base agli stati.
Esistono le DIRETTIVE DETTAGLIATE, indicano risultato e mezzi (secondo la
teoria dello smascheramento possono essere considerati regolamenti),
considerate legittime dal protocollo di sussidiarietà. Non sono direttamente
applicabili, ma dato che sono incomplete hanno bisogno di essere recepite in
atto interno che ne integra il contenuto. Combinazione di lavoro tra istituzioni
dell’unione e legislatore nazionale. La direttiva indica la data entro quando va
recepita la direttiva. Tra quando la direttiva viene emanata e entro quando la
direttiva va recepita, passa un lasso di tempo entro il quale lo stato ha
l’obbligo di stand-still cioè non può rendere più difficile o impossibile
recepire la direttiva una volta che il termine scada (es. corte costituzionale
boccia referendum abrogativo di una legge già esistente che attua una
direttiva successiva (la norma italiana era stata da ispirazione ed era già
quindi conforme) il cui termine di applicazione non era ancora scaduto). Dopo
il termine è inadempiente lo stato che non attua la direttiva.

41
La corte ha stabilito criteri di recepimento non previsti da trattati che si
basano sulla logica giuridica: devono essere atti vincolanti uguale al rango
della normativa interna che la direttiva va ad abrogare (sennò non potrebbe
attuarla). Se si ha una normativa già conforme alla direttiva e questa prevede
un riferimento preciso alla stessa, questa deve essere attuata comunque
riprendendo il testo dalla normativa precedente con il riferimento della
direttiva.
La corte è sempre stata molto severa con gli inadempimenti degli stati alle
direttive, non accettando scuse. È il caso dell’Italia che era sempre in ritardo e
usava singoli decreti legislativi. A seguito delle procedure di infrazione, nel
1987 è stata emanata una legge che recepiva più di 100 direttive. La soluzione
è arriva con la LEGGE COMUNITARIA di La Pergola, una legge annuale che
recepiva le direttive dell’anno precedente. Legge sostituita nel 2012 in cui si
parla di LEGGE EUROPEA (modifica direttamente l’ordinamento interno per
dare esecuzioni al diritto dell’unione europea, sia di abrogazione che di
attuazione), non ha un termine, e la legge di DELEGAZIONE EUROPEA
(conferimenti al governo di delega legislativa per l’attuazione delle direttive e
modificare e abrogare le disposizioni statali vigenti) entro il 28 febbraio al
limite è possibile entro il 31 luglio.
Possono essere usati altri strumenti: per esempio nel caso di particolari
urgenze perché non c’è tempo di approvare questi atti.
REGIONI: e province autonome, soprattutto per direttive, possono dare
attuazione direttamente nelle loro materie di competenza esclusiva. Nel caso
della concorrente lo stato adotta con la legge di delegazione europea i principi
generali e le regioni attueranno le normative in dettaglio. Lo stato può
sostituirsi alle regioni nelle materie di competenza regionale in caso di inerzia
delle regioni, con una normativa già pronta di cui provvede al recepimento per
la regione inerte (preventiva). Successiva, crea la normativa dopo la mora della
regione per il ritardo dell’inadempienza perché per le regioni è responsabile lo
stato.

17° lezione
DECISIONI:

• Indicano destinatari: viene destinato agli stati e alle persone fisiche e


giuridiche
• Non indicano i destinatari: di portata generale, più interno al
funzionamento dell’unione. Prima di Lisbona non era considerata fonte
di diritto derivato.
C’è poca giurisprudenza da parte della corte che ne identifica la loro
immediata applicabilità, secondo la corte di giustizia si, si mantiene però
qualche dubbio sulla diretta applicabilità agli stati.
CARATTERE NON VINCOLANTE o atti atipici:
42
• Raccomandazioni: chiedono al destinatario di avere una certa condotta,
ma non sono vincolanti. Effetto di liceità: se il destinatario si adegua
non può esserli contestato il non rispetto di altri impegni internazionali.
Sono inserite in procedure specifiche. Vale sempre la teoria del
mascheramento, tale per cui la corte guardando la sostanza potrebbe
affermarne la sua vincolatività.
• Pareri: delle istituzioni, possono essere inserite in procedure (es. quella
legislativa). Non vincolatività ma vale la teoria dello smascheramento
• Comunicazioni della commissione: non citate dal 288, soprattutto in
materia di concorrenza con cui manifesta i suoi orientamenti, se si
discosta i suoi atti (decisioni) possono essere impugnati.
• Libri verdi/ bianchi, non menzionati dai trattati. Libri verdi raccolgono
opinioni su procedimenti legislativi. Libri bianchi linee generali della
disciplina che vuole adottare.
• Accordi interistituzionali, tra le istituzioni politiche.
EFFETTI DIRETTI: idoneità di una disposizione di diritto dell’Ue ad essere
invocata in giudizio a sostegno delle proprie pretese. Una caratteristica
peculiare dell’unione rispetto alle altre organizzazioni internazionali. Non
previsto dai trattati, ma si è consolidato all’interno della corte di giustizia. Ha
come presupposto la vincolatività degli atti. Diverso da applicabilità diretta.
Van Gend &Loos: sentenza. L’art.12 CEE diceva che gli stati membri non
potevano introdurre nuovi dazi doganali tra uno stato membro e l’altro.
L’azienda in questione voleva importare dei prodotti tra uno stato e l’altro
dell’unione, ma le veniva chiesto di pagare un dazio. La questione viene
sottoposta alla corte che parla di effetti diretti e afferma quali effetti debba
avere, la norma in questione fa sorgere degli obblighi agli stati, ma fa nascere
anche dei diritti che possono essere fatti valere, soprattutto di fronte alla
cessione di competenze all’unione. Quando siamo di fronte ad una norma
chiara, precisa e incondizionata allora potrà essere fatta valere anche dai
singoli in giudizio perché ha effetti diretti e non ha bisogno di ulteriore
attuazione da parte degli stati in quanto si tratta di una norma di non fare,
come l’art.12 che consiste in un non fare. Questo principio consente anche ai
singoli di vigilare sull’operato dello stato nei confronti del diritto dell’unione,
può far valere infatti che lo stato non abbia rispettato tale diritto.
Si possono produrre sia effetti diretti

• Orizzontali: far valere una norma dell’ue tra individui. Non applicabile
nelle direttive.
• Verticali: possibilità del singolo che invochi un diritto stabilito
dall’unione contro lo stato che non ha rispettato il diritto dell’unione
(qualsiasi non solo il proprio). Non può essere usato dallo stato nei
confronti dell’individuo per fargli rispettare un diritto dell’unione che lui
stesso non attua. Si parla di stato inteso come statoorganizzazione.

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EFFETTI DIRETTI CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI E DEI PRINCIPI
DI DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA: per i principi producono efficacia
diretta sia verticale che orizzontale (es. sentenza Mangold no discriminazione
sul luogo di lavoro per l’età che è un principio di diritto dell’Ue). Per quanto
riguarda la carta producono effetti diretti solo le norme relative ai diritti (non
ai principi) sia orizzontali che verticali a seconda dei casi. Le disposizioni della
carta che prevedono che un diritto deve essere garantito "nei casi e alle
condizioni previsti dal diritto dell'Unione e dalle legislazioni e prassi nazionali”
non hanno carattere incondizionato e quindi non hanno effetti diretti.
EFFETTI DIRETTI DEI TRATTATI INTERNAZIONALI: oltre il carattere
chiaro, preciso, incondizionato, la corte valuta la natura, la struttura e lo
spirito per verificare se vi siano effetti diretti. L’unione vuole avere una certa
discrezionalità nel valutare gli impegni internazionali, in quanto i singoli
potrebbero invocare il trattato per far valere i loro diritti derivanti da questo,
come strumento di controllo nei confronti dell’Ue e degli stati per l’esecuzione
del trattato (non hanno effetti diretti Gatt e trattato Omc).
EFFETTI DIRETTI DEI REGOLAMENTI: hanno tendenzialmente effetti diretti
in quanto completi e direttamente applicabili come leggi interne ordinarie, ma
ne esistono alcuni che necessitano di integrazioni statali. Il regolamento
completo o no produce effetti diretti solo nel caso sia chiaro, preciso e
incondizionato (es. sentenza Leonesio il regolamento sul pagamento del bonus
per chi macellava più bovini, il regolamento necessitava di attuazione interna
(mettere a disposizione i soldi), ma essendo chiaro, preciso e incondizionato
quindi produce effetti diretti), (sentenza Monte Arcosu per l’istituzione degli
albi a cui iscrivere gli imprenditori agricoli. Lo stato doveva definire i requisiti
per l’iscrizione, quindi non era chiaro, preciso e incondizionato come
regolamento, quindi, non produce effetti diretti). Quindi producono effetti
diretti quando gli stati aggiungono misure esecutive che non lasciano margine
di discrezionalità.
Gli effetti diretti vanno valutati norma per norma dei singoli atti.
EFFETTI DIRETTI DELLE DIRETTIVE: vanno trasformati in norme interne,
una volta scaduto il termine per trasformarla in norma interna da parte di
stati inadempienti produce effetti diretti? Bisogna valutare se sono chiare
precise e incondizionate anche se necessitano di attuazione, infatti vi sono
direttive in cui è possibile individuare queste caratteristiche: quelle di NON
FACERE, quelle DETTAGLIATE, quando ribadiscono OBBLIGHI DERIVANTI
DAI TRATTATI (sentenza Sace, direttiva che eliminava imposta, Italia che
chiede il pagamento di questa imposta all’azienda in questione, tale direttiva
riprendeva un obbligo già presente nei trattati, quindi effetti diretti), (sentenza
Van Duyn, direttiva recepita sbagliata nel RU riguardo l’impedire l’ingresso in
un paese o espellere per tutelare l’ordine pubblico un individuo connessi al
suo comportamento personale, RU omette la parte dell’ordine pubblico
connesso al comportamento personale; la chiesa di scientology assume

44
cittadina olandese, ma questa chiesa è considerata pericolosa per l’ordine
pubblico, quindi le viene impedito l’ingresso, non viene fatta una valutazione
nei confronti della signora ma del datore di lavoro, quindi la corte conferma la
tesi della donna), (sentenza Ratti, non aveva fatto l’etichettatura corretta
rispetto le norme italiane ma le aveva fatte giuste rispetto ad una direttiva non
recepita in Italia, la direttiva era chiara, precisa e incondizionata e la legge
italiana era in contrasto con il diritto Ue, quindi il Signor Ratti non poteva
essere condannato rispetto alla norma italiana). Producono effetti verticali ma
non orizzontali, quindi solo nei confronti dello stato, altrimenti avrebbero lo
stesso effetto dei regolamenti e in più, dato che l’invocazione della direttiva
non applicata o applicata male è una sorta di punizione per gli stati
inadempienti, non possono essere puniti gli individui se la direttiva non viene
recepita dallo stato(sentenza Marshall, direttiva non attuata nel RU riguardo
alla parità dei sessi sul luogo di lavoro, lei viene mandata in pensione prima
degli uomini ed essendo il luogo di lavoro pubblico produce effetti diretti, una
volta recepita la direttiva si sarebbe potuta applicare anche nei posti lavoro
privati), (caso Faccini-Dori, direttiva per vendita fuori dai locali commerciali a
tutela del consumatore, Italia non la recepisce, signora Faccini-Dori vuole
invocare il diritto di recesso previsto da questa direttiva ma non può in Italia,
in quanto non recepita; quindi viene chiesto alla corte Ue se può esercitare il
diritto di recesso della direttiva nei confronti dell’altro privato che le aveva
venduto un bene, la corte dice di no perché, essendo una direttiva non
recepita, gli effetti diretti possono essere fatti valere solo nei confronti dello
stato).

