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Appunti di Diritto dell’Economia I

Parte seconda: il diritto internazionale dell’economia

Prof. Dr. Ilaria Espa,


in collaborazione con Micol Ferrario, MLaw & M Sc. Ec.

Tutti i diritti riservati. La presente dispensa è destinata esclusivamente agli studenti di


Diritto dell’Economia I; costituisce uno strumento di studio e non può essere citata né
utilizzata ad altri fini senza il consenso preventivo delle autrici.

1
CAPITOLO 1
L’ordinamento giuridico internazionale: un’introduzione

Obiettivi
Dopo avere studiato questo capitolo dovreste essere in grado di:
§ Definire che cosa si intenda per diritto internazionale pubblico;
§ Individuare le fonti del diritto internazionale pubblico;
§ Parlare dei soggetti del diritto internazionale pubblico.

1. Che cos’è il diritto internazionale (pubblico)?


Il diritto internazionale è il diritto (o ordinamento) della “comunità degli Stati”, che disciplina i
rapporti tra Stati e tra Stati e organizzazioni internazionali1.
Il diritto internazionale è anche definito diritto internazionale pubblico per distinguerlo classicamente
dal diritto internazionale privato, inteso come l’insieme di regole che disciplinano i rapporti tra privati
che presentano elementi di estraneità rispetto all’ordinamento statale e che quindi sono regolati da
norme appartenenti ad altri ordinamenti tramite rinvio.
Si pensi, ad esempio, al caso della conclusione di un contratto di compravendita di bulloni siglato tra una fabbrica
metalmeccanica di Berna e un imprenditore di Barcellona con dimora fissa a San Pietroburgo: a fronte del mancato
invio dei pezzi richiesti, i compratori svizzeri richiedono la risoluzione del contratto, nonché il rimborso di quanto
già pagato maggiorato del danno subito per la lunga attesa. In assenza di un accordo tra le parti circa il diritto
applicabile all’eventuale controversia insorgibile tra le stesse, l’opposizione dovrà essere sciolta secondo il diritto
russo: la compravendita internazionale delle cose mobili è infatti regolata dalla Convenzione dell’Aja del 1955
che, all’art. 3, stabilisce che il litigo deve essere deciso in base alla “legge interna del paese in cui il venditore, al
momento in cui assume l’ordinazione, ha la sua dimora abituale”.

Nel diritto internazionale pubblico, sono invece gli Stati ad essere, al tempo stesso, i creatori e i
destinatari delle norme giuridiche internazionali. Questo non significa tuttavia che, nell’attuale
ordinamento internazionale moderno, da intendersi come la “cornice giuridica” di riferimento entro
cui si svolgono le relazioni internazionali, essi siano gli unici protagonisti. Come vedremo, il diritto
internazionale si è ampliato enormemente e in generale disciplina ormai più in generale i rapporti tra
i vari “enti che compongono la comunità internazionale”2. È anzi importante notare fin d’ora che il
diritto internazionale si occupa anche (e in misura crescente) delle relazioni tra Stati e privati (si pensi,
ad esempio a imprese multinazionali che effettuano degli investimenti in uno Stato diverso da quello
di cui hanno la nazionalità). In questo senso, alcuni autori considerano che la locuzione “diritto
internazionale” sia stata sorpassata dal concetto di diritto transnazionale, ossia dall’insieme di norme
che regolano tutte quelle azioni e tutti quegli eventi che trascendono i confini nazionali e che include
sia regole di diritto privato, sia regole di diritto pubblico3.
2. Nascita ed evoluzione del diritto internazionale pubblico
La nascita del diritto internazionale moderno risale al 1648 e, precisamente, alla sottoscrizione della
Pace di Vestfalia, con la quale venne sancita la fine della Guerra dei Trent’anni e, congiuntamente, il

1
CONFORTI, B. Diritto internazionale, Napoli: Editoriale Scientifica, 2013.
2
RONZITTI, N. Introduzione al Diritto Internazionale, Torino: Giappichelli Editore, 2009, pp. 15 ss.,p. 3.
3
JESSUP, P.C. Transnational Law, New Haven: Yale University Press, 1956, p. 2.

2
passaggio da un sistema di ordine di tipo verticistico (che, nello specifico, vedeva una gerarchia
segnata dalla presenza dell’Impero e/o del Papato) a uno di tipo orizzontale, in cui gli Stati, uguali tra
loro, sulla scorta del principio del superiorem non recognoscens, accettavano e si identificavano in
una distribuzione pluralistica del potere.
Sulla scorta di questo modello politico-istituzionale, il moderno diritto internazionale é caratterizzato quindi da
orizzontalità e scarsa istituzionalizzazione4, al fine di disciplinare i rapporti tra i neo-stati della recente comunità
internazionale. La formale parità dei soggetti che la compongono si riflette anche nella classica tripartizione delle
funzioni di produzione, accertamento e realizzazione coercitiva del diritto5; a differenza delle società nazionali,
nell’ordinamento sovrastatale il diritto è prodotto (in maniera spontanea e/o volontaria) dagli stessi Stati che lo
compongono, i quali ne garantiscono l’osservanza in maniera indipendente e che, tra l’altro, ammettono
l’intervento di un giudice per accertarne il contenuto solo su base volontaria6.
Originariamente, il diritto internazionale disciplinava squisitamente i rapporti interstatali.
Un esempio classico di materia attinente i rapporti interstatali è la condotta della guerra. Si vedano, ad esempio, le
Convenzioni di Ginevra adottate prima della fine della Seconda Guerra Mondiale: fra le più importanti ricordiamo
quella per il miglioramento delle condizioni dei militari feriti in guerra (Ginevra, 22 agosto 1864) e quella per il
miglioramento della sorte dei feriti e malati negli eserciti di campagna (Ginevra, 6 luglio 1906); nel 1949 ne
vennero adottate altre quattro: la Convenzione per il miglioramento delle condizioni dei feriti e dei malati delle
Forze armate in campagna (Ginevra, 12 agosto 1949), la Convenzione per il miglioramento delle condizioni dei
feriti, dei malati e dei naufraghi delle Forze armate sul mare (Ginevra, 12 agosto 1949), la Convenzione sul
trattamento dei prigionieri di guerra (Ginevra, 12 agosto 1949) e la Convenzione sulla protezione delle persone
civili in tempo di guerra (Ginevra, 12 agosto 1949). A queste furono infine aggiunti dei protocolli aggiuntivi nel
1977, finalizzati a garantire la protezione delle vittime nei conflitti armati internazionali e non.

Per molto tempo il diritto internazionale è stato rivolto a cercare di garantire la pace e la sicurezza tra
le nazioni. Anche il diritto internazionale contemporaneo, che convenzionalmente si considera sorto
a partire dal secondo dopoguerra, ha avuto inizialmente come fine precipuo quello di evitare tragedie
come quelle verificatesi durante i due conflitti mondiali (1914-1918 e 1939-1945).7 La pace e la
sicurezza internazionale costituiscono in particolare l’obiettivo primo di una nuova e importantissima
organizzazione internazionale creata nel 1945: le Nazioni Unite (ONU).
Le Nazioni Unite sono state istituite per volontà degli Stati attraverso la conclusione di un apposito trattato
internazionale del 1945, la Carta delle Nazioni Unite (o Carta ONU), e sono l’Organizzazione internazionale a
vocazione universale per eccellenza. Attualmente, ne fanno infatti parte 193 Stati inclusa la Svizzera (che è
diventata membro relativamente tardi nel 2002 a seguito dell’approvazione di una iniziativa popolare in tal senso).
Gli organi principali delle Nazioni Unite sono: l’Assemblea generale (organo assembleare, competente ad adottare
raccomandazioni e dichiarazioni non vincolanti su un numero di materie divenute sempre più ampio con il passare
degli anni, dalla pace e la sicurezza internazionale alla tutela dei diritti umani, dallo sviluppo sostenibile alla tutela
dell’ambiente, etc.), il Consiglio di sicurezza (l’organo esecutivo, competente ad adottare risoluzioni in materia di
pace e sicurezza internazionale) e la Corte internazionale di Giustizia o CIG (l’organo giudiziario delle Nazioni
Unite).

Col tempo, e in particolare a seguito del lungo periodo di pace apertosi tra le nazioni, il diritto
internazionale ha progressivamente ampliato il ventaglio delle sue aree di azione, non soltanto per

4
TANZI, A. Introduzione al diritto internazionale contemporaneo, Padova: CEDAM, 2016, pp. 8-9.
5
DIXON, M. International Law, Oxford: Oxford University Press, 2013, p. 14.
6
Per la differenza con i sistemi statali si vedano gli appunti della Professoressa De Rossa.
7
È interessante notare come già dopo la prima guerra mondiale la comunità internazionale avesse deciso di rifondare
l’ordine mondiale attraverso la costituzione della Lega delle Nazioni (con sede a Ginevra). Tale progetto non ha tuttavia
sortito gli effetti sperati e a tale organizzazione è quindi succeduta nel 1945 una nuova organizzazione universale: le
Nazioni Unite. FOCARELLI, C. Le Nazioni Unite, CEDAM: 2011.

3
mezzo dell’operato delle Nazioni Unite ma anche attraverso la costituzione di un numero crescente
di organizzazioni internazionali con competenze settoriali specifiche (ad. es. le organizzazioni
internazionali economiche oggetto di questo corso). Questo ha fatto si che, sebbene il diritto
internazionale continui a creare “diritti e obblighi” per gli Stati, esso contribuisca a regolare anche
materie che attengono alla protezione e/o al trattamento delle persone fisiche e/o giuridiche stanziate
nel territorio di uno Stato diverso da quello di cui hanno la nazionalità.8
Un esempio classico di regole internazionali che creano diritti e libertà per le persone fisiche che devono essere
garantiti dagli Stati sono le regole in materia di diritti umani, quelle regole rivolte cioè a tutelare ogni individuo in
quanto persona umana.9 Un esempio classico di regole internazionali volte a tutelare le persone giuridiche per il
tramite della condotta degli Stati sono le regole in materia di trattamento degli investitori stranieri (ad es. le imprese
multinazionali): tali regole sono molto antiche perché originano dal corpus di norme di diritto internazionale in
materia di trattamento dello straniero e dei suoi beni.10

Attualmente, sempre più settori della vita moderna sono dominati dall’internazionalismo: da un punto
di vista giuridico, questo significa che la disciplina di rapporti come quelli economici, commerciali e
sociali sono stati trasferiti dal piano nazionale a quello internazionale, e che quindi la loro
regolamentazione è principalmente affidata a convenzioni internazionali.
Proprio questo mutamento ha fatto sorgere l’esigenza di disciplinare determinati eventi attraverso una disciplina
specifica quale il diritto internazionale dell’economia, che ha come scopo principale quello di regolare i rapporti
economici internazionali, ossia quei rapporti che non si esauriscono all’interno dei confini di un solo Stato e che,
quindi, sono trasversali e sovranazionali.

3. Le fonti
Tradizionalmente, le fonti (di produzione)11 del diritto internazionale vengono individuate nell’art.
38.1 dello Statuto della CIG (Corte Internazionale di Giustizia), il quale recita: “La Corte, cui è
affidata la missione di regolare conformemente al diritto internazionale le divergenze che le sono
sottoposte, applica: a. le convenzioni internazionali, generali o speciali, che istituiscono delle regole
espressamente riconosciute dagli Stati in lite; b. la consuetudine internazionale che attesta una
pratica generale accettata come diritto; c. i principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni
civili; d. con riserva della disposizione dell'articolo 59, le decisioni giudiziarie e la dottrina degli
autori più autorevoli delle varie nazioni, come mezzi ausiliari per determinare le norme giuridiche”.
Accanto alle fonti ivi previste (consuetudini; trattati; principi generali; decisioni) concorrono alla
produzione del diritto internazionale anche gli atti unilaterali degli Stati, le fonti previste da un
accordo e le norme di soft law.

3.1 Le fonti classiche: consuetudini internazionali, trattati, principi e decisioni giudiziarie


Una prima distinzione che deve essere tracciata è la seguente: le fonti primarie sono quelle
direttamente contemplate dalle norme fondamentali dell’ordinamento internazionale (ad es. le
consuetudini), mentre quelle secondarie sono quelle previste da una norma prodotta da una fonte

8
In questo senso l’espressione direttamente non sta ad indicare che le disposizioni possano essere autonomamente
invocate dai singoli, ma piuttosto che siano finalizzate a creare diritti e libertà che lo Stato deve implementare a favore di
questi ultimi.
9
TANZI, A. Introduzione, op. cit., p. 2.
10
Si veda infra, cap. 7.
11
Concettualmente, è importante distinguere tra fonti di produzione e fonti di cognizione: le prime sono quelle che
concorrono alla formazione del diritto, mentre le seconde sono quelle che ne permettono la conoscenza.

4
primaria (ad es. le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite disciplinate dalla Carta
ONU, ossia un trattato internazionale)12.

3.1.1 Le consuetudini internazionali


Le norme di diritto internazionale generale (che vincolano, quindi, tutti gli Stati) hanno natura
consuetudinaria: la consuetudine internazionale consiste in quel comportamento costante ed uniforme
tenuto dagli Stati, cioè la ripetizione di un dato comportamento nel tempo, accompagnato dalla
convinzione della sua obbligatorietà e necessità13.
L’importanza della consuetudine è inversamente proporzionale al grado di organizzazione e di centralizzazione
del potere in un’organizzazione: nella società internazionale, caratterizzata dalla frammentazione del potere, la
consuetudine ricopre un ruolo fondamentale e rappresenta un elemento di stabilità nel tempo14.
Gli elementi costitutivi di questa fonte sono quindi due:
1. Diuturnitas à Ripetizione di un dato comportamento nel tempo.
2. Opinio juris sive necessitatis à Convinzione che questi comportamenti siano giuridicamente
dovuti o che, se non ancora tali, lo debbano divenire.
La possibilità di partecipare alla formazione delle norme consuetudinarie è riconosciuta a tutti gli
organi statali, sia con atti interni (leggi, sentenze, atti amministrativi), sia con atti esterni (trattati, note
diplomatiche, comportamenti di organi internazionali)15.
Nella formazione delle norme consuetudinarie gioca un ruolo preponderante la giurisprudenza interna: si pensi,
ad esempio, alle norme relative all’immunità degli agenti diplomatici.
È interessante rilevare come, essendo la consuetudine espressione del diritto internazionale generale
che, in quanto tale, si applica a tutti gli Stati, questa si rivolga e vincoli anche agli Stati che non hanno
partecipato alla sua formazione; tale affermazione ha riscontrato diverse criticità e contestazioni in
seno ai paesi sorti dalla decolonizzazione che rivendicavano, data l’impossibilità di partecipare alla
loro formazione, l’inapplicabilità di talune norme consuetudinarie, non rappresentative dei loro
interessi16. La soluzione fornita a questo problema varia a seconda di chi sia il contestatore: qualora
l’opposizione provenga da un singolo Stato (il cd persistent objector) è considerata irrilevante, mentre
se questa scaturisce da un gruppo di Stati (si pensi, ad esempio, al caso dei Paesi in via di sviluppo
(PVS) o dei Paesi Socialisti) questa è ritenuta rilevante e la consuetudine è considerata inapplicabile17.
All’inizio del XX sec. si è sviluppata e diffusa l’idea che alcune norme di diritto internazionale
consuetudinario avessero un valore universale e che, proprio in funzione del loro contenuto, fossero
materialmente superiori a qualsiasi altra norma e, per ciò stesso, inderogabili (nemmeno in base alla
volontà concorde degli Stati)18. Queste norme sono classificate come jus cogens o diritto cogente
(ossia come norme imperative ed inderogabili di diritto internazionale).

12
CASSESE, A. Diritto internazionale, Bologna: Mulino, 2013, p. 214.
13
CONFORTI, Diritto, op. cit., p. 38.
14
KOLB, R. La bonne foi en droit international public. Contribution à l’étude des principes généraux de droit, Ginevra:
Graduate Institute Publications, 2000, p. 179.
15
CONFORTI, Diritto, op. cit., p. 41.
16
Ivi, p. 43.
17
Ibidem.
18
ZIEGLER, A. R. Introduction au droit, op. cit., p. 74.

5
Lo ius cogens trova la sua origine moderna nell’art. 5319 della Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati20.
Poiché l’art. 53 della Convenzione di Vienna non fornisce una definizione di norma di ius cogens né tantomeno
individua le condizioni che devono essere soddisfatte affinché una norma sia considerata come tale o la procedura
d’elaborazione che deve essere seguita per la sua adozione, si può concludere che un diritto può essere definito
(anche a seconda dello spazio e del tempo) come “norma imperativa” soltanto in base al suo contenuto21.
Le norme di ius cogens hanno primariamente lo scopo di tutelare l’individuo contro tutte le sofferenze
evitabili: si pensi, ad esempio, al divieto di trattamenti inumani e degradanti (ad es. tortura, schiavitù),
o al divieto di crimini internazionali come i crimini contro l’umanità e il genocidio.

3.1.2 I trattati
I trattati (o accordi, convenzioni) internazionali sono norme di diritto internazionale pattizio (o
scritto), frutto dell’incontro della volontà di due o più Stati (da qui la distinzione tra bilaterali e
multilaterali), finalizzati alla regolamentazione di una determinata sfera di rapporti intercorrenti tra
questi ultimi22. La differenza con la consuetudine è che i trattati vincolano unicamente le parti
contraenti. La loro conclusione può dar vita tanto a regole materiali (norme che disciplinano i rapporti
tra gli stipulanti), quanto a regole formali (istituiscono fonti per la creazione di altre norme)23.
Un esempio di regole materiali che tratteremo nello specifico sono quelle poste dagli Accordi bilaterali tra CH-
EU, che disciplinano moltissimi rapporti, tra cui: la circolazione delle persone, i trasporti, l’ambiente, gli appalti
etc.; un esempio interessante di regole formali, invece, sono i trattati che danno vita ad organizzazioni
internazionali come ad esempio l’Accordo di Marrakech istitutivo dell’Organizzazione mondiale del commercio
(OMC).
Il diritto internazionale prescrive una serie di regole relative alla nascita, all’esecuzione e alla
estinzione dei trattati: in particolare, il diritto dei trattati a livello internazionale è regolato dalla
Convenzione di Vienna del 196924. All’interno di quest’ultima è prevista la procedura che deve essere
rispettata per la conclusione di un trattato internazionale25 e che, in questa sede, spiegheremo
brevemente: i trattati prendono vita dalle negoziazioni; in questa prima fase i plenipotenziari
procedono ad una prima stesura del testo convenzionale, che viene adottato a maggioranza (in alcuni
casi viene richiesta l’unanimità). A seguire, il testo definitivo viene autenticato attraverso la firma,
che sarà apposta dal ministro competente (per materia). Il trattato acquisirà valore soltanto con la
ratifica, ossia con la sua recezione all’interno dell’ordinamento giuridico: con quest’atto la
convenzione assume efficacia giuridica nell’ordinamento dello Stato che opera la ratifica e vincola
quindi gli organi di tale Stato.
In Svizzera, la competenza a concludere un trattato di diritto internazionale spetta, in principio, alla
Confederazione (art. 54 cpv. 1 Cost. fed.): l’organo predisposto alla firma dei trattati è il Consiglio Federale che,
previa approvazione dell’Assemblea Fedrale (art. 184 cpv. 2 Cost. Fed.), li ratifica. Questi, a seconda dell’oggetto,
possono essere sottoposti a referendum obbligatorio o facoltativo. In alcuni casi, i trattati possono essere approvati
attraverso una procedura semplificata (art. 166 cpv. 2 Cost. Fed), ossia in maniera indipendente dal Consiglio

19
“È nullo qualsiasi trattato che, al momento della sua conclusione, sia in contrasto con una norma imperativa di diritto
internazionale generale. Ai fini della presente convenzione, per norma imperativa di diritto internazionale generale si
intende una norma che sia stata accettata e riconosciuta dalla comunità internazionale degli Stati nel suo insieme in quanto
norma alla quale non è permessa alcuna deroga e che non può essere modificata che da una nuova norma di diritto
internazionale generale avente lo stesso carattere”.
20
Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, 23 maggio 1969, RS 0.111.
21
Ivi, p. 753.
22
Ivi, p. 69.
23
Ivi, p. 71.
24
Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, conclusa a Vienna il 23 maggio 1969.
25
La dottrina sul tema è veramente vasta: in ogni caso, qualsiasi manuale di diritto internazionale pubblico se ne occupa.

