CAPITOLO XI
VERSO NUOVE FORME DELLA POLITICA MONDIALE: LE ORGANIZZAZIONI
INTERNAZIONALI
Introduzione
La scossa traumatica della prima guerra mondiale consentì che si realizzasse un‟ aspirazione etico-politica
emersa da secoli nell'Europa moderna: quella di stabilire fra gli Stati un'intesa, un patto, un' “organizzazione”
incaricata di gestire le relazioni fra di essi avendo come intento ultimo la pace e la sicurezza generali; per
questo venne creata nel 1919 la prima organizzazione internazionale: la Società delle Nazioni, e con essa
nasce una nuova forma della società e della politica internazionale.
Notare che ci sono due grandi direttrici a carattere supernazionale:
- da una parte la vecchia idea della monarchia universale,
- dall'altro un anelito ecumenico e pacifista che avanza tra le diverse civiltà.
Essa si prefigge come intento negativo di fondo “l'eliminazione della guerra come mezzo per risolvere le
controversie internazionali”, e in positivo di avviare la costruzione di un sistema di pace e di sicurezza
generale che impegni e protegga tutti gli Stati che vogliono aderirvi. Il fallimento di questa Società nel
periodo fra le due guerre non impedisce che dopo la seconda guerra mondiale il nuovo sistema nasca e si
sviluppi anzi come alleanza di guerra delle “Nazioni Unite” e fra esse le maggiori potenze che sostengono lo
sforzo bellico contro le potenze dell'Asse. A differenza del Patto della Società delle Nazioni, la Carta delle
Nazioni Unite subirà nel corso dei decenni più integrazioni o alterazioni nella funzione degli istituti e
nell'applicazione degli strumenti che le sono stati attribuiti.
Ci fu anche un progetto italiano presentato alla Commissione per la Società delle Nazioni della Conferenza
della Pace a Parigi elaborato dal giurista Anzilotti, alquanto drastico per quanto riguarda le sanzioni con
previsione di chiusura dei porti, blocco navale, embargo sulle merci e “azioni militari comuni contro lo Stato
aggressore”; per quanto riguarda la situazione italiana era chiaro che Roma avrebbe guardato con più o meno
favore alla nascita dell'istituzione voluta da Wilson, a seconda che il Patto di Londra fosse stato o meno
riconosciuto dagli Usa.
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E' giusto precisare che Wilson non fu né l'ideatore né la personalità che recò il maggiore contributo alla
definizione degli istituti previsti dal Patto, ma ne fu il più intrepido assertore, riuscendo tra l'altro ad inserirlo
all'inizio di ciascun trattato di pace.
Secondo il Patto, consistente in 26 articoli, presentato da Wilson alla Conferenza della Pace il 14 febbraio
1919, la Società delle Nazioni si prefiggeva gli intenti della “promozione della collaborazione internazionale,
della realizzazione della pace e della sicurezza collettiva”; la sua azione doveva svolgersi attraverso tre
organi: l'Assemblea (rappresentanti di tutti gli Stati membri), il Consiglio (rappresentanti delle Principali
Potenze alleate e associate), il Segretariato (comprendente il segretario generale nominato dal Consiglio e un
certo numero di segretari).
Alcuni aspetti di questo primo esperimento di organizzazione:
convinzione di poter provocare un trasferimento del controllo delle relazioni internazionali dalle grandi
potenze all'Assemblea della Società delle Nazioni, fondata sulla parità tra Stati grandi e piccoli
il consiglio reca in se il principio della diseguaglianza fra gli stati perché i rappresentanti delle principali
potenze venivano considerati permanenti.
le “principali Potenze alleate e associate” membri originari della Società erano le potenze vincitrici, per
cui la nuova organizzazione si presentava come “sistema internazionale bellico” definito dai vincitori ai
vinti.
È opera esclusiva di USA e GB che vi traducono le loro posizioni strategiche, politiche e culturali che
non sono universalmente condivise.
la Società delle Nazioni si dichiara “aperta a qualunque Stato, dominio o colonia se la sua ammissione è
approvata dai due terzi dell'Assemblea”; allo stesso tempo però non risulta dal Patto alcuna pregressa
condizione né riguardo alla democrazia, né alla libertà dei sistemi politici dei membri, sebbene alcuni
autori l'abbiano considerato un elemento implicito, sebbene tutta la campagna negli Usa durante la
guerra prima e dopo l'intervento puntò sulla “guerra per la democrazia” ed infine sebbene Wilson non
accettò la prima offerta di armistizio con il regime imperiale di Guglielmo II.
Nel Patto risultano precisati soltanto gli impegni internazionali dei membri, comprese le garanzie per una
riduzione degli armamenti, senza alcun cenno ai loro sistemi di governo; gli articoli chiave erano il 10 e il
16, quelli che riguardavano gli impegni collettivi e a contrastare le aggressioni e il ricorso alla guerra. Alla
Società però non erano forniti i mezzi necessari per far rispettare le sue decisioni se non ricorrendo agli Stati
membri, libero di procedere come e quando intendeva contro lo Stato che aveva violato il Patto, a seconda
del suo specifico “interesse nazionale” (tutto ciò fu oggetto di controversie interpretative); la base della
Società delle Nazioni risultò molto presto compromessa dal fatto obiettivo che l'America di Wilson, artefice
principale del Patto, alla fine non vi aderì, lasciando all'Europa continentale un'organizzazione di prospettive
internazionali essenzialmente anglo-americane.
- il primo dal 1921 al 1930 di funzionalità e prestigio (soprattutto per il fatto che non si trovò di fronte a crisi
di prima grandezza), almeno per quanto riguarda i rapporti fra gli Stati, la conciliazione internazionale e la
riduzione degli armamenti (clima favorito dalla politica della nuova GER impostata sulla ricerca di una
normalizzazione e di revisione consensuale del trattato di pace aderendo alla Società delle Nazioni nel 1926);
il risultato più noto fu il “Protocollo per il regolamento pacifico delle controversie internazionali” o
“Protocollo di Ginevra” dell'ottobre 1924 con il quale gli impegni degli Stati membri divennero
obiettivamente più vincolanti (l'ING non vi partecipò perché era riluttante ad accettare vincoli alla sua
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sovranità nazionale).
- il secondo dal 1931 al 1940 fu difficile, dopo il '29 si trovò di fronte a crisi internazionali provocate da
sviluppi aggressivi ed espansionistici di politiche internazionali che mettevano in discussione e irridevano i
principi di convivenza internazionale e che la Società non seppe controllare relegata ormai ai margini della
politica internazionale.
La prima sfida venne dal Giappone che, disinteressandosi dei vari appelli della Società delle Nazioni,
occupò la Manciuria cinese creandovi lo stato fantoccio del Manciukùo e uscendo dalla Società delle
Nazioni nel marzo 1933.
Con il “patto a quattro” fra ITA, GER, GB e FR si mette in secondo piano la Società, privilegiando il sistema
delle grandi potenze: Ita e Gb sollecitano la FR ad accettare una teoria parità degli armamenti con la GER.
Altra crisi avvenne quando FRA, ING e ITA rinnovarono nel settembre '34 la dichiarazione congiunta
sull'indipendenza dell'AUS: questo atteggiamento di cautela, di implicita diffidenza verso le aspirazioni
annessionistiche della GER, fece precipitare le cose offrendo al regime nazional-socialista il pretesto per
uscire anch'essa dalla Società delle Nazioni nell'ottobre '34, un passo che comunque rientrava nella sua
linea politica.
Infine da parte italiana il muover guerra all'Etiopia e il conseguente sottrarsi al “sistema di Versailles” nel
quale si era fino allora mantenuto, già in sé stesso indeboliva la Società, che ben presto deliberò sanzioni
economiche contro l'ITA, misure comunque parziali tali da non impedire a Mussolini di proseguire la sua
impresa. Il successo fascista in Africa portò la Società delle Nazioni ad abolire (15 luglio 1936) le sanzioni
economiche riconoscendo il fatto compiuto del già proclamato Impero italiano d'Etiopia.
L'ultimo scacco lo subì quando la seconda guerra mondiale era già iniziata con il coinvolgimento e
fallimento specifico della Società nella guerra russo-finlandese del '39-'40, pochi mesi dopo l'aggressione
russo-tedesco alla Polonia (RUS voleva imporre a Lettonia, Estonia, Lituania e Finlandia trattati che
prevedevano l‟installazione di basi militari e una sorta di annessione), suprema sfida allo “spirito di
Ginevra”: il governo di Helsinki si appellò alla Società delle Nazioni che nel dicembre 1939, dopo essersi
astenuta per anni (rimitalirizzazione tedesca della Renania, guerra civile spagnola, Anschluss, aggressione
alla Cecoslovacchia e Polonia) decise sorprendendo tutti di espellere l'URSS e di far prevenire alla FIN
aiuti internazionali, anche se poi questi furono realizzati non per tramite della Società ma su base nazionale
pubblica e anche privata.
Poco più di un anno dopo, nell'estate del 1941, il processo per la formazione di una nuova organizzazione era
avviato nell'incontro anglo-americano che portò all'adozione della Carta Atlantica (14 agosto).
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nonostante il punto comune fosse quello di dare al sistema-organizzazione una struttura in cui esse
mantenessero preminenza e controllo, diverso era il modo di considerare il problema di ciascuna:
Urss (visione circoscritta che la faceva aspirare a circondarsi di territori che le consentissero
sicurezza e potenza)
GB (Churchill era per un approccio regionalistico organizzato su basi regionali con l'istituzione di
Consigli d'Europa, d'Asia, d'America, d'Africa che raggruppassero federazioni di Stati dei singoli
continenti, con la Grande Alleanza rimasta potentemente armata mentre gli Stati attualmente nemici
disarmati)
Usa (Roosevelt approccio globalistico: per un più efficace controllo della pace e della sicurezza
mondiale necessario il coinvolgimento anche di altre grandi potenze, soprattutto giunse poi a ritenere
necessaria l'inclusione non solo del potente alleato sovietico ma anche della Cina. Diventa
sostenitore della formula dei “Quattro poliziotti”)
nel contesto di una guerra totale e spietata prendono le decisioni strategiche soltanto quegli Stati che
sono in grado di portare avanti le operazioni militari (anche la FRA per la non provata legittimità
democratica e per la reale mancanza di risorse materiali della “Francia libera” di De Gaulle)
se ogni sistema internazionale nasce dalla guerra, quello delle Nazioni Unite è un “sistema bellico” più
di qualsiasi altro, in quanto nasce in pieno conflitto poco dopo l'intervento degli Usa, quando alla
Conferenza di Washington un nucleo di 26 Stati prendono posizione contro la GER e i suoi alleati
facendo propri i principi e gli intenti della Carta Atlantica enunciati pochi mesi prima da Usa e GB (1
gennaio 1942).
Carta Atlantica:
1. Nessun ingrandimento territoriale
2. Nessun mutamento territoriale non conforme ai voti liberamente espressi dai popoli interessati
3. Diritto dei popoli di scegliere la forma di governo sotto cui vivere
4. Nel rispetto degli organi esistenti e in condizione di uguaglianza di fronte al commercio
5. Collaborazione in campo economico per migliorare condizioni di lavoro, progresso e conomico
e sicurezza sociale
6. Auspicio di instaurazione della pace
7. Pace che permetta di attraversare senza timore mari e oceani
8. Tutti devono rinunciare all‟uso della forza e un conseguente disarmo
Dopo Washington si porta avanti il processo di formazione dell'Onu attraverso alcune conferenze: con il
1943 si arriva alla scelta della dimensione globale voluta da Roosevelt, nel 1944 la conferenza di Dumbarton
Oaks permise di introdurre nella nuova organizzazione gli organi discussi (Assemblea, Consiglio, Segretario,
tra l'altro già sperimentati nella Società delle Nazioni) e di rafforzare la diplomazia sovietica per inserire fra i
membri dell'Assemblea tutte e sedici le repubbliche sovietiche. Queste proposte rappresentano il documento
di base per la carta di San Francisco.
Differenze Patto della Società delle Nazioni (a) / Carta Onu (b):
in (a) la guerra non è completamente esclusa, ma soltanto condizionata ≠ in (b) è presente un divieto
categorico della guerra (art.2), con due eccezioni: il diritto di autodifesa individuale e collettivo e “il
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diritto di agire contro i paesi nemici della seconda guerra mondiale”
diverso modo di garantire la pace messo in risalto anche dai diversi atteggiamenti verso gli armamenti: in
(b) l'esistenza di armamenti viene constatata senza riserve o deprecazioni, ma la concezione di una forza
di polizia internazionale trovò maggior espressione in (b) , sia per quanto riguarda la costituzione della
forza in se stessa sia per quanto riguardava il metodo con cui poteva essere realizzata
ridistribuzione delle funzioni dei suoi organi, con conseguente potenziamento degli organi esecutivi, a
cominciare dal Consiglio: mentre (a) aveva definito nello stesso modo i poteri dell'Assemblea e quella
del Consiglio, in (b) compiti, iniziative e poteri furono distinti e la distinzione andò a vantaggio del
Consiglio, che si decidette ora di chiamare “di sicurezza”. La Carta prevedeva che il Consiglio di
Sicurezza fosse composto da undici membri, di cui cinque permanenti (le 4 potenze che hanno
partecipato durante la guerra alle conferenze preparatorie più la Francia) e sei temporanei, eletti per due
anni [ciò accresceva la preminenza delle grandi potenze rispetto ad (a)]. La questione del “diritto di
veto”: compromesso russo-americano (iniziato a Dumbarton Oacks e terminato a Yalta) espresso
dall'art.27: “al Consiglio di sicurezza le decisioni su ogni altra questione, che non fosse di procedura,
saranno prese con voto favorevole di 7 membri, compresi i voti dei membri permanenti”.
differente modo di garantire la pace e la sicurezza: (a) esigenza legata e condizionata dalla democrazia
“wilsoniana” ≠ (b) aveva assunto validità esclusiva, che spinse a perfezionare gli strumenti che si
ritenevano più adatti allo scopo, come appunto il Consiglio o il Segretariato, che a differenza di quello
presente nella Società delle Nazioni si configura come un osservatore politico delle Nazioni Unite dal
loro interno, potendo ad esempio “richiamare l'attenzione del Consiglio di Sicurezza su qualunque
questione che a suo avviso possa mettere in pericolo la conservazione della pace e della sicurezza
internazionale” (art.99).
furono limitati gli “accordi regionali” (es. dottrina Monroe), con una impostazione globale in linea con le
idee già manifestate dal presidente Roosevelt
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In prospettiva ci fu un ulteriore aspetto significativo dell'impegno del Segretario Generale nella questione
afghana: dopo che l'URSS ebbe ritirato le sue forze d'occupazione, l'Assemblea Generale nel novembre 1988
votò all'unanimità una nuova risoluzione che invitava il Segretario generale ad avviare il dialogo con i
diversi gruppi dell'opposizione afghana perché si impegnassero a formare un governo a larga base nazionale:
mai le Nazioni Unite avevano autorizzato rapporti ufficiali con opposizioni armate il cui intento di fondo era
quello di abbattere i governi o regimi al potere.
La riaffermazione dei diritti dell'uomo (primo punto preambolo della Carta di San Francisco) ha nella storia
dell'ONU la sua base nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo del 10 dicembre 1948. Tale
dichiarazione del 1948 dal canto suo “internazionalizza” quei principi e i risultati di esperienze (rivoluzione
francese, costituzioni americane) trasferendoli al mondo intero, un mondo che si presentava sostanzialmente
contrario a tali principi e diritti: la Russia stalinista, la Cina maoista e tutti i paesi della vasta area islamica.
C'era d'altra parte nelle Nazioni Unite una impostazione etica, culturale e politica tesa ad ottenere dai paesi
del mondo una partecipazione generale e inevitabile: la tutela dei diritti dell'uomo all'intero degli Stati da
parte dell'ONU (nonostante l'art.2 dello Statuto tenda a ribadire il principio del non intervento) è una delle
strade attraverso le quali l'ONU si è impegnata a correggere o addirittura a mutare una concezione giuridica
che ha accompagnato la nascita e lo sviluppo dello Stato moderno.
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accordi e normative internazionali sono venuti a sovrapporsi e a prevalere sugli ordinamenti interni. Le
organizzazioni internazionali di settore sono giunte a costituire già negli anni Sessanta “una rete, ampia e
varia, di servizi che assomigliano all'amministrazione di uno Stato”, fra di esse le organizzazioni economiche
e una organizzazione militare, la NATO.
Il terzo dei quattordici punti del presidente Wilson (soppressione di tutte le barriere economiche e creazione
di condizioni di parità di scambio commerciali fra tutti i paesi) non fu raccolto dalla Società delle Nazioni,
mentre lo Statuto della nuova organizzazione internazionale la impegnò “a servirsi di strumenti
internazionali per promuovere il progresso economico e sociale di tutti i popoli”, coadiuvato dall'azione della
potenza americana. Il sistema economico internazionale del dopoguerra venne impostato già nella conferenza
di Bretton Woods nel luglio 1944, poi vennero create le due istituzioni che avrebbero fornito le basi del
sistema economico-finanziario mondiale, contribuendo al coordinamento e al rafforzamento dell'“Occidente”
in particolare nei confronti del Terzo Mondo: il Fondo Monetario Internazionale e la Banca
Internazionale per la ricostruzione e lo Sviluppo.
1. Il FMI fu creato sulla base di una disponibilità finanziaria procuratagli dai paesi membri alla
quale contribuivano con quote proporzionali al loro peso nell'economia mondiale per
promuovere la cooperazione monetaria internazionale; durante il mezzo secolo che seguì il FMI
dovette svolgere essenzialmente tre funzioni: l'assistenza tecnica, finanziaria e la funzione
regolatrice. La Banca si impegnò dapprima a prestiti a paesi la cui economia era stata
danneggiata dalla guerra e in seguito nello sviluppo di quelli che avevano risorse economiche da
sfruttare ma mancavano dei capitali necessari. Come il FMI anch'essa accomuna in campo
finanziario il pubblico con il privato, l'internazionale con l'interno, addirittura dagli Stati membri
le è stato conferita la “piena personalità giuridica” e nello stesso tempo l'immunità fiscale e la
facoltà di stipulare contratti di diritto interno.
2. Fin dai primi anni del dopoguerra sono stati creati due fondamentali strumenti di coordinamento
economico, l'OECE (Organizzazione Europea per la Cooperazione Economica fondata
nell'aprile 1948 dai sedici Stati europei che hanno potuto aderire al piano Marshall) e il GATT.
L'OECE durante il suo corso si è trasformata: sul piano geografico essa si è dilatata
coinvolgendo fin dal 1959 gli stessi Usa e Canada, sul piano economico si è preparata ad
assumere la posizione e l'immagine di massima organizzazione internazionale rappresentativa
dell'Occidente industrializzato a economia di mercato, infine sul piano formale ma non solo si è
trasformata in OCSE con un impegno all'espansione del commercio mondiale su una base
multilaterale e non discriminatoria. La regolamentazione del commercio mondiale su una base
multilaterale è rimasta per decenni prerogativa del GATT (General Agreement on tarifs and
Trade, firmato il 30 ottobre 1947 da 23 stati con l'intento di promuovere la riduzione progressiva
delle tariffe doganali e delle restrizioni alle importazioni). Solamente nel alla metà degli anni
Novanta però il GATT assunse formalmente la struttura di una organizzazione internazionale,
diventando il WTO (World Trade Organization). Tutte queste organizzazioni economiche qui
affrontate hanno quindi influito in maniera determinante sulla formazione della società globale
della fine del secolo XX. La continuità è interrotta fra la fine degli anni Sessanta e l'inizio dei
Settanta da una crisi monetaria in cui il fattore dirompente è dato dalla sospensione della
convertibilità fissa del dollaro in oro, annunciata dal presidente Nixon il 15 agosto 1971. In
questo contesto il presidente francese Valerie Giscard d'Estaing, in stretta collaborazione con il
cancelliere tedesco Schmidt, prende l'iniziativa di convocare una conferenza per fare il punto
sulla situazione economica mondiale; la riunione, intenzionalmente informale e ristretta ha luogo
a Rambouillet nel novembre 1975, dominata dal problema della stabilità monetaria: nasce così il
G7 (FRA, GER, USA, GB, JAP, ITA e Canada) che diventerà G8 nel 1991 con la partecipazione
della Russia di Gorbaciov, il quale si riunisce ogni anno in una città diversa. Si riunisce ogni
anno in una città diversa
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Caratteristiche del G7:
nasce da uno sforzo comune di due leaders europei per promuovere una gestione collegiale
dell'economia mondiale meno dipendente da una leadership americana, precedentemente legata al
“sistema di Bretton Woods”.
tale gestione collegiale era limitata alla parte del mondo che aderiva all'economia di mercato,
sanzionando e marcando così il distacco dalla parte ad economia statalista o sovietica
risentì inizialmente della crisi generale degli anni Settanta, sia di eventi economico-politici (es. le crisi
petrolifere) sia di crisi politiche come la rivoluzione iraniana (G7 di Tokyo del 28-29 giugno 1979), la
crisi del Libano etc.
a differenza di altre “conferenze” economiche e non (es. GATT divenuto WTO, CSCE divenuta OCSE),
o da una alleanza militare (es. il Patto Atlantico trasformatosi in Organizzazione dell'Alleanza del Nord,
NATO) il G7 non si è trasformato in organizzazione internazionale
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l'area della NATO era necessaria l'unificazione di tutte le forze dell'alleanza in Europa sotto un
comandante supremo (per primo fu scelto il generale americano Dwight Eisenhower)
convenzioni di Londra (giugno 1951) e Ottawa (settembre 1951) definirono gli statuti giuridici delle
forze armate, dei rappresentanti nazionali e del personale internazionale civile
il Consiglio atlantico di Lisbona oltre a sanzionare l'allargamento dell'alleanza al Mediterraneo orientale
con l'inclusione di Grecia e Turchia; poi nel 1954 si scelse a sede stabile dell'organizzazione Parigi,
mentre i sostituti dei ministri degli Stati membri divenivano “rappresentanti permanenti”
La NATO accrebbe nel corso dei decenni seguenti i suoi impegni e le sue competenze (es. consultazione
politica stabile e continuativa dei rappresentanti permanenti degli Stati membri presso il Segretario generale,
cooperazione economica, collaborazione culturale, organizzazione della protezione civile etc.). Si ebbero
inoltre evoluzioni di rapporti fra gli Stati membri e l'organizzazione, in quella che divenne l'alleanza
internazionale di maggior durata dell'Occidente moderno:
l'evoluzione degli Usa, incerti nell'assumersi l'onere di membro maggiore dell'alleanza, dopo averne
ottenuto il controllo militare e strategico ed essersene assunti i costi più rilevanti
l'inserimento della Germania nel 1955 (la repubblica federale) fu importante perché fece scomparire il
vecchio timore degli euroccidentali di un riarmo “nazionale” tedesco; significativo o no, questo timore fu
invocato come motivo di base per la creazione dell'organizzazione internazionale militare contrapposta
alla NATO durante la Guerra Fredda, con il Patto di Varsavia del 14 Maggio 1955 fra l'URSS e i suoi
satelliti (esso infatti non era rivolto contro gli Usa o la NATO, ma contro il riarmo tedesco)
l'uscita nel 1966 della Francia dall'organizzazione, non dall'alleanza
dicotomia fra il complesso dei membri europei e il maggior membro transatlantico, gli Us
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CAPITOLO XII
STATI E SOCIETÀ NEL SECOLO XX: DEMOCRAZIE E TOTALITARISMI DALL'EUROPA AL
MONDO
Introduzione
Con la seconda guerra mondiale viene sconvolto il quadro delle istituzioni statali e della società (riscossa
della democrazia, crollo dei totalitarismi di destra, estensione dei totalitarismi di sinistra), l'ambito
geografico, sulle premesse poste nel periodo fra le due guerre si allarga decisamente dall'Europa al mondo; le
democrazie che si sono mantenute (GB e Usa) e quelle che si sono restaurate nel secondo dopoguerra
vengono presto coordinate da trattati internazionali che per la prima volta pongono come fondamento
esplicitamente condizionante l'avere una forma di governo democratica occidentale. Nel frattempo si impone
anche l'altra forma di Stato alternativa alla democrazia rappresentativa, il totalitarismo comunista, sia in
seguito alla politica che l'URSS segue nel dopoguerra, sia attraverso la dissidenza, comunista ma
antisovietica, che ha i suoi punti di riferimento nella Jugoslavia di Tito, nella Cina maoista e nella Cuba
castrista.
Nel quadro di un secolo dominato dal dilemma-scontro fra democrazie e totalitarismi, va ricordato il
problema dello Stato nazione, che molti credevano risolto con la conclusione della prima guerra mondiale e
che invece si proietta attraverso tutto il Novecento e oltre. Lo Stato nazione ha una inattesa fase di rinascita e
di preminenza nel contesto del problema internazionale più lacerante e più irrisolto della seconda metà del
secolo, quello del Medio Oriente, presentandosi in tre forme diverse ma strettamente connesse: la “nazione
araba” che non corrisponde a uno Stato, lo Stato d'Israele e la nascita della “nazione palestinese” fino a
formare uno Stato e a farsi riconoscere come tale. Lo Stato nazione infine non ha retto nell'Europa balcanica
l'applicazione del principio di nazionalità nel primo dopoguerra: spesso affrettata e portata all'esasperazione
di quelle che vengono chiamate “subnazionalità”, “etnie” sempre più reciprocamente inconciliabili su cui è
problematico costruire degli Stati.
1. Crisi, difficoltà e limiti della democrazia liberale in Francia, Inghilterra, Usa nel periodo fra le due
guerre
A guerra finita c'erano i presupposti per parlare di trionfo della democrazia provocato e conseguente alla
vittoria militare e politica delle tre maggiori democrazie occidentali (Fra, Ing, Usa): gli Usa con l'istituzione
della Società delle Nazioni aveva inteso promuovere una “democrazia internazionale”, infine il Secondo
Reich, l'avversario più pericolo della democrazia occidentale, aveva ceduto il posto in Germania alla
Repubblica di Weimar.
Il caso della Francia è il più delicato e complesso. Nel primo dopoguerra si trova in una condizione di
obiettiva inferiorità di potenza di fronte a una Germania di cui continua a temere la volontà di rivincita: di
fronte all'impatto dei totalitarismi sull'Europa fra le due guerre, essa è colpita da una diffusa e multiforme
crisi di valori, la quale porta molti francesi alla ricerca di rimedi radicali alla degenerazione della democrazia
parlamentare, recuperando antichi miti di regimi autoritari, prestigiosi ed efficienti o adottando quelli
proposti dagli attuali Stati totalitari. Mancano in Francia le condizioni storiche e politiche perché il mito della
Rivoluzione russa e dell'URSS si imponga alle masse popolari: il Partito comunista francese (PCF), nato da
una scissione del partito socialista SFIO, rappresenterà una forza di rivendicazione socio-economica del
proletariato industriale francese, non offre quindi né cerca attivamente di rappresentare una alternativa
politica concreta alla democrazia parlamentare della Terza Repubblica. In realtà trarrà i suoi motivi di crisi
soprattutto dagli stessi difetti interni al sistema, come ad esempio l'onnipotenza paralizzante delle
commissioni parlamentari, la lunghezza delle procedure istituzionali e l'eccessivo potere di una burocrazia
pur sostanzialmente competente ed onesta. In questa situazione di cattivo funzionamento del sistema di
governo, di rinnovata recessione economica dopo la Crisi del 1929, di crescita delle sinistre, che le
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preesistenti associazioni nazionaliste di destra, alcune delle quali ispirate al fascismo, prendono nuovo
vigore; la suggestione dello Stato forte e nazionale d'altra parte non si impone soltanto alla destra, ma ad
esempio attira anche lo SFIO (il partito socialista) in un congresso del 1933 propugna un'economia
pianificata secondo la formula “ordine, autorità, nazione”. Anche l'estrema sinistra è convinta, e con Jacques
Doriot, rifiutando la sottomissione del Partito comunista francese al Komintern, crea il Partito popolare
francese nel 1936 (sovvenzionato dall'Italia fascista): si tratta di uomini e formazioni politiche che nel 1940
confluiranno nella Francia di Vichy e aderiranno al Nuovo Ordine hitleriano. Il problema dell'esistenza di un
fascismo francese pare improrogabile.
In Inghilterra la fase di trasformazione della democrazia parlamentare si fa iniziare con l'introduzione del
Representation of the people act (Legge sulla rappresentanza del popolo) del 1918, che estende il suffragio
elettorale alle donne (dai 30 anni in su) raddoppiando così l'elettorato. L'evento che provoca le conseguenze
maggiori sul sistema politico degli anni Venti è comunque l'ascesa del Partito laburista che dal 1918 al
1929 sale da 63 a 288 seggi, provocando la sospensione del tradizionale sistema di alternanza bipartitica fra
whigs e liberali, con la conseguente instabilità di governo causata dalla formazione di governi di coalizioni,
internamente contraddittori. Tra il 1922 e il 1935 si susseguono sei elezioni, inoltre l'Inghilterra decide di
chiudersi con il Commonwealth entro una barriera di “protezionismo imperiale” e ad abbandonare la parità
aurea della sterlina nel 1931. Alla metà degli anni Trenta il partito laburista (che ha ormai sostituito il partito
liberale) in un ricomposto sistema bipartitico, deve cedere il governo ai conservatori, che ottengono una
cospicua maggioranza nel 1935. Nonostante la lunga crisi politico-parlamentare, una società sconvolta dalle
lotte sindacali, le prospettive di una decadenza economico-commerciale e l'incombente trasformazione
dell'impero, la società inglese non corre il rischio di una involuzione antidemocratica, che apra ai
totalitarismi di sinistra e di destra.
Gli Usa, seppur non coinvolte nel periodo fra le due guerre mondiali alla contrapposizione democrazie-
totalitarismi, saranno quelli a dare la loro impronta all'esito delle due guerre. Fra la fine della Grande Guerra
e l'immediato dopoguerra gli Usa subiscono il primo “Red Scare”, “la prima paura rossa” (la seconda
all'inizio della Guerra Fredda): una paura tanto diffusa e tanto irrazionale da spingere opinione pubblica e
istituzioni a comportamenti e misure che adombrano violazioni dei diritti umani, quindi prospettano una crisi
della democrazia. Il partito comunista americano fondato nel 1919 viene ridotto alla clandestinità, mentre la
chiusura della democrazia americana verso il totalitarismo di sinistra assume toni ancor più netti quando
coinvolge principi morali, politici e economici che interessano il patriottismo americano. Ora tale chiusura si
accompagna a lungo a quella che si deve descrivere come una diffusa benevolenza verso il totalitarismo di
destra, e ciò essenzialmente per diverse ragioni:
a. per la mimetizzazione prolungata del fascismo italiano nel sistema liberaldemocratico italiano,
b. in parte per la sua professata funzione di salvataggio dell'Italia dal pericolo comunista,
c. in parte per l'impegno del regime fascista difensore della famiglia, della religione e della patria,
d. infine perché il fascismo può contare su una grossa minoranza (20 milioni) di immigrati e figli di
immigrati italiani, naturalmente nostalgici di veder rivaluta la patria d'origine.
Naturalmente con la Grande Crisi, Roosevelt, Hitler e il nazionalimperialismo giapponese l'atteggiamento
americano verso i totalitarismi di destra cambia (anche se non subito perché ad esempio negli Anni Trenta
Washington prende in considerazione il sistema corporativo fascista). Va sottolineato comunque che la scelta
del New Deal del presidente Roosevelt (ossia la ricostruzione economica e sociale del paese dopo la Grande
Crisi attraverso la via interna degli Usa) ha impedito ogni nuova ipotesi di democrazia internazionale e ha
costituito il fondamento dell'isolazionismo, del distacco dall'Europa che si è tradotto nelle Leggi di Neutralità
pre-guerra (la prima di questa neutralità, 31 agosto 1935, coincide e si applica alla guerra italo-etiopica).
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2. I nuovi Stati “totalitari”: fra analogie e differenze
Difficile definire che cosa sia uno Stato totalitario, questo per diversi fattori:
1. la tendenza a confondere Stato assoluto, autoritario e totalitario
2. la circostanza che ha introdurre il termine applicandolo a un partito fu Mussolini in un discorso
del 1925 (“la feroce volontà totalitaria del fascismo”)
3. i fenomeni dei totalitarismi riguardano la storia europea, soprattutto perché i casi di “crisi di
adattamento alla democrazia” che si verificano in America latina e Asia Orientale portano verso
l'autoritarismo piuttosto che verso il totalitarismo.
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(deportazioni in Siberia), il potere assoluto dello “zar rosso”, ossia del segretario generale del PCUS (Stalin
dal 1924 al 1953).
Il nuovo regime, oltre a cambiare intenti e prospettive della politica estera russa, mutò anche la sostanza nelle
relazioni economico-finanziarie internazionali: i dirigenti bolscevichi comunicarono che il nuovo regime non
avrebbe pagato i debiti contratti dalla Russia zarista con i paesi occidentali; l'ideologia comunista accentuò
uno statalismo già presente nella gestione dell'economia del regime precedente, impose infatti un
meccanismo centralizzato del commercio internazionale che pose i governi di fronte a un nuovo modo di
condurre le relazioni d'affari. L'URSS potè beneficiare di un elemento di prestigio e di suggestione presso le
masse popolari dei paesi industrializzati: il mito della rivoluzione proletaria, che stese un velo sui metodi
di governo repressivi del nuovo regime e resistette nel tempo alle smentite sulla realtà del “paradiso
sovietico”. La nuova Russia instaurò una politica estera “duplice”, articolata da un lato sullo stabilimento e il
mantenimento di relazioni diplomatiche convenzionali con i paesi borghesi-capitalisti, dall'altro sull'azione
clandestina del Komintern, la nuova Internazionale comunista creata nel 1919 per gestire i rapporti con i
partiti comunisti dei paesi esteri e guidarne le politiche, anche se il cambiamento maggiore che si cercava di
provocare e che creava intorno all'URSS un'atmosfera di incertezza e preoccupazione era la rivoluzione
comunista mondiale. Fu però lo stesso Lenin, di fronte alla situazione difficile che gli si presentava dentro e
fuori del nuovo Stato sovietico in formazione, a voler dare la precedenza al programma del “socialismo in un
solo paese”, poi portato avanti da Stalin fino alla seconda guerra mondiale (era comunque evidente per i
governi delle democrazie occidentali che la scelta di Lenin e poi di Stalin non significava una rinuncia ma
soltanto un rinvio, al momento in cui l'Unione Sovietica avesse recuperato le forze della vecchia Russia. La
politica internazionale russa si può dividere in due fasi: prima e dopo che, durante la WWII, esso desse la sua
dimostrazione di forza militare e traducesse questa forza in una politica di espansione orientale e in Asia
orientale e di ripresa dell‟impegno alla rivoluzione mondiale.
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“lista nazionale” 374 seggi; in seguito eventi drammatici: assassinio Matteotti - “secessione sull'Aventino” -
ripresa dell'azione violenta delle “squadre d'azione” - ripresa psicologica e politica dello stesso Mussolini, il
quale sfida la Camera a metterlo sotto accusa nel discorso del 3 gennaio 1925) – leggi “fascistissime” del
1925 (il capo del governo è responsabile verso il re dell'indirizzo generale politico del governo, cancellando
di fatto quasi ottant'anni di sistema parlamentare) – le leggi del 1928-29 sancisce la lista unica di candidati
scelta dal Gran Consiglio stesso.
La politica estera però non si discosta da quella dell'Italia prefascista: la dottrina del nazionalimperialismo
non solo gli conferisce la sistematicità di cui ha bisogno dopo la conquista del potere ma si richiama e
coinvolge buona parte della classe di governo prefascista; dal canto suo Mussolini mira soprattutto a dare
un'immagine all'interno e all'esterno della nuova grande potenza dell'Italia, di cui tiene ad affermare il
prestigio, che è prestigio del suo governo (l'annessione di Fiume e il trattato di Roma del 1924 deve
considerarsi in buona parte il seguito conseguente al trattato di Rapallo del 1921). Con la svolta del 1925
Mussolini intende “fascistizzare” anche la politica estera, ma la nomina del sottosegretario agli esteri e poi
ministro Dino Grandi verrà licenziato nel 1932, ritenuto “ultrademocratico e superginevrino”, ossia troppo
disponibile verso l'impostazione internazionalistica dell'attività della Società delle Nazioni.
La politica internazionale dell'Italia nel primo decennio del fascismo al potere appare in conclusione
alquanto conservatrice, i principali atti sono: riconquista della Libia, promozione da parte della diplomazia
italiana dell'inserimento dell'Etiopia nella Società delle Nazioni, la dichiarazione di Mussolini “il fascismo
non è un articolo di esportazione” sembra precludere un'ovvia strada per ampliare l'influenza internazionale
del regime, i Trattati del Laterano del 1929 che concilia lo Stato italiano e la Santa Sede, una vertenza che i
governi liberali non erano riusciti a risolvere. Gli anni '30 della politica internazionale sono dominati da
iniziative espansionistiche degli Stati nazionali totalitari europei e asiatici fra cui l'Italia fascista; ora per metà
del decennio l'Italia si mantiene sulla linea della “tradizionale amicizia” con l'Inghilterra che risaliva all'unità
d'Italia, mentre insofferenze e rivalità con l'altra alleata della Grande Guerra, la Francia, vengono messe da
parte nel 1935 di fronte all'insorgere del pericolo tedesco. La rottura con le democrazie liberali sulla
questione etiopica (embargo nel novembre 1935) lascia aperta all'Italia soltanto la strada di appoggiarsi alla
Germania, verso il cosiddetto asse Roma-Berlino. Proprio la politica estera maturerà la rottura tra lo Stato
totalitario e il paese, che per anni si era mantenuto su posizioni di “consenso” al regime; a questo fattore
contribuirà anche da un lato la cecità di Mussolini, impressionato dalla potenza nazista che ritiene invincibile
e dall'altro il dissenso sulla politica di alleanza con una Germania che può portare a una guerra cui l'Italia
non è preparata.
5. Il Terzo Reich: Stato totalitario nazista e/o fase finale del “problema tedesco”?
Il nazionalsocialismo si impadronì dello Stato in Germania solo negli anni Trenta: la durata del Reich fu
breve, dodici anni fra il 1933 e il 1945. Aspetti esclusivi per gli storici di questa esperienza sono:
la negatività più completa dell'epoca nazista
l'influenza che l'unificazione tedesca ha creato nella storia europea, di cui il Terzo Reich rappresenta
l'ultima fase, demoniaca e catastrofica. La crisi della condizione spirituale e materiale della grande
potenza vinta (primo dopoguerra), che ha per punti di riferimento la convinzione diffusa dai tedeschi che
il Reich non è stato sconfitto sul campo, il Trattato di Versailles viene considerato iniquo e causa delle
difficoltà economiche del paese (spaventosa inflazione monetaria).
Nel libro-programma Mein Kampf, Hitler espone un‟ideologia che si rifà al darwinismo sociale, dominante
nell'Europa dell'età dell'imperialismo:
la lotta per l'esistenza connessa con ideologie della razza e dell'allevamento biologico portano alla
giustificazione di un immenso programma di espansione, la cui logica trova i suoi confini soltanto nel
dominio del mondo intero che può essere attuato solamente dallo Herrenvolk, il popolo dominatore, che
si regge sui mezzi e sulle possibilità offerte dall'intero globo terrestre
conseguente è l'impulso alla dominazione mondiale, con un'attenzione particolare affinchè l'Herrenvolk
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mantenga la “purezza del sangue”, in una visione razzistica della vita e della storia
la volontà di acquisire lo “spazio vitale” (Lebensraum) attraverso una politica di conquista di nuove terre
verso est, non limitandosi a stabilire una penetrazione economica e un'egemonia politica della Germania,
ma doveva attuarne la colonizzazione demografica con consistenti insediamenti dello Herrenvolk; di
fatto si respingeva la Russia più a est provocando così la distruzione dell'intero sistema europeo degli
Stati
Malgrado i fallimenti (la mancata alleanza con l'Inghilterra) e gli errori (la dichiarazione di guerra agli Usa
dopo Pearl Harbour) il programma di Hitler si incentra sull'espansione a est, come ampliamento della Grande
Germania.
Il nodo della politica del Terzo Reich sta nel rapporto tra politica interna ed estera tanto che la prima risulta
strumentale al perseguimento della seconda, il cui successo rappresenta la meta finale del movimento e dello
Stato nazionalsocialista. Rientra in questo quadro il principio e il culto del capo – Fuehrerprinzip - che in
Germania non si sviluppò con l'avvento al potere di Hitler (come avvenne nel caso di Mussolini o di Stalin),
ma Hitler stesso impose la teoria e suscitò la mistica del capo quando ancora la NSDAP era ancora lontana
dal potere.
Le analisi critiche cui sono stati sottoposti il Mein Kampf e le altre esternazioni di Hitler riconoscono
l'originalità e l'efficacia senza precedenti dei metodi di propaganda politica e l'eccellenza tecnica
dell'organizzazione
La cultura storica internazionale più che a ricostruire le vicende della Germania nazista, si è impegnata a
dibatterne le origini lontane; Friedrich Meinecke colloca il nazionalsocialismo nel quadro della storia della
Germania moderna: rivendica al Reich bismarckiano la capacità di mantenere ancora “la sintesi di civiltà e
potenza”, riconoscendo però che dopo l'allontanamento del grande cancelliere non si era saputo impedire lo
slittamento verso “un sistema, che si presentava a grandi linee come uno stadio preliminare del
nazionalsocialismo”.
la Spagna: Miguel Primo de Rivera non regge la crisi del '29 / breve periodo di repubblica sotto il
governo Azana / emerge la destra radicale con la fondazione della Falange nel 1933 che assume
connotati fascisti / vittoria elettorale della coalizione dei partiti di sinistra e assassinio del leader
monarchico Calvo Sotelo / guerra civile '36-'39 che termina con l'affermazione di Francisco Franco, el
Caudillo; tale guerra civile può essere vista come il preludio di una guerra di religione fra democrazia e
fascismo che si sarebbe arrivati a combattere su scala mondiale con la seconda guerra mondiale
l'Ungheria: dopo che Carlo Alberto imperatore d'Austria e re d'Ungheria il 18 novembre rifiutò la corona
ungherese, il paese attraversò un periodo confuso: repubblica democratica / regime comunista sotto la
dittatura di Bela Kun / intervento militare rumeno fece cadere la “repubblica dei consigli”, spianando
così la via alla “controrivoluzione”, in pratica una restaurazione compiuta soprattutto per l'aristocrazia
latifondista. A capo della restaurazione si pose l'ex comandante della flotta austroungarica, l'ammiraglio
Miklòs Horty, che divenne il reggente di uno Stato monarchico di cui si attendeva di poter richiamare il
sovrano, appunto Carlo d'Asburgo (ciò classifica l'Ungheria fra le “dittature monarchiche” anche se il
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monarca non fu mai restaurato). Il regime ungherese, autoritario-monarchico lasciò però poco spazio al
totalitarismo di destra e lo dimostrò anche tenendo sotto controllo il partito delle Croci Frecciate, di
ispirazione fascista.
Cecoslovacchia: fedele fino al suo crollo nel 1938 da parte nazista a un sistema di governo democratico
parlamentare; il movimento nazionale cecoslovacco non aveva abbandonato le distinzioni fra nazione
ceca e slovacca fino alla proclamazione della Repubblica cecoslovacca nell'ottobre 1918. Il nuovo Stato
si diede nel 1920 una costituzione democratica parlamentare ma allo stesso tempo centralizzata: il suo
punto debole non fu perciò come in Polonia l'instabilità di governo, ma una composizione troppo
eterogenea sul piano economico, culturale, religioso e geografico, presentando un dualismo fortemente
differenziato fra le due principali nazionalità, che avrà termine soltanto dopo la Guerra Fredda
la Jugoslavia: il nucleo del suo movimento nazionale era rappresentato all'atto della sua formazione
dall'unico Stato slavo meridionale che prima della guerra aveva sviluppato una vigorosa politica di
rivendicazioni irredentistiche, il Regno di Serbia. Il 1 dicembre 1918 venne proclamato dagli esponenti
dei movimenti nazionali slavi meridionali presenti nella Duplice Monarchia il “Regno dei serbi, croati e
sloveni”: non ebbero significativi movimenti secessionistici ma crescenti conflitti etnici aventi per
principale motivo la forma dello Stato, che i serbi volevano centralistica e i croati e le altre etnie
federalistica. Problema dello Stato nazione e crisi della democrazia risultarono congiunti quando nel
1929 il re Alessandro assunse poteri dittatoriali nell'intento annunciato di creare un'unica nazione slava
meridionale: l'intento non riuscì perché le tendenze federaliste invece di diminuire portarono a conflitti
etnici multipli, soprattutto fra croati e serbi; anzi, l'opposizione croata degenerò favorendo la formazione
di uno dei movimenti ispirati al nazismo più radicali del periodo, quello degli Ustascia di Ante Pavelic,
che rivendicava l'antica origine dai Goti dei croati e professava un antisemitismo intransigente
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dell'America latina, la reazione autorista-militarista dei maggiori Stati dell'Asia orientale, Cina e Giappone.
Nascono inoltre Stati nuovi, anche se si presentano ancora come territori dipendenti, questi sono i primi
Domions dell'Impero-Commonwealth britannico, Canada, Australia, Nuova Zelanda e Sudafrica, che saranno
dopo la seconda guerra mondiale indispensabili elementi portanti della comunità mondiale (es. Alleanza
Atlantica).
Certo la trasformazione più rivoluzionaria è senza dubbio quella dell'Impero ottomano in Turchia kemalista:
a. cade uno dei quattro grandi imperi dell'anteguerra;
b. scompare un protagonista primario del sistema internazionale
c. scompare l'unione fra il Sultano (sovrano temporale) e il Califfo (massima autorità religiosa)
d. nasce uno Stato che, se rivendica la sua identità nazionale sulla base della popolazione turca
dell'Anatolia, trova la sua ragion d'essere nella vigorosa e reiterata ricerca della sua modernità e
nell'affermazione della sua laicità
e. nasce uno Stato nazionale che segna il passaggio fra l'Europa e l'Asia Minore, in cui la creazione di
nuovi Stati viene avviata sotto il pesante condizionamento del neocolonialismo.
La repubblica turca nasce nel 1922, nel confuso travaglio del primo dopoguerra dall'impegno di
un'assemblea nazionale ansiosa di instaurare un sistema di governo moderno, quindi occidentale, quindi
democratico: ciò inevitabilmente urta contro l'eredità lasciata dal vecchio Stato (istituzioni religiose che
condizionavano l'amministrazione dell'Impero Ottomano andavano sostituite, il voto alle donne, permesso
nel 1930). Ora la Repubblica turca mantenne formalmente le istituzioni democratiche che si era data
nascendo ma le adeguò quanto era possibile alla dittatura, assunta a metà degli anni Venti per reprimere
un'insurrezione curda da Mustafà Kemal, il generale che aveva guidato la formazione del nuovo Stato
nazionale, che assunse poi la qualifica ufficiale di Ataturk, “padre dei turchi”, il quale rimase a capo dello
Stato fino alla sua morte nel 1938. Elementi importanti della politica turca di questo periodo furono
sicuramente:
- l'esercito, che si confermò così come nella rivoluzione kemalista, uno strumento essenziale di intervento
progressista
- una diplomazia attenta a mantenere il paese in una posizione di neutralità, non facile sotto le pressioni delle
due parti
All'altra estremità del mondo occidentale, l'America latina continua a trovarsi di fronte al problema di
inserire le regole della democrazia in strutture sociali che risentono ancora del passato coloniale.
In Brasile il regime di Getulio Vargas, con un colpo di Stato nel 1930 sospende le libertà democratiche e
mette al bando il partito comunista, avvicinandosi più di qualsiasi altro regime latinoamericano al modello
corporativo fascista;
in Messico la rivoluzione autoritaria nel 1911 porta a diffidare non solo verso gli Usa ma anche verso i
nazionalismi totalitari europei;
in Argentina alla destra conservatrice (dittatura militare argentina) si sostituì con un colpo di Stato del 1941 il
colonnello Juan Domingo Peron, il quale costituì per la diplomazia di Washington il problema più difficile
dell'Emisfero occidentale.
Per quanto riguarda l'Asia orientale, in Cina il movimento di emancipazione-modernizzazione (con a capo
Sun Yat-sen) porta nel 1911 a una rivoluzione democratica e repubblicana. Per buona parte degli anni Venti
la Cina ebbe così due governi: quello di Pechino, tenuto in piedi da oligarchie di alti funzionari e militari, e
quello di Canton, in cui prevalse il Kuomintang (i nazionalisti) diretto da Sun Yat-sen; tale partito, deluso
dall'Occidente che formalmente continuava a riconoscere il governo di Pechino, per alcuni anni (fino alla
morte di Sun Yat-sen nel 1925) collaborò con i comunuisti che nel frattempo nel 1921 fondarono, sempre al
sud, a Shanghai, il Partito comunista cinese (1921), che divenne presto il perno essenziale della strategia
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del Komintern, ossia del grande strumento ideologico-politico della Russia sovietica. Successivamente il
delfino di Sun Yat-sen Chiang instaurò una dittatura conservatrice del Kuomintang dalle ristrette basi sociali,
che si mantenne tale anche quando la necessità di far fronte all'invasione giapponese lo indusse nel 1937 a
venire a patti con i comunisti. La seconda data epocale della trasformazione della Cina non è comunque
quella della vittoria alleata e della scomparsa del pericolo giapponese nel 1945, ma quella della vittoria delle
forze comuniste di Mao Tse-tung su quelle nazionaliste di Chiang e l'avventa della Repubblica popolare nel
1949.
Per quanto riguarda il Giappone, va sottolineata il grande processo di modernizzazione del paese, dovuto allo
sviluppo tecnologico ed economico, alle istituzioni politiche e alla potenza militare. Sebbene vi sia una
facciata parlamentare e liberale, in realtà la vita politica giapponese non risulta realmente democraticizzata:
la costituzione del 1889 attribuisce poteri assai maggiori di quelli riservati al sovrano nelle monarchie
costituzionali europee del primo Ottocento a un imperatore circondato d'altra parte da un'atmosfera sacrale e
mistica. Questa situazione porta a un progressivo ripudio della democrazia parlamentare e alla vittoria della
reazione militarista che domina il Giappone negli anni Trenta, con un regime che si avvina quanto più ai
totalitarismi di destra europei, confermati dalla stipulazione del Patto anti-Komintern (con GER) e del
Patto tripartito (con GER e ITA). Il regime giapponese quindi si basa su un nazionalismo altrettanto
aggressivo ed espansionista rivolto a un Lebensraum che è largamente offerto dall'Asia orientale, anche se
non si fonda su un partito unico ma in definitiva si richiama alla tradizione e alla fedeltà all'imperatore.
