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Manuale dei diritti fondamentali in Europa – Riassunti

Capitolo 1 – Il sistema Europeo e il movimento internazionale per il


riconoscimento dei diritti umani

1. I precedenti
La Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, del 26 agosto 1789 è il precedente più
specifico, non solo per l’elenco di diritti che menziona, ma soprattutto perché, negando distinzioni,
privilegi e discriminazioni propri dell’”Ancien Régime”, li riconosce a tutti  si presenta con la sua
natura costituzionale.
Bill of Rights  1689, Inghilterra; 1791, America.

2. L’evoluzione recente e il sistema delle Nazioni Unite


Nel corso del Novecento la responsabilità della protezione dei diritti umani si estende a sedi
sovranazionali impegnando la comunità internazionale e superando la pretesa degli Stati di non
subire interferenze esterne. 1918  “Quattordici Punti”: il presidente degli Stati Uniti enuncia i
punti su cui avrebbero dovuto fondarsi le relazioni internazionali.
8 Gennaio 1941  Roosevelt pronunciò il discorso delle “Quattro Libertà”:
- Di espressione;
- Di culto e religione;
- Dal bisogno;
- Dalla paura.
Questi due discorsi vennero ripresi della Carta Atlantica, sottoscritta da Roosevelt e Churchill il 14
agosto 1941  all’origine della Carta delle Nazioni Unite.
L’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), creata il 26 giugno 1945, si fonda sulla Carta firmata
dai 51 originari stati membri. Il preambolo indica la volontà di “salvare le future generazioni dal
flagello della guerra, che per due volte nel corso di questa generazione ha portato indicibili
afflizioni all’umanità” e, richiamando le Quattro Libertà, sottolinea il valore dei diritti fondamentali
dell’uomo, della dignità della persona umana, dell’uguaglianza dei diritti fondamentali dell’uomo e
della donna e delle nazioni grandi e piccole.
Art. 1  I fini delle Nazioni Unite sono:
1. Mantenere la pace e la sicurezza internazionale, ed a questo fine: prendere efficaci misure
collettive per prevenire e rimuovere le minacce alla pace e per reprimere gli atti di aggressione o
le altre violazioni della pace, e conseguire con mezzi pacifici, ed in conformità ai principi della
giustizia e del diritto internazionale, la composizione o la soluzione delle controversie o delle
situazioni internazionali che potrebbero portare ad una violazione della pace.
2. Sviluppare tra le nazioni relazioni amichevoli fondate sui rispetto dei principio dell'eguaglianza
dei diritti e dell'autodecisione dei popoli, e prendere altre misure atte a rafforzare la pace
universale.
3. Conseguire la cooperazione internazionale nella soluzione dei problemi internazionali di
carattere economico, sociale, culturale od umanitario, e nel promuovere ed incoraggiare il rispetto

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dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali per tutti senza distinzione di razza, di sesso, di
lingua o di religione.
4. Costituire un centro per il coordinamento dell'attività delle nazioni volta al conseguimento di
questi fini comuni.
La pace perseguita dall’ONU, quindi, non è solo l’assenza di guerra tra gli stati, ma è una pace che
assicura il riconoscimento dei diritti umani.
La dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, approvata il 10 dicembre 1948 rappresenta
un’importante novità nella concezione del rapporto dell’individuo con lo Stato e della posizione
della Comunità internazionale, rispetto alle violazioni dei diritti umani commesse dagli Stati al loro
interno. Essa costituisce l’atto di passaggio dalla proclamazione di un programma politico al
riconoscimento internazionale di diritti propri nei confronti degli Stati. La dichiarazione, tuttavia,
non è un trattato internazionale dal quale derivano obblighi giuridici per gli stati.
Accanto all’universalità dei diritti fondamentali, si afferma che essi sono indivisibili,
interdipendenti e complementari  è obbligo degli Stati promuovere e tutelare tutti i diritti umani
e le libertà fondamentali.
Alla Dichiarazione fecero seguito il Patto dei diritti civili e politici e il Patto dei diritti economico-
sociali del 1966.

3. Il sistema Europeo. Il Consiglio d’Europa e la convenzione per la salvaguardia dei diritti


umani e delle libertà fondamentali
Nel 1984 si svolse il Congresso dell’Aia, che diede il via all’istituzione del Consiglio d’Europa. Gli
stati fondatori furono 10: Belgio, Danimarca, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi
Bassi, Svezia, Regno Unito.
Art. 1 dello Statuto del Consiglio d’Europa (CoE)  lo scopo dell’organizzazione è il
raggiungimento di una maggiore unità tra i suoi Membri attraverso il mantenimento e lo sviluppo
dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
Il primo documento importante prodotto dal CoE è la Convenzione di salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU). La CEDU, firmata a Roma il 4 novembre 1950 è
entrata in vigore il 3 settembre 1953 ed è stata ratificata in Italia con la l. 4 agosto 1955, n.848.
Il testo originario ha subito integrazioni, ovvero protocolli aggiuntivi, che integrano l’elenco dei
diritti e delle libertà (1,4,6,7,12,13) e legano solo gli stati che li hanno ratificati; ha aggiunto anche
protocolli emendativi, che modificano regole di procedura e di organizzazione del sistema
(2,3,5,8,9,10,11,14,14bis) e non entrano in vigore se non ratificati da tutti gli Stati che sono parte
della Convenzione.
- Protocollo n.9  ha previsto la possibilità del ricorso individuale alla Corte dopo il
rapporto della Commissione;
- Protocollo n. 11  ogni Stato parte della Convenzione accetta la giurisdizione della Corte
Europea e la possibilità per ogni persona fisica o giuridica di presentare un ricorso alla
Corte, direttamente e senza filtri; abolita anche la Commissione prevista dal testo
originario;
- Accanto al ricorso individuale è previsto quello interstatale;
- Il ricorso introdotto dalla vittima della violazione è quello che più frequentemente viene
utilizzato e che offre alla Corte l’occasione per affermare la propria giurisprudenza.
L’evoluzione della tutela dell’individuo ha compiuto un fondamentale passo avanti. L’individuo ha
un giudice cui ricorrere contro lo stato  è titolare dei diritti e delle libertà proprie della persona

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umana in quanto tale. Nel sistema della convenzione i diritti e le libertà sono riconosciuti dallo
Stato.

4. Gli altri sistemi regionali


- Organizzazione degli Stati Americani (OSA)  Convenzione interamericana dei diritti
dell’uomo, adottata nel 1969 ed entrata in vigore nel 1978; prevede un sistema costituito
dalla Commissione e dalla Corte, competente a conoscere le questioni relative
all’esecuzione degli impegni presi dagli Stati parte della Convenzione.;
- Unione Africana  Carta Africana dei diritti dell’uomo e dei popoli, approvata nel 1981;
2008  Corte Africana di giustizia e dei diritti dell’uomo;
- Lega Araba  Carta Araba dei diritti dell’uomo, approvata nel 1994 e riveduta nel 2004;
- ONG Asiatiche  Carta dei diritti umani in Asia (non ha valore giuridico).

Capitolo 2 – La corte Europea dei diritti umani. Natura ed efficacia della sua
giurisprudenza
1. La Giurisprudenza della Corte Europea
La Corte Europea è competente per risolvere ogni questione d’interpretazione e applicazione della
Convenzione (art. 32 CEDU). Con le sue sentenze essa risolve controversie relative ai diritti e alle
libertà convenzionali, sollevate dai ricorsi individuali (art. 34) o da ricorsi interstatali (art. 33). La
controversia sottoposta al suo esame è specifica, riguarda una vicenda concreta e la decisione
della Corte si limita a stabilire il fondamento o meno del singolo ricorso. La Corte è istituita per
proteggere diritti non teorici o illusori, ma concreti ed effettivi.
L’unico scopo che muove la Corte Europea è di identificare nozioni utili per l’applicazione della
Convenzione Europea egualmente a tutti gli stati che sono parte del sistema della Convenzione.
La Corte Europea non solo procede diversamente dai giudici nazionali ma tende a non ripetere o
rivedere le valutazioni che hanno fatto. Quando la legalità secondo la legge nazionale è requisito
richiesto dalla Convenzione, la Corte non sostituisce la propria ricostruzione del diritto nazionale a
quella adottata dai giudici interni.
2. L’interpretazione della Convenzione
La Corte interpreta la Convenzione facendo ricorso ai criteri indicati dagli artt. 31-33 della
Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati. La Convenzione lascia largo spazio al contributo della
Corte nella definizione del contenuto dei diritti e delle libertà elencati e le consente di adottare un
atteggiamento giurisprudenziale dinamico ed evolutivo.
In applicazione dell’art. 31 par.4 della Convenzione di Vienna, la Corte tiene conto di ogni accordo
che sia ulteriormente intervenuto tra le parti sull’interpretazione della Convenzione, della pratica
seguita dalle parti nell’applicazione della Convenzione, delle regole rilevanti del diritto
internazionale nelle relazioni tra le parti. Il preambolo, inoltre, richiama l’intenzione degli Stati
membri di operare per una maggior unità tra di loro anche attraverso la protezione dei diritti e
delle libertà fondamentali.
La Convenzione è redatta in francese e inglese, che fanno egualmente fede. La Convenzione va
interpretata e applicata in vista dello scopo di salvaguardare e promuovere gli ideali e i valori della
società democratica  la democrazia è l’unico modello politico previsto dalla Convenzione ed è
pertanto solo il solo con essa compatibile. La Corte interpreta la complessiva coerenza interna;