6
Federale: si tratta, ad esempio, di quei trattati che non impongono nuovi obblighi alla Confederazione, di quelli
provvisori e urgenti oppure di quelli adottati come misure di esecuzione di accordi anteriori26. Nei settori di loro
competenza, è riconosciuto altresì un potere sussidiario anche ai Cantoni, che possono concludere un trattato
internazionale a condizione che ciò non sia in contrasto con il “diritto federale e (a)gli interessi della
Confederazione né (a)i diritti di altri Cantoni” (art 56 Cost. Fed.).27
L’accordo entrerà quindi in vigore, e produrrà quindi effetti giuridici, con lo scambio delle ratifiche
(nel caso di un accordo bilaterale) ovvero al deposito del numero minimo di ratifiche previsto
dall’accordo stesso (nel caso di un accordo multilaterale).
Sul punto, è importante ricordare che la Svizzera è un ordinamento monista28: questo implica che, una volta
ratificato ed entrato in vigore, l’accordo internazionale produce direttamente effetti all’interno della
Confederazione (a differenza di quanto accada nei sistemi dualisti, dove viene richiesta l’adozione di una legge ad
hoc: si pensi, ad esempio, all’Italia); questa caratteristica rende la Svizzera un paese (nonostante le apparenze)
fortemente aperto verso l’esterno che, quindi, accetta la prevalenza del diritto internazionale su quello interno.
Ai trattati possono essere apposte delle riserve: ogni soggetto può eccepire in relazione ad una
determinata norma la mancata adesione; questa assume efficacia soltanto attraverso la firma, posta la
successiva ratifica. Le riserve, però, non possono alterare il contenuto fondamentale del trattato e
sono ammissibili nella misura in cui gli altri Stati firmatari le accettino.
L’interpretazione di questi testi avviene alla stregua degli artt. 31-33 della Convenzione di Vienna,
che sembra prediligere il metodo obiettivistico (quello risultante dalla volontà delle parti, per come
espressa nel testo alla luce del suo contesto e dell’oggetto e dello scopo del trattato). In generale, il
venire meno degli effetti di un trattato internazionale può essere determinato dalla loro nullità,
estinzione o sospensione.
Nullità à Un accordo internazionale nullo non produce alcun effetto giuridico vincolante ex tunc, cioè è come se
non fosse mai esistito; la nullità può essere diversamente determinata: ad esempio, si ritiene nullo il trattato
stipulato dall’organo interno che non era competente a farlo (nel caso della Svizzera, si pensi alla stipula per firma
apposta da un giudice del Tribunale Federale: quel trattato non produce e non hai mai prodotto effetti giuridici
validi all’interno della Confederazione).
Estinzione à Un accordo internazionale che cessa di produrre effetti giuridici è estinto; a differenza di quello
nullo, il contratto che si estingue ha prodotto effetti validi in passato: il venir meno della sua efficacia può
dipendere, ad esempio, dalla comune volontà delle parti (si pensi, sempre nel caso della Svizzera, alla possibilità
che quest’ultima, di comune accordo con l’UE, decida di non rispettare più il contenuto degli Accordi Bilaterali).
Sospensione à Un accordo internazionale che diventa provvisoriamente inefficace è sospeso; si pensi, ad esempio,
alla sospensione, operata da diversi Stati EU, dell’Accordo di Schengen: quest’ultimo disciplina la libera
circolazione delle persone, senza controlli alle frontiere. A seguito degli ultimi atti terroristici e dell’aumento dei
flussi migratori, gli Stati EU si trovano spesso a sospenderlo, e quindi a ristabilire quelle pratiche di controllo che
lo stesso aveva abolito; concretamente, questa sospensione comporta (fra gli altri) il ristabilimento dei controlli
dei documenti negli aeroporti dopo l’avvenuto atterraggio. Un altro Accordo che è stato recentemente sospeso è
“Horizon 2020” (Accordo per la ricerca e l’innovazione), siglato tra la Svizzera e l’Unione Europea: quest’ultima
ha deciso di cessarne momentaneamente l’applicazione dopo che, con il voto del 9 febbraio 2016
sull’immigrazione di massa29, era stata legittimata la possibilità di introdurre dei contingenti alla libera entrata
delle persone nella Confederazione, andando contemporaneamente contro a quanto prescritto con l’ALCP.

3.1.3 I principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili


Nel suo tenore letterale, l’art. 38 par. 1 sembra riferirsi ai principi generali di diritto di origine
nazionale applicati in maniera uniforme dalla più grande parte degli Stati e percepiti come obbligatori

26
BESSON, S. Droit international, op. cit., p. 271.
27
Per approfondire questi aspetti, si veda
28
Per approfondire questo aspetto, si veda
29
Per approfondire questo aspetto, si vedano gli Appunti di corso della Professoressa De Rossa.

7
o necessari30. Nonostante l’estesa importanza che avevano in passato, ad oggi questi possono essere
richiamati ed utilizzati soltanto in maniera supplettiva, ossia solo quando non vi siano né regole
generali, né regole di diritto speciale applicabili alla controversia31.
Si pensi, ad esempio, al principio di proporzionalità, al principio di buona fede o a quello della certezza
del diritto.32

3.1.4 Le decisioni giudiziarie


La funzione principale riconosciuta alle Corti è quella di applicare il diritto ma, a livello
internazionale, sembra essere generalmente accettata l’idea che i giudici possano anche produrre delle
regole di diritto in senso proprio33: nell’attività d’interpretazione del diritto internazionale per la
risoluzione di casi concreti, i giudici internazionali determinano e sviluppano il contenuto delle norme
di diritto34.
3.1.5 La dottrina
Ai sensi dell’art. 38 CIG, per dottrina si intendono tutte quelle opinioni espresse da autori competenti
in diritto internazionale pubblico, indipendentemente dalla loro provenienza; all’interno di questa
categoria sono ricompresi anche gli avvisi di diritto redatti dagli Stati, le opinioni individuali o
dissidenti espresse da giudici o arbitri, nonché i lavori e i report offerti da organizzazioni come
l’Associazione di Diritto Internazionale35.

3.2 Oltre alle fonti classiche: gli atti giuridici unilaterali degli Stati e la soft law
Oltre alle fonti direttamente previste nell’art. 38 CIG, esistono altre importanti categorie di fonti
internazionali del diritto.
Gli atti giuridici unilaterali sono atti compiuti indipendentemente dagli Stati, che assumono rilevanza
giuridica nell’ordinamento internazionale e che ricomprendono fenomeni giuridici tra loro
diversissimi36. Tra questi, ne citiamo alcuni a titolo esemplificativo: la protesta, ossia l’opposizione
all’atto di un altro Stato; il riconoscimento, ossia la legittimazione di una situazione o di una condotta;
la promessa, ossia l’impegno di uno Stato a tenere un certo comportamento.
Ad esempio, a seguito della dichiarazione unilaterale d’indipendenza del Kosovo dalla Serbia il 17 febbraio 2008,
il riconoscimento del Kosovo come Stato indipendente è stato operato dalla Svizzera il 27 febbraio 2008.
Infine, contribuiscono allo sviluppo progressivo del diritto internazionale anche gli atti di soft law
(“quasi-giuridici”), ossia quegli atti che, pur non avendo forza giuridica autonoma, spesso assumono
rilevanza giuridica, costituendo una tappa fondamentale nel percorso di creazione e consolidamento
della norme internazionali consuetudinarie e pattizie37.

30
CONFORTI, B. Diritto internazionale, op. cit., pp. 48 – 49.
31
Ivi, p. 252.
32
FLOREA, D. e GALES, N. International and European Law Principles, in The USV Annals of Economics and Public
Administration, Vol. 16, n. 1, 2016, p. 223.
33
BESSON, S. Legal philosophical Issues of International Adjudication – Getting over the amour impossible between
International Law and Adjudication, in AA.VV. (ed.), The Oxford Handbook of International Adjudication, Oxford:
Oxford University Press, 2014, pp. 413-434.
34
PELLET, A. Art. 38, in ZIEGLER, A., TOMUSCHAT, C. e OELLERS-FRAHM, K. (ed.), The Statute of the
International Court of Justice. A Commentary, Oxford: Oxford University Press, 2012, 677-792.
35
BESSON, S. Droit international, op. cit., p. 249.
36
TANZI, A. Introduzione, op. cit., p. 156.
37
Ivi, p. 160.

8
Un esempio indicativo di come l’elaborazione di convenzioni multilaterali sia preceduta dall’adozione di
documenti non vincolanti sono le convenzioni in materia dei diritti dell’uomo, specialmente in ambito ONU.
L’esempio sicuramente più significativo è quello dei due Patti delle Nazioni Unite del 1966 (rispettivamente sui
diritti civili e politici e sui diritti economici, sociali e culturali), entrati in vigore nel 1976: il lavoro principale di
redazione è stato svolto con la preparazione della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 che è
una risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite (atto di soft law di per sé non vincolante).

3.3 La gerarchia delle fonti internazionali


Per concludere sulle fonti del diritto internazionale, si può ora tracciare il quadro esistente sulla
gerarchia (impropria) delle fonti medesime: proprio per la sua generalità, la consuetudine è
considerata al vertice ed è seguita dai trattati e dalle norme secondarie38. A differenza del diritto
interno, però, nel diritto internazionale è ammesso che le norme di grado inferiore possano derogare
a quelle superiori: questo implica che, nell’ordinamento internazionale, sia ritenuto legittimo che un
accordo deroghi ad una consuetudine (ritenuta flessibile), nel rispetto di principi come quello di
posteriorità e/o di specialità.
Posteriorità à Questo criterio prescrive che in caso di antinomia tra due norme giuridiche aventi il medesimo
oggetto, prevale quella adottata successivamente (lex posterior derogat priori). Ad esempio, la Convenzione di
Ginevra del 1958 fissava a 12 miglia dalla costa il limite del mare territoriale e la prassi internazionale successiva
l’ha estesa fino a 200 miglia.
Specialità à Questo criterio prescrive che una norma avente carattere speciale prevalga su quella avente carattere
generale (lex specialis derogat generali). Ad esempio, gli INCOTERMS hanno regolato in maniera più specifica
gli scambi internazionali.
L’unica eccezione a tale flessibilità riguarda le norme di jus cogens: tali norme, proprio a motivo
della loro particolare forza, non possono essere derogate in nessun modo se non da una nuova norma
avente anch’essa valore cogente.

4. I soggetti di diritto internazionale pubblico

4.1 Gli Stati


Le regole giuridiche internazionali vengono create dagli Stati e, in primis, si applicano a questi ultimi;
l’alternativa da cui si deve partire per individuare nello Stato39 un soggetto di diritto internazionale è
quella tra stato-comunità e stato-organizzazione: la prima accezione fa riferimento allo Stato come
comunità stanziata su un certo territorio e sottoposta a certe leggi, mentre la seconda identifica lo
Stato con l’insieme dei governanti, e cioè l’insieme degli organi che esercitano il potere di imperio
sui singoli associati40. Dal punto di vista del diritto internazionale, l’accezione che rileva è
sicuramente quest’ultima e purché vengano soddisfatte due condizioni: innanzitutto, il potere deve
essere esercitato effettivamente e, in secondo luogo, indipendentemente (sovranità esterna).
Effettività: ad esempio, è generalmente diffusa l’idea che gli Stati Falliti (come la Somalia, che in varie zone è
soggetta al potere dei “signori della guerra”) non esercitano effettivamente il proprio potere, in quanto privi di un
governo centrale. Allo stesso modo, si ritiene che gli Stati Collassati (come il Libano e la Sierra Leone) non
possano essere considerati soggetti di diritto internazionale, poiché privi di un attributo fondamentale quale
l’effettività.

38
CONFORTI, B. Diritto, op. cit., p. 185.
39
Si ricordi innanzitutto che, in base alla Convenzione di Montevideo (art. 1) del 1933, le caratteristiche fondamentali e
imprescindibili dello Stato come soggetto di diritto internazionale sono: 1) il popolo; 2) il territorio; 3) l’apparato di
governo autonomo e originario.
40
CONFORTI, B. Diritto, op. cit., p. 13.

9
Indipendenza: ad esempio, non possono essere considerati indipendenti i Cantoni Svizzeri; la Costituzione
Federale (art. 3) ne riconosce sicuramente l’autonomia, ma non possono essere assimilati agli Stati in senso
proprio.
I requisiti dell’effettività e dell’indipendenza sono sufficienti e necessari ai fini della classificazione
dello Stato come soggetto internazionale; questo implica che atti come il riconoscimento (da parte di
altri Stati) abbiano un valore meramente lecito (o dichiarativo) e, cioè, che non incidano sull’esistenza
della soggettività statale41.
Nonostante il riconoscimento non dovrebbe venire considerato ai fini della classificazione di uno Stato come
soggetto di diritto internazionale, permangono tuttora delle problematiche relative a questa attività: si pensi, ad
esempio, al caso del Kosovo che, nonostante abbia unilateralmente dichiarato la propria indipendenza dalla Serbia
già nel 2008, ancora viene considerato da molti Stati una sua provincia non autonoma.
Posto che uno Stato è tale nel momento in cui esercita effettivamente ed indipendentemente il suo
potere, è ora necessario indagare cosa s’intenda per potere, in che cosa consista e, infine, quali siano
i limiti che possono essere apposti a quest’ultimo. Il potere statale o sovranità (politica) 42 consiste
nel “diritto di esercitare esclusivamente e originariamente, entro una data proporzione del globo, le
funzioni dello Stato”43; di consueto, si tende a distinguere tra sovranità interna e sovranità esterna,
anche se le due sono strettamente interconnesse. La prima (detta anche jurisdiction) consiste nel
potere di governo che lo Stato esercita sugli individui e sui beni stanziati sul suo territorio (secondo
il principio di territorialità)44 e si configura come jurisdiction to prescribe (imposizione di regole
vincolanti), jurisdiction to adjudicate (potere di risolvere le controversie) e jurisdiction to enforce
(ossia il potere di garantire l’esecuzione coercitiva del diritto).
Il contenuto della sovranità interna (in Svizzera) è già stato oggetto di studio. A titolo esemplificativo, però,
possono essere riconsiderate le seguenti attività: come esempio della jurisdiction to prescribe, possiamo proporre
tutte quelle norme di diritto che vengono prodotte dall’Assemblea Federale o dal Governo Federale (su delega
della prima); un’espressione della jurisdiction to adjudicate sono le sentenze del Tribunale Federale che, come
organo giudiziario di ultima istanza, viene interpellato per decidere un caso; infine, un esempio di jurisdiction to
enforce si può riscontrare nella procedura di esecuzione forzata, con la quale, grazie all’aiuto dello Stato, un
cittadino vede soddisfare la propria pretesa.
Allo stesso modo, la sovranità interna implica che uno Stato abbia il potere di disporre liberamente
del proprio territorio e che si possa dare la forma di governo che preferisce.
Ad esempio, quando il Governo Svizzero ha deciso di costruire la galleria a Silvaplana (da poco inaugurata), ha
agito indipendentemente dagli altri Stati; in casu, ha avuto bisogno solo del consenso del popolo, essendo la
Svizzera caratterizzata da una forte democrazia diretta (cioè la partecipazione popolare tramite gli strumenti del
referendum e dell’iniziativa alla vita sociale). Allo stesso modo, la suddivisione dei poteri tra Cantoni e
Confederazione (secondo il tipico modello Federale Svizzero) viene deciso internamente.
La seconda (sovranità esterna, come corollario della prima) consiste nell’originalità e
nell’indipendenza del potere statale; in particolare, uno stato ha il diritto di esercitare autonomamente
la sua autorità, senza che venga sottoposto al controllo o alla guida di altre autorità (superiorem non
recognoscens). Quest’ultima si manifesta principalmente nel rapporto con gli altri Stati, che si
sviluppa nel rispetto del principio della parità e di quello della non ingerenza.
Principio della parità: la parità (o eguaglianza) consiste nel fatto che, indipendentemente dalla loro grandezza, gli
Stati dispongono delle medesime capacità e funzioni giuridiche; questo principio è stato dapprima riconosciuto

41
CASSESE, A. Diritto, op. cit., p. 62.
42
Questa è stata definita nella “Draft Declaration on the Rights and the Duties of States” (1949) come “the capacity of a
state to proide for its own weel-being and development free from the domination of other states”.
43
CASSESE, A. Diritto, op. cit., p. 68.
44
CONFORTI, B. Diritto, op. cit., p. 196.

10
nella “Declaration on Principles of International law” (1970) che statuisce come “All States enjoy sovereign
equality” ed è stato reso operativo dal riconoscimento della regola “one State, one vote” all’interno dell’Assemblea
generale delle Nazioni Unite. Concretamente, questo implica che la Svizzera abbia gli stessi poteri della Germania
e così via.
Principio della non ingerenza: è un aspetto della dottrina della pacifica coesistenza, e consiste nel mutuo rispetto
della rispettiva integrità territoriale e sovranità; praticamente, secondo questo principio (che conosce numerose
eccezioni: si pensi, ad esempio, alla responsibility to protect) gli stati non devono intervenire nella risoluzione di
affari interni che competono ad un altro stato, il quale ha il diritto di provvedervi autonomamente.
Il potere di governo (o d’imperio) dello stato è, quindi, esclusivo rispetto a quello degli altri
(esternamente), ma anche libero nelle forme e nei modi del suo esercizio, nonché nei suoi contenuti
(internamente); in linea di principio, questo comporta che lo Stato sia legittimato, sul proprio
territorio, a fare ciò che vuole45. Questa idea, però, era accettabile in relazione allo “Stato assoluto”:
ad oggi, in realtà, la sovranità territoriale incontra diversi limiti, frutto (nella maggior parte dei casi)
di una volontaria (per mezzo dei trattati conclusi dagli Stati) o spontanea (per mezzo della prassi degli
Stati, che comunque decidono di adottare sempre per loro volontà) limitazione; si pensi, ad esempio,
alla disciplina consuetudinaria relativa al trattamento dei cittadini stranieri e dei loro beni (rilevante,
come spiegheremo dopo, per quanto riguarda gli investimenti privati stranieri).

4.2 Le organizzazioni internazionali


Accanto agli Stati, vi sono le Organizzazioni Internazionali, ossia quelle associazioni fra Stati dotate
di organi per il perseguimento di interessi comuni46; la loro proliferazione, registratasi alla fine del
XIX secolo (anche se, già prima, ne erano sorte alcune: si pensi, ad esempio, alla Lega delle Nazioni,
istituita nel 1919), ha posto la necessità di risolvere la questione relativa alla loro personalità
giuridica: ad oggi, è indiscusso che le organizzazioni internazionali posseggano una personalità
giuridica propria, indipendente dagli Stati che rappresentano47. Indicatori di quest’ultima sono, ad
esempio, la capacità di relazionarsi con gli Stati e con altre Organizzazioni, concludendo peraltro dei
trattati con questi ultimi.
Tra i vari accordi stipulati dalle Organizzazioni Internazionali vi sono, ad esempio, gli accordi di collegamento
(tra organizzazioni) che permettono di coordinare, attraverso lo scambio di informazioni, le rispettive attività (ad
esempio, gli accordi tra l’Unione europea (UE) e l’ONU); accanto a questi, vi sono anche gli accordi che le
Organizzazioni stipulano con gli Stati membri o terzi (ad esempio, accordi relativi al trattamento dei funzionari o
alla sede dell’organizzazione).
Nonostante la loro autonomia resti incontestata, è giusto precisare che le Organizzazioni
Internazionali sono soggetti “secondari” e “derivati”, nella misura la loro esistenza è dipesa e dipende
dalla volontà degli Stati, i quali hanno originariamente prestato il loro consenso alla costituzione delle
Organizzazioni Internazionali, ciascuna con dati poteri e date competenze, per mezzo della ratifica
dei vari trattati istitutivi; allo stesso modo, i compiti svolti da queste ultime non sono “originari” (lato
sensu), ma “derivati”, nel senso che sono gli Stati a decidere quale dovere debbano assolvere48.