8. Le democrazie atlantiche: sviluppi interni e impegno internazionale (fra la Grande Crisi e la Guerra
fredda)
Le democrazie atlantiche da un lato per le forme di governo e di società in evoluzione negli Stati dell'Europa
occidentale e dell'America settentrionale, dall'altro per la posizione e la funzione che questi Stati assumono
in un sistema globale in continuo mutamento. Le premesse per un adeguamento dello Stato liberale
all'avvento dell'età delle masse si pongono con l'industrializzazione diffusa, il suffragio universale ecc. fin
dall'inizio del secolo. È però la Grande Crisi del 1929 a sollecitare il superamento della concezione e delle
istituzioni dello “Stato assenteista”, ossia alieno in nome della libertà di scambi, di iniziativa ecc.
dall'intervenire nelle attività e nella vita individuali. Negli anni Trenta per le democrazie occidentali il
problema era mantenere e al contempo attuare il superamento del liberalismo di impostazione ottocentesca
senza lasciarsi suggestionare dai successi degli Stati totalitari. I primi paesi ad offrire esempi significativi alla
società europea arrivarono da paesi minori come la Svezia e il Belgio (attraverso la pianificazione
capitalista). Anche le democrazie occidentali maggiori, GB e USA avviarono il superamento della dottrina e
della realtà dello Stato assenteista impostando il Welfare State: quella forma di Stato che senza modificare le
istituzioni di base di un paese, nell'intento di garantire “benessere” o assistenza a tutti i cittadini, allarga e
rende più organica la legislazione assicurativa contro la disoccupazione, le malattie, la vecchiaia. A secondo
del tipo di Stato può assumere connotazione corporativa o socialdemocratico/liberale, in ogni caso comunque
non va confuso con lo Stato interventista concepito e proposto da Keynes, secondo il quale per uscire dalla
crisi era necessaria un'azione di governo che incoraggiasse gli investimenti stimolando la crescita ma
controllando il costo del denaro; anche se sul piano storico concreto il confronto risulta accettabile, con la
presa di coscienza in GB e USA della necessità dell'intervento dello Stato in una società liberista e per
l'influenza che le teorie keynesiane ebbero su Roosevelt con la svolta epocale del New Deal.
La svolta decisiva delle democrazie atlantiche va collocata nell'epoca della seconda guerra mondiale, per le
grandi responsabilità assunte dall'Inghilterra-Commonwealth britannico e dagli Usa nella lotta contro i
totalitarismi di destra in Europa e in Asia Orientale; passi in avanti anche nel luglio 1940 quando Roosevelt
estese l'impegno alle Quattro Libertà (di parola, di religione, libertà dal bisogno attraverso accordi
economici che assicurino ad ogni nazione una vita sana e pacifica per i suoi abitanti, e libertà dal timore
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attuando una riduzione degli armamenti estesa a tutto il mondo) e con la Carta Atlantica del 14 agosto che
voleva essere un richiamo ai principi di democrazie di fronte agli avversari effettivi o potenziali che erano gli
Stati totalitari di destra. Successivamente dopo l'intervento americano nel conflitto mondiale,
l'amministrazione Roosevelt il 10 marzo 1943 presenta al Congresso un Bill of Rights, una carta dei diritti,
che impegna la democrazia americana a promuovere le Quattro Libertà.
Sul piano interno è la GB a fare in piena guerra un passo decisivo con la pubblicazione nel 1942 del Piano
Beveridge, premessa all'avvento a guerra finita di un pronunciato statalismo che coinvolge la società inglese
e i paesi del Commonwealth, soprattutto Canada e Australia. Avendo dietro di sé queste esperienze, le
democrazie atlantiche dovettero affrontare gli impegni del mondo del dopoguerra:
quello della democratizzazione dei paesi nei quali avevano abbattuto i regimi totalitari: ciò presupponeva
l'eliminazione di tutte le forme di pensiero e di vita totalitarie, nuove costituzioni, ma in ogni caso tale
impegno assumeva aspetti diversi a seconda dei paesi vinti nei quali doveva essere portato avanti. Si può
affermare comunque che alla fine degli anni Quaranta anche la Repubblica italiana e quella federale
tedesca potevano considerarsi democrazie atlantiche. L'impegno delle democrazie atlantiche e in
particolare dell'America rooseveltiana non poteva riguardare soltanto i principali Stati exnemici, ma
anche quei paesi minori che non avevano mai conosciuto la democrazia sia prima che dopo
l'instaurazione del Nuovo Ordine hitleriano; nasce qui il problema di “quale democrazia per l'Europa
liberata”, ossia della natura di democrazia, delle sue istituzioni, dei suoi metodi per attuarla e gestirla.
avviare la ricostruzione economica dell'Europa occidentale devastata e impoverita dalla guerra,
garantendole la protezione di un sistema politico-militare che impedisca l'espansione del comunismo-
Unione Sovietica: il sistema cioè impostato con l'Alleanza Atlantica e perfezionato con l'organizzazione
dell'alleanza, la NATO alla fine degli anni Quaranta inizio anni Cinquanta Piano Marshall.
creare un sistema di sicurezza internazionale che legasse le esigenze difensive dei paesi, in un clima di
contrapposizione fra due blocchi durante la Guerra Fredda. Si apre così un ciclo condizionato
esplicitamente dal fattore ideologico, che fin dall'inizio assume aspetti internazionali nella stipulazione
dei trattati di alleanza che li legano gli uni agli altri: l'Unione Occidentale (Western Union) o Patto di
Bruxelles fra GB, FRA, BEL, OLA, LUS stabilisce il precedente, facendo riferimento nel proprio
preambolo a “una ripresa della politica aggressiva” di una improbabile Germania ≠ l'Alleanza Atlantica
che non fa cenno ad alcun eventuale avversario. È importante sottolineare come questi trattati non
debbano uscire dal quadro dell'ONU, sia nel senso che dovrebbe essere l'ONU a offrire in via
preliminare e ufficiale il sistema internazionale che dovrebbe garantire, sia nel senso che l'ONU appare
la depositaria dei principi universali della democrazia, ciò in seguito al processo politico e ideologico
impostato dalle stesse democrazie nella Carta Atlantica del 14 agosto 1941. Il sistema politico-strategico
delle democrazie atlantiche assolve con successo il suo compito di difesa contro il suo avversario non
nominato, la superpotenza sovietica che non ha mai rinunciato a portare avanti il programma della
“rivoluzione mondiale” comunista
9. L'URSS e il suo sistema di Stati a sovranità limitata durante la Guerra Fredda: da Stalin a Breznev
L'URSS, dopo essere stato un alleato necessario durante la guerra, diventa un avversario potenziale,
impegnato anch'essa nella costruzione e nella direzione del sistema internazionale del dopoguerra. Fino al
patto Ribbentrop-Molotov (1939) atteggiamento di estraneità verso il mondo, poi Stalin assunse la
responsabilità della politica estera solo dopo aver eliminato i suoi avversati in quella “grande purga” che
indebolì lo Stato sovietico e soprattutto il suo strumento di difesa, l'Armata Rossa.
In questo periodo l'Unione Sovietica compì comunque in campi distinti due sviluppi essenziali per il suo
avvenire imperiale postbellico:
1. impostò la sua struttura di “stato industrial-militare” e
2. emanò la costituzione del 1936;
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Essendo nata da una guerra e sentendosi fortemente minacciata da potenziali nemici (POL, JAP, GB) per una
gran parte degli anni Venti l'URSS destinò un'ampia quota della spesa pubblica alla difesa. Va sottolineata la
trasformazione a ritmo serrato dell'economia nazionale da prevalentemente agricola in industriale e la
conseguente trasformazione della società, sottoposta a massicci programmi di istruzione rivolta a preparare i
tecnici che gestissero l'industrializzazione ed inoltre soggetta al trasferimento di interi nuclei in ambienti
geografici e “nazionali” diversi”, fino a stabilire il “cuore industriale” dell'URSS al di là degli Urali, in zone
quindi non facilmente attaccabili dall'Occidente e dal Giappone. Aspetto caratteristico del processo di
trasformazione dello Stato industrialmilitare sovietico, è quello di riuscire ad imporre alla popolazione un
tenore di vita individuale eccezionalmente basso: la quota del PNL destinata ai consumi privati fu portata a
un livello senza precedenti nella storia moderna; inoltre vanno ricordate la tendenza a preferire la quantità
alla qualità, e la rigidità dei programmi che una volta avviati difficilmente potevano essere adeguati a nuove
innovazioni tecnologiche.
Altro aspetto dell'URSS prebellica è la costituzione del 1936, introdotta dopo quelle postrivoluzionarie del
1918 e 1924, per definire principi e forme di uno Stato totalitario comunista, caratterizzato da “centralismo
democratico”, dittatura del proletariato, elementi plebiscitari e una dittatura personale di Stalin; tale
costituzione, dopo che l'URSS affermò la propria posizione egemonica nell'Europa orientale con la vittoria in
guerra, fu lo strumento per l'estensione del modello politico-istituzionale sovietico nella regione e il
fondamento dell'uniformità transnazionale del sistema o “sottosistema” che contemporaneamente l'URSS
andava costruendo attraverso una serie di trattati di alleanza. A partire dal 1947 sotto l'impatto della rottura
netta fra Est e Ovest e della creazione del Cominform furono compiute le effettive sostituzioni delle
costituzioni appena adattate o introdotte ex novo con altre che si ispiravano più fedelmente o addirittura
riproducevano pedissequamente il modello sovietico (Bulgaria nel 1947, Cecoslovacchia e Romania nel
1948, Ungheria e Repubblica Democratica Tedesca nel 1949).
Fu Stalin a stabilire le direttive dell'imitazione del modello sovietico:
L'inserimento della personalità dei capi (il dittatore da “padre del popolo” diventò “padre dei popoli”):
il leader comunista Gomulka individuò a tal proposito una “scala gerarchizzata di culti della personalità”
articolata su una doppia struttura: l'una all'interno di ciascun Stato satellite, l'altra che si estendeva a tutta
l'area sovietica tenuta unita nel culto della personalità di Stalin
l'uniformità delle economie: nonostante il modello sovietico venne imitato nell'industrializzazione
forzata, nel ruolo primario dell'industria pesante, nella collettivizzazione dell'agricoltura, nella
pianificazione centralizzata, in realtà un sistema uniforme imperiale vero e proprio non si realizzò in
quanto l'organo preposto a tale funzione, il COMECON (costituito nel 1949) fu scarsamente attivo,
rilanciato successivamente dopo la destalinizzazione, in una situazione di allentamento del rigore
autoritario sia all'interno dell'URSS che in tutto l'intero sovietico; inoltre l'organicità dei rapporti
economici imperiali venne frenata anche da nuove rivendicazioni di autonomia nazionale, da ribellioni
dei paesi satelliti e soprattutto da incertezze provenienti dal livello delle supreme cariche del partito, del
governo e dello Stato (es. Malekov successore di Stalin non assunse la carica di segretario di Stato +
Krusciov, secondo successore di Stalin, rivelatore dei crimini del dittatore assunse la carica di primo
ministro).
Tutti questi fattori tendono a prefigurare un blocco di Stati i cui legami ideologici, istituzionali ed economici
con l'URSS si accompagnano alla costruzione diplomatico-militare del Patto di Varsavia, che sancirà un
sottosistema sovietico dell'Europa centro-orientale caratterizzato da una sovranità limitata degli Stati
satellite, la cui teorizzazione avverrà solamente nel settembre 1968 ad opera di Breznev. Il Cominform,
l'“Ufficio di informazione tra i Partiti comunisti” dell'Europa sotto controllo sovietico fu creato quattro anni
dopo lo scioglimento del Comintern: la sua creazione se non intendeva essere una sfida globale lanciata
all'Occidente, era in ogni caso una mossa per rinsaldare i rapporti fra il PCUS e i principali partiti comunisti
europei. Esso però fu relativamente presto privato di efficacia, da una gestione sovietica che diversi partiti
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comunisti dell'Europa orientale erano riluttanti ad accettare, ma che andò incontro alla scacco più grave nel
conflitto pressochè immediato con Tito e la Lega dei comunisti jugoslava.
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La proclamazione il 1 ottobre 1949 della Repubblica Popolare Cinese mette in evidenza la capacità del
totalitarismo di sinistra di espandersi dall'Europa agli altri continenti, essa è il risultato della più lunga guerra
civile del secolo tra Mao Tse-tung e il suo Partito comunista cinese contro il Kuomintang di Chiang Kai-shek
(anni venti, interrotta nel 1937 poi ripresa nel 1945). Anche prima che la Repubblica Popolare potesse far
temere a Mosca di trovarsi di fronte a una nuova Cina capace di diventare una rivale preoccupante nella
guida del movimento comunista internazionale, l'appoggio di Stalin a Mao non era stato esente da riserve sia
ideologiche sia dettate dalla politica di potenza sovietica. La Cina maoista fu dominata fino agli anni Settanta
da un particolare senso di antagonismo verso gli Stati Uniti, alimentato dalla consapevolezza di trovarsi di
fronte non soltanto al più potente fra gli Stati capitalisti occidentali ma anche a quello che dall'epoca della
prima guerra mondiale aveva coltivato l'anticomunismo più intransigente, che durante la guerra civile aveva
prestato il proprio appoggio a Chang Kai-shek e che aveva riservato alla “Cina nazionalista” il prestigioso
seggio permanente al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Complessità della posizione della Cina
maoista nella situazione internazionale della Guerra Fredda: per la sua arretratezza economica può essere
fatta rientrare in quell'area che tanto a lungo si è inglobata nella nozione di Terzo Mondo, ma deve essere
considerata una grande potenza per il tentativo, accentuando la tradizione isolazionista e xenofoba della sua
storia, di assumere la guida della parte più radicale appunto del Terzo Mondo, sollecitando e sostenendo la
lotta per l'indipendenza dei popoli asiatici e africani.
Politica internazionale maoista: Mao intende trarre dall'URSS il sostegno economico, tecnologico e di
personale specializzato necessario per un decollo che renda più sicura e prossima l'indipendenza della nuova
Cina; per arrivare quindi ad avere un sostegno sovietico viene siglato nel 1950 il trattato di alleanza con
l'URSS, il quale prevede aiuti sia economici che finanziari, trasferimenti di tecnologie di armi e di istruttori
militari per la modernizzazione dell'esercito cinese, tutto ciò in cambio di sacrifici da parte cinese, come ad
esempio alcune concessioni di vantaggi economici per nuove imprese dell'URSS in Cina oltre che conferme
delle posizioni commerciali e militari (navali) a Dairen e a Port Arthur. La punta massima del sostegno
sovietico si ebbe con l'accordo del 1957, che impegnava l'URSS a fornire alla Cina un esemplare di bomba
atomica e i dati tecnici per procedere direttamente alla fabbricazione di armi nucleari. L'anno successivo però
Mao fa cambiare rotta al regime con il “Grande balzo in avanti”, che mirava a sottrarre allo Stato la sua
funzione centrale direttiva per trasferirla ai “comuni del popolo”. Il ripudio del modello sovietico diventava
ufficiale fino a riqualificare la Cina dei tardi anni Cinquanta come “Stato rivoluzionario isolazionista”, a
maggior ragione quando il Partito comunista cinese puntualizza in una lunga e circostanziata esposizione in
Venticinque punti (14 giugno 1963) il suo dissenso dal PCUS sostenendo la tesi che “in un certo senso tutta
la causa della rivoluzione internazionale proletaria dipende dalle lotte rivoluzionarie dei popoli concentrati
nelle vaste zone dell'Asia, dell'Africa e dell'America latina”; sul fronte delle relazioni fra Stato sovietico e
Stato cinese esplodeva la polemica sull'occupazione zarista dei territori dei fiumi Amur e Ussuri. A metà anni
settanta, esauritosi il Grande Balzo in avanti, Mao compì il suo secondo tentativo per richiamare il regime
alla sua essenza rivoluzionaria mobilitando la popolazione più giovane sotto la guida degli elementi più
radicali, le “Guardie Rosse” nella Rivoluzione Culturale, con la quale il governo di Pechino si impegnò in
- una azione diplomatica di mobilitazione del Terzo Mondo dai tratti anch'essi più o meno utopistici,
tentativo di costituire un fronte unito appunto contro il sistema bipolare USA-URSS
- sostenne la lotta contro l'apartheid sudafricano
- mantenne stretti legami politici e militari con gli USA.
La rivoluzione culturale venne dichiarata conclusa nel 1969, mentre lo stesso Mao si convinceva che
l'isolamento internazionale in cui la Cina era venuta a trovarsi poteva diventare pericoloso, temeva infatti di
esporsi all' egemonismo espansionistico dell'Unione Sovietica. La guerra in Vietnam però era la premessa per
un cambiamento di indirizzo radicale:
- la Cina rinunciava alla “guerra dei popoli” e alla “lotta armata” che aveva sollecitato durante la
Rivoluzione culturale
23
- sul piano economico metteva da parte l'autarchia e stabiliva rapporti commerciali in particolare con
paesi occidentali
- sul piano strategico-diplomatico dopo l'incontro sportivo della “diplomazia del ping pong” del 1971
si arrivò alla conclusione del processo di normalizzazione con lo stabilimento delle relazioni
diplomatiche cino-americane nel 1978, due anni dopo la morte di Mao.
Ora, dopo i Venticinque Punti del Partito Comunista Cinese e la Rivoluzione culturale, l'effettiva posizione
della Cina maoista verso il mondo esterno venne illustrata dallo stesso Mao nel febbraio 1974 con la “Teoria
dei Tre Mondi”: la caratteristica principale della situazione internazionale era data dalla resistenza, che si
sarebbe fatta sempre più forte, dei paesi in via di sviluppo, ossia del Terzo Mondo, con una esplicita
rivendicazione che alla guida di questo mondo doveva esserci la Cina; inoltre la resistenza del Terzo Mondo
avrebbe dovuto essere sostenuta dai paesi avanzati dell'Europa occidentale e orientale e dal Giappone (che
costituivano tutti insieme il secondo mondo) e avrebbe dovuto essere diretta contro l'egemonismo economico
e politico di entrambe le superpotenze (il primo mondo); ora però, dopo l'allineamento con gli Usa, il
contesto andava aggiornato contro l'URSS, in un fronte unito di tutte le maggiori potenze, dalla Cina agli
Usa. Però anche questa fase di allineamento con gli Usa ebbe termine, soprattutto per la preoccupazione da
parte dei governati di Pechino che la Cina fosse considerata troppo filo-americana rischiando così di perdere
l'influenza e consensi nel Terzo Mondo.
Alla rivendicazione di una politica estera di indipendenza, corrispose all'interno la nuova ricerca e
sperimentazione di una “via cinese al comunismo” condizionata da una ineludibile necessità di riforme, tra
le quali spiccano una controllata e parziale apertura al mercato sul piano economico e una rivendicazione
tutta autoritaria e tutta cinese di una chiusura di fronte ai diritti umani sul piano etico-politico-istituzionale; le
aspettative occidentali di una democratizzazione del sistema di governo cinese anche nel periodo conclusivo
della Guerra Fredda rimangono sostanzialmente deluse (fatto emblematico la repressione di Tienanmen nel
1989).
La Cuba castrista ha condiviso con la Cina postmaoista diverse cose: la capacità di sopravvivere oltre il
crollo dello Stato totalitario di sinistra maggiore, l'Unione Sovietica e del suo sottosistema esteuropeo di Stati
a sovranità limitata, essere uno Stato totalitario di sinistra che si è affermato lontano dall'Europa, l'aver
occupato un posto di primo piano nella politica internazionale della Guerra Fredda ed infine una affinità la si
può trovare nella presenza del “comunismo carismatico” cubano del Fuhrerprinzip, dovuta al suo Lìder
Maximo Fidel Castro, che dopo tre anni di guerriglia abbattè il regime di Fungencio Batista (1959).
La presa di posizione di Castro (anche all'ONU fin dal 1960) contro gli Usa e la necessità di
controbilanciarne l'ostilità , lo spinsero verso l'Unione Sovietica: l'episodio alla baia dei Porci da parte di
esuli anticastristi aiutati dagli Usa portò inevitabilmente a un inasprimento di tali rapporti, con gli Usa che
decisero l'embargo commerciale dell'isola mentre cuba si appoggiò esplicitamente all'URSS. L'equilibrio del
sistema internazionale fu d'altra parte bruscamente alterato dalla presenza di una “testa di ponte” sovietica
nell'Emisfero occidentale, di cui si vide subito la pericolosità quando i sovietici installarono posizioni
missilistiche in territorio cubano determinando quella che forse fu la crisi più rischiosa del confronto USA-
URSS durante la Guerra Fredda; i missili vennero ritirati in cambio dell'impegno statunitense a non compiere
tentativi di rovesciare il regime castrista, ma questo non impedì a Cuba di costituirsi ormai come membro
attivo della “comunità socialista” a direzione sovietica, che ebbe fondamentalmente tre conseguenze:
se da un lato permise di sollevare Cuba dall'arretratezza della società cubana, la Repubblica di Cuba si
diede (1976) una costituzione ispirata al comunismo sovietico, con i cittadini cubani guidati dalla
dottrina marxista-leninista
Cuba potè assumere e mantenere senza troppi rischi il ruolo di centro nevralgico e direttivo dei
movimenti rivoluzionari nell'America latina
potè allestire contingenti militari di una certa efficacia per l'espansione del comunismo di marca
24
sovietica nel Terzo Mondo, essenzialmente in Africa (Angola, Etiopia)
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CAPITOLO XIII
Alla ricerca di un sistema internazionale:
fra cedimenti dell’Europa, superpotenze extraeuropee e bipolarismo della guerra fredda
INTRODUZIONE
Ricostruendo „l‟ultimo secolo del sistema europeo‟ si arriva a individuare una fase considerata come
premessa a un nuovo sistema „mondiale‟, o come ricerca di tale sistema.
Il cambiamento si preannuncia nel secolo XIX e si manifesta nella politica internazionale della prima metà
del secolo XX.
FASI:
1. Crisi Asia orientale a cavallo fra i due secoli: si vede la premonizione del sistema internazionale.
Questa fase dura fino al 1917, anno cruciale della Grande Guerra.
2. 1917-1919: La seconda fase corrisponde all‟intervento in guerra degli USA, la direzione americana
dell‟assetto di pace e la loro prima presenza in Europa come superpotenza.
4. Anni trenta: Il sistema europeo si ripresenta in una sua ultima versione conflittuale e stravolta dalle
iniziative dell‟Italia fascista e della Germania nazista. Questa fase dura fino al coinvolgimento
dell‟URSS e degli USA.
Il sistema bipolare viene imposto dalla seconda guerra mondiale ed è immanente nella situazione
internazionale del secondo dopoguerra. Viene reso meno organico dalle diverse crisi interne che deve
affrontare e anche dalle sfide esterne. Queste non mettono in discussione la persistenza del sistema sul piano
strategico - militare ma consentono di formulare alternative future (esempio: il sistema tripolare con la Cina).
„Sistema Mondiale‟: suggerisce l‟esistenza di una politica internazionale che si estende a tutte le regioni del
mondo e ha ormai in paesi extraeuropei i suoi „centri di gravità‟.
Il passaggio a questo sistema è lungo e laborioso, un processo di trasformazione di un sistema europeo che
ha avuto quattro secoli per costruire la sua identità a un sistema diverso dalle basi molto più vaste ma anche
improvvisate, poco omogenee e tendenzialmente contrapposte.
USA e Giappone, nuovi attori extraeuropei della scena internazionale, affermando la loro posizione nell‟Asia
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orientale, provocano una dilatazione del sistema che non può più essere intesa come una semplice proiezione
fuori dell‟Europa del „concerto‟ europeo.
1895: Giappone dà inizio alla crisi con la vittoria sulla Cina e con l‟insediamento nel continente
asiatico.
1898: USA vincono contro la Spagna. Acquisizione delle Filippine li introduce alla
compartecipazione al controllo della regione. L‟America afferma la sua presenza politico – strategica
nell‟Asia orientale.
1905: vittoria Giapponese contro la Russia. Il Giappone riconferma la sua presenza in Asia: grande
potenza in estremo oriente.
Con questi elementi si vede nella crisi dell‟Asia orientale un annuncio premonitore per la politica
internazionale del secolo XX. Gli attori extraeuropei danno un‟impressione di dinamismo, ma entro
determinate aree e con interferenze o contatti poco rilevanti in altre. Il Giappone emerge dalla vittoria sulla
Russia come grande potenza, ma grande potenza in Estremo Oriente. Inoltre, il primo avvicinamento a una
politica mondiale degli USA viene interrotto per più di un decennio.
Quindi nel primo Novecento i limiti dell‟azione erano ancora stabiliti dall‟equilibrio europeo e ogni mossa in
Asia e in Africa era giudicata alla luce delle ripercussioni che avrebbe avuto in Europa.
Anni fra la crisi dell‟Asia orientale e la prima guerra mondiale: periodo di „ritorno‟ dell‟attenzione ai secolari
problemi europei, condizionato da nuove connessioni e dipendenze dal mondo extraeuropeo.
POLITICHE:
GERMANIA – Weltpolitik, espansione extraeuropea promossa con insistenza fin dalla caduta di Bismarck
nel 1890. La Germania è costretta anche a compiere uno sforzo per tenere in piedi l‟Austria Ungheria, la cui
sopravvivenza doveva continuare a fornire alla Germania la base per l‟affermazione della sua egemonia
europea e per la realizzazione dei suoi piani di espansione extraeuropea.
Problema della Germania in Europa e fuori: si presenta come la chiave del processo di trasformazione del
sistema internazionale fino alla comparsa in scena degli USA.
Vi è una contrapposizione fra due tesi riguardo alla spinta egemonistica della Germania:
1. l‟intento primario della Germania era proprio stabilire la sua egemonia in tutta l‟Europa,
2. l‟intento vero e ultimo del paese era l‟assalto al potere mondiale.
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In realtà questa netta contrapposizione non sussiste per vari motivi:
- L‟inadeguatezza dei mezzi e il dilettantismo dei progetti tedeschi di sovversione degli imperi
coloniali dell‟Inghilterra, della Russia e della Francia. Un assalto effettivo e diretto al potere
mondiale, quindi, non ci fu.
- I due progetti, nelle prospettive del Secondo Reich, risultano congiunti, soprattutto dopo l‟inizio
della guerra. La Germania quindi mirava sia all‟egemonia in Europa, sia a un‟espansione coloniale
che le assicurasse l‟ingresso nel „futuro concerto delle potenze mondiali‟.
Gli scopi di guerra della Germania, infine, consistevano nella creazione di due vasti imperi, l‟uno nel cuore
dell‟Europa, l‟altro in Africa centrale.
La politica tedesca in questi elementi si ricollega al passato, ma per due aspetti se ne discosta:
2. Porta avanti il suo programma in una fase della storia nella quale le sue avversarie europee possono
ricorrere all‟aiuto degli USA, un potente alleato extraeuropeo, promuovendo indirettamente
l‟allargamento del sistema internazionale.
Nel periodo 1917-1919 accadono diversi mutamenti, uno dei quali è la crisi del sistema degli Stati europei
provocata da due fatti:
- La scomparsa di più della metà dei suoi membri principali (Impero russo, Impero tedesco, Impero
asburgico, Impero ottomano), e la formazione nei territori degli imperi scomparsi di nuovi Stati.
- Drastica riduzione delle risorse economiche, degli impegni commerciali, ecc. dei maggiori stati
europei, che avevano garantito all‟Europa la sua posizione centrale nel sistema internazionale
d‟anteguerra.
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Con l‟intervento americano del 1917-1919 ci fu in buona sostanza l‟entrata in scena delle due future
superpotenze.
Cosa rappresenta la convergenza di USA e URSS? Ambedue sognavano un solo mondo in cui il
conflitto degli stati sarebbe cessato.
Si contrappongono vecchia diplomazia e nuova diplomazia:
- Politica wilsoniana: politica di potenza, trattati segreti, intenti espansionistici ed esclusione
dell‟opinione pubblica da ogni possibile partecipazione alla formulazione degli scopi di guerra
- Diplomazia aperta, che instauri relazioni internazionali fondate sull‟autodecisione dei popoli,
controllo popolare della politica estera e una soluzione razionale delle controversie fra stati a mezzo
di arbitrati e di un‟organizzazione sovranazionale.
Secondo Arno Mayer, la linea divisoria tra vecchia e nuova diplomazia passa all‟interno degli stati in
guerra, separando i governanti dai governati. Wilson e Lenin avevano in comune il rifiuto del
sistema internazionale vigente.
La guerra del 1914-1918 non riesce a provocare un passaggio al sistema della politica mondiale. In un modo
artificioso, il mondo sembra ancora eurocentrico.
A.W. De Porte descrive questo periodo come „l‟estate di San Martino dell‟Europa‟ (19-25-1930). Se dopo la
prima guerra mondiale un sistema degli Stati europei, simile a quello di secoli precedenti, non si riforma,
nessun altro sistema si delinea né prende il suo posto nel contesto mondiale.
CAUSE:
1. Scomparsa di 3 su 5 dei maggiori membri del sistema
2. Crisi economico-finanziaria da non consentire più all‟Europa di portare avanti la sua politica
egemonica.
3. La conferenza della pace a Parigi mancò di tracciare dei piani sistematici di ricostruzione economica
mondiale che avrebbero reso stabile l‟assetto politico da essa stabilito (Holborn)
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4. Le grandi potenze che parteciparono all‟assetto del 1919 erano un numero ridotto rispetto a quelle
che parteciparono al congresso di Vienna. Per questo la ricostruzione di un sistema europeo non
poteva non risultare in partenza parziale e squilibrata.
5. L‟elemento che differenzia di più i due assetti fu la scomparsa dell‟Impero asburgico, che nel 1815
era stato concepito come perno del sistema della Restaurazione.
6. La non partecipazione della Russia ebbe delle conseguenze notevoli alla conferenza di Parigi,
soprattutto quando confrontata alla partecipazione costruttiva dello zar Alessandro I nel 1815.
7. Infine, la presenza alla conferenza del 1919 dell‟Italia come uno dei Big Four, mentre nel 1815
l‟Italia si presentava come un territorio privo di identità nazionale e di unità statale. Questa è una
dimostrazione della crisi del vecchio sistema.
Da questi elementi si capisce la difficoltà nel tentare di ricostruire lo stesso sistema su nuove basi.
Secondo De Porte, il sistema europeo postbellico (a parte l‟Italia) si fondò su quattro pilastri:
- Gran Bretagna e Francia
- Germania
- Stati dell‟Europa orientale
- Unione Sovietica.
Il primo e il terzo pilastro (GB, FRA, Stati Europa orientale) erano alleati per difendere l‟assetto di pace. Il
secondo e il quarto (GER, URSS) erano revisionisti ma negli anni Venti seguono strade diverse. La
Germania va verso un accomodamento con le potenze occidentali, mentre l‟URSS va verso un relativo
isolamento.
ITALIA: La presenza dell‟Italia fu tutto sommato attiva nella politica internazionale fra le due guerre.
Contribuì a mantenere la centralità dell‟Europa nella situazione internazionale, facendosi sentire anche nei
tentativi di costruzione di sistemi internazionali.
All‟inizio l‟unico sistema internazionale di cui si può parlare è il Sistema di Versailles: sistema dei vincitori
duramente „dettato‟ ai vinti, appoggiato soltanto ai due maggiori vincitori europei, FRA e GB.
Sistema di Versailles: sistema francese? Si può parlare di sottosistema francese, che lega la Francia a tutti i
paesi che potevano offrirle la prospettiva di contare su una coalizione di sicurezza contro la Germania, in
particolare le nuove piccole potenze del Sudest europeo:
- Trattato di alleanza con il Belgio (1920)
- Alleanza con la Polonia (1921)
- Trattato con gli Stati della Cecoslovacchia (1924)
- Trattato con la Romania (1926)
- Trattato con la Jugoslavia (1927)
Lo sforzo di ricostruzione di un sistema europeo a metà degli anni Venti era giunto soltanto fino ai passi presi
da GB, FRA, GER e ITA che preludevano a un sistema mirato a prevenire un conflitto franco-tedesco.
Gli anni dal 1925 al 1930 furono quelli in cui l‟Europa avrebbe potuto essere ricostruita almeno come un
forte blocco agente nella sfera mondiale, ma nel 1931 scoppiò la crisi economica mondiale. (Holborn)
Una delle conseguenze più gravi della crisi sul piano politico internazionale fu quella di interrompere lo
sviluppo collegato del mondo atlantico euro-americano.
Andava sgretolandosi, in questo periodo, un sistema internazionale limitato nell‟ambito geografico e negli
intenti (sistema di Versailles):
- La crisi economica indusse la Germania prenazista a sospendere le riparazioni, l‟ultimo strumento
che poteva ancora tenere formalmente uniti i suoi ex nemici.
- Distacco psicologico e politico dell‟America di Hoover e di Roosevelt dall‟Europa.
- 1935: effimera ed equivoca riconferma del fronte di Stresa sullo status quo in Europa
- Accordo navale GB-GER, che annullava unilateralmente le restrizioni alla marina tedesca.
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- Inizio della destabilizzante guerra italiana in Etiopia.
Tentativi di instaurare sistemi egemonici nella prima fase della seconda guerra mondiale –
GIAPPONE:
C‟era nella politica espansiva giapponese una parte che riuscì a tradursi nell‟impostazione di un effettivo
sistema egemonico. La „guida‟ egemonica‟ del Giappone doveva appoggiarsi al controllo militare e a un
sistema economico-commerciale comune, ed essere cementato dai sentimenti anti-colonialisti e
antioccidentali degli abitanti („Unione dell‟Asia Orientale‟). Voleva esserne il leader.
GERMANIA:
Tesi dell‟”assalto al potere mondiale”: qualsiasi progetto tedesco di espansione extraeuropea era
condizionato alla conquista dell‟egemonia europea. Hitler attribuiva a tale egemonia il valore di Lebensraum,
spazio vitale. Colonialismo nazista = colonialismo „continentale‟: la nuova Europa era pensabile soltanto
come un „grande Reich tedesco‟. Il sistema egemonico stabilito dal grande Reich germanico, al momento
della sua maggiore estensione (fine 1942), era fondato sull‟ineguaglianza dei diritti dei popoli secondo il
criterio dominante dell‟appartenenza alla „razza germanica‟, che si estendeva ai Volksdeutsche.
3. FATTORI DI SIMILARITÀ:
- Disponibilità di forze militari convenzionali largamente superiori a quelle di qualsiasi altro Stato.
- Possesso di armamenti nucleari in grado di moltiplicare la loro potenza militare.
- Popolazioni abbastanza numerose da reggere il peso multiforme di una politica da superpotenza.
- Estensioni territoriali tanto vaste da consentire loro di reggere il peso e di garantire l‟esercizio della
superpotenza.
- Adesione a concezioni politico – economico – sociali coesive e totalizzanti, innestate su sentimenti
nazionali di origine antica, ma potenziate da una recentissima e improvvisa presa di coscienza di
essere appunto superpotenze.
Classificazione del sistema bipolare della Guerra Fredda come una nuova fase della lotta fra l‟impero
marittimo mondiale (corrispondente nella realtà storica all‟Impero britannico dei secoli XVIII e XIX) e
l‟impero continentale o Heartland rivale (Russia – Unione Sovietica).
Obiettivo USA: impedire il dominio sovietico dell‟Eurasia
Obiettivo URSS: espellere l‟America dall‟Eurasia
Le condizioni favorevoli all‟avvento del sistema bipolare si concentrano in un breve periodo intorno alla
metà degli anni 50:
- La conclusione della guerra della Francia in Indocina, sanzionata dalla conferenza di Ginevra e
seguita dalla conferenza di Bandung.
- L‟inizio del riarmo tedesco entro l‟UEO e soprattutto entro la NATO
- La neutralizzazione dell‟Austria con la firma del trattato di pace che la riguarda
- La stipulazione del Patto di Varsavia, che completa il processo di formazione dei blocchi.
Soltanto alla fine degli anni 50 il sistema bipolare può considerarsi veramente insediato, nel senso che
soltanto allora si realizza la condizione politico-strategica che ne definisce le condizioni e ne mette in
evidenza la funzione: l‟effettiva equivalenza di armamenti nucleari fra le due superpotenze che introduce nel
sistema l‟”equilibrio del terrore” (=olocausto nucleare) della distruzione reciproca.
Le conclusioni della scienza politica (anzitutto americana) mentre il sistema bipolare è ancora in atto sono
che esso rappresenta una „forma anomala e probabilmente transitoria delle relazioni internazionali‟.
FUNZIONI POSITIVE DEL SISTEMA BIPOLARE:
- Ha contribuito ad assicurare al mondo „la lunga pace‟, la metà di un secolo, anche se non ha saputo o
voluto estendere questa pace ai conflitti locali e autonomi. Infatti, è stata mantenuta al prezzo di
logoranti guerre by proxies = per procura.
- Anche nella Guerra Fredda è riscontrabile la coincidenza con una fase di progresso scientifico-
tecnologico e di espansione economica, in particolare riguardo alle due superpotenze: è notoriamente
un tratto fondamentale della vicenda storica dell‟URSS il culto della tecnologia e
dell‟industrializzazione per colmare il divario con l‟Occidente capitalista, e superarlo affermando la
superiorità del sistema socialista. Questo si vede soprattutto quando l‟impegno dell‟URSS viene
rivolto verso la penetrazione e navigazione nello spazio.
Il successo sovietico dello Sputnik provoca negli USA il missile gap e segna l‟effettivo avvio della gara
fra le due potenze nella navigazione nello spazio e nel perfezionamento degli armamenti nucleari
„strategici‟, con la conseguenza di consolidare il sistema creando fra i due poli un vincolo esclusivo. Tale
impulso accentuò lo squilibrio entro l‟economia sovietica spingendo l‟URSS verso il crollo della fine
degli anni 80.
- Il processo di controllo e della riduzione degli armamenti nucleari è un ulteriore settore che rivela la
realtà del sistema bipolare. Viene avviato seriamente dopo la lunga fase propagandistica di proposte
di disarmo non negoziabili, in coincidenza con il periodo dell‟affermazione del sistema bipolare,
all‟inizio degli anni 60 (effetto precipitante della crisi di Cuba del 1962). La serie di trattati ha inizio
nel 1963 e segue con andamento regolare ma progressivo fino alla fine degli anni 80. Si tratta
sempre di più di trattati stipulati soltanto fra le due superpotenze.
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C‟è la sensazione fra gli storici che il sistema bipolare non sia stato in grado di affrontare e gestire a un certo
punto un progressivo e multiforme attacco alla „stabilità‟ internazionale.
Le relazioni internazionali, fino ad allora costrette a una relativa semplicità, fra gli anni 60 e 70 compirono
una svolta significativa, assumendo una reale complessità (dovuta anche alla moltiplicazione degli stati
sovrani provocata dal processo di decolonizzazione), mentre il sistema che avrebbe dovuto gestirle andava
incontro a una crisi.
Passi:
- Lasciato cadere il progetto di ristabilire il secolare legame con la Russia,
- Accettati i posti nel Consiglio dei Quattro Ministri degli Esteri
- Zona di occupazione in Germania
- Partecipazione all‟amministrazione militare di Berlino ovest.
Storia della Francia nella NATO: si intreccia con il ritorno di De Gaulle al potere e del suo veto all‟entrata
dell‟Inghilterra nella Comunità europea.
1966: De Gaulle pone termine all‟integrazione delle forze francesi nella NATO e il quartier generale viene
trasferito da Parigi a Bruxelles. La Francia comunque rimane un‟alleata affidabile: si schiera con gli alleati
occidentali nei momenti di crisi con l‟URSS e porta avanti con decisione i suoi programmi nazionali di
armamenti. La Francia potrebbe costituire il più valido alleato militare dell‟America nel continente europeo,
ma non rinuncia a resistere e a contestare l‟egemonia degli USA in diversi settori (anglicizzazione del
linguaggio tecnico e corrente, promozione massiccia di consumi e costumi americani).
Negli anni 60 la Comunità europea diviene la maggiore concorrente degli USA, mentre la Germania federale
si afferma come „grande potenza civile‟.
La Germania comunque avvia una politica verso l‟Est europeo e verso l‟Unione Sovietica, giustificata dal
contenzioso nazionale – territoriale che ha dal 1945 con questa parte del continente.
Questi diversi sviluppi riducono la preminenza assoluta degli USA. Gli europei occidentali nella grande
maggioranza desiderano e accolgono la protezione degli USA, se non proprio l‟egemonia.
Controllo strategico americano: può contare su tre fattori che dimostrano la volontà degli USA di garantire la
sicurezza in Europa:
1. La „special relationship‟ con GB
2. Il rapporto bilaterale con la Spagna franchista, con le relative basi aeronavali americane
3. La progressiva identificazione della NATO con la „politica di interesse nazionale‟ americana.
Il problema della Spagna franchista: l‟anello mancante
Venne risolto sul piano tecnico della difesa dell‟Europa occidentale con un trattato bilaterale del 26 settembre
1953 che stabiliva la disponibilità di basi aeree e navali in territorio spagnolo da parte degli USA.
È la NATO alla fine a diventare lo strumento principale del sottosistema egemonico americano nell‟Europa
occidentale.
8. SISTEMA BIPOLARE E SFIDE ESTERNE. LE IPOTESI DEL TRIPOLARISMO E DEL
MULTILATERALISMO
Sono le sfide esterne a determinare la „complessità reale‟ delle relazioni internazionali nella fase matura della
Guerra Fredda, e a impedire al sistema bipolare di realizzare le sue aspirazioni a un controllo globale.
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PRIMA SFIDA: PROCESSO DI DECOLONIZZAZIONE
Fra la fine degli anni 40 e gli anni 60 modifica profondamente la comunità internazionale per via della
creazione di decine di nuoci Stati sovrani. Inoltre crea accanto ai due blocchi contrapposti un Terzo Mondo,
la cui caratteristica è quella di non costituirsi in blocco e di non avere un polo.
Non riuscì mai a costituire un‟alternativa all‟antagonismo bipolare, ma rese evidente che il sistema bipolare
della Guerra Fredda non comprendeva né esauriva l‟intero scenario mondiale: mostra che l‟Asse Nord-Sud
avrebbe potuto essere sostituito da una collaborazione sui problemi dello sviluppo globale.
La trasformazione portata dal Terzo Mondo fu di larga portata. Il sistema bipolare non seppe farsi carico dei
problemi che i paesi nuovi ponevano alla comunità internazionale in termini di trasformazione e sviluppo
delle società ex coloniali. I due poli si concentrarono nella gara per procurarsi alleati-satelliti fuori dei due
blocchi.
Il polo americano finì per essere l‟interlocutore principale dei processi di crescita delle economie e delle
nazioni del Terzo Mondo (paesi non-allineati), a causa della schiacciante superiorità delle sue risorse
produttive e finanziarie.
- 1947: India diventa indipendente, e rifiuta qualsiasi allineamento politico-strategico con l‟Occidente.
- 1948: Jugoslavia esce dal sottosistema sovietico.
- 1952: Egitto, da Stato monarchico giunto all‟indipendenza dal protettorato britannico (conservando
stretti legami con GB) diviene una repubblica nazionalista e anticolonialista avversa alle iniziative di
difesa collettiva del Medio Oriente assunte da GB, FRA e USA culminanti con il Patto di Bagdad
(1955).
- 1956: Nazionalizzazione del canale di Suez (non ancora l‟adozione di una politica di non
allineamento).
- 1959: Egitto si stacca dall‟URSS associandosi alla politica di non allineamento jugoslava, che
proponeva di influire sulla politica dei due blocchi fino a farne cessare la conflittualità e la
preminenza egemonica sul resto del mondo, e di arrivare a una situazione internazionale di sicurezza
e collaborazione economico-sociale generale.
Malgrado la moltiplicazione delle adesioni al movimento, esso perdette nel corso del tempo gli intenti
significativi per imprimere una svolta al sistema internazionale, facendolo uscire dalla logica dei blocchi,
dei primi promotori.
Non si può dire infatti che il movimento dei paesi non allineati sia riuscito a recare un contributo
importante alla trasformazione della comunità internazionale. Si limitò a rappresentare una variante
organizzativa più ristretta del Terzo Mondo.
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CINA:
In questo contesto di sistema bipolare, la Cina maoista pone la sua candidatura alla guida di un terzo polo di
natura diversa dagli altri due. Questo perché non intende porsi a capo di un blocco militare e anche perché
l‟eliminazione dei blocchi e l‟esautoramento dei poli rappresenta la più importante direttiva della sua politica
internazionale.
La politica della Repubblica Popolare Cinese parte da lontano, dalla teoria che il successo della rivoluzione
internazionale proletaria dipende dalle lotte rivoluzionarie dei popoli dell‟Asia, dell‟Africa e dell‟America
latina, contrariamente a quanto sostiene il Partito comunista sovietico (“Venticinque Punti di Pechino”, 14
giugno 1963)
Undici anni dopo Mao Tse-Tung formula la Teoria dei Tre Mondi (primavera 1974: nel frattempo si era
inasprita la rivalità con l‟URSS ed era stato messo da parte l‟antagonismo tradizionale verso gli USA). Mao
identifica uno dei tre mondi nel Terzo Mondo, e assegna a questo la Cina come centro propulsore: “La Cina
appartiene al Terzo Mondo. Il governo e il popolo cinesi appoggiano risolutamente la lotta delle nazioni e
dei popoli oppressi ovunque per la riconquista e la salvaguardia dell‟indipendenza nazionale e lo sviluppo
dell‟economia nazionale contro il colonialismo, l‟imperialismo e l‟egemonia”.
Tripolarismo? La Repubblica Popolare Cinese era in effetti del tutto estranea a qualsiasi zona d‟influenza
altrui. Tutto ciò testimonia che nella seconda fase della Guerra Fredda, mentre il sistema bipolare continuava
a condizionare la situazione internazionale appoggiandosi alla sue potenza militare esclusiva, andavano
prospettandosi ipotesi alternative, causate da una trasformazione della potenza.
Questa trasformazione poteva portare all‟ipotesi di una situazione internazionale mondiale multipolare.
Fu Richard Nixon a tradurre la presa di coscienza del declino americano nell‟ipotesi di un sistema
multipolare, spostando l‟accento dalla potenza militare all‟economia:
Venticinque anni fa eravamo il n.1 nel mondo sul piano militare. Ora…vediamo cinque grandi superpotenze
economiche: USA, Europa Occidentale, Unione Sovietica, Cina e Giappone.
(Discorso a Kansas City, agosto 1971)
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CAPITOLO XIV: IL NOVECENTO ‘SECOLO AMERICANO’
1. La preminenza negli Stati Uniti nel secolo XX. Problemi e caratteri distintivi rispetto ai sistemi
egemonici precedenti.
L‟egemonia degli Usa nel XX secolo (definito “Secolo Americano) presenta caratteri peculiari.
Il primo problema che si pone è naturalmente il collegamento con il sistema internazionale esistente prima
che gli Usa diventassero la “potenza dominante”. Sembra che tutto si debba fare “ex novo” ma alcune scelte
dell‟amministrazione Roosevelt attenuano questa volontà di rottura con il passato:
- decisione di considerare l‟Europa una zona privilegiata (vista come una
integrazione/completamento dell‟occidente sull‟altra sponda dell‟Atlantico)
- decisione di varare il Piano Marshall
- creazione di una „regione dell‟Atlantico settentrionale‟ quando l‟esigenza di stipulare l‟Alleanza
Atlantica deve essere conciliata con la norma dello Statuto dell‟ONU che consente soltanto patti
regionali
- rivendicazione di una civiltà comune il cui centro è l‟America settentrionale.
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Indicatori:
- Conferenza di Bretton Woods (22/07/ 1944) che stabilisce un sistema monetario internazionale
basato sul DOLLARO e fissa la convertibilità in oroposizione centrale del dollaro nell‟economia
mondialetappa decisiva del trasferimento
- Potenza navale. Fino alla fine del XIX secolo la GB aveva il predominio navale. Gli americani
avrebbero voluto una Marina “seconda a nessuno”; Conferenza di Washington (1921-1922):
stabilisce la riduzione delle due marine (GB e USA) a livello paritario. Conferenza di Londra (1930):
fine della rivalità navale anglo-americana. Ma verso la fine degli anni ‟30 gli USA riprendono la loro
strategia navale sui due oceani impostando nel 1938 un nuovo programma di costruzione di una
marina „seconda a nessuno‟. nel 1946: una flotta americana si stanzia nelle acque della Turchia
(di fronte agli Stretti) dove c‟era sempre stata una flotta britannicada questo momento in poi si può
parlare di predominio navale degli USA.
- Durante la Guerra Fredda gli Usa diventano una potenza militare TERRESTRE stabile, per timore di
subire attacchi via terra. Ciò non era mai successo per la GB.
- Differenze riguardanti la concezione della società: la GB è attenta alle situazioni politiche e nazionali
specifiche. Gli Usa proclamano la validità assoluta della democrazia (Dottrina Monroe).
C‟è un filone di pensiero e di ideologia americano che comincia a imporsi alla società internazionale con il
Presidente Wilson (17/01/1917): l‟America deve guidare il progresso dell‟umanità secondo i “principi
americani” (uguaglianza tra le nazioni, libertà dei mari, limitazione degli armamenti). L‟identificazione tra
l‟umanità e i principi americani permane anche con Hoover, con Roosevelt e durante la Guerra Fredda.
Tra GB e USA c‟è una relazione speciale (special relationship) fin dal 1900. Sebbene messa inizialmente in
crisi per via del trasferimento di potenza, questa intesa perdura per tutta la II GM e perfino durante la Guerra
Fredda. (Indicatori: Breton Woods, Piano Marshall, esclusiva partecipazione della GB allo sviluppo degli
armamenti atomici in Usa, appoggio diplomatico inglese nella guerra alle isole Falkland). La GB
inizialmente seguiva la cosiddetta “politica dei 3 cerchi”(mantenimento del Commonwealth,
dell‟organizzazione dell‟Europa occidentale e delle relazioni con gli Usa): si arresta dopo l‟indipendenza
dell‟India (1947) e la creazione della Nato. Il “cerchio” si riduce così agli Usa.
