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Il regionalismo internazionale
Il fenomeno del regionalismo si è storicamente realizzato molto prima della spinta
internazionalista degli Stati.
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Le prime forme di concertazione regionale ebbero luogo infatti all’inizio del XIX secolo in
Europa e in America, attraverso il ricorso al meccanismo tradizionale delle conferenze
diplomatiche istituzionalizzate.
La dottrina ancora non è unanime nel de nire le di erenze tra le organizzazioni universali
e quelle regionali.
Le organizzazioni a carattere universale sarebbero quelle che “hanno la tendenza ad
assumere carattere universale” o che sono “potenzialmente” universali.
Le organizzazioni a carattere regionale sarebbero, invece, quelle organizzazioni costituite
da Stati appartenenti ad una data area geogra ca, risultante non soltanto dalla mera
contiguità geogra ca, ma anche da una serie di fattori politici, economici e culturali, che
creano una comunanza di interessi tra gli Stati che ne fanno parte, in modo da avere una
certa omogeneità tra i membri dell'organizzazione.
Il fenomeno del regionalismo può dar vita anche a diverse dimensioni, che soprattutto nei
tempi recenti hanno avuto uno sviluppo importante.
La dimensione subregionale, ad esempio, si veri ca quando si instaurano rapporti
particolari tra i membri di una data organizzazione regionale, dando vita a forme di
cooperazione istituzionale più approfondite sia nel campo economico sia in quello
politico-militare.
La dimensione interregionale, invece, si rende quasi necessaria dato il crescente numero
e l’elevata in uenza delle organizzazioni regionali.
Il fenomeno “regionale”, in ogni caso, risulta essere estremamente collegato con la spinta
internazionalistica e universale degli Stati.
La dottrina, in particolare, ha creato due diversi modelli interpretativi in cui si esplica il
rapporto, variegato e delicato, tra l’elemento regionale e quello universale.
In primo luogo, il modello universale-regionale nasce dopo la seconda guerra mondiale
come reazione al modello della Società delle Nazioni, fallito clamorosamente nel
1939-1940.
Il modello imperniato sulla Società delle Nazioni si fondava sul concetto di mantenere la
pace e la sicurezza mondiale tramite una situazione di assenza di con itti.
Il modello successivo, invece, si basa sull'idea che la pace possa essere mantenuta solo
attraverso la promozione dello sviluppo economico e sociale nel mondo, creando le
condizioni per una convivenza paci ca tra i popoli.
Questa nuova nalità ha fatto sì che si creasse non solo l'Organizzazione delle Nazioni
Unite, ma anche una serie di numerosi enti che operano in contesti speci ci.
L’ONU, in questo contesto, assume il ruolo di guida degli istituti specializzati per arrivare
allo scopo generale di mantenere la pace.
Tale ente, in realtà, non si è limitato a coordinare i vari istituti, ma talvolta intervenuto
direttamente in alcune questioni speci che.
Il modello in questione si caratterizza per il fatto che vi è un rapporto di subordinazione
tra le Nazioni Unite e tutta una serie di organismi specializzati, sebbene questi ultimi non
perdano la propria soggettività.
In secondo luogo, il modello regionale-universale si basa sull'istituto internazionale
regionale, che sta ottenendo sempre maggior successo a livello globale.
Il successo di questa organizzazione si spiega con il fatto che, nel mondo globalizzato, i
piccoli Stati hanno la sola possibilità di far sentire proprio peso attraverso organismi
collettivi che li uniscano ad altre piccole-medie potenze.
Il modello regionale-universale ha la propria spinta propulsiva non dall'alto, come avviene
nel modello precedente in cui l'ONU dirige e coordina, bensì dal basso, ossia dalle
organizzazioni regionali.
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Le classi cazioni delle organizzazioni internazionali
Le organizzazioni internazionali possono essere classi cate, a titolo esempli cativo,
seguendo alcuni criteri.
In primo luogo, le organizzazioni internazionali si possono distinguere in organizzazioni
chiuse ed in organizzazioni aperte.
Le prime sono limitate al gruppo di Stati originario che le ha costituite senza prevedere
alcuna ipotesi di allargamento.
Le seconde invece sono aperte alla partecipazione di Stati che si aggiungono
progressivamente al nucleo degli Stati originari e fondatori.
In secondo luogo, gli enti internazionali sono suddivisi in organizzazione a vocazione o
tendenza universale e in organizzazioni a vocazione o tendenza regionale.
Le organizzazioni universali, o più correttamente a tendenza universale, sono quegli enti
che non pongono alcun limite alla provenienza degli Stati membri e che vorrebbero poter
accogliere nel loro ambito tutti gli Stati del mondo.
Questa caratteristica si tratta però solo di una tendenza, che non potrà mai dar luogo ad
una sovrapposizione fra l'organizzazione internazionale considerata e la comunità
internazionale.
Le organizzazioni a carattere regionale invece sono caratterizzate dall'essere costituite nel
contesto di un ambito geogra co determinato e quindi limitate agli Stati appartenenti alla
medesima regione geopolitica.