45
CONFORTI, B. Diritto, op. cit., p. 203.
46
Ivi, p. 30.
47
SHAW, M. International Law, Cambridge: Cambridge University Press, 2008, p. 241.
48
CASSESE, A. Diritto, op. cit., p. 141.

11
4.3 Le organizzazioni internazionali non governative (ONG)
Le organizzazioni internazionali non governative sono quei gruppi, quelle associazioni composte da
privati di diversa nazionalità, che perseguono “interessi pubblicistici della società universale”49 e che,
pur essendo dotate della personalità di diritto interno (cioè quella capacità che permette loro di
concludere determinati atti e di assumersene gli effetti), sono prive della soggettività di diritto
internazionale. Queste possono assumere una vocazione economica, a patto che si tratti di un’attività
non lucrativa (no profit).
Le ONG sono sostanzialmente dei gruppi di pressione, la cui missione è quella di difendere presso gli Stati e le
Organizzazioni Internazionali interessi riconducibili a diversi ambiti: si pensi, infatti, che accanto a ONG come il
World Wildlife Fund (WWF), convivono Amnesty International, Save the Children, Médecins sans frontières etc.

49
CARBONE, S.M. I soggetti e gli attori nella comunità internazionale, in CARBONE, S.M., LUZZATO, E. e SANTA
MARIA, A. (a cura di), Istituzioni di diritto internazionale, Torino: Giappichelli, 2011, pp. 38 ss.

12
CAPITOLO 2

Il diritto internazionale dell’economia

Obiettivi
Dopo avere studiato questo capitolo dovreste essere in grado di:
§ Dare una definizione di diritto internazionale dell’economia.
§ Spiegarne l’evoluzione.
§ Individuare le fonti del diritto internazionale dell’economia mettendone in luce le peculiarità.
§ Parlare dei soggetti del diritto internazionale dell’economia mettendone in luce le peculiarità.

1. La nascita e l’evoluzione della disciplina


Come ci suggerisce Petersmann50, il diritto internazionale dell’economia è passato dall’essere un
“ordine spontaneo” al divenire un “ordine imposto” nel corso degli anni; prima del 191451,
l’interazione tra diritto internazionale e attività economica era decisamente limitato52: a quel
tempo, l’economia era governata dalle relazioni tra privati e, sebbene a livello internazionale si
fosse realizzato un certo livello di integrazione tra le economie nazionali, perlomeno nel continente
europeo, questo primo fenomeno di globalizzazione non riposava su un sistema formalizzato di
istituzioni e convenzioni internazionali in materia economica; si basava piuttosto su una serie di
trattati bilaterali in materia commerciale ed economica e di misure nazionali di politica economica
“spontaneamente” rivolte a garantire la libertà degli scambi. Così, in ambito monetario, il sistema
del gold standard (che consentiva di convertire la valuta straniera in oro, il quale circolava
liberamente) permetteva l’automaticità dei pagamenti mentre, in ambito commerciale, la limitata
previsione di ostacoli agli scambi garantiva una certa libertà di commercio53. Anche la libertà di
movimento riconosciuta ai lavoratori (che, anche facendo appello alla nostra memoria, ricordiamo
su quelle navi che attraversavano l’Atlantico) suggeriva una certa naturalezza dell’ordine
economico internazionale: in questo contesto, il diritto internazionale poteva intervenire solo per
limitare le interferenze statali nei liberi flussi economici54.
Un’importante eccezione era costituita dalla disciplina della proprietà intellettuale che, già negli anni
precedenti ai due Conflitti Mondiali, era stata soggetta al controllo del diritto internazionale: gli Stati
s’impegnavano affinché gli innovatori nazionali non venissero deprivati dei frutti del loro duro lavoro; fra i
tanti, si pensi ad esempio al caso dello scrittore inglese Charles Dickens a cui non vennero riconosciuti i diritti
d’autore sugli scritti prodotti in America poiché limitati, in forza della legge vigente, ai cittadini o ai residenti

50
PETERSMANN, E.U. International Economic Order, in BERNHARDT, R. (ed.) Encyclopedia of Public
International Law, 1995, p. 1128.
51
La suddivisione dello sviluppo storico in quattro principali periodi si rifà a VAGST, D.F. International Economic
Law and the American Journal of International Law, in The American Journal of International Law, Vol. 100, n. 4,
2006, pp. 769-782.
52
Si tratta del periodo conosciuto come liberalismo classico; per tutti si veda COMBA, A. Neoliberismo e
globalizzazione dell’economia, in ID. (ed.) Neoliberismo internazionale e global economic governance. Sviluppi
istituzionali e nuovi strumenti, Torino: Giappichelli Editore, 2012, p. 4.
53
Ivi, pp. 5-6.
54
VAGST, D.F. International Economic Law, op. cit., p. 770.

13
della Nazione. Sia la Convenzione di Parigi sulla protezione della Proprietà Intellettuale (1883), sia la
Convenzione di Berna per la Protezione delle Opere Letterarie e Artistiche (1886) potevano essere definiti dei
veri e propri Accordi di diritto internazionale all’indomani del 1907.
Il periodo intercorrente tra le due Guerre Mondiali ha invece visto un importante cambiamento del
ruolo del diritto internazionale dell’economia: la Grande Guerra ha rinnovato l’intervento degli
Stati nello sviluppo dell’economia nazionale e delle relazioni economiche internazionali, che
utilizzavano il potere politico per avvantaggiare lo sviluppo interno a discapito degli altri55. Il
fallimento del sistema del gold standard (iniziato con la grande depressione del 1929 e finalizzato
nel 1933 con l’abbandono degli Stati Uniti), l’imposizione di barriere ed ostacoli al commercio
(che venivano limitati solo a livello bilaterale, tramite convenzioni) e lo sviluppo di nuove politiche
migratorie (con relative limitazioni agli spostamenti) portarono ad una certa involuzione e chiusura
(conosciuto anche come nazionalismo economico) degli Stati56.
L’emersione dei Sistemi comunisti (tra i primi l’Unione Sovietica), basati su un’economia di Stato e fortemente
contrari alla privatizzazione, minacciavano e rallentavano fortemente lo sviluppo di relazioni economiche
internazionali: si pensi, ad esempio, alla nazionalizzazione di tutte le proprietà petrolifere da parte del Messico57
e alla relativa perdita subita da tutti gli Stati investitori.
Soltanto con la fine del II Conflitto Mondiale gli Stati si convinsero che la regolamentazione delle
interazioni economiche avrebbe potuto condurre ad una pace più duratura e, soprattutto, avrebbe
potuto scongiurare che si riproducessero tutte quelle problematiche tipiche degli anni intercorrenti
tra le due guerre: è proprio in questo periodo che vengono regolamentati gli investimenti con la
sottoscrizione dei primi accordi bilaterali di investimento (c.d. Bilateral Investment Treaties o
BITs) e che vengono cedute le prime porzioni di sovranità a Organizzazioni Internazionali
Economiche (le c.d. International Financial Institutions o IFIs).
Questo cambiamento era stato anticipato con la Carta Atlantica adottata nel 1941 da Roosevelt e Churchill,
nella quale gli Stati (riprendendo i famosi 14 punti di Wilson) si ripromettevano (fra le altre cose) di garantire
a chiunque la libertà di commercio.
L’adozione dell’Accordo di Marrakech nel 1994 e la nascita dell’Organizzazione Mondiale del
Commercio (OMC) inaugurano convenzionalmente l’inizio dell’era della
globalizzazione/mondializzazione (in cui ci troviamo tuttora), in cui i confini nazionali (importante
eredità Vestfaliana) si sono dissolti e gli Stati sono incessantemente connessi da scambi di merci
e di servizi, dall’accoglienza di persone e lavoratori, nonché dal trasferimento delle proprie attività:
tutte queste congiunzioni costituiscono l’oggetto di studio del diritto internazionale dell’economia
che, rifacendoci a Petersmann, ci offre oggi un “ordine imposto”, nel senso che le relazioni tra
Stati in questo ambito riposano su un sistema di regole poste a livello internazionale attraverso una
rete di accordi multilaterali istitutivi di Organizzazioni Internazionali Economiche, la cui esistenza
crea di fatto una vera e propria architettura istituzionale di riferimento per gli Stati.

55
In dottrina è diffusa la convinzione che tra le cause del secondo Conflitto Mondiale vi siano l’uso del potere politico
e le relative restrizioni economiche; si pensi, ad esempio, al caso della Germania: JOPP A.T., Did Closures Do Any
Good? Labour Productivity, Mine Dynamics, And Rationalization In Interwar Ruhr Coal Mining, in Economic History
Review, Vol. 70, n. 3, 2017, pp. 944-976.
56
Le sfide poste al diritto internazionale dell’economia in questo periodo sono chiarite da MASINI, F. Designing the
institutions of international liberalism: some contributions from the interwar period, in Constitutional Political
Economy, Volume 23, Fascicolo 1, 2012.
57
Fra tanti si veda MIRANDA, F.R. Foreign Companies Investing and Doing Business in Mexico-Nationalization, in
Business Lawyer, Vol. 28, n. 7, pp. 1217-1236.

14
2. Che cos’è il diritto internazionale dell’economia?
Per comprendere che cosa sia effettivamente il diritto internazionale dell’economia, si può iniziare
estrapolando il significato di queste tre parole58:
1. Diritto à In questo settore, il termine diritto rimanda a diverse fonti, fra cui il diritto
positivo, quello consuetudinario e la soft law59.
Con l’accezione diritto si fa generalmente riferimento al diritto internazionale ma, in questo settore,
anche le applicazioni del diritto nazionale sono vaste.
2. Internazionale à Questa materia interessa i rapporti che si sviluppano oltre confine, ossia
quelle interazioni che non ricadono sotto la giurisdizione di un singolo Stato.
3. Economia à Prendendo a riferimento quest’ultimo termine, sono state formulate due
diverse accezioni di diritto internazionale dell’economia: quella estensiva, che lo definisce
come l’insieme di regole che governano tutte le operazioni economiche che si sviluppano
in un quadro più vasto di quello nazionale, e quella restrittiva che, invece, ne limita
l’applicabilità alle relazioni internazionali macroeconomiche60.
Nell’ambito del nostro corso61, il diritto internazionale dell’economia può essere definito come
quell’insieme di norme di diritto internazionale pubblico (regole e principi) che concernono
direttamente gli scambi economici (di beni, servizi, moneta, investimenti e proprietà intellettuale)
tra i soggetti di diritto internazionale62.

2.1 Il rapporto con il diritto internazionale pubblico


Da lungo tempo la dottrina si interroga sulla originalità del diritto internazionale dell’economia e,
più precisamente, in quale rapporto si trovi con il diritto internazionale pubblico: infatti, se da una
parte assorbe da quest’ultimo i principi generali della materia63, dall’altra presenta delle
caratteristiche che invece ne suggeriscono un certo distacco; invero, esistono sia indicatori positivi
di interferenze, sia indicatori positivi di profonde differenze e distacco.
Un esempio concreto di profonda interazione ci è offerto dall’art. 3 All. 2 OMC (Intesa sulle norme e sulle
procedure che disciplinano le controversie) che stabilisce che i Membri, nel risolvere le controversie, hanno
l’obbligo di “chiarire le disposizioni attuali di tali Accordi conformemente alle norme di interpretazione
abituali del diritto pubblico internazionale”. D’altra parte, importanti elementi suggeriscono invece che esista
una profonda separazione. Si pensi semplicemente ai sistemi di risoluzione delle controversie: il diritto
internazionale pubblico è sempre stato fondato sulla profonda convinzione che le controversie potessero essere
risolte attraverso la negoziazione tra le parti (e gli arbitrati), mentre il diritto internazionale dell’economia ha
provveduto alla creazione di veri e propri sistemi istituzionalizzati di risoluzione delle controversie (come, ad

58
CHARNOVITZ, S. What is International Economic Law? In Journal of International Economic Law, Vol. 14, n. 1,
2011, pp. 4 ss.
59
V. infra, par. 3.
60
CARREAU, D., JUILLARD, P., BISMUTH, R. e HAMANN, A. Droit international économique, Parigi : Dalloz,
2017, pp. 3-4.
61
Esistono così tante definizioni di “diritto internazionale dell’economia” che anche l’Associazione Internazionale di
Diritto Economico (AIDE) ha rinunciato ad adottarne una che potesse essere valida per tutti.
62
SEIDL HOHENVELDERN, I. International Economic Law, L’Aia-Londra-Boston: Kluwer Law International,
1999, p. 1.
63
JACKSON, J.H. Reflections on International Economic Law, in University of Pennsylvania Journal of International
Economic Law, Vol. 17, n. 1, 1996, p. 18.

15
esempio, il sistema di risoluzione delle controversie dell’OMC imperniato sul ruolo dell’Organo di Appello la
cui autorevolezza ha dato vita a una vera e proprio giurisprudenza OMC)64.
Come è stato suggerito dall’Organo di Appello dell’OMC, il diritto internazionale dell’economia
non può essere certo relegato in uno spazio di “isolamento clinico”65 rispetto al mondo
rappresentato dal diritto internazionale pubblico, ma ne devono comunque e sempre essere
riconosciute le peculiarità, che si esprimono in termini di origine, di fonti, di soggetti e di
risoluzione delle controversie66.

2.2 Il rapporto con il diritto internazionale privato


Tradizionalmente, il diritto internazionale privato veniva definito come quella disciplina che aveva
per oggetto le relazioni tra privati affette da un elemento di estraneità (o internazionalità) e che
provvedeva, di conseguenza, all’identificazione del giudice che avrebbe dovuto pronunciarsi sul
caso e delle norme applicabili67.
Ad esempio, in una controversia che vede opporsi il Signor A, di nazionalità Svizzera, e il Signor B, di
nazionalità Francese, circa il prezzo di un immobile situato in Germania, il giudice competente a risolvere la
controversia e a decidere la legge applicabile è individuato dalle norme di diritto privato internazionale.
Proprio per il fatto che soggetto e oggetto di questa materia fossero i privati, la netta separazione
tra diritto internazionale pubblico e privato è sempre stata indiscussa. La nascita e la sempre
maggiore importanza acquisita dal diritto internazionale dell’economia ha scalfito questa
distinzione (tanto da parlarsi di rivoluzione), ormai invalsa nella prassi68: infatti, il fatto che le
regole di diritto internazionale dell’economia si rivolgano tanto gli Stati quanto a taluni soggetti
privati (come, ad esempio, gli investitori privati stranieri) ha annullato questa distinzione binaria
tra pubblico e privato. In altre parole, l’attuale sistema liberale economico produce sempre più
regole rivolte ai soggetti privati (siano essi persone fisiche o giuridiche) e predispone altresì degli
strumenti di accesso diretto alla giurisdizione internazionale69, comportando la progressiva
erosione di quelle zone di competenza classicamente assegnate a singole materie.
Peraltro, come correttamente sottolineato dal giudice Jessup, il diritto internazionale deve essere inteso, ad
oggi, come un diritto transnazionale70, che deve considerare anche lo studio di quel diritto (sia esso nazionale
o internazionale) che influenza le relazioni cross-border tra privati.

64
MCRAE, D. International Economic Law and Public International Law: The Past and The Future, in Journal of
International Economic Law, n. 17, 2014, pp. 632-634.
65
États-Unis – Essence, WT/DS2/AB/R.
66
CARREAU, D., JUILLARD, P., BISMUTH, R. e HAMANN, A. Droit international, op. cit., p. 8.
67
MOHAMED SALAH, M.M. Droit économique et droit international privé, in Revue internationale de droit
économique, Vol. 24, n. 1, 2010, p. 14.
68
TRACHTMAN, J.P. The International Economic Law Revolution, in University of Pennsylvania Journal of
International Economic Law, Vol. 17, n. 1, 1996, 33-61.
69
ZIEGLER, A.R. Droit international économique. Une introduction (y inclus le droit des relations économiques
extérieures de la Suisse), Berna : Stämpfli Editions, 2017, p. 37.
70
JESSUP, P. Transnational Law, New Haven: Yale University Press, 1956, pp. 1-8.

16
3. Le fonti
L’irriducibilità del diritto internazionale dell’economia al diritto internazionale pubblico si riflette
puntualmente nel sistema delle fonti e, precisamente, nel fatto che il primo ne disponga di una più
ampia gamma e che, laddove comuni, queste assumono una valenza diversa in questo specifico
settore71. Inoltre, le fonti del diritto internazionale dell’economia scaturiscono sia dall’ordine
internazionale, sia da quelli nazionali: l’enumerazione delle prime si ricollega allo studio del diritto
internazionale pubblico, mentre le secondo sono principalmente costituite dagli atti unilaterali
degli Stati, ossia da quegli atti del potere legislativo, esecutivo o giudiziario aventi il potere di
incidere sulle relazioni macroeconomiche fra gli Stati72.

3.1 Le fonti classiche del diritto internazionale

3.1.1 Le consuetudini internazionali


La consuetudine internazionale (per i cui elementi costitutivi si rinvia supra, cap. 1) gioca un ruolo
circoscritto nel diritto internazionale dell’economia per due motivi principali: da un lato, tale
disciplina è, come si è visto, relativamente recente rispetto al diritto internazionale pubblico e
quindi non è ancora possibile rinvenire un numero elevato di processi di formazione di norme
consuetudinarie; dall’altro, il diritto internazionale dell’economia disciplina fenomeni economici
complessi e necessita quindi perlopiù di regole particolarmente dettagliate e tecniche, che
difficilmente quindi possono originarsi spontaneamente, com’è tipico delle regole di diritto
internazionale generale.
Esistono tuttavia importanti eccezioni a questo trend più generale. Regole di diritto internazionale
consuetudinario di particolare importanza nel diritto internazionale dell’economia sono per
esempio l’immunità statale, lo standard di trattamento minimo degli stranieri, l’immunità
diplomatica73 e il diritto umanitario74.
Ai nostri fini, il settore del diritto internazionale dell’economia in cui la consuetudine ricopre maggiore
importanza è quello degli investimenti, poiché molte delle sue regole attingono a risalenti principi quali la
protezione degli stranieri e dei loro beni o, ancora, ai principi applicabili ai contratti tra gli Stati.
Più in generale, le regole di diritto internazionale consuetudinario rimangono importanti nel diritto
internazionale dell’economia nella misura in cui, proprio perché tale disciplina è una branca del
diritto internazionale pubblico, possono essere utilizzate per interpretare regole convenzionali75.

71
CARREAU, D., JUILLARD, P., BISMUTH, R. e HAMANN, A. Droit international, op. cit., p. 10.
72
Ivi, p. 11.
73
HERDEGEN, M. Principles of, op. cit., p. 56.
74
L’interazione tra diritto internazionale dell’economia e diritto umanitario è ben spiegata (anche con casi concreti)
da COTTIER, T., PAUWELYN, J. e BÜRGI, E. (ed.) Human Rights and International Trade, Oxford: Oxford
University Press, 2009.
75
ASCENSIO, H. Droit international, op. cit., p. 18.

17
Ad esempio, è stato chiarito dalla giurisprudenza OMC che l’eccezione in materia di conservazione delle risorse
naturali esauribili contenuta nell’Accordo generale in materia di scambio di merci (il General Agreement on
Tariffs and Trade o GATT) all’articolo XX (g) (vedi infra, cap. 4) deve essere interpretata alla luce del principio
consuetudinario della sovranità permanente sulle risorse naturali (v. infra, par. 4.1.2).