3. Basi economiche e prospettive strategiche della “potenza mondiale degli Stati Uniti” nel primo
Novecento
Nella prima metà del 1900 gli Usa vogliono una posizione di preminenza produttiva e commerciale. Emerge
qui il primato dell‟economia sulla politica, specialmente nel periodo che va dal 1898 (guerra con la Spagna)
all‟inizio della I GM. 2 Dipartimenti (di Stato e del Commercio) negoziano accordi, trattati commerciali e
aiutano le aziende. Durante le Presidenze KINLEY, ROOSEVELT, TAFT e WILSON si attua la Diplomazia
del Dollaro: i rappresentanti diplomatici Usa diventano “agenti di commercio” delle iniziative economiche.
Quadruplicano gli Investimenti Esteri (verso Canada, Messico, Cuba..)nuove tecniche di espansione:
tecnologia più avanzata, costruzione di fabbriche e impianti di assemblaggio all‟estero ecc.)
WILSON
La presidenza di Wilson (un democratico) si colloca in un trentennio repubblicano 1913-20. È un periodo
ricco di prospettive suggestive ma anche di contraddizioni e di imprese bruscamente interrotte:
1) egli non riesce ad affermare la Diplomazia del Dollaro in America Centrale. Cause
incompetenza/inesperienza del segretario di Stato William Bryan, lo spoil system = prassi politica
americana di attribuire al partito vincitore delle elezioni la facoltà di conferire posti di responsabilità
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entro l‟amministrazione federale; proprio nell‟America centrale questo sistema provocò conseguenze
sconcertanti: in alcuni casi furono nominati rappresentanti diplomatici legati agli interessi dei gruppi
industriali privati operanti in condizioni di monopolio nella zona.
2) Un altro fallimento di Wilson riguarda due dei Quattordici Punti annunciati l‟8 gennaio 1918, che
rappresentano gli scopi di guerra degli Stati Uniti. Il 14esimo, che istituisce la Società delle Nazioni,
e il terzo, riguardante l‟abolizione delle barriere economiche internazionali.
Nel primo dopoguerra emerge la dottrina secondo la quale gli Usa avevano l‟obbligo di tracciare un “nuovo
corso” verso il miglioramento della condizione umana. La sfida viene raccolta dal Presidente Hoover nei
primi anni ‟20. Vengono quindi concessi prestiti ai paesi europei secondo precisi criteri tecnici.
Dopo la vittoria con la Spagna (1898) gli Usa diventano una potenza mondiale, controllando la zona
strategica dei Caraibi e le Filippine. La penetrazione nei mercati mondiali di merci, capitali e tecnologie
americane favorisce la creazione dell‟ordine internazionale dopo la II GM.
4. l‟apogeo. La democrazia rooseveltiana fra New Deal, primato militare e progetto del “mondo unico”
Nel 1900 gli Usa vivono il loro “apogeo” (culmine della potenza militare, economica e dell‟influenza
politica) e lo raggiungono in breve tempo, proponendosi al mondo come modello di società avanzata,
prospera, democratica.
1)Fin dagli anni 30‟ gli USA stabiliscono una premessa qualificante per la trasformazione della loro società
politica ed economica e di conseguenza per l‟immagine e l‟influenza che otterranno nel mondo del decennio
seguente: il NEW DEAL=complesso di norme e di interventi straordinari con cui dal 1933 il presidente
Roosevelt affronta la depressione economica interna seguita alla Grande Crisi
- interventi legislativi
- creazione nuove istituzioni e autorità federali preposte all‟esecuzione di precisi programmi
- promozione di lavori pubblici
- pianificazione della produzione agricola
- introduzione di tutele previdenziali e misure assistenziali nuove
USA prima democrazia ad accogliere il Welfare State
2)Altra premessa: creazione di un sistema economico globale fondato sulla riduzione delle tariffe doganale e
promozione del MULTILATERANISMO COMMERCIALE, fatta dal Segretario di Stato Hull che gestisce la
politica estera dell‟amministrazione Roosevelt. Ma né gli accordi bilaterali con l‟America latina, né il
„Reciprocal Trade Agreement Act‟ (legge sugli accordi commerciali reciproci-approvata dal Congresso nel
1934) riescono ad arrestare la tendenza dominante al nazionalismo economico.
Il progetto liberistico di Hull è considerato in contraddizione sia con l‟interventismo legislativo e gestionale
del New Deal sia con politica economica internazionale del periodo prebellico; esso si proiettava verso
l‟avvenire, ma non necessariamente verso l‟avvenire postbellico. Infatti la politica estera del New Deal fra il
1933 (Conferenza di Londra) e 1944 (Bretton Woods) vede l‟impegno di creare un‟alleanza anglo-americana
(accordo commerciale, 1938)verso un commercio più libero. Gli Usa escono dunque da Bretton Woods in
una posizione economica e finanziaria dominante.
Il „trasferimento‟ del New Deal degli Stati Uniti al mondo viene annunciato da Roosevelt quando precisa il
suo programma delle 4 Libertà: due ereditate dal liberalismo occidentale, le libertà individuali di parola e di
religione; libertà dei popoli e LIBERTA‟ dal BISOGNO). Quest‟ultima segna il trasferimento del New Deal
dagli Usa al mondo: si vuole “inventare” un modello di relazioni tra gli Stati (il cd mondo nuovo), ma
l‟influenza del vecchio impero britannico è ancora troppo forte perché ciò possa verificarsi.
Roosevelt avrebbe prediletto il sistema dei Quattro Poliziotti = il compito di mantenere l‟ordine è affidato a 4
grandi potenze, formalmente in parità, ma con chiara supremazia degli Usa.
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Quindi:
- preminenza economica
- superiorità militare: durante la II GM, la preminenza Usa è innalzata a livelli mai raggiunti perchè gli
americani non danno solo un contributo “di truppe”, come nella I GM, ma assumono un importante
ruolo decisionale al momento della vittoria, rispetto sia alla GB sia all‟URSS.
- preminenza tecnologica che garantisce la superiorità militare: arma aerea più forte e più avanzata,
bomba atomica, marina „seconda a nessuno‟
- fattore ONU = organizzazione internazionale di base per il mantenimento della pace e della sicurezza
internazionali ONU+multilateralismo commerciale+4 libertà = componenti essenziali del progetto
del „mondo unico‟
-
Il progetto del “mondo unico” si rivela tuttavia irrealizzabile perché:
- il modello che gli Usa vogliono esportare è complessodivario Usa-altri paesi perché Usa società
troppo avanzata rispetto al resto del mondo industrializzato ma anche per esperienza storia e
ambiente geografico Usa
- incontra le resistenze dell‟Europa occidentale: proprio di quella parte dell‟Occidente cioè alla quale
gli Stati Uniti contavano di poter estendere in via preliminare il loro modello.
resistenza dell‟Europa all‟adozione del modello americano data la diversità culturale, etico-
politica, istituzionale e anche di politica economica dall‟America.
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La crisi finanziaria degli anni ‟70 colpisce gli Usa dopo la guerra in Vietnam. C‟è stagflazione (inflazione e
recessione) per tutto il decennio. Si raggiunge un deficit senza precedenti. Ad aggravare la situazione c‟è
l‟embargo imposto dall‟Opec nel 1973. Solo durante la Presidenza Reagan (anni 80) con misure di riduzione
del carico fiscale, deregolamentazione del mercato, riduzione delle spese sociali, l‟economia migliora.
Dal 1945 gli Usa non sono più un paese isolato. Indicatori:
- Secondo RED SCARE del secondo dopoguerra (“Paura Rossa”= anti comunismo): induce il
Presidente (democratico) Truman a varare misure restrittive delle tradizionali libertà individuali.
- Movimento MACCARTISTA = anticomunismo, contro le influenze comuniste sulle istituzioni
statunitensi. Rappresenta l‟attacco più esteso alle libertà degli americani. Ha origine dalla campagna
di opinione del senatore Mc Carthy a seguito dell‟avvento di Mao in Cina e del possesso della
bomba atomica da parte dell‟URSS. Il suo intento è quello di perseguire gli iscritti e simpatizzanti
per il partito comunista o per le organizzazioni antiamericane.
„internal security act‟ e „immigration and nationality‟ danno la misura della portata pubblica del
mov. Maccartista, che continua a dominare la scena politica ed ad entrare nella scena privata
americana.
Mc Carthy impone il concetto di “security risk”, rivolgendosi alla pubblica amministrazione e poi
all‟esercito, che gli consente di far allontanare 7000 dipendenti federali ritenuti rischi per la
sicurezza degli Stati Uniti (1954). Quando però estende le sue inchieste alle forze armate, proprio in
quest‟ultima occasione fallisce e viene ripreso dal Presidente Eisenhower.
- Riconoscimento dei diritti civili e politici ai neri (Civil Rights Act, 1964)
- Scandalo Watergate. Nasce dalle azioni di effrazione e spionaggio, e dai tentativi di nasconderle,
compiute da esponenti repubblicani vicini alla Casa Bianca, tra cui il presedente Nixon. Si dimette
dopo che il Congresso lo accusa di ostruzionismo, abuso di potere e sfida al Congresso. La vicenda
ha 2 interpretazioni:
- 1: la forza della democrazia degli Usa ha saputo reagire all‟illecito.
- 2: Nixon è stato riconosciuto colpevole di 3 violazioni, ma c‟era una quarta: aver deciso senza
l‟approvazione del Congresso i bombardamenti in Laos e Cambogia. Probabilmente ciò è stato fatto
per non far cambiare la politica estera americana.
- Sgretolamento del WELFARE STATE. Alla rivoluzione del New Deal la „rivoluzione reaganiana‟
degli anni ‟80 sembra contrapporsi in maniera speculare.
I poteri della Casa Bianca si ampliano e diventano preminenti, nel tempo, su quelli del Congresso.
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- Rapporto del Consiglio Nazionale per la Sicurezza (aprile 1950): definisce gli interessi americani in
Asia ed esclude la Corea del Sud (un mese dopo: Guerra di Corea)
- Dipartimento della Difesa: riunisce in una sola struttura decisionale e operativa esercito, marina e
aviazione.
- Consiglio Nazionale per la Sicurezza (NSC): si occupa degli obiettivi della politica di sicurezza
nazionale, ne fanno parte il presidente, il vicepresidente, i segretari di Stato e della Difesa e lo stesso
Consigliere speciale del presidente per la sicurezza nazionale.
- CIA: istituita dallo NSC, valuta ed interpreta le informazioni riguardanti la difesa e le comunica agli
organi di governo.
Per gli Usa l‟ambito geografico entro il quale collocare le proprie difese è sempre più vasto. Anche due
“isolazionisti” convinti come Hoover e Taft includono nel programma di protezione perfino il Giappone e le
isole britanniche. (diventano un “impero senza limiti”)
Gli americani rifiutano il colonialismo, il loro è un “impero informale” costruito attraverso la penetrazione
economico-commerciale nei territori (non con la forza). Gli Stati sono legati agli Usa da accordi militari,
politici ed economici. “SOFT POWER”= Potere esercitato non per costrizione, ma perché gli Stati vogliono
emulare i comportamenti e stimano i valori dello Stato egemone.
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CAPITOLO XV: LA DIPLOMAZIA DELLA GRANDE GUERRA
La prima Guerra Mondiale, la Grande Guerra, si pone come inizio storico all‟inizio del XX secolo. Si può
datare quest‟inizio nel 1914 quando la Guerra comincia, o nel 1919, quando un mondo completamente
diverso per essere trascorsi cinque anni, affronta la pace ristabilita.
La diplomazia della Grande Guerra non si presenta come una fase brillante delle relazioni internazionali
dell‟età contemporanea. Il problema più impegnativo che le diplomazie delle due coalizioni si trovano ad
affrontare nel primo anno di Guerra, è probabilmente quello della neutralità e dell‟intervento in Italia, ma
naturalmente per le questioni decisive sull‟andamento della Guerra, l‟intervento decisivo è quello degli Stati
Uniti. Per quanto riguarda l‟esito finale del conflitto, le incertezze si risolsero fra il 1917 e il 1918 con la
vittoria dell‟Intesa sia grazie al contributo degli Stati Uniti (che inviano nuove divisioni), sia per lo
sgretolamento del Secondo Reich che si accompagnò al cedimento dell‟Impero Asburgico e dell‟Impero
Ottomano, portando agli armistizi dell‟Ottobre-novembre 1918.
Un errore gravissimo è quello di aver previsto una Guerra lampo. Soprattutto per i capi militari, l‟errata
previsione della brevità del conflitto era collegata con quella riguardante il tipo di guerra che si sarebbe
combattuta, ovvero una guerra mobile come era stata in passato (guerra franco-prussiana del 1870) però
dopo i primi mesi di operazioni militari si impose una guerra di posizione (di trincea).
Questo tipo di guerra, logorante e sanguinosa, caratterizzò per quattro anni tutti i principali fronti. Diverse
furono le strategie per uscirne e ottenere la vittoria: quella dello “sfondamento”, quella dell‟”usura” e quella
della “diversione” però nessuna delle tre ottenne risultati militari decisivi bensì ingenti perdite umane. Ciò
avvenne perché ci fu una disponibilità di un numero di soldati senza precedenti dovuta al servizio militare
obbligatorio (es: in meno di un mese si ebbero circa 700/800 mila caduti a Verdun nel 1916).
Un altro aspetto nuovo che come il precedente contribuisce a fare della Grande Guerra la prima „guerra
totale‟, è quello economico-produttivo. Gli eserciti si trovano presto a corto di munizioni: ciò sollecita nelle
potenze occidentali industrializzate una rapida moltiplicazione-trasformazione dello sforzo produttivo;
mentre la Russia incorre in quelle difficoltà di rifornimenti che possono provocare la paralisi operativa del
suo esercito.
Per quanto riguarda l‟aspetto socio-economico, gli uomini sono rimpiazzati dalle donne nell‟agricoltura,
nelle industrie, nel terziario e c‟è l‟introduzione del razionamento alimentare da parte dei governi.
Anche la situazione finanziaria cambia. L‟Europa perde la posizione di “banchiere del mondo” a favore degli
Stati Uniti, quando anche la potenza finanziaria più forte, l‟Inghilterra, dopo aver fornito prestiti di guerra
alla Francia, deve ricorrere a prestiti negli Stati Uniti. Quest‟ultimi diventano “il banchiere del mondo” del
primo dopoguerra e rovesciano la loro posizione pre-bellica e altre parti del mondo come l‟America latina,
partecipano alle esportazioni senza contropartite nell‟Europa occidentale, portando ad estinzioni i debiti
contratti con essa.
Fra l‟inizio della guerra e la sua conclusione, vengono meno la compattezza e il lealismo nazionale dei
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popoli degli Stati belligeranti. I membri socialisti francesi si dimettono, il socialista tedesco Karl Liebknecht
fonda lo “Spartakusbund” (=lega di Spartacosocialisti, estremisti). Si verificano agitazioni e scioperi in
diverse città: nell‟impero asburgico l‟agitazione assume l‟aspetto particolare di una resistenza delle
nazionalità; nella base di Kiel viene innalzata la bandiera rossa e nella settimana seguente Lubecca,
Amburgo, Brema cadono nelle mani dei marinai e degli operai in rivolta; al sud è proclamata la Repubblica
di Baviera, ad ovest la rivolta si estende verso la Renania. Nel secondo Reich c‟è un crollo del sistema
politico-istituzionale interno che induce il governo imperiale a chiedere l‟armistizio.
La Grande Guerra comincia come europea e finisce come mondiale. L‟anno decisivo per il conflitto è il
1917 in seguito all‟intervento degli Stati Uniti. La diplomazia europea è messa a dura prova ed è costretta a
rivedere buona parte dei suoi concetti: deve adeguarsi insomma alle prospettive dell‟emergente superpotenza
d‟oltre Atlantico.
2. problemi e sviluppi della diplomazia di guerra: “trattati imperialistici”, scopi di guerra e iniziative
di pace. La politica delle nazionalità
La fase dei “trattati imperialistici” che si estende dall‟inizio del 1915 alla primavera del 1917, risponde alla
preoccupazione delle potenze dell‟Intesa di adattare ad una situazione di forze in movimento il sistema
d‟alleanze creato per l‟apparente stabilità dell‟anteguerra. I trattati imperialistici - cosi etichettati anzitutto
dal regime bolscevico quando alla fine del ‟17 rese pubblici i testi degli accordi segreti stabiliti dal governo
zarista con i suoi alleati di guerra – riguardano Gran Bretagna, Francia, Russia e Italia.
Il primo a esser raggiunto fu quello denominato “Accordo di Costantinopoli” dal 4 marzo al 10 aprile 1915
fra Russia, Gran Bretagna e Francia. Le potenze occidentali erano giunte a promettere alla Russia il controllo
di una zona strategica, dopo che per tutto il XIX secolo avevano impedito alla sua flotta il libero passaggio
dal Mar Nero al Mediterraneo. In cambio dei nuovi vantaggi strategici ottenuti dalla Russia, la Gran
Bretagna avrebbe annesso l‟Egitto ed esteso la sua zona d‟influenza in Persia che le era riconosciuta
dall‟Accordo Anglo-Russo del 1907, mentre alla Francia sarebbero toccate tre zone d‟influenza: la Cilicia,
la Siria e la Palestina. La cessione degli stretti alla Russia, non fu determinata soltanto dalla preoccupazione
franco-inglese di soddisfare le esigenze espansionistiche dell‟Impero zarista tenendolo separato da una pace
con gli Imperi centrali, bensì anche dalla contemporaneità delle trattative con le tre Potenze dell‟Intesa che
avevano avviato con l‟Italia e che portarono alla firma, il 26 aprile 1915, del Patto di Londra. Ora il trattato
con l‟Italia, le avrebbe assegnato posizioni strategiche nell‟adriatico da sottrarre all‟Austria-Ungheria, ma
che in caso di vittoria avrebbero a loro volta ostacolato le direttive di espansione della Russia dirette o
indirette. Il patto di Londra fu “il prezzo che la Russia pagò per il raggiunto accordo su Costantinopoli e gli
Stretti”.
L‟accordo su Costantinopoli e gli Stretti aveva lasciato imprecisato in quale modo sarebbero state strutturate
le zone d‟influenza inglese e francese nella parte araba dell‟Impero Ottomano. Accordo Sykes-Picot
nel 1916: La zona inglese doveva comprendere la regione di Bagdad, il Kuwait e parte della costa del Golfo
Persico sotto sovranità turca; la zona francese la Siria e il Libano, oltre alla Cilicia e l‟Anatolia meridionale.
La Palestina avrebbe avuto un‟amministrazione internazionale, i porti di Haifa e d‟Acri sarebbero stati
sottoposti al controllo inglese. L‟accordo prevedeva la formazione di stati arabi protetti - il Libano, la Siria
interna e la penisola araba- ma avrebbe subito ripercussioni dell‟andamento della guerra: in particolare della
cessazione della pressione russa sull‟Impero ottomano e della prevalenza militare incontestata degli inglesi in
Medio Oriente arabo nel 1917-18.
Prima che l‟Impero zarista crollasse, ci fu il tempo per accordi segreti. All‟inizio del 1917, il delegato
francese Donmergue voleva l‟appoggio russo per la riannessione dell‟Alsazia e Lorena in cambio della
promessa di Costantinopoli e degli Stretti che i russi avevano gia ricevuto nel ‟15. I russi rifiutarono di
pagare una seconda volta ciò che avevano già pagato; al contrario pretendevano ulteriori ricompense per
rimanere in guerra. Donmergue fissò allora le condizioni per le due parti: la Francia avrebbe ricevuto miniere
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di carbone nella Saar oltre che all‟Alsazia e la Lorena; la riva sinistra del Reno avrebbe costituito uno “stato
autonomo e neutrale” presidiato da truppe francesi. In cambio la Russia sarebbe stata libera di “stabilire le
frontiere occidentali secondo la propria volontà”. La Francia deve quindi rinunciare a sostenere
l‟indipendenza della Polonia, e di conseguenza uno dei principali punti di riferimento di quella politica di
libertà e d‟autodeterminazione dei popoli, che l‟Intesa aveva posto fra i suoi scopi di guerra.
Francia e Inghilterra nell‟Accordo di San Giovanni di Moriana del 17 aprile 1917 estesero al territorio
dell‟Impero Ottomano la promessa di compensi all‟Italia per il suo intervento in guerra, riservandole le zone
d‟influenza d‟Adalia e di Smirne rispettivamente sulla costa meridionale e orientale dell‟Anatolia. Anche in
questo caso come nel patto di Londra, le visioni espansionistiche dell‟Italia ad est erano un elemento della
politica interalleata che doveva affrontare in quel momento il problema di una pace separata con l‟Austria-
Ungheria e quello dell‟incerta posizione politico-istituzionale di fronte alla guerra della Grecia, che sarebbe
intervenuta a fianco dell‟Intesa soltanto nell‟estate.
La diplomazia di guerra fu posta di fronte, nel breve periodo fra la fine del ‟16 e il principio del ‟17,
all‟iniziativa degli Stati Uniti, ancora neutrali, di richiedere esplicitamente alle parti in campo quali intenti
si proponevano per ottenere la vittoria militare. WILSON mirava ad una “pace senza vittoria” ossia senza
vantaggi o compensi per nessuna coalizione. L‟iniziativa americana fu ripresa con decisione quando Wilson
fu rieletto. Prima che il governo di Washington vi desse corso, fu prevenuto da un‟offerta di pace da parte
della Germania (il cancelliere Bethman-Hollweg il 12 dicembre 1916 formula la proposta all‟incaricato
d‟affari USA a Berlino). Oltre ad esser formulata in tono “inaccettabile”, essa non accennava minimamente
agli scopi di guerra tedeschi. L‟Intesa respinge con sdegno l‟offerta tedesca e Wilson il 18 dicembre 1916
invita i belligeranti a rendere noti i loro scopi di guerra in previsione di una conferenza di pace. La
Germania, sfavorevole alla partecipazione del presidente americano alla conferenza, che considerava troppo
favorevole all‟Intesa, non volle esporre pubblicamente i suoi scopi di guerra e fece sapere in via riservata a
Washington le condizioni alle quali sarebbe stata disposta a trattare la pace: era disposta a evacuare il Belgio
solo se poteva mantenere le fortezze di Liegi e Namur, voleva la cessione da parte francese del bacino
minerario lorenese e l‟ingrandimento ad est verso la Polonia. L‟Intesa non volle sottrarsi all‟enunciazione
pubblica e il 12 gennaio 1917 fu pubblicato un documento che affermava la libertà e l‟autodeterminazione
dei popoli, la restituzione del Belgio da parte della Germania e della Serbia da parte dell‟Austria-Ungheria,
nonché dai territori occupati dagli Imperi centrali in Romania, Russia e Francia settentrionale. Non indicava
alcun programma preciso riguardo alla Germania e nessuna promessa di indipendenza per la Polonia. Il 20
gennaio 1917, il presidente Wilson pronunciò un discorso al Senato sulla sua tesi della “pace senza
vittoria”. A porre termine all‟iniziativa americana fu la marina tedesca che impose al governo di Berlino la
ripresa della guerra sottomarina indiscriminata (maggio 1916), provocando una crisi che porterà gli USA
dalla neutralità all‟intervento. Le coalizioni della Grande Guerra non erano altro che il risultato di somme di
rivalità bilaterali cui corrispondeva la mancanza di contrasti diretti fra diversi membri dei due blocchi non
c‟era contrasto diretto fra la Germania e la Russia, ne fra l‟Austria Ungheria e la Francia, ne fra l‟Austria
Ungheria e l‟Inghilterra, ne fra la Germania e l‟Italia.
Il caso limite delle contraddizioni della situazione internazionale della Grande Guerra è l‟Austria-Ungheria,
che la diplomazia alleata non voleva vedere sgretolarsi a causa della sua storica funzione politica e strategica
nell‟Europa centro-orientale, non certo esaurita dal conflitto in corso. Dopo aver fatto le spese dei compensi
promessi all‟Italia per il suo intervento, diventò la vittima dell‟applicazione dei principi di nazionalità che
francesi, inglesi e americani ponevano al primo posto nei loro scopi di guerra. In questo contesto si collocano
i tentativi d‟Austria-Ungheria per giungere ad una pace separata che occuparono la scena centrale della
diplomazia dopo la morte di Francesco Giuseppe per iniziativa del principe Sisto di Borbone Parma, cognato
di Carlo I. La diplomazia internazionale giunse alla consapevolezza che l‟Impero Multinazionale Asburgico
si avviava alla dissoluzione e che promuoverla era diventato uno scopo di guerra inevitabile per l‟Intesa.
Questo periodo centrale della guerra fra la seconda metà del ‟16 e del ‟17, si conclude con l‟Appello del
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Papa Benedetto XV del 1 agosto 1917 alle potenze belligeranti: una nota in cui la diplomazia vaticana
proponeva una pace negoziata basata su sette punti - alcuni anticipavano i quattordici di Wilson – dove si
definiva la “guerra in corso come un‟inutile strage”.
In quel 1917 considerato come l‟anno più duro sconvolgente ed incerto della guerra, nasce nelle democrazie
occidentali una “politica delle nazionalità”, collegata alla propaganda di guerra. Questa, curata in
particolare dall‟Inghilterra, entra in una nuova fase operativa fra il ‟17 ed il ‟18 ponendosi come obiettivo
specifico la struttura oppressiva della Multinazionale Monarchia Austroungarica. Ad una prima riunione a
Londra fra inglesi, francesi e italiani nel marzo 1918 fece seguito il “Congresso sulle nazionalità oppresse”
di Roma dell‟ 8 aprile 1918, che proclamò i diritti dei popoli “italiano, jugoslavo, polacco, ceco e rumeno”
alla libertà, all‟indipendenza e all‟unità nazionale suscitando ripercussioni entro la monarchia austro ungarica
ed in particolare nelle sue forze armate.
Quanto all‟Italia, fece riscontro un atteggiamento favorevole del nuovo presidente Vittorio Emanuele
Orlando e la resistenza del ministro degli esteri alla concezione di un controllo strategico italiano
dell‟Adriatico quale che fosse la nazionalità delle popolazioni coinvolte.
3. l‟intervento Italiano
L‟intervento dell‟Italia nella Grande Guerra si pone come la questione internazionale più importante
della prima fase del conflitto.
Il giorno dopo l‟ultimatum alla Serbia (23 luglio 1914), il ministro degli esteri italiano, Antonio SAN
GIULIANO, telegrafa agli ambasciatori a Berlino e a Vienna, che, “se l‟Austria-Ungheria procederà ad
occupazioni territoriali, anche temporaneamente, senza il nostro preciso consenso, agirà in violazione
dell‟art. 7 del trattato di alleanza” e di conseguenza l‟Italia, se non otterrà assicurazioni sull‟interpretazione
concorde dell‟art. 7 [=impegnava l‟alleata Austria Ungheria a informarla preventivamente e a garantirle
compensi nel caso avesse ottenuto ingrandimenti territoriali] procederà, d‟accordo con quelle che hanno pure
interesse ad impedire ingrandimenti austroungarici nella regione balcanica, ossia con la Triplice Intesa anglo-
franco-russa.
Mentre la crisi del 1914 seguiva il suo corso, San Giuliano si mantenne in una posizione possibilista, al
punto da considerare già la probabilità che l‟Italia non solo uscisse dalla Triplice, ma definisse con la Francia
e l‟Inghilterra la situazione giuridica delle Isole del Dodecaneso occupate dagli italiani dalla guerra italo-
turca, i confini con la Libia e le sfere d‟influenza in Etiopia: condizioni preliminari ma non esaustive a un
suo intervento in guerra dalla parte dell‟Intesa. Il ministero degli Esteri italiano diede l‟impressione di
possedere una sicura visione degli avvenimenti.
In una prospettiva di lungo periodo avrebbe significato una via italiana “indipendente” ma anche separata da
quelle sia dell‟uno sia dell‟altro gruppo di potenze con cui si trovò ad esser alleato: dalla crisi del luglio ‟14
alla neutralità; dalla neutralità all‟intervento; da un intervento della sola Italia contro la sola Austria. San
Giuliano tentò di arrestare lo slittamento dell‟Europa verso la guerra rivolgendo a tutte le potenze (27 luglio
1914), la proposta che le condizioni contenute nell‟ultimatum austroungarico alla Serbia fossero poste
dall‟Europa (GB e Russia favorevoli, Germania e Francia no). Non ottenne alcun seguito. Il 31 luglio 1914,
L‟Austria-Ungheria chiede che l‟Italia entri in guerra con la Triplice Alleanza in cambio di Valona. L‟Italia
non accetta ed il 2 agosto 1914 proclama la sua neutralità.
La posizione dell‟Italia con l‟inizio della guerra subì un grande cambiamento. Sul piano della diplomazia
europea, la neutralità italiana provocò una sorta di gara fra le coalizioni. L‟intento delle alleate della Triplice,
Germania e Austria-Ungheria, non era che l‟Italia entrasse in guerra ma che rimanesse neutrale. Intento della
coalizione avversa, l‟Intesa, era quello che l‟Italia non rimanesse neutrale ma che intervenisse al loro fianco.
L‟opera del governo di Roma per quanto riguarda la neutralità e l‟intervento italiano, fu influenzato
soprattutto dall‟opinione pubblica, era la pressione di una minoranza decisa e dinamica che si spinse nelle
“radiose giornate” del maggio 1915 fino all‟agitazione di piazza e all‟intimidazione della Camera riunita.
Quali forze stettero dietro l‟intervento in guerra del 24 maggio 1915?
48
Fin dalla crisi del ‟14, il piccolo gruppo dei nazionalisti, prese posizione per entrare in guerra con Germania
e Austria-Ungheria, per convinzione che l‟Italia non dovesse sottrarsi a questa grande occasione offertale da
una guerra generale per rafforzare la sua posizione di grande potenza. Il perseguimento di questo scopo
avrebbe permesso ai nazionalisti di confluire in un movimento, intervenendo dalla parte dell‟Intesa, che si
sarebbe formato più tardi. L‟interventismo democratico, era spinto dall‟intento che l‟Italia facesse propria
la causa delle democrazie occidentali e da quello che completasse l‟unità nazionale togliendo all‟Austria-
Ungheria le “terre irridente” di Trento e Trieste ancora sotto loro dominazione.
Nella seconda metà del ‟14, confluirono nel movimento interventistico, oltre ai nazionalisti, i repubblicani, i
socialisti usciti dal partito all‟epoca della guerra con la Libia, i liberali intorno al maggior giornale del tempo
(il Corriere della Sera) e una parte dei cattolici. Furono per l‟intervento in una guerra generale che
disgregasse e distruggesse le „borghesie‟ europee i „sindacalisti rivoluzionari‟. E per l‟intervento si schierò
anche un ex socialista, Benito MUSSOLINI, che espresse la sua adesione all‟interventismo nel suo nuovo
organo di stampa, “Popolo d‟Italia”. Per la neutralità erano i socialisti, gran parte dei cattolici e buona parte
dei liberali che si riconoscevano nella leadership di Giovanni GIOLITTI (non al governo ancora).
Scoppiata la guerra, San Giuliano si affretta a sondare il terreno dell‟Intesa (13 agosto 1914). La Germania
si era impegnata ad ovest dopo l‟invasione del Belgio, mentre ad est riportava contro i russi le vittorie di
Tannenberg e dei Laghi Masuri. Pareva un inizio favorevole per gli Imperi Centrali. Ad ovest ci fu il
“miracolo della Marna” che bloccò l‟avanzata tedesca in Francia, mentre ad est i progressi russi contro gli
austriaci prospettarono la possibilità di una pace separata della Russia che sarebbe stata contraria agli
interessi italiani. Il 25 settembre 1914, San Giuliano inviò all‟ambasciatore a Pietroburgo uno schema di
accordo che prefigurava le trattative con l‟Intesa e che sarebbe stato firmato nella primavera seguente,
ossia il Patto di Londra (26/04/16).
La morte di San Giuliano (16/10), impose all‟Italia un tempo d‟arresto in politica estera mentre la situazione
internazionale si arricchiva di nuovi elementi come l‟intervento della Turchia dalla parte degli Imperi
Centrali con il blocco degli stretti e il rafforzamento della posizione dell‟Austria-Ungheria nei Balcani,
consolidata con l‟occupazione del territorio serbo.
Fu quest‟ultimo sviluppo a fornire al nuovo ministro Sidney SONNINO, il motivo per riprendere l‟iniziativa,
questa volta dalla parte degli Imperi centrali. Sonnino risollevò a Vienna il problema delle conseguenze per
l‟Italia di un‟estensione dell‟influenza austro-ungarica nei Balcani occidentali. Il governo della duplice
monarchia non comprese o non volle comprendere che il passo italiano era un pretesto per negoziare la
neutralità, e si trincerò dietro ad un atteggiamento difensivo. Sensibile a questo pericolo fu la Germania che
inviò in Italia l‟ex cancelliere BULOW. Nei primi mesi del „15 si svilupparono trattative a tre (Ita-Aust-
Germ) che malgrado le sollecitazioni tedesche agli austriaci ad abbondare in concessioni all‟Italia, portarono
soltanto da parte dell‟Austria-Ungheria all‟offerta del Trentino (29 marzo 1915) con una serie di
condizioni e la richiesta all‟Italia di rinunciare a qualsiasi altro compenso per eventuali vantaggi o annessioni
austriache. L‟ 8 aprile 1915, Sonnino inoltra a Vienna la sua controproposta all‟offerta del 29 marzo:
chiede il Trentino (con Bolzano) con aggiunte territoriali nel Tarvisio e nella Venezia Giulia, Trieste come
città autonoma e porto franco, cessione delle isole di fronte alla Dalmazia – le Curzolari -, sovranità italiana
su Valona e il disinteresse austriaco per l‟Albania; cessione immediata dei territori nominati. Tutto ciò in
cambio della neutralità dell‟Italia. Seguirono alcune settimane nelle quali la Germania arrivò ad offrire
all‟Italia compensi altrove (Miniere in Belgio, Turchia), mentre l‟Austria rimaneva intransigente: furono le
settimane prima del patto di Londra. Ci furono trattative serrate con una diplomazia italiana che tenne a
ricordare che il movente principale della nostra entrata in guerra a fianco dell‟Intesa è il desiderio di liberarci
di una posizione d‟inferiorità nell‟Adriatico di fronte all‟Austria. Una posizione di preminenza era necessaria
nell‟eventualità che l‟Italia non si trovasse più di fronte ad una duplice Monarchia ma davanti ad una “lega di
giovani e ambiziosi Stati jugoslavi”. Superata la resistenza russa, il Trattato fu firmato il 26 aprile.
Il Patto di Londra del 26 aprile 1915 stabiliva l‟entrata in guerra dell‟Italia e degli Alleati (art. 1-2-3)
mentre l‟art.4 prometteva all‟Italia il Trentino, il Tirolo con la frontiera del Brennero, Trieste, Gorizia e
49
Gradisca, tutta l‟Istria fino al Golfo del Quarnaro con le isole di fronte alle sue coste. Con l‟art.5, l‟Italia
ottenne la Dalmazia; una nota indicava quali coste e isole dell‟alto e basso Adriatico, con i porti di Fiume,
Spalato, Ragusa, Cattaro, sarebbero state attribuite dalle quattro potenze alleate alla Croazia, alla Serbia e al
Montenegro. Il porto di Durazzo sarebbe rimasto all‟Albania. Con l‟art.7, l‟Italia ottenne la sovranità su
Valona, l‟isola di Saseno ed il protettorato sull‟Albania. L‟art.8 prometteva la sovranità sulle isole del
Dodecaneso mentre l‟art.9 le assegnava la regione di Adalia nel caso di crollo e di spartizione dell‟impero
Turco; l‟art.10 le trasferiva privilegi e diritti conservati dalla Turchia sulla Libia dopo la cessione della
regione all‟Italia nel 1912. L‟art.14 riguardava i compensi in Africa in caso di annessione alleata delle
colonie tedesche e aveva carattere segreto con una dichiarazione nella quale gli Alleati si impegnavano a non
concludere una pace separata (lasciando l‟Italia da sola di fronte all‟Austria Ungheria).
Il 5 maggio 1915, l‟Italia denuncia la Triplice Alleanza e il 25 maggio dichiara guerra all‟Austria-Ungheria.
Il Patto di Londra, forse il trattato imperialistico più importante della Grande Guerra, dava
all‟intervento italiano un carattere diverso da quello degli altri paesi membri dell‟Intesa o per lo meno delle
democrazie occidentali. Questa diversità era data da più di un elemento: la presenza nel caso italiano di un
contratto dalle clausole precise che stabilivano specifici compensi; il fatto che il governo di Roma, non il
paese, concentrasse l‟attenzione sugli aspetti di politica di potenza del conflitto; l‟assenza nello stesso tempo
nel governo degli interessi e delle considerazioni di “responsabilità” propri delle grandi potenze.
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gennaio ed il 3 febbraio, WILSON comunicò al Congresso la rottura delle relazioni diplomatiche con la
Germania. Il presidente fu in sostanza l‟unico a coltivare ancora l‟intento di mantenere la pace finché non fu
messo di fronte al fatto specifico che più d‟ogni altro lo convinse che la guerra era inevitabile: il
“telegramma Zimmermann” (17 gennaio 1917), ossia la rivelazione di un dispaccio in cui il ministro degli
esteri tedesco Zimmermann dava istruzioni all‟ambasciatore in Messico perché esortasse quel paese ad
attaccare gli Stati Uniti con la promessa che la Germania vittoriosa gli avrebbe fatto restituire i territori
perduti a metà del secolo XIX; non solo, ma ad inoltrare attraverso il governo messicano al Giappone, la
proposta di entrare in campo contro gli Stati Uniti. Il 2 aprile 1917 ci fu il messaggio di guerra di Wilson
davanti al Congresso e al Senato.
L‟america in guerra durante il 1917 poté completare la sua preparazione sia sul piano militare che su quello
politico-diplomatico. Le tre prime divisioni americane giunsero in Francia nell‟ottobre 1917, ma il
contingente era arrivato a 42 divisioni nelle ultime settimane di guerra. Sul piano politico-diplomatico gli
USA diedero il loro intervento in Europa un carattere distinto, non formalizzando un‟alleanza con l‟Intesa e
considerandosi associati. Questo consentì agli USA di mantenersi del tutto indipendenti dai “trattati
imperialistici” sottoscritti da Inghilterra, Russia, Francia e Italia fra il 1915 e il 1917.
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Su questi 14 punti si prestarono giudizi politici e storiografici. La diffidenza dell‟Intesa fu espressa dal
presidente del consiglio francese CLEMENCEAU con una battuta sarcastica (Dio ha fatto 10 comandamenti
e Wilson ne ha voluti enunciare 14). Sul piano storiografico si è parlato di „vaghi contorni‟ del programma
wilsoniano e in effetti non pochi dei passaggi dei Punti si potevano prestare a critiche e subirono clamorose
smentite: lo stato polacco non si è fatto solo di polacchi, definire la frontiera italiana etnografica era troppo
ottimistico, mentre il confino nordorientale con l‟Austria avrebbe indotto a concludere che il principio di
nazionalità poteva non essere applicato riguardo ai confini di uno stesso Stato.
Wilson comprese che non si può solo riattaccarsi al principio di nazionalità ma che si debbono osservare le
frontiere naturali e strategiche, modificando cosi le frontiere fondate sulla nazionalità. Egli mise alla base dei
suoi 14 punti il principio della giustizia, affermando che se di tale principio non si faceva il fondamento della
pace, la pace non avrebbe resistito. Inoltre, Wilson, enunciandoli, mostrò gli USA sempre più come possibili
arbitri fra le potenze in conflitto, dall‟altro esprimevano quella filosofia della politica internazionale che
Wilson chiamerà “New Diplomacy”.
La Nuova Diplomazia auspicava una riformulazione degli scopi di Guerra dell‟Intesa basata sui principi
piuttosto che sugli interessi; su un‟attività diplomatica “aperta” al pubblico, ossia al mezzo di informazione;
sul ripudio di qualsiasi annessione territoriale; sull‟autodecisione dei popoli; sulla risoluzione delle
controversie internazionali attraverso arbitrati e attraverso l‟opera di un‟organizzazione sovrannazionale. Gli
ambienti liberali europei, ma specificamente inglesi, contribuirono validamente all‟elaborazione della „nuova
diplomazia‟.
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liberaldemocratico dell‟Intesa con conseguente formazione di governi di “unione nazionale” in Inghilterra,
Francia, Italia; mentre negli Imperi centrali si ebbe un‟accentuazione della preminenza dei capi militari sui
governi civili. L‟effetto fu quello di accentuare negli Stati belligeranti il carattere di crociata, di lotta per la
sopravvivenza, di “guerra totale” del conflitto. Non portò certo a chiarire la situazione politica del 1918 la
decisione alleata di intervenire militarmente nella guerra civile nata in Russia dalla rivoluzione inviando
truppe per aiutare i controrivoluzionari contro il nuovo regime; una “crociata antibolscevica” che avrà
termine a guerra finita.
Intanto il governo rivoluzionario russo firma con gli Imperi centrali il Trattato di pace di Brest Litowsk, il
3 marzo 1918. Avevano reso più complessi questi negoziati le esigenze della diplomazia della Russia
comunista al suo debutto. Fra cui il principio della “pace senza annessioni” e la preoccupazione di seguire
una politica di “contagio rivoluzionario”; il colpo specifico fu la proclamazione nel gennaio 1918
dell‟indipendenza dell‟Ucraina, la quale attraverso trattative dirette con l‟Austria Ungheria stabilì una pace
separata il 9 gennaio 1918, dichiarata subito nulla dai dirigenti moscoviti. Ci fu una crisi provocata da
questa dichiarazione di nullità con la conseguente interruzione delle trattative; la ripresa delle operazioni
militari da parte tedesca e infine il cedimento da parte russa e la ripresa delle trattative fino alla firma della
pace. Con il Trattato di Brest Litowsk, il governo bolscevico rinunciava ai territori dell‟Impero zarista in
Polonia, alla Curlandia e alla Lituania, accettava di evacuare l‟Estonia e la Livonia senza rinunciare alla
sovranità su di esse ma riconosceva l‟indipendenza dell‟Ucraina e della Finlandia.
7. la vittoria dell‟Intesa
Mentre il governo rivoluzionario russo firmava il trattato di pace, le campagne militari dell‟ultimo anno di
guerra erano gia in preparazione. Alla fine di marzo i tedeschi arrivarono con una punta offensiva alle
fortificazioni esterne di Amiens. La vicinanza del pericolo insieme con la evidente mancanza di
coordinamento fra le forze alleate, indusse francesi, inglesi e americani a istituire un comando unico sotto il
maresciallo di Francia Ferdinand Foch il 14 aprile 1918, mentre dagli Stati Uniti i rinforzi cominciarono ad
arrivare con un ritmo di 300.000 uomini al mese. L‟ 8 agosto, gli Alleati colsero di sorpresa i tedeschi con
l‟inaspettato impiego di centinaia di carri armati dopo che a metà luglio Ludendorff aveva lanciato loro un
attacco che fallì.
Al declino dei tedeschi sul fronte occidentale, corrispose il regresso degli Imperi centrali nei Balcani che il
29 settembre portò all‟armistizio con la Bulgaria. L‟impero ottomano cedette il mese seguente. In realtà,
fin dal ‟17, gli Alleati avevano preso l‟iniziativa nel Medio Oriente arabo-turco dove gli inglesi in dicembre
erano giunti ad occupare Gerusalemme. Con la necessità di rafforzare il fronte occidentale, quasi tutte le
forze inglese si trasferirono in Francia e vennero poi rimpiazzate da contingenti dall‟India e dal
Commonwealth. Il generale Allenby poté riprendere l‟avanzata nei territori arabi dell‟Impero turco
giungendo ad occupare Damasco e Aleppo (settembre 1918). Nel mese seguente, l‟Impero ottomano,
minacciato anche da un‟avanzata alleata dalla Macedonia sulla capitale, Costantinopoli, chiese e firmò un
armistizio a Mudros il 30 ottobre 1918.
In questa fase conclusiva della Grande Guerra, gli Alleati degli Imperi centrali cedettero soprattutto per
motivi militari, quali che fossero a monte della disfatta militare turca le cause politiche, ossia i sentimenti
d‟indipendenza degli arabi dell‟Impero ottomano guidati dagli Inglesi. Gli sviluppi che determinarono le
crisi dell‟Impero asburgico ma anche del Secondo Reich ebbero una componente politica assai più rilevante.
Per quanto riguarda l‟Austria Ungheria, insieme con il crollo dell‟Impero russo l‟anno precedente, lo
sgretolamento della Duplice Monarchia nell‟autunno 1918 è l‟evento della Grande Guerra di cui si
individuano più chiaramente le cause interne. Si ha nell‟Impero asburgico l‟effetto centrifugo di diversi
movimenti nazionali che ne determina lo sgretolamento in nuovi Stati minori, appunto nazionali, più o meno
omogenei. Il problema in realtà incombeva già sulla politica austroungarica prima dello scoppio della guerra
ed era stato reso drammatico nel 1914 dal modo in cui la guerra era scoppiata. Al crollo dell‟Austria
Ungheria e all‟Armistizio che i suoi rappresentanti firmarono a Villa Giusti (Cormons, il 4 novembre
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1918) con i rappresentanti italiani, contribuì in modo indispensabile la vittoria militare italiana della fine di
ottobre ‟18.
La componente politica del cedimento degli Imperi centrali riguarda anche la Germania. I primi a enfatizzare
le cause politiche del crollo del Secondo Reich, sintetizzandole nella “pugnalata nella schiena” dell‟esercito
combattente da parte dei movimenti eversivi dell‟interno, furono i nazionalisti tedeschi, militari e non. Ciò
che interessa è mettere in primo piano quella componente politica del cedimento della Germania che non
s‟identifica con quella classica dello sgretolamento del fronte interno e/o della “pugnalata nella schiena”
dell‟esercito tedesco da parte del movimento comunista. Quest‟altra componente è messa in evidenza
dall‟intenso scambio di note in seguito alla richiesta d‟Armistizio tedesca al presidente Wilson del 3 ottobre
‟18, di stabilire “trattative” sulla base dei 14 punti e delle successive formulazioni di principi di Wilson del 4
luglio e del 27 settembre.
L‟ 8 ottobre 1918, il presidente inviò una prima nota in risposta che chiedeva al nuovo cancelliere Max del
BADEN se “parlava in nome delle autorità costituite dell‟Impero che finora avevano condotto la guerra”.
Baden si limitò a sostenere, il 12 ottobre la legittimità del suo governo, il quale, “costituito mediante
trattative con la grande maggioranza del Reichstag è pertanto appoggiato dalla volontà di questa
maggioranza, parla in nome del governo e del popolo tedesco. La risposta non bastò a Wilson ed il 14
ottobre riconfermò l‟avvertimento che ogni trattativa sarebbe stata possibile soltanto dopo la distruzione di
qualsiasi potere arbitrario, precisando che il potere che ha finora retto la nazione tedesca è di questa natura.
Le richieste americane al Secondo Reich di trasformarsi in una democrazia davano un‟impronta caratteristica
alla situazione strategico-politica generale verso la conclusione della guerra e in particolare al ruolo e
all‟intento che l‟America di Wilson intendeva assumersi in tutto il processo di pacificazione.
Il dialogo fra Washington e Berlino continuò fino al 27 ottobre 1918, quando viene congedato Ludendorff
che dichiarò che i negoziati sarebbero stati condotti da un “governo popolare” dotato di controllo sulle
autorità militari. Seguirono le dimissioni di Baden, l‟assunzione della carica di cancelliere da parte del
socialdemocratico Ebert, la partenza in esilio di Guglielmo II e la proclamazione della Repubblica il 9
novembre 1918. L‟11 novembre, il deputato Matthias Erzberger firma l‟Armistizio di Compiègne.
La richiesta di armistizio tedesca offre all‟America di Wilson l‟occasione per definire e impostare una
politica internazionale secondo principi americani quindi universali e democratici.
L‟intransigenza di Wilson e la preoccupazione degli ultimi attori della politica del Secondo Reich di “salvare
il salvabile”, furono d‟altra parte corresponsabili dell‟affrettata nascita della democrazia tedesca della
Repubblica di Weimar guidata dai socialdemocratici, sui quali facevano affidamento come sostenitori di una
forma di governo democratica apprezzata in Occidente anche per la loro chiusura a sinistra: al movimento
comunista internazionale che, abbattuto il Secondo Reich, rappresentava il nemico da abbattere.
Rimangono da indicare le conseguenze di quest‟ultima fase della diplomazia di guerra sulla prossima
conferenza di pace. Una è quella di mettere il governo americano in posizione di vantaggio rispetto ai suoi
associati dell‟Intesa sul piano diplomatico, per gestire la pacificazione. Un‟altra conseguenza fu che
l‟insistenza del governo americano nel voler trovarsi dinanzi un governo tedesco democratico con il quale
stabilire “trattative” di pace e la minaccia che se non fosse stato cosi esso avrebbe “dovuto esigere “non
negoziati ma una resa”, lo portò a una situazione per lo meno equivoca: queste condizioni di “democrazia” si
erano realizzate prima che l‟armistizio fosse firmato oppure no? Sembrerebbe di poter concludere che con i
rapidi sviluppi della politica tedesca dopo le dimissioni di Baden, quanto era fattibile nello spazio di pochi
giorni venne eseguito; ma quest‟affrettato processo di democratizzazione della Germania non la salvò per il
momento dall‟imposizione unilaterale del Trattato di Versailles (28 giugno 1919).
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CAPITOLO XVI: L’ASSETTO INTERNAZIONALE DEL PRIMO DOPOGUERRA
Gli uomini di governo delle maggiori potenze vincitrici dalla Grande Guerra convocarono la Conferenza di
Parigi, la quale, nella prima parte del 1919, definì anzitutto lo Statuto della Società delle Nazioni e il
trattato di Versailles con la Germania, mentre nei mesi e anni successivi i vincitori stabilirono trattati di
pace con gli alleati della Germania: l‟Austria, l‟Ungheria e la Turchia. Il distacco dell‟impero turco dai
territori arabi e i modi in cui le potenze vincitrici si assunsero di impostarne gli assetti statali posero le basi di
quella che sarebbe diventata la questione del Medio Oriente. Importante è anche la peculiarità della
posizione politica italiana nell‟assetto internazionale del tempo fra le Quattro Grandi e la genesi del
problema adriatico.
2. Il Trattato di Versailles
Quali sono le posizioni delle tre maggiori potenze vincitrici (Francia, Inghilterra, Stati Uniti d‟America) di
fronte alla sconfitta Germania?