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quanto ai protocolli aggiuntivi, essa ritiene che le loro disposizioni si aggiungano senza modificarle
a quelle della Convenzione.
3. Il valore dei precedenti e i mutamenti di giurisprudenza
La Corte non è legata dai propri precedenti, ma usualmente li segue e li applica, nell’interesse della
sicurezza legale e dell’ordinato sviluppo della sua giurisprudenza. Essa procede distinguendo il
caso da decidere da quello/i già decisi. Tuttavia il complesso dei precedenti segnala le conclusioni
ci non si può giungere senza un esplicito mutamento di giurisprudenza.
4. Il margine di apprezzamento nazionale
La Corte ha riconosciuto che il sistema convenzionale non implica l’imposizione di un’uniformità
assoluta nell’applicazione della Convenzione. Ha ritenuto che il margine di apprezzamento
nazionale risponda alla logica della sussidiarietà del sistema convenzionale rispetto a quelli
nazionali. Il margine di apprezzamento riconosciuto agli Stati riguarda le ipotesi di interferenza nel
diritto convenzionale che lo stato assuma necessarie rispetto a esigenze legittime riconosciute
dalla Convenzione  l’intervento della Corte è previsto solo quando si sorta una controversia e
dopo che siano state esaurite le vie di ricorso interne. Alla Corte spetta la competenza di
interpretare la Convenzione, agli Stati l’obbligo di adeguarvisi. Al riconoscimento del margine di
apprezzamento nazionale la Corte ha aggiunto la rivendicazione di un suo ruolo nel controllo
europeo di ragionevolezza, proporzione e salvaguardia della sostanza del diritto di cui si tratta.
Tuttavia la Corte Europea mostra ritegno nel valutare la proporzionalità dell’interferenza statale
nel diritto convenzionale di cui si tratta purché la motivazione offerta dai giudici nazionali non sia
manifestamente irragionevole. L’ampiezza del margine di apprezzamento varia secondo le
circostanze, le materie e il contesto che rileva.
5. L’interpretazione della Convenzione e la maggior tutela
Art 53 CEDU: “Nessuna delle disposizioni della presente Convenzione può essere interpretata in
modo da limitare o pregiudicare i Diritti dell'Uomo e le Libertà fondamentali che possano essere
riconosciuti in base alle leggi di ogni Parte Contraente o in base ad ogni altro accordo al quale essa
partecipi”  La Convenzione assicura che i diritti e le libertà convenzionali siano garantiti nel
contenuto e livello da essa definito  la protezione convenzionale non può ridurre la portata dei
diritti fondamentali assicurati dai sistemi nazionali  la Convenzione assicura il livello di
protezione minimo e comune a tutti gli Stati europei. La Corte deve adottare l’interpretazione che
non comporti la diminuzione della protezione degli altri diritti e libertà riconosciuti dal sistema
nazionale. Maggior tutela  protezione di un diritto che si pone in conflittuale competizione con
altro diritto eventualmente facente capo ad altri soggetti.
6. La sussidiarietà. Obbligo di esaurire le vie di ricorso interne
Corte Europea  Obbligo di istituire e assicurare alle vittime della violazione di un diritto
convenzionale “un ricorso effettivo davanti a un’istanza nazionale”  Art. 35 par.1 (CEDU): “La
Corte non può essere adita se non dopo l'esaurimento delle vie di ricorso interne, qual è inteso
secondo i principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti ed entro un periodo di sei
mesi a partire dalla data della decisione interna definitiva”. Il sistema prevede due obblighi 
- Lo Stato è tenuto a istituire ricorsi interni efficaci;
- I ricorrenti devono utilizzare questi ricorsi.

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Il riconoscimento e la riparazione delle violazioni nel sistema interno consente allo Stato di evitare
la responsabilità sul piano internazionale. La Corte Europea può intervenire in via sussidiaria solo
quando il ricorso interno non abbia dato soddisfazione al ricorrente e il filtro non abbia avuto
successo. È necessario che al giudice nazionale venga sottoposto il profilo del diritto convenzionale
che si intende far valere successivamente davanti la Corte Europea. Il ricorso in sede nazionale
contro la violazione di un diritto convenzionale costituisce un diritto individuale, strumentale e
ausiliare.
Per corrispondere allo scopo per cui sono richiesti dall’art. 13 CEDU (“Ogni persona i cui diritti e le
cui libertà riconosciuti nella presente Convenzione siano stati violati, ha diritto a un ricorso
effettivo davanti a un’istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da
persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali”.), i ricorsi interni devono essere
efficaci e concretamente accessibili  l’accessibilità del ricorso può mancare per l’esistenza di
ostacoli di natura materiale o giuridica. L’efficacia del ricorso comprende la capacità di prevenire la
violazione o la sua continuazione, ovvero di fornire adeguato indennizzo se la violazione si è già
verificata.

Capitolo 12 – Diritto a un processo equo

Art. 6 CEDU
1. Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine
ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a
pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa
penale formulata nei suoi confronti. La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l’accesso alla sala
d’udienza può essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o parte del processo nell’interesse della
morale, dell’ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica, quando lo esigono gli
interessi dei minori o la protezione della vita privata delle parti in causa, o, nella misura giudicata
strettamente necessaria dal tribunale, quando in circostanze speciali la pubblicità possa portare pregiudizio
agli interessi della giustizia.
2. Ogni persona accusata di un reato è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata
legalmente accertata.
3. In particolare, ogni accusato ha diritto di:
(a) essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato,
della natura e dei motivi dell’accusa formulata a suo carico;
(b) disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare la sua difesa;
(c) difendersi personalmente o avere l’assistenza di un difensore di sua scelta e, se non ha i mezzi per
retribuire un difensore, poter essere assistito gratuitamente da un avvocato d’ufficio, quando lo esigono gli
interessi della giustizia;
(d) esaminare o far esaminare i testimoni a carico e ottenere la convocazione e l’esame dei testimoni a
discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico;

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(e) farsi assistere gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua usata in udienza.

L’equità del processo lascia largo spazio alle scelte di disciplina proprie degli Stati, a condizione che
siano rispettati i requisiti minimi espressi dall’articolo e sia assicurata in concreto la complessiva
equità della procedura.
2. Il campo di applicazione. Controversie civili e accuse penali
Controversie civili  controversie aventi carattere o conseguenze patrimoniali: espropriazioni,
concessioni edilizie, autorizzazioni amministrative necessarie per svolgere un’attività commerciale,
vicende di un appalto pubblico, contestazioni disciplinari. Controversie relative a diritti non
patrimoniali: diritto alla vita, salute, vita familiare, paternità o status di filiazione, reputazione,
diritti civili compresi dallo stato di detenzione.
L’articolo si applica anche alla fase dell’esecuzione, alle procedure principali, interlocutorie,
provvisorie, urgenti.
Controversie penali  l’applicabilità delle garanzie procedurali considerate è limitata alle
procedure volte a stabilire la fondatezza di un’accusa.
3. Il diritto di accesso a un tribunale
L’accesso al giudice consente di ottenere un decisione utile alla definizione della domanda,
accompagnata da una motivazione che riguardi gli argomenti rilevanti svolti dalle parti. Limiti
impliciti (come il previo esaurimento di ricorsi interni): consentono la buona amministrazione della
giustizia. La prescrizione del reato a causa dell’inerzia giudiziaria si traduce in violazione dell’equo
processo sotto il profilo del diritto di accesso al giudice. Anche i costi della procedura sono soggetti
alla valutazione di proporzione.
Limiti impliciti: immunità giurisdizionali delle O.I. (riconosciuta nei trattati che regolano le
condizioni di insediamento e le attività di organizzazioni internazionali), degli Stati (in forza di
norma consuetudinaria, immunità in ordinamenti diversi dal proprio) e le immunità parlamentari
(strettamente legata all’atto parlamentare al di fuori del quale la limitazione non potrebbe essere
ritenuta proporzionata)  escludono che il diritto possa essere oggetto di un ricorso al giudice.
Se da un lato vi sono dei limiti, dall’altro la giurisprudenza della Corte ha prestato attenzione
all’esigenza di concretezza ed effettività della possibilità di ricorrere al giudice  diritto al gratuito
patrocinio in cause civili.
4. Nozione di tribunale. Indipendenza e imparzialità
È tribunale, ai sensi dell’articolo 6, l’organo stabilito dalla legge, che sia di piena giurisdizione
rispetto a ogni questione di fatto e di diritto concernenti la decisione della controversia secondo
legge, all’esito di una procedura a tal fine definita. Deve essere previsto dalla legge, essere
indipendente e imparziale, deve avere piena giurisdizione, agire secondo una procedura giudiziaria
e poter definire la causa con una decisione non modificabile da altra autorità che non sia
giudiziaria. Un tribunale, per rispondere alle esigenze dell’equo processo, deve essere
indipendente rispetto ai poteri esecutivo e legislativo e imparziale rispetto alle parti.