3.1.2 I trattati
La fonte più importante del diritto internazionale dell’economia è sempre stata rappresentata dai
trattati (detti anche accordi o convenzioni) che, in quanto atti giuridici internazionali, trovano la
propria regolamentazione (per quanto riguarda questioni come la manifestazione del consenso, le
riserve, l’interpretazione, le condizioni di validità dei trattati, gli effetti etc.) nella Convenzione di
Vienna76. Il nuovo ordine economico globale pensato dai fondatori di Bretton Woods doveva
essere basato sul multilateralismo, ossia su regole uniformi indistintamente applicabili a tutti i
partecipanti che, in ultima istanza, avrebbero potuto garantire (nel rispetto dell’economia di
mercato) una concorrenza piena e completa77, e in ultima istanza la stabilità delle relazioni
macroeconomiche come volano di pace e sicurezza internazionali.
Il multilateralismo costituisce il fondamento costituzionale di questo ordine giuridico: l’Accordo di Marrakech
regolamenta il diritto internazionale del commercio, così come lo Statuto del Fondo monetario internazionale
(FMI) e lo Statuto della Banca per la ricostruzione e lo sviluppo (BIRS) creano i presupposti per garantire la
stabilità monetaria e finanziaria a livello internazionale; soltanto nell’ambito degli investimenti internazionali
il multilateralismo non è riuscito a prosperare78: si pensi al fallito tentativo dell’Organizzazione per la
cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) di creare un trattato sugli investimenti multilaterali (MAI)79.
In opposizione a quanto immaginato dai padri di questo sistema, gli ultimi decenni hanno registrato
un’importante diffusione e conclusione di trattati bilaterali (o plurilaterali)80, a carattere regionale
o non (nel primo caso, si parla anche di accordi regionali), in tutti i settori del diritto internazionale
dell’economia, facendo del multilateralismo l’eccezione e del bilateralismo la regola; il sistema è
attualmente frammentato in una moltitudine di convenzioni a due o più parti finalizzate a regolare
tutti gli ambiti economici internazionali: questi trattati sono stati infatti registrati nel settore del
commercio, in quello degli investimenti,81 in quello della tassazione e, recentemente, anche in
quello della tutela dei diritti di proprietà intellettuale e della regolamentazione degli appalti
pubblici82.

76
Precisamente, i trattati conclusi tra Stati sono regolamentati nella Convenzione di Vienna del 1969, mentre quelli
conclusi tra Stati e Organizzazioni Internazionali nella Convenzione di Vienna del 1986. Si veda supra, cap. 1.
77
ASCENSIO, H. Droit international, op. cit., p. 38.
78
CARREAU, D., JUILLARD, P., BISMUTH, R. e HAMANN, A. Droit international, op. cit., p. 13.
79
PICCIOTTO, S. Linkages in International Investment Regulation: the Antinomies of the Draft Multilateral
Agreement on Investment, in University of Pennsylvania Journal of International Economic Law, Vol. 19, n. 3, pp.
731-768.
80
Maggiormente registrati negli ambiti regionali: si pensi, ad esempio, all’EU.
81
Come già detto, il settore degli investimenti esteri diretti è sempre stato disciplinato da accordi bilaterali (i cosiddetti
Bilateral Investment Treaties o BITs). Tuttavia, il numero di BITs conclusi dagli Stati nel corso degli ultimi decenni
ha conosciuto un aumento esponenziale. PAUWELYN, J. e ALSCHNER, W., ‘Forget About the WTO: The Network
of Relations between Preferential Trade Agreements (PTAs) and “Double PTAs”’, in M. Elsig and A. Dür (eds.),
Trade Cooperation: The Purpose, Design and Effects of Preferential Trade Agreements, Cambridge University Press,
2015, pp. 497-532.
82
REICH, A. Bilateralism versus Multilateralism in International Economic Law: Applying the Principle of
Subsidiarity, in The University of Toronto Law Journal, Vol. 60, n. 2, pp. 264-265.

18
Il bilateralismo risponde effettivamente a diverse necessità, che aiutano a comprendere l’attuale propensione
per quest’ultimo a detrimento degli accordi multilaterali: fra le altre cose, il bilateralismo consente di stipulare
un trattato con le parti con cui s’intende negoziare, definendo l’oggetto in base alle concrete necessità delle
parti; inoltre, i trattati bilaterali sono più facili da concludere e da modificare, così da poterne facilmente
adattare il contenuto alle variabili esigenze delle parti83.
Attualmente, questi due sistemi convivono: da una parte, l’approccio multilaterale costituisce il
fondamento dell’ordine economico internazionale garantendo l’equilibrio tra diritti ed obblighi dei
partecipanti, in particolare in quelle situazioni in cui a negoziare siano Stati caratterizzati da un
profilo economico profondamente diverso; dall’altra, il bilateralismo (o regionalismo) soddisfa le
singole volontà, dando importanza al potere negoziale84.

3.2 Oltre alle fonti classiche


3.2.1 Atti unilaterali
Come per il diritto internazionale, per atti unilaterali s’intendono tutti quegli atti che vengono
emanati indipendentemente da un solo soggetto, sia esso uno Stato o un’Organizzazione
Internazionale. Di per sé fortemente eterogenea, questa tipologia di atti trova però una certa
coerenza nel diritto internazionale dell’economia nella misura in cui questi vengono sovente
adottati nel solco di quanto previsto dai regimi convenzionali per formare dei sistemi normativi
più complessi85.
Nel diritto internazionale dell’economia, gli atti unilaterali possono promanare sia dagli Stati, sia dalle
Organizzazioni Internazionali; per quanto riguarda gli atti unilaterali degli Stati, possiamo distinguerne due
categorie principali:
1. Atti unilaterali che devono essere adottati in ottemperanza a disposizioni convenzionali à Si pensi,
ad esempio, alle liste di concessione GATT nell’ambito dell’OMC (v. infra, cap. 4)86: si tratta di atti
formalmente unilaterali, negoziati in ambito multilaterale.
2. Atti unilaterali a priori inquadrati in un regime convenzionale à Si pensi, ad esempio, al sistema
delle preferenze generalizzate riconosciuto dagli Stati economicamente più avanzati a quelli in Via
di Sviluppo nell’ambito del sistema OMC: si tratta di vantaggi economici accordati unilateralmente
da uno Stato a un altro Stato (o a un gruppo di Stati), senza essere estesi a tutti gli altri87.
Per quanto riguarda le Organizzazioni Internazionali, invece, si pensi ad atti come le sanzioni economiche
adottate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (si pensi, ad esempio, alle misure di embargo adottate
nei confronti dell’Iran per il suo programma nucleare).
3.2.2 Soft – law
Concorre alla formazione e allo sviluppo progressivo delle regole di diritto internazionale
dell’economia anche la soft-law, ossia quell’insieme di norme di diritto non giuridicamente
vincolanti, che assumono quindi la veste della raccomandazione piuttosto che dell’obbligazione88.
In questo ordinamento, la soft-law ha come scopo principale quello d’indirizzare e d’influenzare

83
Ivi, pp. 273-279.
84
ASCENSIO, H. Droit international, op. cit., p. 37.
85
Ivi, p. 51.
86
Art. II GATT: “1. a. In materia commerciale, ciascuna Parte contraente accorderà alle altre Parti contraenti un
trattamento non meno favorevole di quello previsto nella parte considerata dell'elenco pertinente, allegato al presente
accordo”.
87
V. infra, cap. 4.
88
V. supra, cap. 1.

19
l’attività degli attori economici89 e si concretizza in diverse forme: si pensi, ad esempio, alle “linee
guida” emanate dalle istituzioni internazionali, a quei testi intitolati “guida”, “note esplicative” o
“best practices” destinati alle attività private in specifici settori o alle “norme tecniche” o standard
internazionali90.
Un esempio importante di soft law sono sicuramente i codici di best practices: si pensi, ad esempio, a quello
adottato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) nel 1999 in tema di
corporate governance91 che si configurava come un insieme di principi e raccomandazioni non vincolanti
finalizzate a guidare gli Stati nell’adozione di un codice proprio92; in Svizzera questi principi sono stati
implementati attraverso il Code Suisse de bonnes pratiques93, adottato da Economiesuisse nel 2002 per
rispondere sia a crescenti esigenze etiche (come, ad esempio, la necessità di garantire lo scambio di
informazioni in maniera trasparente), sia per limitare quegli scandali finanziari che avevano impattato a livello
nazionale (si pensi, fra gli altri, a Swissair o a UBS). Un altro esempio interessante di norme soft-law
nell’ambito del commercio internazionale sono gli INCOTERMS94.
3.2.3 Contratti
Infine, fonte del diritto internazionale dell’economia sono anche i contratti: come per il diritto
nazionale, per contratto s’intende quell’accordo fra due o più parti finalizzato a costituire,
modificare o estinguere un rapporto giuridico95; in questo specifico settore, i contratti che rilevano
(sempre nell’ottica macroeconomica) sono sia quelli conclusi da privati che esplicano effetti
transnazionali, sia quelli in cui uno parte è lo Stato (detti anche contratti statali).
Fra i più importanti vi sono sicuramente i contratti di investimento, spesso conclusi tra Stati ospiti di un
investimento e privati (investitori stranieri).96

4. I soggetti
Accanto ai soggetti classici del diritto internazionale pubblico come gli Stati e le organizzazioni
internazionali (che, in questo settore, presentano delle caratteristiche distintive), nel panorama
speciale di quello dell’economia interagiscono anche altri soggetti “atipici” come le imprese
multinazionali.

4.1 Gli Stati


La centralità dello Stato come soggetto di diritto internazionale dell’economia è indiscussa; d’altra
parte, le relazioni regolate da questa disciplina ne hanno rivelato alcune peculiarità.

89
ASCENSIO, H. Droit international, op. cit., p. 59.
90
Ivi, pp. 58-59.
91
https://www.oecd-ilibrary.org/governance/principes-de-gouvernance-d-entreprise-du-g20-et-de-l
ocde_9789264269514-fr
92
Una valutazione dei reali effetti di questi codici è rinvenibile in DE ROSSA, F, e PETER, H. Nuovi obblighi di
annuncio per le società non quotate: un ulteriore tassello verso un azionariato più responsabile e mercati più
trasparenti, in RTiD, 2016, pp. 697-743.
93
https://www.economiesuisse.ch/sites/default/files/publications/economiesuisse_swisscode_f_web.pdf
94
Per una trattazione più estesa, si rinvia agli Appunti di corso della Professoressa de Rossa.
95
Per una trattazione più estesa, si rinvia agli Appunti di corso della Professoressa de Rossa.
96
V. infra, cap. 7.

20
4.1.1 L’erosione della sovranità politica e il mito dell’indipendenza
Nel sistema Vestfaliano gli Stati erano considerati come delle monadi autonome, caratterizzati da
una sovranità politica che si esprimeva nei termini di indipendenza, eguaglianza e immunità97 e
che, infine, permetteva loro di convivere pacificamente, tramite delle interazioni volontarie che
non andavano a scalfire la loro unitarietà. L’avvento del XXI Sec. ha in realtà prodotto degli effetti
inimmaginabili nell’800, che possono essere raccolti sotto il minimo comune denominatore di
“riallocazione del potere”98: eventi come l’industrializzazione e la tecnologicizzazione hanno
determinato il passaggio di una parte di sovranità statale a istituzioni internazionali99,
smascherando contemporaneamente il mito dell’autosufficienza tipico della comunità
internazionale classica100.
In dottrina emergono due opinioni contrastanti circa la “nuova sovranità”101: da una parte, vi è chi sostiene che
istituzioni internazionali economiche come l’OMC, il Fondo monetario internazionale (FMI), la Banca per la
ricostruzione e lo sviluppo (BIRS), siano semplicemente dei forum, a cui gli Stati hanno aderito
volontariamente, senza quindi propriamente cedere parte del proprio potere, in quanto la partecipazione è
espressione diretta dello stesso102; dall’altro lato vi è invece chi, più criticamente, vede in queste istituzioni
come dei veri e propri sostituti degli Stati, che esercitano un potere che originariamente spettava a questi
ultimi103.
Dimostrazione per eccellenza di queste interazioni è sicuramente il diritto internazionale
dell’economia: la proliferazione delle organizzazioni internazionali economiche ha fatto emergere
come lo Stato, in questo contesto, non sia più una nazione isolata e come la sovranità non consista
più nella libertà di agire indipendentemente e egoisticamente, ma anzi che il fabbisogno della
propria popolazione possa essere soddisfatto solo ed esclusivamente attraverso l’interazione con
altri Stati, regolata attraverso delle disposizioni comuni104 .
L’integrazione economica globale è un fenomeno ormai ineluttabile: lo Stato non è più in grado di provvedere
singolarmente ai fabbisogni nazionali e, contemporaneamente, non ha più il pieno controllo di ciò che succede
sul suo territorio; questo, però, non significa certamente che lo Stato non abbia più rilevanza come entità
economica: queste rinunce sono dettate dalla necessità di creare un mercato unico privo di quelle diseconomie
determinate dai confini e dalle diverse legislazioni nazionali105.

97
JACKSON, J.H. Sovereignty: Out-dated Concept or New Approaches, in SHAN, W., SIMONS, P. e SINGH, D.
Redefining Sovereignty in International Economic Law, Oxford: Hart Publishing, 2008, pp. 3-7.
98
JACKSON, J.H., Sovereignty, Subsidiarity and Separation of Powers: The High-Wire Balancing Act of
Globalization, in KENNEDY D.L.M. e SOUTHWICK, D. (ed.), The Political Economy of International Trade Law:
Essays in honour of Robert E. Hudec, Cambridge: Cambridge University Press, 2002, pp. 13-31.
99
RAUSTIALA, K. Rethinking the Sovereignty Debate in International Economic Law, in Journal of International
Economic Law, Vol. 6, n. 4, 2003, p. 845.
100
TRACHTMAN, J.P. L’Etat, c’est nous: Sovereignty, Economic, Integration and Subsidiarity, in Harvard
International Law Review, Vol. 33, 1992, p. 462.
101
Questa espressione, originariamente inglese (“new sovereignty”) è stata coniata da CHAYES, A. e CHAYES A.H.,
The New Sovereignty: Compliance with International Agreement, Cambridge, MA: Harvard University Press, 1995.
102
RAUSTIALA, K. Rethinking the Sovereignty, op. cit., p. 857.
103
La dottrina è particolarmente vasta; per una panoramica generale si veda PHILPOTT, D. Revolutions in
Sovereignty, Princeton: Princeton University Press, 2001.
104
CHAYES, A. e CHAYES A.H., The New Sovereignty, op. cit., p. 27.
105
TRACHTMAN, J.P. L’Etat, c’est nous, op. cit., p. 467.

21
In conclusione, lo Stato rimane un soggetto dell’ordinamento internazionale economico, ma con
delle caratteristiche diverse rispetto a quelle che si esplicano più in generale nella vita di relazione
internazionale.

4.1.2 L’emersione della sovranità economica


Nel sistema economico internazionale al concetto di sovranità politica si affianca (e, in alcuni casi,
nel rispetto della logica precedente, si sostituisce) quello di sovranità economica: conseguenza
diretta della sovranità territoriale, questo concetto è emerso all’indomani della decolonizzazione,
in un contesto in cui i Nuovi Stati rivendicavano, insieme all’indipendenza politica, anche la
promozione di quella economica (intesa come rivendicazione diretta della prima)106.
Il principio di sovranità permanente sulle risorse naturali è stato dapprima riconosciuto nella Risoluzione 1803
(XVII) del 1962107, ripreso nella Carta dei diritti e doveri economici degli Stati del 1974108 e poi dichiarato una
norma consuetudinaria in diverse sentenze della CIG109.
Fra i diritti derivanti da quest’ultima vi sono quello di decidere il proprio sistema economico e
sociale, quello di regolamentare internamente le attività e, infine, quello di disporre liberamente
della propria moneta110.
Questi diritti non sono però assoluti, ma devono comunque essere compatibili con il nuovo panorama
internazionale, sempre più interconnesso e sempre regolamentato da disposizioni che limitano l’autonomia
statale: ad esempio, in materia di investimenti, uno Stato in linea di massima dovrebbe potere decidere quali
investimenti ammettere sul suo territorio, dovrebbe poterli sottoporre alla disciplina nazionale e, nel caso in
cui lo ritenesse necessario, anche nazionalizzarli; in realtà, nel nuovo ordine economico internazionale, questi
diritti devono essere conciliati con le necessità dei singoli e con quella di cooperare con gli altri Stati.
4.1.3 Uguaglianza formale e materiale
Infine, l’ultimo aspetto molto importante che differenzia il sistema di Vestfalia da quello del diritto
internazionale dell’economia è la palese differenza che intercorre tra gli Stati membri: nonostante
tutti facciano parte del medesimo sistema (eguaglianza formale), la disparità è determinata dalla
diversa capacità che gli Stati hanno di allinearsi al modello del capitalismo liberale, apertamente
accolta dal diritto internazionale dell’economia, che provvede a fornire degli strumenti per
attenuarla in maniera progressiva111 (eguaglianza materiale).
Si pensi, per esempio, al trattamento speciale e differenziato garantito nel sistema OMC: questo trattamento
legittima la possibilità di adattare gli impegni assunti dai PVS nell’ambito della loro partecipazione all’OMC
ai loro bisogni e alle loro capacità, in deroga a quanto previsto dalle disposizioni di diritto “generale” OMC e
senza obbligo di corrispondenza (principio di non reciprocità). Concretamente, questo si declina doppiamente:
nel commercio, si concretizza in una serie di esenzioni unilaterali (come, ad esempio, il diritto di attuare alcune
discipline multilaterali in tempi più lunghi per dare a questi Paesi la possibilità di adattarsi gradualmente); in
materia di di accesso al mercato, in particolare, questo si manifesta principalmente attraverso le preferenze

106
ASCENSIO, H. Droit international, op. cit., p. 18.
107
“The right of peoples and nations to permanent sovereignty over their natural wealth and resources must be
exercised in the interest of their national development and of the well-being of the people of the State concerned”
108
Art. 2: “1. Every State has and shall freely exercise full permanent sovereignty, including possession, use and
disposal, over all its wealth, natural resources and economic activities”.
109
Ad esempio, RDC v Uganda.
110
ASCENSIO, H. Droit international, op. cit., p. 19.
111
CARREAU, D., JUILLARD, P., BISMUTH, R. e HAMANN, A. Droit international, op. cit., p. 31.

22
doganali (il cd sistema delle preferenze generalizzate), ossia nell’esenzione o riduzione dei dazi per i prodotti
importati da questi paesi112; in ultima istanza, il trattamento speciale e differenziato ha come scopo principale
quello di accrescere il benessere nazionale di paesi meno competitivi nell’ambito economico internazionale al
fine di di colmare le disparità tra Stati che interagiscono in seno alle medesime organizzazioni e fornire ai PVS
gli strumenti per addivenire, in maniera progressiva, a una condizione di parità formale (idea della
gradualità).113
Un altro esempio è rappresentato dal sistema decisionale in seno alle organizzazioni internazionali: gli Stati
economicamente più avanzati dispongono in molte organizzazioni di più voti sulla base del sistema di voto
ponderato, e quindi possono incidere maggiormente rispetto ai Paesi in Via di Sviluppo (si pensi, ad esempio,
al FMI).
4.2 Le organizzazioni internazionali economiche
Nel diritto internazionale dell’economia, le organizzazioni internazionali ricoprono un ruolo
addirittura più rilevante rispetto a quello degli Stati; in base alla membership (Stati membri) queste
possono essere classificate in universali e regionali114.
4.2.1 Le organizzazioni universali e regionali
Le organizzazioni universali hanno come vocazione quella di riunire l’universalità degli Stati115;
sono sorte nell’ambito del sistema delle Nazioni Unite (in particolare, si pensi al Fondo
Internazionale Monetario o FMI, alla Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo o
BIRS e, infine all’Organizzazione Internazionale del Commercio (ITO), la quale tuttavia non è poi
effettivamente sorta poiché gli Stati non hanno ratificato il suo trattato istitutivo, ossia la Carta de
l’Havana) e sono state concepite come componenti di un unico ordine economico In questo senso,
sono caratterizzate da un rapporto di complementarietà116.
Nello specifico, le Organizzazioni nate con gli Accordi di Bretton Woods avevano come scopo quello di
istituire un ordine economico internazionale su tutti i fronti: quello monetario (FMI), quello finanziario
(soddisfatto poi dalla BIRS) e quello commerciale (tramite l’Organizzazione Mondiale del Commercio, sorta
dal GATT a seguito del fallimento dell’ITO).
Accanto alle organizzazioni universali, nell’ambito del diritto internazionale dell’economia, le
organizzazioni regionali realizzano forme avanzate di integrazione economica attraverso due
principali modalità: quelle della cooperazione e quella dell’integrazione. Le forme di regionalismo
centrate sulla cooperazione perseguono missioni di portata limitata e sono tendenzialmente volte
a promuovere le relazioni economiche tra gli Stati (si pensi, ad esempio, all’OCSE), mentre quelle
incentrate sull’integrazione hanno obiettivi più ambiziosi e presuppongono la cessione di una parte
della sovranità economica statale117.