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La Francia si caratterizza per tre atteggiamenti: quello più duro e deciso, legato a considerazioni di sicurezza
militare, del maresciallo Foch, che propone la creazione di un “sistema di mutua assistenza permanente” fra i
paesi collocati alla sinistra del fiume Reno, compresa la Renania (territorio tedesco)il che avrebbe
provocato un parziale “smembramento” del Reich, fino a comprendere la Francia, per una difesa della
frontiera occidentale; c‟era poi una posizione centrale rappresentata da Clemenceau, vecchio sostenitore
della revanche ma consapevole di dover tenere conto delle posizioni degli altri alleati; infine la posizione di
Aristide Briand, l‟uomo di governo democratico-socialista, conosciuto per aver elaborato il piano Briand di
federazione europea, presentato alla Società delle Nazioni nel 1929, e il Patto Kellogg-Briand nel 1928.
La posizione dell‟Inghilterra presentò senza dubbio parallelismi e similarità con quella americana, ma fu da
subito più razionale e più attenta alle ripercussioni sulla situazione internazionale generale sia dei francesi
che del presidente Wilson. Essa si definisce attraverso una nota programmatica del Foreign Office del 25
marzo 1919, nel quale si insisteva su:
la stipulazione di un trattato con la Germania che le assicurasse delle condizioni „giuste‟, cioè tali da
non contraddire il principio di nazionalità e di autodeterminazione dei popoli;
la necessità di tener conto della rivoluzione russa, la quale poteva avere effetti disgreganti nelle
vicine società dei paesi vincitori;
la necessità di impedire che una pace onerosa spingesse la Germania nelle braccia della Russia
comunista;
l‟opportunità di conferire la maggiore forza possibile alla Società delle Nazioni, anche proprio in
funzione anti-bolscevica;
la creazione di uno stabile accordo tra Francia, Inghilterra, Stati Uniti e Italia per assicurare il
concretizzarsi di una politica internazionale di pace, attraverso la Società delle Nazioni, dalla quale
organizzazione non avrebbe dovuto essere esclusa la Germania;
la stipulazione di un trattato di garanzia che assicurasse alla Francia l‟appoggio automatico delle
alleate di guerra in caso di ripresa dell‟espansionismo tedesco.
Gli Stati Uniti d‟America, soprattutto rappresentati dalla figura del presidente Wilson, erano i promotori
della costituzione della Società delle Nazioni come strumento per risolvere i futuri scontri a livello di politica
internazionale, ma nel frattempo si può notare l‟intransigenza dello stesso Wilson nel voler trattare solo con
un governo “democratico” tedesco, nell‟esigere una resa incondizionata della Germania, nel definire il
trattato di pace praticamente senza negoziati.
Nel definire il trattato di pace con la Germania tre problemi principali impegnarono le potenze vincitrici:
4. le riparazioni di guerra: le posizioni di partenza furono molto diverse riguardo a ciò, perché la
Francia li quantificava in 200 milioni di marchi oro, sollevando infatti le proteste di Inghilterra e
USA, secondo i quali l‟onere eccessivo e le rateazioni dilazionate per circa mezzo secolo avrebbero
provocato un forte impoverimento del popolo tedesco, aprendo il paese alla propaganda comunista e
d‟altra parte avrebbe determinato una condizione di squilibrio dell‟economia internazionale (da
notare la protesta dell‟economista inglese John Meynard Keynes, che denuncia l‟assurdità
economica del principio delle riparazioni). Le potenze vincitrici giunsero poi ad un accordo e
inserirono nel trattato di pace l‟art 231, la cui importanza va oltre l‟argomento delle riparazioni
perché sancisce la responsabilità dei danni alla Germania: i Governi Alleati dichiarano e la
Germania riconosce, che la Germania e i suoi alleati sono responsabili, per esserne causa di tutte le
perdite e di tutti i danni subito dai Governi Alleati e dai loro cittadini in conseguenza della guerra
che è stata loro imposta dall‟aggressione della Germania e dei suoi alleati.
5. i confini del nuovo stato tedesco: se ci fu consenso per quanto riguardava l‟annessione dell‟Alsazia
e della Lorena alla Francia (le erano state tolte dalla vittoria prussiana del 1870 e avevano costituito
da allora l‟oggetto-simbolo della revanche), per gli altri territori si dovette giungere a soluzioni di
compromesso tra la politica di sicurezza francese e le posizioni più distaccate di Gran Bretagna e
Stati Uniti. Cosi fu raggiunto un compromesso per la regione della Saar (che diventerà poi strategica
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insieme alla regione della Rur per via della presenza di giacimenti carboniferi): la Francia ne
reclamava l‟annessione mentre l‟Inghilterra proponeva un assetto politico indipendente dalla
Germania, ma prevalse la posizione americana di sottoporre la regione all‟amministrazione della
Società delle Nazioni per quindici anni, ai quali sarebbe seguito un plebiscito per definirne il destino.
Per la Renania la Francia avrebbe voluto seguire il piano Foch facendolo diventare uno stato
indipendente nel blocco dei paesi posti a sinistra del Reno di cui la Francia avrebbe dovuto
organizzare la difesa e che ora secondo Clemenceau avrebbe dovuto essere sottoposta a occupazione
militare alleata permanente; ma l‟Inghilterra si oppose nettamente e così alla rinuncia della Francia
questa fu ricompensata con il trattato di garanzia = avrebbe dovuto procurare alla Francia l‟aiuto
immediato dell‟Inghilterra e degli Stati Uniti in caso di attacco tedesco. Wilson approvò l‟idea
inglese ma la modificò richiedendo la stipulazione di due trattati, uno franco-britannico e uno franco-
americano. La Renania rimase così in territorio tedesco ma dovette subire un processo di
neutralizzazione e fu occupata per 15 anni dalle forze alleate. Confine tedesco-belga: alcune zone
che si trovavano sul confine occidentale col Belgio (come i distretti di Malmédy e di Eupen) furono
oggetto di una richiesta di annessione da parte del Belgio, che però li acquisì soltanto dopo un
plebiscito nel 1920 per accettarsi che la maggioranza degli abitanti non desiderava rimanere in
Germania. Confine con la Danimarca: stessa sorte toccò allo Schleswig (era stato annesso alla
Prussia nel 1864 prima dell‟unificazione del Reich), la zona che si trovava sul confine settentrionale
con la Danimarca, che riuscì ad ottenerla solo in seguito ad un plebiscito. Il confine meridionale
separava la Germania da due nuovi stati: la Repubblica austriaca e la Repubblica Cecoslovacca.
La popolazione della prima era quasi esclusivamente tedesca e aveva richiesto di essere annessa alla
Germania, riproponendo il dilemma tra piccola (senza Austria) e grande Germania (con Austria) che
Bismarck aveva risolto mantenendo in vita l‟Impero asburgico. La strategia di contenimento della
potenza tedesca e principio di nazionalità e autodeterminazione dei popoli erano in forte contrasto.
Così fu inserito nel trattato l‟art. 80 che proibiva alla Germania di annettere l‟Austria. Mentre nella
regione dei Sudeti della Repubblica Cecoslovacca vi era una maggioranza di tedeschi che per il
momento non sembrava creare difficoltà, ma le situazione muterà negli anni Trenta con la pressione
della propaganda nazionalsocialista del terzo Reich. Il confine orientale con la Repubblica polacca
fu definito dopo aver concesso alla Polonia quella parte della Posnania, della Prussia occidentale e
dell‟Alta Slesia nelle quali i polacchi costituissero almeno il 65% della popolazione, così come
definiva il punto 13 di Wilson (= prevedeva che fossero assegnati al nuovo Stato territori in cui le
popolazioni fossero incontestabilmente polacche e che la Polonia avesse un accesso al mare). Inoltre,
sempre sulla base di questo punto fu creato il cosiddetto “corridoio polacco”, che giungendo al Mar
Baltico a ovest della Prussica orientale, stabilì una discontinuità nel territorio nazionale tedesco. Il
porto che fu assegnato alla nuova Polonia sul Baltico, Danzica, non aveva una larga maggioranza di
popolazione polacca, infatti l‟Inghilterra si oppose a questa cessione e indusse a costituire Danzica in
città libera sotto il controllo della Società delle Nazioni.
6. i limiti o divieti da porre alle forze armate tedesche: i francesi ne vorrebbero la spartizione, gli
angloamericani la distruzione. La divergenza fu poi risolta una settimana prima della firma del
trattato di Versailles dalla stessa flotta tedesca che ottemperò all‟ordine di arrivare alla base navale
britannica, ma giunta a destinazione si autoaffondò. Comunque il risultato fu una netta riduzione
della flotta navale con l‟abolizione dei sommergibili, dell‟arma aerea, mentre l‟esercito fu ridotto a
100.000 uomini e 4.000 ufficiali senza artiglieria pesante e carri armati e venne abolita la coscrizione
obbligatoria.
La spartizione delle colonie tedesche non fu un argomento di contrasto: l‟Africa orientale tedesca fu in parte
sottoposta a mandato britannico e in parte assegnata al Belgio, l‟Africa sudoccidentale tedesca divenne
mandato dell‟Unione Sudafricana, le colonie tedesche dell‟Africa Occidentale furono suddivise tra Francia e
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Inghilterra. La Germania aveva peraltro avuto posizioni di controllo importanti anche in Asia orientale e nel
Pacifico, in questo secondo settore divennero potenze mandatarie oltre all‟Inghilterra e alla Francia, anche
l‟Australia e la Nuova Zelanda. Il paese che beneficiò di più della sconfitta tedesca fu il Giappone, che si
fece assegnare i mandati sulla Micronesia, le Marianne, le Marshall, le Caroline, Palau e Yap, e soprattutto
conservò le concessioni imperialistiche tedesche in Cina, di cui si era impadronito dopo essere intervenuto in
guerra dalla parte dell‟Intesa.
Il 7 maggio le condizioni di pace che riguardavano questi aspetti furono consegnate da Clemenceau ai
rappresentanti del governo tedesco che avrebbero avuto 15 giorni di tempo per presentare osservazioni
scritte, ma le possibilità di varianti concesse furono scarsissime e il 28 giugno il ministro degli esteri della
Repubblica tedesca, Hermann Müller, firmò il trattato di Versailles, che si componeva di 440 articoli.
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franco-italiana, il potere di controllare il bilancio dello Stato e le sue leggi finanziarie. Inoltre le
Capitolazioni, antico istituto che aveva regolato per secoli i rapporti commerciali fra l‟Impero e gli
occidentali creando zone franche straniere in territorio ottomano, furono riconfermate per le potenze
vincitrici ma non per quelle vinte; mentre vari porti turchi come Costantinopoli e Smirne furono
posti sotto controllo internazionale. Smilitarizzazione degli Stretti del Bosforo e dei Dardanelli.
Nel momento in cui i rappresentati del Sultano firmavano il trattato, un governo nazionale turco era
già stato instaurato ad Ankara. Fu questo governo di fatto a intraprendere contro la Grecia una guerra
che nel settembre del 1922 portò all‟estromissione dei greci dalla regione di Smirne, inducendo le
grandi potenze a convocare una conferenza di pace a Losanna, la quale non riguardò solo il conflitto
greco-turco ma tutta la posizione internazionale della nuova Turchia in quanto erede dell‟impero
ottomano, che cadde con l‟abolizione del Sultano.
9. trattato di Losanna (23 luglio 1923). Quest‟ultimo trattato confermò la rinuncia della Turchia al
Medio Oriente arabo, ma abolì le Capitolazioni; riconobbe la sovranità turca non solo su tutti i
territori dell‟Anatolia oggetto di occupazione e rivendicazioni da parte greca, francese, italiana, ma
anche in Europa; abolì i limiti posti dal trattato di Sèvres sulle forze armate e i controlli stranieri
sulle finanze.
59
5. L‟Italia fra i Quattro Grandi
L‟Italia uscì duramente provata dalla Grande Guerra (perdite ingenti di vite umane, esaurimento delle già
scarse risorse economiche e logorio di un struttura industriale ancora fragile, moltiplicazione del debito
pubblico, pesante indebitamento estero, soprattutto con gli Stati Uniti, inflazione monetaria che aveva ridotto
il potere di acquisto della lira di ben cinque volte), ma era anche un paese che riuscì ad ottenere risultati
positivi sul piano nazionale ed internazionale: l‟affermazione dei suoi meriti sul piano militare dopo il
cedimento del 1917, ma primi fra tutti il compimento dell‟unità nazionale, in seguito a quella che venne
chiamata la “quarta guerra d‟indipendenza” e il crollo della Monarchia Austroungarica, che permise
all‟Italia di non essere più minacciata sul confine orientale e nell‟Adriatico da una potenza ostile che
contasse 51 milioni di abitanti (mentre la Francia si trovava sempre ad affrontare la massa compatta della
Germania). Così, grazie ai risultati della sua azione politico-militare, alla vittoria degli alleati, al crollo di tre
stati membri del sistema internazionale d‟anteguerra (Russia, Austria Ungheria e Germina), all‟impostazione
della conferenza di pace sulla base della partecipazione dei soli vincitori, l‟Italia entra a far parte dei
“Quattro Grandi”, ossia una delle quattro potenze su cui cadeva la responsabilità di definire e instaurare
l‟assetto di pace.
I fattori che influiscono maggiormente sulla politica internazionale italiana sono tre:
l‟interventismo democratico: per gli interventisti democratici la politica italiana non doveva
rimanere quella del Patto di Londra, ma doveva partire da esso per proporne una revisione più attenta
alla nazionalità dei territori assegnati dal trattato del 1915 all‟Italia, che ambiva ad ottenere il
controllo sull‟Adriatico. Inoltre il “movimento” desiderava che l‟Italia annettesse Fiume in cambio
della parte della Dalmazia non di popolazione, lingua e cultura italiana, mentre per i nazionalisti
Fiume era l‟esempio palese dell‟insufficienza del Patto di Londra, il quale doveva essere integrato
con nuovi acquisti territoriali;
l‟interventismo nazionalista: il punto principale del programma nazionalista era lo stabilimento del
controllo italiano sulla sponda orientale dell‟Adriatico fino all‟Albania, così come veniva enunciato
da Francesco Coppola e dall‟Associazione Nazionalista Italiana, mentre D‟Annunzio coniò lo slogan
di “vittoria mutilata” per descrivere la negazione dei meritati frutti della vittoria all‟Italia da parte
della Conferenza della Pace. Nel quadro nazionalista s‟inserisce anche la figura di Benito Mussolini,
futuro duce fascista. La sua posizione si basa su due avvenimenti apparentemente contraddittori: la
sua clamorosa contestazione, insieme con esponenti nazionalisti, dell‟interventismo democratico in
occasione del discorso a Milano l‟11 gennaio 1919 dell‟on. Leonida Bissolati, ex socialista,
interventista democratico ed ex ministro del governo di unità nazionale Orlando-Sonnino; il secondo
è dato invece dall‟approvazione di Mussolini, questa volta dissentendo dai nazionalisti, del trattato di
Rapallo del 12 novembre 1920. Queste due prese di posizione di diverso segno confermano il fatto
che l‟intento principale di Mussolini era quello di promuovere l‟ascesa sua e del suo movimento
senza insistere su un programma preciso, in attesa di procurarsi sul campo un “dottrina del
fascismo”. In realtà Mussolini aveva in mente un scelta precisa per l‟Italia, che si sviluppava in un
avvenire coloniale e in un ruolo di primaria importanza nella politica internazionale;
la posizione del governo: la terza posizione di cui tenere conto in Italia è quella del governo
Orlando-Sonnino. Sonnino, il ministro degli esteri del Patto di Londra, era sopravvissuto
all‟avvicendamento dei governi di guerra mantenendo attraverso quattro anni di trasformazioni
politiche e morali di popoli e governi la sua caratteristica coerenza, particolarmente apprezzata dal
presidente americano Wilson. Vittorio Emanuele Orlando, più volte ministro durante le fasi di guerra
e presidente del consiglio del governo di unione nazionale formato dopo Caporetto, aveva gli occhi
rivolti all‟interno del paese e risultava più disponibile del suo ministro degli esteri. La posizione
governativa era conscia del fatto che l‟Italia non disponeva di fronte a un‟America wilsoniana che
aveva principi e criteri di politica estera alquanto diversi da quelli dei suoi associati europei, dei
vantaggi di cui godevano sia l‟Inghilterra, avvicinata agli Stati Uniti dalla lingua, dall‟economia, dal
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fatto che non rivendicasse alcun ingrandimento territoriale in Europa, sia la stessa Francia, che
beneficiava dell‟opinione generalmente accettata di essere stata vittima di un‟aggressione per cui le
rivendicazioni dei territori sulla riva del Reno potevano essere comprese alla luce delle vicende
passate. L‟Italia non poteva atteggiarsi a vittima di una aggressione, essendo entrata in guerra dopo
una meditata decisione e sulla base di condizioni ad essa posta. Questo comportamento portò
all‟isolamento della delegazione italiana in seguito a due errori: Orlando sarebbe stato disposto a
considerare Fiume un oggetto di scambio con i territori dalmati di lingua e cultura slava assegnati
all‟Italia dal Patto di Londra, ma lasciò che Fiume diventasse un simbolo e distruggesse la libertà
d‟azione del governo; inoltre gli italiani presentarono il 7 febbraio il “memorandum Barzilai”,
contenente le rivendicazioni italiane sulle Alpi e l‟Adriatico, che oscurò anziché chiarire la posizione
italiana.
61
prepararono una lettera al presidente della conferenza in cui la delegazione italiana comunicava di volersi
ritirare. Il 22 aprile Lloyd George fece un ulteriore tentativo per arrivare ad un compromesso che si prolungò
al giorno seguente, quando, mentre italiani e inglesi discutevano sulla sovranità di Fiume, apparve sul
“Temps” il manifesto americano di Wilson sul problema adriatico, diretto al popolo italiano, scavalcando
così il governo la pubblicazione del manifesto e il ritiro della delegazione italiana dalla Conferenza
bloccarono per il momento la possibilità di una soluzione del problema adriatico.
La delegazione italiana, dati gli insuccessi, non partecipò poi ad alcuni incontri tra la potenze vincitrici, ma
per non compromettere irreparabilmente la situazione, Orlando e Sonnino, che del resto avevano ottenuto
tutto il consenso e la comprensione che potevano desiderare, rientrarono a Parigi il 7 maggio, proprio quando
Clemenceau presentava ai delegati della Repubblica tedesca il testo del Trattato di Versailles.
Nei giorni seguenti veniva riconosciuta all‟Italia il confine del Brennero ma riguardo ai progetti italiani di
ingrandimenti extraeuropei la Commissione coloniale fece prevalere il principio di incompatibilità fra
l‟assunzione da parte dell‟Italia di mandati della Società delle Nazioni e il Patto di Londra. La questione
coloniale rimase quindi aperta con gli Alleati anche dopo la conclusione della pace e fu regolata
successivamente con gli accordi Bonin-Pichon del 12 settembre 1919, accordi della Torretta-Mac Donald
del 15 luglio 1924, Negretto-Ziwer Pascià del 6 dicembre 1925 e Mussolini-Laval del 7 gennaio 1935.
Dopo che una proposta di Wilson del 7 maggio [conferma della linea Wilson + isole di Lissa e Lagosta +
Zara città libera sotto controllo della Società delle Nazioni + Fiume Stato Libero con il suo retroterra,
amministrato da una Commissione di cinque membri fra cui due italiani (dopo cinque anni si sarebbe
effettuato un plebiscito per stabilire la sua definitiva annessione all‟Italia o alla Jugoslavia)] seguita da una
controproposta italiana segnarono un ennesimo fallimento, il governo Orlando-Sonnino cadeva lasciando il
posto al ministero Nitti-Tittoni.
Tommaso Tittoni volle affrontare la questione su basi diverse che presumeva potessero essere più accettabili
per gli Alleati e soprattutto per l‟America. Il suo programma si basava su due punti: l‟accordo con la Grecia,
concedendole una composizione del conflitto in Asia Minore, il Dodecaneso, l‟appoggio per la Tracia e
l‟Epiro del Nord, ma ottenendo in cambio la solidarietà della Grecia, vale a dire della gran Bretagna, per il
suo protettorato sull‟Albania, in termini più vasti ed effettivi da quelli contemplati dal patto di Londra.
Quindi, Tittoni presentò il suo progetto alla Conferenza della Pace il 12 agosto, nella quale accetta l‟Albania
in cambio della Dalmazia, la neutralizzazione dell‟Istria orientale, l‟assegnazione di Zara e del suo retroterra
all‟Italia, la costituzione di uno stato libero di Fiume sotto la Società delle Nazioni. Francia e Inghilterra
accolsero favorevolmente la proposta legata all‟accordo Tittoni-Venizelos del 15 luglio che dava mano
libera all‟Italia in Albania e in cambio mano libera alla Grecia nella zona di Smirne, mentre gli americani
furono contrari; intanto Gabriele D‟Annunzio e i suoi legionari con una spedizione manifestavano la loro
contrarietà ad una internazionalizzazione di Fiume o addirittura di una sua annessione alla Jugoslavia.
L‟ostilità di Wilson alla posizione governativa e all‟avventura dannunziana si manifestò con una nota al
ministro degli esteri italiano del 13 novembre, che provocò le dimissioni di Tommaso Tittoni, cui successe il
giurista Vittorio Scialoja. A partire dal febbraio 1920 (anche perché a partire da gennaio la Conferenza di
Parigi, essendo entrato in vigore il trattato di Versailles, venne formalmente sciolta) iniziarono dei negoziati
diretti italo-jugoslavi. Questa prima stentata e discontinua fase di negoziati diretti ebbe termina con la
conferenza di Pallanza, convocata l‟11 giugno e subito interrotta per la caduta del ministero Nitti e la
formazione del governo Giolitti. Nel nuovo ministero Giolitti e Sforza si divisero i compiti. Il punto di
partenza era comune: l‟abbandono della politica del ministero Nitti in Albania. Giolitti parlò di indipendenza
dell‟Albania e Sforza denunciò l‟accordo Tittoni-Venizelos mentre intavolava negoziati diretti con gli
albanesi che portarono ad un accordo: l‟Italia, mantenendo il possesso della sola isola di Saseno, riconosceva
l‟indipendenza dell‟Albania, la quale fu riconosciuta nei mesi seguenti dalle grandi potenze e il 17 dicembre
1920 divenne membro della Società delle Nazioni. La questione di concluse con la stipulazione del trattato
di Rapallo del 12 novembre 1920, il quale stabiliva che:
1. la frontiera dell‟Istria avrebbe ricalcato quasi interamente la linea stabilita dal Patto di Londra, salvo
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per una breve variante verso est fra Indria e Castua
2. Zara con il suo territorio per un raggio di sette chilometri intorno alla città fosse assegnata all‟Italia
3. le isole di Cherso e Lussino nel golfo del Quarnaro e di Pelagosa e Lagosta nell‟Adriatico centrale
fra Spalato e Ragusa fossero pure annesse all‟Italia
4. fosse costituito uno Stato libero di Fiume, formato dalla città italiana e dal suo retroterra slavo e
collegato da una striscia costiera con il confine italiano.
5. il bacino di Porto Baross, attiguo a Fiume, toccasse alla Jugoslavia
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CAPITOLO XVII – Vent'anni fra due guerre.
1919-1939 non rappresentarono un periodo omogeneo come spesso si pensa, soprattutto a causa delle
differenze provocate dalla crisi del ‟29.
Durante gli anni 20 l‟Europa smise di essere al centro del mondo e il cosiddetto declino d‟Europa si nota
sotto quasi tutti gli aspetti.
Dalla Conferenza della pace è uscito il “sistema di Versailles” che è incentrato sull'Europa.
USA e URSS inizialmente si distaccano dall'Europa per poi riavvicinarvisi.
La crisi del 29 ottobre del ‟29 provoca conseguenze devastanti sia all‟interno degli stati sia nelle loro
relazioni internazionali. È da questa crisi che si svilupperanno i 3 grandi totalitarismi dell‟epoca: Germania,
Italia e Giappone che si espanderanno poi verso l'Asia, l'Africa e l'Europa centrale.
Gli USA nel 20esimo secolo tornano ad una politica di isolamento. Wilson, convinto che la società delle
nazioni rappresentasse l‟unica speranza di ottenere la pace volle a tutti costi che il senato accettasse il Patto
nella sua integrità, mentre i senatori lo avrebbero solo accettato con riserva (riserva che riguardava l‟ambito
geografico in cui gli USA dovevano essere tenuti ad osservare l‟art X del Patto).
La lotta tra il presidente e i suoi avversari al congresso continuò fino all‟8 marzo '20 quando il Trattato di
Versailles, poiché conteneva i 26 art del Patto della Società delle Nazioni, fu respinto. Gli USA voltarono
pagina: elezioni del ‟20 portano alla sconfitta del partito democratico
12 novembre 1921-6 febbraio 1922 -> Hughes (segretario di stato USA) convocò la conferenza
Internazionale di Washington dove si discussero:
problemi dell'Asia orientale (dovuti all'espansionismo giapponese)
riduzione degli armamenti navali: tutte le potenze dovevano ridurre i propri armamenti e non
procedere a nuove costruzioni di navi da guerra. Il Giappone si oppose fortemente, ma alla fine
dovette cedere e accettare sotto minaccia che gli USA cominciassero ad armarsi ad una velocità
molto maggiore di quella raggiungibile dal Giappone.
I problemi di quella zona erano dovuti all'espansionismo giapponese che era già stato denunciato da Wilson
poiché nella prima Guerra Mondiale il Giappone si era espanso nelle zone di influenza commerciale tedesca
in Cina. Con la Conferenza di Washington si stabilì un sistema dell'Asia Orientale e del Pacifico Occidentale
basato su questi 3 Atti Internazionali:
2. Un trattato delle 4 potenze (USA, GB, FR, GIAPP) che, dichiarando decaduta la ventennale alleanza
GB-GIAPP, impegnava le parti a rispettare i loro reciproci diritti sui possedimenti insulari nel
Pacifico, compresi i neo acquisiti della Germania, e assumeva il carattere generale di trattato di non
aggressione per il Pacifico.
3. Un trattato delle 9 potenze (USA, GB, FR, GIAPP, ITA, CINA, BELGIO, PORTOGALLO,
OLANDA) che intendeva essere la garanzia internazionale della sovranità della Cina attraverso la
conferma della dottrina americana della porta aperta.
4. Un accordo CINA-GIAPP che riesce a far sì che il Giappone rinunci alla maggior parte dei privilegi
ottenuti dalla Cina mentre la guerra era in corso. Inoltre la diplomazia americana riuscì a ottenere
una riduzione degli armamenti navali giapponesi.
Hughes potè così riprendere l‟antica politica americana di protezione della Cina contro l'imperialismo
giapponese.
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Non urtava la direttiva isolazionista della politica ufficiale l‟accentuato impegno degli Usa in America
latina. Non urtava invece la direttiva isolazionistica repubblicana anzi rafforzava il carattere emisferico della
Dottrina Monroe, di pari passo con l'espansionismo economico americano, l'accentuato impegno degli Stati
Uniti in America Latina. Mentre negli anni Venti Washington si assicurava il controllo sui prestiti ai paesi
latino americani invitando le banche ad informare in tempo utile il Dipartimento di Stato prima di concederli,
Huges e i suoi successori posero termine a quegli aspetti più vistosi dell'egemonia statunitense nell'America
centrale rinunciando al semi-protettorato e\o all'occupazione militare degli Stati caraibici; l'amministrazione
Hoover (1929-1932) proseguì la rinuncia alla politica di intervento pubblicando un Memorandum Clark
sulla Dottrina Monroe (redatto nel 1928, e reso pubblico nel 1930) che ripudiava ufficialmente il Corollario
Roosvelt.
La Russia non partecipa all'assetto di pace seguito alla prima guerra mondiale. Rapporti negativi con gli altri
stati:
con la Germania, perchè la Russia aveva dovuto accettare il Trattato di Brest-Litowsk
con gli alleati, perchè intervenivano a favore dei controrivoluzionari che operavano in Russia.
La cessazione nel 1919 della politica di intervento militare alleato consente l‟avvio delle relazioni
internazionali tra Germania e Russia.
Il processo ha inizio con una fase di “esportazione” della rivoluzione rivolta verso i paesi europei in cui le
prospettive di avvento del comunismo apparivano più favorevoli, dalla Germania all‟Ungheria, all‟Italia.
Questo crea uno scontro all'interno del gruppo dirigente russo:
7. Bucharin e Trotzki: la Russia si deve impegnare nella propaganda e nella guerra rivoluzionaria negli
Stati capitalisti. “rivoluzione permanente” e quindi un impegno della Russia nella “guerra
rivoluzionaria”.
8. Lenin e Stalin: sostenitori della costituzione del socialismo in un solo paese.
Secondo Lenin di fronte alla realtà della debolezza del nascente stato sovietico esso doveva impegnarsi nel
difendersi e rafforzarsi per salvare la patria del socialismo. La tesi di Lenin vince!!
Lenin impostò quindi una duplice politica basata su:
8. appoggiare le forze politiche e sociali che entro gli stati capitalisti avrebbero potuto promuovere
movimenti rivoluzionari. Porta alla fondazione, nel 1919, della Terza internazionale (Komintern,
base centralista e sede a Mosca) con a capo Zinoviev. Lenin scrisse le 21 condizioni che i partiti
comunisti nazionali dovevano osservare per entrarvi. I partiti comunisti, epurati dai dissidenti, presto
si organizzarono come apparati clandestini impegnati a propagandare soprattutto nei sindacati e nelle
forze armate. Il Komintern divenne così uno strumento dello Stato sovietico anche se ufficialmente
non dipendeva da esso per cui Mosca poteva respingere qualsiasi protesta riguardo interferenze negli
affari di Stati esteri.
9. Normalizzare la posizione internazionale dello stato socialista attraverso negoziati e accordi con gli
stati capitalisti. La Russia firma nel 1920/21 dei trattati con i paesi confinanti (Estonia, Lituania,
Finlandia, Turchia, Polonia) che definiscono le sue frontiere. In seguito attua sia un programma di
ricostruzione e di trasformazione interna sia di regolarizzazione delle sue relazioni con l'Occidente.
1. Il 16 Marzo 1921 firma il trattato anglo-sovietico sul commercio che di fatto comporta il
riconoscimento da parte della Gran Bretagna.
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Il fallimento tuttavia fu oscurato da una svolta: trattato di Rapallo (1922) tra la Russia e la
Germania che ristabiliva relazioni diplomatiche e consolari ed era il primo riconoscimento de
jure dello stato Russo da parte di uno stato Europeo.
Due anni e mezzo prima che il trattato fosse firmato, il generale von Seekt, capo delle nuove forze armate
tedesche, aveva cominciato a stabilire i primi rapporti con l'Armata rossa, a cui seguirono trattative intese a
stabilire una collaborazione fra i due eserciti.
Era un avvicinamento fra i 2 stati usciti maggiormente sconfitti dalla Guerra, entrambi con motivi importanti
per guardare con diffidenza alle altre potenze. Nel 1924 venne creata la Zentrale Moskau un organo segreto
che dirigeva i lavori di collaborazione militare che si erano instaurati tra l'esercito tedesco e quello russo. Il
Reichswekr (nuovo esercito tedesco) poteva usufruire di centri di addestramento e di sperimentazione di
nuove armi in territorio russo, non soggetto a controlli del “sistema di Versailles”.
Nel 1922 venne ufficialmente assunto il nuovo nome di URSS (Unione Repubbliche Socialiste Sovietiche), il
21 gennaio 1924 morì Lenin. Alla metà degli anni 20 l'URSS aveva completato la normalizzazione della sua
posizione internazionale (gli Stati Uniti la riconosceranno de facto nel '33).
Con questi sviluppi si veniva a creare una sostanziale novità nelle relazioni internazionali dell'età moderna,
bisogna infatti risalire alla Spagna del XVI secolo per trovare somiglianze con la politica dell'URSS, essa
infatti (la Spagna) manteneva buoni rapporti diplomatici con Francia e Inghilterra pur aiutando i partiti
cattolici in entrambi i paesi nella lotta contro i governi legittimi, anche se la vastità e la natura delle
operazioni del Komintern erano senza precedenti. Inoltre l'URSS prepara un altro fattore di consolidamento
della sua posizione, rivolgendosi con interesse e disponibilità verso l'Asia, in particolare verso la Cina. Il
rapporto che ebbe con la Cina offrì all'URSS l'occasione di svelare le sue grandi differenze dalla Russia
Zarista e dall'Occidente capitalista.
Il 31 Maggio 1924 viene firmato un trattato di normalizzazione delle relazioni internazionali, con il quale
l'URSS riconosceva la Mongolia interna parte integrante della Repubblica cinese; dall'altra parte però
puntarono le loro carte sul governo di Canton e sul Komintang, incoraggiando il piccolo partito comunista
cinese a collaborare con esso e a sfruttarne la popolarità negli ambienti progressisti di tutta la Cina.
L‟URSS era uno degli stati europei che manteneva relazioni commerciali e diplomatiche con la maggioranza
degli altri stati, mentre nello stesso tempo dirigeva, all‟interno di questi paesi, movimenti che avevano per
intento principale il rovesciamento dei loro governi.
L‟Europa dunque viene lasciata sola con i suoi problemi politici e appare subito dubbio che essa sia capace di
risolverli.
-GB: ha realizzato ancora una volta il suo scopo primario, quello di ristabilire lo status quo sul
continente, avrebbe dovuto quindi tornare ad una politica di distaccata vigilanza. I problemi più
urgenti infatti derivavano dalla conservazione della sua posizione economico commerciale nel
mondo e dall'adattamento del suo impero coloniale alla nuova situazione. L'impegno inglese fu assai
discontinuo, non abbastanza consapevole del dramma francese (vd più avanti) e trattenuto
dall'impazienza\diffidenza verso l'ex alleata, che era interessata a fare concorrenza all'Inghilterra
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fuori d'Europa. Così la prima metà degli anni Venti vide un allontanamento delle 2 principali potenze
vincitrici europee.
7. GE: la situazione interna della Germania è molto instabile, la Repubblica di Weimar a preminenza
socialdemocratica, che deve spesso venire a patti con le forze conservatrici militariste, cerca di
uscire dalla condizione di oggetto di politica internazionale in cui l'ha collocata Versailles. Il
problema delle riparazioni di guerra coinvolge direttamente o indirettamente la maggior parte dei
paesi industrializzati in un sistema di trasferimenti economico finanziari dagli aspetti a volte
grotteschi e che mette a dura prova le condizioni di vita dei cittadini tedeschi, mentre gli alti ufficiali
dell'esercito rispondo alle restrizioni di Versailles con la Zentrale Moskau. L'unico aspetto positivo è
la politica di revisione pacifica del trattato di Versailles portata avanti dal governo tedesco negli anni
(1923-1926).
8. ITA: dopo aver svolto alla conferenza della Pace un ruolo inferiore a quello che la sua posizione di
terza potenza Europea vittoriosa avrebbe potuto consentirle è assorbita dai suoi avvenimenti interni e
spinta a una politica di discontinuità.
9. AU E UNGHERIA: separate in conseguenza della sconfitta sono entrambe fattori di instabilità
dell‟assetto post bellico.
10. FR: il ruolo della Francia è determinato dalla sua posizione geografica correlata alla sua tradizione
storica nel continente, dalla parte pericolosa e sofferta che ha avuto durante la Guerra, dalle
condizioni morali dei francesi che nonostante l'esito vittorioso della Guerra non sono riusciti a
risolvere il problema dell'obiettiva superiorità tedesca, che la porta a diventare custode inflessibile
del Sistema di Versailles, inasprendo il rancore e l'ostilità dei tedeschi e la diffidenza degli alleati. Il
banco di prova più complicato riguardava gli articoli 232 e 233 del trattato riguardanti le riparazioni
di guerra tedesche, i quali non possedevano in quel momento le risorse sufficienti a coprire le spese e
venne così deciso di dilazionare il pagamento.
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quest'occupazione fece precipitare la situazione inflazionistica in GER che dovette rinunciare alla
resistenza passiva
19. GB e USA (con Dawes → piano Dawes nel 1924 e Young) propongono un'inchiesta internazionale
che accertasse la reale capacità di pagamento della GE (accetta anche la FR). Fu un brillante
successo della partecipazione ufficiosa come osservatore degli Stati Uniti alla politica internazionale
e la conclusione di una politica fallimentare in Francia.
La Francia però riuscì a creare una rete di accordi con le potenze medie e piccole che circondavano
la Mitteleuropa (Belgio, Polonia, Cecoslovacchia); inoltre seguendo una logica storica cercava
appoggio soprattutto ad est e, in mancanza di una Russia affidabile (rifiuto psicologico e
rivendicazioni sorte con la rivoluzione del 1917), strinse rapporti con la Polonia con la quale firmò
un'alleanza nel febbraio del 1921.
Fallito l‟intento francese di imporre alla Germania l‟applicazione del trattato di Versailles la FR ebbe
maggiore successo stipulando accordi che avrebbero “circondato” i tedeschi.
5. 1920 alleanza franco-belga (fine neutralità Belgio)
6. 1921 alleanza franco-polacca
7. 1920 accordo franco-ungherese (politica di rivendicazione dei suoi antichi territori annessi dagli Stati
vicini) che allarmò molto l‟Italia (Balcani sono oggetto di guerra serrata fra Fr e Ita).
Iniziative in senso anti-asburgico:
8. formazione della Piccola Intesa tra il 1920 e il 1921 (trattato ceco-jugoslavo + adesione della
Romania)
9. ITA concluse una convenzione anti-asburgica con il governo di Belgrado
10. 1921: convenzione fra Romania e Cecoslovacchia e fra Romania e Jugoslavia
FR decide quindi di sostenere la Piccola Intesa firmando un trattato con la Cecoslovacchia nel 1924, con la
Romania nel 1926 e con la Jugoslavia nel 1927.
Trattato di Locarno (16 ottobre 1925), proposto dall‟Inghilterra, consisteva in diversi atti:
11. patto di garanzia (o Patto sulla Renania) tra GE, BE, FR, GB e ITA che impegnava GE, FR, e BE a
osservare le frontiere comuni stabilite da Versailles e lo Statuto di smilitarizzazione della Renania
12. 4 convenzioni di arbitrato tra GE, BE, Polonia e Cecoslovacchia con l‟impegno di sottoporre ad
arbitrato internazionale eventuali controversie sorte fra di loro
13. nota collettiva di tutte le potenze partecipanti per la Germania: in considerazione della situazione
tedesca gli obblighi del patto della società delle nazioni sarebbero stati adempiti in misura
compatibile con le situazioni degli Stati membri
14. 2 trattati tra FR-Polonia e FR-Cecoslovacchia: aiuto FR se una delle due fosse stata attaccata dalla
GE
15. Protocollo finale firmato da FR, GE, GB, ITA, BE, Polonia e Cecoslovacchia
Il trattato di Locarno segnò un'epoca nelle relazioni internazionali del ventennio fra le due Guerre Mondiali
sia per il compiacimento\sollievo con cui fu accolto sia per il rilievo che poi gli diede la storiografia. Lo
“spirito di Locarno” aleggiò sull'Europa finché non venne distrutto dalle conseguenze politiche derivanti la
Crisi del 29.
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Patto Briand-Kellogg (27 agosto 1928) è tentativo di ripristinare gli ideali di Locarno: sottoscritto dal
segretario di stato USA e dal ministro degli esteri FR: 2 art. in cui si condanna il ricorso alla guerra per
definire le controversie internazionali e ci si impegna a ricorrere solo a mezzi pacifici per definire contese e
conflitti.
3. Continuità e revisionismo nella politica estera dell'Italia fascista. La conciliazione con la Santa Sede.
Negli anni '20 il fine della politica estera (attuata da Mussolini con collaboratori tratti dalla diplomazia
professionale) era una rivalutazione dell‟azione diplomatica italiana che desse all'ITA maggior prestigio nei
Balcani e nel Medio Oriente.
Nel 1923 la collaborazione tra la diplomazia professionale e Mussolini fu messa a dura prova dall'incidente
di Corfù: crisi italo-greca dopo che banditi locali massacrarono una Commissione militare alleata composta
da italiani e incaricata di tracciare i confini tra la Grecia e l'Albania. Mussolini pose un ultimatum alla Grecia
e ordinò alla marina di bombardare e occupare Corfù alla scadenza dell'ultimatum. Fortunatamente
l'incidente fu superato.
Nuovo corso della politica italiana: Mussolini nel 1922 tentò un‟azione mediatrice tra FR e GB nella
questione delle riparazioni di guerra tedesche e finì con lo stabilire una linea d'intesa con la GB.
Il 27 Gennaio 1924 l'Italia firmò il Trattato italo-jugoslavo con il quale veniva annesso lo Stato libero di
Fiume e si presentava come un completamento di una solida posizione strategica da potenza vittoriosa e
dominante nell'Adriatico.
Dopo il suo discorso del 3 gennaio 1925 annunciante la dittatura nella politica estera; il cambiamento si
manifestò anzitutto nella “fascistizzazione” del personale diplomatico, iniziando dalla sostituzione dei
collaboratori di Mussolini con elementi fascisti come Dino Grandi, nominato sottosegretario degli esteri nel
1925.
Rotti i rapporti di collaborazione con le vecchie classi dirigenti, Mussolini si impegnò in iniziative concrete
nei due settori tradizionali dell‟Africa: Balcani e del Medio Oriente. Questa nuova politica dell'ITA deve
fondarsi su una colonizzazione agricola che dia sfogo alla spinta demografica.
L‟attuazione del nuovo programma iniziò con la conquista della Libia (compiuta dal generale Graziani),
l‟ampliamento della Somalia e la promozione dello status internazionale dell‟Etiopia (entra nel 1923 nella
Società delle Nazioni).
La politica italiana in Etiopia portò allo stabilimento di rapporti diretti con il paese est-africano che ebbero
per interlocutore il Ras Tafari.
Il governo di Addis Abeba accrebbe i suoi rapporti economici più con altri paesi occidentali che con l‟Italia.
Ci fu la ripresa dell'espansione in Albania.
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Il 26 novembre 1926 fu firmato il Patto di Tirana: trattato di amicizia e di sicurezza che stabiliva un
protettorato italiano. Con questo trattato i rapporti italo-jugoslavo subirono un raffreddamento perchè
la Jugoslavia si sentiva accerchiata; contemporaneamente però ci fu anche un raffreddamento dei
rapporti fra ITA e FRA.
Si può parlare di passaggio dell‟Italia fascista nel campo dei paesi impegnati in una politica di revisione dei
trattati di pace? Questo revisionismo fascista aveva caratteristiche particolari:
confermava l‟attenzione preminente di Mussolini alla politica interna, far apparire l‟Italia come una
grande potenza
evidenziava l'intenzione di arrivare a una revisione dei trattati per via pacifica, malgrado una tattica
basata sulle dichiarazioni di “imperialismo verbale” contenuti nei suoi discorsi e su irrigidimenti
minacciosi di fronte a situazioni e crisi, sostituiti da atteggiamenti più concilianti
voleva mantenere l'ITA legata alle potenze alleate senza rinunciare all'appoggio della GB
in Europa si limitò al settore danubiano-balcanico
non significò un avvicinamento alla Germania
non si tradusse in una “politica di partito”
11 febbraio 1929: firma dei Patti Lateranensi tra Mussolini a il cardinal Gasparri (segretario di Stato della
Santa Sede), scelta votata a dare maggior consenso al regime. Chiudono questa fase della politica
internazionale dell'Italia fascista.
Anche in questo caso l'attenzione di Mussolini va anzitutto alla politica interna, ovvero al consenso che potrà
derivare al suo regime, al sollievo che potrà recare a milioni di Italiani cattolici. Con la conclusione dei Patti
Lateranensi Mussolini dimostrò di riuscire la dove molti prima di lui avevano fallito, inoltre il successo si
estendeva a tutti i governi e alle popolazioni cattoliche del mondo.
Ebbero due intenti diversi:
Chiesa: vuole ottenere regolamentazione della sua posizione nel e verso lo Stato entro il cui
territorio risiedeva
Duce: vuole il riconoscimento dello Stato nazionale italiano da parte della Santa Sede
L'11 Febbraio 1929 fu firmato il Trattato [da Mussolini e dal Cardinal Gasparri (Segr. Stato Santa Sede)]:
l'Italia riconosceva la religione Cattolica come la sola religione di Stato, la sovranità della Santa Sede in
campo internazionale, la sua piena proprietà ed esclusiva e assoluta potestà e giurisdizione sovrana sullo
Stato Città del Vaticano, il suo diritto di legislazione attivo e passivo secondo le regole di diritto
internazionale.
Inizia il 24 ottobre con il crollo della borsa di NY, proseguì e si aggravò coinvolgendo e portando al
fallimento banche e imprese americane con conseguenze gravissime sulla produzione e sulla disoccupazione
negli USA e negli altri paesi.
La crisi nella sua manifestazione iniziale del “venerdì nero” di Wall Street aveva cause americane fra
cui la speculazione. Questa crisi aggravò ed estese situazioni create o da problemi politici particolari; o da
debolezze economico-sociali come la depressione agricola; o dalla disoccupazione. Concausa generale fu il
sistema dei pagamenti delle riparazioni tedesche, dei debiti interalleati e dei prestiti post-bellici di tutti i paesi
con gli Stati Uniti. La Germania non pagava gli alleati e questi non pagavano gli USA. Tuttavia non
possiamo attribuire la responsabilità dei susseguenti mali del mondo al crollo della borsa di New York.
Effetti nei vari paesi:
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GB: le conseguenze sull‟economia inglese sopraggiunsero nel mezzo di un processo di
trasformazione dell‟impero- Commonwelth. Dal 1926 la GB acconsente all‟indipendenza interna dei
Dominions. Nel 1930 riconosce loro il diritto a staccarsi dal Commonwelth e nel 1931 il diritto di
annullare le leggi che li riguardavano (approvate da Londra). La GB fu anche costretta alla rinuncia
al libero scambio e al gold standard (convertibilità della sterlina in oro)
GER: la crisi fu terribile e contribuì a creare situazioni di precarietà economica e di incertezza
sociale aprendo la strada all'avvento di Hitler. L‟inizio della grande crisi coincise con la “svolta del
1929” nella politica internazionale del partito nazionalsocialista. La nuova crisi tornava
estremamente utile alla direzione del partito d‟accordo con i comunisti. Ambedue seguivano la teoria
dell‟impoverimento del paese, secondo il quale solo la catastrofe e la distruzione della repubblica
democratica potevano portare a una soluzione. Nelle elezioni del 1930 i nazionalsocialisti ottennero
107 seggi al Reichstag diventando il 2 partito dopo i socialdemocratici. Due anni dopo i seggi
conquistati furono 230 ma non portarono subito Hitler al governo; le elezioni del 6 Novembre (3
elezioni in 14 mesi) registrò un leggero calo del nazionalsocialismo (196) in favore del partito
comunista (100 seggi). 2 mesi dopo Hitler fu designato cancelliere con un governo che aveva 2 soli
ministri nazisti su 12; Hitler scatenò una propaganda contro i comunisti e il 28 Febbraio si fece
conferire dal presidente i pieni poteri.
ITA: reddito nazionale e produzione industriale erano in crescita, mentre il commercio estero era in
declino e la bilancia commerciale sfavorevole. Mussolini voleva mantenere la parità aurea della lira
ricorrendo a interventi governativi che elevarono i dazi sulle importazioni e diedero incentivi alle
esportazioni. Molto grande era anche il problema della disoccupazione.
FR: risentì della grande crisi in ritardo, ma più a lungo. Anno critico fu il 1933 quando la banca di
Francia si oppose alla svalutazione del franco e attuò una politica di dura deflazione che limitava la
produzione agricola e industriale.
GIAPPONE: paese asiatico, occidentalizzato, industriale, sovrappopolato e con un sistema di
governo autoritario. Per quanto riguarda la politica di espansione militare ha inizio prima di quella di
ITA e GE.
In Italia il regime fascista si era instaurato grazie a condizioni storiche che avevano permesso il suo
inserimento, confermato dal trattato di Locarno, conciliazione con la Chiesa Cattolica, intesa con
l'Inghilterra;
invece in Germania il regime nazista conquista il potere sfruttando la Grande Crisi, Hitler incolpa infatti
dell'attuale situazione delle masse, il trattato di Versailles. La Grande Crisi quindi gioca un ruolo
fondamentale nella fondazione del Reich, mentre in Italia Mussolini e il suo regime vengono messi alla
prova dalla Crisi; nonostante tutto le politiche di Germania nazista e Italia fascista per la loro decisione e
parziale efficacia saranno oggetto di studio dei governi delle democrazie (consiglio di dare uno sguardo a
pag. 460 il pezzo scritto in piccolo). Ogni paese cerca a modo suo di attuare una politica di contrasto alla
crisi in modo autarchico. Ciò è evidente soprattutto nei paesi (Ita, Ger e Jap) che non hanno risorse proprie
la capacità produttiva risulta quindi limitata dall‟ineguaglianza della distribuzione delle risorse. Tale
ineguaglianza viene percepita come ingiustizia, accreditando ancora di pià una concezione di un‟opposizione
storica fra nazioni proletarie e plutocratiche. Si tenta quindi di prolungare la pace illusoria promuovendo
misure internazionali per la conservazione della pace.
Il 30 giugno 1932 Hindenburg ottenne una moratoria di un anno dal presidente Hoover per il pagamento dei
debiti di guerra, nel frattempo una commissione internazionale di esperti esaminava la situazione economica
finanziaria della Germania giunse a constatare che il proseguimento dei pagamenti avrebbe compromesso la
stabilità finanziaria tedesca, con conseguenze negative sugli altri paesi; era il primo passo verso la
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soppressione totale delle riparazioni.
Conferenza di Losanna (16 giugno-9 luglio 1932): GE avrebbe pagato ancora 3 miliardi di marchi.
Per quanto riguarda i debiti dei paesi europei verso gli USA nel 1934 si confermò la richiesta del
saldo integrale che però non venne più corrisposto.
2 Conferenze:
9. Londra (1930): sulla riduzione degli armamenti navali
10. Ginevra (1931-1935): sulla regolamentazione e sulla riduzione degli armamenti terrestri e navali.
Uscito dalla Grande Guerra dalla parte dei vincitori, alla Conferenza della Pace il Giappone ereditò le
posizioni imperialistiche della GER in Cina.
Alla Conferenza di Washington era la potenza che più si era preoccupata di accrescere e ammodernare la
sua flotta appoggiandosi:
al Trattato di alleanza con la GB del 1902
al Trattato delle Ventun Domande imposto alla Cina.
A questa Conferenza il Giappone dovette rinunciare al riarmo navale, accettare una consistenza della sua
flotta inferiore a quella di GB e USA e lasciar cadere l'alleanza con la GB e il Trattato della Ventun
Domande. Si garantisce però la neutralizzazione dei territori insulari vicini al suo territorio nazionale.
