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PREAMBOLO
I popoli europei nel creare tra loro un'unione sempre più stretta hanno deciso di condividere un
futuro di pace fondato su valori comuni.
Ispirandosi al suo retaggio culturale, umanistico e religioso, l'Unione si fonda sui principi
indivisibili e universali di dignità umana, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà; l'Unione si basa
sui principi di democrazia e dello stato di diritto. Essa pone la persona al centro della sua azione
istituendo la cittadinanza dell'Unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia
L'Unione contribuisce allo sviluppo di questi valori comuni, nel rispetto della diversità delle culture
e delle tradizioni dei popoli europei, dell'identità nazionale degli Stati membri e dell'ordinamento
dei loro pubblici poteri a livello nazionale, regionale e locale; essa cerca di promuovere uno
sviluppo equilibrato e sostenibile e assicura la libera circolazione delle persone, dei beni, dei servizi
e dei capitali nonché la libertà di stabilimento.
Con l'adozione della presente Carta l'Unione intende, rendendoli più visibili, rafforzare la tutela dei
diritti fondamentali alla luce dell'evoluzione della società, del progresso sociale e degli sviluppi
scientifici e tecnologici.
La presente Carta riafferma, nel rispetto delle competenze e dei compiti della Comunità e
dell'Unione e del principio di sussidiarietà, i diritti derivanti in particolare dalle tradizioni
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costituzionali comuni agli Stati membri, dal trattato sull'Unione europea e dai trattati comunitari,
dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali,
dalle carte sociali adottate dalla Comunità e dal Consiglio d'Europa, nonché dalla giurisprudenza
della Corte di giustizia delle Comunità europee e da quella della Corte europea dei diritti dell'uomo.
Il godimento di questi diritti fa sorgere responsabilità e doveri nei confronti degli altri come pure
della comunità umana e delle generazioni future.
Pertanto, l'Unione riconosce i diritti e le libertà enunciati in appresso.
CAPO I. DIGNITA'
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Ogni individuo ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e
delle sue comunicazioni.
1. Ogni individuo ha diritto alla protezione dei dati di carattere personale che lo riguardano.
2. Tali dati devono essere trattati secondo il principio di lealtà, per finalità determinate e in base al
consenso della persona interessata o a un altro fondamento legittimo previsto dalla legge. Ogni
individuo ha il diritto di accedere ai dati raccolti che lo riguardano e di ottenerne la rettifica.
Il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali
che ne disciplinano l'esercizio.
1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Tale diritto include
la libertà di cambiare religione o credo, così come la libertà di manifestare la propria religione o il
proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto,
l'insegnamento, le pratiche e l'osservanza dei riti.
1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la
libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte
delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera.
1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di riunione pacifica e alla libertà di associazione a tutti i
livelli, segnatamente in campo politico, sindacale e civico. In particolare ogni individuo ha il diritto
di fondare sindacati insieme con altri e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.
2. I partiti politici a livello europeo contribuiscono a esprimere la volontà politica dei cittadini
dell’Unione.
3. La libertà di creare istituti di insegnamento nel rispetto dei principi democratici, così come il
diritto dei genitori di provvedere all'educazione e all'istruzione dei loro figli secondo le loro
convinzioni religiose, filosofiche e pedagogiche, sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne
disciplinano l'esercizio.
3. I cittadini dei paesi terzi che sono autorizzati a lavorare nel territorio degli Stati membri hanno
diritto a condizioni di lavoro equivalenti a quelle di cui godono i cittadini dell'Unione.
1. Ogni individuo ha il diritto di godere della proprietà dei beni che ha acquistato legalmente, di
usarli, di disporne e di lasciarli in eredità. Nessuno può essere privato della proprietà se non per
causa di pubblico interesse, nei casi e nei modi previsti dalla legge e contro il pagamento in tempo
utile di una giusta indennità per la perdita della stessa. L'uso dei beni può essere regolamentato nei
limiti imposti dall'interesse generale.
Il diritto di asilo è garantito nel rispetto delle norme stabilite dalla convenzione di Ginevra del 28
luglio 1951 e dal protocollo del 31 gennaio 1967, relativi allo status dei rifugiati, e a norma del
trattato che istituisce la Comunità europea.
2. Nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio
di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o
degradanti.
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Tutte le persone sono uguali davanti alla legge.
1. È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore
della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le
convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una
minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali.