112
GIL-PAREJA, S., LLORCA-VIVERO, R., MARTÍNEZ SERRANO, J.A. Do nonreciprocal preferential trade
agreements increase beneficiaries’ exports?, in Journal of Development Economics, Vol. 107, 2014, p. 292.
113
Uno studio interessante circa l’effettività del sistema delle preferenze generalizzate è stato condotto da CONCONI,
P. e PERRONI, C. Special and different treatment of developing countries in the WTO, in World Trade Review, Vol.
14, n. 1, 2015, pp. 67-86.
114
SCISO, E. Appunti di diritto internazionale dell’economia, Torino: Giappichelli Editore, 2012, p. 8.
115
CARREAU, D., JUILLARD, P., BISMUTH, R. e HAMANN, A. Droit international, op. cit., p. 34.
116
PORCHIA, O. Gli attori nel processo di globalizzazione dell’economia, in COMBA, A. (a cura di), Neoliberismo
internazionale e global economic governance, Torino: Giappichelli Editore, 2013, p. 48.
117
Ivi, p. 49.

23
A tal proposito, sono individuabili tre modelli principali di integrazione economica: le aree di libero scambio
(in cui gli Stati aboliscono le tariffe interne, ma mantengono quelle esterne; ad esempio quella istituita tra Stati
Uniti, Canada e Messico attraverso il North American Free Trade Agreement o NAFTA), le unioni doganali
(che, a differenza delle prime, aboliscono anche la tariffa esterna differenziata, istituendone una comune; ad
esempio, l’unione doganale euroasiatica recentemente istituita tra la Federazione Russa, il Kazakhstan e la
Bielorussia) e il mercato interno o comune (in questo modello non vengono meno soltanto le barriere tariffarie,
ma anche quelle non tariffarie, in modo da garantire la libera circolazione di tutti i fattori di produzione; si
pensi, ad esempio, al mercato unico dell’EU)118.
4.2.2 Le peculiarità delle organizzazioni internazionali economiche
Le organizzazioni internazionali che operano nel sistema delle relazioni economiche manifestano
alcuni tratti caratteristici:
1. Sistema decisionale àLe organizzazioni economiche internazionali adottano le proprie
delibere largamente per consensus.

La procedura del consensus non consiste in una vera e propria votazione formale. Piuttosto, una delibera
si intende adottata a meno che non ci siano obiezioni.

Si tratta di una procedura formalmente democratica nella misura in cui ciascuno stato può
formalmente opporsi all’adozione di una delibera. Di fatto tuttavia si traduce in un sistema
decisionale più favorevole per gli Stati forti: questo perché uno Stato piccolo ed
economicamente debole si asterrà il più delle volte dall’impedire l’adozione di un atto nel
momento in cui gli altri stati, inclusi quelli più forti, siano a favore. Questo a maggior
ragione in quelle organizzazioni internazionali economiche in cui vige il sistema di voto
ponderato in funzione dell’importanza economica e industriale del paese (invece che il
sistema “uno Stato, un voto” tipico per esempio dell’Assemblea generale delle Nazioni
Unite e basato sul principio dell’uguaglianza tra gli Stati). In altri termini, significa che,
ove la delibera non venga approvata per consensus, si passerà alla vera e propria votazione
sulla base di quorum di maggioranza che potranno essere determinati non tanto in base al
numero di Stati favorevoli quanto in base al peso dei voti degli stati favorevoli. In questo
tipo di sistema, il valore determinante nell’assunzione delle decisioni ce l’hanno i paesi
economicamente più influenti119.

Il sistema della partecipazione ponderata è stato ad esempio adottato in seno al FMI, in cui il sistema
delle quote, modificato nel 2008 a seguito di importanti dibattiti, è stato revisionato; attualmente, i fattori
economici presi in considerazione per il calcolo della quota sono: il PIL, l’apertura del Paese verso
l’estero, la variabilità delle esportazioni e dei flussi netti di capitale, nonché le riserve ufficiali.

2. Sanzione à La sanzione non ha natura punitiva-retributiva, ma ha come scopo quello di


riequilibrare gli interessi economici in gioco; la sua irrogazione è organizzata e graduata120.

118
Ivi, p. 9.
119
PORCHIA, O. Gli attori, op. cit., p. 49.
120
SCISO, E. Appunti, op. cit., p. 10.

24
Sempre all’interno del FMI, la sanzione è graduata e varia in base al tipo di atto commesso dallo Stato:
questa va dalla sospensione di un finanziamento alla sospensione del diritto di voto e, nei casi più gravi,
può portare all’espulsione dello Stato dal Fondo.
3. Risoluzione delle controversie à Le controversie che sorgono in seno a queste
organizzazioni sono risolte da meccanismi interni di risoluzione delle controversie
attraverso organi specifici anch’essi costituiti con riferimento alle singole organizzazioni.
Si pensi, ad esempio, al meccanismo di risoluzione delle controversie dell’OMC creato da un apposito
accordo OMC, l’Intesa sulle norme e sulle procedure che disciplinano la soluzione delle controversie
(detta anche soltanto Intesa). Tale sistema è peculiare per la sua esclusività, la sua obbligatorietà, la sua
automaticità e l’esistenza di un secondo grado di giudizio attraverso il ricorso all’Organo di Appello.121
4.3 Le organizzazioni internazionali non governative a vocazione economica
Accanto alle organizzazioni internazionali summenzionate, nel panorama internazionale
economico agiscono anche le organizzazioni internazionali non governative a vocazione
economica, ossia quei gruppi dotati di personalità giuridica interna (ma non internazionale), nati
su iniziativa dei privati, che raggruppano membri di differenti nazionalità per esercitare un’attività
internazionale in maniera disinteressata122.
Si pensi, ad esempio, al World Economic Forum di Davos, un’associazione indipendente di circa 1000 imprese
di diverse nazionalità risalente al 1971 che ha come fine quello di favorire il dialogo tra i vari livelli di governo,
le entità economiche e la società civile, in modo da trovare una risposta alle odierne sfide mondiali123.
4.4 Le imprese multinazionali
Le imprese multinazionali (o società transnazionali) sono quei raggruppamenti di società
commerciali pubbliche o private, che hanno la sede principale in uno Stato, ma che attraverso delle
filiali o delle società affiliate operano anche in diversi ordinamenti124. Si tratta in sostanza di
soggetti unitari sotto il profilo economico (nel senso che la gestione di tutte le varie attività è
accentrata) ma di soggetti eterogenei sotto il profilo giuridico: tali gruppi di società sono infatti
legati da rapporti di proprietà azionaria o da altre forme di controllo ma hanno diversa nazionalità.
Questo fa si che, sul piano del diritto internazionale dell’economia, le imprese multinazionali siano
soggetti “atipici”: da un lato, sono sprovviste di personalità giuridica internazionale; dall’altro,
sono soggetti economicamente molto influenti le cui attività possono incidere significativamente
(positivamente ma anche negativamente) sui diritti e gli obblighi posti dagli strumenti di diritto
internazionale dell’economia.
La proliferazione delle imprese multinazionali ha determinato copiose opportunità di sviluppo per i Paesi
ospitanti, dall’altra ha fatto emergere diverse criticità. Da un lato, le imprese multinazionali che operano nei
PVS hanno creato diversi posti di lavoro e benessere economico; dall’altro, sovente si sono registrati casi in
cui tali imprese hanno orientato le loro strategie alla massimizzazione del profitto a discapito delle popolazioni
locali, dell’ambiente e della tutela dei diritti umani. Si pensi, ad esempio, al caso della Nestlé e del suo famoso
boicottaggio nel 1970125: l’impresa forniva latte in polvere a mamme provenienti da alcuni paesi del Terzo

121
V. infra, cap. 4.
122
CARREAU, D., JUILLARD, P., BISMUTH, R. e HAMANN, A. Droit international, op. cit., p. 40.
123
PORCHIA, O. Gli attori, op. cit., p. 55.
124
Ivi, p. 45.
125
SASSON, T. Milking the Third World? Humanitarianism, Capitalism, and the Moral Economy of the Nestlé
Boycott, in The American historical review, Vol. 121, n. 4, pp. 1196-1224.

25
Mondo e, a lungo termine, aveva fortemente incrementato il livello di malnutrizione che già incombeva su quei
paesi.
In questa prospettiva, numerosi strumenti internazionali tendono a disciplinarne, limitarne o
favorirne l’attività126, con un limite: trattandosi di società sprovviste di personalità giuridica
internazionale, non sono destinatarie di diritti e obblighi internazionali per via diretta. In altre
parole, le regole internazionali non sono di per sé vincolanti per le imprese, ma lo divengono
quando lo Stato nazionale dell’impresa e/o lo Stato ospite di un investimento internazionale
attuano questi strumenti attraverso misure nazionali a carattere vincolante ovvero quando le
imprese stesse decidano volontariamente di uniformare la propria condotta agli standard posti a
livello internazionale, anche attraverso atti di soft law (per esempio a motivo delle ricadute
reputazionali).
Si pensi ad esempio alle Linee guida dell’OCSE per le imprese multinazionali: si tratta di raccomandazioni
(atto di soft law) che i governi dei 36 Stati membri dell'OCSE e di una dozzina di altri Paesi (Egitto, Argentina,
Brasile, Colombia, Costa Rica, Giordania, Kazakhstan, Marocco, Perù, Romania, Tunisia e Ucraina, stato
luglio 2018) rivolgono alle imprese operanti nel loro territorio nazionale. Esse comprendono un ampio
ventaglio di temi correlati alla responsabilità sociale d’impresa (Corporate Social Responsibility o CSR) e
trovano applicazione in tutti i campi in cui le imprese multinazionali degli Stati firmatari svolgono le loro
attività. La loro attuazione rimane però facoltativa ed esse non sono giuridicamente vincolanti. Tuttavia gli
Stati membri si sono impegnati a istituire un punto di contatto nazionale a cui notificare i casi di violazione
delle linee guida. Successivamente i punti di contatto nazionali possono avviare una procedura informale di
conciliazione. Sulla scorta di tali Linee guida, sono inoltre molte le imprese che hanno adottato codici interni
di condotta orientati a garantire i valori della CSR (tra questi, il rispetto dei diritti umani, la tutela dell’ambiente
e della sostenibilità in senso ampio).

D’altra parte, se è vero che il diritto internazionale è intervenuto più volte per controllarne
l’attività, è innegabile che le stesse imprese multinazionali abbiano avuto un ruolo centrale nella
creazione delle norme che le riguardano: si pensi, semplicemente, alle attività di lobbying, con cui
le imprese condizionano le scelte e i comportamenti degli Stati, piuttosto che al condizionamento
che operano nei confronti di alcuni assetti normativi (come le prassi o gli usi commerciali)127.
4.5 I vertici economici
I vertici (o pseudo organizzazioni o Conferenze al vertice) sono degli incontri informali (quindi
soggetti atipici, non dotati di personalità giuridica, ma nati in modo spontaneo) tra i rappresentanti
di due o più Stati che, rispetto alle altre forme di cooperazione, sono caratterizzate dal massimo
livello di rappresentanza dei partecipanti, dalla condivisione di interessi e finalità, dall’utilizzo del
metodo concertativo e, infine, dalla flessibilità del metodo operativo128. I vertici possono
inquadrarsi sia nell’ambito delle organizzazioni internazionali, sia in quello del club di Stati; non
hanno una personalità giuridica propria: infatti, gli atti che adottano non sono altro che
manifestazioni della volontà dei singoli Stati, imputabili a ciascuno di essi129. In questi consessi

126
SCISO, E. Appunti, op. cit., p. 59.
127
SCISO, E. Appunti, op. cit., p. 60.
128
Ivi, p. 19.
129
Ibidem.

26
vengono tendenzialmente trattate delle questioni economiche (ad esempio, la crisi globale, il
livello di disoccupazione etc.) e, al termine, vengono prodotti degli atti di soft law imputabili agli
Stati stessi (seppur adottati da loro rappresentanti).
4.5.1 Le Conferenze istituzionalizzate: il G7/G8
Le Conferenze istituzionalizzate sono vertici informali economici dalla regolarità degli incontri e
da specifiche procedure consolidatesi per prassi. Un esempio tipico è il G7/G8. Tra il 1975 e il
1976 i ministri delle finanze, i banchieri centrali e i leader nazionali delle 7 nazioni maggiormente
industrializzate (segnatamente il Canada, la Francia, la Germania, l’Italia, il Giappone,
l’Inghilterra e l’America; con l’aggiunta della Russia divenne poi G8) iniziarono ad incontrarsi per
coordinare le loro politiche economiche (dopo la crisi del gold standard) e, ancora oggi, si
incontrano con cadenza annuale. Ogni riunione è preceduta da lavori preparatori e le deliberazioni
assunte al termine delle stesse devono poi essere effettivamente realizzate in seno a ogni Stato (il
controllo del rispetto avviene in seno alla riunione successiva che, peraltro, è convocata al termine
di quella precedente, con indicazione dello Stato ospitante)130.
Accanto al G7/G8 devono essere ricordati anche Conferenze come il G15 e il G20.

4. L’importanza del diritto internazionale dell’economia per la Svizzera


In questo mondo sempre più globalizzato, in cui le differenze e le disparità fra gli Stati sono sempre
più evidenti131, dobbiamo chiederci che senso abbia avuto e che senso abbia oggi per uno Stato
sottoporsi a delle regole di diritto internazionale dell’economia: la domanda può essere indirizzata
sia agli Stati meno sviluppati, sia agli Stati economicamente più avanzati. Per coerenza con la
nostra ricerca (ma anche per la necessità di limitare il campo di indagine) cercheremo di capire le
reali ragioni di sottomissione alle e rispetto delle regole di diritto internazionale dell’economia da
parte di Stati dotati di una certa potenza economica (come la Svizzera); come ricordato nella prima
parte del nostro corso132, l’intervento del diritto nell’economia ricopre una doppia funzione: da
una parte, permette che le libertà si esplichino e dall’altra ne garantisce l’evoluzione.
Concretamente, questo consente che il commercio di beni e servizi si sviluppi e che venga
conservato nel tempo, così come permette e garantisce a lungo termine operazioni come i
pagamenti e gli investimenti internazionali, il riconoscimento di brevetti e la libera circolazione di
merci, servizi e persone. Di conseguenza, anche a uno Stato forte conviene sottoporsi a delle regole
limitanti: la ragione risiede, da una parte, nel fatto che le libertà garantite dal diritto internazionale
dell’economia non si potrebbero nemmeno configurare in assenza di un sistema che le identifichi
e che, ex post, ne assicuri l’evoluzione attraverso mezzi coercitivi; dall’altra, è frutto della
constatazione che nessuno Stato è in grado di produrre individualmente tutto ciò di cui ha
bisogno133. La Svizzera è un paese con un’economia fortemente mondializzata e, sotto questo

130
Ivi, p. 22.
131
GARCIA, F.J. Globalization, Inequality & International Economic Law, in Religions, Vol. 8, n. 5, 2017.
132
V. Appunti di corso della Professoressa de Rossa.
133
COPPENS, P. La fonction du droit dans une économie globalisée, in Revue International de droit économique, n.
3, 2012, p. 276.

27
punto di vista, è particolarmente attiva nel consolidamento delle regole di diritto internazionale
dell’economia che tutelano i suoi rapporti di interdipendenza economica con gli altri Stati.134 Il
suo tasso di esposizione al commercio internazionale, che misura la media delle importazioni e
delle esportazioni in rapporto al prodotto interno lordo (PIL), si aggira attorno alla soglia del 50%,
facendo della Svizzera un’economia dipendente tanto dalle importazioni (non soltanto di materie
prime, ma anche di beni intermedi, che complessivamente ammontano a circa un quarto del valore
aggiunto totale delle esportazioni lorde svizzere) quanto dalle esportazioni. Se l’Unione europea
(UE) assume particolare rilievo per il commercio da e verso la Svizzera,135 un quadro completo
dei maggiori stati partner della Svizzera può desumersi guardando al numero crescente di accordi
commerciali internazionali conclusi dalla Svizzera.136 Infine, l’interdipendenza economica della
Svizzera con l’estero non si contraddistingue soltanto dallo scambio internazionale di beni e
servizi, bensì anche dall’utilizzo transfrontaliero del capitale, come ad esempio gli investimenti
diretti: nel 2016 gli investimenti diretti realizzati da operatori svizzeri in sedi estere ammontavano
a 1215 miliardi di franchi. A loro volta, anche gli operatori stranieri hanno scelto la Svizzera per
realizzare investimenti di capitali che, nel 2016, erano pari a 965 miliardi di franchi.137 Come
vedremo, proprio a tutela di questi flussi internazionali, la Svizzera è tra gli stati che hanno
concluso il maggiore numero di accordi bilaterali di investimento (i c.d. BITs) al mondo.138

134
Nelle parole della SECO: “la Svizzera è un Paese fortemente intrecciato all’economia mondiale e la sua economia
è caratterizzata da una forte vocazione internazionale. Il nostro benessere dipende quindi in gran parte dal commercio
internazionale di beni e servizi nonché dall’attività di investimento transfrontaliera. Il costante miglioramento
dell’accesso ai mercati esteri è pertanto un obiettivo importante della politica economica estera della Svizzera”. V.
https://www.bfs.admin.ch/bfs/it/home/statistiche/temi-trasversali/monitoraggio-programma-
legislatura/indicatori/tasso-esposizione-commercio-internazionale.html
135
Secondo alcune recenti statistiche, le importazioni dall’UE alla Svizzera sono pari al 78% di quelle totali mentre il
43% delle esportazioni elvetiche sono dirette a stati Europei. Tra i principali partner commerciali della Svizzera
all’interno dell’UE figurano la Germania, l’Italia e la Francia.
136
https://www.seco.admin.ch/seco/it/home/Aussenwirtschaftspolitik_Wirtschaftliche_Zusammenarbeit/Wirtschaftsb
eziehungen/Freihandelsabkommen/Liste_der_Freihandelsabkommen_der_Schweiz.html.
137
https://www.bfs.admin.ch/bfs/it/home/statistiche/temi-trasversali/monitoraggio-programma-
legislatura/indicatori/tasso-esposizione-commercio-internazionale.html
138
https://www.seco.admin.ch/seco/it/home/Aussenwirtschaftspolitik_Wirtschaftliche_Zusammenarbeit/Wirtschaftsb
eziehungen/Internationale_Investitionen/Vertragspolitik_der_Schweiz/overview-of-bits.html.

28
CAPITOLO 3
La Svizzera come soggetto dell’ordinamento giuridico internazionale

Obiettivi
Dopo avere studiato questo capitolo dovreste essere in grado di:
§ Capire come il diritto internazionale viene attuato in Svizzera;
§ Sapere distinguere tra monismo e dualismo;
§ Classificare le norme in direttamente applicabili e non;
§ Parlare della giurisprudenza sull’evoluzione della portata del diritto internazionale a livello nazionale;
§ Comprendere gli effetti della democrazia diretta al di fuori dei confini nazionali.

1. La Svizzera come soggetto di diritto internazionale


In quanto Stato, anche la Svizzera aderisce e contribuisce all’evoluzione dell’ordinamento
giuridico internazionale; invero, da una parte, è destinataria e soggetta ai precetti contenuti nelle
norme di diritto internazionale e, dall’altra, partecipa alla loro formazione. Essendo però la
Svizzera uno Stato federale, è bene chiarire sin da subito chi sia, tra la Confederazione e i Cantoni,
il soggetto predisposto ad organizzare e mantenere i contatti con l’esterno (ripartizione verticale
delle competenze). Successivamente, sarà necessario individuare più precisamente le competenze
che sorgono in capo ai singoli organi dell’ente preposto (ripartizione orizzontale delle
competenze).