Questo tipo di relazioni ha conosciuto uno sviluppo importante nella seconda metà del
Novecento, tale da individuare anche una cooperazione di carattere sub-regionale e
talvolta inter-regionale.
In terzo luogo, le organizzazioni internazionali si distinguono in enti di cooperazione o enti
di integrazione.
Gli enti di cooperazione sono caratterizzati dal fatto che in essi gli Stati mantengono una
spiccata individualità ed autonomia.
Gli enti di integrazione, invece, prevedono che gli Stati rinuncino parzialmente ad una
certa autonomia e sovranità per integrare fra loro l'economia o altri settori di interesse
comune, no a poter giungere a forme così integrate da poterli considerare enti
sovranazionali, che possono costituire l'elemento di raccordo per giungere a forme
ancora più integrate (confederazione di Stati, federazione sovranazionale).
In quarto luogo, gli enti internazionali si distinguono in organizzazioni con compiti generali
e in organizzazioni con compiti speci ci e settoriali.
In quinto luogo, le organizzazioni internazionali si ripartiscono in organizzazioni
economiche, organizzazioni nanziarie, organizzazioni militari, organizzazioni tecnico-
amministrative e organizzazioni scienti che.
I poteri impliciti
La teoria dei “poteri impliciti” è stato lo strumento attraverso il quale la dottrina e la
giurisprudenza hanno cercato di risolvere il problema della genericità delle competenze di
alcune organizzazioni internazionali o della loro necessità di adeguarsi alla diversità dei
tempi.
Tale teoria trova il suo principio ispiratore nella giurisprudenza costituzionale degli Stati
Uniti d'America, secondo la quale lo Stato federale possiede non solo i poteri enunciati
espressamente nella costituzione, ma anche tutte le prerogative necessarie e funzionali
ad esercitare i propri compiti.
La Corte permanente di giustizia internazionale nel parere del giugno 1925 relativo alle
competenze dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro accennò già a tale principio,
adattandolo per la prima volta all’ordinamento internazionale.
La Corte internazionale di giustizia nel celebre parere del 1949 a ermò che
l'Organizzazione delle Nazioni Unite dispone dei poteri necessari per svolgere le proprie
funzioni e quindi anche di quei poteri che, seppure non enunciati espressamente nella
carta, sono comunque conferiti all'organizzazione in quanto essenziali per l'esercizio delle
sue funzioni.
La Corte ha utilizzato questo principio anche per giusti care successivamente la
creazione del Tribunale amministrativo delle Nazioni Unite, organo sussidiario destinato a
dirimere le controversie di lavoro, ma non originariamente previsto nella Carta di San
Francisco.
La Corte in questo caso ha a ermato che il potere di creare un tribunale per assicurare il
buon funzionamento del segretariato era necessariamente implicito nella costituzione
delle Nazioni Unite.
La funzione normativa
Le organizzazioni internazionali svolgono numerose attività, funzionali al raggiungimento
dello scopo previsto nel proprio atto istitutivo.
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Esse esercitano generalmente tre tipologie principali di funzioni, ossia la funzione
normativa, la funzione giurisdizionale e la funzione di controllo.
La funzione normativa degli enti internazionali si di erenzia in due tipologie fondamentali,
ossia la funzione normativa interna e la funzione normativa esterna.
La funzione normativa interna si esplica generalmente in risoluzioni e raccomandazioni,
attraverso le quali l’ente organizza concretamente la sua struttura amministrativa,
seguendo le linee guida contenute nello Statuto.
La funzione normativa esterna, invece, si esplica con l’adozione di atti che vanno ad
incidere sull’ordinamento giuridico internazionale.
Tale funzione può essere perseguita attraverso due tipologie principali di atti di diritto
internazionale, ossia l’adozione di atti contenenti gli standards minimi che regolano
l’azione degli Stati in determinate attività o la conclusione di accordi internazionali o
convenzioni o atti analoghi.
L’ente internazionale può adottare, infatti, un atto interno con carattere obbligatorio, volto
a disciplinare una speci ca questione rientrante nella facoltà dell’ente stesso.
L’ICAO, ad esempio, ha adottato varie raccomandazioni e procedure indispensabili alla
sicurezza della navigazione aerea.
L’OMS, ancora, emana disposizioni analoghe a proposito dei regolamenti sanitari o
farmaceutici.
Gli Stati membri, in questi casi, hanno però una certa libertà di azione, poiché in
determinate situazioni e con adeguate maggioranze, gli organi interni dell’ente possono
annullare gli e etti erga omnes della obbligatorietà della raccomandazione.
L’ente internazionale può anche decidere di promuovere o di presiedere il procedimento
che porta alla stipulazione di un accordo internazionale.
Esso, in questo caso, può semplicemente agevolare l’incontro tra le parti contraenti
oppure può costituire il luogo nel quale si svolgono i negoziati e la conclusione
dell’accordo.
L’organizzazione, una volta che l’atto è stato redatto, stipulato ed è entrato in vigore, non
interferisce però nell’accordo, dato che questo si con gura come un accordo fra Stati ed
obbedisce alle norme generali del diritto internazionale e, in particolare, alla Convezione
di Vienna del 1969.