Nei 10 anni prima della Grande Crisi l'industrializzazione aveva fatto passi da gigante e il Giappone era
diventato un paese creditore. Tuttavia, il sistema bancario era inadeguato, i costi di produzione erano troppo
alti (si scoraggiavano le esportazioni) e i piccoli proprietari agricoli restavano molto poveri.
A tale politica di riarmo del Giappone corrispose un peggioramento delle condizioni di vita della popolazione
che accettò con disciplina le misure di mobilitazione e razionamento delle risorse. Tokyo si trovò in breve a
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dover dipendere dalle stesse nazioni con cui tende a raffreddare i rapporti e con i quali costruirà la “Sfera di
Coprosperità della Grande Asia Orientale” (UK, USA, OLANDA).
Pericolosamente squilibrata sul piano economico il Giappone porta avanti una politica con un contrasto
interno tra Esercito [che voleva una guerra contro la Russia] e Marina [che voleva una guerra contro gli
USA]. La penetrazione giapponese nel continente durante il '37 assumerà caratteri forti in quanto voleva
stabilire un vero e proprio protettorato sulla Cina impedendo di risvegliare il sentimento nazionale dei suoi
abitanti. In quell'anno vengono impegnati 700.000 uomini sul fronte cinese che occuparono Nanchino,
Hankow e Canton spingendosi a nord nella Mongolia interna e nello Shansi. Inoltre nel '36 Germania e
Giappone firmarono il Patto antiKomintern, una direttiva appunto antisovietica e con l'impegno nel
Pacifico antiAmericano c'è da concludere che la politica Giapponese è la più azzardata fra quella delle 3
potenze totalitarie che portano alla seconda guerra mondiale.
6. Espansione delle potenze nazionaliste totalitarie. L'Italia fra Africa orientale e Mediterraneo.
È il generale de Bono a mettere in moto il meccanismo della preparazione della campagna d'Etiopia [inizia
nel 1935].
Nel 1933 Mussolini assume i ministeri della guerra, dell'aeronautica e della marina.
GE tenta di favorire l'avvento di un regime nazista in AU. Fra il 1933 e il 1934 il governo tedesco intensifica
la sua attività di propaganda nazionalistica in AU spingendo il cancelliere Dollfuss ad appellarsi alle altre
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potenze. Nel 1934 GB, FR e ITA esprimono la necessità di una separazione tra AU e GE così, quando i
nazisti austriaci (con appoggio GE) tentarono un colpo di mano e uccisero il cancelliere Dollfuss, Hitler si
trovò di fronte a una rapida confluenza di forze terreste e aeree italiane al confine del Brennero e dovette
rinunciare. ITA conferma l'intesa con GB e FR di mantenere l'indipendenza dell'AU.
GE porta avanti una politica di riarmo nell'anno successivo.
Mussolini voleva l‟appoggio di Inghilterra e Francia per la sua espansione in Africa.
Nel 1935 incontra ministro degli esteri francesi Laval e mostra disponibilità a rinunciare alla Tunisia per un
appoggio in Africa orientale.
Conferenza di Stresa nel 1935 tra GB, FR e ITA: ha per oggetto la situazione in Europa dopo l'annuncio
della politica di riarmo tedesca.
L‟impresa africana era, infatti, definita l‟unico mezzo per uscire dalla crisi economica, ma il vero motivo per
cui Mussolini ci teneva tanto era la potenza e il prestigio della nazione.
Questione dell'Etiopia:
GB invia a Roma Eden (ministro per la Società delle Nazioni) per proporre a Mussolini un compromesso:
l‟Inghilterra avrebbe assicurato uno sbocco sul mare all‟Etiopia se questa avesse ceduto all‟Italia parte
dell‟Ogaden → Mussolini rifiuta.
Secondo compromesso: creazione di un mandato comune sull'Etiopia entro il quale l'ITA avrebbe svolto un
ruolo preminente → Mussolini rifiuta ancora.
Terza proposta: un comitato nominato dalla Società delle Nazioni (sotto la guida di Eden) propone di affidare
a tecnici stranieri designati da Ginevra il compito di riorganizzare l'Impero etiopico e di potenziarne
l'economia → Mussolini non vuole assolutamente!
Conseguenza: 3 ottobre del 1935: Mussolini inizia la guerra contro l‟Etiopia e la Società delle Nazioni
impone gravi sanzioni economiche. GB e FR esclusero sanzioni militari, non adottarono misure di blocco e
non fecero chiudere il Canale di Suez.
L‟11 dicembre Laval e Hoare (ministro degli esteri francese) offrirono a Roma il Tigré, parte della Dancalia e
dell‟Ogaden, mentre l'Etiopia avrebbe ottenuto lo sbocco sul mare. Il piano fallì e i 2 ministri furono
destituiti.
Le truppe dei generali Badoglio e Graziani completarono la campagna militare da nord a sud e il 9 maggio fu
fondato l‟Impero Italiano d‟Etiopia. Furono abolite le sanzioni contro l'ITA.
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7. efficacia della politica economica e del lavoro
8. tensione politica che accompagna l'avvento di Hitler al potere e clima di crociata interna (contro gli
ebrei) ed esterna (contro Versailles)
Aderisce al Patto delle Quattro Potenze, ma si ritira dalla Società delle Nazioni e dalla Conferenza sul
disarmo di Ginevra.
C'è una rottura della linea di revisionismo graduale e pacifico di Stresemann.
Successi di Hitler:
26 gennaio 1934 firma un patto di non aggressione con la Polonia (durata di 10 anni)
riannette, dopo un plebiscito trionfale, la Saar alla Germania (1935)
inizio del riarmo: ricostruzione dell'aviazione militare e reintroduzione del servizio militare
obbligatorio
Sconfitte:
fallisce il tentativo di colpo di Stato da parte dei nazisti austriaci perchè il cancelliere Dollfuss
(assassinato) fu sostituito da Schuschnigg e la milizia governativa ristabilì l'ordine a Vienna.
Accordo GB-GE: GE potè ricostruire le forze navali e avere la parità per quanto riguardava i sommergibili.
La rottura tra le potenze occidentali e l‟ITA causata dalla guerra d‟Etiopia fa sì che Mussolini si avvicini alla
Germania.
GE annuncia nel 1936 l'occupazione della Renania e stipula un accordo con AU in cui veniva riconosciuta la
piena sovranità della Repubblica Austriaca che a sua volta si impegnava a mettere in libertà un certo numero
di nazisti austriaci.
Belgio dichiara la sua indipendenza perchè non vuole essere coinvolto in un eventuale conflitto FR-GE.
GE: Nuovo Piano del 1934: assicura al paese materie prime e prodotti alimentari e si ricerca un'autarchia
economica interna.
1937:
prosecuzione della guerra civile spagnola
Giappone si espande in Cina
pausa nell'espansione della GE
Nel 1938 GE impose ad AU di accettare come capo della polizia il nazionalsocialista Seyss-Inquart. Fu
imposto a Schuschnigg di dimettersi e lasciare il posto a Seyss-Inquart. Il presidente della repubblica Miklas
si oppose finchè Seyss-Inquart prese il controllo della cancelleria e chiamò le truppe tedesche che
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attraversarono la frontiera → una legge AU e una GE sanzionarono l'unione dell'AU al Terzo Reich. Nel
1939 ci fu un accordo ITA-GE con cui si dava agli abitanti di Bolzano la possibilità di trasferirsi oltralpe e
prendere la cittadinanza tedesca.
La mossa successiva fu il recupero delle popolazioni tedesche immigrate e mirava all‟annessione al Terzo
Reich delle popolazioni tedesche immigrate nell'AU e poi passate sotto la sovranità della Repubblica
cecoslovacca.
Il fronte patriottico dei Sudeti con Henlein, dal 1937, mirava ad annettere alla GE le regioni della Rep.
Cecoslovacca confinanti con la GE. GB propone la sua mediazione, mentre ITA aderisce all'iniziativa. Hitler
denuncia l'oppressione cecoslovacca sui tedeschi dei Sudeti e minaccia la guerra. Si decise di sottoporre i
Sudeti ad un plebiscito, mentre la GE evitava interventi militari. GB disse che, se GE fosse scesa in campo,
avrebbe appoggiato la FR in difesa della Cecoslovacchia.
Conferenza di Monaco: Hitler potè occupare la zona dei Sudeti.
La tregua di Monaco fu comunque illusoria e di breve durata; 3 settimane dopo Hitler diede istruzioni per la
liquidazione militare del resto della Cecoslovacchia. Fece trattative con il governo cecoslovacco (con
monsignor Tiso), ma fallirono. Hitler minaccia Tiso di abbandonare la Slovacchia e induce il Parlamento a
proclamarne l'indipendenza. Il presidente cecoslovacco Hodza affida la Cecoslovacchia alla GE → Praga è
occupata e si forma (sul resto della Cecoslovacchia) il Protettorato del Reich sulla Boemia e Moravia.
8. Le alleanze delle potenze nazionaliste totalitarie. La guerra di Spagna e il patto di non aggressione
tedesco-sovietico.
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L'ITA è il primo posto negli interventi: invia al generale Franco 3 divisioni di camicie nere della Milizia ma
anche reparti dell'esercito e dell'aviazione, mentre la marina si impegna nelle acque del Mediterraneo
occidentale. Mussolini non vuole che prevalga in SPA un governo di Fronte popolare che alteri l'equilibrio
politico del Mediterraneo.
GE nutre un interesse ideologico-politico alla vittoria del franchismo, un interesse economico ad ottenere da
tale vittoria condizioni privilegiate per lo sfruttamento dei minerali di ferro, manganese e rame che le
tornerebbero utili per il suo riarmo; è infine mossa da un interesse militare a sperimentare le capacità dei suoi
tecnici, aviatori e artiglieri.
URSS conduce un intervento limitato, ma molto importante perchè è il primo intervento di EU occidentale.
Prende posizione per il governo repubblicano, ma gli invia solo alcuni commissari politici per le sue
formazioni militari, pochi aerei e piloti e qualche contingente di limitata entità. Ha interesse a mantenere la
tensione internazionale lontano dalle sue frontiere.
In GB i conservatori sono favorevoli ai nazionalisti e contrari al governo di Fronte popolare e i laburisti sono
favorevoli ai repubblicani. La GB comunque non interviene.
Il generale Franco fra il 1938 e il 1939 prende l'offensiva e travolge la resistenza repubblicana. FR e GB
riconoscono il governo franchista.
Dopo l'occupazione di Praga Chamberlain denuncia l'impossibilità di venire a patti con Hitler e la FR lo
seguì. FR e GB annunciarono che sarebbero intervenute con le armi in caso di aggressione tedesca ai paesi
minori dell'EU occidentale (BE, Olanda e Svizzera). In accordo con la FR, la GB avrebbe dato aiuto alla
Polonia in caso che il governo di Varsavia ritenesse minacciata la sua indipendenza e decidesse di resistere.
GB e FR promisero anche di assistere la Grecia minacciata dall'occupazione ITA dell'Albania.
Le preoccupazioni dell'URSS furono accresciute dalla denuncia da parte di Hitler del patto tedesco-polacco
stipulato dopo l'avvento del Terzo Reich: GE chiede un passaggio attraverso il territorio polacco che le
permetta di ricongiungersi con la Prussia orientale a Danzica.
La GB cerca l'adesione dell'URSS che si dichiara disponibile a un accordo di garanzia con le potenze
occidentali. Questo avrebbe dato una possibilità operativa all'Armata rossa nell'EU orientale.
Patto di non aggressione Ribbentrop-Molotov (23 agosto 1939 fra URSS e GER): impegno delle
2 parti a non appoggiare alcuno Stato in guerra con una di esse. Art. 2: se una delle 2 parti contraenti
è oggetto di azioni belliche, l'altra non darà appoggio a questa altra potenza. L'impegno vale solo nel
caso in cui l'alleato sia attaccato senza provocazione. L'URSS promette alla GE la neutralità se
avesse attaccato la Polonia. Il programma di espansione congiunta delle 2 potenze era contenuto in
un protocollo segreto aggiuntivo che prevedeva la ripartizione degli Stati baltici e della Polonia,
rinviando la questione se gli interessi delle 2 parti rendono desiderabile il mantenimento di uno Stato
polacco indipendente e quali confini dovrebbe avere tale stato. Hitler fissò l'attacco alla Polonia per
3 giorni dopo e propose a Londra un accordo su una suddivisione del mondo in sfere d'influenza
promettendo l'integrità della GB se la GE avesse avuto mano libera in Polonia. La GB fa con la
Polonia un patto di assistenza.
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CAPITOLO 18 – La seconda Guerra Mondiale.
La seconda guerra mondiale fu determinata dall‟iniziativa del Terzo Reich. Hitler pensava di attaccare la
Polonia mantenendo la guerra circoscritta a quell'area, ma percepì presto il rischio di intervento delle potenze
occidentali e degli USA.
La GE da un lato potè contare su una macchina da guerra molto efficiente, ma fu condizionata dalla fede di
Hitler e dei suoi più stretti collaboratori di partito nell'idea nazi-fascista. Inoltre sopravvalutò le sue stesse
forze e quelle dell'ITA. Sottovalutò poi la resistenza delle democrazie e la capacità di resistenza del regime di
Stalin in RU (rafforzata e rivoluzionata). Il Giappone ebbe un ruolo centrale; applicò contro gli USA il
metodo dell'attacco improvviso, fece precipitare l'intervento americano facilitando al presidente Roosevelt il
compito di far intervenire gli USA e affrettò il momento in cui essa si trasformò in una macchina da guerra.
1. L‟iniziativa della Germania nazista: dalla spartizione della Polonia al crollo della Francia
L'1 settembre 1939, la GE attacca la Polonia. Varsavia respinge la proposta di Mussolini di una conferenza
internazionale per salvare la pace. La FR decide la mobilitazione generale. Il 3 settembre gli ambasciatori di
FR e GB presentano a Berlino gli ultimatum a cui seguirono le dichiarazioni di guerra.
Per occupare la Polonia i tedeschi utilizzano la strategia già collaudata del Blitzkrieg (attacco combinato di
aerei e carri armati).
Di fronte alla rapida avanzata tedesca interviene la Russia che vedeva sorgere pericoli per le popolazioni
bielorusse e ucraine. Fra le zone d'occupazione della GE e dell'URSS venne stabilita la linea di separazione: i
territori del Secondo Reich a est e Danzica vennero reintegrati nella GE; mentre il resto del territorio polacco
venne posto sotto il governatore tedesco. La linea di separazione fra i 2 eserciti attraversava Varsavia.
Il 28 settembre viene firmato a Mosca un accordo GE-URSS che stabiliva la spartizione della Polonia. I
sovietici cedono ai tedeschi parte del territorio polacco e in cambio ottengono larghi compensi nell‟area
baltica e anche Lituania, Lettonia e Estonia. Gli Stati Baltici cedono all'URSS l'uso di basi navali e
accolgono contingenti dell'URSS sui loro territori. Contro la Finlandia denuncia il trattato di non aggressione
e si impegnò in una guerra di conquista. Il governo finlandese firma nel 1940 un trattato di pace con cui
rinuncia ad alcuni territori, ma salva il nucleo dello Stato nazionale finlandese.
GE e URSS fanno una dichiarazione comune rigettando sulle democrazie le responsabilità della guerra. Le
due economie erano complementari. Le due situazioni complementari potevano trarre vantaggio l'una
dall'altra: quella sovietica dal cercar di ottenere l'aiuto tedesco per sopperire alle deficienze dimostrate nella
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guerra con la Finlandia; quella tedesca dal fatto che l'URSS era impegnata nel crearsi una zona d'influenza
nell'EU orientale-settentrionale.
Nel 1940, FR e GB comunicano alla Norvegia che collocheranno mine nelle sue acque territoriali, la GE
occupa Oslo e la Danimarca e stabilisce il controllo sulla Norvegia. L'Islanda si stacca dalla Danimarca,
forze tedesche entrano in Belgio e Olanda. In GB Chamberlain si dimette e Churchill forma un governo di
coalizione nazionale (conservatori, laburisti e liberali).
La GE occupa i paesi minori dell'EU settentrionale e occidentale e si scaglia contro l'esercito francese e il
corpo di spedizione britannico in Normandia. Il Belgio si arrese. L'avanzata tedesca in FR oltrepassa le
Somme e occupa Parigi.
Mussolini interviene in guerra al confine alpino. Churchill fa al governo francese la proposta di stabilire
un'unione politica fra i 2 paesi che non trova rispondenza in FR. I plenipotenziari francesi, dopo che salì al
governo Pétain, il 22 maggio firmano a Rethondes un armistizio. Tutta la FR settentrionale e la costa
atlantica fino al confine spagnolo rimangono sotto l'occupazione tedesca, mentre la flotta sarà disarmata.
Nella FR non occupata, Pétain stabilisce un governo con capitale Vichy. L'armistizio con l'ITA stabilisce
l'occupazione da parte italiana del territorio francese in cui le truppe italiane sono avanzate e la
smilitarizzazione delle basi navali nella FR mediterranea e nell'Africa settentrionale francese.
La GB con la Royal Navy attacca e distrugge la parte della marina francese dislocata in una base marocchina
per paura che la flotta cada nelle mani dei tedeschi.
2. Il Nuovo Ordine hitleriano in Europa e i suoi limiti: dalla battaglia d‟Inghilterra a Stalingrado,
1940-1942.
GB: isolata e poteva attendersi attacchi sia al suo territorio nazionale sia all'impero britannico in Africa e
Asia. Nell'estate del 1940 l'ITA gli aveva dichiarato guerra e voleva distruggerla in Egitto e nel
Mediterraneo. L'URSS riforniva di materiali bellici la Germania di Hitler. La Spagna poteva entrare in guerra
da un momento all‟altro. La FR di Petain poteva essere costretta a dichiarare guerra all‟Inghilterra in
qualsiasi momento.
L‟Inghilterra aveva tuttavia alcuni vantaggi: la sua posizione insulare, la Royal Air Force, la Royal Navy,
l'appoggio morale e il sostegno economico e militare dei paesi del Commonwealth, la coscrizione militare
obbligatoria e il legame con l'India. Molto importante fu anche la guida di Churchill.
GE: sottoponeva i regimi occupati a sistemi di controllo diretti o indiretti (attraverso partiti nazionalsocialisti
locali); a tutto ciò si aggiungeva anche lo sfruttamento delle risorse economiche e umane.
molto facile fu la realizzazione di questi intenti in Polonia, Norvegia e Paesi Bassi dove i governi si
erano rifugiati a Londra
nella FR non occupata il regime di Vichy con Pétain era il governo legale, ma le autorità tedesche
intervenivano anche qui
il territorio polacco era sottoposto ad un regime di amministrazione diretta che si distingueva per
l'istituzione di 2 categorie di cittadini con diritti civili diversi (minoranza tedesca e maggioranza
polacca); mentre ebrei e rom erano privi di diritti
Romania: con il Patto tedesco-sovietico del 1940 cede all'URSS la Bessarabia e la Bucovina
settentrionale, rinuncia alle annessioni territoriali ottenute alla fine della prima guerra mondiale,
introduce una legislazione antisemitica e accetta l'occupazione militare della GE
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Attacco alla GB: operazione Leone Marino. Quest'operazione avrebbe dovuto coordinare le azioni
dell'aviazione, della marina e dell'esercito per uno sbarco in GB. Dall‟agosto al settembre 1940 si
verificheranno pesanti bombardamenti da parte della Luftwaffe per preparare l‟attraversamento della Manica
da parte delle truppe tedesche. Viene inaugurato nella storia militare il bombardamento diretto ai civili (lo
ritroveremo a Dresda, Hiroshima e Nagasaki), Londra viene duramente colpita ma la Royal Air Force resiste
e infligge dure perdite alla Luftwaffe. Hitler comunica che “non ci sono i presupposti per l‟operazione leone
marino”.
Nel settembre 1940 viene firmato il Patto Tripartito tra Germania, Italia e Giappone:
i 3 stati si sostengono e collaborano l'uno con l'altro nell'azione che essi svolgono in Asia Orientale
10. art. 1: il Giappone rispetta in compito di GE e ITA per lo stabilimento del nuovo ordine in EU
11. art. 2: GE e ITA riconoscono e rispettano il compito del Giappone nello stabilimento di un nuovo
ordine in Asia Orientale
12. art. 3: le 3 potenze vengono in aiuto della potenza che fra esse viene attaccata da una potenza non
coinvolta nella guerra europea
13. art. 5: non si modifica lo status politico esistente fra l'URSS e le parti contraenti.
Nel periodo trascorso fra il crollo della FR e l'inizio dell'attacco all'URSS la GE fu impegnata a sostenere
l'ITA a sud.
Mussolini temeva di vedere la Germania “unica vincitrice della guerra”, questo lo spinse ad atti poco
prudenti e spesso dannosi per le forze armate italiane; si arrivò così alla prima conferenza militare italo-
tedesca di Innsbruck in cui la GE dichiarò il proprio disinteresse per il mondo arabo mediterraneo di cui si
doveva occupare l'ITA.
L'avanzata in Africa settentrionale porta l'ITA a penetrare in Egitto dove fu fermata dalla GB che con gli
australiani contrattaccavano avanzando in Cirenaica fino a Tobruk. ITA contro la Grecia nell'ottobre del
1940 → riunione a palazzo Venezia fra Mussolini, Ciano e il governatore dell'Albania condanna
l'irresponsabilità con cui fu preparata questa impresa. Dopo alcuni iniziali successi le divisioni del generale
Visconti Prasca furono ricacciate indietro e il maresciallo Badoglio fu sostituito dal generale Cavallero nella
carica di capo di Stato maggiore. Mussolini decise quindi di chiedere aiuto a Hitler che dovesse assumersi
anche questo peso.
Si prepara un attacco contro la Grecia attraverso la Bulgaria, anche se nel 1941 la pressione tedesca si
esercita soprattutto sulla Jugoslavia. Si convince il reggente Paolo ad aderire al Patto Tripartito provocando a
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Belgrado un colpo di Stato che porta al trono re Pietro. La GE invade la Jugoslavia con l'aiuto di ITA e
Ungheria. La GE annette la Stiria e la Carniola, l'ITA occupa Lubiana e Dalmazia e l'Ungheria occupa
Banato. Croazia e Montenegro sono indipendenti e sotto la protezione ITA. L'Albania ottiene parte della
Macedonia, mentre l'altra tocca ai Bulgari.
Nella campagna di Russia nell'estate del 1941 si impose la guerra lampo. La guerra era favorevole ai
tedeschi, ma l'avanzata rallentò sotto il peso dell'autunno che riempì le pianure russe di fango ostacolando il
funzionamento dei mezzi corazzati. Nella primavera del 1942 la GE si trovò di fronte a grossi problemi
tecnici: l'impossibilità di disporre di effettivi sufficienti e la riduzione della potenza di fuoco. Nell‟area sud,
dove era presente tra l‟altro l‟Armir (Armata italiana in Russia), i vertici militari cercarono di concentrare
l‟offensiva per raggiungere le zone petrolifere cecene. La piazzaforte sovietica di Sebastopoli resse e la
campagna di Russia fu fermata dalla battaglia di Stalingrado iniziata a settembre e finita il 2 febbraio 1943.
Inizia qui l‟inversione di tendenza nelle sorti della guerra.
Vinta la battaglia d‟Inghilterra, Churchill si impegna nel riarmo, inizia un controllo delle rotte marittime da e
per le isole britanniche, mobilita il Commonwealth e l'impero e coinvolge gli USA.
Mentre nell‟autunno del 1940 i bombardamenti tedeschi continuavano (ormai senza l‟intenzione di uno
sbarco), la GB era intenta a proteggere i convogli che arrivavano e partivano dai porti britannici, va detto
anche che, nonostante le gravissime perdite inglesi, le vittorie tedesche sul continente misero a disposizione
degli inglesi un ampio numero di navi polacche, olandesi, francesi, norvegesi, greche. La Germania dal conto
suo aveva disponibilità di sommergibili e di agevoli “corazzate tascabili”.
Nel Mediterraneo inizialmente la marina dell'ITA aveva posto la flotta GB sulla difensiva. La GB sgombra la
base di Malta e costituisce 2 squadre: una a Gibilterra, l'altra ad Alessandria per la scorta dei convogli che
viene all‟occorrenza divisa in due pezzi l‟uno sotto la protezione della prima squadra l‟altro sotto la
protezione della seconda, tutto il percorso è così garantito.
Nel giugno del 1941 Hitler da inizio all'operazione Barbarossa contro l'URSS.
La sola possibilità per i britannici di vincere la guerra era quella di coinvolgere gli amici americani,
Roosevelt era personalmente convinto di dover aiutare il fronte delle democrazie, anche se nel congresso di
Washington restavano ancora parecchie resistenze isolazioniste. Già il 2 settembre 1940 vi era stato un
accordo anglo-americano sulla cessione di cacciatorpediniere ai britannici in cambio dell‟acquisizione di basi
nei Carabi, nelle Bermuda e a Terranova. Nel 1941 ci fu anche la legge Affitti e Prestiti che autorizzava il
presidente ad aiutare con prestiti, affitti e scambi i paesi la cui difesa era importante per la difesa degli USA.
Dopo il crollo della Francia il congresso stanziò 17 miliardi di dollari in spese militari e fu reintrodotta la
coscrizione militare obbligatoria, nello stesso tempo, attraverso la conferenza inter-americana dell‟Avana, gli
americani ottennero l‟impegno di tutti gli stati dell‟emisfero occidentale ad impedire qualsiasi cambiamento
nelle colonie di stati europei nelle Americhe e a considerare un‟aggressione contro uno di essi
un‟aggressione contro tutti.
81
Già nell‟aprile del 1940 per questioni difensive gli USA avevano occupato la Groenlandia e sostituito la GB
in Islanda.
La GB era disposta a coordinare i suoi sforzi difensivi con quelli dell'URSS. Quando l'attacco tedesco ebbe
inizio il primo ministro britannico dichiarò che la GB si sentiva coinvolta nella causa della difesa dell'URSS.
Appena la Russia fu attaccata l‟Inghilterra inviò Sir Stafford Cripps che propose a Stalin due accordi:
11. uno di natura militare che prevedeva l‟esclusione di un armistizio o pace separata di ciascuno dei
due paesi (GB e URSS) con la Germania
12. uno politico che per il momento non fu portato avanti.
Stalin mando in seguito un messaggio in cui chiedeva che l‟Inghilterra aprisse un nuovo fronte in FR o
nell‟Artico. La GB si impegnò nel garantire una rotta artica che stabilisse un canale di comunicazione con
l'URSS; GB e USA decisero che fosse data la precedenza all'URSS negli aiuti offerti dagli USA a norma
della Legge Affitti e Prestiti.
Il progresso più importante nella creazione della Grande Alleanza fu la pubblicazione da parte di Churchill e
Roosevelt della Carta Atlantica che sarà la premessa ideologica e programmatica dell‟istituzione dell‟ONU.
L'8 dicembre del 1941 ci fu l'attacco del Giappone alla base americana di Pearl Harbour; questo provocò la
dichiarazione di guerra della GB al Giappone e quella di GE e ITA agli USA. La dichiarazione delle Nazioni
Unite del 1° gennaio 1942 associò circa 25 paesi tra cui l‟URSS agli scopi di guerra della Carta Atlantica. Le
Nazioni unite nascevano così come alleanza di guerra contro le potenze del Patto Tripartito. La Carta
Atlantica tuttavia trasmette alle Nazione Unite impegni precisi riguardanti la rinuncia ad annessioni e
l‟autodeterminazione dei popoli, l‟URSS a questo proposito risulta disposta (pur di cacciare i tedeschi dal
suo territorio) ad accettare questi principi.
Il 26 maggio 1942 viene firmato il trattato di alleanza tra URSS e GB (promosso e ottenuto da Eden); i
rapporti tra Stalin e Churchill in questa occasione diventano meno formali e più amichevoli. Va tuttavia
ricordato che nonostante queste parole l‟alleanza con i sovietici continuò ad essere dominata da diffidenza.
L‟8 novembre 1942 inizia l‟operazione Torch in nord-Africa (tre sbarchi alleati a Casablanca, Orano e
Algeri) con l‟idea di colpire alle spalle tedeschi e italiani e di spaventare la Spagna di Franco inducendola a
non intervenire. (Alcuni problemi si ebbero con la FR di Vichy che sulle sue coste nordafricane era disposta
ad accettare gli americani ma non gli inglesi).
In nord-Africa gli alleati dovettero fronteggiare un maestro della guerra nel deserto come Rommel, che portò
le truppe dell‟Asse a 60 km da Alessandria. Sul fronte anglo-americano fu dato l‟incarico al generale
Montgomery che riuscì, a far ripiegare le truppe dell‟Asse presso El Alamein. Le operazioni si prolungarono
fino alla resa definitiva del 13 maggio 1943.
L‟annuncio a Hitler della sconfitta si sommò ben presto a quello del cattivo andamento delle operazione sul
fronte di Stalingrado, in cui i tedeschi verranno definitivamente sconfitti il 2 febbraio del 1943. Oltre a questi
dati è da sottolineare che in questo periodo inizia la riscossa aeronavale americana nel Pacifico. E‟ qui che
emerge l‟inversione di tendenza nell‟andamento della seconda guerra mondiale (tra la fine del 1942 e la
primavera del 1943).
Con la Conferenza di Casablanca iniziata il 14 gennaio 1943 si decide di portare avanti la guerra fino alla
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resa incondizionata di GE, Giappone e ITA. Fu invitata alla Conferenza anche la FR di de Gaulle.
Verso maggio gli anglo-americani decisero di continuare l‟operazione Torch sbarcando non solo in Sicilia,
ma anche nell‟ITA continentale. Roma fu bombardata in estate e Mussolini il 25 luglio 1943 fu sfiduciato dal
Gran Consiglio del Fascismo, aprendo la strada al governo Badoglio il quale il 3 settembre 1943 firmò
l‟armistizio a Cassibile. L'8 settembre l'armistizio fu reso noto dal comando alleato. Gli USA
procedevano allo sbarco di Salerno, la GB si trasferiva in Calabria e i tedeschi del nord occupavano il
territorio ITA fin oltre Napoli.
4. Verso la vittoria della Grande Alleanza: dal “precedente italiano” al secondo fronte.
Nonostante la caduta dell‟Italia e gli altri successi sul campo militare la prima metà del 1943 fu il periodo in
cui gli alleati si intesero meno a causa di sospetti di trattative segrete col Reich e di altre iniziative
diplomatiche segrete relative a paesi neutrali.
Il Foreing Office britannico prevedeva un metodo unitario (attraverso un memorandum) per affrontare i
problemi del crollo degli avversari europei della Grande Alleanza, indipendente dalle truppe che avrebbero
liberato un territorio tutti gli alleati avrebbero partecipato in condizioni di eguaglianza alla stesura
dell‟armistizio, posizione giustificata dal fatto che l‟Inghilterra essendo una potenza che faceva affidamento
principalmente sulle forze navali e aeree avrebbe potuto inserirsi nelle vittorie degli altri eserciti terrestri,
oltre a questo si temeva una politica autonoma dell‟URSS al momento della resa dei paesi dell‟Europa
orientale.
Emerge il fatto che i russi non sono stati coinvolti nel sistema di governo alleato introdotto nella penisola
italiana (lasciata in mano anglo-americana) generando così una premessa storica per quella che sarà la
politica delle sfere d‟influenza. I sovietici continuano ad insistere su una loro partecipazione al regime di
armistizio italiano.
Tra il 18 ottobre e il 1° novembre 1943 si terrà a Mosca la prima conferenza dei ministri degli esteri della
Grande Alleanza; le richieste russe furono indirizzate all‟apertura da parte anglo-americana del secondo
fronte in Francia. Il risultato della conferenza fu la creazione di una Commissione consultiva europea
incaricata di studiare una politica di occupazione comune della Germania, non si ipotizzarono soluzioni
comuni né in Europa orientale né in Italia; la conferenza fu resa più amichevole dalla conferma della
prossima apertura di un secondo fronte in Francia.
Tra il 27 novembre e il 1° dicembre 1943 si ebbe la conferenza di Teheran, cui parteciparono Stalin,
Roosevelt e Churchill. Questa conferenza è considerata l‟apogeo della Grande Alleanza. L'argomento
dominante fu il prossimo sbarco degli alleati in Francia; il che significava che Churchill aveva rinunciato a
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dare la preminenza al fronte del Mediterraneo. Tra i problemi affrontati emersero: la questione polacca, la
questione tedesca, la struttura delle Nazioni Unite e l‟assetto dell‟Asia Orientale.
Polonia: principale problema dell‟URSS. Roosevelt si tenne fuori dall‟intervenire nella questione per
il fatto che nel 1944 si sarebbero tenute le elezioni presidenziali e il voto polacco-americano avrebbe
potuto risentirne. Pare che il futuro stato polacco sarebbe stato spostato più ad ovest, in territorio
tedesco, mentre le sue parti orientali sarebbero finite sotto controllo sovietico
assetto della Germania: affrontato in modo più incerto e ambiguo. Pare che Stalin fosse più
spaventato da una Germania nuovamente forte rispetto al rischio di un vuoto di potenza nel cuore
dell‟Europa. Gli americani proposero una Germania divisa in 5 stati autonomi e le aree strategiche
controllate dalle Nazioni Unite; gli inglesi invece preferivano una Germania divisa in tre stati, di cui
uno la Prussia. L‟URSS si disse genericamente d‟accordo con lo smembramento della Germania
questione delle Nazioni unite: affrontata in modo generico contribuì a calmare gli animi degli alleati
problema dell‟Asia orientale: fece nascere gli equivoci maggiori: Roosevelt e Churchill avevano
avuto un incontro al Cairo con Chiang Kai-shek da cui nacque una dichiarazione tripartita in cui
emergeva
la prosecuzione della guerra contro il Giappone che avrebbe dovuto rinunciare alla Corea e ai
territori ex tedeschi
la restituzione alla Cina di Taiwan e della Manciuria.
La Russia rivendicava allo stesso modo l‟accesso ai “mari caldi” non indicando se si riferiva agli stretti
turchi o all‟estremo oriente.
Anche nel vicino oriente la situazione non allontana gli equivoci: l‟Inghilterra apparentemente si diceva
disponibile verso la Russia sulla questione degli Stretti. Per quanto riguarda l'Iran viene emanata una
dichiarazione tripartita in cui si afferma il desiderio di mantenere l'indipendenza e l'integrità territoriale del
paese.
E‟ importante sottolineare che molte decisioni che si crede siano state prese a Yalta in realtà sono state prese
a Teheran. Tra Teheran e Yalta lo svolgimento delle operazioni militari ha tuttavia influito non poco sulla
fisionomia della situazione internazionale: l‟armata sovietica avanzava rapidissimamente nell‟inverno 1943-
1944 e la guerra nel Pacifico (Giappone contro USA) aveva subito una svolta decisiva grazie al generale Mac
Arthur. In ottobre Mac Arthur era entrato nel perimetro difensivo giapponese che dovette essere ri-tracciato
dai capi militari di Tokio. Nel 1944 i giapponesi si scontrano con gli americani nella battaglia aeronavale
delle isole Marianne (USA vince!).
Nel frattempo, il 6 giugno 1944, inizia l‟operazione Overlord grazie alla quale verrà liberata Parigi (24-25
luglio). De Gaulle vi insedierà il governo provvisorio, la Francia venne anche accolta nella Commissione
consultiva per l‟Europa. A questo seguì la firma di un trattato che impegnava FR e URSS contro la GE subito
e in avvenire.
Churchill stipulò con la Russia l'accordo anglo-russo sui Balcani del 9 ottobre secondo cui anglo-americani e
russi avrebbero dovuto stabilire precise percentuali di influenza nei vari paesi.
Si vuole distogliere i russi dal comunistizzare i territori che controllavano militarmente. Si vuole evitare che i
sovietici favoriscano i comunisti locali in Bulgaria, Ungheria e Romania.
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5. La vittoria della Grande Alleanza: da Yalta a Hiroshima.
Tra il 6 e l‟11 febbraio 1945 a Yalta, si ebbe il secondo ed ultimo incontro fra i tre leader della Grande
Alleanza: Churchill, Stalin e Roosevelt.
La conferenza ebbe una durata forse troppo breve (una settimana) per essere considerata una conferenza di
pace. Altro limite risiedeva nel fatto che l‟atmosfera amichevole del “noi tre” non fosse attribuibile anche ai
ministri e ai generali, i “tre” tra l‟altro erano anziani e molte questioni venivano affidate a collaboratori;
molte importanti questioni, in particolare relative all‟Europa orientale, furono lasciate in sospeso.
Nell'Europa orientale la situazione era favorevole ai sovietici, ma dopo aver occupato tutta la regione dal
Baltico alla Grecia l'avanzata si arresta.
In FR gli occidentali avevano stabilito il secondo fronte procedendo dalla Normandia verso il territorio del
Terzo Reich, ma avevano subito una grande offensiva sulle Argonne.
Sul fronte italiano la strategia difensiva del generale Kesselring sulla Linea gotica aveva costretto gli alleati a
mettersi sulla difensiva.
Sul fronte del Pacifico-Asia orientale Mac Arthur aveva compiuto grandi progressi contro il Giappone, ma
Roosevelt era preoccupato che l'esercito giapponese opponesse una resistenza accanita.
I 3 Grandi vollero affrontare nuovamente i problemi delle Nazioni Unite, della GE e della Polonia.
A livello internazionale Roosevelt si convince che solo istituendo l'ONU avrebbe potuto indurre i suoi
compatrioti a far partecipare stabilmente gli USA alla politica internazionale post-bellica. Venne precisata la
composizione e il sistema di voto del Consiglio di Sicurezza. L‟Inghilterra dal canto suo, mentre la Russia
rinunciava nell‟assemblea generale ad avere tanti voti quanti le repubbliche sovietiche, riusciva ad ottenere
che nessuna decisione fosse presa contro gli imperi coloniali, in questo campo a Yalta fu introdotta la
sostituzione dei vecchi mandati della società delle nazioni con i fiduciariati delle Nazioni Unite.
Rilevante la questione dello smembramento tedesco: a Teheran Roosevelt, Churchill e Stalin si erano
pronunciati per uno smembramento del Reich che impedisse un nuovo accentramento delle sue forze di
aggressione. A Yalta Churchill si preoccupava di come sarebbe avvenuta l'occupazione alleata del territorio
tedesco. La prospettiva di un vuoto di potere preoccupava anche Stalin che si accingeva ad occupare la
Germania orientale in modo da ampliare la fascia territoriale che separava la Russia dall‟Occidente. La
Francia in questa occasione riemerse come grande potenza con l‟offerta di partecipare con gli altri tre
membri (GB, USA e URSS) all‟occupazione della Germania.
In relazione alla Polonia si sottolineò la necessità di dare un governo al paese “su basi più ampie” facendo
chiaro riferimento alla necessità di fondere il governo messo in piedi dalle autorità di occupazione (formato
dal cosiddetto comitato di Lublino, un gruppo di esponenti non di primo piano del partito comunista polacco)
con il governo polacco in esilio a Londra (conservatore). Quanto alle frontiere Roosevelt si rivelò favorevole
a che quelle orientali corrispondessero alla linea Curzon. Churchill avrebbe voluto una frontiera più a est, ma
Stalin si oppose. Roosevelt e Churchill e Stalin si impegnarono a far sì che il governo provvisorio di unità
nazionale tenesse al più presto libere elezioni alle quali avrebbero potuto presentare i propri candidati tutti i
partiti democratici e antifascisti.
Nella Dichiarazione sull'Europa Liberata (documento più importante emerso dalla conferenza; garantiva
l'assistenza ai paesi liberati e l'appoggio per istituirvi governi democratici sorti da libere elezioni) si nota il
ricorrente utilizzo in questa dichiarazione di termini come “libere elezioni”, “partiti antifascisti”, “istituzioni
democratiche”, “volontà popolare” che erano del tutto aperti agli equivoci sulle loro possibili interpretazioni.
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Nel “fronte del Pacifico” la guerra era giunta ad una fase decisiva, a Yalta Roosevelt chiederà l‟intervento
sovietico contro il Giappone per risparmiare vite americane. L‟URSS rivendicava in cambio del suo
intervento l‟accesso ai mari caldi. A questo proposito il dibattito è aperto: pare vi possa essere stato un
cedimento americano, verso le richieste russe, a causa del quale fu firmato tra statunitensi e sovietici un
accordo (senza la presenza di Churchill) a scapito degli interessi cinesi. L‟accordo avrebbe avallato il
riconoscimento delle posizioni ottenute dalla Russia zarista in Cina e poi cedute al Giappone.
Fatto sta che l‟11 febbraio fu firmato una accordo (anche da Churchill) che prevedeva:
1) Mantenimento status quo nella Mongolia esterna
2) Ripristino di antichi diritti della Russia violati dalla perfida aggressione giapponese del 1904 e cioè:
a) restituzione all‟Unione Sovietica della parte meridionale dell‟isola di Sakhalin e di tutte le isole
vicine
b) internazionalizzazione del porto di Dairen con la salvaguardia degli interessi sovietici, ripristino
dell‟affitto di Port Arthur come base militare sovietica.
c) sfruttamento comune della ferrovia cino-orientale e della ferrovia della Manciuria meridionale
attraverso una compagnia mista cino-sovietica
3) Consegna delle isole Kurili all‟Unione Sovietica.
Tra gli equivoci di Yalta vi è ovviamente quello relativo alla “spartizione del mondo”, che verrà a crearsi in
modo progressivo e complesso. A questo proposito De Gaulle chiarirà che la Franca considerava “nullo e non
avvenuto qualsiasi accordo che metta in discussione l‟indipendenza dei paesi europei”.
Dopo Yalta la guerra proseguì verso la vittoria degli alleati. In ITA gli anglo-americani passarono il Po e il 29
aprile capitolarono le forze tedesche a sud delle Alpi. Sul fronte tedesco gli occidentali, superato il Reno,
puntarono verso la Germania centrale, mentre i sovietici il 19 aprile iniziarono l'accerchiamento di Berlino
che si arrese il 2 maggio dopo il suicidio di Hitler. Il 25 aprile si verificò a Torgau l‟incontro tra la 3° armata
americana con i russi provenienti da est.
I prodromi della Guerra Fredda si sentivano già col telegramma inviato in aprile da Roosevelt a Stalin, di lì a
poco il presidente americano morirà e Truman (molto diverso dal predecessore) diventerà presidente.
La conferenza di Potsdam del 17 luglio – 2 agosto non vide certamente prevalere lo “spirito di Yalta”
(anche perché ora c‟era Truman). In questa occasione fu confermato che sarebbe stata data priorità ai trattati
di pace con gli alleati satelliti della Germania e venne definita l‟istituzione di un consiglio dei Quattro
Ministeri degli esteri a cui sarebbe stata affidata la definizione dei trattati di pace e i vari aspetti del sistema
di occupazione della Germania. A Potsdam le conseguenze decise per la Germania furono:
disarmo completo,
scioglimento del partito nazionalsocialista e interventi nella legislazione del terzo Reich,
istituzione di un tribunale per i crimini di guerra,
controllo del sistema d‟istruzione,
decentramento dello stato,
democratizzazione dei suoi sistemi di governo,
controllo sull‟economia.
Riguardo alle frontiere della Germania gli anglo-americani accettarono di appoggiare il trasferimento
all'URSS di Koeningsberg.
I sovietici insisteranno per ottenere tutte le riparazioni di guerra della loro zona d‟occupazione tedesca e il
15% della zona occidentale, oltre a ciò riproporranno il problema degli stretti. Churchill parteciperà solo a
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una parte della conferenza di Potsdam perché verrà sostituito in seguito alle elezioni da Attlee.
Il 26 luglio da Potsdam gli USA, l‟Inghilterra e la Cina inviarono un ultimatum al Giappone chiedendo la
resa senza condizioni. L‟ultimatum fu respinto e il 6 agosto fu sganciata la bomba atomica a Hiroshima. L‟8
agosto l‟URSS dichiarò guerra al Giappone e iniziò le operazioni in Manciuria, Mongolia e Corea. Il 9
agosto arrivò la seconda bomba su Nagasaki che portò alla capitolazione nipponica. Il 2 settembre ci fu la
resa senza condizioni del Giappone, ma l‟imperatore rimase al suo posto.
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Capitolo XIX - L’epoca della guerra fredda
Fino dagli anni „40 si cominciò a chiamare guerra fredda lo stato di tensione cominciato alla fine della
seconda guerra mondiale tra i due principali membri della coalizione vincitrice: Stati Uniti e Unione
Sovietica, considerati il punto di riferimento dei due blocchi che andavano formandosi intorno a ciascuna
delle superpotenze.
E‟ uno stato di tensione e non di guerra, senza l‟uso di scorso armato.
Questo distingue la guerra fredda da una “terza guerra mondiale”. Tuttavia è senza dubbio la prima versione
di una nuova categoria di guerre, coincidenti con la fase successiva ovvero quella del “terrorismo globale”.
Per quale motivo lo stato di tensione è considerato qualcosa di particolare? Essenzialmente per due motivi: la
durata di questo stato (poco meno di mezzo secolo) e la cronicità di questo stato sempre vicina allo short of
war, cioè vicino al limite per tramutarsi in guerra.
Altre caratteristiche sono qualificanti ma non esclusive: è la contrapposizione di due mondi e due concezioni
dello stato e ai rispettivi intenti di farle prevalere.
Una guerra calda insomma da cui gli stati rifuggivano a causa della tragica esperienza della 2° guerra
mondiale appena conclusa.
Con la generazione successiva il freno della guerra va affievolendosi e il rischio di uno scontro atomico
incombe ancora ma è la consapevolezza delle parti di non poterlo vincere a impedirne lo scoppio.
Una variante di questa evoluzione si ha negli anni 80 con lo “scudo stellare” di Reagan che avrebbe dovuto
proteggere gli USA. Ma è solo una fase, superata poi dal crollo dell‟Unione Sovietica in quello stesso
decennio e anche per i limiti incontrati dal progetto. Avviene anche una svolta nei rapporti tra i due paesi con
l‟avvento in URSS di Gorbaciov.
La costante situazione di stallo porta alcuni studiosi a interpretare il periodo come una “lunga pace”.
Definizione realistica ma che non coglie il significato complessivo dati anche i sanguinosi conflitti regionali
che colpiscono il periodo 45-90, soprattutto per una umanità che sapeva (siamo nel secolo
dell‟informazione).
Andare a cercare troppo indietro le origini della guerra fredda ( nuovo mondo vs eurasia ) è improprio, visto
che ognuno dei due Stati si sviluppa ciascuno nel proprio territorio. Se ci sono dei contrasti, questi sono tra
Russia zarista e impero britannico.
Si può concentrare l‟attenzione su un periodo breve (1943-1947) nel quale si collocano le origini della guerra
fredda. Una riserva va fatta per l‟anno 1917 che pone la condizione per il conflitto tra “mondi”. Il quadro si
completa con il sorgere, nel periodo antecedente alla guerra fredda, dei totalitarismi di destra che seguono
una terza via, diversa da quella dei due mondi.
Il 1943 è l‟anno centrale della seconda guerra mondiale perché fa emergere l‟Unione Sovietica come grande
potenza militare. Gli USA intanto con l‟esclusione dei sovietici dal controllo effettivo dell‟Italia (primo
paese occupato) e l‟URSS con la richiesta dello spostamento dei confini polacchi verso ovest pongono le
basi per le rivalità future. Il 1947 è l‟anno del varo del piano Marshall e del sistema occidentale. Con questo
passo è effettiva la nascita dei due mondi.
Il confronto si può far iniziare con l‟avvertimento di Roosvelt a Stalin, a due mesi da Yalta, sul modo di
procedere dei sovietici nell‟Europa orientale. Prosegue poi con il monito di Truman al ministro degli esteri
Molotov. Confronti che assumono toni precisi nella conferenza di Postdam (1945) con l‟altolà americano alla
pressione sovietica sulla Turchia e sull‟Iran.
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All‟inizio del 1946 vengono messe in evidenza le due “dichiarazioni di guerra” contenute nel discorso del 6
febbraio nel discorso di Stalin ai soviet e di Churchill a Fulton del 5 marzo, celebre perché viene usata
l‟espressione “cortina di ferro”.
Poco prima il diplomatico americano Kennan aveva suggerito al dipartimento di stato come la strategia di
contenimento fosse necessaria contro la mentalità e gli intenti dei sovietici.
Questo fu anche il clima con cui, nel 46, vennero stipulati i trattati di pace, con i quali gli stati vincitori si
spartivano le zone occidentale e orientale dell‟Europa. In Asia, a fronte dei progressi di Mao in Cina, gli
USA applicano in Giappone una linea anti-sovietica ma anche contro il resto degli occidentali. Prima del
piano Marshall, la dottrina Truman segnò un irrigidimento anticomunista degli USA, impegnandoli ad
appoggiare i paesi che cercavano di contrastare le minoranze comuniste.
Questa fase si può considerare l‟avvio della guerra fredda. Nelle fasi successive si individuarono periodi di
accentazione o di attenuazione del conflitto.
Dagli anni „60 ai „70 si passò dalla formula della coesistenza competitiva a quella della distensione. Eppure
dopo la coesistenza competitiva si ebbe la costruzione del muro di berlino (1961) e la crisi missilistica di
Cuba (1962).
Durante gli anni successivi, la dottrina Breznev, quali che fossero i suoi intenti nel momento in cui fu
annunciata, venne considerata in occidente come rivendicazione del diritto esclusivo di compiere atti di
aggressione contro le libertà umane.
Ancora all‟inizio degli anni 80 il presidente Reagan denuncia con vigore “l‟impero del male sovietico”.
Il superamento dello stato di tensione del primo decennio della guerra fredda sta nella progressiva
consapevolezza del rischio dell‟olocausto nucleare. Questo portò al dover scegliere se introdurre negoziati
per ridurre gli armamenti atomici (cosa più psicologica, perché dal punto di vista militare le armi c‟erano
ancora) o continuare la di via del confronto e della tensione generalizzata.
L‟attenuazione fu causata anche da due sviluppi fondamentali: l‟emergere della Cina maoista con la
prospettiva di creare un sistema tribolare e con l‟effetto reale di sdrammatizzare il conflitto; e il trasferimento
del confronto diretto sui paesi del terzo mondo in via di decolonizzazione.
Tutti questi elementi però non risolvono il problema di come la guerra fredda ebbe termine.