1.1 La ripartizione verticale delle competenze


Per quanto riguarda le relazioni con l’estero, la ripartizione delle competenze tra Confederazione
e Cantoni è determinata dagli artt. 54139, 55140 e 56141 Cost. fed.: dalla lettura congiunta di questi
disposti si deduce che, in linea di principio, è la Confederazione a gestire per intero gli affari esteri
(art. 54 cpv. 1 Cost. fed.), ferma restando la possibilità per i Cantoni di collaborare all’assunzione
di quelle decisioni che coinvolgono i loro interessi o competenze essenziali (art. 55 cpv. 1 Cost.
fed.), nonché di concludere dei trattati internazionali nei settori di loro competenza (art. 56 cpv. 1
Cost. fed.) (e sempre che la Confederazione non lo abbia già fatto)142. Pertanto, in materia di affari
esteri è la Confederazione a detenere una competenza generale e globale (che si estende quindi

139
“1 Gli affari esteri competono alla Confederazione. 2 La Confederazione si adopera per salvaguardare
l’indipendenza e il benessere del Paese; contribuisce in particolare ad aiutare le popolazioni nel bisogno e a lottare
contro la povertà nel mondo, contribuisce a far rispettare i diritti umani e a promuovere la democrazia, ad assicurare
la convivenza pacifica dei popoli nonché a salvaguardare le basi naturali della vita. 3 La Confederazione tiene conto
delle competenze dei Cantoni e ne salvaguarda gli interessi”.
140 1
“ I Cantoni collaborano alla preparazione delle decisioni di politica estera che toccano le loro competenze o loro
interessi essenziali. 2 La Confederazione informa tempestivamente e compiutamente i Cantoni e li consulta. 3 Ai pareri
dei Cantoni è dato particolare rilievo nei settori che toccano loro competenze. In questi casi i Cantoni collaborano in
modo appropriato ai negoziati internazionali”.
141 1
“ I Cantoni possono concludere con l’estero trattati nei settori di loro competenza. 2 Tali trattati non devono
contraddire al diritto federale e agli interessi della Confederazione né ai diritti di altri Cantoni. Prima di concluderli, i
Cantoni devono informare la Confederazione. 3 I Cantoni possono corrispondere direttamente con autorità estere
subordinate; negli altri casi le relazioni dei Cantoni con l’estero si svolgono per il tramite della Confederazione”.
142
FF 1997 I, p. 235.

29
anche a quei settori che, a livello nazionale, sono di competenza dei Cantoni), seppur non esclusiva
(si parla, infatti, in tal caso anche di competenze concorrenti)143.
Ad esempio, il Canton Ticino aveva concluso con la Prefettura di Como un accordo operativo per definire le
modalità di intervento di entrambe in casi di emergenza, con il fine specifico di garantire l’assistenza reciproca
transfrontaliera nei momenti di emergenza (naturale o umana). In pratica, questo patto permette ad entrambe
di attivarsi in maniera autonoma e rapida in situazioni di bisogno.

1.2 La ripartizione orizzontale delle competenze


Posto che in Svizzera è la Confederazione ad occuparsi preminentemente degli affari esteri, è ora
necessario individuare quale sia l’organo preposto alla loro gestione. Invero, l’art. 184 Cost. fed.144
ne attribuisce la responsabilità tanto al Consiglio federale, quanto all’Assemblea federale: nello
specifico, questo disposto prevede che il primo debba occuparsi degli affari esteri (cpv. 1) e
rappresentare la Svizzera all’estero (cpv. 1), oltre a detenere il potere di firmare e ratificare i trattati
internazionali (cpv. 2), nonché quello di emanare ordinanze e decisioni (cpv. 3); l’Assemblea
detiene invece un diritto di partecipazione nelle relazioni con l’estero (cpv. 1) e ha il potere di
approvare i trattati (cpv. 2). La ripartizione delle competenze è ulteriormente specificata dall’art.
166 Cost. fed.145 che riconosce in capo all’Assemblea il diritto di partecipare alla politica estera e
di vigilare sulle relazioni con l’estero (cpv. 1) e ne ribadisce il potere di approvare i trattati
internazionali (cpv. 2).

1.2.1 La fase interna: la procedura di conclusione dei trattati internazionali in Svizzera


Come già menzionato in precedenza, i trattati costituiscono una delle fonti più importanti tanto del
diritto internazionale pubblico, quanto del diritto internazionale dell’economia: pertanto, è
necessario capire di quale procedura si serva la Svizzera per la loro adozione. In verità, la
Confederazione dispone di due procedure interne per la loro conclusione: quella ordinaria, in cui
è l’Assemblea federale ad approvarli, e quella semplificata, che invece legittima il Consiglio
federale a farlo autonomamente146.
Seppure sia stata concepita soltanto per le operazioni d’importanza secondaria, di sovente i trattati
internazionali sono conclusi attraverso la procedura semplificata; invero, oltre ai due casi direttamente previsti
dall’art. 166 cpv. 2 Cost. fed. (cfr. art. 7a cpv. 1 LOGA)147, il Consiglio federale può essere chiamato a

143
ELLWANGER, M.R. Les instruments juridiques de la planification territoriale transfrontalière dans le bassin de
vie franco-valdo-genevois, Zurigo : Schulthess Verlag, 2016, p. 124.
144 1
“ Il Consiglio federale cura gli affari esteri salvaguardando i diritti di partecipazione dell’Assemblea federale;
rappresenta la Svizzera nei confronti dell’estero. 2 Firma e ratifica i trattati internazionali. Li sottopone per
approvazione all’Assemblea federale. 3 Se la tutela degli interessi del Paese lo richiede, può emanare ordinanze e
decisioni. La validità delle ordinanze dev’essere limitata nel tempo”.
145 1
“ L’Assemblea federale partecipa all’elaborazione della politica estera e vigila sulla cura delle relazioni con
l’estero. 2 Approva i trattati internazionali; sono esclusi quelli la cui conclusione è di competenza del Consiglio
federale in virtù della legge o di un trattato internazionale”.
146
BESSON, S. Droit international public. Abrégé de cours et résumés de jurisprudence, Berna. Stämpfli Editions,
2013, p. 271.
147
Legge sull’organizzazione del Governo e dell’Amministrazione (LOGA) del 21 marzo 1997, RS 172.010

30
concludere dei trattati internazionali anche in molti altri casi, direttamente previsti dagli artt. 7a 148 e 7b149
LOGA:
- Ad esempio, l’art. 7a cpv. 2 LOGA prevede che il Consiglio federale abbia la competenza a concludere
trattati con portata limitata, come quelli che non istituiscono nuovi obblighi per la Svizzera, né comportano
la rinuncia di diritti esistenti (cpv. 3 lett. a). Si pensi, ad esempio, all’approvazione del Protocollo 13 CEDU
sull’abolizione della pena di morte in qualsiasi circostanza150, adottato dal Consiglio federale il 3 maggio
2002: poiché la Svizzera aveva già approvato nel 1989 il Secondo Protocollo facoltativo al Patto
internazionale relativo ai diritti civili e politici sull’abolizione della pena di morte151, l’approvazione del
Protocollo 13 CEDU poteva essere validamente effettuata dal Consiglio federale, poiché non comportava
la nascita di alcuna nuova obbligazione in capo alla Svizzera. Diverso sarebbe stato infatti se la
Confederazione non avesse già abolito la pena di morte preventivamente: in tal caso, l’approvazione del
Protocollo summenzionato avrebbe istituito nuovi obblighi per la Svizzera (come, ad esempio, la necessità
di modificare quelle leggi che prevedevano come sanzione la pena capitale) e quindi la sua ratifica avrebbe
necessitato dell’intervento dell’Assemblea federale.
A titolo di approvazione interna, alcuni trattati possono poi essere sottoposti al referendum
popolare, obbligatorio (art. 140 cpv. 1 Cost. fed.) o facoltativo (art. 141 Cost. fed.)152. Dopo che il
trattato è stato internamente approvato (e cioè sottoposto al referendum obbligatorio o facoltativo
o, nei casi di procedura ordinaria, approvato dall’Assemblea federale), il Consiglio federale
procede alla sua firma e ratifica153, con la quale esprime il consenso a vincolare la Svizzera al
rispetto del contenuto del trattato. Al momento della ratifica di un trattato il Consiglio federale
può apporre delle riserve154, con cui mira ad escludere l’applicabilità di alcune disposizioni del
trattato internazionale.

148
“1 Il Consiglio federale può concludere autonomamente trattati internazionali nella misura in cui ne sia autorizzato
da una legge federale o da un trattato internazionale approvato dall’Assemblea federale. 2 Parimenti in modo autonomo
può concludere trattati internazionali di portata limitata. 3 Sono considerati di portata limitata segnatamente i trattati
internazionali che: a. non istituiscono nuovi obblighi per la Svizzera, né comportano la rinuncia a diritti esistenti; b.
servono all’esecuzione di trattati già approvati dall’Assemblea federale e si limitano a precisare i diritti, gli obblighi
o i principi organizzativi già sanciti nel trattato di base; c. sono diretti alle autorità e disciplinano questioni tecnico-
amministrative. 4 Non sono considerati di portata limitata segnatamente i trattati internazionali che: a. adempiono una
delle condizioni di applicazione del referendum facoltativo di cui all’articolo 141 capoverso 1 lettera d della
Costituzione federale; b. contengono disposizioni concernenti materie il cui disciplinamento è di esclusiva competenza
dei Cantoni; c. comportano spese uniche di oltre cinque milioni di franchi o spese ricorrenti di oltre due milioni di
franchi all’anno”.
149 1
“ Nel caso in cui l’Assemblea federale è competente per l’approvazione di un trattato internazionale, il Consiglio
federale può deciderne o convenirne l’applicazione provvisoria se la salvaguardia di importanti interessi della Svizzera
e una particolare urgenza lo richiedono. 1bis Il Consiglio federale rinuncia all’applicazione provvisoria se vi si
oppongono le commissioni competenti di ambo le Camere. 2 L’applicazione provvisoria cessa dopo sei mesi se nel
frattempo il Consiglio federale non ha sottoposto all’Assemblea federale il disegno di decreto federale concernente
l’approvazione del trattato in questione. 3 Il Consiglio federale notifica la fine dell’applicazione provvisoria agli Stati
contraenti”.
150
Protocollo n. 13 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, relativo
all’abolizione della pena di morte in qualsiasi circostanza del 3 maggio 2002, RS 0.101.093.
151
Secondo Protocollo facoltativo al Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, volto ad abolire la pena di
morte del 15 dicembre 1989, RS 0.103.22.
152
Sul punto si veda quanto detto e gli esempi apportati nella prima parte di corso.
153
Art. 184 cpv. 2 Cost. fed.
154
L’art. 2 cpv. 1 lett. d della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati definisce la riserva come “una dichiarazione
unilaterale, quale che sia la sua formulazione o indicazione, fatta da uno Stato al momento in cui firma, ratifica, accetta,
approva un trattato o vi aderisce, mediante la quale mira ad escludere o a modificare l’effetto giuridico di alcune
disposizioni del trattato nella loro applicazione a tale Stato”.

31
Ad esempio, in occasione della ratifica della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali (CEDU)155, il Consiglio federale ha apposto una riserva all’art. 6 par. 1 affinché il principio della
pubblicità dei dibattimenti non venisse applicato ai procedimenti cantonali dinanzi ad un’autorità
amministrativa. Infatti, la prima parte dell’art. 6 par. 1 CEDU prevede che “ogni persona ha diritto ad un’equa
e pubblica udienza (…). Apponendo la riserva, il Consiglio federale ha fatto sì che i procedimenti cantonali
innanzi ai giudici amministrativi continuassero ad essere svolti attraverso un dibattimento privato.
Affinché il trattato inizi ad esplicare degli effetti deve essere pubblicato: generalmente, la
pubblicazione viene effettuata nella Raccolta ufficiale del diritto federale (RU)156.

Referendum

F
A P
S U
E La procedura AF approva con decreto B
ordinaria (AF), federale/decreto federale B
I semplice tutti quei trattati che Ratifica CF - Riserve L
N Fase interna art. 24 cpv. 2 il CF non é autorizzato a I
T LParl concludere autonomamente C
E
La conclusione dei A
R trattati Z
N internazionali I
CF conclude O
A (art. 166 cpv. 2 La procedura autonomamente/delega tutti
Z N
Cost. fed.) semplificata (CF), quei trattati internazionali
E
I nella misura in cui sia stato
O art. 7a cpv. 1 autorizzato da una Legge Ratifica CF - Riserve
N LOGA + art. 48a federale o da un trattato R
A LOGA internazionale approvato da U
L AF.
E

2. La relazione tra diritto internazionale e diritto interno in Svizzera


Il tema della relazione esistente tra il diritto internazionale e quello interno può, a primo acchito,
apparire abbastanza semplice e intuitivo; in realtà, alcuni aspetti di questa interazione restano
particolarmente complessi. La presente sezione sarà invero dedicata all’analisi di questa questione
in Svizzera: riprendendo sistematicamente la struttura del Rapporto di diritto internazionale del
2010157 formulato dal Consiglio federale, la comprensione della relazione tra il diritto
internazionale e quello svizzero avverrà considerando tre elementi. Il primo è quello della validità,
che permette di comprendere se il diritto internazionale esplichi direttamente i suoi effetti a livello
nazionale o se, invece, la sua operatività dipenda dall’intervento del legislatore nazionale; il
secondo è quello dell’applicabilità, che indaga se il diritto internazionale possa essere direttamente
applicato dalle autorità competenti o abbisogni invece di un preventivo intervento del legislatore;

155
Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) del 4 novembre 1950,
RS 0.101.
156
https://www.admin.ch/gov/it/pagina-iniziale/diritto-federale/raccolta-ufficiale.html.
157
La relazione tra il diritto internazionale e il diritto nazionale. Rapporto del Consiglio federale del 5 marzo 2010:
https://www.admin.ch/opc/it/federal-gazette/2010/2015.pdf

32
l’ultimo elemento è invece quello del rango, che mira a capire quale posizione ricopra il diritto
internazionale nella gerarchia interna delle fonti.158

Applicabilità
• DIRITTO
COGENTE
• NORME • DIRITTO NON
DIRETTAMENTE COGENTE
APPLICABILI
• NORME NON
Validità DIRETTAMENTE Rango
APPLICABILI

2.1. La validità: come esplica il diritto internazionale i suoi effetti?


Come rilevato dal Consiglio federale, ogni Stato decide autonomamente “se applicare direttamente
il diritto internazionale nel proprio ordinamento giuridico nazionale oppure se trasporlo mediante
un atto legislativo nazionale”159. È bene rammentare sin da subito che questa questione si pone
unicamente per i trattati, in quanto le consuetudini internazionali sono sempre direttamente
valide160.

2.1.1 Il monismo e il dualismo


La teoria giuridica internazionale conosce due grandi sistemi, quello monista e quello dualista161:
- La concezione monista ritiene che il diritto internazionale e quello nazionale, seppur
differenti, facciano parte del medesimo ordinamento giuridico162 e che, pertanto, non sia
necessario alcun intervento legislativo per la trasposizione delle regole del primo nel
sistema del secondo (si parla infatti di adozione)163.

158
Ivi, p. 2036.
159
Ibidem.
160
V. supra, cap. 1.
161
Sulle origini e la differenza tra monismo e dualismo si veda per tutti STARKE, J.G. Monism and Dualism in the
Theory of International Law, in British Year Book of International Law, Vol. 17, pp. 66-81. Sulle complessità attuali
di questa apporccio all – or – nothing si veda WATERS, M. Creeping Monism: The Judicial Trend toward Interpretive
Incorporation of Human Rights Treaties, in Columbia Law Review, Vol. 107, n. 3, pp. 628 – 705.
162
GRAGL, P. Legal Monism: Law, Philosophy, and Politics, Oxford Scholarship Online, 2018, p. 3.
163
La relazione tra il diritto internazionale e il diritto nazionale, op. cit., p. 2036.

33
- Al contrario, la concezione dualista concepisce invece il diritto internazionale e quello
nazionale come due ordinamenti distinti e separati e, pertanto, affinché le disposizioni
del primo possano produrre degli effetti nel sistema del secondo, occorre che il
legislatore adotti un atto di diritto interno per la loro trasposizione164.

- Un esempio di ordinamento che ha sposato il sistema dualistico è quello italiano: invero, l’art. 80 Cost.
statuisce che “Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali”.
Per quanto riguarda la Svizzera, essa segue per tradizione il sistema monistico secondo cui, a
partire dalla sua entrata in vigore, il diritto internazionale diventa parte integrante di quello
nazionale, cioè assume automaticamente forza obbligatoria. Invero, già nella Costituzione del
1874 non veniva prevista alcuna procedura di trasposizione del diritto internazionale in quello
nazionale; la revisione costituzionale del 1999 ha mantenuto questa peculiarità, in quanto la
procedura di approvazione dei trattati (art. 166 cpv. 2 Cost. fed.) non segue la procedura legislativa
e non sottostà al referendum legislativo165. Inoltre, nell’attuale Costituzione federale vi sono delle
norme che esprimono chiaramente (seppur non esplicitamente)166 il carattere monistico della
Svizzera: l’art. 5 cpv. 4 Cost fed statuisce esplicitamente che “La Confederazione e i Cantoni
rispettano il diritto internazionale”; l’art. 190 sancisce che il diritto internazionale è determinante
“per il Tribunale federale e per le altre autorità incaricate dell’applicazione del diritto” (art. 190
Cost. fed.); e l’art. 193 cpv. 4 impone che nelle revisioni costituzionali “Le disposizioni cogenti
del diritto internazionale non possono essere violate”.
Pur in assenza di norme esplicite, la scelta della concezione monista è stata corroborata anche dalla
giurisprudenza del Tribunale federale (TF): si pensi, ad esempio, al DTF 122 II 234. Nell’aprile del 1977 la
Svizzera e la Germania avevano concluso un accordo internazionale167 per disciplinare la costruzione, la
manutenzione e l’amministrazione di una strada sul territorio svizzero con la finalità di collegare le due città
tedesche di Lörrach e Weil am Rhein. Visto che la suddetta strada interessava delle zone boschive, al momento
della sua realizzazione il Governo tedesco aveva inoltrato una richiesta di autorizzazione a procedere al
disboscamento all’Ufficio Cantonale delle Foreste di Basilea, accordata poi dal Consiglio di Stato. Questa
decisione è stata poi impugnata innanzi al TF. Esprimendosi in merito alla richiesta dei ricorrenti di annullare
la decisione, il TF si è espresso circa la validità dei trattati all’interno della Confederazione e ha affermato che,
nel momento in cui vengono approvati dall’Assemblea federale, questi acquisiscono immediatamente validità
all’interno dell’ordinamento giuridico nazionale (consid. 4a). Alla luce di tali considerazioni, il TF ha rigettato
il ricorso e considerato legittima la decisione di autorizzare il disboscamento poiché necessaria a garantire
l’efficacia del trattato internazionale in questione.

2.2 L’applicabilità: il diritto internazionale produce effetti anche in capo ai singoli?


Quando si fa riferimento all’applicabilità del diritto internazionale è perché s’intende indagare se
le norme di diritto internazionale si rivolgono soltanto agli Stati, oppure se sono in grado di dare
vita a situazioni giuridiche di cui le persone fisiche e giuridiche si possono direttamente
avvalere168.

164
FIELDMAN, D. Monism, Dualism and Constitutional Legitimacy, in Australian Year Book of International Law,
Vol. 20, p. 105.
165
La relazione tra il diritto internazionale e il diritto nazionale, op. cit., p. 2053.
166
BESSON, S. Droit international public. Précis de droit et résumés de jurisprudence, Berna: Stämpfli Editions,
2019, p. 415.
167
Accordo tra la Confederazione Svizzera e la Repubblica federale di Germania concernente la strada tra Lörrach e
Weil am Rhein sul territorio svizzero del 25 aprile 1977, RS 0.725.122.
168
La relazione tra il diritto internazionale e il diritto nazionale, op. cit., p. 2037.

