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Si pensò così, come primo passo per superare l'antagonismo tra i due paesi, di mettere in
comune le principali risorse strategiche dell'epoca: carbone e acciaio. La nascita della Ceca fu
seguita dall'istituzione, tra gli stessi sei paesi fondatori, dell'Euratom (per sviluppare insieme
l'industria nucleare: altra risorsa strategica) e della Comunità economica europea (Cee). Ciò
avvenne nel 1957 con i Trattati di Roma.
Nel 1965 si arrivò alla totale fusione degli organi istituzionali: le tre Comunità ebbero in comune
anche la Commissione e il Consiglio e un unico bilancio, mentre assumeva crescente importanza
la Comunità economica, che aveva carattere non settoriale.
• La Corte di giustizia con la sua giurisprudenza non solo ha garantito l'applicazione del diritto
comunitario, ma lo ha interpretato sempre più estensivamente;
• La Comunità si è via via allargata, tuttavia il 31 gennaio 2020 il Regno Unito ne è uscito (Brexit).
Nel 1986 venne rmato l'Atto unico europeo, il quale ssò l'obiettivo della realizzazione del
mercato interno entro il 1992, eliminando gli ostacoli alla libera circolazione di merci, persone,
capitali e servizi; ra orzò il ruolo del Parlamento europeo, ma anche la capacità del Consiglio di
decidere aumentando le competenze, vecchie e nuove, sulle quali non occorreva più unanimità e
introdusse disposizioni sulla cooperazione in politica estera.
Nel 1992 fu rmato il Trattato di Maastricht, o Trattato sull'Unione europea (Tue), che modi cò
nel contempo il Trattato della Cee (ride-nominata «Comunità europea», Ce), ponendo le basi della
moneta unica (euro). Il Tue dette vita a una struttura organizzativa peculiare, de nita «a tre
pilastri»:
1. il primo era costituito dalle preesistenti Comunità (Ce, Ceca, Euratom) ed era disciplinato dai
rispettivi trattati,
2. il secondo dalla politica estera e di sicurezza comune,
3. il terzo dalla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, entrambi disciplinati
speci camente dal Tue.
Siccome non tutti i paesi erano d'accordo nell'a dare politica estera e giustizia alle istituzioni e
alle procedure comunitarie si decise che, dentro l'Unione, tutto ciò che era ricompreso nel primo
pilastro sarebbe stato gestito in base al metodo comunitario; invece, tutto ciò che faceva parte
degli altri due pilastri per il momento sarebbe rimasto a dato alla cooperazione tra stati
attraverso il metodo intergovernativo.
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La struttura a tre pilastri è stata superata con il Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1°
dicembre 2009, che ha innovato l'ordinamento dell'Unione europea. Il Trattato di Lisbona ha dato
vita a un unico soggetto dotato di personalità giuridica internazionale, che è l'Unione europea. È
stato invece abbandonato il progetto di un trattato «costituzionale» unico.
Mentre la cooperazione in materia di polizia e di giustizia penale (l'ex terzo pilastro) è stata inserita
all'interno del Tfue, la politica estera e di sicurezza comune (l'ex secondo pilastro) continua a
utilizzare le procedure speci che previste dal Tue. Ai due trattati è conferito identico valore
giuridico, da allora esteso alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
Si decise di costituire un organo speciale, avente una larga rappresentatività, col compito di
predisporre una proposta. Questo organo, chiamato Convenzione sul futuro dell'Unione europea,
fu composto da un rappresentante per ogni governo, due rappresentanti della Commissione,
sedici rappresentanti del Parlamento europeo, due rappresentanti per ogni parlamento nazionale
Dopo l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona l'assetto dell'Unione è diventato molto simile a
quello delineato dal fallito trattato costituzionale, rinunciando però a tutta la simbologia
«federalista» che lo caratterizzava. Si può dire dunque che la sostanza del trattato costituzionale
resta quasi integra, ma ne è cambiata la forma.
• Consiglio (art. 16 Tfue, artt. 237-243 Tfue). Il Consiglio si riunisce in varie formazioni, cioè in
composizione diversa a seconda dei temi che deve a rontare. Il Consiglio degli a ari generali
quello degli a ari esteri sono direttamente previste da Tfue. Le altre formazioni, stabilite con
decisione del Consiglio europeo, sotto attualmente otto. Il Consiglio:
- Esercita la funzione legislativa e la funzione di bilancio;
- De nisce e coordina le politiche dell'Unione;
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- Garantisce il coordinamento e la sorveglianza delle politiche economiche adottando
indirizzi di massima; raccomanda le necessarie misure in caso di "disavanzo eccessivo";
- Prende decisioni relative alla politica estera e di sicurezza comune in base agli
orientamenti generali e alle linee strategiche de niti dal Consiglio europeo; decide sulle
questioni con implicazioni militari;
La regola decisionale ordinaria è la maggioranza assoluta che si ottiene con il 55% degli stati
membri i quali devono anche rappresentare almeno il 65% della popolazione dell'Unione.
Il Consiglio decide all'unanimità solo quando i trattati lo prevedono espressamente. Quando il
Consiglio discute e vota progetti di atti legislativi, le sue sedute sono pubbliche: a questo
scopo ogni sessione è divisa in due parti, quella pubblica e quella non pubblica. Le riunioni
sono preparate da un comitato costituito dai rappresentanti permanenti degli stati membri,
noto con l'acronimo di Co.re.per.
• Parlamento europeo (art.14 Tue, artt. 223-224 Tfue). È composto da 754 membri, ma dalla
prossima legislatura il loro numero sarà stabilito dal Consiglio europeo entro un tetto massimo
di 751. I membri del Parlamento europeo sono eletti direttamente per 5 anni dai cittadini dell'Ue
con formule tutte proporzionali ma diverse l'una dall'altra. Ciascuno stato membro ha infatti la
sua legge elettorale e ciò si ri ette sulle formule adottate, sull'elettorato attivo e su quello
passivo. Il Parlamento europeo è organizzato secondo il modello delle moderne assemblee
rappresentative: i suoi membri si ripartono in gruppi politici composti da almeno 25 deputati
eletti in almeno un quarto degli stati. Il Parlamento europeo ha il proprio regolamento e di norma
delibera a maggioranza dei voti espressi e non ha un'unica sede, ma divide le sue attività fra
Strasburgo, Bruxelles e Lussemburgo. Il Parlamento europeo:
- Esercita congiuntamente al Consiglio la funzione legislativa;
- Esercita con il Consiglio la funzione di bilancio;
- Esercita funzioni di controllo politico e funzioni consultive;
• Commissione (art. 17 Tue, artt. 244-250 Tfue). È composta da 27 membri (uno per stato),
incluso il presidente e l'alto rappresentante per gli a ari esteri e la politica di sicurezza; dal 1°
novembre 2014 la Commissione sarà composta da un numero di membri pari ai due terzi degli
stati, scelti in base a un sistema di rotazione paritaria. Resta in carica per 5 anni. E' il Consiglio
europeo che sceglie a maggioranza quali cata il presidente della Commissione, il quale viene
eletto dal Parlamento europeo a maggioranza dei membri: successivamente, il Consiglio
europeo, individua i nuovi componenti della Commissione in base alle proposte degli stati e
d'accordo con il neoeletto. La responsabilità della Commissione è collettiva: il Parlamento può
approvare una mozione di censura; se ciò accade, l'intera Commissione e l'alto rappresentante
si dimettono. La Commissione esercita i suoi compiti nel quadro degli orientamenti del
presidente, il quale decide l'organizzazione interna e ripartisce le competenze fra i componenti,
può obbligare un qualsiasi membro alle dimissioni e ha sede a Bruxelles. La Commissione è
organo che promuove l'interesse generale dell'Unione e adotta iniziative appropriate al tal ne.
In particolare:
- Ha l'iniziativa degli atti legislativi;
- Presenta il progetto annuale di bilancio;
- Vigila sull'applicazione del diritto dell'Unione
- Ha potere di rivolgere "avvertimenti" agli stati membri per il coordinamento delle politiche
economiche
• Corte di giustizia (art. 19 Tue, artt. 251-2818 Tfue). È composta da 27 giudici, assistiti da
almeno 8 avvocati generali che studiano le cause e sottopongono alla Corte le loro proposte di
conclusione. Sono tutti nominati dai governi per 6 anni fra personalità di indiscussa
indipendenza e competenza; i giudici eleggono al proprio interno il presidente; la Corte ha un
proprio statuto e un proprio regolamento; ha sede a Lussemburgo. Compito generale della
Corte è assicurare il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione dei trattati. Essa
giudica le controversie tra:
- Stati membri;
- L'Unione e uno stato membro;
- Istituzioni dell'Unione;
- Persone siche o persone giuridiche e l’Unione.
Si tratta dei ricorsi per inadempimento contro le infrazioni compiute dagli stati membri e dei
ricorsi di annullamento contro gli atti adottati dalle istituzioni dell'Unione in violazione dei
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trattati. La Corte di giustizia si pronuncia in via pregiudiziale, cioè prima che le norme
dell'Unione trovino applicazione in un processo. Alla Corte di giustizia si a anca il Tribunale,
competente per le azioni intraprese da persone siche o giuridiche, nonché per le controversie
tra l'Unione e i propri funzionari. Le sue decisioni sono impugnabili davanti alla Corte solo per
motivi di legittimità.
• BCE (artt.127-133, 282-284, prot. n.4 Tfue). È dotata di personalità giuridica propria e di un
elevato grado di indipendenza rispetto alle alter istituzioni e ai governi, dai quali non può
accettare o ricevere istruzioni; ad essa sono attribuiti anche poteri normative ed ha sede a
Francoforte. Il presidente della BCE è nominato per 8 anni, con mandato non rinnovabile, dal
Consiglio europeo a maggioranza quali cata, insieme agli altri 5 membri del comitato esecutivo.
La Bce ha un ruolo fondamentale in materia di politica monetaria, disponendo del diritto
esclusivo di autorizzare l'emissione di banconote in euro all'interno dell'Unione. La Bce e le
banche centrali nazionali costituiscono il sistema europeo di banche centrali (Sebc), il cui
compito principale è assicurare il mantenimento della stabilità dei prezzi, nonché sostenere le
politiche economiche generali dell’Unione.
• Corte dei Conti (art. 285-287 Tue). È composta da 27 membri nominati per sei anni dal
Consigli. La sua funzione è assicurare il controllo dei conti, attraverso l'esame delle entrate e
delle spese dell’ unione e di ogni organo da essa istituito; di esse controlla la legittimità e la
regolarità e accerta la sana gestione nanziaria.
• Sono in ne previsti due organi consultivi che assistono Parlamento, Consiglio e Commissioni
europei:
- Il Comitato economico e sociale, composto di rappresentanti delle categorie economiche
e produttive;
- Il Comitato delle regioni, composto di rappresentanti degli enti regionali e locali; i loro
membri, no a 350, sono nominati dal Consiglio.
Valori dell'Unione: il rispetto dei valori indicati al punto a) costituisce un requisito indispensabile
ai ni dell'adesione di nuovi Stati all'Unione (art. 49 Tue). L'Unione si propone altresì l'obiettivo di
assicurare il rispetto dei valori comuni da parte di tutti gli stati membri. L'art. 7 Tue prevede, infatti,
un meccanismo di salvaguardia di tipo sia preventivo sia sanzionatorio: esso permette al
Consiglio di rivolgere un avvertimento allo stato interessato nel caso in cui constati l'esistenza di
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un «evidente rischio di violazione grave» dei valori dell'Unione; qualora tale violazione
e ettivamente si veri chi, il Consiglio può decidere di sospendere alcuni dei diritti che spettano
allo stato.
Al pari dei trattati quali fonti originarie si colloca la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione
europea: l'art. 6 Tue conferisce infatti ad essa «lo stesso valore giuridico dei trattati». La Carta
contiene in 54 articoli un ampio e aggiornato catalogo di diritti. Un suo aspetto innovativo è di
abbandonare la distinzione tra diritti civili e politici da una parte e diritti economici e sociali
dall'altra, propria delle convenzioni internazionali, elencandoli raggruppati secondo questa
successione: diritti attinenti i) la dignità della persona, ii) la libertà, ii) l'eguaglianza, iv) la
solidarietà, v) la cittadinanza, vi) la giustizia. Tutti i diritti, ad eccezione di quelli direttamente
connessi con la cittadinanza europea, sono riconosciuti a ogni persona senza distinzione alcuna.
Vi sono inoltre delle competenze nuove come la cooperazione giudiziaria in materia penale e la
cooperazione di polizia, esse comprendono tutto ciò che riguarda la sicurezza interna. Nei settori
di non esclusiva competenza dell’Unione i trattati prevedono la possibilità di instaurare una
cooperazione ra orzata tra una parte degli stati membri. È stata inoltre istituita la procura
europea, con il compito di perseguire davanti agli organi giurisdizionali degli stati membri gli autori
di reati lesivi degli interessi nanziari dell’Unione.
Revisione dei trattati: l'art. 48 Tue prevede una procedura ordinaria e anche procedure
sempli cate. La prima attribuisce a qualsiasi stato membro, al Parlamento europeo e alla
Commissione l'iniziativa di revisione. Se questo decide favorevolmente (a maggioranza semplice),
è convocata una convenzione formata da rappresentanti dei parlamenti nazionali, dei capi di stato
o di governo, del Parlamento europeo e della Commissione. Altra procedura sempli cata è quella
delle cosiddette clausole passerella.
Gli atti giuridici dell'Unione si distinguono ulteriormente in atti legislativi, delegati e di esecuzione
• Atti legislativi: sono tutti quelli adottati mediante procedura legislativa.
• Atti delegati: sono quelli adottati dalla Commissione sulla base di una delega contenuta in un
atto legislativo, ma solo per integrare o modi care suoi elementi non essenziali.
• Atti di esecuzione: sono quelli previsti da atti legislativi quando l'esigenza di condizioni uniformi
suggerisce che non siano gli stati membri ad adottare tutte le misure necessarie per la loro
esecuzione, ma sia la Commissione a farlo.
La procedura legislativa ordinaria, descritta dall'art. 294 Tfue, prevede il seguente iter:
• presentazione da parte della Commissione di una proposta al Parlamento europeo e al
Consiglio;
• prima lettura da parte del Parlamento e trasmissione al Consiglio;
• prima lettura da parte del Consiglio, con approvazione dello stesso testo trasmesso dal
Parlamento e adozione dell'atto oppure approvazione con emendamenti e trasmissione al
Parlamento; il Consiglio deve spiegare i motivi delle sue scelte e la Commissione illustra la sua
posizione al Parlamento;
• seconda lettura da parte del Parlamento entro tre mesi: se il Parlamento approva il testo del
Consiglio o se non si pronuncia, l'atto è adottato nella versione del Consiglio; se il Parlamento lo
respinge, l'iter dell'atto proposto si interrompe; se il Parlamento approva emendamenti a
maggioranza dei suoi componenti, il testo torna al Consiglio e anche in questo caso la
Commissione illustra la sua posizione;
• seconda lettura da parte del Consiglio entro tre mesi: se il Consiglio approva gli emendamenti
del Parlamento a maggioranza quali cata, il testo è adottato; se non li approva, viene convocato
un comitato di conciliazione;
• conciliazione da parte di un comitato paritetico Consiglio-Parlamento; ai suoi lavori partecipa la
Commissione col compito di fare da mediatore; il comitato deve raggiungere un accordo su un
progetto comune entro sei settimane; se non lo fa, l'atto non è adottato;
• se il comitato di conciliazione ha approvato un progetto comune, terza lettura da parte del
Parlamento e del Consiglio, i quali hanno altre sei settimane per pronunciarsi sul testo
dell'accordo senza ulteriori modi che; in mancanza di una decisione, l'atto non è adottato.
Le procedure legislative speciali sono indicate nei trattati via via: nella maggior parte dei casi
esse prevedono che l'atto sia adottato dal Consiglio previa consultazione oppure previa
approvazione del Parlamento europeo. Il Tue consente al Consiglio europeo di disporre che, nei
casi in cui i trattati prevedono l'unanimità del Consiglio, questo possa invece decidere a
maggioranza quali cata (tranne nel settore della difesa). Può anche disporre che, invece di una
procedura legislativa speciale, si utilizzi quella ordinaria. Si tratta delle citate «clausole passerella»,
applicabili però solo a condizione che, entro sei mesi, un qualsiasi parlamento nazionale non
noti chi la sua opposizione. Gli atti legislativi devono essere motivati. Essi sono rmati dal
presidente del Parlamento europeo e dal presidente del Consiglio e sono pubblicati nella Gazzetta
U ciale dell'Unione europea, nelle ventiquattro lingue u ciali dell’Unione.
L'ordinamento dell'Ue conosce anche fonti non scritte: i principi generali del diritto dell'Unione,
tra i quali emergono i diritti fondamentali garantiti dalla Cedu e risultanti dalle «tradizioni
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costituzionali comuni» agli stati membri. Inoltre, l'Unione può concludere accordi internazionali
con paesi terzi o con organizzazioni internazionali.
L'Unione Europea quindi inizialmente, quando vi erano tre comunità europee distinte, venne
dichiarata una comunità sovranazionali poi, di fronte ai grandi progressi dell'integrazione europea,
si è parlato di ordinamento pre-federativo, facendo riferimento al suo carattere di ordinamento in
evoluzione. Più di recente invece si è parlato di federazione di Stati nazione: formula con la quale
si cerca di conciliare l'evoluzione in senso federale e la difesa delle identità nazionali. L'insieme
dei suoi cittadini non può considerarsi un unico popolo: questa è la ragione per cui molti mettono
in dubbio che l'unione costituisca una comunità politica.
7. L’Ue e la sua evoluzione da una crisi all’altra (LEGGERE BENE SUL LIBRO)
Jean Monnet a erma: "l'Europa si forgerà nelle crisi e sarà la somma delle soluzioni che saranno
date a quelle crisi". Questa previsione è giusta in quanto i momenti di grande di coltà o di
emergenza hanno indotto i paesi dell'Unione Europea a concordare delle politiche comuni sempre
più nuove e sempre più penetranti.
7.4 la pandemia
Si è propagata, all’inizio del 2020 in Europa, il coronavirus che ha scatenato la pandemia
Covid-19. La commissione ha proposto un nuovo strumento di nanziamento il Next Generation
Eu, si tratta di un ricovery fund, per aiutare gli stati a risollevarsi dalla crisi.
Vi sono limiti alla revisione costituzionale che segnano il con ne tra modi cazioni della
costituzione e mutamento della costituzione. L'unico limite espresso è stabilito dall'articolo 139
secondo cui la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale. Ma
secondo la dottrina prevalente esistono anche limiti impliciti, ossia dipendenti dalle scelte
fondamentali consacrate nella costituzione repubblicana. Questi limiti coincidono con i principi
supremi dell'ordinamento costituzionale. Sono quei principi che danno identità all'ordinamento
costituzionale e, in quanto tali, se intaccati nel loro contenuto, darebbero luogo a un mutamento
costituzionale. Limite logico alla revisione costituzionale è stato ritenuto lo stesso articolo 138: ciò
si spiega perché la garanzia della rigidità non potrebbe logicamente essere raggirata abrogando la
norma che la costituzione pone a suo presidio.
Tra le riserve di legge sono caratterizzate da un procedimento che di erisce in parte da quello
dell'articolo 138 le leggi costituzionali con cui sono adottati gli statuti delle regioni speciali. Una
legge costituzionale rinforzata è prevista dall'articolo 132.1 per la fusione di regioni ovvero la
creazione di una regione nuova il procedimento si divide nelle seguenti fasi: a) iniziativa presa da
tanti consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate; b)
acquisizione del parere dei consigli regionali; c) approvazione della proposta con referendum a
maggioranza delle popolazioni stesse; d) approvazione della legge costituzionale.
A di erenza di gran parte degli stati membri nei quali si è proceduto a periodiche revisioni
costituzionali, nel nostro paese si è a ermata un'interpretazione della Corte costituzionale
secondo cui l'art. 11 Cost. è «sicuro fondamento», su ciente a consentire di stipulare trattati
con cui ci si obbliga a limitazioni di sovranità.
Nel 2001, con la riforma del titolo V, è stato un riferimento espresso ai «vincoli derivanti
dall'ordinamento comunitario», menzionando per la prima volta in Costituzione l'Unione
europea. Gli unici limiti, o cosiddetti controlimiti, stabiliti dalla Corte costituzionale sono i principi
supremi dell'ordinamento costituzionale e i diritti inviolabili della persona (clausola di
salvaguardia).