Nella guerra fredda il ruolo esclusivo è dato dal sistema bipolare nello stato di tensione che durava da quasi
una generazione e che appariva senza sbocco. Tuttavia il quadro complessivo non è così schematico e
presenta due problemi diversi:
Se la guerra combattuta dalle due superpotenze non fu il risultato di una incompatibilità anzitutto culturale e
almeno intenzionalmente morale fra i due mondi; e se la guerra fredda non risulti nella sua genesi assai più
articolata del duello USA vs URSS, a causa della presenza attiva di altri stati, allineati, ma portatori di
iniziative proprie che passano in secondo piano.
Durante la seconda guerra mondiale era stata la Gran Bretagna a insistere perche il secondo fronte fosse
creato nei Balcani e non in Francia per bloccare la Russia più ad oriente. L‟URSS considerava l‟Inghilterra
(fra guerra e dopoguerra) la sua antitesi per struttura della società e per le sue istituzioni coloniali.
Nell‟immediato dopoguerra la Gran Bretagna imposta nel medio oriente il baluardo dell‟Europa contro
l‟espansione sovietica nella regione.
Nel 1945 l‟anticolonialismo di Stalin è rivolto verso la GB e non verso gli USA.
La Francia di Degaulle è l‟ultimo paese occidentale a sostituire il pericolo tedesco con il pericolo sovietico e
pertanto a entrare nella consapevolezza della guerra fredda. Risente di essere stata esclusa dal blocco
dell‟alleanza (USA-GB-URSS) che ha guidato la guerra alla Germania. Il generale De Gaulle tenderebbe a
ristabilire il tradizionale ponte tra Francia e Russia (cosa che la mette in contrasto col blocco occidentale).
A oriente i paesi comunisti appaiono come un blocco compatto da Varsavia a Pechino.
Il ruolo della Jugoslavia di Tito come punta avanzata aggressiva ma non sempre controllabile da mosca, ma
che porta ad una rottura dovrebbe avere un impatto sulla guerra fredda. In realtà il carattere di questa rottura
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interna viene mantenuto al punto che non incide sugli equilibri europei se non nel fatto che toglie all‟URSS
la punta avanzata del suo sottosistema.
La trasformazione dell‟Europa si presenta come l‟evento più complesso in seguito alla seconda guerra
mondiale.
L‟Europa ha perduto tutto il suo aspetto centrale nella politica mondiale e deve adeguarsi all‟egemonia che le
due superpotenze stabiliscono all‟interno del vecchio continente.
La guerra come lunga pace ha un senso però per l‟Europa, che nonostante sia imperativa dall‟esterno, viene
costruita all‟interno dagli stessi europei.
L‟Europa si trova divisa fra vincitori e vinti prima ancora della divisione in blocchi causata dalla guerra
fredda, e continua a pesare anche dopo sulle psicologie collettive.
Ci si trova davanti ancora una volta di fronte al problema tedesco nelle sue diverse forme: prima nella paura
del ritorno di una potenza nazionalista, poi con il timore di una preminenza economica della repubblica
federale che prospetta la formazione di una potenza civile e commerciale.
L‟Europa del dopoguerra eredita la gloriosa tradizione di Inghilterra e Francia, le quali vorrebbero restaurare
posizioni e riattivare politiche ambiziose che rischiano di risultare inadeguate di fronte ai problemi dei loro
imperi coloniali.
Rimane in Europa però il problema della presenza-distanza dell‟unione sovietica. Nel 1945 l‟URSS è in
Europa perché ne occupa militarmente la parte orientale fino ai paesi baltici, e allo stesso tempo come
potenza globale è al di fuori dell‟Europa.
Dal 1917 la Russia si è sempre più avvicinata all‟Europa: fra le due guerre ha trasferito il cuore del nuovo
stato socialista fra Europa e Asia, sia perché il secondo conflitto mondiale l‟ha posta al di sopra di molti stati
europei.
Stesso discorso si può fare per gli USA. Si parla infatti di sovietizzazione per la parte orientale d‟Europa e di
americanizzazione per la parte occidentale.
L‟americanizzazione è il fattore dominante di una trasformazione della società euro-occidentale più profonda
in quanto esteso attraverso tecniche commerciali estese ai costumi e ai modi di vivere.
Viene intaccata così non solo l‟omogeneità geografica dell‟Europa ma anche la sua entità storica,politica e
culturale.
La divisione dell‟Europa nel secondo dopoguerra trova riscontro in differenze antiche. Quella degli anni 40
però è una divisione fondata su condizioni attuali: imposta in primo luogo dall‟esigenza difensiva dell‟URSS
di creare fra se e l‟occidente una fascia territoriale di sicurezza sufficientemente ampia e creare una
situazione di incomunicabilità con l‟occidente che nella storia non aveva mai raggiunto questo livello.
Il processo storico che ha portato nella seconda metà del secolo verso una unità che non aveva mai
conosciuto è il risultato della convergenza di numerosi fattori: collettivi, individuali, politici e militari.
La prima iniziativa per affrontare il problema Europa fu preso dagli Stati Uniti con il Piano Marshall con la
creazione dell‟organizzazione internazionale che riunisce i paesi che accolgono il piano (OECE poi OCSE).
Un altro problema è l‟approccio dell‟Inghilterra: protagonista della storia europea e che negli ultimi secoli ha
sviluppato un impero extraeuropeo. Churchill è l principale promotore di una coscienza europea che crede
dovrebbe essere anche guidata da Francia e Germania e con la Russia e stati uniti promotori di questi stati
uniti d‟Europa.
Durante la guerra fredda l‟Inghilterra si pone come obiettivo quello di creare un gruppo occidentale con
Francia, Belgio,Olanda, Lussemburgo e aperto ai paesi dell‟Europa meridionale.
Con il dopoguerra e il governo laburista adotta la politica dei tre cerchi, cioè mettere il cerchio “Europa” in
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collegamento con “cerchio commonwealth” e “cerchio USA”. Il crescente pericolo URSS portò i laburisti
(primo ministro BEVIN) a coinvolgere gli USA nella difesa dell‟Europa, avviando nel 1947 il piano per
l‟alleanza atlantica firmata nel 1949.
In questo modo l‟Inghilterra aveva garantito una difesa militare per l‟Europa, accelerando il processo di
unificazione europea sotto l‟influenza americana.
Con l‟impostazione atlantica della difesa ha termine l‟iniziativa inglese, lasciando il passo alla Francia per
una parte perspicua ma non esclusiva.
La fase successiva è quella delle tre comunità (Carbone e acciaio, mercato comune e EURATOM) che
portano all‟inizio del superamento dello stato nazionale e della storica rivalità fra Francia e Germania.
Il patto di Bruxelles viene visto dalla Francia come una politica di futura integrazione europea: a cinque ma
aperta a tutti.
Altro passo importante è il piano Schumann del 1950 che riconsidera la produzione industriale della Ruhr e
crea un mercato unico europeo per il settore siderurgico. Il significato politico del piano è ancora maggiore:
se da una parte promuove il rientro della Germania nella comunità internazionale, dall‟altro la Francia
assume un controllo su di essa togliendole il monopolio sulla sua principale fonte economica per il riarmo.
Termina anche il rapporto tra Francia e Inghilterra che non accetta di sottostare al piano Shumann. Nel 1951
nasce la CECA.
Il processo di integrazione europea viene fermato da importanti eventi esterni (guerra di corea su tutti) che
impongono un rafforzamento della NATO. La Francia riprende l‟iniziativa di integrazione nel 1950 con la
proposta della CED (comunità europea di difesa) che vede la luce nel 1952.
Ma il trattato esecutivo non entrerà mai in vigore proprio perché la stessa Francia nel 1954 non ratifica il
piano vedendo in essi troppi limiti alla sovranità nazionale.
Il fallimento però stimola però il processo europeo di integrazione. L‟Inghilterra approfittando della
situazione di stallo perfeziona il sistema di difesa includendo nell‟unione europea occidentale Italia e
Germania.
Nonostante sembri che l‟iniziativa francese passi la mano, sono sempre i transalpini a promuovere la nascita
di una comunità per il nucleare. Dal compromesso di una comunità di settore e un mercato comune generale
nasce fra 56 e 57 l‟EURATOM.
Nonostante l‟Euratom è sempre la Francia a lottare per mantenere comunque un certo grado di autonomia
nella creazione di un armamento atomico nazionale.
Nel 1957 è da segnalare la nascita della comunità europea e l‟avvento in questa parte d‟Europa delle
relazioni comunitarie tra gli stati.
I rapporti dei paesi della comunità con i paesi del terzo mondo assumono dal 1963 con la conferenza di
Yaoundè un andamento promettente.
Il vero miracolo della integrazione europea è quello di aver conciliato le due aree centrali dell‟Europa ovvero
quella francese e quella tedesca. Nel 1963 il trattato franco-tedesco dell‟Eliseo è la prova della fine del
passato sanguinoso e pone le basi per uno sviluppo costruttivo, grazie alla pace che fra questi due paesi vuol
dire pace in Europa e per lo sviluppo dell‟integrazione europea.
Questi risultati di pace raggiunti dall‟Europa le hanno permesso di acquisire una maggiore potenza
commerciale nel mondo e di arrivare ad essere la seconda potenza industriale del mondo. Questo successo ha
portato ad una evoluzione dei rapporti con gli USA rendendo necessari accordi commerciali a più largo
raggio.
Gli anni „70 e la crisi delle superpotenze hanno consentito uno sviluppo impensabile per l‟Europa, quello del
“processo Helsinky”. A Helsinky vennero stabiliti una serie di principi di grande importanza per
l‟evoluzione dei rapporti intereuropei tra cui: l‟inviolabilità delle frontiere ma la loro possibile modifica in
modo pacifico, relazioni fra gli stati ed i propri cittadini basato sul rispetto dei diritti dell‟uomo.
La comunità europea ha svolto una sua politica estera nella guerra fredda? Il problema è stato affrontato sin
dagli anni ‟70 quando i ministri degli esteri delle comunità approvarono il rapporto Davignon nel quale si
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afferma che “gli sviluppi attuali della comunità impongono agli stati membri di aumentare la loro
cooperazione politica e di dotarsi di mezzi per armonizzare i loro punti di vista.” Tuttavia l‟enunciazione di
intenti non basta.
Nei primi anni „70 è il momento in cui le diplomazie internazionali si conoscono e attuano una
collaborazione mai avuta prima. La presenza della comunità europea comincia a farsi sentire a livello
internazionale.
Il contrasto fra poteri nazionali e uno strumento per una politica estera europea continuò a prevalere, e si
accentuò nel decennio successivo che portò all‟Atto unico europeo (1986) che infatti nell‟indicare l‟organo
che si occupa della politica internazionale non andò oltre la definizione di un processo in più fasi.
L‟Europa del secondo dopoguerra si trova ancora una volta di fronte al problema tedesco che secondo alcuni
studiosi è il problema di fondo delle relazioni internazionali. Problema che va considerato secondo due
criteri: il primo è il problema della divisione fra vincitori e vinti che ha impostato proibizioni e poi restrizioni
al riarmo delle potenze sconfitte nella seconda guerra mondiale, ma ha consentito loro di convogliare le
risorse verso la crescita economica. Questo criterio colloca la ex grande potenza tedesca accanto alla ex
grande potenza giapponese che diventano così potenze civili e industriali.
Il secondo criterio è quello di considerare il problema tedesco nell‟ambito temporale del secondo dopoguerra
ma di tutta la seconda metà del secolo XX e oltre. Prospettiva questa utile per rendersi conto che lo spettro
che era stato attribuito alla Germania nell‟epoca pre 1945 era scomparso. In parte questa situazione è dovuta
la contesto che vede una trasformazione, accanto allo stato-nazione tedesco, dello stato nazione francese e
giapponese riguardo l‟adattamento al mondo nel secondo dopoguerra e al problema inglese circa la ricerca di
una identità in bilico fra Europa e Atlantico.
A due mesi circa dalla fine della guerra la conferenza di Potsdam precisa forme e metodi dell‟occupazione
militare alleata in Germania. I progetti di smembramento cadono e si inizia a parlare di una divisione fra due
Germania.
A Postdam venne stabilito che il trattato di pace con la Germania sarebbe stato definito dopo quello con gli
alleati del Reich ma la guerra fredda fa si che il trattato venga rimandato fino al 1990.
Nell‟attesa del trattato l‟autorità amministrativa viene assunta dai quattro comandanti delle zone
d‟occupazione militare alleate. La soluzione dei problemi interni viene affidata al Consiglio dei Quattro
Ministri degli esteri.
Da oggetto a soggetto di politica internazionale: la Germania occidentale occupata dagli alleati compie un
salto di qualità tra gli anni quaranta e cinquanta: si arriva ad una costituzione (rinuncia a forme di
cambiamento e alla riunificazione nazionale) .
Nel 1950 iniziano le trattative per l‟entrata nella CECA e nel 1952 per la CED. LA conferma della Germania
federale come stato sovrano avviene qualche anno dopo con il suo inserimento nel sistema militare
occidentale e gli alleati cedono il posto ai contingenti NATO. Ancora qualche anno e i trattati di Roma fanno
della repubblica federale un elemento centrale del processo di integrazione europeo.
Il merito di questo balzo è senza dubbio dovuto alla guerra fredda ma anche il risultato di un ripensamento
interno ed esterno della Germania circa la sua posizione storica. Da ricordare in quest‟ottica il trattato
dell‟Eliseo. In questo modo la Germania lascia alla Francia un ruolo di iniziativa nella politica globale e non
rinuncia alla sua collaborazione con gli USA.
In questa ottica non si può più parlare di problema tedesco dato che la Germania (o meglio la repubblica
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federale) ha ottenuto una posizione centrale nel sistema europeo.
La mancata soluzione del problema generale della Germania è da rappresentare nella situazione di Berlino.
La città provoca diverse crisi fra blocchi stradali e ponti aerei a quella gravissima del 58-61 conclusa da parte
della Germania est con la costruzione del muro.
Il problema tedesco prosegue il suo corso per tutti gli anni 70 perché non può considerarsi risolto fino alla
riunificazione nazionale e perché nel contesto internazionale continua a rappresentare una contrapposizione
fra i due blocchi.
Tuttavia la Germania si impone nel periodo centrale della guerra fredda come una grande potenza
economica. Viene proprio dai premier tedeschi l‟idea di quel sistema monetario europeo dal quale la
Germania trarrebbe grande profitto grazie al marco che si afferma come moneta di riferimento in Europa. Il
capitalismo tedesco è diverso da quello americano, è una versione specifica dell‟economia liberista, chiamata
economia sociale di mercato.
Funziona talmente bene da diventare l‟unica in grado di fare concorrenza all‟economia americana che non
gode più del primato assoluto.
Giunge ad essere considerata con preoccupazione anche in Europa perché considerata un elemento troppo
forte data l‟egemonia non più militare ma economica.
E‟ un nuovo problema tedesco che diventa più preoccupante in vista della riunificazione.
Altri tre sviluppi degni di nota riguardano l‟applicazione del trattato franco-tedesco, la svolta nei rapporti fra
Germania federale e URSS, e il tentativo di impostare un nuovo rapporto fra nord e sud del mondo.
L‟applicazione del trattato dell‟Eliseo permette di superare conflitti e crisi fra i due paesi, pronti a ritenersi il
nocciolo duro della costruzione europea. Il successo del trattato ebbe la sua parte più visibile all‟esterno dei
due paesi, in Europa, in una collaborazione militare che non solo stabilì rapporti regolari fra i comandanti,
ma diventò anche uno sforzo di ricerca comune verso la tecnologia e l‟organizzazione militare.
Con questa fase inizia la difesa europea franco tedesca intesa a creare un sistema europeo con propri missili e
satelliti. Progetti successivi mai compiuti vedevano l‟unione dei piani nucleari e i due eserciti come nucleo di
un esercito europeo.
La politica verso est si inserisce nel grande mutamento avvenuto fra la fine degli anni „60 e „70 con la crisi
del sistema bipolare e la prospettiva del tripolarismo con la Cina. Il contesto vede la guerra del Vietnam, la
dottrina Breznev e il processo di Helsinky.
La politica tedesca nei confronti dell‟est si dimostra la più incisiva compiuta nell‟Europa centro-occidentale:
la repubblica federale che ha definito il proprio rapporto con le potenze occidentali entrando nella NATO nel
1949 ha firmato nel 1955 un accordo per lo stabilimento delle relazioni diplomatiche con l‟URSS.
Successivamente crea nel 1970 un trattato che oltre a definire il suo contenzioso con la superpotenza dell‟est
le fa assumere una serie di impegni e rinunce che le aprono la strada aldilà della cortina di ferro. Si impegna
a rispettare, in sintesi, le restrizioni territoriali di tutti gli stati europei.
Questo trattato costituisce il più importante precedente dal processo di Helsinky e il modello per le future
stipulazioni dei trattati che si terranno successivamente con la Polonia (1970)e con la Germania est (1972).
La portata del trattato è importante visto che entrambi i trattati si impegnano a rispettare l‟integrità
territoriale di ciascuno. Venivano anche sancite gli aspetti umani che in parte svuotavano l‟esistenza stessa
del muro di berlino. L‟articolo 7 inoltre sancisce una cooperazione intertedesca su diversi punti.
La terza linea di sviluppo riguarda l‟impegno a dare maggiore spazio fra il nord e il sud del mondo.
L‟impegno fu preso dal governo di Brandt nel 1976, che subì però il contraccolpo della crisi petrolifera del
1973 e fu ripreso da Schmidt. Le ripercussioni internazionali si ebbero col rapporto che il dimissionario
premier Brandt pubblicò nel 1974.
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E‟ un contesto quello della Germania che, appena uscita dal Terzo Reich, cerca nuove vie per le relazioni tra i
popoli.
L‟ultimo problema tedesco è quello della riunificazione e si pone come problema interno e come problema di
politica internazionale. Il peso di questa possibile riunificazione e il ritorno ad una grande Germania pesa
più degli accordi e delle sanzioni creati in quasi 50 anni.
La fase preliminare della riunificazione è stato indicato da Helmut Kohl quando, insieme ad altri partners
europei, mandò un ammonimento formale all‟Unione Sovietica per tentare di scrollarsi di dosso gli
euromissili (1983). Importanti anche la concessione di prestiti al governo federale da parte delle banche.
Vanno anche considerate le condizioni dell‟URSS che spinsero il suo segretario generale Gorbaciov a attuare
una nuova politica estera e interna, la quale tuttavia non si manifestò rapidamente per il problema tedesco,
visto che anche dopo la caduta del muro (1989) c‟era chi in Russia metteva dei paletti all‟unificazione
tedesca come la richiesta di neutralità e il disarmo.
Eppure l‟anno successivo si arrivò alla unificazione in un contesto tanto favorevole all‟occidente (entra
subito nella NATO) da far considerare questo evento come uno dei tre eventi più significativi della intera
guerra fredda.
I protagonisti dei negoziati furono essenzialmente tre: la Germania federale di Kohl, l‟unione sovietica di
Gorbaciov e gli USA di Bush.
L‟opera del presidente americano fu tanto sostanziale quanto poco dimostrativa volta cioè ad evitare
trionfalismi occidentali. Si preoccupò inoltre di avere da Gorbaciov l‟assenso circa la partecipazione tedesca
alla nato, in cambio di accordi commerciali ed una riduzione degli armamenti. Commercio in quel momento
essenziale per la disastrata unione sovietica.
Dei tre stati legati dal patto tripartito è l‟Italia a cedere nel 1943. E‟ inoltre il solo ad abbattere
spontaneamente il fascismo.
E‟ anche il paese in cui gli ex nemici applicano il processo di rieducazione democratica con minore impegno:
i partigiani hanno eliminato in anticipo Mussolini (evitando così la creazione di tribunali di guerra), inoltre
gli americani si rendono conto di quanto poco il regime fascista sia penetrato nella coscienza etico-politica
degli italiani. E‟ poi alquanto dubbia e improbabile la disposizione dell‟Italia a tornare una potenza militare
espansiva, quanto è evidente la sua capacità di ricostruirsi velocemente dal dopoguerra.
Altre due caratteristiche meno evidenti sono: l‟Italia dispone di risorse economico produttive inferiori
rispetto agli ex alleati. La seconda caratteristica riguarda la scomparsa dell‟Italia grande potenza perché
inserita in un sistema multipolare di stati europei.
Il perno della modernizzazione e sicurezza erano gli USA.
La peculiarità del processo di ricostruzione prende il nome di “precedente italiano”, particolarità che
favoriscono il rientro dell‟Italia nella comunità internazionale postbellica in 5/6 anni, permettendo l‟entrata
prima nel piano Marshall (1948) e poi nell‟alleanza atlantica (1949). La rapidità di questo processo è
spiegato in parte dalla volontà degli stati uniti di accogliere più alleati possibili nel confronto con l‟unione
sovietica, in parte dato dall‟importanza strategica della penisola italica.
Fra la fine di luglio e la fine di settembre 1943 l‟Italia è divisa in due stati a sovranità limitata. La continuità
dello Stato italiano si colloca comunque a sud per diverse ragioni:
il regno del sud si sforza (nonostante lo stato di occupazione) di impostare una politica estera rivolta al
superamento delle condizioni di armistizio e a farsi riconoscere lo stato di alleato. Il tentativo non riesce
nemmeno l‟anno successivo, quando si forma il nuovo governo e all‟Italia non è consentito andare oltre la
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cobelligeranza con gli alleati.
Alla conferenza di Postdam la questione italiana ha una posizione rilevante ma anche deludente : gli usa
riescono a mettere in primo piano il caso italiano ma incontrano resistenze sia in Inghilterra sia nell‟URSS
che vuole occuparne le colonie.
Nel 1946 gli USA si trovano costretti ad imporre condizioni di pace dure che coinvolgevano Inghilterra,
URSS e persino la Francia. L‟Italia è anche campo di prova per l‟URSS per una politica generale verso
l‟occidente (emblematico il caso della cessione di Trieste alla Jugoslavia)
Il caso viene risolto dopo che la Francia presenta il 1 luglio il progetto per l‟internazionalizzazione di Trieste
e quindi l‟Unione Sovietica sposta il suo mirino altrove.
L‟Italia viene quindi invitata a firmare il trattato su progetto francese: trattato che conteneva clausole
territoriali, coloniali, politiche e militari.
Le clausole territoriali definivano le correzioni dei confini italo francesi ( a favore ovviamente dei
transalpini) e della creazione di un territorio libero di Trieste sotto un governatore alleato.
Le condizioni coloniali contenevano la rinuncia dell‟Italia di tutte le sue colonie, cosa non facile data la
complessità della situazione storico giuridica delle colonie, sia la riluttanza italiana a rinunciarvi.
Rimaneva tuttavia fondamentale la questione di Trieste che non si poteva far altro di sperare che si risolvesse
favorevolmente, mentre le colonie avevano un significato perlopiù morale e simbolico e che andava ad
incidere sullo spirito di un paese appena uscito dalla umiliazione della guerra e dell‟occupazione straniera.
Le clausole politiche erano in parte semplicemente punitive (rinuncia ai vantaggi derivanti dai trattati
internazionali firmati in passato: Losanna,Tangeri,Congo) e in parte rivolte ad eliminare il risorgere del
fascismo ed a imporre i diritti dell‟uomo.
Le clausole militari imponevano restrizioni agli armamenti che sarebbero state messe da parte poco dopo con
il consenso degli USA e con il contributo economico a stelle e strisce.
La conferenza del 1946 non prevedeva trattative di pace fra vincitori e vinti quindi il ministro degli esteri di
allora (DE GASPERI) si limitò ad esporre la posizione dell‟Italia postfascista.
E‟ di questo periodo l‟accordo con l‟Austria per le popolazioni dell‟Alto Adige mentre questo rimaneva
all‟Italia. L‟accordo concedeva una certa dose di autonomia alla regione ed ai suoi cittadini. L‟importanza del
trattato riguarda la nuova politica estera di de Gasperi inteso come punto di partenza per la successiva
definizione della zona.
La seconda mossa riguarda il celebre viaggio di De Gasperi negli USA che rese evidente “l‟interdipendenza
dipendete” dagli Stati Uniti, inoltre si può anche individuare nel viaggio l‟intento di portare fuori dall‟Italia
dal perverso gioco de “l‟ultima delle potenze europee”.
Dopo la firma del trattato di pace il reinserimento dell‟Italia nella politica internazionale fu molto rapido
grazie anche alla politica anticomunista e di esclusione degli esponenti pro URSS dal governo ponendo
l‟Italia in linea con il resto dell‟Europa occidentale.
Ma nel momento in cui l‟Italia rientrava in Europa, questa si spaccava nella guerra fredda. Nel 1948 l‟Italia
compì la sua scelta di campo più significativa quando i partiti guidati dalla DC batterono il fronte socialista
alle elezioni. Il risultato permise all‟Italia, inizialmente estromessa dai trattati per l‟alleanza atlantica, di
entrare nella NATO grazie alla spinta degli USA e all‟appoggio francese. Il 4 aprile l‟Italia firma il trattato ed
entra nella NATO.
Il problema in sospeso più importante era ancora quello di Trieste che il trattato di pace aveva lasciato in
sospeso. La sua eccezionalità aveva assunto un ruolo strategico evidente
Visto che anche Churchill l‟aveva posta come confine della cortina di ferro.
Diffusa nel paese era la speranza di contare su una evoluzione che restituisse il territorio alla nazione. In
questo senso si espresse il trattato franco-italo-americano del 1948 che pone il cardine della politica italiana
su Trieste.
Gli anni seguenti però, la prospettiva di un passaggio della Jugoslavia ad “occidente” portò ad una divisione
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in due della città, una zona A all‟Italia ed una zona B alla Jugoslavia. (1954 trattato di Osimo) .
Con il trattato di pace l‟Italia aveva formalmente rinunciato alle colonie ma gli uomini di governo erano
decisi a dimostrare di essere in grado di assolvere gli impegni di guida verso i paesi coloniali.
Proposito che però urta con la guerra fredda già in atto: inglesi e americani erano tendenzialmente contrari a
cedere alle richieste italiane, ma ciò che contava era la prospettiva dell‟Unione Sovietica.
Questa infatti per favorire il fronte socialista alle elezioni del 48 propose la restituzione delle colonie
all‟Italia ma l‟obiezione dell‟Inghilterra porto alla divisione della Libia in 3 zone di amministrazione di cui 1
sola all‟Italia.
L‟Italia entra nell‟ONU nel 1955 superando il veto che era stato sempre posto dall‟URSS (veto che era una
risposta al veto americano nei confronti degli stati satelliti del gigante comunista).
Lo stallo fu superato grazie all‟accordo con l‟Austria (CAP 21).
I risultati ottenuti dalla politica di de Gasperi per quanto soddisfacenti nella prospettiva storica, appaiono
come semplici premesse ad una radicale trasformazione del modo di concepire la politica internazionale che
ha portato al superamento della dimensione nazionale di economia e difesa.
Gli aiuti del piano Marshall permisero la ricostruzione economica dell‟Italia ma non davano per scontata
l‟eccezionale sviluppo produttivo, commerciale, di un sistema occidentale di cui l‟Italia fa ora parte. Tanto
che nel 1957 l‟Italia entra nel G7, il maggior club economico al mondo.
Questo non permette di assimilare l‟Italia tra le potenze civili (come Germania e Giappone) visto che il suo
inserimento nel sistema militare fu pressoché immediato e le riserve verso la sua costituzione e il suo sistema
erano meno esplicite. Questo perché l‟Italia con la sua struttura fragile non aveva le risorse per diventare una
grande potenza economica.
L‟economia del secondo dopoguerra vede comunque l‟Italia passare da paese povero a paese ricco e
diventare parte di un blocco economico avanzato.
L‟ingresso nella NATO ebbe 2 conseguenze radicali:
l‟alleanza mise subito in evidenza la posizione dominante del membro maggiore, gli USA, che si collocano
nella tradizione italiana (visibile sin dai liberali, e poi con i fascisti) a legarsi con un alleato forte. La
condizione di “interdipendenza dipendenza” è però ancora qualcosa di più dei vincoli del regno d‟Italia fra
800 e 900.
La seconda conseguenza è la rapida trasformazione della NATO che provoca sul piano strategico-militare
una trasformazione nel modo di concepire ed usare fini e mezzi della politica estera nazionale. Tuttavia, il
dipendere da un‟altra potenza per la difesa, rappresenta un mutamento rivoluzionario data la storia
dell‟Europa moderna basata su una politica di potenza militare.
Il rapporto con gli usa e la scarsa disposizione dei governi a far accettare ai cittadini le spese per la difesa,
rendono l‟Italia un membro disciplinato della alleanza atlantica grazie anche al suo cappello nucleare. D‟altra
parte l‟Italia dovette far accettare agli USA il maggior partito comunista occidentale e la partecipazione al
governo dei socialisti e l‟avvicinamento all‟area governativa degli stessi comunisti.
Col passare della Guerra Fredda, l‟Italia vede diminuire la sua importanza strategica. Il primo evento è la
fuoriuscita della Jugoslavia di Tito dal blocco comunista, togliendo all‟Italia il privilegio di essere il primo
baluardo della cortina di ferro. Poi l‟evoluzione verso sud della nato e la strategia missilistica mondiale
resero meno importante lo scenario europeo. Nell‟83 l‟Italia accetta di creare basi per gli euromissili
americani.
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L‟unico neo, il mancato salto della CED per livelli di integrazione superiori. Il tutto sostenuto da un consenso
popolare considerevole.
Il lungo passaggio dagli stati europei alla politica mondiale ha permesso all‟Italia di acquisire la sui identità
di media potenza. Questo è dovuto anche alla scomparsa della categoria delle “grandi potenze”, l‟entrata in
scena di una terza potenza come la Cina e l‟emergere di stati importanti come india e Brasile. Il sorgere della
grande potenza civile Giapponese.
In questo contesto l‟Italia postbellica è da definirsi come la tipica media potenza, divenuta tale in seguito alla
mutazione genetica del sistema internazionale che fini per risolvere la gran parte dei problemi storici insoluti
eliminando molte delle questioni geografiche.
L‟epoca della guerra fredda vede il nascere di molti paesi nuovi e il vantaggio dell‟Italia è quello di trovarsi
nel gruppo dei paesi avanzati che accanto al fattore militare portano anche un importante fattore economico.
Media potenza politico militare in un sistema militare dominato fino agli anni 90 da usa e URSS, l‟Italia si
presenta come grande potenza entro una situazione economica mondiale che sfugge al sistema bipolare e
come potenza primaria nel contesto del continente e delle sue trasformazioni comunitarie.
Il Giappone, l‟altro grande membro del patto tripartito si arrese alla grande alleanza anglo-sovietico-
americana circa 4 mesi dopo il crollo della Germania. Questa lieve differenza temporale fece sì che la resa
giapponese, il 2 settembre 1945, avvenisse in una situazione strategica e politica particolare. Anzitutto non fu
la conseguenza di azioni militari come x la Germania, ma dell‟impiego della nuova arma atomica con il suo
effetto diretto sul Giappone e indiretto sugli alleati degli usa tra cui i russi.
Contro il Giappone gli stati uniti avevano vinto da soli, senza l‟aiuto degli alleati e se ora l‟Europa
occidentale era sotto la pressione e occupazione parziale dell‟unione sovietica, l‟Asia orientale dopo la resa
giapponese appariva disponibile a un ristabilimento dell‟influenza occidentale.
In realtà nella situazione politica lasciata dal crollo del Giappone, si pongono le premesse x la trasformazione
di tutta l‟area con annessa la decolonizzazione del sud-est, la caduta della Cina nazionalista con l‟avvento del
regime comunista di Mao e la sua influenza sulla situazione della guerra fredda e il ruolo della corea.
La conferenza di Postdam,un mese prima della resa giapponese, aveva indicato gli intenti dell‟occupazione
alleata, da sottoporre al controllo di una commissione consultiva x l‟estremo oriente cui i sovietici avevano
opposto riserve e volevano una loro partecipazione più attiva.
Alla fine di fatto il controllo militare del territorio e anche la gestione della politica e dell‟economia
giapponese vennero assunti dal comando supremo delle potenze alleate diretto dal generale Mac Arthur.
In questo periodo la situazione del Giappone è caratterizzata da due elementi: in primis la ricostruzione
dell‟economia e della società durante un biennio di occupazione USA, impegnata a eliminare le strutture
autoritarie e gerarchiche dell‟impero e a introdurre riforme economiche a favore dei piccoli agricoltori e a
smantellare le grandi concentrazioni industriali che erano state alla base dell‟espansionismo giapponese.
Processo culminato con l‟introduzione di una Costituzione nel maggio 1947 che, x intervento esplicito della
potenza occupante, applicò fedelmente i principi tipici di una liberaldemocrazia occidentale.
Il secondo elemento fu la inversione di rotta con l‟introduzione del piano Marshall, lo stabilimento
dell‟alleanza atlantica e l‟avvento di Mao in Cina, grande fenomeno rivoluzionario ai confini col Giappone.
Nel 1948 gli usa avvisarono la commissione x il medio oriente la loro intenzione di cambiare la politica
economica in Giappone: l‟economia fu riconvertita a favore delle grandi industrie con relative concentrazioni
e monopoli che erano stati smantellati e tutto su pressione del gen. Mac Arthur che intendeva impostare la
strategia americana della guerra fredda in quell‟area.
Lo scopo era il rilancio economico del Giappone x farne la base produttiva necessaria alla strategia usa di
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superpotenza nel Pacifico - Asia orientale.
Il Giappone come anche la Germania avrebbe svolto il suo ruolo di officina non armata del sistema strategico
occidentale x tutta la guerra fredda.
Con il trattato di pace dell‟8 dicembre 1951 stipulato coi soli alleati occidentali, il Giappone rinunciava a
ogni diritto sulla Corea e sull‟isola di Formosa e in cambio le potenze alleate lo riconoscevano come potenza
sovrana con un suo diritto all‟autodifesa e che può aderire di sua volontà ad accordi di sicurezza collettiva.
Negli anni successivi tra Giappone e usa furono stipulati una serie di trattati di sicurezza che stabilivano
modi e tempi della presenza di truppe USA in Giappone con lo scopo di difenderlo da attacchi esterni e dalla
sovversione interna e x mantenere la sicurezza in medio oriente.
Comunque i forti condizionamenti politici al Giappone trovarono un compenso nel suo eccezionale sviluppo
eco-produttivo e tecnologico, tanto da definirlo grande potenza civile, capace di confrontarsi con
superpotenze dall‟estensione e risorse semicontinentali.
Tale crescita portò il Giappone a inserirsi a pieno titolo nel sistema di economia del mercato occidentale:
entrò nel fondo monetario internazionale e nella banca mondiale(1952) e nel GATT(1955).
Verso la fine degli anni 50 il Giappone il governo giapponese affrontò un cauto e limitato programma di
edificazione della difesa che dovette tener conto della decisione della Dieta di non produrre e non possedere
armi nucleari, ma riuscì ad istituire un esercito consistente e una aviazione ,anche se priva di aerei da guerra.
Il Giappone comunque dovette soprattutto resistere alle pressioni usa x trasformarlo in una base militare x
fronteggiare la Cina maoista. Il governo usa nel decennio cje seguì intensificò molto tali pressioni di fronte
all‟aggravarsi della guerra col Vietnam e intanto ridusse il minimo la presenza della sue truppe in un paese
che considerava ormai come suo alleato.
4 fasi della politica estera giapponese:
-durante tutto il primo decennio post-bellico, sopra descritta
-dal 1954 alla fine degli anni ‟60, caratterizzata da una politica estera limitata e con poco margine di
manovra
-fino al 1975 la politica estera giapponese subì le ripercussioni della dottrina di Nixon che annunciò il
progressivo disimpegno militare USA in Asia e l‟avvicinamento alla Cina (gli USA restituirono al Giappone
la base di Okinawa)
-fino alla fine della guerra fredda, caratterizzata dall‟invito franco-tedesco al Giappone di partecipare al
vertice del g7 di Rambouillet che preluse a una politica estera più indipendente dagli USA fermo restando
l‟alleanza.
La dieta nel 1976 stabilì che le spese militari non avrebbero dovuto superare l‟11 % del pil giapponese e
poco dopo il ministro degli esteri giapponese firmò con la Cina un trattato di pace contenente una clausola
anti-egemonica con cui i 2 stati condannavano ogni tentativo di ogni potenza di avere l‟egemonia in Asia
orientale, clausola contro soprattutto l‟egemonia sovietica che non contro una ripresa dell‟espansionismo
giapponese, simbolo di una situazione mutata a livello internazionale.
Il dato più significativo della trasformazione della politica estera giapponese venne dall‟assunzione del
governo della direttiva Comprehensive national security rivolta a promuovere la sicurezza del paese con
strumenti economici, astenendosi da impegni politici e soprattutto militari nelle crisi internazionali.
La concezione giapponese punta ora alla sostituzione in Asia del sistema di sicurezza fondato sugli usa, con
una struttura multilaterale di potenza ove gli usa saranno accetti ma non dominanti!
Dei tre paesi protagonisti dell‟Asia orientale in questo periodo, la corea è il più piccolo ma destinato a
trovarsi in mezzo alle crisi. Uno stato alla fine della seconda guerra mondiale divisa in due zone
d‟occupazione a nord e sud del 38 parallelo. In corea il mondo assiste alla prima guerra Calda del secondo
dopoguerra, che coinvolge più o meno direttamente Unione Sovietica e gli USA, creando un conflitto che
rischiò di portare alla terza guerra mondiale.
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6- La decolonizzazione e la nascita del terzo mondo
Il termine decolonizzazione sembra sia stato inventato dallo studioso tedesco Bonn x descrivere il processo
di emancipazione dalla dominazione coloniale,annunciato promosso e avviato dopo la prima guerra
mondiale.
Tale fenomeno rappresenta uno sviluppo di primo piano della storia contemporanea solo quando si è
verificata la convergenza di tre fattori: il coinvolgimento di due continenti che hanno rappresentato nel
secolo precedente la dominazione e lo sfruttamento coloniali, l‟Asia e l‟Africa; la formazione di numerosi
stati indipendenti nel mondo e sovrani che hanno lasciato il segno sulle politiche internazionali di potenze
come l‟Inghilterra e gli USA.
A rigor di logica il primo grande processo di decolonizzazione è quello delle13colonie del nord America che
nel settecento alterò l‟equilibrio del sistema internazionale ma generò anche nella politica estera USA l‟idea
anti - colonialista con tutti gli equivoci che si trascinò dietro.
Pochi mesi dopo quella USA segue la decolonizzazione dell‟America latina che porta alla formazione di una
ventina di Stati. Ciò potrebbe essere visto come la premessa di una contrapposizione tra emisfero occidentale
decolonizzato e anticolonialista a un‟Europa colonialista ma così non è perchè mancano le condizioni
storiche.
Se pur vero che gli USA cercarono di guidare le rivoluzioni latino americane e di proteggere lo sviluppo
degli stati che nacquero, alla dottrina Monroe fa seguito un espansionismo usa attento a evitare interventi
europei. Quindi al professato anticolonialismo fa da contro altare un colonialismo informale americano che
porta gli usa a controllare di fatto alcuni stati sorti dalla decolonizzazione, attraverso la gestione della loro
economia direttamente o indirettamente.
L‟altra grande premessa alla decolonizzazione fu la formazione del commonwealth inglese tra XIX e XX
secolo: il processo viene avviato dalla colonia auto governata del Canada che, con una rivoluzione prima e
una collaborazione con la madrepatria poi, sottoscrive con l‟Inghilterra il british north america act,
divenendo la prima DOMINION del commonwealth.
Poi il processo si estende con nuove annessioni: alcune dominions, tutte autogovernate, a struttura
federale(Canada, Australia), altre a base costituzionale(Nuova Zelanda, sud africa) e tutte con assemblee
rappresentative ed esecutive; mentre i rispettivi governatori,nominati dalla corona ma ormai solo sol
consenso dei governi dei dominions, hanno funzioni analoghe a quelle del re in Inghilterra.
I limiti al processo di decolonizzazione erano due: le popolazioni di origine europea (britannica e francese in
Canada,olandese e britannica in sud africa,britannica in Australia e Nuova Zelanda) che occupavano
posizioni di preminenza e controllo in presenza di cospicue popolazioni indigene e poi alle colonie
autogovernate non era consentito fare l‟ultimo passo, e cioè il distacco definitivo dal regno unito.
Questo sviluppo ebbe gravi ripercussioni a livello internazionale,culminate durante il processo di formazione
dell‟ONU, quando i dominions britannici si presentarono come stati sovrani aventi diritto al voto in seno
all‟assemblea generale.
Vi sono alcune premesse alla decolonizzazione: i movimenti d‟indipendenza hch si svilupparono tra otto e
novecento in alcuni paesi che si metteranno in evidenza nella conquista della loro sovranità nazionale come
l‟Egitto,l‟india e l‟Algeria; gli istituti creati dalla società delle nazioni x avviare il superamento del sistema
coloniale; i tentativi di Francia e Inghilterra x adeguarsi nell‟amministrazione delle loro colonie alle
sollecitazioni poste dal travaglio della guerra.
Da sottolineare l‟impegno di alcuni governatori coloniali x modificare li rapporto di dipendenza delle
popolazioni coloniali dalla potenza coloniale. Come ad esempio sir Lugard che introdusse in Nigeria il
sistema dell‟indirect rule basato sul coinvolgimento dei sovrani locali come dirigenti dipendenti
dall‟amministrazione britannica.
La seconda guerra mondiale diede al fenomeno della decolonizzazione la spinta decisiva, con la
partecipazione diretta delle dominions al conflitto, cui si accompagnò x loro il raggiungimento della piena
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indipendenza.
A differenza della situazione durante il primo dopoguerra, ora i movimenti di indipendenza si erano
progrediti e le potenze coloniali erano uscite dal secondo conflitto mondiale sostanzialmente sconfitte! In
Francia la disfatta in Europa aveva portato alla contrapposizione interna tra la Francia libera di de grulle e il
regime del maresciallo Petain, che a sua volta aveva leso il prestigio e il controllo della potenza sui territori
coloniali.
Ma anche l‟Inghilterra che resistette in Europa e nel mediterraneo fu sconfitta in Asia ad opera del Giappone.
Nel descrivere il processo di decolonizzazione si possono seguire due linee: quella della politica adottata
dalla potenza coloniale nell‟affrontare la crisi e quella della ricostruzione del movimento d‟indipendenza del
territorio coloniale fino al riconoscimento del nuovo stato.
Alberini distingue x la Francia e l‟Inghilterra due modi differenti di affrontare il problema:
- la Francia , cercando di far accettare successive formule di unione tra madrepatria e i suoi territori d‟oltre
mare, mira a introdurvi forme di governo quasi paritarie arrivando a stabilire un rapporto eco-culturale (come
l‟uso del francese obbligatorio come seconda lingua). In altre parti invece procedette tramite pratiche
repressive, come in Algeria e indovina
L‟Indocina aveva subito durante la guerra l‟occupazione giapponese e gran Bretagna e usa non si
dimostrarono favorevoli,finita la guerra, al ritorno dei francesi. Ci si accordò alla conferenza di Postdam x
una occupazione inglese del nord e della Cina nel sud mentre gli usa si mostrarono favorevoli al movimento
di ho chi min per l‟indipendenza del Vietminh. I francesi comunque riuscirono a riprendere l‟iniziativa e
fecero accordi con l‟Indocina x stabilire l‟indipendenza del Vietnam sotto l‟imperatore Bao Dai.
La vittoria di Mao in Cina però mise tutto in discussione perchè la nuova potenza comunista riconobbe il
vietminh come movimento in lotta contro lo stato fantoccio creato dalla Francia e controllato
dall‟imperatore.
Gli usa fornirono aiuti alla Francia e così di fatto contribuirono al mantenimento di un sistema coloniale; gli
usa così,spinti dall‟anti-comunismo e dalla percezione di interessi in asia orientale, compirono una svolta
inconsapevole e crearono il precedente x il futuro intervento militare nella zona.
I francesi,incapaci di resistere alle pressioni del Vietminh, fecero due dichiarazioni di pace a Ginevra con cui
riconobbero l‟indipendenza della Cambogia trattarono x ristabilire la pace in Indocina: essa prevedeva il
ritiro delle truppe del Vietminh dal nord e parallelamente il ritiro delle forze francesi dal sud e la istituzione
di una commissione internazionale che controllasse il corretto svolgimento entro 2 anni di elezioni con
1referendum sull‟unificazione del Vietnam.
Ancora più antico e complesso il problema dell‟Algeria ove la minoranza dei coloni francesi aveva tratto il
massimo profitto dalla crescita economica del paese nel II dopoguerra. In queste condizioni nel 1954 il fronte
di liberazione nazionale diede inizio a 1movimento insurrezionale. Dopo varie riforme tentate e scontri il
problema non fu risolto e la gravità della situazione portò al governo di fatto de Gaulle (1958) che propose
agli algerini la scelta tra l‟associazione alla Francia o l‟indipendenza. Tale dichiarazione fu accolta
favorevolmente dall‟opinione pubblica internazionale ma fu avversata dai coloni francesi.
Comunque alla fine si arrivò alle trattative di Elvian che si conclusero con gli accordi del 1962 ove la Francia
riconosceva la sovranità dello stato algerino ma conservava x 19 anni la base aero-navale di mers-el-kebir e
gli aeroporti Sahriani x 5 anni. Ai francesi residenti fu concessa la doppia nazionalità.
- Diverso l‟atteggiamento dell‟Inghilterra nell‟affrontare la crisi del suo impero coloniale; ella si prodigò x
arrivare a soluzioni più equilibrate possibile e anche innovative quali il commonwealth che cambiò nome da
commonwealth britannico a “commonwealth delle nazioni”, ove di fatto gli stati del suo vecchio impero
confluirono.
L‟indipendenza dell‟india ha un‟importanza storica che va oltre la semplice decolonizzazione in quanto
determina la nascita del secondo stato del mondo x popolazione pur con il distacco del Pakistan, oltre che
una potenza militare e politica di cui i due blocchi non possono non tener conto, anche nella sua neutralità.
Il Pakistan,il paese più islamico entro il ray britannico, assume 1 importanza cruciale perchè costituisce
100
1prolungamento del baluardo inglese(northern tier) insieme a Grecia Turchia e Iran a scopo difensivo. Però
la presenza al suo interno di minoranza islamiche lo porta ad essere internamente instabile e il luogo perfetto
per lo sviluppo del fondamentalismo. In più il Pakistan ha la bomba atomica!
L‟India realizza l‟indipendenza con l‟assenso dell‟Inghilterra e si proclama repubblica sovrana durante la sua
assemblea nazionale il 22 gennaio 1947, e divenne subito membro del commonwealth.
Gli unici strascichi della decolonizzazione britannica si svolgono nelle ex colonie decise a conservare le
situazioni eco-sociali favorevoli instaurate come in Rhodesia e in sud Africa, staccatosi dal commonwealth e
promotore dell‟apartheid prima di cedere alla maggioranza nera nel 1991. In questi casi il governo di Londra
si staccò e criticò l‟operato dei coloni inglesi.
Definizione: il commonwealth è un‟associazione volontaria di stati indipendenti che avevano rapporti con
l‟Inghilterra o ne erano stati protettorati. Esso non costituisce una terza forza oltre i due blocchi perchè al suo
interno i singoli governi decidono autonomamente la propria politica estera. Vi partecipano: Canada,
Australia, Nuova Zelanda, Srilanka, Sierra Leone, Giamaica, Trinidad, Tobago, Malta, Gambia, Barbados,
Guyana, India, Pakistan, Ghana, Nigeria, Tanzania, Uganda, Kenya ,Zanzibar, Zambia, Singapore,ecc..
Negli anni ‟50 si può collocare la nascita del terzo mondo,la cui denominazione è stata introdotta dalla
pubblicistica francese; più precisamente nella conferenza di Bandung del 18-24 aprile 1955 che riunisce 25
pesi afro-asiatici, tranne il Giappone, che riconoscono i principi ivi sanciti come la condanna del
colonialismo, la necessità dell‟assistenza eco-sociale dell‟occidente e il proposito di seguire una politica di
neutralità nei confronti dei 2 blocchi.
La serie intricata di questioni nazionali, conflitti religiosi del XX sec chiamata problema del medio oriente
nasce con la fine della Grande guerra con la dissoluzione dell‟impero Ottomano che teneva sotto il suo
controllo tutta la zona tra la Turchia propria (Anatolia) e la penisola arabica tra Egitto e Iran.
La situazione era aggravata da alcuni fattori tra cui la definizione artificiosa dei confini dei territori sottoposti
a mandati della società delle nazioni assegnati alla Francia e all‟Inghilterra le quali ne avrebbero gestito
l‟amministrazione fino a che non potessero governarsi da sé, ossia diventare stati sovrani indipendenti: e poi
la presenza di potentati arabi in grado di diventare capi di stati nazioni; la vicinanza di uno stato arabo
organizzato e relativamente moderno come l‟Egitto giunto molto in là ad affermare la sua indipendenza
dall‟Inghilterra e pronto ad accogliere i movimenti islamici anti-occidente; l‟insediamento crescente di
immigrati ebrei entro il mandato britannico in Palestina, alterandone l‟equilibrio eco-socio-religioso e
rendendone così sempre più ardua l‟amministrazione; infine la scoperta di grossi giacimenti di petrolio in
molte aree.
A ciò va aggiunto il ruolo svolto da Nasser in Egitto,la formazione,espansione di uno stato d‟Israele, il
movimento d‟indipendenza palestinese con i suoi coinvolgimenti con gli stati arabi vicini, il ruolo dell‟Iran
nello sviluppo del terrorismo islamico.
Il problema principale nel dopoguerra è per l‟Inghilterra di confermare le posizione del suo vecchio
impero,messe in discussione dall‟Egitto che rivendica l‟indipendenza e il problema del mandato in Palestina.
L‟Inghilterra coinvolse anche il nuovo alleato americano per mantenere l‟ordine in medio oriente anche se
all‟inizio si impegnò solamente x i suoi interessi verso i pozzo petroliferi; con l‟aiuto anche militare usa
l‟Inghilterra vinse anche sul piano diplomatico con l‟unione sovietica imponendole il ritiro delle sue truppe
dall‟Iran.
Nel 1948 però ci fu la novità della creazione di uno stato ebraico in una regione a maggioranza musulmana,
che peraltro non oscurò il principale soggetto della destabilizzazione della zona dell‟epoca e cioè l‟Egitto:
movimento nazionalista e grave crisi eco interna si manifestano in grandi rivolte popolari che portano alla
101
caduta della monarchia e al potere l‟eterogeneo gruppo dei giovani ufficiali, capeggiato dal colonnello
Nasser, uomo forte e con un acceso anti-sionismo e anti-imperialismo e contro gli stati arabi “corrotti”.