Le organizzazioni aventi un rilevante potere decisionale, come ad esempio l’Unione
Europea, di cilmente fanno ricorso all’adozione diretta di accordi internazionali, dato che
queste possono porre obblighi direttamente nei confronti dei cittadini degli Stati membri,
utilizzando strumenti giuridici più veloci e meno impegnativi.
Le organizzazioni internazionali pongono in essere accordi internazionali per di erenti
motivi.
La conclusione dell’accordo può rappresentare lo strumento essenziale attraverso il quale
l’organizzazione stessa opera per il perseguimento dei suoi scopi.
L’OIL, ad esempio, ha lo scopo di migliorare le condizioni di lavoro degli individui e tale
scopo viene perseguito proprio attraverso la formulazione, contenuta poi in accordi
internazionali, di un complesso di norme minime che dovranno poi essere adottate dai
singoli Stati membri.
La conclusione di un accordo internazionale può anche rappresentare solo uno degli
strumenti attraverso i quali una organizzazione internazionale persegue i suoi obbiettivi,
ma non il principale.
L’UNESCO o la FAO, ad esempio, concludono numerosi accordi internazionali, anche se
la loro attività principale consiste nello sviluppo dei programmi culturali ed educativi o
alimentari.
La conclusione di trattato può in ne rappresentare lo strumento grazie al quale si procede
all’attuazione dell’articolo 13 della Carta delle Nazioni Unite, ossia allo sviluppo
progressivo del diritto internazionale e della sua codi cazione.
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La Convezione di Vienna sul diritto dei trattati o la Convezione di Montego Bay rientrano,
ad esempio, in questo modello.
Le prime due tipologie di rapporto tra l’accordo e l’ente impongono che il procedimento
di elaborazione, conclusione ed adozione del testo si svolga all’interno
dell’organizzazione stessa.
Le organizzazioni internazionali nelle quali l’elaborazione delle convezioni è lo strumento
normale dell’attività dell’ente godono del cosiddetto “soft law”, ossia della possibilità di
inviare note o pareri non giuridicamente vincolanti, ma comunque aventi una certa
in uenza, che hanno lo scopo di far adeguare gli Stati ad una certa condotta.
La funzione di controllo
La funzione di controllo delle organizzazioni internazionali si è sviluppata allo scopo di
veri care che il comportamento degli Stati sia conforme agli obblighi convenzionalmente
assunti.
Gli obblighi sottoposti all'accertamento vanno distinti in ragione dell'accordo
internazionale dal quale derivano.
Da una parte, vi sono gli obblighi che derivano dall'atto istitutivo dell'ente e dagli atti
adottati in applicazione del medesimo.
Dall'altra parte, vi sono invece gli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali
negoziate e concluse nell'ambito dell'ente considerato e dalle raccomandazioni che sono
state rivolte agli Stati, anche nella forma di atti di soft law.
Gli obblighi derivanti dall'accordo istitutivo, dagli atti ad esso conseguenti e dalle
raccomandazioni adottate dagli enti sono intimamente collegati all'ordinamento dell'ente
stesso e perciò appare coerente che questo preveda obblighi in virtù del rispetto dei quali
siano istituiti organi e procedure di controllo.
Gli obblighi derivanti invece dalle convenzioni internazionali negoziate e concluse
nell'ambito dell'organizzazione non sembrano collegati all'ordinamento della stessa.
Il controllo di convenzioni internazionali stipulate nell’ambito di organizzazioni in cui ciò
costituisce il normale strumento operativo dell'ente per il raggiungimento dei suoi scopi
risulta in realtà estremamente importante e sicuramente connesso con l'ordinamento
dell'ente stesso.
Il controllo di convenzioni internazionale stipulate nell’ambito di enti in cui ciò rappresenta
soltanto uno degli strumenti operativi dell’ente stesso è esplicitamente a dato
all’organizzazione dagli stessi Stati contraenti e non costituisce una esigenza funzionale
per la attività della stessa.
La funzione di controllo delle organizzazioni internazionali si esplica attraverso due
distinte procedure.
La suddetta funzione può essere esercitata da organi istituzionalmente appartenenti alla
struttura dell'ente o anche da organi sussidiari, ma sempre riconducibili alla medesima
struttura.
La funzione di controllo può essere esercitata da una serie di organi di controllo ad hoc,
istituiti nella convenzione la cui attuazione sarà poi oggetto del controllo o in protocolli o
altri atti a quest'ultima legati.
Gli organi ad hoc, in quanto istituiti dalla convenzione internazionale di riferimento, non
appartengono certo alla struttura di alcun ente internazionale ma vengono di fatto a
quest'ultimo ricondotti in funzione del rapporto di origine che ha visto la convenzione
elaborata e negoziata nell'ambito dell'organizzazione stessa.
La funzione di controllo va ad indagare essenzialmente il comportamento degli Stati in
relazione agli impegni assunti dagli stessi.