Il problema dei rapporti tra fonti europee e fonti interne ha avuto soluzione attraverso un processo
evolutivo della giurisprudenza della corte costituzionale, in un dialogo a distanza. Eccone le fasi:
• In un primo momento la corte costituzionale ritenne che i rapporti tra fonti europee e fonti
interne dovessero essere eletti alla luce del criterio cronologico, quindi l’atto più recente in
ordine di tempo avrebbe dovuto prevalere abrogando quello meno recente.
• Successivamente il contrasto tra regolamento comunitario e legge fu risolto dalla corte
costituzionale sulla base del criterio gerarchico.
• In ne la corte costituzionale si conforma alla giurisprudenza della corte di giustizia
riconoscendo il primato del diritto comunitario. Di conseguenza, il contrasto tra diritto
dell'Unione Europea e diritto interno viene risolto sulla base del principio di necessaria
applicazione del regolamento dell'unione da parte del giudice comune.
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9. La legge ordinaria dello Stato
La legge ordinaria dello Stato è fonte a competenza generale, sia pure nei limiti stabiliti dalla
Costituzione: può disciplinare qualsiasi oggetto, fatto salvo quanto è disciplinato direttamente
dalla Costituzione stessa o da questa attribuito ad altre fonti. Le materie riservate alla legge dello
Stato vanno infatti considerate materie che riguardano interessi e valori generali, da garantire su
tutto il territorio nazionale. La legge statale è l'atto fonte abilitato a produrre norme primarie che la
Costituzione all'art. 70 attribuisce alle Camere. L'art. 117.1 Cost. pone come limiti generali alla
legislazione il rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea e di quelli
derivanti dagli obblighi internazionali.
Alla legge la Costituzione a da importanti materie mediante la riserva di legge: tale istituto
designa i casi in cui disposizioni costituzionali attribuiscono la disciplina di una determinata
materia alla sola legge, sottraendola così alla disponibilità di atti fonte ad essa subordinati. La
riserva di legge è contraddistinta da due aspetti:
A. Aspetto negativo: cioè il divieto di intervenire nella materia riservata da parte di atti diversi
dalla legge.
B. Aspetto positivo: cioè l’obbligo per la legge di intervenire nella materia riservata, sicché essa
può spogliarsi di tale compito a favore di altri atti.
Le riserve di legge sono stabilite allo scopo di garantire il principio democratico, i diritti
fondamentali e il rispetto del principio di uguaglianza. I vari tipi di riserva di legge sono:
• Riserve assolute: quando l’intera disciplina della materia è riservata alla legge, salvo solamente
regolamenti di stretta esecuzione (es. quelli che aggiornano gli elenchi delle sostanze
stupefacenti e psicotrope);
• Riserve relative: quando alla legge spetta la disciplina essenziale o di principio della materia in
modo da circoscrivere la discrezionalità dell'esecutivo nel dettare mediante regolamento la
disciplina ulteriore di dettaglio.
Frequente è inoltre il caso di legge il cui contenuto sono degli atti amministrativi, in altre parole,
non è il prevedere la disciplina di comportamenti futuri ma il provvedere immediatamente alla cura
di un determinato interesse. Si parla di leggi provvedimento. Esse pongono vari problemi: in
relazione al principio di eguaglianza davanti alla legge, alla separazione tra la funzione legislativa e
quella esecutiva-amministrativa, al diritto alla tutela giurisdizionale contro provvedimenti che non
possono essere impugnati direttamente dal cittadino. Leggi provvedimento devono invece
escludersi nei casi nei quali la costituzione richiede espressamente leggi generali: così all’art. 16
secondo cui limitazioni alla libertà di circolazione soggiorno possono essere stabilite dalla legge in
via generale per motivi di sanità e di sicurezza.
10. Gli atti normativi del governo equiparati alla legge: i decreti legislativi
La Costituzione, in deroga al principio di separazione dei poteri, attribuisce potestà normative di
rango primario al governo. Tali atti normativi: a) hanno la medesima forza attiva e passiva della
legge parlamentare, b) hanno competenza a disciplinare le materie che la Costituzione riserva alla
legge, c) sono sottoposti al controllo di costituzionalità delle leggi.
La potestà normativa primaria del governo non è però né autonoma né ordinaria, in quanto la
Costituzione richiede sempre l'intervento del Parlamento nell’esercitare il potere governativo. Il
governo, infatti, non può adottare decreti legislativi senza una previa legge di delegazione, mentre
i decreti legge, adottati in casi straordinari di necessità e urgenza, hanno e cacia provvisoria e
devono essere convertiti in legge dalle Camere. La delegazione legislativa è un procedimento
duale di produzione del diritto che vede protagonisti sia il Parlamento, cui spetta approvare
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mediante legge la delega, sia il governo, cui spetta approvare sulla base di quella legge il decreto
delegato.
Il decreto legislativo è l'atto che il governo adotta in attuazione della legge di delegazione,
deliberato dal Consiglio dei Ministri ed emanato dal presidente della Repubblica. In genere le leggi
di delegazione prevedono che il governo debba acquisire il parere parlamentare delle competenti
commissioni delle camere o di appositi commissioni bicamerali. Un particolare tipo di fonte
delegata sono i decreti del governo in caso di guerra. Essi possono essere adottati previa
deliberazione da parte del parlamento dello stato di guerra e sulla scorta di un conseguente atto
di conferimento dei poteri necessari.
11. Gli atti normativi del governo equiparati alla legge: i decreti legge
Il governo, quando ricorrano determinati presupposti, può adottare decreti legge. Essi sono
provvedimenti con forza di legge subito in vigore ma provvisori, deliberati dal Consiglio dei
Ministri ed emanati dal presidente della Repubblica. Il decreto legge:
• Può essere adottato solo in casi straordinari di necessità ed urgenza;
• Deve essere presentato alle camere per la conversione in legge lo stesso giorno in cui è dotato
e le camere, anche se sciolte, si riuniscono entro i successivi cinque giorni;
• Dura solo 60 giorni e ha e cacia provvisoria; se non è convertito in legge la perde sin dall’inizio.
Appena adottato dal governo ed emanato dal presidente della Repubblica, il decreto diventa
oggetto di un apposito disegno di legge di conversione e in questa forma presentato alla
camera o al Senato. Il governo presenta un progetto di legge formato da un solo articolo il cui
contenuto è appunto la conversione in legge del decreto. La legge di conversione è l’atto
mediante il quale il parlamento si riappropria della funzione legislativa esercitata dal governo. In
sede di conversione le camere sono libere di apportare modi che al testo del decreto. Gli
emendamenti approvati dalle camere, però, hanno e cacia solo pro futuro, ossia dal giorno
successivo alla pubblicazione della legge di conversione.
L'abuso della decretazione d'urgenza si manifestò, a partire dagli anni 70, attraverso il
fenomeno della reiterazione dei decreti legge, consistente nella trasposizione delle norme di un
decreto non convertito in altro decreto adottato al momento della decadenza di quello
precedente. La corte costituzionale ha cominciato a esercitare un controllo sulla sussistenza degli
stessi presupposti del decreto legge: neanche il parlamento può, con la legge di conversione,
sanare un decreto privo dei requisiti di straordinaria necessità e urgenza.ù
Diverso è il caso dei regolamenti interni all'istituzione governo, in quanto organo posto al vertice
dell'amministrazione centrale dello Stato, tali atti hanno natura secondaria. Per quanto riguarda la
presidenza del Consiglio dei Ministri un decreto legislativo prevede una generale autonomia
organizzativa che richiama l'autonomia riconosciuta a camere, corte costituzionale e presidenza
della Repubblica.
Statuti ordinari: il procedimento di approvazione degli statuti consta di due fasi, una necessaria,
l'altra eventuale. La fase necessaria riguarda l'approvazione da parte del consiglio regionale e
avviene in due successive deliberazioni a distanza non inferiore di due mesi. La fase eventuale
riguarda l'intervento del corpo elettorale mediante referendum. I suoi contenuti e la procedura
aggravata fanno dello statuto regionale un atto fonte a competenza riservata e sovra-ordinato
alla legge regionale. Spetta alla corte costituzionale valutare la conformità della legge regionale
alle disposizioni dello statuto.
Leggi regionali: sono approvate nelle forme e nei modi previsti da ciascuno statuto regionale e
incontrano gli stessi limiti generali previsti per le leggi statali.
Regolamenti regionali: in base all’art. 117.6 Sei la potestà regolamentare spetta allo Stato nelle
materie di legislazione esclusiva, salva delega alle regioni, mentre per tutte le altre materie essa
spetta alle regioni. Il consiglio regionale esercita le potestà legislative attribuite alla regione,
mentre il presidente della giunta promulga le leggi ed emana i regolamenti regionali.
Statuti speciali: L'art. 116.1 Cost. stabilisce che il «Friuli-Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il
Trentino-Alto Adige e la Valle d'Aosta dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia,
secondo i rispettivi statuti adottati con legge costituzionale».
Il procedimento è quello dell'art. 138 Cost., ma con due di erenze introdotte dalla l. cost. 2/2001:
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1. quando la revisione dello statuto è governativa o parlamentare, il progetto di legge
costituzionale deve essere comunicato all'assemblea regionale, la quale ha 2 mesi di tempo
per esprimere un proprio parere;
2. non si fa comunque luogo a referendum nazionale.
Si intende così favorire revisioni statutarie promosse dalla regione speciale interessata senza
sottoporle all'intero corpo elettorale, e quindi facendo del Parlamento l'unico soggetto cui è
a data la tutela dell’interesse nazionale.
Statuti: lo statuto è l'atto cui sono demandate le norme fondamentali dell'organizzazione dell'ente
locale. È previsto un procedimento aggravato di approvazione; secondo l’art. 6 Tuel, lo statuto del
Comune è deliberato dal consiglio comunale a maggioranza dei due terzi dei componenti, se
tuttavia tale maggioranza non viene raggiunta, il progetto di statuto è messo di nuovo in votazione
entro i successivi 30 giorni ed è approvato se ottiene per due volte il voto favorevole della
maggioranza assoluta dei consiglieri.
Regolamenti: ogni ente locale dispone di potestà regolamentare in ordine alla disciplina
dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni che gli sono attribuite. La potestà
regolamentare spetta al consiglio dell'ente locale; fanno eccezione i regolamenti comunali
sull'ordinamento degli u ci e dei servizi, che sono adottati dalla giunta nel rispetto dei criteri
generali stabiliti dal consiglio. Lo statuto dell'ente locale incontra come limite solo la legge dello
Stato e in questo senso lo statuto non è una fonte primaria. Invece, i regolamenti locali
incontrano limiti nella legge sia statale sia regionale: ciò in base al principio secondo cui
l'organizzazione statuaria dell'ente locale si collega alla legge statale senza l'intermediazione della
legge regionale, mentre i regolamenti locali devono rispettare anche le prescrizioni della legge
regionale competente in materia.
Tra queste fonti rientrerebbero i contratti collettivi di lavoro, destinati a disciplinare il rapporto tra
datori di lavoro e lavoratori. Infatti, l'art. 39.4 Cost. prevede che i sindacati registrati «possono
stipulare contratti collettivi di lavoro con e cacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle
categorie cui il contratto si riferisce». Questa disposizione costituzionale stabilisce una riserva di
competenza per i contratti collettivi così stipulati.
Un caso di rinvio mobile o alla fonte è l'adattamento automatico alle norme del diritto
internazionale generalmente riconosciute. Costituisce invece un rinvio sso o alla disposizione
l’ordine di esecuzione attraverso il quale vengono recepite nell'ordinamento interno le norme
contenute in trattati internazionali.
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Le norme interne di riconoscimento sono vere e proprie fonti sulla produzione, così come le
fonti esterne riconosciute sono vere e proprie fonti di produzione. Secondo la dottrina
tradizionale, queste ultime, in quanto non deliberate dagli organi dello Stato, dal punto di vista del
nostro ordinamento rileverebbero solo come fonti fatto e non come fonti atto.
Norme interne di riconoscimento che valgono come fonti sulla produzione sono anche le norme
di diritto internazionale privato, contenute nella legge n.218, che disciplina le situazioni che
presentano taluni elementi di estraneità rispetto all'ordinamento interno, mettendolo in
collegamento con ordinamenti di altri Stati.
Il rinvio alle norme straniere incontra limiti: sia quando nel caso di specie sussistono norme
italiane di applicazione necessaria sia quando gli e etti dell'applicazione della legge straniera
sono contrari all'ordine pubblico. Quest'ultimo è una clausola generale che si riferisce a tutti i
principi base della convivenza sociale, cardini della costituzione.
Ove questa convinzione non vi fosse, saremo di fronte a una semplice prassi: comportamento
ripetuto ma senza che sia considerato vincolante e dunque derogabile in qualsiasi momento.
Secondo l’art.8 delle preleggi, nelle materie regolate dalle leggi e dai regolamenti gli usi hanno
e cacia solo in quanto sono da essi richiamati. Ciò signi ca che nei rapporti di diritto privato le
norme consuetudinarie sono gerarchicamente subordinate alle fonti fatto. Le consuetudini, per
essere valide, devono essere conformi alle norme di legge o di regolamento che vi fanno rinvio.
Sono altresì valide le consuetudini che operano nelle materie non regolate da leggi e regolamenti,
ossia al di fuori di qualsiasi forma scritta. Sono vietate le consuetudini in contrasto con norme
legislative o regolamentari.
Fonti fatto integrano le norme costituzionali scritte, de nendo la posizione e regolando l'attività
degli organi costituzionali: si tratta delle consuetudini costituzionali. Queste si impongono a
tutte le fonti subordinate, atti normativi primari compresi. Tra le fonti fatto vengono ricomprese da
taluni anche le convinzioni costituzionali, le quali rappresentano il tentativo di trasporre nel
nostro ordinamento una categoria del diritto anglosassone che ha caratteristiche simili alle
consuetudini costituzionali. Diverse sono invece le norme di correttezza costituzionale, che nel
loro insieme costituiscono quello che si potrebbe de nire il galateo dei rapporti tra gli organi
costituzionali.
Gli atti legislativi e regolamentari entrano in vigore il 15º giorno seguente alla loro pubblicazione: è
il termine ordinario della vacatio legis, prevista al ne di dare tempo agli operatori del diritto di
conoscere l'innovazione con anticipo sulla sua applicazione.
È necessario distinguere però tra testi unici compilativi e testi unici normativi: i primi sono atti
di natura amministrativa e hanno come ne quello di agevolare la conoscenza del diritto esistente
in una certa materia; i secondi sono atti di produzione del diritto. Dunque, mentre i testi unici
compilativi si limitano a raccogliere la legislazione lasciandola immutata, i testi unici normativi
innovano la legislazione raccolta e abrogano gli atti preesistenti.
Una simile a ermazione della sovranità popolare va letta nel senso che il popolo costituisce la
fonte di legittimazione di ogni potere costituito. L'organizzazione dello Stato e degli altri enti
politici territoriali devono basarsi su tale principio. Inoltre, alcuni dei poteri disciplinati dalla
costituzione restano a dati al popolo o a quella parte del popolo cui l'ordinamento riconosce il
diritto di voto: il corpo elettorale. Ad esso è riservata l'e ettiva capacità, votando, di decidere in
prima persona o tramite rappresentanti eletti e di assumersi così la responsabilità del proprio
destino.
La teoria liberale ottocentesca di sovranità nazionale si fonda sull'idea che i membri della
camera elettiva, per quanto scelti a su ragio ristretto dalla sola borghesia, rappresentano il volere
della nazione. Attribuire la sovranità al popolo non vuol dire che lo Stato come persona giuridica
non mantenga la sua posizione di supremazia all'interno dell'ordinamento: lo Stato è uno degli
strumenti della volontà popolare. Ci sono altri strumenti attraverso i quali il popolo fa valere la
sua volontà come gli organi dotati di autonomia riconosciuta dalla costituzione, i soggetti
sovranazionali, il libero associarsi impartiti politici e gli istituti di partecipazione popolare.
Il popolo in senso giuridico è l'insieme di tutti coloro che sono legati all'ordinamento statale da un
vincolo particolare che si chiama cittadinanza. L'insieme dei cittadini costituisce il popolo,
invece, la popolazione è l'insieme di tutti coloro che si trovano entro i con ni di un qualsiasi ente
territoriale. Il popolo, dunque, per un verso è parte della popolazione insediata nel territorio di uno
Stato; per un altro verso può anche comprendere i cittadini che risiedono all'estero, cioè fuori dei
con ni statali. Diverso ancora è il concetto di nazione, che identi ca un vincolo sociale e, a volte,
politico: quello che uni ca e accomuna per tradizioni culturali, storia, lingua, regione, origini
etniche un insieme di individui.
Il legame di cittadinanza determina un vero e proprio status giuridico, vale a dire un insieme di
diritti e di doveri che da esso derivano: i diritti e doveri politici di cui al titolo IV della parte prima
della costituzione sono quelli più direttamente collegate alla cittadinanza.
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2. Il popolo che vota
La Costituzione prevede alcune norme generali che disciplinano la forma di esercizio della
sovranità popolare. Del diritto di voto tratta l’art. 48, il quale stabilisce i seguenti punti:
1. sono elettori tutti i cittadini che hanno la maggiore età: era 21 anni no al 1975, da allora è 18
anni;
2. speci che limitazioni al diritto di voto possono essere previste dalla legge, ma solo per
«indegnità morale» o per «incapacità civile»;
3. il voto è circondato da una serie di garanzie fondamentali ed è de nito «dovere civico»;
4. l'esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all'estero è disciplinato in forme speciali.
Il primo punto (art. 48.1) riprende la tradizionale identi cazione ira cittadinanza ed elettorato. Ci si
chiede, infatti, se persone che non hanno la cittadinanza ma risiedono stabilmente nel territorio
dello Stato non debbano essere considerate membri della comunità politica e vedersi perciò
riconosciuto il diritto di voto. Secondo chi sostiene questa tesi, minoritaria, l'art. 48 al comma 1 si
limiterebbe a garantire il diritto di voto dei cittadini, senza che ciò ne impedisca l'estensione ai
non cittadini. Già adesso per le elezioni comunali la legge estende l'elettorato attivo (il diritto di
votare) e l'elettorato passivo (il diritto di candidarsi e quindi di essere votati) a tutti i cittadini
italiani dell'Unione Europea.
Per quel che riguarda il secondo punto la legge prevede che non godono dell'elettorato attivo:
A. coloro che sono sottoposti a misure di prevenzione personale;
B. coloro che sono sottoposti a misure di sicurezza detentive, alla libertà vigilata o al divieto di
soggiorno;
C. coloro che sono stati condannati all'interdizione perpetua o temporanea dai pubblici u ci.
Il riferimento del comma 2 dell’art.48 all’esercizio del voto come dovere civico è il frutto del
compromesso che permise di superare una delle contese più aspre durante il dibattito costituente
sulla materia elettorale. Si disputava tra chi concepiva il voto come un diritto individuale e chi lo
concepiva come una funzione e dunque un dovere il cui mancato adempimento avrebbe
comportato sanzioni.
In ne, con il comma 3 dell’art.48, si è voluto demandare alla legge una disciplina speciale per i
cittadini italiani residenti all’estero. Questi ovviamente hanno sempre goduto del diritto di voto
ma la distanza dall'Italia rendeva oneroso il suo esercizio, dovendo tornare nel comune di
iscrizione nelle liste elettorali. L'unica soluzione è apparsa il voto per corrispondenza, il quale
tuttavia, non può assicurare interamente la personalità del su ragio. È stato poi a rontato il
problema di come garantire l'esercizio del diritto di voto anche ai cittadini temporaneamente
all'estero. La l. 52/2015 ha esteso la possibilità di votare per corrispondenza a tutti i cittadini che
si trovano, per un periodo di almeno tre mesi, in un paese estero per motivi di lavoro, studio o
cure mediche.
Il fenomeno elettorale è un fenomeno imponente anche nella sua dimensione quantitativa, oltre a
essere qualitativamente decisivo per un ordinamento fondato sulla sovranità popolare. Ad esso è
consacrato un complesso normativo altrettanto imponente che costituisce nel suo insieme la
legislazione elettorale, della quale il sistema elettorale è solo una parte.