18° lezione
ECCEZIONI EFFETTI ORIZZONTALI:

• Se le direttive attuano PRINCIPI DOTATI DI EFFETTI DIRETTI


ORIZZONTALI, allora la stessa direttiva produce effetti diretti
orizzontali.
• Sentenza fratelli Costanzo, direttiva per offerte basse in modo anomalo
in ambito degli appalti, Italia recepisce la direttiva, ma crea una legge
che si discosta dalla direttiva stessa. I Fratelli Costanzo vengono esclusi
dalla gara di appalto in forza della legge italiana, fa valere davanti alla
corte la direttiva contro lo stato (verticale) perché la normativa italiana
era in contrasto con la direttiva. La corte dà ragione alla ditta in
questione in quanto la gara di appalto non è avvenuta in modo conforme
alla direttiva stessa. Questo produce effetti pregiudizievoli per la ditta
vincitrice. Teoria dei RAPPORTI TRIANGOLARI, gli effetti diretti
verticali (come in questo caso) hanno come conseguenza che la posizione
di un altro privato venga pregiudicata.
• INVOCABILITÀ DI ESCLUSIONE: normalmente quando si fanno valere
gli effetti diretti di una direttiva, di solito viene applicato l’effetto di
sostituzione: la norma della direttiva sostituisce quella nazionale

45
incompatibile. Il problema posto alla corte di giustizia è che se la
direttiva non ha effetti diretti è possibile che la contraddittorietà della
norma interna alla direttiva comporti quantomeno l’effetto di
esclusione della norma nazionale impedendo così che vanga applicata
senza sostituirla? Sentenza Poplawski esclude l’effetto di esclusione per
le direttive prive di effetti diretti, quindi la norma contraria alla direttiva
continua ad applicarsi, si trattava in questo caso di una decisione
quadro del mandato di arresto europeo con l’Olanda che aveva realizzato
una norma incompatibile; con la sentenza Unilever per le direttive di
carattere procedurale l’effetto di esclusione è ammesso, non di
sostituzione perché la direttiva in questione indica solo i passaggi della
procedura e non il contenuto che deve essere determinato dallo stato
(sentenza riguardo a normative tecniche sull’etichettamento dei prodotti,
l’etichettatura della Unilever non era idonea secondo le norme italiane
che però erano state emanate senza seguire le procedure stabilite dalla
direttiva europea). Deduzione: si norme procedurali, no sostanziali.
EFFETTI DELLE DECISIONI: producono effetti sia orizzontali che verticali se
dirette ai singoli; se dirette allo stato solo verticali.
EFFETTI INDIRETTI: invocati dalla corte di giustizia (non si trovano nei
trattati). Si collocano nell’ottica di offrire tutela giurisdizionale al singolo sia
che possa invocare gli effetti diretti ma anche dove non possa.

• Interpretazione conforme: le norme nazionali vanno interpretate nel


modo più coerente possibile al diritto dell’unione, secondo il principio di
leale collaborazione per cui gli stati devono collaborare con le
istituzioni dell’unione anche dal punto di vista normativo, soprattutto in
caso di potenziale contrasto tra la norma interna e quella dell’unione.
Sentenza Von Colson: direttiva recepita in Germania riguardo alla parità
dei sessi, la corte enuncia che le norme di recepimento vanno
interpretate nel modo più conforme possibile alla direttiva e ai fini che
vuole raggiungere, in quanto la legge di recepimento limitava la
possibilità di avere il risarcimento del danno rispetto a quanto previsto
dalla direttiva.
La corte dice che va interpretata in modo conforme ogni norma
nazionale precedente o successiva rispetto al diritto dell’unione.
Sentenza Marleasing, normativa spagnola anteriore ad una direttiva
dell’unione europea per la nullità degli atti costitutivi di società, la corte
estende il principio di interpretazione conforme anche alle norme
anteriori. Questo principio viene applicato per tutte le fonti del diritto
dell’Unione Europea.
Limiti al principio dell’interpretazione conforme: è possibile solo se la
norma ha una certa flessibilità interpretativa, non può essere contra
legem. Deve poi rispettare i principi generali dell’Unione Europea e in
particolare il divieto di non aggravare la responsabilità penale
dell’individuo. Non costituisce un limite l’esistenza di una
46
interpretazione giurisprudenziale contraria rispetto a quella conforme al
diritto europeo.
1. Nella scelta tra più interpretazioni possibili di una norma, va scelta
quella più conforme al diritto dell'Unione europea. Se nessuna
interpretazione conforme è possibile ci si deve chiedere la norma UE
produca effetti diretti
2. Se la norma di diritto dell'Unione europea è idonea a produrre effetti
diretti, la norma interna incompatibile va disapplicata. Se la norma di
diritto UE non è idonea a produrre effetti diretti, si deve procedere
(vedi punto 3)
3. il giudice può proporre questione di legittimità costituzionale della
norma interna
Se il singolo ha subito un danno può chiedere il risarcimento del
danno.

• Risarcimento del danno: principio generale di diritto, stabilito dalla


corte, non presente nei trattati. Se il singolo ha subito un danno dalla
violazione di una norma del diritto dell’unione da parte dello stato,
l’individuo può chiedere il risarcimento del danno, a tutela dei diritti del
singolo discendente dall’unione. Sentenza Francovich, direttiva per la
creazione di un fondo per i lavoratori che non vengono pagati (insolvenza
datori di lavoro), la direttiva non viene recepita dall’Italia e in più non è
chiara, precisa e incondizionata quindi non produce effetti diretti e non
può essere invocata, l’unico rimedio che viene proposto al singolo è il
risarcimento del danno, che può esserci quando stabilisce diritti a
favore dei singoli, è possibile individuare il suo contenuto, nesso di
casualità tra violazione del diritto ue e danno subito. Sentenza
Brasserie du Pechur, società esportatrice di birra a cui viene impedito di
commerciare in Germania per una normativa contraria ad una direttiva
per cui la Germania era già stata condannata; la direttiva in questione
produce effetti diretti, ma la ditta chiede anche in aggiunta alla
disapplicazione della norma tedesca un risarcimento del danno per i
danni derivati dalla non esportazione; tra le condizioni per avere il
risarcimento la corte annovera (oltre alle condizioni precedenti) anche
una violazione sufficientemente caratterizzata, tendenzialmente se si
tratta di un inadempimento per il recepimento di una direttiva è sempre
sufficientemente caratterizzata.
Per stato si intende lo stato organizzazione (organi+enti), anche quindi
gli organi giurisdizionali come la Sentenza Traghetti del Mediterraneo
per una violazione della Cassazione, per non aver chiesto alla corte di
chiarire l’interpretazione di una norma UE, in quanto le corti di ultima
istanza, in caso di dubbio, devono sempre chiedere alla corte.
Il risarcimento può essere dato in maniera irrisoria da parte degli stati
membri (perché godono di autonomia procedurale), quindi si applica il

47
principio di equivalenza, cioè il risarcimento deve essere pari a quello
sarebbe previsto in caso di violazione di una norma interna (in Italia
danno emergente+lucro cessante); principio di effettività, lo stato non
deve rendere troppo difficile la procedura per il risarcimento.

19° lezione
ESERCITAZIONE

20° lezione
RAPPORTO DIRITTO DELL’UNIONE E DEGLI STATI MEMBRI: non è scritto
nei trattati, principi elaborati dalla Corte di Giustizia ispirandosi alle
costituzioni degli stati federali. Era stato inserito nel trattato che adotta una
costituzione per l’Europa, ma il RU si oppose a all’inserimento di tale principio
e poi la costituzione non entrò mai in vigore. Oggi è presente alla dichiarazione
17 dei trattati che stabilisce la prevalenza del diritto UE rispetto a quello
interno, nonostante a volte gli stati non lo rispettino (es. Polonia).
La nostra corte costituzionale e la corte di giustizia in passato avevano pareri
discordanti in merito al rapporto diritto Ue/interno, sia dal punto di vista
teorico che pratico, per poi avvicinarsi dal punto di vista pratico, anche se dal
punto di vista teorico rimangono le differenze. La corte di giustizia ha una tesi
monista, ordinamento sovranazionale e nazionale è un tutt’uno e il diritto
comunitario superiore al diritto interno. La Corte costituzionale reputa che i
due ordinamenti siano separati e congiunte dalla legge che adatta il trattato
del diritto Ue, secondo una tesi dualista.
SENTENZA COSTA-ENEL: 1964 sentenza corte di giustizia e Corte
costituzionale. Il signor Costa non voleva pagare una bolletta, in quanto
secondo il signor Costa vi era una violazione del trattato di Roma da parte
della legge italiana sulla nazionalizzazione dell’energia elettrica. La corte di
giustizia sostiene che l'appartenenza alla Comunità europea comporta
l'impossibilità per gli Stati di far prevalere contro un ordinamento giuridico da
essi accettato, a condizione di reciprocità, un provvedimento unilaterale
ulteriore. Se l'efficacia del diritto comunitario variasse da uno Stato membro
all'altro, in funzione di leggi interne posteriori, ciò metterebbe in pericolo
l'attuazione degli scopi del trattato, la norma di diritto comunitario prevale
sulle norme interne anteriori e posteriori. La Corte costituzionale sostiene che
l'Italia ha dato esecuzione al Trattato istitutivo CEE con legge ordinaria. Ferma
restando la responsabilità dello Stato per violazione del diritto CEE, rimane
fermo il principio per il quale il contrasto tra norma comunitaria e norma
interna va risolto sulla base del principio della successione della legge nel
tempo e non può dar luogo a questioni di costituzionalità, la norma interna
successiva prevale sulla norma comunitaria. Si voleva inizialmente adattare il
Trattato di Roma con legge costituzionale, dandole valore costituzionale, ma
venne adattata con legge ordinaria.

48
La corte mantiene nel corso degli anni la stessa idea, quella che cambia idea è
la Corte costituzionale.
SENTENZA ICIC: 1975 Italia trasforma regolamenti in norme interne. La
Corte costituzionale dice che l'art. 11 Cost esige che il legislatore italiano non
impedisca, attraverso l'emanazione di norme interne successive incompatibili,
l'applicazione diretta dei regolamenti. Il giudice non può tuttavia disapplicare
direttamente la norma interna, bensì deve sollevare questione di legittimità
costituzionale. La corte di giustizia con la SENTENZA SIMMENTAL, relativa
ad importazione di carni, sostiene che il giudice nazionale incaricato di
applicare, nell'ambito della propria competenza, le disposizioni di diritto
comunitario, ha l'obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme,
disapplicando all'occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione
contrastante della legislazione nazionale, anche posteriore, senza doverne
chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi
altro procedimento costituzionale. Quindi disapplicazione diretta.
SENTENZA GRANITAL: 1984, la Corte costituzionale rimane da un punto di
vista teorico opposta rispetto alla corte di giustizia UE, ma raggiunge un
risultato pratico identico. Rimane dell’idea che le due sfere siano separate, ma
il diritto comunitario prevale su quello interno e quindi il giudice applica
direttamente la norma europea e la norma interna non ha rilievo.
SENTENZE COSTANZO E GIAMPAOLI: la Corte costituzionale dice nella
prima che le norme comunitarie non abrogano la norma interna incompatibile,
ma il legislatore nazionale ha il compito di depurare l’ordinamento delle norme
incompatibili (il giudice non le applica e basta). Nella seconda la Corte
costituzionale piuttosto che di "disapplicazione" della norma interna in
contrasto con il diritto comunitario, si deve parlare di "non applicazione" della
stessa, perché il concetto di disapplicazione evoca vizi della norma nazionale,
in realtà non sussistenti in ragione dell'autonomia dei due ordinamenti,
interno e comunitario.
Riforma titolo V e art. 117 che sancisce la prevalenza del diritto comunitario
sul diritto interno (la potestà legislativa deve essere esercitata nel rispetto degli
obblighi comunitari). L’ art. 11 si deduce che tutte le autorità dello stato
devono far prevalere le norme del diritto dell’Unione se produce effetti diretti,
se non li produce, la norma interna non può essere disapplicata dal giudice,
quindi, bisogna procede con il giudizio di legittimità costituzionale.
La corte di giustizia precisa che in caso di contrasto tra la norma comunitaria
e quella interna, questa viene solo disapplicata dal giudice e non eliminata
(andrà eliminata dal legislatore o dalla Corte costituzionale con il giudizio di
legittimità costituzionale). Anche le autorità amministrative devono
disapplicare le norme interne contrarie al diritto Ue. Il diritto comunitario
prevale anche su una sentenza passata in giudicato.