Tale controllo, sebbene l'attività degli Stati si concretizzi essenzialmente in atti, non potrà
essere un controllo formale su atti, poiché si tratta generalmente di atti interni dello Stato,
non rilevanti come atti giuridici per l'ordinamento dell'ente.
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Il sindacato riguarderà quindi il comportamento e ettivo e complessivo dello Stato, e non
i singoli atti interni che lo determinano.
La funzione di controllo, per essere esplicata, necessita che gli organi di controllo degli
enti siano dotati di mezzi idonei, primi fra tutti una serie di strumenti predisposti al ne di
consentire all'organo di controllo la conoscenza degli atti e dei comportamenti sui quali
esercitare la propria attività.
Il potere di informazione si esplica attraverso due distinte procedure: da una parte si
impone l'obbligo della presentazione di un rapporto periodico sull'attività svolta, dall'altra
si attribuiscono all'organo incaricato del controllo determinati diritti di informazione, intesi
a completare le notizie ricevute ed a conoscere i fatti e gli atti che non gurano nei
rapporti u ciali.
La redazione dei rapporti periodici è uno strumento che presenta però alcuni limiti, dal
momento che presuppone la buona fede e la volontà di collaborazione da parte dello
Stato obbligato a presentare il rapporto.
L'ordinamento internazionale ha superato i difetti del sistema dei rapporti prevedendo
l'attribuzione all'organo di controllo di un ente internazionale di determinati poteri di
informazione; l'organo che giudica insu cienti le notizie ricevute attraverso il rapporto
periodico dispone infatti di poteri più o meno ampi per richiedere direttamente agli Stati le
notizie che reputa opportuno conoscere.
Il menzionato potere di informazione potrebbe però anche rivelarsi insu ciente ai ni di
un'e cace sindacato.
Esso permette infatti di procedere soltanto attraverso l'esame di documenti, quando
potrebbe essere invece necessario conoscere e valutare alcuni fatti, oltre che gli atti.
L'ordinamento internazionale ha cercato di superare anche questo difetto tramite la
creazione di un sistema di controlli avente ad oggetto il comportamento di uno Stato che
si esplica attraverso la diretta ispezione dell'organo di controllo sul territorio dello Stato
stesso.
Questa procedura è riscontrabile soltanto in pochi casi e normalmente viene utilizzata per
valutare comportamenti come l'applicazione di una convenzione internazionale o
comportamenti che trovano la loro origine direttamente nell'atto istitutivo.
La peculiarità di tale procedura consiste nel prevedere non soltanto l'esame dei mezzi e
degli atti forniti dallo Stato, ma nel consentire anche la valutazione diretta dei fatti
concreti.
La funzione di controllo in alcuni casi assume speci che forme di monitoraggio, come ad
esempio nel caso dei diritti umani.
Il sistema delle Nazioni Unite, nell'ambito della promozione e della protezione dei diritti
umani, prevede apposite procedure per il monitoraggio del rispetto dei diritti da parte
degli Stati membri.
In primo luogo, il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, in seguito alla
segnalazione di situazioni nelle quali si è veri cata una grave violazione dei diritti umani,
può inviare una comunicazione urgente all'attenzione delle autorità di governo a nché
forniscano soddisfacenti elementi di risposta in merito.
In secondo luogo, il Consiglio dei diritti umani, sempre in seguito alla segnalazione di
situazioni di violazione dei diritti umani, può e ettuare negli Stati membri visite tecniche al
ne di veri care lo stato dei diritti umani e di darne conto in un rapporto di missione.
In terzo luogo, due diversi gruppi di lavoro delle Nazioni Unite svolgono una particolare
funzione di tutela.
Il primo gruppo, composto da cinque membri in carica per tre anni, ha il mandato di
esaminare le comunicazioni, di veri carne l'ammissibilità e di pronunciarsi sul merito,
procedendo poi con la richiesta di informazione allo Stato interessato e alla trasmissione
del dossier al secondo gruppo.
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Il secondo gruppo, che ha una composizione speculare al primo, elabora un rapporto e
formula le proprie raccomandazioni al Consiglio dei diritti umani per l'adozione di una
decisione.
Numerose convenzioni internazionali sui diritti umani, come ad esempio la Convenzione
europea in materia o la Convenzione americana dei diritti dell’uomo, prevedono una
funzione di controllo ad iniziativa di parte, nel senso cioè che queste possono essere
iniziate sulla base di una richiesta, denuncia, comunicazione o altra formula presentata
dal soggetto che venuto a conoscenza del comportamento di violazione degli obblighi
assunti o che ne ha un diretto interesse per essere coinvolto nella lesione di un diritto che
tale violazione consegue.
Tali convenzioni prevedono generalmente due tipologie di procedure, conferendo tale
prerogativa o agli Stati o agli individui che lamentano la lesione del diritto.
Quest'ultima procedura in realtà ha incontrato di coltà di accettazione da parte degli
Stati membri, che di cilmente accettano di essere chiamato in giudizio di fronte ad un
organo internazionale per indicativa di un individuo di un gruppo di individui.
La funzione di controllo può prevedere anche un tipo di controllo nanziario e contabile,
talvolta disciplinato nello stesso atto istitutivo o in regolamenti interni.