Quando si tratta di eleggere un organo collegiale, si può immaginare una formula che permetta
una parte sola di vincere: ad esempio, si fanno votare liste di candidati e quella che tiene più voti
elegge l'intero organo. Ma ciò andrebbe contro il principio del pluralismo che caratterizza lo Stato
liberal-democratico. Al contrario, ci si attende che l'organo collegiale sia rappresentativo della
collettività. In altre parole, si cerca di fare in modo che non tutti gli eletti appartengono allo stesso
partito.
Le formule maggioritarie sono quelle per le quali chi prende più voti conquista l'intera posta in
palio, che si tratti di un solo seggio o di più seggi.
In genere i fautori delle formule maggioritarie ritengono che queste favoriscano l'individuazione di
un partito o di una coalizione vincente e quindi di una maggioranza chiara, mentre secondo i
critici ciò non avviene sempre, e comunque avviene a spese della rappresentatività. Viceversa i
fautori delle formule proporzionali ritengono che solo queste permettano la formazione di
assemblee fedelmente rappresentative, mentre secondo i critici ciò si traduce in assemblee
frammentate e incapaci di garantire il necessario sostegno al governo.
5. Le elezioni parlamentari
Le formule elettorali con le quali sono eletti i deputati e i senatori del nostro Parlamento hanno
dunque un carattere misto: su una base rigorosamente proporzionale, si innesca
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(all'occorrenza) un premio: ripartiti i seggi proporzionalmente, si veri ca che chi vince ne abbia
ottenuto un numero minimo; se così non è, si attribuisce a chi vince comunque un certo numero
di seggi garantito, alterando cosi la proporzionale attribuzione di essi.
I seggi da assegnare sono suddivisi in base territoriale: 617 seggi alla Camera sono ripartiti in 26
circoscrizioni regionali o sub regionali. Il riparto tra circoscrizioni e regioni avviene in base al
numero degli abitanti, quali risultano dal più recente censimento. Al Senato, però,
indipendentemente dalla popolazione, si assegnano a ciascuna regione almeno sette senatori
(salvo Molise e Valle d'Aosta che ne hanno rispettivamente due e uno).
• Ciascuna forza politica può decidere di collegarsi in coalizione con una o più altre forze; se più
liste si collegano, esse devono presentare un unico programma e un unico capo della
coalizione;
• Le liste sono formate da un numero di candidati non superiore al totale dei seggi attribuiti a
ciascuna circoscrizione e non inferiore ad 1/3 di essi;
• Sulla scheda per la Camera e su quella per il Senato compaiono esclusivamente i simboli delle
forze politiche che presentano le liste dei candidati, mentre i nomi di essi compaiono sui
manifesti a ssi in ogni seggio elettorale;
• È possibile essere candidati alternativamente o alla Camera o al Senato, ma posto questo limite
si può essere candidati anche in tutte le circoscrizioni per la Camera o in tutte le regioni per il
Senato; ciò permette di avere gli stessi leader dappertutto e un controllo successivo degli eletti;
• La proclamazione degli eletti avviene sulla base di liste bloccate: per ciascuna lista, vengono
eletti e proclamati tanti candidati quanti ad essa spettano.
Alla Camera:
• Si determinano i voti che ciascuna lista e ciascuna coalizione di liste consegue sull'intero
territorio nazionale: vengono sommati i voti ottenuti in tutte le circoscrizioni e quelli ottenuti
dall'insieme di liste collegate in ogni coalizione; è a questo punto che si tiene conto delle soglie
di sbarramento, il mancato superamento delle quali determina la non partecipazione al riparto
dei seggi (4% se non coalizzate e 2% se coalizzate);
• Si procede quindi ad una prima ripartizione proporzionale dei seggi fra le coalizioni e le liste
singole che hanno superato le soglie, appurando se una coalizione o una singola lista ha
ottenuto almeno 340 seggi; se l'esito è positivo i seggi sono poi ripartiti anche alle coalizioni che
hanno superato il 2%;
• Se l'esito è negativo si procede a due distinte ripartizioni: alla coalizione o lista singola che ha
avuto più voti su base nazionale, si attribuiscono comunque 340 seggi, sottraendo i seggi
mancanti alle coalizioni o liste singole “perdenti";
• Si stabilisce così quanti seggi spettano complessivamente a ciascuna lista coalizzata o non
avente diritto a partecipare al riparto; dopodiché si stabilisce in quale circoscrizione a ciascuna
lista spettano i seggi conquistati.
Al Senato:
• Si applica la stessa formula della Camera, ma su base regionale e con soglie di sbarramento
diverse: 20% per le coalizioni, 8% per le liste non coalizzate e 3% per quelle coalizzate;
• In ciascuna regione si veri ca se una coalizione di liste o una singola lista ha avuto un numero di
seggi pari al 55% di quelli da assegnare in tutta la regione;
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• In Molise i seggi costituzionalmente previsti sono solo due e quindi ci si a erma alla prima
ripartizione proporzionale;
• In altre due regioni si applicano formule diverse: In Trentino Alto Adige i seggi sono assegnati
sulla base di sei collegi uninominali con la formula maggioritaria; un settimo seggio è assegnato
con il recupero dei voti non utilizzati nei collegi; In Valle d'Aosta, come alla Camera, il seggio è
uno solo, quindi maggioritario.
La formula elettorale vigente, applicata per la prima volta nel 2006, punta a favorire una
competizione bipolare, ma non necessariamente bipartitica. In altre parole, il meccanismo dei
premi cerca di conciliare governabilità e rappresentatività. Molto però dipende da come i partiti lo
interpretano, cioè dal modo in cui si presentano alle elezioni.
6. Le elezioni regionali
La competenza in materia di sistema elettorale delle regioni a statuto ordinario spetta alla legge
regionale, nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalla legge dello Stato. La legge statale di
principio prescrive alle regioni:
• L'individuazione di un sistema elettorale che agevoli la formazione di stabili maggioranze nel
consiglio regionale, assicurando la rappresentanza delle minoranze;
• La contestualità dell'elezione del presidente della giunta e del consiglio;
• La promozione della parità di genere nelle candidature per il consiglio con speci che
disposizioni.
Tutte le leggi elettorali adottate dalle regioni rispecchiano la logica di fondo della preesistente
disciplina statale. Essa prevedeva l'elezione diretta del presidente della giunta regionale in un solo
turno, abbinata all'elezione del consiglio garantendo l'attribuzione per legge della maggioranza
consiliare alle forze politiche presentatesi a sostegno del candidato presidente risultato vincitore.
Le leggi elettorali regionali hanno introdotto alcune limitate varianti relative ai seguenti aspetti: le
modalità di assegnazione del premio e di individuazione degli eletti in più per le liste collegate al
presidente eletto; l'innalzamento della soglia di sbarramento; la possibilità di voto disgiunto, cioè
di votare un candidato presidente è una lista adesso non collegata, abolita da alcune regioni.
In nessuna regione e prevista una soglia minima per ottenere il premio di maggioranza. Le leggi
elettorali delle regioni ordinarie possono essere de nite majority-assuring. Per quanto riguarda le
regioni a statuto speciale esse hanno sempre avuto competenza propria in materia di elezione dei
consigli regionali e anche di elezione del presidente della regione.
7. Le elezioni comunali
La legislazione elettorale degli enti locali e materie di competenza esclusiva dello Stato. La
disciplina delle elezioni comunali si ritrova nel testo unico sull'ordinamento degli enti locali. Essa è
caratterizzata dall'elezione diretta del sindaco che venne introdotta nel 1993.
• facoltà per l'elettore di votare: solo per un candidato sindaco; per il sindaco e per una delle
liste collegate; solo per la lista; per un candidato sindaco e per una lista non collegata (voto
disgiunto): al voto di lista si può aggiungere il voto di preferenza per uno o anche due candidati
compresi nella lista prescelta;
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• per essere eletto sindaco occorre conseguire la maggioranza assoluta dei voti validi; se ciò
non accade, si ricorre a un secondo turno di ballottaggio tra i due candidati più votati;
• il sindaco eletto garantisce alle liste collegate una maggioranza del 60% dei seggi consiliari,
mentre il resto dei seggi va alle minoranze; i seggi sono ripartiti in proporzione ai voti ottenuti
dalle liste all'interno delle due quote di maggioranza e di minoranza con la formula del divisore
d'Hondt.
Nei comuni minori: ciascun candidato sindaco è collegato a una lista sola; si vota in un solo turno;
il candidato che prende più voti è eletto e ciò comporta l'elezione di due terzi dei consiglieri tra i
candidati della sua lista; i restanti seggi sono ripartiti proporzionalmente tra le altre liste; c'è il voto
di preferenza.
Quanto alle circoscrizioni, solo nei comuni molto grandi, le modalità di elezione dei relativi organi
sono a date dalla legge allo statuto del Comune e ad apposito regolamento comunale.
8. Le elezioni europee
La legge elettorale italiana per il Parlamento europeo è la meno recente fra le leggi elettorali
vigenti nel nostro ordinamento ed è quella che più si avvicinava a una legge elettorale pura,
nché nel 2009 è stato introdotto uno sbarramento in base al quale le liste che non conseguono,
sul piano nazionale, almeno il 4% dei voti espressi non partecipano al riparto dei seggi.
• In ordine alla gestione delle diverse fasi del procedimento elettorale, essa è a data in parte al
ministero dell'interno, in parte i comuni, in parte a organi istituiti di volta in volta.
La caratteristica di tutti i referendum è che sono giochi a somma zero, nel senso che la volontà di
coloro che prevalgono diventa la volontà del popolo senza mediazioni. È un procedimento
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decisionale che non ammette compromessi e vie di mezzo ed è particolarmente approprio
quando si impongono scelte nette. La Costituzione prevede due principali tipi di referendum in
ambito nazionale, più altri di portata e oggetto limitati che coinvolgono solo parte del corpo
elettorale:
• Referendum regionali e locali: referendum previsti a livello di regioni ed enti locali, disciplinati
dai rispettivi statuti. I referendum regionali debbono avere ad oggetto leggi e provvedimenti
amministrativi della regione; i referendum locali materie di esclusiva competenza locale.
• Altri referendum: un singolare referendum che può essere de nito di indirizzo si tenne nel 1989
in occasione delle elezioni europei: oggetto fu il conferimento al parlamento europeo di un
mandato costituente. Non previsto dalla costituzione, fu necessario varare una legge
costituzionale introduttiva di tale consultazione una tantum. Si espresse a favore l'88% degli
elettori, ma senza conseguenze concrete.
Il quadro sintetico degli aspetti giuridici che emerge da una prassi così ricca è:
• La disputa ricorrente intorno all'ammissibilità delle richieste referendarie;
• La questione dei vincoli i determinati dalla decisione referendaria nei confronti del legislatore
a nché rispetti l'esito del referendum, palesemente disatteso in alcuni casi;
• La questione della legittimità di referendum aventi natura formalmente abrogativa ma di fatto
propositiva;
• L'opportunità di aggiornare l'istituto sotto diversi pro li:
- La successione temporale del provvedimento;
- Il numero delle rme richieste (da alcuni considerato eccessivo, da altri troppo basso);
- L'introduzione di un tetto al numero di richieste che si possono sottoporre al voto nella
stessa tornata;
- L'eliminazione o la riduzione del quorum strutturale.
12. Il popolo che partecipa: i partiti
I cittadini hanno a disposizione altri strumenti per concorrere a in uenzare le scelte collettive: i
partiti politici. Il partito moderno è sorto negli ultimi anni dell'Ottocento (partecipazione politica
riservata a ceti ristretti) e si è a ermato nelle forme del partito di massa (in grado di mobilitare
moltissimi cittadini) all'inizio del Novecento; ne fu il modello il partito socialdemocratico
tedesco.
I partiti conobbero, anche in Italia, una prima fase in cui furono controllati o semplicemente
tollerati come un male inevitabile, e una seconda in cui divennero strumento per impadronirsi
dello stato ed imporre un indirizzo unico all'intero ordinamento (organizzazione totalitaria del
potere fascista). La ne del fascismo comportò l'immediato ritorno al pluralismo politico. La loro
natura giuridica, nel nostro ordinamento, è del tutto peculiare: espressione della società (sono una
delle formazioni sociali tutelate dall'art.2 Cost.), sono più di una semplice associazione di fatto e
ricoprono un ruolo rilevante ai ni della funzionalità stessa dell'ordinamento costituzionale.
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L'art. 49 Cost. ha come destinatari i cittadini e riconosce ad essi il diritto "ad associarsi
liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica
nazionale". Di questa formulazione vanno messi in evidenza due aspetti:
1. Secondo la Costituzione non sono i partiti a determinare la politica nazionale, ma sono i
cittadini che partecipano, tutti insieme, a questa funzione sovrana di indirizzo, avendo il
diritto di avvalersi anche dello strumento speci co dell'organizzazione libera in partiti;
2. Questo concorso deve avvenire con metodo democratico.
Il fatto che i partiti siano garantiti dalla Costituzione nella prospettiva del diritto dei cittadini ad
associarsi e vadano considerati "organizzazioni proprie della società civile" è stato espressamente
ribadito dalla Corte Costituzionale nell'ordinanza 79/2006. Il costituente volle richiamare
speci camente tale speciale forma associativa sia in considerazione del ruolo che i partiti avevano
assunto nella rinascita del Secondo dopoguerra si nella prospettiva di attribuire ad essi un ruolo
istituzionale. Ma su questo aspetto non ci fu intesa: tutti erano d'accordo sul ruolo del partito, ma
non sul sottoporlo a vincoli e veri che al suo interno. Così, il dibattito ni sul vertere su come si
dovesse interpretare il riferimento al metodo democratico contenuto nel testo.
L'intenzione del costituente era che con quest'espressione ci si riferisse ai rapporti fra i partiti,
cioè al carattere di leale competizione per il consenso degli elettori che la lotta politica avrebbe
dovuto avere. La scelta di non sottoporre a sindacato i ni del partito politico distingue, inoltre, il
nostro ordinamento dagli altri, nei quali si è compiuta la scelta di dare vita ad una democrazia
protetta (cosi chiamata perché prevede anche istituti non coerenti con i principi della democrazia
liberale). Nell'ordinamento italiano vi è una sola eccezione che riguarda il divieto di
riorganizzazione del partito fascista. Tranne casi eccezionali, gli interna corporis dei partiti sono
sempre stati tutelati, mentre alcune blande forme di controllo strettamente nanziario sono state
introdotte quale corrispettivo delle diverse forme di nanziamento dell'attività dei partiti, che dal
1974 si sono succedute e che sono state oggetto di più referendum.
Ai ni dei rimborsi elettorali sono stati istituiti quattro fondi (per l'elezione della Camera, del
senato, dei consigli regionali e del Parlamento europeo) e l'ammontare di ciascuno è pari a un
euro moltiplicato per il numero dei cittadini iscritti nelle liste elettorali della Camera (dal 2008 sono
stati, però, ridotti del 10% ed è prevista un'ulteriore diminuzione del 20%). La legge prevede
rimborsi anche ai comitati promotori di referendum e altre leggi che disciplinano il nanziamento
della stampa di partito.
Altro aspetto cruciale dell'organizzazione partitica è stato a lungo il rapporto fra partito e
gruppo parlamentare. Nel nostro ordinamento costituzionale, il partito politico si è a ermato
nella società e poi nelle istituzioni. La sua presa su di esse è stata nel Secondo dopoguerra
fortissima, penetrante e invasiva in tutti gli ambiti decisionali ad ogni livello di governo e, non a
caso, si è parlato di partitocrazia.
• Più rilevante è l'iniziativa legislativa popolare, ex art. 71.2 Cost., il quale prevede che 50.000
elettori possano presentare un progetto di legge redatto in articoli ad una delle due Camere. Il
procedimento è disciplinato dalla legge sui referendum. La camera cui la proposta è presentata
provvede a veri care le rme ed accertare la regolarità della richiesta. Le modalità di raccolte
delle sottoscrizioni sono in tutto analoghe a quelle previste per le richieste referendarie. I
regolamenti parlamentari prevedono che quelli di iniziativa popolare non decadano a ne
legislatura e, pertanto, non debbano essere ripresentati. Ciò non impedisce che la loro in uenza
sia stata limitata. Una sola misura legislativa di rilievo può considerarsi e ettivamente imposta
tramite il ricorso a questo istituto.
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Cap.9- Il Parlamento
1. Alle origini dei Parlamenti
I parlamenti contemporanei sono organi elettivi che esercitano una molteplicità di funzioni, tutte
legate alla loro natura politico-rappresentativa.
I primi parlamenti erano riunioni di baroni e nobili, che il monarca convocava a parlamento: per
consultarli, chiedere loro risorse. Si trattava di incontri occasionali, senza periodicità né durata
de nite e senza garanzie per chi vi partecipava.
La trasformazione delle assemblee medievali avvenne in Inghilterra e durò vari secoli. Essa fu
segnata dalla successiva conquista:
• di guarentigie per i membri dell’assemblea;
• del potere di liberarsi dei funzionari regi colpevoli di qualche misfatto ai loro danni;
• del diritto di essere convocati periodicamente e di autoconvocarsi;
• del potere di decidere quali materie trattare.
Dal momento in cui il parlamento inglese conquistò il potere di stabilire l’ordine di successione al
trono può farsi risalire la nascita del parlamento moderno che si proclamava sovrano. Era diviso
in due camere, assumendo carattere bicamerale: da una parte i conti, i vescovi e i titolari di
antiche baronie ; dall’altra i rappresentanti eletti delle città e poi della borghesia.
Nel corso del settecento il parlamento inglese a ermò a poco a poco un suo potere
fondamentale: quello di in uire sulla scelta, da parte del re, dei ministri e in particolare del Primo
Ministro.
Con il riconoscimento del diritto di voto a tutti cittadini i parlamenti diventarono assemblee
espressione dell’intera società e crocevia istituzionale dello Stato democratico di derivazione
liberale. Nello stesso periodo nasceva il partito politico di massa, che avrebbe profondamente
caratterizzato tutto il secolo scorso.
Il regime monarchico costituzionale, dopo la lunga fase dualista, diventa regime parlamentare di
tipo monista: perché l’esecutivo dipendeva ormai dal rapporto duciario instaurato col
parlamento.
Il su ragio universale, la democrazia delle istituzioni, il ruolo assunto dei partiti politici, tuttavia,
nirono col ridimensionare il ruolo delle assemblee rappresentative e la loro capacità di decidere
davvero le sorti dei governi.
In questo modo il governo diventò il comitato direttivo in grado di guidare l’attività del parlamento:
stabiliva che cosa dovesse fare, dettandone l’ordine del giorno, imponendo le proprie. Poste
permettendo i parlamentari della sua maggioranza tutt’al più di integrarle o correggerle.
Durante il fascismo il parlamento conobbe prima l’asservimento al capo del governo e al partito
unico, poi la trasformazione della camera dei deputati in camera dei fasci e delle corporazioni.
Il regime fascista ri utava l’idea stessa che le istituzioni rispecchiassero il pluralismo.
L’elettorato attivo è composto per la Camera da tutti i cittadini che abbiano compiuto i 18 anni
d’età, per il Senato è formato da tutti i cittadini con almeno 25 anni d’età; l’elettorato passivo è
formato per la Camera da tutti i cittadini che hanno compiuto 25 anni d’età, mentre per il Senato è
formato da tutti i cittadini con almeno 40 anni d’età e che non siano incorsi in una limitazione del
diritto di voto.
4. La durata in carica
Le Camere restano in carica 5 anni e non possono essere prorogate se non per legge, nel solo
caso in cui il paese sia in stato di guerra. Il divieto di proroga risponde a una regola costante degli
ordinamenti rappresentativi: verrebbe eluso il principio cardine del periodico rinnovo delle cariche,
infatti, se gli organi rappresentativi potessero protrarre discrezionalmente il proprio mandato.
I poteri delle Camere, peraltro, sono prorogati no al momento in cui non si riuniscono le nuove
Camere: e ciò all’ovvio scopo di far si che sia in ogni caso garantita la continuità dell’esercizio
delle funzioni parlamentari.
Il Parlamento in seduta comune è presieduto dal presidente della Camera che indice le elezioni
del nuovo Presidente della Repubblica. Ciò non comporta preminenza di un ramo del Parlamento
sull’altro, ma risponde alla volontà del costituente di sottolineare l’equilibrio fra i due organi, stante
il fatto che il supplente del Presidente della Repubblica è il presidente del Senato.