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- Indipendenza  pone anche obblighi ai rappresentanti dei poteri esecutivo e legislativo e
ad ogni altra autorità, nel senso che essi sono tenuti ad astenersi da interferenze e
rispettare le decisioni dei tribunali;
- Imparzialità  due aspetti: l’imparzialità soggettiva, che si presume, viene esclusa se il
giudice manifesti con il suo comportamento un pregiudizio personale; l’imparzialità
oggettiva significa che egli deve essere assistito da garanzie sufficienti a proteggere
l’imparzialità e non dare occasione a dubbi.
5. I requisiti generali del processo equo
Davanti al giudice la parte ha diritto a un processo equo. La Corte tiene conto globalmente di tutti i
requisiti elencati dalla disposizione, per valutare l’equità della procedura nel suo complesso,
cosicché un vizio anche rilevante della procedura può essere eliminato nella sua efficacia lesiva
nella fase processuale successiva. L’art. 6 conclude che, se il processo non è stato equo, non ne
trae la conclusione che l’esito sarebbe stato favorevole al ricorrente.
- L’equità del processo sarebbe esclusa se alla parte non fosse garantita una ragionevole
prevedibilità dell’applicazione della legge relativa al suo caso. La Corte Europea ha
affermato la violazione dell’articolo quando la decisione del ricorso fosse senza adeguata
motivazione in contrasto con la giurisprudenza consolidata;
- Necessità che la decisione del giudice sia motivata  assicurare trasparenza della giustizia
e la protezione contro l’arbitrio;
- L’equità richiede che la parte possa essere sentita all’udienza e che questa, come la
sentenza, sia pubblica; è sempre necessaria almeno un’udienza in cui l’accusato abbia la
possibilità di partecipare, anche se il contraddittorio in certe circostanze può svolgersi
diversamente;
- La partecipazione dell’accusato all’udienza è essenziale quando si dibatta della sua
responsabilità penale;
- Parità delle armi  esige un giusto equilibrio tra le parti, che devono avere la possibilità di
presentare le proprie prove, difese e argomentazioni con modalità che non la mettano in
svantaggio rispetto alle controparti; la Corte richiama la parità delle armi quando esamina
casi in cui viene modificata la legislazione applicabile, a vantaggio della parte pubblica;
- Ragionevolezza del tempo necessario per ottenere la decisione  la Corte tiene conto
delle circostanze del caso e della natura e gravità, della complessità della causa da
prendere in considerazione per valutare la ragionevolezza del termine; Italia  Legge
Pinto (l.24 marzo 2001, n.89), che ha introdotto la possibilità di ricorrere alla Corte
d’appello per ottenere indennizzo quando la durata del procedimento abbia superato il
termine ragionevole.
6. I requisiti propri del processo penale
La Corte Europea si astiene dal valutare se le decisione dei giudici interni siano state conformi a
quanto prevede il diritto nazionale. Anche relativamente all’ammissione, assunzione e valutazione
delle prove, la Corte valuta se il processo nel suo complesso sia stato equo.
Prove illegali  l’equità del processo nel quale siano state raccolte e utilizzate prove in violazione
di altri diritti previsti dalla Convenzione è stata oggetto di diverse sentenze della Corte europea. La
Corte è giunta ad affermare che esiste una differenza tra i casi in cui la violazione, nella raccolta
della prova, sia riferita a un divieto assoluto come quello previsto dall’art.3 nei suoi diversi aspetti,
e quelli in cui sia prospettata la violazione di diritti non assoluti. Nel primo caso  equità esclusa;

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nel secondo  constatata la violazione dell’art.8 (Diritto al rispetto della vita privata e familiare) la
Corte ritiene necessario tener conto di vari elementi, tra i quali principalmente se l’accusato abbia
avuto modo di contestare gli elementi di prova.
Equità del processo penale  operazioni sotto copertura e provocazione della polizia  ammesse
in Italia  la Corte esclude l’equità del processo se non vi erano seri motivi per sospettare i
soggetti incriminati, se l’azione criminosa non era già in corso e se la condotta di polizia non si è
limitata ad un comportamento passivo.
“Accusato”  il momento a partire dal quale esiste un’accusa penale. “Testimone”  ogni
persona che nel procedimento renda dichiarazioni utili alla decisione. Sebbene non è esplicitato,
l’art.6 permette all’accusato il diritto di rimanere in silenzio, a non rispondere alle domande e non
auto incriminarsi è un aspetto dell’equo processo. Non è assoluto  non è vietato al giudice trarre
conclusioni dal rifiuto dell’accusato di fornire spiegazioni. Quando l’accusato abbia risposto a
domande senza essere stato avvertito del diritto di tacere occorre valutare l’equità complessiva
della procedura.
Art. 6 co.3 (vedi sopra)
a) La comunicazione dell’accusa ha un’importanza determinante ai fini dell’equità del
processo  l’accusato potrà difendersi in modo efficace solo se sarà stato messo in grado
di conoscere: l’oggetto del processo, i fatti contestati, data e luogo del fatto e la
qualificazione giuridica; non richiede forme particolari purché sia efficace  lingua
dell’accusato;
b) L’efficacia della difesa è condizionata anche dai tempi concessi all’accusato per prepararla
e svolgerla e dalle condizioni in cui l’attività di difesa si svolge;
c) La scelta di rinunciare alla difesa tecnica e di non richiedere la nomina del difensore
d’ufficio deve essere consapevole e informata  la possibilità di difendersi da sé non è
garantita dalla CEDU  equità del processo; la situazione è diversa quando l’accusato è
detenuto  la disposizione richiede che l’accusato sia/possa essere assistito dal difensore
sin dal primo interrogatorio  la difesa è necessaria per la condizione di vulnerabilità in cui
si trova l’accusato detenuto; inoltre, la confidenzialità dei colloqui tra accusato e difensore
deve essere assicurata;
d) La Corte non assicura l’equità del processo di un giudizio di appello che, dopo
un’assoluzione in primo grado si concluda con sentenza di condanna, se le prove
dichiarative poste a base della sentenza siano le stesse che hanno condotto il primo giudice
a pronunciare sentenza di assoluzione ed esse non siano state nuovamente formate
davanti al giudice di appello. Il diritto dell’accusato di esaminare i testimoni può esplicarsi
anche nella fase antecedente il dibattimento. La Corte ha considerato casi che consentono
di dare lettura delle dichiarazioni rese in precedenza fuori del contraddittorio con
l’accusato  ha proceduto a una riduzione della rigidità della regola che esclude la prova
unica o determinante riconducendola nel quadro generale della valutazione globale
dell’equità.
e) Il diritto riguarda sia le dichiarazioni orali che i documenti scritti e risponde all’esigenza sia
di consentire all’accusato una difesa efficace, sia di non discriminarlo in ragione della
lingua; l’accusato ha diritto alla traduzione di tutti gli atti orali o dei documenti scritti la cui
conoscenza sia necessaria per assicurargli un processo equo;
f) Partecipare all’udienza  L’equità del processo, in materia di accusa penale, richiede che
sia tenuta almeno un’udienza di primo grado e che questa sia pubblica  l’accusato deve
essere messo in condizione di partecipare personalmente ed efficacemente alla udienza,
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ma l’accusato può anche rinunciarvi; in mancanza di valida rinuncia da parte dell’accusato,
un giudizio in contumacia non è in contrario alle esigenze di equità del processo a
condizione che l’accusato abbia diritto a un nuovo processo contraddittorio;
7. La presunzione di innocenza
Ogni persona accusata di un reato è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia
stata legalmente accertata. La presunzione di innocenza ha effetti su diversi piani, che incidono sul
trattamento cui è sottoposto l’accusato prima della condanna definitiva, riguardano l’onere della
prova e offrono una regola di giudizio e di valutazione della prova nei confronti dell’accusato. Il
rispetto della presunzione di innocenza è una condizione dell’equità del processo  nessun
rappresentante dello stato deve esprimere l’opinione o faccia intendere che l’imputato sia
colpevole prima che la sua responsabilità penale sia legalmente accertata. Il divieto opera anche
dopo la definizione del processo penale e concerne il tenore della motivazione della motivazione
di decisioni giudiziarie diverse da quella riguardante la responsabilità penale dell’interessato.
La presunzione di innocenza ha implicazioni sul regime dell’onere della prova ed è compatibile con
le misure cautelari, ma essa impone una valutazione rigorosa delle ragioni di interesse pubblico
prevalenti sul diritto alla libertà.
8. Il doppio grado di giurisdizione in materia penale
Il diritto a un doppio grado di giudizio riguarda la sola materia penale ed è riconosciuto soltanto a
chi è dichiarato colpevole di un reato  è previsto che tale diritto sia disciplinato dalla legge
nazionale, anche per quanto attiene alle procedure di ammissione dell’impugnazione e ai motivi
ammissibili.
Il diritto al riesame riguarda sia la dichiarazione di colpevolezza sia la condanna  eccezioni:
- Reati minori;
- Caso in cui la persona sia stata condannata in prima istanza da un tribunale della
giurisdizione più elevata;
- Condanna intervenuta per la prima volta in grado di appello.
9. Il divieto di “bis in idem”

Art 4 protocollo n.7


1.Nessuno può essere perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione dello stesso Stato
per un reato per il quale è già stato assolto o condannato a seguito di una sentenza definitiva
conformemente alla legge ed alla procedura penale di tale Stato.
2. Le disposizioni del paragrafo precedente non impediscono la riapertura del processo,
conformemente alla legge ed alla procedura penale dello Stato interessato, se fatti sopravvenuti o
nuove rivelazioni o un vizio fondamentale nella procedura antecedente sono in grado di inficiare la
sentenza intervenuta.
3. Non è autorizzata alcuna deroga al presente articolo ai sensi dell'articolo 15 della Convenzione.

Italia  art.649 Codice di procedura penale.


Il divieto entra in gioco quando viene iniziato o continuato un nuovo procedimento per lo stesso
fatto che si sia concluso con una sentenza definitiva. Esso non riguarda soltanto la doppia
condanna ma interviene già quando inizia o continua un secondo procedimento avente lo stesso
oggetto  il divieto è assoluto e non ammette alcuna deroga ai sensi dell’art. 15 CEDU.

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È possibile che lo stesso fatto dia corpo a una pluralità di reati, ma occorre che essi siano
perseguiti in uno stesso procedimento o in procedimenti strettamente collegati.

10. Il diritto all’indennizzo per l’errore giudiziario

Art. 3 protocollo n.7  stabilisce che se una sentenza penale di condanna definitiva viene
successivamente annullata poiché si tratta di un errore giudiziario, la persona che ha scontato una
pena ha diritto ad essere risarcita  la norma lo esclude se la mancata rivelazione in tempo utile
del fatto non conosciuto le sia interamente o parzialmente imputabile. Italia  643-647 c.p.p.

Il risarcimento è dovuto nel caso in cui la pena sia stata scontata.