2. Nell'ambito d'applicazione del trattato che istituisce la Comunità europea e del trattato
sull'Unione europea è vietata qualsiasi discriminazione fondata sulla cittadinanza, fatte salve le
disposizioni particolari contenute nei trattati stessi.
La parità tra uomini e donne deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di
occupazione, di lavoro e di retribuzione.
Il principio della parità non osta al mantenimento o all'adozione di misure che prevedano vantaggi
specifici a favore del sesso sottorappresentato.
L'Unione riconosce e rispetta il diritto dei disabili di beneficiare di misure intese a garantirne
l'autonomia, l'inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità.
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Articolo 27. Diritto di negoziazione e di azioni collettive
2. Ogni lavoratore ha diritto a una limitazione della durata massima del lavoro e a periodi di riposo
giornalieri e settimanali e a ferie annuali retribuite.
Articolo 31. Divieto del lavoro minorile e protezione dei giovani sul luogo di lavoro
Il lavoro minorile è vietato. L'età minima per l'ammissione al lavoro non può essere inferiore all'età
in cui termina la scuola dell'obbligo, fatte salve le norme più favorevoli ai giovani ed eccettuate
deroghe limitate.
I giovani ammessi al lavoro devono beneficiare di condizioni di lavoro appropriate alla loro età ed
essere protetti contro lo sfruttamento economico o contro ogni lavoro che possa minarne la
sicurezza, la salute, lo sviluppo fisico, mentale, morale o sociale o che possa mettere a rischio la
loro istruzione.
1. L'Unione riconosce e rispetta il diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale e ai servizi
sociali che assicurano protezione in casi quali la maternità, la malattia, gli infortuni sul lavoro, la
dipendenza o la vecchiaia, oltre che in caso di perdita del posto di lavoro, secondo le modalità
stabilite dal diritto comunitario e le legislazioni e prassi nazionali.
2. Ogni individuo che risieda o si sposti legalmente all'interno dell'Unione ha diritto alle prestazioni
di sicurezza sociale e ai benefici sociali conformemente al diritto comunitario e alle legislazioni e
prassi nazionali.
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3. Al fine di lottare contro l'esclusione sociale e la povertà l'Unione riconosce e rispetta il diritto
all'assistenza sociale e all'assistenza abitativa volte a garantire un'esistenza dignitosa a tutti coloro
che non dispongano di risorse sufficienti, secondo le modalità stabilite dal diritto comunitario e le
legislazioni e prassi nazionali.
Ogni individuo ha il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche alle
condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali. Nella definizione e nell'attuazione di tutte le
politiche ed attività dell'Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana.
Un livello elevato di tutela dell'ambiente e il miglioramento della sua qualità devono essere integrati
nelle politiche dell'Unione e garantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile.
CAPO V. CITTADINANZA
Articolo 38. Diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo
1. Ogni cittadino dell'Unione ha il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento
europeo nello Stato membro in cui risiede, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato.
2. I membri del Parlamento europeo sono eletti a suffragio universale diretto, libero e segreto.
Ogni cittadino dell'Unione ha il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali nello Stato
membro in cui risiede, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato.
1. Ogni individuo ha diritto a che le questioni che lo riguardano siano trattate in modo imparziale,
equo, secondo il principio della neutralità dell'azione pubblica, ed entro un termine ragionevole
dalle istituzioni e dagli organi dell'Unione.
•il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un
provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio;
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•il diritto di ogni individuo di accedere al fascicolo che lo riguarda, nel rispetto dei legittimi
interessi della riservatezza e del segreto professionale;
•l'obbligo per l'amministrazione di motivare le proprie decisioni.
3. Ogni individuo ha diritto al risarcimento da parte della Comunità dei danni cagionati dalle sue
istituzioni o dai suoi agenti nell'esercizio delle loro funzioni conformemente ai principi generali
comuni agli ordinamenti degli Stati membri.
4. Ogni individuo può rivolgersi alle istituzioni dell'Unione in una delle lingue del trattato e deve
ricevere una risposta nella stessa lingua.
Qualsiasi cittadino dell'Unione o qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede
sociale in uno Stato membro ha il diritto di accedere ai documenti del Parlamento europeo, del
Consiglio e della Commissione.
Qualsiasi cittadino dell'Unione o qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede
sociale in uno Stato membro ha il diritto di sottoporre al mediatore dell'Unione casi di cattiva
amministrazione nell'azione delle istituzioni o degli organi comunitari, salvo la Corte di giustizia e
il Tribunale di primo grado nell'esercizio delle loro funzioni giurisdizionali.