Le regole fondamentali di tale diritto sono stabilite dalla Costituzione e sono le seguenti:
o Ciascuna camera elegge tra i suoi componenti presidente ed u cio di presidenza;
o Ciascuna camera adotta il proprio regolamento e lo fa a maggioranza assoluta dei propri
componenti: si garantisce così l’autonomia della Camera dei Deputati nei confronti del Senato e
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viceversa e si sottolinea l’opportunità che le regole parlamentari siano condivise da un numero di
deputati o senatori più ampio di quello richiesto per le decisioni ordinarie.
Le sedute sono sempre pubbliche, a meno che non sia deliberata la seduta segreta; le sedute
segrete sono nella prassi rarissime dal momento che la pubblicità è connaturata al ruolo stesso
delle assemblee rappresentative. Le decisioni sono, di norma, assunte con il voto favorevole della
maggioranza dei presenti (quorum funzionale) purchè sia presente la maggioranza dei componenti
di ciascuna assemblea (quorum strutturale o numero legale). Il numero legale è particolarmente
elevato: la metà più uno dei componenti, salvo congedi autorizzati. Quando esso manca, le
deliberazioni non sono valide.
Il quorum funzionale per l’approvazione di una proposta è quello della maggioranza semplice,
costituita dalla metà più uno di coloro che votano, salvo che la Costituzione preveda una
maggioranza quali cata.
La più piccola delle maggioranze quali cate è quella assoluta, costituita dalla metà più uno di
coloro che compongono il collegio. I componenti del governo hanno diritto di assistere alle sedute
e di essere ascoltati ogni volta che lo richiedano; hanno altresì l’obbligo di farlo se richiesti,
secondo le regole classiche dei regimi parlamentari fondati sul rapporto duciario.
• La conferenza dei presidenti dei gruppi assiste il presidente in relazione a tutto ciò che
riguarda lo svolgimento dei lavori dell’aula e delle commissioni. È composta dai presidenti di tutti i
gruppi parlamentari e il governo può sempre inviarvi un proprio rappresentante. La conferenza
delibera all’unanimità al Senato e a maggioranza quali cata dei tre quarti alla Camera. Nel caso in
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cui non sia in grado di decidere, provvede da solo il presidente, il quale deve però tenere conto di
ciò che propongono il governo e la maggioranza, riservando nel contempo una quota di tempo a
ciò che chiedono i gruppi di opposizione.
• Alcuni organi collegiali svolgono funzioni speci che: la giunta per il regolamento dà pareri al
presidente quando si tratta di interpretare il regolamento e assolve a un fondamentale ruolo di
proposta ai ni della sua modi ca; la giunta delle elezioni svolge il lavoro istruttorio nei confronti
dell’aula in ordine alle contestazioni contro la regolarità delle elezioni e alla veri ca dei titoli e delle
cause di ineleggibilità e incompatibilità degli eletti; la giunta delle autorizzazioni a procedere
riferisce in ordine all’applicazione dell’art. 68 Cost. quando l’autorità giudiziaria richieda
provvedimenti nei confronti di parlamentari; al senato vi è un’unica giunta delle elezioni e delle
immunità; in ne solo alla Camera, un comitato per la legislazione a composizione paritetica ha il
compito di esprimere pareri in ordine alla qualità, omogeneità, semplicità e chiarezza delle
proposte in esame.
• Ciascuna camera può inoltre istituire commissioni speciali o ad hoc con compiti speci ci,
prassi un tempo seguita per istituire progetti particolarmente complessi. Ciascuna camera può
altresì istituire commissioni di inchiesta.
• Hanno caratteri diversi dagli altri organi descritti, ma un ruolo determinante per lo stesso modo
di essere dei parlamenti contemporanei, i gruppi parlamentari. Nati nel Parlamento italiano nel
1920, sono espressamente richiamati in Costituzione; essi sono lo strumento di organizzazione
della presenza dei partiti politici all’interno delle Camere e gli eletti devono dichiarare a quale
gruppo appartengono.
Nel primo caso ci si riferisce a quei poteri che un organo ha dovere di esercitare in vista del
soddisfacimento di interessi di terzi o dell’intera collettività. Con questa accezione la Costituzione
a da alle Camere l’esercizio della funzione legislativa alla quale dedica 13 articoli del titolo sul
Parlamento.
Nel secondo caso ci si riferisce più genericamente al ruolo che l’organo assume nell’ordinamento
costituzionale, derivante dal complesso di poteri che gli sono attribuiti. Compiti del Parlamento in
seduta comune a parte, altre non meno rilevanti funzioni derivano dal rapporto duciario e da tutti
i poteri che le Camere possono esercitare e tutte le facoltà di cui si possono avvalere, in base alla
Costituzione e ai loro regolamenti. Si parla così di funzione di indirizzo, di controllo e di
informazione.
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10. Il procedimento legislativo
• Iniziativa. Titolari del potere sono il governo, ciascun consiglio regionale, il Consiglio nazionale
dell’economia e del lavoro, il popolo mediante proposta di 50.000 elettori e ciascun membro del
Parlamento. Mentre i parlamentari possono presentare proposte alla sola camera di
appartenenza, gli altri titolari dell’iniziativa hanno facoltà di scelta senza alcuna limitazione.
• Procedimenti legislativi speciali. Procedimenti legislativi diversi da quelli nei seguenti casi:
esame dei disegni di legge di conversione di decreti legge; esame dei progetti di legge
costituzionale; esame del disegno di legge di bilancio; esame del disegno di legge di
delegazione europea e del disegno di legge europea.
Nella Costituzione italiana è l’articolo 81 che detta le disposizioni in materia di bilancio: stabilisce
il principio dell’equilibrio delle entrate e delle spese in funzione delle fasi del ciclo economico e
limita il ricorso all’indebitamento. In ne l’articolo 81 riserva a un’apposita fonte specializzata il
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contenuto della legge di bilancio le norme fondamentali per assicurare l’equilibrio tra entrate e
spese e la sostenibilità del debito pubblico.
Organismo indipendente di controllo sui conti pubblici, collocato presso le camere, è l’u cio
parlamentare di bilancio. La sua funzione è quella di fornire analisi e veri che sulle previsioni
macroeconomiche, sugli andamenti di nanza pubblica e sull’osservanza delle regole di bilancio
nazionali ed europei.
Si è arrivati con la legge 24 dicembre 2012, numero 234, a una complessiva riforma delle norme
generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle
politiche dell’unione europea. La legge ha istituito, al posto della legge comunitaria, due distinti
strumenti legislativi: la legge di delegazione europea e la legge europea.
Ogni decisione parlamentare risponde a un certo indirizzo. I principali sono quelli che riguardano
il rapporto duciario: il dibattito e la votazione sulla mozione di ducia al nuovo governo; i dibattiti
e le votazioni sulle eventuali questioni di ducia posta dal governo; i dibattiti e le votazioni sulle
eventuali mozioni di s ducia presentata dall’opposizione.
Le camere utilizzano altri strumenti allo scopo di speci care e integrare l’indirizzo politico
generale: sono le mozioni, le risoluzioni e gli ordini del giorno di istruzione al governo.
La risoluzione alle stesse nalità della mozione, ma ciò che cambia sono le circostanze in cui può
essere presentata: come atto di indirizzo che conclude un dibattito, ad esempio originato da
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comunicazioni del governo, ovvero come tipico atto di indirizzo che può essere presentato e
votato in commissione.
Gli ordini del giorno di istruzione al governo sono presentati nel corso dell’esame di un
progetto di legge o anche di una mozione e costituiscono certamente l’atto di indirizzo più
blando. Tale atto spesso traduce, con l’assenso del governo, emendamenti che non siano stati da
questo accettati, una sorta di promessa a futura memoria.
È chiaro che i margini entro cui ciascuna camera può muoversi nell’integrare l’indirizzo politico
generale sono nella realtà circoscritti dai termini del rapporto tra governo e maggioranza.
Quando ciascuna camera decide ex art. 66 Cost. sulle contestazioni relative al procedimento
elettorale, svolge una funzione di tipo giurisdizionale.
Ciascuna Camera esercita la autodichia, cioè la giurisdizione domestica sui ricorsi contro i
provvedimenti in materia di personale adottati dagli u ci di presidenza. Tali ricorsi sono decisi da
organi interni, escludendo anche in questo caso la competenza del giudice comune.
Alla camera il contingentamento non si applica ai disegni di legge di conversione di decreti legge.
Ciò ha indotto la presidenza dell’assemblea ad a ermare il proprio dovere di passare direttamente
alla votazione nale, indipendentemente dalla conclusione delle precedenti fasi d’esame, così da
garantire la decisione nei termini previsti dalla Costituzione: la cosiddetta ghigliottina, mentre al
Senato essa è espressamente prevista dal regolamento. Da quando il contingentamento è
diventato ormai norma, i calendari trovano per lo più attuazione. Ne deriva naturalmente un
rilevante vantaggio per la funzionalità delle assemblee e, di conseguenza, per il governo e la sua
maggioranza.
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Modalità di votazione: la riforma dei regolamenti del 1988 ridimensionò drasticamente l’ambito di
applicazione, un tempo generalizzato, dal voto segreto.
Oggi la stragrande maggioranza delle votazioni avviene a scrutinio palese, quasi sempre
mediante procedimento elettronico, con registrazione di come ciascun parlamentare ha votato.
Ciò rende impossibili imboscate al governo da parte di parlamentari della sua stessa maggioranza
e obbliga i singoli e gruppi ad assumersi apertamente le proprie responsabilità.
Si deve aggiungere che il Parlamento italiano non funziona come quelli delle democrazie
parlamentari più consolidate. Chi è all’opposizione tende con frequenza a far ricorso
all’ostruzionismo. È una pratica che appartiene alla tradizione delle assemblee rappresentative.
Nelle più recente prassi italiana si fa ostruzionismo nella convinzione che compito
dell’opposizione non sia tanto presentare all’opinione pubblica soluzioni diverse e un indirizzo
politico alternativo alla maggioranza, quanto ostacolare il governo nel perseguimento del
programma sul quale pure ha ricevuto la ducia delle Camere.
A tal ne si fa largo uso, ad esempio, della possibilità di presentare centinaia e addirittura migliaia
di emendamenti. Altro espediente ostruzionistico è quello di sollecitare continue veri che del
numero legale. Come si può intuire, l’ostruzionismo è usato soprattutto per ottenere l’attenzione
dei mezzi di informazione.
Sono poi i regolamenti parlamentari a disciplinare aspetti importanti del rapporto duciario, a
partire da un istituto tipico del governo parlamentare, che in costituzione non trova disciplina: la
questione di ducia (consiste nell’annuncio formale fatto dal governo, nell’imminenza di una
qualsiasi votazione parlamentare, che esso la considera tanto rilevante ai ni del proprio indirizzo
che si dimetterà nel caso in cui l’assemblea si pronunci negativamente.).
Oggi il governo può, direttamente o attraverso i gruppi di maggioranza, determinare gran parte
dell’agenda parlamentare; può ragionevolmente contare, grazie al contingentamento dei tempi,
sul fatto che tale agenda sia in linea di massima portata a compimento; può veri care giorno per
giorno la compattezza della sua maggioranza grazie al fatto che quasi tutte le votazioni sono a
scrutinio palese; può porre la questione di ducia con minori vincoli rispetto al passato; può
meglio difendere il contenuto delle proprie proposte per le limitazioni che sono state introdotte
alla facoltà di proporre o votare emendamenti.
Da occasionale la posizione della ducia è divenuta uno strumento di uso costante. Inoltre, il suo
uso abbinato ai cosiddetti maxi-emendamenti ha nito con l’attribuire al governo una specie di
voto bloccato. Infatti, la votazione sulla questione di ducia ha la priorità rispetto al voto su
tutti gli altri emendamenti, i quali decadono automaticamente.
La prassi dei maxi-emendamenti è criticata anche alla luce dell’art. 72. 1 della costituzione, che
prescrive l’approvazione articolo per articolo. È vero comunque che, il più delle volte, il maxi-
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emendamento del governo recepisce le modi che già discusse e approvate in commissione nel
corso dell’esame in sede referente.
In conclusione si può dire che il governo, ha nella questione di ducia lo strumento più e cace
per fare approvare le sue iniziative legislative.
• Magistratura. Il parlamento elegge un terzo dei componenti del consiglio superiore della
magistratura. Ciascuna camera è chiamata a decidere sulle elezioni di insindacabilità delle
opinioni espresse dai parlamentari nell’esercizio delle funzioni e sulle richieste di arresto o altri
provvedimenti restrittivi della libertà personale, di persecuzione domiciliare ed intercettazione nei
confronti dei propri componenti.
• Unione europea. La produzione normativa dell’unione ha l’e etto sia di sottrarre ambiti di
competenza agli organi nazionali, innanzitutto al parlamento, sia di far discendere obblighi di
adeguamento della normativa interna. In entrambe le camere è istituita una commissione
permanente “politiche dell’unione europea” con compiti relativi: all’esame in sede referente della
legge di delegazione europea e della legge europea; all’esame in sede consultiva degli schemi di
atti del governo attuativi di direttive Ue e di tutti i progetti di legge per i pro li di compatibilità con
la normativa europea; all’esame in sede politica degli atti e dei progetti di atti dell’unione.
È inoltre prevista la possibilità per le camere di chiedere al governo di porre in sede di consiglio
dell’unione una riserva di esame parlamentare.Le nostre camere, in ne, possono esprimere un
parere nel caso in cui ritengano che un progetto legislativo dell’unione europea non sia conforme
al principio di sussidiarietà.
Capo dello stato era, per de nizione, il re, ma oggi non è più così, anche se le monarchie restano
numerose. In qualche raro caso il capo dello stato è un organo collegiale, come in Svizzera. Quasi
sempre, capo dello stato, è un organo monocratico, cioè costituito da una sola persona.
Esso può essere:
- Un monarca di estrazione ereditaria, cioè glio o glia di colui o di colei che è stato re o
regina, oppure titolare di un’altra carica nobiliare o altro titolo ancora.
Fino al 1875, in Europa (Svizzera a parte), esistevano solo monarchie. Ancora oggi, dei 27 stati
dell’Ue 7 sono monarchie (Belgio, Danimarca, Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna e Svezia). Ma, i
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capi di stato ereditari hanno da gran tempo perduto, in Europa, le loro attribuzioni di natura
politica, proprio perché mancano di legittimazione rappresentativa.
Lo stesso non si può dire dei capi di stato di derivazione direttamente o indirettamente
rappresentativa. In alcuni casi costoro sono espressamente dotati di importanti attribuzioni, in
quanto presidenti che sono titolari del potere esecutivo, oppure che lo sono in relazione a certe
materie.
In altri casi, titolari di poteri propri della tradizione delle monarchie costituzionali, i presidenti si
trovano talvolta a utilizzarli quando a ciò li inducano le circostanze politiche contingenti.
Per lo più, ciò non accade e il ruolo presidenziale assume le caratteristiche di mera
rappresentanza tipiche, oggi, dei capi di stato ereditari. Talvolta, è la costituzione stessa ad
a dare al presidente compiti di arbitro o di garante del funzionamento delle istituzioni, più spesso
invece, lo fa la prassi.
La durata della carica è di 7 anni, uguale a quella ssata dalle leggi costituzionali francesi del
1875 per il presidente della Terza repubblica. È una carica di notevole lunghezza e ciò lo svincola
dai legami politici immediati con l’organo che lo elegge: in nessun caso un presidente potrebbe
essere rieletto dalle medesime assemblee parlamentari e dai delegati dei medesimi consigli
regionali.
Il presidente gode di un assegno personale e di una dotazione nanziaria, entrambi ssati per
legge; inoltre, la l. 1077/1948 ha istituito un apparato amministrativo autonomo che risponde
direttamente al presidente, il segretario generale della presidenza della Repubblica. Tale
apparato consta di un segretario generale posto a capo di una struttura organizzata in servizi e
u ci di consiglieri nella quale lavorano circa 1900 persone. Quale che sia la ragione per la quale il
presidente non sia in grado di adempiere temporaneamente alle sue funzioni, l’esercizio di esse
passa al presidente del Senato della Repubblica: l’istituto viene chiamato supplenza.
Per il corollario dell’art. 89. Cost., gli atti del presidente non sono riconosciuti come validi se non
sono contro rmati da un componente del governo. La contro rma è, nelle origini, istituto
monarchico corrispettivo dell’inviolabilità della gura del sovrano. Ora, l’art. 89 Cost. fa riferimento
alla necessaria contro rma dei ministri proponenti che ne assumono la responsabilità. Questo
riferimento ai ministri proponenti sembra indicare che non si tratti di atti propri del presidente. Sta
di fatto che la previsione dell’obbligo di contro rma per tutti gli atti del presidente spiega perché
da oltre sessant’anni si disputa intorno al carattere sostanziale o meramente formale di molti dei
suoi poteri.
Sulla base di un riparto puramente funzionale, i poteri che la Costituzione attribuisce al presidente
della Repubblica sono:
Non è di cile riconoscere una serie di attribuzioni che sono dirette glie delle prerogative regie;
altre che si sono trasformate e che comunque assumono nel contesto repubblicano un signi cato
diverso, altre ancora che non esistevano nell’ordinamento statutario.
Vi sono poi anche alcuni atti che si ritiene il presidente possa compiere anche senza contro rma:
può dimettersi, fare dichiarazioni informali in pubbliche occasioni, senza impegnare le istituzioni
che rappresenta ma come semplice manifestazione di personali opinioni (esternazioni), egli inoltre
esercita le funzioni di presidente degli organi collegiali su indicati; conferisce l’incarico di formare il
governo.
Vi sono attribuzioni il cui esercizio è in qualche caso formalmente, in diversi casi sostanzialmente,
obbligato (es: promulgazione della legge riapprovata dalle Camere), altre attribuzioni che
certamente riservano al presidente della Repubblica uno spazio di valutazione discrezionale (es:
rinvio alle Camere di una legge da esse approvata). E, in ne, attribuzioni che si possono de nire
di altissima valenza politica, in grado di in uenzare se non condizionare il circuito dell’indirizzo
politico che un regime parlamentare si snoda dal corpo elettorale al Parlamento al governo, per
tornare poi al corpo elettorale.
L’iniziativa della grazia spetta sia al ministro sia allo stesso presidente. Tuttavia la necessità della
contro rma ha permesso al ministro di bloccare il provvedimento nel caso in cui non lo
condividesse. Dalla riforma del codice di procedura penale del 1989, le grazie concesse si sono
drasticamente ridotte a poche decine l’anno.
È invece paci co che il presidente risponda come ogni altro cittadino per tutte le azioni compiute
fuori dall’esercizio delle sue funzioni, cioè tutte quelle che non hanno nulla a che vedere con il suo
incarico istituzionale e che potrebbe compiere come qualsiasi altra persona.
Il procedimento per far valere la responsabilità del capo dello Stato per alto tradimento e attentato
alla Costituzione si articola in due fasi:
1. La prima, intrinsecamente politica, è la messa in stato di accusa da parte del Parlamento in
seduta comune con voto a maggioranza assoluta;
2. La seconda, di carattere giurisdizionale, è il giudizio della Corte costituzionale: in questo
caso integrata da 16 componenti estratti da un elenco di 45 nomi compilato dallo stesso
Parlamento in seduta comune ogni nove anni (art. 135.7 Cost.), il che indica l’intenzione del
costituente di assicurare un giudizio che tenga comunque conto della valenza politica di casi del
genere, ma nel quale i giudici siano predeterminati.
2. Attraverso la fase istruttoria, si acquisiscono tutti gli elementi di prova ritenuti utili per la
decisione. Successivamente si apre il dibattimento, durante le quali le parti in contraddittorio tra
loro, discutono sulle risultanze dell’istruttoria e fanno le loro richieste. In ne la Corte si riunisce in
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camera di consiglio per la decisione nale, che potrà essere di assoluzione o condanna. In caso di
condanna, potranno essere applicate le pene no alla misura massima prevista dalla legislazione
vigente al momento della commissione dei fatti; inoltre potranno essere applicate le sanzioni civili,
amministrative e costituzionali (la destituzione) adeguate al caso.
La sentenza così emessa è de nitiva e non può essere impugnata in alcun modo, ad eccezione
delle ipotesi di revisione. I precedenti, in questa delicata materia, sono assai limitati.
È facile intendere che, regole di correttezza e di galateo costituzionale a parte, molto, se non
tutto, dipende dalla rispettiva forza politica del governo da una parte e del presidente dall’altra.