Le disposizioni contenute negli atti istitutivi si limitano generalmente a prevedere, nelle
sue grandi linee, l'iter necessario e le competenze per l'approvazione del bilancio; il
regolamento nanziario dei singoli enti disciplina invece in modo dettagliato la procedura
di controllo.
La funzione di controllo nanziario e contabile è caratterizzata da tre fasi successive, che
corrispondono a tre diversi momenti nei quali si esercita il controllo stesso.
La prima fase ha un carattere preventivo e il controllo in questa sede ha per oggetto il
bilancio, che deve essere approvato ed eseguito dagli organi competenti.
La seconda fase ha un carattere contemporaneo e concomitante e si e ettua nello stesso
tempo dell'esecuzione del bilancio ed all'interno dello stesso organo a ciò predisposto.
La terza fase ha un carattere posteriore e si interessa di veri care che l'esecuzione di
bilancio sia stata conforme alle disposizioni.
La funzione di controllo, in anni più recenti, ha registrato una evoluzione particolare, in
quanto molte organizzazioni internazionali hanno sviluppato la tendenza a monitorare e
valutare, in termini di e cacia, funzionalità e risultati, l'operato dei singoli organi interni.
La funzione di valutazione può con gurarsi come interna o esterna all'apparato
dell'organizzazione, in relazione all'attribuzione della competenza valutativa ad organi
facenti parte o meno del suddetto apparato.
Il sistema delle Nazioni Unite prevede un apposito gruppo intergovernativo (UNEG), con
43 membri rappresentanti gli u ci competenti per il controllo dell’amministrazione dei
singoli organismi e diretto da un rappresentante del Fondo delle Nazioni Unite per lo
Sviluppo, al ne di veri care la conformità tra le decisioni prese dagli organi esecutivi e
l’attuazione delle stessa da parte dell’apparato amministrativo.
La funzione giurisdizionale
La funzione giurisdizionale delle organizzazioni internazionali ha avuto uno sviluppo
di erenziato in funzione dell'oggetto del controllo.
In primo luogo, la funzione giurisdizionale si esercita in relazione al rapporto di lavoro fra
l'ente medesimo ed i suoi funzionari ed agenti.
Questa forma giurisdizionale si esercita solo nei confronti di una particolare categoria di
individui, ossia i funzionari e gli agenti dell'organizzazione.
L'autonomia riconosciuta alle organizzazioni internazionali ha fatto sì che storicamente gli
organi giudiziari degli Stati membri non avessero la legittimità ad intervenire in relazione ai
rapporti di lavoro fra l'ente e i funzionari.
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La prassi ha quindi visto nascere organi ad hoc istituiti nell'ambito di ciascuna
organizzazione internazionale, primi fra tutti il Tribunale amministrativo delle Nazioni Unite
e il Tribunale amministrativo dell’OIL, idonei a dirimere le controversie sul rapporto di
lavoro.
In secondo luogo, la funzione giurisdizionale si esercita anche sugli atti dell'ordinamento
interno dell'ente allo scopo di valutarne la legittimità.
Questa forma giurisdizionale è tuttavia molto poco sviluppata.
La soluzione più avanzata al riguardo è certamente quella iniziata con la CECA, sviluppata
poi nell'ordinamento della Unione Europea, nel cui contesto la Corte di giustizia esercita
un completo controllo giurisdizionale sugli atti delle istituzioni ed anche sui
comportamenti delle stesse.
In terzo luogo, la funzione giurisdizionale si esercita nei confronti degli Stati,
distinguendosi in una funzione che ha ad oggetto le controversie che sorgono all'interno
dell'ordinamento dell'ente tra Stati membri o tra questi e l'organizzazione e le
controversie sorte sempre fra Stati, ma nell'ambito di una convenzione internazionale
elaborata e redatta all'interno dell'organizzazione per libera scelta degli Stati.
Le controversie fra Stati membri o fra essi e l'organizzazione sono state ricondotte sotto
la giurisdizione della Corte internazionale di giustizia, che ha reso super ua l'istituzione di
una speci ca giurisdizione all'interno di molte organizzazioni internazionali, anche se
alcuni sistemi a carattere regionale hanno ritenuto opportuno prevedere una funzione
giurisdizionale per la soluzione delle controversie indipendente dal sistema della CIG, che
rientra nell’ambito delle Nazioni Unite.
Le controversie fra Stati nell'ambito di una convenzione internazionale redatta con
l'appoggio dell'organizzazione in molti casi seguono la regola valida per gli accordi
multilaterali internazionali e solo in rarissime eccezioni sono state ricondotte sotto la
giurisdizione di una corte ad hoc (come nel caso della Convezione europea dei diritti
dell’uomo su cui la speci ca Corte europea dei diritti dell'uomo esercita la propria
giurisdizione).
I membri inattivi
I soggetti membri di una organizzazione internazionale, la quale non prevede il diritto di
recesso, possono abbandonare la vita dell’ente ricorrendo alla cosiddetta inazione.