Contro anche al patto di Bagdad (1955) tra Iraq, Turchia, Pakistan, Iran e Inghilterra x garantire la stabilità e
la sicurezza del medio oriente, Nasser promosse la politica di non allineamento con gli inglesi e cercò di
ammodernare l‟Egitto sia dal punto di vista militare, x far fronte al problema d‟Israele, sia economico, con la
costruzione di un diga sul Nilo che ne regolasse le piene x garantire territori ampi stabilmente da affidare
all‟agricoltura quale attività economica principale del paese all‟epoca..
Nasser chiese prestiti all‟occidente x i suoi progetti e vedendoseli negare, si rivolse al blocco sovietico che lo
rifornì di armi, e mezzi finanziari x costruire la diga.
In questa situazione di avvicinamento all‟unione sovietica e di scontro con Israele, Nasser prese la decisione
clamorosa di nazionalizzare il canale di Suez e la sua compagnia, di proprietà anglo-francese. Usa e fondo
monetario internazionale si rifiutarono però di finanziare la diga e intanto l‟esercito israeliano si diresse
verso Suez sconfiggendo quello egiziano, e una forza anglo-francese si stabilì come forza d‟interposizione
tra le due contendenti ma in realtà x mantenere lo status quo nel canale.
Tale crisi però segna la fine della preminenza nella zona delle ex grandi potenze,sostituite dalle due
superpotenze (USA e URSS) che bloccano sul piano diplomatico l‟azione anglo-francese mentre il canale
rimane sotto controllo dell‟Egitto.
Il governo di Nasser fu caratterizzato dal dominio tra la maggio parte dei popoli arabi del suo populismo anti
occidentale e terzomondista ; però se sul piano politico il successo ci fu, quello militare decretò la sconfitta
di Nasser, con la sconfitta inflittagli da Israele nella guerra dei 6 giorni (1967), il cui effetto fu di trasferire il
centro anti-sionista dall‟Egitto alla diaspora palestinese con le sue organizzazioni indipendentiste e
rivoluzionarie.
Da qui inizia il problema dell‟affermazione e dell‟espansione dello stato d‟Israele in costante contrasto con
gli altri stati arabi.
Negli anni‟30 più di 200mila ebrei provenienti dalla Germania nazista e dalla Polonia si trasferirono nella
zona, ove già i problemi eco-socilai dei palestinesi erano rilevanti! L‟Inghilterra cercò di risolvere la
situazione imponendo un‟immigrazione ebraica controllata, ma che fu aggirata dall‟immigrazione
clandestina e le organizzazioni sioniste si prepararono ad affermare la propria identità nazionale con le armi.
L‟Inghilterra allora portò la questione in seno all‟ONU che votò la risoluzione n.181 nel ‟47 che stabiliva il
ritiro progressivo delle forze britanniche, l‟instaurazione di uno stato ebraico e uno palestinese entrambi
indipendenti e un regime internazionale x la città di Gerusalemme.
Ovviamente la situazione degenerò dopo l‟abbandono del territorio da parte delle truppe inglesi, con la
proclamazione successiva dello stato d‟Israele. Lo stato ebraico si dimostrò militarmente ben messo e riuscì
a sconfigger 1 fronte formato da Egitto, Giordania, Libano, Iraq e Siria, acquisendo il controllo di ¾ dell‟ex
territorio del mandato britannico e la parte occidentale di Gerusalemme.
Ciò fece sorgere l‟esigenza di inserire tale nuovo stato nella comunità internazionale e del suo
riconoscimento. Le due super potenze furono a primi stati a riconoscere Israele: x l‟URSS uno stato che
simboleggiava lo scacco dell‟impero britannico anche se in futuro avrebbe potuto creare problemi x le sue
simpatie verso gli usa; x gli usa da una parte i democratici che vedevano di buon occhio il nuovo stato e
dall‟altro il dipartimento di stato che avrebbe voluto rinnovare il controllo inglese nella zona.
Comunque il presidente Truman decise per il riconoscimento del nuovo stato, nonostante i sentimenti di
disagio della sua amministrazione che aveva notato il formarsi parallelo di una grave situazione palestinese!
Anche l‟Inghilterra riconobbe il nuovo stato seppur con riserve x la sua occupazione di una parte di
Gerusalemme che sarebbe dovuta rimanere sotto il controllo dell‟ONU.
L‟espansione d‟Israele provocò grandi conseguenza sul piano internazionale: quattro guerre in medio oriente
dominati dalla strategia israeliana della guerra preventiva x conquistare territori e mettere l‟occidente d
fronte al fatto compiuto; un apolitica europea diversa da quella usa e più predisposta a riconoscere i diritti dei
palestinesi e ad agevolare i loro progetti x formare un loro stato. La diplomazia europea in materia fu
102
trasposta nella dichiarazione di Venezia dei nove membri della CE del 1980, secondo cui il problema
palestinese doveva trovare una giusta risoluzione e le colonie israeliane rappresentavano un grave problema
destabilizzante il medio oriente x le modifiche territoriale provocate negli stati arabi,contro il diritto
internazionale!
Le nazioni unite con le loro risoluzioni contrattate cercarono di limitare il territorio israeliano a quello
dell‟antico regno israeliano pre-romano; la sua risoluzione del novembre „48 prevedeva che i luoghi santi
fossero protetti e vi fosse garantito l‟accesso data la sua associazione con ben tre religioni diverse, sotto il
controllo delle nazioni unite, mentre la risoluzione n.242 del 1967 prevedeva lo stabilimento della pace in
medio oriente, comprendente il ritiro delle forze armate israeliane dai territori occupati nel recente conflitto.
La serietà del problema però non fu compresa: Israele, approfittando del casus belli offertogli dall‟Egitto,
bombardò a lungo lo stato egiziano e procedette con un‟offensiva terrestre nella striscia di gaza e nel Sinai,
anche contro la Siria e la Giordania.
Così Israele si trasformò in una piccola nazione di coloni pronta a difendersi militarmente x il proprio diritto
di esistere contro i vicini ostili. Modello di organizzazione militare e grande centro di ricerca tecnologica
avanzata che lo mise in possesso dell‟arma atomica; in più fruitore dell‟importante alleanza con gli usa.
Tuttavia lo stato ebraico di fatto rimaneva isolato e il sistema americano in medio oriente rimaneva fragile:
solo in un caso gli usa poterono affermare di essere giunti a un trattato di pace, quello tra Egitto e Israele del
26 marzo 1979 a Camp David che stabilì il ritiro d‟Israele dal Sinai, identificò il confine tra i 2 stati in quello
internazionalmente riconosciuto tra Egitto e la vecchia Palestina sotto il mandato britannico.
Tale accordo fu ottimo x Israele che così non si trovava più circondato da soli nemici e pure per l‟Egitto che,
insieme alla caduta di Nasser sostituito da Sadat, si avviò alla sua conversione, in avvicinamento agli usa e
allontanamento dall‟URSS.
Gli usa poi così realizzarono il primo e unico risultato irreversibile nella regione,sanzionando la pace tra
Israele e il più potente dei suoi avversari.
L‟Egitto aveva quindi rinunciato alla lotta anti-sionista che passò alla diaspora palestinese,che fu a lungo
sottovalutato dagli israeliani, ma invece già movimento dai connotati di massa e con una identità nazionale.
Tale movimento negli anni ‟50 assunse forme organizzative più o meno rivoluzionarie tra cui al Fatah (la
vittoria) costituita da Arafat. Presto Fatah confluì nell‟OLP portandovi il suo radicalismo e la sua strategia di
lotta armata contro Israele,culminata con la strategia del terrorismo e degli attentati e con la formazione di
gruppi terroristici di fondamentalisti islamici con le implicazioni che ciò poteva avere sull‟occidente
cristiano.
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CAPITOLO XX – LA PRIMA FASE DELLA GUERRA FREDDA. LA FORMAZIONE DEI DUE
BLOCCHI, 1945-1955
La prima fase della guerra fredda è caratterizzata dalla costruzione di due blocchi di alleanze: USA e URSS
situazione di confronto
Il blocco orientale comincia a formarsi all‟inizio della seconda g.m. e raggiunge il massimo livello con il
trattato di amicizia, mutua alleanza e assistenza sovietico-cinese del 1950.
Il blocco occidentale ha origine nel progetto inglese del tempo di uerra di cercare di formare a pace ristabilita
“un gruppo occidentale”.
1- L‟inizio del confronto Est-Ovest: in Europa, nel Medio Oriente, in Asia orientale
La Guerra Fredda che si delinea, si è detto, verso la fine delle ostilità in Europa, deriva dall‟immanente
incompatibilità fra le due parti, anglo-americana e sovietica, occidentale e orientale, della grande Alleanza di
guerra, man mano che il “pericolo tedesco” diminuisce.
Si può seguire la tesi secondo la quale la G.F. ha avuto inizio nel momento culminante della seconda g.m.
quando l‟URSS con la vittoria di Stalingrado assume la consapevolezza di essere una grande potenza
militare.
Ciò che segna in maniera significativa il cambiamento del clima politico generale della pur recente
conferenza di Yalta è il telegramma di Roosvelt a Stalin del 1° aprile 1945; che viene inviato a due mesi
dalla supposta intesa stabilita in Crimea e porta la firma dell‟uomo che più di qualsiasi altro forse aveva
contato di portare avanti nel dopoguerra l‟alleanza di guerra. Il Presidente contesta il modo di procedere
dell‟Urss nell‟ Europa orientale occupata: in particolare in Romania , dove l‟Armata Rossa ha dato le prime
dimostrazioni dei suoi metodi di occupazione e di controllo di un governo ”amico dell‟Unione sovietica”. Il
telegramma però richiama soprattutto all‟osservanza degli impegni di Yalta riguardo al paese che sta più a
cuore agli Stati Uniti, la Polonia.
L‟Europa rappresentava senza dubbio l‟epicentro del confronto e della tensione. Ma dall‟ Europa balcanica
confronto e tensione si estendevano al Medio Oriente lungo il nothern tier, il bastione settentrionale che alla
fine della guerra veniva considerato soprattutto a Londra essenziale per la difesa dell‟Occidente
dall‟espansione sovietica.
Grecia-Turchia-Iran: fra il‟ 45 e il ‟47 i tre paesi furono oggetti del nascente confronto Est-Ovest. La
- Grecia, dove gli inglesi e poi gli americani furono indotti dalla guerriglia comunista a sostenere il
discutibile regime di Atene, fornirà al principio del 1947 il motivo contingente e specifico per
l‟enunciazione della Dottrina Truman.(vedi par. 3).
- La Turchia invece fu subito oggetto di un confronto aperto. La sua posizione strategica di controllo
tra gli Stretti aveva riacceso nella nuova grande potenza sovietica le aspirazioni che già avevano
dominato la politica della Russia zarista. La richiesta della Russia di stabilire fra il Bosforo e i
Dardanelli una base aeronavale fu il segnale di pericolo che portò gli Stati Uniti a impegnarsi sul
piano militare in un area in cui fino allora essi avevano curato soltanto i loro interessi economici. Di
fronte alla richiesta sovietica l‟America si unì all‟Inghilterra, a Postdam, nell‟opporre un rifiuto.
L‟avvertimento avrebbe avuto un seguito nel 1947 con l‟accostamento nella Dottrina di Truman della
situazione della Grecia a quella della Turchia, dove in realtà non c‟era alcun pericolo di sovversione
comunista ma un buon esercito cui mancavano gli armamenti moderni per fronteggiare la Russia,
armamenti che gli Stati Uniti potevano fornire.
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- L‟Iran era stato mantenuto ,durante la seconda Guerra, sotto il controllo a nord dei sovietici e a sud
degli anglo-americani. Finita la guerra gli S.U. ritirarono le proprie truppe il 1 gennaio del ‟46, gli
inglesi il 2 marzo, ma i sovietici rimasero mentre nella parte settentrionale del paese da loro occupata
il partito filosovietico Tudeh era in controllo di una neo Repubblica autonoma dell‟Azerbaijan. La
crisi si impose all‟attenzione internazionale quando l‟Iran si appellò all‟ONU. Ma il delegato
sovietico Gromyco evitò lo scontro dichiarando il 26 marzo che le forze dell‟URSS sarebbero state
ritirate in sei settimane.
2- Formazione del blocco sovietico ‟39 – ‟40 ; politica tra sicurezza ed espansione
Le premesse per la formazione del sottosistema sovietico risalgono all‟inizio del conflitto, quando l‟URSS è
alleata con la Germania nazista.
1939 con l‟alleanza tedesca i dirigenti sovietici cercano la sicurezza
1940 la Russia riprende la politica di potenza zarista abbandonata con la rivoluzione per motivi ideologici ed
economici
Programma: ripresa della pressione sulla Finlandia, l‟estensione dell‟influenza sulla Bulgaria, base militare
negli stretti turchi, pressione sulla regione turca tra mar Nero e mar Caspio.
Questa politica è portata avanti anche quando entra nella Grande Alleanza nel 1941 con Inghilterra e USA,
anche se con la firma della Carta Atlantica devono rinunciare (almeno formalmente) alla politica di
annessione.
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moderata di tensione.
Si tratta di una politica duplice che si basa sul lancio della stampa di regime all‟interno dell‟URSS e di
massicce campagne di propaganda antioccidentale anche al di fuori di essa.
Due anomalie:
1. Visibile: nel 1948 c‟è il distacco della Jugoslavia di Tito con conseguente indebolimento della
posizione strategica dell‟URSS;
2. Insita nella sua stessa natura: nel 1950 l‟alleanza con la Cina di Mao sostituisce l‟accordo con la
Cina nazionalista che prevede aiuto reciproco nel caso di attacco da parte di una potenza straniera, il
Giappone, anche se aiutata direttamente o indirettamente da una quarta potenza (ovvero gli USA).
Questo può essere considerato il punto di arrivo ufficiale della fase di formazione del blocco
orientale degli anni ‟40. La clausola rispecchia il timore della Russia di essere oggetto di una
aggressione „indiretta‟ perché in Asia il solo strumento per un‟aggressione del genere è il Giappone.
Si tratta del primo trattato di alleanza fra i due giganti comunisti.
Anche l‟Alleanza Atlantica che alla fine degli anni Quaranta si contrappone all‟Unione Sovietica trae le sue
origini dal tempo della seconda guerra mondiale.
Dopo lo sbarco in Normandia l‟iniziativa della formazione di un Western Group, di un gruppo occidentale di
paesi europei propensi a stabilire fra loro a guerra finita un sistema di “rapporti stretti” (rivolto, ma non
soltanto, a migliorare la loro difesa,) viene presa dall‟ Inghilterra. In contesto per lo meno incerto ( in cui la
nozione di un pericolo tedesco ha già ceduto il posto a quello di un pericolo sovietico) l‟ Inghilterra e la
Francia sottoscrivono a Dunkerque il 4 marzo ‟47 il primo trattato di alleanza post-bellico, in cui il fattore
antitedesco è ostinatamente presente. Motivazioni del trattato:
1. Opportunità per la Gb di dare un segnale della necessità di unirsi dell‟Europa occidentale
2. Preoccupazione da parte dei leader laburisti di aiutare il debole governo francese
3. Intento antitedesco
Un anno dopo il 17 marzo ‟48 viene stipulato tra Inghilterra, Francia, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo il
Patto di Bruxelles (o Unione Occidentale). Questo si rifà all‟intento della difesa comune contro un
eventuale ripresa dell‟espansione tedesca. Tale intento tuttavia, che è al centro del Trattato di Dunkerque, è
relegato nel Patto di Bruxelles in uno degli ultimi capoversi del preambolo, perdendo quindi significato e
sottolineando come anche l‟Unione Occidentale stesse entrando nella nuova realtà del pericolo di
un‟espansione sovietica (che comunque nel Trattato non viene menzionata). Indica anche come il patto sia
inadeguato a difendere l‟Europa atlantica da un‟invasione sovietica. Il patto di Bruxelles è importante quindi
come indicazione che gli stati europei occidentali vogliono difendersi, che non intendono semplicemente
nascondersi dietro la superpotenza degli Stati Uniti.
Questi, presa coscienza del pericolo sovietico -sulla base emotiva popolare del Secondo Red Scare
(cap.XIV,par.3)- sono portati ad applicare una linea di condotta rivolta ripetutamente al “contenimento”
(containment) dell‟espansione sovietica, direttiva ufficiale della politica degli Stati Uniti fino all‟avvento
della presidenza Eisenhower nel ‟53. Il containment rimane la direttiva ufficiale della politica USA vs
l‟URSS fino all‟avvento della presidenza Eisenhower nel 1953.
Dottrina Truman: Il 12 marzo del ‟47 il presidente Truman enuncia la sua Dottrina, che impegna gli Stati
Uniti a “aiutare i popoli liberi che resistono al tentativo di sottometterli da parte di minoranze armate o
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attraverso pressioni esterne”: una perifrasi per indicare le opposizioni interne ed esterne comuniste sostenute
direttamente o no dall‟Unione Sovietica; tale discorso servirà inoltre per ottenere l‟approvazione del
finanziamento da parte del Congresso alla lotta del governo greco( e turco) contro la guerriglia comunista
interna.
L‟annuncio del Piano Marshall nel discorso del segretario generale di Stato all‟ Università di Harvard (5
giugno) è da considerarsi l‟altra tappa fondamentale della prima metà del ‟47 della via “americana”
all‟Alleanza Atlantica: “il rimedio sta nel ristabilire la fiducia dei popoli dell‟Europa nel futuro economico
dei loro paesi” dice il Piano sottolineando come è nei mezzi economici la capacità di superare il confronto
con l‟Unione Sovietica attraverso la ricostruzione e la promozione del benessere economico dell‟Europa.
Annunciato all‟inizio del giugno del 47, il piano Marshall venne subito affidato per la sua realizzazione agli
europei. L‟offerta degli Stati Uniti era stata rivolta a tutta l‟Europa; ma a Washington si era ansiosamente
consapevoli che se l‟Unione Sovietica avesse aderito al Piano (cosa che non successe essendosi Molotov
ritirato dalla Conferenza per divergenza di vedute rottura fra i “due mondi”) il Congresso non ne avrebbe
approvato il finanziamento. Il 3 aprile ‟48 il Congresso approvò lo stanziamento di 17 milioni di dollari da
corrispondere nei prossimi quattro anni in quote attentamente considerate per la ricostruzione europea ai 16
Paesi firmatari dell‟OECE (organismo di collegamento per la gestione comune dell‟European Recovery
Program). In questi termini si presentava nella prima metà del ‟47 la “via americana” all‟Alleanza atlantica.
I piano :
- È indicazione della cauta calibratura dei fini ai mezzi della politica americana
- Sollecitazione all‟Europa ad adottare nella sua ricostruzione il modello di società economica del
USA
- Tentativo di risolvere il problema dell‟Europa postbellica con mezzi ancora economici
I capi americani partono dalla constatazione che l‟URSS sarebbe in grado di occupare in pochi giorni
l‟Europa occidentale continentale.
4- L‟Alleanza Atlantica
La convergenza tra la via americana e quella europea a un‟alleanza occidentale si ha nei primi mesi del ‟48.
L‟iniziativa è inglese (Bevin propone un‟intesa a Marshall) ed è poco precisa nell‟indicare il tipo di legame
da instaurarsi tra Europa occidentale e USA: cautela usata sia da UK che da USA. Cautela inglese
giustificata dalla cautela USA.
Hickerson (capo dell‟Ufficio affari europei del Dip. di Stato) prende l‟iniziativa dei “Pentagon talks”, con
inglesi e canadesi, nei quali vengono discusse le linee di una collaborazione politica e militare fra i tre paesi;
questi colloqui diplomatici non portano comunque ad alcun impegno concreto il governo USA.
La prima spinta a una vera e propria alleanza è la Risoluzione Vandenberg, approvata dal senato americano
l‟11 giugno 1948.
La Risoluzione promuove lo sviluppo di accordi regionali e fa intendere l‟intervento degli USA in caso di un
attacco armato che minacciasse la loro sicurezza nazionale.
Il Dipartimenti di Stato apre così dei colloqui esplorativi per un accordo regionale con Canada e i 5 Stati
europei firmatari del trattato dell‟Unione Occidentale.
All‟inizio non sembra ci siano progressi per arrivare a una alleanza ma tre cambiamenti stringono i tempi di
accordo:
Washington: diventa segretario di Stato Dean Acheson (al posto del generale Marshall)
Parigi: diventa ministro degli esteri Robert Schumann che capisce l‟importanza strategica di avere
107
un alto peso specifico nelle trattative per raggiungere l‟alleanza; chiede l‟estensione dell‟area di
difesa atlantica a tutta l‟Africa settentrionale e l‟inserimento dell‟Italia nell‟alleanza
Oslo: la Norvegia abbandona la tradizionale politica di neutralità per chiedere un valido sostegno
dell‟Occidente.
Ci sono due linee di pensiero: quella inglese che sostiene una concezione atlantica e nordica dell‟alleanza, e
quella francese che concepisce un alleanza che si estende nel mediterraneo e comprenda anche l‟Italia.
Alla fine Acheson cede alla richiesta francese e gli inglesi si arrendono a una guida americana dell‟alleanza +
Hickerson ottiene di poter informare gli stati non partecipanti ai colloqui la cui adesione era desiderata che
avrebbero potuto partecipare alla discussione finale precedentemente firme.
4 aprile 1949 viene firmato a Washington il Trattato dell‟Atlantico Settentrionale. Invitati anche NOR, ITA,
DAN, IRL, PORT.
Caratteristiche: non nomina alcun avversario e si riferisce all‟opportunità di sviluppare le condizioni atte a
garantire la stabilità e il benessere. La parte più importante è l‟art 5 che stabilisce l‟impegno dei membri a
intervenire in caso di attacco armato contro uno di essi. L‟accordo è valido 20 anni.
A metà della formazione dei blocchi di alleanze contrapposte si colloca la guerra di Corea.
Alla fine della II Guerra Mondiale la penisola coreana si ritrova divisa all‟altezza del 38° parallelo in due
Paesi differenti sotto controllo sovietico (nord) con Kim Il Sung e statunitense (sud) dispotico ma
anticomunista con Ryngman Rhee.
La guerra scoppia il 25/6/1950, quando formazioni militari Nordcoreane superano la linea del 38° parallelo e
la limitrofa zona smilitarizzata, invadendo la Corea del Sud. Stalin non sembra essere coinvolto in prima
persona nella progettazione dell‟attacco. Gli USA mandano immediatamente aiuti militari allo stato
meridionale e denunciano l‟aggressione “non provocata” all‟ONU. Le Nazioni Unite però non sanzionano
subito l‟appoggio alla Corea del Sud nutrendo forti dubbi sulla non provocazione dell‟attacco. Gli USA
allora cambiando linea d‟azione chiedono che siano inviati almeno mezzi sufficienti a ristabilire la pace nella
zona e a difendere la Corea del Sud. Questa proposta viene accettata dal CdS delle Nazioni Unite anche
grazie all‟assenza della Russia per protesta contro il rifiuto USA di ammettere la Cina all‟ONU, ma la guerra
sembra essere subito considerata solamente come americana, poiché vi partecipano pochissimi soldati di
altre nazioni. La risoluzione permette ai membri ONU di inviare assistenza sufficiente da respingere l‟attacco
armato e ristabilire la pace. È la prima autorizzazione ad un attacco armato dell‟ONU. In particolare
l‟Inghilterra si limita a fornire “supporto morale” agli Stati Uniti, suo principale alleato.
Gli USA: pensano che il conflitto avrebbe dato origine ad un nuovo sistema di sicurezza dal quale i
comunisti sarebbero stati esclusi
La GB: pensa che l‟episodio coreano sia un incidente su cui su può passare sopra, e, terminata la guerra, ogni
cosa deve tornare come prima.
La Cina interviene nella guerra con contingenti di “volontari” che combattono per il regime nordcoreano.
Ciò potrebbe convincere il generale Mac Arthur ad estendere la guerra alla Cina. Egli viene però fermato dal
presidente Truman ed estromesso dal comando prima di riuscire nel suo intento. Si aprono negoziati tra le
parti che portano ad un armistizio e al termine della guerra il 27/7/1953 con un verdetto di sostanziale
pareggio. Viene ristabilita la divisione fra le due coree lungo il 38° parallelo.
Dopo la guerra l‟alleanza Atlantica si trasforma in NATO (detta anche Organizzazione dell‟Alleanza)
dotandosi di una struttura militare stabile. Essa divide l‟area geografica del Nord Atlantico in 5 zone
strategiche (Atlantico settentrionale, europa settentrionale, europa occidentale, europa meridionale,
mediterraneo occidentale) e aumenta di effettivi per poter difendere l‟Europa Occidentale a partire dal
108
territorio tedesco. Il principio della partecipazione all‟Alleanza della Germania Ovest viene formulato
chiaramente.
- In questo periodo si hanno le prime forme di integrazione europea: CECA, CED e CPE.
- Penisola Iberica: zona strategicamente fondamentale per gli USA. Essi si propongono di tenere aperta la via
di Gibilterra mediante un accordo militare col regime di Franco (1953) e l‟instaurazione di basi aeronavali
nella Spagna meridionale.
- RFT: la Germania dell‟Ovest o Repubblica Federale Tedesca viene inserita nella NATO il 5/5/55 (ma dai
clamoroso!) grazie ad un percorso iniziato nell‟ottobre 1954 che culmina in altri due trattati (oltre a quello di
inserimento nella NATO).
1. Sanziona la fine dell‟occupazione franco-anglo-americana della RFT e il secondo
2. che fa accedere la RFT alla UEO (Unione Europea Occidentale) insieme all‟Italia.
3. Invito della RFT ad aderire alla NATO 5 maggio 1955
- Estremo Oriente: il 1/10/1951 viene firmato il trattato chiamato ANZUS (patto di sicurezza del pacifico) tra
Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti che insieme al trattato di pace e militare tra gli USA e il Giappone del
8/10/1951 completa l‟opera di creazione del blocco occidentale nel Pacifico. Australia e NZ sono vincolate al
sistema strategico americano.
- India: non allineata a nessuno dei due blocchi ma porta avanti un suo progetto per l‟arma nucleare e una
politica estera instabile nei confronti dei suoi vicini.
- Indocina: le potenze coloniali europee si ritirano da questa zona (Francia) come dal Medio Oriente (UK)
lasciando campo libero agli USA per un “trasferimento di potenza” a loro favorevole. La Francia in
particolare abbandona la zona del sud-est asiatico dove sorgono nuovi stati nazionali come Laos, Cambogia e
Vietnam. Si cerca di creare un‟alleanza regionale in concomitanza con il potenziamento della NATO e del
sistema strategico USA. Nasce la SEATO, composta da USA, Australia, Nuova Zelanda, Francia, UK,
Pakistan, Thailandia e Filippine la quale (art. 2) “impegna ciascuno stato membro ad organizzarsi per
respingere attacchi eventualmente aprendosi ad aiuti occidentali” (in particolare quelli USA). Essa si rivela
comunque insufficiente a risolvere i problemi regionali e causerà l‟intervento diretto degli USA nella guerra
del Vietnam. Nel Sud-Est asiatico si cerca di creare uno strumento diplomatico a lungo raggio per riempire il
vuoto strategico che preoccupa gli USA: l‟Organizzazione del trattato dell‟asia sudorientale o SEATO fra
USA, Austrialia, NZ, FR, GB, PAK, THAI, FILIP è un prolungamento della NATO in Asia: prima svolta
del problema specifico del sud est asiatico.
Dichiarazione del rappresentante USA Bedell Smith: “i popoli hanno diritto a decidere del proprio avvenire e
gli USA non si associano ad alcuna iniziativa che possa impedirlo” avvertimento al Vietnam del Nord. È
l‟atto preparatorio a un intervento USA? NO, è solo una presa di posizione diplomatica non troppo
vincolante, punto di partenza per il suo interesse nella regione.
- Medio Oriente: al ritiro inglese dalla zona non corrisponde un preciso impegno “in sostituzione” del loro
junior partner da parte degli USA. La GB cerca di creare una Middle East Defence Organization o MEDO,
ma non trova corrispondenza a Washington. Ma alla GB non si poteva più affidare la responsabilità della
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difesa del medio oriente. Ciò specialmente per quanto riguarda l‟Iran che alla fine degli anni ‟40 crea
parecchia tensione tra i due alleati per motivi economici (petrolio, nazionalizzazione della Anglo-Iranian Oil
company da parte di Mossadegh) e strategici (un pianificato attacco inglese in territorio iraniano per
scoraggiare la confinante URSS dall‟intraprendere azioni di pressione nella zona, che però alimenta la
difformità di vedute tra USA e GB). Alla fine si arriva ad una situazione di compromesso che soddisfa
entrambe le potenze occidentali e lascia l‟Iran in rapporto diretto e bilaterale con gli USA, scavalcando la
NATO e la SEATO. USA gestiscono dall‟esterno il colpo di stato che estromette Mossadegh dal governo
(1953). l‟Iran resta in rapporto diretto con gli USA e ciò garantisce l‟appoggio di una potenza militare
regionale in rapido progresso. L‟Iran sta a sé anche per una connessione fra interessi strategici antisovietici e
interessi economici petroliferi. Questa situazione dura fino al 1979 quando la rivoluzione scaccia il re ed
instaura la repubblica islamica.
6- Il patto di Varsavia
L‟anno che l‟Unione Sovietica ritiene essere di svolta è il 1949: non solo per via della creazione
dell‟Alleanza Atlantica da parte dell‟Occidente, ma anche per la volontà di destabilizzare l‟Europa orientale.
Da notare però che gli eventi di quegli anni non ebbero, o non ebbero subito, le conseguenze che vennero
loro attribuite dalla storiografia.
Innanzi alla guerra di Corea il regime staliniano cercò di farne un punto di partenza per la revisione della
posizione dominante degli Stati Uniti in tutta l‟area dell‟Asia orientale-Pacifico occidentale. All‟avvio dei
negoziati lasciò che fosse il leader cinese a trattare per un armistizio.
Le prospettive di Stalin vennero però cancellate dal trattato di pace che gli Americani stipularono con i
Giapponesi nel settembre 1951, il quale confermava la loro posizione dominante nell‟area.
L‟URSS non mostrò comunque di voler affrontare una soluzione negoziata per la questione coreana; il che
portò ad un primo raffreddamento dei rapporti con la Cina di Mao.
Stalin morì il 5 marzo 1953. Nei mesi che seguirono la sua morte si passò da un regime di dittatura personale
a un sistema di governo autoritario nel quale, accanto al nuovo segretario del PCUS, Nikita Krusciov,
emerse un nuovo gruppo ristretto di uomini: si notano Georgij Malenkov, primo ministro, e Vjnceslav
Molotov, ministro degli esteri.
Le ripercussioni sul problema coreano furono quelle di affrettare i negoziati con l‟intento di arrivare
rapidamente ad una soluzione: il ministro degli esteri cinese poté concluderli il 2 aprile, dopo l‟approvazione
di Molotov.
Il prossimo passo fu quello di regolare i rapporti con la Jugoslavia di Tito, ritenuta ormai dai sovietici al pari
degli altri stati borghesi. Soprattutto per via del Patto balcanico che essa aveva stipulato con Grecia e
Turchia.
Per quanto riguarda invece l‟area dell‟Europa centrale, e in particolare della Germania, dove si era indecisi
se portare avanti una politica di unificazione della Germania oppure lasciare Walter Ulbricht portare avanti il
suo progetto di stato separato: i successori di Stalin apparvero inclini a realizzare un progetto di unificazione.
Nella sessione del Consiglio dei Quattro Ministri degli Esteri di Berlino del 1954, Molotov dichiarò
separatamente a Dulles e Eden che desiderava realmente un‟intesa per arrivare ad una soluzione; la proposta
non si dimostrò realmente convincente soprattutto per via della poca chiarezza nei rapporti con Mosca.
110
La situazione cambiò con l‟entrata della Repubblica federale di Germania nella NATO: il 25 aprile del 1955
il governo sovietico emanò la dichiarazione che non avrebbe più fatto parte del Consiglio dei Quattro in
previsione di una riunificazione tedesca.
Il consolidamento del blocco orientale si ebbe meno di due mesi dopo, con l‟inserimento della Repubblica
democratica tedesca nel Patto di Varsavia.
Il Trattato di Amicizia, Cooperazione e Assistenza reciproca fra otto stati dell‟Europa centro-orientale
(unione Sovietica, Polonia, Repubblica Democratica tedesca, Cecoslovacchia, Romania, Ungheria, Bulgaria,
Albania) fu sottoscritto nella capitale polacca il 14 maggio 1955. Senza sostituirsi ai trattati bilaterali stabiliti
dall‟Unione Sovietica fra il 1943 e il 1948, il Patto si richiamava esplicitamente alla situazione che si era
venuta a creare in Europa in seguito alla ratifica degli accordi di Parigi: la formazione di un nuovo
raggruppamento militare (Unione Occidentale) con l‟integrazione della Germania aumenta il pericolo di
un‟altra guerra.
Indicato come motivo di base per la sua costituzione il riarmo della Germania, il Patto stabilisce che gli stati
si consultino ogni volta che si prospetti il pericolo di un attacco armato contro di essi.
Nell‟esercizio del diritto alla difesa individuale o collettiva si darò immediata assistenza con tutti i mezzi,
compreso quello dell‟uso delle forze armate, allo stato o agli stati attaccati.
Il Patto di Varsavia si discosta dal Trattato nordatlantico del 1949 principalmente per due principali motivi:
Nell‟indicazione della creazione di un comando unico a capo del quale viene nominato il maresciallo
sovietico Koniev, con uno Stato maggiore di cui fanno parte i rappresentanti permanenti dei comandanti
degli stati firmatari.
Si attribuisce una durata di venti anni e si dichiara che il Patto cesserà di essere operante nel momento in
cui venga organizzato un sistema di sicurezza collettiva in Europa.
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CAPITOLO XXI
L’AVVENTO DEL SISTEMA BIPOLARE E LE SUE CRISI, 1956-1973
E‟ il periodo della guerra fredda in cui il sistema bipolare domina e condiziona la scena internazionale: le due
superpotenze si confrontano in modi e forme spesso esclusive in crisi internazionali (la più lunga e difficile è
quella del Vietnam) che esse superano non senza tensioni.
In tutto questo, l‟Europa cerca di affermare la sua capacità di sopravvivere tra le superpotenze.
1. Il 1956: crisi parallele entro i blocchi e affermazione conflittuale del sistema bipolare
Il patto di Varsavia completa la formazione dei blocchi contrapposti. La morte di Stalin, intanto, aveva
indotto cambiamenti radicali nella politica estera sovietica:
Liquidazione del conflitto in Asia orientale
Ristabilimento dei rapporti con Tito
Superamento della questione tedesca con l‟avvallo della DDR.
L‟Urss torna quindi a concentrarsi sull‟Europa, definendo anzitutto la pace con l‟Austria per chiudere il
problema e garantirsi la tranquillità in quella parte del confine con l‟Occidente.
Il trattato (15 maggio 1955) si richiamava alla dichiarazione di Mosca del 1943 e non conteneva alcuna
condizione riguardo la neutralità del nuovo stato.
Passaggio successivo fu il vertice a 4 (Urss, Usa, Gb, Fra) convocato a Ginevra per discutere del problema
tedesco.
Alla proposta di Eisenhower di una Germania unificata ed autorizzata ad entrare nella Nato Krusciov rispose
con l‟idea di una Germania smilitarizzata e neutrale, rifiutandosi al contempo di parlare dell‟Europa orientale
sovietizzata (e te pareva ndr). Di fatto, il vertice di Ginevra sanzionò la divisione della Ger.
La dirigenza sovietica riteneva così di aver raggiunto u assetto sufficientemente stabile ai margini del blocco
sovietico, anche perché in quegli anni le maggiori incognite si presentarono entro il patto di Varsavia, in
Polonia, Ungheria e Albania.
L‟Albania scelse di rimanere staliniana e di conseguenza antititoista ed antisovientica, per poi
divenire maoista ed assumere il suolo di testa di ponte cinese in Europa.
In Polonia tornò al potere Wladoslov Gomulka, esponente della via nazionale al comunismo. Riuscì
a garantire la fedeltà a Mosca in funzione antitedesca e una liberalizzazione controllata, evitando
così l‟intervento militare sovietico.
Le cose andarono molto diversamente in Ungheria, che finì col diventare centro della prima
rivoluzione nazionale antisovietica (1956). L‟anno si aprì con la denuncia dei crimini di Stalin (ma
non era un grande statista? Forse ricordo male quello che scriveva l‟Unità… ndr) al XX congresso
del Pcus.
In Ungheria Imre Nagi decise di accogliere allora la collaborazione delle forze popolari interne al
socialismo e di uscire dal patto di Varsavia inaugurando una politica di neutralità. La dirigenza
sovietica interpretò la cosa come un attacco all‟integrità del blocco orientale e reagì ordinando alle
truppe sovietiche presenti in Ung di intervenire (mentre in Italia un certo Giorgio Napolitano,
deputato del Pci, diceva che l‟intervento sovietico “serve per riportare la pace” ndr). Nagy,
sottoposto a giudizio con altre centinaia di partecipanti alla rivoluzione ungherese, fu condannato a
morte nel 1958.
Nello stesso 1956 anche il sistema occidentale è scosso da una prima ed importante crisi interna, quella di
Suez.
In Usa era salita al potere (1953) l‟amministrazione repubblicana, guidata dal (mitico!) generale Dwight
Eisenhower e con il segretario di stato John Foster Dulles. Garantendo nell‟anticomunismo la continuità con
112
l‟amministrazione democratica (anche a causa delle influenze del maccartismo) apportò comunque notevoli
modifiche alla politica estera americana. La più importante fu la sostituzione della strategia del containment
con quella del roll back, cioè dell‟arretramento del controllo dell‟Urss sui paesi dell‟Europa orientale. Questa
strategia si fondava sulla ritorsione massiccia e sulla risposta asimmetrica, cioè sulla volontà di dare una
risposta più forte ed estesa ad un attacco subito, anche con l‟utilizzo di armi nucleari in risposta ad attacchi
convenzionali ed anche in altre zone del mondo rispetto a quella dell‟attacco.
L‟amministrazione americana allora si preoccupò meno dell‟Europa, considerata abbastanza stabile, per
concentrarsi su altre aree del pianeta:
In asia orientale Chiang Kai-shek seppe condizionare la politica di Dulles in funzione filo-taiwan e
ciòportò gli americani a respingere le richieste di aiuto della Cina, ansiosa di diminuire la sua
dipendenza dai sovietici.
Altro punto di interesse è il sud-est asiatico
Infine, in coincidenza con il nuovo impegno in Iran, è indotta a guardare alla crisi di Suez e al medio
oriente arabo.
La crisi di Suez:
1. Il 26 luglio 1956 Nasser annunciò la nazionalizzazione del canale. Eden evidenziò i rischi per
l‟approvvigionamento di petrolio inglese ed il governo decise all‟unanimità che, se non fossero
bastate le pressioni politiche ed economiche sull‟Egi, si sarebbe agito con la forza.
2. Eisenhower inviò Dulles a Londra facendo notare che gli Usa avrebbero consentito l‟uso della forza
solo se fosse stato appoggiato dall‟opinione pubblica mondiale. Dulles si fece anche portatore
dell‟iniziativa di creare un‟associazione degli utenti del canale, che però su svuotò ben presto di
significato.
3. Gb e Fra si rivolsero al Consiglio di Sicurezza dell‟Onu che stabilì i principi per la regolamentazione
del canale, mentre il veto sovietico bloccò l‟associazione degli utenti. E‟ il primo intervento palese
dei sovietici nella crisi (l‟appoggio a Nasser era noto da tempo), che prima era rimasta
essenzialmente occidentale.
4. Interessi coinvolti: La Gb voleva difendere le sue posizioni in m.o. ereditate dalla fine della seconda
guerra mondiale e che erano indispensabili per i suoi interessi petroliferi. La Fra aveva grandi
interessi privati coinvolti nel canale, e Isr, in continuo contrasto con l‟Egi, aveva interessi paralleli a
quelli delle due potenze europee. Gli Usa avevano spinte diverse: l‟anticolonialismo, la tendenza a
considerare il m.o. zona di influenza inglese (ma i crescenti interessi petroliferi in Ira e ArS stavano
facendo cambiare idea), la circostanza che quella fosse un‟area in cui (almeno fino all‟appoggio
sovietico a Nasser) l‟anticomunsimo fosse difficilmente cavalcabile e, soprattutto, le elezioni
imminenti, con Eisenhower che voleva essere rieletto sulla base di una piattaforma di pace.
5. Dato che ad ottobre la situaizone era in stallo, Fra Gb e Isr concordarono un piano di intervento
(attacco Isr all‟Egi e successivo intervento di Gb e Fra per occupare il canale). Sottovalutarono però
gli avvertimenti americani sulla vicinanza delle elezioni.
6. Scattato il piano, Eisenhower portò (come aveva avvertito) la questione all‟Onu, avversando la
politica imperialistica di Eden e consapevole dell‟incognita sovietica.
7. L‟assemblea generale invitò i quattro stati a cessare il fuoco e stabilì la creazione di un comando Onu
per una forza internazionale d‟emergenza.
8. I sovietici cercarono di scavalcare l‟Onu proponendo agli Usa un intervento a due. La chiusura
americana li portò a formulare un ultimatum a Gb Fra e Isr.
9. Il 6 novembre (giorno delle elezioni) Eisenhower convinse Eden a sospendere le operazioni militari,
e la crisi si chiuse solo a fine novembre.
113
La crisi del 1956 fu anzitutto una crisi dell‟Europa occidentale ed orientale, l‟una e l‟altra umiliate e rivelate
nelle rispettive condizioni di impotenza. Fra e Gb dimostrarono di non essere più in grado di agire come
potenze imperiali, mentre la rivoluzione ungherese dimostrò quanto fosse inutile, per i paesi dell‟Europa
dell‟est, cercare di sottrarsi al giogo sovietico (che, ricordiamo, era il paradiso dei lavoratori ndr). Il sistema
bipolare delle superpotenze non risultò mai con tanta evidenza quanto nel periodo che seguì.
Dobbiamo poi sottolineare tre conseguenze importanti della crisi del 1956:
Il fallimento delle potenze europee pone fine all‟epoca del colonialismo ma non compromette la
capacità dell‟Europa di presentarsi come regione del mondo impegnata nel superamento dei suoi
difetti storici di violenza e conflittualità proponendosi come modello di comunità
transnazionale/plurinazionale. Solo un anno dopo la Fra è impegnata nell‟integrazione europea con i
trattai di Roma e 7 anni dopo Fra e Ger sanzionarono il superamento dei secolari conflitti, divenendo
l‟asse portante della politica europea del XX secolo.
La crisi di Suez fu l‟occasione in cui gli Usa identificarono con maggior successo e coerenza la loro
politica con quella dell‟Onu.
114
Lib: il presidente cristiano Chamoun fece appello agli Usa nel mezzo della guerra civile, e questi
intervennero con 10.000 uomini;
Gio: le truppe aviotrasporate inglesi occuparono Amman per controllare la situaizone.
Questi ultimi interventi suscitarono le proteste sovietiche, francesi e dei paesi non allineati, mentre il fronte
arabo antoccidentale guardava sempre con maggior interesse all‟Urss.
Di fronte alla nuova crisi del m.o. la Lega Araba propose all‟Onu una risoluzione secondo la quale il m. o.
non doveva essere coinvolto in conflitti tra stati esterni all‟area, che fu approvata all‟unanimità.
Eisenhower ribadì che “in questo ed altri settori è data la possibilità agli Stati Uniti di partecipare
all‟assolvimento di un grande compito internazionale” e precisò che era necessario uno studio sull‟afflusso di
armamenti pesanti nelle nazioni coinvolte nelle ostilità del 1958. La politica estera di Washington indicava
chiaramente che il m.o. era entrata nella sfera degli interessi politico-strategici americani.
Crisi degli Stretti: anch‟essa non coinvolse direttamente l‟Urss. In risposta alla SEATO e timoroso che gli
Usa potessero stringere un‟alleanza con la Cina nazionalista Mao volle scoraggiare gli americani
bombardando le isole di Quemoy e Matsu negli stretti di Taiwan e controllate dai nazionalisti. Dulles recepì
il messaggio e, pur stipulando l‟alleanza con Chang Kai-shek (di cui non si fidava pechè pensava che volesse
coinvolgere gli Usa in una guerra anti-cinese) lo obbligò a rinunciare ad attaccare il continente senza
l‟autorizzazione americana ed a non coinvolgerli nella difesa delle isole da lui occupate di fronte al
continente.
In ogni caso, Mao si fermò perché, anche se non era riuscito a scongiurare l‟alleanza Usa-Taiwan sapeva che
gli alleati europei erano preoccupati e che avrebbero scoraggiato il presidente americano ad andare oltre. La
mossa cinese però preoccupò anche Mosca, e nella seconda metà degli anni 50 i legami russo-cinesi
cominciarono a logorarsi. Nel 1959 Krusciov richiamò i tecnici sovietici in Cina dopo che da anni aveva
disatteso le aspettative di Mao nell‟aiutarlo a costruire la bomba atomica cinese.
115
Dato che gli incontri non si risolsero in modo positivo, Eisenhower invitò Krusciov a Camp David. Tuttavia
il presidente americano si limitò a constatare l‟anomala situazione di Berlino ed il russo a non premere per
una soluzione del problema fino al successivo vertice delle quattro potenze. I risultati pratici della visita,
quindi, furono minimi.
Il problema tedesco rimase al centro dell‟agenda anche quando i rapporti tra i due blocchi, alla fine degli
anni 50, si fecero di nuovo tesi.
Il vertice a 4 di Parigi (16 maggio 1960) fallì prima ancora di cominciare, perché Krusciov, pressato dai
cinesi, chiese ad Eisenhower scuse formali dopo l‟abbattimento di un U2 nei cieli sovietici. Nella sua
seconda visita in America, poi, Krusciov tenne spesso un atteggiamento polemico e cercò di approfittare
dell‟inesperienza del nuovo presidente per ottenere una vittoria diplomatica a Berlino.
JFK ereditò dalla precedente amministrazione una conclamata superiorità militare globale, ma anche una
serie di scenari gravidi di incognite:
In Laos le posizioni occidentali andavano rapidamente deteriorandosi, aprendo la strada alla crisi del
Vietnam;
L‟Urss stava penetrando in Africa approfittando della situazione del Congo;
Krusciov non aveva nessuna intenzione di mollare la presa su Berlino Ovest, approfittando anche del
fallimento dell‟operazione della Baia dei Porci e della conseguente incertezza dell‟amministrazione
americana.
I sovietici sollecitarono quindi un nuovo incontro al vertice a Vienna, in cui si discusse di Laos e di Berlino
senza però arrivare ad alcuna soluzione.
Come consgeuneza del fallimento del vertice, l‟occidente si preoccupò di rendere più efficiente il suo sistema
strategico in Europa e la DDR chiuse, fra il 12 e 13 agosto 1961, le vie di comunicazione tra le due parti di
Berlino dando inizio alla costruzione del muro.
Questa iniziativa rappresentò una sorta di stabilizzazione della situazione tedesca e quindi europea, che si
esprimerà nel decennio seguente sia nella Ostpolitik della RFT sia nel “processo di Helsinki”.
116
Considerazioni preliminari per inquadrare la crisi dei missili di cuba.
Fu certamente un confronto tra le due superpotenze, crisi emblematica del sistema bipolare. Tuttavia
non bisogna sottovalutare il terzo fattore della crisi, ossia la Cuba castrista. Infatti, le origini della
crisi dei missili si devono in gran parte alle tensioni tra Usa e Cub e Krusciov non avrebbe mai avuto
l‟opportunità di installare i suoi missili se JFK non avesse tentato di espellere Castro e la sua
rivoluzione dall‟emisfero.
Altro aspetto da tener presente è il collegamento tra Cuba e Berlino, secondo cui i sovietici volevano
rifarsi dell‟insoddisfacente situazione della città tedesca.
In ultimo, Krusciov non poteva lasciarsi sfuggire l‟occasione di riequilibrare la capacità americana di
colpire direttamente il territorio sovietico dalle vicine postazioni missilistiche della Nato in Europa.
Castro accettò subito la proposta sovietica di installare i missili a Cuba, che cominciarono ad arrivare nel
settembre 1962.
L‟amministrazione americana ebbe informazioni sempre più rilevanti, finché il 15 ottobre vennero mostrate
al presidente le foto delle rampe di lancio a San Cristobal. Nelle riunioni del comitato esecutivo del National
Security Council emersero diverse posizioni:
Quella minimizzante di Robert McNamara, segretario alla Difesa;
Quella di intavolare trattative dirette con l‟Urss offrendo la chiusura di Guantanamo o il ritiro dei
missili in Italia e Turchia fatta da Adlai Stevenson, rappresentante all‟Onu;
L‟ipotesi di un attacco militare a Cuba
Il blocco navale, per il quale alla fine JFK propese il 21 ottobre. Era l‟ipotesi che aveva le maggiori
probabilità di avviare un confronto con i sovietici senza innescare un‟escalation incontrollabile della
crisi.
Il 22 ottobre JFK rese pubblica la crisi in un intervento televisivo ed inviò una lettera a Krusciov avvisandolo
che gli Usa “non potrebbero tollerare alcuna azione che disturbasse in modo decisivo l‟equilibrio di potenza
del mondo”.
Mentre JFK era impegnato ad ottenere dall‟OAS l‟approvazione del blocco, iniziò uno stretto scambio di
missive tra i due leader. L‟inizio della corrispondenza coincise con un inasprimento della crisi, mentre
entrarono in gioco anche altri protagonisti, come il segretario generale dell‟Onu.
Nelle sue risposte, comunque, Krusciov insisteva sulla diversa valutazione che Usa e Urss facevano dei
missili a Cuba (offensivi per i primi, difensivi per i secondi) e Kennedy rispose dando corso ad un progetto
di mediazione basato sul ritiro dei missili e sulla contemporanea assicurazione americana di evitare qualsiasi
invasione di Cuba.
Dal compromesso esulavano, ovviamente, gli aspetti più segreti e compromettenti: l‟assicurazione privata
fatta da JFK di ritirare i missili dalla Turchia o la preoccupazione sovietica che Castro volesse coinvolgerli a
tutti i costi in una guerra contro gli Usa.
La crisi di Cuba rappresentò il culmine di un processo storico che si era sviluppato in parallelo alla ripresa
del problema tedesco. Non fu comunque soltanto l‟effetto dirompente della volontà sovietica di procurarsi
una parità di potenza con gli Usa. Bisogna infatti tener conto del fattore cubano, cioè della volontà di Castro
di procurare una stabile garanzia alla sopravvivenza del suo regime.