49
La differenza che rimane tra le giurisprudenze delle due corti trova espressione
nella teoria dei CONTROLIMITI, formulata dalla nostra Corte costituzionale
per la sua posizione dualista e ancora sostenuto:

• Nel 1973 (sentenza Frontini) ha una posizione dura la Corte


costituzionale italiana in caso di violazione dei principi fondamentali
dell'ordinamento, si sarebbe dichiarata l’illegittimità costituzionale
dell'ordine di esecuzione, facendo uscire l’Italia dalla CEE.
• Sentenza Granital 1984: riprende lo stesso concetto, ma dice che ci
sono due controlimiti, il primo quello del 1973 e il secondo quando il
legislatore nazionale emana una norma che mette in pericolo
l’applicazione del diritto dell’Unione che va direttamente eliminata e non
disapplicata (situazione mai verificata).
• Sentenza Fragd 1989: quasi applicati i controlimiti, quando la corte di
giustizia emana una sentenza pregiudiziale può limitare la sua decisione
non facendola applicare al caso a quo o che la sua applicazione sia da
una determinata data. Il giudice a quo avrebbe dovuto così applicare la
norma interna invalida, violando l’art. 24 della costituzione. La corte
stava per attivare i controlimiti, ma la corte di giustizia europea tornò
sui suoi passi. La pronuncia della Corte costituzionale non è più così
dura, non sostiene più che il sindacato di legittimità costituzionale
riguarda la legge di esecuzione nella sua interezza, bensì solo quella
parte che riguarda i singoli atti, quindi l’Italia non uscirebbe più dall’Ue.
• Sentenza Taricco: due sentenze della corte di giustizia 2015-2017, la
seconda provocata da una sentenza della Corte costituzionale del 2017
in cui si pensava di applicare i controlimiti. Secondo la norma europea,
lo stato deve prendere tutte le misure per punire i reati che ledono gli
interessi finanziari dell’UE. Secondo la corte Ue le norme italiane erano
insufficienti, infatti prevedevano un prolungamento della durata del
termine di prescrizione solo di ¼ della sua durata iniziale non
permettendo di infliggere sanzioni effettive, e quindi la corte Ue ne
prevede la disapplicazione. La sua sentenza avrebbe avuto conseguenze
sui procedimenti ancora in corso violando il principio di legalità secondo
la nostra Corte costituzionale. La corte costituzionale cerca prima un
dialogo con la corte di giustizia chiedendo chiarimenti, al posto di far
valere la teoria dei controlimiti. La corte di giustizia dice che le norme
sulla prescrizione vanno disapplicate dal giudice se impediscono di
punire questi reati e se non c’è violazione del principio di legalità.
Quali norme di diritto dell'Unione europea prevalgono sul diritto interno e ne
comportano la disapplicazione? Le norme direttamente applicabili, le norme
dotate di effetti diretti e le sentenze interpretative della Corte di giustizia o che
concludono un procedimento per infrazione. Se una norma non è direttamente
applicabile o non produce effetti diretti, la norma nazionale in contrasto non

50
può essere disapplicata direttamente dal giudice nazionale e occorre un
intervento della Corte costituzionale.
Su quali norme interne prevale in diritto dell'Unione europea? Su tutte le
norme nazionali, anteriori o successive, incluse quelle di rango costituzionale
(fatti salvi, secondo la Corte costituzionale, i controlimiti).

21° lezione
COMPETENZA CONTENZIOSA CORTE DI GIUSTIZIA: Riguarda un atto
dell’unione su cui siamo in dubbio di legittimità. La competenza a vagliare la
legittimità degli atti dell’unione è una competenza esclusiva della corte ed è
sottratto dai giudici nazionali. Si divide in:
RICORSO DI ANNULLAMENTO: art. 263 TFUE, l’articolo definisce gli atti
impugnali delle istituzioni oggetto di ricorso, chi può presentare ricorso, i vizi,
gli effetti della sentenza.

• Gli atti impugnabili sono atti realizzati con la procedura legislativa


ordinaria o speciale (legislativi), atti del consiglio, della commissione, o
della BCE che non siano raccomandazioni o pareri (quindi ad esclusione
di quelli non vincolanti), atti
del parlamento europeo, del Consiglio europeo, degli organi e degli
organismi dell’Unione destinati a produrre effetti nei confronti dei terzi.
Il novero degli atti impugnabili era inferiore, non potevano essere
impugnati gli atti del Parlamento (che inizialmente aveva poteri scarsi),
la Corte afferma prima di Lisbona che gli atti del parlamento sono
impugnabili con la sentenza Le Vers in merito alla ripartizione dei fondi
tra i partiti europei dai quali il partito dei verdi era stato escluso. Il
partito voleva impugnare l’atto realizzato dal Parlamento, ma dai trattati
non era previsto. La Corte pronuncia che anche gli atti del parlamento
sono impugnabili, scelta ripresa dal trattato di Lisbona. Le decisioni del
consiglio europeo sono impugnabili (no conclusioni che sono di
carattere politico, mentre le decisioni sono più precise). Gli atti interni
agli organi non rientrano nel novero, tuttavia la differenza con quelli che
hanno effetto verso i terzi è molto sottile, quindi anche questi talvolta
vengono impugnati. Gli atti dell’eurogruppo non sono impugnabili (non
prendono decisioni formali). Non sono impugnabili gli atti della Corte
dei conti. Gli atti, quindi, devono essere vincolanti e definitivi
(quindi no atti preparatori, programmatici e confermativi) per essere
impugnati. Vige anche in questo ambito la teoria dello
smascheramento, si guarda alla sostanza, e non alla forma e alla
denominazione dell'atto: la corte ha considerato impugnabile l'atto con
cui la Commissione dà inizio alla procedura di controllo di un aiuto di
Stato (anche se è un atto preparatorio impedisce allo Stato di erogare
l'aiuto), una comunicazione della Commissione relativa al controllo degli
aiuti statali alle imprese pubbliche, una lettera dell'Agenzia europea per
le sostanze chimiche inviata a uno Stato membro…(nonostante non
51
siano fonti tendenzialmente vincolanti, in questo caso presentavano le
caratteristiche di vincolatività e definitività).
• I soggetti legittimati attivi sono: i ricorrenti privilegiati che non
devono dimostrare di avere un interesse ad agire (stati membri,
parlamento, consiglio e commissione).
Gli enti territoriali vengono considerati come persone giuridiche e non
privilegiate. Prima il parlamento era un soggetto semi privilegiato, in
quanto prima i suoi atti erano impugnabili.
I semi privilegiati possono solo impugnare atti che hanno portato ad
una violazione delle loro prerogative, sono Corte dei Conti e BCE.
I ricorrenti non privilegiati sono persone fisiche e giuridiche, hanno
una posizione più restrittiva (la corte è partita con una posizione più
restrittiva, poi più ampia, infine di nuovo restrittiva); il ricorso deve
essere proposto entro due mesi dalla pubblicazione dell’atto o dalla sua
notifica al ricorrente o, in mancanza, dal giorno in cui il ricorrente ne ha
avuto conoscenza. Possono impugnare: atti che lo riguardano
direttamente e che li si possono applicare individualmente. Atti adottati
nei loro confronti (es. materia di concorrenza). Atti adottati nei confronti
di terzi, ma che li riguarda direttamente e individualmente, cosa che non
è semplice da dimostrare, per esempio in caso di decisioni che si
rivolgono ad altre persone fisiche e giuridiche la cui formazione è stata
però avviata dal ricorrente, il ricorrente non avrà tale difficoltà a
dimostrare che lo riguarda (es. caso Metro, decisione della commissione
nella controversia tra metro (denunciante) e un’altra società, metro
perde, ma la decisione della commissione sarà impugnabile anche da
metro nonostante non gli sia direttamente rivolta, in quanto diretta
all’altra società). Il problema si pone per decisioni rivolte agli stati,
direttive e regolamenti; sono state fatte a tal proposito una serie di
sentenze, con cui la Corte cambia orientamento (ristretto- ampio-
ristretto): sentenza Plaumann, con cui un’azienda importatrice di frutta
tedesca vuole impugnare una decisione rivolta alla Germania per
sospendere una tariffa doganale sull’importazione delle clementine,
bisogna dimostrare di avere un interesse individuale per impugnare
l’atto cioè che il provvedimento lo tocchi a causa di qualità personali o
circostanze atte a distinguerlo dalla generalità, quindi non venne
accettata l’impugnazione della Plaumann, in quanto non basta far parte
di una categoria generale di soggetti. Sentenza Extramet riguardo un
regolamento che prevedeva un dazio antidanping per il calcio metallico
per difendere la produzione interna UE, la società Extramet era
un’importatrice quindi si trovava in difficoltà. La corte sostiene che ha
diritto a impugnare il regolamento (generale) perché causava delle
ripercussioni economiche. L’azienda in questione era stata comunque
presa in considerazione per la realizzazione del regolamento (era stata
fatta un’indagine sul mercato). Stessi principi nella sentenza Codorniu
per un regolamento che cambiava denominazione al vino prodotto in un
52
certo modo, in questo caso però la società non viene considerata per la
formazione del regolamento. Sentenza Jego-Quere, il soggetto per
impugnare l’atto deve dimostrare che l’atto incide in maniera certa sulla
sua sfera giuridica limitando i suoi diritti e imponendo obblighi. Nella
sentenza dello stesso anno Union de Pequenos Agricultores si ritorna
alla sentenza Plaumann. I ricorrenti non privilegiati possono impugnare
atti regolamentari che li riguardano direttamente e che non comportano
alcuna misura di esecuzione (atti non legislativi ma di portata generale).
• Vizi: incompetenza (assoluta o esterna, l’Ue adotta atto belle competenze
statali; interna o relativa un organo dell’Ue adotta un atto per il quale
non era competente, ma lo erano altri organi dell’unione), violazione di
forme sostanziali (carenza di motivazione nell’atto necessaria per
controllarne la legittimità e vizi di procedura), sviamento di potere
(quando le istituzioni utilizzano i loro poteri per fini diversi da quelli
previsti), violazione dei trattati o regola di diritto relativo alla loro
applicazione.
• Efficacia delle sentenze di annullamento: lo dichiara nullo e come se
non fosse mai esistito (ex-tunc). La corte di giustizia può limitare gli
effetti della sentenza facendo in modo che alcuni effetti dell’atto non
vengano annullati.
ECCEZIONE DI INVALIDITÀ: Nell'eventualità di una controversia che metta
in causa un atto di portata generale adottato da un'istituzione, organo o
organismo dell'Unione, ciascuna parte può, anche dopo lo spirare del termine
previsto all'articolo 263, sesto comma, valersi dei motivi previsti all'articolo
263, secondo comma, per invocare dinnazi alla Corte di giustizia
l'inapplicabilità dell'atto stesso. Es. in un procedimento di annullamento di
una decisione basata su di un precedente regolamento, si può far valere
l'invalidità di quest'ultimo anche oltre il termine previsto dall'art. 263 TFUE.