Il governo costituisce l’organo che più di ogni altro promuove, elabora, mette a punto e realizza le
politiche pubbliche.
• Il Presidente del Consiglio ha un compito di direzione della politica generale del governo, della
quale porta personale responsabilità politica. In particolare:
- Spetta a lui mantenere l’unità dell’indirizzo politico ed amministrativo;
- A tale ne può promuovere e coordinare l’attività di ministri;
- Il suo potere giuridico chiave è la proposta al presidente della Repubblica dei nomi dei ministri;
- Solo su sua iniziativa può essere posta la questione di ducia davanti alle Camere;
- Contro rma qualsiasi atto deliberato dal Consiglio e presenta alle Camere i disegni di legge
d’iniziativa governativa;
- Ha l’alta direzione e la responsabilità generale della politica dell’informazione per la sicurezza, ha
il potere di apporre il segreto di stato e nomina i direttori dei servizi di intelligence;
- Promuove e coordina l’azione del governo nei rapporti con i sistemi delle autonomie regionali e
locali;
- Promuove e coordina l’attività del governo nell’Unione europea.
Il presidente del Consiglio ha sede in Palazzo Chigi ed è dotato di una struttura composta di
numerosi dipartimenti, u ci e servizi e diverse migliaia di dipendenti e collaboratori. Questa
struttura ha il nome di presidenza del Consiglio, gode di autonomia contabile e organizzativa.
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• Il Consiglio dei ministri che determina la politica generale del governo e dirime eventuali
con itti di competenza tra i ministri. Il Consiglio decide:
- Di porre la questione di ducia in Parlamento;
- Sugli indirizzi di politica internazionale ed europea;
- Sulla presentazione dei disegni di legge e su tutti gli atti normativi;
- Sulle nomine al vertice di enti, istituti o aziende di competenza dell’amministrazione dello Stato;
- Sui ricorsi alla Corte costituzionale contro una legge regionale e sui con itti di attribuzione
contro un altro potere dello Stato o una regione;
- Sull’annullamento straordinario di atti amministrativi illegittimi.
• I singoli ministri costituiscono il vertice delle amministrazioni cui sono preposti. Essi rispondono
insieme degli atti del Consiglio dei ministri e degli atti dei rispettivi ministeri. Attualmente i
ministeri sono diventati 13, ma al momento della formazione del governo possono essere
nominati altri ministri i quali non siano a capo di alcun ministero. Sono questi i ministri senza
portafoglio: essi siedono peraltro a pieno titolo in Consiglio dei ministri al pari dei ministri che di
portafoglio sono dotati.
• La l.400/1988 prevede anche una serie di organi costituzionalmente non necessari che
integrano la composizione dell’organo complesso governo. Si tratta di:
- Uno o più vicepresidenti del Consiglio dei ministri ai quali il consiglio attribuisce la funzione di
supplenza in caso di assenza del presidente stesso;
- I sottosegretari di stato alla presidenza del Consiglio e a ciascun ministero, i quali hanno il
compito di coadiuvare il presidente o il ministro e, su sua delega, esercitare determinate funzioni
che a lui appartengono. Uno dei sottosegretari alla presidenza del Consiglio viene nominato
segretario del Consiglio dei ministri ed è responsabile del verbale.
- Su proposta del presidente del Consiglio, il Consiglio dei ministri può individuare non più di dieci
sottosegretari che assumono il titolo di viceministri, previo il conferimento di una delega su intero
settore di competenza del ministero cui sono assegnati.
Sono inoltre previsti comitati interministeriali istituiti per legge in determinati settori, la cui
composizione e le cui funzioni sono stabilite dalle leggi. Rispondono, invece, a scelte contingenti
del presidente del Consiglio i comitati di ministri che il Presidente può istituire per svolgere
compiti istruttore, fra questi il consiglio di gabinetto. Su proposta del presidente del Consiglio,
in ne, il Consiglio dei ministri può deliberare la nomina di commissari straordinari del governo, ai
quali sono a dati speci ci progetti o particolari funzioni di coordinamento fra diverse
amministrazioni statali.
Sotto il pro lo della responsabilità civile e amministrativa i componenti del governo rispondono
alla stregua di coloro che sono preposti a pubblici u ci. Per quel che riguarda la responsabilità
penale occorre distinguere tra reati commessi dal presidente del Consiglio e da i ministri
nell’esercizio delle loro funzioni e tutti gli altri reati: per questi ultimi il presidente o i ministri
sono giudicati come ogni altro cittadino; per i primi, in base all’art. 96 Cost., è prevista una
disciplina speciale che si giusti ca in considerazione del nesso dell’eventuale reato con l’attività di
governo.
I reati ministeriali:
1. Le indagini preliminari sono a date a un collegio composto di tre magistrati; questi estratti a
sorte ogni due anni fra tutti quelli del distretto giudiziario competente per territorio che hanno
anzianità almeno quinquennale di magistrato di tribunale;
2. L’autorizzazione è deliberata dalla camera di appartenenza, a meno che non si proceda contro
più persone appartenenti a camere diverse o che non sono parlamentari, nel qual caso spetta al
Senato deliberare;
3. L’autorizzazione può essere negata solo ove l’assemblea reputi a maggioranza assoluta che
l’inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante, ovvero
per il perseguimento di un interesse pubblico; tale valutazione è insindacabile;
4. Ove l’autorizzazione venga concessa, il tribunale del capoluogo del distretto competente per
territorio è giudice naturale di primo grado.
La crisi di governo è conseguenza delle dimissioni del governo, in particolare del presidente del
Consiglio dei ministri. È prassi che il presidente convochi il Consiglio per annunciare il suo
intendimento, ma non è richiesta alcuna deliberazione. Le dimissioni sono un atto individuale e, la
minaccia di farvi ricorso costituisce uno degli strumenti principali di in uenza politica del
presidente del Consiglio per persuadere i membri del governo e le forze politiche parlamentari che
lo sostengono dell’opportunità di seguire le sue direttive. Si usa invece chiamare rimpasto la
semplice sostituzione di più ministri senza la crisi di governo.
La crisi di governo può essere di due tipi:
• Parlamentare: quando i motivi che la determinano attengono al rapporto di ducia tra Governo
e Parlamento;
• Extraparlamentare: quando le cause a cui è dovuta sono determinate tra i partiti della
coalizione.
Per quanto riguarda i singoli ministri, la Costituzione non parla di revoca, ma il regolamento della
Camera e la prassi anche del Senato ammettono la mozione di s ducia individuale contro un
singolo ministro. Questo istituto è stato legittimato da una sentenza della Corte costituzionale.
Presidente della Repubblica. Il governo è nominato dal PdR e con esso intrattiene continue e
importanti relazioni giuridico-formali e politico-istituzionali, infatti, le deliberazioni di maggior
rilievo del Consiglio dei ministri vengono assunte nella forma di decreto del Presidente della
Repubblica, dagli atti normativi alle principali nomine. Tutte le iniziative legislative governative
devono essere autorizzate, almeno formalmente, da Presidente della Repubblica. Nella prassi il
governo tiene informato il PdR di tutte le iniziative più importanti.
Corte Costituzionale. Il Presidente del Consiglio, su deliberazione del Consiglio, solleva con itto
di attribuzione di fronte alla Corte Costituzionale; rappresentato e difeso dall’avvocato generale
dello Stato, interviene, se lo ritiene, nel giudizio di legittimità costituzionale di una legge o di un
atto avente forza di legge o ancora nel giudizio di ammissibilità di un referendum abrogativo.
Magistratura. Il governo non ha alcun potere in ordine a tutto ciò che riguarda la carriera dei
magistrati e l’esercizio di giurisdizione, con una sola eccezione a data dalla Costituzione
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direttamente al ministro della giustizia (art. 107.2 Cost.). Si tratta della facoltà di promuovere
l’azione disciplinare nei confronti di singoli magistrati di fronte al Consiglio superiore della
magistratura, ciò implica un potere ispettivo sull’organizzazione e il funzionamento degli u ci
giudiziari.
Regioni ed enti locali. Per dare voce alle autonomie regionali e locali, in sede amministrativa
sono istituiti gli unici organi di raccordo istituzionale tra Stato e autonomie, che sono: la
conferenza permanente per i rapporti tra stato, regioni e province autonome, la Conferenza Stato-
città e autonomie locali e la Conferenza uni cata che raccoglie le prime due. Esse sono coinvolte
in varie forme in tutti i processi decisionali di interesse dei diversi enti sub-nazionali.
Unione europea. Per come sono organizzate le istituzioni dell’Ue, il governo, tramite la
partecipazione del Presidente del Consiglio al Consiglio europeo e la partecipazione dei ministri al
Consiglio dell’unione, è l’organo costituzionale che più direttamente concorre a tutto il processo
decisionale europeo. Anzi, è stato questo uno dei veicoli del ra orzamento complessivo del ruolo
dell’esecutivo nell’ordinamento italiano.
5 regioni a statuto speciale: Sicilia; Trentino-Alto Adige; Sardegna; Valle d’Aosta; Friuli-Venezia
Giulia. Le altre quindici vengono chiamate regioni a statuto ordinario.
Caratteristica della competenza legislativa delle regioni ordinarie fu di essere solo concorrente
e limitata a un numero ristretto di materie elencate nell’art. 117 Cost.: tali materie competevano
per i principi fondamentali allo Stato (alla legge del Parlamento) e per tutto il resto alla regione
(legge regionale). Per assicurare l’osservanza di questi limiti, fu previsto il visto governativo
preventivo su ogni legge regionale, con facoltà di rinvio al consiglio regionale per eccesso di
competenza della regione o per contrasto con gli interessi nazionali o di altre regioni (art. 127
Cost.): in tal caso il consiglio regionale poteva riapprovarla ma solo a maggioranza assoluta.
• Alle regioni furono attribuite tutte le funzioni amministrative relative alle materie sulle quali
avevano competenza legislativa, secondo il criterio del parallelismo delle funzioni (art. 118.1
Cost.);
• Alle regioni fu riconosciuta autonomia nanziaria, ma nelle forme e nei limiti stabiliti dalle leggi
della Repubblica; erano inoltre previsti sia i tributi propri regionali sia la partecipazione a quote
di tributi dello Stato, nonché la facoltà dello Stato di destinare risorse speci che per legge a
singole regioni; ogni regione si vedeva riconosciuto il proprio demanio (art. 119 Cost.);
• Fu fatto espresso divieto alle regioni di ostacolare la mobilità di persone e cose, di istituire
dazi e di limitare il diritto dei cittadini a lavorare ovunque (art. 120 Cost.);
• Gli atti amministrativi regionali furono sottoposti a controllo di legittimità da parte di un organo
dello Stato (art. 125 Cost.);
• Si previdero una serie di casi in cui il consiglio regionale poteva essere sciolto con decreto del
PdR su deliberazione del Consiglio dei Ministri (art. 126 Cost.).
Quanto a comuni e province, la Costituzione rinviava a leggi generali della Repubblica (art. 128
Cost.): il costituente intendeva imporre una disciplina che, in linea di principio, ponesse tutti gli
enti locali sullo stesso piano. Quindi, l’ordinamento di comuni e province non è disciplinato da
legge regionale, ma dallo Stato, mentre si lascia al legislatore regionale la disciplina delle sole
funzioni degli enti locali relative a materie a date alla competenza legislativa delle regioni.
Il contesto politico dei primi anni Settanta favorì una grande uniformità nella predisposizione
degli statuti regionali all’insegna di un’interpretazione a tendenza assembleare della forma di
governo, secondo le linee generali stabilite in costituzione.
Le regioni, così come le province, i comuni e le città metropolitane, sono de nite dall’art. 114.2
Cost. come “enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi ssati dalla
Costituzione”: ciò signi ca che l’assetto delineato non può dirsi federale. Con questa formula il
legislatore indica che si è di fronte ad enti derivati e non originari come lo è la Costituzione.
Dalla formulazione dell’art. 114 Cost. “la Repubblica è costituita dai comuni, dalle province, dalle
città metropolitane, dalle regioni e dallo Stato”. Tale formula evoca l’espressione Repubblica
intesa come Stato comunità, nettamente distinto dalla concezione di Stato persona o Stato
apparato.
• Procedimento: l’art. 123 Cost. prevede che lo statuto sia approvato dal consiglio regionale con
voto a maggioranza assoluta (50%+1 dei componenti del consiglio), in due successive
deliberazioni ad almeno due mesi di distanza la seconda dalla prime. Il governo può impugnarlo
davanti alla Corte Costituzionale entro 30 giorni dalla pubblicazione che avviene al solo scopo di
dare notizia dell’avvenuta approvazione consiliare. Sempre dalla prima pubblicazione notiziale
decorre il termine di tre mesi, durante i quali un quinto dei componenti del consiglio regionale o un
cinquantesimo degli elettori della regione possono chiedere che lo statuto approvato sia
sottoposto a referendum. Richiesto il referendum occorre che si pronunci a favore la maggioranza
dei voti validi (non c’è quorum strutturale).
• Vincoli: l’art. 123 Cost., oltre che a quelli relativi ai suoi contenuti speci ci, indica il limite
generale dell’“armonia con la Costituzione”: si fa riferimento a quei valori costituzionali di cui,
venuto meno il controllo del Parlamento nel vecchio art. 123 Cost., la Corte dovrà farsi carico.
La Costituzione (art. 122.5 Cost.) permette allo statuto di compiere scelte diverse, ma in ogni caso
impone che il consiglio abbia sempre la potestà di s duciare il presidente della giunta. La
di erenza tra la forma di governo standard e quella in deroga sta nel fatto che, se il presidente è
eletto direttamente, quale che sia la causa di cessazione dal suo incarico, il consiglio viene
sciolto. Se, invece, il presidente è eletto dal consiglio, questo può eleggerne uno diverso in corso
di mandato. In ne, la regione è componente in materia elettorale, pur nei limiti dei principi
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fondamentali della legge dello Stato: essa impone alla regione di dotarsi di un sistema elettorale
che agevoli la formazione di stabili maggioranze, assicurando altresì la rappresentanza delle
minoranze, detta norme sui casi di ineleggibilità e incompatibilità del presidente e degli altri
componenti della giunta e dei consiglieri e, in ne, ssa in cinque anni la durata degli organi elettivi
regionali.
La Costituzione (art. 116.3 Cost.) prevede, inoltre, l’eventualità che ciascuna regione ordinaria
possa acquisire ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, che si aggiungono a quelle
previste dall’art, 117 Cost., acquisendo la competenza su altre materie, limitatamente indicate
come oggetto di legislazione corrente, ed anche alcune materie esclusive dello Stato
(organizzazione della giustizia di pace, norme generali sull’istruzione, tutela dell’ambiente,
dell’ecosistema e dei beni culturali). Ciò può avvenire in virtù di una legge dello Stato, sulla base
di un’intesa fra regione e Stato, previa iniziativa della regione interessata, sentiti gli enti locali, nel
rispetto dei principi di autonomia nanziaria contenuti nell’art. 119 Cost.
Si pongono così le premesse per attuare un’ipotesi ulteriore di regionalismo di erenziato, anche
se nora, tale applicazione, non ha trovato spazio.
L’art. 117 Cost. individua limiti generali cui è sottoposto l’esercizio di qualsiasi funzione
legislativa, a prescindere da chi ne sia e ettivamente titolare.
Sia le leggi statali che quelle regionali devono sottostare a tre limiti:
• Il rispetto della Costituzione;
• I vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario;
• Gli obblighi internazionali.
Nella de nizione del con ne tra principi fondamentali e normativa di dettaglio gioca un ruolo
centrale la Corte Costituzionale, alla quale spetta, di volta in volta, individuare il punto di equilibrio
fra normativa statale e regionale, e quindi, l’ambito e ettivo delle competenze costituzionali. I
principi fondamentali possono anche essere contenuti in atti aventi forza di legge, compresi i
decreti legislativi.
Lo Stato, insieme alle disposizioni di principio, può dettare anche disposizioni di dettaglio: in tal
caso, quest’ultime valgono solo in via suppletiva (cioè in assenza di disciplina regionale),
trattandosi di norme cedevoli di fronte a disposizioni eventualmente approvate da ciascuna
regione. Ciò vale in nome di un principio di continuità istituzionale, allorché si tratti di leggi
statali dirette ad assicurare protezione a diritti fondamentali, che sarebbero pregiudicati. In casi
simili, le norme legislative statali invasive degli spazi di autonomia regionale si applicano n
quando le regioni non le avranno sostituite con una propria disciplina che garantisca in modo
equivalente i diritti fondamentali sottostanti.
6.5 le competenze legislative nella realtà dei rapporti tra stato e regioni
Alla luce della giurisprudenza costituzionale è possibile ritenere che siamo di fronte alla
formazione progressiva di un “diritto regionale vivente”. Oltre ai pro li già visti nell’ambito delle
materie trasversali e residuali, la Corte Costituzionale ha svolto un’opera complessa di
ricostruzione delle singole materie di competenza statale e regionale dei principi che orientano
l’attività legislativa e amministrativa nel riformato contesto costituzionale, mentre in riferimento ai
casi in cui la sovrapposizione di materie legislative statali e regionali, nel medesimo corpo
normativo, rendeva inestricabili le competenze rispettive dello Stato e delle regioni, essa ha
sviluppato la nozione di concorrenza di competenze, individuando due criteri speci ci di
risoluzione di tali con itti: il criterio di prevalenza e il principio di leale collaborazione, operanti
a seconda che una materia possa essere chiaramente attribuita alla competenza legislativa statale
o a quella regionale.
Le forme di leale collaborazione fra Stato e regioni sono ampiamente richiamate nella
giurisprudenza della Corte Costituzionale al ne di prevenire o risolvere i con itti di competenza.
La dottrina ha distinto fra intese forti (si richiede la concorde e paritaria manifestazione di volontà
dello Stato e della regione) e intese deboli (è ritenuta su ciente la dimostrazione dello Stato di
aver ricercato un accordo con la regione, anche se poi questo non viene raggiunto).
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6.6 potestà legislativa e potestà regolamentare
Secondo l’art. 117.6 Cost., la potestà regolamentare spetta:
• Allo Stato, nella materia di legislazione statale esclusiva, salva comunque la possibilità di
delegarla alle regioni;
• Alle regioni, in ogni altra materia.
L’attribuzione alle regioni della potestà regolamentare nelle materie di competenza concorrente
crea non pochi problemi soprattutto quando si tratta di materie di particolare rilevanza
nazionale che di cilmente si prestano ad una disciplina diversa per ogni regione.
Si può dire che la di coltà ad individuare con precisione le materie di competenza legislativa si
ripercuote sulla de nizione degli spazi di esercizio della potestà legislativa regolamentare di stato,
regioni ed enti locali, ra orzando le ragioni di coloro che criticano la scelta di suddividere la
competenza legislativa fra Stato e regioni sulla base di elenchi di materie
Oggi l’ordinamento degli enti locali si rinviene, oltre che nel Tuel, anche in disposizioni ulteriori
(con precipuo riferimento alle città metropolitane e alle province). Fanno eccezione gli enti locali
delle regioni a statuto speciale. L’art. 117.2 stabilisce che la determinazione delle funzioni
fondamentali degli enti locali è materia riservata alla legge dello Stato; l’art. 118.2 fa riferimento
alla titolarità di funzioni amministrative proprie e di funzioni conferite. In sintesi: è la legge statale,
e solo quella, a individuare le funzioni fondamentali degli enti locali; gli enti locali, in primo luogo i
comuni, hanno un nucleo di funzioni proprie, che comunque il legislatore non può non
riconoscere; la legge statale o regionale può conferire ulteriori funzioni agli enti locali. Secondo la
legge, tra gli enti locali solo i comuni rappresentano la propria comunità e sono da considerarsi
enti a ni generali: se di certe funzioni devono necessariamente occuparsi possono fare, per il
resto, tutto ciò che nella loro autonomia ritengono utile alla cura degli interessi e alla promozione
dello sviluppo della collettività che amministrano. È diverso il caso delle città metropolitane e delle
province che la l. 56/2014 de nisce enti territoriali di area vasta: esse esercitano solo le funzioni
fondamentali individuate dalla legge dello Stato, nonché quelle non fondamentali eventualmente
conferite dalla legge statale o regionale.
Sindaco e giunta sono il governo dell’ente locale; il consiglio comunale è l’organo di indirizzo e
di controllo politico amministrativo. Ha la competenza ad approvare gli atti fondamentali indicati
dalla legge e a formulare indirizzi su come sindaco e giunta devono agire; ma ha poi il compito di
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controllare come sindaco e giunta assolvono alle funzioni esecutive. A tale scopo sono previste
precise garanzie dei diritti dei singoli consiglieri e delle minoranze.