Capitolo 22 – L’introduzione del ricorso e la ricevibilità


1. Ricorsi interstatali
ART 47 REGOLAMENTO INTERNO DELLA CORTE EUROPEA

1. Ogni ricorso depositato a norma dell’articolo 34 della Convenzione è presentato mediante il


formulario di ricorso fornito dalla Cancelleria, salvo che la Corte decida altrimenti. Il ricorso deve contenere
tutte le informazioni richieste nelle diverse parti del formulario e indicare:
a) il nome, la data di nascita, la nazionalità e l’indirizzo del ricorrente e, nel caso di persona giuridica, la
denominazione completa, la data di costituzione o di registrazione, il numero di registrazione (se del caso) e
l’indirizzo ufficiale;
b) all'occorrenza, il nome, l’indirizzo, i numeri di telefono e di fax e l’indirizzo e-mail del
rappresentante;
c) qualora il ricorrente sia rappresentato, la data e la firma in originale del ricorrente, nel riquadro del
formulario di ricorso riservato alla procura; la firma in originale del rappresentante, per accettazione
dell’incarico ad agire in nome del ricorrente, deve ugualmente figurare nel rispettivo riquadro;
d) la o le Parti contraenti contro cui il ricorso è diretto;
e) un’esposizione succinta e leggibile dei fatti;
f) un’esposizione succinta e leggibile della o delle violazioni della Convenzione lamentate e delle relative
argomentazioni; e
g) un’esposizione succinta e leggibile che dimostri il rispetto da parte del ricorrente dei criteri di
ricevibilità enunciati all’articolo 35 § 1 della Convenzione.
2. a) Tutte le informazioni di cui al succitato paragrafo 1, lettere da e) a g), devono essere riportate nella
parte corrispondente del formulario di ricorso ed essere di per sé sufficienti a consentire alla Corte di
determinare natura e oggetto del ricorso senza dover consultare altri documenti.
b) Il ricorrente può tuttavia integrare tali informazioni allegando al formulario di ricorso un
documento di massimo 20 pagine nel quale espone in maniera dettagliata i fatti, le violazioni della
Convenzione lamentate e le relative argomentazioni.
3.1. Il formulario di ricorso deve essere firmato dal ricorrente o dal suo rappresentante ed essere
corredato:
a) dalle copie dei documenti relativi alle decisioni o ai provvedimenti di natura giurisdizionale o diversa di cui
si lamenta;
b) dalle copie dei documenti e decisioni idonei a dimostrare che il ricorrente ha esaurito le vie di ricorso
interne e rispettato il termine previsto dall’articolo 35 § 1 della Convenzione;
c) se del caso, dalle copie dei documenti relativi ad altre procedure internazionali di inchiesta o

10
di risoluzione;
d) se il ricorrente è una persona giuridica, come previsto dal paragrafo 1 a) del presente articolo, dai
documenti idonei a dimostrare che la persona che introduce il ricorso ha la capacità a rappresentarla o è
munita di procura in tal senso;
3.2. I documenti presentati a sostegno del ricorso devono essere elencati in ordine cronologico,
recare una numerazione consecutiva ed essere chiaramente identificabili.
4. Il ricorrente che non desideri che la sua identità sia rivelata deve precisarlo fornendo le ragioni che
giustifichino una deroga alla regola normale di pubblicità della procedura dinanzi la Corte. Quest’ultima può
autorizzare l’anonimato o decidere di concederlo d’ufficio.
5.1. In caso di non rispetto dei requisiti elencati ai paragrafi da 1 a 3 del presente articolo, il ricorso non sarà
esaminato dalla Corte, salvo che:
a) il ricorrente abbia fornito una spiegazione soddisfacente sui motivi del mancato rispetto dei
requisiti suindicati;
b) il ricorso riguardi una domanda di misura provvisoria;
c) la Corte decide altrimenti, d’ufficio o su richiesta del ricorrente.
5.2. La Corte potrà sempre chiedere al ricorrente di presentare, entro un termine stabilito, qualsiasi
informazione o documento utile, nella forma o secondo modalità ritenute opportune.
6. a) Conformemente all’articolo 35 § 1 della Convenzione, un ricorso si considera introdotto alla data di invio
alla Corte del formulario di ricorso che soddisfi i requisiti fissati dal presente articolo (la data facente fede è
quella del timbro postale).
b) Se lo ritiene giustificato, la Corte può tuttavia decidere di prendere in considerazione una data diversa.
7. Il ricorrente ha l’onere di informare la Corte di ogni cambiamento di indirizzo e di fornire ogni informazione
utile per l’esame del ricorso.

A differenza del ricorso individuale, il ricorso interstatale non può essere esaminato dalle
formazioni giudiziarie del Giudice unico e del Comitato dei tre giudici. Sebbene anche i ricorsi
interstatali siano sottoposti a un vaglio sulla ricevibilità, non si applicano tutti i criteri che sono
previsti per i ricorsi individuali  l’art. 35 par.2 e 3 (condizioni di ricevibilità) si applica
esclusivamente ai ricorsi individuali.
Il ricorso interstatale può prendere la forma di un’actio popularis  quando lo Stato può
lamentarsi della legislazione di un altro Stato.
La Corte ha anche ritenuto che l’esaurimento dei ricorsi interni non sia richiesto in ogni circostanza
 uno Stato può lamentare la violazione della Convenzione da parte di un altro a causa della sua
legislazione o della sua prassi, senza dover individuare le vittime della violazione.

2. L’aumento dei ricorsi individuali e le misure per affrontarlo

L’aggiunta del Protocollo n.11 ha determinato un aumento dei ricorsi  esigenza di porre una
riforma del sistema  Protocollo n.14  tende a garantire un trattamento più rapido dei ricorsi
manifestamente infondati e di quelli ripetitivi, che costituivano le categorie più problematiche in
termini numerici.

Uno degli obiettivi principali della Conferenza di Brighton  la determinazione della durata di un
procedimento davanti alla Corte  dovrebbe comunicare un ricorso entro un anno dalla sua
introduzione e giungere a sentenza entro due anni successivi per una durata complessiva, dei casi
non prioritari, di massimo tre anni  efficienza.

11
I. Con la modifica dell’art. 47 Reg. si è creato un controllo amministrativo relativo alla validità
formale del ricorso  regole che hanno permesso di rigettare in via amministrativa 1 su 4 ricorsi;
inoltre, si è istituita una politica di prioritarizzazione dei ricorsi  art. 41 Reg. : la Corte, prevede
che, per determinare l’ordine di trattazione dei casi di considerare l’importanza e l’urgenza degli
stessi: criteri  distinzione dei casi in sette categorie:

 Casi urgenti 
o è in gioco la vita/salute del ricorrente;
o emergono circostanze gravi legate alla situazione personale o familiare del
ricorrente;
o è stata applicata una misura provvisoria;
 Casi che sollevano:
o Questioni suscettibili di avere un’incidenza sull’effettività del sistema della
Convenzione;
o Questioni importanti di carattere generale;
o Ricorsi interstatali;
 Casi che vertono sugli artt. 2-5 CEDU;
 Casi potenzialmente fondati relativi ad altri articoli della CEDU;
 Le ultime due  casi irricevibili.

II. Adozione della pratica “one in one out”  permette alla Corte di decidere senza bisogno di
effettuare ulteriori attività di istruzione del fascicolo  Giudice Unico: che esamina e qualora sia
riscontrato il mancato rispetto di ricevibilità, lo rigetta con una decisione de plano.
III. Introdotte anche due nuove forme di comunicazione  immediata e semplificata.
IV. Sentenze pilota  permette una rapida individuazione e trattazione del problema strutturale
attraverso l’esame di un solo caso e una standardizzazione dell’esame dei casi ripetitivi.
L’insieme di queste modifiche ha permesso una notevole riduzione dei ricorsi pendenti.

3. Introduzione del ricorso individuale, la nomina del difensore e la richiesta di


anonimato

I. A partire dal 2014, il ricorso deve soddisfare, dal momento della sua introduzione, tutti i requisiti
previsti dall’art. 47 Reg. e perciò contenere tutti gli elementi che possano permettere alla Corte di
esaminarlo allo stato degli atti. In caso di non conformità con l’articolo, il ricorso si intende non
validamente introdotto e non viene assegnato ad alcuna formazione giudiziaria  esame di natura
amministrativa. Il ricorso si considera validamente introdotto solo se è compilato il formulario
presente sul sito internet della Corte. Deve essere compilato in tutte le sue forme e la mancata
indicazione anche di uno solo degli elementi comporterà il rigetto del ricorso. Non è sufficiente
indicare genericamente l’articolo della Convenzione che sarebbe stato violato  deve essere
indicato quale aspetto del diritto è invocato e devono essere esposte le ragioni della violazione.
Nel caso vengano fornite informazioni false la Corte riterrà il ricorso abusivo. Il formulario deve
essere accompagnato da tutti i documenti che si reputano essenziali al fine dell’esame del ricorso,
rispetto sia alla ricevibilità sia al merito della vicenda. Ai sensi dell’art. 34 par.2 il ricorso può
essere introdotto in una delle lingue ufficiali degli Stati parte alla Convenzione. In caso di rigetto, il
ricorso può essere riproposto. In caso di mancato rispetto dei requisiti il ricorso viene distrutto con
la documentazione allegata.

Due eccezioni alla regola generale:


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- Possibilità da parte della Cancelleria di richiedere al ricorrente, nel caso in cui il ricorso non
sia stato compilato correttamente, le informazioni mancanti senza procedere alla
distruzione del fascicolo  termine di sei mesi, oltre il quale il ricorso sarà considerato
irricevibile;
- Il presidente della Corte può decidere di derogare all’applicazione dell’articolo in
circostanze quali l’esistenza di importanti questioni di interpretazione della Convenzione
aventi un’incidenza sul funzionamento del meccanismo Convenzionale.

II. La nomina del rappresentante deve essere redatta nell’apposito spazio previsto nel formulario
di ricorso. Nel caso in cui avvenga in un secondo momento, è necessario utilizzare l’apposito
modello di procura (sito internet). I rappresentanti devono mostrare un elevato livello di
professionalità e conformarsi scrupolosamente alle regole di procedura e deontologiche  se il
rappresentante di un ricorrente formula osservazioni frivole, abusive, vessatorie, fuorvianti o
prolisse  il presidente della Camera può decidere che tale persona non possa più
rappresentare/assistere il ricorrente.