Qualsiasi cittadino dell'Unione o qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede
sociale in uno Stato membro ha il diritto di presentare una petizione al Parlamento europeo.
Ogni cittadino dell'Unione gode, nel territorio di un paese terzo nel quale lo Stato membro di cui ha
la cittadinanza non è rappresentato, della tutela delle autorità diplomatiche e consolari di qualsiasi
Stato membro, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato.
1. Ogni individuo i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell'Unione siano stati violati ha
diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice.
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2. Ogni individuo ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente e entro un
termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni
individuo ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare.
3. A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato
qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia.
1. Ogni imputato è considerato innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente
provata.
Articolo 48. Principi della legalità e della proporzionalità dei reati e delle pene
1. Nessuno può essere condannato per un'azione o un'omissione che, al momento in cui è stata
commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o il diritto internazionale. Parimenti, non
può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato
commesso. Se, successivamente alla commissione del reato, la legge prevede l'applicazione di una
pena più lieve, occorre applicare quest'ultima.
2. Il presente articolo non osta al giudizio e alla condanna di una persona colpevole di un'azione o di
un'omissione che, al momento in cui è stata commessa, costituiva un crimine secondo i principi
generali riconosciuti da tutte le nazioni.
Articolo 49. Diritto di non essere giudicato o punito due volte per lo stesso reato
Nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o
condannato nell'Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge.
1. Le disposizioni della presente Carta si applicano alle istituzioni e agli organi dell'Unione nel
rispetto del principio di sussidiarietà come pure agli Stati membri esclusivamente nell'attuazione del
diritto dell'Unione. Pertanto, i suddetti soggetti rispettano i diritti, osservano i principi e ne
promuovono l'applicazione secondo le rispettive competenze.
2. La presente Carta non introduce competenze nuove o compiti nuovi per la Comunità e per
l'Unione, né modifica le competenze e i compiti definiti dai trattati.
1. Eventuali limitazioni all'esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta
devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel
rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano
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necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale perseguite dall'Unione, ad
altri interessi legittimi in una società democratica o all'esigenza di proteggere i diritti e le libertà
altrui.
2. I diritti riconosciuti dalla presente Carta che trovano fondamento nei trattati comunitari o nel
trattato sull'Unione europea si esercitano alle condizioni e nei limiti definiti dai trattati stessi.
3. Laddove la presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, il significato e la
portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione, a meno che la presente
Carta non garantisca una protezione maggiore o più estesa.
Nessuna disposizione della presente Carta deve essere interpretata come limitativa o lesiva dei
diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali riconosciuti, nel rispettivo ambito di applicazione, dal
diritto internazionale, dalle convenzioni internazionali delle quali l'Unione, la Comunità o tutti gli
Stati membri sono parti contraenti, in particolare la convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, e dalle costituzioni degli Stati membri.
Nessuna disposizione della presente Carta deve essere interpretata nel senso di comportare il diritto
di esercitare un'attività o compiere un atto che miri alla distruzione dei diritti o delle libertà
riconosciuti nella presente Carta o di imporre a tali diritti e libertà limitazioni più ampie di quelle
previste dalla presente Carta.