La giunta comunale collabora col sindaco nel governo del Comune, agendo come organo
collegiale. Dispone della competenza generale (fa tutto quello che la legge o lo statuto non
attribuiscono alla competenza del sindaco del consiglio).
In quanto u ciale del governo il sindaco sovrintende a: registri dello stato civile, adempimenti in
materia elettorale, funzioni in materia di pubblica sicurezza e polizia giudiziaria, vigilanza in
materia di ordine pubblico.
Il sindaco cessa dalla sua carica in caso di approvazione di una mozione di s ducia da parte del
consiglio, che deve essere approvata a maggioranza assoluta (50%+1 dei componenti) sulla base
di una mozione motivata e rmata da almeno due quinti dei consiglieri. In questo caso anche il
consiglio è sciolto e si procede con nuove elezioni. Ciò accade anche quando l sindaco cessi per
qualsiasi altra ragione.
La legge prevede istituti volti a garantire che il cittadino eletto a funzioni pubbliche locali possa
disporre del tempo necessario: disciplina perciò i regimi delle aspettative, dei permessi e delle
indennità e rimborsi cui gli amministratori locali hanno diritto in relazione all’esercizio delle loro
funzioni. Sono ssati anche i doveri degli amministratori, i quali devono rispettare la distinzione tra
le funzioni di indirizzo e quelle di gestione.
A capo degli u ci burocratici del comune, il sindaco è a ancato dal segretario comunale che
resta in carica per lo stesso periodo del sindaco e può essere revocato da quest’ultimo. Le
competenze della Giunta sono de nite all’atto della nomina degli assessori in un documento
programmatico che viene votato dal Consiglio Comunale.
L’art. 1 della l. 56/2014 ha suddiviso il territorio nazionale in enti di area vasta, e precisamente:
• le città metropolitane, coincidenti con il territorio delle province di Torino, Milano, Venezia,
Genova, Bologna, Firenze, Napoli, Bari, Reggio Calabria, che alle province subentrano, oltre alla
città metropolitana di Roma capitale;
• le province, tutte quelle attualmente esistenti, meno quelle cui sono succedute le città
metropolitane.
Caratteristica comune degli enti di area vasta è che i loro organi non sono eletti direttamente ma
con un sistema di secondo grado. Unica eccezione eventuale è la città metropolitana, il cui
statuto può prevedere che il sindaco il consiglio siano eletti a su ragio universale diretto.
Salvo che lo statuto della città metropolitana preveda l’elezione diretta, sindaco metropolitano è
il sindaco del comune capoluogo. Invece presidente della provincia è il sindaco di un comune
della provincia, eletto dai sindaci e dei consiglieri dei comuni della provincia con voto ponderato;
esso decade in caso di cessazione della carica di sindaco. Il consiglio metropolitano e il
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consiglio provinciale sono eletti dai sindaci e dai consigli dei comuni della città metropolitana o
della provincia; i consiglieri devono a loro volta essere sindaci o consiglieri comunali e decadono
in caso di cessazione della carica di sindaco o consigliere comunale. In ne, la conferenza
metropolitana è composta dal sindaco metropolitano e dai sindaci dei comuni della città
metropolitana, così come l’assemblea dei sindaci è composta dai sindaci dei comuni appartenenti
alla provincia.
Tutti gli incarichi sono esercitati a titolo gratuito. Gli organi della città metropolitana durano in
carica cinque anni. Quanto agli organi della provincia, il presidente dura in carica quattro anni e il
consiglio due anni.
L’unione dei comuni è un ente locale costituito da due o più comuni ed è dotata di potestà
statutaria. È sottoposta alla disciplina legislativa della regione di appartenenza. Il limite
demogra co minimo delle unioni, secondo la legge statale, è di 10.000 abitanti, che scendono a
3000 se si tratta di comuni montanari. L’unione è nalizzata allo svolgimento in forma associata di
funzioni e servizi; un comune può far parte di una sola unione. Suoi organi sono il presidente la
giunta e il consiglio: tutti i formati da amministratori in carica dei comuni associati, senza oneri
aggiuntivi.
L’unione di comuni è stata rilanciata negli anni più recenti: in taluni contesti ha sostituito le
comunità montanare; dappertutto è diventata, al ne di perseguire obiettivi di razionalizzazione
della spesa pubblica e di sempli cazione istituzionale, l’alternativa concretamente praticata alla
fusione di comuni. Le unioni di comuni si dividono in unioni facoltative e unioni obbligatorie:
queste seconde riguardano i comuni di minor dimensione demogra ca, tenuti ad esercitare in
forma associata mediante unione le funzioni fondamentali individuate dalla legge.
La fusione tra due o più comuni dà invece vita a un nuovo ente locale, la cui disciplina è quella di
qualsiasi comune. Essa è disposta con legge regionale, sentite le popolazioni interessate,
secondo modalità stabilite da ciascuna regione (è obbligatorio il ricorso a referendum). Inoltre lo
statuto del Comune nato dalla fusione può disporre l’istituzione di municipi anche dotati di organi
eletti direttamente dai cittadini per continuare a dare rilevanza amministrativa alle comunità
d’origine.
Strumenti per la gestione associata delle funzioni sono anche le convenzioni. Esse costituiscono
in accordi o contratti tra due o più comuni i reciproci obblighi e i relativi rapporti nanziari.
Nel caso in cui si tratti non di gestire un servizio ma piuttosto di realizzare un’opera pubblica che
richieda l’azione integrata e coordinata di enti locali, regioni, amministrazioni dello Stato e altri
soggetti pubblici, allora si fa ricorso a uno speciale strumento negoziale che si chiama accordo di
programma.
Oltre a questi ultimi due principi, l’art. 118 Cost. introduce anche il principio di sussidiarietà
orizzontale in forza del quale tutti gli enti territoriali che costituiscono la Repubblica sono tenuti a
favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini per lo svolgimento di attività di interesse generale.
Tutte queste fonti di nanziamento devono permettere la copertura delle spese derivanti
dall’esercizio delle funzioni assegnate a ciascun ente territoriale. È questo il principio di congruità
tra funzioni e risorse nanziarie.
Sono previsti ulteriori trasferimenti dallo Stato a favore di determinati enti regionali o locali per
speci che nalità. L’autonomia nanziaria di regioni, province e comuni deve svolgersi sempre “in
armonia con la Costituzione” e “secondo i principi di coordinamento della nanza pubblica e del
sistema tributario”, e solo in base ad una speci ca legge statale o regionale.
Il coordinamento nanziario e scale è una funzione volta ad uni care i diversi sistemi nanziari
e tributari degli enti che costituiscono la Repubblica. Il coordinamento presuppone che ciascuno
di essi possa fare politiche di bilancio autonome e i suoi principi sono la cornice entro cui regioni
ed enti locali possono legittimamente esercitare il potere di stabilire ed applicare tributi ed entrate
proprie. Il coordinamento nanziario statale è nalizzato anche ad adempiere agli obblighi
derivanti dal patto di stabilità e crescita sottoscritto in sede di Unione europea.
Il potere sostitutivo è attribuito dall’art. 120.2 Cost. al governo nei confronti degli organi regionali
e degli enti locali in una serie di casi:
• Mancato rispetto di norme e trattati internazionali e della normativa europea;
• Pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica;
• Tutela dell’“unità giuridica” o dell’“unità economica” della Repubblica.
I poteri sostitutivi sono esercitati secondo le procedure de nite dalla legge statale, nel rispetto del
principio si sussidiarietà e di leale collaborazione.
La Corte costituzionale ha ribadito una serie di elementi che devono caratterizzare l’esercizio di
poteri sostitutivi:
• Devono essere previsti e disciplinati dalla legge;
• La sostituzione può prevedersi esclusivamente per il compimento di atti o attività prive di
discrezionalità rispetto alla necessità del loro svolgimento;
• Devono essere esercitati da un organo di governo o sulla base di una decisione di questo;
• La legge deve apprestare congrue garanzie procedimentali per l’esercizio di questi, in conformità
al principio di leale collaborazione.
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Il controllo statale sugli organi regionali è previsto dall’art. 126.1 Cost.: esso consiste nello
scioglimento del consiglio regionale e nella rimozione del presidente della regione come extrema
ratio:
1. Nel caso in cui consiglio o presidente abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi
violazioni di legge;
2. Quando lo impongano ragioni di sicurezza nazionale.
Il controllo statale sugli organi degli enti locali è previsto dagli artt. 141-143 Tuel. Per i consigli
comunali e provinciali lo scioglimento può essere determinato:
1. Dal compimento di atti contrari alla Costituzione;
2. Dalla non approvazione del bilancio nei termini previsti dalla legge;
3. Da fenomeni di in ltrazione e di condizionamento di tipo ma oso.
Le stesse cause che possono portare allo scioglimento dei consigli comunali e provinciali
possono portare alla rimozione e alla sospensione dei singoli amministratori locali.
Sempre maggiore rilevanza, in ne, hanno assunto le forme di controllo interno, a partire dal
controllo di gestione, volte a veri care la quantità, la qualità e il costo dei servizi e ettivamente
resi e delle prestazioni e ettivamente fornite.
Il controllo esterno sulla gestione delle regioni e degli enti locali è a dato alla Corte dei conti che
lo esercita attraverso le sue sezioni regionali.
Pur nella varietà degli statuti, le regioni speciali hanno sempre avuto:
• Una potestà legislativa in un numero di materie più ampio previsto per le regioni ordinarie;
• Una competenza legislativa esclusiva in alcune materie con i soli limiti degli obblighi
internazionali, degli interessi nazionali e dei principi fondamentali dell’ordinamento giuridico; una
competenza concorrente con limiti analoghi a quelli previsti per le regioni ordinarie; una
competenza attuativa-integrativa per l’attuazione e l’integrazione di leggi dello Stato;
• Un’ampia autonomia nanziaria, sulla base di normative diverse che assicurano risorse ingenti
a tutte le regioni speciali, fermo restando per tali regioni il limite dell’esclusione dell’indebitamento
per spese diverse da quelle di investimento.
Per quanto riguarda la forma di governo è prevista l’elezione del presidente della regione a
su ragio universale diretto e lo scioglimento del consiglio in caso di dimissioni del presidente o di
s ducia espressa dal consiglio nei suoi confronti. Gli statuti speciali non disciplinano le modalità
di elezione del presidente della regione, ma rinviano a una legge regionale da approvare a
maggioranza assoluta e sottoponibile a referendum.
• Rapporti con l’Unione Europea. Il ruolo del sistema delle autonomie regionali e locali è
espressamente riconosciuto dal Tue; esse sono rappresentate nel comitato delle regioni. È
prevista la partecipazione di rappresentanti delle regioni nelle delegazioni del governo nel
consiglio dell’Unione. La legge disciplina le procedure per il recepimento delle direttive europee
da parte delle regioni e per l’esercizio di poteri sostitutivi dello Stato nel caso di inerzia regionale
artt. 40 e 41 l.234/2012).
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• Rapporti con lo Stato. Sin dai tempi della costituente una parte della dottrina delle forze
politiche sostenuto l’utilità di una camera rappresentativa delle regioni che permettesse loro di
concorrere in quanto istituzioni ad almeno alcune scelte del parlamento, e certamente a
quell’incidente in materia di autonomie.
In assenza di una riforma del bicameralismo si è dato vita a una serie di conferenze operanti a
livello governativo:
- la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonomi:
le sue riunioni sono convocate e presiedute dal ministro per gli a ari regionali; vi vengono
inviati i ministri competenti e ne fanno parte i presidenti delle regioni e delle province
autonomi di Trento e di Bolzano. La conferenza consente così alle regioni di partecipare alle
decisioni del governo sui più importanti atti statali incidenti su materie di competenza
regionale; si riunisce inoltre in un apposita sessione europea per la trattazione degli aspetti
delle politiche dell’unione europea di interesse regionale;
- la conferenza Stato città e autonomie locali;
- la conferenza uni cata.
L’insieme delle tre conferenze è il luogo centrale del negoziato tra lo Stato e gli enti territoriali e la
sede naturale nelle quali si realizza la leale collaborazione.
• Rapporti con altre regioni. La regione può concludere intese con altre regioni per il miglior
esercizio delle proprie funzioni, anche prevedendo l’individuazione di organi comuni; queste intese
devono essere rati cate con legge regionale. Ai ni dell’interlocuzione interregionale e del
successivo confronto con il governo, le regioni hanno dato vita a un organismo di coordinamento
tra tutti i loro presidenti: la conferenza delle regioni e delle province autonome, che elegge uno
dei presidenti a rappresentala.
• Rapporti con gli enti locali. L’art. 123.4 della Costituzione ha previsto che ogni regione si doti,
in statuto, del consiglio delle autonomie locali, de nito organo di consultazione fra la regione e gli
enti locali. I singoli statuti regionali contemplano sia una mera funzione consultiva sia forme di
compartecipazione al procedimento legislativo. Con l’unico limite che attribuisce al consiglio
regionale la funzione legislativa.
In tutti e tre i casi tali strutture svolgono attività amministrativa. L'attività amministrativa si
distingue dall'attività normativa in questo: la prima consiste nel provvedere alla cura concreta di
determinati interessi pubblici, mentre la seconda consiste nel prevedere casi e situazioni cui
applicare norme generali e astratte. L'attività amministrativa si di erenzia anche dall'attività
giurisdizionale perché interviene a prescindere dal veri carsi di una controversia, in posizione di
«imparzialità» ma senza porsi come giudice «terzo».
Tra le regole speciali, hanno particolare rilevanza le procedure di a damento dei contratti
pubblici. Esse permettono all'amministrazione di selezionare l'operatore economico con cui
stipulare un contratto di appalto per l'acquisizione di servizi, di forniture, di lavori e di opere. Prima
della stipula del contratto si svolge un procedimento amministrativo nalizzato a garantire la parità
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di trattamento tra gli operatori interessati: di norma prevedendo una gara pubblica per la scelta
dell'o erta economicamente più vantaggiosa; eccezionale invece è il ricorso alla trattativa privata,
attraverso la quale l'amministrazione negozia il contratto direttamente con uno degli operatori
economici.
Nell'ambito dei poteri autoritativi, cioè quelli che consentono alla pubblica amministrazione di
porre in essere determinati atti o provvedimenti si distingue tra attività discrezionale e attività
vincolata. La prima si ha nei casi in cui la legge lascia all'amministrazione un margine di scelta
circa le modalità di esercizio del potere. L’attività vincolata si ha invece nei casi in cui
l'amministrazione, in presenza di determinati presupposti, deve necessariamente adottare un
certo provvedimento. L’attività discrezionale si caratterizza per una valutazione comparativa
dell'interesse pubblico primario e degli altri interessi, pubblici e privati, in gioco.
Negli anni 90 fu riformato l'ordinamento del lavoro nelle pubbliche amministrazioni, con il
passaggio dal regime speciale del pubblico impiego a quello dei lavoratori del settore privato. Il
rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici, dunque, è disciplinato dalle norme contenute nel
codice civile e nelle leggi sul lavoro subordinato nell’impresa. Le pubbliche amministrazioni
possono svolgere attività normativa, nelle forme e nei modi previsti dalla legge, per regolare
l'accesso a servizi, l'uso di beni e altro ancora, nonché per disciplinare la loro organizzazione. Agli
atti normativi adottati dalle pubbliche amministrazioni si applicano i principi che regolano le fonti
del diritto.
• ministero dell'interno: svolge compiti relativi all'amministrazione civile e alla tutela dell'ordine e
della sicurezza pubblica; coordina le forze di polizia e opera attraverso le prefetture-u ci
territoriali del governo e le questure presenti in ogni capoluogo di provincia; assicura il corretto
svolgimento delle operazioni elettorali;
• ministero della giustizia: si occupa di «organizzazione e funzionamento dei servizi relativi alla
giustizia», dell'amministrazione penitenziaria, della vigilanza sugli ordini professionali;
• ministero della difesa: si occupa, attraverso le Forze armate, della difesa e della sicurezza
militare dello Stato e da esso dipende l'Arma dei Carabinieri, posta invece sotto la direzione del
ministero dell'interno per le funzioni di polizia di sicurezza;
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• ministero dell'economia e delle nanze: ad esso spettano la politica economica, nanziaria e
di bilancio e le politiche scali, nonché la gestione delle partecipazioni azionarie dello Stato;
opera attraverso diversi u ci tra cui la ragioneria generale dello Stato e le quattro agenzie
scali, da questo ministero dipende la Guardia di Finanza;
• ministero dello sviluppo economico: ad esso sono attribuite funzioni in materia di politica
industriale, politica per le comunicazioni, commercio e tutela dei consumatori;
• ministero della transizione ecologica: svolge compiti relativi allo sviluppo sostenibile, alla
tutela dell'ambiente, del territorio e dell' ecosistema, inclusa la politica energetica;
• ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili: ad esso sono attribuite funzioni
relative alla realizzazione di reti infrastrutturali e opere pubbliche di competenza statale, alle
politiche urbane e abitative, alla navigazione, aviazione civile e trasporti terrestri;
• ministero del lavoro e delle politiche sociali: esercita funzioni in materia di politiche del lavoro
e dell'occupazione, tutela e sicurezza dei lavoratori, politiche sociali e previdenziali, vigilanza
degli enti del terzo settore;
• ministero della cultura: svolge compiti di tutela, gestione e valorizzazione del patrimonio
artistico, storico, artistico, archeologico, archivistico, bibliogra co e del patrimonio
paesaggistico;
• ministero della salute: esercita funzioni in materia di tutela della salute umana, coordinamento
del servizio sanitario nazionale, monitoraggio dei livelli essenziali di assistenza, sanità veterinaria
e sicurezza degli alimenti;.
L'organizzazione per ministeri, incentrata sul ministro è stata ereditata dal regno di Sardegna.
Questo modello consente di imputare direttamente all'amministrazione di riferimento gli atti
compiuti dal soggetto agente in rapporto con gli altri soggetti. In questo senso egli è considerato
un organo dell'amministrazione, cioè una parte rispetto al tutto. L'organo può essere inteso sia
come persona sica (il soggetto X) sia come centro di competenze (l'insieme delle funzioni
attribuite al soggetto X). In ogni caso, l'organo ha bisogno di un apparato amministrativo, cioè
un'unità organizzativa dotata di mezzi personale a supporto dell'esercito delle sue funzioni (un
u cio).
Questo modello è stato ridimensionato dalle riforme che si sono succedute negli ultimi
cinquant'anni attraverso:
A. Il decentramento regionale e locale, che ha trasferito funzioni e risorse dal centro agli enti
locali e regionali;
Importanza particolare assumono come organi ausiliari del governo di rilevanza costituzionale il
Consiglio di stato e la Corte dei conti, ai quali, la legge deve assicurare «l'indipendenza di fronte al
governo». Il Consiglio di stato è organo di consulenza giuridico-amministrativa del governo e
insieme organo che svolge funzioni giurisdizionali. Quanto alla funzione consultiva esso può
esprimersi attraverso pareri facoltativi o pareri obbligatori
La Corte dei conti esercita il controllo preventivo di legittimità sugli atti del governo. Esercita il
controllo successivo sulla gestione del bilancio dello Stato, svolto attraverso il giudizio di
pari cazione. Partecipa al controllo sulla gestione nanziaria degli enti cui lo Stato contribuisce in
via ordinaria. Essa, inoltre, ha competenze giurisdizionali nelle materie di contabilità pubblica e in
altre materie previste dalla legge.
L’art. 99 Cost, annovera tra gli organi di consulenza delle Camere e del governo anche il
Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro. Il Cnel è titolare dell'iniziativa legislativa.