III. È possibile richiedere l’anonimato  la richiesta deve essere introdotta con l’invio del
formulario o dal momento in cui ne sorge l’esigenza. La reale identità non è occultata al governo
convenuto e agli eventuali Stati terzi.

4. L’obbligo di non interferire nel diritto al ricorso individuale

Art. 34 CEDU  le Alte Parti contraenti si impegnano a non ostacolare con alcuna misura
l’esercizio effettivo di tale diritto  diritto di natura procedurale. La Corte esamina e può
accettare la violazione dell’articolo anche se tutte le doglianze relative ai diritti sostanziali siano
state considerate irricevibili. La violazione può essere riscontrata anche se il ricorrente sia riuscito
a esercitare il suo diritto di ricorso individuale  ciò che si vuole impedire è che lo Stato possa
esercitare un effetto dissuasivo, anche solo potenziale, sul ricorrente o sul suo difensore. È
necessario esaminare le circostanze specifiche del caso, per valutare se i contratti tra le autorità e
il ricorrente costituiscono pratiche inaccettabili  eventuale vulnerabilità del ricorrente 
detenuto  non è possibile limitare in maniera eccessiva i contatti tra il difensore e il ricorrente
detenuto.

5. La ricevibilità del ricorso. Le nozioni di vittima diretta, potenziale e indiretta. La perdita


della qualità di vittima. La rappresentanza processuale

Art. 34 CEDU  per qualificarsi come vittima il ricorrente deve provare di essere stato
personalmente colpito dalla condotta Statale, attiva od omissiva, o comunque di averne subito gli
effetti.

- Vittima diretta  anche quando la limitazione dei propri diritti discenda dalla violazione
dei diritti di un’altra persona: art. 3 CEDU  un familiare può essere vittima di trattamenti
inumani in presenza di fattori che conferiscono alla sua sofferenza una dimensione e un
carattere distinti dallo sgomento affettivo. Il familiare di una persona scomparsa si può
considerare vittima diretta per l’angoscia derivante dalla passività delle autorità. Gli eredi o
altri parenti stretti del ricorrente deceduto dopo l’introduzione del ricorso possono
chiedere alla Corte di proseguire  si sostituiscono all’originario ricorrente  in caso di

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assenza di eredi, la Corte o cancella il ricorso oppure può decidere di proseguire, nel
rispetto dei diritti umani.
- Vittima indiretta  i familiari possono ricorrere alla Corte in nome della persona deceduta
per far valere la violazione dell’art. 2 CEDU. È sufficiente che siano membri stretti della
famiglia. Eccezioni  soggetti diversi dalla vittima diretta: locus standi. È necessario che il
ricorrente indichi di avere un interesse personale  deve provare di avere un interesse
legittimo o aver subito un impatto diretto sui propri interessi patrimoniali. Non sono
ricevibili ricorsi che costituiscono una actio popularis.
- Vittima potenziale  ricorrenti che, ad esempio, si ritenevano vittima di intercettazioni
segrete.

La qualità di vittima deve persistere nel corso della procedura della Corte europea. La perdita della
qualità di vittima comporta un esame ex post facto della situazione del ricorrente; dipende dalla
natura del diritto in gioco, dalla motivazione della decisione interna. L’ammontare dell’indennità o
risarcimento dipende dalle circostanze della causa e della natura della violazione della
Convenzione.

Il diritto di introdurre un ricorso è riconosciuto a tutte le persone, indipendentemente dal


riconoscimento delle capacità di agire o stare in giudizio. La vittima della violazione può essere
rappresentata anche da altri soggetti  due criteri per valutare la legittimazione a rappresentare
 il rischio che i diritti della vittima diretta siano privati di una protezione effettiva e l’assenza di
conflitto di interessi tra la vittima e il rappresentante. Nel caso di minori, è stato ammesso un
ricorso introdotto dal genitore biologico, pur privo della responsabilità genitoriale. In caso di
morte della vittima diretta non è possibile introdurre un ricorso in suo nome, salvo il caso della
vittima indiretta.

6. L’esaurimento delle vie di ricorso interne


La condizione di ricevibilità dei ricorsi consistente nel previo esaurimento delle vie interne ha una
grande importanza nel sistema della Convenzione e del controllo giurisdizionale che prevede. Due
questioni:

- Onere della prova  la Corte non è tenuta a rilevare d’ufficio una mancanza del ricorrente
 spetta al Governo sollevare l’eccezione, provando l’esistenza di un rimedio interno
accessibile ed effettivo non esperito dal ricorrente. Qualora il ricorrente abbia esperito un
ricorso diverso, spetta al Governo dimostrare la non effettività di quello utilizzato. Spetta al
Governo dimostrare l’accessibilità ed efficacia di un ricorso alla luce della pratica delle
autorità nazionali. L’effettività del ricorso richiede che esso sia atto a rimediare la
violazione e che offra una ragionevole opportunità di successo al ricorrente.
- Momento rilevante per la valutazione della regola del previo esaurimento  la Corte può
considerare un caso ricevibile anche se non si sia ancora conclusa la procedura interna
esperita; inoltre, qualora lo Stato introduca un nuovo rimedio accessibile ed efficace, la
Corte può rigettare i ricorsi introdotti prima dell’entrata in vigore del nuovo rimedio.

7. Il termine di sei mesi


Art. 35 CEDU  “la Corte europea può essere adita entro un periodo di sei mesi dalla decisione
interna definitiva”  Protocollo n.15  quando entrerà in vigore, ridurrà questo termine a
quattro mesi. Ragioni:

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- Sviluppo di nuove tecnologie;
- Preservare la certezza delle situazioni giuridiche  esaminare i ricorsi in termini
ragionevoli al fine di evitare che le parti restino nell’incertezza a lungo;
- Sufficiente periodo per valutare l’opportunità di introdurre un ricorso e di formulare le
doglianze e gli argomenti da presentare.

Il termine dei sei mesi comincia a decorrere dal giorno successivo alla data in cui la decisione
interna è diventata definitiva  la Corte intende la data alla quale diventa definitivo l’ultimo
rimedio interno effettivo e accessibile. Al fine di individuare la data alla quale la decisione acquista
il carattere della definitività è necessario rinviare alle norme di diritto interno. In caso di
impugnazione di solo alcuni dei capi di una sentenza, il termine decorre in relazione alle doglianze
che si riferiscono ai capi divenuti irrevocabili, indipendentemente dal fatto che il giudizio prosegua
in Cassazione. In caso di sentenza in Cassazione pubblicata mediante lettura in udienza, il termine
dei sei mesi non comincia a decorrere dalla data dell’udienza ma da quella del suo deposito.
Al fine di determinare il dies a quo (“il giorno dal quale”) il rinvio alle norme di diritto interno non è
sempre sufficiente. La regola in esame deve essere interpretata in modo da assicurare un effettivo
esercizio del diritto al ricorso individuale alla Corte previsto dall’art. 34 CEDU. Nel caso in cui
l’effettiva conoscenza della decisione e delle sue motivazioni sia avvenuta in un momento
successivo a quello presunto dal diritto interno, la data alla quale la Corte riterrà effettiva la
decisione non coinciderà con quella prevista dall’ordinamento interno.
In assenza di rimedi interni, il termine di sei mesi decorre dalla data dell’atto od omissione oggetto
della doglianza, ovvero dalla data alla quale il ricorrente ne viene o ne sarebbe dovuto venire a
conoscenza. Qualora un ricorrente esperisca un rimedio che sia apparentemente disponibile e si
riveli in effettivo  i sei mesi decorrono dal momento in cui il ricorrente se ne rende conto. In
caso di esperimento di un rimedio che risulti essere ineffettivo ab initio  il termine decorre a
partire dalla data dell’atto od omissione o dall’ultima decisione che si possa considerare effettiva.
La determinazione del dies a quo in caso di violazione derivante da situazione continua risponde a
specifici criteri  la situazione continua si riferisce a uno stato di cose causato da azioni od
omissioni continue da parte delle autorità statali  qualora non esistano rimedi interni, il termine
dei sei mesi non decorre fino al perdurare della violazione. È importante distinguere una
situazione continua dall’atto istantaneo 

- Privazione di proprietà  non è considerata un atto istantaneo qualora derivi da un atto


invalido o illegittimo;
- Permanenza del divieto di costruire stabilito dal piano regolatore;
- Disposizione legislativa che priva l’individuo dell’esercizio effettivo di un suo diritto 
limitazione del diritto di voto o del diritto di accesso al tribunale.

Il termine scade trascorsi sei mesi di calendario dal dies a quo  il dies ad quem (“il giorno fino al
quale”), dipende interamente dai criteri propri del sistema convenzionale  non si prendono in
considerazione la sospensione feriale né il fatto che cada su un giorno festivo. Nel caso in cui siano
sollevate una pluralità di doglianze in tempi successivi  il termine è interrotto, per ciascuna
doglianza al momento della sua formulazione davanti alla Corte.

8. La manifesta infondatezza e la quarta istanza

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ARTICOLO 35 CEDU

1.La Corte non può essere adita se non dopo l'esaurimento delle vie di ricorso interne, come inteso secondo i
principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti ed entro un periodo di sei mesi a partire dalla data
della decisione interna definitiva.

2.La Corte non accoglie nessun ricorso avanzato sulla base dell'articolo 34, se:
a) è anonimo; oppure
b) è essenzialmente identico ad uno precedentemente esaminato dalla Corte o già sottoposto ad un'altra istanza
internazionale d'inchiesta o di regolamentazione e non contiene fatti nuovi.