22° lezione
RICORSO IN CARENZA: l’illegittimità del comportamento dell’istituzione
consiste nel fatto che l’istituzione non ha fatto un atto che doveva realizzare
(comportamento omissivo). Art. 265 TFUE che parla dell’oggetto, i soggetti
attivi e la messa in mora. Si pone come speculare al ricorso di annullamento,
che si occupa esattamente dell’opposto, insieme comprendono quindi tutti i
comportamenti. Presupposti:

• Comportamento omissivo

• Carattere dovuto dell’atto (sentenza star fruit company 1989),


carattere dovuto dell’atto.
Chi può presentare ricorso? Le altre istituzioni nei confronti dell’istituzione
che ha omesso un atto dovuto anche non vincolante e le persone fisiche o
giuridiche solo in caso di omissione di atti dovuti vincolanti che dovevano

53
essere emanati nei loro confronti ( come ricorso di annullamento ma pochi
casi).
L’istituzione che ha fatto l’omissione viene messa in mora per rendere
l’omissione certa e per segnare l’inizio dei due mesi entro i quali può prendere
posizione. Scaduti questi due mesi senza che l’atto venga adottato, entro i due
mesi successivi deve essere presentato il ricorso in carenza. Il ricorso è
irricevibile se prende posizione prima della presentazione del ricorso (anche
se sono passati i primi due mesi); il ricorso viene considerato privo di oggetto
se l’istituzione prende posizione anche dopo la presentazione del ricorso. E’
molto difficile giungere ad una sentenza che accerta la carenza.
PRESA DI POSIZIONE: adotta il provvedimento o un atto che manifesti la
determinazione di adottarlo, rifiuto di adottare l’atto, adotta un atto diverso da
quello richiesto (ultimi due casi il ricorrente non può più fare il ricorso in
carenza, ma il ricorso di annullamento).
La sentenza sulla carenza è di mero accertamento, cioè si limita a dichiarare
che l’istituzione non ha emanato l’atto, toccherà all’istituzione procedere per
l’emanazione.
RICORSO PER DANNO AI SINGOLI: l’unione deve risarcire i danni cagionati
ai singoli dalle istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni. E’
una responsabilità extracontrattuale che presuppone l’illiceità del
comportamento, il danno e il nesso fra i due. Legittimati attivamente al ricorso
tutte le persone fisiche e giuridiche, no le istituzioni. Ad essere convenuto
possono essere tutte le istituzioni o gli agenti che hanno messo in atto tale
comportamento. Mira al risarcimento dei danni provocati dalle istituzioni e
viene esercitato tendenzialmente con l’azione di annullamento (che si occupa
del comportamento illegittimo in sé e dei suoi effetti). Deve essere un danno
speciale, quindi si deve trattare di una categoria di soggetti determinata e che
ecceda i normali rischi economici. Il danno può essere materiale o immateriale
e la prescrizione è di 5 anni.
RICORSO PER INFRAZIONE: 258 (introdotta da Commissione, più frequente)
-259 TFUE (introdotta da stati membri). La commissione è guardiana dei
trattati, deve verificare che il comportamento degli stati sia conforme ai
trattati; quando è da parte di un altro stato, la controversia è tra stati quindi
la corte assume una posizione simile ad un trattato internazionale.
Serve per ripristinare la legalità del comportamento degli stati membri
rispetto ai trattati. L’obbiettivo è risolvere la controversia in via amichevole
evitando il contenzioso di fronte alla corte e costituire un canale nel quale gli
individui possono denunciare violazioni del diritto europeo da parte di uno
stato.
Tipi di violazione: qualsiasi obbligo discendente dal diritto dell’unione
europea (con eccezioni dove vi sono procedure diverse es. disavanzi eccessivi e
pesc, art.2).
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comportamento commissivo o omissivo delle autorità statali (es. mancato
recepimento di una direttiva o realizzazione di una norma contraria al diritto
dell’unione, la giurisprudenza interna che interpreta in modo incompatibile al
diritto UE una norma interna, ma una norma contraria al diritto dell’unione
non si può giustificare sulla base della giurisprudenza che la interpreta in
maniera conforme al diritto UE, in caso di attuazione tardiva di un obbligo
anche adempiuto successivamente).
STATO: insieme di tutti i suoi organi (centrali e locali, enti pubblici), anche
quando una persona fisica e giuridica mette in atto questo comportamento e lo
stato non abbia fatto nulla per prevenirlo o reprimere (guerra delle fragole,
agricoltori francesi che impediscono l’importazione delle fragole dalla Spagna,
la Francia non mise in atto nessuna misura per evitare ciò).
PROCEDURA:

• Fase precontenziosa: non davanti alla corte; ci deve essere sempre per
evitare il contenzioso. Lo stato può difendersi portando la sua posizione.
Serve a scaricare di lavoro la corte che si occuperà solo delle
controversie più gravi e che non si sono potute risolvere in questa fase.
Si definisce l’oggetto della controversia che è l’unico che si può
contestare allo stato nella fase contenziosa. La commissione può venire
a conoscenza di violazioni con propri strumenti o da singoli; la
commissione manda una lettera di messa in mora allo stato in cui
spiega l’oggetto della controversia e fornisce gli elementi necessari per la
propria difesa. Lo stato risponde con le proprie motivazioni e la propria
difesa e se la commissione non è soddisfatta manda il parere motivato in
cui specifica meglio l’oggetto e da un termine per eliminare la violazione.
Se lo stato non si conforma entro il termine, la commissione può
discrezionalmente scegliere se adire alla corte (è anche libera di non
farlo, non ha l’obbligo e non può essere fatto ricorso in carenza su
questo). Se lo stato elimina la violazione in maniera tardiva si può
comunque procedere al contenzioso. Nel caso sia un ricorso da parte di
uno stato deve prima rivolgersi alla commissione, la commissione
istaura un contraddittorio tra i due ed entro 3 mesi fa un parere in cui
può sostenere di non avere elementi sufficienti per pronunciarsi o non
pronunciarsi proprio o dichiararsi contraria al ricorso. Lo stato può
presentare ricorso alla Corte comunque (anche se quando la
commissione è contraria la dottrina è divisa tra chi dice chi può e chi
non può). Se è favorevole al ricorso o è lo stato stesso che lo presenta o
lo fa la commissione. Ipotesi nelle quali si salta la fase precontenziosa:
controllo sugli aiuti di Stato (art. 108, pr. 2, TFUE) ravvicinamento delle
legislazioni (art. 114, par. 9 TFUE) misure adottate in caso di agitazioni
interne (art. 348 TFUE).
• Fase contenziosa: eventuale, se si può evitare trovando un punto di
incontro nella prima meglio. Il ricorso alla corte è irricevibile in caso di
termini troppo brevi per l’adempimento o per difendersi dopo la lettera
55
della messa in mora. Sentenza art.260 TFUE: la corte si limita ad
accertare che lo stato ha compiuto la violazione, non può eliminare la
violazione o dire cosa fare per eliminarla (mero accertamento), toccherà
allo stato eliminare la violazione. Se lo stato non rispetta la sentenza si
usa la doppia condanna, con cui la corte può condannare lo stato al
pagamento di una somma di denaro. Si può nella prima sentenza
condannare lo stato ad una somma di denaro se lo stato non ha
comunicato alla commissione le misure di recepimento di una direttiva
adottata con procedura legislativa (cosa che lo stato deve fare ogni volta
venga emanata una direttiva con queste caratteristiche.
La corte non interviene mai nell’eliminare elementi dai singoli ordinamenti,
toccherà allo stato (o agli organi UE quando la violazione sia loro) procedere
all’eliminazione della violazione.

23° lezione
RINVIO PREGIUDIZIALE: art. 267 Tfue ci dice a che cosa serve, chi può
effettuare oil rinvio e la procedura d’urgenza.
Fa parte delle competenze non contenziose della Corte di Giustizia (insieme a
quella di controllo dei trattati per concludere accordi internazionali), non è
chiamata a risolvere una controversia. Si limita a rispondere al quesito del
giudice nazionale, in maniera vincolante, come si interpreta una disposizione e
se è valida. È una forma di collaborazione tra processo nazionale e europeo ed
è una parentesi nel processo nazionale.
Spetta solo alla Corte di Giustizia, al momento non ancora al tribunale.
Questa procedura ha avuto un ruolo molto importante nell’integrazione
europea, non esiste altra organizzazione con questo meccanismo. All’inizio
aveva destato dubbi da parte dei giudici nazionali, ma è divenuto uno
strumento molto efficace di cooperazione tra giudici nazionale e corte. La
corte ha elaborato grazie a questa funzione principi tuttora utilizzati
nell’ordinamento dell’unione europea. Può essere anche un modo per i
privati di impugnare un atto indirettamente dell’unione europea, qualora
non riesca con le altre modalità.
Non si applica al settore della PESC, tranne per atti che prevedono misure
restrittive nei confronti di persone fisiche e giuridiche in questo ambito. Non si
applica neanche per la validità e proporzionalità di operazioni condotte dalla
polizia o da altri servizi incaricati dall'applicazione della legge di uno Stato
membro o l'esercizio delle responsabilità incombenti agli Stati membri per il
mantenimento dell'ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna.
Esistono due tipi di rinvio pregiudiziale:

• Interpretazione: il giudice può chiedere che venga interpretato ogni tipo


di atto dell’unione (anche trattato)

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• Validità: il giudice chiede se l’atto è valido, ha un ambito di applicazione
più marcato, ha ad oggetto atti di diritto derivato vincolanti (non i
trattati ma gli atti delle istituzioni).
La corte non si esprime sul diritto nazionale, si occupa solo del diritto UE.
Le sentenze vincolano il giudice e prevalgono sul diritto interno. Ci sono stati
problemi con le corte costituzionali es. caso Taricco dove la sentenza era
contraria ai principi fondamentali del nostro ordinamento, risolto poi con un
suo passo indietro della corte UE.
E’ legittimato ad operare: organi giurisdizionali dello stato membro che la
corte ha deciso di definire autonomamente rispetto alle definizioni degli stati.

• Sentenza Broekmeulen: riguarda la commissione dei ricorsi olandese


in ambito medico, non considerato organo giurisdizionale in Olanda ma
che vuole fare ricorso alla corte. La corte dice che l’organo deve
esercitare la sua attività con un’autorizzazione pubblica, adotta decisioni
definitive nate da un contraddittorio,
di carattere permanente e applica il diritto Ue. Quindi considera tale
commissione come organo giurisdizionale.
• Sentenza Nordsee: per la corte non vi erano i requisiti perché si tratta
di un organo arbitrale, in quanto la sua giurisdizione non sarebbe
obbligatoria (requisito fondamentale).
• Sentenza Denuit: il tribunale di Milano voleva operare il rinvio, la corte
dice che non bisogna guardare solo le caratteristiche intrinseche della
corte, ma anche il procedimento nel quale si colloca il rinvio, in questo
caso si trattata di un procedimento più di carattere amministrativo. La
corte invece sostiene che deve essere giurisdizionale con carattere di
contraddittorio.
La Corte costituzionale italiana era restia a praticare questo tipo di rinvio
(come tutte). Ad oggi invece la applica. Inizialmente riteneva di poterlo fare
solo nei casi di giudizi in via principale. Il primo caso in cui fa il rinvio per
un giudizio in via incidentale è nel 2013. Anche nel 2017 per il caso
Taricco. Da questo momento si ritiene legittimata ad agire anche in via
incidentale. Nel 2017 riteneva di poter essere l’unica a pronunciarsi sui
diritti fondamentali anche per questioni comunitarie, ad oggi il giudice può
scegliere se adire la consulta o la corte di giustizia UE.
L’articolo fa distinzioni tra:

• Giudici di ultima istanza: hanno l’obbligo di rinvio. Eccezione nella


sentenza Cilfit, tre casi: quando la questione posta è materialmente
uguale ad una già posta e risolta dalla corte (può riusare quella
sentenza); in caso di giurisprudenza costante della corte (anche se
manifestata in procedimenti con fattispecie diversa); quando l’atto è

57
chiaro e non fa sorgere dubbi sull’interpretazione della norma da parte
di tutti i giudici UE.
• Giudici non di ultima istanza (contro i quali si può fare appello),
hanno la facoltà di rinvio, perché l’errore sarebbe rimediabile facendo
appello. Eccezione sentenza Foto-Frost, in caso di dubbi sulla validità
della norma UE, in quanto la corte di giustizia UE è l’unico organo
legittimato a occuparsene, il giudice o la applica o fa il rinvio, non
potendo esprimersi in merito alla sua validità; subisce alcuni
temperamenti in due sentenze successive (Zuckerfabrick e Atlanta), cioè
il giudice nazionale può sospendere l’esecuzione di un provvedimento
amministrativo adottato dallo stato sulla base di un atto dell’UE che è
oggetto di procedimento di annullamento. Il giudice nazionale può
emanare un provvedimento che renda inapplicabile l’atto interno creato
sulla base dell’atto dell’unione europea oggetto di un procedimento di
invalidità.
Controllo sulla ricevibilità dei rinvii pregiudiziali: completezza delle
documentazioni e controllare che la controversia non sia fittizia o di carattere
ipotetico.
I soggetti che possono intervenire nel procedimento non sono solo le parti ma
anche gli stati membri, la commissione e le altre istituzioni quando riguardino
loro atti.
PROCEDURE D’URGENZA: quando le persone sono detenute la corte deve
decidere il più rapidamente possibile.
La lingua è quella del giudice a quo.