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quando l'Europa si trova ad affrontare questioni spinose, come un successo accompagnato dalla
considerazione che <<tutto sommato, avanzare di poco è meglio che restare fermi>>. Tutti gli altri
paesi hanno piu' di un <<santuario>> da difendere, non vogliono cedere neanche un pezzetto dei
diritti acquisiti nel tempo. Amato, qui a Nizza, sembra quasi incredibilmente essere l'unico a badare
agli interessi di un'Europa piu' ampia e comunque capace di funzionare. E' arrivato forte di un
mandato parlamentare che lo sprona a trattare e negoziare per l'Unione e non per se' stesso, e per
giunta votato dalla stragrande maggioranza delle forze politiche, perfino dalla Lega Nord di
Umberto Bossi. Ed e' a lui che, qui a Nizza, molti guardano come all'uomo che puo' risolvere
l'impasse, che può conciliare l'interesse dei grandi e dei piccoli paesi. Lo ha riconosciuto lo stesso
Jacques Chirac, che incrociando nell'ascensore dell'Hotel Meridien alcuni funzionari della
delegazione italiana non ha esitato ad elogiare la <<saggezza e la capacita' di mediazione degli
italiani>>. Lo ha affermato senza mezzi termini il ministro degli esteri portoghese, Jaime Gama,
secondo il quale la posizione italiana sulla riponderazione dei voti degli stati membri <<è senza
dubbio una delle più avanzate e progressiste>>. Lo dicono i delegati dei piccoli paesi come Olanda
e Finlandia, che cercano i nostri per chiedere discretamente
un intervento sulla presidenza francese per riequilibrare i termini delle proposte finora presentate
dalla presidenza francese. E fa impressione leggere la Sueddeutsche Zeitung che ieri dedicava
quattro colonne in prima pagina al ruolo dell'Italia con il titolo <<Lo scolaro modello>>. Stridono
le dichiarazioni del portavoce di Tony Blair <<favorevole all'allargamento a Est in un quadro in cui
si rafforzi la posizione britannica>>, con quelle del sottosegretario agli esteri Umberto Ranieri,
secondo il quale <<gli interessi nazionali, oggi, si difendono nel quadro europeo e si tutelano anche
attraverso l'avanzamento della costruzione dell'Unione>>. Tutto ciò colpisce, ma non deve
sorprendere. Le proposte di base su cui stanno discutendo i leader europei hanno tutte una matrice
italiana: il meccanismo di riponderazione dei voti, le cooperazioni rafforzate, l'idea di decidere, qui
e subito, il cammino da seguire per il dopo-Nizza, per dare, ad esempio, dignità giuridica alla Carta
dei Diritti Fondamentali. Non deve e non può sorprendere, soprattutto, se quanto sta facendo oggi
l'Italia viene letto in chiave storica e non episodica.
L'europeismo degli italiani non nasce oggi, ha <<firmato>> tutti i grandi avanzamenti compiuti
dall'Europa nel processo di trasformazione dalla pura entità geografica che era dopo la guerra, alla
realta' politica cui aspira oggi. Se la macchina si èmessa in moto, lo si deve anche e soprattutto ad
Altiero Spinelli e, prima ancora, a Luigi Einaudi, che volle nella nostra Costituzione l'apertura ad
entità sovranazionali che garantissero la pace e la stabilità. Dietro l'elezione diretta del Parlamento
Europeo c'è uno strappo di Aldo Moro. Dietro la firma dell'Atto Unico europeo, che permise la
creazione del mercato interno, ci sono Bettino Craxi e Giulio Andreotti. E' a quest'ultimo, e alla sua
stupefacente abilità nell'isolare Margareth Thatcher, che l'Europa deve la creazione dell'Unione
Monetaria e dell'euro. Ancora una volta l'Europa è di fronte a una svolta, ed ancora una volta l'Italia
e' li'. Non per portare a casa un risultato qualsiasi, ma per consentire all'Europa, nella quale gli
italiani credono più di tutti gli altri europei, di funzionare. A costo di ammettere il fallimento e
porre ciascuno di fronte alle proprie responsabilità.
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IL SOLE 24 ORE, 11 dicembre 2000'
di Adriana Cerretelli
Non sarà il Trattato di Nizza a fondare la nuova Europa. Perlomeno non ancora. Alla fine,
faticosissimamente, gran parte delle tanto discusse riforme istituzionali sono state varate, mentre si
discute ancora (in questa difficile notte di trattative) di peso dei singoli Paesi. Ma sono riforme
piccole piccole, troppo condizionate su tutti i fronti da nuovi paletti unanimistici e diluite in
calendari a più o meno lunga scadenza per poter davvero credere che basteranno a rendere l'Unione
più efficiente, compatta e decisionista.
Niente di nuovo, in fondo. Il vertice di Nizza, infatti, non poteva far altro che fotografare l'Europa
di sempre e di oggi: costretta, quando decide, a scendere a patti con quindici storie, quindici culture,
quindici tabù nazionali e quindici ambizioni diverse. Perciò condannata a non potersi sollevare più
di tanto sopra la logica dei piccoli passi e delle riforme regolarmente al ribasso.
Ma proprio la sostanziale conferma dello status quo che scaturisce da riforme troppo timide alle
sfide che stanno davanti all'Unione - dall'euro alla globalizzazione fino all'allargamento - forniscono
una prova in più del fatto che il vecchio modello comunitario ha ormai esaurito la sua capacità
propulsiva: sopravvive per inerzia, ma è ormai ostaggio dell'ingovernabilità crescente di un'Europa
che già a 15 appare irrimediabilmente bloccata dalle paralizzanti eterogeneità importate con i
successivi allargamenti e che molto presto potrebbero diventare del tutto ingestibili.