La posizione di questi soggetti non è mai stata giuridicamente chiarita dalle
organizzazioni internazionali interessate.
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L'inazione, tuttavia, non può considerarsi uno speci co status giuridico, poiché essa, in
quanto esclusivamente dipendente dalla volontà dello Stato, costituirebbe
essenzialmente un potere di sottrarsi all'esecuzione degli obblighi che derivano dallo
status di membro di un'organizzazione.
L'inazione, in particolare, deriverebbe esclusivamente dal comportamento esplicito di
alcuni Stati e rientrerebbe in una situazione giuridica di fatto.
Un esempio è costituito dalla vicenda dell’URSS in seno all’OMS.
Il ministero della salute sovietico inviò infatti nel 1949 una comunicazione al Direttore
generale dell’OMS dichiarando che “l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche non
si considerava più come membro dell'organizzazione”.
L'assemblea dell'organizzazione, interpretando la costituzione dell'ente come escludente
la facoltà di recesso, pur prendendo atto della dichiarazioni, continuò a considerarla
come un membro, senza pronunciare nei suoi confronti neanche la sospensione prevista
dallo statuto.
L’organo assembleare
L'organo assembleare è previsto in tutte le organizzazioni internazionali, sebbene con
denominazioni diverse, in particolare nella maggior parte dei casi con le formule
“assemblea generale” o “conferenza generale”.
L’assemblea plenaria è costituita da tutti gli Stati membri, proprio per rispettare l'esigenza
di creare un'istituzione nella quale i soggetti aderenti all'organizzazione possono essere
rappresentati.
Tale istituzione, talvolta, può riunire in sé le funzioni dell'organo assembleare vero e
proprio e anche dell'organo esecutivo, acquisendo in questo caso la denominazione di
“consiglio”.
La sua composizione non è generalmente regolata dagli atti istitutivi e quindi gli Stati
rimangono liberi di designare i loro rappresentanti, anche se questi debbono essere
muniti dei poteri necessari per agire all'interno dell'organizzazione.
La composizione dell'organo assembleare, in casi limitati e soprattutto in alcuni enti a
prevalente competenza tecnica, può essere costituita dai delegati delle amministrazioni
nazionali competenti per i singoli Stati membri (come nel caso dell’OMM).
L'organo assembleare, talvolta, può riunirsi a diversi livelli e anche con diversi poteri, a
seconda delle tematiche in discussione (come nel caso della Conferenza interamericana
dell’OSA, che può essere riunita a livello dei ministri degli a ari esteri o anche a livello di
ambasciatori).
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La delegazione dello Stato membro nell'organo assembleare può essere composta
generalmente da un numero variabile di individui, in base alle esigenze di rappresentanza
dello Stato stesso.
La delegazione, per essere riconosciuta come tale, deve essere noti cata
preventivamente all'organo amministrativo, in modo da far conoscere in anticipo gli
individui rappresentanti.
L’organo assembleare, per veri care che le persone materialmente presente alla riunione
siano realmente quelle nominate per rappresentare lo Stato, presenta generalmente una
“commissione per la veri ca dei poteri”, la quale veri ca l'identità delle persone presenti.
L’organo assembleare si riunisce generalmente in sessioni ordinarie, la cui periodicità è
stabilita nell'atto costitutivo (generalmente una volta all’anno), e talvolta in sessioni
straordinarie, secondo le procedure stabilite nell’atto istitutivo, ossia su convocazione di
un numero ssato di Stati membri e sentito il parere del Segretario generale.
Il regolamento interno dell’assemblea plenaria è un documento molto importante in
quanto integra le norme contenute nello statuto relative al funzionamento dell'organo
stesso.
Tale regolamento contiene, in dettaglio, la procedura per la nomina di un presidente e
quindi dei vicepresidenti, le norme sulla predisposizione e l'adozione dell'ordine del
giorno, la regolamentazione del diritto di parola, la durata della sessione, il sistema di voto
e delle maggioranze per l'adozione dei singoli provvedimenti.
L'assemblea plenaria si articola generalmente, in diverse commissioni, ciascuna con
competenze speci che per determinate materie.
Le commissioni, ad eccezione della commissione per la veri ca dei poteri, non sono
dotate di una propria autonomia e non costituiscono organi sussidiari dell'assemblea, ma
sono soltanto espressioni parziali dell'organo cui si riferiscono.
Le commissioni, inoltre, devono rispettare il principio fondamentale dell'organo
assembleare, ossia la sua universalità, e per questa ragione sono anch'esse aperte a tutti
gli Stati membri.
I loro lavori si concludono generalmente con una proposta di provvedimenti, che sono poi
sottoposti all'assemblea plenaria, competente per statuto ad adottare gli atti.
Le competenze dell'organo assembleare dipendono generalmente dalle disposizioni
contenute nell’atto costitutivo.
Tale organo ha soprattutto competenze di carattere generale, ed in particolare funzioni di
indirizzo dell'attività dell'ente e degli altri organi.
L'organo in questione, essendo composto dalla totalità degli Stati membri, esercita il
proprio potere anche in relazione alle procedure di adesione o ammissione e agli eventuali
provvedimenti di sospensione e di espulsione.