3.La Corte dichiara irricevibile ogni ricorso avanzato in base all'articolo 34 se ritiene che:
a) il ricorso è incompatibile con le disposizioni della Convenzione o dei suoi protocolli, manifestamente infondato
o abusivo; o
b) il ricorrente non ha subito alcun pregiudizio importante, salvo che il rispetto dei diritti dell’uomo garantiti dalla
Convenzione e dai suoi Protocolli esiga un esame del ricorso nel merito e a condizione di non rigettare per questo
motivo alcun caso che non sia stato debitamente esaminato da un tribunale interno.

4.La Corte respinge ogni ricorso che consideri irricevibile in applicazione dei presente articolo. Essa può procedere
in tal modo in ogni fase della procedura.

Par.3/A  si tratta di casi nei quali non risulta “prima facie” nessuna apparenza di violazione e il
cui esame non necessita alcun approfondimento ulteriore rispetto agli elementi presenti nel
ricorso. Sono considerati infondati i casi in cui:

- Il ricorrente non sostanzia le sue allegazioni;


- I ricorsi che non sono supportati da adeguati elementi probatori;
- La Corte ha già rigettato il ricorso in questione;
- Perdita di qualità della vittima;
- Quarta istanza  la Corte non è un tribunale da adire qualora non si sia soddisfatti delle
decisioni adottate dai giudizi nazionali  non rientra nella competenza della Corte
riesaminare né il modo con il quale il tribunale nazionale è pervenuto a un determinato
risultato, né il risultato stesso. Secondo una diversa prospettiva la nozione di quarta istanza
si fonderebbe sul “principio di sussidiarietà” in base al quale spetta prima di tutto ai
tribunali e alle autorità nazionali accertare i fatti e interpretare il diritto interno.

9. L’assenza di pregiudizio importante

Par. 3/B  prevede che il ricorso sia irricevibile se il ricorrente non ha subito nessun pregiudizio
importante  si fonda sul presupposto che la violazione di un diritto deve raggiungere una soglia
minima di gravità per poter essere meritevole di tutela da parte di una Corte internazionale 
condizione di ricevibilità di natura procedurale. Il criterio di ricevibilità ha una portata retroattiva,
in quanto è esplicitamente previsto che si applichi a tutti i ricorsi pendenti al momento della sua
entrata in vigore (ai sensi dell’art. 20/2 Protocollo n.14)  a quali diritti può essere applicata la
ricevibilità?  la valutazione deve essere svolta caso per caso. Come viene interpretata la nozione
di pregiudizio minimo?  la gravità della violazione deve essere valutata prendendo in
considerazione sia la percezione soggettiva del ricorrente, sia ciò che è oggettivamente in gioco
nel caso specifico.
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Clausole di salvaguardia:

 Verificare se il rispetto dei diritti umani esiga un esame del merito del caso;
 Non si può rigettare alcun caso che non sia stato debitamente esaminato da un tribunale
interno.

10. Gli altri criteri di ricevibilità (vedi art.35 su)

 Co.2/a  il ricorso deve contenere gli elementi essenziali al fine di identificare il


ricorrente; non si applica nel caso in cui il ricorrente abbia fornito gli elementi fattuali e
giuridici che possano per mettere alla Corte di identificarlo. L’adozione di uno pseudonimo
non costituisce violazione dell’art. 47 Reg. e nemmeno la non indicazione del vero nome,
se è necessario per proteggere l’incolumità del ricorrente o della sua famiglia; se invece
l’identità è falsa: abusivo. Mancata firma: incompatibile ratione personae.
 Co.2/b  irricevibile un ricorso essenzialmente identico  le sentenze hanno carattere
definitivo.
o Ricorso precedentemente esaminato  non solo il ricorso è stato introdotto, ma
che sia anche stato oggetto di esame da parte di una formazione giudiziaria della
Corte, conclusosi con l’adozione di una decisione formale;
o Ricorso essenzialmente identico  ricorso fondato sugli stessi fatti e doglianze e
presentato dallo stesso ricorrente e indirizzato nei confronti dello stesso Stato 
perché si possa dire non identico, deve contenere fatti nuovi, cioè sopravvenuti alla
decisione della Corte. Il ricorso è nuovo se non riguarda la stessa persona
 Co.2/b  irricevibile un ricorso identico a un’altra istanza internazionale d’inchiesta senza
che il ricorso alla Corte contenga fatti nuovi.
 Co.3/a  Abuso  situazione nella quale il ricorrente esercita il proprio diritto di ricorso
individuale in contrasto con la finalità e la vocazione dell’art. 34 CEDU, in modo da recare
pregiudizio o ostacolare il buon funzionamento della Corte e il corretto svolgimento del
procedimento davanti ad essa.
È considerato abusivo il ricorso nei casi in cui:
o Fornisce informazioni false, falsifica dei documenti inviati alla Corte, omette sviluppi
importanti per l’esame della controversia, non comunica elementi essenziali al
momento dell’introduzione del ricorso;
o Il ricorrente utilizza un linguaggio non consono: espressioni vessatorie, oltraggiose,
minacciose o provocatorie: eccede i limiti di una critica normale, civile e legittima;
o Il ricorrente viola alcune regole procedurali previste dalla Convenzione e dal
Regolamento interno;
o Il ricorrente non rispetta indicazioni o richieste provenienti dalla Cancelleria della
Corte; i rappresentanti dei ricorrenti devono conformarsi alle regole deontologiche
e procedurali;
o I ricorrenti rilasciano interviste ai mezzi di comunicazione, dimostrando
un’attitudine irresponsabile nei confronti della procedura.

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Capitolo 23 – La corte Europea e la procedura

1. La composizione della Corte, l’elezione e lo status dei giudici, la cancelleria

La Corte Europea è composta da tanti giudici quanti sono gli Stati membri del Consiglio d’Europa,
che hanno ratificato la Convenzione, art. 20 CEDU  47 giudici. L’elezione dei giudici comporta
due fasi:
I. Si svolge a livello nazionale  il Governo presenta all’Assemblea parlamentare del Consiglio
d’Europa una lista di tre candidati  ciascun candidato deve offrire alti requisiti di moralità ed
essere idoneo a svolgere le più alte funzioni giudiziarie o essere giurista di riconosciuta
competenza  la lista deve garantire: equilibrio tra i due sessi, procedura aperta, trasparente e
pubblica, conoscenza di una delle due lingue ufficiali; possono essere eletti giudici, avvocati e
professori di diritto.
II. Si svolge a livello europeo  la lista dei candidati è esaminata da due commissioni e poi
dall’Assemblea parlamentare; un primo esame è effettuato dal Comitato consultivo di esperti sui
candidati  assiste e consiglia gli Stati nella scelta dei candidati e valuta se quelli proposti
rispettano i criteri  il parere del Comitato è trasmesso alla Commissione dell’Assemblea
parlamentare  questa esamina il loro parere, i curricula dei candidati e procede ai colloqui orali;
infine l’Assemblea elegge il giudice a maggioranza assoluta.
I giudici rimangono in carica 9 anni, non possono essere rieletti e cessano dall’incarico al
compimento dei 70 anni (art. 23 CEDU); tuttavia l’art. 23 co.3 prevede che i giudici continuano a
restare in carica fino alla loro sostituzione e continuano a trattare le cause di cui sono già stati
investiti. Il “giudice nazionale” gode di totale indipendenza e autonomia. A tutela
dell’indipendenza dei giudici, la Convenzione prevede che il voto e l’identità del giudice siano
segrete.
La Corte è formata da un’Assemblea plenaria e da cinque sezioni, ciascuna composta da 9/10
giudici. Ciascun giudice fa parte di diritto a una sezione. Le sezioni sono determinate
dall’Assemblea per un periodo di tre anni. La composizione rispecchia equilibri geografici, di
genere e delle diverse culture giuridiche. Sesta sezione  Comitato filtro  competente per la
trattazione di ricorsi irricevibili. L’Assemblea svolge compiti di natura non giurisdizionale. È titolare
del potere di emanare e modificare il Regolamento interno della Corte. Elegge il Presidente, i due
vicepresidenti e i presidenti delle sezioni per un periodo di tre anni; ogni sezione elegge un
vicepresidente per tre anni.
Cancelleria  fornisce un supporto giuridico e amministrativo alla Corte ed è composta da giuristi,
personale amministrativo, esperti informatici, traduttori e funzionari.
2. Il Giudice unico, il comitato e la camera

a) Giudice unico  istituito dal Protocollo n.14; tratta esclusivamente i ricorsi individuali; può
rigettare i ricorsi nei casi di irricevibilità: decisione de plano; può decidere di cancellare il
ricorso dal ruolo; se ritiene che sia ricevibile, egli trasmette il ricorso alla Camera o al
Comitato; la decisione del rigetto è comunicata esclusivamente al
ricorrente/rappresentante; i giudici sono nominati a rotazione dal presidente della Corte (a
eccezione del presidente e dei presidenti di sezione) e svolgono la loro funzione per 12
mesi rinnovabili.
b) Comitato di tre giudici  istituito dal Protocollo n.14; può dichiarare un ricorso irricevibile
o cancellarlo dal ruolo; può pronunciare sentenza in merito
all’interpretazione/applicazione della Convenzione (giurisprudenza già consolidata); il
presidente della Corte stabilisce il numero di comitati da costituire nell’ambito di ciascuna
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sezione; ciascun Comitato è composto da tre giudici, scelti per un periodo di 12 mesi; può
esaminare solo i ricorsi individuali;
c) Camera  analizza tutti i casi che non sono di competenza del Giudice unico e del
Comitato; ciascuna camera è compresa da 7 giudici; i membri sono scelti dal presidente
della sezione.