Gli effetti:

• Interpretazione: effetti erga omnes, vincola tutti i giudici dell’unione


che dovranno interpretare nello stesso modo della corte l’atto ue.
• Validità: se l’atto è invalido è erga omnes; se è valido solo nei confronti
del giudice al quo, cioè gli altri giudici potranno risottoporre l’atto per
motivi diversi alla corte.

24° lezione
Fake news e disinformazione e gli strumenti dell’Ue di Marina
Castellaneta
Disinformazione e fake news sono il maggiore pericolo per la democrazia. Le
parole sono usate talvolta come atti di guerra, per esempio nella Germania di
Hitler ancora prima delle leggi di Norimberga, come strumento di segregazione
contro una parte della popolazione (quella ebrea), oppure quando Hitler invase
58
la Polonia giustificando il tutto sostenendo che erano stati commessi gravi
crimini in Europa.
Riguarda molti ambiti della vita: economico, politico, sociali e si usano
strumenti di larga scala, quali per esempio i social media. Talvolta i social
media monetizzano dalla disinformazione e usano i bot per influenzare il
dialogo, così che compaiano in “prima pagina” le fake news. Un esempio è la
guerra in Ucraina, dove addirittura l’Italia ha avuto un ruolo preminente in
tema di disinformazione, ospitando persone vicine alla Russia. Ma già nel
2017 se ne parlava in relazione a Trump.
Tendenzialmente la disinformazione attecchisce nei confronti di chi ha poca
fiducia nelle istituzioni.
Ad oggi sarebbe fondamentale avere nelle norme di diritto penale che
puniscono tutti gli illeciti in questo ambito e le violazioni connesse.
L’Eurostat (l’agenzia per le statistiche dell’UE) attraverso i suoi studi sostiene
che l’85% della popolazione crede che la disinformazione sia un problema per
il suo paese e la democrazia.
DISINFORMAZIONE: diffusione di un contenuto falso e fuorvianti con
l’intento di ingannare e creare un pregiudizio pubblico e di ottenere un
guadagno politico e economico.
FAKE NEWS: informazioni false e fuorvianti, ma manca l’intenzione di
diffonderle con un piano preordinato. Queste ad un certo punto smettono di
circolare o vengono corrette, a differenza della prima è permanente.
A seguito del referendum brexit, l’UE si è posta come obbiettivo quello di
evitare la disinformazione, in quando questa ha avuto un ruolo molto forte
nell’uscita dall’ue.
Art.11 Carta di Nizza sulla libertà di espressione e art.10 CEDU che cita anche
i rischi per la democrazia. Negli Stati Uniti l’informazione non deve avere
alcuna limitazione, tuttavia quando incide sul segreto di stato provoca
reazione da parte delle istituzioni (caso Assange).
Quindi da una parte a livello europeo abbiamo libertà di pensiero, ma con
delle limitazioni. Tuttavia, la Corte EDU poche volte riconosce tali limiti
soprattutto nei confronti dei giornalisti, per esempio, in una sentenza contro
l’Ucraina e un altro caso pendente contro RU per la disinformazione durante il
referendum brexit.
Anche il parlamento europeo ha agito contro la disinformazione creando una
commissione sulle ingerenze straniere in tutti i processi democratici e anche
sulla disinformazione.
E’ stata istituita una task force di comunicazione europea e il Centro europeo
di eccellenza contro la disinformazione.

59
Nel 2018 è stato approvato un Codice contro la disinformazione, con tutte le
buone pratiche per evitarle a livello europeo, con un bilancio finale, senza però
poter adottare sanzioni dato che è un codice di buona condotta. Nell’ultimo
bilancio è emerso che non si è riuscito a raggiungere la demonetizzazione della
disinformazione.
Le piattaforme attuano misure quali algoritmi, verificatori dei fatti, misure
anche nel momento della progettazione…
Per esempio, Facebook rimuove istantaneamente informazioni indicate da
autorità
giudiziarie, individua le informazioni false e rinvia a quelle veritiere, individua i
profili falsi.
Gli stati stanno intervenendo, è stato istituito in Francia il Viginium, una
commissione che si occupa di evitare interferenze per le elezioni presidenziali.
Anche Germania e Finlandia, il paese che meglio lotta contro la
disinformazione. Gli stati Uniti hanno un centro all’interno del dipartimento di
stato.

25° lezione
LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI: parte del diritto materiale, pilastro
dell’unione europea. obbiettivo sin dalla sua nascita. Solo TFUE. E’ la prima
libertà su cui si fonda il trattato, sull’interpretazione della corte della libertà di
circolazione delle merci si sono fondate le altre libertà di circolazione.
Mercato comune: espressione usata all’inizio, poi unico o interno (la più
evoluta perché si vuole rendere il mercato dell’unione il più simile possibile a
quello di uno stato membro). Con questa espressione non si indica solo
l’unione doganale, ma anche il libero spazio di circolazione dei capitali, delle
persone… per fare ciò art. 30-34-35 TFUE:

• Divieto di ostacoli tariffari: dazi doganali e imposizioni interne


discriminatorie
• Divieto di ostacoli non tariffari: divieto di restrizioni quantitative
Sono misure di integrazione economica negativa, impongono non norme
uniformi (come armonizzazioni) ma non adottare ostacoli (misure di non fare).
Dazi doganali e misure quantitative sono classiche misure protezionistiche,
ma il trattato vieta anche misure neoprotezionistiche che hanno lo stesso
effetto delle prime ma con denominazione diversa e che apparentemente non
lo sembrano anche se poi hanno lo stesso effetto. Riguarda anche le merci in
libera pratica, prodotte da stati terzi che hanno già pagato il dazio comune.
Come all’interno tutte le merci circolano liberamente, all’esterno c’è un unico
dazio doganale per tutta l’ue (ci sono paesi con agevolazioni per le loro
merci), il dazio doganale europeo comune è una risorsa propria dell’unione.

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MERCI: definizione non dai trattati, ma dalle sentenze della corte che dice che
è un qualsiasi bene pecuniariamente valutabile e che può costituire oggetto di
negozi commerciale (es. beni di interesse storico-artistico, gas, rifiuti).
ART.30: vieta i dazi doganali come misure protezionistiche classiche (è il
principale obbiettivo dell’unione, imposte indirette in ragione del fatto che la
merce ha attraversato la frontiera) e tasse di effetto equivalente (neo-
protezionistica, qualsiasi onere pecuniario imposto dallo stato che colpisce la
merce che ha attraversato la frontiera a prescindere da denominazione,
struttura e finalità). I dazi e le tasse sono SEMPRE VIETATI, non è ammessa
alcuna giustificazione. Eccezione stabilita dalla corte: onere di un servizio
fornito all’operatore commerciale.
ART. 110: vieta le imposizioni interne con carattere discriminatorio o
protezionistico nei confronti delle merci provenienti dagli altri stati membri.
Vieta imposizioni discriminatorie su prodotti identici o similari, che si
possono identificare in base a caratteristiche fisiche e al comportamento dei
consumatori (se li considerano uguali al punto di intercambiabili all’alzamento
dei prezzi di uno rispetto all’altro), un esempio può essere l’aliquota più
elevata del prodotto di un altro stato rispetto al prodotto interno. Vietate
imposizioni interne protezionistiche su prodotti non similari ma in
concorrenza tra loro, perché facilmente sostituibili dai consumatori.
ART. 34-35: divieto di misure quantitative (tetto massimo di un certo
numero di prodotti che possono essere importati da uno stato all’altro o che
non possono proprio essere importanti). Le misure di effetto equivalente a
restrizioni quantitative (art. 35) invece non sono pecuniarie e non sono
totalmente vietate, ci possono essere giustificazioni a queste misure di
carattere amministrativo o legislativo, è una misura neo-protezionistiche. La
corte ha faticato a trovare una definizione, ma era già stata da una direttiva
dal legislatore (70/50 Formano oggetto della presente direttiva le misure,
diverse da quelle applicabili indistintamente ai prodotti nazionali ed ai prodotti
importati, che ostacolano delle importazioni che potrebbero aver luogo ove tali
misure non esistessero, ivi comprese quelle che rendono le importazioni più
difficili od onerose dello smercio dei prodotti nazionali. Formano, in particolare,
oggetto della presente direttiva le misure che subordinano l'importazione o lo
smercio dei prodotti importati, ad ogni stadio di commercializzazione, ad una
condizione - diversa da una formalità - richiesta per i soli prodotti importati o ad
una condizione diversa e più difficile rispetto a quella richiesta per i prodotti
nazionali. Formano, parimenti, oggetto della presente direttiva le misure che
favoriscono i prodotti nazionali o accordano loro una preferenza, diversa da un
aiuto, soggetta o meno a condizioni. La presente direttiva concerne ugualmente
le misure relative alla commercializzazione dei prodotti e riguardanti, in
particolare, la forma, le dimensioni, il peso, la composizione, la presentazione,
l'identificazione, il condizionamento (in sostanza norme tecniche), applicabili
indistintamente ai prodotti nazionali ed ai prodotti importati, i cui effetti
restrittivi sulla libera circolazione delle merci eccedono il contesto degli effetti
61
propri di una regolamentazione commerciale) a cui la corte si adeguerà, include
misure non tariffarie sia discriminatorie che non (distintamente o
indistintamente applicabili) e che ostacolano la libera circolazione delle
merci.
SENTENZA DASSONVILLE: whisky che viene importato dalla Gran Bretagna
alla Francia e che veniva esportato in Belgio che voleva un certificato di
origine, che in Francia non era richiesto e quindi ne era privo. Le autorità
belga volevano impedirne l’importazione. Questa è una misura distintamente
applicabile (perché solo agli altri stati membri), misura discriminatoria e la
corte da una definizione di misura di effetto equivalente a restrizione
quantitativa: "ogni normativa commerciale degli Stati membri che possa
ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi
intracomunitari". Questo è un caso di discriminazione de jure (disposizioni
che assoggettano le merci importate a un trattamento diverso da quello
applicato alle merci nazionali), ma possono essercene anche de facto
(trattamento di merci nazionali e merci importate uguale sul piano formale,
ma diverso sul piano sostanziale), esempio SENTENZA ACETO si può
chiamare aceto solo quello di vino non quello di altra frutta perché la
produzione italiana è essenzialmente produzione di aceto di vino.
SENTENZA CASSIS DE DIJON: per la produzione di un liquore francese che
viene importato in Germania, dove vige la normativa tedesca che consente la
commercializzazione in Germania solo di alcolici che hanno una certa
percentuale di alcol (superiore a quella del Cassis de Dijon), normativa
indistintamente applicata perché tecnica e applicabile a tutte le merci
comprese quelle nazionali, l’ostacolo in questo caso è dato dalle normative
nazionali diverse. La corte la ritiene misura di effetto equivalente a restrizione
quantitativa per la prima volta.
La Corte afferma il principio del mutuo riconoscimento: una merce prodotta
e commercializzata conformemente alla normativa di uno Stato membro può
circolare liberamente in tutto il territorio dell'Unione senza doversi conformare
alla normativa dello Stato di destinazione. E' sufficiente che il prodotto sia
stato legalmente prodotto in uno Stato membro secondo la normativa di
quest'ultimo (l’armonizzazione passa in secondo piano). Possibilità di
giustificare la misura di effetto equivalente sulla base di esigenze imperative
(esempi dei casi possibili indicati in questa sentenza). Quando si invoca
l’esigenza imperativa viene fatto un controllo dalla corte.