Il quadriennio 1958-1962 si presenta quindi come un periodo breve ma ricco di aspetti dimostrativi, di
tensioni, di colpi di scena, di aperture e di conferme. Ciò
Per la nettezza bipolare del confronto Usa-Urss;
Per la varietà di settori del globo coinvolti in rapida successione;
Per il rischio di conflitto diretto tra le superpotenze, che non fu mai eguagliato in quasi mezzo secolo
di guerra fredda.
117
4. Gli StatI Uniti e il Vietnam, 1961-1968.
La guerra del Vietnam può considerarsi una crisi? Di solito il termine indica l‟aggravarsi di una questione
internazionale, fino a raggiungere il massimo della tensione e del rischio di guerra, per poi attenuarsi,
qualche volta risolversi, svanire. E 14 anni sono un po‟ troppo lunghi perché si possa parlare di crisi.
Tuttavia il conflitto che coinvolse il sud est asiatico presenta tante caratteristiche della crisi, tali da indurre, in
mancanza di un termine più appropriato, a chiamarlo così.
Componenti fondamentali:
L‟impegno iniziale (e dai risultati sconfortanti) di sostengo militare indiretto degli Usa al Vitenam
del Sud (d‟ora in poi denominato SVie);
L‟impegno diretto, a partire dal 1965, contro il NVie e la guerriglia vietcong, con devastanti
conseguenze internazionali ed interne;
Il rapporto sempre insoddisfacente tra gli Usa e il SVie;
Il rapporto tra gli Usa e le maggiori potenze comuniste, che appoggiavano economicamente e
militarmente il NVie;
Il rapporto tra le due potenze comuniste, segnato da sorda rivalità.
Per comprendere la crisi, però, bisogna concentrarsi sui fattori che riguardano gli Usa al loro interno:
L‟anticomunismo, risalente alla prima metà del secolo. E‟ il fattore che per anni accomuna Johnson
all‟opinione popolare e gli procura un largo consenso anche quando non appare giustificato dal
fallimento della sua politica di americanizzazione del sud est asiatico.
L‟idea dell‟effetto domino, secondo cui il comunismo si espande trasferendosi naturalmente da un
paese all‟altro. Questa teoria condiziona un‟intera fase della politica americana.
La mancanza di una dichiarazione di guerra (sostituita in qualche modo dalla risoluzione del
Tonchino) per cui gli Usa scivolarono nella guerra senza che il paese fosse stato realmente
consultato;
La mancanza, da parte dei comandi militari, di una strategia che lasciasse prevedere una vittoria;
La disunione interna provocata da un‟opposizione all‟intervento a lungo minoritaria ma articolata e
fiondata sulle risorse umane più promettenti del paese;
La crisi di identità nazionale sviluppatasi dopo anni di una guerra senza via d‟uscita e dagli scopi
sempre più esposti a critiche e dubbi in un paese tradizionalmente attaccato ai valori umanitari ed ai
principi democratici;
La crisi economica che alla fine colpisce il sistema economico-finanziario di gran lunga piàù forte
del mondo;
La scelta di una guerra che provoca ben presto un‟escalation di distruzioni, brutalità e morti militari e
civili contemporaneamente a quella dell‟introduzione del nuovo welfare state di Johnson.
Il Vietnam era da almeno 4 anni una fastidiosa incognita nella politica estera americana. Incognita che risale
anche al 1954, quando gli Usa si dissociarono dagli accordi di Ginevra sulla fine del dominio francese in
Indocina ritenendo inaccettabili le clausole che riguardavo il Vietnam ed i suoi successivi sviluppi politici.
All‟inizio del 1961 l‟amministrazione Kennedy aveva crisi più urgeni e vicine cui pensare, ma nonostante
questo JFK emanò un presidential program for Vietnam imperniato sul rafforzamento militare del SViet e
sull‟aumento dei consiglieri militari americani.
Intanto, inviò a Saigon il vicepresidente Johnson per rendersi conto della situazione del regime di Ngo Dinh
Diem, ripetutamente invitato dagli Usa a liberalizzare il governo del paese.
Johnson riferì che la scelta era tra offrire il massimo aiuto possibile o gettare la spugna. JFK inviò allora il
suo consigliere per gli affari militari, gen. Maxwell Taylor, il cui rapporto però rivelò l‟incapacità degli
osservatori statunitensi di formulare analisi globali fondate su una sintesi del quadro geopolitico.
Se durante l‟amministrazione JFK non si ebbe un intervento militare diretto (ma solo un aumento dei
consiglieri), la diplomazia americana nel sud est asiatico compì in ogni caso due gravi errori: nel 1962 stabilì
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con il regno del Laos un accordo che ne riconosceva la posizione di neutralità senza però impedire che il
partito comunista locale avanzasse verso il controllo del paese, e nel 1963 appoggiò un colpo di stato che
rovesciò Diem e lo sostituì con una giunta militare.
All‟inizio della presidenza Johnson la situazione era instabile ed incerta ed il neopresidente, che teneva ad
essere rieletto, doveva fronteggiare gli attacchi repubblicani secondo cui la sua era un apolitica di “non
vittoria” in Vietnam.
Nel maggio 1964 la CIA avvertì che il SViet sarebbe capitolato entro l‟anno senza un aiuto americano e si
cominciò a discutere di un attacco diretto degli Usa al NViet. Mancava, però, l‟autorizzazione del congresso.
Dopo l‟incidente del golfo del Tonchino (un cacciatorpediniere Usa attaccato da navi NViet) il congresso
approvò la Risoluzione del Tonchino, che conferiva al presidente la facoltà di decidere nei modi e nella
misura che riteneva opportuni l‟impiego di forze americane per combattere il comunismo nella regione.
Johnson affrontò l‟escalation del conflitto animato dal grande sentimento dell‟anticomunismo ed ottenendo il
70% di consenso alle sue politiche. Si preoccupò di rappresentare l‟intervento americano come
un‟operazione di sostegno alla guerra di liberazione nazionale in Asia.
Il problema, però, fu che nonostante il presidente inviasse tutti i rinforzi richiesti dal gen. Westmoreland, la
guerra non fece progressi e non si vedevano strategie per vincerla.
Nel 1968 l‟impegno di truppe americane raggiunse il culmine ma il consenso alla politica del presidente,
anche in ambienti democratici, era in diminuzione e l‟impegno fu bloccato da due eventi dei primi mesi
dell‟anno: l‟offensiva del Tet, con la quale i vietcong ed i nordvietnamiti dimostrarono di essere in grado di
impadronirsi temporaneamente di diverse città del SViet penetrando anche a Saigon; e l‟annuncio di Johnson
della sospensione parziale dei bombardamenti sul NViet come prima misura di un disimpegno americano,
unito a quello di non volersi ricandidare alla presidenza.
La Nato trasse, dalle crisi che si erano succedute tra il 1956 e il 1962 l‟impulso a rafforzare le sue capacità
difensive dotandosi di armi nucleari. Alla fine del 1962 JFK e il primo ministro inglese Macmillan si
accordarono per proporre agli alleati di decidere in questo senso, e fornirono al comando Nato in Europa una
formazione aerea britannica e tre sottomarini americani.
119
Di fronte a due eventi preoccupanti che giungevano dall‟est (la cacciata di Krusciov che poteva significare la
fine del dialogo instaurato a fatica negli anni precedenti e l‟esplosione della prima atomica cinese) l‟alleanza
affrontò il problema di un più efficiente impegno delle armi nucleari.
Il consiglio atlantico (1965) decise di procedere ogni anno a definire gli obiettivi strategici dell‟alleanza
tenendo conto dell‟evoluzione della tecnica militare e della situazione politica internazionale.
Ciò però comportava l‟integrazione della difesa multilaterale, e la cosa urtava contro la concezione
dell‟alleanza di de Gaulle (i soliti francesi rompipalle ndr). Egli chiarì che l‟integrazione avrebbe dovuto
essere abolita nel 1969, al momento del rinnovo del trattato, e che di conseguenza forze ed installazioni
militari straniere avrebbero dovuto lasciare la Fra. Nello stesso tempo, de Gaulle respinse tre progetti che
proponevano ulteriori passi in avanti economici, politici ed istituzionali della CEE.
Il compromesso di Lussemburgo (che vide il fallimento del tentativo di dare alla commissione europea un
potere autonomo rispetto agli stati membri e di introdurre il voto a maggioranza nel consiglio d‟Europa) del
1966 chiuse la crisi della CEE.
Quella della Nato finì con l‟uscita della Fra dall‟alleanza ed il conseguente spostamento del quartier generale
a Bruxelles.
Di fronte al mutamento, rispetto al 1949, della scena internazionale, la Nato intendeva fondare con il
Rapporto Harmel le sue due future funzioni principali:
Mantenere un‟adeguata forza militare per scoraggiare l‟aggressione e altre forme di pressione;
Continuare la ricerca di un progresso verso un più stabile sistema di rapporti in cui possono essere
risolti i problemi politici fondamentali.
E i dirimpettai comunisti della Nato? Il patto di Varsavia aveva effettivamente una struttura speculare a
quella dell‟Alleanza atlantica?
Alla fine degli anni 50 il patto era solo “un‟alleanza militare socialista” con un ruolo assai limitato e con le
forze armate dei paesi membri che avevano ancora in dotazione armamenti della seconda guerra mondiale.
Fino all‟inizio degli anni 60 il patto venne lasciato in condizione di inattività, ma nel quinquennio 1955-1960
le forze armate dei paesi membri vennero riorganizzate e forniti di equipaggiamenti moderni. Questi
progressi, compiuti a livello nazionale, costituirono la base per una trasformazione del patto fondata
sull‟integrazione dei contingenti nazionali e su una valorizzazione del ruolo politico dell‟alleanza: alla fine
del 1968 il patto era diventato un‟alleanza politico-militare più attiva.
Questa evoluzione portò alla creazione di tre organi di coordinamento:
Un comitato dei ministri della difesa quale supremo orano consultivo militare;
Un consiglio militare in subordine al comando unito del patto;
Un consiglio tecnico.
Anche in conseguenza di ciò, gli specialisti considerano il periodo 1961-1968 come centrale nell‟evoluzione
del patto verso una più stretta integrazione.
Fra i tradi anni 60 e gli anni 70 il patto convinse i paesi membri che non offriva alternative ad una loro
politica estera nazionale e che poteva anche offrire garanzie di stabilità e sicurezza, e nello stesso tempo
portò l‟Urss di Breznev a servirsene come uno strumento per il consolidamento del suo potere egemonico.
L‟intervento più caloroso in quest‟ottica fu quello a Praga nel 1968, con la primavera che fu stroncata dalle
forze del patto (e non solo da quelle sovietiche come avvenne a Budapest nel 1956).
Tuttavia vari elementi contribuivano ad indicare che nel 1968 la crisi del sistema sovietico era sì diversa ma
non meno grave della crisi del sistema americano del Vietnam:
Politicamente l‟intervento a Praga fu un fallimento;
Tito e Ceausescu inviarono missioni ufficiali a Dubcek;
Ad un paese nella posizione geostrategica della Romania era consentita una politica di fronda entro
un blocco che doveva affermare la sua compattezza;
Il passaggio dell‟Albania alla grande rivale comunista della Cina.
120
In quest‟ottica, l‟emanazione della dottrina Breznev poteva anche assumere un carattere sostanzialmente
difensivo.
Il Viet naturalmente era il principale problema ereditato dall‟amministrazione precedente, e Nixon procedette
anche con il piano di “vietnamizzazione del conflitto”, contando anche sull‟arma diplomatica per la
soluzione della guerra.
La vietnamizzazione diede risultati per quanto riguardava il ritiro delle forze americane, ma non vennero fatti
progressi nel consolidamento di una struttura civile e militare indipendente ed operativa nel SVie.
Discorso simile vale per l‟alternativa diplomatica. Il negoziato di pace, iniziato a Parigi nel 1969, diede i
primi risultati solo 3 anni dopo, quando Kissinger intavolò colloqui bilaterali con il rappresentante del NViet.
Intanto la guerra continuava e la vietnamizzazione della struttura militare non aveva più possibilità di vittoria
di quante non ne aveva avute la spedizione americana. Per affrettare i tempi, Nixon decise di bombardare i
121
vicini paesi comunisti di Cambogia e Laos, decisione che sembrò riportare il paese al periodo più fosco del
decennio precedente. Le differenze però sono molte, sia sul piano interno che su quello politico-diplomatico.
Sul piano interno,
I soldati non partono ma ritornano;
Il paese non è diviso tra falchi e colombe;
La maggioranza degli americani aveva imparato a non considerare il Vietnam un pericolo comunista
per gli Usa.
Sul piano internazionale invece si aprivano ora prospettive di superamento del confronto Usa-Urss attraverso
tre vie distinte e convergenti:
La composizione del conflitto del Viet attraverso negoziati;
La trattativa sul controllo degli armamenti nucleari;
Il riavvicinamento Usa-Cin.
Naturalmente i negoziati di Parigi, che si conclusero all‟inizio del 1973, risentirono del nuovo rapporto di
amicizia tra Cina e Usa.
L‟accordo di pace tra Usa, SViet., NViet e vietcong venne siglato il 27 gennaio 1973 e prevedeva:
Art. 1 gli Usa si impegnano a rispettare l‟indipendenza, la sovranità e l‟integrità territoriale del Viet.
Art. 2 gli Usa sospendono ogni attività militare contro il NViet;
Art. 4 non continuano il loro coinvolgimento militare nel SViet.;
Art. 5 e 6 entro 60 giorni ritiro di tutti i militari e smantellamento delle basi;
Art. 15 riunificazione del Viet da attuarsi attraverso accordi pacifici;
Art. 16 convocazione di una conferenza internazionale che garantisca la fine della guerra.
Nel momento in cui veniva firmato l‟accordo di pace del Viet la politica asiatica dell‟amministrazione Nixon
aveva compiuto i passi più significativi per dare alla Cina il suo ruolo appropriato nella politica americana.
Il primo passo fu l‟annuncio di Nixon (15 luglio 1971) di aver accettato l‟invito a recarsi a Pechino.
Kissinger in segreto ci andò prima per verificare se fosse possibile la collaborazione sulla base di interessi
coincidenti.
Durante la visita del presidente venne diramato il comunicato di Shangai, in cui Cin e Usa affermavano che il
progresso verso la normalizzazione dei loro rapporti era nell‟interesse di tutti i paesi e si impegnavano a non
stabilire la propria egemonia nella regione asiatico pacifica e ad opporsi ai tentativi di qualsiasi altro paese o
gruppo di paesi di stabilire tale egemonia (evidente il riferimento all‟Urss).
Nel febbraio 1973 Cin e Usa si impegnavano a resistere congiuntamente al tentativo di qualsiasi paese di
dominare il mondo, dimostrando che si era andati oltre una diplomazia triangolare basata sull‟equidistanza
fra Usa, Cin e Urss.
122
CAPITOLO XXII – L'ultima fase della Guerra Fredda da Nixon a Gorbaciov
Fra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70 si compie la svolta più importante dell'epoca della Guerra
Fredda. Vi concorrono diversi elementi:
la conclusione della guerra del Vietnam
la perdita della posizione strategica americana di preminenza nel Sud Est asiatico
la fine del sistema economico-monetario creato dall'apogeo dell'America rooseveltiana nel 1944
la rivoluzione strategico-diplomatica provocata dal disimpegno militare americano nell'area del
Pacifico-Asia orientale e dall'avvicinamento degli USA alla Cina
il superamento del sistema bipolare USA-URSS
la definizione da parte dell'URSS del suo sistema egemonico nell'Europa orientale, con l'intervento
del Patto di Varsavia in Cecoslovacchia e l'enunciazione della Dottrina di Breznev
la trasformazione in conflitto politico-militare del dissenso ideologico insorto fra Cina maoista e
Russia sovietica
la distensione fra le 2 superpotenze
la comparsa sulla scena internazionale di attori europei inattesi: Giovanni Paolo II, la Polonia di
Solidarnosc e la Germania federale della Ostpolitik.
Con gli anni '70 la Guerra Fredda è sospesa nella sua manifestazione più pericolosa: la corsa incontrollata
agli armamenti nucleari strategici. Appare anche modificata da sviluppi e fattori non strategico-militari che si
presentano in parte o in tutto indipendenti dalla politica delle superpotenze. L'azione delle superpotenze
tende a restaurare negli anni '80 il sistema bipolare. L'URSS di Gorbaciov intraprende una politica di
conciliazione con gli USA e di eliminazione delle sue posizioni imperiali o egemoniche.
1. La distensione fra le superpotenze: controllo degli armamenti nucleari strategici e nuovi rapporti
economici USA-URSS nei primi anni '70.
Caratteristica della Guerra Fredda è quella di essere uno stato di tensione prolungato nel tempo. La
coesistenza competitiva proclamata da Krusciov nel periodo seguito alla morte di Stalin avrebbe dovuto
creare un clima internazionale disteso sia negli anni '50 (ritorno al dialogo fra Est e Ovest), sia dopo la crisi
di Cuba. L'inferiorità in armamenti atomici strategici dell'URSS spinse i successori di Krusciov (Breznev e
Kossighin) a compiere un duro sforzo per raggiungere la parità. L'America si trovò immersa nella crisi del
Vietnam. Nemmeno alla fine degli anni '70 si può parlare di distensione. Il presidente Nixon prosegue
brutalmente la guerra del Vietnam e porta avanti una politica di avvicinamento alla Cina che assume un
significato antisovietico.
L'URSS a sua volta applica in Cecoslovacchia la Dottrina di Breznev che rivendica al Patto di Varsavia il
diritto di intervenire in uno Stato comunista per sopprimervi la controrivoluzione.
Il rischio di un conflitto nucleare suscitato dalla crisi di Cuba induce USA e URSS a munirsi di uno
strumento diretto e rapido di comunicazione ai vertici, in seguito alla firma a Ginevra nel 1963 di un
memorandum d'intesa per l'attivazione di un filo diretto fra Washington e Mosca (cd “linea calda”).
Ci fu poi il Limited Test Ban (primo trattato atomico) che vietava gli esperimenti nucleari
nell'atmosfera, nello spazio esterno e sott'acqua e fu firmato dall'URSS, dalla GB e dagli USA (no da
FR e Cina).
Ci fu poi l'Outer Space Treaty o trattato dello spazio interno che vieta l'installazione di armi nucleari
e di distruzione di massa nello spazio in orbita intorno alla Terra, sulla Luna e su altri corpi celesti.
Sempre negli anni '60 ci fu il Trattato di non Proliferazione nucleare firmato a Washington, a Mosca
e a Londra nel 1968. Le potenze nucleari si impegnarono a non trasferire ad alcun altro paese armi
atomiche e mezzi e tecnologie per costruirle. Gli Stati non nucleari si impegnarono a fornire garanzie
di non procurarsi armamenti nucleari. La grande maggioranza dei paesi non nucleari fra cui l'ITA
123
firmano e ratificano il trattato, ma non la FR, la Cina, Israele, Egitto, India, Pakistan e Brasile.
Nel 1969 USA e URSS iniziano a Helsinki i Colloqui sulla limitazione delle Armi Strategiche o
SALT (strategic arms limitation talks). Questi negoziati misero in evidenza alcune difficoltà, che
riguardavano soprattutto che cosa si intendeva per armi strategiche. I SALT procedettero fra rinvii e
interruzioni per un anno e mezzo finché nel 1971 le due superpotenze annunciarono che intendevano
definire con accordi i primi risultati dei colloqui.
E saranno l'Accordo ad interim fra USA e URSS su certe misure riguardanti la delimitazione delle
armi offensive strategiche o accordo SALT 1;
e il Trattato sulla limitazione dei sistemi missilistici anti-balistici o Trattato ABM. Entrambi furono
firmati a Mosca nel 1972.
Nixon e Kissinger portano avanti con l'URSS una diplomazia dei vertici rivolta alla riduzione dei rischi di
una guerra atomica. Ci furono incontri fra Nixon e Breznev che promossero sul piano politico una
distensione apprezzata sia dall'una che dall'altra parte. La visita di Breznev negli USA nel 1973 vide la
stipulazione dell'Accordo fra gli USA e l'URSS sulla prevenzione della guerra nucleare che impegnava le
due superpotenze a stabilire consultazioni immediate e a compiere ogni sforzo per evitare il rischio di una
guerra nucleare. La visita di Nixon a Mosca nel 1974 porta alla firma di 2 atti integrativi importanti: un
emendamento al Trattato ABM che riduceva a una sola le zone in cui ciascuna delle 2 superpotenze poteva
mantenere armamenti strategici atomici; e il Threshold Test Ban o Trattato per la limitazione di potenza degli
esperimenti nucleari nel sottosuolo.
Nel 1972 erano iniziati i negoziati detti SALT 2 che affrontavano nuovi problemi: la definizione del tetto
massimo comune o paragonabile fra i diversi vettori di armi nucleari; la precisazione del numero dei missili a
testate multiple; i metodi di conteggio e di verifica. Ci furono poi un secondo e un terzo ciclo di negoziati.
L'ultima fase del SALT 2 si svolse dopo le dimissioni di Nixon nel 1974. Il nuovo presidente Ford a
Vladivostock arriva ad un accordo SALT 2 la cui validità si estende dal 1977 al 1985; questo nuovo accordo
avrebbe dovuto stabilire limiti uguali per i vettori nucleari strategici e per i missili a testate multiple.
Nei primi anni '70 si assiste ad un incremento dei legami economici tra USA e URSS che procede alla
liquidazione parziale del debito contratto secondo la Legge Lend Lease durante la seconda guerra mondiale,
in cambio di prestiti dalla Export Import Bank per effettuare acquisti negli USA. Importanti società
americane aprono uffici commerciali e centri di produzione nell'URSS. Vi fu anche un progetto di
costruzione di gasdotti per trasportare gas naturale dalla Siberia al Giappone e agli USA. Si nota il divario
economico tra le due potenze: si prospetta l‟idea che l‟URSS non avrebbe potuto competere con l‟occidente
senza l‟aiuto dell‟Occidente nel commercio, investimenti e trasferimenti di tecnologia.
Entrambe le superpotenze attraversano fasi di crisi economica:
quella dell'URSS è la crisi di una superpotenza militare sottoposta a un pesantissimo processo di
modernizzazione resa possibile solo dalle speciali caratteristiche dell'ideologia, storia e società del
paese
quella degli USA è determinata da un'economia che è sottoposta ad impegni troppo gravosi e troppo
numerosi per cui non riesce più a mantenere la sua posizione dominante; denuncia inflazione,
disoccupazione, diminuzione del PIL e le importazioni superano le esportazioni.
Nixon cerca di liquidare la guerra del Vietnam, ma nel frattempo avvia l'avvicinamento alla Cina, mantiene
con l'URSS i negoziati per il controllo/riduzione delle armi nucleari strategiche e conduce con Kissinger una
diplomazia dei vertici che doveva migliorare anche i rapporti con l'URSS.
Nel 1971 abbiamo la Nuova Politica Economica: blocco temporaneo dei salari, dei prezzi e degli affitti e
tasse sulle importazioni. Ci fu anche l'abolizione del sistema di Bretton Woods. L'economia USA cercava
anche di uscire dalla crisi provocata dall'aumento dei prezzi del petrolio nel 1973 per decisione dell'OPEC in
seguito all'appoggio USA a Israele nella guerra del Kippur.
124
2. Oltre il sistema bipolare? Il processo di Helsinki e i nuovi attori della Guerra Fredda in Europa. La
Germania federale.
L'URSS, durante i negoziati per la riduzione degli armamenti, potenzia la sua marina e vi è una ripresa
sistematica della sua penetrazione nel Terzo Mondo. Sia gli USA che gli URSS ammodernano gli
euromissili; gli USA provvedono al riarmo generale.
Accanto alla caduta della distensione che riguarda i rapporti diretti ed esclusivi fra le due superpotenze,
emergono diversi soggetti di politica internazionale:
Cina
Germania federale
papa Giovanni Paolo II
Polonia di Solidarnosc.
Svolta del '68: la Repubblica federale stabilisce con l'URSS rapporti diretti fuori del sistema di alleanze Est-
Ovest. La diplomazia sovietica vuole arrivare a una stabilizzazione della situazione in Europa che coinvolga
in una “conferenza” gli Stati dell'Est e dell'Ovest, con al centro le due Germanie.
Brandt (governo USA) aveva avviato una politica di normalizzazione dei rapporti con gli Stati vicini
dell'Europa orientale, a cominciare dall'URSS. Nel 1968 a capo di un governo socialdemocratico conclude il
trattato di Mosca con l'URSS nel 1970. Ci fu poi un trattato con la Polonia nel 1970, con la Repubblica
democratica tedesca del 1972. La Repubblica federale offre all'URSS una base per arrivare alla Conferenza
europea, cioè avviare il “processo CSCE” o “processo di Helsinki”.
Nel 1969 abbiamo l'Appello di Budapest il quale auspica che vengano poste le premesse di un duraturo
sistema della sicurezza europea fondato sull'intangibilità delle frontiere esistenti, sul riconoscimento
dell'esistenza di 2 stati tedeschi, sulla rinuncia della Repubblica federale alla rappresentanza di tutto il popolo
tedesco e sul riconoscimento dello statuto di Berlino.
Punto centrale del processo CSCE, il problema tedesco non era e non poteva essere il solo a determinare una
sistematica politica di stabilizzazione/riconoscimento degli Stati e dei confini.
L'ambasciatore Gaia (URSS) vuole rivolgersi a Parigi e Roma fin dalla metà degli anni '70, per ottenere la
convocazione di una Conferenza Europea che escluda USA e Canada. ITA partecipa molto alla politica
internazionale europea: il governo di Roma fece valere alcuni argomenti che dovevano modificare il progetto
sovietico di Conferenza Europea:
1. la conferenza è politica e non ha senso se non vi prendono parte USA e Canada che sono elementi
integrali della politica e degli equilibri europei
2. la conferenza costruisce uno strumento cui si doveva poter far ricorso in futuro per risolvere e per
approfondire di volta in volta i problemi europei
3. la conferenza avrebbe registrato un insuccesso se si fosse messo al suo ordine del giorno il problema
tedesco.
La parte sovietica accetta le modifiche più significative: la partecipazione di USA e Canada e la
cooperazione come primo intento. La definizione dei riconoscimenti e dei confini fra le 2 Germanie, la
Polonia e l'URSS veniva affrontata e risolta su base bilaterale.
C'è però il problema della natura e della funzione di questo assetto. L'obiettivo era quello di ricostruire in EU
un sistema di equilibrio in cui l'URSS potesse esercitare un diritto di controllo e di accertamento di ogni
evoluzione. Questo diritto di controllo trova il suo strumento di attuazione nella Germania.
L'URSS rinuncia a escludere USA e Canada e a limitare l'ambito della progettata conferenza alle questioni
della sicurezza molti anni prima che la stessa conferenza si svolga. Le raccomandazioni finali della riunione
preparatoria del 1973 comprendono tutti i 10 principi che regolano le relazioni fra gli Stati partecipanti: da
un lato l'inviolabilità delle frontiere, dall'altro il rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà di pensiero,
125
coscienza, religione e credo. La contrapposizione USA-URSS domina la scena (diversità degli intenti e dei
problemi che interessano le due parti):
il ministro degli esteri sovietico Gromyko è fermo sull'elemento territoriale dello status quo,
collegato alla centralità per l'URSS della questione tedesca si traduce nella priorità assoluta attribuita
al principio dell'inviolabilità delle frontiere
il sottosegretario di Stato Rogers dice che questa conferenza deve abbassare le barriere; deve
consentire la libera circolazione delle persone, delle informazioni e delle idee fra gli Stati
partecipanti, la facoltà di stabilire contatti umani e di ridurre gli ostacoli agli scambi commerciali.
Il processo CSCE si sviluppa in varie conferenze: Belgrado (1977-1978), Madrid (1980-1983), Stoccolma
(1984-19869) e Vienna (1986-1989).
Il processo di Helsinki porta alla riduzione degli armamenti, rende più omogenee la società e crea un ordine
internazionale in cui il rispetto per i diritti dell'uomo si traduce nel passaggio dalla condizione di suddito a
quella di cittadino.
3. Nuovi attori della Guerra Fredda. L'avvento di papa Giovanni Paolo II e la Polonia di Solidarnosc.
Importantissimo è il pontificato di Giovanni Paolo II; il cardinale Karol Wojtyla è eletto papa nel 1978.
Primo papa slavo e primo papa polacco e “appartiene” alla parte del continente soggetta al sistema
egemonico sovietico.
L'elezione di un papa polacco suscita una reazione allarmata nell'URSS.
La sua elezione provoca un'azione più decisa della Chiesa nei paesi dell'EU centro-orientale che avevano una
popolazione cattolica: Polonia, Lituania, Cecoslovacchia e Ungheria. Compirà più viaggi in Polonia: nel
1979, nel 1983 (nel paese vigeva lo stato d'assedio del generale Jaruzelski) e nel 1987. Si rivolge anche a
croati, sloveni, bulgari, moravi, slovacchi, cechi e serbi.
Il ministro degli esteri Gromyko definisce la visita del Papa in Polonia una presa di posizione che
chiaramente oltrepassa la linea di demarcazione fra la politica e le concezioni del mondo.
G.P.II si oppone al governo del suo paese di nascita e rappresenta la leva per mettere in discussione la
compattezza organizzata e gerarchica del sistema sovietico. Considera tutte le forme di umiliazione della
personalità e di riduzione e perdita dei diritti umani che affliggevano la società globale post-moderna.
Rivolge il suo appello anche all'Occidente e agli USA. Fece un discorso all'Assemblea Generale delle
Nazioni Unite che segnò il momento in cui la Chiesa cattolica si impegnò a sostenere la causa della libertà e
della difesa dei diritti fondamentali dell'uomo come primo obiettivo della sua politica mondiale.
Nel periodo in cui G.P.II fu eletto, la situazione politica e economica interna della Polonia subì molti
mutamenti. Nel 1975 fu coinvolta nel processo CSCE, cadde poi in una condizione di crisi economica
generale. Nel 1976 fu creato il Comitato per la difesa dei lavoratori e nel 1980 il sindacato Solidarnosc.
Questo sindacato assume sotto la direzione di Walesa la guida del movimento dei lavoratori e dimostra al
regime di Varsavia che non intendeva contestare il ruolo guida del partito.
La situazione polacca non fu risolta con un intervento militare dell'URSS o del Patto di Varsavia. L'URSS
sostituì l'intervento militare con forti pressioni sul nuovo primo ministro polacco, generale Jaruzelski, perché
mantenesse l'ordine: ci riuscì dichiarando la legge marziale e mettendo fuori legge Solidarnosc.
Solidarnosc fu molto importante negli anni '80 conducendo attività clandestine. La Chiesa cattolica costituì
un canale legale sia verso il governo che verso la popolazione per la promozione di fondamentali richieste di
Solidarnosc, inclusi il rilascio dei prigionieri politici e il miglioramento degli standard di vita e di riforme
politiche.
4. L'apogeo della potenze sovietica: sfida alla Cina, espansione navale e nuova penetrazione nel Terzo
Mondo. L'Afghanistan.
126
L'URSS vuole trasferire la pressione del suo apparato militare terrestre verso l'Asia orientale e potenziare la
marina fino a trasformarla in uno strumento capace di assolvere compiti di ambito mondiale.
Lo spostamento ad est dell'apparato militare terrestre sovietico inizia nel momento della svolta della Guerra
Fredda alla fine degli anni '60 e coincide con la ripresa del contrasto russo-cinese al confine con l'Ussuri. Al
rafforzamento militare nell'Asia continentale l'URSS unisce una politica di avvolgimento strategico del
rivale cinese: da nord, dalla Siberia orientale, e da sud, per mezzo del Vietnam unificato.
Alla fine degli anni '70 la potenza sovietica è impegnata in Asia: premeva sulla Cina, lasciava passare la crisi
della politica americana in Iran, procedeva all'occupazione diretta dell'Afghanistan e sembra prendere di mira
il Pakistan. Di conseguenza una parte della potenza militare sovietica non premeva più sull'Europa.
Il potenziamento della marina inizia negli anni '60.
Nel 1981 il Segretario generale della NATO, Luns, denuncia il pericolo per l'Occidente: la Marina sovietica
prima proteggeva le zone di mare prossime alle coste dell'URSS, mentre ora si pone 3 nuovi compiti:
contribuire alla strategia potenzialmente offensiva e difensiva globale
svolgere operazioni navali in ogni oceano del mondo
sostenere la politica e promuovere gli interessi dell'URSS in tutto il mondo.
L'URSS si era impegnata particolarmente nello sviluppo di forze anfibie con una produzione di aliscafi e
aeroscafi, nell'allestimento di una flotta sottomarina, nella costruzione di una flotta di navi da rifornimento
che potenzia le prestazioni della flotta da guerra e supplisce alla mancanza di impianti e basi navali
sovietiche nelle vicinanze delle zone di operazione potenziali.
L'URSS deve affrontare lo svantaggio geopolitico di tenere la loro marina dispersa in 4 flotte che operano
dalla periferia della loro massa terrestre.
Un ulteriore svantaggio consiste nel fatto che mentre la marina sovietica veniva trasformata in uno strumento
di potenza globale, il governo di Mosca deve procurarle un certo numero di basi navali e aeronavali in alcune
aree del mondo lontane dal territorio nazionale.
L'URSS voleva stabilire un'influenza politica nel Terzo Mondo. Si preoccupa anche di procurare alla sua
marina in espansione basi aeronavali in paesi amici. Le basi sovietiche furono collocate dall'Atlantico
meridionale al Mediterraneo orientale, dall'Oceano indiano al Mar cinese meridionale.
2 fallimenti dell'URSS:
Egitto: il presidente Sadat, allontana fin dal 1971 i consiglieri militari dell'URSS.
Cina: nel 1972 si allontana e contrappone all'URSS.
Con la metà del decennio c'è un nuovo processo di penetrazione in Asia e in Africa. Nel 1975 si
impadronisce del potere nel Laos il Pathet Laos (partito comunista locale), così anche in Angola, Vietnam,
Afghanistan e Addis Abeda.
In 5 anni l'URSS aiuta 7 partiti comunisti filo-sovietici ad impadronirsi del potere nei rispettivi paesi. Non
riesce invece ad instaurare governi amici in Somalia e Sudan. La Libia vede raddoppiare i consiglieri militari
sovietici, mentre lo Yemen del Nord è soggetto alla pressioni dell'URSS.
I negoziati seguiti alla tappa del SALT 1 manifestano 2 problemi:
il primo è dato dalla definizione dei bombardamenti pesanti
il secondo riguarda i Cruise (missili di crociera a traiettoria molto bassa che rappresentano l'ultimo
risultato della tecnologia americana).
Kissinger e Gromyco nel 1975 si trovano per discutere i nuovi problemi fra cui l'ultimo dell'istallazione da
parte sovietica dei MIRV, i primi missili a testate multiple indipendenti.
L'amministrazione Ford adotta il programma-slogan elettorale della “pace attraverso la forza”.
La nuova amministrazione Carter suscita invece l'irritazione e la diffidenza di Mosca: manifesta l'intento di
rivedere i risultati già raggiunti con il SALT 1 e sembra non voler procedere secondo i ritmi lenti e
progressivi che la diplomazia sovietica prediligeva.
127
Giugno 1979: Vienna, trattato SALT 2 tra Breznev e Carter. Sancisce la parità nel numero dei missili o
bombardieri e nelle qualità delle testate atomiche tra la potenza distruttrice dei 2 Grandi. Breznev: con la
firma del SALT 2 si aprono prospettive per la limitazione e per la riduzione degli armamenti nucleari
strategici.
Fra il 1950 e il 1973 nei paesi dell'OCSE c'è una crescita del 4,9% annua che tra il 1974 e il 1982 si riduce al
2,2%. Siamo in una fase di stagflazione: sovrapposizione dell'inflazione alla stagnazione. Nel 1971 ci fu
l'abbandono da parte degli USA del cambio fisso dell'oro con il dollaro e l'aumento del prezzo del petrolio.
La sindrome del Vietnam fu superata negli USA solo con la presidenza Reagan nei primi anni '80.
Il suo successore, Nixon, sviluppa una politica innovativa verso la Cina, ma la crisi interna del Watergate
determina la caduta di Nixon. Il suo allontanamento produce un vuoto nella politica estera.
Nel 1976 Carter è presidente degli USA in un periodo di grandi difficoltà interne e internazionali. Il
Congresso aveva privato il presidente della quasi totalità dei suoi poteri in politica estera.
Il nuovo presidente accresce le difficoltà della politica estera scegliendo due collaboratori dalle concezioni e
tendenze diverse sul problema delle relazioni con l'URSS:
Cyrus Vance (segretario di Stato): nell'URSS stava per salire al potere una generazione di persone
che volevano portare a termine la Guerra Fredda
Zbigniew Brzezinski: la Guerra Fredda poteva finire soltanto con la sconfitta di una delle 2
superpotenze
L'elemento centrale della politica estera USA sarebbe stata l'insistenza sul rispetto dei diritti umani. Questa
elemento presentava però delle contraddizioni al suo interno: da un lato richiedeva alla politica estera USA
un carattere idealistico, dall'altro metteva in difficoltà e faceva cadere i regimi che sostenevano gli USA.
A complicare la situazione contribuiva l'appoggio di Cuba castrista ai movimenti di sinistra che operavano in
Nicaragua e in Salvador. Tutta la situazione precipitò in una guerra civile nell'America centrale.
Nel 1978 furono stipulati 2 trattati con la Repubblica di Panama:
1. uno che definiva le procedure per il trasferimento del Canale di Panama allo stato sul cui territorio
esso si estendeva
2. l'altro che stabiliva la neutralizzazione del canale conservando agli USA il diritto di intervenire se
esso fosse stato chiuso per qualsiasi motivo
Carter si impegnò anche nel Medio Oriente arabo-israeliano e iraniano. Nella prima fase della Guerra Fredda
il Medio Oriente era stato per l'Occidente l'anello debole. Dopo la crisi di Suez, l'amministratore Eisenhower
aveva concentrato la politica USA in quell'area su 2 punti:
1. attribuzione di una grande importanza economica all'area petrolifera che va dall'Arabia saudita,
all'Iraq e all'Iran
2. Iran e Israele sono 2 baluardi strategici dell'Occidente di fronte ad un'espansione URSS nella regione
meridionale
Gli USA offrono la loro mediazione nella risoluzione del conflitto fra Egitto e Israele proposta dal presidente
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egiziano Sadat. Si raggiunge il successo con gli accordi di Camp David nel 1978 a cui segue il trattato di
pace fra Egitto e Israele firmato a Washington nel 1979.
Un altro successo fu registrato in Asia orientale dove Carter portò avanti la linea Nixon-Kissinger di
normalizzazione e intensificazione dei rapporti con la Cina fino al riconoscimento nel 1977 della Repubblica
popolare di Mao con il conseguente assenso a che essa occupasse al posto di Taiwan il seggio permanente al
Consiglio di Sicurezza dell'ONU.
Carter registra un fallimento in Iran dove gli sviluppi della rivoluzione khomeinista del 1978 portarono gli
iraniani a fare prigioniero il personale dell'ambasciata USA a Teheran. Carter volle liberarlo con
un'operazione di commando, ma fallì.
La politica internazionale USA registra 3 punti al suo attivo:
1. problema strategico generale del Medio Oriente. Carter nel suo Discorso sullo Stato dell'Unione del
1980 conferma che un tentativo da parte di qualsiasi forza esterna di acquisire il controllo della
regione del Golfo Persico sarà considerato un attacco agli interessi vitali degli USA e sarà respinto
con ogni mezzo necessario, inclusa la forza militare
2. premessa al hard power delle presidenze successive. Nel 1979 il segretario della difesa, Brown,
prepara per il 1980 un bilancio militare da 180 miliardi
3. iniziativa dell'amministrazione Carter per stabilire con gli alleati europei della NATO la
modernizzazione degli armamenti soprattutto nucleari da stanziare in EU. Fra il 1977 e il 1999 il
problema fu affrontato a Washington e in sede NATO. Nel 1979 al Consiglio Atlantico si prese atto
della necessità di installare nei paesi NATO europei più avanzati verso Est nuovi missili che
potessero far fronte agli SS-20 sovietici e di avviare con i sovietici negoziati per la riduzione anche
di questo tipo di armamenti.
Reagan divenne presidente per la prima volta nel 1980. La presidenza Reagan si occupa del rilancio
dell'economia del paese. Nel programma elettorale la politica economica figura al primo posto: riduzione
dell'inflazione, della disoccupazione, delle imposte e dell'intervento del governo nelle attività dei singoli.
Reagan propose la supply side economy o economia dell'offerta che fu elaborata alla fine degli anni '70 nei
centri studi del Partito repubblicano e aveva il suo punto centrale nella riduzione delle imposte e nella
deregolamentazione del mercato.
Nel 1983 l'economia americana raggiunse una congiuntura favorevole. Importante era che l'economia in
ripresa desse agli USA le risorse finanziarie per colmare il divario di potenza militare con l'URSS. Ci si
impegnò subito nel potenziamento delle forze armate: facendo approvare dal Consiglio bilanci militari che
crebbero moltissimo. Sotto la direzione del segretario alla Difesa, Weinberger, furono modernizzate e
potenziate forze convenzionali, sviluppate nuove generazioni di armi high tech e aumentata la flotta.
USA avevano bisogno di riscoprire e riaffermare 2 fondamenta morali e patriottiche: consistenti una nel
superamento del Vietnam e l'altra nella riaffermazione senza riserve di un anticomunismo radicato
nell'anima popolare.
Reagan invia una lettera a Breznev per chiedergli di “aiutarlo a fare in modo da eliminare gli ostacoli che
impediscono ai nostri popoli di raggiungere le loro aspirazioni”.
Nel 1984 ci fu la visita del ministro degli esteri sovietico Gromyko a Washington con cui Reagan intendeva
convincerlo che la comprensione fra i popoli è normale. La comprensione poteva risultare tanto difficile
perchè Reagan teneva contatti con gli esponenti sovietici e mandava messaggi diretti ai capi del Kremlino,
ma al contempo denunciava il regime sovietico o manifestava la volontà di rafforzare l'apparato di sicurezza
USA.
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Nel marzo 1983 c'è l'avvio delle ricerche per la Strategic Defense Initiative che è un'iniziativa di difesa
strategica che avrebbe dovuto creare attorno agli USA e all'Occidente uno scudo spaziale. Non si era parlato
però dei tempi di attuazione del programma che rischiavano di rendere lo scudo obsoleto di fronte ai
prevedibili progressi della tecnologia missilistica sovietica. Questo progetto sollevava anche problemi
relativi al costo e alle conseguenze sulle politiche militari dei paesi NATO (FR e GB sono contrari al
progetto).
In questo periodo ci fu la ripresa dei negoziati sugli armamenti con l'URSS dopo la firma del SALT 2. dopo
la firma di questo trattato l'attenzione si era indirizzata verso gli euromissili. Reagan raccoglie le proposte
europee di intraprendere con l'URSS negoziati per la regolamentazione degli euromissili, mentre gli USA
approntavano i missili Pershing 2 e nuove tipologie di Cruise.
Nel 1981 a Ginevra ci furono i negoziati sui missili a raggio intermedio (INF). Gli USA proposero l'opzione
zero secondo cui le due superpotenze avrebbero rinunciato ai missili già installati o da installare; i sovietici
non accettarono.
Nel 1982 iniziarono gli START (Strategic Arms Reduction Talks) o Colloqui per la riduzione delle armi
strategiche.
Reagan si impegnò moltissimo nei settori di crisi del mondo:
America caraibica: si prospettava l'estensione dell'influenza di Cuba al Salvador e al Nicaragua
dando così inizio ad un effetto domino che sarebbe dilagato in tutta la regione. Reagan fermò
l'effetto domino nell'isola di Grenada il cui regime filo-castrista venne liquidato nel 1983.
altri stati caraibici: no successo!! le operazioni militari portarono allo scandalo Iran-contras perchè
si era ricorsi alla vendita di armi all'Iran per finanziare gli interventi armati contro i regimi di sinistra
centro-americani.
Gli USA volevano garantire il controllo americano-occidentale su tutto l'Atlantico: Reagan ci riesce
appoggiando diplomaticamente la GB nella guerra delle Falklands (1982).
Ci fu anche un rafforzamento in Estremo Oriente dove il presidente assicurò a Deng Xiaoping la comunità
degli interessi cino-americani contro l'occupazione sovietica dell'Afghanistan e contro l'appoggio dell'URSS
ai comunisti in Cambogia.
→ Insuccesso della politica di Reagan nel Medio Oriente soprattutto a causa di crisi locali.
Il problema principale per Reagan fu il conflitto arabo-israeliano, la cui ennesima crisi scoppiò nel 1982
con l'intervento diretto israeliano nel Libano, inteso a distruggere in quel paese la struttura organizzativa
dell'OLP che con il suo capo Arafat si trasferì a Tunisi. Ci fu una guerra civile alimentata dall'appoggio
israeliano al governo cristiano maronita di Beirut; il Libano divenne oggetto dell'intervento di una forza
internazionale guidata dagli USA, inducendo Reagan a formulare una nuova Dottrina per il Medio Oriente.
Questa dottrina si prefiggeva di portare avanti il processo di formazione di un autogoverno palestinese
nell'ambito di una federazione israeliano-palestinese; ma non fu accettata né dai palestinesi né dagli israeliani
(procedono a insediamenti di coloni in Cisgiordania).
Nel 1983 gli USA furono sottoposti a un attentato terroristico contro l'ambasciata a Beirut e poi ad un altro
contro le postazioni del corpo di spedizione.
Questi avvenimenti portarono alla rivelazione di 2 processi distinti:
1. l'entrata in scena anche contro gli USA del terrorismo come strumento di lotta a cui singoli gruppi di
fanatici, incapaci di colpire gli USA, erano disposti a ricorrere con l'appoggio di governi che
avevano interesse a promuovere questo genere di attacchi
2. la strage a Beirut poteva determinare nell'amministrazione Reagan la consapevolezza di dover fare
della lotta al terrorismo una delle sue priorità in campo internazionale??
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7. L'epoca di Gorbaciov. La fine della Guerra Fredda.
Il leader sovietico era negativo di fronte alla SDI. Egli replica con il bluff che “qualsiasi cosa gli americani
facessero, i sovietici avrebbero fatto “altrettanto” “.
Il vertice di Ginevra diede inizio alla fase finale della Guerra Fredda.
I vertici che seguirono quello di Ginevra furono sostenuti dall'impegno continuativo delle due diplomazie nei
negoziati sulla riduzione degli armamenti ripresi sotto la direzione del segretario di Stato Shultz e di
Shevernadze (capo del Partito comunista georgiano nominato ministro degli esteri a Mosca al posto di
Gromyko che divenne presidente dell'URSS).
Dal 1966 Gorbaciov propose di procedere ad uno smantellamento congiunto in tempi brevi degli armamenti
nucleari, sempre a condizione che gli USA rinunciassero alla SDI. Gli USA dissero no.
Il disastro della centrale nucleare di Cernobyl intervenne a mettere la comunità internazionale di fronte alle
manchevolezze delle strutture tecnologico-produttive a della potenza dell'URSS.
Secondo vertice Reagan-Gorbaciov dell'11-12 ottobre 1986 a Reykjavik: Gorbaciov chiese la rinuncia
formale da parte degli USA a portare avanti la SDI. Questa insistenza del leader sovietico e l'interruzione del
tutto inattesa del colloquio da parte di Reagan parvero bloccare la situazione. Reykjavik fu un fallimento, ma
esso aveva fatto emergere (secondo Gorbaciov nel suo libro Perestroika) una situazione nuova, liberando il
dialogo sovietico-americano dalla confusione dei dettagli tecnici e diventando una piattaforma per osservare
le prospettive di problemi difficili.
Vertice di Washington nel dicembre 1987: il progetto reaganiano dello scudo spaziale era uscito di scena
perchè il Congresso aveva ridotto le risorse destinato all'SDI rendendone quindi impossibile l'attuazione.
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Questo vertice portò al Trattato per l'eliminazione dei missili a raggio intermedio o più breve: art. 4:
entro 3 anni dall'entrata in vigore del Trattato nessun missile doveva più essere in possesso di una delle due
parti; i territori delle due nazioni erano poi sottoposti a controlli periodici.
L'URSS non vuole rinunciare al ruolo primario che ha conquistato nella seconda guerra mondiale.
Gli USA:
non vogliono rinunciare ad un sistema internazionale bipolare che ha offerto e può offrirgli punti di
riferimento stabili
vogliono sottoporre al controllo ravvicinato le forze militari nucleari dell'URSS che risentono della
sua crisi sì, ma hanno potenzialità pericolose.
Vertice di Mosca, 1988: ristabilisce il clima di sollievo per il superamento della Guerra Fredda.
Alla distensione contribuirono una serie di sviluppi paralleli alla diplomazia dei vertici. Reagan svolse il
ruolo di interlocutore nei confronti dell'avversario sovietico, ma anche dell'establishment politico,
amministrativo e militare di Washington. Le difficoltà della Casa Bianca erano aggravate dalle esigenze di
politica globale della superpotenza americana che si trovò impegnata in situazioni e crisi difficili e ambigue
come quella dell'America centrale e del Medio Oriente.
Gorbaciov aveva affrontato l'eredità della rivalità con la Cina e nel 1966 in un discorso a Vladivostok aveva
dichiarato che l'URSS era pronta a discutere con la Cina un aumento delle misure necessarie a creare
un'atmosfera di buon vicinato. La Cina risponde che ciò dipendeva da 3 cose:
1. la fine dell'occupazione vietnamita della Cambogia
2. l'arretramento delle forze sovietiche dal confine cino-sovietico
3. il loro ritiro dall'Afghanistan (il segretario generale dell'URSS nel 1988 annuncia all'Assemblea
generale una riduzione unilaterale delle forze militari sovietiche)
Nel 1989 ci fu la ripresa dei negoziati sulla riduzione bilanciata delle forze convenzionali che portò in
Europa nuovi tagli.
Il ritiro parziale, annunciato nel 1988 da Gorbaciov, dei contingenti sovietici dai paesi del Patto di Varsavia
(sarebbe stato sciolto nel 1991) corrispose ad un mutamento di indirizzo della potenza egemone.
L'Europa centro-orientale collaborò molto alla fine della Guerra Fredda.
Gorbaciov doveva portare avanti il processo di riduzione degli armamenti strategici.
Bush nel 1989, diventando presidente, continuò il processo.
Nel 1991 ci fu la firma del trattato START che prevedeva nuove riduzioni delle testate nucleari.
Meno di 5 mesi dopo l'URSS si sarebbe dissolta.
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