3. Le misure provvisorie

Art. 39 Reg.  In caso di rischio di danno imminente e irreparabile a uno dei diritti fondamentali,
la Corte può indicare allo Stato convenuto o al ricorrente l’adozione di misure, al fine di assicurare
l’effettiva tutela di tali diritti. L’applicazione dell’articolo è sottoposta a tre condizioni:

- L’indicazione del diritto che rientra nel campo di applicazione della disposizione  solo
alcuni dei diritti previsti dalla Convenzione possono essere oggetto di una tutela in via
cautelare  Artt. 2-3 CEDU  ma si tratta solo dei casi legati all’espulsione o
all’estradizione di una persona che rischia di subire trattamenti inumani o degradanti.
Sebbene la Convenzione non preveda esplicitamente un obbligo per gli Stati di rispettare le
misure provvisorie, la Corte ha ritenuto che in caso di inosservanza, lo Stato può essere
ritenuto responsabile della violazione dell’art. 34 CEDU.
- La completezza della domanda  deve contenere un’esposizione dei fatti e deve essere
debitamente giustificata; deve essere dimostrata l’esistenza di un rischio immediato e
irreparabile; in caso di rimedi interni già esperiti, il ricorrente deve indicare le ragioni per le
quali le decisioni delle autorità non siano pertinenti o sufficienti.
- La tempestività della domanda  deve essere inviata in tempi tali da permettere alla Corte
di esaminare correttamente la domanda.

L’applicazione delle misure provvisorie rimane un evento eccezionale. Le misure possono essere
applicate su istanza di parte o di ufficio. La domanda è esaminata dalla Camera. In caso di
applicazione di queste misure, l’art. 47 Reg. non si applica e la Cancelleria richiede al ricorrente di
integrare il formulario di ricorso con le informazioni o documenti mancanti. Se applicata la misura
provvisoria rimane valida fino all’eventuale termine stabilito dalla Corte.

4. La comunicazione, il contraddittorio, l’obbligo di cooperazione e i poteri d’inchiesta


della Corte

La comunicazione porta il ricorso a conoscenza del governo e instaura il contraddittorio tra le parti
sulla ricevibilità, sul merito e sull’equa soddisfazione; tre tipi di comunicazione:

a) Comunicazione standard  riguarda i casi che sono trattati dalla Camera. Le parti ricevono
un riassunto dei fatti sulla base dei documenti forniti dal ricorrente. La Corte espone le
doglianze oggetto del ricorso e pone domande alle parti  alcune doglianze possono
essere irricevibili  la Cancelleria informa il ricorrente. Le domande poste dalla Corte
delimitano la materia che deve essere trattata dalle parti. La Corte può richiedere alle arti
di fornire delle informazioni complementari o di depositare dei documenti. Con la
comunicazione del ricorso, la Corte indica un termine entro il quale il governo deve
presentare le sue osservazioni. Può essere prorogato con istanza motivata. Il governo ha la
possibilità di contestare sia il merito che la ricevibilità del ricorso. Ricevute le osservazioni,
il ricorrente può replicare e presentare la domanda sull’equa soddisfazione. La Corte può
19
mettere a disposizione la Cancelleria per giungere a una trattativa amichevole  le parti
hanno due mesi di tempo per esprimere il loro consenso a chiudere il caso (37, 39 CEDU).
b) Comunicazione WECL  riguarda i casi di competenza del Comitato; procedura
standardizzata; utilizzata quando l’esame del ricorso non è complesso; l’instaurazione del
contraddittorio sulla ricevibilità e sul merito è solo eventuale.
c) Comunicazioni immediate e semplificate  riguarda i casi di competenza della Camera 
mancanza del riassunto dei fatti redatto dalla Corte e semplice esposizione del’oggetto del
ricorso. (procedura in fase sperimentale).

Dopo la comunicazione del ricorso al governo, il ricorrente deve essere rappresentato (ad
eccezione della modalità WECL). Il ricorrente può chiedere alla Corte assistenza giudiziaria, subito
dopo aver ricevuto la notizia della comunicazione del caso al Governo convenuto. Il presidente
della Camera accorda al ricorrente una somma forfettaria, versata dopo che sono state depositate
le osservazioni in risposta a quelle del governo e sull’equa soddisfazione. La Corte esercita
discrezionalità assoluta nel determinare la tipologia di prove che ritiene necessarie e nella scelta
dei mezzi per assumerle. Gli Stati sono tenuti a cooperare, fornendo tutti gli strumenti di cui
necessita la Corte, al fine di permettere un esame effettivo dei ricorsi.

5. L’intervento di terzi

Il sistema della Convenzione prevede la possibilità di intervenire a soggetti diversi dal ricorrente e
dallo Stato convenuto. La Corte può richiedere d’ufficio a una terza parte di intervenire;
l’intervento del terzo è ammesso solo dopo la comunicazione del ricorso al Governo convenuto.
L’art. 36 CEDU prevede che possano intervenire:

a) Co.1  lo Stato non convenuto di cui il ricorrente sia cittadino  protezione diplomatica
degli interessi del proprio cittadino  finalizzato ad appoggiare la posizione del ricorrente
nel procedimento davanti alla Corte; l’intervento non può essere esercitato se può
derivarne pregiudizio per la tutela effettiva dei diritti del ricorrente;
b) Co.2  Altri Stati, soggetti privati, ONG  possono chiedere di essere autorizzati a
partecipare, nell’interesse di una buona amministrazione della giustizia; l’intervento di Stati
terzi è motivato dalle potenziali ricadute erga omnes della sentenza della Corte; ONG:
ottenere informazioni utili in relazione ad aspetti di natura fattuale; privati: ammessi
qualora abbiano un interesse specifico nella causa;
c) Co. 3  Commissario per i diritti dell’uomo  in riferimento ai casi più importanti, nei
quali sono discusse questioni di principio o si sollevano principi di natura strutturale nello
Stato convenuto.

6. La procedura pilota

La Corte adotta la procedura pilota quando è investita da una pluralità di ricorsi ripetitivi che
originano dalla medesima causa interna al sistema nazionale dello Stato convenuto  è designata
per indicare allo Stato convenuto le misure individuali e generali da adottare per risolvere i
problemi strutturali e per gestire i casi simili. È stata introdotta con la nuova formulazione dell’art.
61 Reg.  tende a facilitare la risoluzione della disfunzione riscontrata a livello nazionale e
garantire la rapida trattazione dei numerosi casi simili già pendenti o previsti come effetto del
problema strutturale. La Corte adotta la procedura pilota quando ritiene che lo Stato debba
introdurre riforme interne. Per la trattazione dei casi simili a quello scelto come pilota la Corte ha
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a disposizione strumenti alquanto flessibili  il loro esame è sospeso fino all’adozione della
sentenza pilota. Per favorire l’introduzione nello Stato delle riforme necessarie, la Corte informa
dell’adozione della sentenza il Comitato dei ministri, l’Assemblea parlamentare, il segretario
generale e il commissario per i diritti dell’uomo. La Corte può indicare allo Stato convenuto un
termine per la messa in opera delle misure indicate. Se lo Stato adotta le misure indicate  la
Corte può decidere di cancellare i casi dal ruolo; se tra le misure da adottare è inclusa
l’introduzione di un rimedio interno  la Corte può dichiarare tutti i casi non ancora comunicati al
governo irricevibili per non esaurimento delle vie di ricorso interne. Se lo Stato non adotta le
misure indicate  la Corte riprende la trattazione dei casi pendenti.

7. L’equa soddisfazione e le altre misure individuali

In caso di constatazione di una violazione della Convenzione la Corte, ai sensi dell’art 41 CEDU,
può indicare che lo Stato deve garantire la restitutio in integrum, ripristinando nei limiti la
situazione esistente prima della violazione. Se il sistema nazionale non permette di eliminare le
conseguenze la Corte può obbligare lo Stato di versare un indennizzo  tale indennizzo si articola
solo per danno patrimoniale. Il ricorrente quindi deve essere posto in una situazione il più
possibile equivalente a quella nella quale si sarebbe trovato se non fosse avvenuta la violazione 
principio della restitutio in integrum  violazione degli artt.: 1 Prot n.1 (protezione della
proprietà), 6 CEDU (equo processo), 5 CEDU (diritto alla libertà e alla sicurezza). La più frequente
forma di indennizzo riferita al danno patrimoniale consiste nell’indicazione di una somma di
denaro che lo Stato è tenuto a versare al ricorrente  tiene conto del danno emergente e del
lucro cessante1.
Per l’indennizzo del danno non patrimoniale, a Corte decide secondo equità  considera la
natura del diritto che è stato violato e l’intensità della limitazione subita dal ricorrente. La Corte ha
chiarito che anche le persone giuridiche hanno diritto all’indennizzo per danno non patrimoniale. È
riconosciuto il rimborso di costi e spese procedurali  la Corte accorda il rimborso in relazione alle
doglianze per le quali è stata constatata una violazione.

8. La cancellazione del caso dal ruolo. La dichiarazione unilaterale e il regolamento


amichevole

Art. 37 CEDU  cancellazione del ricorso dal ruolo; tre ipotesi:

a) Co1/a  quando il ricorrente non intenda più mantenerlo  la rinuncia deve essere
accertata in maniera in equivoca; può essere esplicita o dedotta implicitamente dalla
Corte; essa prima di cancellarlo dal ruolo, invia al ricorrente o al rappresentante una o più
raccomandate nelle quali si precisa che in caso di mancata risposta il ricorso sarà deciso ai
sensi di questo articolo;
b) Co1/b  la Corte ritiene che la controversia sia stata risolta e il suo mantenimento non è
più oggettivamente giustificato a due condizioni:
- Sono venuti a mancare i fatti che hanno dato luogo alla presunta violazione;
- Eliminazione/riparazione della presunta violazione.

1
Danno emergente  perdita economica che il patrimonio del creditore ha subito per colpa della mancata, inesatta o
ritardata prestazione del debitore; Lucro cessante  mancato guadagno che si sarebbe prodotto se l’inadempimento
non fosse stato posto in essere.
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c) Co1/c  la Corte ritiene che non si giustifichi più il proseguimento della procedura 
decesso, non ottemperanza da parte del ricorrente, dichiarazione unilaterale da parte del
governo.