Iniziano ad essere considerate vietate alcune delle normative che stabilivano le


modalità di vendita e di pubblicità dei prodotti come misura di effetto
equivalente a restrizione quantitativa. Es. CASI SUNDAY TRADING divieto di
apertura di vendita al minuto dei negozi di domenica in Gran Bretagna, non
necessariamente sembra svantaggiare i prodotti degli altri stati membri come
misura di effetto equivalente a restrizione quantitativa, ma la corte la
considera tale. Questa tendenza è stata interrotta successivamente.

62
26° lezione
SENTENZA KECK e MITHOURD: in merito ad una normativa francese sul
divieto di rivendita sottocosto. 1993, la corte inverte la tendenza precedente.
Mentre si presume che le norme tecniche siano misure di effetto equivalente, a
meno che lo stato dimostra che rispondano ad un’esigenza imperativa, la
medesima presunzione non vale per le normative relative alle modalità di
vendita, che sono considerate misure di effetto equivalente solo se si applicano
in modo discriminatorio, in diritto o in fatto, ai prodotti importati. Si inverte
l’onere della prova. “Si deve ritenere, contrariamente a quanto sino ad ora
statuito, che non può costituire ostacolo diretto o indiretto agli scambi
commerciali tra gli Stati membri, l' assoggettamento di prodotti provenienti da
altri Stati membri a disposizioni nazionali che limitino o vietino talune modalità
di vendita, sempreché tali disposizioni valgano nei confronti di tutti gli operatori
interessati che svolgano la propria attività sul territorio nazionale e sempreché
incidano in egual misura, tanto sotto il profilo giuridico quanto sotto quello
sostanziale, sullo smercio dei prodotti sia nazionali sia provenienti da altri Stati
membri. Infatti, ove tali requisiti siano soddisfatti, l'applicazione di normative di
tal genere alla vendita di prodotti provenienti da un altro Stato membro e
rispondenti alle norme stabilite da tale Stato non costituisce elemento atto ad
impedire l'accesso di tali prodotti al mercato o ad ostacolarlo in misura maggiore
rispetto all' ostacolo rappresentato per i prodotti nazionali.”
” Occorre perciò considerare misure di effetto equivalente a restrizioni
quantitative all'importazione ai sensi dell'art. 28 CE le misure di uno Stato
membro che abbiano per oggetto o per effetto di penalizzare i prodotti
provenienti da altri Stati membri. Nella medesima nozione rientra ogni altra
misura che ostacoli l'accesso al mercato di uno Stato membro di prodotti
originari di altri Stati membri.”.
SENTENZA FAMILIAPRESS Caso nei quali la Corte ha ristretto la nozione di
modalità di vendita e ha differenziato le normative tecniche. La Corte dice che
il divieto di vendita di pubblicazioni periodiche che propongono la
partecipazione a giochi a premi non è una normativa relativa alle modalità di
vendita, bensì alle caratteristiche del prodotto. Esempio di come si
distinguono le due normative.
DIVIETO DI RESTRIZIONI QUANTITATIVE ALL’ESPORTAZIONE E DI
MISURE DI EFFETTO EQUIVALENTE A RESTRIZIONI QUANTITATIVE
(ART.35 TFUE). Ha considerato tali i provvedimenti discriminatori che

• restringono de iure le esportazioni di determinati prodotti per


evitare che vi sia penuria sul mercato nazionale o per mantenere
sul territorio nazionale certe fasi del processo di trasformazione del
prodotto: (es. Consorzio del prosciutto di Parma —> imponeva di
mantenere certe fasi di produzione del prodotto sul territorio italiano). —
> rendono più difficoltoso per gli operatori economici all’estero
procurarsi il prodotto
63
• i provvedimenti che di fatto provocano un danno agli operatori
economici locali che intendono esportare un prodotto rispetto a
quelli che operano solo sul mercato nazionale. Es. sentenza
Gysbrechts (C-205/07): provvedimento che impediva di richiedere il
numero di carta di pagamento del consumatore prima che scadesse il
termine per l'esercizio da parte di quest'ultimo del diritto di recesso.
Svantaggiava operatori nazionali che volevano vendere il prodotto ad
altri Stati membri.
LIMITI ALLA LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI Interpretazione
restrittiva —> tutte le volte che si trovano disposizioni che pongono limiti alla
libertà di circolazione queste vanno interpretate restrittivamente, per favorire
la libera circolazione. Questi limiti non sono invocabili quando si parla di
ostacoli tariffari. Invece si può parlare di limiti quando si parla di restrizioni
quantitative e misure di effetto equivalente, che possono essere giustificate

• ex art.36 TFUE: “moralità pubblica, ordine pubblico, pubblica


sicurezza, tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o
preservazione dei vegetali, protezione del patrimonio artistico, storico o
archeologico nazionale, tutela della proprietà industriale e commerciale”.
—> ELENCO TASSATIVO POSSONO
GIUSTIFICARE SIA MISURE DISCRIMINATORIE SIA MISURE
INDISTINTAMENTE APPLICABILI (es. sentenza Henn e Darby). NO
PROTEZIONISTICHE. Quando uno stato si giustifica in forza dell’art.36
deve dimostrare deve dimostrare che tale esigenza effettivamente esista
e la misura sia proporzionata all’esigenza (test di proporzionalità).
• La possibilità di giustificare una misura di effetto equivalente si estende
in un caso come quello della sentenza Cassis de Dijon, in cui vi è
un’esigenza imperativa: Causa di giustificazione non contenuta in un
elenco tassativo, che lo stato può liberamente invocare perché meno
gravi con un impatto minore —> ELENCO ESEMPLIFICATIVO IN UNA
SENTENZA DELLA CORTE POSSONO GIUSTIFICARE SOLO MISURE
INDISTINTAMENTE APPLICABILI. Esigenza e norma devono avere un
legame e test di proporzionalità (esigenza che esiste e la misura risulta
proporzionale).
TEST DI PROPORZIONALITÀ Sentenza Zoni —> riguardava una normativa
italiana relativa alla denominazione e composizione della pasta, ossia stabiliva
che poteva essere commercializzata in Italia solo la pasta composta da grano
duro. Questa era una normativa tecnica, quindi indistintamente applicabile.
Invocava tutela della salute pubblica: grano tenero era più esposto ai pesticidi
e Invocava tutela dei consumatori: pensano che quando c’è scritto pasta sia
fatta da grano duro. La Corte dice che non è vero che grano tenero più esposto
e per tutela dei consumatori usa test di proporzionalità. Se l’Italia invoca la
tutela dei consumatori come causa di giustificazione della normativa, la Corte
si chiede se esistano mezzi alternativi e meno restrittivi che abbiano un
impatto meno negativo sugli scambi intracomunitari??? Si, l’etichetta. ==>
64
questo è il test di proporzionalità. LA MISURA DEVE ESSERE NECESSARIA •
NON DEVE ESSERE ECCESSIVA RISPETTO ALLO SCOPO PERSEGUITO •
NON DEVONO ESISTERE MEZZI ALTERNATIVI DI TUTELA CHE ABBIANO
UN IMPATTO MENO NEGATIVO SUGLI SCAMBI INTRACOMUNITARI.
CITTADINANZA EUROPEA:
CEE: non esisteva la cittadinanza europea nel trattato del 1957
-1974: Vertice di Parigi che da l'impulso alla clausola di flessibilità e si
decide che sia necessario elaborare norme relative alla cittadinanza europea in
due rapporti: 1975 Rapporto Tindemans e Rapporto Adonnino 1985 dove
si prefigura la possibilità di una cittadinanza europea, si stabilivano un elenco
di diritti speciali che spettavano ai cittadini europei.
- Progetto Spinelli 1984: PE su impulso di Piero Spinelli elabora un
progetto di trattato per riformare la CEE, non entra in vigore, è stato svuotato
del suo contenuto trasformandosi nell'Atto Unico, ma essendo un progetto
molto avanzato si prevedeva la cittadinanza europea concepita in termini
simili alla cittadinanza nazionale:

• Cittadinanza che implica partecipazione alla vita politica europea


• Elenco aperto di diritti
- Tratto di Maastricht 1992: introduzione norme sulla cittadinanza
europea nei trattati e poi modificate dal tratto di Amsterdam e il Trattato di
Lisbona:

• Maastricht: E' cittadino dell'Unione chiunque abbia la cittadinanza di


uno Stato membro. I cittadini dell'Unione godono dei diritti e sono
soggetti ai doveri previsti dal presente trattato + elenco di singoli diritti
discendenti dalla cittadinanza definizione depurata da elementi di
carattere politico. Elenco chiuso di diritti.
• Amsterdam: La cittadinanza dell'Unione costituisce un complemento
della cittadinanza nazionale e non sostituisce quest'ultima.
• Lisbona: l'elenco dei diritti non è più chiuso. I cittadini dell'Unione
godono dei diritti e sono soggetti ai doveri previsti nei trattati. Essi
hanno tra l'altro il diritto di circolare e soggiornare liberamente ecc.... La
cittadinanza dell'Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la
sostituisce. Elenco esemplificativo di diritti. La cittadinanza dell'Unione
assume autonomia e non semplice complementarità.
IL CARATTERE DERIVATO DELLA CITTADINANZA EUROPEA:
L'UE non stabilisce autonomamente chi sono i suoi cittadini, il diritto UE si
rimette alle scelte degli Stati membri: considerato cittadino europeo chiunque
sia cittadino di uno Stato membro. Dipende dai criteri che gli stati utilizzano.
Ma ha dei problemi superati: Paesi Baltici. Dopo l'occupazione sovietica si era
cercato di sovietizzare questi territori e aveva trasferito dei suoi cittadini in tali
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Repubbliche per sovietizzarle. => quando queste repubbliche sono diventate
indipendenti a seguito della disgregazione sovietica, hanno lottato per
l'indipendenza. Dopo che la Lettonia ha acquisto tale indipendenza, ha
emanato una legge sulla cittadinanza: cittadini lettoni solo i discendenti di
coloro che erano cittadini lettoni prima del 1940 => ha escluso dalla
cittadinanza alle persone trasferite dai paesi sovietici per sovietizzare la
Lettonia => essendo la cittadinanza europea una cittadinanza di secondo
grado ha accettato la scelta lettone.
L'ATTRIBUZIONE DELLA CITTADINANZA
Sentenza Chen: Una coppia di cittadini cinesi in cui il marito si recava nel
regno Unito per motivi di lavoro, la moglie al sesto mese di gravidanza si reca
in Irlanda e qui vi partorisce perché l'Irlanda applica in modo molto netto il
principio dello lus soli => chi nasce in territorio è cittadino irlandese=> la
signora Chen voleva che la figlia fosse cittadina irlandese. È legittimo che uno
stato attribuisce cittadinanza sulla base dello ius soli? Corte di giustizia: si,
l'attribuzione è una questione di dominio riservato agli Stati membri, la scelta
del legislatore irlandese è legittima, la Corte non interviene sull'attribuzione.
LA PERDITA DELLA CITTADINANZA
Uno stato può decidere con assoluta discrezionalità chi sono i suoi cittadini,
ha invece dei limiti su quando può privare i cittadini della cittadinanza:
Sentenza Rottmann: limiti enunciati per la prima volta dalla Corte. Un
cittadino austriaco ha presentato alle autorità tedesche una domanda di
naturalizzazione: nel presentare la domanda ha omesso che a suo carico erano
pendenti dei procedimenti penali e durante il procedimento di attribuzione
della cittadinanza tedesca perdendo quella austriaca, viene fuori tale
circostanza per via di un mandato di arresto pendente => il procedimento
viene sospeso perché aveva fatto richiesta in modo fraudolento.
Quando un soggetto perde la cittadinanza di uno Stato membro perde anche
tutti i diritti derivanti dalla cittadinanza europea.
=> la corte dice di volersi occupare per verificare che tale privazione della
cittadinanza sia legittima: gli Stati membri quando con tale competenza
ledono ai diritti riconosciuti e tutelati dell'unione, può essere sottoposta a un
controllo giurisdizionale alla luce del diritto UE. A seguito del controllo, la
Corte dice che le autorità sono state legittimate a revocarla perché ottenuta in
modo fraudolento.
[Al momento della pronuncia della Corte, Rottmann era ancora cittadino
tedesco, in quanto la revoca della naturalizzazione era stata sospesa
dall'impugnazione del provvedimento davanti al giudice tedesco]
PRECISAZIONI DELLA CORTE SULLA PERDITA DELLA CITTADINANZA