• la Commissione nazionale per le società e la borsa, con funzioni di vigilanza sui mercati
nanziari e di regolazione del mercato dei valori mobiliari;
• l'Autorità garante della concorrenza e del mercato con funzioni antitrust, per evitare le intese
restrittive della libertà di concorrenza, gli abusi di posizione dominante, le operazioni di
concentrazione che ostacolino la concorrenza, nonché per reprimere le pratiche commerciali
scorrette e di pubblicità ingannevole;
• l'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente per garantire adeguati livelli di qualità
dei servizi e sistemi tari ari certi, trasparenti e basati su criteri prede niti, promuovendo la tutela
degli interessi di utenti e consumatori nei settori dell'energia elettrica, del gas, dell'acqua e dei
ri uti;
• il Garante per la protezione dei dati personali per controllare che il trattamento dei dati
personali si svolga «nel rispetto della dignità umana, dei diritti e delle libertà fondamentali della
persona»,
• l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni alla quale sono a dati compiti di regolazione
nei settori delle telecomunicazioni, dell'audiovisivo, dell'editoria e delle poste;
• l'Autorità di regolazione dei trasporti, per garantire e cienza produttiva delle gestioni,
contenimento dei costi e condizioni di accesso eque e non discriminatorie alle reti ferroviarie,
portuali, aeroportuali e autostradali;
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• l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni, per assicurare «la piena integrazione dell'attività
di vigilanza nel settore assicurativo, attraverso un collegamento con la vigilanza bancaria»;
Non possono, invece, essere annoverate tra le autorità indipendenti l'Autorità garante dell'infanzia
e dell'adolescenza e il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale. Si
tratta di organi dotati solo di poteri ispettivi, consultivi e di segnalazione. Le autorità sono formate
da personalità scelte con criteri che puntano a garantire autonomia e indipendenza di giudizio sia
dagli organi politici sia dagli apparati ministeriali.
Delle autorità indipendenti è stat discussa, in particolare, l'attività di tipo normativo. Nessun
problema sorge per i regolamenti interni, che rientrano nell'ordinaria autonomia organizzativa di
qualsiasi ente e organismo pubblico. Diverso è tuttavia il caso in cui si pongano in essere atti
rivolti a soggetti esterni (imprese, società quotate in borsa, aziende erogatrici di servizi), al ne di
limitarne o condizionarne l'agire in positivo (obbligo di fare) o in negativo (divieto di fare).
Una forma antesignana di autorità indipendente può essere considerata la Banca d’Italia: essa è
parte integrante dell'Eurosistema e gode di notevoli garanzie di indipendenza. Il suo governatore è
nominato con decreto del presidente della Repubblica, su proposta del presidente del consiglio.
La Banca d'Italia, che emette banconote solo su autorizzazione della Banca centrale europea,
svolge il servizio di tesoreria dello Stato, amministra le riserve valutarie e auree, esegue le aste dei
titoli di stato per conto del ministero dell'economia. Dispone di potere regolamentare. Inoltre, ha
compiti di vigilanza nei confronti di banche, gruppi bancari, intermediari nanziari, istituti di
moneta elettronica e di pagamento.
• Il principio di legalità per quanto riguarda l'attività delle pubbliche amministrazioni vuol dire che
essa deve mantenersi nei binari stabiliti dalla legge. Ulteriori limiti possono trarsi dai principi
costituzionali e dall'ordinamento giuridico considerato nel suo complesso. Tuttavia, quando si
incide su materie oggetto di riserva di legge il principio di legalità può ritenersi soddisfatto solo
sulla base di una speci ca legge o atto con forza di legge. Per rispettare il principio di legalità le
pubbliche amministrazioni devono perciò operare conformemente alla legge (legalità
sostanziale), non solo nei limiti della legge (legalità formale).
• Il principio del buon andamento, previsto dall'art. 97 Cost., impone e cacia, e cienza ed
economicità dell'azione delle pubbliche amministrazioni. Per «e cacia» si intende il grado di
corrispondenza tra gli obiettivi pre ssati e i risultati conseguiti; per «e cienza» si intende il
rapporto trai risultati e la quantità di risorse impiegate per ottenerli; per «economicità» si
intende il minimo impiego possibile di risorse. Per rispondere a tali esigenze esiste la
conferenza di servizi. Essa può essere indetta dall'amministrazione procedente per svolgere
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un esame contestuale dei vari interessi pubblici coinvolti in un dato procedimento. L'indizione
della conferenza è obbligatoria tutte le volte in cui sia necessario acquisire pareri, intese,
concerti, nulla osta o assensi delle diverse amministrazioni coinvolte; l'amministrazione
procedente assume quindi la determinazione nale sulla base delle posizioni prevalenti
(conferenza decisoria). La conferenza si può svolgere in modalità sincrona, con riunioni alla
presenza dei rappresentanti delle diverse amministrazioni interessate (conferenza simultanea),
oppure in modalità asincrona, cioè mediante scambio telematico di documenti (conferenza
sempli cata). In entrambi i casi il termine di conclusione non può essere oltre i 45 o 90 giorni.
• Per ogni pubblica amministrazione è posto l'obbligo di assicurare sia l'equilibrio dei bilanci sia
la sostenibilità del debito pubblico.
• La disciplina dei beni pubblici è sottoposta a un regime speciale. In base all'art. 42.1 Cost., la
proprietà può essere «pubblica o privata». Anche le pubbliche amministrazioni sono titolari di
beni i quali vanno a costituire il complessivo patrimonio dello stato, nonché delle regioni e degli
enti locali. Il codice civile distingue tra demanio pubblico (spiagge, i porti, i umi, i laghi, le
strade), patrimonio indisponibile (foreste, le miniere, le cose di interesse storico e artistico, le
caserme, le sedi degli u ci pubblici) e patrimonio disponibile (tutti i beni non rientranti nelle altre
due categorie. I beni appartenenti al demanio pubblico «sono inalienabili e non possono formare
oggetto di diritti a favore di terzi»; quelli appartenenti al patrimonio indisponibile «non possono
essere sottratti alla loro destinazione se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano»;
l'ultima categoria di beni, invece, è in tutto e per tutto sottoposta alle regole di diritto comune.
5. Il procedimento amministrativo
L'attività delle pubbliche amministrazioni è articolata in una serie di atti tra loro connessi, di
competenza di una o più amministrazioni, preordinati al raggiungimento del ne perseguito
attraverso l'adozione di un provvedimento nale. Questa è la nozione di procedimento
amministrativo, il quale si articola in quattro fasi distinte:
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1. La fase dell'iniziativa: l'atto iniziale del procedimento può consistere in a un'istanza del
soggetto interessato al provvedimento nale oppure in un'iniziativa della stessa
amministrazione procedente.
4. La fase integrativa dell'e cacia: una volta adottato, il provvedimento nale è «perfetto» ma
talvolta non ancora e cace, potendo essere previsti ulteriori adempimenti consistenti in forme
di controllo e di comunicazione.
Il nostro ordinamento accoglie il principio del giusto procedimento. Sviluppatosi sotto l'in uenza
della regola nordamericana del due process of law e delle leggi di alcuni paesi europei, è volto a
garantire la corretta formazione della volontà dell’amministrazione.
L'atto è nullo quando manchi di un elemento essenziale, sia stato adottato in difetto assoluto di
attribuzione, abbia violato il giudicato, nonché nei casi in cui sia così espressamente quali cato
dalla legge. L'atto è annullabile quando risulti viziato per una delle seguenti cause:
A. per incompetenza (relativa, non assoluta) dell'organo che ha emanato l’atto;
B. per violazione di legge, derivante dal contrasto del contenuto dell'atto con norme primarie
o secondarie;
C. per eccesso di potere, qualora l’atto sia stato emanato sviando dalle nalità per le quali è
stato attribuito a men pubica amministrazione il potere di emanare l'atto stesso.
L’eccesso di potere riguarda il cattivo uso del potere discrezionale da parte dell’amministrazione.
In generale, un atto risulta viziato da eccesso di potere per mancato rispetto del principio di
ragionevolezza dell'azione amministrativa e del principio di proporzionalità tra l’obiettivo da
perseguire e il sacri cio imposto al cittadino.
Gli atti amministrativi sono atti imperativi e informati al principio di autotutela, proprio perché
assistiti dalla presunzione della legittimità dell'atto stesso. L'imperatività indica la speciale forza
dell'atto amministrativo, grazie alla quale la modi cazione della sfera giuridica del suo destinatario
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non richiede la collaborazione di quest'ultimo. Spesso però può non bastare l'emanazione
dell'atto nel caso in cui il destinatario non ottemperi. Proprio per questo è prevista l'autotutela:
essa consente all’amministrazione di imporre coattivamente l'adempimento degli obblighi nei suoi
confronti, senza l'ausilio del giudice.
• Ordinanze di sicurezza urbana. Sono adottate dal sindaco con atto motivato e nel rispetto dei
principi generali dell'ordinamento «al ne di prevenire e di eliminare gravi pericoli che
minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana». Il sindaco esercita il potere di
ordinanza in queste materie quale u ciale del governo e i provvedimenti devono essere
preventivamente comunicati al prefetto. Il sindaco può adottare altre ordinanze contingibili e
urgenti in una serie di casi speci cati dal Tuel quale rappresentante della comunità locale, tra cui
quelle previste in caso di emergenze sanitarie.
Per ragioni storiche in Italia vige un sistema dualistico di giustizia amministrativa che il
costituente non ha voluto eliminare. Se il cittadino ritiene che un atto amministrativo abbia leso un
proprio diritto soggettivo, la competenza è del giudice ordinario. Questi non può annullare l'atto
amministrativo impugnato, in omaggio al principio della separazione dei poteri, ma può solo
disapplicarlo.
Un problema particolare è rappresentato dall'atto politico, cioè quell'atto che esprime una libera
scelta connessa all'esercizio della funzione di indirizzo politico o di governo. Infatti, la legge
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esclude il ricorso alla giurisdizione amministrativa se si tratta di «atti o provvedimenti emanati dal
governo nell'esercizio del potere politico».
2. La funzione giurisdizionale
Une de nizione complessiva della funzione giurisdizionale concilia sia il pro lo soggettivo che
quello oggettivo. In relazione al primo pro lo, si individua l’esercizio della funzione ogni qualvolta
determinate attività sono attribuite alla competenza degli appartenenti al corpo giudiziario, dando
così maggiore rilievo alla natura del soggetto cui spetta la decisione. In relazione al secondo
pro lo, invece, si dà rilevanza al fatto che l’attività svolta si caratterizza perché oggettivamente
giurisdizionale, a prescindere dal fatto che chi decide appartenga al corpo giudiziario o no.
Allora, la funzione giurisdizionale è quella funzione statale diretta all'applicazione della legge,
attivata su impulso delle parti (passività del giudice), per risolvere un con itto o una controversia,
esercitata ad opera di un soggetto terzo (terzietà del giudice), vincolato solo alla legge, nel
rispetto del principio del contraddittorio fra le parti, della pubblicità del procedimento e delle
motivazioni delle decisioni.
Il giudice deve essere passivo nel senso che no sta al giudice promuovere l’azione, deve essere
terzo perché se tale non fosse non sarebbe accettato dalle parti, deve essere vincolato solo alla
legge perché non deve ricevere istruzioni né dettare lui stesso il parametro in base al quale
decidere la controversia che ha davanti; il contraddittorio tra le parti serve a garanzia ce ciascuna
di esse possa farsi sentire dal giudice in condizioni di parità e la pubblicità del procedimento è a
garanzia della sua correttezza, mentre, in ne, la motivazione serve a consentire forme di controllo
successivo (da parte del giudice di secondo grado).
A seconda del tipo di giurisdizione, sono diversi i l nome e il ruolo delle parti in causa con
riferimento al soggetto che inizia l’azione e quello che la subisce o la contrasta, si chiamano:
• attore e convenuto nel processo civile;
• pubblico ministero e imputato nel processo penale;
• ricorrente e resistente nel processo amministrativa.
Tipica espressione della funzione giurisdizionale è la sentenza: cioè l’atto processuale del giudice
col quale questi risolve la questione sottoposta alla sua attenzione.
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La de nizione consente:
• di includere tutte quelle attività che hanno natura oggettiva di giurisdizione, ma sono svolte da
organi amministrativi o appartenenti al potere legislativo;
• di escludere quei compiti di natura amministrativa a dati dalla legge al corpo giudiziario.
I diversi u ci giudiziari trovano collocazione e sede all'interno dello stesso distretto, suddiviso a
tale scopo in circondari. Per le cause in materia civile sono previsti:
• il giudice di pace che ha una competenza limitata a cause "minori"; le sue sentenze si
impugnano presso il tribunale;
• il tribunale, il quale, a seconda del tipo di reato, può decidere in composizione monocratica o
collegiale (collegio formato da tre giudici); le sue sentenze si impugnano presso la corte
d’appello;
• la corte d'appello, giudice collegiale di secondo grado.
Per i reati più gravi, a tribunali e corti d'appello, si a anca la corte d'assise, le cui decisioni
possono essere impugnate in secondo grado presso la corte d'assise d'appello. Si tratta di
organi collegiali, caratterizzati dal fatto che a anco di due giudici di carriera si siedono 6 giudici
popolari (cittadini dotati di determinati requisiti di capacità, estratti a sorte).
La distribuzione del lavoro tra i diversi giudici è attuata in base al criterio della competenza per
cui, a seconda della tipologia del caso, è previsto che il processo si svolga presso un giudice
piuttosto che un altro. Invece la possibilità di ricorso in cassazione contro le sentenze di appello
si limita alle sole questioni di legittimità. Tra le funzioni della Corte di cassazione, fondamentale è
quella di assicurare l'uniforme interpretazione della legge; laddove ritenga che il giudice non
abbia interpretato in modo corretto la legge, può disporre l'annullamento della sentenza, in modo
che questo possa ripetere il processo applicando l'interpretazione corretta della legge quale
individuata dalla Corte di cassazione.
Accanto ai magistrati con funzioni giudicanti si collocano i magistrati con funzioni requirenti:
sono questi i magistrati del pubblico ministero, concentrati in u ci istituito presso i
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corrispondenti u ci giudicanti (presso ogni tribunale vi è una procura della Repubblica, presso
ogni corte d'appello vi è una procura generale della Repubblica e presso la Corte di cassazione vi
è la procura generale). I magistrati di questi u ci appartengono allo stesso corpo dei magistrati
con funzioni giudicanti, dal momento che non è prevista una carriera separata. Il compito dei
magistrati con funzioni requirenti è quello di perseguire l'interesse generale della giustizia. Perciò i
pubblici ministeri svolgono attività di stimolo rispetto a un giudizio in corso: in particolare hanno
l'obbligo di esercitare l’azione penale e svolgono le indagini sulle notizie di reato per mezzo della
polizia giudiziaria.
L'art. 102.2 Cost. fa divieto di istituire giudici straordinari, cioè creati dopo l'accadimento del
fatto da giudicare, giudici speciali, cioè con competenze ritagliate in base agli interessi o alle
materie in questione. Questo principio si ricollega a quello dell'art. 25 Cost. in base al quale
"nessuno può essere distolto da giudice naturale precostituito per legge" cioè: l'u cio giudiziario
individuato dalla legge sulla base di criteri determinati prima che la controversia insorga o prima
che sia commesso il reato. Ciò non esclude la possibilità di istituire sezioni specializzate per
materia, per una migliore organizzazione del carico di lavoro.
4. Le giurisdizioni speciali
È la stessa Costituzione, tuttavia, a prevedere alcune giurisdizioni speciali, che sono le
giurisdizioni:
• amministrativa;
• contabile;
• militare.
I giudici amministrativi hanno competenza per le controversie che vedono coinvolta la PA. In
base a quanto stabilito dall'art. 103.1 Cost. hanno giurisdizione "per la tutela nei confronti della PA
degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi.
I giudici contabili, secondo l'art. 103.2 Cost. hanno una giurisdizione riservata in "materia di
contabilità pubblica e nelle altre speci cate dalla legge”. Attualmente giudicano sulla
responsabilità amministrativa e contabile di amministratori, impiegati e tesorieri delle
amministrazioni pubbliche.
In base all'art. 103.3 Cost. "i tribunali militari in tempo di guerra hanno la giurisdizione stabilita
dalla legge. in tempo pace hanno giurisdizione soltanto per i reati militari commessi dagli
appartenenti alle Forze armate". E quindi un elemento soggettivo il requisito essenziale perché la
giurisdizione militare possa essere esercitata. Garante dell'ordinato svolgersi di tutte le attribuzioni
delle diverse giurisdizioni è la Corte di cassazione: ad essa spetta, da un lato, dirimere i con itti
di competenza tra i diversi giudici e, dall'altro, i con itti di giurisdizione tra giudici ordinari e
giudici speciali.
Ad ulteriore conferma della volontà di evitare ogni possibile condizionamento politico, e previsto
che i magistrati siano nominati solo dopo iI superamento di un concorso pubblico, che
garantisca imparzialità e un grado elevato di selezione tecnica. La nomina diretta di magistrati
onorari ai quali a dare sia compiti giudicanti che compiti requirenti, è prevista, ma solo a titolo di
mera eccezione ed e disciplinata dalla legge. Sono, ad esempio, magistrati onorari i giudici di
pace. La Costituzione prevede poi la partecipazione attiva dei cittadini all’attività giudiziaria. L’art.
102.3 Cost. stabilisce che “la legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo
all’amministrazione della giustizia”.
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L’autonomia dei magistrati è ra orzata dalla garanzia della loro inamovibilità: essi non possono
essere “dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito alla
decisione del Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di
difesa stabilite dall’ordinamento giudiziario o con il loro consenso”. Sono infatti molto ridotte le
possibilità di incidenza del ministro della giustizia: egli ha la facoltà di promuovere l’azione
disciplinare e una competenza generale in materia di organizzazione e funzionamento dei
servizi relativi alla giustizia.
Una posizione particolare è quella dei magistrati appartenenti agli u ci del pubblico ministero. La
Costituzione prevede, all’art. 107.4, che siano stabilite apposite garanzie di indipendenza: “il
pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull’ordinamento
giudiziario”.
È la legge a stabilire il numero dei componenti elettivi (attualmente 24), la durata in carica (4 anni),
il sistema elettorale e le norme di funzionamento dell’organo al quale non si può essere
immediatamente rieletti. Il Csm elegge un vicepresidente, il quale esercita le attribuzioni
a dategli dalla legge e tutte quelle che il PdR gli delega. Esso opera attraverso commissioni che
si occupano di speci che competenze. La composizione del Csm serve a garantire l’autonomia
del potere giudiziario e per evitare che si possa creare una vera e propria corporazione di
magistrati. La sezione dei membri laici è caratterizzata da un procedimento che assicura la
nomina di personalità con una certa autorevolezza. Al presidente spetta decretare lo
scioglimento del consiglio, sentito anche il parere dei presidenti delle Camere, qualora ne sia
impossibile il funzionamento.
Il Csm è l’organo cui la Costituzione ha a dato la gestione delle carriere e dello stato giuridico
dei magistrati, ssati dalla legge. Ciò vuol dire che si occupa dei concorsi in vista delle
assunzioni, delle assegnazioni di u cio e sede, delle promozioni e dei trasferimenti di u cio e
sede, dell’attribuzione degli incarichi direttivi e delle sanzioni disciplinari.
Tali attribuzioni devono coordinarsi con i poteri del ministro della giustizia il quale è competente
in materia di organizzazione e funzionamento dei servizi giudiziari. In base a quanto previsto dalla
legge il ministro possiede un sostanziale potere di richiesta in relazione ai provvedimenti del
Csm in materia di carriera e stato giuridico dei magistrati, ma la competenza ad adottare i relativi
provvedimenti spetta soltanto al Csm.
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Quanto alla sezione disciplinare, la funzione del Csm è quella di decidere l’eventuale
interrogazione delle sanzioni previste dalla legge nei confronti dei singoli magistrati giudicati
responsabili di comportamenti contrari ai doveri d’u cio o comunque non consoni alla loro
appartenenza all’ordine giudiziario. La procedura può scaturire sulla base di una richiesta del
ministro della giustizia o del procuratore generale presso la Corte di cassazione, cui spetta il
potere di promuovere l’azione disciplinare. Il procedimento disciplinare è strutturato come un
processo, ed è prevista anche la possibilità di ricorso in cassazione contro i provvedimenti del
Csm. L’assetto delineato dalla Costituzione per la magistratura ordinaria ha rappresentato un
modello per assicurare l’autonomia e l’indipendenza delle giurisdizioni speciali.
Improntato a tali nalità è l’art. 24 Cost., il quale stabilisce che “tutti possono agire in giudizio per
la tutela dei propri iritti ed interessi legittimi”, e garantisce nel contempo “ai non abbienti, con
appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione”: è questo il
fondamento del gratuito patrocinio che consiste appunto nell’assistenza legale a carico dello
Stato per coloro che non possono permettersela.