Molto più che per le modeste riforme che ha tenuto a battesimo, il vertice di Nizza rischia quindi di
lasciare il segno per aver dimostrato nei fatti che ormai l'Europa a più velocità non ha alternative: e
non solo perché alle porte scalpitano 13 nuovi candidati destinati a esasperare le differenze interne,
ma perché già quelle tra i 15 sono troppe per garantire credibilità alle ambizioni europee di
iniziativa su scala continentale e globale.
Se l'Europa delle integrazioni flessibili governata da un "nucleo duro" omogeneo diventa una scelta
obbligata, diventa centrale la riforma che le sgombra la strada, facilitando le cosiddette
cooperazioni rafforzate (possibilità per una minoranza di Paesi di integrarsi prima e più degli altri
senza inciampare nei veti altrui).
Se su fisco o sicurezza sociale è impossibile integrarsi di più perché ci si scontra sul veto di Gran
Bretagna o Danimarca o dell'oppositore di turno, nulla vieta in futuro di esplorare formule più
ristrette di cooperazioni rafforzate, magari intorno al nucleo di Eurolandia. Nonostante il rischio di
rottura del mercato unico e i vantaggi competitivi offerti così agli outsider, il gioco alla lunga
potrebbe valere la candela per rompere le catene decisionali. In quest'ottica la pesante ritirata di
Nizza sull'estensione della maggioranza qualificata nei settori-chiave, più che l'ennesima sconfitta
dell'Europa comunitaria, può apparire come la molla che darà il via alla nuova Europa delle
diversità istituzionalizzate.
Non è certo un caso, del resto, che la Germania di Schroeder abbia accettato il mantenimento della
parità tra i Grandi, ma prima di tutto con la Francia, nel nuovo sistema di ponderazione dei voti tra
gli Stati. Se lo si guarda nell'ottica statica dell'Europa comunitaria, il mancato strappo
franco-tedesco può apparire come la solita resa dei conti rimandata in un'Unione incapace di
scendere a patti con la nuova realtà degli equilibri di potenza. Se invece lo si vede nella dinamica
della futura Europa a più velocità, la mantenuta parità tra i Grandi appare molto meno scandalosa:
perché più funzionale al rodaggio del futuro direttorio europeo, ancora tutto da inventare. Se
necessario, poi, si potrà sempre ridiscuterne nel 2004. Nizza quindi non è stata un'occasione persa
ma un vertice di transizione che ha partorito mini-riforme per traghettare l'Unione su un nuovo
pianeta.
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La Stampa, 13 dicembre 2000
TUTTE LE STRADE PARTONO DA NIZZA
di Boris Biancheri
E' parso quasi, questo interminabile vertice di Nizza, un negoziato d'altri tempi, con i Paesi grandi
in contrasto tra loro e i Paesi minori alla ricerca di uno spazio. Erano in conflitto le due anime
dell'Europa: quella di un'Europa di popoli, l'anima sovrannazionale; e quella di un'Europa degli
Stati, l'anima nazionale. Poiche' a Nizza il negoziato si è svolto tra Stati, e' sui loro interessi e sul
loro prestigio che si è data battaglia. La Francia mantiene un rango di formale parita' con la
Germania oltre al diritto di veto sui prodotti culturali.
L'Inghilterra, più che successi per sé, ha cercato di frenare quelli altrui e conserva i vantaggi
competitivi della sua bassa tassazione. La Germania ha un ruolo preponderante grazie
all'allargamento a Est. Mai era stato così chiaro che il baricentro
d'Europa si è spostato verso Berlino. La Spagna mantiene gli aiuti. I Paesi minori hanno
disperatamente difeso il privilegio di essere piccoli e pesare piu' della loro dimensione. L'Italia non
aveva ambizioni per sé e ha fatto proprie quelle dell'Europa
intera. Ma cosa ha dato all'Europa il vertice di Nizza? Anzitutto una terapia di rianimazione, il che
con lo scetticismo che circolava non è poco. Poi una modesta estensione del voto a
maggioranza e la necessaria riforma del peso di ciascun Paese
nelle votazioni. Forse non perfetta, ma nessun sistema di voto lo
è. Le decisioni più importanti per l'Europa sono per domani: la possibilita' che gruppi di Paesi
concordino tra loro un'integrazione accelerata anche su temi importanti come la politica estera. La
decisione che in futuro i Consigli europei si svolgeranno a Bruxelles. Ancor più, la decisione di
convocare nel 2004, all'inizio dell'allargamento, una conferenza che affronti i futuri grandi temi
dell'Ue: cosa spetta fare all'Europa e cosa agli Stati; i poteri del Parlamento europeo e i suoi rapporti
con i Parlamenti nazionali; il valore giuridico della Carta dei diritti.