Esso ha la competenza generale sull'approvazione del bilancio, sulla decisione di un
eventuale scioglimento del medesimo e sulla nomina di altri organi dell'ente.
Il meccanismo di voto delle assemblea plenarie muove dal presupposto dell'uguaglianza
di tutti gli Stati membri e quindi la regola generalmente seguita è quella di attribuire un
voto ad ogni singolo Stato membro, indipendentemente dal numero dei membri della
delegazione.
Il regolamento interno dell’organo stabilisce il quorum necessario per le diverse tipologie
di votazione, nonché le varie ipotesi per la formazione della volontà.
La Conferenza Generale del Lavoro è l'organo assembleare dell'Organizzazione
Internazionale del Lavoro (OIL).
L'atto istitutivo di tale ente prevede una particolare composizione dell'organo
assembleare, che si avvale della rappresentanza degli Stati, ma anche delle categorie
interessate, ossia i lavoratori ed i datori di lavoro.
Ogni Stato è rappresentata da quattro delegati di cui due sono espressione del governo
dello Stato, uno dei lavoratori ed uno dei datori di lavoro.
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La singolarità di questa composizione tende a far sì che già nell'organo assembleare
possono essere fatti valere gli interessi delle singole categorie coinvolte nell'attività di
lavoro.
La Conferenza Generale del Lavoro dell’OIL si di erenzia anche dagli altri organi
assembleari per l'attribuzione del voto ai suoi membri.
Ogni delegato possiede infatti un voto, secondo il principio del voto individuale,
considerato che i quattro delegati potrebbero avere anche opinioni apertamente
divergenti.
La possibile formazione di maggioranze rispecchia quindi la diversità degli interessi delle
categorie rappresentate.
Le assemblee parlamentari sono particolari forme di organi assembleari in speci che
organizzazioni internazionali, soprattutto a carattere regionale.
Esse non si identi cano a atto con le esigenze connesse all'organo assembleare
classico, ossia la rappresentanza di tutti gli Stati membri, sfuggono alla struttura ternaria
e sono presenti in poche organizzazioni regionali, soprattutto nel contesto europeo.
L'origine di tali forme assembleari risale al primo dopoguerra ed alla riunione del
Movimento federalista europeo, in cui venne preconizzata la creazione di una Assemblea
costituente europea.
L'idea diede vita all’Assemblea consultiva del Consiglio d’Europa e fu poi ripresa nel
sistema delle Comunità Europee, dapprima con l’Assemblea comune della CECA, poi con
l’Assemblea unica per le tre comunità e in ne con il Parlamento europeo.
Le più recenti assemblee parlamentari sono state costituite nell'ambito del MERCOSUR
(Mercato comune del Sud America) e dell’Unione Africana.
La composizione di tali organi è realizzata, o sarà presto realizzata, tramite elezioni a
su ragio universale diretto da parte dei cittadini dei paesi membri.
L'anomalia di tali assemblee parlamentari risiede soprattutto nella loro composizione, per
cui l'organo si presenta non come rappresentativo degli Stati, bensì di una delle
componenti dei medesimi, quella parlamentare.
L'assemblea parlamentare ha generalmente soltanto poteri di tipo consultivo, in qualche
caso possiede la facoltà di partecipare ad atti complessi.
La composizione essenzialmente parlamentare di questi organi determina tutto un
problema di attribuzione del numero dei seggi a ciascuno Stato membro.
I seggi da attribuire, in linea di principio, dovrebbero essere commisurati alla popolazione
presente in ciascuno Stato membro.
La determinazione del numero dei seggi è però in realtà frutto di una scelta politica e
risultato di un compromesso tra gli Stati.
L’organo esecutivo
L'organo esecutivo a composizione ristretta si ritrova in tutte le organizzazioni
internazionali a tendenza universale e in molte organizzazioni a tendenza regionale,
acquisendo il titolo di “consiglio” o “comitato”.
L'organo esecutivo risulta assente in tutti quei casi nei quali questo coincide e si
sovrappone con gli organi assembleari rappresentativi degli Stati.
Tale istituzione è generalmente unica, anche se la prassi non ha escluso del tutto che, in
ragione della molteplicità di funzioni attribuite all'ente internazionale, la loro gestione
venga ripartita su più organi esecutivi (il sistema delle Nazioni Unite prevede un Consiglio
di amministrazione duciaria, un Consiglio economico e sociale e un Consiglio di
sicurezza).
Il consiglio esecutivo può essere riunito a diversi livelli, assumendo diverse funzioni in
ragione della speci ca partecipazione.
L’organo esecutivo presenta come problema principale quello del meccanismo scelto per
la sua composizione.
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La sua composizione è regolata generalmente nell’atto istitutivo, con l'obiettivo di
realizzare un'istituzione la cui composizione sia funzionale rispetto ai compiti dell'ente ma
che, nello stesso tempo, non violi del tutto il fondamentale principio della uguaglianza fra
Stati.