34
In Svizzera esistono tre disposizioni fondamentali169 che fanno propendere per la seconda opzione, ossia per
l’applicabilità diretta delle norme di diritto internazionale in capo agli individui:
• L’art. 5 cpv. 4 Cost. fed. che, nello stabilire che “La Confederazione e i Cantoni rispettano il diritto
internazionale”, non sancisce soltanto il dovere per la Svizzera di non violare il diritto internazionale,
ma altresì quello di garantirne l’applicazione. Una prassi incline all’applicazione diretta renderebbe
consapevoli i cittadini dell’importanza e dell’incidenza del diritto internazionale e favorirebbe, in
ultima istanza, questa necessità;
• L’art. 189 cpv. 1 lett. b Cost. Fed.
• L’art. 190 Cost. fed.
Con ciò, si vuole quindi comprendere se, una volta entrata nell’ordinamento, una norma di diritto
internazionale crei o meno delle situazioni giuridiche (diritti e obblighi) in capo ai singoli
direttamente invocabili (da questi) innanzi alle autorità amministrative e giudiziarie oppure se, al
contrario, i singoli possano avvalersene soltanto a condizione che il legislatore proceda
previamente alla concretizzazione del loro contenuto170. In tal senso, si distingue tra norme
direttamente applicabili (giustiziabili o self – executing) e norme non direttamente applicabili (non
giustiziabili o non self – executing): le prime sono quindi quelle che possono essere fatte valere
direttamente dai cittadini innanzi all’autorità amministrativa o giudiziaria (ad esempio perché
conferiscono loro un diritto), mentre le seconde sono quelle che, per essere invocate, richiedono
un previo intervento da parte del legislatore (che ne deve concretizzare il contenuto).
La distinzione tra norme self-executing e norme non self-executing non è sempre immediata: si veda, ad
esempio, la DTF 111 V 201, in cui il Tribunale federale ha concluso, a differenza del Tribunale cantonale di
prima istanza, sulla portata non self-executing dell’art. 38 della Convenzione ILO n. 128 (sulle prestazioni per
l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti) e dell’art. 68 del Codice Europeo di Sicurezza sociale (CESS). In casu,
visto che le summenzionate convenzioni prevedevano una disciplina diversa (più favorevole) in materia di
sospensione delle prestazioni di assicurazione sociale rispetto alla Legge federale sull’assicurazione per
invalidità (LAI171), il Tribunale federale aveva dovuto dapprima chiarire se, effettivamente, un soggetto potesse
validamente invocare le disposizioni rilevanti delle convenzioni in questione o meno in quanto norme
direttamente applicabili. Se così fosse stato, un privato a cui erano state sospese le prestazioni per un suo errore
grave non intenzionale (secondo la disciplina prevista dall’art. 7 cpv. 1 LAI), avrebbe potuto richiedere
l’invalidazione di tale sospensione a motivo del fatto che le convenzioni ILO e CESS prevedono tale possibilità
solo nei casi di errori intenzionali. A differenza di quanto statuito dal Tribunale cantonale di I istanza, il
Tribunale federale, rifacendosi alle intenzioni del legislativo, ha concluso che queste norme non avessero
portata self-executing e che, pertanto, non potessero fondare alcuna rivendicazione privata. In particolare, la
conclusione del Tribunale Federale è stata motivata da una serie di considerazioni: da un lato, benché non fosse
stato possibile dedurre dai lavori preparatori che avevano preceduto l’approvazione delle convenzioni
internazionali in causa l’intenzione da parte dell’Assemblea Federale di dare preminenza al diritto nazionale in
materia di prestazioni sociali, il Consiglio Federale aveva dichiarato nel suo consueto Messaggio che le
convenzioni internazionali che si accingeva a ratificare non comportavano per la Svizzera alcun obbligo
aggiuntivo, di natura finanziaria o amministrativa, ossia nessun obbligo di modificare la sua legislazione in
materia di prestazioni sociali; dall’altro, a conferma di ciò, il Tribunale Federale ha rilevato che in effetti, anche
dopo aver ratificato le convenzioni internazionali in causa, la Svizzera non si è conformata al loro orientamento
in materia di sospensione delle prestazioni sociali, nonostante si sia nel frattempo proceduto alla revisione
Legge federale sull’assicurazione per invalidità.

169
Ivi, p. 2054.
170
AUER, A., MALINVERNI, G. e HOTTELIER, M. Droit constitutionnel suisse. L’Etat – Vol. 1, Berna : Stämpfli
Editions, 2013, p. 463.
171
Legge federale sull’assicurazione per l’invalidità del 19 giugno 1959 (LAI, RS 831.20).

35
2.2.1 L’evoluzione della giurisprudenza del Tribunale federale sull’applicabilità diretta
La questione circa l’applicabilità delle norme di diritto internazionale è controversa172 poiché, nella
pratica, è spesso difficile distinguere le norme direttamente applicabili da quelle che, invece, non
lo sono. Inizialmente, il Tribunale federale applicava indistintamente tutte le norme di diritto
internazionale e, soltanto a partire dal 1962 con il DTF 88 I 86173, ha iniziato ad interrogarsi sulla
portata e sul valore della questione.
In casu (consid. 4b), il TF aveva considerato l’applicabilità diretta di un trattato di diritto internazionale
concluso dalla Confederazione come condizione della sua obbligatorietà nei confronti delle autorità e dei
cittadini: “ lorsqu'il s'agit d'un traité conclu par la Confédération et qui crée des règles de droit, il devient, à
ce moment aussi, obligatoire de plein droit pour les autorités et les citoyens, pourvu qu'il soit directement
applicable”.
Successivamente, attraverso la sua giurisprudenza174, il Tribunale federale ha isolato dei criteri175
che permettessero di identificare quali fossero le norme direttamente applicabili176:

1. Innanzitutto, è necessario che la norma in causa abbia per oggetto dei diritti o dei doveri
delle persone fisiche o giuridiche;
2. In secondo luogo, questa deve essere sufficientemente chiara, precisa e determinata per
servire da base alla decisione del caso da parte dell’autorità giudiziaria;
3. E, infine, questa si deve rivolgere direttamente alle autorità di applicazione e non al
legislatore.

Nonostante la presenza di questi criteri, in alcuni casi la qualificazione di una norma come avente
(o meno) efficacia diretta resta tuttavia controversa177.

Ad esempio, la giurisprudenza del Tribunale Federale ha tradizionalmente negato l’efficacia diretta delle regole
poste dal diritto internazionale in materia di commercio internazionale, contenute tanto negli accordi
multilaterali dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) quanto in accordi bilaterali e/o regionali
conclusi dalla Svizzera come l’Associazione europea di libero scambio (Accordo AELS, concluso tra la
Svizzera, il Liechtenstein, la Norvegia e l’Islanda) e gli Accordi bilaterali UE-CH, a partire dalla famosa
sentenza DTF 112 Ib 183. In casu, il Tribunale Federale si è dovuto esprimere in merito all’efficacia diretta
dell’Accordo GATT poiché il ricorrente invocava l’illegittimità di una tassa imposta sui mezzi pesanti in
transito in Svizzera (adottata nell’ambito di uno schema nazionale di tassazione volto a incentivare il trasporto
merci su rotaia) ai sensi dell’Art. V GATT in materia di libertà di transito. Il Tribunale federale ha rigettato il
ricorso affermando che l’Accordo GATT pone diritti e obblighi unicamente in capo agli Stati membri
dell’OMC e non può quindi far sorgere diritti invocabili dai singoli. La negazione dell’efficacia diretta degli
accordi OMC da parte del TF è stata aspramente criticata dalla dottrina, ma si inserisce nella più generale
tendenza delle autorità giudiziarie svizzere a considerare le regole internazionali volte a garantire la

172
BESSON, S. Droit international, op. cit., p. 409.
173
Poi ripreso nel DTF 98 1b 385, consid. 2a.
174
Si vedano, tra gli altri, DTF 144 II 376, consid. 9.4.1; DTF 142 II 161, consid. 4.5.1; DTF 140 II 185, consid. 4.2;
DTF 124 III 90, consid. 3a. Per quanto attiene alla giurisprudenza circa le norme aventi natura programmatica o non
direttamente applicabili si vedano, tra gli altri, DTF 139 I 257, consid. 4.2; DTF 135 I 161, consid. 2.2.
175
In particolare per quanto attiene al diritto scritto: AMMANN, O. Domestic Courts and the Interpretation of
International Law. Methods and Reasoning Based on the Swiss Example, Leiden/Boston: Brill/Nijhoff, 2019, p. 76.
176
Sul contenuto e la portata dei criteri si vedano per tutti: AUER, A., MALINVERNI, G. e HOTTELIER, M. Droit
constitutionnel, op. cit., p. 464; BESSON, S. Droit international, op. cit., p. 411; GONIN, L. Droit constitutionnel
suisse. Fondements, institutions et défi, Zurigo : Schulthess Verlag, p. 152.
177
AMMANN, O. Domestic Courts, op. cit., p. 76.

36
liberalizzazione del commercio internazionale quali norme non self-executing. A detta di molti autori, questo
orientamento di stampo protezionistico sarebbe motivato dalla riluttanza a legittimare regole internazionali che
di fatto garantiscono l’accesso al mercato svizzero di merci importate e di fornitori di servizi esteri per non
interferire con il lavoro dell’esecutivo. 178

2.3 Il rango: quale posizione occupa il diritto internazionale nel sistema delle fonti svizzere?
Quando, infine, si vuole indagare sul rango delle norme di diritto internazionale nel sistema interno
delle fonti è perché si vuole comprendere quale posizione ricopra il diritto internazionale rispetto
alle altre fonti di diritto nazionale179, e dunque rispetto a quali è superiore e rispetto a quali è
subordinato.
La determinazione del rango del diritto internazionale nei sistemi giuridici nazionali viene di
norma determinato dalla legge nazionale stessa e quella Svizzera sul punto risulta tuttavia essere
incompleta: invero, la Costituzione federale riconosce soltanto la supremazia assoluta del diritto
cogente180 su quello nazionale contrario ma, per quanto riguarda il diritto nazionale non cogente
(che, tra l’altro, costituisce la gran parte di diritto internazionale pubblico applicabile) non sancisce
espressamente alcunché181.
Invero, il testo costituzionale prevede soltanto, da una parte, che “la Confederazione e i Cantoni rispettano il
diritto internazionale” (art. 5 cpv. 4) e, dall’altra, che “le leggi federali e il diritto internazionale sono
determinanti per il Tribunale federale e per le altre autorità incaricate dell’applicazione del diritto” (art. 190).
La necessità di comprendere il rango occupato dal diritto internazionale pubblico nel sistema
interno deriva dall’esigenza di capire, in caso di “conflitti tra norme”182, quale prevale e, quindi,
quale deve essere applicata dal giudice.
Si pensi, infatti, al caso in cui per la medesima problematica il diritto nazionale e quello internazionale
forniscano due soluzioni differenti, contrastanti: in questi casi è importante capire “chi” prevale (ossia quale
fonte all’interno della gerarchia risulta essere superiore all’altra), in modo che il giudice possa effettivamente
decidere il caso in base a una tra le due norme.
Tuttavia, indipendentemente dal rango riconosciuto, i giudici cercano sempre di evitare dei veri e
propri conflitti tra il diritto internazionale e quello nazionale sulla base del principio della
cosiddetta interpretazione conforme183, secondo il quale il diritto interno deve essere interpretato
in conformità ai trattati nazionali che vincolano la Svizzera.
In Svizzera, la nozione d’interpretazione conforme al diritto internazionale è stata sviluppata dal Tribunale
federale nella sentenza Frigerio (DTF 94 I 669). Tale sentenza ha statuito che, in caso di dubbio, il diritto

178
Si veda per tutti, ZIEGLER A., The Application of WTO Law in Switzerland, in DORDI C. (ed.), The Absence of
Direct Effect of WTO in the EC and in Other Countries, Torino: Giappichelli Editore, 2010, p. 396.
179
Sul punto si vedano gli appunti della prima parte di corso.
180
Si vedano gli articoli 139 cpv. 3, 193 cpv. 4 e 194 cpv. 2 Cost. fed.
181
Come, invece, avviene per il rapporto tra il diritto federale e quello cantonale contrario: art. 49 Cost. fed.
182
Sul concetto di “conflitti tra norme”, la sua differenza rispetto al “conflitto tra leggi” e dei possibili modi per
risolverli si vedano RALF M. e JOOST P., Conflict of Norms or Conflict of Laws: Different Techniques in the
Fragmentation of Public International Law, in Duke Journal of Comparative & International Law, Vol. 22, n. 3, 2012,
pp. 349-376.
183
Per una spiegazione completa di che cosa sia e di come venga effettuata l’interpretazione conforme a livello
internazionale ed europeo si vedano BETLEM, G. e NOLLKAEMPER, A. Giving Effect to Public International Law
and European Community Law before Domestic Courts - A Comparative Analysis of the Practice of Consistent
Interpretation, in European Journal of International Law, Vol. 14, n. 3, 2003, pp. 569-590; BETLEM, G. The Doctrine
of Consistent Interpretation - Managing Legal Uncertainty, in Oxford Journal of Legal Studies, Vol. 22, n. 3, 2002),
pp. 397-418.

37
internazionale deve essere interpretato conformemente al diritto internazionale184; i giudici della Corte suprema
hanno quindi specificato che, in presenza di più’ interpretazioni possibili, si deve favorire quella compatibile
con il diritto internazionale.
Nonostante gli sforzi interpretativi dei giudici, dei casi di incompatibilità tra il diritto
internazionale non cogente e quello svizzero continuano ad esistere185; per vedere come questi
vengono risolti è necessario distinguere tra le varie fonti con cui il diritto internazionale può
contrastare, ossia tra il diritto cantonale, quello federale e quello costituzionale: mentre nel primo
caso è ormai incontestata la prevalenza del diritto internazionale, gli ultimi due richiedono
un’analisi più approfondita.

2.3.1 I conflitti tra il diritto internazionale e la Costituzione federale


L’eventualità di un conflitto tra la Costituzione e il diritto internazionale è tipica della Svizzera
poiché il popolo può, con gli strumenti della democrazia diretta186, intervenire direttamente sul
testo della Costituzione, introducendo quindi delle norme che, ad esclusione del diritto cogente187,
potrebbero contrastare con quello internazionale non imperativo. In aggiunta, come già ribadito in
precedenza, né l’art. 5 cpv. 4, né l’art. 190 della Costituzione forniscono una risposta a questa
questione188. Seppur le autorità federali non abbiano ancora sviluppato una giurisprudenza
consolidata sul punto, nel Rapporto del Consiglio federale sono state riportate le eccezioni
all’obbligo generale di applicare il diritto internazionale più di sovente menzionate dalla dottrina
svizzera189:
• Innanzitutto, viene spesso riconosciuta la prevalenza delle disposizioni costituzionali su
quelle internazionali se le prime sono state adottate successivamente a queste ultime;
• In secondo luogo, si ritiene che le disposizioni costituzionali prevalgano su quelle di diritto
internazionale quando queste ultime intaccano i “contenuti essenziali dei diritti
fondamentali o di altri valori fondamentali”;
• Infine, è riconosciuta la prevalenza del diritto costituzionale su quello internazionale non
cogente anche quando ciò sia stato espressamente voluto nel momento in cui è stata
adottata quella norma costituzionale.

2.3.2 I conflitti tra diritto internazionale e diritto federale190


Per quanto attiene, invece, ai possibili conflitti tra il diritto internazionale e la legge federale, la
giurisprudenza svizzera si è fortemente evoluta nel tempo e, allo stato attuale, sembra di regola

184
Consid. 6: “Im Zweifel muss innerstaatliches Recht völkerrechtskonform ausgelegt werden; d.h. so, dass ein
Widerspruch mit dem Völkerrecht nicht besteht“.
185
AMMANN, O. Domestic Courts, op. cit., p. 71.
186
Sul punto e per degli esempi concreti si vedano gli appunti della prima parte di corso.
187
Si vedano gli articoli 139 cpv. 3, 193 cpv. 4 e 194 cpv. 2 Cost. fed.
188
Sul punto si vedano, fra gli altri, DTF 133 V 233; DTF 133 II 450; DTF 139 I 16.
189
La relazione tra il diritto internazionale e il diritto nazionale, op. cit., p. 2060.
190
Per tale intendendosi solo la legge federale per come definita ex art. 164 Cost. fed., ad esclusione quindi del diritto
federale (si pensi, ad esempio, alle ordinanze e ai decreti): a questi ultimi si applica la medesima regola prevista per il
diritto cantonale.

38
prevedere una generale preminenza del diritto internazionale non cogente su quello federale
contrario191.
2.1.2.1 Dalla giurisprudenza Schubert all’affermazione della “naturale preminenza del diritto
internazionale”
Inizialmente, questi conflitti venivano risolti dal Tribunale federale con la regola della lex posterior,
secondo cui, indipendentemente dal suo grado, il diritto posteriore prevaleva su quello anteriore.
Ad esempio, nel DTF 59 II 331 (sentenza Steenworden) il Tribunale federale aveva privilegiato l’applicazione
di una legge nazionale a detrimento di un trattato internazionale in quanto adottata successivamente a
quest’ultimo. Viceversa, nel DTF 111 Ib 68 aveva invece optato per l’applicazione di un trattato internazionale
e per la conseguente disapplicazione della legge federale nazionale poiché più risalente nel tempo.
A partire dal 1973, con la giurisprudenza Schubert192, si è iniziato però a prevedere che una legge nazionale
posteriore potesse prevalere sul diritto internazionale anteriore contrario soltanto a patto che fosse stata
adottata con quello specifico scopo, e non quindi sempre.
Si veda, in particolare, il considerando 3: “il legislatore federale intende rispettare le norme dei trattati
internazionali legittimamente conclusi, salvo che risolva con piena consapevolezza di emanare una
disposizione di diritto interno eventualmente in contrasto con il diritto internazionale”. In casu, Ernst Schubert,
cittadino austriaco domiciliato a Vienna, chiedeva l’annullamento di una decisione cantonale che gli negava
l’autorizzazione ad acquistare una proprietà confinante a un fondo di cui già disponeva sostenendo che tale
diniego fosse in contrasto con l’art. 2 del Trattato del 1875 tra la Confederazione Svizzera e la Monarchia
austro-ungherese, che garantisce ai cittadini austriaci domiciliati in Austria un’uguaglianza di trattamento
rispetto ai cittadini svizzeri “in quanto all’acquisto, al possesso e all’alienazione di beni stabili e di terreni di
ogni sorta”. Il TF ha rigettato il ricorso considerando che l’Assemblea federale aveva adottato il Decreto
federale del 23 marzo 1961 concernente l’autorizzazione per l’acquisto di fondi da parte di persone all’estero,
che richiede appunto l’obbligo di autorizzazione per le persone domiciliate all’estero che intendono acquistare
un fondo in Svizzera (e rinnovato tale decreto, rispettivamente nel 1965 e nel 1971), pur nella consapevolezza
che l’assoggettamento generale delle persone all’estero all’onere di autorizzazione per l’acquisto di un fondo
in Svizzera avrebbe potuto creare delle situazioni di conflitto con l’art. 2 del Trattato del 1875.
Successivamente, con la decisione PKK193, è stato previsto che le obbligazioni internazionali assunte dalla
Svizzera che hanno per oggetto il rispetto dei diritti umani, debbano sempre prevalere sul diritto nazionale,
anche qualora il legislatore se ne volesse svincolare.
Si veda sul punto il considerando 4d: “Diese völkerrechtlichen Prinzipien sind in der schweizerischen
Rechtsordnung unmittelbar anwendbar (BGE 117 Ib 337 E. 2a S. 340) und binden nicht nur den Gesetzgeber,
sondern sämtliche Staatsorgane (vgl. die gemeinsame Stellungnahme des Bundesamtes für Justiz und der
Direktion für Völkerrecht vom 26. April 1989, VPB 53/1989 Nr. 54 Ziff. 15 S. 420 ff.). Daraus ergibt sich,
dass im Konfliktfall das Völkerrecht dem Landesrecht prinzipiell vorgeht (BGE 122 II 485 E. 3a S. 487; BGE
122 II 234 E. 4e S. 239; BGE 109 Ib 165 E. 7b S. 173; BGE 100 Ia 407 E. 1b S. 410; BGE 125 III 209 E. 6e
in fine). Dies hat zur Folge, dass eine völkerrechtswidrige Norm des Landesrechts im Einzelfall nicht
angewendet werden kann. Diese Konfliktregelung drängt sich umso mehr auf, wenn sich der Vorrang aus einer
völkerrechtlichen Norm ableitet, die dem Schutz der Menschenrechte dient.” Il caso in questione verteva
sull’ammissibilità del ricorso di diritto amministrativo contro la confisca di materiale di propaganda sovversiva
del Partito curdo dei lavoratori per motivi di sicurezza interna ed esterna operata ai sensi del Decreto del
Consiglio federale concernente il materiale di propaganda sovversiva. Il nodo principale era capire se tale
provvedimento di confisca fosse stato adottato in ottemperanza all’art. 6, par. 1 della Convenzione europea dei
diritti dell’uomo (CEDU) in materia di equo processo.