Siamo su quel terreno costituzionale che Ciampi ha indicato come
prossimo e forse ultimo traguardo di questa fase di costruzione
europea. Un traguardo capace di mobilitare di nuovo l'opinione
pubblica europea, come fecero il Mercato unico e l'euro. Ciò che non riuscì ad Amsterdam né
poteva riuscire a Nizza, ma che Nizza, per quanto imperfetta, permette di rilanciare.
L'accordo sul Trattato di Nizza è stato suggellato alle 4.15 del mattino di lunedi' dall'applauso dei
Quindici nell'Acropolis. Per entrare in vigore dovrà essere approvato in tutti i Paesi. Decisioni
all'unanimità. Accordo per abbandonare l'unanimità in 35 casi sui 70 ancora vigenti. A causa
delle resistenze non si e' riusciti a fare passi avanti su fisco, la sicurezza sociale, immigrazione,
controlli di frontiera, cultura, trasmissioni via etere, salute e educazione. Fra i veti caduti c'è quello
della Francia sul commercio in materia di servizi e proprietà intellettuale ma Parigi e' riuscita ad
evitare qualsiasi conseguenza sull'industria cinematografica. Per quando riguarda gli aiuti
strutturali alle regioni, la Spagna ha ottenuto che le decisioni a maggioranza qualificata potranno
essere adottate a partire dal 2007, ma solo dopo l'adozione del budget per i seguenti sei anni. Se ne
riparlerà dunque nel 2013.
Riponderazione dei voti. I voti a disposizione degli Stati per le votazioni in seno al Consiglio
Europeo sono stati distribuiti ai Quindici ed ai 12 paesi candidati dell'Est e del Mediterraneo come
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illustra la tabella. Il braccio di ferro estenuante durato quattro
notti si e' risolto quando i Grandi hanno accettato di assegnare un
voto in piu' a Romania, due alla Lituania, uno al Portogallo e,
soprattutto uno ciascuno a Belgio, Olanda e Lussemburgo consentendo
ai tre del Benelux di avere in tutto 29 voti, quanti ne hanno
ognuno Germania, Francia, Gran Bretagna e Italia. Maggioranza
qualificata. Per adottare una decisione a maggioranza qualificata
servira' il 73,91% dei voti. La percentuale è stata aumentata
rispetto all'iniziale 71% su proposta belga. Clausola demografica.
Qualsiasi decisione potrà essere fermata da una "minoranza di
blocco" composta da: la metà più uno degli Stati, l'88% dei voti
(il 91 dopo l'allargamento) oppure il 38% della popolazione. In
quest'ultimo caso il <<blocco>> si potrà ottenere solo con la
Germania. Nuova Commissione. Nel 2005 Germania, Francia, Gran
Bretagna, Italia e Spagna perderanno il loro secondo commissario.
Ogni nuovo membro avra' un commissario fino a quando l'Ue non
avra' 26 membri. All'entrata del 27esimo verrà fissato un limite
massimo al numero di commissari e i partner si alterneranno con una
rotazione paritaria. Il presidente della Commissione verrà eletto
a maggioranza qualificata ed avrà poteri di organizzazione dei
lavori, di assegnazione e ritiro dei portafogli, di designazione
dei vicepresidenti. Cooperazioni Rafforzate. Sulla base della
proposta italo-tedesca otto o più Stati dell'Ue potranno
procedere verso una maggiore integrazione in singole aree, ferma
restando la possibilita' degli altri partner di poter aderire.