La composizione del consiglio esecutivo è attuata generalmente seguendo un criterio
misto, in cui una o più componenti dell'organo sono individuate in ragione delle funzioni e
degli obiettivi dell'ente e l'altra serve ad assicurare la possibilità che tutti gli altri Stati
membri possono far parte, sia pure attraverso meccanismi di elezione, rotazione,
rappresentanza geogra ca e simili.
La composizione di questo organo, solo in alcuni casi limitati, è aperta alla partecipazione
di tutti gli Stati membri; tale soluzione potrebbe essere giusti cata nelle organizzazioni
regionali a composizione limitata, ma sarebbe del tutto contraddittoria nelle
organizzazioni a tendenza universale.
L'organo esecutivo di ciascuna organizzazione svolge le funzioni speci catamente
attribuite dall'atto istitutivo ed agisce nell'ambito dell'indirizzo generale determinato
dall'assemblea o, a volte, anche delle precise istruzioni di quest'ultima.
I suoi compiti sono essenzialmente quelle di adottare decisioni operative per l'attuazione
dei programmi dell'ente.
L'importanza che assume l'organo esecutivo nel contesto dell'ente dipende dal ruolo allo
stesso attribuito dallo statuto : talvolta, esso ha competenze proprie ed autonomia di
decisione; altre volte, le sue decisioni sono convalidate dall'organo assembleare; altre
volte ancora, esso risulta investito di speci ci poteri dall’organo assembleare, che può
quindi ampliarne o restringerne la sfera di competenza.
Il segretariato
L'organo amministrativo completa la struttura ternaria degli enti internazionali e
generalmente assume il titolo di “segretario generale” o “direttore generale”.
Il segretario generale è normalmente nominato dall'organo assembleare, eventualmente
su designazione dell'organo esecutivo.
Il segretario generale è un organo individuale, posto a capo dell'amministrazione
burocratica dell'ente, che si distingue dal “segretariato”, che costituisce invece l'intero
apparato burocratico e che, per sua natura, è un organo complesso.
Le sue competenze principali riguardano la gestione del personale, adottando tutti i
provvedimenti necessari riguardanti il loro status giuridico, le loro funzioni e
l'organizzazione dei vari servizi ed u ci nei quali si articola l'amministrazione dell’ente.
Tale organo è spesso assistito e coadiuvato da uno o più “aggiunti” o “vice”, ai quali può
delegare speci che funzioni.
Il segretario generale assiste a tutte le riunioni degli organi principali, pur senza diritto di
voto, predispone l'ordine del giorno e può convocare le riunioni per ragioni di urgenza.
Esso svolge un ruolo di tramite fra l'organizzazione e gli Stati membri ed è depositario
degli atti internazionali conclusi sotto gli auspici o per iniziativa dell'ente.
Il segretario generale assume spesso rilevanti funzioni politiche e può incidere, in materia
determinante, sull'indirizzo dell'ente, soprattutto quando tale carica è ricoperta da
personalità di rilievo o da individui estremamente capaci.
I Tribunali amministrativi
Gli organi giurisdizionali all'interno delle organizzazioni internazionali sono estremamente
rari.
La funzione giurisdizionale segue, infatti, lo sviluppo degli enti ed è quindi presente solo in
quelli maggiormente istituzionalizzati.
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La natura della controversia, inoltre, molto spesso “internazionale”, induce le
organizzazioni ad attribuire competenza ad organi giurisdizionali preesistenti, come la
Corte Internazionale di Giustizia.
Gli organi giurisdizionali generalmente sorgono per risolvere le controversie inerenti ai
rapporti di lavoro fra l'organizzazione ed i propri funzionari.
Tali organi si sono resi necessari poiché queste controversie sono state sempre escluse
dalla competenza dei tribunali degli Stati membri.
Essi rappresentano un tipo particolare di giurisdizione internazionale in quanto sono creati
e funzionano al di fuori dell'ambito dello Stato e sono totalmente indipendente da ogni
sistema giuridico nazionale sia nella loro costituzione sia nel diritto che si applicano.
La creazione dell'organo giurisdizionale è stabilita generalmente da una risoluzione
dell'assemblea dell’organizzazione oppure raramente è prevista nell’atto istitutivo.
Gli organi giudiziari assumono la denominazione di “tribunale amministrativo” oppure di
“commissione di ricorso”.
La Società delle Nazioni, nel corso del 1925, iniziò uno studio preparatorio per la
creazione di un eventuale istanza alla quale il personale della stessa avrebbe potuto far
appello per la tutela dei propri diritti ed interessi.
L’Assemblea Generale, nel settembre 1927, adottò uno statuto che prevedeva l'istituzione
di un tribunale, seppure a titolo provvisorio, per tre anni.
La stessa Assemblea, tuttavia, successivamente confermò la validità dello statuto e
dell'istituzione dell'organo giurisdizionale, permettendo al tribunale di operare no al
1946.
Le Nazioni Unite, in seguito ad ampi dibattiti condotti in molte sue commissioni, arrivò
all'adozione della Risoluzione 24 del 1949, con la quale venne creato il Tribunale
amministrativo delle Nazioni Unite (TANU).