191
Ivi, 2061.
192
DTF 99 Ib 39.
193
DTF 125 II 417.

39
Negli ultimi anni, il Tribunale federale ha iniziato poi ad ammettere una naturale supremazia del diritto
internazionale su quello nazionale
Si veda, ad esempio, la DTF 131 V 66 in cui, al consid. 3.2, il TF statuisce che: “La jurisprudence et la doctrine
consacrent le principe de la primauté du droit international sur le droit interne (…) Ce principe découle de la
nature même de la règle internationale, hiérarchiquement supérieure à toute règle interne (…) Il en résulte
que le juge ne peut pas appliquer une loi fédérale qui violerait un droit fondamental consacré par une
convention internationale”.
Inoltre, negli ultimi anni, il Tribunale federale ha altresì specificato che anche i trattati che non
hanno per oggetto i diritti umani o i diritti fondamentali prevalgono sul diritto nazionale contrario.
Si pensi, per esempio, all’Accordo sulla libera circolazione delle persone (ALC) tra Svizzera e UE: DTF 133
V 367, consid. 11.4 – 11.6. Facendo riferimento a tale accordo, il TF ha accordato a un cittadino svizzero che
aveva per motivi di salute disdetto il proprio rapporto di lavoro e lasciato la Svizzera per soggiornare all’estero
(in Grecia e in Italia, ossia due Stati membri dell’Unione europea) per sottoporsi a cure specifiche e, al ritorno
in Svizzera, si era annunciato all’assicurazione contro la disoccupazione chiedendo l’erogazione delle
indennità, l’esonero dall’adempimento del periodo di contribuzione a dipendenza di malattia per tutto il periodo
di inabilità lavorativa trascorso all’estero nonostante la Legge sull’assicurazione contro la disoccupazione,
(LADI) prevedesse tale possibilità soltanto per gli assicurati domiciliati in Svizzera. Questo poiché ai sensi
dell’art. 7 ALC, “il lavoratore dipendente e i membri della sua famiglia … godono degli stessi vantaggi fiscali
e sociali dei lavoratori dipendenti nazionali e dei membri delle loro famiglie”.
Questa evoluzione ci mostra come, almeno in principio negli ultimi anni, il Tribunale federale
abbia progressivamente abbandonato la prassi Schubert della lex posterior per accogliere
un’interpretazione più incline alla prevalenza del diritto internazionale su quello nazionale
contrario e sempre che il legislatore nazionale non abbia, all’interno della legge stessa,
espressamente previsto di derogarvi, ferma restando l’eccezione assoluta per i diritti umani, che
prevalgono in ogni caso194.

3. La democrazia diretta e il diritto internazionale


L’implementazione del diritto internazionale in Svizzera è tuttavia condizionata dal fatto che la
Confederazione sia una democrazia diretta195: invero, come abbiamo già visto, il popolo condivide
con l’Assemblea federale il potere legislativo attraverso gli strumenti dell’iniziativa popolare e del
referendum.

3.1 L’iniziativa popolare e il diritto internazionale


Innanzitutto, il rispetto e la messa a punto del diritto internazionale in Svizzera è vincolata al potere
riconosciuto al popolo di lanciare un’iniziativa popolare196.

194
La relazione tra il diritto internazionale e il diritto nazionale, op. cit., pp. 2063 - 2064.
195
Sul punto si veda quanto detto durante la prima parte del corso.
196
Art. 139 Cost. fed.: “1 100 000 aventi diritto di voto possono chiedere la revisione parziale della Costituzione entro
diciotto mesi dalla pubblicazione ufficiale della relativa iniziativa. 2 L’iniziativa popolare per la revisione parziale
della Costituzione può essere formulata come proposta generica o progetto elaborato. 3 Se l’iniziativa viola il principio
dell’unità della forma o della materia o disposizioni cogenti del diritto internazionale, l’Assemblea federale la dichiara
nulla in tutto o in parte. 4 Se condivide un’iniziativa presentata in forma di proposta generica, l’Assemblea federale
elabora la revisione parziale nel senso dell’iniziativa e la sottopone al voto del Popolo e dei Cantoni. Se respinge
l’iniziativa, la sottopone al Popolo; il Popolo decide se darle seguito. Se il Popolo approva l’iniziativa, l’Assemblea
federale elabora il progetto proposto nell’iniziativa. 5 L’iniziativa presentata in forma di progetto elaborato è sottoposta
al voto del Popolo e dei Cantoni. L’Assemblea federale ne raccomanda l’accettazione o il rifiuto. Può contrapporle un
controprogetto”.

40
Come già visto, con soltanto 100.000 firme, i cittadini svizzeri possono proporre la votazione di
una nuova disposizione costituzionale e l’unico limite di ordine sostanziale197 a questo potere è
costituito dal rispetto dello ius cogens: invero, tutte le iniziative contrarie al diritto imperativo
devono essere dichiarate invalide dal Parlamento e non sono sottoposte al voto.
Un esempio198 interessante d’iniziativa dichiarata nulla199 poiché ritenuta contraria al diritto cogente è quello
dell’iniziativa “per una politica d’asilo razionale”200: in casu, gli iniziativisti chiedevano (tra le altre cose)
d’introdurre un articolo nella Costituzione federale (art. 69 quater)201 con cui restringere la nozione di rifugiato
a coloro che “nel loro Paese d'origine sono esposti personalmente a pericoli che ne minacciano la vita, l'integrità
corporale o la libertà per considerazioni di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo
sociale o per le loro opinioni politiche”, specificando che tale nozione “non può essere estesa tramite legge”.
Come rileva dal Messaggio del Consiglio federale202, questa iniziativa è stata ritenuta contraria al diritto
cogente almeno sotto due aspetti: innanzitutto, riconoscendo la protezione soltanto a coloro che erano esposti
a pericoli “nel (loro) paese di origine”, questa disposizione sarebbe stata contraria alla Convenzione di Ginevra
sui rifugiati203 (in particolare all’art. 1, che costituisce diritto imperativo), poiché non avrebbe più ricompreso
nella nozione di rifugiato gli apolidi (ossia le persone senza cittadinanza). Prevedendo inoltre che “i richiedenti
asilo introdottisi illegalmente e quelli la cui domanda è stata respinta definitivamente sono allontanati
immediatamente dalla Svizzera senza possibilità di ricorso”, questa iniziativa risultava essere nuovamente
contraria allo jus cogens poiché infrangeva i principi di non respingimento sanciti da diversi trattati di diritto
internazionale pubblico inderogabili come, ad esempio, l’art. 33 della Convenzione di Ginevra, l’art. 3 della
Convenzione europea dei diritti dell’uomo204 o l'articolo 3 della Convenzione delle Nazioni Unite contro la
tortura205.
Pertanto, ad eccezione di quelle contrarie al diritto cogente, tutte le altre iniziative possono essere
sottoposte al voto popolare, ivi comprese anche quelle contrarie al diritto internazionale non
cogente che, se accettate, diventerebbero parte integrante della Costituzione. Questo implica in
ultima istanza che all’interno della Costituzione federale svizzera possono figurare delle
disposizioni manifestamente contrarie al diritto internazionale non cogente, che esprimono però il
supremo volere popolare.

197
Il cpv. 3 dell’articolo 139 prevede anche i limiti dell’unità della materia e dell’unità della forma.
198
Per una panoramica delle iniziative dichiarate nulle si veda: https://www.bk.admin.ch/ch/i/pore/vi/vis223.html.
199
FF 1996 I 1157: https://www.amtsdruckschriften.bar.admin.ch/viewOrigDoc.do?id=10118519
200
Iniziativa federale “per una politica d’asilo razionale”, dichiarata nulla dal Parlamento il 14.03.1996.
201 1
“ La Svizzera può dare asilo temporaneo, limitato alla durata del pregiudizio, a stranieri che nel loro Paese d'origine
sono esposti personalmente a pericoli che ne minacciano la vita, l'integrità corporale o la libertà per considerazioni di
razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le loro opinioni politiche. Questa
nozione di rifugiato non può essere estesa tramite legge. 2 Le domande d'asilo possono essere presentate soltanto ai
posti di confine designati dalla legge o presso le rappresentanze svizzere all'estero. 3 Ogni procedura d'asilo deve
passare in giudicato entro sei mesi. Le decisioni intermedie e su ricorso non sono impugnabili. 4 1 richiedenti asilo
introdottisi illegalmente e quelli la cui domanda è stata respinta definitivamente sono allontanati immediatamente
dalla Svizzera senza possibilità di ricorso. L'esecuzione spetta alla Confederazione, in collaborazione con i Cantoni. 5
1 Comuni non possono essere obbligati ad accogliere richiedenti asilo sotto la propria sorveglianza e responsabilità. 6
Anche in collaborazione con altri Paesi, la Svizzera si sforza di soccorrere le persone minacciate nelle rispettive regioni
d'origine. Essa sostiene gli sforzi volti ad ottenere per tali persone una sistemazione all'estero, in una zona al riparo
dai pericoli menzionati nel capoverso 1”.
202
Messaggio concernente le iniziative popolari «per una politica d'asilo razionale» e «contro l'immigrazione
clandestina» del 22 giugno 1994, FF 1994 III 1338, in particolare pp. 1350 – 1352.
203
Convenzione sullo statuto dei rifugiati del 28 luglio 1951, RS 0.142.30.
204
Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 4 novembre 1950, RS 0.101.
205
Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti del 10 dicembre 1984, RS
0.105.

41
Si pensi, ad esempio, all’iniziativa popolare federale “per alimenti prodotti senza manipolazioni genetiche”206
lanciata nell’ottobre del 2003 e accettata a doppia maggioranza da popolo e cantoni il 27 novembre del 2005.
Con questa iniziativa è stata introdotta nella Costituzione federale una nuova disposizione transitoria (l’art. 120
Cost. fed.)207, con la quale è stata vietata per 5 anni l’utilizzazione di “organismi geneticamente modificati”
nell’agricoltura svizzera (e, in particolare, di piante, parti di piante, sementi e animali geneticamente
modificati). Al momento della valutazione dell’iniziativa, il Consiglio federale aveva rilevato l’incompatibilità
di questa nuova disposizione con diversi trattati internazionali di natura commerciale sottoscritti dalla
Svizzera208. Innanzitutto, il Consiglio federale aveva sottolineato come il nuovo art. 120 Cost. fed. avrebbe
potuto risultare contrario al diritto OMC. Invero, al momento della sua approvazione, la legislazione OMC e
la sua giurisprudenza non prevedevano rispettivamente nulla sull’utilizzazione di prodotti geneticamente
modificati e sul divieto alla loro importazione. Tuttavia, a quel tempo, era pendente innanzi al Dispute
Settlement Body (DSB) dell’OMC una controversia che vedeva contrapposti gli Stati Uniti, il Canada e
l’Argentina all’Unione Europea e che aveva per oggetto la moratoria de facto adottata da alcuni paesi dell’UE
contro l’ammissione di nuovi prodotti geneticamente modificati. In casu, l’organo di risoluzione delle
controversie dell’OMC avrebbe dovuto chiarire se, ai sensi dell’art. III del GATT, i prodotti geneticamente
modificati potessero essere considerati “similari” ai prodotti tradizionali: in caso negativo (ossia di diversità),
una disparità di trattamento sarebbe stata ammissibile mentre, in caso affermativo, una tale deroga sarebbe stata
ammissibile soltanto ai sensi dell’art. XX GATT lett. b) e g)209. Pertanto, a quel tempo, seppur l’introduzione
di questa disposizione presentava dei potenziali profili d’incompatibilità con il diritto OMC, l’assenza di una
chiara legislazione e giurisprudenza in merito rendeva impossibile trarre una conclusione definitiva. Oltre al
diritto OMC, il Consiglio federale aveva rilevato ulteriori profili d’incompatibilità con altri trattati di diritto
internazionale non cogente: invero, nel Messaggio vengono altresì menzionati l’Accordo sugli ostacoli tecnici
al commercio (OTC, allegato all’Accordo di Marrakech), l’Accordo sull’applicazione delle misure sanitarie e
fitosanitarie (SPS, allegato all’Accordo di Marrakech), il diritto dell’Unione Europea (che non conosceva
l’interdizione di questi prodotti) e, ancora, il Protocollo di Cartagena210. Ciononostante, una volta passata
l’iniziativa, l’art. 120 Cost. fed. è entrato in vigore e la sua applicabilità è stata una prima volta prolungata di 3
anni (quindi fino al 23 novembre 2013) e una seconda fino al 31 dicembre 2017211.
Negli ultimi anni, la crescente proliferazione ed accettazione d’iniziative popolari contrarie al
diritto internazionale non cogente (e, in particolare, alla CEDU)212 ha fatto progressivamente
riemergere l’interesse verso l’estensione del potere riconosciuto ai cittadini svizzeri, da una parte,
e, dall’altra, verso l’assenza di una regola che disciplini i conflitti tra il diritto internazionale e
quello costituzionale213.
Si pensi, ad esempio, all’iniziativa popolare “Contro l’edificazione di minareti” del 2007 la cui accettazione,
appunto, ha portato a modificare l’art. 72 Cost. fed. con un nuovo capoverso 3, che recita: “L’edificazione di

206
Iniziativa popolare federale 'per alimenti prodotti senza manipolazioni genetiche' entrata in vigore il 27 novembre
2005, AS 2006 89.
207 1
“ L’essere umano e il suo ambiente vanno protetti dagli abusi dell’ingegneria genetica. 2 La Confederazione emana
prescrizioni sull’impiego del patrimonio germinale e genetico di animali, piante e altri organismi. In tale ambito tiene
conto della dignità della creatura nonché della sicurezza dell’essere umano, degli animali e dell’ambiente e protegge
la varietà genetica delle specie animali e vegetali”.
208
Messaggio del Consiglio federale del 18 agosto 2004, FF 2004 4365.
209
Ivi, pp. 4376 – 4377.
210
Ivi, pp. 4378 – 4379.
211
LAMMERS, G. La démocratie directe et le droit international. Prise en compte des obligations internationales de
la Confédération et participation populaire à la politique extérieure, Berna: Stämpfli, 2015, p. 163.
212
Si pensi, ad esempio, all’iniziativa sull’“internamento a vita per criminali sessuomani o violenti estremamente
pericolosi e refrattari alla terapia” (accettata nel febbraio 2004), a quella “contro l'edificazione di minareti” (accettata
nel novembre 2009) o, ancora, a quella “contro l’immigrazione di massa” (accettata nel febbraio 2014).
213
KUNZ, R. e PETERS, A. Constitutionalisation and Democratisation of Foreign Affairs: The Case of Switzerland,
in ALBI A., BARDUTZKY S. (eds.) National Constitutions in European and Global Governance: Democracy,
Rights, the Rule of Law, L’Aia: T.M.C. Asser Press, 2019, p. 1505. Al momento, l’unica risposta sembra pervenire
dal Tribunale federale: si veda, in particolare, DTF 139 I 16.

42
minareti è vietata”: oltre a contrastare con gli artt. 8 e 15 della Costituzione stessa, questa norma è altresì
contraria alla CEDU che, all’art. 9, tutela la “libertà di pensiero, di coscienza e di religione”214. Ancora, ad
esempio, si pensi alla “Iniziativa per la limitazione” su cui i cittadini svizzeri saranno chiamati a pronunciarsi
questo autunno che mira, contrariamente all’ALC, a riconoscere in capo alla Svizzera la competenza a
disciplinare autonomamente l’immigrazione degli stranieri215.

3.2 Il referendum e il diritto internazionale


Poiché alcuni trattati di diritto internazionale sono soggetti a referendum, anche attraverso questo
strumento i cittadini svizzeri sono chiamati ad intervenire sull’implementazione (o meno) del
diritto internazionale a livello nazionale:

• Innanzitutto, ai sensi dell’art. 140 cpv. 1 lett. b)216, sottostanno a referendum obbligatorio
(che, come già visto, è quello che richiede la doppia maggioranza di cittadini e cantoni) i
trattati internazionali che comportano “l’adesione a organizzazioni di sicurezza collettiva
o a comunità sopranazionali” della Svizzera.
Si pensi, ad esempio, al referendum obbligatorio lanciato nel 1986 per l’adesione della Svizzera alle Nazioni
Unite: il 75.7% dei cittadini e i cantoni all’unanimità avevano votato per il no. La Svizzera è entrata a fare
parte delle Nazioni Unite soltanto nel 2002 grazie a un’iniziativa popolare.

• Vi sono anche dei casi in cui il coinvolgimento del popolo è facoltativo e sono quelli
previsti dall’art. 141 cpv. 1 lett. d)217 Cost. fed.: invero, questo prescrive che possa essere
indetto un referendum facoltativo (ossia quello che, come già visto, può essere lanciato da
50.000 cittadini o da 8 cantoni) per “i trattati internazionali: 1. di durata indeterminata e
indenunciabili, 2. prevedenti l’adesione a un’organizzazione internazionale, 3.
comprendenti disposizioni importanti che contengono norme di diritto o per l’attuazione
dei quali è necessaria l’emanazione di leggi federali”.
Nella pratica, i trattati sono stati raramente sottoposti a referendum facoltativo (nel senso che non sono stati
sottoposti al voto perché non sono state raccolte le 50.000 firme necessarie o 8 cantoni non ne hanno fatto
richiesta) e ciò dimostra che la Svizzera non sia eccessivamente vincolata da questo strumento nel panorama
internazionale218. Riprendendo il testo dell’articolo, possono essere fatti degli esempi interessanti di trattati
per ogni tipologia: nella prima categoria rientra ad esempio il Patto ONU relativo ai diritti civili e politici219
che, per il mancato raggiungimento delle firme necessarie, non è stato sottoposto a referendum; come facente
parte della seconda può essere invece menzionata la “legge federale concernente la partecipazione della
Svizzera alle istituzioni di Bretton Woods”220, che è stata sottoposta a referendum ed approvata nel 1992,
determinando così l’entrata della Svizzera nel FMI, nella BIRS e nel GATT (ora OMC); infine, nella terza
categoria, rientra ad esempio il “decreto federale che approva e traspone nel diritto svizzero gli accordi

214
Sul punto si vedano gli Appunti di diritto dell’economia della Prof.ssa De Rossa, pt. 1, p. 16.
215
Ibidem.
216
“(…) Sottostanno al voto del Popolo e dei Cantoni: (…) b. l’adesione a organizzazioni di sicurezza collettiva o a
comunità sopranazionali”
217
“Se 50 000 aventi diritto di voto o otto Cantoni ne fanno richiesta entro cento giorni dalla pubblicazione ufficiale
dell’atto, sono sottoposti al voto del Popolo: (…) d. i trattati internazionali: 1 .di durata indeterminata e indenunciabili,
2. prevedenti l’adesione a un’organizzazione internazionale, 3. comprendenti disposizioni importanti che contengono
norme di diritto o per l’attuazione dei quali è necessaria l’emanazione di leggi federali”.
218
KUNZ, R. e PETERS, A. Constitutionalisation and Democratisation, op. cit., p. 1497.
219
Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 16 dicembre 1966, RS 0.103.2
220
Legge federale concernente la partecipazione della Svizzera alle istituzioni di Bretton Woods del 29.05.1992, AS
1992 2567.

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bilaterali con l’UE per l’associazione della Svizzera alla normativa di Schengen e Dublino”221, relativamente
al quale i cittadini e cantoni si sono espressi favorevolmente.

221
Decreto federale che approva e traspone nel diritto svizzero gli accordi bilaterali con l’UE per l’associazione della
Svizzera alla normativa di Schengen e Dublino del 1.03.2006, AS 2008 447.

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