Londra ha ottenuto che la difesa e le questioni militari venissero
escluse. Difesa europea. Londra ha ottenuto l'esclusione dai
Trattati della neonata Forza di Reazione Rapida che non potrà dunque trasformarsi in esercito
europeo e resterà forza multinazionale. Le future relazioni fra la difesa europea e
l'Alleanza Atlantica restano soggette all'esito dei negoziati
bilaterali in corso. Diritti Umani. Approvata la modifica
dell'articolo 7. Nel caso che uno Stato dovesse essere sospettato
di violazione dei valori della democrazia e dei diritti umani -
come avvenuto nel caso-Haider per l'Austria - un terzo dei partner
potrà chiedere un monitoraggio il cui verdetto dovrà essere
approvato con la maggioranza dei nove decimi dei membri, previa
consultazione del Parlamento Europeo. Parlamento Europeo. Con
l'entrata dei 12 candidati i membri del Parlamento Europeo
passeranno dagli attuali 626 a 732. La Germania è l'unica a mantenere l'attuale numero di deputati:
99. Italia, Francia e Gran Bretagna passeranno da 87 a 72. Per raggiungere l'accordo finale
è stato decisivo concedere a Grecia e Portogallo 22 deputati ciascuno, rispetto ai 20 proposti. Il
dopo-Nizza. Con una dichiarazione al di fuori del Trattato i Quindici hanno fatto proprio lo spirito
della proposta italo-tedesca siglando l'accordo per una conferenza sulle riforme entro il 2004 su:
ripartizione delle competenze fra Unione e Stati; lo status giuridico della
Carta dei Diritti firmata a Nizza; il ruolo dei Parlamenti
nazionali negli affari europei; la riorganizzazione dei Trattati.
Turchia scontenta. La Turchia è stata invitata all'apertura del
summit ma non figura nelle tabelle con voti e deputati per i Paesi
candidati. Ankara non ha gradito l'esclusione. L'Ue ha replicato
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sottolineando che la Turchia, pur candidata, è l'unica a non aver iniziato i negoziati. Vincitori e
vinti. La Germania ha ottenuto maggiore influenza senza rinunciare ai propri veti. Lo spagnolo
Aznar e il britannico Blair non hanno ceduto su nulla. Il Belgio ha guidato con successo i partner
minori incassando la promessa dei consigli europei a Bruxelles. Il presidente francese Chirac ha
evitato il primo fallimento di un summit europeo ed ora puòvantarsi di aver aperto le porte dell'Ue
ai nuovi membri.
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IL SOLE 24 ORE, 29 novembre 2000
EUROPA
Un successo che accomuna Ciampi, il premier e Berlusconi
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LA STAMPA, 4 agosto 2000
di Giovanni Moro
NEL dibattito, per la verità un po' obsoleto, sulle strategie di costruzione comunitaria, un elemento
di reale novità è offerto dalla elaborazione di una Carta dei diritti fondamentali dell'Unione
Europea, a cui una commissione di valenti giuristi sta lavorando a Bruxelles e che dovrà trovare una
qualche sistemazione - quale sarà non è per nulla indifferente - da parte del Consiglio Europeo che
si riunirà a Nizza il prossimo dicembre. Sulla Carta dei diritti si leggono tutti i giorni giudizi
entusiastici.
Secondo molti, questo documento dovrebbe contribuire a rafforzare l'identità europea dei cittadini e
colmare lo scarto di interesse, fiducia e coinvolgimento tra questi e le istituzioni comunitarie. Il
problema è se questo entusiasmo sia giustificato. Grazie alla sollecitudine della Giunta per gli affari
comunitari del Senato, che ha incontrato di recente i rappresentanti italiani del Forum europeo della
società civile animato dal nostro Virgilio Dastoli, ho avuto la rara fortuna di leggere il testo (il
quale è praticamente introvabile per una persona normale) e ho maturato seri dubbi in merito.
Il punto è questo: dal testo attualmente in discussione, cosi' come dai principali emendamenti
proposti, emerge un'idea estremamente riduttiva, e a dir poco inadeguata, della cittadinanza e dello
stesso ruolo nelle istituzioni dell'Unione dei cittadini, intesi non come entità astratte ma come
soggetti concreti: reti, associazioni, movimenti impegnati in politiche comunitarie come quelle
ambientali, quelle dei consumatori, quelle di lotta alla esclusione sociale, ecc. Qualche esempio? Ai
partiti e ai sindacati viene riconosciuto un preciso ruolo, mentre dei cittadini si dice solo che hanno
diritto di associarsi liberamente: ma per fare cosa, all'Unione non interessa. Dal testo della Carta è
assente il diritto dei consumatori (una delle forme concrete della cittadinanza europea) a
<<organizzarsi per la salvaguardia dei propri interessi>>, come è invece scritto nel Trattato di
Amsterdam.