Art. 39 CEDU  possibilità di cancellare un ricorso dal ruolo quando tra ricorrente e governo si
giunga a un regolamento amichevole  riparazione a “titolo grazioso”. Le trattative si devono
svolgere sotto la supervisione della Corte e nella più stretta confidenzialità. Il caso può essere
cancellato dal ruolo solo a condizione che il rispetto dei diritti umani non esiga la prosecuzione del
suo esame.
Inoltre, la Corte può cancellare un caso dal ruolo in ogni momento e stadio della procedura, fino a
quando una pronuncia definitiva.

9. La Grande Camera. Competenza, procedura, composizione

La Grande Camera è composta da 17 giudici titolari e 3 supplenti  Presidente, vicepresidenti


della Corte, i presidenti delle diverse sezioni e i loro vicepresidenti e il giudice nazionale.
Art. 31 CEDU  la Grande Camera è chiamata a decidere in tre circostanze:

a) In caso di rimessione del caso da parte di una Camera, ai sensi dell’art. 30 CEDU  casi che
sollevano gravi problemi di interpretazione della Convenzione o dei suoi protocolli, o la cui
situazione rischia di dar luogo a un contrasto con una sentenza pronunciata anteriormente
dalla Corte;
b) Rinvio del caso in Grande Camera, dopo che è stato deciso con sentenza dalla Camera 
può essere richiesto dal ricorrente e dal governo. Solo le sentenze della Camera possono
essere oggetto di rinvio; in caso di rinvio la Grande Camera è competente a riesaminare
l’intero ricorso, fatta eccezione per le doglianze che la Camera abbia dichiarato irricevibili.
- La domanda di rinvio deve pervenire alla Cancelleria entro 3 mesi dalla pronuncia
della sentenza;
- Esaminata da un Collegio di cinque giudici;
- La sua competenza è delimitata dalle questioni che sono state giudicate ricevibili
dalla Camera;
- La procedura prevede l’instaurazione del contraddittorio; è previsto che si tenga
un’udienza pubblica.
c) Il Comitato dei ministri richiede alla Corte di pronunciarsi con un parere consultivo  la
Corte Europea esprime il suo parere su questioni giuridiche relative all’interpretazione
della Convenzione e i suoi protocolli.

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Capitolo 24 – Le sentenze e la fase dell’esecuzione

1. Le pronunce della Corte. Decisioni e sentenze

La Corte adotta decisioni o sentenze  le decisioni riguardano i casi di irricevibilità del ricorso,
cancellazione dal ruolo, domanda di interpretazione introdotta dal Comitato dei ministri. Le
decisioni di irricevibilità possono essere adottate de plano o a seguito dell’instaurazione del
contraddittorio.

Le sentenze sono adottate quando la Corte si deve pronunciare sul merito del caso, anche quando
la Corte decide separatamente sull’equa soddisfazione, in caso di domanda di revisione, o di
interpretazione di una sentenza, o in caso di domanda del Comitato dei ministri
sull’inadempimento dello Stato nell’esecuzione di una sentenza. Questa è redatta con la
descrizione dell’introduzione del ricorso, del fatto e dei motivi di ricorso. Segue l’indicazione della
normativa interna, di quella internazionale e del diritto comparato pertinenti. Espone poi gli
argomenti sviluppati dal ricorrente, governo ed eventuali Stati terzi. La motivazione della
sentenza è articolata attraverso l’indicazione dei precedenti relativi alle questioni poste dal ricorso
e la loro applicazione. Ai sensi dell’art. 46 CEDU, le pronunce della Corte vincolano esclusivamente
le parti nel giudizio. Le sentenze e le decisioni che dichiarano i ricorsi ricevibili/irricevibili devono
essere motivate. Le sentenze sono pubblicato in inglese o in francese. Le sentenze diventano
definitive ai sensi dell’art. 44:

a) Quando le parti dichiarano che non richiederanno il rinvio del caso dinnanzi alla Grande
Camera;
b) Tre mesi dopo la data della sentenza se non è stato richiesto il rinvio in Grande Camera;
c) Se il collegio della Grande Camera respinge un rinvio.

2. Le eccezioni al carattere definitivo delle sentenze. Revisione, rettifica, sentenza di


interpretazione

Eccezioni previste dal Regolamento della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo:

- Art. 80  la domanda di revisione di una sentenza può essere proposta se emerge un fatto
che avrebbe potuto influenzare in modo decisivo l’esito della causa già definita e che era
sconosciuto alla Corte e non poteva essere ragionevolmente conosciuto da una delle parti
 tre condizioni:
 Esistenza di un fatto nuovo  informazione che la parte ha omesso di comunicare
alla Corte, errore compiuto dalla Corte, omissione di argomenti o documenti
presentati dalle parti; se il fatto nuovo è precedente alla sentenza: revisione; se il
fatto è successivo: valutare se il nuovo ricorso introduca una questione nuova
rispetto a quella già risolta;
 Carattere decisivo del fatto  può incidere su una questione di ricevibilità, sul
merito della causa o sulla determinazione dell’equa soddisfazione; il fatto può
esercitare un’influenza sulla ricevibilità e sul merito; è spesso causa di revisione la
morte del ricorrente prima della pronuncia della Corte;
 Non conoscibilità del fatto nuovo  per la parte che introduce la domanda.

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L’eventualità che la controparte conoscesse il fatto e non ne avesse informato la
Corte  non costituisce una ragione per accogliere la domanda di revisione; ai
sensi dell’articolo, la revisione è applicabile esclusivamente alle sentenze;
l’accoglimento della revisione non permette il riesame di tutto il caso ma solo delle
parti rimesse in discussione; la domanda deve essere posta entro sei mesi dal
momento della conoscenza del fatto nuovo.
- Art. 81  la Corte può rettificare gli errori di trascrizione o di calcolo e le inesattezze
evidenti; la procedura di rettifica può essere instaurata d’ufficio o su istanza di parte: in
questo secondo caso la parte deve presentare la domanda entro un mese dalla pronuncia
della decisione o della sentenza; la parte può alternativamente proporre una domanda di
rettifica e di revisione e spetta alla Corte determinare l’istituto da applicare; la Corte può
rigettare la richiesta de plano oppure comunicarla all’altra parte; la rettifica si preferisce
alla revisione quando l’errore è meramente formale e non incide sulla motivazione della
pronuncia.
- Art. 79  prevede che le parti possono richiedere l’interpretazione della sentenza entro
un anno dalla pronuncia; si applica solo alle sentenze; nella domanda devono essere
indicati i punti di cui si richiede l’interpretazione; la Corte ha l’opportunità di chiarire il
senso e la portata della pronuncia.

3. I soggetti che intervengono nella fase dell’esecuzione delle sentenze della Corte

L’obbligo di conformarsi alle sentenze della Corte, previsto dall’art. 46 CEDU, vincola gli Stati a far
cessare la violazione e a cancellare gli effetti della stessa con la restitutio in integrum o il
pagamento di un’equa soddisfazione. Anche in assenza di esplicite indicazioni, l’articolo obbliga
agli Stati di adottare le misure generali idonee a impedire la reiterazione della violazione nei
confronti dello stesso ricorrente o di altre persone. Distinzione tra:

- Soggetti responsabili dell’individuazione e adozione delle misure necessarie per


conformarsi alla sentenza di condanna  Stato  in Italia: la legge prevede che il
presidente del Consiglio dei ministri promuova gli adempimenti di competenza governativa
conseguenti alle pronunce della Corte nei confronti dello Stato italiano;
- Soggetti competenti a controllarne l’esecuzione  Comitato dei ministri.

4. La domanda di interpretazione e la procedura di inadempimento

La procedura relativa al controllo dell’esecuzione delle sentenze è condotta, ai sensi dell’art. 46


CEDU, dal Comitato dei ministri con il supporto del servizio dell’esecuzione delle sentenze della
Corte del Segretariato del Consiglio d’Europa. Il Comitato dei ministri è un organo politico
intergovernativo  stabilisce che il suo ruolo consiste nell’esaminare le misure idonee ad attuare
lo scopo del Consiglio d’Europa, compresa la conclusione di convenzioni e accorti e lo stabilimento
di una politica comune da parte dei governi circa questioni determinate. È composto dai ministri
degli esteri. Si riunisce a porte chiuse quattro volte l’anno. Il sistema di controllo si fonda sul
concetto della “sorveglianza continua”. A partire dal 2009 il Comitato ha richiesto agli Stati di
presentare un piano d’azione e un bilancio d’azione  presentazione obbligatoria dal 2011 
costituiscono degli elementi chiave per il controllo dell’esecuzione, cementando la trasparenza
della procedura, il suo dinamismo e permettono un maggior dialogo con gli altri attori.

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- Piano d’azione  documento che deve includere le misure che lo Stato ha adottato e
intende adottare al fine di eseguire la sentenza della Corte; deve contenere un calendario
indicativo delle azioni da intraprendere;
- Bilancio d’azione  rapporto nel quale lo Stato deve indicare le misure adottate per
conformarsi alla sentenza della Corte o le ragioni per le quali nessuna si è resa necessaria
 risultato finale dell’aggiornamento del Piano d’azione.
Controllo:
- Sorveglianza standard  presuppone che lo Stato adotti le misure necessarie senza il suo
intervento;
- Sorveglianza rafforzata  il Comitato incarica il Segretariato a mettere in atto una
cooperazione approfondita e attiva nei confronti dello Stato
Con l’entrata in vigore del Protocollo n. 11, sono state introdotte le procedure relative
all’interpretazione delle sentenze, che permette alla Corte di chiarire la portata di una sentenza, e
relative alla constatazione dell’inadempimento degli Stati nell’esecuzione delle sentenze, che può
utilizzare il Comitato in caso di rifiuto da parte dello Stato convenuto di eseguire la sentenza della
Corte.

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