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Sentenza Tiebbes: Cittadino olandese in possesso della cittadinanza di uno
Stato non membro che si era rivolto alle corti olandesi perché il ministero degli
esteri olandesi non voleva rinnovare il passaporto perché un cittadino
olandese che risieda fuori dall'Olanda per più di 10 anni perde la cittadinanza
olandese. Tale privazione è legittima? (Norma di legge stabilisce ex lege la
perdita). Non è vietato allo Stato privarli della cittadinanza ma bisogna vedere
se è rispettato il principio della proporzionalità art. 7 Carta di Nizza e se es. si
viola la vita privata e familiare del soggetto.
Sentenza JY: Cittadina estone che risiedeva in Austria e aveva presentato
domanda per diventare cittadina austriaca. Aveva commesso alcune infrazioni
stradali: l'Austria non le vuole concedere la cittadinanza quindi di fatto era
privata della cittadinanza e ormai apolide per aver rinunciato alla sua
cittadinanza estone. Aveva rinunciato poiché le era stato imposto per acquisire
la cittadinanza austriaca=› corte deve valutare se il comportamento austriaco è
proporzionato: le infrazioni commesse dalla signora e che avrebbero impedito
la concessione della cittadinanza erano intervenute prima della domanda di
cittadinanza e conosciute dalle autorità e quelle successive non erano così
gravi da vietare la concessione della cittadinanza => comportamento non
proporzionato. Il diritto europeo si applica anche nel caso in cui il soggetto sia
apolide, quando l’Austria non vuole concedere la cittadinanza.
Sentenza EP: Questione sottoposta alla corte: la cittadinanza europea poteva
permanere al cittadino britannico residente dell'UE anche dopo il recesso del
suo stato di cittadinanza dell'Unione=> sono cittadino inglese, non ho
cittadinanza francese, possono mantenere i miei diritti di cittadino europeo?
Corte: NO, perché lo Stato di cittadinanza ha effettuato il recesso dall'UE
Se davanti alle autorità si presenta un soggetto con più cittadinanza:
- Prevale la Cittadinanza effettiva: cittadinanza con cui si ha un legame più
forte
Sentenza Micheletti: soggetto con doppia cittadinanza d'argentina e italiana
(discendente di cittadini italiani, nonostante non fosse mai stato in Italia). Il
soggetto voleva andare a lavorare in Spagna dicendo di essere un cittadino
italiano => cittadino europeo e dunque può stabilirsi in stato dell'unione e
lavorare li. Autorità spagnole: principio di effettività: Quando una persona ha
due cittadinanze e tra queste non c'è quella spagnola, prevale quella effettiva,
lavorando in Argentina lo si considera argentino e non italiano quindi non può
venire a lavorare in Spagna. La Corte di giustizia: la condizione necessaria è
sufficiente perché una persona sia cittadino europeo se non ci ha mai messo
piede, la sola cittadinanza lo rende europeo e gli Stati non possono imporre
condizioni ulteriori per avere la cittadinanza europea. orientamento diverso dal
diritto internazionale.

27° lezione

67
ESERCITAZIONE

28° lezione
Nel diritto dell’unione europea è irrilevante il criterio dell’effettività quando si
tratta di doppia cittadinanza di stato membro e stato terzo.
Per la doppia cittadinanza di due stati membri si deve guardare la sentenza
Garcia- Avello, una coppia belga/spagnola sposata con due figli con due
cittadinanze belga e spagnola, l’autorità belga li tratta come meri cittadini
belga in quanto vige il criterio in alcuni paesi che se tra le due cittadinanze c’è
quella del foro allora prevale questa. Ma la coppia voleva dare il doppio
cognome di entrambi i genitori ai figli come da normativa spagnola. Non viene
guardato il criterio di effettività (perché si applicherebbe la legge belga dato
che la prevalente localizzazione della vita matrimoniale è lì) e neanche la legge
del foro, ma la Corte dice che i genitori dei minori possono scegliere che
normativa applicare fra quella delle due cittadinanze, quale far prevalere.
I diritti che sono nati a livello statale sono in ordine cronologico: diritti civili,
politici e sociali. La cittadinanza dell’unione non funziona allo stesso modo,
garantisce alcuni diritti politici e non sociali, perché non si tratta di uno stato.
I diritti politici che discendono dalla cittadinanza UE (spettano
prevalentemente ai cittadini mobili, cioè quelli che si sono spostati in altro
stato membro): elettorato attivo e passivo per elezioni europee e municipali
(non garantisce per le elezioni nazionali dipende dalla normativa dei singoli
stati membri), se un cittadino europeo si trova in un paese senza diplomatici o
consoli della propria nazione può far riferimento a quelli di altri paesi
europei(spetta al cittadino europeo in uno stato terzo, assomiglia alla
protezione consolare che non ha come presupposto una violazione dei suoi
diritti). Presentare petizioni al parlamento europeo, al mediatore europeo
(questi ultimi due anche a chi è semplicemente residente nell’unione) e diritto
di iniziativa per una proposta della commissione.
Il cittadino non può pretendere prestazioni sociali dall’Ue perché ancora di
sola competenza degli stati (l’Ue si occupa solo di coordinamento) per il fatto
che il bilancio dell’unione è molto limitato.
Il principale diritto civile dell’unione è la libertà di circolazione. Il trattato
Ce la garantiva solo per attività lavorative. La corte di giustizia dice che ne
gode non solo chi presta servizi (lavoratori), ma anche i destinatari di servizi
(es. turista). Direttive degli anni ’90 estendono queste libertà a lavoratori che
hanno cessato la loro attività lavorativa e studenti.
Maastricht stabilisce la libertà di circolazione e soggiorno per tutti i
cittadini europei (art.21 TFUE e direttiva 2004/38).
DIRETTIVA 2004/38: si occupa dei cittadini che soggiornano in altri stati
membri (cittadini mobili) e di alcuni diritti per i loro familiari sia cittadini
dell’unione che di stati terzi. Non riguarda il cittadino che fa ritorno nel suo
stato di cittadinanza.
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Sentenza Lounes: cittadino dell’unione che si era spostato in altro stato
membro acquisendo anche la cittadinanza di quello stato. Vuole tornare in
madrepatria in forza della direttiva 2004/38, ma la Corte stabilisce che non li
si può applicare. La libertà di tornare nel suo stato di origine viene comunque
tutelata dall’art. 21 TFUE che tutela la libertà di circolazione. Anche sentenza
Coman.
La direttiva stabilisce:

• Diritto di circolazione (art.4-5): uscire dal proprio stato membro ed


entrare in un altro, senza che gli stati lo impediscano. È sufficiente il
documento d’identità valido. Uno stato può chiedere di dichiarare la
propria presenza su un territorio, se non lo si fa si rischia una sanzione
pecuniaria, non l’espulsione.
• Diritto di soggiorno (art. 6-7-16): soggiorno inferiore a tre mesi (non
cambia nulla rispetto a quanto detto prima, in caso la mia presenza sia
costosa dal punto di vista di sicurezza sociale devo fare alcune garanzie),
superiore a 3 mesi (o per lavorare o devo dimostrare di avere risorse
sufficienti e avere assicurazione malattia, lo stato può chiedere di
notificare la propria presenza alle autorità), permanente (dopo 5 anni si
ha il diritto di soggiorno permanente con cui ci si equipara ai cittadini
dello stato, si perde in caso di allontanamento per due anni).
PARITA’ DI TRATTAMENTO: quantità di diritti proporzionale al tempo
passato su quel territorio. Ogni cittadino dell'Unione che si sposti in un altro
Stato ha diritto ad avere lo stesso trattamento dei cittadini di tale Stato. Ad
eccezione del diritto a prestazioni sociali per chi soggiorna per meno di tre
mesi e di aiuti al mantenimento agli studi e alla formazione professionale
prima dell’acquisizione del diritto di soggiorno permanente. Questi limiti non
valgono per i lavoratori autonomi o subordinati e per i loro familiari.
Diritto al ricongiungimento familiare: il cittadino mobile può essere
raggiunto dai suoi familiari, per non scoraggiarlo allo spostamento anche se i
familiari sono di paesi terzi. Non al cittadino statico sul suo territorio, essendo
che l’unione si occupa di situazioni transnazionali. I familiari possono essere
sono di uno stato membro o terzo (che è la fattispecie più complessa perché
non hanno la libertà di circolazione). Si dividono in familiari che lo stato
membro deve far entrare (il coniuge, il partner di un’unione civile,
discendenti o di età inferiore a 21 anni o a carico o del coniuge/partner e
ascendenti a carico o quelli del coniuge/partner, estesa anche agli ascendenti
non a carico dalla corte dopo la sentenza Chen) o di cui deve agevolare
l’ingresso (il partner stabilmente convivente e gli altri familiari).
PARTNER: rientrando nel diritto di famiglia di competenza statale, negli stati
in cui non è prevista l’unione civile non è considerato come “da far entrare”,
per non imporre nulla agli stati che non prevedessero l’unione.

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CONIUGE: anche in caso di separazione viene considerato tale, permane
anche in caso di decesso o di partenza del coniuge dello stato ospitante
qualora vi abbia risieduto per un anno e se il coniuge dimostra di avere risorse
sufficienti e assicurazione malattia. No matrimoni di comodo. Non è
necessario che il matrimonio sia celebrato prima del trasferimento nello stato
ospitante.
Sentenza Coman: cittadino rumeno sposato con cittadino statunitense a
Bruxelles con matrimonio omosessuale e risiedono in Belgio. Il cittadino
rumeno vuole rientrare in patria, non rientra in questa direttiva, ma all’art.21,
viene estesa per analogia l’applicazione di questa direttiva per il
ricongiungimento. Ma la Romania, che non riconosce matrimoni gay anche
celebrati in altri stati, non li considera come coniugi. La corte dice che per il
ricongiungimento familiare la Romania è obbligata a far entrare il coniuge
perché nella direttiva non specifica che tipo di matrimonio e il diritto degli
stati è andato ad estendersi fino a questo punto. Quindi ai fini del
ricongiungimento il matrimonio si estende a quello omosessuale.