In una <<democrazia post-parlamentare>> come quella comunitaria, dove contano soprattutto
aggregazioni come gruppi, reti e lobby (anche civiche e democratiche), l'unica via prevista per la
partecipazione dei cittadini alla vita dell'Unione è la elezione del Parlamento Europeo. Non è
difficile vedere - pur in un quadro positivo - la tentazione di relegare i cittadini al ruolo di soggetti
passivi, meri beneficiari di azioni di altri. Che essa sia la medesima che ha animato i nostri <<padri
ricostituenti>> della Commissione bicamerale, non è davvero un elemento di conforto: semmai di
ulteriore preoccupazione.
moro@cittadinanzattiva.it
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IL SOLE 24 ORE, 27 settembre 2000
COMMENTI E INCHIESTE
Adottata la <Carta dei diritti>
ROMA. La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea è giunta alla sua stesura definitiva.
Ieri, con tre mesi di anticipo rispetto alla scadenza stabilita dal Consiglio di Colonia, la
Convenzione di Bruxelles, cioè l'Organismo di 62 saggi incaricato di redigere quella che sarà la
prima parte della futura Costituzione europea, ha concluso i suoi lavori approvando, a stragrande
maggioranza, il catalogo dei diritti fondamentali dei cittadini europei.
Lunedì prossimo, il presidente della Convenzione, Roman Herzog (ex presidente della Repubblica
federale tedesca e della Corte costituzionale), consegnerà il progetto al Consiglio e al Parlamento
europeo che, insieme alla Commissione, dovranno dare il loro via libera. La <proclamazione>
solenne della Carta avverrà a Nizza, il 7 e l'8 dicembre, dove si dovrebbero tirare le fila della
Conferenza intergovernativa per la revisione dei trattati Ue. E' lì che si deciderà la sorte di questo
catalogo dei diritti: se, cioè, incorporarlo nei trattati, attribuendogli così un'efficacia giuridica
vincolante o se, invece, farne solo una "dichiarazione solenne" priva di valore giuridico vincolante.
E un importante passaggio intermedio, per questa decisione tutta politica, sarà il vertice europeo di
Biarritz in programma per il 13 ottobre.
Qualunque sarà la decisione, l'approvazione della Carta resta comunque un evento storico senza
precedenti. Ci tengono a sottolinearlo tutti e quattro i rappresentanti dell'Italia nella Convenzione:
Stefano Rodotà, nominato dal Presidente del Consiglio; Andrea Manzella e Piero Melograni,
nominati, rispettivamente, dal Senato e dalla Camera; Elena Paciotti, rappresentante del Parlamento
europeo. <E' la prima volta - si legge in una dichiarazione congiunta - che in un documento
internazionale compaiono insieme i tradizionali diritti civili e politici, i diritti sociali ed economici e
i cosiddetti nuovi diritti (bioetica, protezione dei dati personali, ambiente). L'approvazione di una
Carta europea dei diritti segna visibilmente il passaggio dall'Europa del mercato all'Europa politica,
dall'Europa degli Stati all'Europa dei cittadini>.
Rodotà, Manzella, Melograni e Paciotti ammettono che il testo sconta il fatto di essere un
compromesso tra diverse anime e tradizioni dell'Europa dei Quindici, e dunque contiene alcune
<insufficienze e lacune>; tuttavia, ciò non deve mettere in ombra <la grande portata innovativa di
questa pietra miliare nella costruzione dell'Unione europea>. La Carta è infatti <un passo decisivo>
anche verso l'allargamento dell'Ue ai Paesi dell'Est, <per assicurare a tutti i cittadini dell'Europa uno
standard uniforme di civiltà, di democrazia e di protezione dei diritti individuali>.
L'ultima stesura del documento non contiene più un passaggio contestatissimo (soprattutto dalla
Francia ma anche dall'Italia) del preambolo che, su richiesta della Cdu bavarese e del Ppe,
richiamava <il retaggio culturale, umanistico e religioso> dell'Europa (in sostanza, un
riconoscimento delle radici cristiane dei popoli europei). Il testo definitivo fa ora esclusivamente
riferimento al <patrimonio spirituale e morale> dell'Unione europea.
D.St.
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IL SOLE 24 ORE Giorno, 12 ottobre 2000
COMMENTI E INCHIESTE
PUNTO DI VISTA
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