Il principio del diritto di difesa è contenuto nell’art.24.2 Cost. che dice: “la difesa è diritto
inviolabile in ogni stato e grado del procedimento”, a prescindere dal tipo di giurisdizione in
concreto attivata. In questo quadro si colloca il principio del giudice naturale precostituito per
legge attraverso la speci cazione contenuta nell’art. 25 Cost., secondo la quale nessuno può
esservi distolto, proprio per garantire pienamente la tutela giurisdizionale dei diritti del cittadino.
L’art. 111 Cost. contiene i principi del giusto processo. Secondo quanto stabilisce il primo
comma, “la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge”. In particolare,
viene speci cato dall’art. 111 Cost. che “ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti,
in condizioni di parità, davanti a un giudice terzo ed imparziale” e che il “processo penale è
regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova”. Questo articolo
riconosce, inoltre, alla persona accusata di un reato alcuni diritti fondamentali:
A. essere informato dei capi d’accusa a suo carico;
B. disporre del tempo e delle condizioni necessari per la preparazione della difesa;
C. interrogare i testimoni a so carico e a sua difesa, alle stesso condizioni dell’accusa, e ad
acquisire ogni mezzo di prova a suo favore;
D. essere assistito da un interprete se non comprende o non parla la lingua usata nel
processo.
La legge deve assicurare tali diritti e deve altresì assicurare una ragionevole durata dei
procedimenti giudiziari, a nché processi troppo lunghi non si trasformino di fatto in denegata
giustizia.
Titolari dell’azione disciplinare sono il ministro della giustizia e il procuratore generale presso la
Corte di cassazione, mentre competente a giudicare in materia è la sezione disciplinare del Csm.
Anche se non formalmente ricompreso tra le sanzioni di natura disciplinare, può giocare un ruolo
in certa misura analogo il potere del Csm di trasferire un magistrato per incompatibilità
ambientale.
Diverso il caso delle altre forme di responsabilità giuridica da parte dei magistrati. Essi sono
responsabili penalmente di ogni reato che commettono nell’esercizio delle loro funzioni, mentre,
dal punto di vista civilistico, la questione della loro responsabilità è regolata dalla l.117/1988.
Tale disciplina si applica a tutti i magistrati e prevede che “chiunque abbia subito un danno
ingiusto per e etto di un comportamento, di un atto o di un provvedimento giudiziario posto in
essere dal magistrato con dolo o colpa grave nell’esercizio delle sue funzioni, ovvero per diniego
di giustizia può agire contro lo Stato per ottenere il risarcimento dei danni”. Tale forma di
responsabilità riguarda solo le ipotesi di comportamenti dolosi, o non volontari ma di consistente
gravità. È inoltre speci cato che non può mai essere causa di responsabilità civile l’esercizio delle
tipiche funzioni valutative del magistrato.
La giustizia costituzionale è una delle conquiste più recenti del costituzionalismo moderno. Sir
Edward Coke, nel caso Bonham (1610) sostenne che quando un atto del parlamento è contrario
al diritto e alla ragione comune, o ripugnante , o di impossibile attuazione, la common law lo
controllerà e lo potrà giudicare nullo o privo di e cacia. Tale dottrina non ebbe seguito, però, in
Inghilterra dopo la Gloriosa Rivoluzione.
Nel Primo, e soprattutto nel Secondo dopoguerra, molte costituzioni recepirono il modello del
controllo giurisdizionali di costituzionalità e istituirono tribunali costituzionali. I principali ambiti in
cui opera la giustizia costituzionale sono:
• Il controllo della costituzionalità degli atti legislativi sotto un pro lo formale (conformità alle
norme costituzionali sul procedimento di adozione dell’atto) e sotto un pro lo sostanziale
(conformità al dettato delle norme costituzionali);
• Il sindacato sulle controversie tra i diversi organi o soggetti costituzionali relative alle loro
competenze costituzionali;
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• La tutela dei diritti fondamentali costituzionalmente garantiti.
• Controllo in via diretta (o in via d’azione) e controllo in via indiretta (o in via incidentale), a
seconda che sia consentito, ai soggetti legittimati a farlo, di impugnare direttamente (senza ltri)
o indirettamente (solo in certi ambiti e a certe condizioni) gli atti che si assumono contrastanti
con la Costituzione.
Tutti i giudici costituzionali sono scelti tra i magistrati anche a riposo selle giurisdizioni superiori
ordinaria e amministrative, i professori ordinari di università in discipline giuridiche e gli avvocati
con anzianità professionale di almeno vent’anni.
Il mandato dei giudici costituzionali dura 9 anni dalla data del giuramento e cessa senza
prorogatio; essi non sono rieleggibili. Il presidente della Corte è eletto dai suoi componenti per 3
anni ed è rileggibile. Quanto allo status di giudice costituzionale, la Costituzione stabilisce che il
relativo u cio è incompatibile con la carica di parlamentare, di consigliere regionale, con la
professione forense e con ogni altra carica o u cio indicati dalla legge.
Il presidente nomina un giudice relatore per l’istruzione e la relazione della causa. Egli coadiuva il
presidente, esponendo ai colleghi le questioni oggetto della causa ed aprendo con il proprio voto,
la fase deliberativa in camera di consiglio. Avvenuta la votazione, viene nominato un giudice
redattore del provvedimento. La coincidenza tra i due giudici è regola nella prassi della Corte.
Non mancano alcuni episodi di dissociazione delle due gure che possono essere ricollegati
all’eventualità che la tesi del relatore sia rimasta in minoranza sino al collegio. In tal senso, dal
2003, nelle relazioni annuali predisposte dal presidente si evidenziano sinteticamente i casi di
mancata coincidenza.
Nel nostro ordinamento sono sottoposti al controllo della Corte costituzionale esclusivamente gli
atti normativi primari statali e regionali.
Leggi ordinarie dello Stato, leggi regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano. Tutte
le leggi dello Stato, delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano possono essere
impugnate di fronte alla Corte costituzionale: ciò sia per ragioni relative alla forma e al
procedimento di adozione dell’atto sia per ragioni relative al contenuto delle prescrizioni
normative.
Decreti legge. La possibilità e ettiva che un decreto legge adottato dal governo sia giudicato
dalla Corte è condizionata dalla provvisoria vigenza del decreto stesso (60 giorni). È infatti
improbabile che la pronuncia della Corte avvenga prima della conversione in legge.
Statuti regionali ordinari. In base all’art. 123 Cost., la Corte può essere chiamata a sindacare la
legittimità costituzionale degli statuti delle regioni ordinarie. Vanno ricordate la natura preventiva
del controllo di legittimità e la speci cità del parametro di legittimità.
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Il termine di ra ronto ai ni del giudizio della Corte, il parametro, è dato innanzitutto dalle norme
costituzionali; in secondo luogo dalle norme, diverse da quelle costituzionali, cui la Costituzione fa
rinvio obbligando il legislatore a rispettarle. Si parla, a questo secondo riguardo, di norme
(parametro) interposte. Nel giudizio di legittimità costituzionale, pertanto, le norme interposte si
pongono al di sopra di quelle sottoposte al giudizio della Corte.
Sotto questi pro li si può parlare di illegittimità costituzionale dell’atto con riferimento a:
• Vizi formali. Attengono all’atto in quanto tale e si hanno quando un atto legislativo non rispetta
le regole che ne disciplinano il procedimento di formazione o anche la forma di pubblicazione;
La giurisprudenza della Corte include tra i vizi che possono dar luogo a illegittimità costituzionale
anche il vizio di irragionevolezza della legge. Il principio di ragionevolezza e il correlativo vizio
sono considerati strumenti utili a valutare tutte le ipotesi di atti normativi contrari alla funzione
generale del diritto e della Costituzione.
In questo modo si è cercato di conciliare due esigenze diverse: delimitare sul piano soggettivo le
vie d’accesso al giudizio della Corte e assicurare l’e cienza del giudizio di legittimità
costituzionale. Infatti la soluzione prescelta:
• Lega la possibilità di adire la Corte all’esistenza di una concreta controversia pendente
davanti a un giudice;
• Limita i ricorsi diretti a soggetti istituzionali quali cati, quali lo Stato e le regioni, escludendo
le altre ipotesi di ricorso diretto;
• Non prevede il ricorso diretto da parte di ciascun cittadino per la tutela dei propri diritti
fondamentali lesi da un atto dei pubblici poteri.
Un primo aspetto è quello di individuare il giudice a quo (organo giudicante legittimato a rinviare
la questione di costituzionalità alla Corte). La Corte costituzionale richiede due requisiti:
1. Requisito soggettivo: l’esistenza di un giudice incardinato nell’organizzazione della
magistratura ordinaria o amministrativa;
Un secondo aspetto riguarda chi può sollevare la questione di legittimità. Essa può essere:
• Sollevata su istanza di una delle parti del giudizio (private o pubblico ministero);
• Sollevata d’u cio da parte dello stesso giudice innanzi al quale pende il giudizio principale.
Le parti e il giudice devono precisare i termini e i motivi della questione di legittimità individuando
le disposizioni di legge o dell’atto avente forza di legge ritenute viziate (oggetto) e le disposizione
della Costituzione o delle leggi costituzionale violate (parametro). A nché la questione di
legittimità possa accedere al giudizio della Corte è necessario che il giudice a quo accerti che:
In presenza dei suddetti presupposti il giudice a quo del sospendere il giudizio in corso per
rimettere con ordinanza la questione di legittimità alla Corte costituzionale. L’ordinanza deve
contenere i termini e i motivi della questione. Se il giudice non riscontra l’esistenza delle due
condizioni di ammissibilità, respinge con ordinanza motivata l’eccezione di illegittimità
costituzionale per irrilevanza o per manifesta infondatezza.
Deciso il rinvio alla Corte costituzionale il giudice a quo provvede a noti care l’ordinanza sia alle
parti in causa sia al pubblico ministero, se presente. Quest’ordinanza viene pubblicata sulla
Gazzetta U ciale e, quando occorre, nel Bollettino U ciale della regione interessata: la
pubblicazione serve a far sì che tutti gli operatori del diritto potenzialmente interessati siamo
messi al corrente dell’imminente instaurarsi di un giudizio di legittimità. Trascorsi i 20 giorni dalla
noti ca dell’ordinanza di rinvio, il presidente della Corte nomina un giudice relatore e convoca la
Corte entro i 20 giorni successivi per la discussione della questione.
Il giudizio in via d’azione ha carattere di procedimento astratto, nel senso che le disposizioni
vengono valutate sotto il pro lo del proprio contenuto prescrittivo, a prescindere dalla loro
applicazione. Il ricorso deve essere motivato in modo da evidenziare con chiarezza la questione e
lo speci co interesse sotteso. Inoltre, il ricorso in via d’azione è disponibile essendo il giudizio di
costituzionalità un giudizio di parti.
Mentre le ordinanze sono succintamente motivate, le sentenze hanno una forma tipica in cui si
distinguono:
a) la motivazione in fatto, cioè l’esposizione dei fatti della causa;
b) la motivazione in diritto, cioè le ragioni che giusti cano la decisione adottata;
c) il dispositivo, cioè la soluzione della controversia costituzionale.
Le decisioni della Corte, a seconda del contenuto, possono distinguersi in decisioni processuali
o di merito: nel primo caso il giudizio lascia impregiudicata la questione di costituzionalità; nel
secondo la Corte entra nel merito della questione di legittimità e la risolve.
Le sentenze di merito della Corte possono essere classi cate secondo più criteri, alternativi e
concorrenti:
• Accoglimento: quando il dubbio di costituzionalità della legge risulta fondato la legge viene
annullata;
• Rigetto: quando il dubbio di costituzionalità della legge risulta infondato la legge resta in
vigore;
• Interpretativa di accoglimento: la questione di illegittimità risulta fondata solo se
interpretata in un certo modo;
• Interpretativa di rigetto: viene ritenuta non fondata la questione di legittimità in quanto una
legge può e deve essere interpretata in modo conforme alla Costituzione;
• Accoglimento parziale o ablative: riguardano leggi che non sono incostituzionali in toto, ma
solo in una parte del loro contenuto. La leggi, quindi, rimane in vigore ma si elimina la parte
incostituzionale;
• Sostitutive: viene dichiarata illegittima una certa norma che viene eliminata e
contemporaneamente sostituita con un’altra;
• Additive: dichiarano incostituzionale una legge per quello che omette di prevedere ma che
per la Costituzione è necessario. Viene quindi aggiunta una norma al testo dalla stessa Corte;
• Additive di principio: si limitano ad individuare il principio generale in base al quale una
certa materia va disciplinata: non impongono una disciplina speci ca ma lasciano al
legislatore la possibilità di scegliere come attuare quel principio.
La Corte costituzionale può utilizzare la motivazione delle sue decisioni per una sorta di dialogo
con il legislatore, nel senso che essa stessa suggerisce criteri generali in base ai quali elaborarle.
Si è parlato in passato di sentenze monito: classica è la sent. 225/1974, in cui la Corte individuò
le linee essenziali che la disciplina del settore radiotelevisivo avrebbe dovuto seguire.
Peraltro, decisioni che contengono moniti, cioè indicazioni, sollecitazioni, auspici, richiami rivolti al
Parlamento, sono andate moltiplicandosi. Questi moniti non hanno però valore vincolante, e anzi il
più delle volte rimangono senza un opportuno seguito parlamentare.
Alla sentenza di incostituzionalità vanno riconosciuti alcuni limitati e etti retroattivi: essa opera
nei confronti di rapporti giuridici pendenti e non vale nei confronti di rapporti esauriti (sentenza
passata in giudicato, diritti estinti per prescrizione, decadenza dall’esercizio di un potere). Il
principio di intangibilità del giudicato è derogato nell’ipotesi di sentenze penali di condanna,
anche se irrevocabili. In questo caso, il principio della certezza del diritto cede di fronte al
superiore principio del favor libertatis, che tutela la persona condannata in applicazione di una
norma incostituzionale.
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Alla Corte costituzionale non è consentito di disporre in ordine agli e etti nel tempo delle proprie
decisioni. Ma nella prassi si hanno alcuni casi in cui la Corte cerca di limitare o diluire gli e etti nel
tempo di una decisione di incostituzionalità.
Sul piano oggettivo il giudizio della Corte costituzionale concerne la delimitazione della sfera di
attribuzioni costituzionalmente spettante agli organi e ai soggetti costituzionali. Ogni tipo di
con itto dà luogo ad un giudizio di parti. Esso può avere per oggetto:
• La titolarità di un competenza che ciascun organo o soggetto in con itto rivendica come
propria: vendicatio potetstatis;
• L’illegittimo esercizio di una competenza da parte di un organo o soggetto cui consegue la
menomazione della sfera di attribuzione di altro organo o soggetto: cattivo uso del potere.
La Corte costituzionale risolve il con itto stabilendo a chi spetta la titolarità o come debba essere
esercitata.
Il riparto delle competenze può essere violato da un qualsiasi fatto o atto posto in essere da un
organo o da un soggetto costituzionale, sia commissivo che omissivo. Quando è stato emanato
un atto formale viziato da incompetenza, la Corte lo annulla contestualmente alla dichiarazione
sulla titolarità o sul modo di esercizio delle attribuzioni in contestazione.
In ogni caso il con itto presuppone un atto, un comportamento, una dichiarazione, un’omissione
di un organo o di un soggetto dai quali possa conseguire una lesione in concreto alle attribuzioni
di un altro organo o soggetto, sicché la parte lesa debba avere interesse a ricorrere.
Sono pertanto inammissibili i con itti ipotetici o virtuali, che ricorrono quando non sono sorte in
concreto contestazioni relative alla delimitazione di attribuzioni costituzionalmente garantite. In
quanto giudizi di parti, i con itti di attribuzioni si estinguono per e etto della rinuncia al ricorso da
parte del ricorrente accettata da parte del resistente.
A loro volte, è possibile distinguere i con itti tra poteri da altri con itti di competenza tra organi
all’interno dello stesso potere: i primi riguardano organi costituzionali e, per tale ragione sono
a dati al giudizio della Corte quale organo di garanzia super partes; i secondi sono quelli la cui
risoluzione è a data ad organi appartenenti al medesimo potere, non importa se in posizione di
parità o di superiorità gerarchica.
Nei con itti tra poteri dello Stato le parti del con itto sono non predeterminate. La
determinazione è a data alla Corte: essa deve stabilire in via preliminare (giudizio preventivo di
ammissibilità) se esiste “materia del con itto”, individuando quali sono i poteri dello Stato (pro lo
soggettivo) e quali sono le attribuzioni la cui tutela può essere invocata innanzi al giudice
costituzionale (pro lo oggettivo).
• Sotto il pro lo soggettivo diventa decisivo il criterio ssato dalla legge: i poteri sono gli “organi
competenti a dichiarare in via de nitiva la volontà dei poteri cui appartengono”, ossia gli organi
costituzionali che sono abilitati a produrre decisioni autonome e indipendenti, tali da impegnare
l’intero potere a cui appartengono. All’interno del potere legislativo, decisioni impegnative
dell’intero potere possono essere prese sia dalla Camera che dal Senato, ma anche dalle
commissioni in sede deliberante, abilitate ad approvare in via de nitiva i testi di legge (art. 72.3
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Cost.), nonché da commissioni parlamentari d’inchiesta (art. 82 Cost.) e dalla commissione
parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.
Nell’ambito del potere esecutivo il ruolo di vertice spetta al governo nella sua interezza, in
quanto organo titolare dell’indirizzo politico e amministrativo, in virtù del rapporto duciario con
il Parlamento. Organo competente a manifestare in via de nitiva la volontà dell’esecutivo è il
Presidente del consiglio, il ministro della giustizia, mentre gli altri ministri non sono legittimati ad
essere parte di un con itto di attribuzione salvo il caso in cui la responsabilità individuale sia
fatta valere dalle Camere con mozione di s ducia individuale che non coinvolga l’indirizzo
politico dell’intero governo.
Più complessa è la questione nel caso del potere giurisdizionale, perché l’ordine giudiziario
non è strutturato gerarchicamente. La Corte costituzionale ha accolto una nozione ampia di
potere giurisdizionale e come potere di uso, sicché ogni giudice può impegnare l’intero potere
a cui appartiene.
• Sotto il pro lo oggettivo, i con itti tra poteri riguardano attribuzioni determinate da norme
costituzionale. Questo signi ca che solo le attribuzioni costituzionalmente rilevanti possono
essere tutelate innanzi alla corte perché espressamente previste in disposizioni costituzionali o
perché sono tali da integrare e sviluppare il quadro organizzativo della Costituzione.
Il con itto di attribuzione tra poteri dello Stato può sorgere con riferimento a qualsiasi atto, a
di erenza dei con itti intersoggettivi. La Corte costituzionale ha ammesso anche il con itto tra
poteri per atti legislativi. Secondo questa esiste la possibilità di sollevare con itto tra poteri in
relazione all’adozione di un atto legislativo tutte le volte in cui lo strumento del con itto costituisce
un mezzo di tutela più immediato ed e cace. Successivamente, la Corte, ha esteso il con itto tra
poteri a tutti gli atti legislativi, stabilendo che giudizio di legittimità e con itto tra poteri
costituiscono mezzi concorrenti di tutela.
2. Giudizio di merito che si svolge tra le parti pre gurate dall’ordinanza di ammissibilità; la
Corte risolve il con itto dichiarando il potere al quale spettano le attribuzioni contestate e,
dove sia stato emanato un atto, lo annulla con sentenza.
I con itti intersoggettivi non possono insorgere sulla base di atti legislativi, in quanto in relazione a
tali atti sia lo Stato che la regione hanno a disposizione il distinto strumento del “ricorso di
legittimità costituzionale in via principale, ricorso al quale sono previsti un oggetto diverso e una
decisione avente contenuto, natura ed e cacia di erenti”.
Al di fuori degli atti legislativi, qualsiasi atto è idoneo a determinare materia di con itto purché sia
tale da comportare una lesione in concreto di attribuzioni costituzionalmente rilevanti. Il
procedimento non prevede un previo giudizio di ammissibilità, ma si apre con la presentazione del
ricorso, entro il termine perentorio di 60 giorni ricorrenti dalla noti cazione, pubblicazione o
conoscenza dell’atto invasivo. Il ricorso deve indicare come sorge il con itto e speci care quale
sia l’atto invasivo e può anche contenere la richiesta di sospensiva dello stesso. La Corte decide
con ordinanza sulla richiesta di sospensiva, con sentenza sul merito di controversia,
eventualmente annullando l’atto invasivo.
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