29° lezione
La corte in alcuni casi ha esteso il diritto al ricongiungimento del nucleo
familiare anche ai cittadini statici perché nessun provvedimento nazionale
(es. fine permesso di soggiorno) può incidere sul nucleo fondamentali dei
diritti che derivano dalla cittadinanza europea, tra cui i minori.
SENTENZA CHEN: coppia cinese, lui viaggia molto nel RU, la moglie decide di
partorire in Irlanda così che la figlia fosse cittadina europea grazie allo Ius soli
irlandese e la madre potesse richiedere il ricongiungimento del nucleo
familiare. In questo caso però la figlia non sarebbe un cittadino mobile e la
madre in quanto ascendente non sarebbe a carico. La corte afferma che
quest’ultimo problema non fosse rilevante, bastava avere le risorse sufficienti
per vivere o del cittadino o della madre. Per quanto riguarda il primo problema
la corte sostiene che se la madre cinese non potesse raggiungere la figlia
neonata, anch’essa sarebbe costretta a tornare in Cina in quanto neonata,
non potendo godere dei suoi diritti derivanti dalla cittadinanza europea e in
particolare la libertà di circolazione e di soggiorno.
SENTENZA RUIZ ZEMBRANO: genitori colombiani con permesso di soggiorno
in Belgio scaduto e figli minori con cittadinanza belga. Dato che il permesso
era scaduto anche i figli in quanto minori sarebbero dovuti tornare in
Colombia.
Per riconoscere questo diritto del ricongiungimento familiare il minore deve
essere obbligato a trasferirsi in uno stato terzo perché così non potrebbe
esercitare i suoi diritti derivanti dalla cittadinanza, quindi, non in caso di
trasferimento in altri stati membri dove, comunque, si potrebbe esercitare il
proprio diritto alla libertà di circolazione. La presenza dei genitori nei
confronti del minore deve essere necessaria e non solo auspicabile.

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Non si applica neanche in caso di convivenza derivante da matrimonio.
SENTENZA CHAVEZ- VICHEZ: minore cittadino dell’unione, padre cittadino
Ue e madre no, il minore ha sempre vissuto con la madre, alla madre non
viene prolungato il permesso. Essendoci il padre sul territorio dell’unione il
figlio non sarebbe costretto a lasciare il territorio dell’unione vivendo col
padre. Se nelle precedenti sentenze la corte fa un ragionamento più meccanico
incentrato sulla libertà di circolazione. In questa sentenza si considerano altri
fattori, tra cui il legame con la madre, la capacità del padre di occuparsi del
figlio (es. disoccupato o in carcere) e quindi si deve tenere conto anche dei
superiori interessi del figlio che senza la madre in Olanda probabilmente
dovrebbe lasciare anche lui il territorio dell’unione per seguirla.
I limiti: direttiva 2004/38 mette per iscritto le sentenze della corte:

• Ordine pubblico e Pubblica sicurezza: è necessario che il soggetto in


questione sia una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da
pregiudicare un interesse della società. Pubblica sicurezza: pregiudica il
funzionamento delle istituzioni o rischio per la popolazione. Sentenze
penali precedenti non sono sufficienti. SENTENZA CALFA: cittadina
italiana condannata per spaccio con espulsione a vita dal territorio
greco, la corte dice che non tale provvedimento non è proporzionato e
non risponde all’esigenza di valutare di volta in volta se un soggetto sia
pericoloso. Non possono essere invocati per motivi economici. Questi
limiti vanno graduati in base al legame che il cittadino europeo ha con il
territorio dello stato (nel momento in cui è molto integrato diviene
difficile espellerlo), per esempio diritto di soggiorno permanente (solo per
gravi motivi di ordine pubblico e pubblica sicurezza) o se e da più di 10
anni (solo per motivi imperativi di ordine pubblico e pubblica sicurezza;
es. sentenza Tsakouridis, soggetto che risiede da più di 10 anni in
Germania e viene condannato per spaccio di stupefacenti su larga scala,
la Corte dice che essendo in associazione criminale può minacciare la
pubblica sicurezza).
• Sanità pubblica: Solo malattie a potenziale epidemico definite dall'OMS
e malattie parassitarie o contagiose. Le disposizioni di protezione devono
però applicarsi anche ai cittadini dello Stato ospitante.
ESERCITAZIONE

30° lezione
LA LIBERA PRESTAZIONE DI SERVIZI: art.56-57 TFUE, non c’è una
definizione di servizi diretta e esplicita. La dottrina ha tentato di elaborare una
definizione con due elementi: carattere immateriale e legame con il sapere
(anche se per alcune professioni non è proprio possibile quest’ultima
caratteristica).
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L’art. 57 definisce indirettamente il concetto di servizi (attività industriali,
commerciali, artigianali, libere professioni), enuncia il principio di non
discriminazione. Le prestazioni di cui l’Ue si occupa sono transfrontaliere. Tale
prestazione deve essere dietro pagamento.
Si applica solo per il lavoratore autonomo, per quello subordinato si applica la
libera circolazione dei lavoratori.
Si applica alle persone giuridiche costituite conformemente al diritto di uno
Stato membro e che abbiano all'interno dell'Unione la loro sede sociale,
amministrazione centrale o centro di attività principale.
Sentenza Bond Van Adverteeders: ente che trasmette trasmissioni nel suo
territorio e in un altro stato membro, a pagare il canone erano solo i cittadini
del suo stesso territorio, ma all’Ue interessa solo dell’altro stato membro
occupandosi solo di fattispecie transfrontaliere. La corte dice che la
retribuzione non deve essere necessariamente dai destinatari dei servizi (altro
stato che rileva per l’Ue), ma anche da parte di altri individui (cittadini dello
stato territoriale che non importa all’Ue).
Questa libertà è di carattere residuale, viene applicata solo nel momento in
cui non sia possibile usare altre libertà. SENTENZA SCHINDLER: concorrenza
di due libertà: libera circolazione dei servizi e delle merci, si tratta di
un’azienda che organizza lotterie (servizi) e distribuisce in più stati volantini
(merci), in realtà la distribuzione delle merci è sussidiaria ai servizi quindi si
applica la libera circolazione dei servizi. Il carattere residuale nella prassi non
ha trovato applicazione.
Carattere temporaneo: distingue questa libertà dalla libertà di stabilimento;
attività svolta in modo non continuativo e non stabile (altrimenti libertà di
stabilimento). SENTENZA GHEBARD: avvocato tedesco che esercita la sua
professione in Italia in uno studio milanese e chiedeva di essere iscritto
all’ordine degli avvocati italiani. La corte dice per capire quale sia la libertà da
applicare è irrilevante il fatto che si serva di uno studio in Italia, quello che
bisogna guardare è se svolta in modo stabile o saltuario.
Art. 56: Nel quadro delle disposizioni seguenti, le restrizioni alla libera
prestazione dei servizi all'interno dell'Unione sono vietate nei confronti dei
cittadini degli Stati membri stabiliti in uno Stato membro che non sia quello del
destinatario della prestazione. Destinatario e prestatore devono avere stato di
stabilimento diverso per via della transitorietà.
SENTENZA COWAN: cittadino britannico a Parigi come turista, a seguito di
un’aggressione fuori dalla metropolitana vuole ottenere un risarcimento dallo
stato francese destinato al Codice penale a tutti i cittadini francesi. La corte
dice in virtù del principio di non discriminazione può ricevere questo
risarcimento; il destinatario (il turista che è andato in Francia per godere di
servizi turistici fruisce della tutela fornitagli dal trattato (e quindi del principio

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del trattamento nazionale) anche rispetto a prestazioni non direttamente
collegate con l'oggetto del servizio.
Carattere transfrontaliero: ci deve essere un passaggio di frontiera tra uno
stato membro e l’altro. Il caso più classico è che sia il prestatore a spostarsi
(sentenza Van Bisbergen, avvocato belga che difende in Olanda). Può spostarsi
anche il destinatario (sentenza Cowan come fruitore di servizi turistici). Può
spostarsi anche il servizio (es. Bond Van Adverteeders). Anche nell’ipotesi di
spostamento di prestatore e destinatario (la corte supera l’art.56, sostenendo
che l’Ue si occupa di tutte le fattispecie per cui vi è un passaggio di frontiera,
come sentenza Commissione contro Grecia sui servizi turistici in cui sia i
turisti che la guida raggiungono la Grecia).
MISURE VIETATE: sulla base dell’art. 57 quelle discriminatorie sulla base
della nazionalità (es. sentenza Cowan perché tratta diversamente i cittadini
nazionali da quelli comunitari).
La corte estende le misure discriminatorie a quelle in base alla residenza
(sentenza Van
Bisbergen, norma olandese che diceva che gli avvocati dovevano essere
residenti in Olanda, la corte ritiene che la norma sia discriminatoria, perché
impone la residenza dello stato anche agli avvocati non olandesi). Infine,
anche misure indistintamente applicabili suscettibili di rendere la
prestazione di servizi tra Stati membri più difficile della prestazione di
servizi nei singoli Stati membri (es. sentenza Saeger, cittadino che aveva già
ottenuto l’autorizzazione a esercitare la professione nel suo stato membro e la
Germania richiedeva la propria autorizzazione sia ai propri cittadini che per
quelli comunitari, si pone il problema delle diverse normative degli stati Ue, si
applica quanto stabilito dalla sentenza Cassis de dijon). Sentenza Alpin
Investmen, norma olandese che vieta ai prestatori di servizi finanziari di
cercare clienti di altri stati membri tramite chiamata, anche quella contraria al
diritto Ue, perché limita la libera circolazione di servizi dell’Ue (in questo caso
limite ostruzionistico derivante dallo stato d’origine).
DEROGHE A TALE LIBERTA’:

• ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica (sentenza


Omega, per tutelare la dignità umana dell’art.1 cost. tedesca che rientra
nell’ordine pubblico)
• motivi imperativi di interesse generali (uguale a esigenze imperative
di libera circolazione delle merci), sono un elenco aperto. La sentenza
Gouda elenca alcuni esempi. La corte controlla sempre che tali motivi
rispondano alle esigenze che si vogliono tutelare e la loro
proporzionalità. Controlla anche che la stessa esigenza non sia già
tutelata nello stato di origine.
• Attività che partecipano all’esercizio di pubblici poteri (anche nella
libera circolazione dei lavoratori e di stabilimento).

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• Divieto di abuso del diritto, di utilizzare le libertà di circolazione per
aggirare le normative di alcuni stati membri.
La direttiva 2004/38 occupandosi di libertà di circolazione delle persone si
occupa indirettamente anche della libertà di circolazione dei servizi.
RICONOSCIMENTO DELLE QUALIFICHE PROFESSIONALI: direttiva 2005/36
generale, direttiva 98/5 per l’avvocatura. Per l’avvocatura, qualora si voglia
esercitarla in un altro paese in maniera stabile (non stabilmente non ci
sarebbero problemi), bisogna depositare le qualifiche alle autorità dello stato
in questione che devono scegliere se far fare un esame supplementare o
tirocinio, secondo la direttiva 2005/36. Con la direttiva 98/5 non c’è bisogno
dell’esame integrativo, ma con il limite che per i primi 3 anni bisogna far
valere la qualifica dello stato in cui si è sostenuta l’avvocatura, lo stato
membro può anche prevedere che venga affiancato da un avvocato locale.
Nelle sentenze Cavalleri e Torresi (italiani, due avvocati che si recano in
Spagna a fare l’esame di avvocatura in quanto più facile, vogliono farsi
riconoscere il titolo in Italia, ma il nostro stato non lo riconosce, la corte dice
che è un uso corretto della libertà di circolazione perché si sceglie la normativa
più favorevole a sé stessi, quindi una delle facoltà della libertà stessa).

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